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Riflessioni sull'arte popolare punica sarda, in Prospettiva, 130-131 (Aprile-Luglio 2008), pp....

Date post: 01-Dec-2023
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Riflessioni sull'arte popolare punica sarda Alessandro Campus Premessa Sono trascorsi ormai quarantacinque an ni da quando, nella Enciclopedia Univer sale dell'Arte, fu pubblicata la voce Po polarità: "la 'popolarità' di un prodotto artistico non è una qualità ο essenza uni versale ed intrinseca, riconoscibile in ogni tempo ed in ogni luogo per suoi inal terabili segni; essa è invece una 'condi zione' ο un modo di essere determinabile e riconoscibile solo storicamente, e cioè in relazione con le altre manifestazioni artistiche dello stesso tempo e dello stes so luogo, dalle quali si differenzia - ο si contrappone - per concezioni, tradizioni η <p Thiesi Romana " ( · Padria Macomer Nuraghe CornusV Lughfrras ledilo ~ Busachi ' Narbolia Samugheo βύ ies'u,ι ^©sr Neapolis S. Nicolo Gerrei ' • S. Andrea Frki • Dolianova 0, Santa Gillsr .Narcao. Cuccureddus " Nora r Bitia 1. Carta della Sardegna con i siti citati nel testo. ' Narbolia Samugheo G'a/a Neapolis Thiesi Romana > (• Padria Macomer Nuraghe CornusV LU9hfrraS (Sdito" Busachi S. Nicolp Gerrei • S. Andrea Frki • Dolianova Santa GiiaC^iP8®!!^ ^Narcao Cuccureddus 1 Nora r Bitia 1. Carta della Sardegna con i siti citati nel testo. 2. Terracotta da Bitia. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. stilistiche, tecniche, ideali espressivi, am bito sociale di produzione. (...) L'espres sione 'arte popolare' viene invece a desi gnare singoli prodotti ο gruppi di prodot ti che in un'epoca data appaiono decisa mente differenziati dai contemporanei prodotti artistici egemonici. (...) La deter minazione della 'popolarità' non può dunque prescindere dall'individuazione dei livelli e dei dislivelli socio-culturali delle diverse società e delle diverse ope re". 1 Parole queste che, nonostante il tempo trascorso, conservano integralmente la loro importanza; in particolare, devono indurre a non usare con eccessiva facili tà, specie per il mondo antico, termini co me 'popolare', ο 'popolaresco'; al con trario, devono spingere ad individuare la reale natura popolare di talune espressio ni. Natura popolare che non deve essere decontestualizzata dall'ambito culturale nel quale è stata prodotta, quanto piutto sto ricontestualizzata nella prospettiva della dialettica colto-popolare storica mente determinata. Appare evidente la difficoltà di un simile approccio in ambi to punico: distinguere i diversi filoni espressivi nella cultura di questa civiltà. Tale approccio è stato portato avanti da S. Moscati.2 "Né dissolvenza né rinascenza punica insomma," scriveva lo studioso ormai quindici anni fa "per quanto con cerne l'artigianato tra il IV secolo a.C. e il II d.C.; ma piuttosto 'immersione' nel la koinè ellenistica da un lato, apertura ad autonome realizzazioni popolari dall'al tro. Tale è, in ultima analisi, il quadro che emerge dalla nostra immagine". Con r l m . 3. Terracotta da Neapolis. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. 4. Terracotta da Santa Gilla. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. queste parole egli concludeva il suo volu me Tra Cartaginesi e Romani,3 volume nel quale individuava all'interno dell'ar tigianato artistico punico - o, meglio, tar do-punico - due linee diverse: la colta e la popolare. In tal senso si dipana anche la trattazione dell'altro suo studio che qui particolarmente interessa, Il tramonto di Cartagine.4 Nel volume, diviso in due parti — L'incontro con la cultura greca (pp. 17-82) e L'incontro con la cultura in digena (pp. 85-129) -, Moscati approfon diva quanto già enunciato nella preceden [Contributi] 135 This content downloaded from 160.80.178.80 on Thu, 26 May 2016 10:07:12 UTC All use subject to http://about.jstor.org/terms
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Riflessioni sull'arte

popolare punica sarda Alessandro Campus

Premessa

Sono trascorsi ormai quarantacinque an ni da quando, nella Enciclopedia Univer sale dell'Arte, fu pubblicata la voce Po polarità: "la 'popolarità' di un prodotto artistico non è una qualità ο essenza uni versale ed intrinseca, riconoscibile in ogni tempo ed in ogni luogo per suoi inal terabili segni; essa è invece una 'condi zione' ο un modo di essere determinabile

e riconoscibile solo storicamente, e cioè in relazione con le altre manifestazioni

artistiche dello stesso tempo e dello stes so luogo, dalle quali si differenzia - ο si contrappone - per concezioni, tradizioni

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1. Carta della Sardegna con i siti citati nel testo.

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1. Carta della Sardegna con i siti citati nel testo.

2. Terracotta da Bitia. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

stilistiche, tecniche, ideali espressivi, am bito sociale di produzione. (...) L'espres sione 'arte popolare' viene invece a desi gnare singoli prodotti ο gruppi di prodot ti che in un'epoca data appaiono decisa mente differenziati dai contemporanei prodotti artistici egemonici. (...) La deter minazione della 'popolarità' non può dunque prescindere dall'individuazione dei livelli e dei dislivelli socio-culturali

delle diverse società e delle diverse ope re". 1

Parole queste che, nonostante il tempo trascorso, conservano integralmente la loro importanza; in particolare, devono indurre a non usare con eccessiva facili

tà, specie per il mondo antico, termini co me 'popolare', ο 'popolaresco'; al con trario, devono spingere ad individuare la reale natura popolare di talune espressio ni. Natura popolare che non deve essere decontestualizzata dall'ambito culturale

nel quale è stata prodotta, quanto piutto sto ricontestualizzata nella prospettiva della dialettica colto-popolare storica mente determinata. Appare evidente la difficoltà di un simile approccio in ambi to punico: distinguere i diversi filoni espressivi nella cultura di questa civiltà. Tale approccio è stato portato avanti da S. Moscati.2 "Né dissolvenza né rinascenza

punica insomma," scriveva lo studioso ormai quindici anni fa "per quanto con cerne l'artigianato tra il IV secolo a.C. e il II d.C.; ma piuttosto 'immersione' nel la koinè ellenistica da un lato, apertura ad autonome realizzazioni popolari dall'al tro. Tale è, in ultima analisi, il quadro che emerge dalla nostra immagine". Con

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m .

3. Terracotta da Neapolis. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

4. Terracotta da Santa Gilla. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

queste parole egli concludeva il suo volu me Tra Cartaginesi e Romani,3 volume nel quale individuava all'interno dell'ar tigianato artistico punico - o, meglio, tar do-punico - due linee diverse: la colta e la popolare. In tal senso si dipana anche la trattazione dell'altro suo studio che qui particolarmente interessa, Il tramonto di Cartagine.4 Nel volume, diviso in due parti — L'incontro con la cultura greca (pp. 17-82) e L'incontro con la cultura in digena (pp. 85-129) -, Moscati approfon diva quanto già enunciato nella preceden

[Contributi] 135

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5. Terracotte da Kommissariato - Limassol. Limassol, District Muséum.

Depositi votivi sardi

S'inizia dall'esempio fornito da alcuni » j depositi sardi,9 quali quelli di Bi ll· thia e di Neapolis, " che, seppur diversi,

si presentano al loro interno assoluta ■y·^· mente compatti. Il primo, databile ad un

periodo compreso tra il III ed il II sec. Ι; * Ιa.C., è formato quasi esclusivamente da

figurine di terracotta lavorata al tornio (fig. 2), caratterizzate dalle mani che in dicano il punto nel quale si localizza il male del quale si chiede la guarigione.12 Il secondo si presenta molto unitario, per quanto riguarda sia la tecnica - sono nel la quasi totalità figurine fittili lavorate a mano (fig. 3) - sia l'iconografia.13 A que

confronti delle aree e dei centri del vasto sti depositi va accostato quello di Santa territorio un tempo controllato dalla me- Gilla,14 che, sebbene compatto dal punto

te opera, ponendo le basi per successive tropoli africana, appaiono manifestazioni di vista tecnico e stilistico, nelle scelte indagini sull'artigianato artistico tardo- particolari e peculiari. È il caso del co- iconografiche offre confronti con il mon punico della Sardegna in particolare e del siddetto "barocco spagnolo",5 ο delle ste- do classico, i quali lo pongono su un pia mondo punico più in generale. La prima le della Ghorfa,6 o, ancora, più in genera- no differente rispetto ai primi due com parte della suddetta opera è dedicata al- le, delle tante espressioni di artigianato plessi (fig. 4). I tre gruppi vengono quin l'analisi degli aspetti che, a suo giudizio, 'popolare', particolarmente evidenti nel- di concordemente distinti nei due filoni rappresentano l'esito della cultura forma- le terracotte figurate.7 Fenomeno, que- di popolare (i primi due) e colto (il terzo), le derivante dall'incontro tra mondo pu- st'ultimo, che in Sardegna si manifesta La discriminante tra questi due diversi nico e mondo greco, mentre la seconda ancor prima quando, all'indomani della modi espressivi è costituita dal maggiore ha come oggetto le manifestazioni arti- seconda guerra punica, il controllo dell'i- ο minore influsso dell'arte greca, total gianali nelle quali più evidente è il con- sola passa dalle mani cartaginesi alle ma- mente assente a Neapolis ed a Bithia, tributo del sostrato locale, contributo che ni romane.8 E a tale periodo si possono predominante a Santa Gilla. Il problema dà vita ad un vero e proprio linguaggio ascrivere alcune manifestazioni di arti- quindi non è solo la scelta tecnica, che è espressivo nuovo. gianato popolare che sembrano contrap- funzionale ai canoni formali seguiti dalla Un approccio in tal senso sembra sia pos- porsi a quelle di tipo colto. produzione di un certo tipo di oggetto. E sibile solo per le ultime fasi della civiltà ovvio che a Neapolis la produzione di og punica, quando, distrutta Cartagine e, getti esclusivamente plasmati appare fi quindi, finita la sua spinta propulsiva nei nalizzata alla volontà di suggerire, più

5. Terracotte da Kommissariato - Limassol. Limassol, District Muséum.

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6. Terracotta da Ibiza. Barcellona, Museo Arqueológico.

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7. Terracotta da Ibiza. Barcellona, Museo Arqueológico. 8. Terracotta da Cartagine. Cartagine, Musée National de Carthage.

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9, 10. Terracotte da Padria. Padria, Museo Civico.

che realmente rappresentare, la figura umana, come si osserva in altri esempi sardi sui quali di seguito si tornerà in det taglio. 15 Ed è altrettanto ovvio che a Bi thia la scelta di produrre figure al tornio implica il proposito di realizzare proprio in quel modo le immagini umane. Si tratta di due diversi modi di concepire la figura umana, sebbene il risultato alla fine sia lo stesso: come a Bithia, anche a Neapolis vi sono statuette nelle quali la posizione delle mani indica il punto del corpo del quale si chiede la guarigione. Verosimilmente non si è ancora al livello

del sintomo, ma al livello del dolore. Se infatti il sintomo è "un fenomeno da cui

si può inferire l'esistenza di stati morbo si e che è legato ad alterazioni funzionali ο a lesioni che lo determinano",16 a Bithia e a Neapolis ci si trova ancora in una fa se anteriore. Non c'è la malattia, intesa come "un processo in cui la realizzazione della finalità essenziale dell'organismo viene nel suo complesso ostacolata e im pedita". 17 L'antropologia medica distin gue disease (l'interpretazione biomedica di un disturbo), illness (il modo in cui l'individuo ne è divenuto consapevole), sickness (il processo sociale di riconosci mento dei sintomi).18 A Bithia e a Neapo lis il livello è precedente. La fase è quel la del dolore; non si ha (ancora) il rico noscimento di uno stato morboso, ma so lo la oggettivazione della esperienza del la sofferenza. Il piano su cui si pongono i fedeli di questi due santuari, quindi, è ben diverso rispetto a quello della medi cina. Sono malati che, votando un ogget to nel quale è rappresentata la sede della sofferenza, cercano di rendere altro da sé questo stato, chiedendo alla divinità la

Se si continua il discorso su questo livel lo, si può allora affermare che le catego rie di 'colto' e 'popolare' andrebbero ap plicate non all'oggetto in sé, ma all'idea che sta a monte dell'oggetto dedicato. Quest'ultimo è la rappresentazione di un concetto che, per comodità, si può defini re colta ο popolare, anche se in effetti è una Weltanschauung. Infatti, sempre S. Moscati neh'analizzare le figurine al tornio cartaginesi20 ha posto l'accento su antecedenti ciprioti, sottoli neando la differenza di uso nelle varie

aree: templare e funerario a Cipro21 (fig. 5), templare a Bithia22 e a Ibiza23 (figg. 6 7), nel tofet a Cartagine24 (fig. 8) e a Mo zia.25 Ma con ogni verosimiglianza se i prototipi sono da individuare a Cipro, quindi in un ambito fenicio, le terrecotte dovevano essere espressione di un retag gio originario, vale a dire della madrepa tria, ancora palese nelle manifestazioni artistiche e artigianali cartaginesi del VII e VI sec. a.C. Ne consegue che attribuire tout court la definizione di 'popolare' ai prodotti di Bithia non è da intendersi in senso assoluto, ma relativo alla Sardegna dell'epoca. È ovvio che questo tipo di ter recotte a Cipro non è da ascrivere alla corrente popolare, mentre in Sardegna è considerato tale soltanto rispetto alla co eva produzione di stile greco. Le terre cotte di Bithia si sviluppano tra il III ed il I sec. a.C., cioè proprio nel momento di passaggio dalla cultura punica alla cultu ra romana.26 Un attardamento di motivi

originari? Non sembra possibile, data la distanza cronologica tra le prime terre cotte cipriote e quelle sarde e visto che in Sardegna non pare esserci una produzio ne di oggetti di tale tipo in epoca prece dente. Un'ipotesi potrebbe essere quella di riconoscere in questa produzione bi thiense un fenomeno di reazione alla

sempre più pressante cultura figurativa greco-ellenistica che si va affermando nella Sardegna; reazione peraltro esplici tata dalla ripresa di motivi precisamente cartaginesi, che, pur se si affermano a partire dal periodo arcaico, e quindi lon tani cronologicamente dai reperti sardi, non possono esser attribuiti che a Carta gine, a meno di non voler considerare un eventuale rapporto diretto tra Cipro e la Sardegna. Pare evidente, quindi, che il di scorso sulla popolarità della produzione bithiense è da riferirsi eventualmente non

alla cultura punica, ma alla 'nuova' cultu ra che comincia ad emergere imponendo si in Sardegna. Queste osservazioni possono rapportarsi con l'analisi di L. Lombardi Satriani sul

[Contributi] 137

guarigione. Un rapporto diretto tra mala to e dio guaritore, con il superamento del cosiddetto "triangolo ippocratico" forma to da malato, malattia e medico.19 Ben diversa è la situazione di Santa Oli

la, ove non parrebbe esserci nelle figuri ne fittili ritrovate alcuna indicazione del

problema che ha portato il fedele ad of frire l'oggetto nel santuario. Due mondi diversi, non solo sul piano espressivo, ma anche su quello concettuale, con una diversa situazione ideologica, che ovvia mente si riflette su quello tecnico, stru mento necessario all'estrinsecazione

della percezione della malattia, e quindi di sé.

11. Terracotta da Olbia. Olbia, Soprintendenza Archeologica, depositi.

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12-14. Terracotte da Sant'Andrea Frius. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

folklore, nel quale individua quattro di versi livelli contestativi:27 di contestazio

ne immediata con ribellione, esplicita ο implicita, allo status quo; di contestazio ne immediata con accettazione, esplicita ο implicita, dello status quo; di contesta zione implicita, ο per posizione; di accet tazione della cultura egemone. Inoltre, secondo lo studioso, tutti i pro dotti folklorici possono essere divisi se condo queste due categorie:28 prodotti di cultura divenuta diversa; prodotti di cul tura nata diversa Se nel discorso di Lombardi Satriani so

stituiamo "prodotti folklorici" con "pro dotti di arte popolare" sembra che il di scorso ben si attagli a quanto detto fin qui. Ancor più risulta se si prendono in considerazione a titolo esemplificativo alcuni altri depositi votivi sardi, per alcu ni dei quali sono già state avanzate le os servazioni in merito.

A Padria, per citare un esempio, si nota la compresenza di oggetti ascrivibili al filo ne colto e al filone popolare29 (figg. 9 10). Alla situazione padriese può esser ac costato il deposito scavato ad Olbia, com posto da centoquindici oggetti,30 tra i qua li sono da mettere in rilievo una testina,31

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15, 16. Terracotte da Monte Ruju - Thiesi. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

una figurina32 (fig. 11) ed un piede,33 tut ti e tre plasmati a mano;34 dallo stesso de posito proviene una statuetta maschile cruciforme.35 Questo gruppo di oggetti olbiesi è databile, in base ai materiali ri trovati, ad un periodo tra il II e la prima metà del I sec. a.C.36

Situazione simile a quella olbiese è pro spettata dal materiale di Sant'Andrea Frius (figg. 12-13), pubblicata in parte da

17. Terracotta da Monte Ruju - Thiesi. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

18. Pendente vitreo da Olbia. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. 19. Terracotta da Monte Ruju - Thiesi. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

Sabatino Moscati,37 in parte da Donatella Salvi,38 cui sono da aggiungere i reperti di Dolianova,39 attribuiti alla stessa bottega di Sant'Andrea Frius.40 A fianco di ogget ti come la figura gestante assisa, per la quale l'autrice richiama modelli di Tiro e,

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20, 21. Terracotte da Monte Ruju - Thiesi. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

per il tipo di trono, modelli etruschi,41 so no documentati manufatti che, più che rappresentare, suggeriscono braccia e gambe42 (fig. 14). In altri luoghi, invece, le espressioni arti stiche appaiono sostanzialmente compat te, seppur con alcune presenze "estra nee", al pari di quanto in precedenza rile vato per i materiali di Santa Gilla. A tito lo esemplificativo si cita, tra i vari, l'è

sempio offerto da un frammento da Thar ros43 di statuetta plasmata a mano, sulla quale gli occhi sono applicati, come si osserva nello stesso tipo di statuette della vicina Neapolis. Sempre da Tharros pro viene una statuetta lavorata al tornio, del tipo di Bithia.44 Altri depositi votivi sardi sono similmente compatti, pur se sul ver sante popolare: prossime agli esemplari neapolitani sono le terrecotte di Monte Ruju a Thiesi,45 dove la figura umana è suggerita più che espressa. Ovviamente non è facile trovare confronti puntuali per questo tipo di materiali, al di là di generi ci riferimenti a dettagli di tipo tecnico ed estetico quali la rappresentazione degli occhi con 'pastiglie' di argilla applicate ovvero resi da semplici incisioni; e al ri guardo ci si limita quindi ad alcune os servazioni. Si nota che alcuni esemplari recano sul capo una sorta di cappello46 (fig. 15), altri hanno l'indicazione del l'ombelico (fig. 16), mentre due soli, femminili, sembrano avere indicati gli or gani genitali.47 A livello di resa della fi gura, si potrebbero identificare diversi artigiani cui attribuire questi oggetti. In particolare, in cinque statuette48 gli occhi sono resi da piccoli dischi d'argilla appli cati (fig. 17), caratteristica che si accom pagna ad una sommaria definizione della testa, che risulta solo come la parte fina le, leggermente espansa, del collo allun gato; 49 altre due,50 con la testa realizzata allo stesso modo, hanno orbite degli oc chi molto profonde, ma senza altro detta glio anatomico degli stessi, per i quali si potrebbero anche comunque ipotizzare occhi originari a pastiglie applicate (fig. 19). Sempre relativamente al rendimento degli occhi, si possono distinguere i tipi ad incisione orizzontale od obliqua51 (fig. 20), quelli a semplice foro52 (fig. 21) e a cerchiello.53 Un solo reperto presenta le palpebre54 (fig. 22). Appare evidente co me una così differente realizzazione di

particolari come gli occhi sia da attribui re a mani diverse.

Ancora, da un'area vicina a Thiesi pro vengono le tredici statuette di Santu Giol zi di Romana.55 Di queste, dodici56 sono dello stesso tipo di quelle appena descrit te da Monte Ruju (fig. 23), mentre la tre dicesima57 è una testa realizzata a stampo, con capigliatura ricoperta da copricapo a calotta, che sembra conservare ancora tracce di preparazione a successiva colo razione (fig. 24). Inoltre, sono da eviden ziare tre del tipo cruciforme58 (fig. 25). È anche da notare che in alcune di queste statuette sono realizzati con pastiglie ap plicate, oltre agli occhi, anche i seni.59 Una posizione a sé, per la particolare composizione, occupa il deposito del nu

x «5.

22. Terracotta da Monte Ruju - Thiesi. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

23. Terracotta da Santu Giolzi - Romana. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

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24, 25. Terracotte da Santu Giolzi - Romana. Sassari, Soprintendenza Archeologica, depositi.

raghe Lugherras di Paulilatino,60 nel qua le furono rinvenuti 731 thymiateria, tutti realizzati a stampo, salvo cinque, plasma ti a mano61 (fig. 26); su questi ultimi scri ve Paola Regoli "elemento comune ai re perti del tipo in esame è l'aniconismo dell'immagine, che, solo talvolta, si evol ve in un vago accenno di volto umano (...). Gli oggetti appartenenti a questo ti po, plasmati molto sommariamente a ma no, hanno perso definitivamente l'aspetto e la funzione originaria del thymiaterion a protome femminile, anche se rimane immutato il loro carattere votivo".62

La fase del santuario di Cuccureddus,63 presso Villasimius, che ha restituito una grande quantità di oggetti votivi è certo di età romana, ma si installa sul luogo dell'antico centro ripreso nel III sec. a.C. dopo l'abbandono.64 Tra i votivi di questo santuario ben 1201 (nn. 767-1968 del ca talogo) su 2222 sono riproduzioni di arti (superiori ed inferiori) sommariamente

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26. Thymiaterion dal nuraghe Lugherras - Paulilatino. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

27. Terracotta da Narcao. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

28. Terracotta da Nora (IV sec. a.C.). Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

rappresentati, realizzati a mano, senza una reale volontà di caratterizzare l'og getto: suggeriscono, infatti, più che mo strare.

A questa veloce e non certo esaustiva di samina di produzione di terrecotte puni che sono da aggiungere quelle provenien ti da Narcao;65 tranne tre esemplari (una colomba e due avambracci), sono tutte rappresentazioni di figure femminili delle quali dodici cruciformi66 (fig. 27), una con colomba,67 una con infante,68 dician nove busti, 69 cinque bruciaprofumi, 70 un'antefissa con protome femminile,71 I reperti sono realizzati a stampo da matri ci piuttosto stanche, seppur rivitalizzate da interventi successivi.

Alle figurine cruciformi, viste, oltre che a Narcao, anche in altri siti, sono da av vicinare un esemplare dello stesso tipo da Nora72 (fig. 28), databile al IV sec. a.C., ed uno dalla Fenicia, che presenta lo stes so schema.73 Inoltre, vanno tenute pre senti le diciannove statuette del tipo defi nito da Charles G. Picard "la dame des

brûle-parfums"74 ed ora comprese nel ca talogo di Zohra Cherif delle terrecotte puniche tunisine75 (fig. 29), alle quali so no da aggiungere, sempre dal catalogo di Cherif, sette avambracci pertinenti a sta tuette di questo tipo;76 inoltre due terre cotte del lavoro di Picard77 non sono pre senti nell'opera di Cherif. Tutte queste terrecotte provengono dagli scavi delle necropoli cartaginesi: tredici dal settore di S. Monica,78 una dal settore di Bordj Jedid,79 quattordici da un settore non de terminato. 80 Gli oggetti cartaginesi sono databili, in base al conteso, ad un periodo tra il IV ed il III sec. a.C.

Un utile confronto può esser fatto anche con una stele proveniente da Nora81 (fig. 30), sulla quale è raffigurata una figura cruciforme, su un basamento, sormontata da disco solare e crescente lunare. Per es

sa la datazione proposta è tra il VI ed il IV sec. a.C. Sebbene inclusa nella serie

con il simbolo di Tanit, gli stessi editori rilevano differenze con le altre stele di

questo tipo.82 A Narbolia83 è stato ritrovato un gruppo di statuette lavorate al tornio sul tipo di quelle di Bithia (fig. 31), ma il loro nu mero è talmente esiguo che non si può escludere una esportazione da Bithia.84

Interrelazioni

Le definizioni di 'colto' e 'popolare', quindi, hanno senso solo se rapportate non alla analisi del singolo insieme, ma alla intera produzione della stessa area geografica, culturale e cronologica. In tal

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29. Terracotta da Cartagine (IV-III sec. a.C.). Cartagine, Musée National de Carthage.

30. Stele da Nora (VI-IV sec. a.C.). Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

senso, per poter affrontare il discorso su arte colta e arte popolare è necessario enunciare la scala di riferimento utilizza

ta nell'osservazione. Infatti, se si rimane nell'ambito del singolo contesto, è evi dente che il deposito neapolitano non può certo essere definito 'popolare', poiché è completamente assente la controparte 'colta'; al pari, i materiali di Santa Gilla non possono essere definiti afferenti alla corrente 'colta', dato che lì manca invece quell'elemento popolare in base al quale può essere percepito il colto. Sicché allo

stato attuale delle conoscenze, per quan to riguarda in particolare la Sardegna e più in generale il mondo punico, solo il materiale da Padria offre la possibilità d'instaurare un fruttuoso e puntuale con fronto contestualizzato tra le due corren

ti. Troppo pochi sono gli oggetti di Santu Giolzi di Romana per poter arrivare a qualche conclusione. Appare evidente, quindi, che le definizio ni di colto e di popolare sono appropriate solo per poche situazioni, ed anche in questi contesti con una certa cautela. Dal punto di vista euristico un simile metodo di analisi, ristretto all'interesse del singo lo contesto, ben difficilmente può porta re a qualche risultato. Limitare l'osserva zione ad un solo specifico insieme evi dentemente riduce di molto l'angolo vi suale del problema, rendendo le interpre tazioni accompagnate da una serie di da ti valide soltanto per Yhic et nunc. La ri flessione sul problema della dialettica colto-popolare, quindi, va estesa all'in sieme dei contesti. L'approccio al proble ma va ampliato, allargando la scala di in dagine, passando dall'osservazione del contesto alla riflessione sull'intero mon

do culturale che ha prodotto quell'insie me: ecco che allora acquista senso parla re di colto e popolare. La definizione di colto e popolare deve, infatti, tener conto di molteplici aspetti della produzione materiale: tecnica, materiale, codici co municativi che concorrono alla definizio

ne di un linguaggio specifico di questo ti po di prodotto, linguaggio storicamente determinato e che quindi va guadagnato alla storia, individuando volta per volta i mutamenti nel corso del tempo e, soprat tutto, i passaggi di temi e motivi tra colto e popolare. In particolare, l'aver indivi duato non soltanto correnti, ma anche botteghe85 - se non forse artigiani - per le produzioni di Santa Gilla avvalora ancor di più il riconoscimento di veri e propri codici comunicativi all'interno della co

roplastica. In tale prospettiva, è ancor più significativo il fatto che a Padria appare possibile la presenza di maestranze vero similmente provenienti da Santa Gilla.861 termini del problema, quindi, si spostano: non si tratta solo di comparare ambiti 'colti' e 'popolari', ma anche - e soprat tutto - di valutare interrelazioni ed inter

ferenze tra sfere culturali di diversa origi ne e formazione.

Interrelazioni: ambito artigianale

È evidente, a mano a mano che si proce de cronologicamente, che la cultura gre ca penetra sempre di più nella cultura fe

31. Terracotta da Narbolia. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

nicio-punica, chiaramente relegando ad ambiti progressivamente sempre più mar ginali le manifestazioni 'non greche'. Ed è in tal senso, quindi, che vanno interpre tate le parole di Moscati, che vedeva pro prio nell'influsso greco lo spartiacque tra arte colta ed arte popolare.87 Si tratta poi di stabilire se la cultura (non solo iconografica) proveniente da Carta gine fosse considerata 'di prestigio' ο meno, rispetto alla cultura greca. Si mu tuano i concetti dalla sociolinguistica: "il prestigio è il risultato della combinazione di più tratti positivi, ognuno relativo ad una opposizione; in genere sono tratti po sitivi per una varietà l'uso dello scritto oltre a quello solo orale, l'uso letterario rispetto a quello non letterario, l'essere parlata in città anziché in campagna, l'es sere usata da classi socialmente più alte ecc. L'attribuzione di prestigio ha per conseguenza l'adozione ο almeno l'imi tazione delle varietà di prestigio".88 Ma, avverte Giorgio R. Cardona, le reazioni dei parlanti possono essere diverse: "dal la difesa ad oltranza della propria lingua, conservata anche nelle condizioni più av verse, all'abbandono di questa in favore di una lingua di maggior prestigio, dalla creazione di differenze artificiali per au mentare le caratteristiche di separazione allo smussamento delle differenze in di

rezione di una varietà sempre meno di versa da quella più ammirata".89

[Contributi] 141

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Interrelazioni: ambito linguistico

Cartagine fu sconfitta e distrutta nel 146 a.C. E quasi banale affermare che di struggendo una sola città, seppur la più importante, non si distrugge una intera cultura; ma non è banale andare a vedere come si sia storicamente declinata una cultura vinta sotto l'influsso del vincito

re. Ancora, credo che la Sardegna sia un'area particolarmente indicata per un'analisi del genere, per vari motivi. Prima di tutto, anche se la storia romana della Sardegna comincia quasi cent'anni prima della distruzione della città carta ginese, con l'intervento romano nell'iso la dopo la prima guerra punica, la cultu ra punica rimane nell'isola ancora per molti secoli, con manifestazioni di parti colari importanza, quali l'iscrizione da Bithia Sard. npu. 8 del corpus di Maria Giulia Amadasi90 (fig. 32), probabilmente la più recente iscrizione neopunica, nella quale alla 1. 2 è riportata la titolatura im periale di Marco Aurelio ο di Caracalla: 'MPJR'TR Q'YSR M'RQH 'WRHLY 'NTNYNH [']WGSTH "Imperatore Cesare Marco Aurelio Anto nino Augusto" Sempre nella stessa iscrizione, alle 11. 4-5 la datazione è espressa alla maniera puni ca, tramite i sufeti; purtroppo, l'inizio della 1. 5 è rotto, quindi può esser letto solo il nome della 1. 4:

bst sptm Β Β L hr 'my "nell'anno dei sufeti BB'L il Romano"

Ancora, sono nominate due persone con i tria nomina, M'RQH PHDWQ'YH PL'WTY, Marco Peduceio Plauto (alla 1. 4), e G'Y P'MP'Y PHLYS, Gaio Pompeo Felice (alla 1. 6); ma è citata anche una persona con soli due nomi, di cui uno apparentemente né punico né romano, S'TWRNYNH 'NBRYS, Saturnino 'NBRYS (1. 7). Ugualmente di grande interesse in questo senso è l'iscrizione trilingue da San Nico lò Gerrei (fig. 33), databile al periodo tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C.91 Questi i tre testi: 1. Cleon salari(us) soc(iorum) s(ervus) 32. iscrizione ico Sard. npu. 8 da Bitia (seconda metà del me della divinità cui l'oggetto è dedicato: Aescolapio Merre donum dedit lubens 11 sec' d C ) Cagliar1· Museo Archeologico Nazionale. Asklepios nella parte greca, Aesculapius ~ , 33. Iscrizione ICO Sard. 19 da San Nicolò Gerrei (fine del . ,, , · \ 2. merito merente in - inizi dei 11 sec. u.c.). Torino, Museo di Antichità. m quella latina, Esmun in quella punica. 1. Άσκληπίω Μηρρη άνάθημα βωμόν Ma nei tre testi compare un attributo (o έστη Questa la traduzione del testo punico: una apposizione) che, seppur nelle va 2. σε Κλέων ό επί των άλων κατά 1. Al signore Esmun m'rh altare di bron- rianti grafiche e linguistiche, è costante: πρόσταγμα zo del peso di cento 100 libbre che ha de- Μηρρη, Merre, m'rh. Essendo una paro 1. Idn l'smn m'rh mzbh nhstmsql Itrm dicato 'klyn servo (?) dei hsgm che (so- la che non ha confronti in nessuna delle m't 100 's ndr 'KLYN shsgm 's bmmlht vrintende) alle saline (?). Ha ascoltalo] tre lingue, è d'obbligo quindi pensare al sm[' _ 2. la sua [vo]ce, lo ha guarito; nell'anno la lingua parlata dalle popolazioni non 2. q\l' rpy ' bst sppn HMLKT w'BD'SMN dei sufeti HMLKT e 'BD'SMN figlio di puniche dell'isola. Non saremmo molto bn HMLK HMLK lontani, probabilmente, dalla situazione

Come si può notare, i tre testi non sono riscontrata al tempio di Antas, dove le 142 [Contributi] vere e proprie traduzioni, a partire dal no- iscrizioni ritrovate presso il tempio sono

32. Iscrizione ICO Sard. npu. 8 da Bitia (seconda metà del II sec. d.C.). Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. 33. Iscrizione ICO Sard. 19 da San Nicolò Gerrei (fine del III - inizi del II sec. a.C.). Torino, Museo di Antichità.

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dedicate al dio punico Sid, ma con la spe- romana né alla tradizione punica. Notevole il caso di una iscrizione dall'a cificazione di bby ο b'by (fig. 34), che si Soltanto dopo l'annessione a Roma del- rea di Macomer, nella quale si legge Iulia trova anche nell'iscrizione dell'architrave l'isola e soprattutto a seguito del ritirarsi Valeria quae et Ginsora:104 è evidente che del tempio:92 dell'elemento politico e culturale punico il nome proprio, pur se non completo, Imperatori) [Ca es (ari) M(arco)] Aurelio si inizieranno a trovare nelle iscrizioni con i consueti tria nomina, ma con due Antonino Aug(usto) P(io) F(elici) (latine) antroponimi non riconducibili né soli nomi, non è sufficiente. Quello che temp[l(um) d]ei [Sa]rdi Patris Bab[ al punico né al latino.94 Da Sedilo, per conta è il soprannome, Ginsora, palese A1 contrario, il nome del dedicante, esempio, proviene una stele iscritta col mente non romano. Un utile confronto Κλέων, è adattato in latino con Cleon, in nome Foronto;95 sempre da Sedilo, su un può istituirsi, ad esempio, con un'iscri punico con 'KLYN, seppur con qualche cippo si legge Q. Volusius Nercau;96 da zione105 da Lambaesis, in Numidia, nella variazione rispetto alla norma che preve- Samugheo proviene l'iscrizione col nome quale si legge Comidius Qu(i)etus / qui et deva solitamente l'uso della qoph per la di Tars(i)nius Q[u]iuse[i ?] [f]il\i]us;97 a Gutulus; sempre dalla Numidia, dalla cit resadi/C.93 Busachi compare Bascio Losonis (fi- tà di Costantina, proviene l'iscrizione 106 La formula conclusiva del testo latino, lius).9" Ancora da Busachi proviene una di L(ucius) Petronius Festus / qui et Za donum dedit lubens / merito merente è in iscrizione, datata dall'editore al II-III bulius, nel quale il soprannome è di chia linea con le formule di iscrizioni coeve, sec. d.C. con il nome Miaricora99 - vero- ra derivazione punica. Si veda anche l'i come è - nell'ambito dell'epigrafia puni- similmente da accostarsi a Hampsicora - scrizione107 di Q(uintus) Hortensi/us Do ca - la formula conclusiva del testo puni- figlio di Turus, nome anch'esso scono- natus / qui et Muth/unos, ritrovata a Thae co. Si è, quindi, di fronte non ad un uni- sciuto nell'onomastica latina. Nello stes- nae, in Africa Proconsolare: pure in que co testo, presumibilmente greco, visto il so territorio sono attestati Tumar,100 Iet- sta formula Muthunos è da un nome puni nome del dedicante, semplicemente tra- tocor Torceri filius.101 II nome da Sedilo co MTN, 'traduzione' del latino Donatus. dotto in altre due lingue, ma a tre testi Nercau è attestato anche a Aliai, nella Ovviamente, sempre in ambito romano che volevano esprimere la stessa cosa forma Gocaras Nercaunis.102 sardo non mancano invece le attestazioni (una dedica ad Asklepios - Aesculapius - Vale la pena di riportare il testo di un'i- di nomi punici. È da ricordare la bilingue Esmun) resi ognuno secondo formule e scrizione proveniente dalla Giara di Ge- di Sant'Antioco:108 consuetudini della lingua nei quali sono sturi:103 1. Himilconi Idnibalis flilio) rispettivamente scritti. Il filo rosso che 1. Mislius Cora[—] 2. quei hanc aedem ex s(enatus) c(onsul lega questi tre testi è, oltre al nome del 2. Benets Celele F[—] to) fac(iendam) dedicante, la specifica di Μηρρη - Mer- 3. Bacoru Sabdaga ob Risio imp(ensis) 3. coeravit Himilco filius) statuam [po re-m'rh, parola sicuramente appartenente suis suit] ad una lingua diversa rispetto alle tre nel- 4.faciendum) c(uraverunt) Mario etAfìni 1. [(1)H]MLKT bn 'DNB'L bn HMLKT le quali i testi sono scritti: una quarta lin- 5. ο co(n)s(ulibus) 2. hprt Ί mytb 'rs' hslky gua (sardo? libico?) che evidentemente Come si vede, solo i nomi dei consoli ri- 3. lbn't t hmqds st lhrbt l'it non arriva sino al livello di essere usata entrano nelle normali abitudini onomasti- 4. tyn' t hm' s st bn' HMLKT per iscrizioni, ma che lascia intravedere che romane, mentre è evidente che gli al- 1. [(A) H]MLKT figlio di 'DNB'L figlio un mondo molto complesso, nel quale le tri appartengono ad una cultura sicura- di HMLKT componenti culturali in gioco sono mol- mente estranea sia al mondo romano che 2. che provvide su beneplacito dei sena te, e non tutte allo stesso livello di presti- al mondo punico. tori (?) di Sulci gio. E siccome le assenze sono eloquenti tanto quanto le presenze, non si può non notare che, se da una parte è possibile la sciare un'iscrizione in tre lingue, dall'al tra non appare consentito l'uso di una lin gua non ufficiale. Il greco è palesemente la lingua madre del dedicante dell'altare di San Nicolò Ger

rei, il punico la lingua normalmente par lata, il latino la lingua dei nuovi padroni. Il sardo, ο il libico, è evidentemente rele gato a lingua parlata, non scritta, ma al trettanto evidentemente affiora nell'uso. Merre è forse il nome di un essere extrau

mano della religione sarda ο libica, che è stato assimilato ai nuovi Asklepios - Ae sculapius - Esmun. Forse però i parlanti sardo ο libico non avevano accesso alla

comunicazione scritta, perché non inurba ti. Non è un caso che, apparentemente, gli antroponimi nelle iscrizioni fenicio-puni che della Sardegna siano di tradizione ο punica ο romana, con forse la sola ecce zione del già citato S'TWRNYNH 'NBRYS, dove il secondo elemento non ,, , . . , , ,, . , , „ . „ ,

. , . 34. Iscrizione Antas 9 dal tempio del Sardus Pater, parrebbe riconducibile ne alla tradizione Antas. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. [Contributi] 143

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34. Iscrizione Antas 9 dal tempio del Sardus Pater, Antas. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.

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3. a costruire questo santuario per la si- e Cartagine ha avuto un esito sfavorevole che come la cultura punica della Sarde gnora 'LT, alla città africana, e così il predominio di gna nel III e II sec. a.C. sia rappresentata 4. pose questa statua suo figlio HMLKT Roma sul Mediterraneo occidentale au- da comunità locali, con cultura materiale A Cornus è documentato il nome Amil- menta sempre più. e tradizioni derivate dal Nord Africa e dal car,109 come il nome Aris,110 attestato due mondo punico.123 Questo quadro, però, è volte anche a Cagliari.111 Si può pensare probabilmente da declinare area per area, ad una derivazione punica anche per il Conclusioni in rapporto al grado di punicizzazione padre di Asadisus, Osurbalis,112 per il delle diverse aree: appare significativo quale sembra di poter ricostruire un puni- La Sardegna è ormai definitivamente sot- che la concentrazione di materiali da co 'ZRB'L. to il controllo romano. A mano a mano ascriversi al filone colto sia nelle aree

Come si vede, quindi, nell'epigrafia sar- che avanzava la cultura romana, la cultu- della Sardegna centro-occidentale e me da in latino si hanno diverse attestazioni ra punica si ritirava, lasciando così lo ridionale, con l'eccezione di Padria, nel di onomastica non romana; dagli esempi spazio non solo ai vincitori, ma anche al- la quale, però, come si è evidenziato, il surriportati appare evidente una dinamica le manifestazioni di quei sostrati che co- filone popolare è ben presente. Inoltre, è tra popoli, culture, costumi diversi, che munque continuavano la loro presenza da considerare, con tutte le distinzioni in queste poche testimonianze consentono nell'isola. Certo, spazio lasciato sicura- dicate sopra, il rapporto tra città e territo solo di intravvedere. È significativo il mente non volentieri, anzi, come dimo- rio, che proprio in questo periodo di ro fatto che nelle iscrizioni puniche, come strano le varie rivolte che hanno avuto manizzazione assume aspetti particolari, rilevato prima, non appaiano nomi se non luogo nell'isola, sino a quella del 215 In Sardegna la resistenza della cultura (o punici, mentre nelle iscrizioni cronologi- a.C., che vede insieme i Cartaginesi, con delle culture) alla romanizzazione si camente successive alla conquista roma- Hanno, auctor rebellionis Sardis bellique esprime, come si è visto, in diversi modi: na si può notare anche linguisticamente haud dubie concitor,118 e Hampsicora, il dalla rivisitazione in termini diversi di la presenza di una cultura né punica né quale, all'inizio della rivolta, profectus elementi cartaginesi all'affiorare di com romana. erat in Pellitos Sardis ad iuventutem ar- ponenti che, per ora, possono esser defi

mandam qua copias augeret.119 II nome nite locali, ma che probabilmente altro Pur se con tutte le differenze del caso, è Hampsicora, con ogni verosimiglianza, non sono che il frutto della lunga coabi forse da richiamare la famosa iscrizione non appartiene al sostrato sardo, ma al- tazione/ sovrapposizione/ integrazione di lasciata da Annibale durante la sua per- l'elemento libico portato in Sardegna da culture diverse, ognuna con una propria manenza presso il tempio di Hera Laci- Cartagine.120 Questo periodo in esame - storia. È comunque innegabile che, men nia.113 Com'è noto, propter Iunonis Laci- quello che convenzionalmente si fa ini- tre la cultura romana conquista terreno, niae templum aestatem Hannibal egit, ziare dalla costituzione della provincia questa cultura che non è più punica arre ibique aram condidit dedicavitque cum della Sardinia et Corsica121 - è piuttosto tra, fino ad essere soppiantata. ingenti rerum ab se gestarum titulo, Punì- complesso: se le forme dell'arte punica Scrive Sant'Agostino in una sua lettera cis Graecisque litteris insculpto.114 È vero cedono il passo, lentamente ma costante- del 390-391:124 "Quae lingua si improba quanto rilevato da Giovanni Brizzi, vale a mente, alle forme dell'arte della nuova tur abs te, nega Punicis libris, ut a viris dire che l'iscrizione annibalica aveva an- potenza che domina l'isola, l'ellenismo doctissimis proditur, multa sapienter esse che il testo in greco, oltre che in punico, aveva già progressivamente raggiunto l'i- mandata memoriae". il che è un indizio del fatto che il condot- sola, fatto che si può largamente notare, I Punici libri che il dotto vescovo di Ip tiero cartaginese si rivolgeva al mondo come già osservato, nella produzione del- pona dimostra in tanti passi delle sue greco,115 ma al riguardo è da sottolineare le figurine fittili che così abbondante- opere125 di conoscere non sono arrivati a il fatto che il mancato uso del latino è un mente si ritrovano in Sardegna. Più si noi, documentando in tal modo che, alla vero e proprio rifiuto deliberato del mon- avanza nel tempo, quindi, più si assiste al fine, da egemone la cultura punica è di do romano in toto, fenomeno che si è ri- progressivo contrarsi delle manifèstazio- venuta subalterna, petuto allorché P. Cornelio Scipione e ni artistiche precipuamente puniche e, Annibale si sono incontrati prima dell'ul- contestualmente, cresce una vena 'popo tima decisiva battaglia della seconda lare'. guerra punica. A quel che riporta Livio, i La dinamica colto-popolare, quindi, arri due condottieri summotis pari spatio ar- va ad un punto nel quale si esprime tra matis, cum singulis interpretibus con- varie culture: la romana (in espansione), gressi sunt,116 sebbene, come sappiamo, la punica (in recessione), la libica (porta Annibale conoscesse il greco; al riguar- ta dalle genti libiche che Cartagine tra do, infatti, Cornelio Nepote scrive:117 hoc piantò in Sardegna), la 'sarda punicizza Sosylo Hannibal litterarum Graecarum ta' (presente in quelle zone che apparen usus est doctore. E sicuramente anche il temente non hanno avuto insediamenti

console sapeva il greco. I silenzi sono punici ma che, ovviamente, hanno risen eloquenti tanto quanto le parole; non vo- tito di influssi dalla cultura punica). Van ler parlare la lingua dell'altro significa no quindi interpretate in tal modo le pa forse rifiutare completamente l'altrui role di R van Dommelen, il quale, par cultura; e quindi per comunicare era for- tendo dall'esame di contesti di Sedda sa se necessario il tramite di qualcuno che Caudeba (Marmilla) e di Olbia, scrive non fosse (troppo) coinvolto, di interpre- che "perhaps the most remarkable featu tes. Ma anche la seconda guerra tra Roma re of Sardinia under the Roman Republic

is the relative absence of unequivocally 144 [Contributi] Roman material culture",122 notando an

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Abbreviazioni:

CIL = Corpus Inscriptionum Latinarum ILAIg II = G. Pflaum, Inscriptions latines de l'Al gérie, II, 1-2, Paris - Alger 1957-76. ILSard = G. Sotgiu, Iscrizioni latine della Sarde gna, 1. Supplemento al "Corpus Inscriptionum Latinarum, 10" e all'"Ephemeris Epigraphica, 8", Padova 1961.

1) A.M. Cirese, in Enciclopedia Universale del l'Arte, Venezia-Roma 1963, s.v. Popolare, p. 784.

2) Lo stesso Moscati, tra l'altro, fu chiamato come consulente della Enciclopedia Universale dell 'Ar te.

3) S. Moscati, Tra Cartaginesi e Romani. Artigia nato in Sardegna dal IV secolo a.C. al II d.C. (= 'Atti dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Me

morie' 9, 3), Roma 1992, p. 101.

4) S. Moscati, Il tramonto di Cartagine. Scoperte archeologiche in Sardegna e nel Mediterraneo, Torino 1993.

5) S. Moscati, Il "barocco" spagnolo, in 'Rivista di Studi Fenici' 21, 1993, pp. 137-141.

6) A.M. Bisi, A proposito di alcune stele del tipo della Ghorfa al British Muséum, in 'Antiquités Africaines' 12, 1978, pp. 21-88; E.F. Ghedini, An cora sulle stele della Ghorfa. Qualche precisazio ne, in A. Mastino (a cura di), L'Africa romana VII, Atti del VII Convegno di studio (Sassari 1989), Sassari 1990, pp. 233-244; A. Campus, L'eredità punica nell'Africa romana, in Enciclopedia Ar cheologica, voi. Africa, Roma 2005, pp. 403-406.

7) Per il caso della Sardegna, A. Campus, Appunti e spunti per un 'analisi dei complessi votivi punici in Sardegna, in Phoinikes b Shrdn, i Fenici in Sar degna. Nuove acquisizioni, catalogo della mostra, Oristano 1997, pp. 167-175.

8) S. Moscati - P. Bartoloni - S.F. Bondì, L'età pu nico-romana, in La penetrazione fenicia e punica in Sardegna. Treni'anni dopo (= 'Atti dell'Acca demia Nazionale dei Lincei. Memorie' 9, 9), Ro ma 1997, pp. 99-111.

9) In generale, sui depositi votivi sardi, Campus, Appunti e spunti (cit. a nota 7); anche G. Garbati, Sul culto di Demetra nella Sardegna punica, in G. Regalzi (a cura di), Mutuare, interpretare, tradur re: storie di culture a confronto. Atti del 2° Incon tro "Orientalisti" (Roma 2002), Roma 2003, pp. 127-143 e là., Artigianato "popolare" - devozione "personale" nella Sardegna di età ellenistica: problemi di definizione e di identificazione, in M. Gargiulo - G. Regalzi - C. Peri (a cura di), Definir si e definire: percezione, rappresentazione e rico struzione dell 'identità. Atti del 3° Incontro "Orien

talisti" (Roma 2004), Roma 2005, pp. 97-112. 10) M.L. Uberti, Le figurine fittili di Bitia, Roma 1973.

11) R. Zucca - S. Moscati, Le figurine fìttili di Neapolis (= 'Atti dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Memorie' 8, 32), Roma 1989. 12) O. Galeazzi, Gli ex-voto di Bithia. Una inter pretazione storico-medica, in 'Rivista di Studi Fe nici' 14, 1986, pp. 185-199; Id., Le figurine votive di Bithia tra paleo-patologia e paleo-antropolo gia, in Atti del II Congresso Internazionale di Stu di Fenici e Punici (Roma 1987), Roma 1991, pp. 875-887; Moscati, Il tramonto di Cartagine (cit. a nota 4), pp. 100-108; Campus, Appunti e spunti (cit. a nota 7).

13) Moscati, Il tramonto di Cartagine (cit. a nota 4), pp. 92-99; Campus, Appunti e spunti (cit. a no ta 7).

14) S. Moscati, Le terrecotte figurate di S. Gilla, Roma 1991.

15) Su un influsso di questo tipo di oggetti su al cune espressioni della bronzistica sarda è recente mente tornato P. Bernardini, Cartagine e la Sarde gna: dalla conquista all'integrazione, in 'Rivista

di Studi Fenici' 32, 2, 2004, pp. 44-46.

16) S. Forconi, s.v. Sintomo, in L'universo del cor po, V, Roma 2000, p. 481. 17) G. Federspil - R. Vetter, s.v. Malattia - Defini zioni e classificazioni, in L'universo del corpo, IV, Roma 2000, p. 298. 18) A. Young, The anthropologies of illness and sickness, in Annual Review of Anthropologv 11, 1982, pp. 257-285.

19) A. Campus, Oltre il "triangolo ippocratico": gli ex voto medici, in 'Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli' 71, 2002, pp. 77-91. 20) S. Moscati, La bottega del mercante. Artigia nato fenicio lungo le sponde del Mediterraneo, To rino 1993, pp. 55-57; ν. anche S. Moscati, Figuri ne puniche nei paesi mediterranei, in 'Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli' 45, 1972-73, pp. 13-28.

21) J. Ferron - M.E. Aubet, Orants de Carthage, Paris 1974; V Karageorghis, The terracottas, in V. Karageorghis - A. Hermary, La nécropole d'Ama thonte. Tombes 113-367, 3. 1. The terracottas. 2. Statuettes, sarcophages et stèles décorées (= Étu des chypriotes 9), Nicosie 1987, pp. 1-52; V Ka rageorghis, The coroplastic art of ancient Cyprus, 5. The Cypro-archaic period. Small female figuri nes, A. Handmade-wheelmade figurines, Nicosia 1998; A. Hermary, Amathonte, 5. Les figurines en terre cuite archaïques et classiques. Les sculptu res en pierre (= Études chypriotes 15), Paris 2000; per i confronti tra le statuette di Cipro e quelle pu niche, ν. anche Α.Μ. Bisi, Héritages, emprunts et survivances chypriotes dans les terres cuites des colonies phéniciennes, in F. Vandenabeele - R. Laffineur (eds.), Cypriote terracottas. Procee dings of the First International Conférence of Cypriote Studies (Brussels - Liège - Amsterdam), Brussels 1991, pp. 87-92. 22) Uberti, Le figurine fìttili (cit. a nota 10).

23) M.P. San Nicolas Pedraz, Las terracotas figu radas de la Ibiza pùnica (= Collezione di Studi Fe nici 5), Roma 1987.

24) Ancora utile è Ferron - Aubet, Orants (cit. a nota 21).

25) A. Ciasca - M.P. Toti, Scavi a Mozia: le terre cotte figurate, Roma 1994.

26) Su questo periodo, Moscati - Bartoloni - Bon di, La penetrazione (cit. a nota 8), in part. pp. 99 112 (S. Moscati). 27) L.M. Lombardi Satriani, Antropologia cultu rale e analisi della cultura subalterna, Milano 1980, p. 132. 28) Ibidem, ρ. 133. 29) A. Campus, Ex voto come fine, ex voto come mezzo, in 'Rivista di Studi Fenici' 25, 1997, pp. 69-77, con bibl. prec.

30) P. Basoli, Le figure fìttili di Olbia. Notizia pre liminare, in A. Mastino (a cura di), L'Africa roma na VII, Atti del VII convegno di studio (Sassari 1989), Sassari 1990, pp. 669-671; R. D'Oriano, Greci (?), Punici e Romani ad Olbia, in Phoinikes b Shrdn (cit. a nota 7), nn. 419-428, pp. 317-319; R. D'Oriano, Un deposito votivo presso la chiesa di S. Simplicio a Olbia, in 'Bollettino di Archeologia' 46-48, 1997, pp. 50-65.

31) Basoli, Le figure fittili (cit. a nota 30), tav. Ili, 1.

32) Ibidem, tav. Ili, 2; D'Oriano, Greci (?), Puni ci e Romani (cit. a nota 30), n. 428, p. 319.

33) Basoli, Le figure fittili (cit. a nota 30), tav. IV, 1.

34) La fig. alla tav. IV, 2, che P. Basoli definisce "protome muliebre a stampo", sembrerebbe piut tosto un bruciaprofumi.

35) D'Oriano, Un deposito votivo (cit. a nota 30), n. 75.

36) Ibidem, p. 65.

37) S. Moscati, Iocalia punica. La collezione del Museo nazionale G.A. Sanna di Sassari (= 'Atti dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Memorie' 8, 29), Roma 1987, pp. 35-37, nn. A 36 - A 49 (M.L. Uberti). 38) D. Salvi, La continuità del culto. La stipe vo tiva di S. Andrea Frius, in A. Mastino (a cura di), L'Africa romana VII, Atti del VII convegno di stu dio (Sassari 1989), Sassari 1990, pp. 465-474.

39) D. Salvi, Testimonianze archeologiche, Dolia nova 1989, pp. 13-16; Ead., Dolianova (Cagliari). Località Bruncu Salamu. Il deposito votivo di Mit za Salamu, in 'Bollettino di Archeologia' 23-24, 1993, pp. 183-192. 40) S. Moscati, Linna Pertunta e Mitza Salamu, in 'Rivista di Studi Fenici' 19, 1991, pp. 155-157.

41) Salvi, Testimonianze archeologiche (cit. a no ta 39), pp. 468-469, tav. I, 4. Ma si vedano anche le terrecotte cartaginesi in Z. Cherif, Terres cuites puniques de Tunisie, Roma 1997, nn. 103-106, pp. 48-49, tav. XII, dalle necropoli (nn. 103-105) e dal ed. santuario di el-Kénissia (n. 106), del tipo con ampio velo a conchiglia (M.L. Uberti, ibidem, pp. 180 e 181-182). 42) Salvi, Testimonianze archeologiche (cit. a no ta 39), pp. 471-472, tav. VI.

43) G. Manca di Mores, Terrecotte figurate, in E. Acquaro - G. Manca di Mores - L.I. Manfredi - S. Moscati, la collezione Pesce, Roma 1990, pp. 23, 48, η. A75.

44) Moscati, Figurine puniche (cit. a nota 20), p. 208.

45) M. Madau, Popolazioni rurali tra Cartagine e Roma: Monte Ruju a Thiesi, in Phoinikes b Shrdn (cit. a nota 7), pp. 159-163; cat. nn. 440-445; Id., Le terrecotte votive di Monte Ruju di Thiesi (Sas sari), in 'Bollettino di Archeologia' 46-48, 1997, pp. 26-41. 46) Ibidem, nn. 15 e 17.

47) Ibidem, η. 1, con il sesso reso da una incisio ne verticale su pastiglia applicata, e n. 7, con il sesso reso da una incisione verticale.

48) Ibidem, nn. 4, 7, 11, 14, 22.

49) Un utile confronto potrebbe essere fatto con le teste femminili di vetro classificate da M. Seefried nel tipo D I, "tête de femmes aux cheveux formés de tortillons" (M. Seeffied, Les pendentifs en ver re sur noyau des pays de la Méditerranée antique [= Collection de l 'École française de Rome 57], Rome 1982, pp. 19, 119-120). Questo tipo è data to dalla studiosa al 350-200 a.C. Da notare che de gli otto esemplari presentati, sette vengono da Cartagine ed uno dalla tomba 24 di Fontana Noa di Olbia (D. Levi, Le necropoli puniche di Olbia, in 'Studi Sardi' 9, 1949, p. 90; M.L. Uberti, I ve tri preromani del Museo archeologico nazionale di Cagliari, Roma 1993, n. 66: tipo B, e, "penden te configurato a testa femminile con capigliatura a riccioli rilevati a spirale") = qui fig. 18.

50) Madau, Popolazioni rurali (cit. a nota 45), fig. a p. 162, prima da destra; Madau, Le terrecotte vo tive (cit. a nota 45), n. 12.

51) Ibidem, nn. 2, 6.

52) Ibidem, nn. 5, 8, 9, 15, 17, 18, 20.

53) Ibidem, nn. 1, 9, 10, 22.

54) Ibidem, n. 13.

55) A. Sanciu, Popolazioni rurali tra Cartagine e Roma: Santu Giolzi di Romana, in Phoinikes b Shrdn (cit. a nota 7), p. 165; cat. nn. 446-455, pp. 325-32; Id., La sorgente di Santo Giolzi (Romana - Sassari). Un deposito votivo. Le statuette fittili, in 'Bollettino di Archeologia' 46-48, 1997, pp. 44 49; dati di scavo in A. Antona, La sorgente di San

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to Giolzi (Romana - Sassari). Un deposito votivo. Il sito, in 'Bollettino di Archeologia' 46-48, 1997, pp. 42-44.

56) Sanciu, La sorgente (cit. a nota 55), nn. 1-12.

57) Ibidem. L'autore definisce il copricapo "el metto con paragnatidi".

58) Ibidem, nn. 1, 2, 4.

59) Ibidem, nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9.

60) P. Regoli, I bruciaprofumi a testa femminile dal nuraghe Lugherras (Paulilatino) (= Studia Pu nica 8), Roma 1991.

61) Ibidem, nn. 727-731, p. 230, tav. XXI.

62) Ibidem, p. 53.

63) L.A. Marras, La stipe votiva di Cuccureddus, Roma 1999.

64) Ibidem, p. 19; v. anche Ead., La stipe votiva punico-romana di Cuccureddus di Villasimius (Sardegna), in Actas del IV Congreso internacio nal de estudios fenicios y pùnicos (Câdiz 1995), Câdiz 2000, pp. 1337-1355. 65) S. Moscati, Terrecotte da Narcao (catalogo di M.L. Uberti), in Id. Techne. Studi sull'artigianato fenicio (= Studia Punica 6), Roma 1990, pp. 79 90.

66) Ibidem, nn. 1-12, pp. 80-81, tavv. XXV, 1-3, XXVI, 1.

67) Ibidem, n. 13.

68) Ibidem, n. 14, p. 81, tav. XXVI, 2.

69) Ibidem, nn. 15-33, pp. 81-82, tav. XXVII.

70) Ibidem, nn. 34-38, p. 82, tav. XXVIII. 71) Ibidem, n. 39, pp. 82-83, tav. XXIX, 1.

72) G. Pesce, Santa Margherita di Pula (Caglia ri). Deposito sacro, in 'Notizie degli Scavi' 28, 1974, p. 512, fig. 10; S. Moscati (a cura di), I Fe nici (catalogo della mostra), Milano 19 8 82, n. 551, ρ. 611. 73) Ibidem, n. 968.

74) G.C. Picard, La dame des brûle-parfums à Carthage, in Homenaje a Garda Bellido, I (= 'Re vista de la Universidad Complutense' 25), Madrid 1976, pp. 155-174. 75) Cherif, Terres cuites (cit. a nota 41), nn. 263 281.

76) Ibidem, nn. 282-288.

77) Picard, La dame (cit. a nota 74), nn. 1 e 7. 78) Cherif, Terres cuite (cit. a nota 41), nn. 263, 267, 268, 269, 273, 275, 276, 277, 279, 280, 287; Picard, La dame (cit. a nota 74), nn. 1, 7.

79) Cherif, Terres cuites (cit. a nota 41), η. 274.

80) Ibidem, nn. 264, 265, 266, 270, 272, 278, 281, 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288.

81) S. Moscati - M.L. Uberti, Le stele puniche di Nora nel Museo Nazionale di Cagliari (= Studi Se mitici 35), Roma 1970, n. 50, pp. 113-114; IFeni ci (cit. a nota 72), fig. a p. 322.

82) Scrive S. Moscati, in Moscati - Uberti, Le ste le puniche di Nora (cit. a nota 81), p. 36: "il corpo è quasi un betilo, sicché la stessa inclusione in questa serie non è del tutto certa; le braccia sono allargate senza piegarsi, il disco e la falce sor montano la figura".

83) S. Moscati, Statuette puniche da Narbolia, in 'Atti dell'Accademia dei Lincei. Rendiconti' 23, 1968, pp. 197-203. 84) Moscati, Tra Cartaginesi e Romani (cit. a no ta 3), p. 95.

85) Moscati, Il tramonto di Cartagine (cit. a nota 4), pp. 57-59. 86) A. Campus, Padria - I, Roma 1994; Id., Tra arte colta e arte popolare in Sardegna. L'esempio di Padria, in E. Acquare (a cura di), Alle soglie

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della classicità: il Mediterraneo tra tradizione e innovazione. Studi in onore di S. Moscati, Roma 1996, pp. 579-590.

87) Moscati, Il tramonto di Cartagine (cit. a nota 4), pp. 155-157; Moscati - Bartoloni - Bondì, La penetrazione (cit. a nota 8), pp. 114-115.

88) G.R. Cardona, Introduzione alla sociolingui stica, Torino 1987, p. 83.

89) Ibidem, p. 85.

90) M.G. Guzzo Amadasi, Le iscrizioni fenìcie e puniche delle colonie in Occidente, Roma 1967, pp. 133-136; ν. anche Ead., Iscrizioni fenicie e pu niche in Italia, Roma 1990, iscrizione 14, pp. 81 82; per una proposta di datazione tra il 169 ed il 176 d.C., A. Mastino, Storia della Sardegna anti ca, Nuoro 2005, pp. 237-238. 91) Guzzo Amadasi, Le iscrizioni delle colonie (cit. a nota 90), Sard. 9, pp. 91-93; Ead.., Iscrizio ni in Italia (cit. a nota 90), iscrizione 15, pp. 82 83; ν. anche G. Garbini, Nota sulla trilingue di S. Nicolò Gerrei (CIS 1, 143), in 'Studi di Egittolo gia e Antichità Puniche' 9, 1991, pp. 79-80. Il te sto latino è CIL I2, 2226 = CIL Χ, 07856. Il testo greco è CIG XIV, 608, per il quale v. ora G. Mar ginesu, Le iscrizioni greche della Sardegna. Iscri zioni lapidarie e bronzee, in M. Khanoussi - P. Ruggeri - C. Vismara (a cura di), L'Africa romana. Lo spazio marittimo de! Mediterraneo occidenta le. Geografia storica ed economia. Atti del XIV Convegno di studio (Sassari 2000), Roma 2002, pp. 1807-1825, pp. 1813-1815, che colloca l'iscri zione nel II sec. a.C.

92) 'L'Année Épigraphique' 1971, 119. 93) J. Friedrich - W. Ròllig, Phònizisch-punische Grammatik, 3. Auflage, neu bearbeitet von Maria Giulia Amadasi Guzzo, unter Mitarbeit von Wer ner R. Mayer, Roma 1999, §§ 37, 2a, 3b 94) Oltre ai lavori di Rowland (Onomasticon Sar dorum Romanorum, in 'Beitràge zur Namenfor schung' 8, 1973, pp. 81-118; Onomastic remarks on Roman Sardinia, in 'Names' 9, 2, 1973, pp. 82 100), ν. in particolare, per il periodo repubblicano, R. Zucca, Inscriptiones Latinae liberae rei publi cae Africae, Sardiniae et Corsicae, in M. Kha noussi - P. Ruggeri - C. Vismara (a cura di), L'A frica romana. Atti dell'XI Convegno di studio (Cartagine 1994), Ozieri 1996, pp. 1454-1489, per il periodo imperiale A.M. Cossu, Iscrizioni di età romana dal Barigadu, in A. Mastino - P. Rug geri (a cura di), LAfrica romana X. Atti del X convegno di studio (Oristano 1992), Sassari 1994, pp. 973-1011 (con bibl. prec.); importanti osser vazioni in A. Mastino, Analfabetismo e resisten za. Geografia epigrafica della Sardegna, in L'epi grafia del villaggio. Atti del Colloquio Borghesi (Forlì 1990), Faenza 1993, pp. 457-536; ν. anche Id., Persistenze preistoriche e sopravvivenze ro mane nel Condaghe di San Pietro in Silki, in Di ritto e storia, 1 (maggio 2003), www.dirittoesto ria.it/tradizione/SILKJ.htm e A. Mastino - G. Pit

zalis, Ancora sull'artigianato popolare e sulla "scuola " di Viddalba: le stele inscritte, in A.M. Corda (a cura di), Cultus splendore. Studi in ono re di Giovanna Sotgiu, Senorbì 2003, II. pp. 657 695.

95) ILSard 212.

96) 'L'Année Épigraphique' 1992, 885.

97) 'L'Année Épigraphique' 1993, 837.

98) CIL X, 7870. 99) Cossu, Iscrizioni di età romana (cit. a nota 94), η. 1, pp. 974-976.

100) Ibidem, n. 2, pp. 976-979.

101) Ibidem, n. 4, pp. 982-984.

102) Ibidem, n. 8, pp. 991-992.

103) ILSard 177 = 'L'Année Épigraphique' 1907, 119 = 'L'Année Épigraphique' 1988, 666.

104) 'Notizie degli Scavi' 1888, p. 718.

105) CIL Vili, 2847.

106) CIL Vili, 7636 = ILAlg II, 1557 107) CIL VIII, 22805. 108) Il testo punico è in Guzzo Amadasi, Le iscri zioni delle colonie (cit. a nota 91), Sard. npu. 5, il testo latino CIL I2, 2225 = CIL Χ, 7513; sul testo latino v. ora Zucca, Inscriptiones Latinae (cit. a nota 94), pp. 1466-1468. 109) CIL Χ, 8061, 5. 110) CIL Χ, 8056, 43a.

111) CIL X, 8056, 43b; CIL X, 8056, 43c. 112) 'L'Année Épigraphique' 1998, 672, da Ula Tirso.

113) Sull'episodio, A. Campus, Annibale ed Hera Lacinia, in 'La Parola del Passato' LVIII, 2003, pp. 292-308, con bibl. prec. 114) Livio, XXVIII, 46, 16; stessa notizia anche in Polibio, III, 33, 19.

115) G. Brizzi, Ancora su Annibale e l'Ellenismo: la fondazione diArtaxata e l'iscrizione di Era La cinia, in Atti del I Congresso Internazionale di Studi Fenici e Punici (Roma 1979), Roma 1983, p. 246.

116) Livio XXX, 30, 1.

117) Cornelio Nepote, De viris illustribus, Hanni bal, 13,4.

118) Livio XXIII, 41, 2. 119) Livio XXIII, 40, 3.

120) S. Moscati, Africa ipsa parens illa Sardiniae, in 'Rivista di Filologia' 95, 1967, pp. 385-388; Mastino, Storia (cit. a nota 90), pp. 77-86; ν. an che E. Acquaro, Africa ipsa parens illa Sardiniae: considerazioni a margine, in Acquaro, Alle soglie della classicità (cit. a nota 86), pp. 3-9, Campus, Tra arte colta (cit. a nota 86), p. 587, nota 25 e A. Campus, Onomastica fenicio-punica in Silio Itali co, in 'Atti dell'Accademia dei Lincei. Rendicon ti' (in corso di stampa), ss.vv. Hampsicus e Hamp sagoras.

121) Una sintesi della storia della provincia è in S. Rinaldi Tufi, Sardinia et Corsica, in Enciclopedia archeologica, voi. Europa, Roma 2004, pp. 740 744, con bibl. prec.; un panorama sulla Sardegna fenicio-punica è in Moscati - Bartoloni - Bondi, La penetrazione (cit. a nota 8).

122) P. van Dommelen, Beyond résistance: Roman power and local traditions in Punie Sardinia, in P. van Dommelen - N. Terrenato (eds.), Articulating local cultures. Power nd identity under the expan ding Roman republic (= 'Journal of Roman Ar chaeology', Suppl. 63), Portsmouth 2007, pp. 55 69, p. 58, con bibl. prec.

123) Ibidem, p. 66.

124) Augusto, Epistole 17, 2. 125) F. Fernândez Ardanaz, Enculturación en el mondo neopùnico: traduccion de la Biblia al neo pùnico en los s. IV-V d.C., in A. Gonzâles Bianco - G. Matilla Séiquer - A. Egea Vivancos (edd.), El mondo pùnico. Religion, antropologia y cultura material. Actas II Congreso Internacionl del Mun do Pùnico. Cariogena 6-9 de abril de 2000, Mur cia 2001-2002 (2004), pp. 409-413.

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