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ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA E GARANZIE DELL’IMPARZIALITÀ FUNZIONI AMMINISTRATIVE E FUNZIONARI...

Date post: 18-Jan-2023
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FRANCESCO MERLONI ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA E GARANZIE DELL’IMPARZIALITÀ FUNZIONI AMMINISTRATIVE E FUNZIONARI ALLA LUCE DEL PRINCIPIO DI DISTINZIONE TRA POLITICA E AMMINISTRAZIONE ( *) Sommario: 1. La premessa. – 2. L’elemento oggettivo dell’organizzazione: l’individuazione di funzioni. – 3. La funzione come nozione tipica dell’organizza- zione. – 4. Dalla funzione alla competenza. – 5. La competenza e l’organo. – 6. La conoscibilità e controllabilità delle scelte organizzative. – 7. Distribuzione di competenze e principio di distinzione. – 8. L’elemento personale come tratto fon- damentale dell’organizzazione. – 9. Il titolare dell’ufficio/organo nel modello della responsabilità ministeriale. – 10. Il titolare dell’ufficio/organo nel modello di distinzione tra politica e amministrazione. – 11. La rilettura dei principi costi- tuzionali sui pubblici funzionari. – 12. La disciplina dello status dei titolari degli organi che svolgono (o concorrono allo svolgimento delle) attività di indirizzo. – 13. La disciplina dello status dei titolari degli organi che svolgono attività di ge- stione. – 14. Il carattere indiretto delle garanzie sull’imparzialità dei titolari di uf- fici/organi e il controllo democratico dei cittadini. – 15. La dimensione organiz- zativa della garanzia dell’imparzialità. 1. La premessa. – La recente giurisprudenza della Corte costitu- zionale in materia di spoils system (n. 233/2006, 103 e 104 del 2007) costituisce un’eccellente occasione per ritornare sui principi gene- rali in materia di garanzie organizzative dell’interesse pubblico, del perseguimento imparziale delle finalità e degli scopi fissati dalla leg- ge, dell’esercizio imparziale delle funzioni attribuite alle pubbliche amministrazioni. La Corte, sia pure con ritardi e contraddizioni, afferma princi- pi generali che vanno ben al di là dello stretto oggetto, la legittimità costituzionale di leggi statali e regionali che dispongono la decaden- za automatica di alcune figure dirigenziali in seguito all’insediamen- to di nuovi organi di indirizzo politico. –––––––––– ( * ) Questo scritto costituisce un’ampia rielaborazione della relazione tenuta al Con- vegno «Interesse pubblico e disegno organizzativo delle Pubbliche Amministrazioni», Paler- mo, 20-21 febbraio 2009. DIRITTO PUBBLICO, 1/2009
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FRANCESCO MERLONI

ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVAE GARANZIE DELL’IMPARZIALITÀ

FUNZIONI AMMINISTRATIVE E FUNZIONARIALLA LUCE DEL PRINCIPIO DI DISTINZIONE

TRA POLITICA E AMMINISTRAZIONE (*)

Sommario: 1. La premessa. – 2. L’elemento oggettivo dell’organizzazione:l’individuazione di funzioni. – 3. La funzione come nozione tipica dell’organizza-zione. – 4. Dalla funzione alla competenza. – 5. La competenza e l’organo. – 6. Laconoscibilità e controllabilità delle scelte organizzative. – 7. Distribuzione dicompetenze e principio di distinzione. – 8. L’elemento personale come tratto fon-damentale dell’organizzazione. – 9. Il titolare dell’ufficio/organo nel modellodella responsabilità ministeriale. – 10. Il titolare dell’ufficio/organo nel modellodi distinzione tra politica e amministrazione. – 11. La rilettura dei principi costi-tuzionali sui pubblici funzionari. – 12. La disciplina dello status dei titolari degliorgani che svolgono (o concorrono allo svolgimento delle) attività di indirizzo. –13. La disciplina dello status dei titolari degli organi che svolgono attività di ge-stione. – 14. Il carattere indiretto delle garanzie sull’imparzialità dei titolari di uf-fici/organi e il controllo democratico dei cittadini. – 15. La dimensione organiz-zativa della garanzia dell’imparzialità.

1. La premessa. – La recente giurisprudenza della Corte costitu-zionale in materia di spoils system (n. 233/2006, 103 e 104 del 2007)costituisce un’eccellente occasione per ritornare sui principi gene-rali in materia di garanzie organizzative dell’interesse pubblico, delperseguimento imparziale delle finalità e degli scopi fissati dalla leg-ge, dell’esercizio imparziale delle funzioni attribuite alle pubblicheamministrazioni.

La Corte, sia pure con ritardi e contraddizioni, afferma princi-pi generali che vanno ben al di là dello stretto oggetto, la legittimitàcostituzionale di leggi statali e regionali che dispongono la decaden-za automatica di alcune figure dirigenziali in seguito all’insediamen-to di nuovi organi di indirizzo politico.––––––––––

(*) Questo scritto costituisce un’ampia rielaborazione della relazione tenuta al Con-vegno «Interesse pubblico e disegno organizzativo delle Pubbliche Amministrazioni», Paler-mo, 20-21 febbraio 2009.

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La Corte realizza una progressiva delimitazione del campo diapplicazione della decadenza automatica, considerandola legittimasolo per le figure «apicali» all’interno delle pubbliche amministra-zioni, cioè per le figure più «vicine» agli organi politici e ad essi le-gati da rapporti di tipo fiduciario. Soggetti legati da rapporti fiducia-ri sono utili allo stesso funzionamento degli organi politici(1), ma laconfigurazione come fiduciario di ogni incarico dirigenziale, con laconseguente applicazione generalizzata dello spoils system, sarebbein contrasto con i principi di buon andamento (per lesione delprincipio di continuità dell’azione amministrativa) e di imparzialità.

Pur nei limiti già altrove segnalati(2), questa giurisprudenza ha ilpregio di collegare strettamente l’elemento soggettivo e l’elementooggettivo dell’organizzazione amministrativa. Occupandosi di spoilssystem, la Corte avrebbe potuto limitare il suo intervento alla solasalvaguardia della posizione individuale del dirigente all’interno del-l’organizzazione e in particolare nei confronti delle possibili intro-missioni degli organi politici.

Al contrario, nelle sue sentenze, la Corte stabilisce un nessostretto tra la garanzia della posizione personale, indipendente(3), deldirigente e l’introduzione, nel nostro ordinamento, del principio di

––––––––––(1) Essi possono fornire migliori informazioni relativamente agli atti di indirizzo da

adottare, conoscenza delle amministrazioni, più fluidi rapporti con la dirigenza nella tra-smissione dell’indirizzo.

(2) Poco convincente il criterio che fa coincidere la fiduciarietà degli incarichi con laposizione istituzionale dei relativi uffici (uffici apicali), laddove il criterio distintivo coerentecon il principio di distinzione si fonda sulle funzioni esercitate: a incarico fiduciario corri-sponde lo svolgimento di compiti connessi all’area dell’indirizzo politico (collaborazionecon gli organi politici, coordinamento dei dirigenti in vista dell’attuazione dell’indirizzo),mentre a svolgimento di compiti di gestione amministrativa corrispondono incarichi di na-tura professionale e non fiduciaria. Su questo, v. i commenti di F. MERLONI, Primi incertitentativi di arginare lo spoils system nelle Regioni, Reg., 2007, p. 137 ss.; ID., Lo spoils sy-stem è inapplicabile alla dirigenza professionale: dalla Corte nuovi passi nella giusta dire-zione (commento alle sentt. n. 103 e 104 del 2007), ivi, 2007, pp. 836 ss. V. anche ID., Gliincarichi fiduciari, in G. D’ALESSIO (a cura di), L’amministrazione come professione, Bolo-gna, il Mulino, 2008, pp. 117 ss.

(3) Sull’indipendenza come tratto riferibile alle persone titolari di organi e uffici enon alle amministrazioni pubbliche, v. B. PONTI, La nozione di indipendenza nel dirittopubblico come condizione del funzionario, in Dir. pubbl., 2006, pp. 185 ss.

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distinzione tra competenze degli organi politici e organi ammini-strativi come vera e propria riserva delle competenze di gestione e diadozione ai dirigenti.

Ma si arriva più oltre, affermando la diretta derivazione delprincipio di distinzione dalle disposizioni costituzionali(4), renden-dolo così principio generalissimo dell’organizzazione valido per tut-te le pubbliche amministrazioni(5).

E, va sottolineato, le disposizioni costituzionali richiamate ri-guardano, ancora, tanto l’elemento oggettivo («il buon andamentoe l’imparzialità dell’amministrazione»; la determinazione delle «sferedi competenza, le attribuzioni e le responsabilità», art. 97 Cost.)quanto l’elemento soggettivo («le sfere di competenze, le attribuzio-ni e le responsabilità proprie dei funzionari», «agli impieghi nellepubbliche amministrazioni si accede mediante concorso», art. 97; «i

––––––––––(4) Corte cost., n. 103/2007. La Corte ha inoltre affermato che gli artt. 97 e 98

Cost. «sono corollari dell’imparzialità, in cui si esprime la distinzione tra politica e ammi-nistrazione».

(5) Il principio, dettato con riferimento alle amministrazioni statali, è principio gene-rale, non tanto per il meccanismo di adeguamento previsto dalla legge (art. 27, d.lgs. n. 165del 2001), quanto perché può essere definito come direttamente derivante da principi costi-tuzionali (artt., 54, 97, 98 Cost.) In questo modo si supera anche il problema della non chia-ra legittimazione della legge statale a fissare principi di organizzazione validi anche per lealtre amministrazioni pubbliche, in specie gli enti territoriali, dal momento che la Costitu-zione oggi riserva alla legge statale solo la materia dell’«ordinamento e organizzazione am-ministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» (art. 117, co. 2, lett. g). La diretta de-rivazione costituzionale del principio fa sì che la legge statale non può più imporre alle altreamministrazioni il suo modello organizzativo, ma semmai contiene un’esplicitazione delcontenuto delle disposizioni costituzionali. La cui applicazione spetta anche alle leggi regio-nali, che potranno ulteriormente declinare e disciplinare nel dettaglio il principio, differen-ziando il proprio modello organizzativo. In questo senso, v. F. MERLONI, Principi generalicomuni alla dirigenza delle Stato e delle amministrazioni regionali e locali , in G. D’ALES-SIO (a cura di), L’amministrazione come professione, cit., pp. 211 ss. Diversa la soluzione a-dottata dalla recente legge «Brunetta» (legge 4 marzo 2009, n. 15, «Delega al Governo fina-lizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e all’efficienza e trasparen -za delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuiteal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti»), che, all’art. 2, co.4, prevede che «i decreti legislativi di cui al co. 1 individuano le disposizioni rientranti nellacompetenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, co. 2, Cost., e quelle conte-nenti principi generali dell’ordinamento giuridico (corsivo aggiunto), ai quali si adeguanole regioni e gli enti locali negli ambiti di rispettiva competenza». Sulla differenziazione deimodelli organizzativi dopo l’entrata in vigore del nuovo Titolo V, v. E. CARLONI, Lo Statodifferenziato, Torino, Giappichelli, 2004.

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pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione»)(6).L’imparzialità dell’amministrazione è, quindi, assicurata sia dalla ri-serva di competenze a favore dei dirigenti, sia dalle disposizioni chegarantiscono che essi svolgano i compiti loro affidati senza gli im-propri condizionamenti che la Corte collega all’adozione di mecca-nismi di automatica decadenza dall’incarico.

Si tratta, sempre, di garanzie di imparzialità che vengono offer-te dall’organizzazione amministrativa in quanto tale, ancora primadello svolgimento dell’azione amministrativa, della puntuale indivi-duazione dell’interesse pubblico. Un’organizzazione che è compo-sta, in egual misura, dall’elemento oggettivo (la distribuzione dellecompetenze) e da quello soggettivo (la posizione del titolare dell’or-gano cui sono attribuite le competenze).

2. L’elemento oggettivo dell’organizzazione: l’individuazione difunzioni. – Il primo punto da affrontare è l’emergere progressivodelle garanzie fornite dall’organizzazione rispetto al tradizionale ap-proccio che vede la garanzia fondamentale legata allo svolgimentodell’attività amministrativa.

Il punto di partenza può esser così riassunto: l’interesse pub-blico è individuato e curato con attività svolte da pubbliche ammi-nistrazioni. Le garanzie per il cittadino sono procedimentali (far va-lere i propri interessi prima che la decisione sia assunta) e giurisdi-zionali (chiedere ad un giudice tutela rispetto ad atti che ledono leproprie situazioni giuridiche soggettive). L’organizzazione, comecomplesso di regole che predispongono le condizioni per lo svolgi-mento di attività finalizzate alla decisione amministrativa, è stru-mentale rispetto al vero momento di emersione giuridica del potereamministrativo: l’adozione dell’atto che ha effetti conformativi del-le situazioni giuridiche del cittadino interessato.

––––––––––(6) Principi cui vanno connessi quelli dell’art. 28 Cost. sulla responsabilità dei «fun-

zionari e [dei] dipendenti dello Stato e degli enti pubblici» e dell’art. 54 Cost.: «I cittadinicui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore».

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L’organizzazione costituisce, in questa visione, il ‘retrobottega’dell’azione amministrativa. L’organizzazione ‘concorre’ alla cura diun interesse pubblico, ma non è cura dell’interesse.

Questa impostazione è, almeno nella dottrina italiana, da tem-po largamente superata, a favore di una rilevanza giuridica propriadell’organizzazione, in funzione di garanzia dell’imparzialità, nell’in-teresse generale e del cittadino.

Questa significativa evoluzione si è realizzata, in primo luogo,intorno alla nozione di funzione.

La disciplina dell’attività come prima garanzia delle situazionigiuridiche del cittadino è stata ricostruita da Giannini come «fun-zionalizzazione»: le attività svolte dalle pubbliche amministrazioniacquistano rilevanza giuridica, diventano «funzione», in virtù delprincipio di legalità(7). Spetta alla legge fissare obiettivi (quali inte-ressi curare, quali interessi possono esser individuati come pubbli-ci) e disciplinare lo svolgimento dell’azione (procedimento). L’atti-vità è predefinita, perché occorre predefinire il potere, sia al fine didargli una posizione di prevalenza (sugli interessi privati), sia al finedi limitarlo.

Se l’attività, per acquistare rilevanza giuridica, deve essere pre-definita in rapporto allo scopo che deve raggiungere, il passaggiofondamentale al fine del controllo sul corretto esercizio del poteresta nell’attribuzione di quell’attività predefinita, di quella funzione,ad un soggetto, ad un «ufficio» (nel suo significato più ampio).

Dal punto di vista dell’organizzazione la funzione resta pre-de-terminazione di attività, predefinizione di un potere(8), di un’attivi-tà potenziale che si tradurrà in atto, solo al momento del suo con-

––––––––––(7) Vedi M.S. G IANNINI, Corso di diritto amministrativo , Milano, Giuffrè, 1965, p.

84, per il quale la funzione amministrativa, come ogni altra funzione, è «la rilevanza giuri-dica non del solo atto, ma dell’intera attività sotto il profilo dell’attitudine dei mezzi scelti alfine giuridico da conseguire».

(8) Vedi M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministra-zione, Milano, Giuffrè, 1966, che parla di organizzazione come «momento astratto dellaprefigurazione dell’attività» (p. 126).

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creto svolgimento (nel rispetto di regole, quelle che siamo solitichiamare sull’attività amministrativa, anch’esse predeterminate, agaranzia del cittadino). Ma non basta che la legge predefinisca unafunzione; la deve anche assegnare ad un soggetto visibile, riconosci-bile (e adeguato) perché la svolga.

L’autore che ha dato il più significativo contributo di teoria ge-nerale alla nozione di funzione(9), pur fortemente influenzato dallacostruzione gianniniana della funzione come attività funzionalizza-ta, sottolinea la stretta correlazione tra functio e officium, tra attivitàe soggetto(10) cui essa viene affidata per lo svolgimento in concreto.

Perché si abbia attività pubblica giuridicamente rilevante l’attri-buzione ad un ufficio è passaggio ineliminabile.

Qui sta la differenza tra attività e organizzazione privata e atti-vità e organizzazione pubblica: nella prima ciò che veramente con-ta è l’attività e la sua riferibilità ad una persona (fisica o giuridica);per la seconda rileva non solo l’attività ma la sua attribuzione ad unufficio, individuato in rapporto a sue determinate caratteristiche.

La disciplina pubblicistica dell’organizzazione è funzionale afar emergere quali siano le attività individuate dalla legge in vista delraggiungimento delle finalità generali da essa prefissate, ad articolaregli uffici in modo che essi corrispondano alle esigenze di svolgimen-to delle attività (ovvero a distribuire le attività in rapporto alle ca-ratteristiche degli uffici).

Nella ripartizione che questo autore fa tra funzione-scopo,funzione-compito e funzione-ufficio possiamo intravedere non so-lo gli elementi costitutivi della nozione di funzione ma la successio-ne logica, le fasi, di un processo di progressiva definizione dell’orga-nizzazione amministrativa.

––––––––––(9) F. MODUGNO, Funzione, in Enc. dir., vol. XVIII, Milano, Giuffrè, 1969.(10) Anche se non mancano nel diritto e nelle scienze sociali dell’antica Roma riferi-

menti all’officium come mera condizione di dovere, priva di riferimenti a persone determi-nate o a strutture organizzative. Si pensi solo al celeberrimo De officiis (dei doveri) di Cice-rone.

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Con la funzione-scopo(11) possiamo intendere, quindi, la sceltache consiste nell’individuazione della finalità generale da perseguire.Esistono tante funzioni quanti sono gli scopi generali assunti dal-l’ordinamento(12). Non esiste una «funzione amministrativa» in ge-nerale, ma tante funzioni, riconducibili, semmai, ad una figura uni-taria (tante funzioni aventi caratteri ricorrenti ed omogenei).

Con la funzione-compito possiamo intendere l’attività necessa-ria al perseguimento dello scopo. Nel passaggio dalla definizionedella finalità generale al compito le attività di esercizio della funzio-ne si scompongono, si articolano. Ogni funzione-scopo consiste inuna pluralità di attività (funzioni-compiti) che concorrono al rag-giungimento dello scopo. Attività che potranno essere distribuitetra «uffici» (in senso ampio, comprendente sia le amministrazionipubbliche sia gli organi al loro interno), diversi e potranno averecontenuto diverso (di regolazione o di erogazione di beni e servizi,di diritto pubblico o di diritto privato)(13). In questa fase ciò checonta è la coerenza tra l’articolazione delle attività e lo scopo daraggiungere.

Con funzione-ufficio si deve intendere il momento, la fase, di at-tribuzione, assegnazione, incardinamento dei compiti (delle attivitàdi esercizio della funzione) in uffici (ancora in senso ampio).––––––––––

(11) Rileggendo Modugno, G. MARONGIU, Funzionari e ufficio nell’organizzazioneamministrativa dello Stato, in ID., La democrazia come problema, Bologna, il Mulino,1994, pp. 229 ss., sottolinea: «la parola ‘funzione’ assolve al compito essenziale di mettereinnanzi a tutto il fine, lo scopo dell’attività, quella deputatio ad finem rispetto alla quale chisia, poi, ad agire poco importa» (p. 270). Si ribadisce così il carattere oggettivo e prevalentedella funzione sull’elemento soggettivo, il soggetto chiamato ad esercitarla.

(12) Si potrebbe dire quante sono le finalità generali individuate nella nostra Carta co-stituzionale. A. PIOGGIA, La competenza amministrativa , Torino, Giappichelli, 2001, p.199, sottolinea il «legame tra il ruolo dell’amministrazione e la prima Parte della Costituzio-ne», tra i diritti dei cittadini e le funzioni e i poteri dell’amministrazione.

(13) Anche l’art. 1, co. 1bis, legge n. 241/1990, chiarisce che possano esservi attivitàdi cura di interessi pubblici di natura non autoritativa, che possono essere svolte secondo leregole del diritto privato. La funzione è la rilevanza di qualunque attività svolta in vista diuna finalità di interesse generale. Solo le attività meramente private dell’amministrazione,quelle che non sono preordinate alla cura di un interesse pubblico, sono da considerarsi al difuori della funzione, mentre vi rientrano le attività amministrative che utilizzano strumen-ti di diritto privato.

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Si tratta di un processo di emersione articolato in tre fasi logi-camente successive che quasi mai si presentano distinte. Di fre-quente esse sono comprese in un unico atto a contenuto organiz-zativo (ad esempio, una legge che individua gli obiettivi, li articolain compiti e li attribuisce ad un’amministrazione). Altrettanto spes-so le scelte organizzative sono contenute in una pluralità di atti or-ganizzativi – legge sulla finalità, successive leggi sull’articolazionedelle attività di esercizio, atti normativi di istituzione di uffici e di at-tribuzione di competenze, atti amministrativi generali (piani di ge-stione), atti di indirizzo a contenuto organizzativo.

3. La funzione come nozione tipica dell’organizzazione. – La fun-zione è nozione oggi applicata tanto all’attività quanto all’organiz-zazione(14), ma è in questa seconda che si presenta come massima-mente utile, perché aiuta il cittadino a ricercare regole di garanziaaltrettanto necessarie quanto quelle che disciplinano lo svolgimen-to dell’azione.

Da quanto detto si comprende come la nozione di funzionedebba essere per intero ricondotta al campo dell’organizzazione:complesso di attività, attribuite ad uffici, predeterminate dalla legge (oda atto organizzativo sulla base della legge), volte al perseguimento difinalità generali.

La garanzia del cittadino sta nella predeterminazione delle atti-vità di esercizio della funzione, che può essere vista anche come «i-nizio dell’attività», ma solo nel senso che nelle attività tipizzate cheprefigurano la futura azione il cittadino trova una tutela anticipata,perché sa quali azioni può attendersi dagli uffici ai quali le attivitàsono attribuite.––––––––––

(14) S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo , VI ediz., Milano, Garzanti, 2000,dedica un intero capitolo alla ricostruzione della nozione di funzione. Essa «non si esauriscenella somma dell’organizzazione, degli atti e dei procedimenti. C’è qualcosa di più che pre-cede l’organizzazione e l’attività amministrativa» (p. 126); la funzione è «quella parte del-l’attività che va oltre l’organizzazione, i procedimenti e gli atti» (p. 129). L’analisi delle fun-zioni come scopi assunti dall’ordinamento consente quindi di considerare l’amministrazio-ne come fenomeno nel suo complesso.

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All’amministrazione-attività nel suo svolgersi, nel passaggio dal-la situazione potenziale (potere, che qui consideriamo come fun-zione) alla situazione effettuale (la cura concreta di interessi pubbli-ci) meglio si addice, quindi, la definizione di azione amministrati-va(15). La disciplina dello svolgimento dell’azione amministrativa, ècosa diversa, da tenere concettualmente distinta dall’organizzazio-ne, perché si preoccupa di fornire garanzie nel momento dell’effet-tivo svolgimento dell’azione e non della predeterminazione delle at-tività.

Dalla chiara distinzione tra i due piani e delle due forme di ga-ranzia il cittadino non perde nulla: una parte della garanzia sta nellapredeterminazione delle attività, una parte nella predeterminazionedelle regole sullo svolgimento dell’azione (da parte dell’ufficio com-petente all’esercizio delle attività).

In tal modo siamo anche costretti a fare i conti con le costru-zioni che sulla scia della nozione di funzione come «attività funzio-nalizzata» (Giannini) l’hanno definita come «potere che si fa atto»(Benvenuti)(16). Esse si sono rivelate e conservano la loro grandissi-ma utilità nel processo culturale che ha prodotto l’emersione del-l’attività amministrativa rispetto al solo atto, del procedimento ri-spetto alla sola decisione finale. Processo che ha incrementato e-normemente la tutela del cittadino di fronte all’azione dell’ammini-strazione. Una tale nozione di funzione perde però chiarezza se lasi voglia applicare anche all’organizzazione, poiché essa finisce per

––––––––––(15) V. la modifica della rubrica dell’art. 1, legge n. 241/1990, da parte della legge n.

15/2005, «Principi generali dell’azione amministrativa», e la tendenza dottrinale a utiliz-zare sempre di più il termine azione. V., ad esempio, G. SCIULLO (a cura di), Le nuove re-gole dell’azione amministrativa , BUP, 2006; N. PAOLANTONIO - A. POLICE - A. ZITO (acura di), La pubblica amministrazione e la sua azione, Torino, Giappichelli, 2005; M.A.SANDULLI (a cura di), L’azione amministrativa , Milano, 2005; V. CERULLI IRELLI (a curadi), La disciplina generale dell’azione amministrativa , Napoli, Jovene, 2006; M.P. CHITI -G. PALMA (a cura di), I principi generali dell’azione amministrativa , Napoli, Jovene, 2006.

(16) F. BENVENUTI, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim.dir. pubbl., 1952, pp. 118 ss. Se riguardata solo sotto il profilo dell’attività, la costruzioneappare estremamente suggestiva e utile. L’atto è strettamente collegato alla funzione: è ilmomento in cui essa diviene concreto esercizio del potere.

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dare poca rilevanza agli elementi oggettivi e soggettivi della prefigu-razione e distribuzione del potere(17).

La funzione è ancora potere non tradotto in atto, attività poten-ziale, compito di un ufficio.

L’applicazione della nozione di funzione tanto all’attività quan-to all’organizzazione si rivela, quindi, scientificamente non soddi-sfacente, dal momento che in tal modo si finisce per comprendervielementi diversi e non omogenei. Ciò impone di compiere una scel-ta definitoria, che non può che andare nella direzione della nozionesolo organizzativa di funzione a causa della stretta connessione tra fi-nalità, compiti e uffici che è suo carattere fondamentale e intrinse-co.

Il processo, tutto organizzativo, di progressiva precisazionedella funzione è un processo di progressiva definizione e articola-zione dell’interesse pubblico(18). Si parte dall’individuazione di uninteresse pubblico ancora astratto, di finalità generali articolate inattività tipiche di esercizio, in compiti attribuiti ad uffici, mentrel’interesse pubblico sarà concretamente individuato solo attraversol’azione dell’amministrazione, attraverso la valutazione e compara-zione degli interessi in gioco. È chiaro che la considerazione dellescelte organizzative come progressiva precisazione di interessi pub-blici, anche se ancora potenziali ed astratti, costituisce per il cittadi-no una forte tutela anticipata.

Il cittadino, nel leggere l’organizzazione, l’articolazione degli in-teressi da curare, i compiti, le caratteristiche degli uffici cui i compi-

––––––––––(17) Questo esito si realizza anche nella tesi di G. BERTI, La pubblica amministrazio-

ne come organizzazione, Padova, Cedam, 1968, che, partendo dalla costruzione di Benve-nuti del potere che si fa atto, definisce il momento organizzatorio come momento «dell’at-tivazione delle competenze», ovvero di «trasformazione del potere in atto». In tal modo sifinisce per pervenire all’«assorbimento dell’attività nell’organizzazione» (v. M. NIGRO, Stu-di sulla funzione organizzatrice, cit., p. 125).

(18) G. ROSSI è l’autore che più di altri ha contribuito alla riflessione dei rapporti traorganizzazione e assetto degli interessi. V., in particolare, il capitolo Interessi e ammini-strazioni, in ID., Diritto amministrativo , vol. I, Milano, Giuffrè, 2005. L’organizzazione,in questa prospettiva, «dà quindi risposta agli interessi e, nel contempo, li crea» (p. 142).

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ti sono attribuiti, vede nelle scelte organizzative una tutela che ha diper sé una rilevanza giuridica.

Per il cittadino non è indifferente che una funzione sia attribui-ta ad un livello di governo in luogo di un altro, ad un organo del-l’amministrazione (che la legge e le successive scelte organizzativehanno costruito proprio in rapporto alle attività da svolgere) inluogo di un altro.

Il rilievo giuridico che in tal modo viene dato alle scelte orga-nizzative costituisce una sorta di «funzionalizzazione» dell’organiz-zazione, parallela al processo di funzionalizzazione (nel procedi-mento) dell’attività. Sono entrambe processi che danno rilevanzagiuridica a ciò che sta «dietro» e «prima» dell’atto amministrati-vo(19), un dietro e un prima normalmente irrilevanti nel diritto pri-vato, ma che acquistano rilevanza nel diritto pubblico perché sonostrumenti di progressiva definizione dell’interesse pubblico (da a-stratto, potenziale, a concreto, attuale) e di delimitazione del pote-re.

4. Dalla funzione alla competenza. – Con l’attribuzione ad unufficio (ancora in senso ampio) delle attività di esercizio della fun-zione, la funzione (scopo e compito) diviene competenza (in sensoampio), individuazione delle attività di perseguimento delle finalitàgenerali (degli interessi pubblici astratti) così come si sono venuteprecisando nelle scelte organizzative.

La competenza in questo ampio senso si declina, poi, da un la-to, in attribuzione (con riferimento agli enti pubblici), intesa comeassegnazione di un’intera funzione (della totalità delle attività di e-sercizio della funzione) o di una significativa parte di essa (di alcuneattività di esercizio, mentre altre sono attribuite ad enti diversi).––––––––––

(19) A. PIOGGIA, La competenza amministrativa , cit.: «la rilevanza dell’organizzazio-ne in questi termini non può più essere ricostruita come riflesso dell’attività: l’origine dellagiuridicità del fenomeno è già nell’organizzazione in sé, nella circostanza per cui un appa-rato diventa un centro di riferimento di interessi dotato delle attribuzioni necessarie perperseguirli» (p. 198).

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L’organizzazione come distribuzione delle funzioni tra enti. L’appli-cazione recente più significativa: il principio di sussidiarietà comegaranzia della prossimità della funzione al cittadino (e al suo con-trollo democratico)(20), principio in realtà non ancora applicato inmodo coerente, insieme al principio, non costituzionale, ma di fon-te ordinaria, di unicità(21) tanto che quasi mai un’intera funzione èattribuita ad un solo ente (a un solo livello di governo), ma diversesua attività di esercizio sono attribuite ad enti diversi(22).

Dall’altro essa si declina in competenza in senso stretto, come as-segnazione ad un organo interno ad un ente di una parte delle atti-vità di esercizio della funzione assegnate all’ente (di una parte del-l’attribuzione), cioè di quelle attività di esercizio che per la loroqualità (per la capacità di prefigurare l’interesse pubblico e di con-sentirne la futura individuazione in concreto) sono assegnate ad undeterminato ufficio(23).

Qui si può riprendere l’affermazione secondo la quale la fun-zione (scopo) è composta da una pluralità di attività (di esercizio).Si tratta di attività, come si è detto, di diversa natura e contenuto (at-tività di indirizzo e di gestione, attività di diritto pubblico e privato,attività conoscitive/istruttorie e decisionali, attività strumentali e fi-

––––––––––(20) In questo modo si trova finalmente una lettura coerente dell’uso del termine «fun-

zioni» nel nuovo Titolo V della Costituzione, in particolare agli artt. 114, co. 2, 117, co. 2,lett. p, 117, co. 6, 118, co. 1 e 2, 119, co. 4. Qui le funzioni sono le funzioni amministrati-ve, le funzioni-scopo, i complessi di attività preordinati al raggiungimento di finalità pubbli-che, non le tipologie generali di attività. In questo senso, v. F. MERLONI, Il destino dell’or-dinamento degli enti locali (e del relativo Testo unico) nel nuovo Titolo V della Costituzio-ne, in Reg., 2002, n. 2/3.

(21) Nella legge n. 59/1997, e non trasfuso, come gli altri, nel testo costituzionale.(22) Sulla necessità di procedere ad una razionalizzazione della distribuzione delle fun-

zioni, v. F. BASSANINI - L. CASTELLI (a cura di), Semplificare l’Italia, Firenze, Passigli,2008.

(23) In tal modo si superano le teorie «quantitative» sulla competenza come quantità diatti che possono essere adottati da un ufficio. Su di esse, v. la ricostruzione critica di A.PIOGGIA, La competenza amministrativa , cit., pp. 190 ss. Si superano così anche talune in-certezze di M.S. Giannini, allorché la competenza è definita come «misura dell’eserciziodell’attribuzione» (M.S. G IANNINI, Diritto amministrativo , Milano, Giuffrè, 1970, p.221), mentre nella voce Organi, in Enc dir., vol. XXXI, Milano, Giuffrè, 1981, si nega chela competenza possa esser considerata misura dell’attribuzione.

SAGGI 69

nali, attività interne e attività a rilevanza esterna), non di diversefunzioni(24).

Se riferita agli uffici interni di un’amministrazione (ente pubbli-co) l’organizzazione consiste proprio nella distribuzione, tra gli uf-fici, delle diverse attività di esercizio della funzione. Poiché non tut-te le attività contribuiscono nello stesso modo all’esercizio dellafunzione (al raggiungimento dei suoi scopi), solo ad alcune di essele scelte organizzative attribuiscono rilevanza giuridica. Solo le atti-vità degli uffici aventi rilevanza giuridica costituiscono le competen-ze. Per le altre si può parlare di meri compiti, di attività non soloserventi e strumentali (perché possono avere natura strumentaleanche le competenze), ma tali da non meritare un’assegnazione adun ufficio che abbia conseguenze giuridiche rilevanti(25).

La competenza costituisce, quindi, il momento dell’emersionedell’organizzazione dal giuridicamente irrilevante al rilevante, infunzione di garanzia del cittadino. Non tutta l’organizzazione assu-me rilevanza giuridica, ma solo quella parte che consiste nell’indivi-duazione e nella distribuzione delle competenze, cioè di alcune delleattività di esercizio della funzione. Le attività (competenze) così di-stribuite non coincidono, quindi, affatto con le sole attività a rile-vanza esterna, quelle che, nello svolgimento dell’azione, possonoincidere sulle situazioni giuridiche dei destinatari; esse possonoconsistere anche in attività «interne», ma determinanti ai fini dellacostituzione di centri di riferimento di interessi(26).

––––––––––(24) M.S. G IANNINI, Organi, cit., sottolinea correttamente che l’essenza stessa dell’or-

ganizzazione consiste in «una distribuzione delle funzioni tra vari elementi strutturali», mapoi dà di funzione una nozione troppo ampia, finendo, ad esempio, per considerare comefunzioni delle tipologie di attività (il deliberare, il concludere contratti), ovvero gli scopi del-l’amministrazione o addirittura le stesse competenze. Lo stesso limite sta nella nozione difunzione in S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo , cit.

(25) Trattandosi di meri compiti, il fatto che siano svolti da uno o da un altro ufficionon configura il vizio di incompetenza, perché non sono in gioco interessi pubblici merite-voli di garanzia.

(26) V. A. PIOGGIA, La competenza amministrativa , cit., pp. 200 ss.

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Le competenze vengono individuate (tra tutte le attività di eser-cizio della funzione) e distribuite tra gli uffici proprio in vista dellagaranzia che la loro emersione giuridica rappresenta per la cura im-parziale dell’interesse pubblico.

Attraverso i passaggi che qui abbiamo cercato di ricostruire, ladottrina italiana giunge alla conclusione di un significativo iter teo-rico: l’organizzazione non è più strumentale all’attività, ma è la pre-definizione delle condizioni (risorse a disposizione, informazioni,qualità del personale) stesse di futuro svolgimento delle attività. Lagaranzia, per il cittadino, dell’imparzialità sta nell’attribuzione di u-na funzione ad un ente od organo individuabile (e dotato dei carat-teri necessari per l’adeguata cura degli interessi connessi alla funzio-ne) La rilevanza dell’organizzazione non è un più un fenomenostrumentale (alla valutazione della legittimità dell’atto), ma autono-mo, in quanto processo di progressiva definizione della funzione(cioè dell’interesse pubblico da curare).

5. La competenza e l’organo. – La nozione di competenza è stret-tamente legata a quella di organo, se per organo intendiamo l’ufficioche svolge le attività di esercizio della funzione che disciplina del-l’organizzazione ha individuato come giuridicamente rilevanti, cioèl’ufficio attributario di competenze.

Non è questa la sede per ripercorrere le ricostruzioni della no-zione di organo in teoria generale e della sua utilità ai fini della tute-la del cittadino(27).

Ai nostri fini è invece utile sottolineare il carattere oggettivo enon soggettivo della nozione. Secondo la teoria della scindibilità tra

––––––––––(27) A questo fine basta rileggere M.S. GIANNINI, Organi, cit., e lo scritto di G. MA-

RONGIU, Funzionari e ufficio nell’organizzazione amministrativa dello Stato, cit. Entram-bi sottolineano da un lato il carattere autoritario della teoria organica e dall’altro il valorepositivo di una teoria che «ha consentito di superare l’istituto della rappresentanza e [...] haconsentito di ridurre entro sfere giuridiche precostituite autorità originariamente sovrane»(p. 255). Secondo Giannini, poi, «il concetto di organo fu una conquista civile: rese possibileperfezionare la tutela delle libertà e dei diritti dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri»(p. 41).

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organo e titolare dell’organo(28), l’organo altro non è se non un uf-ficio. Un ufficio con caratteri oggettivi particolari: mentre tutti gliuffici si costituiscono intorno ad complessi di (predeterminate) atti-vità (di esercizio della funzione) da svolgere, l’organo si costituisceintorno ad attività (le competenze) che si tradurranno (in sede disvolgimento concreto dell’azione) in atti direttamente imputati al-l’amministrazione(29).

L’organo si caratterizza quindi per il complesso delle sue com-petenze, il complesso delle attività, imputabili all’amministrazione,giuridicamente rilevanti. L’individuazione (predeterminata e stabile)dell’organo coincide con l’individuazione delle sue competenze.

Con ciò non si vuole affatto trascurare l’elemento soggetti-vo(30), il cui concorso alla garanzia dell’imparzialità nell’individua-zione dell’interesse pubblico è altrettanto importante della chiaradistribuzione delle competenze. Si vuole solo richiamare l’attenzio-ne sul fatto che nella nozione (oggettiva) di organo rientrano tutte––––––––––

(28) Ancora M.S. G IANNINI, Organi, cit., p. 49, che afferma la scindibilità tra i due e-lementi sul piano strutturale («assegnazione della funzione» e «assegnazione di prestazionipersonali e reali») e sul piano dell’«esistere normazioni distinte sul modo in cui si costituisco-no, modificano e sopprimono organi e uffici e sul modo con cui si conferisce la titolarità de-gli organi e degli uffici», mentre non è possibile scinderli sul piano «funzionale, nel sensoche l’ufficio non può esistere senza titolare e che il titolare dell’ufficio non esiste senza l’uf-ficio».

(29) S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo , cit., pp. 156 ss., sottopone la teo-ria dell’organo ad una severa critica, negando l’esigenza di un’imputazione degli atti all’am-ministrazione. Nell’organizzazione vi sarebbero, quindi, solo uffici (in senso ampio) checorrispondono alle funzioni loro assegnate a loro volta distinti in meri uffici e «uffici entifi-cati». Il problema dell’attribuzione di attività predeterminate e poi dell’imputazione di atticoncreti agli enti resta, soprattutto se lo si considera dal punto di vista delle garanzie dellaposizione dei cittadini. In questi limiti la nozione di organo, a distinguere l’area degli ufficidotati di competenze, mantiene la sua validità.

(30) Notevoli i contributi italiani alla teoria della spersonalizzazione del potere nell’or-ganizzazione. Il primo e più rilevante è di G. BERTI, La pubblica amministrazione comeorganizzazione, cit. V. anche G. DI GASPARE, Organizzazione amministrativa , in Dig.disc. pubbl., Torino, Utet, 1995, e G. MARONGIU, Funzionari e ufficio nell’organizzazioneamministrativa dello Stato, cit. Nell’organizzazione ciò che conta è l’ufficio e la sua com-petenza. Le attività attribuite all’ufficio saranno svolte secondo regole predefinite e indipen-dentemente dal soggetto che adotterà in concreto gli atti di esercizio. La stabilità e la conti-nuità delle competenze è anch’essa garanzia per il cittadino. La spersonalizzazione nella di-stribuzione del potere non è contraddizione con l’attenzione alla posizione individuale epersonale del titolare dell’ufficio/organo.

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le regole sui caratteri oggettivi e strutturali dell’ufficio: le sue com-petenze, la composizione e il funzionamento, le procedure attra-verso le quali le competenze (le attività predeterminate di eserciziodelle funzioni assegnate) saranno svolte.

Vista come fenomeno oggettivo, l’organizzazione consiste nel-l’individuazione degli uffici e degli organi «giusti», cioè di quelli piùadatti allo svolgimento delle attività di esercizio della funzione (deicompiti e delle competenze) loro affidate, in rapporto alle caratteri-stiche oggettive di queste ultime.

Rientrano, invece, nella nozione soggettiva, nella nozione di ti-tolare dell’ufficio/organo, le regole relative ai caratteri della perso-na fisica preposta all’ufficio, ai requisiti per la preposizione, al rap-porto giuridico che si stabilisce con l’amministrazione, ai doveri dicomportamento che incombono sul titolare quando sia chiamatoallo svolgimento, in concreto, dell’azione amministrativa.

6. La conoscibilità e controllabilità delle scelte organizzative. – Sela competenza è il momento conclusivo, il precipitato finale delprocesso organizzativo, non ci si può accontentare del passaggio,pur importante, che dà rilevanza giuridica all’attribuzione di un po-tere ad un ufficio, cioè al momento finale del processo. La determi-nazione della competenza avviene spesso, come si è visto, attraver-so una serie di atti che consentono di ricostruire il processo orga-nizzativo.

Se la garanzia oggettiva (della generalità dei cittadini) e soggetti-va (del cittadino interessato) sta non solo nel conoscere quale sial’organo competente, ma anche nella legittima aspettativa di una re-lativa stabilità (o di una modificabilità che segue la stesse garanziedell’attuale) di un’organizzazione che si è venuta precisando al finedi assicurare la corrispondenza tra ufficio e attività da svolgere, ilcittadino (in quanto membro della collettività e in quanto portatoredi interessi) e il giudice, su sua richiesta, devono poter ricostruire la

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catena, il processo che ha portato alla determinazione della compe-tenza.

Non basta conoscere l’organizzazione come risultato, ma oc-corre trovare nella scelta organizzativa la coerenza tra compiti e ca-ratteri dell’ufficio (ente o organo).

Nella determinazione chiara, comprensibile e sindacabile dellacompetenza c’è una doppia garanzia: una garanzia oggettiva, gene-rale, di un’organizzazione che permetta il migliore (più funzionale epiù imparziale) perseguimento dell’interesse pubblico; la garanzia,soggettiva, del cittadino, di un’organizzazione che persegua l’inte-resse pubblico in modo imparziale, tale da non pregiudicare ingiu-stamente un suo interesse, o altri interessi privati e collettivi, coin-volti nella cura dell’interesse pubblico.

L’interesse oggettivo ad una determinata qualità dell’organizza-zione (come risultato delle scelte organizzative) è stato per lungotempo affidato alla riserva di legge, cioè ad un forte coinvolgimentodelle assemblee elettive nell’effettuazione della quasi totalità delle fa-si dell’organizzazione, dall’individuazione delle finalità, all’articola-zione dei compiti all’attribuzione dei compiti agli uffici. L’intera ar-ticolazione della funzione in attività era disciplinata dalla legge, co-me strumento di delimitazione del potere dell’esecutivo e di strettaconoscenza dell’organizzazione al fine del miglior esercizio del con-trollo politico sull’amministrazione. Questa riserva è stata poi rivi-sta(31) come riserva relativa, in riserva di atto pubblicistico (sulla ba-se della legge).

Di qui la distinzione tra una funzione organizzatrice di indiriz-zo, «alta» che manteneva alla legge la definizione degli elementi di

––––––––––(31) Esemplari le pagine di M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice, cit. Da un

lato venivano esposte le ragioni dell’efficienza e della flessibilità che imponevano l’abbando-no della rigida predeterminazione degli organi e delle loro competenze all’interno delle am-ministrazioni; dall’altro le esigenze di controllo e di tutela (dell’interesse generale, ma an-che del cittadino) che continuavano ad imporre, per tutto il processo, fino alla determina-zione delle competenze, atti organizzativi di natura pubblicistica, sindacabili anche sotto ilprofilo della coerenza con gli interessi pubblici affidati alla cura delle amministrazioni.

74 DIRITTO PUBBLICO

fondo dell’organizzazione (l’individuazione delle funzioni-scopo,delle finalità generali, la definizione, non più delle scelte, ma dei cri-teri per effettuare le scelte, quanto all’articolazione nel dettaglio deicompiti e all’attribuzione agli uffici) e una funzione organizzatricepiù operativa, di dettaglio, lasciata agli esecutivi (cioè in gran partealle stesse amministrazioni)(32).

La riserva di atto pubblicistico è in grado di dare anche un’effi-cace tutela alla posizione del cittadino titolare di un interesse coin-volto da un atto amministrativo. Mantiene e arricchisce di contenu-ti la facoltà di attivare, con il ricorso per incompetenza, il sindacatodel giudice amministrativo sulla coerenza tra scelta organizzativa einteresse curato e, soprattutto, sul rispetto della scelta organizzati-va. Anche sotto il profilo della tutela del cittadino, quindi, la riservadi atto pubblicistico assicura una relativa stabilità di quelle scelteorganizzative che più incidono sui suoi interessi (la determinazionedella competenza come atto finale del processo di articolazione del-la funzione) e consente una più agevole ricostruibilità del processoe della sua coerenza con gli interessi pubblici affidati agli uffici(33).

––––––––––(32) L’applicazione più importante di questa distinzione si trova nell’art. 2, d.lgs. n.

165/2001, che riserva ad atti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, «secondo prin-cipi generali fissati da disposizioni di legge», la determinazione delle «linee fondamentalidell’organizzazione degli uffici», la individuazione degli «uffici di maggiore rilevanza» e dei«modi di conferimento della titolarità dei medesimi». Per un commento, rimasto fonda-mentale, di queste norme, v. A. ORSI BATTAGLINI - A. CORPACI, Commento all’articolo 2,in A. CORPACI - M. RUSCIANO - L. ZOPPOLI (a cura di), La riforma dell’organizzazione, deirapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, in Le nuove leggi civilicommentate, 1999, n. 5-6. In particolare, a proposito della locuzione «uffici di maggiorerilevanza», si sostiene che con essa si intenda «quella parte dell’organizzazione che è rile-vante […] sul piano del compimento di attività giuridica in senso proprio e di esercizio for-male delle capacità giuridiche dell’ente». Si tratta di una ricostruzione che corrisponde aquella, qui indicata, della riserva di regime pubblicistico come limitata alla determinazionedegli organi e delle loro competenze.

(33) La distribuzione tra fonti pubblicistiche (per la determinazione delle competenze)e privatistiche (per l’organizzazione interna agli organi) è oggetto di diverse contestazioni,di segno opposto. La prima riguarda la stessa privatizzazione del rapporto di lavoro, ma essaqui non ci si può occupare. Più rilevante è occuparsi delle proposte di revisione della discipli-na vigente, a partire da quella che, una volta posta in discussione la configurazione privati-stica del rapporto di lavoro, la prima conseguenza è riportare tutte le scelte organizzative,anche quelle che abbiamo definito minori, nella disciplina pubblicistica. In tal modo l’interaorganizzazione sarebbe da ricomprendersi nell’organizzazione degli uffici, nella determi-

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7. Distribuzione di competenze e principio di distinzione. – La di-stribuzione delle competenze diviene, quindi, il primo e fondamen-tale strumento di garanzia organizzativa dell’esercizio imparzialedelle funzioni. Ciò vale quale che sia il modello organizzativo che siadotta. L’organizzazione è garanzia del cittadino in ogni modello didistribuzione di competenze tra uffici.

Vediamo ora come essa si atteggi in rapporto ai due modelli or-ganizzativi di fondo: da un lato quello che si può definire «a re-sponsabilità ministeriale» e quello fondato sulla distinzione tra poli-tica e amministrazione(34).

Nel modello a «responsabilità ministeriale», l’organizzazioneconsiste nell’individuazione (e nella distribuzione tra loro dellecompetenze) di organi che sono, nella grande maggioranza dei casi,organi il cui titolare è un soggetto politico, scelto con procedure ditipo elettivo/rappresentativo.

––––––––––nazione delle competenze. Si direbbe una «emersione totale» della rilevanza giuridica dellescelte organizzative, tutte sottoposte a regole pubbliche, all’obbligo di conoscibilità e allapossibilità di un sindacato giurisdizionale. Sul piano costituzionale una scelta legittima, che,però, è assai poco produttiva sul piano della funzionalità dell’amministrazione, perché inu-tilmente rigida. Né si comprende quali vantaggi si avrebbero nella disciplina con fonte pub-blicistica dell’organizzazione interna, del lavoro, della distribuzione dei compiti anche intermini di garanzie del cittadino. L’insofferenza alla coesistenza di fonti di disciplina diver-se si manifesta, però, anche sul versante del tutto opposto. Vi sono, infatti, posizioni, affac-ciatesi soprattutto in dottrina, volte a risolvere la contraddizione con una totale privatizza-zione non solo del rapporto di lavoro, ma anche di quella parte di organizzazione che con-siste nella distribuzione delle competenze tra uffici. V. i recenti, pur stimolanti, lavori di P.CERBO, Potere organizzativo e modello imprenditoriale nella pubblica amministrazione,Padova, Cedam, 2007, e M. SGROI, Dalla contrattualizzazione dell’impiego all’organizza-zione privatistica dei pubblici uffici , Torino, Giappichelli, 2006. Si tratta di posizioni cheappaiono più ispirate ad una ricerca di astratto equilibrio tra fonti che costituzionalmentefondate. Una totale privatizzazione dell’organizzazione degli uffici sarebbe non solo incontrasto con la lettera dell’art. 97 Cost., ma anteporrebbe il principio del buon andamento(che diventerebbe l’unico canone per le scelte organizzative) rispetto all’imparzialità. Lostesso si dica per la disciplina del rapporto di ufficio dei titolari degli uffici/organi (e dei lorocollaboratori) nell’esercizio delle funzioni. Se si privatizza la distribuzione delle competen-ze perché mera organizzazione interna, non rilevante, allora si può privatizzare anche ladisciplina del rapporto che lega il titolare allo svolgimento dei compiti pubblici. L’unico ba-luardo a garanzia dell’imparzialità sarebbe la disciplina dell’azione, del procedimento. L’or-ganizzazione rientrerebbe così nel limbo dell’irrilevanza giuridica dal quale per decenni si ècercato, con successo, di sottrarla.

(34) Per un’analisi comparata dei diversi sistemi, v. F. MERLONI, Dirigenza pubblica eamministrazione imparziale, Bologna, il Mulino, 2006.

76 DIRITTO PUBBLICO

La garanzia della distribuzione sta, quindi, soprattutto nellacorrispondenza tra competenze e caratteri degli organi politici. So-lo marginalmente vengono individuati, quasi sempre per delega del-l’organo politico o con riferimento a questioni considerate «mino-ri» (per rilievo economico o territoriale), organi affidati a funziona-ri professionali.

Nel modello a responsabilità ministeriale, poi, le ulteriori ga-ranzie di imparzialità consistono nel fatto che il supporto (conosci-tivo e valutativo/istruttorio) alla decisione finale dell’organo politi-co è fornito da uffici, che sono meri uffici e non organi (non han-no poteri decisionali e di imputazione di atti all’amministrazione),ma che per le loro caratteristiche contribuiscono ad una decisioneimparziale. La garanzia sta quindi nei compiti affidati all’ufficio, enegli elementi soggettivi relativi al responsabile dell’ufficio. Si ga-rantisce, per esempio attraverso il carattere continuativo e profes-sionale del rapporto che lega il funzionario(35) all’amministrazione,una posizione di (relativa) indipendenza soggettiva o di neutralitàdel funzionario rispetto all’indirizzo politico. Analoga garanzia siottiene preponendo agli uffici funzionari aventi la necessaria com-petenza (tanto più rilevante per uffici destinati a svolgere compiti,sempre di supporto conoscitivo, ma ad elevato contenuto tecnico).

Con la distinzione tra politica e amministrazione(36) si operaun cambiamento radicale.––––––––––

(35) Ampia in questa direzione la ricostruzione di G. MARONGIU, Funzionari e ufficionell’organizzazione amministrativa dello Stato, cit.

(36) Il principio è affermato in via generale, come è noto, dall’art. 4, d.lgs. n.165/2001, e consiste da un lato nell’elencazione (esemplificativa, non tassativa) delle attivitàspettanti agli «organi di governo» e dall’altro nell’attribuzione, in via residuale, di tutte le al-tre attività e in particolare dell’«adozione di atti e provvedimenti amministrativi, compresitutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno» ai dirigenti, che «sono re-sponsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati»(art. 4, co. 2). La distinzione viene rafforzata dalla previsione della necessità di una derogaespressa e ad opera di specifiche disposizioni legislative (art. 4, co. 3, non sono consentitequindi interpretazioni diverse e la deroga può essere fatta solo con norma primaria, con e-sclusione tanto della fonte regolamentare quanto di atti amministrativi di organizzazionedi natura non normativa) e da una clausola generale che, a partire da una data determinata,impone di intendere le «disposizioni che conferiscono agli organi di governo l’adozione di

SAGGI 77

Al fine di garantire l’imparzialità dell’organizzazione si utilizzaappieno il potere di distribuire le competenze tra organi (all’internodi un ente).

Da un lato vi sono organi di carattere politico, gli «organi digoverno», dall’altra organi, di carattere amministrativo, di gestione.La distinzione tra le attività attribuite all’una e all’altra categoria diorgani è oggettiva (si basa sul contenuto delle attività di eserciziodella funzione), ma è forte anche il profilo soggettivo: le attività digestione, in realtà tutte le attività che impegnano l’amministrazioneverso l’esterno, sono riservate ad organi che devono avere una ca-ratteristica specifica. Ad essi devono essere preposti dei «dirigenti»,cioè dei funzionari professionali.

Il ribaltamento è completo: se nel modello della responsabilitàministeriale gli organi (nel senso ormai chiarito) sono quasi semprea carattere politico, con i funzionari professionali confinati nel ruo-lo di supporto alla decisione, nel principio di distinzione vale la re-gola che fa degli uffici il cui titolare è (deve essere) un dirigente/fun-zionario gli unici cui possono essere affidate competenze di gestio-

––––––––––atti di gestione o di atti e provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relati-va competenza spetta ai dirigenti» (art. 70, co. 6, d.lgs. n. 165/2001). A rendere «invalica-bile» il confine tra le due sfere di attività interviene poi l’art. 14 che stabilisce un’esplicitasottrazione di poteri di intromissione del Ministro nello svolgimento delle attività di com-petenza dei dirigenti (co. 3; il riferimento al Ministro è da leggersi in generale come «orga-no di Governo» visto il carattere generale della disciplina e la sua estensione, in virtù del-l’art. 27, a tutte le amministrazioni non statali dei principi del d.lgs., con particolare riferi-mento all’art. 4). V. i commenti di F. MERLONI agli artt. 3 e 14 dell’allora d.lgs. n. 29/1993e successive modificazioni, in A. CORPACI - M. RUSCIANO - L. ZOPPOLI (a cura di), La ri-forma dell’organizzazione, cit. Per ultimo, è intervenuta la legge «Brunetta» che si proponedi «rafforzare il principio di distinzione». V., in proposito, l’art. 6, co. 1, legge n. 15/2009,dove la delega in materia di disciplina della dirigenza pubblica viene prevista «al fine di raf-forzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli orga-ni di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispettodella giurisprudenza costituzionale in materia, regolando il rapporto tra organi di vertice edirigenti titolari di incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione del-l’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo», dove il riferimentoalla giurisprudenza della Corte cost. deve intendersi alle richiamate sentenze in materia dispoils system . I decreti delegati dovranno, quindi, adottare il criterio che vuole l’applicazio-ne dello spoils system alla sola area degli incarichi fiduciari, con esclusione di quelli dirigen-ziali. Dove c’è collaborazione all’indirizzo ci può essere spoils system , dove invece c’è gestio-ne questo è inapplicabile perché costituzionalmente illegittimo.

78 DIRITTO PUBBLICO

ne/amministrazione attiva, cioè gli unici «veri» organi dell’ammini-strazione, con gli organi di governo posti in una collocazione che,se non può essere definita «servente», è quantomeno prodromicarispetto ad una decisione finale, di individuazione concreta dell’in-teresse pubblico, che è loro sottratta.

In realtà la legge continua a definire quelli politici come «orga-ni» (di governo), perché, pur volendosi affermare con forza la riser-va delle competenze di gestione ai dirigenti, resta il fatto che agli or-gani politici sono attribuite attività (competenze) che incidono inmodo significativo sull’esercizio della funzione. Si tratta di attivitàche in qualche caso possono avere un’immediata rilevanza esterna(si pensi agli atti normativi e amministrativi generali che già conten-gono una regolazione degli interessi in gioco, che possono esseredirettamente lesivi di situazioni giuridiche soggettive), ma, come si èvisto, la rilevanza interna o esterna delle competenze non è un cri-terio accettabile per distinguere tra meri uffici e organi. Ciò checonta è che l’attività sia individuata e distribuita come attività giuri-dicamente rilevante e imputabile all’amministrazione.

Se già le costruzioni teoriche sull’organizzazione avevano chia-rito l’assunzione di progressiva rilevanza autonoma dell’organizza-zione come distribuzione di competenze tra uffici/organi, oggi, conil principio di distinzione, questa autonoma rilevanza si rafforza.

La distinzione non individua due diverse «funzioni» («di gover-no» e «amministrativa»)(37), ma due diverse tipologie di attività(competenze) di esercizio delle medesime funzioni.

La distinzione riserva ad alcuni organi (amministrativi perchédiretti da funzionari professionali) le competenze che hanno la

––––––––––(37) In questo senso non si può condividere l’opinione di F.G. SCOCA, Diritto ammi-

nistrativo , Torino, Giappichelli, 2008, p. 19, che però risente molto della costruzione gian-niniana (in particolare nella voce Organi) e delle sue incertezze sulla nozione di funzione(funzioni come tipologie di attività), mentre qui la funzione è la finalità complessiva da per-seguire, articolata in diverse attività di esercizio. La distinzione tra funzioni porta poi l’A.alla conclusione, anch’essa non condivisibile, che alla «scelta degli obiettivi […] non puòapplicarsi il principio di imparzialità» (p. 19).

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maggiore rilevanza esterna, in particolare quelle che comportanol’adozione di atti «che impegnano l’amministrazione verso l’ester-no».

L’attuazione del principio, nel determinare le scelte organizzati-ve, dovrà necessariamente passare attraverso l’individuazione di or-gani, cui sono preposti dei funzionari professionali, per lo svolgi-mento di attività di gestione e amministrazione attiva. Le compe-tenze degli uffici dirigenziali non potranno più restare indetermina-te, perché il loro ruolo non è di supporto alla decisione dell’organopolitico, ma in sé decisionale, nell’attuazione dell’indirizzo politico.Si potrebbe arrivare a sostenere (se non vi fossero conseguenze ne-gative su altri piani)(38) che gli organi amministrativi, sulla base del-l’attribuzione delle competenze, sarebbero in grado di adottare gliatti di loro competenza anche in assenza dell’esercizio delle attivitàdi indirizzo, mentre non vale l’inverso: senza l’attività degli organiamministrativi l’amministrazione non è in grado di adottare atti le-gittimi, di curare l’interesse pubblico concreto.

La distinzione non è tra attività discrezionali e vincolate. Le at-tività di indirizzo possono arrivare (è normale che ciò avvenga) adelimitare, fino a circoscrivere fortemente, la discrezionalità degliorgani amministrativi. Quando le attività di esercizio della funzionesono discrezionali, gli atti degli organi amministrativi non possonoche essere discrezionali (nei limiti fissati dalla legge e dagli atti di in-dirizzo). Se l’effetto dello svolgimento delle attività di indirizzo poli-tico fosse, per definizione, la riduzione a vincolate delle attività de-gli organi amministrativi, la distinzione (riserva di competenze) nonavrebbe senso, perché essi si ridurrebbero a meri esecutori di unavolontà, di un’opera di individuazione dell’interesse pubblico an-che nel caso concreto, che sarebbe svolta in proprio dagli organipolitici, che è quello che la legge espressamente vuole evitare.

––––––––––(38) V. gli effetti della mancata definizione degli obiettivi nell’attivazione della respon-

sabilità dirigenziale.

80 DIRITTO PUBBLICO

La distinzione, costruita come riserva di competenze, producel’annullabilità per incompetenza degli atti adottati in violazione del-la riserva, attivabile direttamente dal cittadino, a tutela di suoi inte-ressi coinvolti(39).

8. L’elemento personale come tratto fondamentale dell’organizza-zione. – L’organizzazione di cui ci siamo occupati fin qui è quellache abbiamo definito «oggettiva», consistente nel processo di pro-gressiva definizione di funzioni e di competenze e nella loro distri-buzione tra uffici (tra enti e organi).

Le regole oggettive mirano a costituire l’ufficio «giusto» (coe-renza della distribuzione delle competenze e coerenza tra compe-tenze assegnate e caratteri dell’ufficio), a predeterminare regole og-gettive sulle attività di esercizio della funzione da svolgere, renden-do in qualche modo le attività fungibili, indifferenti, alle personeche nel concreto si occuperanno di trasformare quelle attività in a-zione amministrativa.

Le regole soggettive si preoccupano di preporre le persone«giuste» ai diversi uffici (in rapporto ai caratteri di questi ultimi) e diassicurare che queste persone si comportino in modo «giusto» ecioè, nella prospettiva qui accolta, soprattutto imparziale(40).

––––––––––(39) Il vizio di incompetenza ha corso il rischio di un declassamento laddove fosse stata

accolta una sua lettura «povera», come mero vizio del procedimento o della forma, così co-me previsto in una prima stesura del d.d.l. che ha poi dato luogo alla legge n. 15 del 2005.La formulazione definitiva dell’art. 21octies distingue nettamente tra vizio di incompetenza(di cui al co. 1) e vizi di forma di cui al co. 2. La giurisprudenza amministrativa resta, però,ancora oscillante: non mancano decisioni che configurano l’incompetenza, anche sotto ilprofilo del mancato rispetto della distinzione tra competenze degli organi politici e ammini-strativi, come mero vizio di forma, sanabile nei modi di cui al co. 2.

(40) Qualche esempio: se le attività (le competenze) dell’organo sono di carattere pre-valentemente tecnico (e in qualche caso implicanti specifiche conoscenze tecniche) il titola-re dell’organo dovrà avere la necessaria competenza professionale. Se le competenze attri-buite all’ufficio riguardano soprattutto la definizione di atti di indirizzo politico (nella cate-na di precisazione dell’indirizzo, l’organo si vede attribuire una funzione ancora prevalen-temente di indirizzo) le caratteristiche personali dei titolari dell’organo dovranno essere ditipo politico. E così via.

SAGGI 81

L’«elemento personale degli uffici»(41), va considerato come e-lemento dell’organizzazione altrettanto fondamentale della distribu-zione delle competenze. Questo tema è qui affrontato ponendo inluce come cambia il rapporto tra l’ufficio/organo e il suo titolarecon il passaggio dal modello della responsabilità ministeriale a quel-lo della distinzione tra politica e amministrazione, nel quadro dellericostruzioni di carattere generale già ricordate: l’organo (con le suecompetenze) è prefigurato nell’organizzazione, corrisponde al com-plesso delle attività di esercizio della funzione che gli sono assegna-te; senza le persone fisiche che ne assumono la titolarità l’organonon è in grado di passare dalla pre-determinazione organizzativadell’attività (competenza) all’azione.

9. Il titolare dell’ufficio/organo nel modello della responsabilitàministeriale. – La posizione del titolare dell’ufficio/organo è netta-mente differenziata tra i sistemi amministrativi «a responsabilità mi-nisteriale» e quelli, come l’italiano, fondati sulla netta distinzionetra competenze di indirizzo e di gestione.

Nel modello a responsabilità ministeriale gli organi sono in ge-nerale organi a carattere politico (i titolari degli organi sono scelti epreposti agli uffici con procedure di tipo politico). Solo marginale èil caso di organi affidati a dipendenti pubblici, legati da un rapportodi tipo professionale.

Eppure colpisce la ricorrente costruzione del rapporto che legail titolare all’ufficio/organo avendo come riferimento la figura delpubblico dipendente o del funzionario(42).––––––––––

(41) Secondo la definizione di M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice dellapubblica amministrazione, cit., p. 128.

(42) S. TERRANOVA, Funzionario (dir. pubbl.), in Enc. dir., vol. XVIII, Milano, Giuf-frè, 1969, sottolinea l’uso discontinuo e spesso impreciso del termine funzionario, in qual-che caso distinto da quello di dipendente pubblico. Dal canto suo, M.S. GIANNINI, Corso didiritto amministrativo , Milano Giuffrè, 1970, evita di usare il termine «anche perché ilnostro sistema non conosce nel campo dell’impiego pubblico, la distinzione tra dirigenti eimpiegati come distinzione giuridicamente rilevante». L’affermazione è sicuramente datata,in quanto antecedente all’istituzione della figura del dirigente (con d.P.R. n. 748/1972), macoglie la difficoltà di distinguere tra impiegati, il cui lavoro può concorrere all’esercizio della

82 DIRITTO PUBBLICO

Mentre è chiara la corrispondenza tra funzionario ed eserciziodella funzione, secondo la quale in realtà sono funzionari tutti co-loro che partecipano all’esercizio della funzione e quindi sia gli or-gani (prevalentemente politici) che adottano atti imputati all’ammi-nistrazione sia i soggetti (dipendenti o altro) che concorrono con leloro attività di supporto alla decisione(43), la tendenza di fondo è diidentificare la figura del funzionario con il funzionario professiona-le(44). Ciò è coerente con la costruzione teorica legata alla spersona-lizzazione dell’organizzazione e con la ricostruzione del rapportoche lega il dipendente/funzionario all’amministrazione: un rappor-to di assoggettamento, di subordinazione piena, di fedeltà. Il dipen-dente pubblico reclutato per concorso e legato da un rapportocontinuativo e professionale con l’amministrazione garantisce almassimo la necessaria «neutralità» dell’amministrazione rispetto al-la politica. L’oggettività del lavoro professionale, la superiorità te-cnica del modello di organizzazione per funzioni/uffici(45), è raffor-zata dalla neutralità del funzionario. Questo resta, però, collocatoin una posizione di subordinazione, anche gerarchica, all’organo(politico), che riduce il suo contributo alla imparzialità dell’ammini-strazione ad una mera opera di «contenimento» degli eventualicomportamenti e atti «parziali» degli organi politici.

Il funzionario professionale, pur in questi limiti, diviene così loschema di ricostruzione di base per definire il rapporto che lega il

––––––––––funzione e funzionari di grado più elevato, e dirigenti, il cui concorso all’esercizio della fun-zione è sicuramente più intenso (quando non diretto, per preposizione all’organo).

(43) Cfr. S. TERRANOVA, Funzionario (dir. pubbl.), cit., secondo il quale sono funzio-nari «tutti coloro che fanno parte di un ufficio e che sono investiti di pubbliche funzioni»,chiarendo più avanti che «in tal modo non si deve comprendere qualsiasi attività nell’ambi-to del pubblico ufficio».

(44) Qui è indispensabile il rinvio alle pagine di G. MARONGIU, Funzionari e ufficionell’organizzazione amministrativa dello Stato, cit.: «l’oggettività del lavoro professionalecustodisce e sviluppa l’oggettività che è nell’attività d’ufficio» (p. 276).

(45) Di nuovo G. MARONGIU, Funzionari e ufficio nell’organizzazione amministrati-va dello Stato, cit., sulla scia di M.S. Giannini, sottolinea come quello dell’organizzazioneoggettiva in uffici (con le loro competenze) non è tratto tipico delle sole organizzazionipubbliche, ma anche di quelle private (p. 273).

SAGGI 83

titolare dell’organo all’amministrazione: rapporto di servizio (pre-stazione lavorativa continuativa professionale, dietro retribuzione)distinto dal rapporto di ufficio (esercizio della funzione); immedesi-mazione organica, secondo cui l’attività dell’organo è imputata glo-balmente(46) all’amministrazione.

Si comprende perché, nonostante la preminenza dell’organopolitico nell’organizzazione a responsabilità ministeriale, la posizio-ne di quest’ultimo rispetto all’organizzazione viene ricostruita sullafalsariga, quasi ad imitazione, di quella del funzionario professiona-le, con la costruzione della figura del «funzionario onorario»(47),come la persona fisica titolare di un organo, legata da un rapportodi ufficio relativamente all’esercizio della funzione per il periodo(breve) di titolarità e non da un rapporto (continuativo) di servizio.

Proprio perché il titolare dell’organo politico non dà le garan-zie di imparzialità offerte, per il funzionario professionale, dallacontinuità e professionalità del rapporto, la disciplina relativa allapreposizione agli organi politici è attenta a regolare alcune materie,delle quali, invece, poco ci si occupa per il funzionario professiona-le: i limiti preventivi all’assunzione della carica per potenziale con-flitto di interessi (ineleggibilità, incompatibilità, incandidabilità); larisoluzione, nell’azione, del conflitto di interessi comunque insorto(dovere di astensione, pubblicità degli interessi); i doveri di com-portamento(48). Tendenzialmente dettagliate le norme nella primamateria, anche se con evidenti lacune, tra le quali la maggiore l’affi-

––––––––––(46) M.S. GIANNINI, Corso di diritto amministrativo , cit., p. 275: «si imputano al-

l’ente gli stati mentali e intenzionali del titolare dell’ufficio (organo), gli stati di coscienza ele qualificazioni della condotta, ma sempre nella loro massima estensione».

(47) Ancora S. TERRANOVA, Funzionario (dir. pubbl.), cit., e G. FERRARI, Funziona-rio onorario, in Enc. dir., vol. XVIII, Milano, Giuffrè, 1969. Quest’ultimo ricorda come lagiurisprudenza si sia occupata di questa figura di fronte a ripetute richieste di equiparare laposizione del funzionario onorario a quella del funzionario professionale, sulla base dellosvolgimento di un’attività di prestazione, e conseguentemente, di retribuirla.

(48) In questa sede non si esaminano nel dettaglio le discipline relative alla posizionedel titolare dell’organo politico, né si esprimono valutazioni quanto alla loro congruità conle finalità di garanzia dell’imparzialità. Ci si limita a sottolineare l’attenzione che il legislato-re pone al problema.

84 DIRITTO PUBBLICO

dare agli stessi organi collegiali politici la decisione finale sull’esi-stenza di cause di ineleggibilità o incompatibilità(49). Piuttosto gene-riche, e lasciate all’interpretazione giurisdizionale, le norme sul do-vere di astensione. Quasi del tutto assenti i doveri di comportamen-to e l’applicazione di sanzioni di carattere «disciplinare», sempremotivate dall’assenza di un continuativo rapporto.

Inutile è apparso al legislatore, in quella fase storica, ‘attardarsi’nella configurazione dei doveri di imparzialità del dipendente, nellagaranzia della sua ‘neutralità’ rispetto all’indirizzo politico che èchiamato ad attuare; meglio occuparsi con più attenzione della po-sizione del titolare dell’organo politico(50).

10. Il titolare dell’ufficio/organo nel modello di distinzione tra po-litica e amministrazione. – La distinzione tra rapporto di servizio erapporto d’ufficio, che ha consentito di considerare in modo unita-rio la figura del funzionario, applicata a tutti coloro che partecipa-no all’esercizio della funzione, acquista un significato ancora mag-giore nel modello della distinzione tra competenze degli organi poli-tici e amministrativi.

In un modello che vede nel dirigente amministrativo il «privatodatore di lavoro», interessato, come «controparte» dei dipendentiassegnati al suo ufficio, ad ottenere, contro retribuzione, la loromassima collaborazione lavorativa, è stato reso possibile sottopor-re a due regimi di disciplina completamente diversi i due elementi:la prestazione lavorativa, che passa ad essere regolata da contratti di

––––––––––(49) La normativa sulla cosiddetta «giurisdizione domestica» delle Assemblee parla-

mentari, già di difficile applicazione per organi collegiali formati con sistemi elettorali pro-porzionali (per l’instaurarsi di vincoli di solidarietà), oggi quasi del tutto inapplicabile in si-stemi elettorali maggioritari, soprattutto con riferimento ai leader dei partiti e delle coali-zioni.

(50) Non è questa la sede per valutare se a questa attenzione abbia corrisposto una buo-na qualità delle regole sull’imparzialità dell’organo politico. Basti solo sottolineare che in Ita-lia non si è voluta dedicare un’uguale attenzione al funzionario professionale, che, in questomodo ha finito per restare nel cono d’ombra della politica, se non per politicizzarsi essostesso.

SAGGI 85

diritto privato, l’esercizio della funzione che resta sottoposta a re-gole di diritto pubblico(51).

La distinzione tra disciplina (privatistica) del rapporto di lavoroe disciplina (pubblicistica) dell’esercizio della funzione, sembra ri-chiedere, però, che il confine tracciato sia netto e non oggetto di in-cursioni da una parte o dall’altra(52).––––––––––

(51) Sul punto la letteratura di commento alla cosiddetta «privatizzazione» del pubbli-co impiego è sconfinata, così come sono variegate le posizioni sulla sua utilità e legittimitàcostituzionale. Da M.S. G IANNINI, Organi, cit., ed Impiego pubblico , in Enc. dir., vol. XX,Milano, Giuffrè, 1970, pp. 293 ss., che evidenzia la diversa sostanza e il diverso contenutodei due rapporti, restando in un sistema che disciplina entrambe i rapporti con norme pub-blicistiche, si giunge alla costruzione di A. ORSI BATTAGLINI, Fonti normative e regime giu-ridico del rapporto di impiego con enti pubblici , in Dir. lav. rel. ind., 1993, pp. 46 ss., cheporta la distinzione alle sue logiche conseguenze: la prestazione lavorativa del dipendentepubblico non si differenzia in sé da quella del lavoratore privato e può essere oggetto di unadisciplina dialetticamente formata sulla base della contrattazione privatistica, collettiva e in-dividuale. Qui ci si deve limitare ad esaminare i profili che più attengono alla garanzia del-l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche. La privatizzazione, intanto, non sembrapregiudicare gli effetti di «indipendenza/neutralità» che derivano al dipendente/funziona-rio pubblico in virtù del suo rapporto continuativo e professionale. Questo elemento restaanche nel quadro della disciplina privatistica del rapporto, rafforzato dal mantenimento delprincipio di accesso per concorso (che la legge n. 15/2009 in più punti si propone di raffor-zare; v. artt. 2, co. 1, lett. g; 5, co. 1, lett. f; 6, co. 1. Il concorso non è solo il rispetto deldovere delle amministrazioni di reclutare senza favoritismi e discriminazioni (concorso co-me «evidenza pubblica»), ma è anche garanzia del futuro svolgimento imparziale delle atti-vità di esercizio della funzione. Il rapporto di lavoro continuativo e professionale, rafforza-to dal reclutamento mediante concorso, è di per sé una garanzia di imparzialità. La discipli-na privatistica del rapporto, poi, non impedisce che resti una disciplina pubblicistica dellafunzione: disciplina pubblicistica che non consiste solo negli elementi oggettivi dell’organiz-zazione o nella fissazione di regole (procedimento, ma non solo) dell’azione amministrati-va, ma nella disciplina della condizione soggettiva del funzionario (cioè del soggetto che, in-dipendentemente dalla sua provenienza, è preposto all’esercizio della funzione). La stessaprivatizzazione del rapporto di lavoro dei dirigenti non pregiudica, di per sé, l’imparzialitàdell’amministrazione. La negoziazione del dirigente con l’amministrazione (con gli organipolitici o con i soggetti con incarico fiduciario) quanto alle sue prestazioni (gli obiettivi daraggiungere con la sua attività dirigenziale, le relative retribuzioni) non intaccano, se il diri-gente si vede garantita una posizione di effettiva indipendenza quanto alla proposizione al-l’ufficio/organo e allo svolgimento dell’azione, la sua imparzialità nell’esercizio della fun-zione. Così come sono coerenti con lo svolgimento imparziale dell’azione la contrattazionecon i dipendenti, l’attribuzione di premi per il raggiungimento di risultati con la loro pre-stazione lavorativa, il potere di micro-organizzazione.

(52) Del problema sembra consapevole la recente legge «Brunetta», che si preoccupa dimeglio definire le rispettive aree di intervento, evitando sconfinamenti indebiti. V., in pro-posito, l’art. 3, co. 2, lett. a, che tra i principi e criteri per la nuova disciplina della contratta-zione collettiva fissa il seguente: «precisare […] gli ambiti della disciplina del rapporto di la-voro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge, fermo re-stando che è riservata la contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbli-gazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro». Qui i termini rapporti di lavoro so-

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Al fine di garantire l’esercizio «giusto», cioè imparziale, dellafunzione, la disciplina pubblicistica del rapporto di ufficio non puòpiù fondarsi solo sulla distinzione tra funzionari legati da un rap-porto continuativo con l’amministrazione (professionali) e funzio-nari pro-tempore(53) (politici, soggetti fiduciari), ma sul diverso conte-nuto delle attività da svolgere.

È in rapporto al questo diverso contenuto che vanno articolatele discipline, pubblicistiche, del rapporto di ufficio, di cui fin qui siè rilevato il contenuto composito (norme sui requisiti soggettivi perla preposizione agli uffici/organi; norme sulle procedure e sulla du-rata della preposizione agli uffici/organi; norme sui conflitti di inte-resse e norme relative ai doveri di comportamento nell’eserciziodelle funzioni affidate agli uffici/organi).

Per ciascuna categoria di «funzionari», in rapporto alle funzio-ni attribuite va rivista la disciplina dello «status» complessivo delfunzionario. Lo status non è più carattere che si lega ad un sotto-stante rapporto di lavoro, ma che trova applicazione in ogni occa-sione di esercizio di una funzione. Lo status diviene elemento co-mune a tutti i funzionari pubblici, ma si differenzia e si funzionaliz-za(54) in rapporto alle diverse esigenze di imparzialità.

––––––––––no correttamente usati nel secondo caso e non nel primo nel quale in realtà si comprendo-no sia il rapporto di lavoro (in senso proprio, cioè stretto) sia il rapporto di ufficio (per la di-sciplina del quale vi è riserva di legge).

(53) È stato sostenuto che anche per i titolari degli organi di governo delle ammini-strazioni pubbliche si dovrebbe parlare di una «carriera», dal momento che in generale l’ap-partenenza ad un partito politico e la fedeltà al medesimo garantisce la possibilità di ricopri-re cariche politiche per più mandati e comunque in diverse amministrazioni. Il rilievo nonha sostanza giuridica perché si tratta, dal punto di vista dell’amministrazione per la quale iltitolare svolge la sua carica, di un rapporto che si instaura limitatamente alla durata delmandato politico. In ogni caso l’eventuale esistenza di una carriera della persona titolaredell’organo nulla aggiunge quanto alle garanzie di imparzialità nello svolgimento delle rela-tive attività.

(54) La ricordata sent. n. 103/2007 della Corte cost. sembra svalutare, anche per i fun-zionari professionali, gli elementi di status a favore di una disciplina, come quella vigente,definita come «funzionale» (considerato in diritto, n. 8). Per una critica di questa svaluta-zione, v. F. MERLONI, Lo spoils system è inapplicabile alla dirigenza professionale: dallaCorte nuovi passi nella giusta direzione (commento alle sentt. n. 103 e 104 del 2007), cit., p.846. Le considerazioni qui esposte fanno semmai propendere per un’estensione della no-

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11. La rilettura dei principi costituzionali sui pubblici funzionari.– La stretta connessione tra principio di imparzialità e distinzionetra politica e amministrazione stabilito dalla giurisprudenza costitu-zionale permette una rilettura organica, che qui ci si limita ad ac-cennare, delle diverse norme costituzionali relative alle persone, va-riamente denominate («funzionari», «dipendenti dello Stato e deglienti pubblici», «pubblici impiegati», «impieghi nelle pubbliche am-ministrazioni»), che partecipano all’esercizio delle funzioni ammini-strative.

Nel modello della responsabilità ministeriale, il punto di par-tenza poteva essere assunto nell’art. 95 Cost., nel quale si è a lungoritenuto fosse sancita la responsabilità, anche amministrativa, delMinistro per gli atti del suo dicastero, con esclusione della possibili-tà di leggere nell’art. 97, co. 2, alcuna «riserva di competenze» aifunzionari professionali, alcuna delimitazione di un’area di attivitàdi esercizio delle funzioni sottratta alla decisione degli organi politi-ci(55). I «funzionari» di cui devono essere «determinate le sfere dicompetenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie» potevanoallora essere individuati in tutti coloro che svolgevano (opartecipavano allo svolgimento di) pubbliche funzioni: funzionariprofessionali e onorari(56). La distribuzione delle competenzesarebbe stata solo un criterio di chiara distinzione, ai finidell’applicazione dei principi di cui al co. 1, imparzialità e buonandamento, non di distinzione a favore di una categoria rispettoall’altra.

Quanto all’articolo 28 Cost., poi, si è affermato che, ai finidell’individuazione delle responsabilità «per gli atti compiuti inviolazione di diritti», i «funzionari» sarebbero cosa diversa dai

––––––––––zione di status , funzionalmente differenziato in rapporto alle funzioni svolte, a tutti i fun-zionari pubblici.

(55) Per una ricostruzione dell’evoluzione nella lettura dei rapporti tra art. 95 e art. 97Cost., v. F. MERLONI, Dirigenza pubblica e amministrazione imparziale, cit., pp. 208 ss.

(56) In questa direzione, v. S. TERRANOVA, Funzionario (dir. pubbl.), cit.

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«dipendenti» e coinciderebbero con i funzionari onorari, altrimentisottratti ad ogni responsabilità giuridica.

Le disposizioni dell’art. 97, co. 3 (accesso per concorso), e 98,co. 1 (servizio esclusivo della Nazione), erano da riferirsi solo aifunzionari professionali, per motivi letterali e sistematici: l’accessoper concorso non può che riguardare gli impieghi che consistononella instaurazione di un sottostante rapporto di lavoro continuati-vo e professionale. Il servizio esclusivo della Nazione era principioinserito in un articolo per intero dedicato alla protezione del fun-zionario dalla politica. Esso poteva essere, meno enfaticamente, let-to come servizio dell’interesse generale, in contrapposizione agli in-teressi «particolari» della politica(57).

Quanto, infine, all’art. 54, co. 2, largamente comune un’inter-pretazione estensiva della norma. Questa, anche se inserita nel tito-lo relativo ai rapporti politici e quindi scritta avendo riferimento al-lo svolgimento di cariche politico/elettive, è formulata in modo co-sì ampio da comprendere tutte le funzioni pubbliche, non soloquelle amministrative, ma anche quelle legislative e giurisdizionali.Per le funzioni amministrative, tutte le attività di esercizio delle fun-zioni. Se i funzionari di cui all’art. 97, co. 2, sono tutti i funzionari,professionali e onorari, la disposizione sul dovere di adempiere lefunzioni con disciplina e onore si applica ad una categoria estesa difunzionari(58).

Nel nuovo modello fondato sulla distinzione tra politica e am-ministrazione la norma-chiave, il riferimento di rango superiore, ilvalore cui devono essere informate tutte le discipline, oggettive e

––––––––––(57) G. MARONGIU, Funzionari e ufficio nell’organizzazione amministrativa dello

Stato, cit., ricorda la derivazione della norma dalla Costituzione di Weimar volta a «proteg-gere» proprio i dipendenti pubblici, i funzionari professionali, da un’eccessiva sottomissionealla politica, volendo «escludere influenze politico-partitiche indebite» (p. 281).

(58) Nella pratica, però, come si è visto, mentre il dovere della «disciplina e onore» si ètradotto in norme di comportamento per i pubblici dipendenti (e quindi per i funzionariprofessionali), il mancato instaurarsi di un continuativo rapporto di ufficio con l’ammini-strazione ha impedito una anche minima articolazione dei doveri di comportamento del ti-tolare dell’organo politico nell’esercizio della funzione.

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soggettive, sull’organizzazione, è l’imparzialità dell’amministrazionedell’art. 97, co. 1, Cost.

Ciò consente di rileggere alcune norme, in qualche caso in sen-so ancora restrittivo, in altri in senso estensivo.

In senso restrittivo: se l’art. 97, co. 2, Cost., deve essere inter-pretato come vera riserva di competenza, questa non può che ope-rare a favore di funzionari che sono, in effetti, solo i funzionariprofessionali, cui si applicano in via esclusiva le disposizioni del co.3 (concorso) e del co. 1 dell’art. 98 – protezione dalle(59) ingerenzedella politica(60).

In senso estensivo: se la funzione è il complesso delle attività diesercizio volte al raggiungimento delle finalità, tutti coloro che svol-gono le attività di esercizio della funzione, tutti i titolari degli organi(sia politici, fiduciari, amministrativi) sono, in egual modo, «funzio-nari»; esso sono, quindi, necessariamente oggetto di una disciplinapubblicistica del rapporto di ufficio (del loro «status») nel rispetto deiprincipi costituzionali sulla responsabilità di cui all’art. 28, dove l’e-spressione «funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubbli-ci» è un’endiadi volta ad estendere a tutti la (diversa) responsabilitàper gli atti compiuti e sul dovere di cui all’art. 54, co. 2, di «adem-piere le funzioni pubbliche» loro «affidate» (oggi diremmo: di svol-gere le attività di esercizio delle funzioni assegnate al loro ufficio).

12. La disciplina dello status dei titolari degli organi che svolgono(o concorrono allo svolgimento delle) attività di indirizzo. – Una voltastabilito il carattere necessariamente pubblico della disciplina delrapporto d’ufficio (in quanto disciplina dell’esercizio della funzio-––––––––––

(59) Così come sono funzionari i loro collaboratori (sempre che il concorso all’eserci-zio della funzione sia importante e non si limiti al compimento di mere attività serventi).

(60) Pur nella salvaguardia della lettura storica, confermata di recente dalla Corte cost.nella più volte richiamata sentenza n. 103 («l’amministrazione, […] nell’attuazione dell’in-dirizzo politico della maggioranza, è vincolata, invece, ad agire senza distinzioni di partipolitiche e dunque al ‘servizio esclusivo della Nazione’ (art. 98)» (considerato in diritto n.9.2), si potrebbe anche avanzare una lettura che estende anche agli organi politici il doveredi esercizio imparziale, al servizio dell’interesse generale, delle attività loro attribuite.

90 DIRITTO PUBBLICO

ne), qualche rapida considerazione sui suoi contenuti, attuali e nel-la prospettiva di adeguamento dello status delle diverse categorie difunzionari alle nuove esigenze di imparzialità(61).

a) I titolari degli organi di governo(62). Ricordato che l’obbligodi imparzialità grava anche sui titolari degli organi politici(63), la di-sciplina vigente del loro rapporto di ufficio non mostra alcuna trac-cia di un’opera di ripensamento o anche di semplice aggiornamen-to. Continua a mancare una considerazione d’insieme della discipli-na dei titolari degli organi nelle pubbliche amministrazioni, in rap-porto alle attività loro conferite dalla legge(64). Manca, come si èdetto, una disciplina puntuale dei doveri di comportamento del ti-tolare dell’organo politico nell’esercizio delle sue funzioni. Ciò èdovuto, come sappiamo, alla configurazione del suo rapporto diufficio come rapporto temporaneo e quindi diverso da quello delfunzionario professionale, per il quale invece i doveri di comporta-mento sono fissati.

––––––––––(61) Alla rilettura della disciplina del rapporto di ufficio dei «funzionari pubblici» è de-

dicata la letteratura in materia di «etica pubblica» o di lotta alla corruzione e alla «maladmi-nistration». V., tra le opere giuridiche, S. CASSESE, Maladministration e rimedi, in Foro.it., 1992, V, cc. 247 ss., e B.G. MATTARELLA, Le regole dell’onestà, Bologna, il Mulino,2007. Per un approccio politologico/sociologico, v. D. DELLA PORTA - A. VANNUCCI, Ma-ni impunite, Bari, Laterza, 2007. L’autore di queste note è coordinatore nazionale di unaricerca PRIN (2006) su «Etica pubblica e interessi. Regole, controlli e responsabilità», i cuirisultati sono in corso di pubblicazione presso Franco Angeli.

(62) Per una recente rivisitazione della materia, v. G. S IRIANNI, Etica della politica,rappresentanza, interessi, Napoli, ESI, 2008.

(63) Secondo alcuni, dopo la distinzione non vi sarebbero più problemi di imparzialitàper gli organi politici. In questo senso possono essere lette le posizioni che, distinguendo ledue funzioni (v. F.G. SCOCA, Diritto amministrativo , cit.), rendono quella politica quasisvincolata da doveri di imparzialità. In realtà la garanzia di imparzialità deve essere data an-che rispetto a scelte di indirizzo che regolano interessi, spesso notevoli. Si pensi alle grandiscelte economiche e fiscali; sono le regolazioni, per legge o per atto normativo o ammini-strativo generale, a dislocare gli interessi più rilevanti. I rapporti dei titolari degli organi po-litici con gli interessi economici pongono problemi non risolti quanto alla garanzia di im-parzialità.

(64) Anche la recente legge «Brunetta» non segna un’inversione di tendenza. Essa sioccupa di organizzazione pubblica e di dirigenza, ma non della posizione degli organi poli-tici nell’amministrazione.

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Manca anche una tradizione alla fissazione di doveri di com-portamento di carattere «etico» di cui è invece ricca l’esperienzacomparata, soprattutto nei paesi anglosassoni(65).

b) I soggetti con incarico fiduciario. Nella categoria sono com-prese figure anche molto diverse, tutte legate dal carattere fiduciariodell’incarico: nomina con un atto di un organo di governo, con laprevisione di poteri di revoca/rimozione dall’incarico (che posso-no essere motivati da solo venir meno del rapporto di fiducia) o didecadenza automatica (spoils system) allo scadere del mandato del-l’organo politico che ha conferito l’incarico.

Questa categoria può essere suddivisa in gruppi omogenei.Una prima distinzione è relativa all’instaurarsi o meno di un

rapporto di dipendenza (di durata pari a quella dell’incarico) conl’amministrazione di riferimento.

Una seconda classificazione, in buona misura coincidente conla prima, è effettuata in rapporto alla natura intrinseca della fiducia-rietà.

Un gruppo è costituito dai soggetti a piena fiduciarietà politica,revocabili per il solo venir meno di una fiducia politica, la cui disci-plina può essere molto simile a quella degli organi politici. I soggettisono scelti e nominati perché l’organo politico conta sulla loro atti-vità per la definizione e per l’attuazione dell’indirizzo politico. L’or-gano politico non sempre conosce le regole di organizzazione efunzionamento dell’amministrazione, ha (dovrebbe avere) di frontedirigenti con competenze riservate e nei cui confronti non ha pote-ri di intromissione. Per l’organo di governo la qualità degli atti di in-dirizzo (di verifica della loro attuazione) è decisiva per il raggiungi-mento degli obiettivi. A questo fine deve poter contare su figureche gli diano piena garanzia di omogeneità politica(66).

––––––––––(65) V. l’esperienza dei codici di condotta dei Ministri nel Regno Unito e la grande at-

tenzione che viene posta al tema dell’etica pubblica negli USA.(66) In questa prospettiva, l’esplicita previsione, negli atti pubblicistici di organizzazio-

ne, di uffici di coordinamento, di diretta collaborazione, cioè di un’area di fiduciarietà, è del

92 DIRITTO PUBBLICO

Per questi soggetti fiduciari possono essere estese le regole cheabbiamo già visto per i titolari degli organi di governo. Attenzionealle condizioni di accesso agli incarichi, attenzione ai conflitti di in-teressi (in via preventiva e durante lo svolgimento degli incarichi),attenzione ai doveri di comportamento.

Quanto all’appartenenza esplicita di questi soggetti alla politica(a partiti politici) in linea di principio valgono le stesse regole fissateper gli organi di governo (l’appartenenza è pienamente legitti-ma)(67).

Un secondo gruppo è costituito dai soggetti a fiduciarietà pro-fessionale/manageriale, revocabili per il mancato raggiungimento dirisultati o per il venir meno dell’affidamento sulle capacità manage-riali, con una posizione assai vicina a quella della dirigenza ammini-strativa. Per questi soggetti il rapporto di fiducia è solo in parte«politico» (capacità di realizzare l’indirizzo definito dall’organo digoverno) e in larga parte fondato sulle competenze professionali emanageriali.

La distinzione fondata sulle caratteristiche delle attività svoltenon produce, oggi, alcuna conseguenza giuridica rilevante, che in-vece viene fatta discendere solo dalla creazione o meno di un sotto-

––––––––––tutto compatibile con il principio della distinzione. Il problema riguarda, semmai, l’estensio-ne di quest’area e i compiti effettivamente attribuiti agli uffici retti da soggetti fiduciari.Un’eccessiva estensione, cioè un eccessivo numero di uffici e di persone con incarico fidu-ciario, costruirebbe un forte peso sull’organizzazione complessiva e farebbe dubitare sul ri-spetto della distinzione. D’altro canto, l’attribuzione di compiti che possano configurare incapo ai soggetti con incarico fiduciario quei poteri di intromissione che la legge ha esclusoper gli organi politici, costituirebbe un illegittimo aggiramento del principio di distinzione.

(67) Qualche problema si pone, invece, nei casi, assai frequenti, in cui il soggetto conincarico fiduciario provenga dalla carriera dei funzionari professionali e debba, una voltaterminato l’incarico fiduciario, rientrare nella carriera, per assumere incarichi di gestione,che presuppongono una maggiore indipendenza dalla politica. Il fenomeno può avere rile-vanza anche di per sé, sul piano meramente quantitativo. Si pensi ai casi, non infrequentinei Paesi che fanno largo uso di poteri di rimozione o che prevedono lo spoils system , in cuiun numero rilevante di funzionari debba rientrare nei ranghi, provocando uno spostamen-to a catena degli incarichi dirigenziali. L’aver partecipato, eventualmente con una forte e-sposizione politica, alle attività di indirizzo potrebbe pregiudicare la loro imparzialità o,quantomeno il loro apparire come imparziali. Potrebbe essere utile prevedere una sorta di«raffreddamento» dell’esposizione politica, con l’attribuzione di un incarico dirigenziale,con poteri di gestione, solo dopo il trascorrere di un tempo determinato.

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stante rapporto di lavoro: nel caso positivo si estendono ad essi le(poche) regole sulle limitazioni all’accesso e sui doveri di comporta-mento dei dipendenti pubblici; nel caso negativo (di funzionari o-norari, come per i politici) nessun dovere, nessuna responsabilitàdisciplinare, solo limitazioni all’accesso all’incarico.

c) Una disciplina lacunosa e inefficace. Per tutti i titolari di ufficie organi qui considerati in mancato approccio funzionale(68) delladisciplina ha finora impedito di regolare il rapporto d’ufficio in mo-do adeguato e proporzionato alle attività (competenze) loro affida-te).

13. La disciplina dello status dei titolari degli organi che svolgonoattività di gestione. – Quanto alla posizione del dirigente funziona-rio professionale(69) la disciplina del rapporto di ufficio deve essereriguardata sotto due profili: da un lato quanto alla posizione chel’ordinamento gli riconosce rispetto all’organo politico; dall’altroquanto ai rapporti con interessi privati (suoi personali o di altri)che possano condizionare impropriamente l’esercizio della funzio-ne.

a) Il dirigente funzionario professionale e la politica. Sotto il pri-mo profilo abbiamo visto come la prima garanzia di imparzialità ri-sieda proprio nel carattere professionale del rapporto, tutelato so-prattutto dal reclutamento e dalla progressione di carriera per con-corso. La seconda garanzia sta nella determinazione di una duratadell’incarico dirigenziale tale da ridurre al minimo i rischi di condi-

––––––––––(68) Nel senso già detto, di disciplina di status definita in rapporto al contenuto della

funzione (delle attività da svolgere).(69) La posizione da garantire al dirigente non consiste più nella vecchia «neutralità»,

ma diviene vera e propria indipendenza , nel senso già indicato (v., ancora, B. PONTI, Lanozione di indipendenza nel diritto pubblico come condizione del funzionario, cit., che pa-ragona l’indipendenza dei magistrati con quella dei funzionari professionali con poteri au-tonomi di decisione). L’indipendenza è garantita non solo riservando competenze (di ge-stione), ma disciplinando elementi di status (quanto ai limiti soggetti di accesso agli incari-chi e quanto ai doveri di comportamento nel loro svolgimento).

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zionamento(70). La terza nella definizione di procedure di conferi-mento e revoca dell’incarico di massima garanzia: non solo dell’in-teresse personale del dirigente al mantenimento dell’incarico, madell’interesse generale all’imparzialità del funzionario. Procedureche possono essere affidate ad organi diversi da quelli di gover-no(71), ovvero lasciate agli stessi organi di governo (per meglio lega-re la valutazione agli obiettivi fissati in sede di indirizzo), ma con lanecessaria predeterminazione di regole e criteri(72). La quarta garan-zia sta nella disciplina dei regimi di conferibilità degli incarichi(73),delle incompatibilità(74) e dei doveri di comportamento(75).

––––––––––(70) V. Corte cost., n. 103/2007, allorché, pur senza occuparsi, per inammissibilità del

quesito, della disciplina della durata degli incarichi dirigenziali, afferma che: «la stessa inesi-stenza di un termine minimo di durata dell’incarico dirigenziale, ancorché la relativa dispo-sizione – sotto questo aspetto – non formi oggetto dell’odierno scrutinio di costituzionalitàper le ragioni precedentemente esposte, è indice di una possibile precarizzazione della fun-zione dirigenziale, che si presenta (quando il termine sia eccessivamente breve) difficilmen-te compatibile con un adeguato sistema di garanzie per il dirigente che sia idoneo ad assicu-rare un imparziale, efficiente ed efficace svolgimento dell’azione amministrativa».

(71) Si pensi all’attribuzione dei poteri di nomina (o di proposte di rose di candidati) a-gli organi amministrativi di vertice. Se questi ultimi, però, sono di nomina fiduciaria il con-dizionamento politico potrebbe restare rilevante.

(72) Come sappiamo questa è l’orientamento di fondo del legislatore, fin dal d.lgs. n.29/1993. La relativa disciplina (quantomeno sofferta e oggetto di continue modificazioni)ricerca criteri oggettivi e non prevede alcun limite procedurale (quale, ad esempio, l’aper-tura di procedure aperte, selettive con presentazione di curricoli, istruttoria e proposta daparte di soggetti diversi dai titolari degli organi di governo). Nella stessa direzione sembraandare anche la legge «Brunetta», che insiste molto sul mancato raggiungimento dei risul-tati come causa per l’esclusione dalla conferma dell’incarico e sulla trasparenza e pubblicitàsui «criteri di conferimento, mutamento e revoca degli incarichi» (art. 6, co. 1, lett. h).

(73) Nella disciplina vigente rivestire una carica in un partito politico o avere ricopertocariche in organi di governo nelle pubbliche amministrazioni non costituisce motivo per e-scludere un funzionario dal conferimento di un incarico dirigenziale. Questa soluzione, secomprensibile nel sistema a responsabilità ministeriale, non sembra di per sé accettabile nelnuovo, se si tratta di assicurare che il funzionario sia (e appaia) indipendente rispetto gli or-gani politici.

(74) Il regime vigente delle incompatibilità raramente prevede incompatibilità tra cari-che di partito e cariche politiche (in altre amministrazioni) e la titolarità di organi ammini-strativi. Una dimostrazione di attenzione al punto si può trovare nella legge «Brunetta»che, all’art. 6, co. 1, lett. m, nel fissare principi e criteri per la disciplina delegata in materiadi dirigenza pubblica, prevede: «rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigentipubblici e rafforzarne l’autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavorato-ri e all’autorità politica».

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b) Il dirigente funzionario professionale e gli interessi privati. Ladisciplina vigente si sofferma molto sulla responsabilità dirigenziale,cioè sulla valutazione delle prestazioni in rapporto al raggiungimen-to degli obiettivi e sulle sue conseguenze, sul rapporto di lavoro (intermini di retribuzione accessoria, ma anche di possibile licenzia-mento) e sul rapporto di ufficio (in termini di revoca dell’incaricoper mancato raggiungimento degli obiettivi fissati).

La stessa disciplina, con la nuova distribuzione delle competen-ze (riserva di competenze gestionali) fa del dirigente il responsabile,in proprio, della legittimità degli atti (soprattutto sotto il profilodella loro imparzialità).

Se, nel sistema della responsabilità ministeriale, i profili di pos-sibile compromissione del funzionario professionale erano consi-derati come minori (la decisione finale era dell’organo di governo),oggi occorre garantire la personale posizione di indipendenza delfunzionario rispetto agli interessi privati che con le sue decisioniamministrative andrà a valutare, contemperare, regolare. I tradizio-nali conflitti di interessi (tra interessi propri, già coltivati e cono-sciuti, del funzionario e gli interessi pubblici che deve curare), ten-dono ad assumere connotazioni nuove e più ampie. Si pensi al casodel funzionario indotto a privilegiare determinati interessi in vistadi vantaggi solo futuri, quali l’assunzione, alla fine (magari anticipa-ta) del suo rapporto di lavoro pubblico, di una carica in un’impresasottoposta a poteri di regolazione da parte del suo ufficio(76). Ma siconsiderino anche i casi in cui il funzionario, pur non coltivandointeressi propri, contribuisca a dare l’impressione esterna di una ec-cessiva subordinazione ad determinati interessi privati.

––––––––––(75) Anche in questa materia praticamente non vi sono doveri volti a limitare, se non

l’appartenenza, almeno l’ostentazione della propria appartenenza politica. Sul punto v., in-vece, le ricche discipline francese e, soprattutto, tedesca.

(76) È il fenomeno che con espressione francese si definisce del pantouflage, cui si cer-ca di porre rimedio con incompatibilità successive al termine del rapporto di lavoro del fun-zionario.

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Anche sotto il profilo dei rapporti con gli interessi privati la ga-ranzia dell’imparzialità sta imponendo la revisione della disciplinadei regimi di conferibilità degli incarichi(77) delle incompatibilità(78)e dei doveri di comportamento.

14. Il carattere indiretto delle garanzie sull’imparzialità dei titola-ri di uffici/organi e il controllo democratico dei cittadini. – L’organiz-zazione, nei suoi due elementi, oggettivo e soggettivo, offre garan-zie diverse al cittadino. Mentre l’organizzazione oggettiva coinci-dente largamente con la distribuzione delle funzioni (fra enti) e del-le competenze (tra organi) è definita in vista dell’eventuale impu-gnazione dell’atto per incompetenza, la violazione delle regole orga-nizzative che garantiscono la posizione dei titolari degli uffici/orga-ni e la loro imparzialità soggettiva non è direttamente attivabile dalcittadino(79).––––––––––

(77) Fin qui si è ritenuto che il carattere continuativo del rapporto di lavoro impediscache il funzionario sia portatore di interessi privati che precludono il conferimento dell’inca-rico. Poiché, come si è visto, ciò non pone del tutto il funzionario al riparo dal condiziona-mento degli interessi, anche il rapporto di lavoro continuativo ed esclusivo deve essere ac-compagnato da norme sulle incompatibilità, all’atto dell’assunzione dell’incarico, durante ilsuo svolgimento e dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Diverso problema si pone, in-vece, quando si conferiscono incarichi dirigenziali a persone esterne alla pubblica ammini-strazione. La disciplina vigente si limita a fissare dei limiti massimi quantitativi senza stabili-re né criteri che garantiscano sull’effettiva necessità del ricorso alla dirigenza esterna, nécriteri soggettivi diversi dai requisiti di carattere professionale. Non diversa la previsionedella legge «Brunetta» (art. 6, co. 1, lett. h) che prevede «comunque la riduzione, rispetto aquanto previsto dalla normativa vigente, delle quote percentuali di dotazione organica en-tro cui è possibile il conferimento degli incarichi medesimi».

(78) Per un’analisi critica della disciplina vigente sulle incompatibilità dei dirigenti, v.F. MERLONI, Dirigenza pubblica e amministrazione imparziale, cit., e, ancora, ID., L’eticadella dirigenza pubblica , in G. D’ALESSIO (a cura di), L’amministrazione come professione,cit., pp. 201 ss. Quanto alle prospettive future vi è la delega, già richiamata, della legge «Bru-netta», per «rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici» (art. 6, co. 1,lett. m), che, pur contenendo solo criteri sulla compatibilità con cariche sindacali e politichee nulla sulla compatibilità con interessi economici, non impedisce certamente di occuparsi diqueste ultime.

(79) La garanzia per il cittadino resterebbe affidata, ad esempio, alla sola attivazione dicontrolli sull’operato dei titolari degli uffici/organi e delle relative responsabilità. Per un’i-potesi di legittimazione diretta, fondata su una innovativa lettura dell’art. 54 Cost., secondola quale gli obblighi di «disciplina ed onore» sono direttamente applicabili anche senza l’in-termediazione di specifiche disposizioni normative, v. R. CAVALLO PERIN, L’etica pubblicacome contenuto di un diritto degli amministrati alla correttezza dei funzionari, in corso di

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La garanzia dell’imparzialità dell’amministrazione può, invece,essere potenziata con il ricorso alla trasparenza come strumento dicontrollo democratico, diffuso, sull’organizzazione. Se il cittadino èin grado di conoscere e controllare le scelte organizzative e i loro ri-sultati non solo il buon andamento ma la stessa imparzialità del-l’amministrazione dovrebbe risultarne maggiormente garantita.

La trasparenza(80), a lungo fatta coincidere con il solo diritto diaccesso, appare oggi fondarsi soprattutto sulla pubblicità, in parti-colare sull’imposizione, per legge, di obblighi minimi per determi-nate categorie di atti e di informazioni.

Riguardati sotto il profilo delle informazioni da fornire ai citta-dini sull’organizzazione va segnalato un crescendo di previsioni, so-prattutto negli ultimi anni(81), che rafforzano progressivamente il

––––––––––pubblicazione nel volume relativo ai risultati della Ricerca PRIN sull’etica pubblica, già ri-cordata. Da verificare in base alla disciplina definitiva del decreto delegato, la previsione nel-la legge «Brunetta» (art. 4, co. 2, lett. l) di una class action per «violazione di standard quali-tativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi»; per «omesso eserciziodi poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori»; per «violazione dei termini»; per «man-cata emanazione di atti amministrativi generali», da cui «derivi la lesione di interessi giuridi-camente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori». In prima applicazione l’interocapitolo è stato stralciato.

(80) V. F. MERLONI (a cura di), La trasparenza amministrativa , Milano Giuffrè,2008.

(81) Dapprima la legge modificativa della legge sul procedimento amministrativo (leg-ge n. 15/2005), all’art. 26, che impone di pubblicare «le direttive, i programmi, le istruzio-ni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sull’organizzazione, sulle funzioni». Dasegnalare che la legge, nel delimitare ulteriormente (ai soli interessati) il diritto di accesso,compensa questa restrizione con un maggior ricorso alla pubblicità. È seguito, poi, il codicedell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82/2005), all’art. 54, co. 1, lett. a, che impone, comecontenuti minimi dei siti informatici delle pubbliche amministrazioni, i dati relativi a «l’or-ganigramma, l’articolazione degli uffici, le attribuzioni e l’organizzazione di ciascun ufficioanche di livello dirigenziale non generale, nonché il settore dell’ordinamento giuridico rife-ribile alle attività da essi svolta, corredati dai documenti anche normativi di riferimento».Infine la legge «Brunetta», che presenta novità non irrilevanti. In primo luogo l’individua-zione della trasparenza come «livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministra-zioni pubbliche a norma dell’articolo 117, co. 2, lett. m, Cost.». V. l’art. 4, co. 6. Si esten-dono al più generale principio di trasparenza, che comprende anche la pubblicità, le previ-sioni in materia di accesso dell’art. 22, co. 2, legge n. 241/1990 (come modificata dalla leggen. 15/2005). Il riferimento ai livelli essenziali rafforza, sia per l’accesso che per la pubblici-tà, la configurazione della situazione giuridica del cittadino come vero diritto. In questosenso, v. C. MARZUOLI, La trasparenza come diritto civico alla pubblicità, in F. MERLONI(a cura di), La trasparenza amministrativa , cit., p. 60. In secondo luogo, una definizioneinnovativa e aperta del contenuto della trasparenza art. 4, co. 7: «la trasparenza è intesa co-

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controllo pubblico, diffuso, dei cittadini sull’organizzazione dellepubbliche amministrazioni e sul loro funzionamento.

15. La dimensione organizzativa della garanzia dell’imparzialità.– Lo scopo, si spera raggiunto, di queste note era dimostrare comel’organizzazione costituisca in proprio, autonomamente, una note-vole garanzia per il cittadino sull’esercizio imparziale delle funzioniassegnate alle pubbliche amministrazioni.

La garanzia sta nella predeterminazione di funzioni (scopo),nell’articolazione delle funzioni in attività di esercizio e nella lorodistribuzione tra uffici costruiti in modo tale da assicurare lo svolgi-mento adeguato dell’azione amministrativa.

L’organizzazione fornisce una garanzia anticipata rispetto allosvolgimento dell’azione, ma deve essere da questa tenuta concet-tualmente ben distinta.

Funzione, competenza, organo sono nozioni proprie dell’organiz-zazione amministrativa.

Nell’organizzazione oggettiva degli uffici la predeterminazionedelle competenze degli organi è riservata ad una disciplina pubblici-stica sulla base della legge, che garantisce stabilità, conoscibilità e sin-dacabilità delle scelte organizzative che riguardano l’individuazionedei poteri di incidere sulle situazioni giuridiche soggettive dei desti-

––––––––––me accessibilità totale (corsivo aggiunto), anche attraverso lo strumento della pubblicazionesui siti internet delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni concernenti ogniaspetto dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni (corsivo aggiunto), degli indi-catori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento dellefunzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta in propo-sito dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto deiprincipi di buon andamento e imparzialità». In terzo luogo l’applicazione concreta del prin-cipio, da un lato relativamente ai «sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche»(art. 4, co. 2, lett. a), e dall’altro relativamente all’«obbligo per le pubbliche amministra-zioni di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi» (art. 4, co. 2, lett. b), assistita dalla crea-zione di un apposito organismo indipendente per la verifica dell’attuazione dei nuovi prin-cipi nelle pubbliche amministrazioni (art. 4, co. 2, lett. f). Nel passaggio dalla previsione dilegge delega al primo testo del decreto delegato, questo organismo sembra aver perso partedella propria indipendenza, quanto a poteri e denominazione (non è più definita come «Au-torità indipendente», ma come «Commissione», cui è comunque riconosciuta «indipenden-za di giudizio e di valutazione» e «piena autonomia»).

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natari, mentre altre minori (interne) scelte organizzative possonoessere lasciate a discipline privatistiche che valorizzino i poteri deidirigenti come privati datori di lavoro.

Poiché, però, l’organizzazione non sta solo nella predetermina-zione delle competenze degli organi, ma nella configurazione dellecaratteristiche personali dei loro titolari, la disciplina del rapportoche lega questi ultimi alle pubbliche amministrazioni è essa stessa u-na garanzia di imparzialità.

Dove esistono funzioni (attività di esercizio delle funzioni), lì visono funzionari, la cui disciplina deve essere differenziata in rap-porto alle diverse attività (d’indirizzo, di supporto all’indirizzo, digestione) di esercizio loro affidate. Tale disciplina è volta a far corri-spondere le caratteristiche soggettive del titolare dell’ufficio/organo(il funzionario) al contenuto sostanziale delle attività attribuite al-l’ufficio (la funzione).

Tutti i funzionari, «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbli-che, hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore» (art. 54Cost), cioè nell’interesse pubblico, perseguito in modo imparziale.

Il rapporto di ufficio (l’esercizio delle attività di una funzioneda parte del titolare dell’organo), contrariamente a quanto avvieneper la prestazione lavorativa (il rapporto di lavoro in senso stretto),è riservato a disciplina pubblicistica, sulla base della legge. Tale disci-plina, nel regolare le condizioni per il conferimento della titolaritàdegli organi, la posizione dei titolari rispetto ad altri, la loro condi-zione, i loro doveri di comportamento (il loro status), attua i princi-pi costituzionali sull’imparzialità dell’amministrazione.

L’organizzazione, oggettiva e soggettiva, costituisce direttamen-te, come predeterminazione pubblica, tendenzialmente stabile e co-noscibile, delle competenze e dei soggetti chiamati a svolgerle, unforte strumento di garanzia dell’imparzialità.

La progressiva estensione del principio di trasparenza, applica-ta all’organizzazione amministrativa, come conoscibilità e comecontrollo diffuso sulle scelte organizzative e sui loro risultati, con-

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tribuisce in modo sostanziale alla garanzia organizzativa dell’impar-zialità.


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