+ All Categories
Home > Documents > Teologico e sociologico in Troeltsch. Ancora sulla nozione di compromesso

Teologico e sociologico in Troeltsch. Ancora sulla nozione di compromesso

Date post: 10-Dec-2023
Category:
Upload: unipd
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
29
Humanitas 71(2/2016) 301-329 MARIO PICCININI TEOLOGICO E SOCIOLOGICO IN TROELTSCH Ancora sulla nozione di compromesso Partiamo dalla fine, cioè dal libro postumo in cui sono raccolti i testi che Troeltsch stese per le conferenze che avrebbe dovuto tenere a Ox- ford e a Londra nel 1923. In particolare da Die Stellung des Christentums unter den Weltreligionen con cui si apre la versione inglese, la prima a essere pubblicata 1 . È uno scritto che occupa una posizione particolare nella produzione di Troeltsch. Non solo perché costituisce la sua ultima prestazione propriamente teologica, ma anche perché in esso l’autore for- nisce uno sguardo involontariamente ultimativo sul proprio percorso di studioso. Rivolgendosi ai suoi (virtuali) ascoltatori di Oxford, Troeltsch propone della propria vicenda intellettuale un quadro sostanzialmente unitario, le cui scansioni temporali sono riferite a un asse problematica- mente omogeneo e dove le variazioni, lungi dall’essere negate, trovano collocazione come tappe di una ricerca che, protratta in contesti intellet- tuali e in condizioni storiche diversi, pur mantenendo un proprio nucleo di interrogazioni costante, è esposta a un effettivo processo di riformula- zione delle proprie risposte. La connessione argomentativa orientata dal carattere teologico del tema lo rende più utile ai nostri fini rispetto a scritti come il pressoché coevo Meine Bücher, forse più sostanzioso nei termini di una ricostruzione biografico-intellettuale, perché nella sua impostazio- ne e nella sua laconicità ci aiuta a sollevare quella che in prima approssi- mazione chiamerò una questione di discipline. 1. Le avventure della Geltung nel confronto delle discipline Troeltsch parte esponendo le motivazioni e le acquisizioni riferibili a Die Absolutheit des Christentums. È una rilettura che compatta le due edi- 1 Christian Thought, Its History and Application. Lectures Written for Delivery in England during March 1923, University of London Press, London 1923. Il testo con il titolo The Place of Christianity among the World-Religions è alle pp. 1-35. La traduzione italiana, condotta sulla successiva versio- ne tedesca (Der Historismus und seine Überwindung. Fünf Vorträge, Pan Verlag Otto Reise, Berlin 1924) è in appendice a E. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, Guida, Napoli 1993, vol. III, pp. 169-184. Dirò qualcosa più avanti sulle due versioni. 16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 301 01/07/16 12:45
Transcript

Humanitas 71(2/2016) 301-329

Mario Piccinini

Teologico e sociologico in TroelTschAncora sulla nozione di compromesso

Partiamo dalla fine, cioè dal libro postumo in cui sono raccolti i testi che Troeltsch stese per le conferenze che avrebbe dovuto tenere a ox-ford e a londra nel 1923. in particolare da Die Stellung des Christentums unter den Weltreligionen con cui si apre la versione inglese, la prima a essere pubblicata1. È uno scritto che occupa una posizione particolare nella produzione di Troeltsch. non solo perché costituisce la sua ultima prestazione propriamente teologica, ma anche perché in esso l’autore for-nisce uno sguardo involontariamente ultimativo sul proprio percorso di studioso. rivolgendosi ai suoi (virtuali) ascoltatori di oxford, Troeltsch propone della propria vicenda intellettuale un quadro sostanzialmente unitario, le cui scansioni temporali sono riferite a un asse problematica-mente omogeneo e dove le variazioni, lungi dall’essere negate, trovano collocazione come tappe di una ricerca che, protratta in contesti intellet-tuali e in condizioni storiche diversi, pur mantenendo un proprio nucleo di interrogazioni costante, è esposta a un effettivo processo di riformula-zione delle proprie risposte. la connessione argomentativa orientata dal carattere teologico del tema lo rende più utile ai nostri fini rispetto a scritti come il pressoché coevo Meine Bücher, forse più sostanzioso nei termini di una ricostruzione biografico-intellettuale, perché nella sua impostazio-ne e nella sua laconicità ci aiuta a sollevare quella che in prima approssi-mazione chiamerò una questione di discipline.

1. Le avventure della geltung nel confronto delle discipline

Troeltsch parte esponendo le motivazioni e le acquisizioni riferibili a Die Absolutheit des Christentums. È una rilettura che compatta le due edi-

1 Christian Thought, Its History and Application. Lectures Written for Delivery in England during March 1923, University of london Press, london 1923. il testo con il titolo The Place of Christianity among the World-Religions è alle pp. 1-35. la traduzione italiana, condotta sulla successiva versio-ne tedesca (Der Historismus und seine Überwindung. Fünf Vorträge, Pan Verlag otto reise, Berlin 1924) è in appendice a e. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, guida, napoli 1993, vol. iii, pp. 169-184. Dirò qualcosa più avanti sulle due versioni.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 301 01/07/16 12:45

302 Ernst Troeltsch

zioni del testo (1902 e 1912) e che certo risente della riflessione intercorsa tra esse e successivamente, ma che gli serve a fissare nel modo più chiaro la posizione dalla quale egli intende mostrare dove e quanto ora si disco-sti. il piano argomentativo è quello della teologia sistematica. È su questo che gli apporti dagli studi di psicologia religiosa e soprattutto di storia delle religione vengono ricompresi sul terreno propriamente teologico. sono essi che facendo propri i criteri della scientificità moderna hanno precluso le due vie che in teologia avevano pensato di fondare l’assoluta validità della verità religiosa cristiana rispetto alla storia: quella incentra-ta sulle figure soprannaturalistiche del miracolo che perde così il proprio carattere di fonte di legittimazione, e quella, a essa successiva e in qual-che modo succedanea, che nel cristianesimo vede secondo un’ascendenza che Troeltsch non esita a chiamare evolutiva, «il compimento della unità e della chiarezza della ragione religiosa» e la cui non tenuta ha imposto il riconoscimento che «l’idea del cristianesimo è essa stessa un’astrazione». nuove immagini della storia si sono sommate alla nuova immagine della natura, riarticolando nuove legalità e nuove discipline2 il cui impatto ha sfidato e continua a sfidare in profondità i tradizionali saperi religiosi. la storicizzazione dei dogmi e la conseguente de-dogmatizzazione del cristianesimo ha aperto una strada che non poteva non condurre a una sua de-concettualizzazione. in controluce vediamo la presa di distanza dalla teologia in cui si è formato, ma anche i limiti che egli imputa al monumentale lavoro di harnack sulla Dogmengeschichte e al suo suc-cessivo trovare esito nell’asserzione di un Wesen del cristianesimo e di una concezione di un cristianesimo essenziale. l’essenzialismo è il frutto di un cortocircuito ingenuo tra storia della religione e teologia. non c’è per Troeltsch un’essenza del cristianesimo, non nel senso almeno di una depurazione storica e di una sua non storicamente mediata connotazione originaria. la storia della religione cristiana e la storia cristiana della reli-gione rischiano in ciò di mancare di radicalità e di rigore. il risultato è che è impossibile non riferire al cristianesimo un rapporto irrescissibile con la nozione di individualità storica e vederlo come fortemente intrecciato a essa. il cristianesimo è un’individualità ed è, possiamo aggiungere, com-posto nei suoi momenti, fin dalla predicazione di gesù, da individualità storiche. il cristianesimo è l’insieme dell’esperienza cristiana e di tutte le sue storie. Per quanto recepisca tutta una linea di riflessione filosofico-storica che sta dietro alla nozione di individualità, è un’affermazione che

2 importantissima in questo senso la voce Gesetz che Troeltsch scrive per il secondo volume di h. gunkel - o. scheel (eds.), Die Religion in Geschichte und Gegenwart. Handwörterbuch in gemeinverständlicher Darstellung, Mohr, Tübingen 1910, pp. 1373-1387.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 302 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 303

resta nella sua formulazione saldamente sul terreno teologico: «la legge universale (allgemeines Gesetz) della storia è che la ragione divina o la vita divina nella storia si rivela in sempre nuove e sempre tipiche indivi-dualizzazioni e appunto perciò mira in se stessa non all’unità e all’univer-salità (Allgemeinheit), ma all’accrescimento di ogni individuale cerchia di vita verso le sue più pure e alte possibilità»3.

la centralità della questione della validità (Gültigkeit) che definisce il rapporto con le altre grandi tradizioni religiose affiora a questo livello. la validità è qualcosa che si pone innanzitutto in termini di accettazione e di giudizio personale, è questione di esperienza interiore e di coscienziosi-tà, confermate nell’esperienza di vita. il diritto di validità universale del cristianesimo «può essere solo creduto e percepito e poi successivamente consolidato attraverso la reale risolvibilità di tutti i problemi di vita che da essa partono»4. È possibile tuttavia andare oltre la base ristretta (Troeltsch parla di Nadelspitz, punta di un ago) della convinzione personale, attra-versando il terreno della comparatistica religiosa. Troeltsch non esita a fissare su di esso la propria specifica declinazione della fides quaerens intellectum, sottolineando gli elementi, razionalmente accertabili, della rivendicazione cristiana che sostanziano il giudizio oltre l’accettazione, e permettono di riferire a essa tra tutte le altre religioni «la più profonda va-lidità universale fondata a partire dall’essenza di Dio e dell’uomo»5. ciò, afferma Troeltsch, gli sembrava poter bastare, lasciando alla coscienza di ciascuno la considerazione di quanta validità – una validità, aggiunge, certo da intendersi in maniera differente – poteva essere attribuita alle altre religioni e allontanando l’inquietudine un po’ nevrotica per ulteriori manifestarsi del divino con la considerazione del fatto che il cristianesi-mo è nel suo presente una religione in divenire. Vale prendere nota a la-tere che in senso proprio Troeltsch non fa scendere la teologia sul terreno della filosofia della storia, anche se in un certo senso pone i presupposti per uno spostamento di quest’ultima in senso metafisico.

Questo è stato tuttavia un punto di arrivo rispetto al quale Troeltsch afferma di non avere praticamente (praktisch) nulla da ritrattare. «Ma teoreticamente oggi ho tuttavia alcune cose da modificare e queste va-riazioni sono anche non del tutto senza conseguenze pratiche (praktische Folgen)». l’interazione tra theoretisch e praktisch, pur nella sua polise-mia esaltata dalla distinzione tra aggettivale e avverbiale, indica un nodo che non può essere neutralizzato nella semplice forma dell’addendum. la

3 Ibi, p. 174.4 Ibi, p. 175.5 Ibi, p. 177.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 303 01/07/16 12:45

304 Ernst Troeltsch

teologia è per Troeltsch un sapere pratico, esposto agli esiti delle proprie formulazioni. A meno che qui il discorso non trovi un sommesso slit-tamento, trasferendo altrimenti il registro teologico fin qui impiegato e che questo dislocamento abbia certo delle conseguenze pratiche, ma in un senso quindi parzialmente diverso. la questione non è secondaria e tuttavia non è facile da afferrare.

Dopo un breve passaggio tutto speso sull’insistenza sul tema dell’indi-vidualità storica del cristianesimo e nel quale le Soziallehren sono presen-tate come un percorso di approfondimento che ha assolto una felice fun-zione di raccordo – vi ritorneremo –, Troeltsch presenta l’orientamento attuale del proprio pensiero e prende di nuovo il via dall’attraversamento della comparatistica religiosa. Ma più viene approfondito più tale terre-no si rivela accidentato e problematico, in perdita progressiva di consi-stenza al limite dell’auto-soppressione. la prospettiva dell’indagine – a intervenire qui è il risultato delle ricerche pubblicate in Der Historismus und seine Probleme – non permette infatti di isolare gli elementi pro-priamente religiosi dalla più ampia considerazione dell’insieme storico e delle concezioni politiche, sociali e così via che vi si determinano e spinge a mettere in discussione che in termini di valori culturali si dia una sostantiva e unitaria nozione di umanità, che sembra essere reperibile piuttosto nei termini materiali della sensibilità. non solo le religioni, ma gli stessi schemi di razionalità e i complessi ideativi perdono il proprio carattere universalistico e vengono catturati all’interno delle concrete in-dividualità storiche che li producono e da cui sono prodotte. non è solo il cristianesimo a rivendicare legittimamente la propria assolutezza, ma anche le altre grandi religioni, appena se ne approfondiscano i profili e se ne riconoscano autenticità ed elevatezza spirituali, frutto di un’effettiva elaborazione culturale superiore dei propri profili religiosi. ciò che ne emerge non è affatto un’omologazione, ma all’opposto un’impossibilità comparativa che si determina per mancanza di criteri di validità univer-sale tali da permettere un confronto che non sia meramente nell’ordine del fattuale. la preminenza del cristianesimo può ben essere creduta, ma ora essa è irriducibilmente un per noi. il discorso teologico non è affatto dissolto, ma è catturato in una prospettiva diversa e che non è più quella della teologia sistematica.

Quando Troeltsch dice che non ha nulla da ritrattare rispetto a Die Absolutheit des Christentums ha in questo senso ragione. né, ancora una volta, il suo è un esito di teologia della storia. È piuttosto uno sguardo pro-spettico su di una teologia possibile a partire da una immagine rinnovata della storia il cui piano di consistenza sta in una metafisica della storia e, in

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 304 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 305

parte, in una filosofia della religione, ma non su quello propriamente teo-logico, cioè per Troeltsch su quello di una scienza pratico-normativa. A.c. Bouquet, uno studioso inglese di religioni comparate, aveva scritto che Troeltsch era una specie di Albert einstein del mondo religioso6. Troeltsch apprezzò e proprio la lecture oxoniense prende avvio da un riferimento al libro di Bouquet. senza forzare troppo l’analogia che in letteratura ha avu-to qualche successo7 e che certo pare rinforzata dagli sviluppi di Troeltsch dei primi anni ’20, si potrebbe aggiungere che la ricomprensione di Die Absolutheit proposta in Die Stellung des Christentums è la sua teoria della relatività ristretta. Bisogna tuttavia fare attenzione. la formulazione, nella nostra consolidata accettazione di un paradigma scientifico, rischia di ri-sultare fin troppo cattivante, mettendo in ombra un incaglio, una difficoltà che la posizione di Troeltsch incontra.

il perno della nuova prospettiva (Troeltsch parla di Theorie) è il nesso tra cristianesimo ed europeismo8. «l’idea della individualità dell’europei- smo e del cristianesimo, con esso strettamente congiunto, entra ora molto più fortemente in primo piano, e l’idea, certo sempre un po’ razionalisti-ca, della Geltung e della Höchstgeltung retrocede fortemente» sullo sfon-do9. non è facile soppesare questo passaggio che pure introduce, come vedremo, il Leitmotiv di tutta la sua prestazione inglese. il nesso tra cri-stianesimo e europeismo si presenta come il prodursi storico di una piena circolarità: ogni elemento che definisce ciò che è propriamente europeo, dall’antichità ellenistica e latina al mondo nordico e germanico, è intriso di cristianesimo ed è senza di esso incomprensibile, ma a sua volta il cristianesimo stesso si configura come «totalmente deorientalizzato, elle-nizzato, europeizzato»10. È una faccenda di fatti e destino, dice Troeltsch: solo attraverso esso siamo ciò che siamo, solo con esso conserviamo le

6 A.c. Bouquet, Is Christianity the Final Religion? A Candid Enquiry, with the Materials for an Opinion, Macmillan, london 1921, p. 241. il volume dedica, soprattutto nel capitolo iv, pp. 189-240, un ampio rendiconto delle posizioni di Troeltsch a partire dalla seconda edizione di Die Absolutheit. Bouquet (1884-1976) ebbe una lunga influenza nel definire la posizione anglicana nel dialogo inter-religioso.

7 Ad esempio, la itera, forse autonomamente, otto hintze mettendo contrastivamente a confronto Troeltsch e rickert sul rapporto valori/storia, nel suo Troeltsch und die Probleme des Historismus. Kritische Studien, in «historische Zeitschrift» 135(1927), pp. 188-239; tr. it. di o. hintze, Storia, so- ciologia, istituzioni, Morano, napoli 1990, pp. 163-221; sul punto cfr. p. 208 della traduzione.

8 rinuncio a rendere il termine tedesco Europeismus con europeità, cosa cui sarei propenso per evitare cortocircuiti prospettici, ma che potrebbe apparire bizzarra nella sua disomogeneità con le traduzioni correnti. Vale comunque sottolineare che l’europeismo troeltscheano, prima che un pro-gramma, è una risorsa identitaria.

9 Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 179.10 Ibi, p. 179. Ma si considerino anche le pagine sulla russia del quarto capitolo di Der Histori-

smus, ibi, pp. 47-48.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 305 01/07/16 12:45

306 Ernst Troeltsch

forze religiose che ci sono indispensabili, «non possiamo fare a meno del-la religione, ma l’unica che possiamo sopportare è il cristianesimo, per-ché è cresciuto con noi ed è parte di noi stessi». in ciò sta la sua Geltung.

Geltung e definizione si rispecchiano, non senza violenza: altri cristia-nesimi, altre sedimentazioni cristiane non partecipano in questa connessio-ne del cristianesimo, sono un’altra cosa. Proprio perché il cristianesimo è, al di là dei fatti bruti, la religione di un raggruppamento umano storicamen-te altamente sviluppato, gli si deve necessariamente riconoscere una forza spirituale e una verità intrinseche in cui qualcosa della vita divina è real-mente contenuto. Anche qui si tratta di Geltung, anche qui c’è circolarità.

«Di ciò in questa teoria, come in ogni altra teoria, c’è in fondo sempre la stessa evidenza di una profonda esperienza interiore. Da tale esperienza si deve fondare la sua validità, ma appunto solo la sua validità per noi. È lo sguardo di Dio rivolto a noi, il modo con cui nella nostra situazione percepiamo e sentiamo che la rive-lazione di Dio è obbligante e liberante per noi, assolutamente per noi, in quanto non abbiamo altro e in ciò che abbiamo sentiamo la voce divina»11.

nondimeno rispetto alla formulazione riferita alla Absolutheit qui la cir-colarità è percorsa in senso inverso. Altre individualità storiche, altre con-nessioni di cultura e religione potrebbero, come nel caso delle altre grandi religioni mondiali, esprimere legittimamente la propria referenziale asso-lutezza e la propria percezione della divinità, senza che nulli porti a indica-re nella storia una possibile risoluzione comune o un elemento dirimente oltre gli orizzonti culturali che si fanno organizzatori delle sue immagini.

le conseguenze che Troeltsch trae dalla rideterminazione della propria posizione teologica (sul terreno missionario, sulle dinamiche interne delle chiese, sull’opzione per lui necessaria per un sovraconfessionalismo cri-stiano) sono espresse in un linguaggio provvisorio, a volte francamente ambiguo, e meriterebbero un’analisi specifica per sottrarle innanzitutto alle molte e contrapposte suggestioni di una lettura viziata d’anacroni-smo. È un’analisi che può tuttavia essere lasciata in sospeso per insistere su ciò che qui maggiormente ci interessa, cioè i registri disciplinari. Un aspetto però non può essere tralasciato, dato che in Die Stellung trova una formulazione che non può essere neutralizzata in un gioco di rimandi testuali che tende a sincronizzare l’insieme dell’alluvionale produzione troeltscheana. È l’assenza dell’elemento propriamente cristologico: non tanto del riferimento dogmatico, né della sua dimensione cosmica, ma dell’elemento cristologico come tale. il silenzio di Troeltsch sulla dif-ferenza cristiana in tanto parlare di manifestazioni della vita divina va

11 Ibi, p. 180 (corsivi miei).

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 306 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 307

oltre il rapporto complesso e complicato tra Troeltsch con la cristologia, che pure ha sempre rivendicato come irrinunciabile l’affermazione della piena storicità di gesù. ciò non può non drammatizzare, complicandolo, il profilo della sua teologia, al di là della dislocazione che ora essa viene a ricevere e apre un nesso “sensibile” tra profilo e posizione.

nella letteratura che in anni relativamente recenti ha riaperto il dibat-tito teologico su Troeltsch, sarah coakley ha il merito di non recedere dalle difficoltà che emergono dalle pagine di Die Stellung, facendone al contrario l’asse centrale della propria indagine:

«later, in Christian Thought, Troeltsch does not even bother to draw the chris-tological conclusions; indeed, if anything, it is the complete absence of reference to christ which is noteworthy here. The “Divine life” is now deemed to draw all the truths of the world religions into itself; how then could the fullness of this Divine life be supposed to have manifested itself solely and exclusively in one religious tradition? once more, then, we have a mere implicit, but none the less very significant, attack on “incarnational christology” (again in our fifth sense) arising from reflection on the world religions and their claims. What i have called Troeltsch’s “metaphysical perspectivism” is the key here»12.

Ma, come si è detto, quello di Die Stellung è un testo solo involonta-riamente ultimativo, non è un testamento.

ora, il nesso teologia/metafisica della storia o come lo chiama coakley “prospettivismo metafisico” rimanda, in una forma che non può essere pacificata sul puro piano metodologico, a una differenza disciplinare. non è questione qui di risollevare il mito fuorviante e affatto polemico di un Troeltsch che ha abbandonato la teologia. Troeltsch continua come ha sempre fatto a interrogare in prospettiva teologica gli altri saperi (si veda-no, ad esempio, le limpide pagine iniziali della recensione a rickert del 190313 che pure anticipa in modo embrionale alcuni temi di Der Historis-mus) e parallelamente a interpellare la teologia a partire da altre discipline (storiche e psicologiche e infine filosofiche). che da ultimo abbia assunto anche la posizione del filosofo della storia non cambia di per sé tale qua-dro. il resoconto che del proprio percorso egli dà in Die Stellung è anche il resoconto di un lungo attraversamento di una pluralità di linguaggi,

12 Christ without Absolutes. A Study of the Christology of Ernst Troeltsch, oxford University Press, oxford 1994, p. 115, ma si vedano anche tutte le pp. 37-43. nell’elencare sei modi di definire l’incarnazionalismo coakley indica il quinto come «the explicit claim of a qualitative uniqueness in christ; that is, it understands the “incarnation” to imply that no other person could ever be like this again, or convey god in this way. The “incarnation” in this fifth view is a category distinct from all other forms of revelation...» (pp. 105-106).

13 Moderne Geschichtsphilosophie, in «Theologische rundschau» 6(1903), pp. 3-28, 57-72 e 103-117; tr. it. in Etica, religione, filosofia della storia, guida, napoli 1974, pp. 335-392.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 307 01/07/16 12:45

308 Ernst Troeltsch

di pratiche scientifiche, di campi concettuali, effettuato tuttavia sempre rendendo esplicito da dove egli stesse parlando. eppure qualcosa manca ed è una mancanza eloquente.

le poche righe infatti che egli qui dedica all’intera stagione delle Sozial- lehren sono poco meno che stupefacenti. non solo perché uno specifico registro di indagine – non diremo quello della sociologia, in modo più cir-constanziato ci limitiamo a dire quello del sociologico – è taciuto, come non vi è nota da parte di Troeltsch del suo coinvolgimento, certo relativa-mente breve, nel tentativo da parte della comunità dei sociologi tedeschi di darsi forma istituzionale. si potrebbe infatti obiettare che Troeltsch, avendo esplicitamente preso posizione in Der Historismus a favore di una collocazione sostanzialmente ancillare dell’indagine sociologica nei confronti delle discipline storiche, mostrava in ciò persino una certa co-erenza, indicando nella contestualizzazione storico-sociale operata nelle Soziallehren un’esemplificazione produttiva di tale approccio. c’è da non esserne soddisfatti, certo. Due elementi tuttavia restano stridenti all’inter-no delle poche righe in questione, in cui la valorizzazione dell’indagine sulle dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani è certo alta, tanto che a essa è assegnato un ruolo pontiere tra l’Absolutheit e le prospettive successive. il primo è la tendenziale, tacita omologazione del carattere di individualità dell’esperienza cristiana nei suoi concreti momenti storici, che è indubbiamente una delle acquisizioni maggiori delle Soziallehren, al carattere costruttivista che sulla nozione di individualità storica river-bera (o meglio, continua a riverberare, mi spiegherò) nelle pagine delle lectures inglesi. ciò è sostanziato, più che esemplificato, dal riferimento che al proposito ci viene offerto:

«nella sua globalità e nelle sue specifiche articolazioni [il cristianesimo] è certo un’apparizione completamente storico-individuale e relativa, così com’è possi-bile solo sul terreno della cultura antica e dei popoli romano-germanici. il cri-stianesimo orientale dei giacobiti, nestoriani, armeni, etiopi è un cristianesimo completamente diverso. sì, già il cristianesimo russo è un mondo a sé»14.

È un giudizio che è certo congruo con lo spettro d’indagine dell’opera del ’12, che del cosiddetto cristianesimo orientale quasi non si occupa e sul mondo slavo non va al di là di poche decine di righe alla fine della sezione sul cattolicesimo medievale dedicate allo Staatskirchentum come iniziale risultato in oriente e alle differenze tra episcopalismo orientale e occiden-tale15, ma che, a rigore, da essa non deriva e per essere formulato in questo

14 Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 178.15 e. Troeltsch, Gesammelte Schriften. i. Die Soziallehren der christlichen Kirchen und Gruppen,

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 308 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 309

modo sembra richiedere una deviazione di metodo. sarebbe interessante decostruirlo, questo giudizio. il gioco delle apparenze è ragionevole, ma qui heidelberg sembra davvero essere lontana. la solidarietà tra registro teologico e registro sociologico si teneva sul fatto che entrambi avevano a che fare con una dimensione normativa, con le regole di condotta in cui le aggregazioni religiose si trovavano nella storia a organizzarsi e a opera-re. era una solidarietà che si reggeva sulla consapevolezza della difficile precarietà cui la modernità aveva esposto il rapporto tra norma e storia. nulla a che fare con la storia delle idee sotto cui emile Durkheim aveva classificato il contributo in cui Troeltsch aveva presentato le ricerche che sarebbero di lì a poco apparse nelle Soziallehren16, recensendo gli atti del primo congresso della Deutsche Gesellschaft für Soziologie, proprio lui che dalla cultura tedesca verso il volgere del secolo, certo con riferimenti in parte – ma solo in parte – diversi, aveva imparato a guardare alla di-mensione fattuale della normatività morale17. Questa solidarietà tuttavia si era snervata e la stessa centralità del normativo aveva ceduto spazio in Troeltsch all’intenzionalità. le coordinate ora erano altre.

essere troppo frettolosi tuttavia non è utile e per rendere ragione nel- l’autorappresentazione dell’ultimo Troeltsch di questa cancellazione so-stanziale, ma alla fine imperfetta, del proprio passaggio sociologico è più conveniente procedere a indagarne ulteriormente i presupposti e i profili.

2. nach Westen. Troeltsch oltre Weimar?

l’andata in inghilterra programmata per gli inizi del 1923 è per lui un avvenimento importante. Un viaggio in cantiere da molti anni e sempre procrastinato, ma che proprio ora, in uno scenario che permette qualche auspicio sulla fine del clima d’ostilità legato agli anni della guerra18, offre a Troeltsch un’occasione preziosa per proporre fuori dalla germania le considerazioni che sta portando avanti da qualche anno sulla necessità e

Mohr, Tübingen 1922, pp. 192-195; tr. it. Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani, nuova italia, Firenze 1941, vol. i, pp. 250-254.

16 e. Troeltsch, Das christliche Naturrecht und das moderne profane Naturrecht, in id., Gesam-melte Schriften. iv. Aufsätze zur Geistesgeschichte und Religionssoziologie, Mohr, Tübingen 1925, pp. 166-191; tr. it. L’essenza del mondo moderno, Bibliopolis, napoli 1977, pp. 95-124.

17 [e. Durkheim], Le Premier Congrès allemand de Sociologie, in «l’Année sociologique» 12 (1909-1912), pp. 23-26.

18 la vicenda della mancata presenza di Troeltsch in inghilterra e dei suoi rapporti con il mondo accademico britannico è ben ricostruita da M.D. chapman, The “Sad Story” of Ernst Troeltsch’s Proposed British Lectures of 1923, in «Zeitschrift für neuere Theologiegeschichte / Journal for the history of Modern Theology» 1(1994), pp. 97-122, che analizza anche le reazioni alla pubblicazione postuma delle lectures approntate da Troeltsch.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 309 01/07/16 12:45

310 Ernst Troeltsch

i compiti di un europeismo spirituale e politico che, oltre il cosmopoliti-smo inconcludente e omologatore di prima del conflitto, tenga ben fisso lo sguardo a occidente. Quanto restassero profonde le diversità dei trac-ciati di civiltà tra il mondo tedesco e quello europeo-occidentale (di cui la realtà americana è una particolare proiezione espansiva) Troeltsch lo ave-va ricordato senza reticenze nella sua importante conferenza dell’anno precedente alla hochschule für Politik di Berlino, quando aveva esortato i propri connazionali a prendere atto della bancarotta innanzitutto spiritua-le della germania e a «portare le tradizioni tedesche di nuovo in contatto con i grandi movimenti mondiali», riaprendo la comunicazione con gli altri percorsi che avevano il proprio retroterra nella vicenda comune del cristianesimo occidentale, come unica condizione effettiva per la conser-vazione vitale della propria, irrinunciabile identità storica19.

ora si trattava, in un confronto diretto con un uditorio straniero, di mettere alla prova ciò che era stato detto ai tedeschi, sondando cioè l’altra faccia della medaglia. in inghilterra Troeltsch si aspetta di trovare degli interlocutori attenti e virtualmente disponibili e l’articolarsi dei temi su cui organizza le conferenze lo dimostrano anche nella ricerca puntigliosa nella recente produzione insulare di momenti da indicare come elementi di confronto e di convergenza, capaci di una reciproca traducibilità di nodi problematici riconoscibili come comuni. Anche qui Troeltsch non manca, al solito, di schiettezza. non c’è spazio per mere giustapposizioni e le differenze tra Rule of Law e Kulturstaat non sono certo superabili con il mero allineamento tedesco alle culture politiche dei vincitori. la con-

19 la conferenza di Troeltsch, pubblicato sotto il titolo Naturrecht und Humanität in der Welt-politik in Tätigkeitsbericht der Deutschen Hochschule für Politik 1922 (Verlag für Politik und Wirt-schaft, Berlin 1923) era del tutto congeniale al programma dell’appena creata scuola berlinese che raccoglieva docenti dell’area del compromesso costituzionale (con l’esclusione dunque dei comunisti e dei nazionalisti revanscisti) allo scopo di formare una nuova élite repubblicana con una propensione specifica a un fattivo reinserimento tedesco nella comunità internazionale. in questo orientamento va sottolineato l’attitudine non priva di rilievi critici, ma sostanzialmente fiduciosa, delle conclusioni di Troeltsch sulla società delle nazioni. sulla lunga vicenda della hochschule, tra luci e ombre, fa il punto s.D. Korenblatt, A School for the Republic? Cosmopolitans and Their Enemies at the Deutsche Hochschule für Politik, 1920-1933, in «central european history» 39(2006), pp. 394-430. il testo di Troeltsch è importante per vari aspetti e ci tornerò; valga qui ricordare che sarà ripreso in versione inglese da ernst Barker, uno degli organizzatori del viaggio inglese, in appendice alla traduzione di cinque sezioni del quarto volume (1913) del Deutsche Genossenschaftsrecht di otto von gierke sul diritto naturale moderno (o. gierke, Natural Law and the Theory of Society 1500 to 1800, cambridge University Press, cambridge 1934, ma ristampata ripetutamente), che si ricollegava idealmente all’a-naloga edizione fatta da F.W. Maitland della sezione del terzo volume (1881) sulla pubblicistica medievale (o. gierke, Political Theories of the Middle Age, cambridge University Press, cambridge 1900). Tale intreccio ha garantito in contesto anglosassone una certa permanenza del nome di Tro-eltsch all’interno della letteratura storico-giuridica del novecento, anche quando lontana dalle sue problematiche più specifiche.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 310 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 311

vinta adesione politica al parlamentarismo che pure marca la posizione di Troeltsch20 nei confronti di altri certo più scettici come Max Weber o ide-almente ostili come Meinecke, non gli impedisce di evidenziare che «gli stati moderni prodotti un tempo dall’assolutismo [...] anche in quanto pie-namente democratizzati, continuano le tradizioni dell’assolutismo» e che ciò rende difficile superare senza il necessario depotenziamento delle pre-tese della sovranità degli stati quell’intreccio tra patriottismo e politica di potenza i cui esiti sono ben noti. il crinale storico-culturale che separa libertà (inglese) e autonomia (tedesca) può essere riconsiderato alla luce della consapevolezza che «l’utilizzazione delle tradizioni della politica assolutistica attraverso le democrazie parlamentari sembra in effetti aver oltrepassato il suo punto culminante e sembra poter garantire sempre meno all’interno e all’esterno l’ordine e la pace». Tale consapevolezza poteva essere nondimeno un ponte: «idee di tal genere sono in giro per tutti i popoli» scrive Troeltsch in Politik, Patriotismus, Religion. «ho let-to un libro inglese di harold J. laski The foundations of sovereignty che propaga questa nuova mentalità ed elenca la letteratura a essa dedicata»21. e per la Francia cita, sulla scorta di laski, Duguit e persino sorel.

il riferimento a laski – già presente nella conferenza berlinese con un giudizio esplicitamente positivo22 – non ha nulla di scontato e nell’udito-rio inglese che immagina di trovarsi dinanzi, difficilmente avrebbe potuto essere universalmente condiviso. Ma la tesi laskiana del pluralismo po-litico, che pure nelle Foundations riceve una declinazione più smussata che negli scritti precedenti dell’autore23, non è ai suoi occhi tanto qualco-

20 «la salvezza può venire solo dai principi della democrazia pura, dopo che una riforma ed evoluzione del diritto vigente e delle istituzioni venne prima rifiutata dalla classe dominante e poi resa impossibile dalla rivoluzione. solo il principio maggioritario della pura democrazia può salvarci dalla provvisorietà e dal caos, con l’aiuto di un’assemblea nazionale, la quale prima ci dia uno sguar-do d’insieme sulla reale distribuzione delle forze, accanto alla dittatura del proletariato, faccia venir fuori di nuovo gli altri gruppi. non esiste altra via né altro mezzo», scriveva già nel novembre del ’18, a pochi giorni dalla richiesta tedesca di armistizio, in Das Ende des Militarismus, la prima delle lette-re che pubblica sotto lo pseudonimo di Spektator sul periodico «Kunstwart» (tr. it. in e. Troeltsch, La democrazia improvvisata, guida, napoli 1977, p. 30). la posizione di Troeltsch è tanto più notevole se confrontata con quella ben più tiepida e perplessa nei confronti di una piena parlamentarizzazione negli anni heidelberghesi. lo schema qui è rovesciato rispetto a quello che vede la democrazia del numero come l’anticamera del socialismo, è la democrazia che sola può far emergere altri interessi rispetto a quelli degli operai, limitandone il ruolo politico.

21 Tr. it. in appendice a e. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 199.22 Aveva scritto in Naturrecht und Humanität in der Weltpolitik: «Al contrario [di Bryce] il

giurista laski in The Foundations of Sovereignty ritiene in regresso le attuali idee democratico-parla-mentari, e così combatte in esso i residui del diritto naturale dell’assolutismo in favore di un’umanità migliore e di un progresso vero», ibi, p. 107.

23 sul punto rimando al mio “Sovereignty” e “Disruption”. Note su The Problem of Sovereignty (1915) di Harold Laski, in «Filosofia politica» 3/6(1992), pp. 507-527 e più generalmente alla prima

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 311 01/07/16 12:45

312 Ernst Troeltsch

sa cui si debba sottoscrivere o meno, quanto un indicatore della necessità di un superamento delle forme “classiche” dell’individualismo e, in tal senso, pone l’accento su di un non differibile problema comune. l’ap-proccio di Troeltsch, lo si vede, anche qui non ha nulla di ricompositivo e non intende affatto attestarsi sui precari equilibri di uno scenario prebel-lico del tutto tramontato. Anche se su di un piano diverso e in modo più disteso e pacato, riecheggia il «signori miei, tutto vacilla» con cui aveva affrontato il dibattito sul Credo apostolico a eisenach decenni prima. È lo stile dell’uomo. l’attenzione di Troeltsch per laski è tuttavia signi-ficativa e si raccorda direttamente con le riflessioni proposte nella terza conferenza londinese (Der Gemeingeist) su Ethik und Geschichtsphilo-sophie, dove, espandendo il tema, molto simmeliano, delle Kreise e dei conflitti di appartenenza, l’insistenza è sulla difficile composizione che quest’ultimi presentano quando – e proprio perché – vanno al di là delle condizioni che chiama “materiali” e assumono il carattere di conflitti di valori. l’anarchia si determina «solo sul campo del metafisico e del reli-gioso» e può essere affrontata soltanto con nuovi mezzi. «solo che non si può cercarli nel campo delle costruzioni monistiche di uno spirito comu-ne che abbraccia tutto e dei corrispondenti provvedimenti di una politica nazionale o ecclesiastica dell’istruzione»24. in questa prospettiva la pole-mica anti-monistica del giovane laski, specie quando, come nelle Foun-dations, tenta di delineare positivamente i possibili punti di un equilibrio dinamico mai a priori garantibile, indubbiamente presenta per Troeltsch tratti intriganti e può suggerire persino una possibile direzione del suo pensiero cui il sopraggiungere della morte ha impedito di dare sviluppo nel senso di uno scioglimento crescente del tema corporatista dall’orga-nicismo. Ma c’è anche dell’altro. se laski si collocava in una linea ideale cui non era estranea una coloritura germanistica che testimoniava uno zoccolo storico di influenze reciproche e di interscambi25 – e questo era certo coerente con l’intenzione delle lectures –, Troeltsch attraverso il nome di laski implicitamente evocava altri pluralismi ben presenti nella tessitura di quest’ultimo, in primis quello delle chiese e del loro rapporto

parte del volume di B. Zylstra, From Pluralism to Collectivism. The Development of Harold Laski’s Political Thought, Van gorcum, Assen 1968.

24 e. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 162.25 Da rudolf von gneist comparatista di Selfgovernment. Communalverfassung und Verwal-

tungsgerichte in England a otto von gierke del Deutsche Genossenschaftsrecht l’influsso dei giuristi tedeschi che puntavano a rileggere la tradizione corporatista e antipandettistica del diritto propria-mente germanico era stato decisivo per la considerazione delle realtà collettive e dei gruppi, aprendo con F.W. Maitland una fase nuova per la storiografia giuridica britannica. laski poteva essere consi-derato un esito radicale, legittimo, anche se non necessario, di questo percorso.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 312 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 313

con lo stato, che peraltro per la stessa formulazione della posizione di laski era stato essenziale. Un altro nome non sarebbe mancato di venire alla mente degli uditori anche se Troeltsch non lo proferisce: è quello dello storico e teologo John neville Figgis, allievo di lord Acton e di F.W. Maitland, prete anglicano e monaco della Community of the Resur-rection di Mirfield, della cui opera Troeltsch era, almeno in certa misura, consapevole26. Anche se in queste pagine preferisce far convergere il suo discorso su un piano che è prioritariamente e più direttamente politico.

«È possibile che qui sono in corso grandi sconvolgimenti interni del nostro pensiero politico. il regno di Dio e le utopie neppure ci riusciranno e anche il compromesso così illustrato non diventerà superfluo»27. in que-sta connessione il disegno che Troeltsch traccia per la sua prestazione in inghilterra opera esattamente come rovescio della conferenza alla hoch-schule für Politik e ne ripercorre, allargandola da una prospettiva diversa, ma simmetrica, la complessità. si può dire anzi che la conferenza berline-se e i testi per le lectures inglesi, letti assieme, costituiscano un complesso e raffinato gioco di specchi in cui le opposizioni, lungi dal cadere, assu-mono nella reciproche rifrazioni una luce diversa e più smussata, lascian-do intravedere i contorni di una sintesi, certo problematica, ma possibile. in ciò Troeltsch sembra iterare su un piano solo parzialmente diverso la nozione di compromesso già al centro della sua produzione più risalen-te28, e ne fa, rideterminandola, l’istanza organizzatrice di un’agenda che salda la riflessione degli anni berlinesi su Historismus e Weltgeschichte

26 Fra Troeltsch e Figgis, due autori che la storiografia spesso affianca nel discutere la crisi del-la medievale respublica christiana, un confronto ravvicinato è mancato. Troeltsch testimonia nelle Soziallehren e altrove una certa conoscenza della produzione storica di Figgis, in primis del volume From Gerson to Grotius, mentre Figgis fa riferimento più volte al lavoro di Troeltsch su Agostino (Augustin, die christliche Antike und das Mittelalter, oldenbourg, München 1915), che definisce «indispensable», nel suo The Political Aspects of St. Augustine’s “City of God”, longmans, london 1921, pubblicato postumo a due anni dalla morte. È poco probabile che Troeltsch non avesse avuto anche in precedenza qualche nozione di Churches in Modern State, il volume pubblicato da Figgis nel 1913, e comunque laski vi faceva ampio riferimento oltre che nei testi precedenti anche nelle Foundations. gli elementi di virtuale convergenza tra i due autori sono considerati congetturalmente, ma ragionevolmente, da M.D. chapman, Concepts of the Voluntary Church in England and Ger-many, 1890-1920. A Study of J.N. Figgis and Ernst Troeltsch, in «Zeitschrift für neuere Theologie-geschichte / Journal for the history of Modern Theology» 2(1995), pp. 37-59 che privilegia innovati-vamente gli aspetti ecclesiologici di Figgis. Manca su Figgis un lavoro complessivo che tenga conto dei vari aspetti del suo pensiero. la monografia di Maurice g. Tucker, John Neville Figgis. A Study, sPck, london 1950, che resta il testo di riferimento, è in questa prospettiva del tutto insufficiente.

27 e. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 199.28 il ruolo centrale del Kompromiss lungo tutto il corso della produzione troltscheana è ormai ben

riconosciuto dalla letteratura. cfr. da ultimo il lavoro intelligente e accurato di g. Médevielle, L’absolu au coeur de l’histoire. La notion du compromis chez Ernst Troeltsch, cerf, Paris 1998, che pecca tut- tavia per un eccesso di tono compositivo.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 313 01/07/16 12:45

314 Ernst Troeltsch

e la diagnosi ricavata dalla più recente esperienza di impegno politico, giornalistico e militante, nei primi anni di Weimar.

c’è nel Troeltsch degli ultimi anni un certo ottimismo della volontà. la messa in discussione dell’immagine universalistica della storia non ha la tonalità del disincanto, definisce piuttosto lo spazio di un’intrapresa co-struttiva dove il für uns sfugge alla dissoluzione relativistica e fissa un piano di oggettività valoriale sulla cui delimitazione costruire diventa pos-sibile e dove lo storicismo nella radicalizzazione della propria prestazione trova anche l’orgoglio del proprio riscatto. la sfida avanzata da oswald spengler in Der Untergang des Abendlandes – un libro antecedente la fine del conflitto, ma che, per ragioni editoriali, era stato pubblicato con involontaria tempestività solo nel 1918, con un enorme successo – era rovesciata, non senza qualche recezione29. siamo lontani dalla perplessità sul futuro con cui si chiudeva nel 1913 (la data è significativa) il saggio su Neunzehntes Jahrhundert. lì il richiamo alla decisione era in funzione della perseveranza in una posizione che poco tuttavia concedeva ad at-teggiamenti fiduciosi30. ora invece il ricorrente riferimento di Troeltsch all’Entscheidung perviene ad assumere una veste programmatica in cui l’attraversamento sistematico delle figure filosofiche della storia che lo ha occupato dall’assunzione della cattedra berlinese che già era stata di Dil-they, trova infine spesa. l’indagine sulla filosofia della storia per lui non era stata tanto l’abbandono della teologia, la Flucht di cui sprezzantemente parlerà Karl Barth, quanto la premessa di quella necessaria ricognizione della «storia della cultura» attraverso cui per Troeltsch passava la generale rivendicazione di non subalternità espressa nell’enunciato «die idee des Aufbaues heißt geschichte durch geschichte überwinden»31, partire dalla storia, ma per non esserne prigionieri. era un’affermazione che avrebbe po-tuto fare anche vent’anni prima, ma che ora assumeva una torsione diversa nel gioco dei discorsi disciplinari e nell’esposizione alla cruda fattualità del dopoguerra. in buona parte la piattaforma problematica di Troeltsch

29 J.M. cho, Historicism and Civilizational Discontinuity in Spengler and in Troeltsch, in «Zeit-schrift für religions- und geistesgeschichte» 51/3(1999), pp. 238-262.

30 «il cristianesimo ha accresciuto il suo intrinseco conflitto con la cultura e la scienza, e i tentativi di composizione si trovano tra due fuochi», aveva scritto. in questione non è solo il futuro del cristia-nesimo, ma di tutti i fondamenti della cultura, che la sua emarginazione implicherebbe. «il problema è quello di una decisione tra irreligiosità, restaurazione confessionale, libero sviluppo del cristianesimo e formazione di una religione del tutto nuova». Ma la chiusa è pessimistica: «in ogni caso, per effetto del secolo diciannovesimo, è definitivamente tramontata l’unità delle idee religiose, già scissa dal tempo della riforma – e in ciò è insito uno dei problemi più ardui problemi del futuro» (L’essenza del mondo moderno, cit., pp. 344-345). non diverse erano state le conclusioni delle Soziallehren.

31 È come noto la conclusione del quarto capitolo di Der Historismus und seine Probleme, tr. it. in e. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 96.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 314 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 315

restava la stessa, ma ora si mostrava mobile e prendeva una diversa ango-lazione. non era la prima volta. non era tuttavia un’operazione indolore e comportava il costo di alcuni non facili congedi. le pagine che Der Histo-rismus und seine Probleme dedica a simmel e a Max Weber, ricondotto all’interno dell’orizzonte del positivismo, esprimono una distanza che è anche un prezzo da pagare, innanzitutto rispetto alla propria stagione so-ciologica. la redazione delle lectures inglesi risentono di questo percorso e in qualche modo nella formulazione ne accentuano innovativamente il versante positivo-propositivo. Ma, come vedremo, non tutto è risolto. sia sul versante della storia, come sarà segnalato con forza pochi anni dopo da otto hintze32, sia su quella della teologia, dove l’inscindibilità di cristiane-simo e storia – il tema perno di tutta la teologia troelscheana – riletta nella prospettiva filosofico-storica dell’abbandono della dimensione universali-stica viene a perdere, come abbiamo visto, l’autonomo supporto veritativo di una reclamata comparazione etico-razionale33.

Un aspetto va a questo riguardo ulteriormente considerato: quello del carico che sull’ottimismo della volontà dell’ultimo Troeltsch hanno avu-to in maniera durevole non soltanto le disillusioni, ma anche le illusioni degli anni di guerra.

3. Cannoni e valori

Allo scoppio della guerra i saperi e le discipline non avevano esitato a mobilitarsi e così aveva fatto anche la teologia, in germania più che altrove, anche in forza del carattere immediatamente pubblico che essa vi aveva. Adolf von harnack, per di più di un aspetto il decano delle scien-ze religiose tedesche, aveva contribuito alla stesura dell’appello del Kai-ser al popolo tedesco34 e anche Troeltsch si era affrettato a pronunciare il suo «Alle armi, alle armi!»35. Fin dagli ultimi mesi della permanenza a

32 o. hintze, Troeltsch und die Probleme des Historismus, cit.33 le perplessità verranno anche da ambienti di non stretta osservanza barthiana. scrive oscar

cullmann nel suo Christus und die Zeit. Die urchristliche Zeit- und Geschichtsauffassung (evangeli-scher Verlag, Zollikon 1946): «ernst Troeltsch (soprattutto in Der Historismus und seine Probleme, 1922) vuole “superare” un simile storicismo dogmatico nella teologia, in quanto inconciliabile con la relatività di ogni storia. e vuole trovare invece la norma in una considerazione dogmatica di tutta la storia. Di fatto, però, egli ha mutuato la norma da un ambito situato al di là di ogni storia: da una filosofia dei valori» (tr. it. Cristo e il tempo, edb, Bologna 19903, p. 44 .

34 sul ruolo di harnack cfr. J.c. o’neil, Adolf von Harnack and the Entry of the German State into War, July-August 1914, in «scottish Journal of Theology» 55/1(2002), pp. 1-18.

35 e. Troeltsch, Nach Erklärung der Mobilmachung. Rede, gehalten bei der von der Stadt und der Universität einberufenen vaterländischen Versammlung am 2. August 1914, Winter, heidelberg 1914, p. 6. la posizione di Troeltsch negli anni della guerra è analizzata nel contesto delle sue re-

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 315 01/07/16 12:45

316 Ernst Troeltsch

heidelberg, la sua era stata una posizione preminente nella mobilitazione spirituale che contrapponeva le idee del 1914 a quelle del 1789 e in cui la nazione, proprio in forza di tale polarizzazione, rifondava la propria iden-tità. la guerra assumeva la propria dimensione etica – una lotta vitale per la difesa della libertà tedesca – ed era percepita in felice controtendenza rispetto alle frammentazione particolaristica degli interessi e alle derive in cui l’individualismo sembrava fino a poco prima definitivamente cattura-to. Ein erneuertes Deutschland: questa la possibilità che la mobilitazione lasciava intravedere e per essa la cultura si ingaggiava, non solo contro le potenze occidentali e loro retorica di liberare i tedeschi dall’aristocrazia e dal militarismo, ma anche contro quei pochi che sul fronte interno indu-giavano ancora a parlare di lotte di classe. era tutto il pensiero borghese che, indossata la divisa, si scopriva antiborghese e nazionale36. Persino georg simmel, che più di altri sembrava essere potenzialmente immune dalla bouffée nazionalistica, vi soggiace e si presta alla propaganda bellica tra lo sconcerto e il rifiuto di parte dei giovani che si erano raccolti attorno a lui nel seminario berlinese37. sarà proprio simmel a fornire nel discorso Deutschlands innere Wandlung, di poco seguente allo scoppio della guer-ra, l’immagine più nitida di una decisione verso cui la nozione di scopo si presenta inadatta e insufficiente e che richiama una crescita appunto inte-riore, un operare (Arbeit) come elemento primario in cui si realizza il mo-vimento vitale verso un rinnovamento che è umano prima che politico38.

«il complesso delle esperienze dell’intellighenzia tedesca nel momen-to dello scoppio della guerra», scriveva nel 1915 lukács in un abbozzo mai portato a termine, ma di epocale ricchezza39, «si possono forse de-

lazioni intellettuali e disciplinari da Peter hoeres nel suo Krieg der Philosophen. Die deutsche und britische Philosophie im Ersten Weltkrieg, schöningh, Paderborn 2004, in part. pp. 262-275. Ma è ancora utile il vecchio saggio di g.M. schwarz, Deutschland und Westeuropa bei E. Troeltsch, in «historische Zeitschrift» 191(1960), pp. 510-547.

36 cfr. al riguardo il bel libro di J. Verhey, The Spirit of 1914. Militarism, Myth, and Mobilization in Germany, cambridge University Press, cambridge 2000, in part. pp. 115-136.

37 Proprio sulla questione della guerra si consuma la rottura tra simmel e alcuni dei suoi allievi destinati a un futuro importante, come ernst Bloch e györgy lukács. Per il caso di ernst Bloch, forse personalmente quello più lacerante cfr. A. Münster, L’utopie concrète d’Ernst Bloch. Une biogra-phie, Kimé, Paris 2001, pp. 46-52, ma più generalmente r. leck, Simmel’s Afterlife. Tropic Politics and the Culture of War, in «new german critique», 75 (Autumn, 1998), pp. 109-132. Un tentativo problematico ma stimolante di argomentare a favore di una sostanziale coerenza della posizione simmeliana rispetto alla propria produzione precedente è in P. Watier, The War Writings of Georg Simmel, in «Theory, culture & society» 8/3(1991), pp. 219-233.

38 Deutschlands innere Wandlung (1914), ristampato in g. simmel, Der Krieg und die geistigen Entscheidungen. Reden und Aufsätze, Dunker & humblot, München-leipzig 1917, p. 28. Una tradu-zione italiana è in g. simmel, Sulla guerra, Armando, roma 2003.

39 Die deutschen Intellektuellen und der Krieg, in «Text+Kritik» 39/40(1973), pp. 65-69; tr. it. in g. lukács, La responsabilità sociale del filosofo, Pacini Fazzi, lucca 1989, pp. 15-21. il testo di

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 316 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 317

scrivere nella maniera più semplice così: un entusiasmo affatto generico, spontaneo, che però manca di ogni contenuto chiaro e positivo. Di questa esperienza non viene approvata in generale la guerra in sé, e in particolare questa guerra specifica; non vengono indicati scopi determinati e chiara-mente definiti, posti come senso dell’avvenimento e come direttrici del comportamento: la visione generale dell’intellighenzia era e resta che la germania è stata costretta alla guerra e che durante la guerra l’importante è solo la guerra, solo “tener duro”». È un entusiasmo che prescinde total-mente dagli scopi politico-militari del conflitto, una questione che come vedremo, una volta commisurata con l’andamento bellico si rivelerà alta-mente erosiva della iniziale compattezza. «Tuttavia, in tale entusiasmo è presente, anche se non un contenuto determinato, certamente un senso di intensità (Intensitätsrichtung): l’esperienza profonda di un respiro di sol-lievo, di liberazione da uno stato avvertito come – ormai – insostenibile. sembrava quasi come se nella guerra si approvasse non qualcosa di posi-tivo, ma il suo esserci, il suo essere altro rispetto alla latenza fino a quel momento». il novum è tuttavia monodimensionale e si profila nel senso di un’unica e unitaria comunità nazionale, traducendosi esplicitamente nella piena validazione delle parole del Kaiser di non conoscere più partiti, ma solo tedeschi. continua lukács: «deve scomparire l’isolamento, che tutti avvertono in maniera così opprimente di fronte alla guerra, della cultura e dei portatori della cultura, deve sorgere una comunità di tutti. o, più precisamente (e con riferimento ancora più forte alla situazione specifica dell’intellighenzia): deve finire l’individualismo esasperato che non solo separa gli intellettuali come ceto dagli altri gruppi, ma anche separa e iso-la così nettamente ogni singola, vera personalità da tutte le altre, bisogna far posto a una comunità nuova, solidale. il collante di questa comunità per la guerra è dato: il cameratismo nel comune pericolo scampato e supe-rato. sembra comunque indubbio – per questa speranza – che essa debba continuare a esistere anche dopo la guerra, anche se non si può ancora dire in che cosa tale comunità debba consistere». lukács nel suo scritto ha in mente soprattutto le pagine di simmel ricordate sopra, come potreb-be dimostrare agilmente un’analisi testuale ravvicinata, ma è un quadro che bene si attaglia anche a Troeltsch.

lukács è importante perché se da un lato smonta l’immagine semplicistica della propaganda antitede-sca (la componente dell’intellighenzia fautrice della necessità e dell’auspicabilità del conflitto non ha dimensioni maggiori in germania che nelle altre potenze belligeranti), dall’altro tende a decostruire l’autopercezione degli intellettuali tedeschi che si vedono coinvolti in «un’esperienza inesprimibile, quasi religiosa, la cui comprensione deve restare preclusa per sempre a chi è ad essa estraneo», rimettendola a confronto con quell’eroismo impersonale che è un più «generale fenomeno psichico necessariamente indotto dalla moderna tecnica di guerra».

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 317 01/07/16 12:45

318 Ernst Troeltsch

se l’«indubitabilità» non tarda tuttavia a venir meno, nel caso di Troeltsch essa non cede reattivamente il passo al mero disinganno. Dallo scoppio della guerra alla catastrofe del ’18 ai primi anni di Weimar il percorso di Troeltsch è di progressivo allontanamento dalle idee del 1914. È un percorso dichiarato pubblicamente, senza riluttanze e senza abiure, in cui disillusione e revisione s’intrecciano supportando la spinta crescente ver-so un coinvolgimento diretto nell’attività politica40. il Troeltsch propria-mente politico nasce da qui, dalla necessità di padroneggiare lo stordi-mento del primo anno del conflitto. ciò tuttavia avviene senza che mai sia apertamente messa in discussione la percezione che l’entrata in guerra abbia costituito uno spazio imprevisto per il riemergere di una dimensio-ne valoriale condivisa e condivisibile che segnava uno spartiacque con il mondo prebellico. l’intensità resta e non rende sempre agevole prendere la misura degli scritti di Troeltsch in questi anni. È una difficoltà che an-che la letteratura sembra testimoniare. se lo troviamo prendere le distan-ze relativamente presto da ogni prospettiva grande-imperialistica, dando concretezza politica alle tesi della guerra difensiva, come quando, nell’ar-ticolo del 1915 su Der Imperialismus41, interviene contro le annessioni, lo troviamo nel contempo ispessire la dimensione identitaria sottesa agli argomenti avanzati nei giorni della mobilitazione, radicalizzando, come in Die deutsche Idee von Freiheit del 1916, la dimensione destinale del-la Volksgemeinschaft tedesca, la specificità di una Sonderweg etica. È lo stesso periodo in cui si dispiega la ricerca sulla storia e crescono i materiali con cui si comporrà Der Historismus und seine Probleme. i due piani sono certo diversi e sovrapporli non sarebbe prudente, eppure è difficile non ve-dere la risonanza che tra essi si sviluppa nel corso di meno di un decennio.

Dire quanto del Troeltsch degli scritti più politici degli anni di guerra fosse presente come retroterra immaginativo nella sua produzione prece-dente, è arduo. se consideriamo, come richiesto dal nostro contesto, le Soziallehren del ’12, dove il rapporto tra modernità e cristianesimo ani-mava programmaticamente l’indagine e le cui pagine tuttavia chiudevano la ricognizione non oltre il xvii secolo, c’è da restare esitanti. Torna uti-

40 cfr. J. leonhard, «Über Nacht sind wir zur radikalsten Demokratie Europas geworden» – Ernst Troeltsch und die geschichtspolitische Überwindung der Ideen von 1914, in «Troeltsch studi-en» nf 1(2006), pp. 205-230.

41 Wolfang J. Mommsen definisce coraggioso l’articolo che Troeltsch pubblica nel giugno del ’15 su «Die neue rundschau» e vi legge una delle più nitide espressioni della posizione di coloro che assumono come scopi della guerra la difesa vittoriosa dell’impero contro i suoi nemici e il sicuro mantenimento delle frontiere e della sua influenza, senza alterare l’equilibrio dei confini europei, in contrapposizione all’ipotesi di un indebolimento definitivo delle potenze confinanti e di una conse-guente espansione sul continente e sui mari, cfr. The Debate on German War Aims, in «Journal of contemporary history» 1/3(1966), pp. 47-72, sul punto pp. 48-49.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 318 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 319

le un indicatore esterno, significativo, anche se forse marginale. si tratta dell’intervento apparso su «revue de métaphysique et morale» dedicato a Les aspects religieux de la guerre 42 del capitaine edmond Vermeil, uno studioso di fede riformata destinato a diventare uno dei riferimenti della germanistica francese novecentesca e futuro autore alle soglie del decen-nio successivo di un fortunato e precorritore volume sul pensiero religioso di Troeltsch43. È un intervento di guerra – l’indicazione recita Aux armées, mars 1918 – ma degno di nota per una lucidità che va oltre l’opposizione tra luteranesimo e calvinismo, rivendicata, pur con diversi accenti, dal-la generalità dei protestanti francesi e anglosassoni44. Troeltsch non vi è mai citato, ma tutta la tessitura problematica del testo è in qualche modo troltscheana e implicitamente rimanda alle Soziallehren, quasi a indicarne una fruibilità alternativa, ma legittima. sarà lo stesso Vermeil a rendere esplicita la connessione in una nota delle sue lezioni strasburghesi affian-cando senza commento il suo intervento e l’opera di Troeltsch45.

resta la sensazione che l’esperienza immaginativa della guerra («la guerra dello spirito e delle penne») determini in Troeltsch uno scarto di orientamento, una torsione di prospettiva, lasciando segni durevoli anche dopo la fine della guerra delle trincee e delle diplomazie. nelle Sozial-lehren egli non aveva mancato di portare il proprio contributo alla critica della miseria tedesca sottolineando i limiti dell’esperienza storica propria-mente luterana e i gravami lasciati in eredità per quanto riguardava gli esiti dell’affidamento della gestione della chiesa allo stato e soprattutto l’ammissibilità dello stato e della legge secolare come imperativi morali. lungo la stessa direttrice la seconda edizione di Die Bedeutung des Prote-stantismus für die Entstehung der modernen Welt (1913) aveva allargato lo scenario con considerazioni importanti sui limiti del rapporto tra con-fessioni religiose e costruzioni politico-statuali, registrando per la germa-nia da un lato l’estraneità dell’elemento luterano, storicamente legato al territorialismo principesco, all’emergere romantico-controrivoluzionario della nazione e dall’altro un apporto particolarmente povero quando, con

42 «revue de métaphysique et morale» 25/5-6(1918), pp. 893-921.43 e. Vermeil, La pensée religieuse d’Ernest Troeltsch, librairie istra, strasbourg 1923. su Ver-

meil, un primo inquadramento è nel contributo di K. Marmetschke, Zwischen Feindbeobachtung und Verständigungsarbeit. Edmond Vermeil und die französische Germanistik in der Zwischenkriegszeit, in F. Beilecke - K. Marmetschke (eds.), Der Intellektuelle und der Mandarin. Für Hans Manfred Bock, Kassel University Press, Kassel 2005, pp. 505-526, che tuttavia non considera il saggio del 1918.

44 ch.e. Bailey, The Verdict of French Protestantism against Germany in the First World War in «church history», 58/1(1989), pp. 66-82 e The British Protestant Theologians in the First World War. Germanophobia Unleashed, in «The harvard Theological review», 77/2(1984), pp. 195-221.

45 cfr. e. Vermeil, La constitution de Weimar et le principe de la démocratie allemande. Essai d’histoire et psychologie politiques, librairie istra, strasbourg 1923, p. 332.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 319 01/07/16 12:45

320 Ernst Troeltsch

l’emergere della società industriale, una maggiore sensibilità si era mo-strata anche in area tedesca verso quella connessione tra diritti e demo-crazia, che, pur logicamente non necessaria, a occidente aveva mostrato la propria produttività storica. Un sostrato di sensibilità religiosa che si articolava diversamente all’interno delle stratificazioni della società tede-sca, e si presentava in via di rapido inaridimento laddove la specificità in-dustriale del capitalismo tedesco si mostrava più forte: poco più di questo era diventato il luteranesimo in germania, una disposizione, non certo una forza viva. né si può dire che negli scritti di guerra il quadro sia total-mente rinnegato, ma la prospettiva complessiva è bruscamente mutata. gli aspetti critici vengono subordinati alla costruzione figurale del tedesco e, con un parziale mutamento di segno, integrati in esso e resi funzionali a un superamento che proprio la mobilitazione può e deve attuare; il sostra-to religioso di ascendenza luterana cessa di essere considerato pressoché inerte e si trasforma in una risorsa specifica dello spirito tedesco, mentre la precedente rappresentazione delle distinzioni nei confronti del mondo calvinista e settario perde in complessità e ricchezza di articolazioni e si irrigidisce a supportare la polarizzazione polemica con l’occidente euro-peo. «sei deutsch, bleibe deutsch, werde deutsch!»: il motto con cui egli chiude la conferenza patriottica alla stadthalle di Karlsruhe nel dicembre del ’1446 testimonia certo di una congiuntura particolare, ma esprime pure, al di là dell’intreccio di vittimismo e sciovinismo (la “nevrosi” del ’14), il prender forma di una postura di pensiero che punta a sintetizzare, rideter-minandoli, elementi diversi in una configurazione individualizzante, in cui Kulturstaat, individualismo dello spirito e della responsabilità e Machtpo-litik concorrono assieme, sotto il nome di deutsche Freiheit, a un’auspicata armonizzazione che alla scansione dà la specifica caratura di Schicksal 47.

Questo valeva al risuonare dei cannoni d’agosto, ma continua a va-lere anche dopo, nella sconfitta e nella necessaria caduta delle illusioni, quando per i tedeschi sarà inevitabile riconoscere che «il nostro destino politico sarà modesto (bescheiden)»48. È una postura costruttivistica che

46 e. Troeltsch, Das Wesen des Deutschen, Winter, heidelberg 1915, p. 32.47 Puntuali al riguardo le pagine che, all’interno di una considerazione complessiva di Troeltsch

filosofo della storia, dedica agli scritti del periodo bellico g. iggers, The German Conception of His-tory. The National Tradition of Historical Thought from Herder to the Present, Wesleyan University Press, Middletown conn. 19832, in part. pp. 185-188.

48 così scrive in Deutsche Bildung, otto reichl, Darmstadt 1919, pp. 51-52; tr. it. Marietti, ge-nova 2015, p. 105. e continua: «noi siamo caduti dopo il tramonto degli hohenstaufen e dopo il fallimento della riforma protestante, nella rincorsa verso la costituzione di un grande stato. Questo è il destino e non lo si può cambiare. Ma anche in tale condizione di debolezza la germania può conti-nuare a essere o [ri-]diventare lo stato di un popolo spiritualmente vivo, capace e laborioso (bleiben oder wieder werden)». Ancora la sequenza bleiben-sein-werden!

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 320 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 321

in Troeltsch sopravvive e non si dissolve nel successivo impegno per la repubblica, e rende possibile e continuativa la comunicazione, se non l’in-terazione, tra prestazione patriottica che si metabolizza trasformandosi in impegno politico e il maturare dell’itinerario filosofico-storico che sfo-cia in Der Historismus e nel suo prospettivismo metafisico. lo stesso con- cetto di costruzione (Aufbau) ne è pienamente implicato.

Anche se aveva avuto anticipazioni importanti in Deutsche Bildung e nei tre saggi pubblicati tra il ’19 e il ’20 in «Der Kunstwart und Kultur-wart» su Aristokratie, Sozialismus e Demokratie, è la conferenza berline-se del 1922 su Naturrecht und Humanität in der Weltpolitik a costituire il momento di convergenza tra i due piani e nel contempo un punto di definizione per un ulteriore sviluppo49.

4. nach osten, aus osten. Peripli del radicalismo

nell’ultima delle lectures inglesi, quella londinese dedicata a Politik, Pa- triotismus, Religion, Troeltsch ritorna al tema a lui caro del compromesso:

«Per molti di noi in germania il compromesso è ritenuto quanto di più spregevo-le e volgare il pensatore possa perpetrare. si reclama il radicalismo dell’aut-aut. e quanto più si va a est, tanto più forte diventa questa disposizione [Stimmung; nella traduzione inglese Tendency]. Tuttavia si può girare e voltare la cosa come si vuole. Tutti i radicalismi portano all’impossibile e alla rovina. A questo riguar-do la storia del cristianesimo stesso è infinitamente istruttiva»50.

Di fronte a un uditorio che suppone possedere in forza della tradizio-ne empiristica insulare una diversa e più disponibile attitudine verso il compromesso e, anche in forza di un certo conservatorismo, una scar-sa propensione ai radicalismi, Troeltsch pare rafforzare la propria tesi evocando i rischi di una contaminazione atta a travolgere in germania l’equilibrio strutturalmente difficile della costituzione post-bellica. Ma in ciò lascia intravedere qualcosa di più: è la peculiare declinazione che egli dà dell’opposizione oriente/occidente. se mettiamo tra parentesi la frase sul carattere rovinoso di tutti i radicalismi, scorgiamo come Nach Osten evochi sì la contemporaneità politica, ma vada oltre, riconnettendo a quest’ultima un tempo più lungo e ci parli di un cristianesimo che ha

49 Acutamente Fulvio Tessitore ha suggerito in una nota del capitolo su Troeltsch, lo «Historis-mus» e la Universalgeschichte del suo Il senso della storia universale (garzanti, Milano 1987, p. 255) come in quest’ultimo scritto del 1922, forse più che nel quarto capitolo di Historismus und seine Probleme, sia possibile intravedere lo schema del secondo volume mai scritto di quest’opera.

50 e. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi, cit., vol. iii, p. 200.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 321 01/07/16 12:45

322 Ernst Troeltsch

il proprio riferimento in una escatologia dove la figura del regno non trova la via dell’interiorizzazione e in ciò manca (per eccesso oltre che per difetto?) quella dimensione della personalità su cui il cristianesimo occidentale ha costruito nei compromessi con il mondo la propria antro-pologia. la spazialità storica delle civiltà e delle religioni dell’oriente – le figure che in Die Stellung aveva introdotto lo stessa tema, ma appun-to in un’altra forma – sembra rattrappirsi alla vicenda del cristianesimo orientale e il rimando qui, più che a Berlino e alla filosofia della storia, è a heidelberg e al sociologico del cristianesimo. Quella che si presenta-va come un’aporia delle Soziallehren51 assume in questa connessione il carattere di una qualificazione del progetto di Troeltsch e della sua, assai problematica, dimensione teologico-politica52.

Torniamo per un attimo alle brevi pagine delle Soziallehren richiamate poco sopra. i lineamenti del cristianesimo russo-orientale tracciati veloce-mente da Troeltsch non si differenziano poi molto da quelli proposti, su di un piano più marcatamente dottrinale, da harnack53. le pagine di Troeltsch si segnalano al contrario per una densa nota contro reinhold seeberg a pro-posito della storia dei dogmi che investe la relazione tra medioevo e Ago-stino – su cui Troeltsch ritornerà con qualche revisione nel libro agosti-niano del ’15 – ma anche permette di ribadire una questione di “metodo”:

«io ritengo [...] che la natura speciale manifestata dal medioevo occidentale nell’evoluzione politico sociale sia stata il fattore decisivo anche per il fonda-mentale carattere etico-religioso di esso. Di fronte alla concezione puramente dialettica della storia della chiesa e dei dogmi è qui pienamente giustificato un po’ di “marxismo”». sono frasi che vanno lette tenendo presente che il loro ri-ferimento contrastivo è il lungo medioevo che a oriente continua nonostante «le [sue] più notevoli combinazioni [...] con le più moderne istituzioni e iniziative politiche ed economiche».

51 «Disgraziatamente è troppo scarsamente nota la storia della chiesa russa, sicché non possono qui seguirsene gli interessanti paralleli e contrasti con l’evoluzione occidentale», e. Troeltsch, Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristian, cit., vol. i, p. 254..

52 il punto è talmente rilevante e pone a mio avviso in luce una schisi dentro l’ultimo Troeltsch da essere stato oggetto persino di un sintomatico diniego. Parlando dell’esclusione della cultura est-asiatica e indiana e persino dell’islamismo, più affine alla cultura occidentale e a essa storicamente intrecciato, ai fini di una filosofia della storia finalizzata alla sintesi culturale, un lettore attento e intelligente come otto hintze aggiunge, contro ogni evidenza testuale: «Per contro Troeltsch è orien-tato a includere nell’ambito del mondo culturale occidentale la russia cristiano-orientale con le sue enigmatiche possibilità di sviluppo futuro», Storia, sociologia, istituzioni, cit., p. 217 .

53 si vedano, ad esempio, lo Skizze der Entstehungsgeschichte des orthodoxen Systems nel suo Grundriss der Dogmengeschichte, la versione sintetica della sua grande ricerca (Mohr, Freiburg 1889-1991, pp. 179-183) o le lezioni dodicesima e tredicesima di Das Wesen des Christentums (hin-rich, leipzig 1900; tr. it. Queriniana, Brescia 20033, pp. 201-224.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 322 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 323

l’oriente è l’atrofia del cristianesimo antico in un parallelismo indi-sturbato e impotente con lo stato e nella mancanza di una compenetrazio-ne intima – un reale compromesso? – surrogata da una mera giustappo-sizione regolata dal «cesarismo spirituale mondano». così i contrasti del medioevo occidentale che hanno prodotto il rinascimento e la riforma sono restati totalmente estranei all’oriente bizantino e ai suoi sviluppi. come si vede, lo sguardo di Troeltsch resta prioritariamente orientato al rapporto tra cristianesimo e modernità, qui totalmente mancato.

Ma le considerazioni troltscheane non si limitano a riproporre un’im-magine consolidata, ma la sospingono alla contemporaneità. «l’antichità rimasta sempre viva in oriente non vi ha prodotto un rinascimento, e dai conati di approfondimento e di rinnovamento della vita religiosa scaturi-sce sempre in oriente soltanto l’ascesi, sia pure un’ascesi così moderna come quella del Dostoevskij e del Tolstoi. Ivi non è il terreno per alcun-ché che sia affine alla Riforma» (corsivo mio). Basta così? no, o almeno non del tutto.

gennaio 1917. Troeltsch scrive da Berlino a györgy lukács, che è a heidelberg. lukács e Troeltsch si conoscono dai tempi del Kreis che a heidelberg si raccoglieva attorno a Weber e alla sua grande curiosità e che vedeva assieme accademici tedeschi e giovani dottori e anche stu-denti dei paesi dell’est europeo, contesto in cui lukács e ernst Bloch, che venivano entrambi dal seminario berlinese di simmel, erano percepiti come dostoevskiani escatologici54. Tra i due i rapporti forse non erano stretti, ma comunque non erano occasionali. Quella di Troeltsch è una lettera di ringraziamento perché l’ungherese gli aveva inviato una copia del suo Theorie des Romans. era uno scambio probabilmente regolare; Troeltsch gli aveva inviato il suo Augustin. Theorie des Romans era usci-to l’anno precedente55. l’autore si era risolto a pubblicarlo dopo aver ri-nunciato al progetto di un lavoro su Dostoevskij di cui il testo in questio-ne avrebbe dovuto essere una sorta di introduzione e in rapporto al quale le battute finali, restate a lungo affatto enigmatiche, risultano invece del tutto chiare56. Forse di ciò Troeltsch era a conoscenza, forse no. Ma certo

54 cfr. P. honigsheim, The Unknown Max Weber, Transactions, new Brunswick 2003 (in part. il capitolo v) e, soprattutto in riferimento a lukács, Marianne Weber, Max Weber. Ein Lebensbild (1926), Mohr, Tübingen 1984; tr. it. Max Weber. Una biografia, il Mulino, Bologna 1995 pp. 546-547.

55 Druck der Union Deutsche Verlagsgesellschaft, stuttgart 1916 (sonderabdruck aus «Zeit-schrift für Ästhetik und allgemeine Kunstwissenschaft», Bd. xi, hft. 3/4, 1916).

56 «Dostoevskij non ha scritto romanzi», scrive lukács, «Dostoevskij appartiene al nuovo mon-do. se egli sia già l’omero o il Dante di questo nuovo mondo, o abbia solo levato i canti che i poeti futuri insieme con altri precursori comporranno in una grande unità; se egli segni solo l’inizio o la conclusione di un cammino, potrà dircelo solo l’analisi della forma delle sue opere», Teoria del ro-manzo, tr. it., newton compton, roma 19752, p. 189.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 323 01/07/16 12:45

324 Ernst Troeltsch

difficilmente poteva essere a conoscenza di quanto egli vi fosse inconsa-pevolmente coinvolto. noi oggi conosciamo il brogliaccio manoscritto – ritrovato fortunosamente agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso in una borsa dimenticata da lukács in un albergo di heidelberg – che ci mostra l’imbastitura del libro mai portato a termine su Dostoevskij e possiamo vedere quanto le Soziallehren, come base documentaria ma anche come oggetto critico, fossero presenti, forse in misura maggiore di quanto han-no riconosciuto i curatori dell’edizione a stampa del manoscritto57. la lettera è breve, ma non di pura cortesia. Un passo soprattutto ci interessa. nel primo capitolo della prima parte («le culture chiuse») lukács aveva affrontato la questione della cultura antica e del cristianesimo e lì inter-viene Troeltsch:

«Talune parti, l’antichità e il cristianesimo, sono totalmente della mia idea. ri-tengo soltanto che lei faccia il mondo cristiano più problematico di quel che è, e troppo rapidamente lo conduca al punto di vista della trascendentalità pura, ancora trasparente solo muovendo dal soggetto, la quale non solamente suppone, ma è certa che ogni oggettività è un apriori del formare che muove dal soggetto. Questo a mio parere, è un punto di vista filosofico molto specifico all’interno del mondo moderno, ma non il suo sentimento di se stesso. Quest’ultimo è infinita-mente più variegato e, a mio avviso, assai, assai più sostanziale»58.

le osservazioni di Troeltsch sono certo riferite alle pagine della Theorie, ma forse ancor più lo sono alla posizione di lukács, per come Troeltsch lo conosce. carattere irriducibilmente composito e sostanzialità del cri-stianesimo: sono espressioni che sintetizzano un’obiezione teologica e nel contempo un’obiezione sociologica quelle che Troeltsch, del tutto in linea con la propria storia intellettuale, rivolge al giovane interlocutore, quasi a suggerire che rispetto al cristianesimo anche a lui sarebbe servito un po’ di “marxismo”. lukács negli anni vi avrebbe posto rimedio.

Ma è anche un indicatore che permette di leggere di cosa e di quali stratificazioni si sostanzi il raccordo posto tra il blocco datosi nel cristia-nesimo orientale e i suoi esiti contemporanei in cui si fanno strada figure redentive antinomiche, come quelle dell’ateismo religioso di cui parla lukács nel progetto del suo Dostoevskij e che si dispongono a ridetermi-nare l’«ascesi così moderna» in senso attivistico.

57 g. lukács, Dostojewski. Notizen und Entwürfe, Akedémiai Kiadó, Budapest 1985; tr. it. se, Mi-lano 2000 con una bella postfazione di Michele cometa. Ma di cometa si tenga presente anche il sag-gio Mitologie intorno all’ateismo. Lukács e Dostoevskij nel suo Il demone della redenzione. Tragedia, mistica e cultura da Hebbel a Lukács, Aletheia, Firenze 1999, pp. 233-262, come pure di elio Matassi il terzo capitolo del suo Il giovane Lukács. Saggio e sistema, Mimesis, Milano 20112, pp. 115-157,.

58 g. lukács, Epistolario 1902-1917, editori riuniti, roma 1984, p. 398 (lettera 236).

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 324 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 325

Abbandoniamo per un attimo Troeltsch e restiamo su lukács, senza tuttavia perdere di vista il punto. È noto che la decisione di lukács per il comunismo è stata improvvisa e per molti inaspettata. Ancora nel no-vembre del 1918, egli definiva il bolscevismo un problema morale inso-lubile59. «nella liberazione dal compromesso si nasconde l’affascinante forza del bolscevismo. Ma colui che ne viene affascinato non si rende forse pienamente conto a cosa va incontro nel tentare di evitarlo. il suo dilemma è il seguente: si può raggiungere il bene con mezzi cattivi?». la linea argomentativa dell’articolo vuole prescindere dalla congiuntura politica, il punto è quello del rapporto etico tra socialismo e democrazia, o meglio del carattere del carattere redentivo della socialdemocrazia che risulterebbe snaturato in una politica di meri interessi di classe, cioè in mera ideologia del potere. la lotta è tra due fedi: «io non credo che sia necessaria una fede maggiore alla soluzione bolscevica di “azione eroi-ca immediata” di quanto sia necessaria ad una lunga, estenuante lotta d’istruzione alla democrazia, lotta apparentemente non eroica, ma che richiede un profondo senso di responsabilità». la prima via è quella delle convinzioni dirette (costino quel che costino), la seconda è quella delle «consapevole dedizione, affinché si possa attraverso il sacrificio di se stesso, realizzare interamente la socialdemocrazia e non solo una parte di essa, un frammento perduto del suo centro». l’insolubilità morale del problema del bolscevismo sta sul suo basarsi su un’ipotesi metafisica per cui il male genera il bene e che arriva ad affermare «che è possibile (come dice rasumichin in Raskolnikov) [è il titolo della traduzione tedesca di Delitto e castigo di Dostoevskij] ingannarsi fino alla verità”. il sotto-scritto è incapace di condividere questa opinione». Poche settimane dopo lukács scrive l’opuscolo Tattica e etica60, in realtà una sorta di replica a se stesso. se Il bolscevismo come problema morale partiva da un’inten-zionalità etica per arrivare a lambire una prospettiva politica, lo scritto del ’19 opera all’incontrario, muovendo dall’agenda rivoluzionaria e in-troducendo, sebbene in forma ancora assai acerba, alcuni dei temi e delle figure con cui nel volgere del decennio lukács contribuirà a costruire la “teoria dell’offensiva”.

le corrispondenze tra i due testi sono contrastivamente evidenti, ma con un supplemento sorprendente. la distinzione tra fatto della lotta di

59 II bolscevismo come problema morale apparve in ungherese sul giornale «szabad gondolat» ed è ora leggibile in appendice al seminale lavoro di M. löwy, Pour une sociologie des intellectuels révolutionnaires. L’évolution politique de Lukács, 1909-1929, Puf, Paris 1976; tr. it. Per una socio-logia degli intellettuali rivoluzionari. L’evoluzione politica di Lukács, 1909-1929, la salamandra, Milano 1978, pp. 320-326.

60 g. lukács, Scritti politici giovanili 1919-1928, laterza, Bari 1972, pp. 3-14.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 325 01/07/16 12:45

326 Ernst Troeltsch

classe e significato della lotta della classe utilizzata già nell’articolo pre-cedente, viene mantenuta, ma nel rovesciamento di prospettiva trova una sistemazione di maggior respiro, emancipandosi dallo schiacciamento economicistico sugli interessi e aprendo sulla filosofia della storia. «la lotta di classe del proletariato non è pura e semplice lotta di classe (se fosse solo questo, essa sarebbe in effetti regolata esclusivamente dei vantaggi della Realpolitik), ma al contrario un mezzo per la liberazione dell’umanità, un mezzo per l’inizio della storia umana. ogni compromes-so offusca proprio questo aspetto della lotta e pertanto – nonostante i suoi vantaggi contingenti momentanei, e nondimeno assolutamente problema-tici – è nefasto in considerazione di questo vero obiettivo finale». oltre i dualismi dello scritto precedente, classe messianica e filosofia della storia si tengono. la tattica si definisce su questo, lontano dalla dimensione calcolante dell’agire strumentale. essa è apertura kairotica e richiede un etica diversa da quella della responsabilità «della consapevole dedizio-ne». rispetto alla vocazione universalistica della realizzazione del socia-lismo, la decisione degli individui assume così un margine irriducibile di indeterminatezza e di rischio, non c’è nella prassi garanzia etica a priori e quindi assumersi il peso dell’essere personalmente responsabili è inevita-bile. lungo queste linee le pagine finali prendono una piega improvvisa: non ci sono ricette per un agire retto e l’autoriflessione etica conosce il tragico delle situazioni dove è impossibile non assumersi una colpa. la sequenza è cogente e liquida con brutalità il residuo tolstojano presente nel Problema morale del bolscevismo. l’unico criterio è nell’ordine del sacrificio. Di fronte a due scelte colpevoli il singolo trova il proprio cri-terio nel sacrificio del proprio io inferiore all’idea superiore e può così trovare misura in relazione all’agire collettivo. «Qui però l’idea si incarna in un comando della situazione storico-universale, come vocazione impo-sta dalla filosofia della storia». Ma trarre norme dalla storia non elimina l’alea e il tragico. Qui arrivano i russi, non i bolscevichi, ma i socialisti rivoluzionari nella loro versione letterario-terroristica, a fornire le esem-plificazioni di cui lukács ha bisogno. e qui la colpa è esplicitamente il peccato. il riferimento letterario è in qualche modo distanziante e allenta un eccesso di letteralismo. il riferimento, mediato da un romanzo di sa-vinkov, è – ci si affretta a ricordarlo – il terrorismo individuale. Uccidere è imperdonabile, incondizionatamente, ma a volte deve essere fatto. in ciò ci si perde, completamente, senza riscatto: ma questo è il sacrificio richie- sto per la salvezza dei fratelli, dove perdute sono purezza, morale, anima.

«in altre parole, solo l’azione omicida dell’uomo, il quale sa con assoluta cer-tezza e senza dubbio alcuno che in nessuna circostanza l’omicidio deve essere

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 326 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 327

approvato, può avere, tragicamente, una natura morale. Per esprimere questo pensiero sulla più grande delle tragedie umane con le incomparabilmente belle parole della Judith di hebbel: “e se iddio avesse posto il peccato tra me e l’azio-ne che mi è stata imposta, chi sono io perché possa sottrarmi a esso?”».

la citazione da hebbel sovrasta l’intero passo e lascia intravedere una volta di più la silhouette di Dostoevskij.

5. Troeltsch, alla fine

Tornare a Troeltsch non è facile dopo aver frequentato la vertigine in cui lukács ha consumato il proprio retaggio di rigorismo etico e ha risolto la propria ambivalenza nei confronti del neo-kantismo in rifiuto. Possia-mo immaginare che Troeltsch, se ne fosse stato a conoscenza, avrebbe certo indurito le proprie obiezioni in condanna e ciò del tutto coerente-mente con quanto avrebbe proposto in Naturrecht und Humanität e nelle lectures inglesi. Una cosa forse avrebbe concesso, che quella kantiana non era una via, ma solo una tappa, certo felice, oltre cui però era necessa-rio muovere. Per entrambi aveva trovato espressione in configurazioni di pensiero e in contaminazioni diverse, ma per entrambi il congedo da essa avrebbe assunto la forma di una politicizzazione. se si parla di teologico-politico per Troeltsch – se ne può discutere –, egualmente bisognerà farlo per il giovane lukács.

il compromesso e il suo rifiuto sembrano definire due posizioni po-larmente inconciliabili e l’esclusione dal compromesso di chi rifiuta il compromesso sembra un corollario trivialmente ovvio. Ma qui si tratta di politica dello spirito e le cose sono più complicate. se il compromesso cristiano-occidentale dell’ultimo Troeltsch potesse chiudersi su se stesso senza la necessità logica di una sua connotazione esclusiva proprio sul terreno religioso, la questione sarebbe chiusa, ma non è così. la russo-filia di lukács è senz’altro reale e non priva persino di tratti ridicoli, ma il pensiero in cui trova elaborazione è meno perimetrabile di quanto si possa pensare. È significativo che il Dostoevskij fosse parte di un progetto comune di cui l’altra componente era il Thomas Münzer di ernst Bloch, un volume che sarà portato a termine e nel 1921 pubblicato61. conside-rati assieme, pur nella loro diversità, i due testi sfidano le Soziallehren

61 e. Bloch, Thomas Münzer als Theologe der Revolution (1921), suhrkamp, Frankfurt a.M. 19692; tr. it. Feltrinelli, Milano 1980. Per la lettura e l’utilizzo critico che Bloch fa di Troeltsch cfr. s. ganis, Utopia e Stato. Teologia e politica nel pensiero di Ernst Bloch, Unipress, Padova 1996, in part. pp. 23-65.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 327 01/07/16 12:45

328 Ernst Troeltsch

troltscheane nella marginalizzazione che quest’opera fa, al limite della rimozione, dell’elemento messianico e chiliastico e ne sono a loro volta sfidati e in ciò entrano con prepotenza nella stessa definizione di compro-messo che l’immaginazione teologica di Troeltsch ha approntato e messo alla prova nella sua indagine del sociologico cristiano.

Ma per il Troeltsch degli anni ’20 di rispondere a tale sfida non è più questione e neppure di rendere ragione di essa. heidelberg è lontana e le Soziallehren restano un classico indipendentemente dagli sviluppi del suo autore. Un classico della sociologia, non necessariamente un’opera sociologica. Ma un classico è fatto di tante cose, anche delle sue aporie.

come è noto, anche questa volta il viaggio inglese non si farà: Tro-eltsch muore nel febbraio del medesimo anno, poco prima della partenza, e i testi dei suoi interventi saranno letti in absentia a oxford e a lon-dra. la vicenda della loro pubblicazione postuma a cura del barone von hügel, che del viaggio era stato il principale promotore e che di Troeltsch era interlocutore e amico da lunga data, è complessa. la versione inglese e quella tedesca divergono infatti non solo nel titolo – Christian Thought. Its History and Application la prima, Der Historismus und seine Über-windung, la seconda –, ma anche nell’ordine della presentazione dei ma-teriali, esibendo inoltre un certo numero di varianti non sempre insigni-ficanti. gli studiosi tuttavia si sono concentrati soprattutto sulla portata e sulla congruenza del titolo dell’edizione tedesca. Troeltsch non aveva pensato ad alcun titolo specifico ed entrambi i titoli erano redazionali, ma se il primo è sembrato relativamente neutro, il secondo – forse suggerito dalla moglie di Troeltsch, Marta – decisamente più impegnativo con quel riferimento a un superamento dello storicismo si è prestato a obiezioni e dissensi e c’è chi lo ha trovato assai problematico, se non fuorviante. Più basilare tuttavia, e per noi forse più fruttuoso, è considerare le due pub-blicazioni dalla prospettiva del loro diverso montaggio. Una ratio può es-sere ipotizzata al riguardo con ragionevole approssimazione. la versione inglese segue l’ordine sequenziale delle conferenze, ponendo in apertura La posizione del Cristianesimo; in ciò coerentemente essa tiene conto di un Troeltsch noto a un pubblico anglosassone principalmente come il teologo di Die Absolutheit des Christentum und die Religionsgeschichte e che dai dibattiti suscitati da quest’opera, in verità più sulle pagine di riviste americane che britanniche, derivava la propria immagine. Un rac-cordo, una ricapitolazione problematica del percorso tra quella stagione e le proposte e le prospettive presenti era dunque una condizione prelimi-nare e necessaria. Diverse certo erano le necessità dell’edizione tedesca del 1924. in germania Troeltsch è un intellettuale conosciuto e negli anni

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 328 01/07/16 12:45

Piccinini – Teologico e sociologico in Troeltsch 329

del dopoguerra un uomo pubblico. le grandi prestazioni intellettuali, quella sulle dottrine sociali cristiane e quella sullo storicismo, data alle stampe appena due anni prima, che ne hanno scandito il percorso sono presenti al mondo intellettuale tedesco anche oltre ai circuiti accademico-disciplinari. la versione tedesca ha da dare testimonianza postuma di un pensiero il cui movimento è stato bruscamente interrotto e di un progetto che proprio nell’interlocuzione inglese si stava mettendo alla prova. È ragionevole pensare che sia sembrato opportuno dare risalto ai testi cen-trati su etica e filosofia della storia che più direttamente si legavano alla produzione recente dell’autore, lasciando in secondo piano elementi con-siderati legittimamente già in gran parte disponibili al lettore tedesco. in questo senso il titolo tedesco richiamava la chiusa di Der Historismus und seine Probleme: «l’idea della costruzione significa oltrepassare la storia attraverso la storia [Geschichte durch Geschichte überwinden] e spianare la piattaforma di una nuova opera creativa. su di essa deve riposare la sintesi culturale del presente che è la meta della filosofia della storia. Di ciò, nella misura in cui un singolo ne è in grado, dovrà trattare il prossimo volume», quasi alludendo, con qualche ambiguità editoriale, che il lettore avrebbe potuto trovarvi l’annunciato proseguimento. Appunto, la fine.

Abstract: The English lectures which Troeltsch did not deliver at Oxford and London University in 1923 offer a privileged point of view on his earlier produc-tion, The Absoluteness of christianity and The social Teachings of christian churches. The weakening of the link between theology and sociology marks a change of his thought in the years of World War I when he taught Philosophy of History in Berlin. Validity and compromise are key words for tracing Troeltsch’s positions on the confrontation between Christianity and the other World-Reli-gions, as well on Germany’s post-war politics. The problematic issue of Western Christianity in its connection with Europeanism is challenged by a new escha-tologism represented in Eastern European fashion and forces the reopening of some problems of social Teachings.

16_H16,2_Troelt_Piccinini.indd 329 01/07/16 12:45


Recommended