DIzionario Cifrematica abstract

Post on 03-Feb-2023

0 views 0 download

transcript

Fabiola Giancotti

DIZIONARIODI CIFREMATICA

e

DIZIONARIO DEI NOMI

dagli scritti di

Armando Verdiglione

2001

© Fabiola GiancottiAssociazione Psicanalitica Italiana

Associazione di cifrematicaMilano 1993-2001

www.dizionariodicifrematica.itE-mail: info@dizionariodicifrematica.it

Dizionario di cifrematica

ABBANDONO - L’abbandono designal’inconiugabilità dell’amore e dell’odio. E hale due facce stesse del transfert: il parricidioe la sessualità (Processo alla parola, p. 155-6). •Il paradosso della delinquentia enuncia il pa-radosso dell’abbandono – sul proverbio del-l’odio (sull’impossibile alternativa prendereo lasciare) –, rendendo impossibile la conver-sione dell’eclissi linguistica nel soggetto de-ficiente. Il paradosso dell’abbandono enun-cia, tra l’homo fabula e l’homo fabbrica, l’immu-nità (Ibid., p. 156). • Abbandono: ossia inau-gurazione del parricidio. Abbandono: ossiainaugurazione della solitudine come condi-zione dell’itinerario. Abbandono originariocome maniera di dire che le cose stanno inuna simultaneità ciascuna volta e mai nel-l’unità (Il foglio e l’albero, p. 32 - c. l9.9.85). • Iltema dell’abbandono segna la parodia del-l’amore e dell’odio e enuncia, in particolare,il mito della famiglia. Abbandonato o abban-donare designa come nessuno nasca in unluogo, designa questa assenza di originespaziale, questo fatto che nessuno provengada una famiglia locale o localizzata. Il temadell’abbandono è il tema stesso del lutto, checomporta per ciascuno una elaborazione in-

torno al fatto che non c’è localizzazione e checiascuno di noi inizia il suo itinerario in unlabirinto anziché nella spelonca, anziché inun luogo. È anche il tema della malinconia,per esempio, in cui sembra che l’oggetto ab-bia abbandonato o sia stato abbandonato. Unabbandono dello specchio per cui le cose sem-brano assolutamente le stesse cose, quasispeculari. C’è, intanto, un rigore estremo nel-la malinconia che dice che l’oggetto non è maiquesto. Che lo specchio non è toccabile, nonè visibile, non è speculare. Pertanto, la ma-linconia è la migliore instaurazione del tu.Esige il tu. Contro l’abbandono, che in que-sto senso è anche una percezione dell’odio,c’è lo studium, l’indaffaramento. “Io mi ab-bandono a qualcosa” è il modo di tradurre inpratica comunitaria, senza sessualità, il mitodella madre (c. l5.l2.84). • L’abbandono ruo-ta attorno al parricidio (c. 6.4.85). • Cristo ac-cenna all’abbandono nella doppia accezione,quella che lo riporta sull’istanza della vendi-ta e quella che lo riporta sull’istanzadell’acquisizione, del ktema, quindi sull’istan-za del prendere o lasciare. Abbandono, anzi-tutto la domanda. Il dare da cui può indursila venalità dell’oggetto, cioè che l’oggetto è

A

15

Dizionario di cifrematica

venditore. Nel dare c’è non già ciò che si hama il non dell’avere. Se il quadrato logico nonpuò essere subordinarlo alla semantica,all’ontologia, l’albero non si può conoscere.È questo l’abbandono, che viene ribaditocome metafora dall’enunciato: Eli, Eli lamasabachtani. O dall’enunciato di Maria: non co-nosco uomo (c. 25.l.86). • L’abbandono ossia iltransfert la cui condizione sta nel sembiantee nella sua giustizia. Due facce dell’abban-dono, il parricidio e la sessualità. L’abbando-no come l’assunzione, come il transfert (c.27.3.86). • Occorre precisare che è il parricidioa essere originario non l’abbandono. Que-st’ultimo nell’Islam e nello Zen è inteso comeoccupazione, come studio; c’è l’occupazionese l’abbandono viene appunto inteso comeoriginario; e sempre intorno a questa questio-ne ruota la nozione di tempo libero. Del re-sto, è riscontrabile che molte volte qualcunosia diventato un eminente scienziato dopo ouna bocciatura o dopo una difficoltà estrema(Eq. 3.3.1985). • Islam significa abbandono estudium. Abbandono può intendersi anchecome studium e quindi come indaffaramento.Il tema dell’abbandono è il tema del transfert,possiamo indicarlo anche come mito. C’èun’accezione del termine mito come risvoltodella legge nella sembianza; c’è un effetto del-l’immagine che è un effetto cinematico e cheriguarda anche la responsabilità e il debitodella legge. Cosa significa responsabilità edebito della legge. Anzitutto che il senso nondipende dal voler dire, la sintassi non dipen-de dalla possessione. Eli, Eli, lama sabachtani?Eli, Eli: Dio mio, Dio mio. Oh Dio, oh Dio.Noi aggiungiamo mio però Dio. Dio, perchémi hai abbandonato. Bisogna verificare nel-l’ebraico se c’è questo tu. Dove dice tu mi haiabbandonato. Non dice perché io sono abban-donato, ma perché tu mi hai abbandonato.C’è l’abbandono. C’è poi il mito di Edipo, ilmito di Romolo. Edipo viene abbandonato –una volta non c’era la cosiddetta contracce-zione o aborto per cui venivano davvero ab-bandonati; il padre poteva dire sì o no, se te-nere o non tenere il figlio, oppure poteva dir-lo la madre stessa, a seconda di qualche so-gno che poteva aver fatto. E questo vale an-che per la madre di Ajasé, sogno o oracolo,

che viene abbandonato sulle rive di un fiu-me, in un bosco. Sono varie metafore, cosìanche Romolo che poi viene allevato dallalupa, anche questa è una metafora. È curiosoche, tra l’altro, nel mito di Romolo c’è anchel’ascensione. Non si dice com’è mortoRomolo, si dice che c’è stata l’ascensione, conil passaggio da Romolo a Numa Pompilio.Secondo la leggenda, Romolo dice a NumaPompilio: tu sei adesso il re. Per un verso c’èl’abbandono che è l’altra faccia dell’ascensio-ne, cioè l’impossibilità della vittima. Con ilcristianesimo non c’è più la vittima, l’avevodetto qualche anno fa con molte obiezioni aRené Girard. Oppure possiamo dire che l’ab-bandono ha due facce, tanto il parricidioquanto la sessualità (Eq. 13.3.1987). • L’ab-bandono è un eufemismo. La condizione del-l’abbandono è il distacco, è l’assoluto, la so-litudine. Se la condizione dell’abbandono èla solitudine, non c’è nessun pericolo né diessere abbandonati né di abbandonare. Ab-bandono è l’altro nome del transfert. Ma lacondizione è la solitudine. Chi soffre per l’ab-bandono è colui che si trova nel deserto e diceche potrebbe essere abbandonato.[...] Non cisi abbandona e non si è abbandonati. O, sevolete, per chi si sente abbandonato, bisognadire che non è abbandonato abbastanza (Lapaura e la depressione, SR, 16, 95). • “Padre,perché mi hai abbandonato?” è un’afferma-zione che nessuna donna può fare. Lo diceCristo, in croce, ma si è mai vista una donnain croce? Solo un povero cristo. La Madonnasta ai piedi della croce, ma non va sulla cro-ce. La Madonna non può dire: “Dio mio, Diomio, perché mi hai abbandonato?”. Può dir-lo solo Cristo. Una donna che lo dica nei con-fronti della madre enuncia un primitivo fan-tasma materno. Una rappresentazione delmatricidio alla rovescia: “Io ti ho uccisa, manon lo ammetto. Sei tu a avermi abbandona-ta” (La necessità del superfluo, SR, 20, 95). •L’abbandono: dare o non dare, prendere olasciare. Una volta i bambini erano o ricono-sciuti o abbandonati. O situati nellagenealogia, quindi accettati, o abbandonatilungo le rive del fiume, in un cesto, o in unbosco. Fino a non molto tempo fa venivanoabbandonati. Oppure venivano uccisi alla

16

ABBANDONO

Dizionario di cifrematica

nascita. Una pratica diffusissima fino all’ini-zio di questo secolo, in tutta Europa, proibitadalla Chiesa, ma con molti ammiccamenti.[...] Nella Mandragola c’è un riferimento al-l’aborto. Ma c’è anche un riferimento all’ab-bandono. L’abbandono ha un’altra accezio-ne, ma adesso lo diciamo con rapidità: il mitodell’abbandono, intransitivo e inconiugabile,è il mito dell’Annunciazione, il mito stessodell’automazione, dell’itinerario secondo lalogica funzionale, la cui condizione, in ognicaso, sta nel sembiante. È il mito del transfert.Il transfert ha due facce, il parricidio e lasessualità (Le donne, la finanza, la clinica, SR,22, 95). • L’abbandono. Gli ordinamenti socia-li e politici nascono così: prescrivendo ciò chenon esiste, ma sopra tutto vietando ciò chenon esiste. Per esempio: non bisogna abban-donare l’abbandono. E infatti, non c’è abban-dono dell’abbandono. L’abbandono è l’altronome dell’annunciazione, l’altro nome deltransfert. Il transfert non può essere preso,tolto, cancellato, abbandonato, innalzato,abbassato, rappresentato. Allora, come vie-ne dato antropomorficamente, come vieneumanizzato il transfert? Dicendo: sono statoabbandonato, io ho abbandonato, ti abban-dono, ci abbandoniamo. E ci sono alcuneideologie, anche nelle varie repubbliche ita-liane, che sono ideologie dell’abbandono,dell’avere subito un abbandono perpetuo.Nella dottrina di Platone, gli umani sono statiabbandonati, catapultati su questo pianeta,provenienti dallo stracielo. Ora, non è unateoria sbagliata. Solo che bisogna leggerla. Lostracielo, l’iperuranio, è il cielo, è il modo delcielo, il modo dell’apertura. Certamente, lecose procedono dallo stracielo, anche la ca-duta procede dallo stracielo e quindi dall’iro-nia. Anche l’abbandono, ma l’abbandono in-transitivo, non l’abbandonare qualcuno oqualcosa o l’essere abbandonati. L’abbando-no è intransitivo e inconiugabile, non è nem-meno riflessivo: il “ci abbandoniamo”dell’islam, oppure dello studium o dello zen,è un modo con cui il tempo, il taglio, vieneassunto (I capitani dell’avvenire, SR 34, 96). •Il mito dell’abbandono. Un tempo, i bambininon riconosciuti venivano abbandonati, per-ché c’era l’idea che il figlio dovesse essere ri-

conosciuto. Ma il riconoscimento è del lap-sus e esige il nome, il padre come nome. Ilmito del padre e il mito della madre, invece,implicano che l’abbandono è intransitivo.Non c’è chi abbandoni e non c’è chi sia ab-bandonato. Il mito dell’abbandono è il mitodell’annunciazione. È il mito del transfert, ilparricidio e la sessualità. Il mito dell’abban-dono implica il rinascimento e l’industria(L’impresa: insegnare, formare, produrre, SR 64,1999). • Molte dottrine e molte religioni sonocostruite intorno allo studio del modo dispazializzare l’intervallo o di spazializzare iltempo. E, quindi, intorno al cercare di fare,all’abbandonarsi, all’abbandono inteso cometransitivo. Del resto, il termine islam signifi-ca abbandono. Ma anche il termine studium,anche zen hanno la stessa accezione: cioèindaffaramento, preoccupazione, affanno.Una delle accezioni di cura è quella di affan-no. Securitas, invece, è sine-cura, senza affan-no (L’economia, la finanza, il profitto, SR 66,1999).

ABBONDANZA - Abbondanza: impossibilitàdi risparmiare la divisione (c. 4.l.86).

ABDUZIONE - Con la funzione vuota,l’abduzione enuncia entro la dimenticanzaquel che è insupponibile. E evoca una causaimpensabile. Non remota, ma nell’atto (La pe-ste, p. 92). • La prima constatazione della psi-canalisi riguarda l’inesistenza del comporta-mento: proprio perché c’è quel che dà luogoalla torsione linguistica, non al principio dellatortura, c’è abduzione dell’Altro. Un’abdu-zione che s’instaura insieme con l’alingua,con il sociale, per cui la danza si rivolge almalinteso anziché al comune (Manifesto delsecondo rinascimento, p. 98). • L’abduzione del-l’Altro, fra la seduzione dell’uno e la dedu-zione dello zero, è un caso di citazione [...].L’abduzione indica come la funzione vuotacomporti la dimenticanza e come ciascun attosia mancato in quanto atto di dimenticanza(La mia industria, p. 149). • La questione deltempo si chiama abduzione. L’abduzione èdell’Altro. L’Altro abduce, lo zero deduce,l’uno seduce (c. 20-21.3.1993). • Quella cheCharles Sanders Peirce chiama ipotesi (o

17

ABDUZIONE

Dizionario di cifrematica

abduzione o retroduzione) è l’abduzione del-l’Altro. Il filosofo americano porta l’esempiodi quanto gli accadde nel giugno 1879, sulvapore Bristol, al suo arrivo a New York. La-sciando la nave, dimenticò l’orologio e il so-prabito a bordo. Tornato a cercarli, trovò cheerano scomparsi. Fece allineare sul ponte tuttii camerieri, andò da un capo all’altro dellafila, parlando un poco con ciascuno di loro,poi, in capo a un minuto si voltò e, senza al-cun dubbio, puntò l’indice verso il ladro (Ilprofitto intellettuale, SR 40, 97). • Venerdì 20giugno 1879, Charles S. Peirce s’imbarcò aBoston, sul vapore Bristol della compagniaFall River, diretto a New York [...] Al suo ar-rivo a New York, il mattino seguente, egli pro-vò una “strana, confusa sensazione” alla te-sta, che attribuì all’aria viziata della sua ca-bina. Si vestì in gran fretta e lasciò la nave.Nella smania di prendere un po’ d’aria fre-sca, egli dimenticò il soprabito e un costosoorologio Tiffany ad ancora, che gli era statocomprato dal governo statunitense per il suolavoro con il Coast Survey. Subito accortosidella distrazione, Peirce si precipitò di nuo-vo sulla nave, ma solo per trovare che i suoioggetti erano scomparsi; a questo punto, po-sto di fronte a quella che egli avrebbe consi-derato “una vergogna professionale per tut-ta la vita” qualora non fosse stato in grado direstituire l’orologio in perfette condizioni, eglici racconta che “dopo aver fatto allineare tuttii camerieri di colore, indipendentemente dalponte cui appartenevano [...] andai da uncapo all’altro della fila, e parlai per un poco aognuno, nella maniera più dégagé possibile:qualunque argomento potesse suscitare l’in-teresse del mio interlocutore andava bene,purché questi non s’insospettisse e io potessisembrare tanto sciocco da riuscire a scoprirequalche sintomo del furto commesso. Quan-do ebbi percorsa tutta la fila mi voltai e miallontanai da loro, senza però andarmene via,e dissi a me stesso ‘Neppure il minimo bar-lume di luce!’ [Ha dietro di sé la tenebra! Siallontana, si avvicina, si allontana. La tene-bra è essenziale, Leonardo dice che è il nul-la]. Ma allora, il mio altro io (dato che i nostriscambi interiori sono sempre in forma di dia-logo) mi disse ‘Ma tu devi semplicemente

puntare il dito sulla persona. Anche se nonne hai alcuna ragione, devi dire chi tu pensisia il ladro’. Così, camminando feci un picco-lo giro (non era passato nemmeno un minu-to) e quando mi voltai verso di loro ogniombra di dubbio era svanita. Non c’era alcu-na autocritica (tutto questo sarebbe stato fuoriluogo) (Peirce 1929: 271). [...] Peirce indica illadro. Vengono fatte le indagini. In un primotempo, gli investigatori non tengono contodelle indicazioni di Peirce e seguono una pi-sta sbagliata; finalmente, si convincono e ar-rivano alla conclusione che il ladro è propriola persona che Peirce aveva indicato fin dal-l’inizio, contro il loro parere. È questal’abduzione dell’Altro. Peirce mostra quale sial’atteggiamento della polizia. La polizia èmossa dall’ideologia del sospetto: esaminatutti coloro che sono sulla nave e, in base aiprecedenti, alla plausibilità, alla verosimi–glianza, stabilisce quale sia la persona dapedinare. Evidentemente, sbaglia. Però, poi-ché si tratta di procedura anglosassone, il pre-sunto colpevole non viene arrestato e non losi costringe a provare che è innocente. Peirce,invece, segue un’altra logica: egli formulaun’ipotesi che non è il sospetto. È l’abduzione.O retroduzione. Scrive Peirce: “Nel campodella conoscenza non si può fare il più picco-lo passo al di là del semplice guardare, senzacompiere un’abduzione ogni momento” (Ms.692). L’abduzione dell’Altro è la base del miraco-lo. Questo brano l’ho ripreso direttamente daPeirce, quando discutevamo, nell’estate del’79, alla clinica universitaria leggendo ancheSchreber (La psicanalisi, la clinica, la cifrematicain Italia e nel pianeta, SR 42, 97).

ABELE - Abele: il figlio di cui avrebbe biso-gno dio, il figlio che rappresenterebbe il pun-to debole di dio, che rappresenterebbe il pre-ferito di dio. Il figlio preso nella necrofilia. Ilfiglio come vittima designata, come caproespiatorio. Il primo incapace. Caino aiutaAbele a essere figlio di dio, a essere il preferi-to, a essere l’eletto (c. 4.l.86).

ABDICAZIONE - La nostra lettura del testodi Machiavelli sfata la possibilità che il di-scorso occidentale si fondi sul discorso para-

ABELE

18

Dizionario di cifrematica

noico. E trae tutto il contributo del testo diDaniel Paul Schreber. Apparentemente, c’èun’abdicazione. Daniel Paul Schreber si firmacome Senatspräsident. Le Cose memorabili, tut-tavia, le scrive firmandosi Daniel PaulSchreber. Anche qui, ha colto qualcosa di es-senziale. C’è un abdicazione per cui CarloRossi, diventato presidente della Corte d’Ap-pello, si considera e viene considerato nume-ro uno. C’è un’abdicazione nell’investituradivina (o umana o laicista, teista o atea) diCarlo Rossi come presidente della Corted’Appello. È in virtù di un’abdicazione chequesto avviene. È questo che sottolineaDaniel Paul Schreber. Nella sua traversata,egli non si nomina; apparentemente, fa il ver-so a ogni Senatspräsident che diventi il nume-ro uno, il nome del nome: in virtù dellagenealogia, e stabilito il numero uno, tutti glialtri sono “dipendenti”. Si ripropone la logi-ca del padrone e dello schiavo. Egli, invece,riporta l’abdicazione – che è la prerogativadi qualsiasi investitura divina, umana, laicista– come fantasma (Discorso paranoico e cancro,SR 65, 1999).

ABERRANTE - L’aberrante causa come Nes-sun altro e provoca l’intersezione dell’equi-voco dello zero e della menzogna dell’unonel malinteso dell’Altro (Dio, p. 96).

ABIETTO - Assumere l’abietto significa farsicarico del corpo quasi fosse un peso non ap-pena fugato il punto e quasi potesse diven-tare supporto del desiderio dell’Altro (Dio,p. 81). • L’abietto causa come Apollo. E spe-cula (Ibid., p. 82). • Il dono e il rifiuto sonorappresentazioni impossibili dell’abietto (Lamia industria, p. 128).

ABISSO - Abisso: l’inconscio stesso, si stagliasul caos, sull’anoressia intellettuale, sul cri-mine originario. Abisso: particolarità e caso.Senza fondo è la parola sia come logica siacome caso (c. 22.l2.85).

ABITO - Abito: vestimento reso personale inelusione del sembiante. Divisa: vestimentoreso sociale in elusione dell’automa (c.l9.6.84). • L’abito: zona erogena. L’abito fa il

monaco ossia si dilegua nella pornografia (c.29.3.86).

ABORTO - CIFRANTE. L’aborto significa lamassima umiliazione che la società s’inflig-ge per formarsi sotto il concetto di sudditanza(sotto il concetto metapolitico di procreazio-ne). L’infanticidio vale il segno di un amorecomunitario dove l’io si giustifica e si addo-mestica in quanto amante. In assenza dellatransustanziazione, l’infanticidio assume ilsuo beneficio dall’identità fra l’io e l’amante(l’Altro). In un sostantificarsi che contemplail farsi oggetto e l’incarnazione. Una volta sta-bilito il matricidio, Calvino ne coltiva la con-seguenza nell’infanticidio (accogliendo l’as-sunzione della droga; anziché la transu-stanziazione) (Il giardino dell’automa, p. 209).• Abortirsi significa inseguire eternamente ildiavolo poiché l’io, una volta domestico, unavolta unitario, una volta tendente all’uno, ri-torna come diavolo (c. l.8.83).

ABUSO - Abuso di transfert? Abuso lingui-stico. L’abuso fa il racconto, fra dimentican-za e sogno. L’abuso apre alla poesia (Processoalla parola, p. 150). Quindi, ci sono la necessi-tà sintattica, la necessità frastica, la necessitàpragmatica o contingenza o occorrenza.Catacresi, in latino, si traduce con ab-usus,abuso, cioè non uso, distante dall’uso, un usoassolutamente inusuale, assolutamente inso-lito, un uso mai usato, un uso inusabile. Es-senziale questo ab. L’ab-uso non ha niente ache vedere con l’uso comune, con l’uso so-ciale, con l’uso politico, con l’uso istituzio-nale. Ab-uso – da qui, il racconto (L’avveniredel pianeta, SR 52, 98).

ABUTILITÀ/UTILITÀ/UTILITARISMO -L’abutilità è l’utilità pragmatica, l’utilità cheintroduce il pubblico, indice dell’infinito dellaparola, il pubblico della cosa, e l’impresa nellasua immunità, quindi la comunicazionepragmatica e diplomatica, l’utilità comune.L’utilitarismo presume l’utile come fine, l’uti-le anche al posto della giustizia e del dirittodell’Altro, sopprimendo l’Altro e il tempo(Niccolò Machiavelli, p. 70).

ABUTILITÀ/UTILITÀ/UTILITARISMO

19

Dizionario di cifrematica

ACCADIMENTO - L’accadimento è sia l’av-venimento sia il divenire, quindi l’evento.“Qualcosa accade”, invece, è il miracolo. Ildivenire non è il soggetto. Ma, nella gnosi, ilsoggetto ha preso il posto del divenire (L’ali-bi della parola: economia e finanza, SR 45, 97).

ACCELERAZIONE - Accelerazione, rapidi-tà: ricordo della variazione su cui si situa l’in-telligenza artificiale (c. 7.8.85).

ACCETTAZIONE/NON ACCETTAZIONE -(In Socrate) c’è l’accettazione della cicuta.Cosa avrebbe dovuto fare Socrate? Fuggire,come gli suggerivano gli allievi? Sarebbe stataanche questa, sotto la specie del rifiuto, un’ac-cettazione, una consacrazione. Con Socrate,la contraddizione e il paradosso non emer-gono al punto tale da instaurare, rispetto allacittà, alla polis, l’inconciliabile, l’insopporta-bile e l’incompatibile. Questo è ciò che Socratenon fa. La questione è se lo fa, o no, Cristo.Cristo sembra accettare il calice. Ma a unalettura più attenta del Vangelo, possiamo con-statare che Cristo non accetta il calice. Il com-mento al Vangelo spesso ci ha consegnato unmessaggio distorto, ci ha detto che Cristo haaccettato il calice. No, Cristo dice: “Dio, al-lontana da me questo calice”. E dice: “Diomio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.Qui c’è un interrogativo, non è sicuro che cisia stato un abbandono e che sia stato abban-donato. E, comunque, Cristo non si abbando-na. La costante nel Vangelo, a una lettura at-tenta, è la non accettazione. La non accetta-zione può dare un’altra portata al sacrificio,per cui non si tratta più della morte dell’agnel-lo o del figlio o del padre; si tratta del sacrifi-cio in un’altra accezione, cioè del sacrificiosenza la morte. Sacrificio: le cose che si dico-no si fanno. Sacrificio, cioè sac, il sacro, il dire.[...] Il sacro, il sacrificio, la saga. Assolutamen-te essenziale, scrive san Paolo, la resurrezio-ne. Ma la resurrezione è un’implicazione del-la non accettazione. Se Cristo accetta il calice,se accetta la morte, è sicurissimo che non c’èresurrezione e che il sacrificio è la morte delfiglio, la morte di Dio e la morte del padre(Per ragioni di salute, SR 29, 96).

ACCOGLIENZA DELLA DOMANDA - IO.L’accoglienza della domanda instaura l’ascol-to. Senza l’accoglienza la domanda viene con-vertita nel domandare, nel domandarsi,nell’erotizzarsi addosso, nella facilità e nellacomplicità del cerimoniale esorcistico, nellacompagnia tanatologica. Viene convertita neimodelli di comportamento e di azione (Il giar-dino dell’automa, p. 311).

ACCOGLIMENTO - L’accoglimento esigedue cose: l’instaurazione del sembiante – chepassa anche attraverso norme, regole e moti-vi e attraverso la sembianza – e il dispositivodi ascolto (La necessità del superfluo, SR, 20, 6/95).

ACCORGERSI – Un conto è dire che altri siaccorge, un conto è dire: io mi accorgo. L’ac-corgersi è percezione e è nella sembianza. Lapercezione non è visiva ma è acustica. L’al-tro tempo è – come Leonardo nota – anato-mia dell’immagine e modo dell’anatomia del-l’immagine. Anatomia non del corpo, ma del-l’immagine. Se l’anatomia è ritenuta anato-mia del corpo, anatomia della scena, deveinscriversi nel corpo e nella scena, quindianche rappresentarsi. Questo è più interes-sante che non la psicosomatica, che è solo unastupidissima applicazione del discorso occi-dentale (Per ragioni di salute, SR 29, 96).

ACCUSA - In una procedura impenale, l’ac-cusa instaura la causa, anziché obiettivarla,anziché demonizzarla (Processo alla parola, p.268). • L’accusatio e la defensio dovrebbero, fradiverse positiones, decidere del tempo, e cioègiudicare il giudizio, stabilire dove stia il se-gno della differenza. L’accusa instaura la cau-sa come condizione della proceduraimpenale. Una maniera d’introdurre la giu-stizia dello stato quale punto, che è la giusti-zia come modo in cui il punto e ilcontrappunto intervengono nella parola.L’accusa è sempre ipocrita (c. 27.7.85). • L’ac-cusa, nell’analisi, enuncia una riconoscenza.L’accusa originaria enuncia il riconoscimen-to e quindi la riconoscenza. Il ringraziamen-to è una forma di preghiera, di speranza, e sisitua nella logica delle relazioni (c. 21.2.87).

ACCADIMENTO

20

Dizionario di cifrematica

ACHILLE E LA TARTARUGA - La via non èmai facile. La vita non è facile. Fra Achille ela tartaruga tutto sembra facile, nel senso chela tartaruga sembra assolutamente raggiun-gibile, per Achille. Sembra fuori questione cheAchille raggiunga la tartaruga. La tartarugasembra una meta o un traguardo facile. Qua-si neppure un passo e Achille dovrebbe rag-giungere la tartaruga. Ecco le modalità ri-spondenti alla facoltà. Le modalitàperformative rispondenti alla competenza,alla facoltà di Achille sono quelle di potere equindi dovere raggiungere la tartaruga. Lacosa sembra facile, facilissima, neanche a dir-lo! Sembra scontata, senza sforzo, per Achille.Senza nessuno sforzo. Nella facoltà di Achille.Sembra spettare a Achille questa facilità, que-sta facilitazione di raggiungere la tartaruga.Rispetto alla tartaruga, Achille sembra natocon la camicia! Achille avrebbe la facoltà in-nata di potere raggiungere la tartaruga. Fa-coltà naturale. Senza nessuno ostacolo. Sen-za inciampo. Una cosa facile e piana. Achillepuò raggiungere la tartaruga? Deve raggiun-gere la tartaruga? Ma certo! Raggiungereb-be, o raggiungerà, la tartaruga? O avrebberaggiunto? È sempre una meta, una meta datacome relativa, comunque una meta possibilerispetto a qualsiasi meta ideale, per Achille.Achille può prefiggersi una meta ideale e vada sé che possa conseguire, raggiungere que-sta metà così vicina, così prossima al suo pie-de. La velocità, la rapidità sono, poi, virtùproprie alla facilità con cui il piede può rag-giungere la tartaruga. È già qui una distin-zione tra il piede e Achille – certamente unadistinzione tra il piede e il passo. Achille, pièveloce. Achille dal piede veloce. Edipo dalpiede gonfio. Achille dal piede veloce. Que-sto ragionamento che cosa toglie? L’inconci-liabile, l’ostacolo, lo sforzo, il tempo. La pre-sunzione di Achille rimane ideale, quindipossibile (soltanto possibile) e quindi neces-saria. Rispetto al piede e al passo, tolto l’osta-colo – tolto il punto vuoto, tolto il punto dioblio – semplicemente il passo non c’è. Nontenere conto della voce (del punto vuoto edel punto di oblio, dell’intervallo) comportaper Achille la trasformazione in vampiro.Come quando c’è la redazione di un libro e,

a un certo punto, c’è un intervallo: l’interval-lo non può essere tolto, l’intervallo, la voce,punto vuoto e punto di oblio, l’ostacolo.Achille è costretto a segnare il passo, a noncompiere il passo e a precipitare nell’abisso,o nel baratro, se il suo concetto, la sua visio-ne della vita e della cosa è quella cui abbia-mo accennato prima: che è cosa facile per luiraggiungere la tartaruga. Il problema sta an-che nella formula. Perché mai Achille dovreb-be raggiungere la tartaruga? Come mai po-trebbe raggiungerla? Raggiungere la tartaru-ga corrisponde a porre la tartaruga comemeta. Quindi irraggiungibile, ideale. E quel-la che viene posta come relativa e possibile èsoltanto un abbaglio. Ma procediamo lungoquesto piede e questo passo, altrimenti ri-schiamo anche noi di fare come Achille. Sen-za la relazione, senza l’inconciliabile. Senzaombra, senza ostacolo, senza sforzo, così sem-bra la cosa per Achille. La cosa definita dalraggiungimento della tartaruga. Achille nonfa il passo, segna il passo, dunque precipitanell’abisso o nel baratro. Ma Achille che pre-cipita nel baratro o nell’abisso può dire: “Chestupida tartaruga!”. La tartaruga rappresen-ta, a questo punto, l’ostacolo. “Che stupidatartaruga”. Ma la tartaruga è stupida, cioèl’Altro è stupido, per la nostra complicità.Senza la complicità di Achille non sarebbestupida. Perché mai si prefigge di raggiun-gerla? Il passo e il piede s’instaurano lungola via, che è contrassegnata dall’infinito e nondal finito. Per raggiungere la tartaruga,Achille deve partire dall’idea della fine, dal-l’idea di fine delle cose – fine della storia, finedell’occidente, fine della cultura, fine dell’artee, ancora, fine di regimi dell’orrore, fine del-la barbarie o fine della civiltà. Credendo chela relazione sia la relazione tra lui e la tarta-ruga, Achille si trova dinanzi alla sua primaesclamazione: “Che imbecille questa tartaru-ga”. E precipita nell’abisso. L’abisso anzichél’inconciliabile. Credendo che tra lui e la tar-taruga non ci sia ostacolo né sforzo, precipi-ta nel baratro – il baratro al posto del tempo.Nel primo caso, la presunta imbecillità dellatartaruga esige un’altra enunciazione dellasfida, dato che prima la sfida non era stataper nulla enunciata: Achille credeva che la

ACHILLE E LA TARTARUGA

21

Dizionario di cifrematica

sfida fosse quella di raggiungere la tartaru-ga. Nel secondo caso, “Che stupida tartaru-ga”, la stupidità dell’Altro – che comporta lanostra complicità, la complicità di Achille –esige un’altra enunciazione della scommes-sa. Aveva abolito la scommessa, o l’aveva in-tesa come cosa facile che dovesse avveniresemplicemente tra lui e la tartaruga, come sedovesse semplicemente raggiungere la tarta-ruga. Riteneva che la cosa facile, scontata,fosse quella di raggiungere la tartaruga, sen-za l’infinito della parola. Il postmoderno èquesto. Tutto ciò che è negato della moderni-tà ritorna come arcaismo, come barbarie,come residuo. Ora imbecille ora stupido. Im-becillità e stupidità affidate sempre all’Altro.Achille non considera l’ostacolo, l’inciampo,lo sforzo, il taglio lungo la via, per lui si trat-terebbe soltanto di animazione. Rispetto allatermodinamica non c’è problema: la rivolu-zione sociale, politica, finanziaria ispirata allatermodinamica darebbe subito Achille vin-cente, colui che raggiunge, senz’Altro, la tar-taruga. Tolto l’Altro. E tuttavia, Achille nonsolo non raggiunge la tartaruga ma si tramu-ta in morte, luogo comune, soggetto. Sogget-to distribuito. Perché ci sono due aspetti delcerchio, quello che riguarda il conduttore dianime (il maestro, lo psichiatra, lopsicopompo) e quello che riguarda il condot-to (il paziente). La morte fatta soggetto. Que-sta è la formula che dà il risultato finale delprocesso tra conduttore e condotto, tra psi-chiatra e paziente e quindi dell’animazionestessa che costituisce il cerchio dell’Uroboro,ovvero il cerchio della morte, dove la morteè luogo comune, è soggetto, morte che diven-ta carne e sangue, circolazione del cerchio.“Paziente” evoca la strega. La strega era con-siderata la paziente rispetto al sistemainquisitoriale, e passione era quella dell’in-quisitore o del santo. Così, paziente e psichia-tra. Nulla di naturale fra Achille e la tartaru-ga, fra il piede e la tartaruga. Il passo non ènaturale. Il passo e il piede traggono all’arti-ficio e alla scrittura dell’artificio, all’intendi-mento, alla piega. Dunque, a ben altra lin-gua! La lingua in cui ciascuno intende, la lin-gua dell’intendimento, la lingua semplice.Lontanissima dalla lingua facile, dalla lingua

universale. Oggi viene proposta una linguauniversale, una lingua vernacolare come lin-gua facile, quella per cui se anche Achille nonpuò raggiungere la tartaruga, almeno può co-municare con la tartaruga. E così, la tartaru-ga e Achille, sarebbero nella stessaquantificazione universale, sarebbero comela morte e il soggetto. Non più la morte e l’uo-mo, ma la morte e il soggetto. Non più lamorte e Socrate, la morte e Giacomino, ma lamorte e il soggetto (La repubblica senzaarcaismi, SR, 14, 9-10/94).

ACOSMIA - L’acosmia indica come l’intelli-genza si costituisca sull’innumerazione comeun’arte (c. 7.8.85).

ACQUA - L’acqua: l’indice dell’automazio-ne, del ritmo secondo il suo funzionamentoe il suo debordamento. La tecnica e la mac-china, la forza dell’onda. La poesia dell’ac-qua. La poesia della pittura. La pioggia (C, 5v): come incomincia e quando incomincia, ifili sottili, le picciole gocciole, la svista degliuomini dinanzi alla pioggia che incomincia,il vicino e il lontano. L’epica, la poesia e ilromanzo dell’acqua. La saga della goccia.L’acqua. Da dove viene e dove va. Quandotrova pace. Come il vento la molesta. C, 26 v:“Nessuna cosa sanza lei ritiene di sé la pri-ma forma. Lei collega e aumenta i corpi adaccrescimento. Nessuna cosa più lieve di leila può sanza violenza penetrare. Volentierisi leva per lo caldo in sottile vapore per l’aria.Il freddo la congela. Stabilità la corrompe”.Dopo tanta giocosa solennità, la narrazioneprosegue in modo apparentemente profetico.“Al suo furore non vale alcuno umano ripa-ro e, se vale, non fia permanente”. Come l’ac-qua entra nella pittura. Quale il balzo in unasecchia? Quale in un “gran pelago” (C, 22 r)?L’acqua che corre per “diverse qualità di pia-no” (C, 25 v). Il corso dell’acqua dei fiumi: ilrisalto da riva a riva, la combinazione dei li-neamenti d’acqua, la loro torsione, alcuni ces-sano, altri incominciano, s’intersecano, si di-vidono. “E qui diriva di diritti fiumi farsi ser-peggianti e retorti” (C, 26 r). CA, 796 r: “Del-le gocciole che si compongano nell’aria”.L’ellissi, l’iperbole e la parabola della piog-

ACOSMIA

22

Dizionario di cifrematica

gia. Il dizionario dell’acqua, delle nuvole, deiventi, del mare, della neve, della luce. Isimulacri del sole nell’acqua (Lei, 5 v). Il si-mulacro nella goccia d’acqua. Lei, 25 r:“L’aria, ch’è superata dal peso del panniculodell’acqua, che la veste, penetra in piccoleparticule per esso panniculo le quali, per leragion dette, non si pò separare dalla suacolleganzia, ovver vischiosità, onde discen-de, per l’acquistato peso, dalli lati d’esso cor-po, e si ferma congiunto alla basa della mez-za spera d’aria, onde discese”. Come le ac-que s’intersecano nella combinazione. Ecco icanaletti (Lei, 35 r): “Quel che io voglio di lorreferire è che qui si creava frusso e refrusso”.Al foglio 5 r: i corsi d’acqua “mutano il mon-do di centro e di figura”. E ancora: “Nota ilmoto del livello dell’acqua, il quale fa a usode’ capegli, che hanno due moti, de’ qualil’uno attende al peso del vello, l’altro alliniamento delle volte”. Ar, 145 v: il moto deisolidi, dei liquidi, del fuoco. E la rivoluzio-ne. La forza. Al foglio 135 v: “L’acqua, quan-do discende nell’acqua, più non pesa, e piùnon desidera andare al centro del mondo”. Eal foglio 57 r la saga della pioggia: “Questal’alte cime de’ monti consuma. Questa i gransassi discalza e remove. Questa scaccia il marede li antichi liti, perché col portato terrenol’inalza il fondo. Questa l’alte ripe conquassae ruina; nessuna fermezza in lei giamai sevede, che subito non corrompa sua natura.Questa co’ sua fiumi cierca delle valli ognipendice, e dove leva e dove pone novo terre-no”. E oltre (Leonardo da Vinci, p. 211-212). •E l’acqua, come il vento, viene e va. Al muli-no. Bevete e mangiate. Il sangue, come l’ac-qua, indica l’automazione, anziché lagenealogia dell’animazione. “Contrario èl’origine del mare all’origine del sangue, per-ché il mare riceve in sé tutti li fiumi, li qualison sol causati dalli vapori acquei levati infral’aria, ma il mare del sangue è causa di tuttele vene” (W, 137 r). L’“alito” della terra. Ilsangue. Dalla relazione all’automazione. Larivoluzione del sangue (W, 50 r). Il vecchiodi Firenze, all’ospedale, i suoi cento anni, il“mancamento di sangue” (W, 69 v) (Ibid., p.276). • Narciso trova nell’acqua il mezzo inautomazione, la parola in automazione e in

definitiva il primo ologramma (c. l9.9.85). •L’acqua. Già nel guardarsi incomincia l’au-tomazione. La differenza non si edifica. L’im-magine di cui si tratta con l’acqua, anzituttoè semovente, altra, quindi elettronica (c.25.l.86).

ACQUISIZIONE - Ciò che non è acquisito ri-mane un’acquisizione, diceva Tucidide,un’acquisizione perenne, per sempre. Il per in-dica che qualcosa non è mai acquisito, che laserie non è mai acquisita, non è mai assunta,presa. Il per sempre non è nel senso del finibilema in direzione dell’infinito (c. l2.l0.85). • Leparole, le cose, entrano in un’acquisizione pe-renne, un’acquisizione per sempre, che nonsi converte mai nel dato o nell’acquisito (c.23.ll.85). • L’acquisto – in greco è ktéma(Tucidide: “Ktéma eis aei”, l’acquisizione persempre). Dove sta l’acquisizione? Nella scrit-tura. Nella scrittura della ricerca, attraversol’altra lingua, e nella scrittura del fare, nellastruttura dell’Altro. L’acquisizione, o acqui-sto, sta lì. Lì sta il guadagno, lì la soddisfa-zione. Lì la conclusione (L’analisi della NewAge. La lingua della salute, SR 55, 98).

ACUSTICA - CIFRANTE. Il semplice è l’altrafaccia del difficile: come l’acustica è l’altrafaccia dell’alinguistica (Il giardino dell’automa,p. 245).

AD IMAGINEM DEI - CIFRANTE. L’approccioal parricidio lo compie forse Platone? Lo com-piono sopra tutto sant’Ambrogio e sant’Ago-stino. Con i primi elementi della logica dellanominazione. Ad imaginem dei. Questo adimpedisce la specularità, la visività, l’afonia.Impedisce l’unità, la somiglianza, l’identità,l’analogia, l’opposizione. Pone l’autismo (Ilgiardino dell’automa, p. 117).

ADAEQUATIO - Quale superficie non pen-de da nessuna parte? Per il precipizio delleparole, la struttura dell’equità si fa equivo-co. L’adaequatio fa pendere sia l’equità ver-so l’equivocità e l’umorismo sia l’adatta-mento verso l’ironia. Appianare la sintassivarrebbe a metterla al servizio delcodificabile. Appianare la relazione varreb-

ADAEQUATIO

23

Dizionario di cifrematica

be a renderla sociale (Sessualità e intelligen-za, p. 15/16).

ADATTAMENTO - L’adattamento delle cose,in quanto procedono dal due, viene esercita-to dalla relazione (Processo alla parola, p. 199).• Adattamento: le cose si adattano, le coseche procedono dal due stabiliscono la rela-zione. Qui, a proposito dell’albero, dell’aper-tura, del vel, può intendersi il “... se allora...”che, nella logica matematica, oscilla fra varielogiche. Quanto viene posto come minaccia,a volte come aut aut, come sfida [...] si quali-fica nella logica delle relazioni. Non c’è autaut che non sia una maniera dell’anoressia dienunciare il vel vel. Ciascuno che si trovi ascegliere tra due e, quindi, in un aut aut siritroverà sempre in un vel. E se rinuncia auna cosa rinuncia anche all’altra. E se vuoleguadagnare una cosa per perderne un’altra,le perde entrambi (Il foglio e l’albero, p. 47 - c.l2.l0.85). • Adequatio rei intellectus, Lacan in-tendeva il rei nel senso del reo. Io ho analiz-zato la formula dell’adequatio, perché non c’èuguale, il termine adequatio è una constata-zione per un verso dell’anomalia cioè del-l’ineguale, per l’altro verso dell’ironia nellamisura in cui si volge in adattamento. Adat-tamento è una formazione quasi vicina al ter-mine malattia, si tratta sempre di actus, ad-actus, male-actus malattia, c’è sempre apio chepoi è coapio, anche rispetto al termine cop-pia, cum-apio. Apio, aptus, ad-aptus, male-aptus(20-21.3.1993).

ADDOMESTICAMENTO - La giustizia do-mestica è certamente la giustizia dell’Altro,la giustizia applicata all’altro rappresentato.Così, anche il diritto domestico diventa la ra-gione sull’altro rappresentato e la ragione sudi sé. Quando viene detto, per esempio, “ionon ho ragione” prima ancora di combatte-re, è perché la ragione viene vista semprecome un diritto domestico, da applicare a séo all’altro. L’addomesticamento della leggeequivale alla legalità e all’illegalità. In altreparole, il sistema di legalità e d’illegalità èquel sistema che addomestica la legge e, cioè,la sopprime come legge della parola. Non c’èpiù la legge della parola, viene addomestica-

ta in questo modo. Non c’è più l’etica dellaparola, viene addomesticata in questo modo(La scrittura civile, SR 49, 97).

ADEGUAMENTO - Adaequatio rei estintellectus: qui però la cosa non comporta ilreo. E l’adeguamento introduce l’anomalo,l’ineguale. Senza più il principio d’intolleran-za (Quale accusa?, p. 122). • Sempre da æquus:adæquatio. L’adeguamento è l’instaurazionestessa dell’inconciliabile del due. L’adegua-mento non è la conciliazione né il compro-messo né il rapporto sociale o sessuale o eco-nomico o finanziario o politico, cioè non èarmonia sociale o politica o economica o fi-nanziaria (c. 20.12.1999).

ADIACENZA - La nominazione si muovenell’adiacenza, nell’asse indistruttibile dellaparola. I nomi sono adiacenti. A scandire unaderiva, a tratteggiare la tela in cui si scrive lalegge, l’alea del godimento. Il quale si pro-duce sul versante della condensazione.L’adiacenza non è immanente né trascenden-te (La dissidenza freudiana, p. 56). • GIORNALI-STA. E l’adiacenza è l’Altro quando la nume-razione – di passo in passo – giunge alla fron-tiera del tempo e quando il calcolo – di erro-re in errore – giunge al limite del tempo (Ilgiardino dell’automa, p. 219/220). • A propo-sito del termine adiacenza dal Manifesto delsecondo rinascimento: “l’Altro è l’adiacenza,non il corpo. Se l’Altro è l’adiacenza, comepuò avere il suo luogo nel corpo?”. Com’èche io sono arrivato a questa nozione di adia-cenza e poi di transfinito, tout court? Perchéc’era in tutta la linguistica praghese, russa,di Copenaghen, di Ginevra, e poi nella lin-guistica di Chomsky, questa nozione disoggiacenza che poi era un altro modo di diresostanza, si riconduce, sta nella costellazio-ne della sostanza. Allora dicevo no: c’èun’adiacenza delle cose, non una soggia-cenza. L’adiacenza è arrivata a qualificarsi nelfare, nel pragma. Quindi, la struttura non sidistingue dalla sovrastruttura. Anzi non c’èsovrastruttura o infrastruttura. L’industrianon è una struttura formale, semantica, so-stanziale. L’adiacenza comporta l’infinito.Forse se c’è un’adiacenza e non soggiacenza,

ADATTAMENTO

24

Dizionario di cifrematica

le cose procedono per integrazione, quindianche la scrittura. Se dico adiacenza, dico cheè impossibile la circolazione. La nozione diadiacenza non è così semplice da trovare an-che leggendo molti testi, pure di linguistica.È intervenuta in Deleuze e Guattari, ma ioho fatto obiezione al loro uso del termine.Vicinanza e lontananza non hanno niente avedere con l’adiacenza, poiché riguardanol’oggetto. Il punto più vicino è il punto piùlontano. Se si soggettivizza l’oggetto, se siattribuisce la lontananza e la vicinanza al sog-getto, allora ci sono i vicini e i lontani. Di-venta un cerchio: vicini e lontani dal cerchio(Eq. 27.3.1987).

ADORAZIONE - L’adorazione, quale com-pagna dell’esecrazione, sostituisce il rigettodella funzione alla funzione di rigetto (Dio,p. 207).

AEQUITAS/INIQUITAS - Aequitas einiquitas: l’equivoco sfugge l’iniquità propriaalla dicotomia univoco polivoco. Conaequibilitas la questione è quella della parità.Equità o parità: la superficie, pure suppostapiana, per un rigetto e per un rilievo, perl’Aufhebung, si mette a pendere. Così la tavo-la, con il suo squarcio (Sessualità e intelligen-za, p. 16).

AFASIA - Fra i due impossibili, fra i due bor-di, la corda dell’adiacenza: l’Altro. Qui puòsituarsi la dimenticanza che risente dell’afa-sia. L’afasia impedisce la significazione (Inmateria di amore, p. II). • Non c’è punto pie-no. Ecco l’afasia [...]. A causa del sembiantel’afasia non può essere mediata né rimediata[...]. L’afasia implica l’assenza di una logicapredicativa: la parola non viene misurata dalsì e dal no, dall’affermazione e dalla nega-zione. C’è afasia, non sostanza (Dio, p. 138).• L’afasia risalta dall’originario, dal princi-pio della parola. E presiede alla diade e allatriade. Afasia della particolarità della parolae afasia dell’itinerario, fra il labirinto (dallasintassi alla frase) e il paradiso (il pragma).Materia della lingua l’afasia. La lingua diBabele (il labirinto). La lingua della Penteco-ste (il paradiso), lingua diplomatica. Il cosid-

detto discorso paranoico insiste sulla mate-ria della parola, una dimensione. Il cosiddet-to discorso schizofrenico insiste sulla mate-ria della lingua. L’afasia consente il balbet-tio, per cui avviene la scrittura. Voltaire: Iosono simile ai ruscelli; sono chiaro, perchénon sono profondo. Nessun sistema della lin-gua, immaterna, innaturale. La silhouette diTrubeckoj giunge come una sbadataggine nelfunzionalismo fonologico. Un’allucinazioneacustica. La chiama silhouette musicale. Ledue nebulose, del pensiero e della lingua, inSaussure attengono all’afasia. Calvino eRousseau incombono, come un’ombra, sullacostruzione di Saussure, nel naturalismo dellegame sociale e del contratto sociale. Anco-ra Trubeckoj: Io sono come un posseduto; leidee nuove mi soffocano, mi debordano, hoappena il tempo di annotarle (La congiura de-gli idioti, p. 174). • L’afasia originaria è l’afasiadella parola presa nella sua logica, l’afasiastrutturale è l’afasia della parola presa nel suoitinerario e nella sua cifra. Afasia idiomatica,la prima – nessun soggetto della logicadiadica e triadica – afasia cifratica, la secon-da. Due facce dell’alingua. Io ho sempre det-to che l’alingua è l’afasia, però come afasiastrutturale indicavo, sopra tutto, la seconda,invece, c’è anche quella originaria. L’afasia èdel mito di Babele, in cui ciascuno parla inun’altra lingua e del mito di Pentecoste, incui ciascuno intende nella propria lingua –lingua diplomatica, con cui si scrivono le coseattraverso la loro differenza incolmabile. Lin-gua del cielo, la lingua originaria e lingua delparadiso, la lingua diplomatica. Qual è la lin-gua del testo? Ciascuna delle due è la linguadel testo, sia la lingua idiomatica sia la lin-gua cifratica o diplomatica. (Eq. 7.4.1991). •Nell’intervallo della rimozione e della resi-stenza c’è qualcosa cui Freud si avvicina nel-la terza “fase” del suo itinerario. C’è un inco-minciamento, una inaugurazione, e l’inaugu-razione è Come intendere le afasie. Afasia,parola interessantissima. Freud diceva: voi,psichiatri, medici, neurologi, cercate la lesio-ne nel cervello. Vi sbagliate! Cercate il luogodella lesione. Non si tratta di questo. Si trattadel tempo, della Spaltung. Che non èlocalizzabile, ma è nella parola e è messa in

AFASIA

25

Dizionario di cifrematica

rilievo dalla psicosi, nel modo più interessan-te. È ciò che si gioca nell’intervallo. Nell’in-tervallo si gioca la struttura dell’Altro che nonè rappresentabile, che non è personificabile(La necessità del superfluo, SR, 20, 95). • L’afasiarisalta dal principio della parola. Escluso dalGesammelte Werke il libro del 1891 di Freud,L’interpretazione delle afasie, è essenziale. Sen-za questo libro, forse, non può capirsi e in-tendersi l’intero testo di Freud. Che cosa nonaccetta Freud? Il cerebrale contro il cervello.La fisiologia, il localismo, il lesionismo con-tro quella che è invece proprietà della paro-la. Nessun padrone e nessuno schiavo deldire. Nessun padrone e nessuno schiavo del-l’idioma, della lingua. L’alingua è una con-seguenza dell’afasia originaria. L’afasia insi-ste sulla materia della lingua. Offre la mate-ria della lingua. L’afasia è idiomatica ecifratica e la lingua è altra lingua con cui laricerca si scrive, quindi la sintassi e la frase siscrivono ed è anche la lingua altra, quella concui le cose si fanno, la politica, l’amministra-zione, anche della città, si scrivono. Questal’alinguistica propria alla cifrematica. Quin-di, nessuna competenza linguistica e nessu-na performance propriamente detta lingui-stica, cioè nessun saper fare o saperci fare conla lingua. Roman Jakobson, che curiosamen-te ignora l’apporto di Freud, manca propriol’afasia, mentre anche lui rileva, citando quelliche chiama disturbi e stabilendo quindi unacoincidenza, un’equazione nella struttura,solo nella struttura, fra il patologico e il nor-male. Questo per giungere a formulare la suatesi intorno alla metafora e alla metonimia;intorno alla sostituzione che si chiama meta-fora e intorno allo spostamento che si chia-ma metonimia. Perché Jakobson mancal’afasia? Fonologo, linguista, è curioso chemanchi proprio l’alingua, mancando l’afasia(c. 6.3.2000).

AFFAIRE DELLA PAROLA - L’affaire dellaparola è l’affaire della scrittura e del piacere.Non più la tavola del tatuaggio mentale, deltatuaggio bianco. La tavola della scrittura. Labanca del piacere (La congiura degli idioti, p.237).

AFFARE - CIFRANTE. L’affare è l’equivoco: nelsuo negozio; nella sua ascuola – da cui di-pende la formazione. L’umorismo lo affian-ca come la pubblicità affianca il commercio.La pubblicità che avvia l’ozio – nonché lascuola – da cui dipende la terapia (Il giardinodell’automa, p. 270). • GIORNALISTA. L’affaire in-comincia dove la novella giunge. Essenzialeal debutto delle cose. L’aforisma giova allacifratura (Ibid., p. 317). • L’affaire è promos-so non già dall’inquisizione, ma dallo scan-dalo, dalla condizione stesa del transfert (Pro-cesso alla parola, p. 22). • L’affaire è la basedella scrittura. Ne va dell’originarietà diun’esperienza e del modo in cui la parola di-viene cifra. Ne va del caso clinico. Nell’affairele cose debuttano alla poesia, alla scrittura,al piacere [...]. L’affaire è industriale: e influi-sce verso la cultura e verso l’arte (Ibid., p. 22).• Come incomincia l’affaire? Con il nome, conil movimento, con la sintassi, con il simboli-co (Ibid., p. 23). • L’esperienza dove la paroladiviene cifra comporta l’affaire (Ibid., p. 23).• L’affaire risiede nell’industria, nell’altra fac-cia del rinascimento. Si mantiene sull’istan-za internazionale e intersettoriale (Ibid., p.175). • L’affare risiede nell’industria dellaparola, nell’altra faccia del rinascismento.L’affare procede dal cattolicesimo, oggi inEuropa, quindi dall’istanza internazionale eintersettoriale. Dall’istanza del tempo (c.27.7.85). • L’affaire sta nella parola e, in par-ticolare, nella logica delle funzioni. L’affaireè l’affaire della differenza sessuale. Non cen’è un altro (c. 3.5.86). • L’affare. È curioso,l’affare è il fare che esige la finanza per scri-versi, e è l’affare della differenza sessuale, cioèdella differenza insormontabile. [...] L’affareè l’affare della parola, l’affaire della parola.Processo alla parola insiste su questo, sul pro-cesso della parola, sull’affare della parola,quindi sull’affare della differenza sessuale. Ilfare è la struttura dell’Altro, Altro non perso-nificabile, non rappresentabile. L’infinibile èteorema del tempo, è indicato per esempiodall’odio. C’è la materia della parola – mate-ria intellettuale, materia dell’affare, materiadella politica, materia della finanza. Le coseche si fanno non finiscono, ma si scrivono.“Le cose non finiscono” è già un teorema es-

AFFAIRE DELLA PAROLA

26

Dizionario di cifrematica

senziale. La finanza tiene conto di questoteorema, per instaurarsi come istanza di con-clusione: le cose che si fanno – e si fanno se-condo l’occorrenza, secondo la necessità –non finiscono e, quindi, si scrivono. Questa èla scrittura pragmatica e non materna – nontanatologica, non improntata alla morte, unavolta soppressa la differenza sessuale. Lamateria della finanza è la materia stessa del-la differenza sessuale e della varietà sessualecon cui si scrivono le cose che si fanno, concui si scrive la politica. Che le cose si faccia-no secondo l’occorrenza comporta che il fare,l’affare non appartenga all’ordine del possi-bile. Non appartiene all’ordine del facile,questo è ovvio, ma neppure all’ordine delpossibile. Il fare appartiene al contingente:senza l’urgenza, senza l’occorrenza, quindi,senza il contingente, si farebbero mai le cose?No. Né la poesia né l’arte né l’invenzione néla politica interverrebbero. È chiaro chel’affaire è senza soggettività. Il nome non è unsoggetto, quindi, l’affare è senza soggettività(Il profitto intellettuale, SR 40, 97).

AFFERMAZIONE/NEGAZIONE - L’affer-mazione e la negazione partecipano al dinie-go, quindi all’assunzione delle cose, alla loroinscrizione originaria nella parola, alla loroimpossessione. La psicotizzazione è una com-media dove affermare e negare divengono di-nieghi o figure, quanto c’è di più irriducibilenell’alterità [...]. Negare le cose equivale aesplorare l’assunzione, situarle nel loro av-venire e nel loro futuro. Se ne avvantaggia-no, in ultima istanza, il riso e l’ironia (Proces-so alla parola, p. 190/191).

AFFETTO - L’affetto è un diniego del desi-derio (c. 24.10.83). • Quello che Freud chia-mava Affect, lo stato affettivo, in Italia è statotradotto con affettività. Sì, io detto che in qual-che modo lo stato affettivo è negato, perchéil discorso ossessivo si affeziona sempre aqualcosa. L’Affect, noi possiamo esplorarlo inmaniera radicale, attraverso il desiderio. Cisarebbe un blocco del desiderio, perché è ilsapere a prevalere, più che il desiderio. Ildesiderio lascerebbe il posto al sapere sull’Al-tro, al sapere come causa (mentre il sapere è

un effetto). Ma siamo sempre nel fantasmamaterno allo stato puro, nell’idealità allo sta-to puro, nella nevrosi ossessiva, come si dice,allo stato brado. Noi dobbiamo fare interve-nire la cura, e sono altri gli stadi da instaura-re (Discorso isterico e ictus. Discorso ossessivo einfarto, SR 71-72, 1999). • Non c’è più affetto.Non esiste l’affetto, è una mitologia. Esiste ildesiderio ma non l’affetto. Affetto da checosa? Chi è affetto? Non c’è questo affetto da...Non c’è soggetto affetto da... non c’è più af-fetto. Non c’è più soggetto affetto (L’anoressia.La bulimia. Il morbo di Parkinson. La malattia diAlzheimer, SR 73-74, 1999).

AFFISSIONE - L’affissione, sì. Se la manife-stazione si avvale dell’anatomia, è una pro-prietà della sembianza, la quale non può nonscriversi. In questo senso, la manifestazioneesige certamente la formalizzazione e la scrit-tura, quindi anche la grafica, anche la porno-grafica, cioè la scrittura della vendita (Legge,etica, clinica, SR 57, 98).

AFFRONTO - CIFRATORE. L’affronto recita ilcanto dell’incesto fallito. Fa il giocodell’epitalamio. Riesce sempre a accompa-gnarlo? L’Altro rimane irrappresentabile.Nell’intellettualità! Al di fuori della presa dimano! Al di fuori della concettualità! (Il giar-dino dell’automa, p. 316).

AFORISMA - L’aforisma viene dall’afasiastrutturale della parola che ruota sia intornoalla giustizia del sembiante, intorno alla suahybris sia intorno al diritto del linguaggio ri-volgendosi per catacresi alla cifra del linguag-gio. L’aforisma esclude che le costrizioni lo-giche, gl’imperativi oppure l’occorrenza sia-no formulabili, matematecizzabili, semiotiz-zabili [...] (La mia industria, p. 58). • CIFRATORE.L’aforisma conclude all’approdo, al caso cli-nico (Il giardino dell’automa, p. 20). • GIORNA-LISTA. [...] L’aforisma risente della finanza: lecose si dividono e concludono a una scrittu-ra (Ibid., p. 25/25). • GIORNALISTA. L’aforismaenuncia come il dizionario costituisca la basedella cifratura delle cose, del loro impossibi-le automaticismo e della loro impossibilerobotizzazione. Abita sulla via tra l’automa

AFORISMA

27

Dizionario di cifrematica

e il robot, fra il tempo e la cifra [...]. Mutua lasua specificità dalla differenza sessuale (Ibid.,p. 242). • GIORNALISTA. L’affaire incominciadove la novella giunge. Essenziale al debut-to delle cose. L’aforisma giova alla cifratura(Ibid., p. 317). • L’aforisma sottende il roman-zo politico, attiene alla saga, esige la cifradella narrazione. Profitto intellettuale. Gua-dagno. Lucro scritturale. Appagamento. Pace.Arte e invenzione nella scrittura, la novitàsintattica, la novità frastica, la novità pragma-tica. Novità scritturale. Intersezione fra il sim-bolo e la lettera la cifra. Tommaso: Nulla diassolutamente nuovo fu fatto da Dio dopo isei giorni della creazione. Asterischi, appun-ti, note in margine, tante pagine per unaforisma. La lettura sta alla punta della scrit-tura (La congiura degli idioti, p. 236). •L’aforisma vale la favola. La compendia. Lanarra. La scrive. Ne indica il compimento e ildizionario. Assume il testo di Leonardo. Neoffre la saga (Leonardo da Vinci, p. 17).

AFORISMA/BREVITÀ - E il dizionario con-trassegna la “conclusiva brevità” diMachiavelli. Leggete la dedica del Principe:Machiavelli dà la possibilità di “potere in bre-vissimo tempo intendere tutto quello che io,in tanti anni e con tanti mia disagi e periculi,ho conosciuto e inteso”. L’aforisma esige lalingua diplomatica. L’istanza della brevità,della conclusione, della cifra pervade anchel’intero testo di Leonardo. E come Leonardo,Machiavelli si volge contro i trombetti, le loroampollosità, i loro fronzoli prolissi e barbosi.E come Leonardo si propone cartografo im-possibile – anziché della pianura e della mon-tagna – della natura dei popoli e di quelladei principi e dei governi. La brevità va dal-l’analisi al rebus, alla sentenza, all’aforisma,che vale la rivoluzione, vale il romanzo sto-rico e il romanzo politico, dispone il diziona-rio alla qualità della prosa (Niccolò Machiavelli,p. 107).

AFRODITE - E nessuna gravità di Afroditenel suo getto. Afrodite non lavora perl’androgino. [...] E ciascun punto risulta ilpunto più alto. Estremo e irraggiungibile. So-lamente il getto di Afrodite può toccarlo (Dio,

1981). Getto di Afrodite viene chiamato ilpunto più alto. Ora, la pittura, come arte delcolore di questo oggetto, del colore dello spec-chio, del colore dello sguardo, del colore del-la voce (c. 26.5.84).

AGGRESSIONE/AGGRESSIVITÀ - L’ag-gressione è tutta un’altra cosa. Quella è unafaccenda di desiderio. L’aggressività è l’altrafaccia dell’affettività e entrambe sono la ne-gazione della resistenza e del desiderio (Eq.12.11.1989). • Aggressività, ostilità, odi etamo. Tutto ciò non verte intorno all’odio maintorno all’amore (c. 2.6.84). • L’aggressività,altra faccia dell’affettività, costituisce la pa-rodia dell’amore (c. 9.6.84).

AGIRE - Che la parola agisca è quanto la lo-gica enuncia (c. l9.l.84).

AGITATORE/COGITATORE - Agitatore,non solo nella sembianza ma anche nel lin-guaggio, è il punto. Cogitatore il fantasma (c.l9.l.84).

AGITAZIONE - L’agitazione indica chel’azione va lungo l’automazione verso la ci-fra. E non c’è nulla che non stia né in cielo néin terra (c. l9.9.85).

AGNELLO DI DIO - L’Agnello di Dio instau-ra il diagramma, la croce, dove si tratta delladisperazione estrema, della inassumibilitàdella relazione, della speranza cui è giuntal’opinione come espectatio [...]. L’Agnello didio, la fenice, esclude la vittima (Processo allaparola, p. 181). • L’agnello per la sua punta èil rilievo. L’agnello di Dio: instaurazione del-la croce, del diagramma (c. 29.3.86).

AGRAFISMO - C’è agrafia e anacronia, peròl’accento è anche sul tempo e sull’anatomia.Leonardo da Vinci non sarebbe statoLeonardo da Vinci, se non avesse in qualchemodo elaborato la questione dell’isteria.L’agrafismo non accetta la scritturapsicogrammaticale, la scrittura così come faparte del discorso occidentale. Mette in que-stione il logo e la scrittura del logo, la scrittu-ra come psicofarmaco. E poi, è come se pre-

AFORISMA/BREVITÀ

28

Dizionario di cifrematica

ferisse fare da suggeritore o da suggeritrice,anziché scrivere. L’agrafismo è una formuladell’anoressia intellettuale e, cioè, l’afferma-zione di un’esigenza di scrittura più alta. Unapiù alta esigenza di scrittura: “io non riescoa scrivere, io non posso scrivere, per me nonè facile scrivere”, questa è la base per diveni-re scrittore. Perché lo scrittore è colui che, an-zitutto, non “sa” scrivere, nel senso che perlui non è facile. Chi ha facilità a scrivere nondiverrà mai scrittore. Potrà essere scrivano,scribacchino, ma non scrittore. Scrittore è co-lui che annota che scrivere è impossibile (Di-scorso isterico e ictus. Discorso ossessivo e infar-to, SR, 71-72, 1999).

AGROMASTELLI - CIFRATORE. Agromastelli– villaggio innatale – esiste ora nel mito e nelrito. E come una nozione quasi temporale.Anziché spaziale. Il suo scenario diviene (asuo modo) pulsionale: partecipa quasi al di-spositivo che dal sogno e dalla dimenticanzaperviene all’arte della piegatura e alla sualogica (Il giardino dell’automa, p. 9). •Agromastelli è la logica delle relazioni e lapolitica del tempo. Nel doppio aspetto del-l’alleanza. Quando la sede si declina con dis-sidenza e non con possessione (c. 25.l.86).

AIDS - L’Aids compie la parodia di ogni as-sicurazione sociale come assicurazione sullamorte (Processo alla parola, p. 210). • L’Aidscompie la parodia dell’inscrizione corporeadella catacresi, la parodia della cronotopia,del luogo impossibile del tempo. La parodiadel tempio, dell’edificazione impossibile diun soggetto deficiente attaccabile da qualun-que male. Aids: l’animazione ispirata alvampirismo è impossibile, sebbene il sanguevenga offerto nella massima economia, il san-gue che nutre il morto (Ibid., p. 211). • Aids:parodia della procreazione, presuppone ilcorpo sacrificale e l’anoressia intesa comementale, in grado, più di ogni altra cosa, didire la verità del nostro tempo, di dire la so-pravvivenza sulla base di un corpopsicofarmacologico (Ibid., p. 211). • Sanguepiù sperma – diceva l’antica medicina greca– uguale procreazione. Aids o dell’assunzio-ne impossibile della donna. Aids. Il cosiddet-

to albero genealogico, che sembrava il vantodella storia degli umani come storia delle mo-narchie, non può più diventare albero socia-le. Aids: investimento sull’investimento. Af-fermazione della diversità come assunzionepossibile della differenza. L’Aids presuppo-ne il corpo sacrificale e quindi la morte comepossibilità di altri. Compie la parodia dellaprocreazione. L’Aids definisce l’anoressiacome mentale e quindi in grado più di ognialtra cosa oggi di dire la verità del nostro tem-po nella mediologia. Di dire che il corpocriminologico è il corpo psicofarmacologico.Di dire ancora, attraverso le varie forme diprotezione e di assistenza e quindi di aiuto,come può affermarsi la sopravvivenza (c.l7.8.85). • Il termine è mal trovato perchéparla di deficienza. Aids cioè immuno-deficienza, ma anche in HIV c’è la parola cheindica immunodeficienza. La questione es-senziale è quella dell’immunità. I medici han-no dei parametri per definire l’immunità chea noi risultano legati al discorso medico equindi al pregiudizio. Noi diciamo disposi-tivo immunitario allora abbiamo da precisa-re dispositivo. Dispositivo comporta anzitut-to che ci sia il ritmo della parola e quindi chenon si tratti di animazione. Sotto i trepostulati o principi del discorso occidentalesi stabilisce la zoologia fantastica, l’alberogenealogico e l’animazione ma non l’automa-zione e nemmeno il ritmo. Che cos’è l’auto-mazione? L’automa è il tempo. Allora non c’èsoggetto automa e quindi non c’è nemmenosoggetto deficiente o immunodeficiente. Qualè l’immunità propria al discorso medico? Peril discorso medico la salute è mentale, è sem-pre mentale, non è mai intellettuale, non èmai salute della parola, così come la malattiaè sempre mentale. L’immunità nel discorsomedico è quella che viene dalla funzioneunica, è l’immunità del monologo, è l’immu-nità del logo, è l’immunità del discorso. Èl’immunità propria alla scienza del discorso,è un’immunità epistemica. È un’immunitàcronologica. Che cosa significa cronologica?Che la logia deve governare anche il tempo.La logia, cioè la sistematica propria del logodel discorso occidentale, deve governare an-che il taglio e quindi il taglio deve essere ta-

AIDS

29

Dizionario di cifrematica

gliato. Pensare il tempo come durata signifi-ca che il tempo è tagliato, è tolto, è pensato apartire dalla sua fine, o che deve finire, o chefinirà, o che è già finito. L’Aids (noi ripren-diamo il termine ma del tutto fra virgoletteperché per noi non c’è Aids, nella scienzadella parola non c’è Aids) diciamo questadiminuzione del dispositivo immunitario èil contrappasso alla realizzazione impossibi-le del discorso schizofrenico, contrappasso ocontrattempo. Questo è l’albero genealogicoo sociale o politico o medico, medico-farma-ceutico. Ve lo trovate disegnato in tutti i co-lori nelle farmacie, nella simbologia medica.la croce, il serpente che può essere sia uroborossia il serpente che avvelena e che cura, cheporta il veleno e il rimedio. L’intervento delserpente è tale da determinare la vita o lamorte. Il serpente porta rimedio e guarigio-ne oppure porta veleno e morte. L’anfibologiadel serpente fonda l’anfibologia del farmacosempre come rimedio e veleno. Questo è det-to dal fatto che c’è una bilancia che deve in-dicare l’equilibrio tra rimedio e veleno. Unmodo perché non ci sia nessuna realizzazio-ne possibile del discorso schizofrenico è ilpanico. Leggendo ancora una volta questepagine intorno all’Aids che riguardano con-ferenze fatte nell’85 mi sono accorto che nonsapendo nulla della disputa che ci sarebbestata e dunque che l’Hiv non è causa dell’Aidse che l’Aids non è contagiosa, non è infetti-va, pur non sapendo avevo capito la questio-ne dell’Aids. Consideriamo questi tre indicidel tempo, indici temporali: la madre, l’Al-tro, la morte. La madre è indice dell’indis-sipabilità del malinteso. Dissipare un malin-teso comporta entrare in un altro malinteso.L’atto stesso di dissipazione di un malintesoè un altro malinteso. Questo indice non puòessere tolto. Toglierlo significa il matricidio.L’Altro è l’indice dell’infinibilità del tempo ela morte è l’indice della differenza sessuale.Le cose si dividono (il tempo è divisione) di-videndosi si piegano, la differenza e la varie-tà temporali discendono dalla divisione. Lecose si dividono e si piegano perché c’è sem-pre un’altra piega facendo. Se la madre è tol-ta, se non c’è più malinteso, se noi postulia-mo, fingiamo, che non c’è più malinteso, in

questo senso se la madre è tolta l’Altro è lamorte e questo è il panico. Il panico pensache l’Altro è la morte ma non lo accetta. Nonaccetta la rappresentazione della morte. Al-lora c’è una rappresentazione impossibiledella morte e il panico non la accetta, la di-chiara inaccettabile. È un guaio il panico? Èchiaro che deve giocare sull’anfibologia del-la madre perché ha finto di toglierla. Allorala madre viene ritrovata lì come anfibologicae cioè da una parte come matrigna (rappre-sentazione impossibile della morte) e dall’al-tra come protettiva e cioè la ricerca di unapersona, qualunque essa sia, che eserciti inquel momento questa protezione. Per quan-to riguarda lo spavento la formula è un’al-tra: se l’Altro è tolto la madre è la morte. Di-ciamo che lo spavento non accetta assoluta-mente che il tempo finisca questo è il mini-mo che si possa dire. Non è proprio il discor-so schizofrenico ad abbattersi, il discorso schi-zofrenico non si abbatte, non si lascia anda-re, quando si abbatte? Quando c’è questa re-alizzazione impossibile, allora ha il contrac-colpo e sta qui la questione, in questo con-traccolpo. [...] Finora la presunta curadell’HIV, che non è la cura dell’Aids, ha de-terminato la morte, con tre farmaci tra cuil’AZT, ha determinato la morte in un lasso ditempo da 6 mesi a due anni. Allora lui diceche cosa succederà nel terzo mondo, in par-ticolare in Cina in Africa e in India ci sarà unosterminio enorme dovuto all’Aids perchésoltanto alcuni paesi riusciranno a curarsi ecc.Tutto costruito sull’HIV e non è così la que-stione. È stata impostata così, nell’ideologiadella competitività è stata impostata così lacura dell’HIV, si dice infatti che possono cu-rarsi soltanto coloro che hanno moltissimisoldi ma nessuno sforzo è stato compito percapire, per capire come si “produca” l’Aids(c. 21.12.1998).

ALBERO - L’albero è ciò che, come diagram-ma, fa sì che le cose, trovandosi in relazionepossano rimanere disgiunte: questal’inarmonia che non consente di scambiarela croce con l’albero della cuccagna, con il pre-mio. La promessa, qui, porta alla speranza.La speranza è una logica delle relazioni. Al-

ALBERO

30

Dizionario di cifrematica

bero dell’inconoscenza: l’albero della cono-scenza era la prima annunciazione, in manie-ra anoressica, del fallo, della logica delle re-lazioni (Il foglio e l’albero, p. 35). • Nel giardi-no dell’Eden, l’albero della parola, l’apertu-ra. Il cielo, corpo e scena. Non più l’alberogenealogico del bene e del male, del vero edel falso, del bello e del brutto, del positivo edel negativo. Albero il due. Anziché la suarappresentazione (La congiura degli idioti, p.180). • L’albero di Natale viene inteso comu-nemente (nella mente comune) come simbo-lo dell’armonia sociale. L’albero di Natale in-dica dove approdano le falloforie, ilpaganesimo sfocia nell’albero di Natale: nel-la falloforia impossibile. Suprema ironia. Maanche albero di Natale come indice dell’im-possibile rappresentazione fallica, non c’èalbero della fratellanza per cui la genealogias’istituirebbe sul fratricidio (c. 28.7.85). •Saussure incomincia il suo balbettio intornoalla linguistica con un albero da cui non rie-sce a espungere l’oggetto. Di questo alberoLacan poi fa l’anagramma nella barra e poiancora lo conduce fino alla topologia delnodo borromeo e alla triplicazione dei cer-chi. Com’è che l’albero è il fallo, il diagram-ma, l’arma nell’accezione greca di questo ter-mine: elemento di giuntura e di separazionedelle cose (c. 24.8.85). • L’albero è tutt’altroche un sistema di coordinate, è tutt’altro cheun’armonia sociale, che un principio di ge-rarchia sociale. Albero come l’apertura fradue cose, non già spalancamento. Alberocome diagramma: quanto disegna una rela-zione. Le sue foglie: la concatenazione dellerelazioni. Diagramma: impossibile la ripro-duzione in dimensioni minime. Albero:topologia impossibile. Due cose esistono dif-ferenti fra loro – ciascun elemento è differen-te da se stesso – e in relazione fra loro. Que-sta giuntura e separazione fra due cose è lacroce, l’albero, la relazione che non è una di-mensione, la relazione non sociale. L’alberodi Natale: ecco dove approda la falloforia.L’albero della fratellanza è molto antico, èbiblico, è il principio della custodia su cuipoggia il principio dell’aiuto, della protezio-ne, dell’assistenza. Fra l’albero e la scorza nonbisogna mettere il dito. L’albero è ciò che,

come diagramma, fa sì che le cose trovando-si in relazione possano rimare: questal’inarmonia che non consente di scambiarela croce con l’albero della cuccagna, con ilpremio. Albero dell’inconoscenza. L’alberodella conoscenza era la prima annunciazionein materia anoressica del fallo, della logicadelle relazioni. Arbor, fino al basso impero èun termine femminile poi diviene maschile.Hyle: materia o legno. Tutto il discorso occi-dentale sembra vertere intorno al rapportoimpossibile fra l’albero e la città, non solo fral’albero e la casa (c. l9.9.85). • L’albero non èdella conoscenza ma dell’inconoscenza. Sistaglia sull’interdizione linguistica (c.26.4.86). • L’albero non è segno, si tratta an-cora dell’albero della vita, si tratta ancora diuna logica diadica, che impedisce di costrui-re due parallele (il segno uguale, dalrinascimento in poi, è il segno di due paral-lele) Dietro qualsiasi clinamen, come diceLucrezio, si compone subito la croce: è l’al-bero della croce con il mito della resurrezio-ne, il mito della fenice, della croce come fenice(c. 21.12.1988). • L’albero o è la figura del dueo è la genealogia (La psicanalisi, la clinica, lacifrematica in Italia e nel pianeta, SR 42, 97).

ALBERO GENEALOGICO - L’alberogenealogico comporta la genealogia fallica,per cui il nome del nome diviene funzionefallica. La funzione si doppia sulla relazione.La gentilezza è la nominazione: la gens è ilnome. Il fallo come copertura anziché comeapertura è il postulato del figlio di papà. Manello stesso tempo è un paradosso, cioè esi-ge la nominazione. Non c’è che il nome: dipadre in figlio c’è il nome. Non c’è gentilez-za nella Bibbia, nel Vecchio Testamento. Ilprimo gentile del Nuovo Testamento è sanPaolo (Eq. 16.3.1986).

ALCOOLISMO - Dire di no alla rimozionefa talora la caricatura della sostanza, del nomedel nome. Come nell’alcoolismo, quando ilnome del nome viene assunto come calice.Come assumere il nome. Come partire dazero. Come allontanarlo? Il discorso che sipone come causa inciampa nel paradosso delnome del nome (Processo alla parola, p. 190). •

ALCOOLISMO

31

Dizionario di cifrematica

L’alcoolismo non appartiene a un solo discor-so. Possiamo indicare il discorso paranoicocome più esposto all’alcolismo. […]L’alcolismo, nel Veneto, è assolutamente col-legato con l’ideologia dell’incesto. Il mammi-smo veneto è una forma imponente, diffu-sissima d’incesto (c. 29.3.98). • “Prendete emangiate”, “Bevete e mangiate” è qualcosache non è inteso per nulla dal discorso occi-dentale. Consideriamo che c’è chi prendaatto, in qualche modo, del “messaggio” cri-stiano e poi del messaggio del Rinascimento,ma, al tempo stesso, abbia dinanzi il discor-so occidentale diventato luogo comune. Sitrova a oscillare fra il discorso occidentale-luogo comune e la parola originaria. Non puòoscillare, va da sé, e allora c’è una fantasma-tica intorno al due, all’impossibile sistema deldue che si costruisce sull’uno che si divide indue. Non è una grande invenzione, quella deldiscorso occidentale, di avere stabilito l’unoe di averlo stabilito come ciò che si divide indue. E, allora, è di questo che si trattanell’alcoolismo: dell’impossibile economiadel sangue. Ciò che esplora “chi si tiene” adalcool, è l’impossibile economia del sanguee, quindi, l’impossibile economia del tempo,del ritmo, dell’incesto, del peccato, del malee, cioè, degli attributi presunti negativi deltempo, della presunta negativa del tempo.Non c’è modo per noi umani di negare il tem-po, ma è come se ci fosse questa facoltà. Ildiscorso occidentale ha creduto a questa fa-coltà. Noi stiamo esplorando una fantasma-tica che porta a una certa rappresentazioneimpossibile del disagio: quella di chi, in qual-che modo, “presume” di rappresentare e ge-stire il disagio, in particolare ciò che viene daldisagio – quindi da questa virtù quale prin-cipio della parola – il due, la solitudine e ilprogetto. Il progetto che per ciascuno è igno-to. Anche quando non si enuncia, non si for-mula, non è assente; si tratta, con alcunidispositivi, di ritrovarlo, di restaurarlo. Maconsideriamo che ci sia fra la fenice e il figlio,fra il fallo e Dioniso, fra il due e l’uno questaoscillazione fantasmatica. Abbiamo un’inte-ra letteratura intorno all’alcool. ConsiderateOmero, i Ciclopi, poi Platone (con il Simpo-sio che deve istituire il dialogo e, quindi, il

banchetto, perché banchetto e dialogo è lastessa cosa per Platone), c’è il tema del vino.Socrate può bere e non bere: Alcibiade fa que-sto elogio di Socrate. Alcibiade spinge a bere,per trattare un argomento difficile della con-versazione. Nel Simposio Aristofane raccontail mito dell’androgino: in principio era l’unoe Zeus l’ha diviso in due. Nel 1968, il librettodi Mao-Tze-Tung riportava con grande enfa-si, ripetuto dai giovani: “l’uno si divide indue”. Mao l’ha ripetuto, ma è Platone nel Sim-posio. Alcibiade invita a bere e lui stesso beveper trattare una materia difficile, quella in cuiAristofane racconterà, tra l’altro, il mitodell’androgino. Invita a bere e beve lui stes-so. Ma subito sia lui sia altri tessono l’elogiodi Socrate, il quale può bere e non bere e, se ècostretto a bere, beve, anche molto, ma maisi ubriaca. Questo è dunque l’elogio con cuiincomincia: che l’uno si divide in due; la di-visione è perfetta, perché afferma sempre ilprincipio dell’unità, che viene consacrato daitre principi: principio di identità, principiodi non contraddizione, principio del terzoescluso. Insomma, viene affermata la sostan-za, quella che il dogma della transustan-ziazione sfata. La transustanziazione: non c’èpiù sostanza. Bevete e mangiate, il sangue, ilvino, il pane. Il sangue, il corpo e la scena.Non c’è più l’economia del sangue, non c’èpiù la legge del sangue, non c’è più la leggedell’incesto, che viene accennata anche nellaBibbia, anche in Esiodo, dove tuttavia non èancora confermata e consacrata come lo saràpoi nel discorso occidentale. Ciò che Lévi-Strauss trova presso varie tribù è dell’ordinedel mito, della leggenda, del racconto, dellafiaba. Non è la legge del sangue che fonda lalegge del tempo. Ci sono miti che alludonoall’ebbrezza, all’ubriachezza e all’incesto: lefiglie di Lot, o Mirra, in Ovidio. C’è sempreuna figlia che la dà da bere al padre: questonel mito. Per favorire l’erotismo. È noto chealcool, al-kohol o al-kuhl, è un termine araboche indicava una polvere finissima, quasiimpalpabile, di solfuro di antimonio, che ve-niva usata dalle donne per truccare le palpe-bre, una polvere un po’ speciale. Diviene lospirito del liquido soltanto nel dodicesimo se-colo, sempre a opera degli arabi. È Paracelso

ALCOOLISMO

32

Dizionario di cifrematica

(1493-1541), in pieno umanesimo, a indicareper primo nell’alcool la quintessenza dellospirito del vino. Viene scritto in vario modo,ma, ormai, più o meno nello stesso modonelle varie lingue. È soltanto molto tardi, nel1848, che Magnus Huss, professore aStoccolma, usa un curioso neologismo:Alcoholismus chronicus. Soltanto dagli annicinquanta la questione “clinica”, ma in effet-ti patologica e psicopatologica, viene posta.Male. Non viene posta la questione di disa-gio, la questione intellettuale, la questione diparola, viene posta una questionepsicopatologica. Viene elusa la questione cli-nica. Poiché soltanto non accettando la rap-presentazione del disagio, soltanto enuncian-do la questione intellettuale – che è anzituttoquestione del nome, dello zero che funzionanella parola – possiamo giungere alla que-stione clinica, cioè al compimento della scrit-tura delle cose che si fanno secondo l’occor-renza, al compimento della scrittura delpragma, del fare. Il fare è la struttura dell’Al-tro. La cicuta o il calice? Cristo non accetta ilcalice: “Allontana da me questo calice”. Nonlo rifiuta. Poiché accettazione mentale delcalice e rifiuto del calice sono due facce dellastessa cosa. Il rifiuto è l’altra faccia dell’ac-cettazione. È rifiuto mentale. E qui si trattadella non accettazione intellettuale: il calice,la coppa di Dioniso, il bicchiere, la bottiglia.L’antico commediografo greco, accusato diavere trascurato sua moglie, la commedia, perun adulterio impuro, per la bottiglia, dimo-stra che no, che si tratta di una conferma: labottiglia è una conferma del suo legame conla commedia, tanto che compone una com-media dal titolo La bottiglia. È sottile. Ma cisono già i tratti dell’attuale dibattito intornoall’alcool. Dioniso, le baccanti, l’orgia, le noz-ze di Canaan. “Non c’è più vino.” “Versate!”.Le nozze di Canaan anticipa il “bevete e man-giate”. Non c’è più vino, non c’è più sostan-za? Versate! In quale discorso si situa il co-siddetto alcoolismo? Ho detto l’alcoolismo,ma è chiaro che non esiste questa entitànosografica, ospedaliera, chiamata alcooli-smo. Non c’è l’homo alcoholicus e neppure lamulier alcoholica e neppure l’homo mulieralcoholicus, poiché, sempre, qualsiasi entità

nosografica o psicopatologica vienericondotta a malattia dell’androgino,all’androgino che non funziona perfettamen-te. Qui, in questo libro, L’homme alcoolique,Jean-Paul Descombey conclude che il medi-co, lo psichiatra, l’educatore e quanti altridevono occuparsi del soggetto, devono “per-mettere” al tale o alla tale di riconoscersi comesoggetto: “Certamente, hanno difficoltà adassumere la loro singolarità, ma il lorointerlocutore è lì per aiutarli, per permettereloro di riconoscersi come soggetti, con unastoria fino a quel punto sconosciuta, un cor-po, desideri, frustrazioni e un inserimentonella temporalità (p. 159)”. Nulla di peggioche essere consacrato come soggetto all’alco-ol, nell’accezione del soggetto alla morte!Thanatol. Forse questo è il termine più cu-rioso, non dico più felice, trovato da uno psi-canalista, François Perrier. Con la sua opera,ha provato che un certo approccio di una cer-ta psicanalisi era ormai impossibile. Il termi-ne è Thanatol (che è anche il titolo di un suosaggio, tradotto e pubblicato in Italia nel 1976,nella raccolta Etudes Freudiennes) e cioè alco-ol e Thanatos, alcool e morte. Se la sostanzac’è ancora, è la morte. Se non c’è più sostan-za, se non c’è più morte della parola, mortedel due, morte del segno, morte del tempo,allora “bevete e mangiate”! Allora non c’è piùl’androgino, la legge del sangue, la legge deltempo e, cioè, della negativa del tempo. Noipossiamo esplorare con attenzione la traver-sata della fantasmatica che trae con sé (nonnecessariamente) il cosiddetto alcoolismo.Non è una dipendenza dall’alcool, è una di-pendenza dalla “legge del sangue”, semmai.È piuttosto il soggetto alla morte. Quali sonole formulazioni? Addirittura, alcuni hannocreduto che il gruppo potesse sostituire l’al-cool. Il gruppo, la comunità materna, con lasua tenerezza, con il suo calore, con il suoaffetto potesse compensare – “A compensaB”, sono tutti termini che risentonodell’androgino. E poi, le formulazioni: “conil lavoro che faccio, con la vita che faccio, conil periodo che attraverso”. O i consigli: “unbicchiere e basta”. Ma la moderazione è ilmigliore precetto per l’immobilismo che portisempre più alla morte, perché di questo si

ALCOOLISMO

33

Dizionario di cifrematica

tratta. L’alcoolismo nasce per moderazione,nasce per una straordinaria moderazione, perun’enorme modestia, per la modestia fattacarne e sangue, per evitare assolutamentequalsiasi forma di arroganza. Ma, appunto,la modestia è l’altra faccia dell’arroganza;entrambe sono la negazione dell’umiltà e cioèdella disposizione all’ascolto. Si tratterebbe,dunque, di farsi figlio e dell’impossibilità difarsi figlio. E, facendosi figlio, dimostrare unacerta parata sociale. O la buona discendenzao l’impossibile discendenza dalla fenice, dalfallo, dalla genealogia. O l’impossibile origi-ne. Si tratta di una fantasmatica. A volte sem-bra un antidoto al dispotismo, alla tirannide,al vampirismo. Certamente, chi indaga intor-no al vampirismo deve interrogarsi, deveassolutamente interrogarsi intorno a questalegge del sangue che fonda la legge del tem-po. Il santo bevitore. La sobrietà. L’assenzadi misura. Insomma, c’è una riprovazionemorale vastissima verso l’alcoolismo. Non c’èdubbio! Perché soltanto negli anni cinquan-ta si è posta la questione della cura – e si èposta male e in maniera sbagliata? Perché nonc’era bisogno di curare chi si trovava nellacolpa! Chi stava semplicemente punendosiper la colpa, si affidava in maniera sfrenataall’alcool. Voi sapete che l’alcool, propriamen-te detto, è nato molto tardi, prima c’era sol-tanto il vino. Le prime distillazioni esistonogià nel secondo secolo dopo Cristo, ma solorecentemente ci sono l’acquavite, il whisky,il cognac, la vodka. Quindi è un “vizio”. Ri-provazione morale. Questa è la questione. La“follia del santo”, da qui il santo bevitore, “lafollia di Dioniso” e “la follia del re”, il buffo-ne del villaggio che beve, e perché? Perché ilfiglio, bevendo, direbbe la verità!Kierkegaard dedica molte pagine a in vinoveritas. Parodiando, ho detto in vano, accen-nando alla causa di verità. Uomini e donne:bere per parlare, bere per avere coraggio, bereper le pratiche erotiche, bere per combatterele preoccupazioni, ma sta di fatto che il co-siddetto alcoolista (non esiste l’alcoolista enon esiste l’alcoolismo), l’alcoolista di pro-fessione è un professionista. Charles Melmandice che è un proletario, nel senso che ha ifigli, la figliolanza, la famiglia, ma, insomma,

è spesso un salariato, con le ore di lavoro pre-cise e altri lavori supplementari, perché, pervarie ragioni, deve essere sempre occupato.Assenza assoluta di tempo libero. Insomma,la questione principale è la solitudine, il con-fronto con la solitudine, il confronto con l’as-soluto, con il sembiante. La questione princi-pale è la questione del nome. Stiamo accen-nando al contributo che questa fantasmaticapuò dare all’analisi del discorso occidentale,alla sua non accettazione e alla parola origi-naria. Stiamo entrando nella questione intel-lettuale e nella questione della cura. La soli-tudine e la notte sono le due cose “da evita-re”, ma non possono essere evitate. Anchel’occupazione è un modo di dire “io gestiscoil tempo”, che di fatto non è gestibile. Letematiche principali del discorso occidenta-le, l’incesto, il male, il peccato, a propositodel tempo - della negazione del tempo – sonomesse in gioco, ma non propriamente accet-tate. C’è chi sostiene che l’alcoolismo è unacosa che riguarda il discorso paranoico: c’èanche in quel caso. L’alcolismo può riguar-dare ciascun discorso. Ho riscontrato unacerta fantasmatica che traeva all’alcoolismonel discorso ossessivo, nel discorso paranoi-co, nel discorso schizofrenico, nel discorsoisterico. Nessuno è alcoolista. Oppure, per pa-rodia, diciamo che è alcoolista chi, anche percinque minuti, accetta la morte, chi anche percinque minuti respinge il dogma dellatransustanziazione, chi anche per cinque mi-nuti si lascia andare. Sono modi con cui ildispositivo immunitario viene perso, questoè sicuro. Bisogna che sia chiaro che l’alcool èun farmaco. Non a caso l’alcool propriamen-te detto è stato trovato dall’industria farma-ceutica, l’alcool come quintessenza dello spi-rito del vino o dello spirito delle patate o dialtre cose da cui viene estratto. Viene bevu-to. Tanto fa bene, ma subito dopo c’è il ram-marico di averlo bevuto, perché fa male. Fabene, fa male, benefico malefico, bene male.Il bene male rappresentato nel due e rappre-sentato nell’Altro, rappresentato facendosiuno, facendosi Altro. Un bicchiere e basta,tanto fa bene. Un bicchiere, un fiasco, una bot-tiglia, un bottiglione? Tanto, fa bene. E arrivaa toccare il fondo. Qual è il fondo? Il fondo

ALCOOLISMO

34

Dizionario di cifrematica

sarebbe il punto più basso, il punto più bas-so per poter poi risalire al punto più alto. C’èun’oscillazione tra alto e basso e, ancora unavolta, tra bene e male. Vi rendete conto che èuna religione, una religiosità pagana, e quan-do assume forme collettive essa è altamentecondivisa e diventa semplicemente un ceri-moniale. La “cura” del cosiddetto alcoolismoè intervenuta solo a partire dagli anni cin-quanta, ma se noi indaghiamo, analizziamo,possiamo verificare che l’alcoolista non c’è,l’alcoolismo neppure e che ciascuno può dareun contributo, bisogna però che ci sia un’ana-lisi della mitologia e che il disagio non siarappresentato. Come intervenire rispetto aquesto disagio? Non consacrandolo, ma tro-vando dispositivi intellettuali, in modo checi sia la traccia della parola, la traccia per l’iti-nerario e anche il ritmo, il dispositivo ritmi-co. Chi si proclama astemio si trova al colmodell’alcoolismo. Instaurando un dispositivorispetto al cosiddetto alcoolista, la prima cosada fare è stabilire un dispositivo in cui, anzi-tutto, ci sia la decisione assoluta, irrevocabi-le, di non bere più alcoolici. Che ci sia questadecisione è moltissimo, che venga mantenu-ta è moltissimo, perché significa un’altra vita.Il cosiddetto alcoolista che, bevendo, parla,non è l’alcoolista, anche se spesso viene scam-biato con l’alcoolista. Diciamo che l’astemioè colui che ha assunto la legge del sangue peril verso della proibizione. Per l’alcoolista, l’al-cool come il sangue è obbligatorio, l’incestoè obbligatorio, quindi prescritto; per l’aste-mio è proibito. Ma in lui non c’è la decisionedi non bere, c’è il tabù della morte. Nell’aste-mio, come nell’alcoolista, c’è un tabù. […] Ledonne, ovviamente, si vergognano dell’al-coolismo. Le donne si vergognano più degliuomini, perché, nella riprovazione moralecollettiva, l’alcoolismo è un vizio degli uo-mini e, quindi, per le donne sarebbe ancorapiù riprovevole, nella coscienza morale so-ciale. Tutto ciò si ferma al di qua dell’intelli-genza delle cose. C’è anche la credenza, cheil figlio, Dioniso, direbbe la verità, facendosifallo, entrando in un’esaltazione dionisiaca,con le Baccanti, le pantere, il vino. Perché maidirebbe la verità e quale verità? Direbbe laverità dell’incesto, del male, del negativo,

direbbe che nell’esperienza c’è il negativo.Allora, è soltanto la dottrina gnostica quellache dice “in vino veritas”. […] Per chi si tro-va nel cosiddetto alcoolismo, la prima impli-cazione dell’instaurazione di un dispositivoè la decisione assoluta di non bere alcool. Nonc’è appello alla moderazione che tenga (Ildolore. Il tabacco. L’alcool, SR, 75-76, 2000).

ALCOOLISMO/DISCORSI - L’alcoolismo èuna mancata elaborazione del lutto oppure èun lutto mancato. Un lutto rappresentato conl’alcool. In questo modo, sarebbe il sanguedel padre a essere bevuto. […] L’alcool puòessere al maschile o al femminile, a secondache sia nella nevrosi o nella psicosi. Il cosid-detto alcoolismo non è solo di un discorso.L’alcoolismo impossibile dimostra (dimostra,nel senso che è qualcosa di una rappresenta-zione) l’impossibile magia nella nevrosi el’impossibile ipnosi nella psicosi. Nel discor-so schizofrenico, l’alcoolismo è il modo in cuiviene rappresentato il suicidio necessario. Neldiscorso schizofrenico il suicidio è sempreomicidio. Nel discorso schizofrenico, anchel’omicidio è un suicidio. Nel discorsoossessivo, l’alcoolismo non è uno status. Unasera, il marito (o la moglie) esce, e la personapuò bere mezza bottiglia di whisky o pren-dere un tubetto di pillole, sapendo che si sen-tirà male, che verrà notata da qualcuno e che,comunque, verrà subito salvata. Il suicidioviene rappresentato come impossibile neldiscorso ossessivo. È studiato veramentebene perché non capiti il suicidio. Non è comenel discorso schizofrenico, dove le occasionipossono essere il tram, il metro, il treno, op-pure una macchina che taglia, in fabbrica. Bi-sognerebbe verificare, a proposito di questodiscorso, se c’è la formula “tagliare l’acqua,tagliare il vino”. […] Nel discorso isterico puòavvenire l’alcoolismo, ma in via del tutto ec-cezionale e come un atto unico e irripetibile.Praticamente, come un assassinio, ma nel sen-so di essere assassinati. Nella Dissidenzafreudiana accenno al film L’impero dei sensi eforse anche all’Ultima donna di Marco Ferrerie, quindi, al taglio, allo strappare il fallo al-l’Altra donna, ma, in effetti, l’atto sessualepensato come unico e irripetibile. L’atto è

ALCOOLISMO/DISCORSI

35

Dizionario di cifrematica

irripetibile, solo che è un atto rappresentatoe pensato nell’assassinio. Quindi, l’alcooli-smo non è uno status, ma, mentre nel discor-so ossessivo questa “situazione” può ripeter-si, anzi, è destinata a ripetersi – o rispetto almarito o rispetto alla moglie o rispetto allamamma, non è una sola volta –, nel discorsoisterico è rappresentata come del tutto ecce-zionale, quindi una sola volta e porta a unaterribile ubriacatura. Questo è contraddetto,invece, dal discorso paranoico: l’alcoolismo,in questo discorso, è uno status perenne, èun atto unico e irripetibile, ma come statusperenne, per cui c’è la formula “ogni bicchie-re”. Il bicchiere vale l’oceano; ogni bicchierevale l’oceano. A me pare di aver accennatoall’alcoolismo nei quattro discorsi. Il discor-so autistico è già ubriaco, non di vino né dialcool, ma di acqua santa. Leggiamo santaTeresa; nella mistica, come nel discorsoautistico, anche il sangue è trattato come ac-qua. […] Per un istante, con estrema rapidi-tà, consideriamo l’alcoolismo e il discorsoschizofrenico: “io so che tu sai che io so”. Con-sideriamo dunque l’alcoolismo in questo di-scorso, dove l’impossibile proprio non c’è, nél’impossibile della rimozione né l’impossibi-le della resistenza. Non c’è questione di pa-dre o di figlio, tutti sono uomini e donne. Ildiscorso schizofrenico dice questo. Mette ilsegno uguale, fa dei due sentieri due paral-lele, gioca sul segno uguale. In questa acce-zione, è chiaro che il vampiro è un fantasma.Il soggetto supposto dire la verità non esiste,è un fantasma. Può esserci il tale che si credesoggetto supposto dire la verità: e sarebbecontraddistinto dal discorso come causa,quindi niente anoressia sessuale. La questio-ne è: come mai questo discorso trova sempreil partner? La formula è: “per ogni vampiro,c’è sempre chi è disposto a dargli da bere” (Ildolore. Il tabacco. L’alcool, SR, 75-76, 2000).

ALCOLISTA - L’alcoolista non esiste, se esi-stesse non sarebbe il garante dell’incesto, mail fottuto dell’incesto! Diventerebbe il sogget-to automa che compie l’economia dell’incesto.Il vino è stato scambiato per afrodisiaco: è as-solutamente escluso, e non soltanto dai medi-ci (Il dolore. Il tabacco. L’alcool, SR, 75-76, 2000).

ALGEBRA - L’algebra irrealizzabile è il col-mo dell’“ambiguità”, segnatamente delfantasmatico, dell’operazionale. L’algebrarealizzabile è il campo di concentramento(Sessualità e intelligenza, p. 245). • L’algebrafa il verso di dio e la geometria fa il versodell’albero. Il verso di dio: ossia il verso del-l’operazione linguistica, dell’operazione chenon converte l’idea in azione (c. l9.9.85). • Èl’algebra che si è assunta il compito di porta-re la croce. Lo scacco dell’algebra è lo scaccodella falloforia. L’algebra sfocia nella relazio-ne. L’algebra è un teorema: impossibile igno-rare la cifra (c. l2.l0.85). • L’algebra della vita.Per darle una nozione precisa, è l’algebra percui la vita si fonda sulla morte. Noi diceva-mo che il mondo in cui Dio (anche negato)diventa algebrista è il campo di concentra-mento, il gulag. Questa vecchia idea del con-trollo delle nascite e del controllo delle mortifonderebbe la iatrocrazia cosmica. Del resto,Platone e Aristotele dicono di essere medicie che il filosofo è anzitutto medico e farmaci-sta. Questa nozione di medicina e di farma-co, noi non la accettiamo. Ne proponiamoun’altra. Medicina della parola, quindi logi-ca della parola. E lo stesso farmaco come se-gno, quindi la tripartizione del segno. E nonil farmaco come positivo-negativo, rimedio-veleno. Positivo-negativo, come l’ossimoro,come l’apertura stanno alle spalle, non dinan-zi a noi. Dinanzi a noi c’è l’Altro, non c’è ilpositivo-negativo. Non possiamo attribuireall’Altro il positivo e il negativo, il bene e ilmale (Il libro: ciò che della memoria si scrive, SR62, 98).

ALIBI - L’alibi, l’altrove che trae ogni super-stizione verso l’economia e l’altra sua faccia:la finanza (c. 6.4.85). • Gli alibi della parola,cioè l’altrove della parola, sono l’economia ela finanza. L’economia, l’altrove rispetto allasintassi; la finanza, l’altrove rispetto alpragma. L’altrove come economia è l’istanzadi scrittura della ricerca, l’istanza di scritturadella storia, l’istanza di scrittura della sintas-si, l’istanza di scrittura della frase. È l’altrovedel labirinto, quindi l’istanza di scrittura dellabirinto, dove l’itinerario è impossibile dacodificare, da decidere, da disciplinare, da re-

ALCOLISTA

36

Dizionario di cifrematica

golamentare. Questa l’economia. Dire che c’èuna scienza dell’altrove è assurdo. Economi-sti seri ammettono che non c’è scienza del-l’economia, come non c’è scienza della finan-za. Possiamo dire che l’economia e la finan-za procedono dalla scienza della parola. Que-sta è un’altra cosa. Ma non c’è l’economia chevada da sé o che venga accompagnata (Lascrittura civile, SR 49, 97).

ALIENAZIONE - I detrattori hanno sostenu-to l’alienazione ontologica: hanno ammessol’Altro e l’altro tempo, a condizione di sop-primerli. [...] Il concetto di alienazione am-mette l’Altro per sopprimerlo. Sta qui l’ideo-logia dell’aiuto, dove l’alienazione viene si-gnificata dalla malattia mentale, quindi dal-lo psicofarmaco che prepara l’utopia (Proces-so alla parola, p. 210). • Per la questione del-l’alienazione si tratta né più né meno che delladifferenza sessuale (c. 8.8.83). • L’alienazio-ne è il malinteso nella sembianza (c. 5.5.84).• Alienazione comporta un soggetto della de-ficienza secondo l’ontologia. Alienazione:quando l’idiozia non esiste più, quando nonc’è più nessuna possibilità d’istituire il sog-getto automa, quando non c’è più nessunapossibilità di giustificazione delle cose e difondare la riproduzione economica del fattosulla base della follia dell’Altro, della malat-tia dell’Altro, della stupidità dell’Altro. L’alie-nazione si costituisce nella struttura dell’Al-tro, nel pragma: il malinteso nella sembian-za (c. l9.9.85). • L’alienazione non ha nullada condividere con l’identificazione. Nel di-scorso filosofico, nella psicologia, nella psi-chiatria, nel concetto di suggestione diaboli-ca o magistrale, l’alienazione è stata situatarispetto all’identificazione, come un limitedell’identificazione, come qualcosa di cui oc-corresse fare l’economia, per stabilire lacircolarità e l’unità attraverso l’identificazio-ne. Dove sta l’alienazione? Non nell’io, neltu o nel lui. Il tu, l’io e il lui non possono alie-narsi, cioè non possono costituirsi come sog-getti dipendenti. Né irresponsabili né inca-paci né deboli, il tu, l’io e il lui (c. 5.4.1989).

ALIENO - Alieno è l’Altro in quanto rappre-sentato, per il momento come negativo. Mi

pare che i film New Age intorno agli alieni lirappresentino come una minaccia per l’uma-nità. In ogni caso, l’alieno è sempre l’Altrorappresentato (L’analisi della New Age. La lin-gua della salute, SR 55, 98).

ALIMENTAZIONE - L’alimentazione era erimane una faccenda della struttura della re-sistenza della frase e una faccenda di capaci-tà. Ossia gli umani capiscono ciò che dicono,non lo comprendono e le cose che si diconopossono però intendersi. E possono intender-si perché si dividono, perché si odono ma, indefinitiva, perché piegandosi si scrivono.Questa capacità non va affatto scambiata conla facoltà. È la supposizione stessa. L’alimen-tazione risponde al modo in cui si gestiscenella struttura della parola, e in particolarenella frase, la supposizione (c. l8.5.85).

ALINGUA - Introduco qui una variante scrit-turale dell’enunciato di Benveniste: l’alinguaè il sociale. Oltre cui non c’è altro vincolo.Salvo postulare un metadiscorso [...].L’alingua trae all’abuso. Da cui si effettua ilpotere. Disgiunto dal soggettuale. E inesisten-te senza l’atto di parola. E il sociale non di-venta causa né fenomeno [...]. Nessun altrosociale senza l’alingua […]. Impossibile ama-re l’alingua. Salvo dedicarsi alla sua farma–cologia (La peste, p. 90). • L’alingua non co-stituisce il territorio, il luogo della possibilitàdel terrore e della produzione sociale dell’in-cubo […]. L’alingua è condizione, senza coin-cidere, della mancata lingua. Nell’equivoco,nella menzogna. Nel malinteso (Ibid., p. 91).• CIFRATORE. Con Gerusalemme l’alingua di-viene la condizione e il supporto della rimo-zione originaria (Il giardino dell’automa, p. 37).• PUBBLICO. L’alingua: lingua originaria; lin-gua dell’inconscio; lingua in cui ciascuno sitrova parlando. Altra lingua: per cui le cosesi fanno. Lingua altra: per cui le cose si scri-vono. L’alingua funge da base tanto del glos-sario quanto del dizionario.• REGISTA. L’alin–gua esclude che il pieno e il vuoto si riparti–scano ontologicamente la parola eludendotanto il sembiante quanto l’automa. L’alinguastabilisce – sulla traccia dell’interdizione dellaparola – la condizione perché le cose lungo

ALINGUA

37

Dizionario di cifrematica

l’automazione si scrivano e si cifrino (Ibid. p.242). • LUI. Dall’alingua (dall’afasia struttu-rale della parola) ciascuno trae il suo dirittonella parola a dire, a fare, a scrivere, a indu-striarsi, a amministrare, a seguire un proget-to, dall’audacia al rischio (Ibid., p. 242). • RE-GISTA. L’alingua è il sociale dove la parola nellasua difficoltà pone la condizione della sem-plicità di parola (Ibid., p. 247). • Alingua: sulmito di Babele. Alingua: l’uso della linguapassa attraverso l’usura e in particolare at-traverso l’abuso, la catacresi. Alingua: impos-sibile truffare, mentire, dire la verità ossiabarare. La lingua materna ritiene possibiledire le cose con un’abolizione del sembiante.La lingua nazionale ritiene possibile scriverele cose con un’abolizione del tempo (Il foglioe l’albero, p. 24 - c. l9.9.85 ). • Alingua: afasiastrutturale della parola e altra lingua. Non cisarebbe altra lingua se non ci fosse l’afasiastrutturale della parola, questione ancora piùradicalizzata da me con l’anoressia intellet-tuale (Linguistica e psicanalisi, 4/88). •L’alingua è dunque l’afasia strutturale nonla possibilità o la necessità o la competenza ola facoltà di parola. Da questa lingua proce-de ciascun elemento che diviene transfinito,quindi che diventa anzitutto elemento delglossario, ma anche ciascun elemento che poidiviene termine del dizionario attraverso lastruttura dell’Altro, attraverso il pragma, at-traverso la relazione tra il glossario e il dizio-nario, il giudizio che sta nella divisione dellecose e che è quindi politico e che trae le cosea una conclusione (c. 20.4.85). • L’alingua èla base del diploma e della diplomazia. Diciascuna piegatura, del foglio o della terra (c.25.l.86). • Il sociale è l’alingua. Ciascuna vol-ta un’altra lingua, ciò che ciascuno si trova adire, ciò in cui ciascuno si trova a scrivere.Per intenderla occorre la differenza. Per in-tendere le cose occorre esplorare la loro dif-ferenza, occorre la scrittura (c. l2.4.86).

ALINGUA/IDIOMA - Occorre distingueretra l’alingua e l’idioma: l’alingua è l’afasiastrutturale della parola, significa che la diffi-coltà non può essere mai evitata e neppure lasemplicità; l’idioma è la logica della parola(Eq. 28.4.1985).

ALLEANZA - La nozione di alleanza puòvertere sia intorno al fallo sia intorno al tem-po. Intorno al tempo si tratta dell’alleanzacome schisi che porta alla nozione di coro sen-za che sia costituito dal fratello o dalla sorel-la. Scevro di fratricidio. Qui c’è l’odio.L’alleanza come marca dell’odio (Eq.12.2.1984). • L’alleanza, la si trova nell’inar-monia, cioè nel fallo o nel tempo e nell’odio.Oppure va intesa come nella Bibbia e allora“alleanza” è anche divorzio, separazione. Ioho inteso in questo modo la diaspora. Ma “al-leanza” è anche scissione. Bisognerebbe ve-rificare questo termine esattamente in ebrai-co. Mi pare che abbia queste tre accezioni.Occorre verificare quale prevale perché puòessere giuntura e separazione, divisione e le-game (Eq. 18.11.1984). • La questione dell’al-leanza è la questione della logica delle rela-zioni, ossia tutto ciò che è stato chiamato spe-ranza, promessa, giuramento, verte intornoal diagramma delle cose e quindi all’arabafenice (c. l5.l2.84). • L’alleanza verte sia in-torno alla logica delle relazioni sia intorno allalogica delle funzioni. L’alleanza nella logicadelle funzioni si distribuisce fra il parricidioin atto e la sessualità in atto. In questo secon-do aspetto la scienza della parola come scien-za sessuale si qualifica come aritmetica. Quil’educazione diviene sessuale, quindi indu-striale. Quella che viene chiamata dallasessuologia educazione sessuale è antises-suale (c. 25.l.86). • Il secolo ha dinanzi sem-pre e padrone, il nemico e la morte, il negati-vo. L’alleanza è questo: il nemico non colpi-sce mai alle spalle, colpisce sempre se postodinanzi. L’alleanza è diagrammatica. L’alle-anza è un ossimoro. Non è unione. È legamee slegame. Infatti il termine allude proprio allegame: alleanza da ligo. Quindi: alligo,interligo, obbligo (ob-ligo, legare attorno),obbligatio. Però, anche religio. Alleanza o reli-gione. Religione infatti ha due ipotesi: una,quella che riporta il termine a legame, a ligo,ligamen, ligamentum, quindi legame slegame.L’altra è quella che riporta a relegere. Questaè l’ipotesi di Cicerone che viene ripresa inmodo molto interessante da Vico. La religio-ne, l’alleanza, dunque è questo: l’amico enemico non stanno dinanzi, non costituisco-

ALINGUA/IDIOMA

38

Dizionario di cifrematica

no dispositivo. Non c’è da fare la pace fraamico e nemico. Amico nemico è qualcosa chesta alle nostre spalle, non dinanzi. Se noi liponiamo dinanzi, abbiamo l’ombra e questaombra incombe e dà luogo alla monocromiaperché pone l’itinerario in bianco e nero. Cia-scuna indagine intorno alla topologia verteintorno all’alleanza. In fin dei conti, intornoall’ossimoro. Intorno al modo dell’inconcilia-bile. Non possiamo conciliare mettendo di-nanzi amico e nemico, positivo e negativo ofare l’economia dell’uno o dell’Altro. Ci pre-serviamo dal nemico e ci riserviamo, dicia-mo così, l’amico. Amico nemico sta alle no-stre spalle: è una cosa essenziale. Abbiamoavvertito negli anni ottanta e sopra tutto dopola caduta di Berlino lo smarrimento di moltiche ritenevano di avere militato o da unaparte o dall’altra, e comunque sempre con-tro un nemico, e che avevano il nemico sem-pre dinanzi. Avevano la morte dinanzi. Ilpericolo dell’Altro è il pericolo del nemico.Non è un caso che il biologismo, lo zoolo-gismo, la genetistica trionfino. L’alleanza.L’alleanza non è con Dio o con il popolo. Diostesso, la fede stessa, procedono dall’allean-za e non l’alleanza da Dio. Ritenere di esserealleati con Dio è semplicemente qualcosa diassurdo. È una forma propria agli umanisti,cioè a coloro che si nutrono di antropomor-fismo e quindi che devono umanizzare la pa-rola, Dio, l’Altro. Il termine alleanza viene dalfrancese alliance, allier, ma alliance viene dallatino ligo. Abbiamo dato un’accezione di al-leanza che non può mai essere trasformatain contratto sociale, cioè in genealogia. An-che la genetistica può rientrare nel contrattosociale (c. 10.1.2000).

ALLEGORIA - GIORNALISTA. L’allegoria pun-ta al diritto, che procede dalla voce e dallalingua fino alla legge del linguaggio, alla suaetica, alla sua clinica […] (Il giardino dell’auto-ma, p. 12). • L’allegoria enuncia il processodella sembianza, ove il senso, il sapere e laverità si effettuano e che si rivolge al tipo in-credibile (La congiura degli idioti, p. 224).

ALLEGORIA/DIRITTO - GIORNALISTA. L’al-legoria punta al diritto che procede dalla voce

e dalla lingua fino alla legge del linguaggio,alla sua etica e alla sua clinica. Segnatamente:custode della catacresi, pertanto della storiail diritto! Per nulla a caso Vico risulta un ma-gnifico storico: sul filo rinascimentale (Il giar-dino dell’automa, p. 12).

ALLIEVO - Lo statuto di allievo sul modellotradizionale, sociologico e antropologico siserve del dispositivo genealogico, non esigeil dispositivo intellettuale. Non evoca né iltestimone né l’artista. Dire che l’allievo ècifratore vale a assegnargli un altro statuto –quindi, nel dispositivo intellettuale – e nonquello di figlio. Ciascuno che sia testimone eartista nell’esperienza è cifratore, è allievo e,quando le cose si fanno e si scrivono, nessu-no può prescindere da tale statuto. [...] Mae-stro e allievo valgono come cifrante ecifratore? Maestro e allievo sono due ipotesi.Cifrante e cifratore sono due statuti. Dicen-do che sono due, è chiaro lo scivolamentoverso la genealogia, verso l’animaleanfibologico. Per la precisione, maestro e al-lievo sono ipotesi; cifrante e cifratore sonostatuti (La salute istanza di qualità, SR 53, 98).• Allievo comporta un dispositivopragmatico, un dispositivo di scrittura. Al-lievo è testimone, dispositivo di scrittura,uditore, artista (c. 13.3.1999).

ALLUCINAZIONE - Nessuna percezionesenza oggetto: ecco l’allucinazione secondoBerkeley. Le cose che ho dinanzi si dispon-gono secondo immagini eterogenee. E sonodiverse da quelle che tocco. Ciascuna cosa èdissimile da sé (La peste, p. 8). • LUI. L’alluci-nazione – eminentemente acustica perchéconnota l’indelimitabilità e l’incommensu-rabilità dell’immagine – risente di un ogget-to non fenomenologico: che non raggiunge;e che la provoca. Come è della sua vera e pro-pria struttura di percezione. […] PUBBLICO. Ilmodo di vedere si qualifica nel modo di sen-tire e di percepire. E l’allucinazione indical’impossibilità di misurare e di risparmiarel’immagine, di allontanarla e di avvicinarla,di volatilizzarla e di contenerla, di annien-tarla e di coltivarla, di distruggerla e di con-templarla. Indica l’inconvertibilità dell’im-

ALLUCINAZIONE

39

Dizionario di cifrematica

magine nell’immaginazione e nell’immagina-bile! (Il giardino dell’automa, p. 121). • LUI. Al-lucinazione: in quanto acustica, l’immaginesi fa elettronica! (Ibid., p. 122). • L’allucina-zione: come si scrivono le immagini (c.l5.8.83). • Che cosa dice l’allucinazione? Chenon c’è immagine che per la sua identità pos-sa prestarsi a divenire oggetto di culto e per-tanto l’allucinazione è un attributo, è una pre-rogativa, più che un attributo, del teatro. Inragione di essa la marcatura delle immagini,sul versante della loro esibizione, si costitui-sce come mascheratura e non già come ta-tuaggio (c. 22.8.83). • L’allucinazione seguel’instaurazione della maschera (c. l9.ll.83).

ALLUCINAZIONE ACUSTICA - Acustical’immagine. Allucinazione acustica, e non vi-siva, intollerabile per ogni psichiatria, perchéproprietà della scrittura della sembianza, del-la sua pornografia, della sua tipografia, delsuo ologramma, del suo processo per inte-grazione. Clarae et distinctae perceptiones dellecogitationes. Nessuna evidenza esorcistica.Nessuna magia. Nessuna presa sull’immagi-ne. Nessuna cattura immaginaria. Nessunplagio della sembianza. E. M. Forster: Io noncredo nella credenza. Ma l’immagine sfuggealla credenza e la travolge (La congiura degliidioti, pp. 224-225).

ALTO-BASSO - Alto-basso comporta sia il ri-getto, quindi la rimozione, la logica delle fun-zioni, la logica delle operazioni, la logica deipunti, sia il rilievo quindi l’ossimoro (c.23.ll.85).

ALTRA COSA - REGISTA. L’altra cosa testimo-nia del modo, del “dove”, del “da dove” lecose vengono, vanno, avvengono, si scrivo-no, si cifrano. Del modo in cui il corpo entrain scena. Del modo in cui la tenda si squar-cia. A un punto e a un tempo: l’altra cosa.Ovvero la stessa cosa (autismo), la cosa stes-sa (automatismo), la cosa differente (la diffe-renza sessuale) e la cosa sessuale (la cifra dellaparola) (Il giardino dell’automa, p. 22). • REGI-STA. In quanto agisce, la parola instaura l’al-tra cosa! Ora la stessa cosa: con l’autismo! Orala cosa stessa: con l’automatismo! Ora la cosa

sessuale: con la cifra della parola! E tra la cosastessa e la cosa sessuale: la cosa differente!Con la moda. E con la musica. La differenzasessuale. […] CIFRANTE. La stessa cosa vienefornita dall’autismo da cui si staglia il sem-biante. La cosa stessa viene fornita dall’auto-matismo che ora con la sintassi rilascia il sim-bolo, ora con la frase rilascia la lettera e ponela premessa della cosa differente da cui si sta-glia la cifra della parola. Dalla cosa stessa ilpragma procede alla costituzione della cosadifferente (Ibid, pp. 135-136). • CIFRANTE. Laparola è l’altra cosa: la stessa cosa (autismo),la cosa stessa (automatismo), la cosa differen-te (differenza sessuale) e la cosa sessuale (lacifra) Ibid, p. 298).

ALTRO - L’Altro non equivoca quindi nontruffa. Non mente quindi non ruba. Ma ride.In un tempo che cifra. Amante della causa diverità è l’Altro. Per questo ride (La peste, p.202). • L’Altro è una marca del tempo (Mani-festo del secondo rinascimento, p. 44). • Nellaformalizzazione della funzione vuota ho in-dicato dell’adiacenza sia la corda sia il filo.L’Altro è l’adiacenza non il corpo (Ibid., p.100). • CIFRANTE. L’Altro non manca mai […].L’Altro non lascia passare e non media […];l’Altro non truffa e non ruba (Il giardino del-l’automa, p. 219). • CIFRANTE. L’Altro contras-segna tanto l’adiacenza quanto il tempo. Lacorda e il filo dell’adiacenza: nessuna fron-tiera contro la scommessa e nessun limite aessa. La frontiera e il limite permangonodispositivi con cui la scommessa diviene cli-nica (Ibid., p. 219). • GIORNALISTA. L’Altro è l’al-tro tempo: quanto impedisce che il tempopossa entrare in un regime di utilità; quantos’innesta sul lusso (tra la futilità e la frivolez-za; tra la frontiera e il limite); quanto allonta-na il servizio dall’impresa. E l’adiacenza èl’Altro quando la numerazione – di passo inpasso – giunge alla frontiera del tempo equando il calcolo – di errore in errore – giun-ge al limite del tempo (Il giardino dell’automa,pp. 219-220). • CIFRATORE. Pensare l’Altro intermini di erotismo vale a pensare l’uno intermini di purismo e fare dell’Altro la ver-sione domestica, provinciale, nazionale del-l’uno. E pensare l’Altro come luogo dell’au-

ALLUCINAZIONE ACUSTICA

40

Dizionario di cifrematica

toma corrisponde al modo di esercitarsi nel-la diversione e nella universione (Ibid., p. 222).• Dove c’è il due c’è l’Altro, l’impossibilitàche il due proceda dall’uno. E le cose non fi-nite, entrano nella poesia, nella scrittura. Sicifrano (Processo alla parola, p. 254). • E l’Al-tro funzionale abduce: per via di abduzionee di catacresi procede la verità, effetto dellacifra della parola. Lontano dalla congetturaispirata vagamente al senso comune, dall’ipo-tesi, azzardata, dall’abduzione di Peirce dalui definita l’unico esperto imperator nella ri-cerca del vero (La congiura degli idioti, p. 229).• Fra lo zero e l’uno, l’intervallo, l’Altro. Lafunzione di Altro. Il pragma: la struttura del-l’Altro. L’industria della parola. Fra il sentie-ro della notte o dello zero e il sentiero del gior-no o dell’uno, il filo dell’altro tempo, del cre-puscolo. Il filo della verità effettuale (Leonardoda Vinci, p. 109). • L’Altro. Irrappresentabile.L’amico che diffama l’amico lascia di sé “tri-sta impressione”. Il nemico che diffama il ne-mico non è altrettanto biasimato. È meglioavere qualcuno come nemico che come ami-co? Nessuno può personificare l’Altro (Ibid.,p. 195). • L’Altro è l’indice della divisione (c.3.3.84). • L’Altro è la marca dell’anatomia del-l’immagine e l’indice del tempo (c. 5.5.84). •Altro tempo: malinteso e temporalità, il modoin cui si scrivono le cose (c. 24. l0.84). • Ilnome, il significante e l’Altro dal nome e dalsignificante (c. l.l2.84). • L’Altro nella catacresirilascia il sogno (c. l4.l2.85). • L’Altro è irrap-presentabile e impersonificabile, l’Altro èl’ospite. Ma rappresentarlo e personificarlopuò dare ora la demonizzazione oral’angelizzazione. Da qui l’altruismo, l’ideo-logia dell’aiuto, la protezione, l’assistenza.Tutto ciò prospetta l’Altro come rappresen-tabile, personificabile, cioè l’Altro è escluso,espulso, tolto. Solo se è tolto, allora può esse-re rappresentato. Solo se è tolto, la mortetrionfa. Solo se è tolto, allora ogni “altro” ser-ve la morte. Precisiamo, ogni altro: questoaltro? quell’altro? un altro? Chiunque puòrappresentare l’Altro. Il “chiunque” del di-scorso giuridico diventa proprio il chiunquerappresenta l’Altro, chiunque personifical’Altro. Ripeto, tolto l’Altro, la madre è lamorte. Tolto l’Altro, cosa c’è al posto dell’Al-

tro? La via della morte. Che cosa significa“tolto l’Altro”? Che l’Altro entra nella molti-plicazione e nella circolazione. Deve soltan-to servire a comporre il cerchio, dev’esserel’altro-uno, dev’essere “un altro”, deve na-scere per duplicazione dell’uno, per divisio-ne dell’uno in due. In altri termini, due comeAltro, tu come Altro, io come Altro, lui comeAltro. Altro rappresentato, personificato,come dicevamo prima, ma sempre al postodell’Altro. La via della morte dove sta? In cia-scun elemento del corpo e della scena, dellastrada. Ciascun elemento diventa la via stes-sa della morte come luogo comune (c. 23-24.4.1994). • Ingiustificabile l’Altro (NiccolòMachiavelli, p. 21). • L’Altro non è l’amante,perciò la commedia è impossibile. L’Altro èl’ospite. Amico o nemico, anche, ma comeanfibologia, non come dicotomia sociale, po-litica, istituzionale, finanziaria. L’anfibologiaè questa: non c’è dicotomia. Il taglio non èattribuibile al due. Il tempo non è del due,non è della relazione. I concetti di conflitto,di rottura, di frattura, di frazione dipende-rebbero dalla dicotomia, dall’inserimento deltaglio nella relazione, nel due (Le donne, la fi-nanza, la clinica, SR, 22, 8 /95). • È accadutoche, in questi ultimi due anni, abbia avutonecessità di parlare con signori verso cui nonavevo nessun interesse di parlare, ma c’erala necessità di parlare proprio con quei signo-ri, che verso di me avevano un pregiudiziototale. Io non posso fermarmi a dire che l’al-tro è squallido, che l’altro è scialbo, che l’al-tro è stupido, che l’altro è paranoico, che l’al-tro è razzista, perché questo mi limita molto,non mi dà nessuna chance: io mi chiudo efaccio la torre senza avorio. Il fatto è che que-sto signore non rappresenta l’Altro e occor-re, invece, che io trovi il modo di trasforma-re, per via di malinteso, questo signore ininterlocutore per la cosa di cui io ho bisogno.Io ho bisogno di quella cosa e, quindi, ho bi-sogno che questo signore si trasformi in miointerlocutore. Non posso dire che lui è stupi-do o che è pazzo. Io considero, invece, cheattraverso la sua pazzia, attraverso questisuoi caroselli, può darmi una chance (La me-dicina e il programma di vita, SR 28, 96). • Chel’Altro non sia rappresentato è un teorema,

ALTRO

41

Dizionario di cifrematica

non un postulato e, quindi, non può formareuna proposizione del tipo “se... allora”, “sel’Altro non è rappresentato, allora qualcosaaccade”. No, qualcosa accade, quindi l’Altronon è rappresentato. Questo “quindi”, tutta-via, è un igitur, non un ergo: da qui, l’Altro nonè rappresentato né rappresentabile. Nel di-scorso occidentale, dove non c’è funzione diAltro, ma funzione di morte, esiste la formu-la “se... allora”, oppure “se... se... allora”,come nel sillogismo Barbara: universale af-fermativa, particolare affermativa e partico-lare affermativa. Tutti gli uomini sono mor-tali, Socrate è un uomo, Socrate è mortale. Mache cosa risalta? La funzione di morte. Per-ché s’instauri la funzione di Altro occorre, an-zitutto, che non sia tolto il due originario,come apertura della parola (La tripartizionedell’esperienza, SR 41, 97). • La domanda im-propria è: “che cos’è l’Altro?”. Il “che cos’è?”è proprio del discorso occidentale. L’Altronon è in termini di essere. Non fa nessun ri-ferimento all’essere. È tra il non dell’avere eil non dell’essere, quindi tra la funzione dizero e la funzione di uno. Questo n-o-n, neoinom, questo non uno è funzione di zero efunzione di uno. E, nell’intervallo, è l’Altro,quindi funzione di Altro. Noi possiamo rile-vare questo anche nella lettura dei dieci co-mandamenti. E possiamo leggere la Bibbiacome il film originario (Il libro: ciò che dellamemoria si scrive, SR 62, 98).

ALTRO TEMPO - L’altro tempo. Il tempo del-l’Altro. Dall’Eucaristia come modo dell’aper-tura alla Pentecoste come modo dell’inten-dimento e della salute. Il ritmo (Leonardo daVinci, p. 272).

ALTRO TEMPO (reazione) - Ci si accorge chec’è e esiste l’altro tempo e il tempo dell’Al-tro, per esempio reagendo all’altro tempo eal tempo dell’Altro. Come avviene questa rea-zione all’altro tempo? Con una specie di con-traccolpo, ogni volta che la percezione di que-st’altro tempo viene creduta visiva. E alloradi che cosa si tratta? Della rappresentazionedell’Altro e della rappresentazione del tem-po, fino alle forme fisiche e metafisiche. Qualisono le forme fisiche e metafisiche? Sono, né

più né meno, le forme della malattia mentalecome malattia dell’Altro, dell’io-Altro, di sé-Altro. Come ci si accorge dell’altro tempo?Reagendo all’altro tempo, cioè ammalando-si, facendone una malattia. Facendone unamalattia, facendosene una malattia, facendosimalattia e facendosi Altro. Cioè attribuendol’Altro negato, l’Altro anche come l’altro tem-po, al due; facendo del due una dicotomia,un taglio, la forma del taglio. La relazione da-rebbe e sarebbe la forma del taglio, la formadell’economia del taglio. E allora l’Altro e iltempo sarebbero dati attraverso l’incesto, ilpeccato, il male, intesi sempre come incestodell’Altro, peccato dell’Altro e male dell’Al-tro, o malattia dell’Altro (Per ragioni di salute,SR 29, 96). • Ci sono poi altri termini, atti-nenti all’Altro tempo. Qui stiamo dicendo cheil tempo non è la durata, quindi, non è il tem-po misurabile e risparmiabile (è così che vie-ne immaginato), ma il tempo è l’Altro tem-po, il tempo dell’Altro, il tempo che trae alladifferenza, è il tempo che sorge dal malinte-so. È il tempo nel fare. E il fare non è né nega-tivo né positivo, né alto né basso, né amiconé nemico, né giusto né ingiusto, né vero néfalso. È la struttura dell’Altro, l’Altroirrappresentabile. Lungo la corda del tempoe il filo del tempo, fra la frontiera e il limitedel tempo, s’instaurano la violenza e la rapinadel tempo. Ma se noi diciamo la violenza e larapina del tempo e proviamo a immaginare,a fantasmatizzare la violenza e la rapina, al-lora noi ci rappresentiamo e rappresentiamosulla piazza la violenza e la rapina! La rapi-na, per esempio, di qualcosa o di qualcuno.Il rapimento di Ganimede, il ratto di Europa,il ratto delle Sabine, il ratto delle bianche –c’è una vasta gamma, nelle mitologie, intor-no al rapimento. E una vastissima gammaintorno alla violenza. Noi abbiamo affronta-to, negli anni settanta, temi essenziali, trattisalienti della civiltà quali la follia, lasessualità, la violenza (La scrittura civile, SR49, 97).

ALTROVE - Dall’altrove del labirinto dellaparola, che trae agli effetti di senso e di sape-re. Con la ricerca. E dall’altrove del paradiso,via del malinteso, che trae agli effetti di verità

ALTRO TEMPO

42

Dizionario di cifrematica

e di riso (Leonardo da Vinci, p. 12). • L’Altro vadistinto dall’altrove, dall’alibi che è quello del-l’economia e della finanza (c. l7.8.85). • L’al-trove è l’economia e la finanza, è l’alibi concui avviene l’itinerario. Le due facce dell’iti-nerario: il rinascimento e l’industria, ilparricidio e la sessualità (c. l9.9.85). • Non sipuò formalizzare l’altrove. L’altrove c’è cia-scuna volta in cui qualcuno si trova a parlaree dovunque qualcuno si trova a parlare, altri-menti diventa spaziale. L’altrove è nella paro-la, è temporale (Eq. 16.8.1987). • Due altrove.L’alibi della parola. Quanti alibi ci sono nellaparola? Alibi significa altrove. C’è l’altrovecome economia, non c’è un luogo dell’econo-mia, ma c’è l’altrove che è l’economia, e poic’è l’altrove che è la finanza (Eq. 30.12.1990). •Questo l’alibi della parola, l’altrove: l’econo-mia come istanza di scrittura della storia e lafinanza come istanza di scrittura dell’affaire,lungo il filo della clinica, istanza di soddisfa-zione, di conclusione, di profitto, di riuscita.Machiavelli coglie con precisione come la sod-disfazione risulti indipendente dalla volontà(D). La volontà nazionalpopolare la finisce unavolta per tutte con il tempo e con la differenzae si fa volontà politica come volontà di pre-mio (Niccolò Machiavelli, p. 73). • L’economiae la finanza costituiscono l’altrove. L’econo-mia è l’altrove della sintassi e l’altrove dellafrase, l’istanza di scrittura della sintassi el’istanza di scrittura della frase (Monoteismo,etica, finanza, SR, 19, 5/95). • La finanza è l’al-trove rispetto al pragma, in questo caso, l’al-trove come istanza di conclusione delle cose,istanza di riuscita, istanza di scrittura (Dovesta la novità, SR 44, 97).

ALTROVE/ECONOMIA - Economia è altro-ve. È il primo altrove, il primo alibi. L’econo-mia è alibi. Se il “dove” implica la combina-zione del corpo e della scena, quindi anchela condizione dell’itinerario (condizione chesta nello specchio, nello sguardo e nella voce),l’alibi è questo. Il primo alibi è l’economia,l’altrove rispetto alla ricerca. Cioè la ricercanon si codifica, non si disciplina. Questo va evieni non compone un cerchio né unaquadratura del cerchio. I conti non quadra-no. Per ciò, Freud ha scritto i suoi saggi lin-

guistici, e si è trovato a inventare una lingui-stica che non c’era prima, procedendo da qui:L’interpretazione dei sogni (1900), Psicopatologiadella vita quotidiana (1901), Il motto di spirito ela sua relazione con l’inconscio (1905). In gene-re, questa trilogia viene indicata come unaprima introduzione della linguisticafreudiana. L’altrove indica anche che la strut-tura non può non scriversi. Per scriversi, performalizzarsi, per trovare il suo compimentonella legge e nell’etica, ha bisogno dell’altralingua, quella in cui ciascuno parla. Una cosache la psicanalisi (anzitutto la psicanalisi e,poi, con la logica della nominazione, lacifrematica) ha notato è proprio questo: pro-cedendo dal non dell’avere – e non già dal-l’avere – le cose si aggiungono, aumentano,crescono, trovano la loro struttura. Qui, c’è laportata del nome – del nome comeinnominabile e del nome come anonimo. Ilnome non può essere nominato. Ed è senzanome. Il nome senza nome è il nome anoni-mo. È impossibile dare un nome al nome,quindi anche dare un nome alla perdita, dareun nome alla morte. Pertanto, è ben altra eco-nomia quella che s’inaugura qui, è un’econo-mia linguistica. Freud allude all’economialibidica. Questo va e vieni è senza spreco. Solodando un nome alla perdita, un nome alnome, solo se le cose fossero interamentenominabili, solo se fossero ordinali si codifi-cherebbero, cioè si sottoporrebbero a un co-dice. L’economia indica che non c’è più codi-ce. E che non c’è più spreco. Ci sono anche iteoremi dell’economia. L’economia, quindi, èun altrove rispetto alla struttura, ma esige chela struttura si scriva. Questo altrove è istanzadi scrittura, di scrittura della sintassi e di scrit-tura della frase, quindi di scrittura della ri-cerca, di scrittura del labirinto. (…)In fin deiconti, seguendo alla struttura, l’economia ri-badisce la difficoltà che della struttura è unteorema, cioè l’impossibile – l’impossibilecodificazione, l’impossibile decidibilità (L’eco-nomia, la finanza il profitto, SR 66, 1999).

ALTRUI PAROLA - “L’altrui parola” sareb-be un discorso dominante, cioè il discorsodell’interlocutore che sembra prevalere (Perragioni di salute, SR 29, 96).

ALTRUI PAROLA

43