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Viaggio Lucano come icona narrativa

Date post: 02-Dec-2023
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1. Bibliografia sul Grande Viaggio Lucano (9,51-19,44) A. Il viaggio come storia - A.B. Baum, Lukas als Historiker der letzten Jesusreise, PhD dissertation, Kampen, 1993, riassunta in F. Noël, Travel Narrative, 140-182 - H.L. Egelkraut, Jesus’ Mission to Jerusalem: A Redaction Critical Study of the Travel Narrative in the Gospel of Luke, Lk 9:51-19:48, Lang, Frankfurt/ Bern 1976. - D. Gill, “Observations on the Lukan Travel Narrative and Some Related Passages,” HTR 63 (1970), 199-221 B. Il viaggio come opera redazionale - I.H. Marshall, The Gospel of Luke, NIGTC, Eerdmans, Grand Rapids MI 1978 - J.A. Fitzmyer, Gospel of Luke -I, AB 28, Doubleday, Garden City NY 1983 (Yale University CT 2008) - J.B. Green, Luke, NICT, Eerdmans, Grand Rapids MI 1997 - Denaux, “The Theme of Divine Visits and Human (In)hospitality in Luke-Acts. Its Old Testament and Graeco -Roman Antecedents,” in J. Verheyden (ed.), The Unity of Luke-Acts, Leuven University Press, Leuven 1999, 255-279. - F. Noël, The Travel Narrative in the Gospel of Luke: Interpretation of Lk 9:51-19:28, Voor Wetenschappen en Kunsten, Brussel 2004 C. Il viaggio come intreccio di temi e discorsi - F. Matera, «Jesus’ Journey to Jerusalem», JSNT 51(1993), 57-77 D. Il Viaggio come organizzazione circolare/chiastica dei materiali - M.D. Goulder, “The Chiastic Structure of the Lucan Journey,” in F.L. Cross (ed.), Studia Evangelica II (TU. 87, Berlin, 1964), 195-202 - K.E. Baily, Poet and Peasant: A Literary Cultural Approach to the Parables of Luke, Eerdmans, Grand Rapids MI 1976. - C.L. Blomberg, . “Midrash, Chiasmus, and The Outline of Luke’s Central Section,” in R.T. France and D. Wenham (eds.), Gospel Perspectives III, JSOT Press, Sheffield 1983, 217-261 . “Interpreting the Parables of Jesus: Where Are and Where Do We Go from Here”, CBQ 53 (1991), 50-78 - C. H. Talbert, . Literary Patterns, Theological Themes and the Genre of Luke-Acts, SBLMS 20, Scholars Press, Missoula 1974. .Reading Luke : A Literary and Theological Commentary on the Third Gospel, Smyth & Helwys Publishing, Macon GA 2002 - G. Giurisato, “Come Luca struttura il viaggio e le altre parti del suo Vangelo. Una composizione paradigmatica: 12,13-34.35-48; 16,1-18.19-31”, RivBit XLVI (1998) 419-484 E. Matrice biblica del quadro della sezione - C.F. Evans, . «The Central Section of Saint Luke’s Gospel», in D.E. Nehemiah (ed.), Studies in the Gospels, Oxford 1954, 37-53 . Saint Luke, NTC, Trinity Press International, London – Philadelphia PA 1990,34-37
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1. Bibliografia sul Grande Viaggio Lucano (9,51-19,44)

A. Il viaggio come storia - A.B. Baum, Lukas als Historiker der letzten Jesusreise, PhD dissertation, Kampen, 1993, riassunta in F. Noël, Travel Narrative, 140-182

- H.L. Egelkraut, Jesus’ Mission to Jerusalem: A Redaction Critical Study of the Travel Narrative in the Gospel of Luke, Lk 9:51-19:48, Lang, Frankfurt/ Bern 1976.

- D. Gill, “Observations on the Lukan Travel Narrative and Some Related Passages,” HTR 63 (1970), 199-221

B. Il viaggio come opera redazionale - I.H. Marshall, The Gospel of Luke, NIGTC, Eerdmans, Grand Rapids MI 1978

- J.A. Fitzmyer, Gospel of Luke -I, AB 28, Doubleday, Garden City NY 1983 (Yale University CT 2008)

- J.B. Green, Luke, NICT, Eerdmans, Grand Rapids MI 1997

- Denaux, “The Theme of Divine Visits and Human (In)hospitality in Luke-Acts. Its Old Testament and Graeco -Roman Antecedents,” in J. Verheyden (ed.), The Unity of Luke-Acts, Leuven University Press, Leuven 1999, 255-279.

- F. Noël, The Travel Narrative in the Gospel of Luke: Interpretation of Lk 9:51-19:28, Voor Wetenschappen en Kunsten, Brussel 2004

C. Il viaggio come intreccio di temi e discorsi - F. Matera, «Jesus’ Journey to Jerusalem», JSNT 51(1993), 57-77

D. Il Viaggio come organizzazione circolare/chiastica dei materiali - M.D. Goulder, “The Chiastic Structure of the Lucan Journey,” in F.L. Cross (ed.), Studia Evangelica II (TU. 87, Berlin, 1964), 195-202

- K.E. Baily, Poet and Peasant: A Literary Cultural Approach to the Parables of Luke, Eerdmans, Grand Rapids MI 1976.

- C.L. Blomberg, . “Midrash, Chiasmus, and The Outline of Luke’s Central Section,” in R.T. France and D. Wenham (eds.), Gospel Perspectives III, JSOT Press, Sheffield 1983, 217-261

. “Interpreting the Parables of Jesus: Where Are and Where Do We Go from Here”, CBQ 53 (1991), 50-78

- C. H. Talbert, . Literary Patterns, Theological Themes and the Genre of Luke-Acts, SBLMS 20, Scholars Press, Missoula 1974.

.Reading Luke : A Literary and Theological Commentary on the Third Gospel, Smyth & Helwys Publishing, Macon GA 2002

- G. Giurisato, “Come Luca struttura il viaggio e le altre parti del suo Vangelo. Una composizione paradigmatica: 12,13-34.35-48; 16,1-18.19-31”, RivBit XLVI (1998) 419-484

E. Matrice biblica del quadro della sezione - C.F. Evans, . «The Central Section of Saint Luke’s Gospel», in D.E. Nehemiah (ed.), Studies in the Gospels,

Oxford 1954, 37-53

. Saint Luke, NTC, Trinity Press International, London – Philadelphia PA 1990,34-37

- D, Moessner, The Lord of the Banquet. The Literary and Theological Significance of the Lucan Travel Narrative, Fortress Press, Minneapolis MN 1989

- W.M. Swartley, Israel’s Scripture Traditions and the Synoptic Gospels. Story Shaping Story, Hendrickson Publisher, Peabody MA 1994

F. Sviluppo narrativo del Racconto Lucano - C. Bazzi, Le Parabole, icone del Viaggio Lucano, note di corso (aggiornate ottobre 2015)

- J.-N. Aletti, . L‘arte di raccontare Gesù, Queriniana , Brescia 2000 (or. francese Seuil, Paris 1989)

. Il Gesù di Luca, EDB, Bologna 2012

G. Interpretazione teologica - S.C. Barton, The Spirituality of the Gospels, SPCK,London 1992

- Jea Yeol Jeong, The Role of The Lukan Parables in Terms of The Purpose of Luke’s Gospel Perspectives on Christian Life, Dissertation submitted, under the supervision of Prof. H.C. Van Zyl, to the Free State Korea 31 May 2011

Questioni da discutere: Perché la lettura storica, redazionale, tematica, chiastica, retorica del Viaggio non soddisfano? Quale contributo ogni tipo di lettura dà alla comprensione generale del Viaggio? Come colmare la tensione fra forma e contenuto nella sezione lucana del Viaggio? Quale ruolo viene affidato alle PARABOLE in ognuna delle proposte avanzate?

2. I contributi qualificanti per l’interpretazione del Viaggio

Tutti o quasi gli studi fatti suggeriscono che questa grande sezione del Vangelo di Luca - da 9,51 a 19,17 o 44 - non è frutto del caso né il segno di una incapacità compositiva dell’Evangelista; possiede un senso e un’organizzazione propria, anche se non evidente e non comune. Il problema della tensione fra contenuti e forma – messi in evidenza, per esempio, da D. Moessner, in The Lord of the Banquet – è una sfida da raccogliere, non un verdetto definitivo.

I. L’euristica

Si è allora cercato dov’è la chiave per scoprire l’unità dell’intera sezione e lo si è fatto in campi diversi e con metodi diversi.

a) La chiave della storia e il modello della tradizione.

Questa è la categoria seguita dalla interpretazione tradizionale e nei secoli scorsi e abbandonata presto come ingenua e prescientifica. Essa fu adottata da F. Schleiermacher, Luke: A Critical Study (tradotto in inglese nel 1993, da N.Y. Lewiston per la Edwin Mellin Press), per il quale Luca avrebbe combinato due viaggi giovannei, unendo l’inizio del primo con la fine dell’ultimo. Molti altri hanno supposto che Luca riunisse in un solo viaggio i tre o i quattro, rilevabili nel Vangelo di Giovanni. C.I. Cadoux, “The Visits of Jesus to Jerusalem,” Exp 9/3 (1925), 175-192, suggerisce 10,25-13,9 come primo viaggio; 18,9-14 come conclusione di un secondo e l’ingresso trionfale di 19,28-44 come culmine di un terzo; ma E.J. Cook, “The Synoptic Indications of the Visits of Jesus to Jerusalem,” ExpTim 41 (1929/30), 121-23, ve ne vede quattro: 9,51-10,42; 11,1-13,9; 13,22-13,33 e 14,25-19,28. Recentemente, A.B. Baum, Lukas als Historiker, 1993, ha ripreso queste teorie e ha interpretato la lunghezza della sezione come notizia della predicazione di Gesù in Perea, basata sulla testimonianza del

Diacono Filippo, che Luca avrebbe incontrato a Gerusalemme (cf At 21,8-9) e che Luca riformula secondo i criteri storiografici greci ma anche teologici della storia della salvezza.

b) La chiave della redazione e il modello sinottico.

Molti commentari, che applicano la Redaktionsgeschichte – come, per esempio, J.A. Fitzmyer, Gospel of Luke.I – hanno notato che la composizione di Luca è complessa e senza un apparente struttura quando Luca usa solo materiali propri o dalla Fonte Q, fino a 18,10; da lì alla fine – seguendo Mc – egli rispecchia la continuità del viaggio della sua fonte, pur inserendo ancora qualche materiale proprio o Q. Ciò postulerebbe l’immagine di un Evangelista conservatore, che non si preoccupa di inserire una sua forma globale in blocchi tradizionali che già non l’hanno. Ne consegue che si possono trovare indici di composizioni parziali, su base tematica. Molti autori – soprattutto i Commentari – adottano partizioni per temi o per indicazioni formali ma sempre limitate a brevi unità. Egelkraut, Jesus’ Mission to Jerusalem: A Redaction Critical Study of the Travel Narrative in the Gospel of Luke, Lk 9:51-19:48, present e studia in dettaglio Quattro categorie: “1) The Journey Symbolizes Jesus’ Passion Consciousness, 2) The Journey as Teaching, 3) The Journey Symbolizes Gentile Mission, and 4) The Journey Symbolizes Discipleship”. Gli interventi di tale specie si possono ragruppare intorno a due fuochi princimpali: la cristologia e l’ecclesiologia. Conzelmann, The Theology of St. Luke, basandosi sul termine avnalh,myij, focalizza l’autocoscienza cristologia della necessità divina della passione e Morte; D. Gill, “Observations on the Lukan Travel Narrative and Some Related Passages,” HTR 63 (1970), centra l’analisi su poreu,omai quale terminus technicus del viaggio verso Gerusalemme e vi ricava il modello del cammino della vita cristiana. In modo simile all’uno o all’altro, hanno scritto molti altri, magari insistendo su termini notevoli come o`doj o e;xodoj, come ha fatto W.C. Robinson, “The Theological Context for Interpreting Luke’s Travel Narrative (9:51ff),” JBL 79 (1960), 20-31.

c) La chiave linguistica e il modello chiastico.

E’ la forma tipica della stagione esegetica appena trascorsa, che legge una composizione della sezione assai formale e curata: la perfetta corrispondenza di tutti o quasi gli elementi formali in una figura linguistica onnicomprensiva e significativa. Qualcuno la limita ad una parte della sezione, molti l’allargano a tutta. M.D. Goulder, “The Chiastic Structure of the Lucan Journey”, in F.L. Cross (ed.), Studia Evangelica II (TU, 87, Berlin, 1964), 195-202 trova tutto il Vangelo costruito su un chiasmo geografico: Galilea – Samaria – Gerusalemme – risurrezione – Gerusalemme – Samaria – versi i confini della terra; ma insiste sul chiasmo Deuteronomioeronomista di 10,28 e 18,18 (“cosa fare per ottenere la vita eterna”) e propone questo chiasmo:

a) 10:25 a’) 18:18 The Question how to inherit eternal life, b) 11:1 b’) 17:5 Faithful Prayer, illustrated by c) 11:14 c’) 17:11 A Healing d) 11:37 d’) 16:14 Pharisaic Hypocrisy, illustrated by e) 12:1 e’) 16:14 The love of Money f) 12:35 f’) 15:1 Repentance g) 13:10 g’) 14:1 Rejection of Israel and Invitation to the Outcast.

Il più celebre è quello proposto da Ch. Talbert, Literary Patterns, Theological Themes, and the Genre of Luke-Acts, 51-56:

a) 10:21-24 a’) 18:15-17 Kingdom revealed to children, b) 10:25-37 b’) 18:18-20 Inheriting eternal life c) 10:38-42 c’) 18:9-14 De-emphasizing good works d) 11:1-13 d’) 18:1-8 God’s willingness to answer prayer e) 11:14-36 e’) 17:11-37 Healing , Kingdom signs, judgment warning f) 11:37-54 f’) 17:1-10 Brotherly rebuke and meals g) 12:1-48 g’) 16:1-31 Hell, riches, and stewardship h) 12:49-13:9 h’) 14:25-15:32 Family loyalties, prudence, repentance i) 13:10-17 i’) 14:1-6 Sabbath healing, people more important than animals j) 13:18-30 j’) 14:7-24 Kingdom parables, banqueting, and the outcasts k) 13:31-33 k’) 13:34-35 Perishing in Jerusalem.

Bailey, Poet and Peasant. A Literary Cultural Approach to the Parables in Luke, ne propose una variazione in dieci divisioni, intorno a tre parti principali: il ‘documento di Gerusalemme’ (9,51-56; 19,10-44); l’umiltà (che raggruppa 13,10-20 e 14,1-11 ma ispira tutto ciò che segue, con la ripetizione del detto: “Chi si umilia sarà esaltato” in 14,11 18,14). Blomberg, “Midrash, Chiasmus, and The Outline of Luke’s Central Section,” vide la costruzione di un chiasmo nel continuo ricorso alle Parabole:

The Good Samaritan-The Pharisee and The Tax-Collector (10:25-37 and 18:9-14); The Friend at Midnight-The Judge and The Widow (11:5-8 and 18:1-8); The Rich Fool-The Rich Man and Lazarus (12:13-21 and 16:1931); The Barren Fig Tree-The Prodigal Son (13:6-9 and 15:11-32). Luke 14:7-24 forms the core of a chiasmus of Jesus’ parables.

Altre proposte vengono da F.Ó. Fegarghail, The Introduction to Luke-Acts. A Study of the Role of Lk 1:1-4:44 in the Composition of Luke’s Two-Volume Work, Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma 1991, 48-61 e da Reid, “On Preaching ‘Fictive Argument’, da P. Borgman, The Way According to Luke: Hearing the Whole Story of Luke-Act, 8-9 e da altri ancora.

d) La chiave dell’intreccio fra racconti e discorsi e il modello costruttivista.

F.J Matera, “Jesus’ Journey to Jerusalem (Luke 9:51-19:46): A Conflict with Israel”, JSNT 51 (1993), 57-77, è il classico esempio di questa metodologia.

In questo quadro temporale e spaziale si inseriscono i Discorsi:

Questi Discorsi hanno diversi uditori/destinatari e talora lo stesso contesto cambia destinatari, come al cap. 12. IL più lungo Discorso è in 15,3-17,10 con molti cambi di uditorio fra Farisei (e scribi) e discepoli;

con i Farisei c’è situazione di contrasto, per i discepoli è sempre occasione di apprendere e maturare. I Discorsi globalmente mostrano il conflitto fra Gesù e Israele: quello con i Farisei e i capi è diretto e totale, quello con le folle è assai più sfumato e aperto ma rivela alla fine incomprensione e rifiuto di pentirsi. Conflitto c’è ovunque nel Vangelo, ma è nel Viaggio che esso si allarga e si approfondisce in modo irreversibile, che porta diretto alla condanna nella Passione. Una dei contenuti più strutturali del Viaggio è dunque rivelare l’ampiezza di questo conflitto.

e) La chiave tipologica e il modello del Deuteronomio

Due autori soprattutto hanno incarnato questa pista di ricerca: C.F. Evans, «The Central Section od Saint Luke’s Gospel», in D.E. Nehemiah (ed.), Studies in the Gospels, Oxford 1954, 37-53 e Saint Luke, NTC, Trinity Press International, London – Philadelphia PA 1990,34-37. Nota l’accumulo di molti materiali e l’artificialità della composizione ma non fino al non-senso. Egli propone come modello della composizione lucana il parallelo con il Deuteronomio, dove discorsi e racconti di viaggio si intrecciano strutturalmente. Rileva i seguenti parallelismi:

o Lc 9,51-53 è pieno di settuagenismi e suggerisce una situazione di Gesù parallela a quella di Mosè verso la Terra Promessa; la Trasfigurazione in Lc 9,26-38 evoca esplicitamente Mosè con Elia

o Dt 1-3//Lc 10,1-24: il viaggio e i messaggeri inviati a precedere e annuncio del tempo di salvezza o Dt 5-6/Lc 10,25-27: Shema e comandamenti o Dt 7/Lc 10,29-37: il forestiero o …. o Dt 10,12-21/Lc 11,26-37: la Parola di Dio o De 12,1-16/Lc 11,37-12,12: puro e impuro o Det 12,17-32/Lc 12-34: vera ricchezza o … o Dt 15,1-18/Lc 13,10-21: liberazioni o Dt 21,15-22,4/Lc 15 Padre e figlio o Dt 23,15-24,4/Lc 16,1-18: servi infedeli o Dt 24,6-25,3/Lc 16,19-18,8: poveri o Dt 26/Lc 18,9-14: andare al Santuario

All’interno di questo parallelismo strutturale, Luca ha creato unità parziali di sua iniziativa, come quella sulla missione in 10,1-20 e quella sulla preghiera in 11,1-13 o quella sulla misericordia in Lc 15 …; ma in altre parti c’è solo accumulo e congerie, come ad esempio, 11,14-12,12 e in molte altre parti della sezione.

D, Moessner, The Lord of the Banquet, ha prodotto lo studio più dettagliato e interessante sul Viaggio lucano, insistendo sul modello del Deuteronomio facendovi confluire tante altre importanti osservazioni. Moessner parte dalla convinzione che Lc in 9,1-50 presenta Gesù come Mosè con i racconto della Trasfigurazione (9,28-36) come punta. Lc è sempre sensibile alla profezia come vocabolo, figura, visione. Nota l’insistenza sui termini di comunicazione con Gesù come soggetto:

euvaggeli,zomai (4x in Lc 4,18-8,1 – 16,16; 20,1; At 10,36), khru,ssw (4x nella stessa sezione), lo,goj (11x), avkou,w (18x + 2,47)

su un vocabolario di azione con:

evxousi,a (4x + 10,13-20; 24,19) i termini delle percezioni ultra-psichiche come apparizioni e rivelazioni riferite a Gesù, a Mosè – in At

7,36 – agli apostoli, a Stefano, Paolo e Barnaba e l’unione del dire e fare (dunato.j evn e;rgw| kai. lo,gw|) per Gesù in Lc 24,19 e At 2,22;

10,38, per Mosè Lc 7,22; per gli apostoli in Lc 24,49; At 1,8; 3,12; 4:7.33, per Stefano in At 6,8; per Filippo 8,13; per Paolo 19,11.

Luca si ispira al Deuteronomio prima di tutto nel definire Gesù Profeta. Il Deuteronomio prevede l’invio di un Profeta come Mosè, che parlerà a un popolo dalla dura cervice, sarà rifiutato e causerà la dispersione d’Israele. Mosè, il Profeta come Mosè, Gesù sono sempre descritti seguendo quattro riferimenti stabili, come quattro principi:

A- La ‘presente generazione’ è malvagia cuore come i suoi padri B – Dio ha inviato Gesù come i Profeti prima di lui C – Questa generazione rifiuta Gesù come le precedenti hanno rifiutato i Profeti D – Dio punirà questa generazione come al tempo degli esili del 721 e 586 a.C.

Queste quattro affermazioni di principio (inglese: tenets) attraversano il percorso semantico del Viaggio e lo intrecciano più di qualsiasi altro schema o modello.

Un ultimo contributo che Moessner offre è quello di notare come al centro della sezione sta la semantica del banchetto, che va oltre la limitata commensalità del modello nel Deuteronomio. Gesù si dimostra capace di investire il banchetto dei sensi fondamentali della sua profezia e della sua prassi messianica.

f) La chiave mimetica e il modello narrativo.

E’ un caso che suona come sfida per l’analisi narrativa. E’ possibile trovarvi una trama, uno sviluppo dettato dal tempo o dalla causalità? E’ possibile definire dei personaggi che si costruiscono in questo sviluppo e acquistano una caratterizzazione sufficiente? C’è un uso del tempo e dello spazio che risulti da un’architettura di trasformazioni tracciabili?

J.-N. Aletti, con L‘arte di raccontare Gesù, Queriniana 2000 e Il Gesù di Luca, EDB 2012 ha proposto una lettura tematico-narrativa della Sezione.

II. L’ermeneutica

La composizione lucana del Grande Viaggio non si lascia rinchiudere in uno schema e non lascia intravedere un unico modello che la spieghi nella sua interezza. Richiede una compartecipazione attiva del Lettore e un suo ruolo insostituibile di interprete. Alcuni concetti chiave aprono la pista e indicano la forma di una tale interpretazione:

La metafora del viaggio

Luca ha fallito se per costruzione di viaggio si intende la progressione di uno spostamento fisico-geografico. Qui si va avanti e si torna indietro; ci si muove e si fa sosta; si cammina sulla via e ci si incontra nelle case. Il viaggio ha sì un significato geografico perché muove l’evangelo dalla Galilea a Gerusalemme ma anche metaforico. E’ un racconto e una parabola. Il viaggio cura la trasformazione delle situazioni e delle persone più che l’avanzamento verso la meta. Essa si raggiunge solo quando la situazione iniziale è profondamente cambiata. I discepoli non sono più solo dei chiamati ma anche sanno disporre di se stessi (cf 13,1ss) rinunciando ai beni e alla famiglia (cf 9,57ss; 14,25ss; 16,9ss; 18,28ss) e vivere di provvidenza (cf 12,22ss), comunicare messaggi (cf 10,1ss), confrontarsi con tutti (13,22ss), servire (cf 17,14ss), invitare alla tavola del Regno (cf 14,12ss), correggersi a vicenda (17,1ss), sacrificare la propria vita (già in 9,23ss). Gli avversari non sono solo curiosi e critici ma ora denunciano (cf 11,14ss), fanno corpo con una tradizione che considerano inattaccabile (cf 11,37ss), sono attaccati agli onori esterni (cf 11,37ss) e ai beni (cf 16,14ss), sono l’asse portante di ‘questa generazione malvagia’ (11,29-32.50-51; cf 16,8; 17,25). L’ambiente non è più la popolare Galilea ma Gerusalemme, capitale del potere e città che ‘uccide i profeti e lapida coloro che le sono inviati” (13,34; cf 13,33). Il viaggio si compie solo quando tutte le posizioni hanno maturato la loro strada fino a definirsi e a schierarsi definitivamente. Anche Gesù ha camminato in senso metaforico: da profeta e taumaturgo, da maestro e uomo delle folle a maestro dei discepoli, a uomo di Dio rifiutato, a figlio rinnegato e a figlio dell’uomo esposto agli uomini.

Il riferimento globale

Alcuni autori hanno insistito nell’evidenziare che il Grande Viaggio nel Vangelo lucano non è da intendersi solo dalla Galilea a Gerusalemme ma dagli inizi – attraverso Gerusalemme e l’avnalh,myij che lì avviene – a Roma e al mondo intero. Il Viaggio di Lc 9,51-19,44 fa parte del grande viaggio dell’evangelo dalle sue origini al mondo intero; esso è parte della strategia globale di Luca-Atti. Nell’espansione dell’unico evangelo, due viaggi sono decisivi nel disegno lucano: quello di Gesù verso Gerusalemme, quello di Paolo verso Roma. Se il primo viaggio fosse stato solo uno spostamento attraverso luoghi e non attraverso persone e vite, atteggiamenti e modelli, visioni e attese il secondo non sarebbe stato possibile. Se il secondo è più narrativo è perché è il primo che lo rende parte di un grande progetto di cambiamento e fa avanzare non solo la geografia ma la realtà umana e l’evangelo nel suo senso più profondo. E’ il primo viaggio il vero contenuto del secondo.

Ne consegue che la sezione del Viaggio non deve esser letta solo o principalmente in funzione dell’arrivo a Gerusalemme bensì piuttosto in riferimento alla missione universale e alla salvezza di tutta l’umanità. Allora si capisce che i contenuti sono quelli validi per tutti e non sono riferiti alle beghe di piccoli villaggi o ai tracciati dei percorsi locali; che i luoghi devono coinvolgere il movimento della storia e le svolte devono disegnare i rischi della vita e la possibilità di redimerli.

La centralità della tavola

I capitoli 14-15 del Terzo Vangelo sono a giudizio di molti una svolta capitale. Essi focalizzano la tavola come luogo e l’invito di Dio a parteciparvi come grazia. Questi capitoli contengono un messaggio straordinario: il viaggio è possibile perché Dio viaggia verso di noi e ci invita ad avvicinarsi a Lui! Il Padre che va in ricerca, il Padre che attende, il padre che gioisce e fa festa è l’unica vera causa del viaggio e l’unica sua meta. La tavola trasforma il viaggio in casa, perché succede sempre che nel viaggio non si è presi tanto dal viaggio quanto dalla meta che ci ospiterà, una volta compiuto il viaggio. Il tema della casa compare tante volte nel Viaggio: oi=koj ricorre 19x, oivki,a 8x e scene di ospitalità sono in 10,38ss; 12,37ss; 14,1ss; 19,5ss e anche in 15,2 probabilmente ‘ricevere’ significa ‘accogliere in casa’. La casa è prima luogo di amicizia, poi di scontro, quindi di insegnamento, infine di salvezza offerta e ricevuta. Essa segue l’andamento della trama del Viaggio e contribuisce fortemente alla sua figurazione simbolica. Il Viaggio è una trasformazione della casa e la casa è un motivo consistente e un motivo specifico della via intrapresa.

III. L’estetica

Credo che sia possibile costruire una figura significativa e complessa della sezione del Grande Viaggio, valorizzando i tanti tentativi dell’euristica e le chiavi dell’ermeneutica per comporre il tutto in una estetica del Viaggio.

Dalle proposte avanzate credo che si debba ritenere tre cose: il riferimento alla storia di Gesù, l’attività artistica di Luca, lo scopo globale dell’evangelo. Il riferimento storico non può essere quello ingenuo della tradizione e dei primi esegeti, bensì deve tener conto delle risorse e delle problematiche del Gesù storico, più vero nelle grandi scelte che nella memoria dei dettagli; l’attività editoriale di Luca non è una negazione della radice storica delle sue fonti e del suo intendimento ma il necessario canale di approfondimento e comprensione storica; l’evangelo lucano è essenzialmente catechetico e missionario e il Viaggio lo ha concepito come un fondamento della missione universale e della catechesi ecclesiale.

La mia proposta, allora, consiste nell’intendere il Viaggio come memoria e interpretazione della svolta che il Gesù storico ha dato alla sua missione dopo l’esperienza della sua attività in Galilea: passare dalle forme tradizionali del messianismo ebraico alla missione universale per una nuova umanità. Ciò è chiaramente rilevabile dal testo di Marco ed è per Luca un dato della tradizione. Egli lo riprende e lo approfondisce secondo una progressione

globale del progresso dell’evangelo: dalla dimensione locale a quella universale, dalla tradizione alla chiesa, dalla decisione personale alla visione escatologica.

In questa progressione, il Viaggio presenta quattro tappe:

1. La partenza: Lc 9,51-11,14 - Consiste nella decisione di lasciare ciò che si possiede e andare verso qualcosa di nuovo, verso Dio e verso tutti gli uomini. Gesù rilancia con straordinaria profondità il suo rapporto con Dio (10,21-23) e insegna agli altri a farlo con lui (11,1-13; 10, 38-42) e a vivere un tempo nuovo (10,24-25). Ma anche concepisce un viaggio verso l’uomo: nuove relazioni, senza frontiere: è la missione e l’insegnamento sulla solidarietà (10,25-37). La Parabola del Buon Samaritano ne è l’icona.

2. L’ostacolo: Lc 11,15-13,21 – Il movimento di Gesù viene bloccato dalla malevolenza degli avversari (11,24ss; 13,14ss), dalla incertezza dei discepoli (12,41ss), dall’accerchiamento delle folle (12,1), dall’ignoranza sui segni dei tempi (13,54ss),dal fraintendimento dell’azione dello Spirito (12,10). E’ la sezione dove non c’è indicazione di viaggio, perché gli atteggiamenti della gente intorno – compreso i discepoli – l’ostacolano e impediscono a Gesù stesso di muoversi. L’icona è disegnata dalla Parabola del Ricco Stolto (12,16-21) che mostra come l’attaccamento alla ricchezza dà la morte. La redazione lucana rende a meraviglia lo smarrimento del senso del Viaggio e tanti ostacoli che impediscono l’avanzamento. Le due brevi Parabole della senape e del lievito sembrano riaprire il Viaggio.

3. Il contenuto: Lc 13,22-17,10 – Già Lc 13,22ss introduce il tema dell’invito alla tavola del Regno di Dio, mentre Israele e Gerusalemme rischiano di restarne fuori. Il tema è sviluppato in larga parte del cap. 14 come invito generalizzato ma pieno di rischi; il cap. 15 mostra il Padre come padrone della tavola e degli inviti, capace di far festa e di attendere e ricreare da capo una nuova fraternità. Il cap. 16 non ha un collegamento diretto con il tema; riprende tuttavia la questione delle ricchezze e le inserisce nel campo della solidarietà della tavola come occasione di intelligente investimento e di capovolgimento escatologico; gli insegnamenti pericopi che seguono (17,1-9) consolidano questo progetto.

4. La prospettiva: Lc 17,11-19,44 – L’imminenza della fine drammatica di Gesù (ultimo annuncio in 18,31-24) innesca la prospettiva del viaggio e del tempo, come giudizio sulla generazione (17,20-37) sulla giustizia personale (18,9-14) ma anche come richiesta (18,1-8) e come crescita (18,15-17). I due eventi di Gerico riportano alla realtà del viaggio geografico come ormai maturato nel riconoscimento di Gesù come colui che dà la luce (18,35-43) e come causa di conversione (19,1-10). L’ingresso di Gesù a Gerusalemme (19,28-44) illustra sia la conclusione gloriosa del viaggio (v. 38: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore”) sia la minaccia del giudizio (v.44: “perché non hai riconosciuto il tempo con cui se stata visitata”). La Parabola delle Mine (19,11-227) è l’icona globale della prospettiva: il viaggio come condivisione del potere, l’abilità e la responsabilità personale, l’inevitabilità del giudizio.

Questo Viaggio non è un semplice itinerario né una successione di eventi in luoghi disposti lungo una linea montante; è l’estetica di un movimento verso un centro in cui offerta e rifiuto, prospettiva e giudizio, grazia e libertà maturano fino a incontrarsi. C’è l’evoluzione geografica dalla Galilea a Gerusalemme ma c’è soprattutto la maturazione delle posizioni: la formazione dei discepoli, l’irrigidimento degli avversari, l’apertura dell’evangelo a tutti gli uomini. Il viaggio non è il movimento di una sola persona ma di una esperienza vitale per cui alla fine l’essere dell’umanità e le sue prospettive non sono più le stesse.

Le Parabole hanno un ruolo iconografico che rileva e rivela la posizione del Viaggio, i suoi rischi e le sue possibilità. Quattro di esse sono icone strutturanti: il Buon Samaritano indica la decisione di una nuova umanità, il Ricco Stolto incarna il rischio di un attaccamento ai beni terreni che è mortale, il Padre Misericordioso indica la casa e la tavola come contenuto di riconciliazione e di festa; le Dieci Mine indica la prospettiva del giudizio e della responsabilità. Altre Parabole completano e confermano il tema delle singole parti:

le brevi parabole del fico sterile, della senapa e del lievito indicano che un cammino bloccato può riaprirsi ma solo come crescita organica e produttiva;

la parabola degli invitati al banchetto conferma i contenuti della tavola come luogo di invito, responsabilità, condivisione; le due parabole gemelle della pecora perduta e della dramma smarrita illustrano la tavola come festa paterna; la parabola dell’amministratore infedele e del ricco e di Lazzaro confermano la tavola come misura di intelligenza e di giustizia;

le parabole del giudice e della vedova, del Fariseo e Pubblicano illustrano l’idea del giudizio in un contesto marcatamente escatologico che sarà poi illustrato dalla parabola delle Mine.

Le Parabole icona sono, per riprendere il linguaggio di J.-N. Aletti, hanno una funzione esplicativa o meglio interpretativa; le Parabole supplementari hanno una funzione persuasiva; le prime rappresentano il Viaggio, le seconde contribuiscono a farlo avanzare.

Ma per capire bene il ruolo e il senso delle Parabole – ciascuna e tutte – bisogna chiedersi cosa vuol dire ‘parabola’.

IV. La metodica

I metodi usati

Tanti metodi sono stati applicati allo studio del Viaggio; ognuno ha permesso di mettere in luce qualche aspetto, ma nessuno è riuscito a descriverlo globalmente. Fra tutti il più adeguato sembra il metodo narrativo. Egli si combina perfettamente con la progressione del viaggio e la sua complessità: decisione iniziale, complicazione, trasformazione, soluzione finale; ma ciò che rappresenta la vera sfida è la capacità di intrecciare livello narrativo e livello discorsivo, così rilevante in questa sezione.

La comprensione de viaggio come resoconto storico non è un vero e proprio metodo ma è ciò che è servito alla comprensione e interpretazione data dalla tradizione di tanti secoli e da alcuni studiosi della prima ora nell’esegesi scientifica e da qualcuno anche adesso. Oltre l’apparente ingenuità, il metodo fallisce perché ignora o non sa capire l’importanza dell’elaborazione lucana. I fatti pubblici di Gesù e quelli del Viaggio in senso specifico non dànno senso se non sono interpretati e approfonditi, sono fatti bruti che non fanno cogliere il vero senso del singolo fatto e del loro insieme. E’ proprio lo spessore di ciò che è avvenuto che chiede necessariamente un supplemento di interpretazione e di rielaborazione.

Il metodo di storia delle forme e della redazione spiega bene l’apporto del singolo evangelista, di Luca nel caso, ma stacca la redazione dalla tradizione, oppone storia a interpretazione, frammenta l’insieme e fallisce nell’analizzare unità di largo respiro e si mostra incapace di interpretare il Viaggio in quanto tale.

Il metodo linguistico vede l’intreccio di termini, temi e figure nell’insieme ed è capace di evidenziarne parzialmente l’intreccio attraverso le ripetizioni, i richiami e gli eco, le inclusioni e le sostituzioni ma la sua tecnicità si scontra con la complessità e irriducibilità della complessità. Il Viaggio è troppo più complesso di ogni schema.

Il metodo costruttivista intende cogliere il testo come costruzione dell’interprete e rivela la sua forza nel descrivere l’intreccio fra situazioni e dibattiti, fra annotazioni spazio-temporali e discorsi ma non ha i mezzi per interpretarlo e per comprendere il senso e il perché; è un’opera ben avviata ma non finita, per limiti dello strumento metodologico.

La tipologia coglie l’alto tasso di intertestualità presente nella sezione co i chiari richiami a esperienze bibliche codificate di viaggi, di istruzioni inquadrate, di influenza del destino di singoli sulla realtà collettiva, di intreccio fra eventi e parole, fra formule e situazioni. Ma è a mal partito nel identificare questa diffusa affinità con una situazione o un testo o un personaggio dell’AT: nessuno riesce a coprire tutto, molti riescono a trovare qualche parziale affinità.

Il metodo narrativo è indubbiamente potente nel mostrare la progressione del Viaggio sia con il suo orientamento che con le sue difficoltà e contraddizioni. Ma deve affrontare la questione di un ampio materiale non narrativo ma didattico e discorsivo. Il suo utilizzo sarà prezioso nella misura in cui riesce a intrecciare non i fatti fra di loro ma parole e fatti. A mio avviso, è una fuga sfumare le caratteristiche del metodo – soprattutto la concatenazione delle azioni – per sfruttare solo le caratterizzazioni o l’arte comunicativa o le sue proiezioni ideologiche e teologiche.

Il metodo narrativo riesce perfettamente a inquadrare la complessità della successione degli eventi.

1. La partenza è il prologo o inizio narrativo dove si pone il programma che fa partire una storia e la indirizza a un fine ancora lontano. Questo aspetto è accentuato nel Viaggio perché esso nasce da una decisione chiara e forte di Gesù. La sia ‘faccia dura verso Gerusalemme’ è un’ottima illustrazione della forza produttiva di un inizio.

2. L’ostacolo corrisponde al momento canonico della complicazione. Una storia deperisce subito se il fine proposto viene raggiunto senza ostacoli. La complicazione dà forza, sviluppo e sostanza a una storia. E’ importante cogliere la seconda fase come ostacolo perché permette di cogliere la vera sostanza e capacità effettiva della storia. In Lc 11,15-13,21 si può cogliere non solo l’impasse di una pausa nel Viaggio, ma si deve ammirare come il Narratore sa rendere stilisticamente questa situazione con una congerie di parole e spostamenti senza un chiaro ordine né una chiara progressione.

3. Il contenuto è descritto scientificamente dal metodo narrativo come trasformazione, che è la sequenza che affronta e scioglie i nodi della complicazione e trasforma la storia in un progresso verso la meta prefissata. Più forte è l’ostacolo, più grande deve essere l’investimento della trasformazione. Lc 13,22-17,10 è un magnifico caso di trasformazione narrativa: la via diviene casa e la casa sa orientare perfettamente la via; la tavola diviene un luogo di convergenze e di conversione di atteggiamenti e capovolgimento di gerarchie.

4. La prospettiva è un’elaborazione della fine, come obiettivo immediato e poi raggiunto nella luce di obiettivi mediati e infiniti, sempre più in là da raggiungere. Il fine raggiunge il tempo e lo spazio di Dio da cui il viaggio era stato ispirato. Lc 17,11-19,44 è la ripresa e il compimento del viaggio, con una precisione geografica che sorregge e manifesta la maturazione di tutta la storia e con una destinazione infinita che riapre e allunga il Viaggio, ancor prima che sia finito.

Dopo questo inquadramento soddisfacente rimane la sfida: come collegare narrativamente parole e fatti, trama e discorsi? A livello di comunicazione implicita fra Narratore e Lettore, colpisce la latitanza del Narratore; la voce di Luca è frammentaria, sembra svagata, poco impegnata a far capire il Lettore. In realtà egli dimostra bene così il suo atteggiamento di totale dedizione al suo Eroe, a cui dà continuamente e prevalentemente la parola, perché per il Viaggio possiede tanto suo insegnamento e non ne vuole disperdere nulla. In più, nascondendosi, egli attiva un contatto diretto fra Gesù e i suoi lettori; diminuendo lo spessore della sua mediazione e l’organizzazione della sua composizione, aumenta l’efficacia mimetica della sua citazione: assomiglia più all’esperienza caotica dell’esistenza, all’impossibilità di ridurre un incontro e un personaggio a un ruolo ben definito e ben controllato. Più mostra, meno narra; meno narra, più fa sperimentare. Sparisce per avvicinare, si astiene per coinvolgere. Se osserviamo il comportamento del Narratore nell’introdurre le Parabole, notiamo che molte sono mostrate e poche e verso la fine del Viaggio sono narrate:

Due Parabole sono senza introduzione dentro discorsi di Gesù: in 16,19 il ricco e Lazzaro e in 15,8 la Parabola della dramma perduta è attaccata alla precedente senza transizioni;

cinque sono introdotte da una breve formula di transizione: “e diceva/disse’ o ‘rispose’ o ‘aggiunse’ o simili: in 11,5 la Parabola dell’Amico di notte, in 13,18.20 le Parabole della senape e del lievito, in Lc 15,11 del Padre Misericordioso, in 16,1 indirizzata ai discepoli, la Parabola dell’Amministratore Infedele

due hanno l’indicazione: ‘disse (loro) questa parabola’: in 12,16 la Parabola del Ricco Stolto, in 13,6 quella del fico sterile(cf anche 15,3)

tre sono introdotte da un dialogo: in 10,25-28 (+36-37) alla Parabola del Buon Samaritano, in 14,15 la Parabola degli invitati al banchetto, le Parabole della pecora perduta in 15,1-3

tre finali del Viaggio – in 18,1 la Parabola dell’amministratore infedele; in 18,8 quella del Fariseo e Pubblicano; in 19,11 la Parabola delle Mine – hanno una introduzione che crea un contesto alla Parabola.

In tutti i casi - eccetto l’ultimo - si nota che il Narratore si lascia sostituire da Gesù nel raccontare le sue storie senza praticamente intervenire o intervenendo solo per segnare l’inizio della Parabola; nel caso dei dialoghi esiste la cura per mostrare un contesto vivente tale da inquadrare e rendere più coinvolgenti alcune Parabole; negli ultimi tre casi il contesto è fornito con un intervento diretto dell’autore perché i contenuti del giudizio escatologico possono avere solo un contesto analogico ma non immediato: una vedova in cerca di giustizia diviene modello di una insistenza orante solo in riferimento al giudizio finale; un pubblicano può essere dichiarato giusto solo da chi legge nelle intenzioni; un re violento può divenire dispensatore di responsabilità solo se trasfigurato in giudice escatologico.

Ma normalmente il Narratore è attivo in modo assai mirato. Nota il carattere teologico dei suoi interventi nella prima parte: parla del viaggio in termini di compimento dell’avnalh,myij in 9,51, della missione dei LXX(II) con i termini ecclesiali in 10,1 con avnadei,knumi (cf At 1,24 e Lc 1,80) e avposte,llw (136 presenze nel NT e molte in senso apostolico); l’abbinamento di gioia e Spirito in 10,21 he unisce profezia e mistica; l’esplicitazione vita eterna in 10,25 rispetto all’intradiegetico ‘vivere’ di 10,28.37; ‘sedersi per ascoltare la parola’ in 10,39 (e diakoni,a al v.40 e al v.42 avgaqh. me,rij); il pregare in 11,13.

Da 11,14 cambia il tono degli interventi del Narratore: egli cura l’accumulo di circostanze particolari condizionanti: accuse in 11,15-16 e 13,14; elogi non condivisi in 11,27; richieste inopportune in 12,13; accalcarsi inverosimile delle folle in 11,29 e 12,1; polemica con scribi e farisei in 11,37.45; commenti e messe in guardia per i discepoli in 12,27; casi drammatici di cronaca in 13,1.

La strategia del Narratore cambia dopo 13,22: i Farisei convergono a difendere Gesù in 13,31; l’invito a casa di uno di loro è interlocutorio; la critica seguente in 15,2 non dà adito a una contro-accusa ma a una rivelazione. Ai discepoli si insegna a usare le risorse dell’intelligenza in 16,1ss e le ricchezze come strumento di bene in 16,9ss, a credere nella fede in 17,5-6.

Da 17,11 in poi il Narratore lascia l’ambito del discorso e torna ad intrecciare rapporti e confronti nelle scene e ad orientare tutto al futuro.

A livello di costruzione del racconto, gli interventi del Narratore servono a riempire di contenuto le varie tappe della trama. Ma i discorsi in quanto tali non servono al racconto? Sono segno dello smarrimento o della latitanza del Narratore?

Penso che esiste una dinamica interna alla disposizione dei discorsi che governa il racconto e ne fissa le tappe principali. In ognuno delle quattro sequenze è utile rilevare la presenza di specifici e importanti passi cristologici, di poche ma significative storie e di alcune parabole con funzione esplicativa nella composizione. I passaggi cristologici sono il pernio intorno a cui gira ogni sequenza; le storie sono la spinta in vanti – il motore – dei loro contesti, le Parabole esplicative ne sono – come abbiamo visto – le icone.

Ciò significa che in quanto perni i brani cristologici sorreggono il racconto dal dentro i discorsi e lo fanno procedere; sono il vero viaggio; le storie servono a far evolvere la situazione recependo il contenuto dei brani precedenti e estendendone la forza trasformativa alla situazione; le parabole importanti rappresentano in sintesi l trasformazione in atto e il suo obiettivo.

Nella prima sequenza il brano cristologico è il rapporto Padre/Figlio (10,21-25) che va letto in riferimento a 9,51-56: il Viaggio è piena attuazione del volere di Dio. Gesù parte dal Padre per arrivare a Lui! I racconti sono la missione dei LXX (10,1-20) e Marta e Maria che collegano la missione alla relazione di ascolto e di unione con Gesù (10,38-42). Questo secondo episodio mostra la direzione impressa alla missione: il rapporto con Gesù crea nuovi rapporti. La Parabola del Buon Samaritano (10,29-37) è l’icona del superamento di vecchi rapporti religiosi e

di nuovi rapporti di compassione. La direzione di questa prima sequenza del Viaggio è: nuove relazioni da Dio agli uomini.

La seconda sequenza ha come pernio cristologico il Segno del Figlio dell’Uomo (11,29-32) che parla del ‘giudizio di questa generazione’. I racconti sono pochi: l’invito a pranzo di un fariseo con contrasti accentuati (11,37-41), la notizia dei Galilei trucidati da Pilato e il commento di Gesù (13,1-5); ambedue – ma soprattutto l’ultimo – indicano un forte contrasto e la necessità della conversione. La Parabola icona è il ricco stolto che accumula per la morte (12,16-21). La sequenza del blocco è lunga e confusa ma esprime bene come tutti ostacolino il cammino di Gesù, che può ripartire solo con la conversione e rischia altrimenti di condurre alla morte.

La terza sequenza ha il pernio cristologico nella prospettiva della morte di Gesù e come tempo della visita (14,31-35); i racconti sono una guarigione e un invito a pranzo (14,1-14) ma l’insistenza è sull’icona del Padre festante e misericordioso (15,3-32). La strada si riapre ora come un offerta di vita da parte di Dio e del Profeta che lo rappresenta e il motore è la festa. Ora si è ritornati in strada e si può andare diritti alla meta.

La quarta sequenza ha come pernio cristologico l’annuncio escatologico dei ‘Giorni del Figlio dell’Uomo’ (17,20-37) con ‘il Regno di Dio è già in mezzo a voi’ come salvezza e come giudizio. Gli eventi sono diversi: la guarigione dei dieci lebbrosi (17,11-18), i bambini accarezzati (18,15-17), il cieco di Gerico (18,35-4), Zaccheo (19,1-10), l’entrata a Gerusalemme (19,29-44). L’ultimo indica la meta, il motore per arrivarci è rappresentato soprattutto dall’episodio di Zaccheo dove conversione, salvezza, uso positivo delle ricchezze oramai è tutto riunito in una sintesi positiva.

Dunque i discorsi aiutano e sostanziano il racconto. Non è solo un cammino o uno spostamento geografico; è una maturazione di Gesù da Figlio di Dio a Figlio dell’Uomo soffrente, risorgente, giudicante; è una spinta a nuove relazioni, attraverso contrasti e inviti da accogliere, è una nuova disposizione verso il tempo e i bambini, le ricchezze e i poveri. Le icone presentano la progressione da un accumulo per la morte a un soccorso per strada, da un rendiconto all’abbraccio del Padre. La loro duplice inversione significa che prima l’immagine della salvezza viene offerta e proprio perché tale viene perseguita e raggiunta.


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