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Pierre Benoit - Parola Corpo Spirito Chiesa - A cura di P. Garuti

Date post: 15-Nov-2023
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ConciliOP 3 PIERRE BENOIT Parola Corpo Spirito Chiesa Un esegeta domenicano al Concilio Vaticano II a cura di Paolo Garuti op Angelicum University Press Roma —— 2013
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ConciliOP

3

PIERRE BENOIT

Parola Corpo Spirito Chiesa

Un esegeta domenicano al Concilio Vaticano II

a cura di

Paolo Garuti op

Angelicum University Press

Roma ——

2013

«C’était remarquable. A-t-il une soixantaine d’années ? Je ne sais ; mais il est

de ce type d’hommes intelligents et spirituels, habités par l’Esprit Saint.

Exégète incontesté, il domine tellement sa science que l’on devine à tout

moment la rigueur solide, mais qu’on est jamais gêné comme d’un corset rigide.

Il a l’art de faire communier à sa recherche, a sa découverte du mystère d’un

Dieu personnel en dialogue avec l’homme. On sort d’une telle rencontre, l’âme

remplie d’action de grâce, car on a vu et entendu un homme qui sait lire, à

l’intérieur, la vie divine répandue dans l’humanité, non en projetant une vérité

systématisée, mais en appelant progressivement à partager un amour qui est vie.

Quel sens sacré cela donne à l’Histoire».

Monsignor Jean Hermil, 28 settembre 1964

Prefazione

Abbiamo raccolto in questo volumetto sette articoli di diversa natura e

lunghezza, non tanto per presentare al lettore una documentazione completa

sull’esegesi del padre Pierre Benoit, ma per mostrare il percorso intellettuale e

spirituale da lui compiuto nel riflettere prima, durante e dopo il Concilio

Ecumenico Vaticano II su due temi allora e oggi di fondamentale importanza

per la teologia: l’ispirazione della Scrittura e la Chiesa.

«Les analogies de l’inspiration», Sacra Pagina. Miscellanea biblica congressus

internationalis catholici de re biblica (J. Coppens ed.), vol. 1, Paris, Gabalda, 1959

[traduzione di Giuseppe da Vetralla: Esegesi e teologia, vol. 2, Roma, Edizioni

Paoline, 1971, 33-54].

«La révélation et l’inspiration selon la Bible, chez saint Thomas et dans les

discussions modernes», Revue biblique 70 (1963) 321-370 [traduzione di Giuseppe

da Vetralla: Esegesi e teologia, vol. 2, 143-220].

«Inspiration et révélation», Concilium 1 (1965) 13-26 [traduzione di E.

Giammancheri].

«Saint Thomas et l’inspiration des Écritures», Tommaso d’Aquino nel suo VII

centenario, Napoli, Edizioni Domenicane Italiane, 1974, 115-131 [traduzione

nostra].

«Le récit de la cène dans Lc XXII, 15-20», Revue biblique 48 (1939) 357-393

[traduzione nostra].

«L’Église et Israël», Exégèse et théologie III, Paris, Cerf, 1968, [traduzione di

Giuseppe da Vetralla; Esegesi e teologia, vol. 2, 635-654].

«Conspectus biblici de ecclesia et mundo», Angelicum 43 (1966) 311-320

[traduzione nostra].

Nei titoli degli articoli (ora capitoli) e nelle note a piè di pagina abbiamo

operato gli adeguamenti che pensavamo necessari all’uniformità del libro.

Ringraziamo di cuore gli Editori che ci hanno gratuitamente concesso i diritti

sul testo: Edizioni Domenicane Italiane, Queriniana, Angelicum, Revue biblique.

Ringraziamo anche le Edizioni Paoline.

Un sentito ringraziamento alle signore Simonetta De Carlo e Alessandra Trebbi

per la preziosa collaborazione all’edizione.

Introduzione

«Davvero notevole! Ha già sessant’anni? Non lo so, ma è una persona

intelligente e spirituale nello stesso tempo, di quelle abitate dallo Spirito Santo.

Esegeta incontestato, domina a tal punto la sua materia che si percepisce in ogni

passaggio un solido rigore scientifico, che tuttavia non lo costringe mai come un

busto troppo stretto. Sa perfettamente come far partecipare l’uditore alle sue

ricerche, alla sua scoperta del mistero di un Dio persona in dialogo con

l’umanità. Si esce da un tale incontro con l’anima colma d’azione di grazie per

aver ascoltato un uomo che sa leggere, dall’interno, la vita divina effusa

nell’umanità, non proiettando una verità sistematizzata, ma chiamando

progressivamente a condividere un amore che è vita. Che senso sacro ciò

conferisce alla Storia!»

Abbiamo posto in capite libri questa pagina di diario, che Jean Hermil,

allora giovane ausiliario di Autun, poi vescovo di Viviers,1 scrisse all’uscita da

una conferenza tenuta da padre Pierre Benoit a Roma, durante le discussioni

conciliari sullo schema De Revelatione che avrebbe poi generato la Costituzione

Dei Verbum.

J. Murphy O’Connor, nella meno entusiasta biografia ufficiale del padre

Benoit, pubblicata dall’École biblique in occasione del primo centenario della

scuola nel 1990,2 riporta con toni da romanzo l’avventura conciliare del padre

Benoit: «Fu una sorpresa trovare padre Benoit tra i consiglieri di una delle

commissioni create per la preparazione del programma del Concilio. A

quell’epoca gli specialisti che, come lui, erano di convinzioni liberali erano

tenuti a distanza, o semplicemente esclusi».3

Pare che l’incaricato della Commissione sulle Chiese Orientali avesse

invitato tre rappresentanti delle maggiori scuole teologiche di Gerusalemme. Per

l’École biblique era stato scelto padre Roland de Vaux, archeologo e storico di

fama mondiale, ma non troppo portato alle questioni teologiche ed ecclesiali.

Benoit, che invece non aveva mai abbandonato le riflessioni giovanili sulla

Rivelazione ed era cosciente dell’importanza del Concilio, spinse il padre de

Vaux ad indicare il suo nome come possibile sostituto. Nell’autunno del 1961

partì per Roma. In questa prima fase vide la luce una sua riflessione a

scaturigine biblica sulla duplice dimensione, terrena e celeste, della Chiesa. Il

lettore troverà nell’ultimo capitolo di questo volumetto, le idee portanti della

sua ecclesiologia, debitrice soprattutto alle lettere ai Colossesi e agli Efesini, a

1 Hermil 2012, 54. 2 Murphy O’Connor 1992. 3 Murphy O’Connor 1992, 77

4 PIERRE BENOIT

lui tanto care: nella fase inaugurale del Concilio, Benoit le propose come utili

nel cammino verso l’unità fra le Chiese d’Oriente ed Occidente. In effetti, fra

alterne vicende e successive riscritture, alcuni suoi punti filtrarono nello schema

del documento sull’Unità della Chiesa, discusso a fine novembre 1962 e

rinviato per essere unito ad altri schemi proposti dalla Commissione teologica e

dal Segretariato per l’Unità.

Questa prima partecipazione non portò, dunque, gran frutto, e il padre

Benoit dovette attendere il 1964 perché, cambiati radicalmente il modo di

procedere e l’indole dei documenti conciliari, il papa Paolo VI lo richiamasse al

Concilio. Dal settembre di quell’anno, dunque, fu assegnato ad un gruppo di

lavoro incaricato della redazione della Costituzione sulla Chiesa nel mondo

contemporaneo. Il documento più discusso e più difficile da redigere. Citiamo

ancora Murphy O’Connor: «Padre Benoit aveva scritto, per un gruppo di

vescovi francesi, una critica alla parte teologica della versione dello schema

distribuita il 28 maggio 1965. Venne quindi invitato a preparare un progetto

riveduto e corretto dei capitoli 1-3 dello schema per la conferenza episcopale

francese. Espose quindi il testo al gruppo di lavoro numero 3 di cui faceva parte,

e infine al gruppo di coordinamento. Dopo la discussione sui cambiamenti

richiesti dai Padri conciliari, padre Benoit fu scelto per riscrivere il primo

capitolo dello schema. Egli modificò leggermente il progetto alla luce delle

discussioni che si erano svolte all’interno del gruppo di lavoro (15 ottobre

1965), e il risultato fu inviato al gruppo di coordinamento. Le differenze

principali tra questo documento e la versione definitiva, promulgata dal

Concilio il 7 dicembre 1965, sono costituite dall’aggiunta degli articoli sul

Peccato (n° 13) e sull’Ateismo (n° 20-21)».

Anche la Dichiarazione sulla Libertà religiosa deve molto all’intervento

del padre Benoit. Il confratello, poi cardinale, J. Hamer descrive la storia

travagliata del documento e, in particolare, dell’inserzione di alcuni paragrafi

sulla libertà religiosa considerata alla luce della rivelazione:4 un primo testo fu

discusso in Aula il 22-25 settembre 1964. Lo si ritenne troppo giuridico e

filosofico e si decise di inserire un passaggio sulla rivelazione biblica al

riguardo. La discussione del testo, il 19 novembre seguente, non condusse che

al rinvio del testo alla sessione dell’anno seguente (14 settembre – 8 dicembre

1965). Il testo sulla rivelazione fu, in questo lungo intervallo, ampliato e rivisto,

ma non andò esente da critiche durante la discussione nel settembre 1965.

Il padre Benoit fu chiamato a rivedere radicalmente e a redigere in forma

definitiva i futuri §§ 11 e 12 della Dichiarazione. Il suo testo fu accolto a

larghissima maggioranza, ma, rileverà lui stesso, non gli fu permesso di

proporre una sua redazione totalmente nuova. Secondo Murphy O’Connor,5

4 Hamer 1967. 5 Murphy O’Connor 1992, 80.

INTRODUZIONE 5

questa versione più personale introduceva la distinzione fra Chiesa celeste e

Chiesa terrena, già presentata durante la fase preparatoria, nel 1961.

Se l’apporto esplicito del padre Benoit al Concilio interessò principalmente

i documenti Unitatis redintegratio, Gaudium et spes e Dignitatis humanae, un

lungo percorso fra teologia ed esegesi ne fa, idealmente, uno degli ispiratori

della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione, Dei Verbum.

Abbiamo voluto riproporre il cammino di maturazione del teologo Benoit

attraverso quattro scritti sul rapporto rivelazione – ispirazione – inerranza,

collocandoli cronologicamente in rapporto al Concilio.

Poiché questa problematica ha accompagnato tutta la biografia teologica di

Benoit, sin dagli albori, vale la pena di riprendere brevemente le tappe della sua

esperienza umana e religiosa.

Pierre (Maurice) Benoit nacque a Nancy il 3 agosto 1906.

Entrò nell’Ordine Domenicano ad Amiens nel 1924 e compì il curriculum

filosofico teologico in Belgio, nel celebre Saulchoir di Kain, ove fu ordinato il

25 luglio 1930 e divenne Lettore in Teologia nel 1932 con una tesi su La

satisfaction du Christ chez saint Thomas d’Aquin. Indirizzato agli studi biblici e

inviato a Gerusalemme (1932-1933)6 non cessò d’essere teologo tomista: in

collaborazione col p. Synave, professore al Saulchoir, che lo aveva consigliato

di dedicarsi alla Scrittura, pubblicherà anni dopo un commento alle questioni II-

II,171-178 della Summa theologiae di san Tommaso, sull’ispirazione profetica.

Estendere il concetto d’ispirazione ad altri “autori” che non fossero i

profeti scrittori, uomini dalla personalità religiosa, politica talvolta e letteraria

assai spiccata, obbligò tuttavia Benoit a rivedere il concetto di autore umano e,

di riflesso, il concetto di ispirazione. Non tutti furono agiografi, perché non tutti

scrissero vergando lettere sul coccio o sulla pergamena: le Scritture conoscono

altri mezzi d’espressione che la scrittura.

Il secondo capitolo del presente volumetto, un testo che vide la luce nel

1963, agli inizi del Concilio, risente molto del lavoro compiuto in tale

occasione, ma lo scritto che riportiamo come primo capitolo già annuncia, anni

prima, un approccio tomista più nel metodo che nei contenuti. Approccio che,

precisato ed arricchito, fu riproposto da Benoit ancora dopo il Concilio. Di ciò

fa fede il nostro quarto capitolo, un testo di molto posteriore al Concilio, che

estende i principi tomisti ben oltre il loro limite storico, tentando di restare

fedele nei principi al pensiero dell’Aquinate.

Il terzo capitolo riporta un articolo apparso in Concilium nel 1965: padre

Benoit commenta lo schema De revelatione riportandone ampi stralci. Così

facendo, partecipa alla discussione sulla futura Costituzione Dei Verbum. Ci

siamo permessi di riportare in nota, fra parentesi quadre, il testo definitivo, per

6 Erano gli anni difficili della crisi causata dalla partenza e dall’abbandono di padre Dhorme,

direttore dell’École e della Revue biblique. Il Maestro dell’Ordine, S. Gillet, assegnò a

Gerusalemme nello stesso periodo il padre A.-J. Festugière: fu l’iniezione di competenza, forza e

coraggio intellettuale di cui l’istituzione di padre Lagrange aveva bisogno.

6 PIERRE BENOIT

mostrare, soprattutto, la sobria precisione del linguaggio conciliare, ma anche la

faticosa elaborazione di alcuni testi.

Abbiamo voluto presentare altri due scritti, che ben possono mostrare

l’apporto di Benoit alla riflessione conciliare.

Uno è molto antico, risale al 1939, e molto scientifico. Per quanto, nella

nostra traduzione, ci siamo impegnati a semplificare certe note un po’ troppo

dettagliate nell’analisi delle traduzioni siriache dei vangeli e del Diatessaron, il

lettore troverà l’analisi delle antiche tradizioni circa la Cena del Signore fin

troppo dettagliata e le conclusioni un po’ troppo apologetiche.

E non si conoscevano ancora i Rotoli di Qumran, ai quali pure Benoit,

dopo la scoperta avvenuta nel 1947, dedicherà tanta attenzione!

L’abbiamo riportato, tuttavia, su consiglio del compianto padre Jean-Marie

Van Cangh, per tre ragioni.

Illustrare, innanzitutto, la finezza dell’esegeta Benoit. Perfettamente al

corrente della letteratura scientifica sulla questione sinottica e sulle tradizioni

extrabibliche conosciute all’epoca, l’interprete non prende posizioni pre-

costituite o confessionali: discute gli argomenti per quanto valgono ai suoi

occhi, sapendo che altri farà altrettanto con lui. In effetti, la sua simpatia per il

racconto lucano oggi pare, almeno a noi, piuttosto esagerata, ma «der Weg ist

unser Ziel», anzi, il cammino vale più della meta.

Il secondo motivo risiede nell’ampio spazio che Benoit assegna all’influsso

della comunità nella redazione dei diversi racconti. Questo influsso si rivela

soprattutto nell’interazione fra racconto e liturgia: i testi che ci sono pervenuti,

infatti, non sono cronache, né memorie agiografiche o solo narrazioni fondanti,

ma almeno in parte formulazioni liturgiche, nate per la celebrazione. Il vivo

interesse per questi racconti, testimoniato dall’ampiezza della bibliografia già

notevole nel 1939 e occupata dai grandi nomi dell’epoca, appartiene allo spirito

di un’epoca, spirito vitale ancora nella riforma liturgica attuata dal Concilio, il

cui non minimo effetto sarà la revisione del Lezionario, per radicare più

saldamente, anche nelle celebrazioni, il Nuovo Testamento nell’Antico e

presentare distinti e riconoscibili i diversi racconti evangelici.

La terza ragione è di indole storica. Il lavoro di Benoit sui testi evangelici e

sulla questione sinottica non si arrestò certo a questi primi studi. Fanno fede di

un non mai sopito interesse, una analisi dettagliatissima dei racconti della

Passione, cui dedicò un volume (1966), e la collaborazione col padre Marie-

Émile Boismard nella monumentale Synopse della Bibbia di Gerusalemme,

pietra miliare negli studi neotestamentari.7

7 Benoit aveva curato, nella prima edizione della Sainte Bible, poi Bible de Jérusalem, traduzione

e commento di Matteo e delle Lettere della prigionia. Membro del comitato di redazione, fu

particolarmente impegnato nell’edizione del Nuovo Testamento. Ancor maggiore fu il suo

apporto alle correzioni che portarono alla seconda edizione (1973), nella quale, oltre all’apporto

delle scoperte di Qumran e delle più recenti teorie letterarie, si sente l’effetto benefico delle

INTRODUZIONE 7

Il penultimo capitolo presenta un intervento del 1966, di poco posteriore

alla Dichiarazione Nostra aetate (del 28 ottobre 1965), sulle prospettive

bibliche da tenere in considerazione nel dialogo fra Chiesa ed Ebraismo. Nel

terzo volume di Exégèse et théologie fa seguito ad un altro studio sul ruolo

specifico di Israele nella Storia della salvezza, molto simile nei contenuti.

Questi due brevi articoli restano preziosi testimoni dell’apporto di Pierre Benoit

all’elaborazione del documento conciliare.8

Benoit si trasferì a Gerusalemme nel 1932 e vi restò sino alla morte,

occorsa il 23 aprile 1987. Conobbe dunque la città sotto il mandato britannico,

visse la seconda guerra mondiale e il dramma dello sterminio all’École, ed era a

Gerusalemme durante la guerra fra Arabi ed Ebrei per la Palestina, nel 1948.

L’École e il Convento di Santo Stefano restarono nella zona della Città posta

dall’ONU sotto responsabilità giordana. Fu con l’amministrazione Hashemita

che egli partecipò alle ricerche sui rotoli del Mar Morto e sulle rovine di Kirbet

Qumran.9 A lungo responsabile dei viaggi di studio dell’École, direttore dal

1964 al 1972, ebbe spesso rapporti con le autorità civili o militari dalle due parti

della Linea verde. Conobbe la presa di Gerusalemme Est da parte delle forze

israeliane nel 1967 e le conseguenze che ciò comportò anche per le comunità

cristiane della città, composte da famiglie di lingua e cultura Araba.

Anche al riguardo del popolo d’Israele, la sua riflessione, tuttavia, restò

essenzialmente teologica e biblica. Va da sé che il secondo aggettivo è da

riferirsi alla Bibbia cristiana, e che la sua prospettiva fu sempre quella dell’ese-

geta neotestamentario. Ricordiamo, però, che proprio negli anni della seconda

guerra mondiale, costretto dalle vicende belliche a ridurre o annullare le attività

d’insegnamento, aveva imparato l’ebraico moderno e si era dedicato ad

approfonditi studi sul rabbinismo. Anche questa vicinanza culturale e umana

diede i suoi frutti negli anni del Concilio.

La citata biografia di Murphy O’Connor tratta molti altri settori ed aspetti

dell’attività esegetica di Benoit: abbiamo qui ripreso brevemente le linee di

riflessione che più o meno direttamente hanno esercitato un influsso sul

Concilio Ecumenico Vaticano II.

Oggi, dopo che «battaglie all’esterno, timori all’interno» (2 Cor 7,5)

l’hanno lasciata esangue e preda di facili fiammate velleitarie, l’École biblique

fatica a mantenersi all’altezza della sua storia. Peggio: nella repubblica dei

sapienti se ne parla con nostalgica tenerezza. La sintesi che Benoit cercava fra

esegesi e teologia è più che mai manifesto ideologico, ma i risultati sono

piuttosto scarsi. Forse non è, come si dice, colpa dell’esegesi, naufragata nel

pelago di teorizzazioni sempre più astruse. Forse è la teologia che ha perduto

una delle sue fonti: la logica. Nel mondo a culture multiple e ad economia

aperture conciliari. La versione inglese, Jerusalem Bible del 1983, ancor più “liberale”, ottenne la

sua approvazione, malgrado egli non ne condividesse alcune scelte, anche importanti. 8 Murphy O’Connor 1992, 75. 9 La foto in quarta di copertina del presente volume lo ritrae con il re Hussein di Giordania.

8 PIERRE BENOIT

globalizzata, le distinzioni scolastiche del primo Benoit, con la loro

terminologia concettualista, risultano incomprensibili. Egli stesso, d’altra parte,

le definirà complicate. Tuttavia, anche la sua accentuazione delle diversità fra

spirito greco e mentalità semita sembra oggi piuttosto ingenua, tanto piccolo è

diventato il Mediterraneo nello studio comparativo delle religioni antiche e

moderne.

Se la logica difetta, però, non ci trarrà certo d’impaccio l’estetismo che

guarda al passato europeo col gusto del rigattiere, né potrà aiutarci solo la

proiezione sui testi antichi delle odierne scienze della comunicazione, spesso

maneggiate con rudezza da dilettante. Per quanto sta alle umane forze, non ci si

può esimere da una solida conoscenza dei costumi, delle lingue, della storia,

degli atteggiamenti mentali di coloro che scrissero la Bibbia: padre Benoit,

giustamente, volle disancorare l’ispirazione dal solo ambito dei concetti e delle

parole. Un mondo di azioni, avvenimenti, sentimenti, interazioni umane che la

Bibbia descrive, perché di esso è scritta la Bibbia.

Sia infine consentito al curatore di questo volumetto celebrativo – prima di

lasciare la parola al suo protagonista – un ricordo personale. Padre Benoit era un

melomane e un cultore dello Yoga. Per anni, tutti all’École abbiamo ascoltato,

in mancanza di meglio, le decine di cassette di musica classica che aveva

registrato con mezzi piuttosto rudimentali direttamente dalla radio israeliana,

canale qôl hammusika (voce della musica).

Nell’estate del 1981, a Gerusalemme per dirozzarsi nell’ebraico biblico

prima di intraprendere gli studi specialistici, il citato curatore fu invitato ad

accompagnare il grande Benoit a un concerto sinfonico nel teatro della Città

Ovest. Non era il caso di portare l’abito monastico, ma un minimo di forma

sarebbe stato bene osservarla.

Frère Pierre Benoit, col nastrino da Ufficiale della Légion d’Honneur alla

bottoniera, non fece una piega quando il giovinotto si presentò in jeans, sandali

e calze bianche, non avendo portato altro dall’Italia. Rispose alle scuse col

sorriso di chi sa guardare all’essenziale e non si ferma certo a ciò di cui

rivestiamo il corpo tratto dalla terra.

Indice

Prefazione

1

Introduzione

3

I. Ispirazione e rivelazione – prima del Concilio

9

II. Ispirazione e rivelazione – agli albori del Concilio

21

III. Ispirazione e rivelazione – durante il Concilio

65

IV. Ispirazione e rivelazione – dopo il Concilio 79

V. Chiesa: la Cena del Signore

91

VI. Chiesa ed Ebraismo: prospettive bibliche

123

VII. Chiesa e mondo: prospettive bibliche

139

Bibliografia

147

Indice 157


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