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“L’ALBA DI UNA NUOVA ERA”
I CONFERENZA PROGRAMMATICA
GIOVANI DEMOCRATICI DI ROMA
Venerdì 16 Luglio 2010
Ore 17.30
Spazio Giovani Democratici
III Festa Democratica – Festa dell’Unità di Roma
(Roma – Caracalla)
We're working night and day
to make a dream come true
(Driven by you, Queen)
21 Novembre 2008. Le primarie dei Giovani Democratici sembrano ormai un
ricordo lontano. Sono passati quasi due anni da quel giorno, che ha visto
migliaia di giovani in tutta Italia impegnarsi per la costruzione di quella che
oggi è diventata la maggiore organizzazione giovanile di partito. Sono serviti
quasi due anni per strutturarci, organizzarci e radicarci.
Due anni per creare un'alternativa credibile alle organizzazioni e associazioni
giovanili di destra nelle scuole e nelle università, ottenendo risultati molto
importanti sia nella consulta (arrivando ad eleggere la Presidenza del
Consiglio e la maggioranza di questo) sia alle ultime elezioni universitarie per
il rinnovo del CNSU e per le rappresentanze studentesche degli Atenei di Tor
Vergata e Roma 3 (12 e 13 maggio 2010), contribuendo in maniera
determinante al primato dell'unica lista di centro sinistra nel collegio del
Centro-Italia.
Due anni per discutere sui temi del lavoro e delle politiche sociali, che devono
rappresentare sia per noi che per il Partito Democratico il primo e più
importante argomento di discussione. Dobbiamo provare a disegnare al
Paese una via d'uscita dall'attuale crisi economica, valorizzando il lavoro, lo
stato sociale e re-impadronendoci della bandiera della modernizzazione
dell'Italia, bandiera che è sempre stata il tratto caratterizzante delle tradizioni
fondatrici del PD (Movimento Cattolico Sociale e Movimento Operaio). La
prima, essenziale, semplice verità che va ricordata a tutti i giovani è che se la
politica non la faranno loro, essa rimarrà appannaggio degli altri, mentre sono
loro, i giovani, che hanno l'interesse fondamentale a costruire il proprio futuro
e innanzitutto a garantire che un futuro vi sia.
Dobbiamo lottare contro conservatorismi vecchi e nuovi, dobbiamo
contribuire a ridurre i rischi del massimalismo presenti in tutte le anime di
questo Partito. Dobbiamo affermare con forza il nostro messaggio alle giovani
generazioni: dare a tutti la possibilità di “arrivare” indipendentemente dalla
condizione sociale ed economica, dal sesso, dal luogo di nascita e
dall'orientamento religioso e sessuale. Per fare questo dobbiamo contribuire
a disarticolare gli interessi costituiti e costruire nuovi blocchi e alleanze, se
vogliamo essere “il Partito del nuovo secolo”. Questo è in ultimo l'unico senso
del termine “rinnovamento generazionale”, costruito sulla politica e non sulla
cooptazione. Abbiamo imparato nel corso di questi mesi, anche a nostre
spese, che non esistono “sovrani illuminati che ci apriranno la via” e che
questa sfida è impegnativa sotto tutti i profili, organizzativo, politico,
economico, ma è l'unico modo per cui l'organizzazione giovanile non venga
trasformata in un recinto pieno solo dei giovani delle correnti del Partito.
Due anni per portare il nostro contributo sulle questioni etiche e dei diritti
civili, discutendo anche animatamente al nostro interno, ma cercando sempre
di trovare un'intesa tra tutte le anime.
Bisogna riflettere su alcune caratteristiche peculiari dell'epoca in cui viviamo
e pensare ai problemi che cominciano a porsi come decisivi per il prossimo
decennio: nel periodo, cioè, in cui vivranno e raggiungeranno la maturità i
giovani di oggi. A questa soglia dello sviluppo storico si presentano problemi
non solo completamente nuovi, ma tali da generare possibilità e pericoli
straordinari e sin qui impensati e impensabili.
Dobbiamo innanzitutto al progresso continuo delle scienze sperimentali le
possibilità davvero inaudite e straordinarie che si aprono per migliorare la vita
del genere umano. La nuova tappa della rivoluzione scientifica e tecnologica
è sotto i nostri occhi, fa già parte delle nostre esistenze e per i giovani di oggi
costituisce, ormai, quasi una condizione naturale e scontata. Ma proprio per
questo occorre riflettere bene intorno alle occasioni offerte dalla scienza per
non smarrirne il significato e la portata, per cogliere bene quali prospettive
positive possono essere aperte e quanto gravi siano, di contro, le limitazioni,
le contraddizioni, i rischi generati dai vincoli sociali e politici e da un uso
distorto delle scienze, delle tecniche e della ricerca.
Contemporaneamente, l'uso irragionevole delle nuove tecniche e uno
sviluppo quantitativo imponente, ma incontrollato ha già determinato non solo
la possibilità, ma la minaccia concreta di rovine ecologiche gravissime e
irreparabili. A questo proposito avanziamo una proposta concreta da
realizzare in un tempo ragionevolmente breve: organizzare, come Partito e
come Giovani Democratici, un Congresso di “Futurologia”, che si svolga sulla
base di relazioni e comunicazioni di scienziati e di esponenti delle più varie
discipline (scienze fisiche, chimiche, biologiche, antropologiche,
demografiche, militari, economiche, sociali, informatiche, mediche, ecc.):
potremmo portare i risultati, le valutazioni e le proposte fatte in tale
Congresso alla conoscenza e alla discussione tra i giovani.
I Giovani Democratici di Roma, fin dalla loro nascita, hanno sempre cercato
di portare la loro esperienza, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli,
di chi non viene tutelato e rispettato dal Governo di questo Paese e di questa
città. Abbiamo cominciato con l'organizzare insieme al Partito Democratico di
Roma gli aiuti per le popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto: abbiamo
fatto diventare i nostri di circoli centri di raccolta di prima necessità e ci siamo
adoperati con ogni mezzo possibile affinché non venisse sprecato nulla di
quello che ci veniva recapitato. Abbiamo organizzato (durante il “Democratic
Party” di Roma 2009) la campagna “Pari diritti, pari opportunità”, perché
crediamo nell'importanza di nuove leggi nel campo dei diritti civili, della
dignità della persona e della sicurezza in una città, come la nostra, dove
continuamente viene leso il diritto di ogni singolo individuo e dove non si sta
ancora facendo nulla di serio per cambiare la situazione.
Abbiamo espresso più e più volte il nostro dissenso contro i tagli che la giunta
Alemanno e il governo Berlusconi hanno attuato nei confronti della cultura e
dell'informazione, del sistema d'istruzione, formazione, ricerca e delle
politiche sociali, tradendo tutte le promesse fatte agli elettori durante le loro
rispettive campagne elettorali.
Abbiamo manifestato a fianco delle popolazioni immigrate, aderendo alla
Manifestazione Nazionale Antirazzista, perché siamo convinti che chi nasce
in Italia è italiano con pienezza di diritti e di doveri. Abbiamo organizzato e
aderito a varie campagne di sensibilizzazione su questo tema, “Stranieri di
nome, Italiani di fatto”, “Nuovi Italiani”. Ci sentiamo vicini all'Associazione
Sportiva Dilettantistica “Liberi Nantes”, una squadra di calcio composta da
rifugiati politici e richiedenti asilo, ragazzi che vivono in alcuni centri di
accoglienza della nostra città. Con loro i Giovani Democratici di Roma hanno
giocato una partita amichevole di beneficenza (che rientra nel nostro progetto
di collegamento tra sport ed antirazzismo) per testimoniare “sul campo” come
anche lo sport può essere uno strumento di integrazione tra popoli in grado di
abbattere le barriere sociali.
Queste sono solo alcune delle cose che i Giovani Democratici a Roma sono
riusciti a realizzare, ma certamente tante saranno ancora le sfide e le
opportunità che si presenteranno. “C'è ancora molto da fare” potrebbe essere
il nostro motto di battaglia. Pensiamo, infatti, che la fase di nascita e di
radicamento della nostra organizzazione si possa ritenere ormai finita: i
Giovani Democratici ci sono e lo hanno dimostrato in tutte le occasioni che si
sono trovati ad affrontare in questi primi due anni di vita. Questo documento e
questa prima Conferenza Programmatica vogliono essere uno spunto di
riflessione su quanto fatto in passato e vogliono essere la base per i prossimi
mesi di attività politica. Abbiamo l'esigenza di caratterizzare il nostro operato
in alcuni campi, che riteniamo fondamentali per la nostra attività, in primis
“scuola” e “università”. Sono principalmente questi i luoghi in cui la nostra
organizzazione trova la linfa per vivere e continuare il suo lavoro. Ma
certamente non possono essere solo questi due i mondi a cui la nostra
organizzazione può e vuole fare riferimento. Abbiamo la presunzione di
poterci e volerci occupare anche di altro: abbiamo i mezzi e le facoltà per
poterlo fare. Crediamo, infatti, che il compito dei Giovani Democratici sia
quello di coinvolgere le giovani generazioni su più campi, stimolarne
l'interesse e l'impegno su più fronti. Abbiamo davanti un triennio in cui
dovremo essere molto più vicini alle mobilitazioni di questa città, perchè è
solo occupando gli spazi politici che si può costruire la credibilità di questa
organizzazione nel mondo giovanile. Dobbiamo stare vicini ai giovani colpiti
dalla crisi e dai provvedimenti di questo governo (nazionale, regionale e
cittadino) e supportarli in tutti i modi possibili. A differenza del passato, però,
dobbiamo farlo a partire da una nostra linea politica. A cominciare dalla
giovanile, non possiamo più semplicemente aderire a questa o a quella
piattaforma, ma, pur continuando a sostenere le mobilitazioni e gli sforzi,
dobbiamo proporre una nostra linea.
Tutto questo ovviamente non può prescindere dal rapporto che i Giovani
Democratici devono avere con il Partito Democratico. Abbiamo fatto, e lo
rivendichiamo con orgoglio, una dura battaglia politica per far nascere questa
organizzazione, per non ridurre la presenza dei giovani in questo Partito ad
elemento coreografico delle manifestazioni dei leader. Rivendichiamo il
valore dell'autonomia come elemento per valorizzare il rapporto di frontiera
dell'organizzazione giovanile con i giovani di questo Paese. Riteniamo
l'autonomia elemento genetico dei Giovani Democratici. Vogliamo
determinare il nostro calendario politico in maniera autonoma, vogliamo una
dialettica interna plurale, ma non eterodiretta. Detto questo e affermata la
nostra soddisfazione per l'approvazione della Carta di Cittadinanza,
sappiamo anche di non essere un'associazione culturale. Vogliamo avere e
intensificare un rapporto con il Partito Democratico, l'autonomia non va intesa
come lo strumento per ricollocazioni opportunistiche all'interno del nostro
Partito e vogliamo partecipare con pienezza di diritti e doveri alla vita di
questo. La discussione sull'autonomia rischia di essere fuorviante o peggio
ancora inutile, se non accompagnata dalla consapevolezza che, facendo noi
politica, oltre agli strumenti formali (comunque necessari), la forza e
l'autonomia di questa organizzazione dipenderanno sempre e solo dalla
capacità di rappresentare realmente il nostro universo.
Le parole di Pierluigi Bersani, “non ci può essere un grande partito, senza
una grande organizzazione giovanile”, ci riempiono di orgoglio: il Partito
Democratico non risulta ancora attrattivo per la nostra generazione e solo noi,
Giovani Democratici, possiamo parlare con i nostri coetanei, attraverso un
linguaggio e un modo di fare che sicuramente accomuna di più noi a loro,
rispetto a qualche (seppur giovane) quarantenne del nostro partito.
Non solo la giovanile, ma anche il Partito Democratico negli ultimi tempi sta
dimostrando di essere presente nelle tematiche che più rappresentano i
cittadini italiani. L'ultima manifestazione nazionale, svoltasi al Palalottomatica
di Roma il 19 Giugno 2010, testimonia proprio questo. Sono state messe in
campo una serie di proposte che vedranno il Partito Democratico (e non da
meno la sua organizzazione giovanile) svolgere un ruolo centrale, sui temi del
lavoro e della crisi economia, dell'immigrazione, delle cosiddette politiche
sociali, della laicità e molto altro ancora. Troppe volte abbiamo lasciato
spazio a polemiche sterili, che hanno preso il sopravvento sulla politica vera:
giornali e televisioni hanno riportato una faccia del Partito Democratico e dei
Giovani Democratici che speriamo sia solo un ricordo del passato. Pierluigi
Bersani, proprio al Palalottomatica, disse più volte: “Dobbiamo essere più forti
delle nostre debolezze”. È proprio questo il punto chiave: debolezze sono per
esempio le varie dispute terminologiche che ci hanno visti protagonisti negli
ultimi tempi. Queste discussioni pongono il tema del dissenso e delle
modalità d‟espressione delle diverse opinioni all'interno di un partito.
Dobbiamo affermare chiaramente alcuni concetti fondamentali. La nostra è
un'organizzazione plurale e rivendichiamo questa caratteristica come un
punto di forza, capace di generare dibattito e spinte propulsive utili a tutti.
Crediamo che, quindi, in quest‟organizzazione nessuno possa essere
penalizzato per l'espressione di tale dissenso. Pensiamo anche che nessuno
possa essere premiato per l'espressione del dissenso: bisogna impedire,
cioè, che l'espressione di argomenti alternativi diventi uno strumento
personale che non apporta una crescita collettiva dell‟organizzazione, ma che
tende al suo disgregamento. La dialettica dell'organizzazione giovanile è
libera e responsabile, senza dimenticare che sta poi al gruppo dirigente
l‟opera di selezione e di sintesi.
Questo documento vuole essere una prima riflessione introduttiva sui due
anni di vita della nostra organizzazione giovanile e uno spunto di riflessione
per organizzare l'attività dei prossimi mesi. Speriamo vivamente che possa
essere fonte di dibattito per il nostro futuro e che sia solo il primo passo verso
una nuova fase dei Giovani Democratici di Roma.
LA NOSTRA ORGANIZZAZIONE
Non ci può essere un grande partito,
senza una grande organizzazione giovanile.
(Pierluigi Bersani)
Come veniva accennato nell'introduzione di questo documento, i Giovani
Democratici di Roma nei loro primi due anni di vita hanno organizzato
numerose campagne politiche e sono stati protagonisti di altrettante
campagne elettorali. Tutto questo è stato possibile e continuerà ad esserlo
grazie all'efficiente struttura di cui si è dotata l'organizzazione giovanile
romana.
Il 7 Febbraio 2009, l'Assemblea Romana dei Giovani Democratici, composta
da membri eletti dalle Primarie del 2008, ha eletto il Presidente, il Segretario
e la Direzione dei GD Roma. Da quel momento, l'organizzazione giovanile ha
cominciato a prendere forma e sostanza: la Direzione ha votato il suo
Esecutivo. Viene da sé l'importanza di questi due organismi dirigenti: senza
di essi, e senza i nostri riferimenti territoriali, molto del lavoro svolto da questa
organizzazione non ci sarebbe stato. Le idee per le campagne politiche,
inventare slogan efficaci, lavorare per riportare il centro sinistra al governo di
questa città: tutto questo e molto altro si trova alla base di questi due
importanti organismi.
Altro elemento fondamentale, senza cui la nostra organizzazione giovanile
non avrebbe senso, sono i circoli territoriali. Questi costituiscono nella
maniera più assoluta la nostra ricchezza. Senza i circoli, non si sarebbe mai
potuto verificare il radicamento dei Giovani Democratici nei vari territori
romani, nelle scuole e nelle università; senza la cosiddetta base non
avremmo mai potuto conseguire le vittorie di cui abbiamo già parlato
precedentemente.
I circoli territoriali sono le gambe su cui poggia e cammina l'organizzazione
giovanile. I Giovani Democratici di Roma possono vantare un capillare
radicamento, siamo presenti in tutti i municipi della nostra città, per la
maggior parte con più di un circolo a zona, dal centro fino alla periferia più
estrema. Questo perchè Roma, anche nel più piccolo dei suoi municipi, è più
che mai diversificata. Solo con una presenza capillare e costante sul proprio
territorio di riferimento, si può pensare di colpire l'immaginario dei nostri
coetanei, cercando quotidianamente di dare un'alternativa al populismo del
nostro attuale governo cittadino.
Snodo centrale della nostra attività è proprio il lavoro con i circoli. Il rapporto
costante tra la federazione romana e questi è un ciclo che non deve mai
interrompersi, è un rapporto complementare. Ogni circolo si dota di una figura
di guida, il coordinatore, che rappresenta il collegamento tra la federazione
romana e la realtà territoriale di riferimento. Il ruolo del coordinatore è quello
di ottimizzare le risorse e di allargare la partecipazione nel proprio quartiere.
È chiaro comunque che è il circolo complessivamente ad avere la
responsabilità dell'espansione sul territorio. Pensiamo che i circoli dei Giovani
Democratici di Roma debbano diventare un vero e proprio punto di
aggregazione per le giovani generazioni e questo può avvenire solo se il
lavoro di ognuno si concentra nei luoghi in cui i problemi ci sono e dove c'è la
possibilità di risolverli. Crediamo che vada difesa l'autonomia dei circoli nel
determinare il calendario delle proprie attività, ma bisogna fare un pesante
investimento sul senso di appartenenza comune. Siamo prima di tutto
un'organizzazione politica nazionale e bisogna imparare che le priorità per i
singoli iscritti, per il gruppo dirigente e per le strutture territoriali sono quelle
dei livelli superiori e poi quelle del proprio “particolare”. Questo a maggior
ragione in una realtà come quella romana in cui si passa dal centro storico
all'estrema periferia. Dobbiamo trovare il punto di equilibrio tra le ineliminabili
differenze dovute al territorio e la necessità di essere prima di tutto Giovani
Democratici e poi Giovani Democratici del Lazio, di Roma e del proprio
quartiere di riferimento.
Il momento più importante per la nostra federazione è quello del
Coordinamento dei Circoli, luogo in cui vengono “chiamati a raccolta” i
coordinatori per “fare il punto” sulla situazione politica, ma è soprattutto il
luogo in cui le singole realtà possono confrontarsi e scambiarsi opinioni sul
loro modo di fare politica sul territorio e lanciare idee per iniziative e
campagne. Si tratta del nostro patrimonio più grande, sede di condivisione
“orizzontale” tra i nostri iscritti e vero e proprio motore dei GD di Roma. Come
già accennato, Roma è una città molto diversa nei suoi luoghi; ogni circolo
dei Giovani Democratici di Roma trova il proprio modo di fare politica sul suo
territorio di riferimento, qualcuno avrà sicuramente a che fare di più con le
scuole, altri, per esempio, si troveranno a fronteggiare i problemi della
precarietà del lavoro. La sede del coordinamento dei circoli è la più idonea
per scambiarsi opinioni e idee su quanto accade nella nostra città o per
pensare e produrre iniziative politiche. Per raggiungere l'obiettivo di cui si
parlava prima, è il coordinamento la sede naturale dove realizzare
l'armonizzazione tra la dimensione locale e quella globale. La Federazione di
concerto con i circoli dovrà lavorare per realizzare tutte le opportune forme di
coordinamento per le attività dei circoli territoriali di uno stesso municipio.
Bisogna cercare di convocare il coordinamento dei circoli con cadenza
almeno mensile, proprio per consentire lo scambio continuo tra i coordinatori
e la realtà federale: in generale, va impostato in questa sede unica il lavoro di
coordinamento e di costruzione delle campagne dei Giovani Democratici di
Roma.
L'orgoglio dei Giovani Democratici di Roma è senza dubbio l'aver contribuito
a creare nuclei di ragazzi attivi in territori dove non sono mai esistite le
organizzazioni giovanili che hanno contribuito alla nascita dei GD.
Oltre alle note positive, va detto anche che in certi casi è mancato, almeno
apparentemente, un senso di appartenenza comune, a volte perchè la
Federazione non è riuscita a far condividere eventi e momenti, a volte per
una effettiva scarsa mobilitazione dei circoli.
Dobbiamo intensificare l'azione della Federazione riguardo il coordinamento
delle nostre realtà. Dobbiamo mettere in piedi una vera e propria “politica dei
quadri”. Pensiamo che sia strettamente connessa la militanza (intesa come
l'insieme di operazioni anche manuali, come per esempio volantinaggi) e la
crescita politica dei ragazzi. Abbiamo intenzione di organizzare per il
prossimo anno politico uscite di volantinaggi e attacchinaggi comuni, così da
sviluppare lo spirito di gruppo della nostra organizzazione. Oltre a questo tipo
di attività, dobbiamo continuare ed intensificare il lavoro per gruppi tematici e i
momenti di formazione, come quello che si è svolto quest'anno
sull'opposizione a Roma, organizzato in collaborazione al Gruppo PD
Campidoglio. Questo tipo di attività renderà sicuramente più coesa la nostra
organizzazione giovanile e contribuirà anche ad affinare la conoscenza su
quanto vogliamo fare e sulle nostre tradizioni.
Per quello che concerne i gruppi di lavoro, bisogna perfezionare e stabilizzare
l‟attività cominciata quest‟anno, perché si tratta di sedi di discussione dove è
possibile ampliare notevolmente i campi d‟analisi sui vari temi. Pensiamo ai
gruppi di lavoro come alla sede dove affrontare, anche solamente in via
istruttoria, le grandi questioni che caratterizzano i temi del Paese, prendendo
in esame le correnti d‟opinione e cominciando proprio in quella sede un
lavoro d‟elaborazione di una piattaforma propria dell‟organizzazione. È da
evidenziare, inoltre, che proprio dal lavoro congiunto del coordinamento dei
circoli e del gruppo di lavoro sull‟organizzazione è scaturito uno dei primi
risultati pratici dell‟organizzazione giovanile di Roma, l‟approvazione dello
Statuto della Federazione, risultato di cui andiamo fieri e che pensiamo sia
anche uno dei migliori “manifesti” per l‟utilità di questi gruppi di lavoro.
Infine, è assolutamente necessario considerare anche le attività di carattere
non tradizionale, come l'organizzazione di eventi sportivi o feste, al fine di
poter parlare con il più alto numero di nostro coetanei.
Dobbiamo affrontare il tema del volontariato e dello sport come le nuove
frontiere della nostra organizzazione. Sul primo pensiamo che si tratti di un
modo per essere utili e vicini a quella parte di Città troppo spesso denigrata e
che non viene quasi mai presa in considerazione dall‟attuale governo. Si
possono mettere in campo numerose attività, dalla donazione del sangue al
volontariato presso apposite strutture (come le mense). Oltre a sentirci utili in
questa Città, è anche un modo per rendere “indimenticabile” l‟esperienza
dell‟organizzazione giovanile: pensiamo, però, che tutto questo avrà una sua
valenza se affrontato in una quadro di riservatezza, senza sbandierare ai
quattro venti quanto siano bravi e volenterosi i Giovani Democratici di Roma.
Per quanto riguarda lo sport, invece, dobbiamo occuparcene sia come
questione evidentemente collegata agli spazi dei giovani della Città, sia come
momento aggregativo interno ed esterno. Possiamo e dobbiamo intervenire
per spezzare il legame tra attività sportiva e forme di intolleranza vecchie e
nuove, come il razzismo.
Ai Giovani Democratici possono aderire ragazzi dai 14 ai 29 anni. Al termine
del primo anno di tesseramento della nostra organizzazione giovanile,
abbiamo potuto registrare che i nostri iscritti sono in stragrande maggioranza
studenti universitari; gli studenti medi e i giovani lavoratori sono ancora
numericamente inferiori rispetto ai primi: dobbiamo lavorare affinchè la loro
presenza diventi più evidente, utilizzando in primo luogo lo strumento dei
circoli, ma, e non è di minore importanza, anche la “Federazione degli
Studenti”, l'associazione studentesca più vicina ai Giovani Democratici.
Un altro non secondario obiettivo che dobbiamo porci è quello di affiancarci
sempre di più ai giovani lavoratori, alle loro esigenze e ai loro bisogni, anche
riformando le nostre strutture. Troppo spesso ci troviamo a parlare delle
tematiche riguardanti il lavoro, il precariato e i giovani professionisti: è arrivato
il momento di concentrarsi seriamente su di esse e di elaborare proposte
serie.
COMUNICARE DEMOCRATICO
La comunicazione politica ha assunto un ruolo fondamentale ad ogni livello,
da quello nazionale fino alle più piccole amministrazioni locali. I politici, i
partiti, le organizzazioni giovanili, le associazioni scolastiche e universitarie, i
sindacati: ciascuno di questi esige una propria identità differenziandosi nei
mezzi e nelle forme comunicative. Un‟esigenza che è importante per
un‟organizzazione come la nostra che tratta tematiche territoriali e nazionali
rivolte in particolare alle nuove generazioni.
La semplice comunicazione cartacea (manifesti, volantini) non basta più. Ora
per veicolare il proprio pensiero è necessario interagire con l‟utente finale. E‟
questo il motivo che ha permesso nella comunicazione politica lo spopolare
dei social network, dei blog, dei forum, delle videolettere e delle campagne di
sensibilizzazione di un tema specifico nei siti di condivisione di materiale
audiovisivo. E' necessario entrare in contatto con l‟elettore o con il militante
attraverso un “click”, aggiornare continuamente le proprie posizioni su
tematiche specifiche e discuterne in tempo reale.
L‟evoluzione dei sistemi mediatici si è ormai declinata dalla dimensione di
mass media a quella di personal media. Le applicazioni tecnologiche sono
ormai orientate al soddisfacimento di una nuova frontiera della
comunicazione: garantire le potenzialità d‟accesso a tutti i contenuti della
conoscenza e dell‟informazione e insieme permettere un godimento in forma
autonoma sul piano spaziale e temporale.
Il rischio è che si fondi un nuovo modello di comunicazione accessibile a
pochi, elitaria. Il nostro compito è quello di evitare una nuova discriminazione,
spetta a noi quindi interagire con la nuova generazione, continuamente
sottoposta ad un flusso di informazioni e messaggi senza precedenti, è
compito nostro e della politica selezionarle ed adoperarle nel migliore dei
modi.
La comunicazione multimediale e quella cartacea, dunque, non si escludono
a vicenda e insieme non devono essere sostitutive della comunicazione
verbale. Quest'ultima rimane la forma più completa e immediata di
divulgazione e di confronto. Il cartaceo ha, infatti, il limite del pubblico e
dell‟accessibilità. Il web ha il limite della necessaria sinteticità. La parola ha il
limite dello spazio e del tempo.
Comunicare correttamente in quattro fasi: una prima fase di elaborazione
dove si trovano i contenuti (impossibile con le altre due forme); una seconda
di divulgazione attraverso la carta e il web; una terza d‟interazione dove
chiunque possa dire la propria e, infine, una quarta, quella verbale. Solo
rispettando queste quattro fasi si potrà avere una comunicazione completa e
partecipata, dove tutti contano e dove chiunque può integrare i contenuti su
tematiche realmente condivisibili. La comunicazione politica come forma di
democrazia, come libero accesso alle notizie, in un‟epoca buia per
l‟informazione nel nostro Paese e nel mondo, dove il diritto all‟informazione è
nelle mani di chi, nella maggior parte dei casi, gestisce settori cruciali per il
sistema di un paese: sanità, banche, amministrazione, i grandi poli industriali
ed energetici.
Come Giovani Democratici di Roma abbiamo deciso di dire la nostra con un
magazine online, “Lettera21”, (www.lettera21.com): il nome fa riferimento
all‟articolo della Costituzione troppo spesso messo a repentaglio dal Governo
Berlusconi. “Lettera 21” vuole essere uno spazio nella rete che raccoglie
impressioni, cronache, materiale audiovisivo, aggiornamenti quotidiani su
quello che succede in Italia e nel mondo. Un modo di trattare attraverso la
scrittura e la telecamera le diverse tematiche che ci riguardano più da vicino:
la scuola, l‟università, il mondo del lavoro, l‟informazione, l‟immigrazione e i
processi di integrazione, la periferia e la macelleria sociale a cui vengono
sottoposti milioni di cittadini. Nelle righe dei nostri articoli pubblicati su
“Lettera21” vogliamo parlare di Roma così com'è, dei suoi problemi, dei suoi
lati oscuri, ma, soprattutto, di Roma come la vorremmo in futuro. Possiamo
sfruttare la nostra presenza capillare in tutta la città: abbiamo tra le mani
potenzialmente un bacino infinito di “giornalisti”. Dobbiamo puntare poi ad
un‟efficace distribuzione sulla rete, che non tocchi solamente le realtà già
conosciute, ma che contribuisca a diventare fonte di dibattito sul web per i
nostri coetanei: è un lavoro che richiederà tempo e costanza, ma che ha un
potenziale enorme.
Comunicazione politica, come sintesi dei vecchi ma sempre validi metodi di
distribuzione cartacea del materiale di propaganda sia con una campagna di
affissione, consapevoli chiaramente delle regole del decoro urbano della
Città. Ci proponiamo, quindi, per il prossimo autunno d‟essere presenti sui
muri di Roma con i nostri manifesti: dobbiamo contribuire a dare la “sveglia” a
questa città.
FORMAZIONE
“OPPOSIZIONE UN‟ESIGENZA IN COMUNE”
E‟ maturata quest‟anno la prima esperienza di corso di formazione
organizzata dalla federazione dei GD Roma, il corso, dal titolo “Opposizione
un‟esigenza in comune” si è svolto in collaborazione col gruppo consiliare del
partito democratico di Roma , ed aveva ad oggetto lo stato della città di Roma
dopo un anno di governo Alemanno.
Gli obiettivi che ci eravamo proposti erano molteplici:
- costruire un rapporto più stretto e una collaborazione continuativa tra la
federazione dei gd Roma e il gruppo consiliare, nella convinzione che ove
non ci sia una permeabilità tra il lavoro quotidiano dei rappresentanti
territoriali e gli eletti del PD , rischino di essere depotenziate le azioni di
entrambi;
-fare un‟analisi sulla sconfitta elettorale a Roma, anche mediante un‟analisi
della politica messa in campo da Alemanno e le nostre contro-proposte;
- costruire in questi anni un‟alternativa seria e concreta all‟amministrazione
attuale, implementando a tal fine le nostre conoscenze sul funzionamento
della macchina comunale;
-dare delle linee guida sul funzionamento dell‟amministrazione, nella
convinzione che l‟organizzazione giovanile debba essere anche un luogo di
formazione dai futuri amministratori di questa città dando loro gli strumenti
necessari per affrontare questa esperienza.
Il corso si è svolto in 5 incontri, nei primi due incontri abbiamo cercato di dare
una panoramica generale sul funzionamento del Comune e del gruppo,
approfondendo la questione della “Riforma per Roma capitale”,mentre nei tre
incontri successivi abbiamo approfondito dei temi che, a nostro parere,
evidenziano i nodi critici dell‟attuale amministrazione e possono essere i punti
caratterizzanti per una proposta di governo di centro sinistra, la cultura e le
politiche sociali, i cui fondi sono stati quasi azzerati dall‟attuale
amministrazione, e la mobilità e l‟ambiente visti come binomio per lo sviluppo
futuro della città di Roma.
Questa esperienza non è e non vuole essere un caso isolato ma ,al
contrario,vuole costituire un modus operandi dell‟organizzazione giovanile,
nella convinzione che l‟informazione deve essere sempre il punto di partenza
di ogni processo politico.
Nello specifico dagli incontri con il gruppo consiliare comunale emerge che vi
è la necessità di costruire,o meglio ricostruire,un progetto del centro-sinistra
per la città di Roma e che questo arduo compito non può essere lasciato agli
eletti quasi fossero un corpo estraneo al partito, ma deve essere oggetto di
un‟elaborazione del Partito Democratico intero e i Giovani Democratici di
Roma non possono e non vogliono esimersi dal dire la loro. Per far ciò noi
abbiamo pensato che la costruzione di questo corso di formazione potesse
essere la base di costruzione di un processo partecipato, quantomeno ha
consentito di far emergere il tema, consci del fatto che questo è stato un
punto di partenza e non certo di arrivo.
FESTA DEMOCRATICA – FESTA DELL'UNITA'
Un momento di grande importanza è quello della Festa Democratica – Festa
dell'Unità di Roma. Da qualche tempo la location che il Partito sceglie è
Caracalla, al centro di Roma. Per un mese intero il nostro Partito “esce dalle
sue stanze”, organizzando una festa che vede protagonisti volontari iscritti e
dirigenti per un unico obiettivo: creare un momento di cultura e iniziativa
politica che a Roma tende sempre più a mancare. I tagli alla cultura, alle
politiche sociali e giovanili attuate dalla Giunta Alemanno hanno avuto come
conseguenza la parziale eliminazione della cosiddetta “Estate Romana”. La
Festa dell'Unità di Roma s‟inserisce in questa circostanza, cercando di
rendere meno spoglia d‟eventi la nostra città. Ogni sera vengono organizzati
dibattiti e incontri per affrontare i temi dell'agenda politica del nostro Paese e
di Roma, cercando anche di fare proposte concrete e lanciare ai cittadini un
messaggio: un'altra Roma e un‟altra Italia sono possibili.
E' il momento che più di tutti gli altri vede il nostro Partito “fondersi” con i
cittadini, in cui per un mese intero abbiamo una visibilità che non ci permette
di avere nessuna iniziativa politica e nessuna manifestazione. È il momento
che vede lavorare in maniera assolutamente volontaria tutti gli iscritti del
nostro partito al fianco dei suoi dirigenti. Ma è anche e soprattutto un
momento di festa che viene a conclusione di un anno d‟attività politica della
Federazione romana del Partito e che viene vissuto dai nostri militanti con
trepidante attesa.
In questo contenso s‟inseriscono anche i Giovani Democratici di Roma che
gestiscono con grande fatica e forza di volontà lo spazio più grande di tutta la
festa. Ogni anno molti di noi si riscoprono elettricisti, idraulici, carpentieri,
cuochi, barman e molto altro per renderlo un punto di ritrovo per i giovani
della nostra città. L'esperienza del 2009 a Caracalla è stata sicuramente
positiva per quanto riguarda l'aspetto dell'organizzazione e dell'utilizzazione
dello stand, che è stato protagonista di ottime serate, anche senza un serio
investimento in fatto di programma musicale. Sicuramente bisogna
potenziare il programma politico della festa e sfruttarla anche ai fini di
contattare il maggior numero possibile di giovani.
L'idea che abbiamo avuto per la “III Festa Democratica – Festa dell'Unità
2010” è stata apprezzata dai visitatori e dai militanti. Abbiamo ideato e
posizionato sulla nostra area dei manichini, ognuno dei quali ha un cartello
che testimonia il “nostro percorso di idee” e che ogni sera suscita curiosità tra
gli avventori della festa. Proprio perchè crediamo, come già ribadito, che la
nostra deve essere una politica eterogenea, abbiamo pensato a questo
escamotage per rappresentare i luoghi e i temi che crediamo debbano
caratterizzarci di più. Pensiamo, inoltre, che questa festa sia l'occasione per
ideare iniziative e tirare le fila dell'attività di un intero anno: proprio per questo
motivo abbiamo scelto di fare qui la nostra prima Conferenza Programmatica,
riflettendo in questa sede su quanto attuato fino ad adesso e rilanciare poi la
nostra proposta politica per il nuovo anno.
Pensiamo, inoltre, che sia fondamentale organizzare la Festa dell'Unità dei
Giovani Democratici di Roma, una festa solo dell'organizzazione giovanile.
Uno dei nostri propositi sarebbe quello di organizzare un simile
appuntamento nei luoghi dove siamo sempre meno presenti, un presidio nelle
periferie per esempio. In questo modo potremmo dare un grande segnale di
coraggio e di visibilità. Certo, abbiamo i circoli dei giovani democratici, ma
avere un tale momento di festa, con una programmazione culturale, politica e
musicale tutta nostra, è sicuramente un grande obiettivo e un traguardo che
speriamo possa essere realizzato il prima possibile.
“Roma 2010 – 2013”
Il 28 aprile 2008 con il secondo turno delle elezioni amministrative si è chiuso
un ciclo di governo di centro sinistra lungo e proficuo come pochi nella storia
di Roma, fatto da quattro vittorie consecutive alle Elezioni Comunali, due
vittorie alle Provinciali e due vittorie alle Regionali.
Il ciclo di governo apertosi nel 1993 ha visto questa Città cambiare
profondamente ed in meglio. Più decoro, uno sviluppo più intenso e “giusto” e
sostanzialmente un forte processo di modernizzazione della Città hanno
caratterizzato l‟azione delle Giunte di centrosinistra. Poi è successo qualcosa.
Il centrosinistra ha finito la sua spinta propulsiva, ma non ha ritenuto utile
provvedere a rinnovarla. Ci siamo chiusi in una deriva personalistica che, a
cominciare dalla scelta di candidare come premier del 2001 Francesco Rutelli
(sulla base non di un ragionamento politico nazionale, ma di un complicato
sistema di valutazioni d‟opinione), ha aperto la strada a concetti come quelli
del “Sindaco d‟Italia”. Abbiamo sostituito i “singoli” alla “politica” e questo ha
prodotto il culmine e la rapidissima fine di quel ciclo di governo, che nel giro
di 24 mesi ha prodotto una vittoria al 60% dei voti e una clamorosa sconfitta.
Il problema nasce dopo. I cicli politici nascono, crescono e finiscono, specie
in agglomerati socialmente così differenziati come quello di Roma. Con la
nascita del PD, le premesse per ridisegnare un progetto e per ricomporre
un‟alternativa sfruttando l‟elemento innovativo del nuovo Partito si sono
trasformati nel loro esatto contrario. Un meccanismo (inconscio?) di
rimozione della sconfitta ha impedito di fare qualsiasi tipo d‟analisi del dato
elettivo del 2008. E‟ una sorta di “maledizione” che viviamo ancora oggi,
come si vede nelle riunioni degli organismi dirigenti del Partito, dove appena
si sfiora il tema delle giunte di centro sinistra a Roma ci si divide
immediatamente su due fronti contrapposti, come a segnalare un nervo in
effetti ancora scoperto. Il tutto acuito dalla presenza al vertice nazionale di
una fortissima componente romana, tanto nei vertici del Partito di allora
(Segretario e Coordinatore del Partito) tanto nei gruppi parlamentari (ancora
oggi in carica) che hanno visto traslare un fortissimo blocco di assessori e
protagonisti del cosiddetto “modello Roma”.
Questo è il primo punto da cui partire, l‟analisi della(e) sconfitta(e).
Invece di un‟analisi compiuta, si è preferito ripiegare su analisi moralistiche o
superficiali: le prime si affidano tramite i mezzi di comunicazione a
stigmatizzare il “sistema Alemanno”; le seconde battono sul malgoverno della
destra e sono accompagnate dal nostalgico ricordo dei nostri anni di governo.
Si tratta di due errori. Il primo tipo d‟analisi è la classica affermazione del
complesso di inferiorità, il secondo è un pericolosissimo abbaglio. L‟idea che
il centro sinistra possa tornare alla guida della Capitale solo perché
Alemanno ha molte buche sulla sua strada come Sindaco o per i danni che
ha prodotto e sta producendo, ci porterà fatalmente a perdere. La destra
romana è una forza politica capace di produrre egemonia in un blocco sociale
preciso e nostro compito dovrà essere quello di contrapporre a questo una
forma politica alternativa. Tra il nulla (del centrosinistra attuale) e il
malgoverno della destra (dato questo evidente a tutti) non è affatto detto che
il cittadino scelga il nulla.
Siamo in un Paese con un tasso di riconferme nelle elezioni amministrative
comunali molto alto. A questo, talvolta si unisce la tradizionale “voglia di farsi
del male da sé” del PD, che, quando non ha altro di cui discutere, ripiega
sulla tendenza alla “scarsa opposizione” in Aula.
La vittoria del centrodestra alle ultime Elezioni Regionali, nonostante
l‟assenza della lista del PDL nel più importante collegio, avrebbe dovuto
suonare come un ennesimo campanello d‟allarme. Pur non essendo il
momento, né la sede per discutere delle scelte sbagliate delle Regionali che
si sono conseguite sia nel livello nazionale sia nel livello locale, è
interessante notare che anche in quella competizione il PD, rifiutando l‟idea
dell‟eredità politica della Giunta Marazzo, si è scavato la fossa da solo. Anche
in questo caso, si è pensato di poter ridurre l‟impatto del confronto sulle
persone e non sui programmi (cioè sulla costruzione di un blocco sociale
verso cui orientare l‟azione di Governo) .
Il pericoloso corollario al ragionamento precedente è che l‟attenzione del
centro sinistra si concentri nei fatti già solamente sulla questione della
candidatura a Sindaco di Roma. E‟ così tanto nel dibattito pubblico quanto in
quello del Partito, dove i Congressi sono nella sostanza il modo per sistemare
le “pedine” in vista del 2013 tanto per i “politici” tanto per gli amministratori. E‟
possibile che il tema di chi sarà il futuro Segretario di Roma (la più grande ed
importante federazione del PD) debba per forza risolversi in maniera
subordinata al tema della candidatura a Sindaco del 2013? Il ruolo del
Segretario della Federazione di Roma (e, in realtà, di tutto il gruppo dirigente)
è quello di Comitato elettorale del futuro candidato Sindaco, magari su un
accordo di divisione delle future cariche assessorili?
Non neghiamo certo la necessità della programmazione, e neanche
l‟importanza dei singoli: quello che sfugge è la base di questa
programmazione. Va cancellato uno dei tratti più nefasti del finale della
gestione Veltroni, e cioè la subordinazione del Partito all‟amministrazione,
subordinazione non solo in termini di difesa dell‟operato della Giunta (cosa
finanche scontata e ovvia), ma subordinazione di ordine più profondo.
Bisogna mettersi in testa che noi non siamo e non saremo mai il centro
destra, non esistiamo senza struttura, partito, apparati, iscritti e tessere, non
abbiamo risorse o canali televisivi che possono sostituire i circoli; noi non
possiamo farci portatori di una teoria che punti ad azzerare i corpi intermedi
(siano essi partiti, associazioni, sindacati), sostituendoli con un leader. Tutto
ciò funziona nel centro destra per la sua peculiare storia, non da noi. Il punto
è che con le Elezioni Regionali si è andati esattamente in questa direzione,
come dimostra il dato della raccolta economica fatta dal partito nel 2005 e
quella del 2010. Sul piano politico tutto questo si accompagna a polemiche
sovente spiacevoli ed a volte incredibilmente masochiste.
Questo è il lavoro preliminare, quello che a nostro giudizio spetta al
Congresso fare nel prossimo autunno e che in questo periodo si è
ricominciato ad avviare: dall‟assise autunnale ci aspettiamo una spinta
definitiva in tale direzione. Al fianco di questa azione sul Partito, bisogna poi
rilanciare un messaggio e questa forse è l‟opera più importante: il nuovo
gruppo dirigente di Roma dovrà cercare di compiere uno sforzo sulla strada
della costruzione di un forte programma riformista per Roma, cosa
nient‟affatto semplice.
La distribuzione degli interessi a Roma in questo momento vede i grandi corpi
costituiti schierati sul progetto di Alemanno, progetto chiaramente
conservatore e corporativo che prevede la smobilitazione dei “pezzi” di Roma
e l‟affidamento al governo di queste corporazioni: si prenda ad esempio per
tutte la vicenda di Acea. Si può dire di più, contrariamente a certa stampa
fintamente progressista, si può affermare che uno dei motivi della fine del
ciclo di governo del centrosinistra a Roma è dovuto proprio alla volontà del
gruppo dirigente del Comune di allora di non sottomettersi definitivamente a
questi interessi (e non come si dice in giro per una sottomissione eccessiva,
vedi il caso PRG). Questi interessi sono stati una parte importante nello
spostamento del voto del 2008 per la tradizionale commistione tutta italiana
tra interessi economici e mediatici, che non riguarda solo il Presidente del
Consiglio. Ha influito, inoltre, anche la fine del ciclo economico espansivo
soprattutto per i servizi ed il terzo settore che aveva sorretto le politiche
progressiste di Roma di quegli anni. A questa nuova dislocazione noi
dobbiamo dare una risposta articolata in due fasi:
Fase 1 - Gli elementi regressivi nella giunta Alemanno sono del tutto visibili.
Roma sta peggio sotto tutti i punti di vista, a cominciare dalla tanto
sbandierata questione “sicurezza”. Inoltre, il Governo nazionale tratta Roma
ed il Lazio in maniera deliberatamente punitiva. I Giovani Democratici
assieme al PD devono stare in questi scenari di crisi. Parole come partito
pesante, radicamento, territorio, gruppi dirigenti non televisivi hanno senso se
si accompagnano alla presenza negli scenari di crisi, come è successo con i
ragazzi che hanno aiutato Eutelia in Tiburtina o quelli che in XVIII Municipio
hanno aiutato gli occupanti dell‟ISPRA. Dobbiamo essere presenti e diventare
centro d‟aggregazione dove si cominciano a risolvere i problemi. Ovviamente
per noi GD tutto questo va declinato rispetto al mondo giovanile. Non è solo
necessario, ma è la base per articolare una qualsiasi risposta. Dobbiamo
tornare a rappresentare qualcosa prima di poter redigere un programma e,
suggeriamo, che il primo passo da cui partire siano le periferie in termini
geografici ed i lavoratori in termini sociali. Da quest‟incrocio nasce il
potenziale del nuovo centrosinistra e il nuovo insediamento anche per i GD.
Fase 2 - Contribuire ad articolare un nuovo progetto per Roma. Il prossimo
autunno dovrà essere il prologo di un‟azione di costruzione di priorità. Come
Giovani Democratici dobbiamo essere prima di tutto noi a sostenere la
bandiera di una nuova ondata di politiche riformiste e modernizzatrici di
Roma. Anche nei (rari) tentativi di ricominciare a proporre qualcosa, il tratto
distintivo rimane una sorta di tensione al passato e che, riproponendo una
specie di appeasement con gli interessi costituiti di questa città, si possa
tornare quietamente al Campidoglio. Tutto ciò è errato: noi torneremo al
Campidoglio solo proponendo una formula nuova per una Città che non è più
quella del 1993. Modernizzazione e riforma sono le due linee guida da tenere
presente. In questa prospettiva va letto e giudicato il nostro corso di
formazione, realizzato in collaborazione con il gruppo consiliare del PD di
Roma. Abbiamo cercato di dare gli strumenti utili per leggere la situazione nel
corso di un anno politico complesso ma anche ricco d‟opportunità. Ora è
necessario fare un nuovo passo in avanti.
Per come vediamo la Città ci pare necessario fissare alcune questioni:
- Politiche Giovanili e Sociali, non nel senso stretto dell‟assessorato o
come politiche di settore. Ci pare necessario rilanciare il tema di un governo
cittadino che badi soprattutto ad integrare le nuove “famiglie” o i nuovi
lavoratori (leggasi anche studenti) anche immigrati con un congruo e corretto
sistema di incentivi e di supporti. Pensiamo alle politiche giovanili come l‟asse
di un nuovo e lungo ciclo di governo di Roma, intrecciate fortemente con il
tema delle politiche sociali e della famiglia al di fuori delle dispute teologiche.
Casa, con il fondamentale tema della copertura dei vani inoccupati che
rappresentano uno scandalo vero in questa Città, trasporti e sistema
scolastico (asili in particolare) sono solo tre suggestioni, ma sono le
tematiche con cui parlare alle nuove generazioni. Sui primi due temi, poi, ci
sembra superfluo ricordare il connesso tema del Welfare studentesco e della
valorizzazione di uno straordinario capitale umano che ogni affluisce a Roma
per frequentare le nostre importanti università. Roma che parla ai giovani ci
pare che possa essere il vero nucleo di questa ripartenza.
- Politiche Culturali: in questo contesto il settore della cultura e del turismo
sono da sempre centrali nella vita di questa città. Ci pare questo il vero
nucleo su cui ripartire per la crescita economica di Roma, per la sua coesione
sociale e territoriale con specifico riferimento alle periferie vecchie e nuove,
per gli impatti anche in termini di industria e tecnologia che ne possono
derivare. L‟industria culturale di Roma, deve essere il punto di partenza
della futura amministrazione. Forte dell‟esperienza fino ad ora acquisita,
Roma deve procedere ad una messa appunto del sistema cultura
valorizzando i punti di forza e ottimizzando i punti di debolezza, ravvisabile
soprattutto in una visione quasi elitaria del prodotto culturale. Nelle Metropoli
contemporanee non può esistere un modello unico di espressione culturale.
La contaminazione culturale frutto della globalizzazione e dei flussi migratori
è un valore aggiunto e va sostenuta nei processi di produzione e di
innovazione, portandola nelle programmazioni urbanistiche attraverso forme
metodologiche di ricerca (ad es. indagine antropologiche). Con il patrimonio
di questa città (non solo quello artistico - storico, ma anche quello moderno
come per esempio quello derivante dalla presenza di tre grandissimi atenei
pubblici) si può ricostruire una fase espansiva della vita economica e sociale
di questa Città.
IL SISTEMA UNIVERSITARIO ITALIANO:
UNA SFIDA CHE ABBIAMO RACCOLTO.
Il nostro Paese per molti anni, già a partire dalla fine del XIX secolo, ha
rappresentato una vasta risorsa per le economie più progredite del mondo.
La forza – lavoro impiegabile nelle industrie più avanzate ha provocato una
forte emigrazione, motivata dallo stato di arretratezza economica, socio –
culturale e istituzionale in qui ha versato a lungo l‟Italia post - unitaria.
Oggi, dopo l‟industrialismo, la crescita degli anni ‟50 e ‟60 del „900 e
l‟urbanesimo, il nostro Stato non è in grado di competere in modo efficace
con le più avanzate economie mondiali sulla ricerca scientifica, sullo sviluppo
di tecnologie avanzate, sulla produzione di beni sofisticati, e ciò comporta
nuovi movimenti migratori all‟estero di ricercatori, di studenti, di giovani
professionisti; ovvero, un progressivo impoverimento del nostro tessuto
culturale, del nostro bagaglio scientifico, delle nostre possibilità di crescita
tecnologica. In sostanza, se per anni l‟Italia ha mostrato incapacità a costruire
e valorizzare un sistema occupazionale ed economico che offrisse risposte
ad un‟ampia, quanto generalizzata, domanda di lavoro poco o affatto
qualificato, e ciò ha contribuito anche ad acuire gli squilibri fra le regioni del
Nord e quelle del Sud, oggi il Paese non riesce a trattenere le proprie migliori
energie per finalizzarne gli studi e le conoscenze verso un avanzamento
sociale, economico ed ovviamente culturale.
In questo quadro, risultano assai evidenti i limiti del sistema
universitario italiano.
Da una parte, le carenti risorse economiche da utilizzare per offrire alla
popolazione studentesca e docente strutture adeguate, laboratori efficienti,
biblioteche ben fornite, mezzi informatici d‟avanguardia; d‟altro canto, la
cattiva gestione del patrimonio economico ed umano, la crescita dei potentati
e delle baronie, la mancanza di valutazioni, e conseguenti scelte, in base a
criteri rigorosi.
Il Governo Prodi II, ed il suo Ministro dell‟Università Mussi, non sono
stati incisivi né tempestivi nell‟arginare un processo culturale “deviante”
promosso dalla destra politica negli ultimi quindici anni: ovvero, l‟idea che la
pubblica amministrazione non sia in grado di offrire servizi di qualità ed
adeguati alle necessità contemporanee e, pertanto, sia più consono
destrutturare gli enti erogatori statali e affidarsi a strutture private.
Anche l‟università pubblica, prima con l‟ex Ministro Moratti poi con il
Ministro Gelmini, ha visto messa in discussione il suo ruolo centrale per la
crescita ed il progresso del Paese, aggravando la condizione degli atenei,
mediante l‟aumento dei fondi per il finanziamento delle università private e la
contestuale decrescita del FFO per gli atenei pubblici; la nascita di numerose
università telematiche (spesso di scarsa qualità accademica); la
proliferazione di nuovi atenei e la frammentazione degli istituti in numerose
sedi distaccate; il raddoppio dei corsi di studio e la moltiplicazione dei moduli
(o esami) che gli studenti devono sostenere; i privilegi della classe docente e
il suo mancato rinnovamento generazionale; lo scarso impiego di dottorandi e
ricercatori e la misera attenzione a loro rivolta; la riduzione sistematica del
fondo pubblico per la ricerca e l‟incapacità di attrarre risorse private;
addirittura, l‟eventualità di ridisegnare lo stato giuridico degli atenei pubblici
facendoli confluire in fondazioni di diritto privato, senza un chiaro quadro
normativo entro cui operare.
L‟attuale ministro dell‟istruzione, università e ricerca, ha formulato la sua
idea di università, proponendo come “innovazione” l‟ennesimo taglio, oltre ad
una nuova programmazione che può essere ritenuta, a ragion veduta,
sconsiderata e decontestualizzata.
In merito alla riprogrammazione del sistema universitario e della ricerca e
la loro relazione con il Sistema – Italia, dobbiamo partire da una
considerazione: la nostra didattica, le nostre strutture, il nostro personale, i
nostri servizi agli studenti, i nostri collegamenti internazionali, sono su
standard complessivamente inferiori a quelli dei maggiori Paesi occidentali e,
al contempo, mostrano evidenti differenze a seconda che si tratti di atenei del
Nord o del Sud Italia. Inoltre, risulta faticoso l‟accesso dei giovani
professionisti al mercato del lavoro, a causa di meccanismi d‟ingresso
esclusivi (si veda in merito, per esempio, la proposta di riforma dell‟ordine
forense in discussione alle Camere) e delle scarse relazioni fra università e
settori di specializzazione.
Occorre, quindi, riformulare tutto.
Dobbiamo invertire la tendenza al taglio dei fondi per il funzionamento
degli atenei, pur potenziando la relazione fra enti pubblici e soggetti privati e,
soprattutto, mettendo in risalto le vocazioni peculiari delle realtà locali.
Rifinanziando il sistema, inoltre, si contribuisce a riallinearlo con l‟Europa,
soprattutto in un contesto come il nostro dove il settore privato interviene in
modo marginale sull‟investimento complessivo in ricerca.
- Occorre perseguire le fusioni tra atenei, ma non su presupposti
esclusivi di convenienza economica, quanto su basi scientifiche e
culturali e di valorizzazione di macro aree geografiche e distretti
produttivi del Paese.
Oggi, i comuni italiani con almeno una sede universitaria sono 273: il
20% ospita meno di 100 studenti e il 39% meno di 200. Addirittura in 5
sedi, situate in piccolissimi comuni, risulta con un solo iscritto: quindi, la
proliferazione incontrollata delle sedi universitarie ha solo prodotto
l‟aumento dei costi.
I dati, pertanto, ci dicono che possiamo ben razionalizzare la
disposizione geografica dei nostri atenei e delle loro sedi distaccate, e
che la qualità passa attraverso l‟aumento delle risorse a disposizione;
alla formazione di relazioni internazionali; all‟ammodernamento di aule,
laboratori e biblioteche; all‟affermazione di strumenti per il diritto allo
studio. Con un‟adeguata politica d‟intervento, inoltre, è possibile anche
agire sul fenomeno dei fuorisede, principalmente provenienti dalle
regioni meridionali: non necessitiamo di Atenei sparsi ovunque, ma
abbiamo bisogno di reale qualità nell‟offerta didattica e nei servizi agli
studenti, nonché di integrazione degli Atenei con le realtà produttive e
culturali territoriali.
- Dobbiamo razionalizzare i settori disciplinari, e solo successivamente le
spese che comportano. In questi anni l‟aumento incontrollato dei corsi
di studio e delle discipline didattiche hanno raramente comportato una
migliore offerta formativa per lo studente, ma più sovente hanno sortito
l‟effetto di favorire la spesa pubblica e l‟attribuzione di cattedre a
professori. Lo stesso percorso “3+2”, introdotto nel 1999, non ha avuto
gli effetti sperati di abbattimento dei tempi di conclusione degli studi:
negli ultimi 24 mesi, dal 2007/2008 al 2009/2010, negli atenei pubblici il
numero di studenti regolari rispetto al totale degli iscritti ripetenti (cioè,
coloro che preferiscono riscriversi allo stesso anno) e i fuori corso sono
il 48,4%, ed hanno, in pratica, raggiunto quelli in regola con materie e
crediti.
La dispersione nei primi 2 anni accademici raggiunge valori
preoccupanti tanto che oggi il 35% degli studenti preferisce ripetere
l'iscrizione al primo anno di corso, con un peggioramento secco in due
anni del 5%. E riteniamo si debba modificare, anche, il sistema dei
crediti consentendo agli Atenei, nella loro autonomia, di introdurre corsi
di studio differenziati, ma inseriti all‟interno di un percorso curriculare
riconosciuto su tutto il territorio nazionale.
- Assecondando i modelli anglosassoni, non crediamo che il tempo
determinato sia l‟unica modalità per assumere il personale di ricerca,
ma crediamo si debba riconoscere i ricercatori come terza fascia
docente. Inoltre, dobbiamo elaborare seri, stringenti ed oggettivi criteri
per la verifica del loro operato e per il riconoscimento delle loro
pubblicazioni.
- Bisogna tutelare l‟autonomia concessa agli Atenei imponendo, però,
un‟equivalente aumento della loro responsabilità, costruendo un
“sistema competitivo” di allocazione dei fondi pubblici basato su criteri
oggettivi con cui valutare la ricerca e la didattica, incentivando i
differenti atenei ad adottare un modello virtuoso di gestione delle
risorse a loro disposizione, in particolare quando parliamo di
reclutamento di ricercatori e professori.
- E‟ facendo funzionare gli organi preposti alla valutazione della ricerca
(CIVR) e della didattica (CNVSU) che auspichiamo venga ripartito non
più secondo il criterio della “spesa storica” il Fondo di Finanziamento
Ordinario dell‟Università.
- Si devono semplificare le procedure, i regolamenti, le prassi e
modificare il nostro approccio verso le istituzioni. Soprattutto nelle
esperienze di governo del centro-sinistra, si è tentato tramite una
crescente burocratizzazione del sistema di imporre comportamenti
virtuosi (esempi sono: la ricerca del “concorso perfetto” nelle assunzioni
o la serie infinita di parametri imposti dall‟alto dal Ministero e, ancora, la
doppia idoneità nei concorsi per professori che ha finito per
incrementare le probabilità di promuovere i candidati interni delle
Università, indipendentemente dal merito).
- Chiediamo un‟architettura istituzionale degli Atenei che consenta la
facile individuazione dei centri di responsabilità: un sistema trasparente
basato su criteri oggettivi di valutazione offre la possibilità di
responsabilizzare l‟apparato e di giudicarne in modo immediato le
scelte.
Diventa, perciò, dirimente porre un limite massimo per il mandato dei
rettori, e la formulazione di una netta distinzione di funzioni tra Senato
accademico e CdA: il primo avanzi proposte di carattere scientifico, il
secondo si attribuisca la responsabilità degli investimenti, delle
assunzioni e delle spese di gestione, anche delle sedi distaccate.
Si combatta, inoltre, la vocazione aziendalistica dell‟Università pubblica
che depotenzia ogni strumento di controllo esercitabile da studenti,
docenti, ricercatori e cittadini. Siamo contro lo svilimento del ruolo
riservato al Senato accademico con l‟accorpamento, di fatto, delle
funzioni ai CdA che, fra l‟altro possono essere al 40% composti da
membri esterni in base agli ultimi interventi legislativi: di fatto, così, si
affidano agli esterni sia le risorse economiche e immobiliari degli atenei
sia quelle umane legate alla didattica.
- Chiediamo un rafforzamento della rappresentanza studentesca, a fronte
della riduzione degli organi di governo.
- Sollecitiamo la formazione di nuclei di valutazione d'ateneo composti a
maggioranza assoluta esterna, per consentire una verifica imparziale
prodotta da figure titolate non provenienti dagli stessi atenei che devono
giudicare.
In definitiva, il nostro impegno deve essere indirizzato su molteplici fronti:
la semplificazione dell‟impianto normativo, delle regole e delle consuetudini
che ordinano il sistema universitario; la ricerca di proposte innovative, ed
alternative a quelle della destra al governo, che rendano più efficienti e diffusi
i servizi agli studenti, che migliorino e razionalizzino l‟offerta didattica e
formativa, che amplino il diritto allo studio per le categorie sociali più deboli,
che agiscano sulla trasparenza dell‟impiego di denaro pubblico, che riordinino
le spese e riducano le sedi decentrate e distaccate, che costruiscano una
“rete” di università pubbliche efficienti e di qualità sull‟intero territorio
nazionale, che introducano criteri meritocratici per il personale docente e
tecnico – amministrativo e per l‟accesso di nuove figure professionali, che
concorrano a migliorare gli standard per la ricerca.
Pensare una nuova università pubblica, ed il suo rapporto con quella
privata e la società tutta, può voler dire non solo ampliare il consenso e
avvicinare studenti e personale, ma affrontare una notevole quantità di temi
politici collegati alle problematiche delle giovani generazioni: dalle questioni
riguardanti la mobilità pubblica a quelle di carattere sanitario, dall‟offerta
culturale della città al mercato degli affitti ed immobiliare, dalla scarsa mobilità
sociale agli ausili ai più deboli, dalle esperienze all‟estero alla costruzione di
una politica comune europea, dall‟impiego di risorse economiche pubbliche
per la ricerca al contributo privato, dall‟introduzione di giovani docenti e
ricercatori al rinnovo delle classi dirigenti del Paese, dall‟alfabetizzazione
informatica e tecnologica della popolazione alla questione meridionale.
Il sistema pubblico va difeso perché offerto a tutti i cittadini, ma è anche
un sistema che va profondamente modificato perché largamente inefficace ed
inefficiente e non ancora egualitario.
Per queste ragioni, oggi il sistema universitario deve rappresentare una
delle priorità dei Giovani Democratici e, ci auguriamo, un luogo di
investimento politico per il Partito Democratico.
Abbiamo bisogno di definire un nostro modello culturale e politico da
veicolare nelle facoltà e fra gli studenti e per farlo dobbiamo mobilitare i nostri
circoli territoriali e costruire una nostra organizzazione solida e riconoscibile
che contribuisca a superare le particolari situazioni di stallo ed
incomprensione, imperdonabile, che si sono innescate fra precedenti
organizzazioni giovanili e all‟interno delle stesse.
Per questo risulta fondamentale il confronto, finalmente tutto politico,
sulle idee, i problemi e le esigenze degli studenti. Per questo abbiamo
ritenuto motivato lo sforzo di produrre un documento programmatico dei
Giovani Democratici di Roma unico ed unitario, rigoroso, organico e
particolareggiato già nel novembre scorso, e discusso ampiamente sia negli
Stati Generali dell‟Università sia nella Direzione romana dei Gd che ha
approvato il documento unanimamente.
Per tornare ad essere protagonisti, per lanciare una nuova grande
stagione di attivismo universitario in cui gli studenti tornino al centro della
nostra azione politica, non è stato sufficiente, però, un rinnovato slancio
concettuale. Ad una seria e profonda riflessione, che ci ha permesso di
individuare l‟essenza delle nostre istanze e la definizione dei nostri obiettivi
prioritari, abbiamo accostato una forma organizzativa migliore ed unificante
che rappresentasse, anche in ambito universitario, l‟unicità di intenti dei
Giovani Democratici di Roma.
I Giovani Democratici sono consapevoli che fare politica all‟università
comporta la necessità di confrontarsi quotidianamente con le esigenze e i
problemi di chi la vive; significa essere sempre pronti a rispondere alle
sollecitazioni; significa lottare, a volte anche in modo duro, contro le
inefficienze e le storture che non mancano di presentarsi e che, alle volte,
sono connaturate al nostro sistema universitario.
Lo strumento essenziale per fare tutto stata la rianimazione della nostra
rappresentanza e il rinvigorimento della partecipazione dei nostri iscritti e
degli studenti. Questo era l‟unico mezzo a nostra disposizione per poter
essere determinanti ed influire negli organi decisionali e per farci portatori
delle istanze di cambiamento. Abbiamo, dunque, costruito una nuova forma
di rappresentanza che permettesse di essere pubblicamente riconoscibili e ci
presentasse con un‟unica struttura associativa direttamente riconducibile ai
Giovani Democratici in tutti gli atenei pubblici e privati.
Siamo, ovviamente, ovviamente ripartiti dalle esperienze esistenti
cercando il più possibile di allargarne le maglie e le dimensioni e di ridefinirne
identità e modalità operative, nonché di garantirne un maggiore collegamento
con la Federazione di Roma.
Facendo tesoro dell‟esperienza degli ultimi anni, e pur nel rispetto delle
specificità dei singoli atenei, abbiamo caratterizzato il nostro soggetto e
consentito un immediato riconoscimento delle nostre organizzazioni,
agevolando una maggiore operatività anche fuori dai confini universitari.
In questo quadro, il nostro contributo alla riunificazione di tutte le realtà
riconducibili ai Giovani Democratici e, in prospettiva, alla costruzione di un
centrosinistra unito nella rappresentanza degli studenti in ogni singola facoltà
e fino ai livelli più elevati è stato importante. Il nostro obiettivo è stato quello di
convogliare il grande dinamismo di movimenti e associazioni, sebbene
preservandone la capacità di iniziativa singola, in una organizzazione capace
di assumere decisioni condivise e di produrre una maggiore, più ampia e più
visibile, iniziativa politica.
Inoltre, abbiamo esteso il nostro impegno e la nostra presenza in tutti gli
altri atenei romani e prodotto uno sforzo politico unitario su scala cittadina
cercando la costante collaborazione con le federazioni del Lazio.
STUDENTI DEMOCRATICI: IL NOSTRO
PROGETTO ALLA PROVA DEL CONSENSO.
Poco più di un anno fa, alla nascita dei Giovani Democratici, le difficoltà
nelle quali versava il Partito Democratico e l‟assenza di una chiara linea
politica, la disgregazione del tessuto territoriale delle organizzazioni giovanili
che hanno dato vita ai Gd, la frantumazione ed il disordine del tessuto
universitario (e, addirittura, la mancanza di soggetti associativi unitari e
afferenti alla nuova realtà politica) costituivano dei limiti significativi
all‟introduzione e al consolidamento della giovanile del Pd negli atenei
romani.
In quella fase “costituente”, era necessario aggredire alla radice alcuni
nodi strategici:
1. occorreva fornire agli iscritti una analisi approfondita del nostro
sistema universitario, ovvero dell‟ambiente nel quale ritenevamo necessaria
la nostra presenza e utile il nostro impegno;
2. urgeva definire una linea politica chiara e radicale, che non fosse
approssimativa ma basata sulla conoscenza approfondita del mondo
accademico, dei suoi punti di forza, dei suoi limiti strutturali, delle necessità
degli operatori e degli studenti;
3. bisognava offrire ad iscritti e studenti (e più in generale a tutto lo
schieramento di centro-sinistra) un moderno soggetto nel quale riconoscersi
e capace di aggregare movimenti, associazioni e gruppi preesistenti
semplificando il quadro delle presenze universitarie e garantendo, fra l‟altro,
un coordinamento non più solo di facoltà o d‟ateneo ma addirittura federale.
Queste necessità, inoltre, erano rese ancora più impellenti a causa
delle elezioni del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari e del rinnovo
della rappresentanza in due importanti atenei pubblici della capitale (Roma 2
e Roma3).
La Federazione dei Giovani Democratici di Roma, quindi, ha
immediatamente messo in atto un progetto molto ambizioso che
rivoluzionava anche i precedenti sistemi di governo e articolazione delle
organizzazioni politiche precedenti e delle associazioni universitarie
preesistenti.
Con un lungo e paziente lavoro, fatto di confronto aperto sui principali
temi afferenti al dibattito universitario, si sono coinvolti i militanti (e non solo)
che hanno avuto modo di contribuire alla produzione di un documento
unitario, ampio e articolato, e ridiscuterlo in sede plenaria agli Stati Generali
sull‟Università tenutisi il 18 novembre 2009 e, il giorno successivo, approvato
all‟unanimità dalla Direzione federale. In quelle sedi, di fatto, si sono colmati i
primi vuoti: da quel momento, con la nascita formale di Studenti Democratici
su tutti gli atenei romani e una piattaforma analitica sull‟università, bisognava
iniziare ad scandire una coerente linea politica e iniziare a penetrare le
facoltà.
Con il costante lavoro di molti mesi abbiamo raggiunto gli studenti, li
abbiamo appassionati nell‟azione di rappresentanza nelle facoltà, li abbiamo
sensibilizzati sulle principali questioni politiche di carattere nazionale o
romano, li abbiamo coinvolti con eventi ludici e culturali. E soprattutto, questo
è il carattere veramente innovativo della nostra iniziativa, abbiamo profuso un
notevolissimo sforzo su tutti gli atenei pubblici romani e gettato le basi di una
presenza importante anche su alcuni atenei privati.
Ovviamente, quanto ci siamo prefissi di ottenere non è stato già
esaurito in un solo anno di lavoro, sebbene di intensa attività, ma abbiamo
tracciato un percorso cristallino per tutti i giovani democratici, mostrato
capacità programmatica ed organizzativa al Partito (che, in virtù di ciò, tende
a coinvolgerci anche ai più alti livelli - vedi Forum nazionale sull‟Università e
la Ricerca), radicato un progetto politico vero su tutti gli atenei romani ed
apprezzato dagli studenti universitari, come dimostra il risultato elettorale
ottenuto.
Infatti, in un quadro in cui su scala nazionale le “Liste democratiche –
Liste di sinistra – Udu” ottengono al CNSU una considerevole affermazione
(sebbene il nostro schieramento rimanga in termini assoluti minoritario),
risultando prima con il 30,15 % dei consensi degli studenti, ed i candidati dei
Giovani Democratici ovunque determinanti nel trascinamento della lista, gli
Studenti Democratici di Roma ottengono un eccezionale successo: innanzi
tutto, riescono a coordinare lo sforzo per le elezioni al CNSU con le elezioni
interne di due atenei; in secondo luogo, la penetrazione delle facoltà
effettuata nei mesi precedenti ha lanciato un mese di campagna elettorale
finale assolutamente positiva che ha imposto la nostra candidata Elisa
Ljilianic come prima degli eletti della lista e con un numero di preferenze
personali che segna un aumento (rispetto alle elezioni precedenti) di circa
600 voti.
Ma importante appare l‟analisi dei risultati parziali nei singoli atenei
romani, pur in assenza di una candidatura proveniente dalla Capitale.
Infatti, alla Sapienza, il più grande ateneo d‟Europa, e là dove solo 18
mesi prima le liste di sinistra avevano mostrato preoccupanti segnali
d‟arretramento fino all‟esclusione dagli organi centrali di rappresentanza e
governo dell‟università, gli Studenti Democratici raddoppiano i propri consensi
mostrando una vitalità ed una capacità attrattiva senza precedenti. In tutte le
più importanti facoltà nella città universitaria – Giurisprudenza, Scienze
Politiche, S.M.F.N. – la nostra candidata ottiene largo consenso, ed ottima
appare anche la performance a Scienze Statistiche e Lettere. Assai
significativo il risultato delle facoltà di Farmacia e Medicina, storici luoghi in
cui le liste di sinistra faticano ad entrare. Si colgono enormi segnali positivi,
però, anche nelle facoltà collocate immediatamente fuori dalla città
universitaria, vero terreno di scontro politico: apprezzabile è il prodotto
dell‟impegno dei nuclei di Studenti Democratici nelle facoltà di Ingegneria,
Economia, Filosofia e Psicologia che, di fatto, indicano un nuovo radicamento
della nostra presenza in facoltà da qualche anno in forte difficoltà. Si
confermano su standard altissimi, soprattutto se considerato il rapporto fra
iscritti ai Gd e consensi ottenuti, le due facoltà di Architettura, situate lontano
dal Rettorato. Il risultato finale, solo alla Sapienza, ci indica quasi 600 voti in
più rispetto alle analoghe tornate elettorali e un assottigliamento della
distanza dalla lista unica di Azione Universitaria e Studenti per le Libertà che
in quell‟ateneo presentavano tre candidature di punta (e poi, infatti, tutte
entrate in consiglio): un raddoppio di consensi che indica la misura di un
impegno e di una presenza quotidiana tangibile e realmente percepita dagli
studenti.
Dello stesso tenore appare il risultato di Roma 2, nella quale la
costituzione dell‟associazione Studenti Democratici appare un‟innovazione
significativa capace di rappresentare la reale alternativa politica a sinistra ad
una destra che si radica sia tramite Azione Universitaria sia mediante la
conquista di un seggio al Senato Accademico di Blocco Universitario.
Anche in questo contesto, c‟è un raddoppio dei voti sul CNSU (da 250
della passata tornata elettorale a oltre 500 attuali) e, in contemporanea un
emblematico risultato nelle elezioni della rappresentanza interna: gli Studenti
Democratici, infatti, conquistano un seggio al Senato Accademico e
producono un‟imponente opera di radicamento in facoltà come S.M.F.N. e
Ingegneria, dove conquistano la stragrande maggioranza dei rappresentanti
di facoltà, dei consiglieri degli studenti e risultano determinanti, insieme
all‟importante, sebbene più contenuto, contributo di Lettere, Giurisprudenza e
Medicina sia sul CNSU sia sul Senato Accademico. Per avere idea precisa
dell‟impressionante capacità attrattiva del progetto proposto da Studenti
Democratici, si consideri che nelle sole facoltà di Ingegneria e S.M.F.N.
(quelle in cui più avanzato è stato il lavoro prodotto fin‟ora) Elisa ottiene 325
voti di preferenza (ovvero il 64,15 % del totale di Tor Vergata) e altri 85
preferenze a Medicina (ovvero un ulteriore 16,76 %). Questi dati indicano
quanto efficace sia stata l‟opera fin qui prodotta (soprattutto se considerato il
limitato arco temporale nel quale è stata sviluppata) e quanto fertile sia il
terreno per una ulteriore crescita su tutto l‟ateneo. A maggior ragione, se si
considera che le stesse elezioni interne indicano la presenza di tre (su sette
componenti totali) neo eletti al Senato Accademico riconducibili ai Giovani
Democratici e al Partito Democratico: un potenziale che non abbiamo
intenzione di disperdere ma, semmai, di sviluppare e integrare.
Interessante, ma del tutto peculiare, la situazione determinatasi a
Roma 3. Qui, infatti, è risultata strategica la scelta della Federazione di Roma
di dare seguito e forza alla nostra presenza all‟interno della lista storica “Rds”,
già partecipata dalla sua costituzione, circa un decennio fa: una valutazione
dettata dalla volontà di unificare le forze politiche progressiste mettendo a
disposizione di un progetto ampio le risorse culturali, politiche ed umane dei
Giovani Democratici. Anche a Roma 3, in ogni caso, significativo è risultato
l‟apporto dei Gd per le elezioni interne d‟ateneo: in presenza di un celere e
rovinoso sgretolarsi del consenso determinatosi negli ultimissimi anni della
lista Rds, i Gd hanno garantito linfa nuova (senza dimenticare le competenze
già presenti) e una maggiore articolazione (prima, rattrappitasi alle sole
facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche).
In questo quadro, s‟è potuto pensare di eleggere organi centrali frutto di
un accordo fra i Giovani Democratici, i giovani di Sinistra e Libertà, i giovani
di Italia dei Valori e, offrendo spazi per un‟esperienza di crescita politica ad
un numero significativo di studenti orientati politicamente ma non aderenti ad
alcuna organizzazione politica o provenienti dal mondo dell‟associazionismo.
Il risultato, anche in questo caso, è stato soddisfacente: ad una grande
affermazione dei Gd nei consigli di facoltà e degli studenti s‟è accompagnata
la “tenuta” elettorale dell‟intera lista e l‟avvicinamento di molte forze nuove.
Un percorso di integrazione che, sebbene complesso e non privo di difficoltà,
i Giovani Democratici della Federazione di Roma intendono rinforzare
assumendosi anche l‟onere del coinvolgimento attivo e della partecipazione
reale alle scelte di ogni studente componente la lista.
Il caso della Luiss è anch‟esso assai particolare. Nelle elezioni al
CNSU del 2007 il risultato fu sostanzialmente garantito dall‟apporto di forze
esterne alle organizzazioni politiche. Oggi, invece, la progettualità dispiegata
e l‟impegno profuso ha permesso di costituire un vero coordinamento
d‟ateneo e di ottenere un grande numero di preferenze con le sole forze degli
Studenti Democratici (di fatto, ottenendo un significativo + 100%). Anche qui,
il margine di miglioramento è notevole, e siamo certi che le risorse umane a
disposizione di Studenti Democratici siano capaci di radicare il progetto e
farlo crescere.
In definitiva, al temine di un anno di lavoro, si può affermare con
soddisfazione che i Giovani Democratici di Roma hanno costruito un grande
rete universitaria, capace di assumere tempestivamente decisioni autonome,
ma mai slegate dall‟organizzazione politica alla quale fa riferimento, e di
costruire ampio consenso (il 73,76 % delle preferenze totali per Elisa sono il
contributo offerto alla sua elezione da Roma). Ovviamente i limiti del percorso
fin‟ora promosso non vanno nascosti, ma vanno migliorati nell‟anno
accademico prossimo mediante una maggiore capacità di produzione politica
e culturale delle singole facoltà e attraverso un ampliamento del numero dei
militanti attivi sui temi di politica universitaria.
In ogni caso, però, una strada è stata tracciata. La fatica da affrontare sarà
notevole se vorremo rimanere al centro della scena politica universitaria
estendendo la nostra presenza e la nostra capacità di influenza nel Partito
Democratico e nella società, però i risultati ci danno ragione e ci invitano ad
affrontare ogni sfida con coraggio e determinazione.
SCUOLA
Durante questo primo periodo di nascita dei Giovani Democratici di Roma, il
lavoro sul comparto scolastico è stato frammentato e confuso a causa della
situazione particolare da cui abbiamo mosso i primi passi, un tessuto
inesistente lasciato dalle organizzazioni giovanili precedenti con la necessità
di ricominciare tutto da zero, e delle continue scadenze elettorali, interne ed
esterne, che il Partito Democratico ha dovuto affrontare. Pur con tutte queste
difficoltà siamo riusciti a portare a casa alcuni grandi risultati: abbiamo
piantato i semi del nuovo tessuto scolastico raccogliendo più di cinquanta
rappresentanti di istituto ed una trentina di eletti in consulta, dato che può
sembrare poca cosa ma che ha permesso al centro sinistra di strappare una
storica e completa, presidente e consiglio di presidenza, vittoria dopo due
anni di governo di estrema destra. Partendo da questo dato abbiamo
convogliato le nostre energie sulla continuazione dell‟opera di radicamento
all‟interno degli istituti e sull‟apertura di un dibattito interno per l‟individuazione
dei temi e delle linee programmatiche da proporre nelle campagne di
mobilitazioni per l‟anno scolastico venturo. I temi usciti dal dibattito sono molti
e tutti interessanti. Edilizia scolastica e lo stato indecente in cui versano
alcune delle strutture della capitale, il costo eccessivo dei libri di testo e la
difficoltà ad accedere alla relativa esenzione, il radicamento all‟interno degli
istituti tecnici, la valutazione dei professori e dei programmi scolastici, la
riforma Gelmini e la mobilitazione studentesca, il problema degli stage
formativi che mascherano un vero e proprio sfruttamento degli studenti, un
piano di diritto allo sport per l‟utilizzazione degli impianti sportivi scolastici
troppe volte di fatto abbandonati, l‟istituzione di iniziative, come i viaggi della
memoria, per non dimenticare mai gli orrori e le persecuzioni nazi-fasciste, e
molti altri temi; alcuni di essi, i più prioritari, sono di seguiti sviluppati, per gli
altri si rimanda alle sedi di discussione interna.
FEDERAZIONE DEGLI STUDENTI
Obiettivo primario di questo primo anno e mezzo di attività politica, è stato la
creazione uno strumento con cui fosse più facile ed agevole muoversi
all‟interno dell‟universo studentesco. La Federazione degli Studenti nasce
proprio con questo scopo: riuscire ad aggregare lì dove altre forme
organizzative non riescono a fare, dandosi l‟ambizioso obiettivo di essere
molto più della lista degli studenti medi iscritti all‟organizzazione giovanile.
L‟elevato numero di scuole superiori sul nostro territorio cittadino ci pone
davanti ad una grande sfida: essere presenti in maniera uniforme nelle
scuole, da quelle del centro a quelle di periferia, e creare una rete tra questi
studenti, mettendoli in contatto gli uni con gli altri. Contare su di una struttura
di questo tipo vuol dire in primo luogo riuscire a sensibilizzare una intera
generazione su alcune grandi tematiche, e in secondo luogo dare una
rilevanza cittadina a problemi territoriali, con una particolare attenzione alle
scuole di periferia che spesso rimangono dimenticate e schiacciate dalle
scuole del centro.
Il percorso costitutivo della Federazione degli Studenti è ancora in atto, una
tappa importante sarà il campeggio a fine luglio all‟interno della Festa
Nazionale dei Giovani Democratici. Il campeggio sarà l‟occasione per
confrontarci con realtà provenienti da tutta Italia ed aprire un dibattito sulla
piattaforma programmatica.
RAPPRESENTANZA STUDENTESCA E CONSULTA PROVINCIALE
La nostra riflessione sul radicamento scolastico ci ha portato a mettere al
centro di ogni ragionamento la figura del rappresentate di istituto, da noi
ritenuta rivestire un ruolo fondamentale all‟interno delle scuole essendo dagli
studenti eletto e il depositario delle loro istanze. Valorizzare questa figura
all‟interno della già citata rete vuol dire riuscire a dare ad una dimensione
cittadina dei terminali territoriali, che possano trarre forza dalla solidità
valoriale e programmatica di una grande associazione studentesca e allo
stesso tempo, con il loro lavoro quotidiano, dargli forza e legittimità. Uno
scambio, insomma, che una volta superata l‟impasse iniziale e attivato il
meccanismo virtuoso, sia in grado di aggregare e autorigenerarsi,
sopravvivendo all‟uscita dei rappresentati di istituto. Per fare questo è
necessario iniziare fin da subito una campagna che riporti l‟attenzione sul
tema della rappresentanza studentesca e del suo vero ruolo all‟interno delle
scuole. Trasmettere agli studenti cosa possono fare i loro eletti e in che modo
possono risolvere alcuni dei problemi della loro scuola è di primaria
importanza se vogliamo scardinare il pensiero che avere dei rappresentanti è
utile solo a saltare ore di lezione.
Un discorso a parte merita la Consulta Provinciale degli Studenti Medi. Un
istituto nato con nobili intenti versa ora in condizioni di scarsissima credibilità
e utilità. Tornati alla guida di questa assemblea dopo due anni di governo
della destra, ci siamo scontrati con l‟impossibilità di produrre qualunque cosa
a beneficio degli studenti di Roma e provincia. Una delle prerogative della
Consulta, l‟assegnazione di fondi per l‟edilizia scolastica, rimane oggi
praticamente inapplicata, riducendo il suo ruolo alla creazione di eventi
culturali usati per nascondere la spartizione dei fondi a essi dedicati. La
nostra riflessione su questo organismo parte dall‟idea che o lo si riforma in
maniera sostanziale attribuendogli prerogative che, non solo sulla carta,
possono migliorare la condizione di fruibilità dell‟offerta formativa sotto i più
vari punti di vista o è meglio chiudere questa esperienza classificandola sotto
la voce “fallimento” e usare questi fondi per altri impieghi.
LA SCUOLA DIMENTICATA: GLI ISTITUTI TECNICI
Tasto dolente del nostro radicamento scolastico sono stati, e sono, gli istituti
tecnici. La grande difficoltà ad entrare in contatto con un mondo così diverso,
e così meno politicizzato, dei licei, si è posta come ostacolo insormontabile
per la quotidiana attività politica delle organizzazioni giovanili passate ed ha
contribuito al loro graduale abbandono. La colpa di questa crescente
differenza va rintracciata in una generale volontà dei governi di centro destra
di strutturare la scuola secondo un criterio di classe: gli studenti di “serie A” ai
licei e quelli di “serie B” negli istituti tecnici; ai primi un futuro nelle università e
ai secondi un ingresso nel mondo del lavoro come bassa manovalanza.
Compito dei Giovani Democratici e della Federazione degli Studenti sarà
come prima cosa scardinare questa convinzione, soprattutto fra i ragazzi e i
genitori, sponsorizzando l‟idea di un istituto tecnico che sia come prima cosa
un percorso formativo per la creazione di figure tecniche e specializzate
capaci di spendere veramente il loro diploma nel mercato del lavoro, ma al
tempo stesso un canale privilegiato per l‟università, in quelle facoltà più
tecniche dove una preparazione specializzata può essere sicuramente un
valore aggiunto. Per fare questo è necessario fin da subito avviare una
riflessione approfondita, che parta dall‟analisi delle differenze storico-culturali
tra tecnici e licei per arrivare alla formulazione di una “ricetta” che ci permetta
di penetrare quella diffidenza nei nostri confronti, e più in generale nella
politica, di questi studenti.
UN AUTUNNO CALDO
Dopo un 2009 surreale, dove la mobilitazione e la protesta è sono state le
grandi assenti, il nuovo autunno si avvicina in un clima carico di aspettative.
Senza stare qui a esporre le teorie secondo cui la nascita di un movimento di
protesta sia un atto spontaneo o al contrario un qualcosa di creabile a
tavolino, il nostro dovere sarà quello di farci trovare pronti per ogni evenienza,
tenendo bene a mente l‟esperienza dell‟onda e del suo fallimento. Che ci sia,
appunto, un movimento o no, l‟obiettivo fondamentale sarà presentarsi agli
studenti con una critica qualificata alla riforma Gelmini, non difendendo lo
status quo, ma proponendo una proposta alternativa senza escludere
aprioristicamente la nascita di un dibattito su alcuni temi, come la
razionalizzazione della spesa e la lotta agli sprechi, a causa di una mera
contrapposizione di schieramenti. Per fare questo però è necessario aprire
una riflessione a 360 gradi sulla scuola: riflessione che parta dal ruolo
dell‟istruzione all‟interno della società, come crescita personale e
professionale dei cittadini, e che, intrecciandosi con i temi di università e
lavoro, arrivi in conclusione ad una riforma, anche radicale, dell‟assetto
scolastico italiano; una riforma che possa avvicinarci ai molto lontani standard
europei.
LAVORO
La crisi economica riporta con forza il tema del precariato e della
disoccupazione,soprattutto giovanile, al centro del dibattito politico. Anche se
nella realtà dei fatti questi problemi non sono mai stati messi da parte.
Per affrontare correttamente il tema è necessario fare una panoramica
nazionale e regionale. In Italia viviamo una situazione difficile: nel biennio
2008-2009 abbiamo perso il 6,5% di PIL, ovvero metà della crescita dei dieci
anni precedenti, il reddito reale delle famiglie si è ridotto del 3,4%, i consumi
del 2,5%, le esportazioni sono cadute del 22%, la disoccupazione è cresciuta
dell'1,4%. Nel Lazio la situazione è leggermente meno drammatica, ma
comunque grave: il PIL è diminuito del 3,5%, l'occupazione dell'1,2%, la
Cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 273,8% e quella straordinaria del
298,1%, in misura maggiore che nel resto d'Italia. Le differenze fra provincia
e provincia ci sono, a testimonianza del fatto che la crisi ha una dimensione
di sistema. A Roma la crisi ha investito diversi settori, sono note le vicende
degli enti di ricerca di Eutelia ma è il dato della disoccupazione giovanile a
rappresentare un dato spaventoso: il 30% rappresenta la testimonianza
numerica della profondità della crisi.
Noi pensiamo che questo sia uno di quei temi su cui l‟organizzazione
giovanile deve investire. E‟ uno di quei settori su cui ricostruire un rapporto
con le giovani generazioni, anche in una chiave innovativa come i problemi
del caso Pomigliano hanno fatto plasticamente vedere.
Per la delicatezza degli argomenti di cui trattiamo pensiamo che non esistano
soluzioni compartimentali al tema della crisi del lavoro. Si tratta di una
dinamica spesso anche sovranazionale cui la risposta sta in un mx di
politiche pubbliche molto variegato.
Riportiamo per la chiarezza dei contenuti il paragrafo che - come
organizzazione giovanile del Lazio - abbiamo inviato alla candidata alla
Presidenza della Regione on.le Emma Bonino su questi temi.
WELFARE E SVILUPPO ECONOMICO
Il Lazio è una regione che oramai vive di un numero altissimo di precari,
cassa integrati, portati da una crisi del comparto industriale e turistico che
non ha eguali nella storia. L'anno scorso la cassa integrazione in questa
Regione ha visto un incremento vertiginoso di ore pagate. Sono in 35000,
per un numero complessivo di 6 milioni di ore complessive, coloro che
rischiano seriamente il posto di lavoro, in particolare nella piccola e media
impresa. Non c‟è distinzione geografica: sono ugualmente colpiti il distretto
ceramico di Viterbo come quello chimico di Latina.
In particolare per i precari la situazione è drammatica. Non solo perché il
livello di protezione sociale, e in particolar modo gli ammortizzatori, non è
sufficiente a garantire un valido sostegno al reddito, ma anche perché molti
rischiano il licenziamento alla fine del loro rapporto contrattuale. Il piano anti-
crisi della Regione Lazio, firmato assieme ai sindacati immediatamente dopo
lo scoppio della crisi, è riuscito ad assorbire i problemi più spinosi
nell'immediato, ma adesso sarà necessario ricostruire le condizioni per una
nuova crescita economica e per un riassorbimento completo dei disoccupati
nel mercato del lavoro.
Noi pensiamo che un‟attenzione specifica vada data alle giovani famiglie, in
particolare in questa situazione di crisi economica. Un sistema di incentivi
automatici per la locazione di appartamenti destinato a giovani con bassa
soglia di reddito potrebbe essere un modo per garantirgli un sostegno
importante e nello stesso tempo favorire l‟indipendenza dei giovani rispetto
alla propria famiglia di provenienza.
Ci vuole in effetti più in generale una rivoluzione copernicana degli incentivi,
che sappia dare diritti ai giovani anche a prescindere dalla sfera familiare.
Non vogliamo lo Stato assistenziale, ma è ora di dare forti segnali di sblocco
alla società italiana, la cui più grande anomalia è oggi la dipendenza dei
giovani dalla famiglia come unica certezza a tempo indeterminato.
Per questo serve un investimento sull‟indipendenza giovanile, con una vera e
propria agenda di interventi che inizi dal simbolo stesso dell‟indipendenza,
l‟andare a vivere da soli, di cui il provvedimento di sostegno ai mutui
approvato dalla Regione è un esempio da proseguire, e continui valutando
forme di dotazione capitale per l‟avvio di attività imprenditoriali o per
l‟acquisto di formazione, nonché forme di reddito di inserimento legate a
progetti di ricerca e di utilità sociale, sulla scia del servizio civile.
Una simile scommessa sull‟indipendenza giovanile potrà essere la prima leva
dello sviluppo del paese se saprà anche essere investimento sulla
responsabilizzazione dei giovani, se creare cioè un nuovo centro di diritti
significherà creare un nuovo centro di doveri, o meglio, soggetti partecipi e
coinvolti, dunque responsabili.
Network tra assistenza e sviluppo
Strutturare un nuovo paradigma nei rapporti tra welfare e sviluppo significa
cominciare a pensare a come e cosa l'investimento sullo stato sociale può
portare di positivo in termini di apporto al PIL.
In un momento di crisi economica è necessario pensare a creare un circolo
virtuoso tra welfare e sviluppo economico.
Gli incentivi alla spesa per le fasce deboli, spesi nell'industria, riattivano il
circuito economico attraverso un incremento del gettito d'Iva (come ad
esempio: buoni che la regione eroga per le spese delle famiglie più deboli nel
terziario).
Una delle attuazioni più interessanti di questo progetto potrebbe essere
quello di incentivare quello che viene definito come "turismo sociale".
Comparto del settore turistico che trova precedenti importanti nelle borse del
turismo dell'area della Tuscia e che l'Unione Europea sta sviluppando
attraverso il progetto pilota Calypso.
Chiediamo alla Regione di continuare a interessarsi al comparto del turismo
sociale per la sua valenza di assistenza alle fasce più deboli della
popolazione e per i risvolti, in termini di profitto economico, che questo
genere di iniziative possono portare alla Regione Lazio.
Un meccanismo virtuoso sarebbe quello di mettere in rete le risorse
universitarie e post-universitarie sull'europrogettazione (studio e realizzazione
di progetti da presentare all'Unione Europea in risposta ai bandi, e progetti
pilota, proposti) per potere, di concerto con la Regione, accedere a fondi
dell'Unione Europea in materia di welfare e sviluppo.
La Regione Lazio, assieme alle strutture di ricerca, avendo a disposizione un
quadro organico delle risorse e dei problemi del territorio, potrebbe essere in
grado di strutturare un progetto di intervento economico a partire dai
finanziamenti della UE.
Promozione dell'imprenditoria giovanile con potenziale di sviluppo
a contenuto tecnologico ed innovativo
Finanziamenti diretti a tasso zero in una percentuale superiore al 50%,
elevabile in caso di registrazione di marchi o brevetti. A beneficiarne le
piccole e medie imprese con sede legale ed operativa nella Regione. Tra le
attività imprenditoriali innovative possono considerarsi quelle che investono in
produzioni sostenibili (fotovoltaico, eolico). Un settore che permetterebbe di
sviluppare delle forme di energia ecosostenibili e al contempo essere un
importante fattore di superamento nella difficile congettura economica in atto.
Sgravi all'auto imprenditoria giovanile che investe nel progetto
“albergo diffuso”
L'albergo diffuso è una sorta di multistruttura dislocata in più edifici
orizzontalmente all'interno di una determinata area del centro storico a
gestione unitaria e centralizzata, ma con servizi e camere dislocate in edifici
distanti non più di 200 metri dalla reception e con almeno 80 posti letto. La
Regione Lazio lo ha riconosciuto attraverso il regolamento regionale 17/2008.
Considerata la grande ricchezza di borghi antichi nella nostra regione, questo
progetto unirebbe alla marcata attenzione dell'ambiente, il sostegno allo
sviluppo economico e turistico locale, con ricadute positive sull'occupazione.
Fondo di garanzia o solidarieta'
Costituzione di un fondo regionale, con funzioni di garanzia rispetto alle
banche, per l‟accesso al credito per i giovani per l'acquisto della prima casa o
per l'avvio di una nuova attività imprenditoriale.
AMBIENTE E GREEN ECONOMY PER UN NUOVO MODELLO DI
SVILUPPO DELLA REGIONE LAZIO
La questione ambientale è venuta ad assumere in questi ultimi anni un ruolo
sempre più centrale: l‟idea di sviluppo sostenibile è divenuta ormai patrimonio
della cultura di governo del nostro partito. Ogni civiltà contempla un periodo
in cui è necessario operare un lungo passo che segni un netto cambiamento
rispetto ad un suo precedente modo di agire, garantendo una necessaria
evoluzione comportamentale. Senza dubbio alcuno la cura del nostro
ambiente richiede mutamenti comportamentali e culturali dei quali noi giovani
dobbiamo renderci protagonisti, tenendo bene in mente che una nuova
crescita economica e una nuova storia non potranno sorgere se non dalle
tematiche ambientali. La sensibilizzazione e la conoscenza di questi temi
passa con forza attraverso nuove produzioni e consumi, nuove pratiche e
tecnologie frutto di ricerca scientifica e culturale.
Il miglioramento e l'innovazione della rete ferroviaria laziale, l'abbattimento
delle emissioni e delle polveri sottili monitorate da Arpa Lazio, la prevenzione
idrogeologica, il miglioramento e sostegno all'agricoltura biologica, lo stop alle
attività inquinanti nei territori compromessi, la chiusura definitiva delle
discariche ormai sature della nostra Regione, la dismissione degli inceneritori
obsoleti, l'accelerazione dei processi di bonifica nella Valle del Sacco,
l'impulso alla raccolta differenziata porta a porta promossa dalla Provincia di
Roma, la promozione ed il rispetto delle leggi regionali sulla bioedilizia e le
energie alternative sono solo alcune delle moltissime azioni che vanno
compiute per l'ambiente nel Lazio. Le tematiche delle quali si parla sopra
sono legate al problema dell'inquinamento, quindi alla violazione del diritto
alla salute, e al pericolo di infiltrazioni mafiose, già presenti nelle Province di
Latina e Frosinone. L'ambiente è oggettivamente una questione chiave,
specialmente quando si tenta di sacrificarne l'integrità in nome di uno
sviluppo in tempi di crisi.
L'amministrazione regionale del Lazio dovrà impegnarsi nell'approvare
rapidamente il Piano Regionale dei Rifiuti, archiviando quello commissariale.
Dovrà aiutare comuni e province a raggiungere il 50% di raccolta differenziata
entro il 2015, a trovare una soluzione alla vertenza Gaia, a raggiungere il
20% di utilizzo di energie rinnovabili, ad approvare un Programma Regionale
delle Energie Rinnovabili, a lottare contro l'abusivismo edilizio, ad approvare
un Piano Paesistico Regionale, a definire il Piano Regionale di Tutela delle
Acque, ad approvare il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti, a
risanare tempestivamente la Valle del Sacco rilanciandone l'economia,
proseguendo l'indagine epidemiologica, monitorando lo stato di salute dei
cittadini contaminati.
Il tema energetico è d‟importanza primaria per il nostro paese, data la forte
dipendenza energetica del nostro paese da fonti estere. La questione sul
nucleare è recentemente tornata d‟attualità per iniziativa del governo
Berlusconi: costi insostenibili, lunghi tempi di costruzione o rimessa in
funzione dei vecchi impianti, e la tuttora irrisolta questione dello smaltimento
delle scorie, queste sono tutte questioni che hanno messo in evidenza le
debolezze di questa opzione. Crediamo invece sia serio e responsabile
concentrare i nostri sforzi verso un concreto sistema di diversificazione delle
risorse energetiche, dando risalto alle cosiddette energie rinnovabili, energie
da gestire secondo un sistema di Microgenerazione, ovvero un sistema di
produzione diffusa e capillare sul territorio che sfrutti le potenzialità
abbondanti in loco. La Regione da questo punto di vista può lavorare in
termini di pianificazione e incentivi.
Altra questione che riveste grande importanza è quella dell‟inquinamento, ed
è strettamente connessa in questa Regione alle politiche del trasporto: è
necessaria una diversificazione dell‟industria dei trasporti, che privilegi il
pubblico al privato. Bisogna potenziare il trasporto pubblico e razionalizzare il
sistema già esistente. Il sistema di viabilità deve prevedere una
diversificazione netta fra il flusso di persone e il flusso di merci: una soluzione
è offerta dall‟implemento della qualità del circuito ferroviario, soluzione che
non solo garantirebbe una maggiore possibilità di circolazione su vie che fino
ad ora sono destinate ad accogliere ogni tipo di utenza, ma comporterebbe
anche un vantaggio per quel fenomeno molto diffuso nel Lazio che è il
pendolarismo.
Rifiuti: le scelte del prossimo governo della Regione saranno determinanti per
far uscire il territorio laziale dall‟emergenza e avviare un ciclo sui rifiuti
autosufficiente e sostenibile. Punto cardine di risoluzione del problema è la
raccolta differenziata. Seguendo l‟esempio della Provincia di Roma, si dovrà
provvedere ad incentivare la raccolta porta a porta, che si è rivelato essere
un metodo efficace. L‟obiettivo è raggiungere il 50% di raccolta differenziata
entro il 2015.
Le tematiche ambientali non possono prescindere dalla tutela della
biodiversità. Il Lazio, in quanto regione che ospita il Parco Nazionale del
Circeo e varie altre realtà naturalistiche, deve porre l‟accento sulla loro tutela
e su un controllo più efficace, ottenibile solo attraverso l‟autonomia degli
organi di gestione da qualsiasi influenza di tipo politico.
Vogliamo inoltre che l‟acqua, da sempre considerata un bene pubblico,
rimanga tale. È un bene primario sul quale nessuno può permettersi di
lucrare. Diciamo no alla privatizzazione delle grandi aziende come l‟Acea e
chiediamo che la Regione continui a controllarne la gestione per garantirne
massima qualità, accesso per tutti, tariffe eque.
In conclusione ci sembra opportuno incentrare l‟attenzione sul tema della
ricerca: in una regione che ospita importanti poli d‟eccellenza fra i quali
università e istituti di ricerca, è necessario valorizzare l‟importanza di una
attività dalle ricadute economiche e di crescita e sviluppo fondamentali per la
questione ambientale e più in generale per l‟economia laziale. L‟investimento
sulle potenzialità delle nuove generazioni non è questione di secondo piano
in politica ambientale.
ITALIANI DI NOME STRANIERI DI FATTO -
VERSO UNA SOCIETA’ MULTICULTURALE
Non è stato facile per me trovarmi qui, ospite inatteso, peso indesiderato,
arreso, complici i satelliti che riflettono un benessere artificiale, luna sotto la
quale parlare d'amore.
Caparezza - Vengo dalla Luna
Crediamo in società multiculturale, crediamo in una società dell‟integrazione,
crediamo che tutti gli uomini sono uguali, è per questo motivo che il tema
dell‟immigrazione è al centro del nostro impegno politico. Gli immigrati sono
parte integrante della nostra società e la politica, in tutte le sue forme, deve
impegnarsi nel favorire lo sviluppo, l‟equità e la sicurezza, senza alimentare
focolai di tensione tra le diverse culture.
La politica portata avanti dal governo di centrodestra, con la normativa
Maroni-Berlusconi sulla sicurezza, è ideologica e non tiene in considerazione
la reale condizione del nostro Paese. È contraddittoria, come dimostrano le
recenti sanatorie o l‟ingresso nel mondo del lavoro stagionale. Inoltre
aumenta la divaricazione tra italiani e stranieri, favorendo l‟aumento
dell‟irregolarità, dell‟insicurezza, delle tensioni sociali e della sofferenza
umana.
I Giovani Democratici si impegnano quotidianamente nel contrasto dell‟azione
del Governo, combattendo i pregiudizi, le discriminazioni, sostenendo un
pensiero che difenda i diritti dei più deboli, la loro dignità personale, e
attivando un percorso d‟integrazione che riparta dalla valorizzazione del ruolo
sociale del fenomeno migratorio, per una società che si riconosca nei valori
dell‟uguaglianza e di una civile convivenza.
2 - L’Italia del domani
Come ha già fatto il Partito Democratico nella sua piattaforma
sull‟immigrazione, riteniamo sia doveroso cambiare l‟approccio al fenomeno.
Il cambiamento che è in atto nella società italiana ci impone una drastica
variazione dal punti di vista sociale ed economico, la mancanza di adeguate
strutture pubbliche e l‟invecchiamento della popolazione ci portano ad un
persistente bisogno dei servizi della persona che impone alla nostra
economia l‟introduzione di una nuova forza lavoro, pertanto una
organizzazione giovanile che si pone l‟obbiettivo di governare l‟Italia del
domani è consapevole del fatto che le politiche d‟integrazione vanno
considerate partendo dal presupposto che l‟investimento sulla formazione, il
superamento delle discriminazioni combattendo il lavoro nero e sommerso,
promuovendo la ricerca, rinnovando i diritti dei lavoratori siano snodi cruciali.
Solo attraverso una serie di riforme sarà possibile attuare un reale processo
d‟integrazione, che conduca a una maggiore responsabilizzazione degli
immigrati verso il nostro Paese attraverso un patto di diritti e doveri che li
coinvolga nella partecipazione alla vita pubblica. Questo percorso porterà ad
offrire le opportunità di un legale inserimento nel mondo del lavoro, della
tutela dei minori, dell‟accesso ai servizi sociali e sanitari, del diritto allo sport,
dell‟abitazione, dell‟istruzione. Esigendo di conseguenza l‟apprendimento
delle regole e della cultura italiana.
Il mutamento in atto nella società italiana è irreversibile come dimostrano i
dati dell‟andamento demografico, un sesto dei nuovi nati in Italia ha almeno
un genitore straniero, mentre i giovani di origine straniera incidono per un
decimo sulle classi di età comprese fino ai 39 anni.
Un paese che chiude le porte al fenomeno migratorio non guarda al proprio
futuro e mascherare la xenofobia e il rifiuto di una nuova società vuol dire
andare controtendenza ai dati demografici che vengono pubblicati sull‟Italia
del domani. I Gd devono conoscere questa Italia, darle spazio e aprire una
discussione e un confronto con essa, per questo bisogna partire dai territori e
aprire una discussione con loro, come sta già facendo il Forum del partito:
“Costruire la convivenza civile tra italiani e immigrati” nelle città italiane, tra
queste vi è Roma, con le sue periferie, con i suoi nuovi insediamenti, con le
nuove centralità urbane. Per capire e accettare il fenomeno dell‟immigrazione
bisogna ripartire da una nuova idea della città e della sua periferia, bisogna
ripensare l‟urbanistica.
ITALIANI DI NOME STRANIERI DI FATTO
E‟ la campagna che abbiamo lanciato nel settembre 2009 in un posto
particolare per la storia del nostro Paese, Lampedusa, porta del
Mediterraneo, meta di nuove speranze, spesso, troppo spesso teatro di
immagini drammatiche, della politica del rifiuto, della negazione dei diritti
come dimostra la cornice che ne descrive il sistema mediatico italiano e la
propaganda della Lega Nord che sull‟isola sta mettendo radici(!).
I punti della nostra campagna sono sei. Sono il nostro manifesto per l‟Italia
del domani, per i nostri coetanei e per chi avrà diciotto anni nel 2013, ragazzi
nati in Italia che non possono godere dei nostri stessi diritti.
1) Vogliamo una riforma del diritto di cittadinanza, perché chi nasce e cresce
nel nostro Paese deve ottenere il passaporto italiano, ciò permette almeno di
fissare le condizioni per sfuggire meno facilmente alle proprie responsabilità.
2) Esigiamo la cancellazione del reato di clandestinità, non è ammissibile
essere accusati di un reato che non viene commesso, né di essere accusati
per quello che si é.
3) Una legge quadro sul diritto d‟asilo, assente in Italia.
4) Il diritto di voto per gli immigrati per le elezioni amministrative, quale miglior
strumento di integrazione all‟interno dei contesti locali.
5) Un fondo speciale per le scuole con un alto tasso di alunni stranieri, da
finanziare con le entrate della sanatoria 2009.
6) Una nuova legge sulla libertà religiosa, perché la presenza di culti differenti
rende necessaria la riflessione sul rapporto tra le sensibilità religiosa e il
mondo che ci circonda.
7) Una legge sul diritto allo sport per gli immigrati, uno dei punti cruciali dei
diritti dell‟uomo come dimostra la carta dei diritti dell‟Unesco, perché non c‟è
miglior metodo di integrazione del gioco, della condivisione delle stesse
regole.
Vogliamo che l‟Italia del domani non faccia differenze tra le persone,
crediamo nell‟uguaglianza, crediamo nelle nuove generazioni e partendo da
piccoli cambiamenti vogliamo scrivere una bella pagina di democrazia.