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Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia (2^ parte: De...

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volume VI E,STRATTO anno 2006 Istituto Teologico <<Mons. G. Gnttadauro>> affiliato alla Pontiiicia Facohà Teologica cli Sicilia .S. Giovanni Evangelista* Viale Re_eina Margherita, 29 - 93100 CaltanissetÉ.- Tei.-Ferx A%4 22378
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volume VI E,STRATTO anno 2006

Istituto Teologico <<Mons. G. Gnttadauro>>affiliato alla Pontiiicia Facohà Teologica cli Sicilia .S. Giovanni Evangelista*

Viale Re_eina Margherita, 29 - 93100 CaltanissetÉ.- Tei.-Ferx A%4 22378

Guttadauro 6, 2006, pp. 7 5-139

Romani e barbatr, cristiani e paganrnella concezione salvianea della storia(2^ parte: De gwbernatione Dei)

Salvatore Cosrluznx

1. Nella prima parte del presente studio le considerazioni e le riflessio-ni su Romanus e barbarus, Christianus e paganus di cui alle Epistulae e

all'Ad Ecclesiam di Salvianot mi hanno consentito di stilare un bilancio,parziale e provvisorio, sulla valenza dei vari significati e delle diverse sfu-mature di significato di ciascuna di tali nozioni nello storiografo di Mar-siglia. Ho potuto pertanto sottolineare che gli uni e le altre <<non possonoricondursi a quattro accezioni univoche> se non <<solo assai forzatamen-te>: perché <<sono frequenti t glissemenls di significato fra un termine e

I'altro>>, e parimenti perché <<risulta variegata per intensità di toni persino1'accezione stessa - positiva o negativa che sia - di ognuno dei quattro ter-mini>rz. Tale chiave di lettura consente a mio avviso una meno sommariae più puntuale comprensione tanto della concezione salvianea della storia,quanto delle valutazioni e dei giudizi espressi dal Nostro sugli accadimen-ti e sugli uomini sia della sua epoca che di quelle precedenti.

In questa sede, come già annunciato:, intendo proseguire latrattazionedel tema propostomi riferendo del De gubernatione Dei, cronologicamen-te l'ultima opera di Salviano - la principale e la più famosa del suo cor-pus, composta verosimilmente frall439 e tl451q -, fortemente caratteriz-

* Docente a contratto di Storia Romana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di

I Palermo (anno acc. 2005-2A06, sede di Agrigento).

, t S. CosreNza, Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

| ( lo portr t' Epistulae' e' Ad Ecclesiam'), <Guttadauro>>, 4, 2004,pp. 31-5 1.7 2 lbid..n.5o.

z tUa.,p.31 ,nota39.Benché in tale nota diversamente segnalato, il presente studio viene pub-blicato in questo numero di <Guttadauro> per opportune ragioni di pianificazione redazionale.

a Appaiono in tal senso convincenti gli argomenti di F. P. Rzzo, Il 'De gubernatione Deí' díSalviano nel quadro della problematica difine impero, <Quad. Catanesi di Cultura Class. e Medie-vale>,.5, 1992-1993 [997], pp.73ss., più che quelli di G. Lecannrcue, Salvien de Marseille. Oeu-

vres,2 (SCh220),Pans 1975,pp.11-15: Salviano si trovò, come sostiene 1o studioso dell'Ateneomaceratese e dell'Univ. Gregoriana, di fronte a due grandi eventi che portarono, rispettivamente, i

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zata <<da ampio e robusto respiro storico benché animata da vis polemicae controversistico>5, ove egli <<presenta uno spaccato storico-sociale del-I'impero agonizzante, sul quale si abbatte il giusto castigo di Dio a causadei vizi dei Romani, cristiani di nome ma non nel cuore e nel comporta-mento, e lontani da qualsiasi autocritica o resipiscenzo>0.

Prendo l'abbrivo dalla dichiarazione d'intenti esplicitata da Salvianonella praefatio dell'opera: in garbata ma ferma contrapposizione a nume-rosi scrittori profani - poeti e prosatori - egli nutre, diversamente da essi,esclusivo interesse per le res e non per i verba, persegue gh utilia e non iplausibilia, cerca i salubria rerLrm imolumenta^e norigliln ania saecttlo-rLtm ornamenta, offte remedia e non lenociniat .

E questa la filigrana da tenere in conto nell'accostarsi al De guberna-tione Dei,e particolarmente, a mio avviso, nell'indagare in tale opera i si-

Goti a diventare - dopo la battaglia di Tolosa del 439 - indiscussi arbitri nelle Gallie (cfr. prosp.,1335. 1338; Hydat., Chron.,1l2. 116-117; Sidon., Carm.,'7,295-3ll: per la relariva discussioneE. SrBrN, llisroire du Bas-Emplre, Amsrerdam 1944 ftrad. franc.l. pp. 323s. e note 3g-40), e i Van-dali a insediarsi * dopo la presa di Cartagine e della provincia proconsolare da parte di Gensericonel medesimo 439 - definitivamente in Africa (cfr. L. Scnvtor, Histoire des Vaidales,Paris 1953[trad. franc.], pp. 85ss.). Se dunque il 439 appare il terminus post quem del De gubernatione Dei,i\ suo terminus ante quem sembta essere il 451 , anno dell'invasione unnica delle Gallie (cfr. prosp.,1364; Hydat., Chron., 150; Sid. Ap.,Carm.,1,3t9-353;Epist.,7,12,3;8,15, 1;Greg. t.,nirt.Franc.,2,6s.; Iord., Get., 191.194-213:Vit.Anian.,1;Chron.Gatt.,663,6l5; Cassiod., Chron.,1253),di cui non v'è traccia in tale opera, così come non v'è la benché minima allusione di Sa1-viano alle condizioni esistenti nel periodo delta medesima invasione. Cfr. anche Ph. Betor, D. DeDec<Bn, Salvien de Marseille: note critique, <Augustinianum>, 38, 1999,p.252.

s Cosrnnza,Àomani e barbari, cristiani e paganí,cit.,p.37.6V.MBssaNa, SalvianodiMarsiglia,inlniroduzioneaiPadrideilaChiesa.secolilVeV,ac.

di G. Bosro, E. oal Covor-o, M. ManrraNo, Torino 1995,p.307 .

7 Salv., Gub., praef.,3'. Nos autem, qui rerum magis quam verborum amatores utilia potiusquam plausibilía sectanur, neque id quaerimus ut in nobis inanía saeculorum ornamenta sed utsalubria rerum emolumenta Laudentlr, in scríptiunculis nostris non lenocinia esse volumus sed re-media, quae scílicet non tam otiosorum auribus placeant quam aegrotorum mentibus prosínt, ma-gnum ex utraque re caelestibus donis fructum reportaturí. Possono cogliersi orientamenti e gusticulturali contro i quali Salviano polemizza spigolando, ad esempio, qua e 1à nel corpus di Ausoniodi Burdigala, che si ha la netta impressione mosffi <un certo disgusto per una scuoia pagana chiu-sa o disattenta dinanzi alle profonde trasformazioni della società cistranizzatanel IV sécolo, (V.Messeua, Asp etti e momenti di formafione scolare (e religiosa) nel' corpus', di Ausonio, in Cresci,ta dell'uotno nella catechesi dei Padri (età postnicena). Atti del Convegno di studio e aggiorncL-mento (Roma, Pontif . Inst. Altíoris lrttínitatis / Facoltà di Letteye Cristiane e Classiche,20-2I mar.1987),a c. di S. Fpr-ro, Roma 1988, p.223). Sul processo di trasformazione della cultura, daglisviluppi multidirezionali, nel tardo impero romano e più in generale nella tarda antichità cfr., ira1'altto,In trasformazione della cuhura nella Tarda Antichità. Atti del Conv. (Catania, univ. degti5t.,27 sett.-2 ott. 1982),I-II, a c. diM.Mezza, C. Grurpnroa, Roma 19g5; Società romana e im_pero tardoantico,lY (Tradizione dei classici, trasforma4ioni della cuhura), a c. di A. GrenorNn,Roma - Bari 1986.

Romani e barbmi, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

gnificati di Romanus e barbarus, christianus e paganlzss: ciò che qui fa-rò, individuando dapprima tali termini e il loro òontesto attraverso la lertura del testo salvianeo, per valutare poi le specifiche valenze di essi se_condo le sopra annunciate finalità del presente studio.

2. Nei primi due libri del De gubernatione De j salviano prova la prae-sentia,la gubernatio e 1l iudicium di Dio anche nel momeìto storico incui egli vive con argomenti di ragione e con testimonianze della scrit-tura.

Nel rispondere ai christiani secondo i quali Dio non si cura di quan-to fanno gli uomini, né protegge i buoni, e neppure pone alcun freno aimalvagir, egli coglie in molti di essi qualcosa

-lella iicredulitas pagani-

cc, assente finanche.presso illustri sapienti paganilo - da pitago.a u ptu-tone, ai filosofi stoici, a cicerone, a virgiliorr -. E ai medesimi christia-ni, che per le loro calumniae chiama impiirz,egli chiede con non troppovelata ironia biblica e classica se con le loro òbiezioni esprimono ràm-marico per i sancti, cioè per i veri ac fideles christiani, o pàr ifatsi et im-postores Christiani.

Quanto a questi ultimi, la netta argomentazione salvianea è peculiar-mente incisiva: è superfluo deplorare che i mali non siano beati,giacchéil successo li rende deteriores, gioiosi come sono del buon esito della lo-ro nequitia.Perché la smettano di persistere nella loro malvagità, altro nonresta che cadere nella miseria più nera a individui siffatti, sòileciti nel ri-vendicare rl nomen religionis per lucrare i guadagni più disonesti, e nelmettere avanti un titulum sanctitatis per darsi agli affàri più sporchi. An_zi, sentenzia salviano col tono tranchant che gliè .onruéto, sà si compa-rano le loro nequitiae allaloro miseria, essi sono meno miseri di quanto

- 8 È appena il caso di segnalare che va qui tenuto parimenti presente quanto ho scritto nei pri-

mi due paragrafi del mio Ronani e barbari, cristíani e pagani,óit., spec. pp. 33ss.9 salv., Gub., 1 , | ,7: Incuriosus a quibuscram et quasi negregens hu*àioru* acîuum Deus di-

citur utpote nec bonos custodiens nec coercens malos, et íd.eo ín hoc saeculo bonos plerumque mi-seros,malos beatos esse.f ...1.

10 salv., Gub., 1,1, l: t...1 sufficere qtidem act refeilenda haec, quía cum Christianis agimus,solus deberet sermo dívinus; sed quia mubi [sctl. Christiani] increduiitatis paganicae aliquid in sehabent, eti,am paganorumforsitan electorum atque sapientium testimoniíi dllectentur. probamusigitur.ne illos quídem de incuriositate ac neglegentia ista sensisse f..,1.ìì Salv., Gub., l,1,2-5.

12 Salv.' Gub., 1,2,6:1...) sermones sacri íta abunde et evidenter cuncîis impíorum proposi-tionibus contradicunt, ut, dum sequentíbus eorum calumníis satisfacimus, etiam ea quae supra dic-Ia sunr plenius refutare possimus.

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meritino, giacché non sono tanto miserl quanto di fatto Sono nali '. I :'

vanno in ógni caso compianti se non sono divites ac beatita '

Quanto lnuece ai sancti,tutt'altro che da compiangere, l'asciutto :':

filo che ne traccia Salviano è di segno completamente opposto a q''.;

dei suddetti sedicenti Christiani. Essi sono in realtà beati, e ne hanrlt' -

scienza, quantunque agli ignoranti appaiano miseri pefché preda della :: .

lattia, delia poverta e Oi altri mali di tal genere: t religiosi (termine iì :-

delle volte equivalente in Salviano a quello di sancti,monachi, Dei cit-:

res o servits) , oltre ad essere infatti hmnile s , pauperes , sine ambitiotl{ ' '

honori,ptxe lugent e sono infinniro. condizioni che essi accettano non :'

vilus, bensì libenterrt .

Di tali sancti o religiosi Salviano individua un parallelo in eminenti 3--sonalità rappresentative della priscn virtLts fomana, quali i Fabii,r Fub''

cíi,r Cinciinati,viri che, paghi del loro stato dt pauperes e della loro p,;'

ca e agrestis vita,non volevano affatto essere divites'.la loro privata patr-

pertai aricchiva un tempo la potenza crescente dello Stato romano, quan-

13 Salv., Gub.,1,2,'7.. Primum igitur tù his tlui hoc ita esse vel dolent vel accusant, illud re-

quiro: de sanctis hoc, id est tie veris ac fidelibus Christianis, an de falsis et impostoribus doleanr '

3i d, Tolrtr, superJluus dolor, qui m'loi loleat non heaÍos esse, cum utique quícumque malí surtt

successu rerum deteriores fiant, gaudente.s sibi nequititte sfudíum bene cedere, et ideo vel ob hoc

ípsum miserrimi esse debiant ut mali esse desisîcutt. t indicantes ímprobissimis quaestibus nomen

ieligionis et praeferentes atl sordidissimas negotitniones titulum sanctitatis, quorum scilicèffrúíii':tiits'si

míSeriae ,i*porrrtur, minus sunt míseri quam merenîur, rluia íi Qufuuslibet miseriis consti-

îuti non sunî tam míseri quam sunt mali. Sull'abietta strumentalizzazione del nomen religionis e

del titulum sanctitatis,un male d'antica data e assai diiTuso ai tempi di Salviano, cfr. Cypt.,Ittps ',

6; Conc.811b.,can.,19; Sid. Ap.,Epist.'2,2,3-l5 Yd ityfra' nota 130'

la Salv., Gub.,1,2,8: Neqiaqiam ergo pro his clolentlum quod non sínt divítes ac beati' l'.'l'tsyd.infra,p.l2ienota2lg.Cfr.LecannrcuE,SaÀien deMarseille.Oeuvres'2,cit.,p.258'

nota 1.16 Salv., Gub., 1 ,2,8: Multo autem pro sanctis minus lscll. dolendunt). quia quamlibet videan-

tur ígnorantibus esse miseri, non possunt tamen esse aliud quant bettti. SuperJluunt aulem esî ut

eos fuispiam vel infirmitate ,el piupertate vel aliis istíusmodi rebus aesîintet esse nùseros ' quibus

se ilii cónpdunt esie felices.[...] nuttí enim, uf opinor, beatiores sunt quun L]ui €.\ setltentia sua aî-

qu" ,r rótu agunt. ilumiles sunt religiosi, hoc volunt; pauperes sunt. paupe_rie delectanlLtr: sine

àmbitione sunt, ambitum respuunt; iihonori sunt, honoremfuSiunt; Iugent,lugere gestiunt; infir-

mi sunt, ínfirmitate laetantui. Si pensi, in tal senso, ai diversi spaccati di vita monastrca di cui' fra

l,altro, al De institutis coenobioium et de octo vitiorum princípalíum remediis e alle Conkttiones

Patrumdi Giovanni Cassiano, che, com'è noto, fondò proprio a Marsiglia due monasteri Quanto

all'espressione salvianea nulli 1...) beatiores sunt quam qui ex sententia sua atque eY roto ugunt'

che sèmbra riecheggiare un adagio già consolidato nella paideia classica, cfr., ad esempio. Sen ,

Rem.fort.,16,1O (ielix est nonlui atíis videtur, sed qui sibi),e I'ormai classico studio del Rochus

sui provertÈè lè espressioni proverbiali in Salviano'l7 Salv.. Cub.. 1.2,9.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

do pauperes magistratus opulentam rem publicam habebanl, mentre nel-

la iua ètà - lamenta Salviano, come già Sallustio a proposito della con-

giura di Catilinara - dives potestas pauperem facit esse rem publicamrq.

Appare connotativo del parallelo fra i suddetti sancti e tah veteres Ro-

*onil"n"ontrovertibile dato che questi allora, tunc,disprezzavano le ric-chezze pur Senza conoscere Dio, proprio come nell'età di Salviano, Sicut

nunc,le disprezzano quanti si pongono alla sequela del Signorezo. Tale è,

per il Nostro, il comportamento dei Chrístiarzi autenticamente fedelt, qui

fidetiter credunt'. essi vedono con gli occhi della fede e con la sensibilità

del cuore che Dio è gubernator omnium. Chi ciò non pensa veramente,

deve ammettere - afferma con tono perentorio Salviano - di essere extra

omnes Christianoszt.Che la valutazione e il giudizio di Dio riguardino tuttavia non tanto le

persone - la cui dignitas humana,non esclusiva dei Christiani ma propria

ài tuttu I'umanità,è declarata dalla Scrittura - quanto piuttosto le ragioni

della giustizia, Salviano lo evince dalla sentenza di condanna da Dio pro-

nunciàta contro Davide, che era pur stato gratificato adsidue da sentenze

18 Sall., Cat., 52,22 (Nos habemus 1...1 pubtice egestatem, privatim opulentiam). Cfr. anche

Hor.,Carm..2. 15.13-14 (Privatus illís census erat brevis, / commune magnum\'19 Salv., Gub.,l,2,l0-11: lO. Nisiforte antiquis illis priscae virtutis viris, Fabiis, Fabriciis,

Cincinnatis, grave fuisse existimamus quod pauperes erant, qui divites esse nolebant, cum omnia

scilicet studia omnes conatus suos ad communia emolumenta conferrent et crescentes rei publicae

vires privata paupertate ditarent. Numquid parcam illam tunc agrestemque vitam cum gemitu eÎ

dolorà tolerabani, ru^ viles ac rusîicos cibos ante ípsos quibus coxerant focos sumerent' eosque

ipsos capere nisi ad vesperam non liceret? t...]. 11. Non despiciebant tunc, puto, pauperes cultus'

iu*rritn* hirtam ac brevem sumerent, cum ab aratro arcesserentur ad fasces et inlustrandi ha-

bitu consulari illis iortasse ipsis quas adsumpturi erant imperialibus togis madidum sudore pulve'

rem detergerent. Itaque tuni illi pauperes magístratus opulentam rem publicam habebant, nunc au-

tem dives poîestas pauperemfacit esse rem publicam. Et quae, rogo, insania est au| quae caecitas,

ut egestu;sa ac mindir:ante ie publica divitias posse credant stare privatas? l...l.l Fabii'i Fabri-

cii,l Cincinnati, di cui fa menrione i1 Nostro, sono emblematici exempla virtutis fradizionalmente

noii utt uu"rro compilazioni, liste, raccolte in genere sistematicamente rubricate, come quella di un

Valerio Massimo in epoca tiberiana che vasta eco avrebbe avuto nelle età successive e in quella di

Salviano (cfr. Val. Màx.,4, 3,9;4,8,1;2,9,4;4,3,6;4,4,7; inoltte, ad es', Aug', Civ', 5' 18) '

Con parca e agrestis vira Salviano sembra alludere a Curio Dentato (cfr. Val. Max.' 4, 3, 5; Flor.,

Epit., l, 13, 22; Cic., Cato M., 56; Col., R. r., l, praef .' 14).' 20Salv., Gub.,l,2,ll í...lThlesergotuncveteresRomanierantetsicillÌtunccontemnebanÍdivitias nescientes Deum, sicut nunc spernunt sequentes Dominum'

21 Salv., Gub.,2,2,7:l...lquemfl.e.Deum)utiquecumChristianifideetcordevideant,quifi-deliter credunt,Iicet gubernator omnium Deus sít, illis tamen peculiaríter regimen praestari a Deo

dicitur, qui regi peculiariter a divinitate mereantur. Unde et tu, quicumque ille er, si Christianus es,

,rrrrr,r'rrt ul ie ,egi a deo credas; si autem gubertnri te a Deo cum ceteris Christianis omnino

non putas, necesse est extra omnes Christíanos te esse cognoscas'

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80 S. Costanza

favorevolizz. Questi infatti, avendo colpito di spada Uria I'Ittita,wbarba'rus appartenente a vîa gens impia e a una natio inimica23, a causa del suo

gesto indusse alla blasfemia i nemici del Signorez+.

3. A partire daI terzo libro e fino all'ultimo, l'ottavo, del De guberna-

tione Dei, Salviano sulla base dei divina voluminazs risponde <<non senza

originalità a inquietanti interrogativi di scottante attualitilz6 e dai sorpren-

denti riscontri anche oggi, in questo momento storico-culturale degli ini-zi del III millenniozz: <Perché - lamentano i sedicenti cristiani contempo-ranei dello storico di Marsiglia - se tutto in questo mondo è condotto dal-la cura, dal governo e dal giudizio di Dio,la condizione dei barbari è me-

lior multo quam nosta? Perché, anche fra di noi, la sorte dei boni è ptùdura di quella dei mali? Perché i probi vivono fra gli stenti e gh improbinella prosperità? Perché quanti sono soÍìmamente iniqui hanno potere su

tuttozs? Perché noi cristiani, che crediamo in Dio, siamo miseriores omni-buszs?>>.In tali interrogativi - come è stato osservato:o - Salviano vede sot-

teso un effoneo concetto di Dio proprio di chi, professandosi cristiano pur

senza pervenire a una totale trasformazione della propria vita3r, osa met-

22 Salv., Gub.,2,2,8;2,4,15: 8. Sed si illudl...l magis quaeris, quod ad omnes homines, non

quod ad solos pertinet Christianos, ecce evidenter dicit volumen sacrum cuncta cotidie nutu divi-nitatis regi et incessabiliter a Deo omnia gubernari.[...] Ecce habes iugiter dísponentem Deum, iu-giter gubernantem, quamvis ín isto Scripturae loco non gubernatio tanÍum sacra sed etiam digni-

tas declaretur humana t...1. 15. l..l Sed tamen, ut evidenter agnoscas, censuram suam et examen

sacrum non tam personís praestare quam causis, audi quomodo iudex Deus, qui pro David servo

suo sententiam adsidue evidentem dedit, contra David ipsum saepius iudicarit [...].23 Salv., Gub.,2,4,16: Interfecto uria Chettaeo, hominí gentis impiae et nationís inimicae,

statímfit ad David sermo divinus 1...1.24 Salv., Gub.,2,4, 16ss. Cfr.2Sam l2,9ss.25 Salv., Gub.,3, l, 1.26 MesseNe, Salviano di Marsiglia, cit., p. 307.27 Cfr.Io., [Jno sguardo retrospettivo ai secoli di Roma imperíale. A margine del díbattito sul-

le radici cistiane dell'Europa (per la storia della mentalità), <Guttadauro>>,4,2004, pp. 7-30 (su

Salviano pp.28s.).28 Salv., Gub.,3, 1,2'. Quaeritur itaque, cum haec ita sint, si totum quod in hoc mundo est cu-

ra et gubernaculo et iudicio Dei agitur, cur melior multo sit barbarorum condicio quam nostra;

cur, inter nos quoque ipsos, sors bonorum durior quam malorum; cur probi iaceant, improbi con-

valescant; cur iniquis vel maxime poîestatibus universa succumbant? f'..].29 Salv., Gub.,3,2,6: Causaris ígitur quid sit istud quod Christiani, qui Deum credimus, mi-

seriore s omnibus sumus. f ...].30 Cfr. V. MessaNa, 'Christianorum morbí'e 'míseria temporis'in Salvinno,in IIOIKIAMA.

Studi in on. di M. R. Cataudella in occasione del 60" compleanno, a c. di S. BIaNcssrrI, E. Gal-vecNo,A. MacNEr-r-r, G. Manasco, G. Menrorre, I. Mesrnonose,Z,LaSpezra 2001' pp 866s.

31 App*" a tal riguardo sintomatica del clima culturale diffuso soprattutto nei milieux ascetici

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 8l

tere in dubbio che il creatore si interessi delle sue creature32. parimentiegli rileva con quanta presunzione i sedicenti cristiani giudichino dura gIiapostolorum praeceptas:, e denuncia I'infedeltà del coétus Christianorimche, tranne pochissimi qui malafugiunt,altro non è se non tna sentina vi-tiorumza.

- -Nel libro III Salviano, con la sua consueta abilità nell,uso deimezzire-torici, risolve subito I'apparente dilemma se parlare con i Christiani o coni pagani, ossia se indinzzarsi ai suoi interlocutori appellandoli Christiani(nessuno dei quali vuole non passare per tale) o pagant: nell'un caso -quasi una sorta di apertura di credito nèi confronti dè"i sedic entr Christia-ni per quanto minima - non dubita di poter provare la sua tesi, mentre nel-I'altro sa già che il tentativo sarebbJinfruttuoso e vano non perché eglimanca di prove, ma perché ha consapevolezza che il pravus àuditor, íp-punto perché tale, rifiuta qualsiasi prova35. I tu cui frèquentemente si ii_volge Salviano è pertanto il sedicente Christianus del suo tempo, la cuiimpia ac paganica infidelitas3ó riflette un comune sentire e una diffusamentalità nella società romana tardoimperiale. Sicché 1l De gubernationeDei può ben dirsi, conseguentemente, uno scritto adversus- christianos,

al tempo del Nostro <la definizione che di reÀeíc àÀÀoícoor5 dà nel prologo della sua centuriagnostica Diadoco, vescovo di Fotica (fatto forse prigioniero durante un'in.u.iion" di Genserico in

lltl"j.-o^:i1,:a-Cartagine [...]) e conremporun"ò di Salviano: Èv rp,rgn érlo 1"p"u 4yeioOcrTo oruyuou roú oqvúTou> (Mtssaua, ,Christianorum morbi,,cit., p. SOO, nota l2).32 Cfr' C. LroNanor, A//e origini della cristianità medíevale. Gíovanni Cassiano e saLviano diMar si glia, <St. Medievali >>, 18, l97j,pp. 575s.

33 salv., Gub.,3,4,16:.sed-dura-fàrsitan quidam putant apostororum esse praecepta. Duraplane. existimanda sunt si plus ab aliis fficiorum exigunt quam sibi sumunî. porro autem, si mul-to minus ceîeris imperarunt quam sibi, non modo non graves magistri sed parentes indulgentissi-mi^íudicandi sunt, qui onera, quae cervicibus filiorum per amoris indulgentiam detrahunti sibi peraffecr um re I i gio n i s i mponun r . 1...).

3a salv., Gub.,3,é,u,7...j prorÍer paucissimos quosdam qui marafugiunt, quitr est ariud pae-ne omnis coetus Christianorum quam sentina vitíorum? [...]. Si t"ng*oi tal pioposrto presenti iSraves atque moltiplices morbl di cui a Sa|v., Epist.,9,9-11: vd. CosiaNze, Rorn ani e baibari, cri-stiani_e paganí, cit., pp. 4Os. e nota 60.

" !du., Gub.,3,1,5: [-..]unum quamuis prius quam roqui ord.iar scire cupiam: cum christia-nis mihi loquendum an cum paganis sit. sí enim cim Chriitianir, probaturuín me quod ago essenon dubito; si_autem cum paganis, probare contemnam, non quia piobatione deficiar, sed quía pro-futurum quod loquor esse despero; inlructuosus quippe est et inanis labor, ubi non recipit proba-tionem pravus auditor. Sed tamen quia esse nullum òmnino arbitror Christiani nominis hominemqui non se christianum víderi velit, ego cum Christíano agam. euamvís enim quis impiae ac pa_ganìcae infideliratis sit, mihi tamen satis est Christiano prAbarif,uod dico. Si cógte né1 pu.ro, frul'altro, un grano di saggezza antica che sembra risuonarè nel'odierna locuzione iroverbiale .Nonc'è peggior sordo di chi non vuol sentire>.

3ó Salv., Gub.,3,1,5 (vd. nota precedente).

82 S. Costanza

non - come pufe è stato affermato - adversus paganos Secondo la conso-

lidata accezione di tale espressione nella storiografla romana37.

In tale opera, non diversamente che nelle Epistulae e nell'Ad Ecclesiam

- come ho già evidenziato nella prima parte del presente studio -, i tratti

identificativi dell'autentico Christianus si colgono in ordine sparso qua e

là, ma proprio per ciò mi pare costituiscano un architrave, per così dire,

delf iniera sua struttura: fornendo la definizione di credulitas vel fides edistinguendo il fedele dalf infedele:a, Salviano sostiene - al seguito di lJo2,6 - che il vero Christianus deve ambulare come ambulavit il Cristo:q,

e assumere un comportamento esattamente opposto a quello del sedicen-

te Christianws del suo tempo, il quale presume di essere giusto e innocen-

te quando invece è omicida, collericoao e litigioso al punto che senza nul-

la óedere all'avversario fa di tutto per spogliaflo e rapinarlo di ogni suo

avefe4r: siffatta condotta di vita altro non sembra a Salviano, sulla linea di

2Cor 11,21-25,che un continuo naufragare+2.

Eppure, osserva il Nostro guardando globalmente alla situazione socio-

37 Cfr. Cosranzt,Romani e barbari, crístiani e pagani'cit., p.33, nota 12'38 salv., Gub.,3,2,7-9:'7.t"..1 Quid est igitur credulitas velfi.des? opinor,fideliter hominem

Christo credere, icl est .fidelem Deo esse , hoc est fideliter Dei mandata servare . [...] Christianí ho-

mines infitleles sunt, si bona sibi a Deo adsignata corruperinr. S. Quaeritur forsitan quae sint bo-

na quae-Deus Christianis hominibus adsignet? Quae, nisi omnia per quae credimus, id esr per quae

o*iio Chríttìoni sumus? Primum scílícet legem, deínde prophetas, tertío evangelium, quarto apo-

stolicas lectiones, postremum generationis nuvae muntts' sancti baptismatis gratiam' divini chri'

smaîis unctionem i...1.9 . Cum ergo ista sinî omnia per t\uae Jides constat, videamus quis tanta ha-

ec fidei sacramenta custodiat, ut fidelis esse videatur, quia infidelis, ut diximus, sit necesse est qur

Jidei commissa non servat.1...1." 39 Salv., Gub.,3,3, 14: [...] Et qui se Christianum dicit,'debet, qttemadmodum Christus am'

bulavít, sic et ipse ambulare'.4 Sqlv., Ci\.,2,2,12-13:72. Hoc ením ad crimina nostra addimus ut, cum in omnibus rei si'

mus, etiitam bonos nos et sanct()s esse crecÌamus; ac sic in nobis cumulentur iniquitatis offensae,

etiam praesumptione íustitiae . 1...] Intettegere ergo possumus multos esse homicidas, quí se ínno-

xios pitant, quìa, ut vicJemus, homicitlium mtn sola tantummodo occidentis manu sed etiam odíen-

tis animo peìpetratur. 1...1 lra mater est odii. t...]. 13. Sí ergo non solum odium 'sed etiam ira nos

ín Dei iudicio reos facíet, eyidenter agnoscimus quod sicut nullus omnino est ímmunis ab iracun'

dia, sic nullus omnino immuni.s esse polerit o reatu.1...].41 Salv., Gub.,3,6,22-23: 22.1...1 lubet Christus ne litigemus. Quis iubenti obtemperat? Nec

solum íubet sed in tantum hoc iubet ut ea ipsa nos, de quibus lis esî, relinquere iubeat, dummodo

litibus exuamur. [...].23. Interrogo qui sint qui spoliantibus adversariis cedant, immo qui sint qui

adversarios ,uo, nòn spoliare conentur? 1...]. Tam devote enirn mandatis dominicis oboedimus ut

non sufficiat nobis quod adversariis nostris etiam minima vesfimentorum nostrorum parte non ce-

dimus, nisi eis, quantum in nobis est, si res sinaf, cuncla rapiamus'42 Salv., Cub.,2,4,19: [...) in tantum quippe vitiose ab omnibus vivitur, ut prope nullus Chri-

sîianorum sit qui non iugiter nauft'agare videatur.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 83

politica del suo tempo, a reggere lo Stato non vi sono più pagani princi-pes ,né tyranni persecutores'. chiusasi l'epoca delle persécuzioni e dèl mar-tirio cruento, regna ormai la pace grazie ai principes Christiani+2. Ciono-nostante i cristiani di fine impero non soltanto non sono paragonabili aicristiani che pur hanno sopportato sofferenze e supplizi++, *a pér la mag-giorparte non osservano neppure in misura minima fcomandamenti+s, con-ducendo una vita tutt'altro che pura, quale invece dovrebbe essere, ptffaappunto, come la pupilla oculi+a.

In questo ampio quadro storico, disegnato da Salviano con rapidi ed es-senziali tlaits de plume, egli lascia intravedere elementi di paradossalecontraddizione, oggi peraltro prepotentemente alla ribalta nel dibattito sto-riografico sui secoli del tardo impero romano: lo storico di Marsiglia con-stata che la rapida diffusione del cristianesimo favorita dalla pax costan-tiniana ha tuttavia avuto fra le sue ricadute negative, nei cosiàdefti chri-stiana tempora (secondo la famosa espressione coniata daAgostino), l,as-sottigliarsi dello spessore di autenticità della vita cristianaindividuale ecollettiva, tanto nel mondo politico ed economico, quanto negli ambientidella società civile e della gerarchia ecclesiastica+2.

a3 salv., Gub.,3, 5 ,20-21: 20. [...] Non enim sunt pagani principes, non tyrannr persect,ttores,non sanguis sanctorum funditur nec fides supplícíís comprobatur. Contentus est Deus noster uî eipax nostra serviat, ut sola ei immaculatorum actuum puritate et vitae incontaminabilis sanctítateplaceamus.2l . Quo plus ei fides et devotio nostra ctebòt, quia minora a nobis exigit et maiora con-cessit. Et ideo cum et principes Christiani sint et persecutio nulla sit et relígio nàn inquietetur, quíttd probandamJidem experímentis durioribus non compellimur, inferioribui saltim fficiis Domínoplus placere debemus. [...]. Sul tema della pace in Satvian o vd. iifra,note 150, tocj, rc2.a Sa1v., Gub',3,6,22: Omittamus ergo illa quae beatissimus Paulus pertulit, tmmo auae in li-bris postea de religione conscripris omnes admoàum Christianos tegimui pertu!íru. qri oà ràoi,stis regiae ianuam gradibus poenarum suarum ascendentes scalas slbi quidam*odo i" eculeis ca-tastisque fecerunt. Videamus si in Ìtlis saltim religiosae devotionis ohiequiis. quae minora atquecommunia in summn quiete et omni tempore omnes Chrístianí obire possumus, praeceptis domini-cis respondere temptamus. f...f .

a5 Salv., Gub.,3,6,26;3,8,30:26.t...1 euirrergo horumfscir.praeceptorumlJacimus chri-stiani, quod christus an quod apostolus iubet? puto omnino qttod ieutrum! i...1. 3Ò. sed adquie-scamus tamen his qui ex praeceptis dominicis idcirco forsitan nos nolunt maiora dicere. ouio ,,putant minora complere , f...1 adquiesco tamen ego minora dicere, ut ostenclam maximam Ciristia-norum omnium partem nec exigua salfim ac minima fecisse.

46 Salv', Gub.,3 ,8,38: Perfectae siquidem ac sinceri,ssimae sanctítatis volens cultores suos fa-cere Salvator íussit ab his cautissíme etiam minima vitari, scilicet ut quam pura est pupilta oiulitam pura esset vita hominis Christiani 1...1.

a? È un dato storicamente ac.quisitoch. o.on la pa-r costantiniana e le disposizioni imperiali afavore della libertà di culto la_ religione cristiana poté diffondersi ben più rapidàmente di prima nel-le regioni dell'impero. [...] Ma si tratta di una verità non senza limiti è ombre, che fanno ancor piùvariegato il quadro dei valori cristiani in età romana tardoimperiale, a motivo di parecchie ricadu-

S. Costanza84

Egli rileva infatti che è assai facile ffovare Christiani autori di grandi cri-

minú nei settori più svariati della società tardoimperiale: la vita dei negotian-

/es ò in generefraus atque periurium+v - e in particolare quella dei commer-

cianti siri, presenti in numerose città, è meditatio ùili et trinra mend'aciisl -;

te negative, anche, pesanti, di quella rapida diffusione. Di fatto nel corso del IV secolo, segnato ap-

puntJ dullu "oridcleita

"svolta óostantiniana ', moltissimi Romani, appartenenti anche alle classi so-

èiuti "d

economiche più elevate, si convertirono dal paganesimo (concepito orrnal sempre meno

politeisticamente a partire soprattutto dagli intellettuali formati al neoplatonismo) al cristianesimo.

Ma convertirsi alla nuova fede, così come ereditarla di solito dalla tradizione familiare, non sem-

pre significò abbracciarla con piena convinzione e ferma adesione. Il cristianesimo guadagnava cer-

iu."trt" in diffusione, rna di cóntro rischiava di assottigliarsi lo spessore di autenticità della vita cri-

stiana individuale e collettiva. È noto, ad esempio, che non erano pochissimi i pagani che si con-

vertivano al cristianesimo per ragioni di convenienza o di opportunità politica, dal momento che'

specie per far carriera in uno Stato ai cui vertici del potere vi erano pure cristiani di indiscussa au-

tórità, iornava indubbiamente comodo dichiararsi di fede cristiana. Anche questo era, fra gli altri,

un aspetto sintomatico del fatto che qualche radice del cristianesimo della prima ora era diventata

anemica nei Christiana tempora (non ci si disorienti di fronte a questa pur famosa espressione co-

niata da Agostino!), in certi ambienti sia della società civile dove tomavano a prat'icarsi o rinverdi-

uuno .ort "1nun

ze pagane [...], sia della gerarchia ecclesiastica dove l'aver mutato gli abiti dello sta-

to laicale per queúi àello stato sacerdotale non sempre si accompagnava a un pari mutamento del-

la mentaliià.> (V. MnssaNe, (lno sguardo retrospettivo aí secoli di Roma imperiale. A margine del

ctibattito sulle radici cristiane dell'Europa (per Ia storia della mentalítòJ, <Guttadauro'>,4,2004'

pp.27s.,con la documentazione e gli sludi ivi indicati). cfr., ad es., Eus., Híst. eccl.,8, 1,7; Ioh.'Cityr., Hom.in Mt.,85,4;Hrer,lpist',125,16; Sulp. Sev., Vit' Mart',20 Chron',2,34,4;2'50'2s.i Dial., 1, 2, 4; 7, 8, 4s.; Sid. Ap., Epist., 2, 2, 3-15.

' 48 Salv., G,ub.,3,9, 45: [...] Facilius invenias reos malorum omnium quam non omnium: faci-

lius maiorum criminum quam minorum; id esÎ: facilius qui et maiora crimina cum minoríbus quam

qui minora îantum sine maioribus perpetrarínt.- a9salv., Gub.,3,10,50:[...] QuidautemaliudestcunctorumnegotíantiumvitaquamJrausat'que periurium? [...]. Sullefaades e i connessi illeciti nella società tardoantica, oltre a R. Sonect,iCoisuetudo

frawlium' e 'rigor iuris' : repressione a 'corrente alternata' e a direz.íone variabile, <<

euad. Catanési di Cultura Clu$. "

Medievale> 4-5,1992-1993 t19971, pp. 403-495, cfr'' da ulti-

Ào, S. CosreNz1, Aspettí e problemí dellaJiscatità nel tardo impero romano. Normativa imperia'

le,jonti pagane efonîi cristiane a confronto,San Cataldo-Caltanissetta 2005,passlm (ivi documen-

tazione e bibliografia precedente).s0 Salv., CIU., +, i+, OS, t...1 Nam ut de alio hominum genere non dicam, consideremus solas

negotiotorum et Syricorum omnium îurbas qtrae maioremferme civíl:atum universarum partem oc-

ctipaverunt, si aliud est vita ístorum omnium quam meditatio doli et ffitura mendacii, aut si non

pirire admodum verba aestímanf quae nil loquentibus prosunt. f ...1. Sulla severità di giudizio nei

confronti dei commercianti cfr. fra gli altri, Iuln. Imp.,Or.,l,l01, Op. imp. ín Matth.,hom.,38 (Ho-

mo mercator vix aut nunquam potest Deo placere . Et ideo nullus Christianus debet esse mercator:

qui emit et vendir, sine mindaíio et periurio esse non potest; necesse est enim ut negotiatoribus hic

íuret, quía non tantum valet res, quantum comparat eam, et ille iuret' quia plus valet res, quam ven-

dir). Sulla tematica cfr. L. Dr, Sarvo, Dls îribuzione geografica dei beni economici' provvidenzrt dí-

vina e commercio nel pensiero dei Padri, in 'Hestíasis' . Studi di tardn antichitò offerti a S. Calde'

rone,2,Messina 1986 [1988], pp. 103-118; F,eo.,Il gíudizio sulkt'mercatura'nel mondo romono'

<Annali della Fac. di Lettere "

Fil. uniu. di Maceratao 20,1987 ,pp.9-32;El'o., Economia priva-

ta e pubblici servizi nell'impero rototno.I 'corpora naviculariorum', Messina 1992 (ampia bibl.).

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

quella dei curiales è iniquitasst e tyrannissz; quella degli fficiales è ca-lumnias3: quella dei militantes è rapinast. Di qui la domanda di Salviano,con implicita ed eloquente risposta: quid est in quo nobis de christianonomine blandiamur?ss

chi dunque non compie l'opus che pertiene al nome di christianus -ossia christo fideliter credere e christi mandata selvare - non può secon-do il Nostro definirsi cristiano, giacché per lui un nome non sostanziatodalle azioni e dagli obblighi che esso comporta nihil es9a! Anzi,quanti intal senso si fregiano del nome di christianus,per salviano sanctumvoca-bulum, sono a suo avviso, e sulla scorta di Pr lI,22,come porci che siagghindano con una parure d'oro57. È pertanto falso pensare che il merochiamarsi christiani giovi quando si commettono misfatti: neppure la fe-de, peraltro - egli ribadisce nell'alveo della consolidata paideia biblica epatristica -, è di alcun giovamento seîzale buone opere5r, le quali, appun-to, sono le testimoni della fede cristianass.

Più in generale cfr. V. MrssaN d, Cultura del lavoro dalla tradizione pagana alla novità cristiana,in Cultura e lingue classiche,3. Atti del 3" Convegno di aggiornamento e di didattica (Palermo,29 on.-l nov. 1989), a c. di B. Auara, Roma 1993, pp.9Il-964.

51 Salv., Gub.,3,10,50: [...] quid aliud curiatiim [scil. vitaf quam iniquitas? 1...].52 salv., Gub., 5 , 4, 18 Quae enim sunt non modo urbes sel etiam minicipia atque víci, ubi

non quot curiales fuerint, tot tyranni suntT [...]. Cfr. CosraNza, Aspetti e problenù dellafscalitànel tardo impero romano, cit., pp. 74ss.

53salv.,Gub.,3,10,50: [...] quictaliutlfficíaliumlscil.vitalquamealumnia?[...].perilsi-gnificatochehaquiiltermine calumniasitengapresente I'lnterpretatiodic.Th.,g,39,3 del 39g(['..] Calumniatores sunt, qui sub nomine fisci facultates ímpetunt alienas et innocentes quietos es-se non permiîtunt 1...]).

54 Salv., Gub.,3,10,50: [...] quid aliud omnium militantium [scil. r,ira] quam rapina? 1...1.5s Salv., Gub., 3, ll, 60.56 Salv., Gub.,4,1, 1: [...] Nam cum, ut diximus, hoc sit hominis christianífides,fideliter chri-

stum credere, et hoc sit Christum fideliter credere, Christî fiandata sen,are , fit absque dubio ut necJìdem habeat qui infidelis est, nec Christum credat qui Chrístí manùtta conculcat; ac per hoc to-tum in id revolvitur, ut qui Christiani nominis opus non agit, Chrístianus non esse videàtur; nomenenim sine actlt atque fficio suo nihil est. t...]. Vd. supra,nofa38.

57 salv., Gub., 4, 1 ,2: [...] quid est aliucl sancturn vocabulum sine merito ni'l ornamentum inluto? [...] Et in nobis itaque Christianum vocabulum quasi aureum decus est: qu6 si indigne uti-mu4 Jit ut sues cum ornamento esse videamur,

s8 Salv., Gub.,4,l, 6: [...] quae raîio est ut ipsi nos falsa opinione fallamus, existimlnîes sci-licet, quia Christiani esse dicamur, quod opitulari nobis inter mala quae agimus nomen bonum pos-sit, cum Spiritus sanctus nec fidem quidem dicat hominibus Christianis sine operibus bonis oosseprodesse. | ...1.

se Sdv., Gub.,4,2,7: 1...1 Quo utique hoc [i.e. Jac 2, 1g] indícat, actus bonos Christianae Ji-deí quasi testes esse, quia Christianus nisi opera bonafecerit,fidem suam penitus adprobare nonpossit, ac per hoc quodprobare nonvaleat quia sit, sic omnino habendum esse quasi non sit.l...l.

85

86 S. Costanza

4. Ciò 1o storico di Marsiglia riscontra, specie a partire dai primi capi-toli del IV libro deI De gubernatione Dei, attraverso il continuo scanda-

glio dei comportamenti della società romano-cristiana, da quelli dei cetisuperiori a quelli delle classi inferiori. La vita dei nobili, che tali sono det-

ti soltanto se ricchioo, è soprattutto homicidium e struprumot. A fronte deimisfatti della stragrande maggioranza dei domini, quelli dei seni sono as-

sai meno gravi e numerosi62. Se questi rubano, èl'egestas in cui versano

che li porta a tanto, e comunque, sottolinea Salviano,l'inopia li rende me-

no colpevoli giacché la Scrittura - segnatamente Pr 6, 30 - sembra quasi

scusare chi ruba per fameo:. Se mentono, è la tortura che essi cercano intal modo di evitare, e non c'è da meravigliarsi - soggiunge il Nostro - se

uno schiavo tefrorrzzato preferisca mentire piuttosto che essere flagella-to6a. Se sono gulae et ventris avidi, è la fame che li porta a tanto, e quan-

d'anche non hanno fame di pane (preziosa tale notazione salvianea circail fatto che non tutti gli schiavi di quel tempo pativano la fame), va loroperdonata f ingordigia di cibi ad essi continuamente vietatios, comunque

rara in loro e causata dall'indigentia,mentre nei ricchi, che non sentono

neÍrmeno il dovere dr rrngraziare Dio per i benefici di cui godono slne

cessatione,l'ingordigia è quotidiana e derivante dalla copiaaa'- si conside-

ri in ogni caso - puntualizza Salviano - che il ventre del dives, gonfio per

60 Salv., Gub.,3,10,53: [...] Sed aut idem sunt nobiles qui et divites, auî si sunt divites prae-

ter nobiles, et ípsi tamen iam quasi nobiles, quia tanta est miseria huius temporis ut nullus habea'

tur magis nobilis quam quí est plurímum dives.1...1.61 Salv., Gub.,3,10, 55: [...] Quis est vel díves omnino vel nobilis aut innocentiam servans aut

a cunctis sceleribus manus abstinens? [...] l\deamus si vel a duobus illis quasi capitalibus malis

ullus ímmunis est, id est vel ab homicidio vel a stupro.1..'l'62 salv., Gub.,4,3, 13: [...] Verum est esse haec vítia servoru.m: sed plura tamen sunt ac ma-

iora dominorum! Quamvis non omnium: excípiendi enim quidam sunt sed paucissimi. [...].63Salv.,Gub.,4,3, 14: [...] servi,sifuressunt,arlfurandumforsitanegestatecoguntur [...].Ac

per hoc culpam ipsam inopia mínus culpabilemfacit, quia excusabílis furti reus est, qui adfurti co-

gividetur invitus! Nam et Scriptura ecclesiastica quasi subexcusare quodammodo miserorum om-

níum noxa videtur 1...1.@ Salv., Gub., 4,3 , 16 Mendaces quoque esse dícunîur. Ad mendacium nihílominus atrocita-

te praesentis supplicii coartantur, siquídem, dum tormentis se volunt eximere, mentiuntur. Quid au'tem mirum est sí positus in metu servus mentiri vuh quam flagellari? [...].

65 salv., Gub.,4,3, 16: [...] Accusantur etiam guLae et ventris avidi. Nec hoc novum esî: ma-

gis desiderat saturitatem qui famem saepe tolerarit. Sed esto, non perferat famem panis, Jamemcerte petfert deliciarum, et ideo ignoscendum est si avidius expetit quod ei iugiter deest. [...].

66Saiv.,Gub.,4,3, 17-18: 17.[...]Tuveronobilis,tuverodíves,quiomnibusbonisffiuis,quihoc ipso Deum sanctis operibus honorare plus debes quod beneJiciis illius sine cessatione perJrue-

rís, videamus si actus non díco sanctos sed vel innoxíos habes. t...] 18. t...1 Incontinenîiam quoque

ventris in servo arguis. In íllo rara est per indigentiam, in te cotídiana per copiam.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 87

la continua indigestione, non è affatto simile a quello del servusche si con-cede di tanto in tanto qualche intemperanza'T.Se si danno alla fuga, sonola miseria e i supplicia che li spingono ad essa - <appaiono in tàl sensosintomatiche le vicende che portano e si accompagnatro alle sollevazionibagaudicherroa -,la ricerca di uno scampo alle lótté intestine fra di essi, iltimore della crudeltà, di conservi e dei provvedimenti di actores, silentia-rii e procuratoresle.

Analoghe attenuanti Salviano non riconosce affatto ai Christiani nobi-les e divites che, ad eccezione di pauci, si macchiano di ogni sorta di cri-minizo. E li commettono a tutto danno delle categorie sociali più deboli eindifese: la loro rapacità è così pervasiva da ridune in povertà chiunqueentri in contatto con essi, e peftanto il loro potere politicò è considerato ilpeggior ladro dai pauperculi, giacché la dignità di alti funzionari è pro-scriptio civitatum,la prefettura ricoperta da talune personalità, che lo sto-rico di Marsiglia non vuol neppure menzion are (qios taceo), è praeda, ele magistrature sono un acquisto di pochi apretzo delra cunctorum vasta-/io. Ne sono ben consapevoli le province della Spagna, dell'Africa e del-la Gallia: ut pauci inlustrentur, mundus evertituit.

67 salv., Gub.,4,3, 19: [...] In iilo quippe etiam infrequentemventris intemperantiampunis, ettu adsidua cruditate distenderis. [...]. Emblematico, riguardo ai banchetti dei ricchi, quanio si 1eg-ge in Ammiano Marcellino, che parla di convivia longa eî noxia (14,6, 14) e di mensarum vorrgt-nes (14,6,16).

ó8 MBssaNa, 'Christianorum morbi', cit.,p. gj4 e nota g2.69 salv., Gub.,4,3. 15: [...] adfugam r"*àr rormíseriae tantum, sed etiam suppticía comper-

lunt. Pavent quippe actores, pavenl sílentiarios, pavent procuratores, prope ut inter istos omnesnullorum minus serví sint quam dominorum suoru.m: ab ómnibus cae4untur, ab omnibus conterun-tur. [-..] Muhi sernorum ad domínos suos fugiunt, dum conservos tíment. (Jnde illorumfugam nontam ad eos debemus re.ferre qui fugiunt, quam ad eos qui fugere compellunt. Vm patiuntur infeli-cissimi: famulari optant et fugere coguntur. DiscerJere a servitio clominorum suorum omnrno no-lunt et conservorum suorum crudelitate non permittuntur ut servíant.Cfr. Lacanntcul, Salvien deMarseille. oeuvres,2,cit.,p.244,nota 1. Secondo R. KavmNx, Les esclaves dans les écrits deSalviende Marseille et les opinions de lalittérature ancienne,<Annales Univ. M. Curie-Sklodo-ska>, Sectio F 20ll ,1965, pp. 1- 19 (in polacco, con sottotitolo e riassunto in francese), Salviano sioppone alle opinioni tradizionali circa i comportamenti degli schiavi, e cerca <l'étiologie du maldans les conditions d'existence des esclaves ét notr pa. dans leur nature. Cette différenci se mani-feste aussi dans son affirmation de la supériorité morale des esclaves sur leurs propriétaires qui lesdépravent et qui sont la cause du mal au lieu de servir de modèle à suivre t ..1> (p. 19)

70 salv., Gub.,4,3, 17: [...] Et quis [..] clivitum, praeter paucos, non cunctís criminibus ínfec-tus es.t? Et quod paucos excipio, utinam plures atque omnes excipi liceret 1...1.7r salv., Gub.,4,4,20-21:20. sed quid ego tim minute et quasi allegorice de hoc loquor, cumfacinoribus apertissímis non furta tantum divitum sed latrociiía compiobentur? euotui quisqueenim iu-xta divitem non pauper aut actus aut statutus est? Siquídem pervasioníbus praepotentumaut sua homines imbecilli aut etiam se ipsos cum suis pariter amittuni y...1.21. euíd est enim aliutl

88S Cirstanza

I crimini della ricca e corotta, eppul sedicente cri:tiiitl.r. r:t 'l'i 1i lttr ro-

mana tardoimperiale, che nel sistema di malgovemo c di \ L'\'ir1ltìlli ple-

ga al proprio egoistico ed esclusivo tornaconto I'accesso allc- cariche pLrb-

Utictré, sóno da Salviano strgmatrzzati al pari dei crimini da e ::a Ù(rrÌrnlL's-

si nella sfera della vita privata. A tal proposito, anzi, g[ strali ralr iane i :o-

no spesso acuminati dai toni dell'aperto biasimo commisti a quelle clclla

pungente ironia: r tlivites non compiono un omicidio ma, in fin del conti'

àr"róitutto un diritto quando occidunt uno schiavor:!Abbandonarsi all'ùrl-

pudicitia,poi, che altro è se non un loro esclusivo privilegium? E nentre

godono di un privilegio cli tal fatta, molti cristiani abbienti violano la san-

lita O"t matrimonio: si congiun-qono cafnalmente con le serve in cubilitt

obscena come fossero loro spose. e intanto sviliscono casa e servitù de-

gradandole al livello di una prostitutal.Non par dubbio che Salviano ravvisi nell'abito morale di tali cristiani

unu "ontigrità

con la tradizionale mentalità diffusa fra i pagani, che era-

no soliti considerare l'adulterio una loro faccenda privata e il concubina-

to - persino fra personalità di assoluto spicco - ul.a sorta di altemativa o

un súccedaneo dèt matrimonioTa. Di qui il suo appello a quer nobili -rpau-císsimi di cui sopfaT5 - disgustati dalle dissolutezze dei loro simili che in-

fangano la santifà del matrimonio, a prendere posizione contrt) quattti con

il lòro sordido comportamento disonorano il nome stesso dellii nobiltà e

rlignitassublimiumquamproscriptiocivitatunt?Aut,quidaliudquorundant'(lu(t\tLt((tt PntclecÎtt-

ra'quam prae1a'l Nulta iíquídem maior pauperculorum est depopulatio qurlttt l)()t(\tos: od hoc

erim hon^o, a paucis emitu-r uî cunctorumvastatíorle solvaîur. Quo quid esse irttliqrtius' quid ini-

quius potest? i...] ut pauci inlustrentur, mundus evertitur: unius honor orhís ercidiunr est Denique

irirni hoc Hispaniae, quibus solum nomen relictum est, sciunt A;t'ricae, quue .fircrurtr' scitnt Gal-

liae devastan) t...1. cfr. Juln. Imp., Mis.,4ls.; Sid. Ap., Epist., 13. Cfr. Lrc,.rnnrr;tr,. Salvien de

Marseille. Oeu,-res,2, cit., p. 249,nota3.72Salv.. Gub.,4,5,23iHomicidiaL...lindivitibusadsiduaspeacJìduciainrytuttittrîis.Nisifor-

te iniqui sumus hoc quotl clivites faciunt acl peccota referendo, quia illi c'tott oct'idurtt servulos suos'

Lus putant esse non crtmen.'13

Salv.,Gub.,4,5,24-26..24.1...1eodemprivilegio etiam in e.rerc'endo impudicitiae caeno abu-

tuntur. 1...] eu6ttts enim quisque ist ctivitum 1...) cui non domus ac .fantilia sua scortum sit [..'] ?

1...).25.[...] acl tantam res impudentiam venit ut ancillas suas mu6i uxores putent.26.1...] Illud

*igi, toàtru* ac detestabile quod quidam, matrimonia honorata sortiti, alias síhi rursum servilis

status coniuges sumunî, arpi*antit sancti conubii honorem per degeneris contuberníi vilitatem'

non erubescentes maritos ie Jieri ancillarum suarum, praecipitantes fastigia nobilium matrimonio-

rum ín cubilia obscena seryarum [...]. Su questo tema, che sarà da Salviano trattato con magglore

arnpiezzapiù avanti, a proposito deivizi degli Aquitani (vd. infra, note l63ss.), cfr. Conc' Elib''

cain., 63-65; C. Th., 4,6, 3 (a. 336); Bas.' Epist., 1 88' 199' 217 ; ecc'74 Cfr. MEssaN t,(Jno sguardo retrospettivo ai secoli di Roma imperiale, cit., pp. 17 e22ss.

75 Yd. supra, nota 62.

Romani e barbari, cristiani e pagani neria concezione sarvianea deila storia 89

11,1.*p.: stesso costituiscono un peso molesto per tutto ir poputus chri-

snanus,6.Da tale gravissimo comportamento crimin oso - scelus maximum _ so_

no per salviano lontani i servi,migliori pertanto di certi nobiles: non c,èschiavo che si accompagni a tormé di concubine, né che s,insozzi dellamacchia di avere morte mogli, e neppure che consideri, alla maniera di ca-ni e porci, sue coniugi le donne roit-o*"rse alla sua libidinez.

Sarebbe qui fuorviante pensare che lo storico or Na-rigiia semplifichicon eccessiva disinvoltura o addirittura radicalizziil suo gludizio sui ser-vi e sui nobiles,quasi.che ritenga sempre e comunque gri uni da giustifi-care e gli altri da condannare. Né mi pàre che egli ciei iímito dello schia_vo buono: come denso di chiaroscuriè il ,uo girdiri o iuilìaroari _ tantoche, come ho già detto nelra prima parte del piesente studio, non v,è trac-cia alcuna negli scritti salviànei dél propugnatore ante tempus del mitoroussoiano del 'bon sauvage'78 -, altrèttaieé il ,uo giudizio sui servi.

Da acuto osservatore e fine indagatore dei fenomeni sociali e insiemedella mentalità del suo tempo, sdvúno non nega certo che i servipossa-no coltivare improbitates e nutrire malae cupicliíates. È, anzi, convinto cheanch'essi assumebbero i suddetti compofiamenti dei nobiles se fosse loroconsentito. Ma sta di fatto - egli ne è óerto - che tutto ciò si configura co_me mera ipotesi, dal momento che la sua personale esperienza diietta glif1

$ire che non può dirsi accaduro quel che accaduro ;;;;,à"", Jíeri nonvideo, quasi facta lnbere ,o, porrir . Ne consegue che unó schiavo nongyò e.s;er,g punito per uno scerus che non ha materialmente commesso.Ma, si badi, restano per ir Nostro completamente in piedi le improbae men-tes ele 1n/ae cupiditates. tutt'uno negli schiavi con it loro essere mali acdetestabiles. Ed è proprio qui che Saliiano ripropone un suo reit-motiv difondo - aitrove ravvisabile su cliverso registrà teìatico a proposito dellamaggiore colpevolezza dei sedicenti Roirani cristiani .lrj"tto ai barbari-: se salis certunx esr(secondo l'opinione corrente che egìi sembra volerqui marcatamente registrare) che r^servi sono individui màlvagi e detesta_bili, altrettanto certo è che gli ingenui ac nobiles ,ono *.o.ji, execrandi in

76 salv',Gub''4,6,27: [...] quicumque ex nobilíbus haec mala horrent irasci talibus debent, quotlJizcinoribus sordidissimis nobilitatis nomen infament: quia licet hi qui tales ,ur, o*nr* grayent po-pulum christianum, speciariîer tamen ittos sàrdibus ,iis pouuunt iuoru*pii, "r* dicuntur.

. 77 saìu" Gub.-4.6.28: 1...1 ab hot srelere ve! rnarimo propa omnis servorum numerus inrmu-nis est: numquid aliquis ex servis turbas cortcubinarum habit, iumquia riitn u*"uroru* labe pol_luitur et canum vel suum more.tantas,putat coniuges suas esse quantas potuerit libidini subíugare?78 cfr. cosraNze' Romani e barbari, crístitti,i e pagani,cit., pp. 34s. con reraÍve note.

90 S' Costanza

quanto, pur vivendo in statu honestiore'si componano peggio dei servi'

La logica conseguenzaJls"enOettt" da tale confrónto è non che i servi deb-

bano essere assolti dal reato di nequitia, ma che rispettc'r ad essi parecchi

ricchi cristiani sono assai più meritevoli di severa condannl."- .,-.^ ^ ,.^^^-

É;;iptospettato quadio di comrzione politica e anrnr ì n I stTill' :, :it

sieÀe di àegiado moiale dei nobili sedicenti cristiani che le rirìposlzlonl

fiscali,piùdelleinvasionibarbariche,appaiglo.allo'storieodiMarsigliaelemento catahzzator" o"ttu rovina dei ceti più deb.oli dc'll't 'ocietà roma-

na e della fine della R o*ono res publica, u iuo giudizio 't I trr, rÎlt(t ,el ex-

tremltm spiritum o*r-i,Ito,prio perché ,trorguloto dalla llr(ìr\.' Je i tributi

.om. du mani di briganìi*. un''eloquente riprova di.quattt,' ; -rrfftrttl co-

stumi siano diffusi;?;;;" i nobili ciistiani,è trascinino ctr' :ii nt'll'abie-

zione la stessa relig'io;;;ristiana. è che giustappunro lr]l 1,,':':r.:r' c/r't-

stianusè nullo t'noîoi Cnrisrl quando un nobilé petde l'/r,rt"r t'ltit!!if ivit

;;; ;;";abbracciato ta vlta monastica, quasi che la religi. lt, rc-.J;-r :pfe -

;;;;1" " gli causi disistimasr: ogni peccato commesso d' un ciir.;r,'rrirtt-\

è un torto latto a D1o.divinitatis iniiriatz. Altrettanto eloquctttt \\'ìnr \ I rìu(ì-

vi peccati arr" - "onrtuta suluiuno - nel suo tempo si aggiungt'ìtìtr ;'t tlllc'l-

li antichi di cui p"rl" il Scritturas: e, insieme ad essi, anche tllttìt'tittttt tt11-

ganica ac prodigiiio ^urverificatisi

nelle chiese di Dio: parol.' -a-rilc-

79Salv.' Gub.,4.6,29:Sec]responderividelícetadhaecpotestqruld.tiLt't.,rt \t/-' \ '-.;,./ t.]1-

ceat; nam proferto Ta'unl),-';-liceiet ' Credo ' sed quae fieri non video '

quasi 'lìt' iti jr"

'. " " "" \

sum.Quamtíbetenimin;;;t;;:;;;;;;rirt,à""*liui,*olonc'upidlate;sr,I.'i:r,.:r"" ('tLttt(\t

non admittit scelere ptutitur. Malos esse Seryos QC t]etestabiles satis cerÎutn.'JI. \t ( j ì:1,; :ttit]uc ttt

gerrui ac nobiles magis t-"ii:"lA ti in sratu honestiore p'::t:"t :':: 9^':".',!i'..": (''|i' ri/irlrr rtt'\'(tttt l

exitumreihuiusnecessesitnonutservisintareatunequitiaesuaeaÌtsoltt'rJi "'l trtplurifiitli-

vit e s mag i s s inl s e rv or um c o mp ar atio ne - damnandi'

80Salv., Guh.,1,6.30:liamilludlatrociniumacscelu.s.quttO:l::','..".'..':.",'ltitssit'cprod'cumRom,ana res publica vel iom mortua, vel certe extremum spirintm ug'ens ítt ('(l p(1rîe qua ad|luc vi-

yerevidetur,îributortmtvinculisquasipraedonummanibttsstrang'ulcttt,|n()ri(|tur|'.,].Yd.inJra't*iltt;".,

Gub.,4, j ,32-33: 32' Iam vero illucl quale' quam satlctttnl' 1tt:! ti qtti ex nobilibus

conuerti ad l)eunt coeperit, statim honorem nobit-iìatis amittit? Attt cpnrútts in Christiano populo

honor christi est, ubi,ríliiiíila)ii",*fooirz t...1..33. Itaque, ur cli.rinrus, si honoratior quispiam

religioni se adplicuerit, ílico honoratus esse desisîit. tlbi enim qltis mutaverit vesîem' mulat proîi'

nusdignitalemr...l'p,-e,,o,ní*,u,tetindiversumcunctamutata[...].Quest,ultimaespfessro-ne sembra ricalcata rr;;;;"r; simile di Sulpicio severo, vit. Mart.,20',che-stigmafizzal'opera-

to di tanti vescovi del suo tempo (del medesimo cf'' p're óh'o'''2'32'4;2'5O'2s';2'51'9|' DiaI''

t'ti.irt;rt.,t);.,0,t,35:[...] omnissiquidemChristianorumomniumculpadivínitatisiníuria

ESî.83 vd. salv., Gub.,4.8,36ss'

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 91

ghe e insulti blasfemi contro Dio, che viene detto, con cieca impudenza esacrilega temerarietà, incuriosus, non intendens, neglegens, n^on guber-nans, inmi s e r ic o r s, inp r a e s t ab i li s, inhumanLt s, as p e r, duru ss+ .

5. se fino alla metà circa del IV libro del De gubernatione Dei si pos-sono soprattutto riscontrare tratti dell'identikir del vero cristiano conirap-posti a quelli dei sedicenti cristiani del suo tempo, dalla seconda metà dèlmedesimo libro i tratti di questi ultimi sono da Salviano prevalentementeconfrontati con quelli dei popoli barbari. Gliene offre mòtivo il fatto chegli empi - ossia Romani sediceùti cristiani - domandano reiteratamenteperché Dio, se governa, permette che essi siano infirmiores et miserioresrispetto a tutte le altre gentes,che siano vinti dai bàrbari e addirittura sos-giogati al ius hostiumss.La risposta, a suo awiso, poggia ancora ,rnu uo'í-ta sull'evidenza de[la realtà: basti guardare alle tuipúuanes, u flagitia eagli scelera della Romana plebs per comprendere còme mai essa non me-ri-ti fa divina proteziole. Se Dio permettesse tali vizi,potrebbe supporsi,al dire dello storico di Marsiglia, che egli non veda gli scelera Ròmano-rum.Ma insieme all'incongruità di una simile suppoéizione salviano co-glie soprattutto il paradosso che proprio i Romani non riconoscono quelche meritano, essendo per lui incontrovertibile che la più grande u."úru-trice degli homines noxii è la loro arroganzache si spacciiabusivamenteper innocenza: usurpatrix innocentiae adrogantia. Di qui la sua puntua-riz.zazione che fra quanti sono colpevoli dei medesimi irimina,il più cri-minale è per l'appunto colui che si crede non criminale, ma innoòenteso.

84 Salv., Gub.,4, l1 ,53 lltud gravius et lugubrius quod peccatis veteribus noya addimus, necs.olum nova sed quaedam paganica ac prodigiosa et in ecclesiis Dei ante non visa, iactantes sci-licet profanas in Deumvoces et contumelias blasphemantes, dicentes Deum incurtosum, I)eumnon intendentem, Deum neglegentem, Deum non gubernantem, ac per hoc et inmisericortlem etinpraestabilem, inhumanum, asperum, durum. f...1 o caecam impudentiam! o sacrilegam tem.e-ritatem! [...].

8s salv., Gub.,4, 12,54: si ergo, inquiunt, respicit res humanas Deus, si curat, si ditigit, sí gu-bernat, cur nos ínfirmiores omnibus gentibus et miseriores esse permittit? Cur vinci a baibaris"pa-titur? Cur íuri hostium subiugari? [...] nos perferre haec mala patitur quia meremur ttt ista patia-muL Respiciamus enim ad turpitudines, adflagitia, ad scelera ílla Rontarwe plebis quae supra di-ximus, et intellegemus si protectionem mereri possumus, cutn in tanta i*puritote vivamus. y d. su-pra . nota 28.

86 salv., Gub.,4, 12,55-56:55. t...1 s; enim in tantis vitíis, in tanta improbítate viventes fortís-simos

' florentissimos beatissimosque esse pareretur, suspicio fortasse alÌqia esse poterat quod nonrespiceret scelera Romanorum Deus , quí tam malos tam perditos beatos isse pot")uur. 1...I. sa. seamereri nos absque dubio non pufamus, et hinc est quod magis rei et criminosi sumus quia non agno-scimus quod meremur. Maxima quippe accusatrix hominum noxíorum est usurpatrix innocentiae

S. Costanza92

Che i Romani sedicenti cristiani avanzino, pertanto, la pretesa di essere

Àiltori dei barbari è a suo giudizio completamente destituita di fonda-

mento87.Salviano argomenta a tal riguardo il suo pensiero sllla liner preteren-

ziale diuna va-Íutazione etico-iociologica dei dati della realtà: Ia t'ulpa è

tanto più criminale, criminosior, quanto più onorevole.ltottestirtr-' è io strr-

ms dàl colpevole, ossia - altrimenti detto - quanto più eler ata per grado

sociale èli persona peccantis, tanto più inviso è il suo peccurttttt". Si prg-

fila qui, con efficaci esemplificazioni,la concezione salvianea :ia di so-

cietà umana consapevolmente ancofata all'onestà dei costunri' ria di re-

sponsabilità moralà specifica per ciascuno dei vari gradi in cui ri anicola

1à medesima società: un Senatofe che ruba o un chierico che Îbnrrca asi-

Scono certo ben più gravemente di quanti fra la cosiddetta gcnt" i(rnlune

"o-piono am siÀin.-Analoga, e avanzatacon non diverso nle tr(r tìi grudi-

zio, è la riflessione salvianèa su Christiani e catholici: se essi ctrtltptono

impurità al pari de\ barbarl, peccano tuttavia più gravenlente. corlre un

filósofo che si dà ai vizi e alle oscenità non merita il titolo di ra-sgio' così

i Romani, che in omni humano genere professano laphiloxtpitio cltrisriu'

/?d e, nonostante vivanO sOtto I'etiChena di una tanto graltdc /)/'r t/; \ \ ir / ' llotl

cessano di peccare, vanno giudicati deteriores cunctis ,s'entibtt:" ubi strb-

limior esl praerogativa, maior est culpatt '

adrOgantia.Intermulto,ssiquidemeorundemcrírninumreosnullusestCt"irttirtt':tt'' ""': ' r \( irr'lt

putaí crimi.nosum.Itaqueitnorhorsolummalisnostrísttddereposstutltt\.1{Irl(r':':': ': 'tlrt'riti'mus,

87 Salv.. Gub.,4,12,57: l...l An meliores simus barbarís iam vitlehinru.'. i r ' '' '; r '; ':"tt dtr'

bium est, meliores esse rlebemus, et hoc ipso utique deîeriores sutl'Llts, si trtt'lit't' ' " 1rt';7' '7112

meliores esse debemus. 1...1.88Salv.,Gub.,4,12,5':-:1...]Criminosiorenimculpaest,ubiho,nestittr \r't;':r'\:''t"'')rLì!tt'r

est persona peccanps, prirori quoque mtùor invidia. Cfr. Quodvultd.. Sernt (i' ''( f';') ;';t.r- l' -ì

(eiísquista|lisest,quisquismoîusist,quisquiscorrigínonvis,nontecon.s(ilLtiti ';''ir';";/ti tirri(t

lofoi r" exspe(:tat iuina, ampliorque sustinet flamma)'Yd' ínfra'nott )J)sq Salv., Guú., 4,12,58:59: 5b. Furtum in omni quitlem esî honitrc rtutiunt r';' " i' ' :t tl cltittl

nabílius absqu.e dubio si senalorfurautr aLiquando.cunctisfornicatio interLlit irur' " 'j f '-"'r ttt\ ttutl-

to est si de clero aLiquis quam si"de poputofornicetur. Itu e; nos' qui ClÙí5titltt! t: ' iri;r'riL i t'-rrc r/i-

cimur, sí sintíLe alicluid barbarorutn impuritatibws facimus, gra|itts err(tnlr) ìr/1'! ii/\ 'ttittl

tuh

sar.tcti nominis proJèssione peccamus. ùbí subtimior est praerogatit'n, ntttittr 1\i t ir:r"r'i lP\d eninl

errores nostros religio quam proJitemur, ac'cusat. Criminosior esl eius inpuJititt'i Liiti l)rontisertt

castiîatem [..]. 59 . Nihil est piititopno turpius vitia obscena sectatlîi ' tluia pr'*'rt'r 'ùtn

Jeforntita-

,rl* quo* iiio i, ," habeni, sapieitiae nòrnine plus notafttr. Et nos igitur irt tttrttri hunuuto ,genere,

phitàsophiam Christianam professi swnus, ac per ho.c cleteriotes /ri'\ (irl?('i'\ .(r'túibu\

(redi QtqLte

'hoirrr'nrr"rrn est,quia trt ti*mognae professionis nomine 'itirtiits

et positi irt rcligirttte pecca-

Romani e baròari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 93

Tali considerazioni di salviano sul popolo romano sedicente cristianoacquistano viepiù chiari contorni allorché si estendendono ai popoli bar_bari, siano essi eretici o paganiro. La frequente comparazione ffa l,uno egli altri offre infatti al nostro storico I'opportunità di sempre più peculia_ri e puntuali valutazioni. Egli riconosce, iì, che I'uno è miglióre àegli al-tri quanto alla Legge divina, ma ciò ammette su un piano ri"ru-"nt" t"o-rico, giacché contestualmente afferma che, di fatto,l'uno è peggiore de-gli altri quanto ai costumi e alla condotta di vita: IL Romanus poputus,tran-ne i religiosi e alcuni saeculares a loro pares o almeno consimiles nelrahonestorum actuum probitas, è quasi tuito più colpevole dei popoli bar-barist. Nonostante i yitia dei Romani possano invero essere paria a quel-ri dei barbari , tuttavia i peccata dei piimi sono graviora, poiché i Roma-ni,appunto,peccano maiore offensione.Nell'elencare infatìi i vizi dei bar-bari pagani (dai Sassoni ai Franchi, ai Gepidi, agli unni), Salviano asse-vera che la loro vita è sì, in definitiva, vitlositaslz, ma non può non valu_tare la vitiositas di tali gentes barbarae meno grave di queila dei Roma_ni-cristianis:, poiché esse non fanno alcunché ispregio àei precetti cele_

90 Salv., Gub ',4,13,61: Igitur quia nonferendum quidam existimant ut deteriores aut non mul-to etiam meliores barbaris iudicemur, videamus aut quomodo meliores simus, aut quibus barbaris .Duo enim genera ín omni gente omníum barbarorum sunt, id est aut haereticorum aut paganorum1...1. vd. ibid., 4, 14, 67; ínfra, nota 1 19. cfr. Lacannrc up, Salvien rj.e Marseille. oeuvres,2, cit.,p.282,nota l.

9l salv., Gub.,4,13,6.r-62:1...1 Hb ergo omnibus, quantum ad Legem divinam pertinet, diconos stne comparatione meliores. Quantum ad vitam ac vitae actus, doleo ac plango esse peiores.Quamvis id ipsum tamen' ut ante iam dLrimus, non de omni penitus Romant pàpuh universitate di-camus,62. excípio enim primum omnes religiosos, cleinde nònnullos etiam sàeiulares religiosís pa-res aut, si id nimis grande est, aliqua tamen religiosis honestorum actuum probitaîe consimiles, ce-terosueroautomnesautpaeneomnesmagisreosessequambarbaros.t..J.crr. Epigr,p.,96ss.Disaecuktres pares o consimiles at religíosi parla anche, ad esempio, Ciovànni Cassiano (cfr. V. Mes-spt:tA, Povertò e lavoro nella paideia ascetica dí Giovanni Cassiano,Caltanissetta 19g5, pp. 57s.e note relative).

92salv., Gub., ,14,67:l...lHocergointerestquod,sieturemagantbarbariquaenosagtmus,nostamen mniore offensione peccamus. Possunt enim nostra et barbarirum vitia ess) paria, sed in his ta-men vitiis necesse est peccata nosta esse graviora. Nam cum omnes, ut iam ante dirimus, barbari autpagani sÌnt auî haeretici, ut de paganis, quia prior illorum error est, prius dicam, gens SaronumJèraesf , Francorum inrtdehs, Gipidarum inhumana, chunorum imputticà: omnium deitque gentium bar_barorum vita vitiositas. cfr. Lacanrucue , salvien cte Marseíili. oeuvres,2, cit., p.2gg, nota 1 .93 Salv., Gub.,4,14,68: sed numquid eundem reatum habent iltorum vitíi quem nostra? Num-quid tam criminosa est Chunorum impudicitia quam nostra? Numquid. tam accusabilis Francorumperfidia quam nostra? Aut tam reprehensibilis ibrietas Alamanni quam ebrietas òhristiani, aut tamdamnabilis rapacitas Alani quam rapacitas Christíani? Si fatlat Chunus vet Gipitta, quid. mirumest, qui culpam penitus falsitatis ignorat? Si periuret Franius, quid novifaciet, qui piriurium ip-sum sermonis genus putat esse non críminis? yd. infra,nota l g6.

94 S. Costanza

sti, dato che non conoscono alc;tn praeceptum Domini: io storico di Mar-

siglia, per il principio che nonfacit aliquid contra Legem Legis ignaruss+,

ut r"gúito di Rom4, 15 afferma che ubi non est Lex, nec praevaricatiots.

Tanttè che esse non si fregiano delnomen Christianitatis,né si dicono cri-

stiane - a differenza dei Romani che presumono di essere un Christianus

populus -, poiché appunto sono paganeqo. Si mostra pertanto in tutta la sua

ìnóonsistenza per Salviano I'accusa di spergiuro dai Christiarzi rivolta al-

la paganica barbaries,giacché ad essere spergiuri sono proprio i medesi-

ml Christiarzi quando addirittura dicono che è per Cristo che commettono

misfatti: se scelus quod agunt agere pro Christovt '

L'argomentazione salvianea, dal marcato andamento binario, si fa in

tal sensó sempre più incisiva. Per il Nostro, com'è chiaro, sulla scorta ri-spettivamente di Rom 3, 19 e 4, 15, che a vivere in Lege positi non pos-

sòno essere che r Christiani, e a vivere sine lege Christi non possono es-

sere che t paganisr,parimenti è evidente, secondo Rom 2,22-23, di qua-

le crimeniiu-tto colpevoli i cristiani se solo si pensa che essi disonorano

il nome di Dioss. Non si può vantare di chiamatsi Christianus rl popolo

che mostra di essere nella quotidianità della vita obprobrium Christitlo,

94Salv., Gub.,4,14,69-'70:6g.Etquidmirumsihocbarbariitacredunt,quil'egemetDeumnesciunî, cum maior ferme Romani nominis portio íta aestimet, quae peccare se novít? t...]. 70'

euid ergo mírum barbaros fallere, quí falsitatis crimen ignorant? Nihil enim contemptu agunt cae-

lestíum praeceptoru*, pro"rrptum Domini nescientes, quia nonfacit aliquid conîra Legem I'egis

ignarus.1...1." sssaÌv.,Grb.,4,16,'18-jg.: 78.[...] QuisuntigiturnuncinLegepositi?QuíscilicetnisiChri-stiani? [...].79. Qui igitur sine Lege Christi? Qui nisi pagani homines,l'egem dominicam nescien'

tes? Et icleo de his dicit [scll. Paulusf : 'ubi non est l-ex, nec praevaricatio'1...].96Salv.,Gub.,4, 17,81: Quaecumitasint,magnavidelicetnobispraerogativadenomineChri-

stianitatis blandiri possumus, qui ita agimus ac vivimus ut hoc ípso quod Christianus popultts es-

se clicimur obprobiíum Christi esse víàeamur. At e diverso in paganis quid horam símile quae dí-

cimus? Numquid dici de Chunis potest: Ecce quales sunt, qui Christiani esse,dicuntur? Numquid

de Saxonibui ctut Francis: Ecce quae faciunt, qui se adserunt Christí esse cultores?97 Salv., Gub., 4,16, 76: [...] quis umquam crederet usque in hanc contumeliam Dei progres-

suram esse humanae cupiditatis iudaciam, ut id ipsum in quo Christo iniuríamfaciunt, dicant se

ob Christi nomen esse facturos? 1...] Armant se ad latrocínandun per Deí nomen, auctorem quo-

dammodo sui sceleris Deumfaciunt, et cum ínterdíctor ac víndex malorum omnium Chrístus sit,

dicunt se scelus quod agunt àgere pro Christo. Et de hostili iniquitate conquerimur! Et paganícam

ha rbariem pe ie rare cau sam u r!98 Vd. il contesto di quanto ciÍato supra, alla nota 95.99 Salv., Gub.,4, 16,-8O: Et itleo rectissime aposîolicum illud ad omnem dicitur Christianum:

'Qui in l"ege gloriaris, per praevaricationem Legis Deum inhonoras: nomen enim per vos blasphe-

latu, irtù gintes'. Ciius'ergo criminís rei sint Christianí ex hoc uno intellegi potest quia Dei no-

men infamant.1...1.l@ vd. suora. nota 96.

Romani e barbmi, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

ed è proprio a causa di ciò che nel medesimo popolo patitur Lex Chri-stiana maledictumtot.

_- Di qui i giudizi negativi che salviano sente pronunciare ai pagani sui

christiani: Ecce quales sunt qui christum coluitlroz o ancora: Toli, pro-fecto secta est quales et sectatoreJl1o3 Giudizi che del resto, sostiene Sal-viano su una linea peculiarmente segnata degli apologeti e in specie daTertulliano, circolavang già al tempo delle peisecùzioù, quando, proprioper colpa di sedicenti cristiani, i pagani avevano una pessima e infame òpi-nione sui sacra domínica e sui sacrfficia dei"651i4liro+. È pertanto ai me-desimi cristiani, qui bona dicunt et malafacillnxtl\s,che va imputata la gra-ve colpa di far bestemmiare il nome di Dio da parte dei pagàni - di c"ui a2sam 12,13 circal'exemplum di Davide -' nor c'è infaiti,-per il Nostro,crimine meno scusabile di quello che dà alle gentes occasione di blasfe-Tiu'ou, come peraltro più sopra segnalato a proposito del medesimo Davi-dgtoz.

Arricchiscono ulteriormente il complesso dei dati sulle nozionidichri-stianus e di paganus peculiari analisi e valutazioni dello storico di Marsi-glia riguardanti specifici comportamenti individuali e collettivi nella so-cietà del suo tempo. Vanno colte in tale direzione le sue considerazioni sul

r01 salv., Gub.,4,17,82: [...] in nobÌs christus patitur obprobrium, in nobis patitur Lex Chri-stiana maledictum.

ro2 Salv., Gub., 4, 1"7, g2.103 salv., Gub.,4,ll ,g3.r04 Salv., Gub.,4,17, 85-86: g5. [...] quam prave ac nefaríe pagani semper de sacris domini_

ci1 o\ínat! sínt, docent persecutorum immaníum cruentissimae qiaestiones , qtLi in sacrificíis Chri-stianis nihil aliud quam impura quaedamfieri atque abominanda cretlebani. Siquidem etiam ini-tia ipsa nostroe religionis nttnnisi a duobus mcuimis J'acinoribus oríri arbitrabantur, primum scili-cet homic,idio, deinde, quod homicidio est gravíus, incestu; nec homicidio solum et tncestu, sedquod sceleratius quiddam est íncestu ipso et homicidio, incestu metrum sacrosanctarum et homi-cidio innocentium parvulorum, quos non occidi tantum a Christianis, sed, quod magis abominan-dum esî, etiam vorari existimabant t...]. 86. Intellegere ergo possumus, aut quales esse paganr cre-diderint Christianos, qui talibus sacríficiis Deum òolerent, aut qualem soiliiitenr Deum ipsum, quihaec sacra docuisset. Et hoc cur ita? Cur utique nisí ob eos, qui Christiani esse dicuntur et nonsunt, qui per flagitia ac turpitudines suas nomen religionis infamant [...]? Cfr. LAcARRrcuE, S'dl-vien de Morseille. Oeuvres,2, cit., p. 298, nota 1 .

ro5 Salv., Gub., 4, 19, 90.106 salv., Gub.,4, 18, 87. 89: g7. euam gravis autem ac singuraris piacuri marum sit nomen

divinitatis in blasphemiam gentium dare, etiam David beatíssími"edocemur exemplo, quí cum suf-fragio iustitiarum suarum aeterymm pro offensionibus suis poenam per unam tantum cònfessionimmeruerit evadere, huíus tamen criminis veniam nec per paenitentiam patrocinantem potuit impe-trare' ["'].89. Ex quo intelleg_i potest,quod nullum penitus maíoris piaculi crímen est quam bla-sphemandi cau.sam gentibus dnre. [...].

107 Yd. supra,nòte 22rs.

95

S. Costanza

concetto di fedele, che con altra definizione, da accostare a quella sopra

registratalos, è detto - sulla scorta di Ap 3,15 e di Rom 12,11 - colui che

vile in fervore spiritus, nel quale appunto si manifesta 1l fidei religiosae

ardor.A esserne assolutamente privo è proprio rl paganus ,che per ciò stes-

so è frigidus. Ma il variegato quadro delle umane realtà che Salviano ha

sotto gl'i occhi non gt mósffa soltanto queste due condizioni diametral-

mente"opposte: nell assai più comune e ricorrente condizione intermedia

si trova infutti chi non è né l'uno né l'altro, da lui definito, secondo il me-

desimo dettato Scritturistico,unChristianus tepidustos - un cristiano, cioè,

che vive distrattamente una fede superficiale ed epidermica' modellata oc-

casionalmente ed egoisticamente ritagliata sulle personali inclinazioni -,la cui condi zione,appunto, di tepidezzaè unanimemente stigmatrzzata da-

gli autori cristiani antichirro.Sulla linea sia di Pietro che in 2Ptr 2,20-22 parla di vitiosi ac tepidi

con fiferimento ai male viventes Christianl, sia di Paolo che in Rom2,25-

21 e Phit3, 3 comparaimali Christiani aipagani,salviano ribadisce per-

tanto, ancora una volta, che i Christiani del suo tempo sono peggiori dei

paganitrtl i Christiani infidelesttz,privi, come detto, di fervore religiosou:

è itrotr"*unti della Legge divina e delle verità di fede che pur conosco-

no, peccano - è suo prófondo convincimento - più gravemente delle pa-

gonà" gentes le quali, al contrario, ignorano i precetti del Signorett+.

lo8 Yd. supra. nota 38.r09 Salv., èub., a, g,9l-92:91.1...f Satvator in Apocalypsi ad tepidum Christianum aít: 'Uti-

nant aut calidus esses aut frigidus. Nunc autem, quia tepidus es, incipiam te emovere ex ore meo' '

Omnem Christianum Domíius fide ac spiritu íubet esse fen'entem. Sic enim scriptum est: 'Ut sí-

mus spíritu fet-ventes, Domino-servientis'.92. In hoc ergo fert,ore spiritus fidei religíosae ardor

ostenàitur; de quo ardore qui plurimum habetfen,ens esse agnoscitur etfidelís, qui nihil omnino

habetfrigidusisseintetlegituio,pogon t; quíverointerutrumquevelneutrumest,îepídusatque

exosus est Domino Chrístianus l'.').ll0 Mi sembra in tal senso paradigmatico quanto afferma Giovanni Cassiano, per il quale il re-

pídus status , di mezzo fra lo status carnalis e lo status spiritalis (conl ., 4 , 19), è dawero detesta-

bile, poiché assolutamente pivo di perfectionis fervor (Con\.,4,16). Sicché, per lui, un secolare o

un pug*ro che si pongono àl1a sequela Christi,pur partendo da posizioni diverse, potranno proce-

d"re p"e. ta uia delia pérfezione mólto più agevolmente di un monaco tepidus (Conl.,4, 19; 18' 7s')'tit gu1u., Gub.,4,19,93-94: %.Quod quidem etiam beaîus apostolus Peîus evídenter expo-

suit dicens de vitiosis ac tepíd.is, id eslmateiiventibus Chrístiareis [...]. 94. Quod quidem et beatus

apostolus paulus in eurdim modum dicit 1...1. Ac per hoc videmus quod malos Chrisîianos paga-

nis comparat [...]. Nos erSo et contemptores pariter et praevaricatores sltmus' ac per hoc paganis

deteriores 1...).112 Salv., Gub.,5,1,7.rr3 Yd. supra, nota 109'114 Salv., GaD., 5, 1, lss.

Romani e bartari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 97

6.Il profilo del christianus infideli,r, con cui si apre il v libro der Degubernatione Dei,non risulta migliore, né presenta tratti meno negativi seconfrontato con quello del barbaro eretico. In questo caso torna anzi a to-tale disdoro dei Romani cristiani (qui, come altrove, implicitamente dalNostro intesi come cattolici) proprio il loro essere partecipi della Romanaerryd-i1io; ossia - precisa Salviano non senza forse una punta d,orgogliorrs- della humana eruditio,per il cui tramite le scritture sono perv"nule ple-nae, inviolatae e integrae soltanto ad essi, ché possono accbstarsi ailà lo-ro fonte, direttamente o per ministerium pura" trarslationis. Alla Roma-na eruditio, cioè alla humana eruditio, sono infatti estranei i barbari hae-retici, che conoscendo le cose della Scrittura male interpolatae e male tra-ditae da auctores mali (probabile allusione salvianea à urlu; attraversogli insegnamenti orali dei loro doctore^s, non sanno neppure di essere ere-ticit16' i barbari eretici praticano ciò che per ignoranzaòiedono retto, i Ro-mani infedeli ciò che sanno con cognizione di causa essere perversorT.

se dei barbari haeretici salviano parla, e segnatamente di vandali eGoti, dei Romani haeretici, che in modo sommario quantifica in una in-numera multitudo,egli non vuole invece progranìmaticamente dire alcun-ché, né vuole compararli agli altri Romani o ad altri barbari,poiché essisono peggiori dei primi per infidelitas,e più ignobili dei se"ondi per foe-ditas vitae.

, Il comportamento di entrambe le partes di Romani lascia ben compren-dere quid mereatur omnis Romana res pubrica: con l'aggravante che le

1r5 Cfr. CosraNze, Romani e barbari, cristíani e pagani,cit., pp. 49s.r16 salv., Gub.,5,2,5-9 5. [...) duo superius barbarorum giirro ,"1 sectas esse memoravi-

mus' paganorum atque haereticorum f...], de haereticis quoque 1...f subiciamus. Potest enim qui-spiam dicere: 'Etiamsi a paganis lzx divirn non exigat it mandatafaciant quae non sciunt, certeab haereticis exigit, qui sciunt. Eadem enim etiam illòs legere quae ios legiius f...], ac per hoc autnon minus ab illis Legem negl,egi quam a nobis, aut etian multo ,rrasii quia cum eidem legantscrtpta quae nostri, multo faciunt deteriora quam nostri' .l..l6. Eadem, inquis,legunt illi, quù le_Suntur (1 nobis. Quomodo eadem, quae auctoribus quondam malis et mali sunt interpolatà et ma- |

1e!a/in!l--.).\osersytantumScripturassacrasplenas,inviolans,iíi"èglashnbemis,quieo,ièt'tn lonte suo btbimus vel certe de purissímo fonte haustas per ministerium purae tanslationis hau-rimus. ['..] 7 . [...) Ceterae quippe nationes aut non habent Legem Dei aui debilem et convulnera-tam habent, ac per hoc, [...] non habent quae sic fuibent.[...] g. Barbari quippe homines, Romnnaeimmo potius humanae eruditionis expertes, quí nihil omnino sciunt nisi quóà a doctoribut-sii, ii-diunt, quod audiunt hoc sequuntur [...].9 . Haeretici ergo sunt sed non scientes. Denique apud nossunt haeretici, apud se non sunt.f...).

117 salv., Gub.,5 ,2, 11: [...] Deus [...] videt eos eîsi non recte credere, affectu tamen prae opi-nionis errare, maúme cum sciat eos eafacere quae nesciuttr, rortro, out"* neglegere quod ire-dunt, ac per hoc illos magistrorum peccare vitio, nostros suo, illos ignorantes , nàstros scientes, il-los id facere quod putent rectum, nostros quod sciant perversum. 1...].

S. Costanza98

eresie dei barbari discendono Secondo lui dalla Romana magisterll pravl-

rds (sembra chiaro in tale espressione il riferimento al fatto che le eresie'

einìpeciequellaarianadenunciataachiarelettererr8,sianol'esito delpra-

vum'magisierium innanzitutto di doctores romani), ed è per tale crimen

dei medésimi Romani che i popoli barbari haeretici esse coepersn[t1e '

Sennonché il modo di vivere dei barbari eretici è per Salviano ben di-

verso da quello dei Romani: la conversatio dei Goti e dei Vandali non è

infatti paràgonabile a quella dei Romani. Malgrado siano.eretici, essi, co-

Le quàsl titti gti altribarbari, non misconoscono le virtù dell'affectus e

della caritas raccomandate dal Signore, giacché i barbari, quelli aimeno

appartenenti a una stessa Sens e aventi.uno stesso rex'si amano recipro-

càmente, in ciò comportaidosi in maniera completamente differente dai

Romani, i quali, al contrario,muttto persequunturtzl'proprio àa qui, ossia da questo comportamento derivante da impietas,

il fatto, anzirlÀisfatto, estraneo aibarbari ma familiare aiRomani,i qua-

li si rovinano con I'iniqua esazione delle imposlsrzr. $iasirnando a tal ri-

guardo perfino il silenzio dsl glslsrzz - che un cesario d'Arles pafe scu-

ll8 Salv., Gub.,5,2,9:1...]Nos eos iniuriamdivinae generationifacere.cerîi sumus quod mi-

norem Patre Filium dicant l'..1.n9 Salv., Gub.,5,3,14iOmnes autemisti de quíbus loquimur,autWandali sunt aut Gothi; nant

de Romanis haereticis, quorum innumera multitudo est, nihil dicimus, neque out Romanis eos aut

l"ii*t àiioro*ur, quia et inJidelitate Romanis sunt deteriores et foeditate vitae barbaris tur-

ptiores.l...) [Jnde intelle[e* pouru*u, quid mereatur omnís Romana res publíca, cum pars Roma-'norum'offenctat

deum vita, pars et inJiàetit(fte pariter et vita; salvo eo quod etiam ípsae qwondam'

haeresei" barbarorum de Ràmani migisterii pravitate fluxerunt, ac perínde etiam hoc nostrum crt-

ù.r, "n

quorl populi barbarorum haeretici esse coeperunt'Yd' supra' nota 90'

120 Salv., Gub.,5,4,15.. Porro autem quantum ad conversationem Gothorum aut Wandalorum

pertinef,quidestinquoeisautpraeponerenosautetiamcompararepossímus?Acprimumutde'affectu et'caritate diiam, quam'praicipuam Dominus docel esse virtutem et quam non solurn per

omnes Scripturas sacras ind ntio* per se ipse commenclat 1...1' omnes se fere barbari, qui modo

,gunt uníus gentis et regis, mutuo amant, omnes paene Romani mutuo persequuntur. (telative esem-

plificazioni nel successivo paragrafo 16)'' r2l Salv., Gub.,5,4,1): Ia-mvero i'llud quole, quam súevum, quam ex hac ipsa impietate de-

scendens,quamalienumabarbaris,quamfamiliareRomanis'quodseinvicemexacttoneproscrFbunt! Immo non invicem: nam hoc toierabitit s Terme esset si paferetur quisque. quod fecerat ' Illud

est gravius quod plurimi proscribuntur o pourlt, quibus exactio publica peculiaris est praeda ' qui

iràt* debii titilos yaciunt quaestus esie prívaios; et hoc non summí tantum, sed paene infimi,

non iutlices solum, sed etiamiutlicibus obsequentes.Cfr. CosraNze. , Aspetti e problemí della fisca'

Iità nel tardo impero romano, cit., pp. 80ss'r22 Salv., Gub.,5,5,19-20: ti.-1...1 Quis enim vexatis ac laborantibus opemtribuat, cum im'

proborum hominum violentiae efiam sacerdotes Domini non resislant? 20. Nam aut tacent plLlrimi

eorum aut similes sunt tacentibus, etiamsi,loquantur, et hoc multi non non incostantía sed consilio '

ul putant, atque ratione. Exertam enim veritatem profeffe nolunt, quia eam aures improborum ho-

R.omani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 99

sitz: -, Salviano constata il paradosso che poveri rovinati, vedove gemen-ti e orfani calpestati, molti dei quali di non oscuri natali ed educaii comepersone

fibere, per non morire persecutionis publicae adflictione cercanopresso i barbarila Romana humanitas,dal momento ché presso i Roma_ni non possono sopportare la barbara inhumanitas, e preferis cono in bar_baris pati cultum dissimilem quam in Romanis ini.usiitiam saevientemt24.Emigrano pertanto presso i Goti, i Bagaudi, o altri barbari, senza poi nep-pure pentirsene, appunto perché preferiscono sub specie c:aptivitatis vive_re liberi, anziché sub specie libertatis esse captivi, e ripudiano così il no-men civium Romanorum, già grandemente stimato e acqìistuto a caro prez-zo,ma ormai considerato privo di valore e pressoché àbominevole., È questa per lo storico di Marsiglia la ìestim onianza più cospicua edrammaticamente evidente della Romana iniquitar, ,p".Àio delle lace_ranti contraddizioni in cui agonizzala società ioroana àl fin" impero. Nu_merosi cittadini romani, che giustappunto nel godime nto der Romanus sta_ras dovrebbero trovare il massimo dello spleniore e della gloria, sono co_stretti, proprio a causa derla Romanae inìquitatis crudeliías, a non vole,più essere ftsvnonirzsl a diventare pertanto òome i Bagaudi - che, impedi-

minum sustinere non possunt, nec solum refugiunt setl etiam oderunt et execrantur, et non modoauditam non reverentur aut metuunt sed maiore etiam superbientis pervícaciae perduellione con-temnunt. Et ideo tacent etiam qui loqui possunt, dum ipsis ínterdum malis parcunt, nec volunt eisvim apertae promere veritatis,. ne faciant eos ingesta a'crius veritates peior)s . Su questo argomen-to cfr. pure Salv., Eccl., 4, 9, 49s.

r23 Cfr. Caes. Arel., Serm.,2l7 ,3.124 salv., Gub., 5 ,5,2r: Inter haec vastantur pauperes, viduae gemunt, orfani procurcantur, in

tantum ut multi eorum, et non obscuris natalibus editi et liberalitel instituLti,àd hostes fugíant, nepe.rsecutíonís publicae adflíctione moriantur, quaerentes scilicet apud barbaros Romanam huma-nítatem, quia apud Romanos barbaram inhumanitatem ferue non possunt. Et quamvis ab his a4quos confug,iunt, discrepent ritu.,.discrepent lingua, ipso itíam, ut ita dicam, rorporu* atque indu-uiarum barbaricarumfoetore dissentiant, malunt tamen in barbaris patí cuhum dissimil)m quami n Romani s ini ust i t iam saevie ntem.

125 Salv., Gub.' 5,5,22-23:22.Itaque passím vel ad Gothos vel ad Bacauelas vel ad alios ubi-que dominantes barbaros migrant, et commigrasse non paenitet; malunt enim sub specie gapyivi-tgtls vjl'ere-lt-be.ri quam sub specie libertatis esse captiií. Itaque nomen civiuit Romanorum ali-quando non solum magno aest,i.motum sed magno emptum nunc ultro repudiatur ac fugitur, nec vi-le tantum sed etiam abominabile paene habetir.Z3. Èt quod esse maius testimonium Romanae ini-

ry:!:!"r:i, quam,quod plerique, et honestí et nobiles et quibus Romanus status ,"iiia, ,pi"idort esse debutt et honori, ad hoc tamen Romanae iniquitatís crudelitate compulsi sunt ut iolintesse Romani? Et hinc est quod etíam hi i1uí ad barbaros non confugíunt, barbari tamen esse co-guntur: scilicet ut est pars magna Híspanorum et non miníma Gaitorum, omnes denique quos peruniversum Romanum orbem fecit Romana iniquitas iam non esse Romanos. Nell'espiessione no-ry"n ['..] magno emptum c'è forse un'allusionè ad Act 23,28. Quanto all'affermazione salvianeache numerosi cittadini romani preferiscono sub specie captivitatis vivere liberi,anziché sub soecie

100 S. Costanza

ti dalla rovinosa exacîio publica a continuafe ad essere Romani,hanno per-

duto il ius Romanae libertatis el'honor Romani nominis,e Sono divenu-

ti quasi barbari -, ad autocondannarsi all'esilio ad hostes - leniores quam

exactores - per causa appunto della vis s1og7i6ni5t26.

Si tratta di mala,plntaalizza Salviano, che avvengono soltanto presso

i Romani, giacché dei suddetti scelera egli non vede traccia presso Fran-

chi, Unni, Vandali, o Goti. Non ne sono vittime neppufe i Romani che vi-vono fra i barbari: eSSi, anzi, non formulano che un solo e unico voto, quel-

1o di non trovarsi mai nella necessità di ricadere in ius RomanLtm, e non

fanno che una sola e unanime preghiera, quella che sia loro permesso ditrascoffere il resto della vita cum barbarlsrzz. Quanti fra i Romani, anch' eS-

si pauperes et egestuosl tartassati dal fisco, sono nelf impossibilità mate-

riale di fare ciò che desiderano, ossia trasferirsi con le loro poche cose e

libertatis esse captivi,essa appare nel suo contesto ben più convincente di una simile di Orosio, se-

condo il quate -ii legge in Hist.,7 ,41 ,7 - certi Romani giudicano 1a inter barbaros pauper liber-

rasmiglióre dellaintàrRomanostribuîariasollicitudo.Cfr.ancheP.Pell.,285ss.e430s.;Sid.Ap.,nptst.,5 ,7;M. PeI-r-BcnrNo , salviano di Marsiglia. studio critico,Roma 1940, pp. 220s.; P. Coun-

,"ttp,Hirtoip littéraire des grandes invasions germnníques,Pais 19643,p.160; F. Pescsouo, Iemythe rle Rome ò la fin de I'Empíre et dans les royaumes romnno-barbares ,in Passaggio dal Mon-

dà Antico al Medio Evo. DaTeodosio a Gregorio Magno. Atti del Convegno Int. dei Lincei (Roma,

25-28 mag. 1977),Roma 1980, P. 135.lzo 5i1u., Gub.,5,5,24-26.28 24. De Bacaudis nunc mihi sermo est, qui per malos iudices et

cruentos spoliati, affIicti, necatí,Aosfquam ius Romanae.libertatis amiserant, etiam honorem Ro-

mani nomínis perdiderunt. t l.g5 Quibus enim aliis rebus Bacaudae facti sunt nísi iniquitatibus

nostris, nisi improbitatíbus iuàícum, nisi eorum proscriptioníbus et rapinis qui exactionis publicae

nomen in quaistus proprii emolumenîa verterunt et indictiorcs tributarias praedas suas esse fece'runt [...]? 26. Ac sic oòtum est ut, [...), inciperenî esse quasi barbari, quia non permittebanrur es'

se Ròmani. Adquíeverunt enim esse quod non erant, ciùia non i;ermittebantur esse quodfuerant,

coactique sunt vítam saltim defendere, quia se iam libertatem videbant penitus perdidisse. Aut quid

alíud itiam nunc agitur quam tunc actum est, id esî ut Eti adhuc Bacaudae non sunt, esse cogan-

túr? 1...1. Sic [...] aiimo desiderant libertatem sed summam sustinent servitutem.2S. Sed quid pos-

sunt aliud velle miseri quí adsiduum, ímmo continuum exactionis publicae patiuntur excidium, quí'

bus imminet semper gravis et indefessa proscriptio, qui domus suas deserunt ne in ipsis domibus

torqueantur, exitia pitunt ne supplicia sustineant? Le-niores his hostes quam exactores sunt. Et res

ipsà hoc indicat: ad hostes fugiunt ut vim exactioiis evadant. t...1. Vd. infta, noÎa 128. Per la bi-

úliografia sui Bagaudi rinvio a quanto segnalato supra, alla nota 68. Circa il fenomeno dei trans-

fugh-i romani presso i barbari, cfr. Hier.,Epist.,l23,15; P. Pell.,328ss.; Amm', 4,32,2s'; l8' 6' 1ó;

Zl,A,q-l;31',15,4.8s.;31, 16,1:1os.,5, 13,3s.; 5,22,3;5,42,3; ecc. Sui provvedimenti im-

perialialororiguardo, cfr.C.L,6,l,3(frail3l7 e323);C'Th.,5'7' 1(a'366); ecc'' 127 Salv., Gub.,5,8,36-37: 36. t...1 Ubi enim auî in quibus sunt nisi ín Romanis tanîum haec

mata? 1...1Franci hoc scelus nesciunt, Chuni ab his sceleribus immunes sunt, nihil horum est apud

Wandalos, nihil horum apud Gothos. Tam longe enim est ut haec inter Gothos barbarí tolerent ut

ne Romani quidem, qui inter eos vivunt, ísta patiantur.3T.Itaque unum illic Romanorum omnium

votum est, ne umquam eos necesse sit in ius transire Romanum. Una et consentíens íllic Romanae

plebis oratio, ut liceat eis vitam quomà{ífrt agere ctnm barbar:is.l...f .

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia l0l

le famiglie presso i barbari, non hanno che una sola e unica alternativa persfuggire alla vis exactionis: si fanno dediticii divitum, coloni divitum, sipongono sotto il giogo del patrocinium maiorum ai quali consegnano ogniloro substantia - di cui i figli perdono l'hereditas - pur se continuanó aessere gravati dalla capitatio, e si asserviscon o alla inquilina abiectio,pl:._vi così della condizione di uomini liberi, del ius libe;tutisl2s.

Non c'è pertanto da stupirsi, secondo Salviano, che i barbari sottomet-tano i Romani devastandone le città con saccheggi ed eccidi, quando so-no i medesimi Romani a rendere captivi i proplfratres: per l-,appunto iRomani, da lungo tempo oppressori d'un numero enorrne di uomiìi fatticaptivi, sono ora artefici della propria cattività, sperimentando su se stes-si quanto fatto a danno di altri e paventando la stèssa loro sorte, ma rima-nendo pervicacemente alieni dal cambiar vitar2e. Tale condotta egii ravvi-

r28 salv., Gub., 5 ,8, 38-40. 42-44: 3g. 1...1 Ergo quia hoc non valent quod J'orte mallent, fa-ciunt quod unum valent: tradunt se ad tuendum protegendLtmque maioribui, dediticíos se diviiumfaciunt et quasi in íus eorum dicionemque tanscàndttit, Zs. ui, tamen grave hoc aut indignum ar-bitrarer, ímmo potius gratularer hanc potentium magnitudinem qaíbus"se pauperes dedint, si pa-trocinia ísta non venderent, 1...1. Omnes enim qui defendi videniur, defen,iorí|us suis omnem feresybstal1li1m suam prius quam defendantur adàícuni; ac síc, ut patrei hobrort defensíonem, per-duntfiliihereditatem t...1.40. Eccequaesuntauxiliaacpato;iniamaiorum:nihitsusceptiitri-buunt sed sibi. t.'.1.42. Quod plerique pauperculorum atque míserorum spolíati resculis suis et ex-terminati agellis suis cum rem amiserint, amissarum tamen rerum tributa patiuntur! Cum posses-sio ab his recesserít, capitatío non recedit! L...1.43.1...1 ltaque nonnulli)orum de quibui toqui-mur'[...] cu,m domicilia atque agellos suos aut pervasionibus perdunt autfugati ab exactoribus de-serunt, quia tenere non poss-unt,fundos maiorum expetunt et coloni dívituifiunt.44. [...] isti, quiaîueri amplius vel sedem vel dignitatem suorum natalium non queunt, íugo se inquilinae abieitio-nis addicunt, in hanc necessitatem redacti ut [...] perdentes seium omniA sua et rerum proprietatecareant et ius líbertatis amiftanr. S:ul patrociníum.,-in Salviano cfr. J. U. KREMSE,.lpdld nilkà pato-natsformen im westen des RÒmischen Reichès,Ir[ùnchen 19g7, pp. 233s.;Rtzza,It ,De guberna_tione Dei',ciî.,pp. 89ss. CosraNzt',Aspetti e problemí dellafiscàIitànet tardo impero romano,cit.,pp. 81ss. e note 267ss. Sulcolonatg,cfr. tra gli altri, anche pér la perspicuità della documentazionee della bibliografia, A. MancoNr, 1/ co lonato tardoantico ielta snriigrafia moderna (da Fustel dec_oulanges ai nostri giorni), como 1988; ro., Ir ravoro nelle campalni, in storia di Roma,lrr, 1(L'età tardoantica. Crisi e trasformazioni), a c. di A. Canar,,orNt, L.t*acco RuccrNr, A. Gnnor_Ne, Torino 1993. pp. 823-843; F. Ds Manrno , Il colonato fra economia e diritto, ibid., pp.7g9-822; Terre

' propríeîari e contadiní dell'impero romano. oalt'affino agrario al colonato tardoanti-

co, a c. di E. Lo Cascto, Roma 1997. St:Jla inquilina condiciò',formà peculiare dejla locatío-con-glgcrio.caranenstica del modo di produzione 'pòsrschiavistico'. cfr. L. Cnacco Ruccrnr, :èiàni:n'inquilíni':'miserietegenihomines'?,inAttidell'Acc.RomanisticaCostantiniana.VlllConvegnoInt. (Spello-Perugia,29 sett.-2 ott. 1987),Napoli 1990, pp. lgg-2l6.Per la distinzio ne fra coloií einquilini cfr., ad es., P. Rosarro, Inquilinus, <Opus>, 3,ItS4,pp. 121_131.

r29 Salv., Gub.,5,9,46-48:46. Et miramui si nns barbaLri-capiunt, cumfratres nostrosJacia-mL.s esse captivos? Nil ergo mirum est quod vastationes sunt atque excidia civitatum: diu ii pluri-morum oppressione elaboravimus ut captivando alios etiam ipsi inciperemus esse captívi. t...1. +l .Miserti quippe exulum non sumus, ecce ipsi exules sumus; [..-.f praeiidiciis temporum inpenui sta-

102 S. Costanza

sa non soltanto presso laici e saeculares, ma anche presso clerici e reli-giosi, i quali sub specie religionis sono di fatto vitiis saecularibus manci-pati,e purfregiandosi d'un titulus sanctitatis hanno mutato nomenma nonvita, cambtato la vestis ma non la mens, attuato una conversio che inveroè ùn, Aversiot3o.

Su tutto ciò l'asciutta considerazione di Salviano è che di simile allacondotta dei Romani non c'è alcunché in quella dei barbari Goyhltzt, e 1l

monito generale che egli, verosimilmente sulla scorta di Plinio il Giova-ne, lancia al Romanus sedicente Christianus è quello di imparare a paga-no homine tlverum bonum: 'Caritate enim', inquit,'et benivolentia saep-tum oportet esse, non armis'tsz.

7.Il confronto dei Romani cristiani di fine impero con i barbari paga-ni o eretici appare evidentemente sotteso alle considerazioni iniziali delVI libro deI De gubernatione Dei, con le quali Salviano mette fra l'altroin evidenza, come giànell'Ad Ecclesiam,che il Christianus populus del-la sua epoca non è più quello del tempo di Pietro e di Paolo, privo qual èdella Christiani populi puritas e convinto com'è, persino, che la malitiasia sapientiat::. {nshs di qui il motivo ricorrente nell'ultima opera salvia-nea: i Romani sedicenti cristiani sono deteríores multo quam barbari,lacui ignoranza della Legge scusa che essi mala pro bona diligunt. in quan-to ignari di ciò stts I fsngt:+.

tus hr.tmines circumvenimus, ecce ipsi nuper quidem in alieno solo yivere coepimus, sed praeiudi-cia íam tîmemus.[...].48. Et mirantur sanctorum aliqui quod exemplo nostro ceîeri non emendan-tur qui nihil adhuc tale tolerarunt, cum tormentis nostrarum iniquitatum ne ipsi quidem, qui iam aDeo plectimur, corrigamur? f...].

130 Salv., Gub.,5,10,52.55: 52. Atque hoc videlicet laici tanîummodo non quídam etiam cle-ricorum, saeculares tantummodo non multi etiam religiosi, immo sub specie religionis vitiís saecu-laribus mnncipati, quí scilicet post veterum flagiîi&tah'iîòbra et crimina titul-o sibimet sanctitatisinscripto non conversatione alii sed professione nomen tantum demutaverè non vitam, et, summamdivini cultus habitum magis quam actum existimantes,vesîem tantummodo exuere nonmentem.55.f...] Praeposterum est quod agitis: non est hoc conversio sed aversio! t...].Vd.sapra, nota 13. Suvestem tantummodo exuere non menîem cfr. Cassian., Con|.,18,7 s. Quanto a conversio che, di fat-lo, è aversio, cfr. Hier., Epist., 125, 1 6.

13r Salv., Gub.,5,11,57 Quid ergo simile apud barbaros Gothos? 1...].132 Salv., Gub., 5, 1l , 60. L'eco pliniana può forse provenire dall'espression e di Paneg., 49:

Frustra se terrore succirnerit, qui saeptus caritate nonfuerít; armis enim arma inritantur.133 Salv., Gub.,6,1, 5. 8: 5. [...] Ecce Ìn quid recedimus, ecce in quid post illam Christiani po-

puli puritatem qua omnes quondam immaculati erant, ecce in quid redacti sumus, f...].8. [...) ma-xime nostri, hoc est maxime Chrístiani, [...] malitiam sapientiam putant [...].Yd. CosreNza, Ro-mani e barbari, cristiani e paganí, cit., p. 46 e nota 84.

134 Salv.,Gub.,6,2,9: t...1 Et hinc est quod dudum questus sum deteriores nos multo esse quam

Romani e barbari, cristiani e pagani neta concezione sarvranea dena storia 103

che siano di gran h,rnga peggiori dei barbari, tali Romani lo mostranocon spiccata evide.nza in ciò chè essi, tutti o quasi tutti, ianno in occasio_ne degli spettacoli, manifestazioni ordinariaàente di cri,mina e flagitia:pagano, e godono in sommo grado fra grasse risate di compiacim"ntJ,p".vedere uomini ammazzati, o sbranati aa belve feroci .rr"'rr riempiono ilventre di carne umanal3s. Limitandosi a riferire delle oscenità che si com_piono nei circhi e nei teatri, Salviano ne denunciu up"rturrr"nte l,offesa alsenso del pudore, dalle gestuumfoeditates alle imagin"s,jìinicattonum co_involgenti nel medesimo crimàn aftori e, pure, spettatoi,: omnis omninoplebs animo fornicaturi 36 .

Sono innumerevori re migriaia di christiani che si attardano nell,assi_stere alle quotidiane turpitudini degli spettacoli circensi e teatrali, non_ostante non abbiano un dio dei teatri e dèi circhi come l,avevano i veterespagani, i quali p.-:.9.n_tiffatti comportamenti, credevano di compiace-re ai propri idolaBT 'Tùi l"!!!!i, che pur si dicono christiani,si compor-tano invece nei confronti di Dio at pàri di uno schiavo lÀe ncambi conI'insulto la liberlà ricevuta dar padroìer:s. Frequentando infatti i suddetti

barbaros' quia íllos ignorantia Legis excusat, nos scientia accusat: ílli per imperitiam veritatis,quta quae sint bona nesciunt,-mala pro bonis dilígunt; nos cum scientiamverítatis habeamus, quaesint bona optime novimus 1...1.135 sdv', Gub-, 6' 2. 10, prir,r-., quod nihir ferme ver

.c_riminum ver flagitiorum est quod inspectaculis non sit: ubi sumnum trericiarum grni, "rt

mori_homines aut, quod est morte graviusa.cerb.íusque,lacerari' expleri ferarum alvos ítumanis carnibus, come4i homines cum circumsfan-tium laetitia conspicientium voluptate, hoc est non minus paene h"ii""*""rp,)r:rXus quam bestia_rum dentibus devorari. Atque ut hoc fiat, orbis impendium est; *ngno "r;íi;o id agitur et ela_borarur. [...].

136 salv., Gub.,6,3,15. rj. 19: 15. [...] de soris circorum ac theatrorum impuritatibus díco.["'] 17 ' Quis ením integro verecu.ndiae *àm'airni queat illas rerum turpium imitationes, illas vo-cum ac verborum obscenitate.s, ilras motuum turpirudines,.ilra, grrr"",;'frràiates? guae quantisint criminis vel hinc intellegi potest quotl et relaiíonem sui interclicunt.t...]. 19. solae spectaculo-rum impuritates sunt quae unum-admodumfaciant et agentium et aspicientium crimen. Nam dumspectantes haec comprobant ac ribenter víient, omnes.ea u$u atque atrsensu agunt. [...] Itaque inillis imaginibus fornicationum omn|s. omnino prebs animo fornicaiur [...). il-grroÌrro ai Salviano suspettacoli e giochi pubblici immorali è in li'ea con una ininrerroua r.jairi"r! p"*stica: per un pri-mo sguardo d'insieme cfr. o. pasquaro , spettacori,in DpAC,z,zzls-zzgi.'iium ragguagli uti_li in A,' Saccroyo, latla 'ry.*!: ttiaboti'allo 'sprirtak theatrum'. Cuhura classica e cristíanesi-mo nella polemica dei padri deila Chiesa contró gh spettacoli.Il terzo secolo,<<Mythos>, g, 1996[1999] tnr. monografico).

lr i Salv" Gub " 6,4,20 ' 22:20. [...] Ecce innumera Christianorum milia in spectaculis cotidiererum turpium commorantur t...]. 22. An forte ín morem vercrum paganorum theatrorum et circo-rum nos deum habere arbitramur? Facíibant enint haec ittí quoidain, qrii nà, iaourum suorumdelic.i!^s esse credebant 1...1.rró Salv" Gub',6,4,25: Intercogo enim omnes potentes ac divites mundi huius: cuius piaculi

r04 S. Costanza

spectacula,essi contravvengono palesemente alla loro p rima confe sslo nelbattesimo, quella - tipica peraltro dei riti battesimali nella Gallia di epo-ca salvianea - sia di rinunziare al demonio, alle sue pompe, ai suoi spet-

tacoli e alle sue opere, sia di credere in Dio, Padre onnipotente, e in Gesù

Cristo suo Figlio. Ciò non solo vuol dire, afferma Salviano, che chi nonrinunzia al demonio non crede in Dio e chi ritorna al demonio abbandonaDio, ma pure conferma che i Romani, di fatto, non sono in grado di tene-re sequentia Symboli, poiché di esso hanno perduto r principia: ubi enint

fundamentum Symboli evertitur, vita ipsa iugulatuvrzo.La nostra Christia-nitas è ormai tale - egli soggiunge - che non si riceve 7I sacramentum sa'lutis se non per peccare poi più gravemente, maiore prevaricationis sce-

lere: si antepongono infatti alle ecclesiae Dei i divertimentì, si drsprezza-no gli altaria e si onorano i teatri, e si preferiscono allafestivitas ecclesia-sticat giochi pubblici celebrantisi nel medesimo giornst+o nonostante pre-cise disposizioni legislative contro tali coincidsrrvstat.Proprio in questi ca-

si capita che quanti si dicono Christiani non vanno in chiesa, e se qualcu-no, non al corrente dello svolgimento di giochi, ne sente parlare in chie-sa, pianta tutto e scappa via:. ecclesia vacuatur, circus impleturr+21

reus sit servus ille qui bono ac pío domino malum cogitet, qui bene merenti conviciumfaciat eî proIibertate, quam accipit, contumeliam reddat.[...] Hoc ergo etiam nos, qui Christiani dicimur, faci-mus: inritamus in nos misericordem Deum impurítatibus nostris, propitiantem sordibus laedintus.

blandientem íniuriis verberamus.Sullalibertas ricevuta dallo schiavo Salviano aveva già argomen-tatonell'Ad Ecclesiam: vd. CosraNze, Romani e barbarí, cristiani e pagani,cit.,p.46 e nota 8,1.

139 Salv., Gub.,6,6,3I-34.3l . In spectaculis enim apostatatio quaedam fidei est, et a synrbo-

li ipsius et caelestibus sacramentis letalis praevaricatio. Quae est ením in baptismo salutarí Chri-stíanorum prima confessio? Quae scilicet nisi ut renuntíare se diabolo ac pompis eius et spectacu-lis atque operibus protestentur? Ergo spectacula et pompae etiam iuxta nostram professionem ope'ra sunt diaboli.32. Quomodo igitur, o Christiane, spectacula post baptismum sequeris, qune opusesse díaboli confiteris? Renuntiasti semel diabolo et spectaculis eíus 1...1. Abrenuntio enim, inquis.

diabolo, pompis, spectaculis et operibus eius . Et quid postea? Credo, inquís, in Deum Patrem on'nipotentem et in lesum Christum fiIium eius . 33 . Ergo primum renuntiatur diabolo ut credatur Deo .

quia qui non renuntiat diabolo, non credit Deo, et ideo qui revertitur ad diabolum relinquit Deunt .

[...134. Dic ígitur tu, Christiane, quomodo tenere te sequentia Symbolí putas, cuíus principia per-didisti? 1...1 Ubi enim fundamentum Symboli evertitur, vita ipsa iugulatur.

14 Salv., Gub.,6,7 ,36-37: 36. [...] ubi est Christianitas nosta, qui ad hoc tantummodo sacra-mentum salutis accipimus ut maiore postea praevaricationis scelere peccemus? Nos ecclesiís DeiIudicra anteponimus, nos altaria spernimus et theatra honoramus 1,...1.3'7 . 1...1 si quando enim eve-

nerit, quod scilicet saepe evenit, ut eodem die etfestivitas ecclesiastica et ludi publici agantur, quae-

ro ab omnium conscientia, quis locus nutiores Christianorum virorum copias habeat, cavea lu.di

publicí an atrium Dei L...1?141 Cfr. C. Th.,2,8,20 (a.392);2,8,23 (a.399);2,8,25 (a. 409); inoltre .Srar. Eccl. Ant.,33

(Qui die sollemni praetermisso Ecclesiae conventu ad spectacula vadit, excommunicetur).142 Salv., Gub.,6,'7 ,38: [...) Omni enim.feralium ludicrorum die, quaelibet ecclesiae festafue'

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvranea deiìa storia 105

. cose del genere non accadono presso i barbari, che non hanno circhi,

v1( fsslÍLr+z,e non avvengono più nélle città romane distrutte ovvero occu_pate dai nemici, quali Magonza, colon ia, I' exc ellentis sima Treviri abbat-tuta e_umiliata per la quarta vorta, e la maggior parte delle città della Gai_lia e della Spagnara. r,e christianae plebél non porrono infatti più com-piere le suddette iniquitates e impurilates nelle uibn, Romanaepassate znbarbarorum iure. Continuano invece a commetterle - dato che la vitiosi-tas el'impuritas sono,per così dire, il legame di parentela fuai Romani,quasi il loro spirito e la loro natura - in quelle citìà romane dove hannoluogo gli spettacoli, poche invero, ma soltànto per cause

"orrn"rr" alla pe-

santissima crisi economica in cui versano i cittadini e lo stato: la miseriate.mpor]s atque egestos,ra calamitas fisci e la mendicitas Romani aera-l"iir+s. Qisnonostante lo stile di vita dei Romani-christiani, che pur nonavendo qey la loro povertà nulla da dissipare vorrebbero tuttavia pèr h lo_ro viziosità continuare a sperperare un.or di più, è così degenarato che es_si, appena ne hanno la possibilità, continuanò a compiereie turpitudini in

rint, non solum ad ecclesiam non veniunf qui Christíano.r .re ers? dicunt, secl si qui inscii Jbrte ve-nerint, dum in ipsa ecclesia sunt, si ludos agi audiunt, ecclesiam drret*,qrrni. spernitur Dei tem-plum, ut curratur ad theatrum! Ecclesia vaiuatur, circus ímpletur! 1...f .

- 143salv.,Gub.,6,7,35:[...]quidsimileapudbarbaros?ubiapudíuoscircenses,ubitheatra,

ubi scelus diversarum impuritatum, hoc est speí nostrae ac salutis excidium? euibus illi etsi, utpo-te pagani, uterentur, minore tamen culpa sacrae offensionis enabant, quia, eíi esset tmpuritas vi-sionis, praevaricatio tamen non erat sacramenti.

144 salv., Gub.,6,8,39: [...] Non enim hoc agitur iam in Mogontíacensium civitate, sed quiaexcisa atque deleta est; non agitur.Agrippinae, secr quia hostibus itena; ,oi iiiiu, Treverorum ur_be excellentissima, sed quia quadrupliii est eversiàne prostrata; non agitur denique in plurimisGalkarum urbibus et Hispaniarum. Fonti e congetture rélative in Lacannl c;tn, salvien de Marseil-le ' oewv.res,2, cit.' p.388, nota 2. Quanto all' irbs excellentissimadi Treviri, si ncorderà che essaoccupa il sesto posto nell'ausoniano ordo urbium nobilium,dopo Roma, Cósrantinopoli e Carta-gine, Antiochia ed Alessandria.

ras salv., Gub.,6,8'40-43:40. Et ideo vae nobis atque iniquitatibus nostrís, vae nobis atqueim.puritatibus nostris! Qwe spes christianis plebibus ante deuà est, quordojridr- ex illo in ur-bibus Romrtnís hnec mala non sunt ex quo in barbarorum iure esse coeperunt? Ac per hoc vitiosi-tas.et

.impuritas quasi germanitas quaedam est hominum Romanorum it quosi i"r, atque natura,quia íbi praecipue vitia ubí,cumque Romaní. 41. Sed gravis sit forsi.tan hàec atque iniqua conque-sio? Gravis profecîo, si farsa. At quomodo, inquis, qíomodo non farsa, cum ii paucis nunc JèrmeRomnnis urbibus.fiant ista quae díximus? [...].-42. óonsiderondum ,rgo uoi*[u" est, id. est: quidsit quod adhuc loca ípsa ac rliversoria ludicrorum sint, Ludicra autem esse cessaverint. Loca enimet ha-bítacula turpitudinum ídcirco adhuc sunt quia illic impura o*"n priir-

"-rta sunt. Nunc au-tem ludicra ipsa ìdeo non aguntur quia agi iam prae miseria temporis oiqu" ,g"rrot, non possunt.

t';'l' 43. calamitas enim fisci et mendicins iam Romani aerarii ion ,irii ut i\iqu, m res nugato-rins perditae profundantur expensae. [...]. Per altre fonti in merito e indicazioni éibfiografiche rin-vio a CosreNz t, Aspetti e problemi della Jìscatità nel tardo impero romano, cit., passrm.

106 S. Costanza

cui sono radicati. Se pertanto, da una città qualsiasi, vanno a Roma o a Ra-venna, si ritrovano in parte con la Romana pleós nel circo, in parte col po-pulus Ravennas nelfsnftst+o' vitiositas nosîra mens nostra s5ft* .In tal mo-do due maxima mala, odsia perdere se stessi e oltraggiare Dio, si consu-mano proprio nei ludi publici,l'uno perché in questi si spegne la salvez-za etema della Christiana plebs, I'altro perché i medesimi ludi offendonoDio in quanto consacrati agli idoli - da Minerva a Venere, a Nettuno, aMarte, a Mercurio -. La loro frequentazione è dunque per tl Christianustn sacrilegiuml4s.

Il radicamento in siffatte abitudini è per Salviano contraddittorio conun certo atteggiamento mentale, anch'esso consueto nel suo tempo, secon-do il quale, seùnapax longar+s con I'avvento di Costantino ha reso intem-p e r ant e s r Ro mani - C hr i s tiani,la sopraggi anta turb at i o con le invasioni deibarbari li avrebbe resi moderari. A confermare che le cose non stiano af-fatto così è il quadro di sfondo della coeva realtà storica schematicamen-te prospettato dallo storico di Marsiglia: I'Italia è stata vastata, Roma èstata assediata ed espugnata, gentes barbarae hanno occupato le Gallie, iWandali sono passati in Spagna, le guerre che hanno cominciato a navi-gare sui mari hanno annientato città costiere, e inoltre - eversis Sardiniaac Sicilia, ossia i granai del fisco ffiscalia horrea),e abcisis velut vitali-bus venis per la sopravvivenza delf impero - hanno asservito persino I'A-frica, che può ben chiamarsi anima dell'intero Stato. Salviano riscontrainfatti che di fronte a tali e tante res adversae i Romani-cristiani non si so-no affatto dati un nuovo codice morale: i vizi degli ltali non sono cessati,r Romani non hanno smesso di essere blasphemi ac furiosi,i crimina con-tinuano a segnare i corrotti mores dei Galli,lavitiositas degli Hisparzl non

146 Salv., Gub.,6,8,44- 9,49. 44. {...1 Ea est enim labes praesentíum morum atque perditio utcum iam non habeat paupertas quod possit perdere, adhuc tcrmenvelit vitiositas plus perire. [...].49.Í...] intellegere possumus quod, etiamsi res turpes atque damnabiles necessitate non agimu,s,pro ipsa tamen rerum turpium voluntate damnamur. Et quid dicam de voluntate? Omnes haec fer-me, cum possunt, agunt. Denique cuíuslíbet civitatis incolae Ravennam aut Romam venerint, parssunt Romanae plebis in círco, pars sunt populi Ravennatis in theatro. [...]. Sull'argomento cfr., ades.,Aug., Civ.,1,32.

147 salv., Gub., 6, 9, 52.r48 Salv., Gub.,6,l l, 59. 60-61: 59. Nam cum duo sint maxima mala, id est, si homo aut se íp-

sum perimnt aut Deum laedat, hoc utrumque in ludis publicis agitur [...1.60. Dubium enim non esîquod laedunt deum, utpote ídolis consecratae. Colitur namque et honoratur Minerva in gymnasiis,Venus in theatris, Neptunus in circis, Mars in harenis, Mercurius in palaestris, et ideo pro qualita-te auctorum cultus est superstitionum t...]. 61 . [...) admisceri enim huic Christianum hominem su-perstitioni genus est sacrilegii, quia eorum cubíbus communicat, quorumfestívitatibus delectatur.

149 Yd. supra, nota 43, e infra, nota successiva.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia t07

è mutata benché sia cambiata la loro sorte, la paura di fronte alle gentesbarbarae sbarcate in Africa non ha ivi fatto ""ir*" 1yi71tsa.

T11t'9: mentre populi barbarorum - cioò i vandali - ponevano sottoassedio le mura di cirta e di cartagine, la comunità cristi^ana della chie-sa cartaginese faceva follie in circis e si dava alla lussuria in theatris, e in-tanto che fuori delle medesime mura si veniva sgozzatio si era captivi deinemici, dentro di esse si fornicava e si era prigionieri dei vizi: calamità fu-neste,,delle quali - giudica Salviano - la minore è sopportare ra captivi-tas del corpo e non quella dsll'snimsrsr.

una società dai guasti costumi, simili a quelli diffusi in Africa, Salvia_no denuncia parimenti nel suo suolo patrio é in civitatibus Gallicanis,ovequasi tutti gli uomini più eminenti sono diventati addirittura peggiori inseguito alle calamitates. Gli invasori vi hanno trovato gente imbelle e tra_viata. Ne è testimone oculare lo stesso Salviano (vidi íiquidem ego ipse).Abitanti di rreviri, di nobile famiglia e altolocati, ridotti in rovina, con b"r,poco delle loro fortune materiali d'un tempo e senzadisciplina morale, so_no stati nemici crudeli nei confronti di se stessi più di qìanto lo fosserogli ex.terni lnst.es: già travolti dai barbari, essi si distrugg"uuno da sé an_c_qr di più. Egli ha in particolare visto (vidimus) trn"t ilrorati, decrepitillyistiani e principes civitatis starsene, pur nell'ormai imminente cadutadella città, sdraiati a banchettare ingozzindosi di cibo e dimenticando ho-

- lsO salv., Gub.,6, 12,66-68:66. sedvídericet qui.corrumpimur rebus prosperts, corrigimur

adv-ersis; et quos intemperantes pax longa fecit, turbatio facit isse mocleratàs. [...] 67 . Vastata esthalia tol iam,cladíbus: ergo ltalorum vitia destiterunt? òbsessa est urbs Romà et expugnata: er-go desierunt blasphemi ac furiosi esse Romani? Inundarunt Gallias gentes banbarae: ergo, quan-t.um

-ad mores perditos spectat, non eadem sunt Gallorum crimina qlae fuerunt? Transcenclerunt

í7 Hlsoaryí-ae îerras populi Wandalorum: mutaîa quídem est sors uirpoiorr^ sed non mutata vi-t.iosilas ' 68. Posîemo, ne qua pars mundi exitiatibus malis esset inminis, navigare per fluctus bel-la coeperunt: quae vastatís urbibus mari clausis et eversis Sardinia ac Sícilia, íd estJiscalíbus hor-reis, aîque abcisis velut vitalibus-venis, Africam ipsam id est quasi animam càptivavere reipubli-cae ' Et quid? Ingressis terram illam gentíbus barbaris forsitai vel metu vitia cessarunt7 t...1. Sul-I'euersio de1la Sardegna e della Sicilia da parte dei Vandali e sulle vitales venae cfr.R:zzo, Il ,DeBubernatione De,i' , cit., pp.7 4s.;1o., sicilia cristiana dat I al v secolo,Roma 2005_2006, p. 105 enote 97s' del vol. I' e p' 155 del vol. II, 1; S. CosraNza, Aspetîi polítici e socio-economici nella'pars Occidentis'della Sici.lia romana tardoimperiale. Piste d'iniagíne e orientamenti degli studi(in questo stesso volume di <Guttadauro>).

lsl salv., Gub.,6,12,69-70:69.1...1 circumsonabant armis muros cir"tae atque Carthaginispopuli barbarorum, et ecclesia Carthaginís insaniebat ín circis, luxuriabat in theatris. Atii foris iu-gulabantur, alii intus fornicabantur. pars plebis erat forís capttiya hostium, pars intus captiva vi_tiorum.70. Cuius sors peior fuerit incertum est: illi quidem erant extrinseci, ,ornr, sed isti intusmente captivi, et ex duobus letalibus malis levius, ut reor, est capfivitatem corporis Christianumquam captivitatem animae sustinere [...]. Sui Vandali in Africa ud,. irVo, a partire dala nota 1g0.

108 S. Costanza

nor aetas professio e nomen, schiavi della gula e della lascivia, in preda

alla vi.nolentia e alla bacchatiotsz. La medesima situazione di Treviri Sal-

viano denuncia nella città vicina,prope eiusdem magnificentiae - Magon-

za o forse Colonia -: qui i magistrati locali non hanno lasciato i banchet-

ti neppure quando il nemico era già entfato nella città, ove Salviano ha vi-sto (vidi ego iltic) siapueri che senes abbandonarsi alla medesima scurri-litas,prattcare Senza alcuna differenza fra di essi vizi d'ogni Sorta, ubria-carsi, prostituirsi, fino a Christum negarets3. Sorte simile a quella delle

suddette urbes praeclarissimae hanno avuto le altre città delle diverse par-

ti delle Gallie, cadute per i vizi analoghi dei loro abitanti e da questi la-

sciate indifese di fronte all'incombente pericolo dei barbari giunti ormai

al loro cospettol54.C'è invero chi, al tempo di Salviano, giudica fin troppo severa e mas-

simalista la sua lettura della crisi morale della società - e lo storico di Mar-siglia ne dà conto -, convinto che essa stia per evolvere in senso positivo.

r52 Salv., Gub.,6,13,72-74:72. Sed quìd ego loquor de longe positis et quasi in alio orbe sub-

motis, cum sciam eîiam in solo patrío atque in civitatibus Gallicanis omnes ferme praecelsiores ví-

ros calamitatíbus suis factos fuisse peiores . Vidi siquidem ego Treveros ipse homines, domi nobi-

les, dignitate sublimes, licet iam spoliatos atque vastatos, minus eversos tamen rebus fuisse quanr

moribus: quamvis enim depopulatís iam atque nudatis alíquíd supererat de substantia, nihil autem

de disciptlna; adeo graviores in semet hostes externis hostíbus erant, ut licet a barbaris iam ever-

sí essent, a se îamen magis everterentur.T3. Lugubre est referre quae vídimus, senes honoratos,

decrepitos Chrístianos, ímminente admodum iam excídio cfuitatis, gulae ac lasciviae sertientes.

Quid primum hic accusandum est? Quod honorati an quod senes an quod Christiani an quod pe-

riclítantes? Quis enim hoc fieri posse credat vel in securítate a senibus vel in discrimine a pueris

vel umquam a Christianis? 74. Iacebant ín conviviis, obliti honoris, obliti aetaîis, obliti professio-

nis, obîiti nominis sui, principes civitatis, cibo conferti,vinolentia dissoluti, clamoribus rabidi, bac-

chationefuriosi[...].Cilca1'espressione externihostes,checonnotalapeculiarevisionesalvianeadella Romanitas e delle sorti delf impero rispetto a quelle di Ambrogio e di Girolamo, vd. CosraN-

zt, Romani e barbari, cristiani e pagani, cit., pp. 33s-153 Salv., Gub.,6,13,77-79:'Ì7.í...1 Quídinalianonlonge sedprope eiusdemmagnificentiae

cívítate? Nonne eadem et rerum ruina pariter et morum? Nam praeter cetera, cum duobus ílliepraecipuis et generalibus malis avaritia eî ebrietate omnia concidissent, ad hoc postremo rabida

vini aviditate peruentum est, uî principes urbis ipsius ne tunc quidem de conviviis surgerent, cum

iam urbem hostis intraret t...1. 78. Vidi ego illic res lacrimabiles: nihil scilicet inter pueros differ-

re et senes. (Jna erat scurrilitas, una levitas; simul omnia, luxus, potationes, perditiones; cuncta

omnes pariter agebant, ludebant, ebriabantur, moechabantur, ktsciviebant in convíviis vètuli et ho-

norati 1...1.'19.1,...1 dum bibunt, ludunt, moechantur, insaniunt, Christum negare coeperunt. 1..')'

Sulla città eiusdem magnificentiae (Magonza? Colonia?), cfr. Lacenrucue, Salvien de Marseille.

Oeuvres,2, cit., p. 410, nota 2.rs4 Salv., G;b.,6,14, 80: [...] Quid reliquae in diversis Galliarum partibus civitates? Numquid

non consimilibus habitatorum suorum viîiis conciderunt? [...] Itaque barbaris paene in conspectu

omnium sitis nullus erat metus hominum, non custodia civitatum. [...]. Cfr. P. Pell., 277 -284; Cfr'LecennlcuB, Salvien de Marseille. Oeuvres,2,cit.,p.496, nota 1.

Romani e barbari' cristiani e pagani nena concezione sarvianea delra storia 109

Ma la condizioneperché ciò avvenga è, secondo il Nostro, che tutti i po-poh Romani nominis non periscanò prima oi conelgerri" non venganoannientati prima d'aver perso i vizi. La realtà our ,íJ te-po non gli pre_senta infatti alcun dato confortante in_tale direzione, u p*ir" da quantoaccaduto alTa summa urbs Gailorum,Trcvin, ove i mari e,rano crescentiapur dopo che la città era stata messa a sacco per tre volte155. sperimenta_ta personalmente (ipse vidi ac sustinui) la terribile vista dei caàaveri gia_centi ovunque e dilaniati da uccelli e cani, salviano considera un fatto de_menztale - genus amentiae lo definisce - che pauci nobiles di rieviri so_pravvissuti allaterzapresa della città altro non chiedessero con i rimanen_ti concittadini agli imperatori onorio e costanzo che spettacoli circensi,quasi questi fossero il supremo rimedio per la città disótta. Mostrandosicon siffatta richiesta per nulla scusabili, essi, pur sani. in effetti insanie_bant, date le tanto gravi condizioni di miseria oei ,op.u-uuirruti da supe_rare l'infelice sorte dei morti.

Sicché non è motivo di stupore per lo storiografo di Marsiglia l,epilo-go del susseguirsi di.m.ap su.Treviri: quia te trù excidia non correxerant,quarto perire meruistils'. ciò a suo avviso prova, ancora una volta, chenessuna,Ro mani o r b i s aut Ro mani no mini s p òr fi o, per quanto pes antemen_te percossa a scopo pedagogico dai castighi celesti, sii mai 14yysdsf.rs7,dal momento che i Romani-cristiani, nonostante i pericoli scampati e i re_centi benefici ottenuti di Dio, non gli immolano novae conversionis ho_

, ttl-lu1l

' Gub.' 6, 15, 82: Atqui haec fuerunt fortasse, iam non sunt aut umquam esse cessa_bunt- vdelicet, si 1...1 non cunctoi ferme iromani iominis poputos prius esf interi* quam corrigi,non prius ipsos quam in ipsis ,vitia non esse. Denique briviier ia'p*ioil p'oirrt exctsa ter conti-nuatis eversionibus summa urbe Gallorum, et cum omnis civitas combusta'esset, malis et post ex-cidia crescentibus. Yd . infra, notg 156ss. Cfr.Ruzo, It ,De gubernaÍione Dei, ,cit., p. g5s.156 Salv., Gub.,6,15, 84-85. g7_g9: ga.

f ...1làiort ,,iquidem passím, quod ipse vidi atque su_stinui' uîriusque sexus cadavera nuda, lacerai urbís oculoi incesiantia, aiiuui canruusque lania-la' ["'] 85' ["'] Quis aestimare.hoc amentiae genus possit? pauci nobiles, qui excidío superfuerant,quast pro summo deretae urbis remedio circenses ab imperatoribus postuiabant t...] g7. Quo ma-gis hi' de quibus loquimur, Tcc.ulaydi sunt, quia sani insaniebanl. t..j ss. Theara igitur quaeritis,circum a principibus posturatis? cui quaesà ,tatui,

":u, popuro, cuí civitati? [...] Tantae enim suntmiseriae superstitum ut infelicitatem iir"rurt *oriuor.um. 89. I.udicra ergo publica, Trever, petis?ubi qua.eso exercenda? [".] Non miror plane, non mLiror evenisse *àt"iililià" consecuta sunt:nam,quía te tria excídia non correxeranî, quarîo perire meruistí.157 salv., Gub.,6,16,9o: Haec autem'omnia'iireo copiosius pauro prorata sunt ut probaremusscilicet omnia quae perturimus non inprovídentia nos dei atque'"rgtr;r", ,"1 irrtitia, sed iudicio,s.e.d aequissima dispensatione et digniisima retributiine toleiasse, i"qu, itto*, pnnitus Romani or-bis aut Romani nominis portionem,,quamlibet graviter pragis caeresiibus ,o"rà*, umquam fuissecorrectam. t...1. Va. anche ibid., 6, 17 . 93.

110 S. Costanza

stiae, né gli fanno voto di vivere ùna nova vita158. Pur privi della pacetso e

del benessere dei priora tempora, essi non hanno accresciuto che i lorovizi. Dove sono, torna a chiedersi retoricamente il Nostro, le antiche ric-chezze e la dignità dei Romani? Fortissimi ,i Romani veîeres erano temu-ti, e r populi barbarorum pagavano ad essi tributi. I Romani del suo tem-po sono invece il loro esatto contrario: fiacchi paurosi e tributari dei bar-bari, acquistano dagli hostes - probabile qui il richiamo a Lom 5,4 - per-fino la lucis usura,enngraziano addiritturaibarbarl dai quali compranoeffettivamente se stes si, chiamando eufemi s tic amente m u n e r a l' aur um concui pagano,e donum quel che in realtà è pretium, ossia il ptezzo della piùdura e miserabile condizione di vita. Essi infatti, a differenza dei prigio-nieri che una volta riscattati godono della libertà, pagano continuamenteil proprio riscatto, senza tuttavia mai diventare liberi, giacché i barbari sicomportano con loro come quei domini che per pagare merci danno in af-frtto mancipia dr au non hanno necessità. Peftanto r Romani, mai liberidall'asservimento per cui pagano, senza tregua non fanno che pagare alsolo scopo di continuare a pagaretoo.

158 Salv., Gub.,6,17,93-95:93. Et quidem quemadmodum nullam Romani nominis partempoena correxerit, satís, ut arbitror, iam probavimus: superest ut quemadmoùtnx nec mltnera nec

blandimenta nos Dei corrigant comprobemus.1...] 94.Compensare, credo, Domino Deo nostro,cultu honore reverentía, beneficia quae ab eo acceperimus, adnitimur. [...] ita nos ergo forsítan fa-cimus atque humanis saltim cum Deo nostro retributionibus agentes, cum ab eo bona accípimus,bona reddimus. Í...] pro gaudiis novis novae conversionis hostias immolamus,1...1vovemus Domí-no novam vitam [...].95. Cum haec ergo quae dixímus pro recentibus beneficiis Dei debeant fieri,videamus quae fiant. [...]. Cft. Min. Fel., 32,3;Lact., Div. inst.,6,2,13.

159 Vd. suDra. nota 149.160 Salv., Gub.,6,18, 98-99: 98. Omnia siquidem e diverso sunt: f...f pacem et divitias prío-

rum temporum non habemus, omnia, quae fuerunt, aut ablata aut immutata sunt; sola tantum vi-tia creverunt. Nihil nobis de pace et prosperitate pristina reliquum est nisí sola omnirn crimina,quae prosperitatem non esse fecerunt. Ubi namque sunt antíquae Romanorum opes ac dignitates?Fortissimi quondnm Romani erant, nunc sine víribus; timebantur Romani reteres, nos Íimemus;vectigalia íllis solvebant populi barbarorum, nos vectígales barbaris sumus: vendunî nobis hosîeslucis usuram, tota admodum salus nosîra commercium est.99.1...1 Ad quid devenimus! Et pro hocgratias barbarís agimus, a quibus nos ipsos pretio comparamus. [...] aurum, quod pendimus, mu-nera vocamlts, dícimus donum esse quod pretium est, et quidem pretíum condícionís durissimae acmiserrimae. Omnes quippe captívi, cum semel redemptífuerínt,libertate potiuntur: nos semper re-dimimur et numquam liberi sumus.IlLorum more dominorum nobiscum barbari agunt, qui manci-piaobsequiis suis nonnecessariamercedibus dependendís locant.Similiter enimnos numquamabhac sumus liberifunctione quam pendemus: ad hoc quippe mercedes íugiter solvimus ut sine ces-

satione solvamzs. Commentando alcuni tratti dei citati paragrafi,tlFuzztt,Il 'De g,ubernatione Dei' ,

cit., p. 104, nota 95, scrive: <Aproposito dello stanziarsi dei popoli germanici dentro I'impero, Sal-viano mostrà di possedere un notevole senso della realtà politica, cogliendo la vera natura dei foe-dera 1...1.>>.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia r11

8. Rimarcato al|inizio del settimo libro del De gubernatione Dei lostato di infirmitas ac miseria dei Romanidel suo tffiJ,-óauiano non ri_tiene affatto di contraddirsi n"r,arie.-are che i Romanivincevano e re_gnavano quando -elano

pagani,mentre i Romani ruoi "ont"-poranei so_no vinti e fatri schiavi pur essend a chrtst-rìnr:r"ilr;;ne _ più vortequi sottolineata - che quanti

"onor"ono la Legge divina, ma non se nedanno pensiero, sono_bèn più colpevoli di qu#ii *n-ìJorr"rvano per_ché non la conoscons'ot. ryé giudica invero sostenibile, contro certa opi-nione pubblica, che. sorranro iiguaroo ai giochi

" ;t;;ó;;nosi spe*aco_ri pubbrici i Romani r1u19 n"síi "*i

d"i b;'r;;;;,"" "h:;ilYjo"ri-r barba_ri siano ben più sporchi aé, Éó*ori per lo ,rriu, aalu ràrnotis libido edella fo r ni c at i o fun e s t a .

Egli mette infatti a confronto su questo punto i Rorutnicon le ceterae na-tiones, e in specie .gn qygi popoli da Dio posti * *r:iir" ,à' pubricae e resipossessores ac domini del sol Romanus; óonrtutu quinai "tre

ui medesimibarbari Dio ha dato la iuris optima i,or, ,ot u ai Romani,e parimenti addu_ce atal riguardo re sue argomentazLòni sur iustum iudicium2iyinsr62, aDar_

161 salv., Gub.,'/ , 1, r: Cun in concrusione ribeili huius quí nunc finitus est, de infirmitate acmiseria Romanorum nonnuiladixeri-t ,""rririà"i"rsitan negotio quod nunc agimus, dixísse vi_deamur. scio enim posse hoc t.* t".uxj, ii';';;;r*, probari, quod non resptciat res humanasDeus, quia, cum Romani ,quondam paga.ni

"r" rii7ir, et regnaverinÍ, nunc Chitstiani et vincanturer se-rviant. sfficere quidem ad confutationem obierctionís iri", pii"roli'iù iro, auar* de cunc_ns lere paganis gentíbus dícta sunt, icr est, magís prr.r|.o

1os qui scíentes negregant Legem Deiquam qui non.faciant nescientes.Lo storico oiNllrsigtra si propone qui che àrmostrerà, quandotratterà dei veîeres Romanl, che Dio a ,,"," gi"u;;i roro confronti,-come egli aflèrma in Gub.,,,1' 2: ["'] cum ad eam negoîii parr". orrnírrri*ur" u a" veteribus Romaníi ariqua dicantur, eví-denter divino munere adproba-bimus ,"* iiru- ,unc erga iltos fuísse Dominí favorem quam nuncerga nos íustam severitatem, et tam dignum ittudlu-isse quod Romanos tunc beus auxilÌo suo ex_trlljtrouam nunc clignum esse quod pini*ur. i,i éi-i""aa nà gub";;ii"7f"t'":"':::,Li

lii g'l'"p"'";Ti J#*:'i xffi;'T ffàL':'j'#ÍJ;"':lra' oppure perché l'opera è rimasta incompiura per volontà deir"";;;i"i.'rriì ""r.uo"r*o,

sol_viano di Marsigtia. cit., pp. 64s-;.Lecan i*u","i"nir" a" uoìrritn. óiuiir,'î, "rr.,p.25

e la no_ta 1 di p' 430)' Segnalo. pir inciden,r,cir" r" -iu t -ur."l

zione iustam severítatem,dicui al passo quinportato di Gub',1, 1, 1, non è tare nel'edizi""" J"i i'e"-il";,:';;::ir:;;::f,e, evidente .rro_re di stampa - iustum 1sicl1 scveritatem.roz salv ' Gub"7

'2'7:-sedforsitan, cum de ludicr.is ac foeditatibus publicís ctivitíssime dixe-rtmus, in hoc tantum quis de.teriores "rrl "o,

p*ii"l*u"ri; ù-;";ú""h";:;;;";;"",, nos asrmus;ceterum ipsos carnaris ríbidinís scerere ay*rirottorir1unestae caeno non íta popui. Comparemus,si placet, ceterís nationibus etiam in n", po,t" ioàonos. Et quidem rnr"io oí uiu rectius compa-rentur quam hís quos Deus i:ynlio rei pubricae ,irr' porito, possessores fecit ac dominos sorí es_i*fffi::;r"de.quamvi.s nthit disputai d)'i"airir'b:"i p"ssit, Íamen cum abratam nobis iiris ii-.strt opttr/tam partem barbaris dederit, videamu.s an id qiocl nobit *ti, ,i iju, iià)idir, iusto íudiciotradidisse videatur. rn Gub., z, r, s, quaniunl""-é"iii""" ramenti che ra parnon regna in alcuna

S. Costanza112

tire dalla disamina della riprovevole condotta morale nella società aquitana.

Benché dimoranti in una paradisi imago - così egli definisce I'Aquita-

nia -, i suoi abitanti, primi in tutte le Gallie pet ncchezza, altrettali sono sta-

ti anche per i vizi nòn eguali altrove: nusqwm enim improbior voluptas'

,urquoi irquiruttior vita, nusquam corrupîior disciplinalto: A confermare

che egli non stia dicendo falsità sono gli Aquitani stessi, che peralffo non

maniiestano alcun senso di colpa o segno di pentimento per le malefatte già

perpetrate - tranne perpauci sancti atque insignes viri spogliatisi dei loro

beni materiali e non più perseveranti negli errori prima commessi -ts' Es-

si, perlopiù nobilissimi,hunno condotto una vita che può definirsi unum lu-

panar,nemmeno paragonabile a quella delle prostitute dei pochi bordel-

ii,le quali peraltro non profanano il patto coniugale, che non conoscono,

né rono coipevoli di adulterioros. Qgni città aquitana è di fatto diventata

nella sua parte più ricca e più nobile una sorta dilupanar,ove ogni poten-

te e riccosi è iwoltolato nel fango della libido e si è gettato nel baratro

parte del mondo romano, I'espressione in omni ferme orbe Romano et p&x et SecurÚas non sunr

iembra forse celare <l'attesa óh" lu pu"" medesima s'instauri> (RIzzo,Il 'De gubernatione Dei',

cit., p. 84). D'altronde, le espressionì in medio rei publicae sinu positos e possessores ac dominos

,oli Ro^oni,indicanti unonàunqu" popoli in movimento, non dunque per allora in azione contro

i Romani>>, ma popoli il cui nstanziimènto>> in seno all'impero <sembra un fatio definitivo>, ap-

paiono riferirsi ,.ad un tempo che potremmo dire di 'transizione'>> (ibid.),ossia al periodo frail439

ipu"" "on i Goti) e I US (tneraiione da parte di Ezio di Colonia e Treviri): e <un tempo in qual-

che modo di attesa > era <quello in cui Salviano scriveva'> (ibid"p'85)'163 Salv., Gub.,7,Z,A. g:8. Nemini dubium est Aquitanos ac Novempopulos medullamfere

omnium Galliarum et uber totíus fecunrlitatis habuisse Í...1' Adeo illic omnís admodum regio ttut

intertexta vineis [...]aut crinita mbssibus fuit, ut vere posseisores ac domin-i terrae illius non îam

soli istius portionem quaffi paradísi imaginem possediise videantur. 12.[...] In omnibus quippe Gal-

líis sicut àivitiis primifuere, sic vitiis: iutqro* enim improbior voluptas, nusquam inquínatior vi-

ta, nusquam corruptior disciplina! [...].ls'Salv., Gub^.,1 ,3, t3-i4: 13. [...] ípsos interrogemus a quibus acta sunt: falsum dLrimus, si

negarint! Fatentur enim et quidem,-qioà efi gravíus, sic fatentur ut in ipsa co.nfessione non do-

Ieant.1...1 14. Exceptis to*ri p"rporiis ferme-sanctis atque insignibus viris, qui, ut quidam de nu-

*"ro iproru* ait,l sparsis reàeiterunt crimina nummis' , exceptis, inquam, his loquor, quos utique

etiam in illa tunc generalí admodum conluvione vitiorum recte minorum crimínum reos fuisse cre-

àimur, qrí corrigí a divinitate meruerunt. Non penítus enim dominum suum laedit cui propitiatio

,rr"*oiur. ù q;id ptura? Puto quod semper dium et in ipso errore respexerir ' a quo hoc obtinere

potuit ne cliutiis erraret L espressione sparsis redemerunt crimína nummis sembra alludere a P'

Nol., Epist., 32,3 (Itle [1. e. il medesimo'Paolino] docet fusis redimens sua crimína nummis, vilior

uî sit r;s quam sua cuique salus),il cui passo è stato imitato da Ven' Fort., carm.' 4,5,v.17:' Vit'

Mart.,2,382s.165 Secondo la lex Iulia de adulteriis, dell'età di Augusto, era considerato ùn crímen, lesivo de-

gli interessi della comunità, qualsiasi relazione extramatrimoniale intrattenuta da una donna - ver-

!ine, coniugata o vedova - tranne che non fosse una prostituta: cfr' Cfr. MESSANA, Uno sguardo re-

lrospettivo ai secoli dí Roma imperiale, cit., pp' 17ss'

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia l13

della più sordida conruvio,ha tradito ra coniugii fides e ha demorito i sa_cri legami delvenerabilis conubiunt con dispre"gió oem matrimonii digní_1s5166' Quasi nessuna madre di famiglia fra visó inviolato it ius matrimo-nii,1l ius conubii,eùna matrona -notaSalviano - nooJ*oìto lontana dal_lavilitas delle serve-quando il padre di famiglia sifa marrisdi esse: i ric_chi Aquitani, nitrendo com. auientici cavalli di fronte alle loro vernulae re-putate quasi mandria di loro proprietà, si sono comportati quali stalloni damonta trascinati su qualunqu e femina dall' ardens impudtaliae furort,T .

.Pur esiliati e poveri, da ricchi che erano stati un teépo, olgi molti di essi

- riferisce il Nostro - permangono tuttavia accostumati, *oil da vecchi, al_le loro impuritates rnmezzo igrt hostes,quantunque da Dio consegnati per la]oro

vi.ta impudica propng u barbari.r quart,pudicri, sono scandalizzati dalleimpuritates dei Romani: frai Gothi soltanto .i-Romnnisr permettono, con pre_giudizio per la loro natio e il loro nomen di essere ,*p;;;,;i*ché per i pri-milafornicatio è crimen atque discrimen,menteper i second i i f,ssusrct.

166salv', Gub',7,', 11, lu, 15.ceteri aurem.e,rprurimifermeacnobilissimtprope,idemom-

nes: paene unus Surges omnium gula, paene uru* luporar_o_mniumvíta. Et quid dicam de lupa_naribus? Minoris quippe esse ,criminis-etiam lupanar.'puto. Meretrices

"ri* irà, illic sunt foedusclnublk non norunt ac per.hoc non maculant quod.ig,norant: impudícitiae quidem piaculo suntobnoxiae, sed reatu îanten adurterii non tenentur. Addeiu, q";;;í;;;;;";;;í sunt rupanaria, etpaucoe quae in hís vitam infericissimam damnavere *"rrtir_"r. t6. epuà equitanicas vero quaecit'itas in locupretissíma ac nobilissima suí parte non quasí t ponor yuilz gíJl'porrn u* ac divi_tum non in luto libídinis vixit? Quis non se tarathro sardiclissimae càntuvilnis inmersit? euis co-niugi coniugii fidem reddidit? Immo, quantum ad passivitatem libidinis pertinet, quis non coniu-gem in numerum ancillarum redegit, et ad hoc veierabilis conubii s{tcramenta deiecít ut nulla indomo eius vilior videretur y!ili! lrtprrtion, qui* quae erat princeps matrimonii dignitate?ró7 saiv', Gub.,'r ,4,l:'-lg.:.1'.- . y...i **rrr yàiitias [...] habuerunt quidem murtae integrum íusdominii, sed nullaferme impoilutum tit *orri*inii.[...1 guomris nec potesratem quidem 1ríc ma_tres famílias integram habuisse-licayn, quio quo"ru*que ius conubii inviolatum ac saluum non ha-bet nec domínii sarvum hahet. Haud mitto "ii* ^orràno

abest a vilitate ,r-ori*, ubi pater fami_lias ancillarum maritus est. 78,. Quis autem Aquitarlrum divitum non hoc fuit? euem non sibi an-cillae impudicissimae aut adulterum aut marítum iure duxerunt? [...] Hi autem vere ut admissariiequi non ad paucas tantum, sed paene ad omnes vernuras suas, id est quasi ad greges proprtos,hínniebant, et in morem eorum pecudum qui maríti g7"gr appeilantur,fervidae tibidínis debac_,:::;::: grassantes, in quamcumque eos primumfemir*^ oian^ i*puiiritiiyuror traxerat, ín_

168 salv., Gub -,7 ' 6,21-22.24: 21 . [...] nunc murti ex eis, ricet patia careant ef in comparationepraeteritarum opum pauperes

_vivant, peioresferme sunÍ quamfuerint.[...]22. Add" our"* quocr hnec,ut dixí,faciunt iam senes, atrde quod'paupeies 1...]. euae autem in his spes aut remedium est, qui abusitata impurirate nec miseriaru, ,grttoi, nr, ,irorl*r*tafe revocantur? 1...] sed adhuc tamen acr_dimus' scílicet quod mubi haec agunt hodie etùtm inter hostes siti et cotidiano discrimine ac timorecaptivi' cum4ue ob impurissímamvítam traditi a Deo barbarisfuerint, impuritates tamen ipsas eîíaminÍer barbaros non relinquunt.24. [...] Inîer pucticos borboro, impudíci sumus! plus adhuc dico: offen_

114 S. Costanza

I medesimi vitia,fors'anche più gravi di quelli che hanno devastato lasuddetta società aquitana, hanno trascinato nella rovina gli abitanti delle

Spagne, lacu impudicitia Dio ha manifestamente condannato consegnan-

dole proprio aiWandal/, ossia abarbari pudici e,pufe,infrrmissimi e igna-

vissimi hostes, per dimostfare che la sconfitta dei Romani è dipesa non

dallahostiumfortitudo ma dalla vitiorum impuritas di loro 51s551t6r. E que-

sta per Salviano la ragione per cui Dio, fra tutte le barbarae gentes, asse-

tate del Romanus sanguis,ha dato le più grandi ncchezze della res publi'ca e i popoli più ricchi del Romanus nomen giustappunto in ius ignavissi-tnorL m quondam hostium,benché vi fossero sulla terra barbari più poten-

ti dei VandaliiTo.Il presbitero di Marsiglia inferisce del resto dalla Scrittu-

ra che le sconfitte subite, ad esempio, da Sisara o da Abimelech, dalle ar-

mate assire o da Benadad o, ancora, dai Madianiti (sui quaii, innumera

barbarorum milia,Gedeone fu vittorioso con soli trecento soldati)trt in6i-cano che proprio così il governo e il giudizio divini talora si manifestano,perché l'uomo non riponga la propria speranza in homine.Ma non v'è tut-

tavra Romanus - egli nota contestualmente - che non ne coltivi la presun-

zione, giacché, pur cosciente delle nullae rei publicae vires, non vuol ri-conoscere a chi egli deve il dono di essere ancora in vita in medio barba-rerum gentium,né mai a Dio ascrive un qualche Suo Successo insperato e

immeritato, bensì ad altra cosa qualsiasi: che chiama.fortuna, evenîus, or-dinati o duc um, c on s ilium, ma g i s t e r ium., o p atro c iniuml1 2 .

duntur barbari ipsi impurítatibus nostris. Esse inter Gothos non lícet scortatorem Gothum: soli inter

eos praeiudici7 tuttionis ac nominis permittuntur impuri esse Romani.[...] Impudícitiam nos diligimus,

Gothi execrantur; pttritatem nos fugimus , illi amant; fornicatio apud íIlos crimen atque discrimen est,

aoud nos decus. Cfr. Cosratze, Roncni e barbari, cristiani e pagani, cit.'p.34 e nota26.- 169 Salv., Gub., j ,'7 ,26-28 26. [...] Hispanías nonne vel eadem vel maiora forsitan vítia per-

diderunt? Quas quidem caelestis ira etiamsi aliis quíbuslibet barbaris tradidisset, dignaflngitio-rum tormenÍa toleraveront puritatis inímíci; sed accessit huc ad manfestandam illic impudicitiae

damnationent ut Wa4dqlj;.potissimum, id est.pudicis barbaris, traderentur.2'7. t...1 Quid enim?

numquid ,o, ,roffiiloffiî orbe terrarum bàrbari fortiores, quibus Híspaniae traderentur? 28.

Mulli absque dubio, immo, ní fallor, omnes . Sed ideo ílle iú1mí;;!mi; hosîibus cuncta tradidit ut

ostenderei sciliceî non vires yalere sed causam, neque nosîunc ignavissimorum quondam bg;liUrJl

fortitudine obrui sed sola vitiorum noslrorum impuritate superari 1...1'r70 Salv., Gub.,7,8,29: [...] cum omnes fere,-b^qrbgrae gentes Romartum sanglrjnem bibgriry!'

omnes viscera nostra laceraverint, quíd est quod Deus noster mcixiiías rei publicae opes eÍ locu-

pletissimos Romani nominis populos in ius potissimum ignavíssimorum quondam hostium dedit?

Quid? Nisi ut agnosceremus f ...f meritorum hoc fttisse non virium t...1. Vd. 1'espressione di Gub.,

7 ,7,27 citata alla nota precedente.17r Salv., Gub.,7 ,8, 30-33. Per i rispettivi lociblbltci cfr. Jdc 4,1ss.; 9, 50-53; Jdt 73 ' ll; 3Reg

20,l3-21:. Jdc 7,2.172 Salv., Gub., j ,9,34-35.3'/:34. Audiant, ínquam, omnes contaría et blasphema iactantes,

Romarri e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia ll5

Completamente antitetica a siffatta mentalità dei Romani è invecequella dei Gothi e dei wandali, che, quantunque educati - ribadisce ilNostro - da mali doctores, chiedono nei pericóli aiuto a Dio, e chiama-no munus divinitatis i loro successi. Ne sono prove nell'ultima guerra daun lato l'humilitas dei Gothi, che timorosi confidavano in Dio-, dall,al-trol'elatio dei Romani, che tracotanti ponevano la loro speranza nei chu-nitT3.Eroqvente in tal senso salviano giudica la disfattidel generale ro-mano Litorio a Tolosa, che, convinto di catturare il nemico senza l,aiu-to e la volontà di Dio, fu lui ad essere catturato, irriso dai barbari,mes-so in carcere e qui per lungo tempo consunto a poco a poco da un mor-bo, tanto da suscitare infine pietà persino nei sùoi nsmisitto. parimentieloquente nel medesimo senso Salviano considera la vicenda di reodo-rico I, rex hostium, che in preghiera prosternato su un cilicio fino al eior-

audiant haec spem suam in homíne ponentes 1...1 Quis autem est Romanorum non ita 4icens? 1...]Nullas esse iam rei publicae vires omnium conscientía est, et ne sic quidem agnoscimus cuius hocbeneJiciis quod adhuc vivimus, debeamus . 35 . Sí quando enim nobis prosperiiliquid praeter spemnostram et meritum Deus tribuit, alius hoc adscribitfortunae, alius eveinti, alíus ordinationi tlu-cum, alius consilio, alius mngisterio, alius patrocinià, nullus Deo.1...] 37. Ita et nos licet Deo innullo digne gratias agamus, parum tamen erat sí pro his tantummodo grati esse vellemus quae no-bis ad usum vivendi dedít, cui hanc gratíam tollimus quod nos [...] in medio barbararum genîiumsitos iugí protectione consenat.

r73 Salv", Gub.,7 ,9, 38-39: 38. At non ita Gothi, non íta Wandali, malis licet d.octoribus instí-tuti. [.'.] non ita Gothi, non ita Wandali, qui et in discrimine positi opem a Deo postulant et pro-sperttates suas munus divinitatis appellant. 39 . Deníque probavit hoc bello proximo infeticitai no-stra. cum enim Gothi metuerent, praesumeremus nos in chunis tp"* ponrrr, iili in Deo 1...1. illisením-exaltatio d(rta est pro humilítate, nobis pro elatione deiectio. Vd. nota successrva.

r7a Salv., Gub.,l ,10,4a-43: 4o. Itaque àgnovít hoc ílle dur nostrae partis, qui eandem urbemhostium quam eodem die victorem se intraturum esse praesumpsit, captivui íntryvii.y...1 4I. Nam quiasine divinitatis aurilio ac dei nutu capíendum a se hostem credidù,ipse captus est [...].42. Et qiod,rogo, evidentius Dei iudicium esse potuit quam ut habens praedatorìs fiduiiam praed,a fieret, iiu*-phum praesumens triumphus esset, circum.daretur, corripiretur, alligiretur, 1...f'puerorum ac mulie-rum spectaculumJieret inludentes sibí barbaros cerneret, inrísionem sexus promiscui sustineret f...]?43.[...] Ille autem' quantum ad poennrum magnitudínem pertinet,longo tempore et cliuturnn in ergastulo barbarorum tabe con,rumptus in hanc miseriam redactus est ut,|uod pterumque homines etiampoenis ipsis gravíus atque acerbius putant, in miserationem hostittm deieníret.Cft.fh, prosopo-graphy of the Inter Romtn Empie,2 (A. D.395-52'l),by J. R. Manrmoele, cambridge 2000, pp684s. (Litorius); Lecanructn,,salvien de Marseílle. Oeuvres,2,cit.,p.458, nota 1. Nello sfondo del-l'ampio contesto di cui ai paragrah citati si coglie una situazione di inimicizìa tra Visigoti da una par-te e Romani alleatisi con gli Unni dall'altra parte - la cui intesa in funzione antivisigotica Salvianobiasima -' verificatasi negli anni 435-439, quando Ezio intraprese con I'aiuto ai Attita l,imponentecampagna militare in Gallia conclusasi con la decisiva battagiia di Tolosa (cfr.Rvza,It ,Di guber-natione Dei',cit.,pp. 75s. e nota 16 con documentazione). Tale situazione awebbe poi subìto un ri-baltamento con f invasione unnica, durante la quale sarebbero stati proprio i Visigoti ad aiutare I'e-sercito romano: ma di tale ribaltamento non u'é faccia in Salviano, unà confermà che il 451 debbaessere il terminus ante quen della composizione de1 De gubernatione Dei (cfr. ibid.,p.76 e nota l7).

t16 S. Costanza

no della battaglia, meritò grà in oratione la vittoria dei suoi Gothills.Le cose andarono analogamente per iWandali,contro le cui postazio-

ni in Spagna i Romani mafciarono conpraesumptio e superbia pari a quel-

le pocó tempo prima da essi mosffate nei confronti dei Gothi: all'avanza-

ta clegli avvèrsari tronfiamente confidenti nelle proprie armi e nei propri

alleatì, i Vandali, impauriti e agitati, si opposero aprendo i libri sacri, i cui

Scritti eSSi consideravano quasi ipsa quodammodo divinitatl5 pl'4tzo. \s5-suno fra í Romani,stima Salviano, avrebbe compiuto un'azione simile, se

non a rischio di essere deriso, giacché presso di essi quasi tutto ciò che viè di religioso provoca derisione: eppure si dicono catholici vantandosi del-

la loro fède, e apostrofano sprezzantrr Gothi e rWandali col nome dthae-retici quando essi stessi vivono di fatto nell'haeretica pravitas e neIla ca-

tholici nominis praesumPtiotll .

I fatti di cui sopra provano, per lo storico di Marsiglia, come Dio giu-

dica sia i Goti e i Vandali, sia i Romani: mentre ogni giorno i primi cre-

Scono prosperano e fioriscono, i secondi decrescono Vengono umiliati e

inaridiiconb, proprio come occorso a David e Saul di cui a 2Sam 3. I i78.

175 salv., Grró., 'l ,10,M: [...] ipse rex hostium, quantum res prodídit ac pnùttt it. usque ad diem

pugnae stratus cílício preces fuclit, ante bellum in oratione iacuit, ad bellutn de ttralittne surrexit:

pnusquam pugnam manu capesceret, supplicatione pugnavit, et ideo.fidens pft\'essit ad pugnam'quía ia* meriercrt in oratioie victoriam. Cfr. The Prosopographt' of the L.iler Ronnn Empire,2,

ói ., pp. 1010s. (Thodericus 2),fra le cui fonti citate non figura. però. Salr iano: Lrc,qRrucuB, SaI-

vien de Mar s e íIIe. A euvre s, 2, crt., p. 4ffi , nofa 2.176 SaIv., Gub.,j ,11,45,46.. 45. Non dissimiLiter autem illwl eriont ,t,utl llttndalos: ad quos cum

in Hispanía sitos nostra pars pergeret tantamque ad debellandos e()s prd€\utttptionis fiduciamferretquanîam etiam proxime ad Gothos, parÌ superbiae fastu pari g.vi1;1 l pnruerltnt . [...] ConJidebamus

ànim in sapientia nostra et fortitudine 1...1. 46.f ...1 cum annis n,,t ùtquL LtIL\iliis superbíremus, a por'

te hostium nobis liber divinae legis occurrit . Ad hunt enirrt fr(tt t ti)ttt t 'Pen timor el perîurbario r:r''

Wanda!ica tonfugit ut sericm nobis eloquii caelestis oppùncrtt .t tk!\ersum venienÎes aemul,'' "sacri voluminis scripta quasi ipsa quodammodo di'initatis ord rt'\(t'dret. Salviano ha vivissim,' 'cordo degli avvenimentidel 439, come lasciano ben intendere la eii regístrata espressione beli ,

ximum(id. supra,nota 173) con cui egli si riferisce all'attacco mosso in quell'anno dai Ron:--: . '.

gli Unni loro alieati contro i Visigoti, e ora il paragone dellt prue.sutnptio tomana ad Wand"

lardos conquellaadGothos.Cfr.Rrzzo,Il'De grbernLirir'ne Dei"cit',pp' 82s'r77Salv, Gub.,'|,11,47-48 47.[...]quishoc unuluturtanostispartibusJècerii " '

ínrisusfuerat,siputassetessefaciendum?Inrisusutitlue.sicutanostisomniafert'. ' - '';r;'dentur. Et ideo quid prodesse nobis praerogatitct illtt relieiosí nominis potest, qtu',; ' ..:;:";"esse dicimus, quodPdetes esse iactamus, qttotl Gothos ac Wandalos haeretici tt, '': t1n'FrL'

tione despicimus, cum ipsí haeretica prat'itate |itantusl -18. t...1 Quo utique (t\1,' " " 'iitLtd l'superflue nobis catholici nominis praesumplione plaudtuntts.' tí454u., Gub.,7,11 ,49:l...leuideninrr.el denohisveldeGothisacl\ú,'..:^ i)tusiudict:res probat: illi crescunt cotidie, nos decrescitrttts. illi proficiunt nos hum.ilittn::,' ':"rent eî tÙ

arescimus f...1.

Romani e bmbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia rI7

Appunto per 1l praesens iudicium diDio la ge.ns ignavissimadei Vandali,causa di pernicies.ac dedecus per i Romani inuuó"nao "rtta

dopo città edevastando tutto, è passata daila Gleimania prima- di nome barbara maRomana per l'obbeàienza - ara.regio Bergarum,al territorio dei ricchiAquitani luxuriantes - ar corpus di tuite re 6.]11;o,",,r, |sii q"i. per paura deivisigoti, all'Hispania. E in spagna i vand uri, ro*'iiiilos e triumphan_tes,non temevano certo di fermarsi e di restare,.onuinri.om,erano chele forze della Romana res pubrica,pur con r barbarortrm aux,ia,non po-tessero eguagliare.le loro. Eppure firono dalla caelestis manus e dal divi_num iussum spinti a parsrté in Africa e devastarla: ciò fecero i barbari,loro malgrado, per le gravi cotpe Oeìn 6ynsni180.Presso gli Afri, dalleconomia assai prospera grazie a the.sauri e nego_

,r,#,ÌÎ:;i:!;;1,;t3'*t ludicamur itaque etiant praesenre iudício a deo, et ideo excítata est in

transiens,universa**i;Ti.:;!,;f#:W":,tr:#,::::,?i::X#::,::;:;::::r;":;'ib-qyq4-Qlcione Romanam; posr cuius primum exitíum'irsit ,;sig B;;s;;;;, a'íira, op^ aqurmro_rum lu:curiantíum et post iro", ,orprc o*o.i'u*'couiorum .rzi,p1-rirri*";;;:;r,, tamen, ut, dumpars clade caedirur, oars

11emnr2à.ry"n/r^",òu*ro a rapido accenno ai suddetti eventi _ veri_ficafisi,affermacontèstualrnenieSalviano(cfr-eriodvuft., Se1ry.detemn.barb.,6:CoLrRCELLE,lr^ît.litt'' cit', p ' 150, nota 6 e passim,rui .ui oii"ntaìoJJtr e g-rudlzr non concorda, a mro avviso con va_ridi argomenti, Rtzzo.rt ,?:f:?:,,:,:l::;;;;:,;i;

,:w B*s),pauratim.perché i corpi subiti da unaregione fossero d'esempio a-un'altra per emendarsi -, non bisogna cercare in esso una testimonian_za sul'esarro itinerario àei vandari r.ii. crr. èÀ*tà ts, Les vandare,s,er-r,Afrique,paris r 955, p. 42).sulla Germania prima, barbara.. ì"r*;;,;rrggJìr a,n-., 15. I 1. 8: Deíi prima Germania, ubípraeter alía municipia M"q?:rfu:!! e't er'vang7ínes et.Nemetae et Argenbr;tus barbaricis cracri_bus noro' circa la paura dei-vandati nei confroritiJ"i virigoti cfr. Iorcl., Get.,31. 162.r80 salv'' Gub''7 ' o' j';)]^:-l:.:À.í^i'"i'i*qîta abduc'tae a soto patrio degere inrra Gailiasnon potlrerant? Aut ut non degerent, quem timebànt Qule^inlysae a nobis usque ad ternpus iludcuncta vastaveranÍ? sed esto, intra Gallias formidabant! erid itt Híspania, ubi etiam exercifus no-stro't hellando contriverant, numquid consister" i,ìi p"rrrorrre nrctuebant, iam victores, íam trium_phanîes' quibus usque ad hunc fortituitiit i"t*^'í)nngerat ascencrere ut post expertmenta beridtu parati intellegerent sibi Romanae ,"t piotirài ,'ìr"s etiam cum barbaroium auxiliis pctres essenon posseT 54' ["'] sed itta utique caeresis -onu-, t'...) ,,io- oi ,àlànrt*';;:,;"* tansire coge-bat' Ipsí deniquefatebantur nan.suum,esre quodfarerent: agi enim se díviio iussu ac perurgert.Ex quo intellegi potest quanta-sínt mala noitra, àà-quo, ,ortord.os atque crucianaos ire barbari(ompelluntur inviti 1...1. Cfr. Claudian., n. Cirn'.,Sqjrr_.; Socr., Hist. eict.,i,ér., Soz , Hist. eccl.,9, 6; possid., Vt. Aus..28,4; procop., '1.

u"li.,'i,1,25; Corncru_r , ufst. ntt..,.it., p. 3t, no,u LIn garbata potemica ion il raganigue, il nirr" ,"r#". - a mio giudizio correttamente _ che Sal_vrano non è colpevole di silenzio sulle atrocità .o.À".r. dai vaiaari n ai.i*, "

cita in tal sensodiverse espressioni da vari paragrafi (52, 54,0i, sa, sor der iibro vII der De gubernatione Dei:<certo, si tratta di espressioìi iricui, perdir'"*i,"ri'ro*oru sul terrore vandalo, ma la menzionedei fatti è in esse conienuta |on esattez'za.Del resto, il motivo da cui scaturiva l,addorcimento delporsi di Salviano a riguardo di questivan;"h;J;;;;i"se dalla dichiarata manifesrazione che l,au_tore stesso fa del proprio ounto di vista: tpti a"niqíl yarroo,rrr, ,'l rir*'Jrrîi'qroa nrrrent (7 ,54t- (Rtzzo. il 'De g'ubernarione Dei.. cilí.. ;. ;;:.;

118 S. Costanza

tiatio e promptuariatsr, vr erano infatti omnia simul improbitatum atqueimpuritatum g€ner(rtzz e, quantunque nessuna Romana civitas ne fossesssnfs183,I'intero Africae territorium- ad eccezione dipaucissimi Dei ser-vi - era diventato domus una vitioru*n+ (fra i quali l'avaritiae inhumani-tas , un male proprio di quasi tuttr i Romarzi ) in modo del tutto peculiarel8s .

Negli Afri Salvtano non nota alcunché di buono, che riscontra invece, e lopunfinlrzza, presso le paganae ac ferae gentes,le quali accanto amalapropria hanno anche quaedam bona'. i Goti sono peffidi ma pudici, ghAlani impudicimaminus peffidi,i Franchi mendaces mahospitales, i Sas-sont crudeles ma casti186.

Uaccenno al radicato e incessantemente praticato vizio dellafornicatiopresso gli Afrirzt dà motivo a Salviano per trattare ancora del caso, in pre-cedenza appena sfioratot88, di Cartagine,princeps et quasi mater di tutte lecittà africane,e in Africano orbe quasi Romn'. un tempo in possesso di tut-to quanto permette di organizzare e reggere una res publicatao - mimrln-mente descritto dal Nostrorm -. Essa. urbs Christiana ed ecclesi.astica evan-

lsl Salv., Gub.,7,14, 60: [...] Ilbi enim maiores thesaurí, ubi maior negotíatìo, ubi promptua-ria pleníora? [...]. nota 1p.472.

t82 Salv.,Gub.,l ,13,56:1...1 Nisiforte Afros hoc non meruísse credímus, cum utíque nulli ma-gis, utpote in quos omnia simul improbitatum atque impuritatum genera confluxerint.

t83 Vd. infl-a. nota 185.184 Salv., Gub.,7 ,14,58 Exceptis enim paucíssimis Dei servis quid fuit totum Africae territo-

rium quam domus una vitiorum t...lZ t...1. Sviluppi ed esemplificazioni nei paragrafi immediata-mente successivi.

185 Salv., Gub.,7,15,62: t...1 Praetermifto in aliquo rabiem cupiditatis, vitium rotíus generishumani; praetereo avarítiae inhumanitatem, proprium est Romanorum paene omnium malum; re-linquatur ebrietas 1...f ; taceatur superbia eî tumor f...f ; transeatur denique prope omne fraudium,falsttatum, periuriorum nefas: nulla umquam his mnlis Romttna cívitas caruit, etsí specialius hocs c e lus Afro r um o mnium fuít.

186 Salv., Gub.,7 ,15,63-64: 1...1 Nullam enim improbitatem scio, quae illic non redundaverit,cum utique etiam paganae ac ferae gentes, etsi habent specialíter m.ala propria, non sint tamen inhis omnia execratione digna.64. Gothorum gens perfida sed pudica est, Alanorum impudica sedminus peffida, Franci mendaces sed hospitales, Scxones crudelitate ffirí sed castitate mirandí:omnes denique gentes habenî sícut peculíare mala ita eti.am quaedam bona. In Afris paene omní-bus nescio quid non malum.l...l.

187 Salv., Gub.,7,16, 65: [...] quis nescit Africam totam obscenis libidinum taedis semper ar-sisse [...] ? Nam l..l illa abominandis iugiter fornicatíonum ignibus aestuavit. f ...f .

188 Vd. suDra. nota 151 .

189 Salv., Gub.,'7 ,16,67: Urn tantum universarum illic urbium princípe et quafl matre con-tentus sum 1..1. Cgrlhgginem díco [...] et in Africano orbe quasi Romam: quae mihi ideo in exem-plum ac testimonium sola ifficí|, qiia universa penitus, quibus in toto mundo disciplina rei publi-cae vel procuratur vel regitur, in se habuit. Cfr. L. Cnacco RucctNI, l/ Tardoantíco: per una ripo-logia dei punti critici,inin Storia dí Roma,III, 1, cit., p. XLIII, nota 35.

1eo salv., Gub.,7, 16, 68.

Romani e barbari, cristiani e pagani nelra concezione salvianea dena storia 119

gelizzata a suo dire dagli Apostollr', si è macchiata di crimini gravissimi:orfani venduti, vedove persèguitate, poveri afflitti chiedevano a Dio quarerimedio ai loro mali peisinol'odreniu, hortiu*,,riir"gr""o"ri infine alleeversiones dei barbari, del resto in passato sperimenti" pe. auerl" subiteda parte dei Romanitsz. Cartagin , ui t"-po stesso, bruciava di tutte le ini_quitàte:; non aveva unapiazzlo una via.ch. non t*r. u'lulanur, e i suoicittadini puzzavano - ut ita dixerimscnve per inciso Salviano _ caeno ri_!idi-r1is, appestandosi I'un l'altro col nauseabondo impudicitiae niclorls4.brulicava di fornicatori.e adulteri (si sa, egli chiosa, che un solo adurtero èfn sradg di infangare l'intera comunità ecólesiale), ó pur" ài-o-osessuari etravestiti (egli ne riferisce con le parole_ di Rom t' , Zl _aii;r, il cui scelus,visto come un crimen dell'intera res publica, riduceva in cenere |univer_sa dignitas del Romanum nomen.chè avvenisse infatti in seno a}a res pu_blica un execrandissrry."y nefas quale quello che si censumava appuntonella civitas Romana di cartagin",r'urb, più illustre

" pì,: ."r"ure d,Afri-ca. era un vero e proprio dedecus per il Romanum impàrium,llquare, nonimpedendo che fosse perpetrato, àava la_chi*u i*pr!rri"r" ai approvar-

lo1e6' E così gli Afri -atguisce lo storico ol vr*riÀr-iàli"àr"ìrrra scorta di

191 Salv', Gub.,7,18,79;{...r In urbe christiana, in urbe eccresiastíca, quam quondam doctri-nis suís apostoli instituerant, [...] ' Pur ," c u".oriÀii" che il vangelo ,i. girjrr","l" africa in età apo-

ifl:l;Hà: f l#1il:"""ia attestazioni oltre a queua salvúnea: .ri,L si*u^, cartagine (r.-

r92salv.' Gub',7,16,71:{...lproscríptionesdicootfanorum,viduarumffiictiones,pauperumcruces, quí ingemescentes cotidie ad Deum ac finem marorttm í-fi:lrlr"rZr,'quort gravissimumest' interdum vi nimiae amaritudinis etiam atlvintum hostium posiulantes, atiqulando a Deo impe-trarunt ut eversíones tandem a barbaris in commune ,"tnr"rrliràìoor-;;;;;;;;;"r, ante torerave_rant ' Qui si coglie un sentimento analogo a quello da Salviano mtrou,o - .o-" r,o già rilevato (vd.cosraNza,Ronaniebarbari,cristiani"pag""i,iri.,p 3g)-neiconfronti deraverevicluadicuiatt'Episata t 9\ R:7y, il ,De gubernaini* oLi;, i".. pp. 78s.rvr sarv ' Gub',7 ,16. 70: [...] video urbem omnium iniquitatum genere ferventem f...].rea sarv., Gub.,7 , 17 , j2-73: 72. t...1 o"lr" *i^fi.tit pars

.cit itaris non piena sordibus, quae in_tra urbem platea aut semita non.lupanarll...l.lZ l..l Faetebant, ut ita dixerim, cuncti urbis illiuscives caeno libidinis, spurcum_s-ibtmetipsii mutuo imiudícitiae nicrorem inharantes.les Salv', Gub., 7, 1j,75-76s.:.75.'t...i o;;;;;'fornicarius, non adurter, et hoc sine cessatio-ne' stne termino? 1...1: quae .spe.s

in illo populo essà poturat, ubi cum unus interdum adulter ple_bem ecclesiastícam polluat, ibí inter illa'toi mitia, si àihgentissime quaereres, castum vel in eccle-sia invenire vix posses.76s. t..J lilucr gravius ,t' irrirrtrrr, quod ilIa de quibus beatus aposîorusPaulus cum summa animi ramentatioie ,orqu"ririi,'i, ayri, po"n" ,*úi'lr**: sclicet quía'masculi, relicto naturari usu feminae, exarsàrunt n' aniàiriií-r"i, t"rirr7i'.1', t..J. cfr. Apul.,Met.,26s;Prud'' Ham.,282ss. sul pericolo che irfacinus di uno solo ner popurusDei provochi larovina di molti cfr. Gub.,7,19. g1s.196 salv', Gub','7,19' 83: [...] tale hoc scelus crimen etiam totius rei publicae videbatur et uni-versa Romani nominis dígnítas facinoris prodigiosi inurebatur infamia. Cum enim mulíebrem ha_

I

S. Costanzar20

Rom l,zJ -28,1e cui pafole egli intende da Paolo rivolte non certo a bar'

barae ac Jèrae gentes,ma ai F.omnni -,pur non potendo in passato vince-

re i Romani imperio ac sublimitale, li hanno infine vintr impuritate,senza

peraltro provarne vergogna neppue pubblicamentetw'

9. Condizioni e tatti come quelli da lui denunciati a carico degli Afri

Sarviano afferma non essersi verificati frale barbarae gentes,nessuna del-

1e quali li ha comunque mai permessi publica impunitate. Neppure agli

stessiVand ali,vastatàres Afroium,egli ascrive alcunché di simile' Da sem-

pi. ,norig"raii e casti, essi avrebbeio potuto anche abbandonarsi' gonfi

d,orgoglioearrogantiperlavittoria,'allalussuriaintenad'Africa'dovep"rrínJtu natura remUàua quasi similis lwrtu'ianti' Ma non lo fecero' Ten-

nero invece, pur vrncitori, una condotta non peg-eiore di quella del popo-

lo Sottomesso, e nessuno di essi, nonostante le enormi ncchezze a loro dis-

posizione e il conseguente lusso, divenne effeminato - a differenza persi-

no dei nobiles Romini che lo efano abitualmente -, né ebbe turpi rappor-

ti con Romani molles.Non si sporcafono pertanto del fango di vitia e im-

iiiirtirtin cui affogavano $i-a1r;tvz - teitimonia lo storico di Marsiglia'

bitum viri sumerent 1...1, atque hoc publice in civitate Romana, urbe illic summa et celeberrima'

auitl aliud quam Romanr iiperii dedecws erat, ut ín medio rei publicae sinu execrandissimum ne-

7^"rí','r*íiiitr'ti*-iii ítrr;;i;Aatíí; masna eî potentissima' quae i.nhibere' scelus maximum

potest, quasì probat debere fieri, si sciens patitu, peipetrari; in cuius enim manu est ut prohìbeat '

'iuber agi. si non prohibet admirri'

re7 Salv., Gub., j, tt,-ii-,1A,71 .1...1 Numquid hoc beatus npostolus de barbaris ac Jèris gen'

îibus dixit? Non utique, sed d.e nobis, id est spiciatiter de Romanis; quos quidem Afti, quia nequa-

quam olimvincere imperio ac sublimitate vaiuertmt, quod potuerunt unum ',impuritate vicerunt'[ ""7

18. Sed forte id vel occultum quod loquimur erat, ait saitim hoc providebant procuratores publi'

,o, porii* disciplinae ,n orilo, civitatis scelera propalata polluerent' Í"') Supra omnem dutetn

monslruosi piaculi exsecrationeftl est scelus summum'admitlere et pudorem sceleris non lmbere '

198Salv,,Gub.,1,20,84.87:84.[...frequiroinquibushaecbarba'rk.gentibusaut.factasintumquam aut fieri publico' i-punitote iicierii._Oeniqie [..,] ipsos illos Afrícae vastatores \ftorum

populis comparemus. viieoír, q"ia simile a wandalis factum sit.85 . Et certe barbarí, elatione îu-

midi, victoria superbi, airii.or",r, ac deliciarum ffiuentia clissoluti, qui profecto eîíamsi conttnen-

tissimi et castigatissitnr semper fuíssent, mutari tamen latúT rerum,obsecundantium felicitate po-

tuerunî, ingressi scilicet, ut'in iit,ínis litteris scripturn est terratn lacte ac melle manantem' fcfr'

Ex3'8;Num73,21]Jècundam,opulentissimam,omniumdeliciarumcclpíisquasiebriam:inquautique minime miru* 1ue"ri si in uriorrnt gens barbara, ubi similis quodarnmodo luxuríantí erat

ípsanatura,s6.IngressoshaeclocaWandalosquisnonputetomnisevitíorumatqueimpuritatumcaeno inmersisse aut 1...1 sittim íIIa fecisse quai ab Afris iugiter fac,ta fuerant, in quorum iura mt-

.grarant? Eî certe, si ea tantum, coníínentissimÌ ac mórlestisiimi iudicandi eranî, quos nonfecisset

corruptioresipsaJèIicitas.Quoîusenimquisq.uesapientiumest,quemsecundanonmutent,cuinoncrescat cum prosperitate íitiositas? Ac'per'hoc temperantissimos fuis^se lryandalos cerÎum est' st

quales illi fuerunt ,tui ,opti" i, ,,uiiugoti ,rnt, tates itli fuere vicÍores ' 87 ' Igitur in tanta aftTuentia

Romani e barbari' cristiani e pagani nelra concezione sarvianea dela storia t21

che mostra di ben conoscere anche l'invasione vandala dsll,{f1is.rer _.. Già d.a lempo i Romaniconsideravano, invero ,ramoilitielsuna virtù più

che un vizio: non dunque, precisa Salviano, esclusivamen te iRomani huiustemporis . Egli fa a tal riguardo puntuale riferimento non ii- Ro*ani anti_qui,ma ai Romani corrupti e dîssoruti - più simili u è;r;;;di caronianamemoria, per così dire, che a Romani -, p". i cui costumira Romana resnubltgl aliquando patitur quotl iam diu mereturzoo. pur se la suddetta for-ma di impuritas ha avuto inizio presso i Romani prima dil chrrsti

"ran_gelium,essa - cosa ancor.più.grave per lo storico ài vta.rigìia - non è ve-nuta meno dopo la pubblicazione dei Vanseli.

-. ,Anche di qui la sua ammirazione per iùandari,che, pur sensibili are de_liciae dei corrotti Romani, hanno ripudiato le corruptelae dei roro mores,provando abominio qel la prostituzióne maschile ",

pu*,p"r quella femmi_nile, detestando luoghi malfamati e bordelri, rupporti . éénàiti camali conle meretriciz}l.}daiigrande merito che Salviano riconosce ai Vandali con-siste non tanto nell'avere essi evitato le res foeda oi cui sop.a, quanto piut_tosto nell'essersi adoperati perché gli altri non se ne macchiassero: chi agi_sce non solo per essere bonus,ma anche per far desistere gri urt,i dall,esse_rc mali, è da lui definito quasi unpro curoto, sarutis hvTnc;neszoz.

rerum atque luxuria nullus eorum mollis effecîus est. Numquitl parum vùletur? certe familiariteretiam nobíles hoc.fuere Romani! f ...1 u"ttit vel qui Roman-orum ilic mollium pollueretur incestu.Diversa da quella di Salviano la testimonianza di procop., B. vand., r, 17, 9s; 2, 6, 6. cfr. coun_rots, Les .Vandales. cit.. p. 22g: ínfra. nota successiva.

'"''["'l a proposito delle atrocità di Genserico uno storico come il courtois ha sollevato dub-bi sull'attendibilità dell'antica tradizione di questo perioilo. Il filone rappres""t"t" a" salviano, per-tanto, si fa per noi artera vox,esplicita a vorte, aIúsiva_in altri casi. $:;;;;à" dei vandali, es_sa si attenua, ciò fra I'altro rendè giustizia storica dell'ìntera vicenda vandala globalmente consi-derata: sebbene avessero già vinto una volra su s""if..i" àì";;il;;;ffill,"ui-u,u rnvìata dal_I'oriente, infatti, questi Vàndali avevano tolto - non certo costretti - l,assedio da Ippona ed eranovenuti a miri condizioni di pace nel 435; essi erano infine rimasti ;.p; t;* ;;";iuilri fino at 439>(Rrz;.o. Il ,'De Buler1ayinry Dei' , cit.,pp. g1s. con not" :t

" :Z;.zwsalv..Gub.,7,20,87-gg:

[...].certehocapudRomanosíampridemtareexistimatumestutvirtus potius putaretur esse quam vitium,.et illi se magís víritis fortiudinis ,lsr) ,*aur"nt qui ma-xime viros feminei usus probrositate fregissenr. ss. i-.i hoc Romani ,o, iriui i*pnris , atÍamen,ne veteres accusemus, Romani, sed non antiqui, iam scílicet coryuptí, n* iiitttii, iam sibí ac suisdispares et Graecis quam R.omanis similioris, ut [...i minime mirum sit si Romana res publíca ali-quando paritur quod iam diu meretur.

zur salv" Gub '7,21,89: Haec ergo impuritas in Romanis ante Christi evangelium esse coe-pit et' quod est gravius, nec post_evangelia iessavit.1...1 eui 1scil. wanLiatiljio"à"Lirio, corrupto-rum hominum indepti sunt quocr corrupteras morum'repudiarunt, et urr--bor*r- rerum possi_denÍ, malarum ínquinamentavitantes.i...l obo^inàti "ntm

sunt virorum impuritates.1...1 abomina_ti etiamfeminarum, horruerunt lustra ac lupanaria, ho*uerunt concubitis contacrusque meretrt-

IZZ S' Costanza

I Vandali hanno infatti realizzato la loro opera mofalizzatfice nelle ci-

vitates Romanae allontanando da esse ogni fòrma .di carnis. impuritas.,E

ci sono riusciti ug"rrlo "tuttamente

al co-ntrario dei Romam, i quali - de-

nuncia Salviano _ Sono soliti proibire, a parole, azioni moralmente Scor-

i"ti" "t" poi, però, essi stessi òompiono.

-Co-e quando legiferano contro

ii iurto, oì, uairrt".i", Àa di fatto eisi furantur , aîzi agunt latrocinia , e so-

noiprimicheadulteranl.ocomequandoungiudicepuniscel'autorediun feato, quale ad

"r"*pl" il peculàto, la rapina, I'assassinio,l'effraz\o-

n", " fu spogliazione:-tiu "gti è, in effetti' p.eculator::?!'o^'' gladiator'

eversor urbium, expoliator irovinciarul2$ ' [comportarsi così sono non

,àii"ra Àfi uo*iniA'poi"tó, t" cui cariche sembrano quasi conferire loro

\l ius exercendorum latrociniorum, ma anche quanti, ormai divenuti pri-

vati cittadini, tali cariche non rivestono più. Per costoro non hanno alcun

""i"i" gri smtuta legum,che invece sonò tenuti

"d ::Ì:T:-1"]:iT:l:el;i"r;itrt, gli abiàcti,i paupercul1, proprio cole lnigamente

questr so-

no obbligati a pagare i ff;bu;a,in ossequìo alle leggi di per sé giuste e da

Ioro,minores, considerate quasi sacre, ma dai maiòres calpestate quasi fos-

sero un nonnulla2o+. BUt""é -imarcail presbitero di Marsiglia continuan-

do a riferire dell'opera monlizzatnce déi vandali -, essi non soltanto non

inhonesta horrere, non tollere: illud magni ac singularis est merili' non solum ipsum labe non pol'

lui, setl provictere ettam n, u*quo* alii poltu.annr. Procurator enim est quodammodo salutis hu-

manae, qui non tantum A ogiii, ;p,r, boius sit,-sed efficere et hoc .nititur ut alíi mali esse desistant'

203 Satv., CuU.,l ,2t,61', i.'....."òiit ,rratt Wandàios in civitatibus Romanis istafecisse? Remo-

ta quippe est ab illis o*niilloirirT*puritas. At quomodo remota? Non sicut removeri aliqua a Ro'

manis solent, qui stoturni ià,r Juronau* et furanfur, qui statuunt non adulterandum et primi adul-

terant. euctmrts paene ,'"""pitt'"* aicere'quod fureitr, 'on enim sunt quae agunt furta' sed la-

trocinia. punit enim iudex in alio peculationem, cum sit ipse peculator, punil rapinam, cum ipse sit

raptor, punít sicarium, ri^-ipi" ,it Slodiator, punit nSroitorit clau.storum et ostiorum, cum sit ip-

se eversor urbíum, punit expLlforo,à, domorim, cum sit ipse expoliator provinciarum' Cfr' Lecen-

iàus, Salvien de Marseille' Oeuvres,2' cit" p 496' nota 1'

204Salv.,Gub',7,2|,92-93:g2.Atquehocutinamillitantumquiinpotestat.eSuntpositietqui-

bus ius exercen loru* bílci'oiorum hàno, ipse largitur! Iltud g.ravius ac magis intolerabile quod

hoc facíunt et privati, *ir*'"*" honoríbus'functi! Tantum eis indeptus semel honor dat beneficii

ut semper habeant ius laTocinandi. Adeo etiam, cum destiterint ad idministrandum potestatem ha-

bere publicam, non arri*ll't"io*r, oa kÍrocinandum potesîatem habere .p,rivaîam \:.r":13_U-'j,i,quid valeant ,totuto Lngu*i., ecce quid proficit definitio sanctionum, quae ílli spernunt maxtme qut

";';r:;;;." sl;;''aà virnràu- numitei abiectique cogunîu.r, ymtellul.tur ulssis obtemperare pau-

perculi, et nisi obtempe,ol'-'in', puonntur' Ea;dem ínim in hac re rationem habent quam in tribu'

tís: soli iussis pubLicis ,r,*iiuni,iiru, soli tributa solvunt . Ac sic in ipsis legibus et in ipsa iusta re-

rum praeceptione maxtmum iniustitiae scelus agitur, cum ea minores quasí sacra observare cogan'

tur, quae maiores *surí'qràrí'"'uiii.-rin*rcoíL..Su11a rapacità e disonestà di funzionari' che nel

tardo impero romano abusavano del loro potere, rinvio agú studi (e alla relativa bibliografia) di cui

suora, alla nota 49.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 123

sono stati sporcati daile s uddetteimpuritates monstruosae delre cittàd,Afri_ca e principalmente di cartagin;,';" ta.les baibar"iol"r*rrdandam no_s trarum turpitud i n um r a b em"e xri iei unt : hanno f";;; ;;parire dal suoloafricano la macchia dei riri ;;;;;r'i grllrg alla prosriruzione femminileda essi aborrita, l'fa.ngo i"fir" ,r"Oi. ??^r.e", "onr"!uir" tale scopo nonsr sono certo avvalsi di una iussio,no tanno m;il-;"e re prostitute,

2!!:::,i:fr*!;!,:::,giacche-p-ec:,'à,oouy",,",;Jànunopeccatorumre ar letro -u.i;ì.':T.,fi#:l'.fi:",1" ::4i'*"oi sprngerte l'1rr"i"p*lís i n on ";;; ;;;,efa*e

" ;i ;;; ;;;'l;;:

"1ff il:ì? *#lT,:lf*niugalis custodia per di più le *"rr"uu al riparo dal pericolo di ricaderenelle consuete impuritar", Oi pri_uri

Le leggi dei vandali *r. """primere gli abusi in materia di moralitàsessuale sono per Salviano b.r dil;;;" diquei i;r*;;;rcreta chehan_no proscritto l'adulterio

".iono.rorànte non hanno impedito |edificazio_:" 9"-t lupanari.I Vandali fr*r" i"i"it'aoutteriàe,ler"r,eil;;;;;;;,;;;#1i;t:W":i:rt3"%;*H:T:l:trambi i sessi' non 11*9 p";;; ;tÉ our r"eiiù-à r"ttà.oniugure si eva-tr:::J:;?:;::;,,:!;!;i;í;ìil;;;noniÉ.i,oìtG;ma*riaquod

,,,,ili,lîl:|,f:!;,1"' ,7,:ni:,1,::! !':'*"s oyinpe ptenas ruisse impuritatibus ,

?::,: *:,;"r,1;:;q;ii:,í:.if,íi,'1"';;ii;;;;;;yi:#i##ii::,íi#;i"'itr#!#;í:

bem extÌterunt? Absrurerunt^iri- a, tr"íiíí"íír? i?rg virorum morium, contagiones etiamff7:';i#**"cum' nec horruerunt tantum autt tim

206 Salv., Gub..7.r, n, n* ou':".'-::":.,-*orarrc summoverunt' sed penitul i"*

'oi-l'-::t::i::;:'";;; ;r;,fÍ::;::iij:ijìn:fí!;!::,,::;r,:;,,ffi:i::!:::",",,!í;:,í::f:;,,:::,#;{í::Ìì!ií#"w:!iíí:;:.#r:;íw:;i!:!!in;:::n;::::;

';:2,:,,:,",f ii:::tffi!::::;:::;;íi"::,í,::I;:;n7*:;:i;f ",m::##:#;#:!:::l:tiil:Wí!ir:::"::::it1:':;::,2Í;'!:r"in-r:i:::i:iiymj;:"t*.ti oa lilroiuirríZiil"^ servare nescirent, et adh.aerente eis iu'giter gubnrroruto maritari,t,oaio oo níroúií,"';::f;:"."'suerudo ante acîae i*purirorii irtí)'i.iíí),uro6, tamen cu-

,,,0",,0ì!,1,i;'"o,1!;,1;::;'iffifii=jfiirry,T:i:::,;:!,!i:,:;::n:X:ilr;:::;)1:X::;#::,:"#;;:;i:':'"#;',trk,,:f;n#:ruuri," i,,u",i)í,ff'"!!*_o*tici praesi.

':;:"",;:,i::r_,!i;:::r,,::'_:l:jiiiif:::,#trJ1_!ti,f;,:,1:#h*fl*X:*

124 S' Costanza

Anche a tal riguardo Salviano è ben consapevole che ad altri le sue af-

fermazioni, come del reslg lrequ"n*ry1ni" ti ttgg" nel De gubernatione

Dei,appaiono intollerabili. E tuttavia, in rintonia"ón quanto già dichiafa-

to nella premessa2or,-i*i u a stare .il" úi; dei fatti "

non-ul capriccio

delre volontà: ana rài'o rrru*, uppunto,ir"oì a[atibido voluntatum'M"l-

se a confronto le 1e;i*11" puari-tttoprescritte da Socrate, da sempre n-

tenuto l'uomo più J;il' i"í l""rp tilti* a"i Vandali' lo storico di Mar-

siglia ravvisa neue llriJ;;;;ó;C ai "n-aait*t"

o di un folle' giacché

tt-maximus phitoroìiiàìJ*!"rii*g.rr" t"tti gri uomini sono mariti di tut-

te 'e

donne, tune b ffi;;;gri oi,"oiiii,ío-ini, e i bimbi generati fi

eli di tutti. Al pan oiÉo"rut", ó'" -"tt"n?À itt ptuti"u tale sua dottrina ha

óeduto sua moglie " tt "r* '

t'a agito -.1"tttlld" :11Î::: Catone I'Uti-

cense, detto ils""'#;;il;iiu' "ít'u-ui àà tuiion non dissimuiata ironia

definiti gt, n*n*ptll"luio*oro e.t Attica sapientia,pxr se su tuttl sopra-

yatrzasocrate, "rr"

Jr"illi"i," Jo,o,,'u t u coniegnato alla memoria sto'ca

cose da tu, u"'gog"u e univers-almenle condannatezos'

I Vandali, ur toni'itif,:uogriono "h";;;;;; non abbia che una sola

verunt, ad omnes aurem solitarias p.assim admiser.unt' adulteria "'o"':t''''I:\"naria aedificantes

í:'i'io;N;;;*:|'i;;##il;r";::":ix':i":l:l;!ni:,f :,'::';'#'::{;T:nas nullis volunt esse 1e

si u_roribus suts. qut ,r;;;';"ri,';;r;;ids libidines,-ext:ra Iegitimum torum non..sinuw' leg'es silds scl-

ricet ad divinae rrsi, ,ììu,to* dirigentes. * ,,^""'íiíÍ'i';l:;;^;;:;!:!t":'n quod Deus votu,

nonlicere.t '.'l'ct''renl" Apot "46'10:Lact" o*"'l''i"o'16'9"r]pit"57'3'Yd'supra'nota l66'

:;l:;Wil%:,10r r04: r0r -sc 1?^7:,':"::':ry;;?:YY::.i'##;:i:;:i:{;';::;:'!í:cimus, sed raîione rerum agendum est' non. uDlatne,:::;;:;'i;lr*rt uip* ixistimatus est' te-

;f,-" -ii" :Vix ;:,* xi;';; ;:x:;n:#';#'::: ;i:iiÍ?!i; ;;;; ;: ;i, "* " o'l ?

vid,o*u, erso quas sí;;i';;;-l;i;(t";:liy::i#!';l:::!,;,1";!;,ii'!,::":#n1i!.Y::;:#-.

',Xnni":i::#"i#úilí!ffi -i;i*!*:'r;[:V;;'r!;,"-':;-"-i-niu,i*uti,,u*^',,,:ilii::fl{:';:"t;:nffi::;i#:!::Ji;"iy,',:!;"#i:::;n*::X

f3;'#1íi:,'ffi,r::;l "i:i^ *,y:,;l:í;; ;;;;,s"onniu*nr.io,"iiisl h*,:.,ione di'

et omnes feminas .virorwm..ommum:";:ì,:;#;;;;;"rit'ii *uttnrn* ullius masculi uxorem neque

':,;tr;í;yn;wxi###íi#-#:#"i:';:;:;,i,i"'#ttrii,v:::iffi ,

oossit aliquid vindica

'Tív;i';:-#!:n:p/;rylgrry5*;;::#óY-i-,pr.-;',í,t;:i:men socrates, qui de hac re e.t.uDrus t'::"":"^:' '-"iÀq

,1ota 1. é p. 504, nota 1.

cARRIGUE, salvien *"íoZ""i)'"'"onl'nt'z'cit'' p' 503' nota 1' e p' 504' n'

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia 125

moglie e che essa non abbia rapporti intimi che soltanto col proprio ma_rito, da cui possa discendere uia generatio pura e ordinata; e parimentiche nessuna casa sia un lupanare, Jecondo la_loro politica sociale volta fral'altro ad eliminare i postriboli dalle città e a trasformare le prostitute indOnne Oneste2lo.

Ma tant'è: la quasi totalità dei Romani ha - quanto agli uomini _ mol_tg spgse, e - quanto alle donne - molti mariti; e tutte le ciità, a partire, pre-cisa Salviano, da quelle nobilissimae ac sublimissimae al cui primatoiul_f9 altre per la dignità delle alte magistrature è direttamente proporzionaleil grado d'impuritas, esalano l'odore infetto dei lupanarizrr.'

Per le suddette ragioni ll Romanus status secondo lo storico di Marsi_glia non può nutrire.alcuna speranza né di vita, né di perdono da parte diDio, appunto perché i Romani non sono pudichi

"o*à lo sono i barbari,

presso i Gothi essendo impudici soltanto i Romani,e presso i wandali nep_pure i Romnni. Di qui le veementi espressioni salvianee, a chiusura del li-bro vII del De gubernatione Dei,contro la vergognosacondotta dei Ro-mani populi che, pur dicendosi cristiani, si stufisóono di essere vinti abhoste viribus quando già 1o sono honestate: nonraforzafisica ha ottenu-to ai barbari la vittoria, né la debole zzafisicaha causato ai Romani la scon-fitta, ma sola nos morum nostrorum vitia viceruntzrz. Espressione, que-st'ultima, cui appare connesso agli inizidel libro vIII del be gubernatio_ne Dei un dilemma, che per salviano è tuttavia solo apparentei siamo, per

- 210 salv., Gub.,'/,23,105:1...1 Conferantur enim cum his quae ille [i.e. Socrates] constituit, il-la quae statuerunt hi quos dominari Alriro" deus iussit. statuit ilte ut iullui p)'nrtus suam haberet

|txo^rem' isti ut nullus penitus non suam; ille ut omnis femina viris omnibus subiaceret, tsti ut nul-lafe.mina alium quam virum suum nosset; ille generafionem mixtam orquiri:rluìro*, tsti puram etordinatam: ille omnes domos scortari voluit, lsti nullam; ille in cunctis habincutis lupanaria ae-dificare conatus est, isti etiam e civitatibus sustulerunt; ille prostare voluit omnes virgines, isti ca-

stas fecere meretrices.211 salv', Gub.,7,23,106: f...] complures viri urores plurimns singulí et innumerae mulieresviros compl-ures singulae hllynt omnes denique civitatei numquid nin lustris plenae sunt ac lu-pannribusfoetent? Et quod dixi omnes, certe iobitissimon qro"qr" ac subtim;sírmae: adeo digni-tas atque,etiam praerogativa esî haec honorum in magnis irbibis, ut quantum praecellunt ceteris

mn gn,í tuà i n e, tan t um p r a e s t e nt impuritat e . y d. s upra, nota j 3 .

. rrzsalv.'Gub,7,23,r}i-108:l0T.Etquaeirrr,rogo,Romanostatuispespotest,quandoca-stiores ac puríores barbari quam Romani sunt? {...] quae nobis, rogo, orr, Dru* aut vitae esse autvenrue spes potest, quando castitatem in barbaris cernimus et noi síc casti sumus? 1...] Iam apudGothos ímpudici non sunt nisi Romaní, iam apud Wandalos nec Romnni. l0g. pudeat nos, Roma-ni ubique populi, pudeat vitae nostrae! t...1 E; t...1 miramur si ab hoste viribus vinctmur qui hone-state superamur [.'.]/ ['...l Nec illos_naturale robur corporumfacít vincere nec nos wÍurae inJirmi-tas vinci. Nemo sibi aliud persuadeat, nemo aliud orùitr"trit sola nos morum nostrorum vitia vi-cerunt. Cfr. Epigr. P.,87ss.; CouRcor_tn, Hist.lift.,cif .,pp. g7s.

S. Costanza126

i nostri peccati, puniti a Deo oppure a nobis ipsis? La risposta del presbi-

tero di Marsiglià è inequivoca: utrumque verum est; a Deo quippe puni'

mur, sed ipsi facimus ut puniamurzrz.

A tale affermazione fa riscontro quanto egli riferisce, a questo punto

della sua opera, non più dell'impuritas degLi Afti, srila quale si è già in-

trattenuto, ma delle loro blasphsvniTs|ta, stante il principio che la veritas

debba essefe in ogni modo perseguita, perché ciò che è in re sia anche ln

verbis,specie in questioni che toccans il sns16zts'

In tal senso Salviano prende l'abbrivo dalla constatazione che la mag-

gior parte degli Afri da sèmpre pagana,conservava il culto della dea C ae -

lesni -nomJconferitole dai ,"irrnt pagani- e rimaneva devota agli ido-

li, nonostante si fosse votata a Cristo. Siffatto comportamento è da lui giu-

dicato ben più pernicioso e criminale di quello di coloro che coerentemen-

te si professuuàno pagani. Gli adoratotr di Caelesfls che, sedtcentr Chri-

stiani,entravano nella divina d.omus, si macchiavano infatti di sacrilegio,

proprio perché oltraggiavano Dio portando con sé rl nidor dei daemonia'

ia sacrificia: Chrislianus qui ad ecclesiam non venit, negleg,entiae reus

est, qui"autem sic venit, sairilegiizto. Era così che gli Africani intendeva-

no e vivevano il cristianesimo, soprattutto i nobilissimlztt,i potentissimi

213Salv., Gub.,8,1,8:sedvidelicetadversummeipsumdicerevideor,.qui,cumsuperiusdi-xerim, ob peccata nostra nos puníri a Deo, nunc dicam nos puniri a nobis ipsis. utrumque verum

est; a Deà quippe punimur, síd ipsi facimus ut punianur' ["'] ' Cfr' MessaNa' 'Christianorum mor-

bi',cit.,p. 868, nota 24.'zl+ $u1u., Gub.,8,2,9: Sed quia de impurítate Aftorum iam multa diximus, nunc de blasphe-

miis saltim pauca dícamus. 1".1.zr: 5u1i., Gub.,8, f , :: i..i omnibus morlis tenenda veritas, ut quod in re est hoc et in verbÌs

sit, quae in se dulcedinem hàbent, dulcia, quae amaritudinem, amnra dicanîur' Praesertim nunc ín

negotio sacro 1...1.'2rcg,du.,6uf,.,8,2,9-ll:professaenimillieiugiterplurimorumpaganitasfuit.Habebantquip-

pe íntra muros paLtrii.os intestinum scelus, Caelestem illam scilicet Afrorum daemonem dico: cui

ideo, ut reor, veteres pagani [...] speciosae appellationis titulum dederunt [...]! 10.1..) Nec loquor

de lnminibus sicut vita ita etìam professione ac vocabulo paganis, et qui sic,ut proJani eront erro-

re, sic nomine: tolerabilior quippe àst et minus nefaria gentilitas in hominib.us professionis suae;

ilt'u.d perniciosius ac scelesfiius'quod multi eorum, qui professionem Christrt dicaverant' mente ido'

tis sirviebant. ll. Quis enim ùn eorum qui Christiani appellabantur, Caelestem illam aut post

chrístum adoravit aut, quod esl peius mulio, ante, quam Christum? Quis non daemoniacorum sa-.

crificiorum nidore plenis divinie domus limen introiit et cum faetore ipsrtrum daemonum Christi

alíare corscendit t...1, quía Christianus qui ad ecelesiam non venit, neglegentiae reus esl. qui au-

temsicvenit,rorril"gíi-.l...].Hosostituità conacl'addicuialparagrafo 10-qualefiguranell'ed'

Lagarrigue -, che mi sembra un evidente errore di stampa'"zrz

!u1u., Gub.,8,2,12:1...1 Ecce quae Afrorum et maxime nobilissimorumfides, quae religio,

quae Christianitas rttit! [...]'

Romani e barbari, cristiani e pagani nerla concezione salvianea defla storia 127

ac sublimissimi,apartire dai quali la sacrilega superstitiosi diffuse fra glistrati sociali inferiori2r 8.

Non-meno gravi, per Sarviano, erano le colpe di nobiles e di ignobilesper I'odio e I'orrore che essi provavano nei cònfronti dei sancti _ o Deicultores, Dei servi - ossia i mònachizte, da lui definiti, al seguito di Zach2,8, pupilla dell'occhio di Dio220. nelle città d'Afri;; ;oprattutto a car_tagine li deridevano e li maledicevano,li perseguituuurro L'li detestauano,perché le specchiate qualità di vita e di óondoita dei monaci suonavanocondanna per loro che, al contrario, vivevano nella nequitia e nella tibido:la diversitas voluntatum è, al dire del Nostro, maxima causa discordia_,ury'.". Accadeva pertanto che se un Dei servtts, proveniente dai cenobiegizi.ani o dai luoghi santi di Gerusalemme, ouv"ró dagli eremi del deser_to, giungeva a Cartagine, egli veniva qui pubblicu*.né ,ubisrato da con-tumeliae, sacrilegia e maledictiorrr,épure schernito con cachinni e sibi_li quasi taureiz22.Maggiore sicurezza"--inor" odio - constata Salviano _incontrarono gli Apostori presso iferi ac barbari ,"rrtli[r--a"ile paganaeu1(s. Se poi capitava che il medelimo Dei servusrron u"?irr" ucciso, ciòsi doveva alla bontà non certo dei cartaginesi ma oeileìelgi, giacché iduodecim tabularum decreta vietavano cÀe fosse messo a morte un uomo

218 salv', Gub.,8,3,14: At, inquis, non omnes istafaciebant, sed potentissími quíque ac subri-missimi' Adquiescamus hoc íta esse. sed cum ditissimae quaeque ac potentissimae clomus turbamfaciant civitatís, vides per paucorum potentium sacrilegàm siperstíiioneÀiìiem cunctam pissepollutam. [...].

^ ..'tn !-ulu., Gub.,8,3, 15: [...] numquicr ilra reviora quae nobilibus ignobilibusque communia?odia scilicet atque execrationes sanctorum omníum diio. sacritegii qL"iiw"'i"" est Dei odissecultores.l...l. Cfr. Laca*rcvp,Salvien de Marseille. Oeuvres,Z,Jrt.,[.iZó,"Àa L220 salv., Gub., g, 3 . 16.221 sarv', Gub., g, 4, 1g-21: 79 . Ita igilur et in monachis, id est sanctís dei, AJiorum probaturodium, quia inridebant scilicet, quia mal.edicebant, quia ínsectabantur, quia defestabanturt...]. 20.["'] Quamvis non sine causa persecutí sint servos Dei. Nam quis airro'p,orrii luod sine causa ho-mines scilicet omnibus a

'e vitae ac morum studiis triscrepànrr, in qí;nr'ìilit videbant suum,quoninm Dei totum? Maximrt enim causa est discordiarum diversitas voluntatum, quiaJíeri aut om-nino non potest (,ut vix potest .u!

e?m rem ín ario quísquam dírígat a qua ipse dissentit.2l . [...] Iuienim vívebant iugiter in nequitia ísti ín innocentià, iili in libidíne isti ín castitate, itti in lustris istim mo.nas,teriis ' illi prope iugiter cum diabolo isti sine cessatione cum christo . Non sme causa it(l-que ill.udfuit quod intra Africae civitates et m&rime intra carthagiri, *rro, potiiotum et pallidumet recisis comarum.fluentium iubis usque ad cutem tonsum vícJerà tam infelix'ille populus quam in-fidel!1^siye convicio atque execrarione vix poterar.

222 Salv.. Gub.,8,4,22: Et si quando ariquis Dei servus arú de Aegyptiorum coenobiis aut desacris Hierusalem locis aut de sanctis heremi venerandisque secretis oTiiinm i'tn* fficio divinioperis acces-sit, simul ut populo apparuit, contumelias sairilegia et maledictiones excepit. Nec so-lum hoc, sed improbíssimis flagitiosorum hctminum cachinnis it detestartriu, ,iirrtium sìbilís qua-st taureis caedebatur f...f .

S. Costanza128

senza condanna giuridica. Di qui il paradosso che proprio 1l paganum ius

difendeva 1l Dei iervus dall'essere trucidato dalle christianorum 7ns2715223.

Non fa dunque meraviglia alcuna se oggi - afferma recisamente lo stori-

"o ài Vf*rigtia a chiuslura del De gubéinations psizz+ - a soccombere ai

barbari sonó proprio i Cartaginesi,la cui barbarie i sancti hanno subito e

Soffetto22s.

10.I1 mio studio, che si conclude con questa seconda parte, si inseri-

sce nel sempre più promettente <filone di studi che si propone, secondo

unu p.orp"ttiuu rto.i"o-sociale piuttosto che linguistica>., di guardare con

rp#n"u attenzione al ,,signifióato che parole o espressioni verbali 'rile-

vànti per f interpretazioneitorica' assumono nelle loro trasformazioni neì

t"Àp.i e nei diveni ngf6fi>>zzo. La prospettiva, appunto, storico-sociale e,

223Salv., Gub.,g,523-24:23.l...lTutiusquondamapostolíspaganas,urbeslicuitintrare,etpri*ri*inu, eorum adventum atqie conspectimferi illi ac barbari sacrilegorum coetus detesta-

bantur 1...1.24. persecutionem hoi quidam fuisse non putant, quia no-n .et o.cci.sí sunt' [ "'] Sed in

urbe illa non tam hominumfuerunt iaec b{wgg1lgy-lg.su7t^;.interfici enim i.ndemnatum quem'

,r*qrn ltominem etiam duòdecim tabulafrfrdeíietli;ieiuèi:uii.'tx quo agnosci_tur quod mngna il'

Iic piaerogativa dnminicae relígionis fuit; ubi ideo.tantum dei servis licuit evadere ' quia a pagano

iure defensi sunt ne Christianorum maníbus îrucidarentur'zz+ 5u11u parte conclusiva dell'opera vd' supra, nota 161'zzs Salv.,-Gub.,8,5,25: Et miràmur sí nuic barbaros illi perferunt, cum videamus quod san'

cti in íllis barbaros pertulerunt. Í...1.226 d. g1sp6H1 ManrNo, lnrràdizione,in Economia, amminístrazione e fscalità nel mondo ro-

mano. Ricerche lessicali'a c, di A. Sroncut MeruNo, Barl2o04,p. 7. Nel campo della storia anti-

ca è nota la crescita oegti studi lessicali ai fini dell'interpretazione storigar.g.iynti a un raffinato li-

vello di analisi in diversi settori, da quello del lessico politico a quello dell'ideologia - come mo-

strano, ad esempio, i lavori di lessicògrafia politica della scuola di Italo Lana, di quella di Mario

Pani, o di quella di Claude Nicolet -, e"pure iul piano del dibattito metodologico - sviluppatosi so-

p.ut*tto in Francia, con Lucien Febvre, e in Germania' con Reinhart Koselleck -: cfr'' fra gli altn'

L. Fenvne, Pro btemi di metodo storico,Toino 1971 (dall'ed. Paris 1930); R.-Kosst-lecr, Begriff-

igeschichte und sozialgesclhirhtn, nK1in"t Ze\tscbr. ftir Sozialgeschichte>' 16' 1971, pp' 116-131;

li., Einleitung,in Gesóhichttiche Grundbegriffe. Historisches I'exikon zur politisch-soTialen Spra-

che inDeutschlancl,l.rsg.vono. BnrrNrnnn,w. coNzr, R. K.,Bd. 1 (A-D), Stuttgart 1973;H' Klon'r'

Einleitung,in Ideotogie und Herrschaft in der Antike,hrsg' von H' K'' Darmstaót 1979:. C' NIco-

rw,Lexicographie potitiqie et histoíie romaíne. Problèmes de méthode et directíons de recher-

ches,in Atti del Convegró sulla lessicografia politica e giuridica nel campo^delle scienz'e dell'an-

iirnita gorino,2g-2g apr. DZq, ac. o"i t. t_aNe, N- MARTNSNE, Torino 1980, pp. 19-46; I. VT-Bpeusn, Anote on BegnJfsgesciíchte, oHistory und Theory>' 20' 1981' pp- 61-67; C' NtcoLer' Du

pouvoir dans l'antiquiîé, tí, *or, et /.es réatitZs,<Cahiers du Centre G. Glotz>, 1, 1990, pp' 3-11'

îroprio sul piano dél metodo,la convergenza tra filologia e storia, tiyatylTta a una corretta com-

prensione delle strutture foriii.tr", econ"omiche e sociali, rimane ineludibile nella ricerca storica'.3i""i"-quu"Oo

le mutaziài di significato o accezioni di un termine, che si riscontra in un autore

dell'antichità e in particolar modi della tarda antichità, risultano importanti perché concorrono a

far cogliere adeguatamente le trasformazioni della società di cui ai suoi scritti' e forniscono anche

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

insieme, antropologica e religiosa, dalla quale mi sono posto per presen-tare i quattro termini Romanus, barbarus, christianus e paganus nei lorocontesti del De gubernatione Dei,consente infatti di capire in maniera me-no generica e più puntuale, attraverso l'impiego che di essi fa salviano,non soltanto le res che egli narra, ma anche, e direi soprattutto, gli atteg-giamenti mentali e ideologici che alle medesime res si accompagnano: te-nendo sempre presente - è appena il caso di ribadirlo - che per Salviano,come per gli altri storiografi cristiani, nella storia si attua attraverso i se-coli il disegno provvidenziale di Dio per la salvezza degli uomini, e chepertanto 1l De gubernatione Dei, come ogni altra opera storiografica cri-stiana antica,si fonda sull'autorità della gsriffulazzz e in questa trovaimez-zi necessari e sufficienti per stabilire la verità de temporifup6zzs,correlan-do agli accadimenti della historia salutis quelli della storia profana. E te-nendo parimenti presente, in modo del tutto peculiare, che salviano sem-bra scrivere in un tempo, per così dire, di <transizione>> e di <<atteso>22e,idoneo - secondo la sua concezione cristiana della storia e la sua menta-lità d'asceta - ad essere vissuto dai Romani-cristiani in funzione della re-sipiscenza, del ravvedimento e del pentimento, ossia come salutare e vi-tale kairósz3o: il quale ai suoi occhi risulta, infine, un kairós da essi man-gat9231, sicché, <<passato inutilmente il tempo della clemenza, ritoma quel-lo della ssllelavvz:2.

In tal senso la lettura del De gubernatione Dei da me proposta, che fi-nora ha soprattutto mirato a presentare di tale opera passi e contesti neiquali, più incisivamente che in altri, figurano i termini Romanus e barba-rus, christianus e paganu.î, consente a questo punto sia di lumeggiarnealcuni significati e varenze, peculiari accezioni e sfumature, che àndran-no 1d aggiungersi alla griglia interpretativa di cui alla prima parte di que-sta indagine, sia di cogliere linee di continuità della concezione salvianeadella storia che dalle Epistulae,attraverso l'Ad Ecclesiam, grungono al Degubernatione Dei. Nell'economia unitaria del presente studio mi sembra

apporti non marginali alla storia delle idee e delle mentalità: cfr., oltre a VBn-BnausB , A note, cit..spec. p. 62, V. SeLI-rN, Mentalit(it und Mentalitcitsgeschichte, <Historische Znitsctr.>>,241,1983,pp.555-598.

227 cfr. A. MorrarclreNo , Pagan and christian Historiography in the Fourth Century AD.,inThe conflict between Paganism and christianiry in the Fourth century, oxford 1963,pp.92s.

??lCft. S. Mazzanno ,Il pensiero storico òlassico,2ll,Bari 1966,pp. +72s.229 Yd. supra. nota 162.23o Yd. supra, nota 155. .j

23t Yd. supra. nota 178. ..

232 Rt77o.l! 'De gubernatione Dei',cit.. p. 86. $

129

130 S. Costanza

opportuno avviarmi alla conclusione partendo appunto da quest'ultimaistanza.

Il cosiddetto 'nocciolo duro'del concetto salvianeo di autentico Christia-nus e della sua deontologia, che ho individuato nelle Epistulae I, IV e VI,contiene invero uno spaccato peculiare e, direi, d'eccezione, del laicato cri-stiano, ma di certo esso non sembra essere largamente rappresentativo del-la società al tempo dello storico di Marsiglia. Tant'è che nell'EpistwlalX e

nell'Ad Ecclesiam non soltanto non vi sono profili di laici cristiani simili a

quelli di cui alle suddette tre Epistulae,matllaicato cristiano presenta in en-

trambi gli scritti ben diversi contrassegni: si sottolineano fortemente nel-l'EpistulaIXi graves atque multiplices morbi in cui esso versa (dai quali,peraltro, non sono esenti neppure esponenti del presbiterato e dell'episco-pato), e nell' Ad Ecclesiam Ia miseria temporis et ecclesiasticae plebis .

I1 suddetto spaccato peculiare, se non anche d'eccezione, va tuttavia te-nuto in debito conto, perché quasi paradigmatico della dinamica tensionealla santità avvivante I'intero corpus s4lvizns6z::: non mi sembra infatti dimarginale rilievo che, in particolare, dell' Epistula I, rndinzzata a una co-munità monastica, verosimilmente quella di Lerino234, il fulcro sia costi-tuito dalla figura della virtuosa madre del propinquus di Salviano, e che

nell'Epistula IY appaia in posizione eminentemente propositiva la con-versiuncula di Salviano e dalla moglie Palladia. Affiora insomma da que-

ste due Epistulae, come pure dalla VI indirizzata a Limenio, in manierapiù o meno velata, un exemplum sequendum dr Christianus laico, e conesso un ideale di vita cristiana, ivi compresa quella coniugale, ispirati en-trambi all'equilibrata ascesi che Salviano dovette sperimentare nel suo set-

tennato lerinese23s. In tali Epistulae si intravede, parimenti, la figura posi-tiva del Christianus monaco, appena appena invero e priva di contorni, mamessa a fuoco nell'Ad Ecclesiam, ove sicuro punto di riferimento sugge-

rito da Salviano per I'ortoprassi cristiana sono appunto gli autentici reli'giosi del suo tempo, pur maltrattatrdamulti parentes,e con essi gli altret-tanto autentici Christiani della Chiesa primitiva da lui vagheggiata, vital-mente saldi nellaldei perfectiozze .

Così caratterrzzato, il suddetto 'nocciolo duro' dell'idea salvianea del

233 Cfu. CosreNza, Romani e barbari, cristíaní e pagani,cit.,p.37.234 Cfr S. Pnrcoco, L'isola deí santi.Il cenobio di Lerino e le origini del monachesimo galli-

co, Roma 1978.235 Cfr. ID., Una nota biografica su Salviano di Marsiglia, <Siculorum Gymnasium>,29, 1976,

pp.351-368, spec. pp.360s. e 368.236 Cfu. CosraNze,.Ronani e barbari, crístiani e pagani, cit., pp. zl4ss.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione sarvranea dera storia

237 Yd. supra,note 16 e 17.238 Yd. supra,nota 91.239 Yd. supra,note2l,3g, 39 e 56.zN Yd. supra,note 91 e 109. *24t Yd. supra,note 10,35 e 119.242 Yd. supra,nota 12.243 Yd. supra,nota 13.24 Y d, . supra , nota 2l .

24s Yd. supra,nota 84.-246Vd. supra,nota218 e, inoltre, nota 14g

lJ I

vero cristiano risulta funzionale alla comprensione della poliedrica nozio_ne di christianus che.si tro.va nel De gubernatione Dei.'eii, già nel I li_bro, Salviano chiama infatti veri ac fiieles christiani i saicti (detti anchefra I 'altro, come si è notato, religiosí , monachi , Dei servi) ,che nel suo tem-po vivono beati con specchiata esemplarità la povertà,lon solo affettivama anche effettiva, secondo la dinamiia circolarità delía coniugatio virtu_tyry"'. E a partire dal medesimo libro, fino all'ultimo, il profilo del verochristianus, che egli ravvisa-nell'atteggiamento mentale e nel vissuto quo-tidiano sia dell'autentico religiosus,iia di qualche laicus a questi par oconsimiliszts - dalla

_credulitas o fides all'àmbulare come il cristà, dalchristo fideliter credere al Christi mandata ssyysys23e, aiilu lrorrrtorumactuum probitas alfidei religiosae ardor manifestantd:si infervore spiri-tlts2q -, si connota di sempre nuovi dati peculiari attraverso í,articolaia ri-flessione che lo storic-o di Marsiglia fa sùlla società romana tardoimperia_le e, in specie, sui sedicenti cristiani del suo rempo.

come la credulitas o fides qualifica l'autentióo christianus, così l,zn _

credulitas el'infidelitascontrassegnano quanti, pur dicendosi cnstiani, du_bitano del governo di Dio nella stòriaz+r. irsl tali calumniae essisono chia-mati da salviano impiiz+2, e.ancorafalsi e impostores Christiani, gioiosidelle loro nequitiae e tuttavia pronti in ogni circos tanza a strumentalizza_re 1l nomen religionis o il titulum sancîitatisz43, con siffatta mentalità col-loc ando si manifestam ente e xt r a o mne s C hr i s t iano szqa .

Sennonché I'incredulitas e| infidelif.ds sono rispettivamente dette da sal_yia2o.rysanicq e impia ac paganica: espressionith",

"o-" altre simili giàindividuate nell' Ad Ec c-lesiam,segnalano l' accezione fortemente negativadi christiamzs anche nel De gubernatione Dei,qui ulteriormente sottolinea_ta da q,uaedam paganica ac prodigiosa contro 1)i6z+s, ossia da frasi sacrile-ghe e blasfeme pronunciate dagli pseudo-cristiani, e in modo del tutto pe-culiare dalla sacrilega superstido òonnotante la più alta aristocrazia roma_na d'Africaz+0, adoratrice della dea caelestis

" pú." votata u C.irto.

,q

t-)z S. Costanza

Ma mentre l'incredulitas el'infidelitas,per Salviano proprie dei paga-ni di per séfrigidi in quanto pt'rvi difidei religiosae ardor, sono da lui di-chiarate altrettanto proprie dei falsi cristiani tepidiz+t - sicché il concettodi paganus non differisce, ma coincide con quello di Christiamzs incredu-lo e infedele (come del resto mostra la soluzione di Salviano di fronte al-I'apparente dilemma se appellare cristiani o pagani i suoi interlocutori nelDe gubernatione DePas) -, gli attributi impia ac paganicd, invece, quali-ficanti f infidelitas, non pertengono in modo univoco alle nozioni salvia-nee di pagano e di sedicente cristiano. Non sarà infatti sfuggito che, giànel II libro dello scritto , impia è detta da Salviano ùna natio inimica deghEbrei, ossia la gens cui apparteneva rl barbarus Uria l'Ittita: che qur im-pius abbia però, diversamente che nell'espressione incredulitas impia acpaganica,lun'accezione negativa attenuata, è suggerito dalf intero suo con-testo e in particolare dal fatto che fu il profeta Davide, per aver colpito dispada ql;iel barbarus, a indurre colpevolmente alla blasfemia la gens drlJss,z+e.

Benché poi l'accostamento e/o I'equivalenza del concetto di sedicenteChristianus a quello di paganus si trovino, come già nell'Ad Ecclesiam,anche nel De gubernatione Dei,in tale opera tuttavia, adrfferenzache nel-l' Ad Ecclesiam,l'accezione negativadi Christianus sopravanza quella, puressa evidentemente negativa, di paganus .L' incredulitas paganica che Sal-viano denuncia in moltissimi sedicenti cristiani del suo tempo, egli non laravvisa infatti neppure in diversi autorevoli esponenti della sapienza pa-

Eànazso,collocandosi su una linea di pensiero che, incisivamente messa invalore da un Giustino e in vario modo intercettata dai Padri seriori, ha at-traversato la paideia cristiana nei secoli di Roma imperiale.

La stessa accezione negativa di Christianus nel De gubernatione Deiappare, altresì, graduata secondo la gravità dei misfatti compiuti dagli pseu-do-cristiani,la quale è a sua volta direttamente proporzionale tanto al pre-

stigio del ruolo ricoperto da ogni individuo in qualsivoglia ambito dellasocietà, nella vita pubblica come in quella privata, quanto - pour cause -alla responsabilità morale connessa al medesimo ruolo: un misfatto è piùgrave se consumato, ad esempio, da un senatore o da un chierico anzichéda una persona per così dire comune, da un ricco padrone anziché da un

2n Yd. supra,note l09ss248Yd. supra,nota 35.249 Vd. supra, note 22ss.250 vd. supra, note 10s.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

251 Vd. supra,note 88s.zsz Yd. supra, nota 89.2s3 Yd.. supra,nota92.

133

povero servo (ancorché malvagio e detestabile), giacché la criminalità del-la colpa commessa è per il nostro storico tanto maggiore quanto più ele-vato è, appunto, lo status sociale - insieme alla còÀnessa^responìabilitàmorale - della persona peccantiszst.

-In tal senso un passo fra i più significativi del De gubernatione Dei _

nel quale si coglie per di più un efficace glissement di christianus a Ro-r_nanus - è quello in cui Salviano esplicitamente giudica peggiori dei bar-bar-i i Romani chepur sotto l'etichetta di una grud" profrsv"'à qual è quel-la della philosophia christiana,non cessano luttavia diieccaré, e ne itig-matizza il comportamento con l'espressione sentenziosa^ ubi sublimio, lrtpraerogativa, maior esî culpazsz. Tale passo, ove si coglie facilmente unanozione di barbarus - alla quale guarderò in recto pllavanti - non certopositiva, ma senza dubbio mgno negativa di quanò non lo sia quella diRomanus/christianus, offre il destro per osservare che le accezioìi posi-tive o negative dei termini da me preii in esame veicolano la concezionesalvianea della storia su binari che spesso s'incontrano: nella loro vastagamma esse appaiono infatti, d'ordinario, una sorta di variabili prevalen_t"T"1t9 dipendenri dal tipo e dal taglio di comparazioni che di volta involta il Nostro attua, in diversi modi incrociandòle, fra Romani, barbari,cristiani e pagani.

Paradigmatico a questo riguardo quanto si legge, ad esempio - scelgo,ry g-uglli sopra segnalati, un passo a óaso -u noiÌ-ppo _, in Gub.,4,14,67:.11Romanus populus è_quasi turto più colpevole déi popoli barbari poi-ché, se anche i vitia dei Romani sono parii a quelli dei ùarbari,i Rima-ni peccano maiore off1n1!on9zs:. Non par dubbìo che qui Salviano giudi-chi infatti la v it io s ita s dei barbari p o g oii - o della p a g aii c a b arb arini 1ou"paganica non sembra avere I'accezione pienamènté negativa sopra regi-strata) - meno grave di quella dei Romanl christiani,po-iché ibirbart iagani

, .o paganae ac ferae gentes ,non conoscono alcun p raeceptum Domi-

ni, né si fregiano del nomen christianitalis, e se - pu; auendo quaedambon! - mala pro bona diligunt, c1ò fanno per ignoran za deralegge.

Si tratta, come fin qui constatato, di unio-plesso di nozioni e di rela-tive accezioni, marcate o sfumate talora più talàltra meno, che nel suo ag-grovigliato intreccio risalta massimamente alla vivida luce dei due forti ri-flettori principali accesi da Salviano sulla realtà sociale e politica dell,im-

'r -f.!

'. i)

134 S. Costanza

pero di Valentiniano III, destinataia con i suoi singoli individui e le sue

istituzioni del discorso del De gwbernatione Dei (come di quello dell'AdEcclesiam). Entrambi i riflettori sono orientati, in particolare, sulla riccanobilitas del suo tempo, nella stragrande maggroraîza cristiana a parole,ma non, di fatto, nel comportamento: l'uno è puntato sul suo corrotto po-tere politico-economico e amministrativo avvitato su una <<perversa spira-le involutivvsszs4 s vessatorio nei confronti di intere masse di poveri cristi

- il peggior ladro per i paupercullzss -, I'altro sullo scelzs maximum com-messo dalla medesimanobilifsszs; - ma non dai servi pur inclini alle ma-lae cupiditafss2sz- con la violazione della santità del matrimonio per viadell'adulterio e del concubinato: un duplice desolante e tormentato scena-rio della degradata realtà umana di quell'epoca, che motiva fortemente laprospettiva storica salvianea sulla fine imminente della Romana res publi-ca, strangolata dai tributi, a loro volta rovinosi per i ceti più deboli, e ab-

battuta dai propri costumi immorali più che dalle invasioni barbarisfuszs8.

In entrambi gli scenari, in stretta connessione interfacciale, i concettidi Christianrzs e di Romanus spesso si sottendono l'un I'altro, e i relativitermini sono altrettanto spesso impiegati in accezione nettamente negati-va, quantunque il primo, più del secondo, solitamente attenga in modo di-retto alla sfera etico-religiosa dell'uomo tardoromano.I due concetti si sot-tendono parimenti l'un l'altro anche negli isolati casi in cui i rispettivi ter-mini hanno un'aecezione pienamente positiva. Ne sono un esempio nonsolo il riferimento di Salviano - già occorso nell'Ad Ecclesiam - al Chri-sîianus populus dr età apostolica del quale egli esalta la puritaszse, ma an-

254 MESSANA, 'Christianorum morbi', cit., p. 875.255 Vd. suDra. fra le altre. note 71. 80. 128 e 204.256Y6. troro,nota77.2s7 Vd. supra,nota'79.258 Yd. supra, nota 80. <Potremmo chiederci: come mai una società opulenta in uno Stato de-

cadente? E dawero questa la visione di Salviano? Oppure per Salviano quella società opulenta con-tiene dentro di sé il germe della morte? Certo, sub specie moralí essa putrefacit. Ma, appunto, solo

sub specie morali? Oppure per Salviano i comportamenti morali hanno un intrinseco rapporto con

la buona o la cattiva salute della società? A questo riguardo, Salviano coglie un aspetto della massi-maconcretezza: per lui infatti quell'opulenza in mezzo a cui pullulano i vizi è un'opulenza che de-

riva da un accumulo malvagio (perciò immorale) e distorto (dunque ad un tempo illegale) delle for-tune economiche. Ciò si verifica per il fatto che ii denaro viene sotffatto con violenza alÌa sua natu-

rale destinazione: 'deviazione del denaro'dallo Stato verso ipossessores,'óeviazione del denaro'

dai cittadini comuni di nuovo verso i possessores>> (Rtzzo,Il 'De gubernatione Dei' , cit., pp. 87s.).

Varie interpretazioni della 'morte di Roma' sono raccolte, ordinate e analizzafe da A. DBv,qxor, DerFalls Roms. Die Auflósung des ròmischen Reíches im Urteil der Nachweb, Mùnchen 1984.

259 Yd. supra,nota 133.

Romani e barbari, cristiani e pagani nerla concezione sarvianea deìra storia 135

che quello, unico nell'intero corpus salvianeo, ai principes christiani,che- chiusasi I'epoca dei p9ga1i principes,dei tyranni prirrrrtor"s, segnatadalle persecuzioni e dall'effusione del sangue dei martiri - hanno {urun_tito la pace nelf impero: senza impedire ai Romani <con atteggiame-nti in-transi-eenti e totalitari di vivere la novità di vita sul fondamento del Ke_rygma" e senza coartarne <la libertà di coscienza largamente protestatadai Padri>:ar. anche se la vita della maggior parte dei cistiani, nàppur mi_nimamente ligi ai comandamenti divini, è àiventata tutt,altro

"1" prro,

quale in'ece quella dei christiani chedurante le persecuzioni avevano pa_tito s.offerenze e supplizi2ór. Nel secondo caso oiora segnalato riguardàn_te gli imperatori romani, Christianzs da un lato coinciée col sottes o Ro-matlus, entrambi evidentemente intesi in accezione pienamente positiva,e dall'altro si contrappone apaganus,dellacuivaleiza- certo non altret_tanto positiva - partecipa Romanlzs ad esso sorreso.

Che la contrapposizione fra Romanus-Christianus e Romanus-paga-r?us, pur netta in tale secondo caso, costituisca in salviano uno schema rionrigidamente univoco e perciò suscettibile di varianti alternative, si evince,ancora dal fatto che paganu,r, come christianus, quantunque da lui impie-gato spessissimo in accezione negativa, riveste in certi toìt aet De guber_natione Dei un significato pienamente positivo.

_ Perspicuo risulta in tal senso il già segnalato parallelismo trai sancti difine impero e i veteres Romani262'. qui rà poverrà, anche effettiva, vissutadagli uni nel convinto abbraccio deil'origìnario radicalismo evangelico enella sicura prospettiva del Regno, apparà a salviano far il paio, senza for-zatuÍa alcuna, conla pr.ivata paupertas vissuta volontariaÀente dagli an-tichi Romani nella continua tensione della lorop riscavirtus arendele opu_lenta la res publica. un esplicito paralrelismo. questo, ove se ne ravvisa asua volta un altro, implicito:il quale, oltre a sottendere la contrapposizio-ne / distinzione fra i veri e i falsi cristiani dell,età salvianea, e a suggerirela duplice accezione positiva e negativa di christian r, poí" su un pianodi dignità accanto al cristianesimo dei sancti il paganesim o deiveteres Ro_mani, Non è infatti agli antichi Romani che Sàlviano rimproveral,incre_dulitas el'inJidelitas paganicadi cui dicevo sopra, ma ai Ròmani dell'epo_ca successiva - più simili, egli afferma, speciJper la mollities dei nobijes,ai Graeci che ai Romani (intesi evidentemente come antiqui,veteres Ro_

l@ MessaNn, (Jno sguardo retrospettivo ai secori di Roma imperiare,cit.,p. 12.lot vd. supra, note 43ss.:62 Yd. suipra,note l9ss.

136 S. Costanza

res Rontani)263 -, corrotti e dissoluti già prima dell'awento del cristiane-simo e, fatto che egli giudica ancor più grave, rimasti tali anche dopo lapredicazione dei Vangeli. Tant'è che i veteres Romani sono dallo storicodi Marsiglia ammirati per la loro coerenzanelpraticare le virtù morali pro-pugnate e nell'osservare i principi della religione professata: erano con-vinti di compiacere ai propri idola frequentando i circhi

" i 1*6i20+, saldi

nelle loro credenze (di peculiare interesse al riguardo il riferimento salvia-neo al culto degli Afri pagani per la dea Caeleslis265) vincevano regnava-no ed erano temuti dai barbari - dai quali per di più ricevevnns ffifu1i -200,e avevano costumi alieni da ogni mollezza26z.

Analogamente alle nozioni di Christianus, di Romanus, dr paganus -delle cui accezioni, positive e negative, insieme a diverse loro valenze hoin quest'ultimo paragrafo presentato soltanto alcuni specimina -, anchequella di barbarus ricorre fittamente, e con molteplici sfaccettature di si-gnificato, nel De gubernatione Dei.

Sembra del tutto agevole indovinare di primo acchito la cifra negativadi barbarus laddove essa si contrappone, esplicitamente o implicitamen-te, a quella positiva di Romanus carica, come già detto nella prima partedel presente studio, di autentici valori culturali e affettivi legati al,patri-monio della civiltà dl ftsrnazos. Valori che Salviano tiene pure nel De gu-bernatione Dei in altissima considerazione * dalla Romana eruditio cheper lui è L'humana eruditio26e, all'honor Romani nsmini5zll, al ius Roma-nae libertari5ztt, agli statuta legum2tz, ai beneficia legum quali quelli del-le XII Javslszr: -, mostrandosi anche per ciò orgoglioso fin nelle midolladi essere civis Romanus'.Io lascia intuire persino, benché fra le righe e construggente rimpianto per il glorioso passato di Roma, quando, ad esem-pio, riferisce che i Romani fuggitivi presso i barbari non vogliono più es-sere Romani a causa della Romanae iniquitatis crudelitaszl4, e nemmeno

263 Yd. supra. nota 200.2& Yd. supra. note 137.265 Vd. supra, nota 2ló.266Yd. supra, nota 160.267 Vd. suDra.nota 200.268 Cfr. Cosre.Nze, Romani e barbari, cristiani e pagani,cit., p. 49.269 Vd. suDra. nota ll6.270 y 4. t)Oro. nota | 26.271Vd. ibid.272Yd. supra.nota2O4.273 Vd. supra,nota223.274Yd. supra. nota 125.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvìanea della storia

ricadere in ius RomanumzTs'o quando afferma che i Bagaudi, non poten-do per la rovinosa exactio publica più continuare ad essere Romani, sonodivenuti quasi barbari2T6; oppùre quando racconta che la civitas Romanadi cartagine, quasi un'altra Roma in territorio africano, era diventata perla colluvie dei suoi vizi 1l dedecus dell'imperiuyn fte7nqnumzll .

circa l'accezione genericamente negativa di barbarzs basterà qui ri-chiamare ancora solo alcuni dati fra quelli già sopra segnalati (qualcunadi esse, peraltro, talora si contrappone, similmente a quanto appena detto,a quella positiva di Romanus): i barbarl, segnatamente i wandali e i Go-thi, sono estranei alla Romana eruditioztt; i barbari si sono impadronitidel solum Romanumzzr; i vandali sono infirmissimi e ignavissimi hosteszsl.le barbarae gentes sono assetate del Romanus sanguis28r; la Gennania Pri-maè barbara di nome ma Romana per l'obbedienzazs2.

Frequenti sono tuttavia i casi in cui l'accezione negativa di barbarus,a confronto con quella pur essa negativa di Romanu.r, mostra un risvoltoche il Nostro non può non apprezzaÍe,come nel passo in cui si legge cher barbari sono sì hostes, ma leniores se paragonati agli exactores Roma-ni283. Né sono pochi i casi in cui I'accezione nègativ a dr barbarus, allaru-ce del relativo contesto, risulta in effetti notevolmente attenuata da un'ac-cezione di Romanus inizialmente positiva, ma viepiù sbiadita tanto da di-ventare negativa. valga per tutti quello, poco sopra richiamato, riguardan-te wandali e Gothi estranei alla Romana eruditio. Salviano giudica scrite-riato - è rnio convincimento - che i sedicenti Romani Christiani / catho-lici chiamino, secondo il loro punto di vista peraltro deformato, haereticii vandali e i Goti, se questi non sanno neppure di esserlo. che tali barba-ri pratichino ciò che per ignoranza credono retto deriva, per di più, nondall'autentica Romana eruditio che ha genuinamente trasmesso le Scrit-ture, plenae inviolatae e integrae - nei cui confronti i presunti Romanichristiani / catholici danno prova della loro infedeltà -, ffi& da una Roma-na eruditio conffaffatta dalla Romana magisterii pravitas, ossia dal pra-

21s Yd. supra. nota 127 .

276 Yd. supra, nota | 26.277 Yd. supra, note 189 e 196.278 Yd. supra. nota I ló.279 Yd. supra, nota 162.28o Yd. supra, nota 169.28r Yd. supra, nota 170.282 Vd. supra, nota 179.283 Yd. supra. nota 126.

l3'7

138 S. Costanza

vum magisterium di doctores Romani, per il cui crimine - scrive Salvia-no - le medesime Scritture sono state nnle interpolatae e male traditae,e appunto per ciò i barbari hanno cominciato ad essere haeretici284. Cio-nonostante il loro modo di vivere. conversatio, è da lui stimato miglioredi quello dei Romani grazie al fatto che essi praticano le virtù dell'affec-/as scambievole e della caritas vicendevole - entrambe le vinù appaionorilevanti anche neI De gubernatione Dei, come già nell'Epistulz\/lzzs -,mentre i Romani per la loro impietas si perseguitano e si rovinano l'unl'altro con I'iniqua esazione delle impostezso.

Il giudizio di Salviano sui barbari haeretici risulta ulteriormente ridi-mensionato se confrontato con quello sur Romani haeretici i quali. presu-

mendo di essere catholici e rinfacciando a Gothi e Wandali di essere /zae-

retici mentte essi stessi vivono nell'haeretica pravitas287, sono pettiori. a

suo dire, per infideliras rispetto agli altri Romani infedeli (più intèdeli,dunque, di questi ultimi), e per foeditas vitae rispetto ai barbari:" .

I dati che ho raccolti in quest'ultimo paragrafo, spigolando iru quelliprecedentemente presentati attraverso la mia lettura del De gltltt'r,'.,;:i,,tte

Dei,oso sperare abbiano concorso - insieme alle risultanze di cui .rll-r pn-ma parte del presente studio - a dipanare <il groviglio di considcr-1/1\ìni eptntualizzazioni, distinzioni e accezioni salvianee sottese soprirlt'-rl1\ì ar

concetti dt Romanus e barbarus, Christianus e paganus,tutt'allrtr ih': uni-voci nello storiografo di Marsiglia>, e parimenti a chiarire <con qu-:i: irl-tenti e finalità Salviano li impiega nel descrivere e valutare speciîì'r .,.Fo-l-

ti e momenti della poliedrica realtà del suo tempo>>28e. Analogame nli i-lu-

spico che il mio itinerario attraverso le quattro suddette nozioni {i(r\ I .r n-prospettare un più preciso profilo del Nostro, sulla linea di quant,' c rlsloaffermato in recenti studi2m, dei quali mi piace ora, in s6nglLl.ilrnu'. p11)-

porre alcune puntualizzazioni, che faccio mie: Salviano intui:cc' '' l-r Jrre-

zione fondamentale degli awenimenti storici>>, <sa cogliere \r-n1r L'\lta-

zione gli aspetti decisivi della svolta epocale>>, percepisce con ne ttczzl che

<<Goti, Vandali, Burgundi, Alani, non costituiscono più un peric,'lo. per-

ché essi sono stanziati definitivamente dentro l'imperor. e ":e prcr:t) di

284 v d. supra,note I 16-1 19.285 Cfr. Cosra.Nze, Romani e barbari, cristiani e pagani, cit., pp. 39s.286 vd. supra,note 120s.287 yd. supra, nota l-/7 .

288 Vd. supra, nota I19.289 CosreNza, Romani e barbari, crístiani e pagani.cit.. p. 37.2eo Cfr. ibid., pp. 3lss.

Romani e barbari, cristiani e pagani nella concezione salvianea della storia

essi si rifugiano le popolazioni romane, è perché la buona convivenza trai due popoli è già un dato sperimentato>zrt. $issh{ egli, <col suo singola-re metodo di lettura degli awenimenti di quella travagliata fase della sto-

ria dell'umanità che è stata anche storia di continui spostamenti di popo-

li, prefigura la formazione di società multietniche e denuncia il fenomeno

dell'emigrazione che comporti I'autospoliazione della propria cultura, in-duce alla riflessione antropologica sulla dignità delle culture tutte egual-

mente motivate nella storia e sfida al rispetto per l'alterità che pone le ba-

si della tolleranza, suggerendo persino f idea - in nuce - del dialogo in-terreligioso: secondo un'ottica aliena dalla fentazione sia di irrigidire inuna fofma 'pura' la dinamica della storia, sia di perseguire f illusione diun' antistorica fissitò>2e2.

29r Ruzo, il 'De gubernatione Dei' , cit., pp. 104 e 108292 MÉssAr,{A, 'Christianorum morbi', cit., p. 889.

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