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Conclusioni

Oltre i confini delle Costituzioni. Constitutional borrowing e judicial transnational fertilization

nell’era del costituzionalismo globale

di Marina Calamo Specchia*

tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, nel pieno evolversi del costi-tuzionalismo tardo-liberale, la comparazione costituiva una prassi più praticata che proclamata1, considerata l’influenza ancora esercitata sul piano del diritto costituzio-nale dall’ordinamento nazionale “autosufficiente” e dalla teoria della sovranità po-polare e del suo precipitato istituzionale, il Parlamento. L’evoluzione dei sistemi de-mocratici di alcuni Stati successiva al secondo conflitto mondiale è stata alimentata dalla proliferazione degli strumenti legislativi internazionali dei diritti umani ed è sta-ta prevalentemente incentrata sugli strumenti costituzionali di protezione dei diritti: è emersa, pertanto, la centralità della giustizia costituzionale, come elemento comu-ne tra i sistemi costituzionali del secondo dopoguerra, tanto da rappresentare, emble-maticamente, una svolta epocale nel modo di intendere il global constitutionalism, nel senso che accanto alla funzione di riequilibrio intrasistemico svolta dalle Corti nei si-stemi costituzionali attraverso un uso “ragionevole” del controllo di costituzionalità delle leggi e della materia dei conflitti tra poteri, si è affermata una funzione comuni-cativa intersistemica della giustizia costituzionale che si alimenta di una dimensione esterna del diritto.

La fine del XX e l’inizio del XXI secolo sono caratterizzati dal fenomeno della glo-balizzazione: a livello economico, politico e anche giuridico. Lo sviluppo economico e tecnologico, i mutamenti demografici, le istanze politiche, sociali, culturali e religio-

* Professore ordinario di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.

1 La comparazione nel campo del diritto pubblico e costituzionale è sempre stata considerata una scienza prevalentemente storica, che studiava gli ordinamenti nella loro evoluzione diacronica e non una metodologia di analisi giuridica di tipo sincronico: le basi della scienza comparatistica, tra cui spicca la metodologia classificatoria, sono state poste dai giuristi privatisti che hanno preso co-scienza della rilevanza della comparazione solo agli inizi del XX secolo in un congresso organizzato a Parigi dalla scuola privatistica facente capo a Raymond Saleilles, che ha posto in evidenza come il diritto straniero possa fungere da strumento utile all’interpretazione del diritto nazionale, ponendosi quale parametro oggettivo per i giudici e offrendo «chiare indicazioni e precise regole alle tecniche di elaborazione, di interpretazione, di applicazione e di adattamento della norma di diritto interno» (L. PeGoraro, A. rineLLa, Diritto costituzionale comparato. Aspetti metodologici, CEDAM, Padova, 2013, pp. 4 ss., p. 11).

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se hanno spesso superato i confini nazionali per riproporre le medesime conflittualità in più di un sistema costituzionale: per esempio, nazioni tradizionalmente ancorate al principio di eguaglianza hanno progressivamente riconosciuto il diritto alla differen-ziazione delle minoranze (etniche, linguistiche, di genere, sessuali, ecc.) o nazioni tradi-zionalmente fondate sulla libertà di espressione si sono scontrate con gli effetti dei me-dia, di Internet, della diffusione on line di segreti di stato, dell’invasione della privacy2.

Il diritto, tuttavia, è giunto all’appuntamento in ritardo e impreparato, se non in-trinsecamente inadeguato, alle innumerevoli sfide che il c.d. cosmopolitismo giuridi-co3, fondato non più sul diritto naturale ma su circuiti comunicativi fra esperienze del-lo Stato costituzionale, ha posto e continua a porre. Una delle prime sfide è data dalla rivisitazione del concetto di sovranità, considerato essenza intima dello Stato nazio-nale e oggi concetto funzionalmente aperto, che rompe il sistema “Westfalia” intro-verso per sua natura. La seconda, dalla permeabilità dei sistemi giuridici, che rende i confini nazionali aperti alla circolazione giurisprudenziale (che rappresenta il dato che a noi interessa) oltre a quella dottrinaria e normativa.

Il fenomeno della circolazione del diritto rileva in ambiti sempre più vasti e tutta-via non si può assumere come criterio ermeneutico universale. Ciò significa che a fronte di un’attenzione sempre crescente da parte del formante dottrinario, normativo e giuri-sprudenziale per la comparazione, l’origine e l’approdo dell’operazione ermeneutica è pur sempre il diritto positivo nazionale; e pertanto il diritto straniero, sia esso inteso tout court o veicolato dalla giurisprudenza, non può di per sé essere considerato parametro vinco-lante dell’interpretazione, quanto invece può assumere una funzione integrativa, o “ausi-liaria” come è stato autorevolmente affermato4, della conoscenza del domestic law.

Assumendo come ambito di indagine quello costituzionalistico, indubbiamente un potente motore di sviluppo del fattore “globalizzazione” per il costituzionalismo europeo occidentale è stato lo sviluppo della comparazione giuridica.

Sotto questo profilo, le principali finalità del diritto comparato, secondo consoli-data dottrina, sono:

- conoscere il diritto straniero per una migliore comprensione dei diritti nazionali;- favorire il rinnovamento della legislazione;- armonizzare il diritto oltre i confini nazionali. Attraverso il prisma della comparazione alcuni istituti giuridici un tempo confina-

ti a poche esperienze costituzionali si sono moltiplicati essendo stati inseriti nei testi costituzionali: si pensi alla giustizia costituzionale la cui diffusione a livello “planeta-rio” ha seguito le quattro ondate di accelerazione costituzionale che hanno interessato

2 M.C. rahDerT, Comparative Constitutional Advocacy, in American University Law Review, vol. 56, 2007, pp. 562-568.

3 J. haBermas, L’Occidente diviso, Laterza, Bari-Roma, 2005, pp. 107 ss.4 G. De VerGoTTini, Oltre il dialogo tra le Corti. Giudici, diritto straniero, comparazione, il Muli-

no, Bologna, 2010, pp. 120 ss.; secondo lo studioso «Con riferimento alla funzione dell’interpreta-zione giudiziale la comparazione mostra una natura ausiliaria rispetto all’indagine, alla conoscenza e alla decisione del giudice» (ibidem).

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le varie parti del globo durante il secolo XX. La comparazione, nella sua dimensione storica, ha avuto anche il merito di permeare le fasi di fondazione costituzionale degli Stati: basti pensare alla proposta di Costantino Mortati in seno alla Sottocommissio-ne dei 75 durante la fase di elaborazione del testo dell’art. 75 Cost., con i copiosi ri-chiami alle esperienze costituzionali straniere, sia come monito a non ripetere i mede-simi errori sia come stimolo a sperimentare nuove strade nel cammino verso la demo-crazia. O ai processi di edificazione costituzionale etero-diretta o condizionata che si sono realizzati nei territori della ex Jugoslavia e che per il sistema composito che ne è derivato necessitano di strumenti ermeneutici di interpretazione e applicazione di un diritto eterogeneo e incompleto per le vicende storiche ben note. Anche il formante dottrinario e quello normativo, attraverso l’uso della comparazione giuridica, hanno aperto la via alla circolazione dei modelli: come non pensare all’influenza esercitata dai modelli costituzionali francese e tedesco sulla Costituzione polacca del 1997 o sul-la Costituzione rumena del 2003? O all’influenza delle Costituzioni francese e italiana su alcuni profili istituzionali delle Costituzioni portoghese e spagnola?

La comparazione giuridica supera, dunque, i limiti intrinseci agli ordinamenti sta-tali e induce un allargamento della prospettiva di indagine, conducendo il comparati-sta a uscire dalle maglie del domestic law per osservarlo dall’esterno5.

In un mondo ormai caratterizzato dall’esplosione delle coordinate degli Stati na-zionali – e la continua implementazione dell’ordinamento europeo ne è espressione emblematica – si rompono gli schemi che da sempre hanno caratterizzato le cosiddet-te “relazioni esterne degli Stati”: accanto al diritto internazionale ed europeo si af-fianca un diritto globale dominato da relazioni dialogiche interistituzionali, non ne-cessariamente collegate a concreti atti formali aventi ad oggetto relazioni tra gli Sta-ti. Da questo punto di vista, il continente europeo è uno spazio dialogico privilegiato caratterizzato da istituzioni per loro stessa natura vocate al dialogo (Corte di Giusti-zia e Corte EDU): tuttavia, la tendenza a creare giurisdizioni transnazionali non è so-lo europea e si sta espandendo anche in altri continenti dove emerge pressante l’esi-genza di enforcement della tutela dei diritti fondamentali (sul continente americano, la Corte interamericana dei diritti si è conquistata un ruolo importante nell’ambito delle giurisdizioni transnazionali, pur non essendo stata esplicitamente riconosciuta dai paesi firmatari della Carta dell’organizzazione degli Stati americani; in Africa, la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli istituita nel 2006 sta muovendosi in linea con l’esigenza di armonizzazione delle giurisdizioni nazionali).

5 Per un’analisi classica della funzione della comparazione giuridica si rimanda a G. GorLa, Il diritto comparato, in iD., Diritto comparato e diritto comune europeo, Giuffrè, Milano, 1981; G. Gor-La, Diritto Comparato, in Enciclopedia del Diritto, XII, Giuffrè, Milano, 1964, pp. 928 ss. La compa-razione giuridica consente, tuttavia, di sviluppare una sorta di «coscienza giuridica esterna» vale a dire un presupposto culturale di comprensione di fenomeni giuridici “altri” che spieghi «le differenze strutturali dei modelli importati rispetto ai loro prototipi mediante l’elaborazione di applicazioni negative e la razionalizzazione degli stilemi occidentali» (A.C. VimBorsaTi, “Teoria” del costituziona-lismo africano. Metodo – Linguaggi – Istituzioni, Giappichelli, torino, 2008, pp. 7-8).

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Rispetto al costituzionalismo transnazionale, che nasce in sistemi a vocazione per-meabile, la nozione di judicial dialogue descrive un fenomeno diverso: un contatto re-lazionale che traduce una circolazione di flussi comunicativi tra giurisdizioni apparte-nenti a sistemi costituzionali diversi e dunque non integrati ma, se vogliamo, paralle-li: in tale contesto il judicial dialogue, che implica l’idea di «importing better ways of ordering the matters that other constitutional systems have discovered»6, presuppone un carattere “sovversivo” dato dall’introduzione di elementi esterni nell’ordinamento costituzionale. In questo senso, trattandosi sovente di movimenti culturali unilatera-li, sarebbe più opportuno parlare di influenza, fertilizzazione, in quanto l’idea di dia-logo evoca una relazione tra due o più soggetti con uno scambio reciproco di infor-mazioni giuridiche.

In via preliminare, va rilevata una progressiva tendenza verso l’uniformazione dell’attività delle Corti costituzionali in relazione a tre aspetti fondamentali: le fun-zioni esercitate (alla classica funzione di controllo di costituzionalità degli atti nor-mativi se ne aggiungono altre, quali la risoluzione dei conflitti insorti tra enti ed or-gani investiti di potestà costituzionale, la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini in relazione agli atti amministrativi e giurisdizionali lesivi, funzioni di giustizia pe-nale); i parametri utilizzati (sempre più ampio si presenta il ventaglio delle possibi-lità di scelta grazie alla sottoscrizione da parte degli Stati delle Carte intercostitu-zionali dei diritti che “precipitano” nel sistema costituzionale; viene affermandosi la centralità del principio d’uguaglianza all’interno dei giudizi di costituzionalità); le tecniche di giudizio elaborate (si riscontra l’utilizzo sempre maggiore di tecniche decisorie diverse rispetto al binomio tradizionale “nullità/conformità”, come rispo-sta alla necessità di evitare i traumatici vuoti normativi derivanti dalle decisioni di accoglimento).

Lo studio della circolazione del diritto e dei suoi modelli applicativi rappresenta, pertanto, un campo di indagine privilegiato della comparazione giuridica, occupan-dosi tendenzialmente della graduale formazione di uno jus publicum commune qua-le risultato di una dinamica di circolazione dei modelli giuridico-costituzionali al cui interno un ruolo di rilievo è svolto dalla giurisprudenza costituzionale. Quest’ultima, infatti, in stretto rapporto funzionale con il sistema giudiziario (rapporto che è an-che di natura strutturale nei sistemi di controllo di costituzionalità diffuso e/o inci-dentale), si rivela essere il baricentro della configurazione materiale di un diritto vi-vente che, almeno in taluni settori, si presta ad essere ricostruito come un insieme di norme giuridiche e di garanzie istituzionali ampiamente condiviso da una pluralità di ordinamenti. Come emerge dai lavori della Commissione di Venezia nell’ambito della giustizia costituzionale, la problematica che attualmente si pone è come rendere effet-tivamente operative le Costituzioni: una soluzione è indubbiamente quella che viene

6 M. TushneT, The Possibilities of Comparative Constitutional Law, in The Yale Law Journal, vol. 108, 1999, p. 1307.

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definita (cross)fertilization7 tra le Corti su scala mondiale, le quali comunicano tra lo-ro a livello di principi fondativi comuni a tutte le Costituzioni, nonostante le differen-ti strutture organizzative, con riferimento in particolare alla protezione della dignità umana e al rispetto del principio di superiorità della Costituzione; ne consegue che l’argomentazione giuridica di applicazione di questi principi in un dato ordinamen-to può essere una fonte di ispirazione in un altro ordinamento nonostante i differen-ti istituti costituzionali8.

Sebbene di natura diversa dalla comparazione giuridica, di certo un altro fattore di accelerazione della circolazione e universalizzazione del diritto è dato dal fenome-no dell’integrazione europea e dal ruolo che nel tempo le Corti europee, la Corte di Giustizia e la Corte EDU, hanno progressivamente conquistato in termini di fonda-zione di un sistema globale di multilevel protection dei diritti fondamentali e in termini di circolazione di principi-valori fondamentali. Siamo qui in presenza di un fenome-no profondamente diverso dall’uso del diritto straniero nella giurisprudenza costitu-zionale: una cosa è l’applicazione da parte di una Corte di una fonte di diritto comu-nitario e/o internazionale munita di effetti vincolanti e che entra a far parte del diritto nazionale, altro è discutere della capacità persuasiva di una norma o di un precedente straniero a sostegno dell’iter argomentativo e/o persuasivo9.

La protezione dei diritti fondamentali rappresenta oggi il terreno più fertile di scambio comunicativo secondo un triplice livello: tra Corti europee; tra Corti europee e giudici nazionali (anche costituzionali) e tra Corti costituzionali appartenenti a di-versi paesi. Il primo e il terzo livello inducono forme di dialogo orizzontale, che con-cerne giurisdizioni del medesimo livello (europeo o nazionale); il secondo livello in-staura una forma di dialogo verticale tra una Corte appartenente a un livello transna-zionale e le Corti nazionali dei Paesi aderenti all’ordinamento transnazionale. È pos-sibile, tuttavia, che si sviluppino forme di dialogo miste quando, per esempio, la Corte nazionale di un Paese terzo si richiama alla giurisprudenza della corte transnazionale

7 La (cross)fertilization attraverso l’uso dei foreign precedents si basa sull’immissione nel pro-cedimento di formazione di una decisione giurisprudenziale di informazioni attinte da ordinamenti giuridici separati, distinguendosi una tipologia forte con valenza confermativa o probatoria come fonte deduttiva (uso di informazioni giuridiche a carattere extra-sistemico) e una tipologia debole, nella quale l’informazione giuridica straniera assume valore meramente esemplificativo: la prima tipologia è sovente esposta al rischio dell’arbitrarietà nella scelta dei precedenti giurisprudenziali (A. LoLLini, Il diritto straniero nella giurisprudenza costituzionale: metodi “forte” e “debole” a confronto, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2012, pp. 976 ss.).

8 In www.venice.coe.int/site/main/Constitutional_Justice_E.asp.9 Sulla differenziazione qualitativa tra riferimento al diritto europeo nell’ambito di un sistema

comune di norme e ricorso al diritto comparato come argomento della decisione, L. PeGoraro, Corti costituzionali e uso del diritto comparato: un’analisi comparatistica, in L. mezzeTTi, E. Ferrer mac-GreGor (a cura di), Diritto processuale costituzionale, CEDAM, Padova, 2010, pp. 291-292; se-condo l’A. «di interesse comparatistico si rivelano norme e sentenze europee (o anche internazionali) ogni qualvolta il giudice delle leggi interno possa decidere prescindendo da esse, e tuttavia le prende in considerazione nel proprio reasoning al fine di confortare con argomenti autorevoli il proprio iter argomentativo» (ivi, p. 292).

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facendo riferimento ad argomenti giuridici e soluzioni tecniche: è il caso della Corte suprema del Canada, della Corte suprema dell’India e della Corte costituzionale del Sud Africa, che sovente hanno fatto ricorso alla giurisprudenza della Corte EDU10. Esiste, infine, una particolare forma di interazione orizzontale che si viene a istitui-re tra Corti transnazionali appartenenti a differenti regimi internazionali specializza-ti (regionali o generali)11 cui gli Stati aderiscono e che denotano l’estrema complessi-tà della polycentric form of globalisation, un sistema ad alto livello di frammentazio-ne privo di strumenti in grado di ridurre le sovrapposizioni normative e istituzionali12.

non solo. nei sistemi complessi, anche a base unitaria, si va affermando la fun-zione di collante tra sistemi giuridici interni svolta dalle Corti costituzionali/supreme nazionali.

Per riuscire a determinare la portata della protezione dei diritti fondamentali ne-gli ordinamenti interni e nell’ordinamento europeo alla luce dell’evoluzione dei siste-mi giuridici considerati negli ultimi cinquant’anni, occorre riflettere sul ruolo riserva-to ai diritti fondamentali nella dinamica dei sistemi considerati e sul modo in cui la loro protezione si rapporta al sistema delle fonti del diritto e al sistema giurisdiziona-le incaricato di assicurare la protezione dei diritti a livello nazionale e sovranazionale.

Rispetto all’ordinamento europeo, è innegabile che ci si trovi al cospetto di un multilevel legal system che, pur costituendo la risultante del coordinamento degli or-dinamenti giuridici preesistenti, implica la vigenza, su di un territorio che copre, or-mai, la superficie di quasi tutta l’Europa, di un insieme di principi e regole che costi-tuiscono un “diritto comune” contemporaneo, prodotto alla stregua non solo di rego-le procedurali tipiche del diritto internazionale, ma soprattutto della prassi giurispru-denziale, la cui attuazione comporta da parte dei giudici comunitari l’esercizio di vere e proprie funzioni giurisdizionali e da parte dei giudici nazionali l’assolvimento della duplice funzione di giudici nazionali e di giudici comunitari.

Il sistema europeo è la risultante di un ordinamento “a gradi” che si dirama dal li-vello comunitario ai livelli nazionali e da questi ultimi ai livelli regionali, locali o fun-zionali e che comporta la corrispondente stratificazione di fonti giuridiche che com-prendono l’articolazione del sistema delle fonti normative non solo in una pluralità di regole che si intersecano sulla base dei principi della gerarchia e della competen-za, ma anche in una pluralità di ordinamenti a loro volta sistematizzati sulla base dei medesimi principi: in tale contesto la protezione dei diritti fondamentali può discen-dere dai principi o dalle regole prodotti sia da fonti normative differenti ma apparte-

10 In tal senso D. maus, Le recours aux précedents étrangers et le dialogue des cours constitution-nelles, in Revue française de droit constitutionnel, 2009, p. 682.

11 Sul sistema di enforcement giurisdizionale dei diritti si veda l’accurato studio monografico di L. caPPuccio, A. LoLLini, P. TanzareLLa, Le corti regionali tra Stati e diritti. I sistemi di protezio-ne dei diritti fondamentali europeo, americano e africano a confronto, Editoriale Scientifica, napoli, 2012, in part. pp. 1-26.

12 A. Fischer-Lescano, G. TeuBner, Regime Collisions: The Vain Search of Legal Unity in the Fragmentation of International Law, in Michigan Journal of International Law, 2004, pp. 1005 ss.

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nenti allo stesso sistema giuridico complessivo e dotati di una diversa portata norma-tiva, sia da fonti normative ascrivibili a ordinamenti giuridici differenti (e, in tal caso, dotate di una forza normativa a doppio titolo diversa). Si avranno, così, forme di tu-tela dei diritti sociali più efficacemente condotte sul piano locale, laddove si assisterà ad una maggiore attenzione ai diritti civili e politici sul piano nazionale e internazio-nale, secondo un sistema di protezione “a cascata”. Il contenuto sostanziale dei dirit-ti fondamentali è la risultante dell’integrazione dei sistemi nazionali ed europeo/inter-nazionale, che diviene criterio ermeneutico valido per ricostruire la portata dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti13. Allo scopo di integrare il sistema di pro-tezione dei diritti fondamentali sono di particolare utilità le modalità di impiego del-le clausole di interpretazione, sia quelle che costituiscono “valvole-parametro di com-pensazione” di diritti e principi alcune con funzione di barriera (clausola della dignità umana), altre con funzione di deroga (clausola multiculturale), altre, infine, con fun-zione di limite (clausola della libertà e democraticità della società civile), sia le clau-sole interpretative in senso stretto (principio di proporzionalità; divieto di limitazione di un diritto tale da intaccarne il contenuto essenziale)14.

Quest’ultima considerazione rivela che la definizione di un diritto fondamentale non può essere dedotta dalla collocazione nell’ordinamento della fonte che lo disci-plina, essendo condizionato da una serie di fattori tra i quali assume rilievo la circo-stanza che il diritto in discussione trae il suo fondamento da un enunciato di princi-pio che è condizione di validità della disposizione di attuazione: ciò vuol dire che se il principio è affermato da una norma costituzionale e se le disposizioni di attuazione sono contenute in una legge ordinaria o in un regolamento, le conseguenze della vio-lazione della prima o delle seconde è diversa sia sul piano della procedura seguita che sul piano della forza normativa. Da questa affermazione discende che la protezione giurisdizionale dei diritti fondamentali può concretarsi sia nel quadro del sistema pro-cessuale generalmente rivolto a tale scopo sia nel quadro delle forme procedurali spe-cificatamente riservate alla protezione dei diritti fondamentali.

Pertanto, se a livello europeo, parlare di osmosi tra pronunce giurisdizionali non desta perplessità, tenuto conto delle “valvole” di apertura dei sistemi nazionali al di-ritto europeo e internazionale, improntato alla protezione dei diritti umani fonda-mentali, considerate l’efficacia della giurisprudenza delle Corti comunitaria ed euro-pea in ambito nazionale e l’interpretazione della clausola delle “tradizioni costituzio-

13 Si veda la sentenza del tribunale costituzionale spagnolo n. 53/2002; in tema cfr. R. Tur ausina, L’utilizzazione, da parte del Tribunal supremo e del Tribunal constitucional spagnolo, della giurisprudenza comunitaria e della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di diritti, in G. roLLa (a cura di), Il sistema europeo dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Giuffrè, Milano, 2010, pp. 267 ss.

14 G. roLLa, Alcune considerazioni sui possibili effetti delle codificazioni e della giurisprudenza sovranazionali in materia di diritti sul c.d. “sistema europeo” di giustizia costituzionale, in G. roLLa (a cura di), Il sistema europeo dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Giuffrè, Milano, 2010, pp. 20-25.

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nali comuni” da parte della giurisprudenza comunitaria che richiama l’idea di un nu-cleo duro di opzioni argomentative offerte alle Corti costituzionali nazionali e fonda-te sull’idea dell’esistenza di uno jus publicum europaeum, diverso è l’atteggiamento che va serbato all’analisi dei richiami a precedenti giurisprudenziali stranieri o a citazioni normative e dottrinali straniere da parte delle Corti costituzionali nazionali.

In ambedue i fenomeni si può parlare di circolazione del diritto e di comunicazio-ne giurisprudenziale e, per alcuni limitati versi, di uso della comparazione giuridica da parte della giurisprudenza costituzionale, con una differenza fondamentale.

nel primo caso, infatti, la comunicazione giurisprudenziale si muove nelle ma-glie del diritto positivo e del sistema europeo, coperto dall’adesione, secondo le rego-le del diritto internazionale pubblico, degli Stati membri (i quali a loro volta tutela-no la quota-parte di sovranità attraverso la teoria dei contro-limiti e la tecnica della doppia pregiudizialità applicate dalle Corti costituzionali nazionali dei Paesi operan-ti in quell’ambito).

In questo contesto assume rilevanza il processo di riforma della CEDU attraver-so l’approvazione dei protocolli n. 15 (inserimento del principio di sussidiarietà e del-la dottrina del margine di apprezzamento, così come sviluppata dalla case law della Corte EDU) e n. 16 (previsione della competenza della Corte di emettere advisory opi-nions, su richiesta delle domestic jurisdictions, sull’interpretazione e applicazione dei diritti e libertà fondamentali previsti dalla CEDU, nel rispetto del principio di sussi-diarietà e del margine di apprezzamento), aperti alla firma degli Stati (obbligatorio il primo, per il quale si richiede l’unanimità, e opzionale il secondo, per il quale è suffi-ciente la firma di dieci Stati): come viene ben messo in evidenza da Egeria nalin nel suo contributo al volume collettaneo, indubbiamente il protocollo n. 16, così come il connesso protocollo n. 15, è un primo passo decisivo verso l’istituzionalizzazione di un dialogo tra i tribunali nazionali e la Corte europea, nella duplice prospettiva di rafforzare i rispettivi ruoli nella tutela dei diritti fondamentali e di applicare corretta-mente il principio di sussidiarietà, sebbene non si comprenda la natura non vincolan-te dell’opinion, atteso che la stessa spiegherebbe i suoi effetti nei confronti di Stati-par-te della CEDU e in questo caso l’ossequio al principio di sovranità enfatizzerebbe la natura complementare della tutela predisposta dalla CEDU, riducendone inevitabil-mente la portata e ponendo la Corte europea in una posizione recessiva rispetto alla Corte di Giustizia, le cui decisioni su rinvio pregiudiziale spiegano effetti vincolanti nei confronti delle giurisdizioni remittenti.

nella seconda ipotesi, le cose si complicano, in quanto l’uso del diritto straniero da parte del formante giurisprudenziale, nella specie le Corti costituzionali, non ha validità costitutiva, riferendosi ad un sistema “altro”, che non produce effetti giuri-dici in ambito nazionale, e potendo valere come convincimento in chiave interpreta-tiva circa la funzione propria di norme e istituti stranieri affini per addivenire alla so-luzione di problemi ermeneutici sull’applicazione di norme e istituti nazionali, rico-noscendo implicitamente l’esistenza di una sorta di canone di autorevolezza extrasta-tuale e intercostituzionale che si sostanzia nel richiamo di interpretazioni convergenti di giudici costituzionali stranieri. In tale ambito, uno dei terreni di maggiore confron-

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to tra le Corti è quello che attiene alla tutela della dignità umana, che qui assume la funzione di principio-valore interpretativo universale nelle sue molteplici declinazioni (dall’eutanasia, alle coppie di fatto, agli omosessuali e così via).

Pertanto, il constitutional borrowing di precedenti stranieri può essere collegato a diverse finalità: come un modo per riempire i vuoti dell’ordinamento giuridico; come un mezzo per chiarire le oscurità interpretative di un testo e per supportare le sfide connesse a casistiche nuove; come modo di legittimazione di istituzioni recenti crea-te attraverso la recezione di modelli di esperienze costituzionali consolidate; come un modo di intensificare la legittimazione internazionale delle Corti costituzionali; o, in-fine, come fonte integrativa dell’argomentazione giurisprudenziale. In quest’ultimo significato, il ricorso alla comparazione come strategia dell’argomentazione giuridi-ca può essere identificato da tre fattori: l’esistenza di un processo di globalizzazione e transplantation dei sistemi giuridici; l’esistenza di processi di recezione di esperienze di altri testi costituzionali da parte di parlamenti nazionali nell’ambito di altrettanti processi creativi di Costituzioni e/o elaborativi di leggi; l’esistenza di un movimento globale di ridefinizione del ruolo del Giudiziario15.

Emerge dunque una diversa finalità della circolazione del diritto che irrompe sul piano della teoria dell’interpretazione16, dal momento che la citazione del diritto stra-niero da parte delle Corti costituzionali porta necessariamente a superare l’approccio meramente testuale quale supporto interpretativo per la soluzione di una questione costituzionale interna17.

Quanto alle modalità di ricorso alla comunicazione giuridica18 tra le giurisdizioni costituzionali, possono essere individuate tre varianti tipologiche:

A) strong communication/fertilization: si tratta dei casi in cui le Corti costituziona-

15 P. GLenn, Persuasive Authority, in McGill Law Journal, vol. 32, 1987, pp. 261 ss.; L. heLFer, A.-M. sLauGhTer, Towards a Theory of Effective Supranational Adjudication, in The Yale Law Jour-nal, vol. 107, 1997, pp. 273 ss.; A.-M. sLauGhTer, A Typology of Transjudicial Communication, in University of Richmond Law Review, vol. 39, 1994, pp. 99 ss.

16 M.-C. PonThoreau, Le recours à «l’argument de droit comparé» par le juge constitutionnel. Quelques problèmes théoriques et techniques, in F. meLin-soucramanien (sous la direction de), L’in-terprétation constitutionnelle, cit., pp. 167 ss.

17 Il tema è oggetto di attenta analisi in dottrina, in tempi più risalenti sul versante privatistico e oggi anche in ambito pubblicistico: per i primi, B. marKesinis, Il ruolo della giurisprudenza nella comparazione giuridica, in Contratto e impresa, 1992, pp. 1350 ss.; K. zweiGrT, H. KöTz, Introduzione al diritto comparato. I. Principi fondamentali, Giuffrè, Milano, 1998, p. 20; aa.VV., L’uso giurispru-denziale della comparazione giuridica, in Quaderni della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Giuffrè, Milano, 2004; per i secondi, L. PeGoraro, P. Damiani, Il diritto comparato nella giurispru-denza di alcune Corti costituzionali, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 1999, L. PeGoraro, A. rineLLa, Introduzione al diritto pubblico comparato. Metodologie di ricerca, CEDAM, Padova, 2002, pp. 267 ss.; G.F. Ferrari, A. GamBaro (a cura di), Corti nazionali e comparazione giuridica, ESI, napoli, 2006, passim.

18 Si preferisce impiegare il termine comunicazione giudiziale, che richiama il clima di apertura culturale che caratterizza gli ordinamenti giuridici contemporanei, e non quello di comparazione giuridica, che si svolge entro canoni ermeneutici precisi e rigorosamente scientifici.

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li, soprattutto nell’area di common law nonché nei sistemi c.d. misti, citano puntual-mente precedenti stranieri, in senso interpretativo adesivo od oppositivo, come pure dottrina e legislazione19. In un caso20, quello della Corte costituzionale del Sud Afri-ca, non si è in presenza di una prassi ma dell’applicazione di una specifica clausola costituzionale contenuta nell’art. 39 della Costituzione del 199621, che impone al giu-dice costituzionale di fare uso delle Carte dei diritti internazionali e consente il richia-mo a norme e giurisprudenza costituzionale straniera22: qui il riferimento al diritto straniero è generico, alludendo all’esperienza di “several other legal systems” o ricor-rendo alle formule “foreign law” o “foreign jurisdiction” a seconda che il richiamo sia al formante normativo o giurisprudenziale, oppure in modo specifico, citando singoli paesi. negli altri casi, il richiamo al diritto straniero non è costituzionalizzato eppu-re molto praticato: tra questi spicca il Canada che subisce una forte attrazione sia da parte del diritto inglese, nordamericano e dei paesi del Commonwealth sia, nel Québ-ec, da parte del diritto francese23; inoltre va segnalato che a seguito dell’adozione del-la Carta canadese dei diritti del 1982 si è sviluppata anche la tendenza della Corte su-prema a recepire orientamenti giurisprudenziali della Corte europea e la rilevanza di tale forma di fertilization e risiede nel fatto che il Canada non è parte della CEDU ma Paese osservatore che, come ben sottolinea Maria Dicosola nel suo contributo, non è vincolato alla CEDU né soggetto alla giurisdizione della Corte europea e, pertanto, la sussunzione della giurisprudenza europea nel diritto canadese è collegata non a un obbligo giuridico ma all’autorevolezza conquistata dalla Corte.

Un caso emblematico è rappresentato anche dalla Corte suprema degli Stati Uniti che, come evidenzia Laura Fabiano, negli ultimi anni ha mostrato una certa inclinazione al-

19 Focalizza la sua attenzione sull’uso espresso del diritto comparato da parte del giudice costi-tuzionale che «ambisce a disvelare analogie e differenze quantitative e soprattutto qualitative nell’im-piego di tale argomento, e a tentare di spiegarne le ragioni» L. PeGoraro, Corti costituzionali e uso del diritto comparato: un’analisi comparatistica, cit., p. 289.

20 L’unico altro caso, riportato dalla dottrina, di una clausola interpretativa aperta al diritto internazionale e ai precedenti stranieri è quello della Costituzione del Malawi del 1994 (section 11.2); sul punto t. GroPPi, Bottom up globalization? Il ricorso a precedenti stranieri da parte delle Corti co-stituzionali, in Quaderni costituzionali, 2011, p. 201 (nt. 11).

21 Costituzione della Repubblica Sudafricana. Art 39. Interpretazione del Bill of rights. – (1) nell’interpretare il Bill of rights, le Corti, i tribunali, i forum: a) devono promuovere i valori di base di una società aperta e democratica, fondata sulla dignità umana, sull’eguaglianza e sulla libertà; b) devono tenere conto del diritto internazionale; c) possono tenere conto del diritto straniero. – (2) nell’interpretazione di ogni legge, e nello sviluppare le norme di common law e di diritto tradizionale, ogni Corte, tribunale o forum deve promuovere lo spirito, il significato e gli obiettivi del Bill of rights. – (3) Il Bill of rights non contraddice l’esistenza di qualunque altro diritto o libertà riconosciuto e garantito dalle norme di common law, dal diritto tradizionale o da una legge, fintanto che tali diritti siano conformi al presente Bill of rights.

22 Il caso è citato da G. zaGreBeLsKy, Cinquanta anni di attività della Corte costituzionale, in www.cortecostituzionale.it, p. 1.

23 K. roach, Constitutional, Remedial and International Dialogues About Rights: The Canadian Experience, in Texas International Law Journal, vol. 40, 2005, pp. 537 ss.

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la citazione di precedenti stranieri nelle sue pronunce in delicate materie come la pena di morte o i diritti degli omosessuali, vicenda che ha provocato una decisa reazione di carat-tere conservatore e formalista da parte del giudice Scalia24: emblematica a questo riguar-do è la disputa accademica svoltasi nel 2005 tra i giudici Stephen Breyer e Antonin Scalia, il primo incline all’uso di materiale straniero riteneva che il diritto costituzionale compa-rato avrebbe potuto costituire un utile strumento di confronto per la Corte chiamata a di-rimere complesse e delicate questioni di principio, sebbene il diritto straniero non avreb-be potuto mai avere efficacia vincolante per la Corte statunitense; il secondo, contrario a tali recezioni fondandosi sulla teoria originalista, argomentava che i materiali stranieri erano irrilevanti per il diritto statunitense, cristallizzando l’interpretazione costituzionale.

Anche la Corte suprema britannica si colloca tra le esperienze di strong communi-cation/fertilization, come pure quella indiana, seppure quest’ultima con qualche pe-culiarità. nel sistema britannico l’attivismo della Corte suprema, come si legge nello studio di Pamela Martino, si spiega anche per la saldatura tra le competenze origina-riamente proprie dell’Appellate Committee della House of Lords e del Judicial Com-mettee del Privy Council25, oltre che per la peculiarità del pluralismo giuridico in cui la stessa Supreme Court è chiamata ad operare, per cui le sue decisioni spiegano effet-to solo nell’ambito del sistema giuridico di riferimento (per esemplificare, la decisione emessa su appello di una sentenza di una corte scozzese non avrà effetto nel territo-rio del Regno Unito ma solo nell’ambito del sistema giuridico scozzese). D’altra par-te l’appartenenza alla famiglia del common law, indirizza la Corte suprema e i giudi-ci britannici nella scelta dei precedenti da menzionare e incanala la Corte sul medesi-mo percorso interpretativo impiegato dalla House of Lords in merito alla funzione da dare al precedente straniero nell’economia della sentenza, permanendone la sua ratio persuasiva e di supporto alla decisione, anche quando, come sovente accade, il richia-mo al foreign precedent è contenuto in una dissenting opinion. Rilevante, infine, sotto il profilo dell’instaurazione di un’effettiva bilateral communication, ossia di un dialo-go nel significato della cross-fertilization, è l’influenza dei giudici britannici in merito all’overrulling della giurisprudenza della Corte EDU, che ha accolto, con una decisio-ne del 15 dicembre 2011 (Al Khawaja and Tahery v. The United Kingdom), i rilievi cri-tici in merito alla garanzia del principio del contraddittorio in materia di criminal law per violazione dell’art. 6 CEDU mossi dai giudici britannici (nella specie si discuteva della validità di una condanna sulla scorta della deposizione di un testimone assente).

24 t. GroPPi, Bottom up globalization? Il ricorso a precedenti stranieri da parte delle Corti costitu-zionali, in Quaderni costituzionali, 2011, pp. 200-202.

25 Anche la Corte suprema israeliana ha fatto sovente richiamo alla giurisprudenza del Judicial Commettee del Privy Council britannico e al common law e tale fenomeno sembra essere connesso, analogamente a quanto è avvenuto anche in Canada, in Irlanda e in Sud Africa, all’approvazione di nuovi testi costituzionali e/o di vere e proprie Carte di diritti, sebbene con il passare del tempo si è registrata una diminuzione del numero di citazioni straniere (t. GroPPi, M.-C. PonThoreau [eds.], The Use of Foreign Precedents by Constitutional Judges, Hart Publishing, Oxford and Portland, Ore-gon, 2013, p. 415).

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Ugualmente la Corte indiana, come ci riferisce Valentina Rita Scotti, fa sovente ricorso ai foreign precedents e le ragioni di siffatto attivismo nell’uso della compara-zione possono individuarsi nella c.d. historical association, ossia nella consapevolez-za che alcune disposizioni costituzionali sono state effetto di transplantation renden-do così le interpretazioni offerte dalle Corti degli ordinamenti-modello fonti di ispira-zione per la domestic jurisdiction; altra ragione va rinvenuta nella necessità di trovare ampio consenso su decisioni particolarmente controverse; infine, non va tralasciata la tendenza interpretativa volta a introdurre nell’ordinamento diritti non costituzional-mente previsti in ossequio all’allineamento con quanto emergente a livello internazio-nale in materia di tutela dei diritti fondamentali. Sotto quest’ultimo profilo, a partire dagli anni ’90, la Corte suprema indiana ha manifestato interesse, come evidenziato a proposito della Corte suprema canadese, per la giurisprudenza della Corte europea, sebbene tale attenzione non si sia tradotta concretamente in una recezione. Occorre, infine, menzionare il particolare contesto nel quale opera la Corte suprema indiana, un pluralismo giuridico materiale dovuto alla presenza di un parametro normativo stratificato, frutto della commistione fra diritti appartenenti a diverse famiglie giuri-diche (diritto indù, diritto musulmano, civil law, common law), che rende tale Corte quasi naturalmente predestinata all’uso del metodo comparativo.

b) soft communication/fertilization: si tratta dei casi, più difficili da individuare, nei quali i giudici costituzionali operano un richiamo implicito26 a indirizzi conso-lidati, tradizioni costituzionali, soluzioni normative e attraverso i quali è possibi-le individuare un comune nucleo costituzionale duro. In tale contesto è interessan-te notare che in alcune materie, come quella dei partiti antisistema, le pronunce dei diversi giudici costituzionali si atteggiano nel senso di difendere i medesimi valori e principi considerati irrinunciabili per un sistema democratico (si rimanda alle sen-tenze della Corte suprema di Israele, Kach Faction v. Knesset Speaker, 39 (3) P.D., 1985, sullo scioglimento del partito Kach, del tribunale Costituzionale spagnolo n. 6/2004 del 16 gennaio 2004 sullo scioglimento del partito Batasuna, della Cour d’Arbitrage belga n. 10/2001 del 7 febbraio 2001, che ha dichiarato la costituziona-lità dell’art. 15 della legge del 12 febbraio 1999 in base al quale è possibile limita-re il finanziamento pubblico ai partiti politici che mostrano hostilité nei confronti di diritti e libertà garantiti dalla Corte EDU); in tale ipotesi, tuttavia, si può parla-re più di influenza culturale che di comparazione27, che per essere tale «deve essere

26 M.-C. PonThoreau, Le recours à «l’argument de droit comparé» par le juge constitutionnel, cit., p. 176.

27 tra le esperienze di civil law, anche la Corte italiana, soprattutto nel corso degli anni ottanta, ha fatto frequente uso del diritto straniero citando casi giurisprudenziali della Corte suprema statunitense, del Conseil constitutionnel o del Bundesverfassungsgericht (sentt. nn. 123/1980, 300/1984, 161/1985) o servendosi di generiche clausole, quali ad es. il riferimento a “Stati democratici contemporanei” (L. PeGoraro, La Corte costituzionale e il diritto comparato nelle sentenze degli anni ’80, in Quaderni costi-tuzionali, 1987, pp. 601 ss.; V. zeno-zencoVich, Il contributo storico-comparatistico nella giurispruden-za della Corte costituzionale italiana: una ricerca sul nulla?, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2005, pp. 1003 ss.; A. BaLDassarre, La Corte costituzionale italiana e il metodo comparativo, in Diritto

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basata su un processo valutativo esplicito, e quindi verificabile, da parte del sogget-to che la compie»28.

c) technical communication/fertilization. Si tratta della convergenza delle scelte di alcune Corti costituzionali in merito agli strumenti tipologici di risoluzione delle que-stioni di costituzionalità, nel rispetto delle prerogative del Parlamento: l’obiettivo co-mune è quello di evitare l’insorgenza di vuoti normativi (il c.d. vulnus giuridico) ovve-ro di illegittime, nonché inopportune, invasioni della sfera riservata alla discrezionali-tà del legislatore, riducendo al minimo gli effetti demolitori della declaratoria di inco-stituzionalità. Questo fenomeno, tipico dei sistemi di common law per la particolare configurazione del judicial review of the constitutionality of legislation, si è sviluppato in quei sistemi di giustizia costituzionale che hanno in comune la tecnica dell’accesso indiretto o incidentale e ha portato sovente alcune Corti (italiana, francese, tedesca e spagnola) a discostarsi dalla tradizionale dicotomia decisoria (accoglimento/rigetto) per orientare diversamente gli effetti delle pronunce tanto “nello spazio” (sentenze in-terpretative di rigetto e interpretative di accoglimento; sentenze di accoglimento par-ziale; sentenze manipolative additive o sostitutive) quanto “nel tempo” differendo pro futuro gli effetti caducatori di una pronuncia (in Italia e in Germania si registrano: di-chiarazione di incostituzionalità sopravvenuta ossia “dal momento in cui”; sentenze di “incostituzionalità accertata ma non dichiarata”; sentenze additive di principio). A queste tre forme di comunicazione dialogica si aggiunge la diffusione dell’uso del ca-none della ragionevolezza e del margine di apprezzamento come criterio ermeneutico di carattere universale che rappresenta il collante interpretativo che alimenta il dirit-to costituzionale globale.

Pur entro un quadro istituzionale nel quale i caratteri strutturali e funzionali della giustizia costituzionale appaiono diversamente configurati, si è manifestata un’analo-ga necessità, per il giudice costituzionale, di elaborare tipologie di sentenze che con-sentano di superare la rigida alternativa tra riconoscimento della piena legittimità o dell’assoluta incostituzionalità della legge sindacata. Gli strumenti decisionali in que-stione devono essere posti in relazione con le dinamiche evolutive che hanno interes-sato il ruolo e le forme della giustizia costituzionale, la quale con sviluppi non sempre

pubblico comparato ed europeo, 2006, pp. 983 ss.); di recente la Corte italiana nella sentenza n. 1 del 2014 che ha dichiarato l’incostituzionalità della legge elettorale, nella parte motiva ha espressamente richiamato, a proposito della distorsione della rappresentanza causata dal premio di maggioranza, la motivazione della sentenza della Corte costituzionale tedesca n. 3/11 del 25 luglio 2012 sulla natura del sistema proporzionale di generare nell’elettore l’aspettativa di un’equa ripartizione dei seggi (c.d. voto “in uscita”) richiamando il fatto che la Germania è un ordinamento costituzionale omogeneo a quello italiano nel quale vige il medesimo principio di eguaglianza del voto e non è costituzionalizzata la legge elettorale. Lo stesso dicasi per il tribunale costituzionale spagnolo, con svariati richiami sia a formule interpretative generali (“stato democratico”, “ordinamenti repubblicani europei”, “diritto comparato” e così via) sia a singoli ordinamenti, in particolare alla Costituzione tedesca) o alla giurisprudenza di altre Corti costituzionali, come quella tedesca o quella italiana (L. PeGoraro, Corti costituzionali e uso del diritto comparato: un’analisi comparatistica, cit., pp. 307-308).

28 G. De VerGoTTini, Oltre il dialogo tra le Corti, cit., p. 144.

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prevedibili si è costruita un ruolo di garante degli equilibri istituzionali in un’evidente fase di crisi delle forme politiche di esercizio della democrazia.

Se questo è l’ambito in cui si muove la comparazione giuridica applicata all’inter-pretazione giurisprudenziale, di forte interesse è l’approccio che il presente volume in-tende dare al fenomeno: le esperienze di giustizia costituzionale prescelte (Regno Uni-to, Canada, India, Stati Uniti) si muovono tutte nell’ambito della tradizione giuridi-ca di common law (e non è un caso) ossia in un sistema culturale aperto all’osmosi in-terpretativa: il circuito integrativo del Commonwealth britannico costituisce il comu-ne humus giuridico al quale si riferiscono le Corti dei Paesi oggetto di analisi, d’altra parte testimoniato dalla giurisprudenza del Judicial Committee del Privy Council che per lungo tempo ha svolto funzioni di corte di ultima istanza (e per alcuni paesi anco-ra orbitanti nel Commmonwealth lo è ancora) nelle ex colonie dell’impero britannico, con alcune eccezioni per le colonie americane stabilite dal Calvin’s case del 1608 del giudice Coke, in merito ai diritti dei nativi americani. Esiste, pertanto, una evidente correlazione tra la citazione di precedenti stranieri e la tradizione giuridica di appar-tenenza dei paesi interessati dalla circolazione dialogica: sotto questo specifico pro-filo, nei sistemi di common law (e in quelli a tradizione “mista”) la recezione di forei-gn precedents è un effetto diretto dell’apertura di questi sistemi giuridici che vedono la loro origine nello stretto collegamento tra la case law e l’evoluzione di questi Stati nell’ambito della British legal tradition. Certi caratteri del metodo decisionale, primo fra tutti la possibilità della dissenting opinion o della concurring opinion o il carattere induttivo dell’argomentazione spesso attraverso il ricorso all’analogia iuris, spiegano la disponibilità delle Corti di common law a citare precedenti stranieri quali argomenti persuasivi del proprio ragionamento giuridico. E forse, sotto questo profilo, non è az-zardato affermare che, sebbene in un contesto più ampio, il sistema del Commonwe-alth, il quale ha costituito la cassa di risonanza del common law, ha storicamente anti-cipato per gli aspetti evidenziati il fenomeno della (cross)fertilization cui ha dato luo-go diversi anni più tardi il pluralismo integrativo europeo.

Ma l’elemento di novità dell’indagine proposta consiste nel metodo di analisi pre-scelto: non si tratta tanto di testare i foreign precedents citati da ciascuna delle Corti passate in rassegna, quanto di verificare l’impatto che la predisposizione culturale dei giudici ha sull’uso della comparazione nelle decisioni: sotto questo profilo rileva, per-tanto, la formazione dei giudici che spesso hanno effettuato o perfezionato i propri studi in paesi stranieri, anche dopo che i paesi nativi hanno ottenuto l’indipendenza dall’Impero britannico. tale cultura legale transnazionale gioca un ruolo importante non solo per i giudici educati in un simile contesto, ma anche per i giuristi che con i primi condividono questo particolare approccio: in India, sovente il ricorso ai prece-denti stranieri è proposto alle Corti dalle parti del giudizio a sostegno dei propri recla-mi e delle proprie opinioni. In conclusione, le qualità individuali dei giudici sono un elemento chiave per comprendere e spiegare tale fenomeno: come dimostrano i con-tributi raccolti in questo volume, i giudici con formazione accademica sono più in-clini all’uso della comparazione giuridica e dei precedenti stranieri rispetto ai giudici di carriera, e vi è uno stretto legame tra le opinioni personali in merito all’importan-

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za del metodo comparativo nell’interpretazione giuridica, espresse sovente in discorsi e pubblicazioni, e la citazione di precedenti stranieri29. Si conferma, in tal modo, che la modalità di scelta del giudice costituzionale e il suo precipitato organico-procedu-rale, ossia la composizione del collegio deliberante30, incide in misura direttamente proporzionale sul grado di legittimazione della decisione: in quanto organi collegiali, dalle modalità di composizione delle Corti possiamo trarre elementi utili ai fini del-la qualificazione dell’attività decisoria, soprattutto per quelle Corti che esprimono le opinioni di minoranza, nelle quali la posizione deliberativa del singolo giudice acqui-sta rilevanza ai fini del procedimento interno che conduce alla decisione finale31, rap-presentando dei rilevanti canali di cross-fertilization e dunque un efficace meccanismo di progressiva evoluzione della giurisprudenza costituzionale, evitando le cristallizza-zioni giurisprudenziali.

Infine, un’ultima considerazione.Le potenzialità insite in questo tipo di interpretazione sono evidenti, ma vanno

incanalate entro il solco della tradizione costituzionale interna. La de-contestualiz-zazione dei richiami al diritto straniero è rischiosa e va impiegata non in senso auto-referenziale ma inserita nelle maglie del domestic law per contribuire in tal modo al-la sua evoluzione.

In questo senso, la giurisprudenza costituzionale non opera, evidentemente, se-condo canoni interpretativi avulsi da una più complessa realtà normativa che ha pro-gressivamente costruito il contesto idoneo alla manifestazione del fenomeno qui in-dicato: basti pensare alla produzione di norme interne e internazionali ispirate alla condivisione di concezioni e valori metagiuridici; all’impiego di atti di diritto inter-nazionale quale parametro interpretativo di norme costituzionali (e non solo) inter-ne; alla progressiva e incrementale affermazione di un ordinamento sovranazionale che deve affrontare tanto i problemi di definizione dei suoi assetti pluralistici, quanto la materia della protezione delle libertà fondamentali e dei diritti dell’uomo; o, infine, all’istituzione di sedi giurisdizionali internazionali e sovranazionali che completano e concorrono, con le giurisdizioni interne, ordinarie e di costituzionalità, alla garanzia dell’effettività del sistema costituzionale.

E proprio nell’ambito di tale global legal system la giurisprudenza costituzionale va evidenziando la sua particolare vocazione a funzionare come canale comunicati-

29 t. GroPPi, M.-C. PonThoreau (eds.), The Use of Foreign Precedents by Constitutional Judges, Hart Publishing, Oxford and Portland, Oregon, 2013, pp. 2 ss., pp. 413 ss.

30 Per una disamina approfondita dell’incidenza della composizione delle Corti costituzionali sull’indipendenza del processo decisorio e sulla legittimazione del ruolo del giudice costituzionale si rinvia a M. caLamo sPecchia, Introduzione. La legittimazione delle Corti costituzionali tra modalità di composizione e principio di indipendenza, in M. caLamo sPecchia (a cura di), Le Corti costituzio-nali. Composizione, Indipendenza, Legittimazione, Giappichelli, torino, 2011, pp. VII ss.

31 J. FereJohn, P. Pasquino, Constitutional Courts as Deliberatives Institutions: Towards an In-stitutional Theory of Constitutional Justice, in W. saDursKi (ed.), Constitutional Justice, East and West, Kluver Law International, 2002, pp. 21-36; più diffusamente A. anzon (a cura di), L’opinione dissenziente, Giuffrè, Milano, 1995.

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vo secondo una duplice attitudine: interna, come valvola regolatrice dei diversi flus-si normativi e come ago della bilancia istituzionale; esterna, come snodo fra sistemi giuridici, utilizzando, attraverso comuni tecniche argomentative e decisorie, valori e princìpi comuni di riferimento e contribuendo alla formazione di un humus culturale comune nel quale i giudici costituzionali, parti di una comunità di diritto transnazio-nale32, scoprono singolari e significative convergenze, pur muovendo dai contesti na-zionali di riferimento e dalle differenti famiglie giuridiche di appartenenza.

32 A questo riguardo non va sottovalutato il potenziale sviluppo di un comune linguaggio co-stituzionale insito nei meccanismi informali di comunicazione rappresentati dai differenti organismi transnazionali che consentono il raggruppamento dei vari paesi presso le Conferenze delle Corti che attualmente operano sotto l’egida della Venice Commission e nelle quali i giudici costituzionali han-no importanti occasioni di confronto e di dialogo: si allude all’associazione delle Corti costituzio-nali Asiatiche, all’associazione delle Corti costituzionali di Lingua Francese (ACCPUF), alle Corti del Commonwealth, alla Conferenza degli Organi di Controllo Costituzionale dei Paesi di nuova democrazia (CCCOCYD), alla Conferenza delle Corti Costituzionali Europee (CECC), alla Confe-renza Ibero-Americana sulla Giustizia Costituzionale (CIJC), alla Commissione dei Giudici del Sud Africa (SAJC), all’Unione dei Consigli e delle Corti Costituzionali Arabe (UACCC); al gruppo delle Corti di Lingua portoghese (sull’influenza di tali organismi si veda R. orrù, La cross fertilization giudiziaria a carattere informale e il sistema delle conferenze tra corti costituzionali e organi equivalenti, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2011, pp. 189 ss.).

1) Justin O. Frosini, Alessandro Torre (a cura di), Democrazia rappresentativa e referendum nel Regno Unito (2012).

2) Angela di Gregorio, Alessandro Vitale (a cura di), Il ventennale dello scioglimento pacifico della Federazione ceco-slovacca. Profili storico-politici, costituzionali, internazionali (2013).

3) Alessandro Torre (a cura di), Costituzioni e sicurezza dello Stato (2014).

4) Ugo Bruschi (a cura di), Rivoluzioni silenziose: l’evoluzione costituzionale della Gran Bretagna tra la Glorious Revolution e il Great Reform Act (2014).

5) Pamela Martino (a cura di), I giudici di common law e la (cross)fertilization: i casi di Stati Uniti d’America, Canada, Unione Indiana e Regno Unito

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