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Il Fiume Po PIEMONTE PARCHI - Il Fiume Po LE GUIDE - N. 2 Poste Italiane S.p.A. - Supplemento N.1 a Piemonte Parchi 183 - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, - CNS/Torino n. 5 anno XXIV ISSN 1124-044 X C Che cos’è un fiume? Per comprenderlo, occorre andare su un ponte a osservare l’acqua e chiedersi come faccia a non smettere di fluire. Ecco, un fiume è “qualcosa” che non smette mai di fluire. Il Po è un fiume. Per comprenderlo basta affacciarsi dal ponte di Casalgrasso, e guardare a occidente il Monviso e l’acqua che pare “generarsi” direttamente dalla montagna. Oppure dai ponti di Torino, a osservare la città che corre, mentre il Fiume scivola lento e indifferente. O, ancora, dal ponte tra Verrua Savoia e Crescentino, che divide l’occi- dente e l’oriente del Piemonte. Infine, sul ponte tra Isola Sant’Antonio e Pieve del Cairo, dove il Po saluta il Piemonte e prosegue in altre terre, tra altre genti. Tra altre insidie. Sono tante le insidie che a partire dagli anni ’60 hanno prostrato il Grande Fiume. Negli anni ’60 è avvenuta la “svolta”, il Po ha via via smarrito il suo ruolo di legante non soltanto geografico delle popolazio- ni rivierasche per ridursi a serbatoio di acqua e di ghiaia, a discarica incontrollata di liquami, ad area marginale per attività “marginali”. Un mutamento epocale: da artefice di identità a cagione di paure, da esor- cizzare con interventi di difesa spondale spesso inutili e controprodu- centi. Il “miracolo che abita in fondo al pentolone padano, intasato da capannoni, porcilaie, autostrade” (davvero azzeccata l’immagine di Paolo Rumiz) ha rischiato di venire meno. Tuttavia, all’inizio degli anni ’80, in Piemonte è arrivato il ripensamento. Nella terra subalpina si è capito che perdere il Fiume significava smarrire il baricentro, la linea di identità. Un forte movimento di opinione, che ha portato nel 1990 all’istituzione del “Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po”. Per tutti, il “Parco del Po”. Protetta per legge è l’acqua, lo sono le rive, i luoghi incontro con gli affluenti. Tuttavia, a differenza di altre aree, nel caso del Po non si trat- ta solo di tutelare ma anche di ricostruire. Ricreare ambienti, paesaggi, habitat naturali venuti meno con la diffusa e caotica antropizzazione. Un’opera immane quella condotta dai tre Enti che gestiscono la tutela del Po piemontese. Molti gli interventi di recupero ambientale già attua- ti, affiancati da una diffusa attività di concertazione con le realtà locali. Varie le discipline coinvolte: tecniche, amministrative, di comunicazio- ne. Notevole il bagaglio di esperienze accumulate. Dopo “Alpi Cozie”, la “Guida numero due” di Piemonte Parchi vuole raccontarne alcune, e allo stesso tempo raccontare frammenti del Grande Fiume, i suoi paesi, le opportunità ritrovate di pedalare sulle sponde e di scivolare sull’ac- qua. L’intento è di coinvolgere anche voi lettori nell’opera. Il Po deve restare un fiume. Il Fiume, semplicemente. Il Po, un fiume. Semplicemente Toni Farina
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Che cos’è un fiume? Per comprenderlo, occorre andare su un ponte aosservare l’acqua e chiedersi come faccia a non smettere di fluire. Ecco, un fiume è “qualcosa” che non smette mai di fluire.Il Po è un fiume. Per comprenderlo basta affacciarsi dal ponte diCasalgrasso, e guardare a occidente il Monviso e l’acqua che pare“generarsi” direttamente dalla montagna. Oppure dai ponti di Torino, aosservare la città che corre, mentre il Fiume scivola lento e indifferente.O, ancora, dal ponte tra Verrua Savoia e Crescentino, che divide l’occi-dente e l’oriente del Piemonte. Infine, sul ponte tra Isola Sant’Antonio ePieve del Cairo, dove il Po saluta il Piemonte e prosegue in altre terre,tra altre genti. Tra altre insidie.Sono tante le insidie che a partire dagli anni ’60 hanno prostrato ilGrande Fiume. Negli anni ’60 è avvenuta la “svolta”, il Po ha via viasmarrito il suo ruolo di legante non soltanto geografico delle popolazio-ni rivierasche per ridursi a serbatoio di acqua e di ghiaia, a discaricaincontrollata di liquami, ad area marginale per attività “marginali”. Unmutamento epocale: da artefice di identità a cagione di paure, da esor-cizzare con interventi di difesa spondale spesso inutili e controprodu-centi. Il “miracolo che abita in fondo al pentolone padano, intasato dacapannoni, porcilaie, autostrade” (davvero azzeccata l’immagine diPaolo Rumiz) ha rischiato di venire meno. Tuttavia, all’inizio degli anni’80, in Piemonte è arrivato il ripensamento. Nella terra subalpina si ècapito che perdere il Fiume significava smarrire il baricentro, la linea diidentità. Un forte movimento di opinione, che ha portato nel 1990all’istituzione del “Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale delPo”. Per tutti, il “Parco del Po”.Protetta per legge è l’acqua, lo sono le rive, i luoghi incontro con gliaffluenti. Tuttavia, a differenza di altre aree, nel caso del Po non si trat-ta solo di tutelare ma anche di ricostruire. Ricreare ambienti, paesaggi,habitat naturali venuti meno con la diffusa e caotica antropizzazione.Un’opera immane quella condotta dai tre Enti che gestiscono la tuteladel Po piemontese. Molti gli interventi di recupero ambientale già attua-ti, affiancati da una diffusa attività di concertazione con le realtà locali.Varie le discipline coinvolte: tecniche, amministrative, di comunicazio-ne. Notevole il bagaglio di esperienze accumulate. Dopo “Alpi Cozie”,la “Guida numero due” di Piemonte Parchi vuole raccontarne alcune, eallo stesso tempo raccontare frammenti del Grande Fiume, i suoi paesi,le opportunità ritrovate di pedalare sulle sponde e di scivolare sull’ac-qua. L’intento è di coinvolgere anche voi lettori nell’opera.Il Po deve restare un fiume. Il Fiume, semplicemente.

Il Po, un fiume. SemplicementeToni Farina

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Il Parco fluvialedel Po piemonteseIl Parco fluvialedel Po piemontese

TORINO

Pian del ReMolino dei Torti

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Il Po, un fiume. SemplicementeIl Parco del Po, una grandeopportunità per il Piemonte 4Il Po, paesaggio, natura, storia 6L’acqua: qualità, quantità 12Il territorioIntroduzione 16Dalle Alpi alla pianura 18Il Saluzzese 20La pianura prealpina 22Il Torinese 24Il Chivassese 26Il Basso Vercellese 28Il Monferrato casalese 30Le confluenze 32I progettiIntroduzione 34Le cave: da problema a opportunità 36Il paesaggio del Po 38

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SUPPLEMENTO A PIEMONTE PARCHIN° 6 - Anno 2009Editore REGIONE PIEMONTE - Piazza Castello, 165 - Torino

Direzione e RedazioneVia Nizza, 18 - 10125 Torino tel. 011 432 3566/5761 fax 011 432 5919 E-mail: [email protected];

Direttore responsabile: Roberto Moisio Direttore editoriale: Enrico CamanniVice Direttore: Enrico Massone Caporedattore: Emanuela Celona

Coordinamento redazionale Guida “Fiume Po”:Toni Farina

Redazione Gianni Boscolo, Toni Farina, Aldo Molino, Loredana Matonti, Mauro PiantaCollaboratori Carlo Bonzanino, Claudia Bordese, Giulio Caresio, Bruno Gambarotta, Susanna Pia, Mariano Salvatore, Chiara Spadetti, Ilaria TestaPromozione e iniziative specialiSimonetta AvigdorSegreteria amministrativaM. Grazia Bauducco Abbonamenti, arretrati e copie omaggioAngela Eugenia, tel. 011 4323273 fax 011 [email protected] Parchi WebElisa Rollino – www.piemonteparchiweb.itPiemonte Parchi Web JuniorLaura Ruffinatto – www.piemonteparchiweb/juniorBiblioteca Aree ProtetteMauro Beltramone, Paola Sartori - tel. 011 4323185

Hanno collaborato a questo numero:M. Beltramone, C. Caiazzo, S. Camanni, C. Carbonero, A. Cesare, P. M. Chiarabaglio, F. Clemente, L. Cristalli, N. De Ruggiero, T. Farina, R. Ferrari, Gilberto Forneris, M. Gagliardone, L. Gola, C. Lanza, V. Lupo, M. R. Minciardi, V. Mosca, C. Napoli, C. Oreglia, I. Ostellino, M. Pascale, D. Pellitteri Rosa, G. Quaglio, R. Ribetto, P. Sartori, L. Vietto, D. Zocco, Ass. Amici delPo, Circolo Eridano, Canoa Club Saluggia, Scout Valenza.Fotografi:M. Arobba, G. Boscolo, R. Borra, C. Caiazzo, P. M. Chiarabaglio,T. Farina, C. Lenti, A. Longo, F. Malaggi, A. Miola, F. Pupin, R. Ribetto, S. Serra, R. Trucco, R. Valterza, F. Varetto, L. Vietto.Associazione Amici del Po, Archivio Direzione Ambiente,Archivio Parco Ticino lombardo, Canoa Club Saluggia, CentroDocumentazione Aree Protette (CEDRAP).

Mappa: CLICART di Aurelio Fassino, Corio (TO)

L’editore è a disposizione per gli eventuali aventi diritto perfonti iconografi che non individuate. Riproduzione ancheparziale di testi, fotografi e disegni vietata salvo autorizzazionedell’editore. Manoscritti e fotografie non richiesti non sirestituiscono e per gli stessi non è dovuto alcun compenso. Registrazione del Tribunale di Torino n 3624 del 10.2.1986Arretrati (se disponibili): euro 2 Stampa: Ilte S.p.A.Grafica e impaginazione: Satiz S.r.L. - www.satiz.itAbbonamento 2009 Conto Corrente Postale numero 20530200 intestato a: Staff Srl via Bodoni, 24 20090 Buccinasco (MI)

Info abbonamenti: tel. 02 45702415 (ore 9 - 12; 14,30 - 17,30) Riservatezza - Dlgs n. 196/’03. L’Editore garantisce la tutela dei dati personali. Dati che potranno essere rettificati o cancellati su semplice richiesta scritta e che potranno essere utilizzati per proposte o iniziative legate alle finalità della rivista.

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Sommario

Finito di stampare in Aprile 2009In copertina: In barca sul Po presso Valenza. Foto di Carlo LentiIn ultima pagina: Il Po visto da Rocca delle Donne. Foto di Gianni Boscolo

Una Corona Verde per Torino 40Riforestare il Po 41Lo Sportello INFOFIUME 42Il Centro Recupero per la Fauna selvatica 43Gli itinerariIntroduzione 44La ciclovia del Po 46In barca sul Po:A Torino, dall’800 ai giorni nostri 54Da Saluzzo a Casalgrasso 55Da Casalgrasso a Carignano 56A Torino 57Sulla Dora Baltea, da Mazzé a Crescentino 58Da Crescentino a Trino 59Da Casale a Valenza e Bassignana 60Le associazioni 61

Birdwatching sul Po 62La NaturaIntroduzione 64Gli habitat naturali 66Le specie:La trota marmorata 72La rana di lataste 73L’occhione 74Il pioppo nero 75Abitare il Fiume PoIntroduzione 76L’agricoltura 78La pesca 80Le abbazie 82Castelli e fortezze 84La pioppicoltura 86I canali 87Gli altri parchi 88Un Po di libri 94Informazioni generali 96

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INTRODUZIONE

L’Istituzione nel 1990 del “Sistema delle Aree protette dellaFascia fluviale del Po” da parte della Regione Piemonte hacostituito un momento molto importante nella tutela delpatrimonio ambientale piemontese. Un atto di grande co-raggio, quasi pionieristico, giunto al termine di un lungoperiodo di concertazione con gli enti interessati.L’istituzione del Parco è sorta dalla necessità di renderecompatibili due esigenze, all’apparenza contrapposte:proseguire nella difesa del territorio umanizzato, le popo-lazioni, i centri abitati, dalle intemperanze del Fiume, eallo stesso tempo iniziare la difesa del Fiume “dall’invasi-vità” delle attività umane. Lo sfruttamento eccessivo dellarisorsa acqua, le coltivazioni spinte fino alle aree golena-li, le cave, l’inquinamento. Riqualificare sotto il profiloambientale e culturale il territorio toccato dal principalecorso d’acqua italiano, ripristinare il suo ruolo di corrido-io naturale, di risorsa non meramente economica:in questa direzione hanno lavorato i tre Enti che gestisco-no il Parco del Po piemontese.Nel 2010 il Parco del Po compie vent’anni. In questo pe-riodo molto è stato fatto. Il Parco è ormai un interlocuto-re qualificato per tutte le istanze che riguardano il baci-no fluviale. L’opera però non è certo conclusa. Riportareal centro dell’attenzione il Grande Fiume, non soltantonei momenti di piena ma anche e soprattutto nei mo-menti di “magra”, come nelle recenti estate siccitose,quando il Grande Fiume era ridotto a rivolo. Recuperareil suo ruolo storico e culturale, la sua importanza non so-lo geografica ed economica per i cittadini piemontesi, lasua forte carica simbolica.In questi ambiti il lavoro da fare è ancora molto, un lavo-ro di informazione, promozione, divulgazione. È in que-sto contesto che si inserisce la Guida territoriale diPiemonte Parchi dedicata appunto al Po. Una scelta coe-rente con l’importanza che l’Amministrazione Regionaleassegna al Fiume, anche quale punto di eccellenza nel si-stema dei parchi e delle riserve naturali della Regione.

Nicola De RuggieroAssessore all’Ambiente e ai Parchi naturali della Regione Piemonte

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Il Parco del Po, una grande opportunità per il Piemonte

In bici e in barca sul Po a Torino. Foto di Stefano Serra

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IIl Po dal Monviso al mare Carla Lanza

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danti fontanili o risorgive. I paesaggi della Pianura Padana so-no estremamente vari. La parte piùdensamente abitata è la parte alta,dove grazie al clima favorevole e alpassaggio delle vie di comunicazio-ne, si svilupparono i primi insedia-menti e l'agricoltura. Alla fine del se-colo scorso vi si svilupparono anchele prime industrie, che utilizzavanola forza motrice dell'acqua prove-niente dalle Alpi. Oggi il paesaggio dell'alta pianura èmolto umanizzato. All’agricoltura si è sostituito il cemento: un susse-guirsi di stabilimenti e capannoni in-dustriali, strade, autostrade, ferroviee centri abitati più o meno estesi, chetendono a fondersi e sovrapporsi traloro lungo le principali vie di comu-nicazione. E ne fanno una delle areepiù dense di infrastrutture delContinente.La bassa Pianura Padana si estendeinvece tra la linea delle risorgive e ilcorso del Po. Una pianura irrigua conun indice di fertilità elevatissimo, an-cora oggi utilizzata prevalentementeper alcune colture specializzate, qua-li il riso, e per l'allevamento del be-

INTRODUZIONE

La porzione pianeggiante del bacinodel Po corrisponde in gran parte allapiù vasta pianura italiana, la PianuraPadana. Incuneata fra le Alpi e gliAppennini come un'enorme valle, siestende dalle pendici prealpineall'Adriatico per circa 45.000 chilome-tri quadrati con direzione prevalenteovest-est. Il suo suolo è formato daimateriali depositati dal Po e dagli altrifiumi alpini e appenninici. Questi, allosbocco delle valli montane, a causadelle diminuzioni di pendenza, rallen-tano il loro corso e, di conseguenza,depositano i detriti più pesanti, qualighiaia e ciottoli, mentre trasportanopiù in basso i materiali più fini, qualisabbia e argilla.Nella pianura si sono così formatedue fasce principali con caratteristi-che ben diverse: l'alta pianura, doveil terreno ciottoloso filtra l’acqua inprofondità, lasciando in superficiecondizioni di semiaridità, e la bassapianura, con suolo più fine e menopermeabile, ricca di acque. Le acqueinfiltrate nell'alta pianura vanno adalimentare copiose falde, che nellafascia di contatto fra l'alta e la bassapianura affiorano formando abbon-

delle Alpi forniscono acque dalla tar-da primavera all’estate, mentredall’Appennino giunge soprattutto ilcontributo delle piogge primaverili eautunnali.Per i primi 5 chilometri di percorso ilPo scorre impetuoso tra le sponderocciose della valle omonima, co-prendo in 35 chilometri di discesaben 1700 metri di dislivello, per usci-re infine nella pianura saluzzese.Domina il tratto montano il Monviso,una delle cime più caratteristiche del-le Alpi, noto fin dall’antichità per lasua forma di piramide rocciosa visibi-le da tutta la pianura piemontese.

Il Po, maggiore fiume italiano per losviluppo del suo corso (652 km) eportata (media annua circa 1.500mc/sec) nasce tra le “dentate e scintil-lanti vette” del gruppo del Monviso(Alpi Cozie) nella località Pian del Re,a circa 2000 metri di altitudine.Pur avendo una lunghezza limitata ri-spetto ai grandi fiumi europei, è ca-ratterizzato da un bacino di raccoltadelle acque assai vasto, che com-prende quasi tutto il versante medi-terraneo delle Alpi e una porzionedell’Appennino settentrionale.Questo fa sì che la sua portata sia ric-ca durante tutto l’anno: i ghiacciai

Nel Parco del Delta del Po. Foto di Toni Farina

Tramonto sul Po e sul Monviso dal Ponte di Casalgrasso. Foto di Toni Farina

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INTRODUZIONE

colonizzazione agricola romana,con interventi che continuarono nel medioevo, grazie al lavoro diabbazie benedettine (Chiaravalle,Pomposa, Grange vercellesi ecc….)e in seguito dalle diverse Signorie edalla Repubblica di Venezia. Si trat-tava di bonifiche che avevano loscopo di aumentare i terreni coltiva-bili, in quanto l’agricoltura rappre-sentava la principale occupazionedella popolazione. La bonifica a finiagrari continuò soprattutto dopo idue conflitti mondiali per dare unarisposta alle tensioni sociali legatealla forte disoccupazione. Anche laregione del delta è stata profonda-mente riplasmata dall’interventodell’uomo, al punto che è ormai dif-ficile riconoscerne la conformazio-

mani per il Grande Fiume. SecondoPlinio il Vecchio, il Po assunse talenome perché la sorgente era circon-data da conifere, del tipo chiamato inlingua gallica pado. Riferimenti al Po e alla sua pianurasono frequenti negli scritti degli anti-chi autori. Infatti, grazie al rilievo, alclima e alla ricchezza di acque, laPianura Padana fu abitata dall’uomofin dai tempi più remoti, come testi-moniano i ritrovamenti di selci scheg-giate risalenti alla tarda età della pie-tra. Ma se l’acqua è una delle princi-pali ricchezze della pianura, allo stes-so tempo ha rappresentato non di ra-do un problema per via delle fre-quenti esondazioni e, in particolarenella bassa pianura, del rischio di im-paludamento.Opere di bonifica furono effettuategià nel VI secolo a.C., ad opera degliEtruschi. In seguito, dal secolo IIa.C. in avanti, gran parte dellaPianura Padana fu trasformata dalla

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stiame. Il suo paesaggio, segnato dal-la geometria degli argini rialzati sullapianura, è caratterizzato da una retedi rogge e canali, alimentati dallostesso Po e dalle risorgive.A circa 50 chilometri dalla costaadriatica inizia il delta. Una vastaarea, estesa su una superficie di circa400 chilometri quadrati che avanza dialcuni metri ogni anno grazie ai detri-ti trasportati dal Fiume. Il Delta del Pocostituisce la principale area umidadel nostro Paese: un ecosistema digrande importanza, un patrimonionaturale di rilevanza mondiale. Offreun insieme di paesaggi preziosi e di-versi: dalle lagune dovute alle bonifi-che più o meno recenti (in gran partecoltivate), alle lagune morte, isolatedall’avanzare della terra ferma grazieai detriti trasportati dai corsi d’acqua(spesso trasformate in valli da pesca),al reticolo di rami fluviali, vivi e mor-ti, orlati da alti argini.Padus: questo il nome usato dai ro-

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Il Po a Moncalieri. A destra, il Castello. Foto di Roberto Borra

Riserva naturale del Baraccone (confluenza Dora Baltea). Foto arch. CEDRAP/Renato Valterza

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INTRODUZIONE

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rapporti uomo - fiume iniziarono amutare. Iniziò a svilupparsi nelleistituzioni e società civile la sensibi-lità per l’ambiente. In Italia, comenel resto del mondo si diede avvioalla stagione dei parchi naturali, siistituirono aree protette sotto varieforme. Tra queste il Parco del Po inPiemonte. Un evento di grande rile-vanza, possibile grazie a un diversomodo di vedere e vivere il Fiume. Lecittà attraversate, in particolareTorino, ne hanno rivalutato le spon-de, lungo le quali sono stati tracciati

ne originale. In epoca moderna, tut-tavia, a partire dall’Ottocento, con ilsorgere dell’industria cambiò la per-cezione delle funzioni del Fiume edi conseguenza il suo utilizzo.L’acqua non serviva più soltanto al-l’agricoltura, ma anche per la pro-duzione di energia e per l’approvvi-gionamento idrico della popolazio-ne in crescita. I corsi d’acqua venne-ro canalizzati e le acque usate e re-stituite, spesso senza adeguata de-purazione. Il reticolo fluviale natu-rale fu modificato con una fitta rete

di captazioni e di canali e la cemen-tificazione delle sponde.Dopo la seconda guerra mondialemolti argini del Po e degli affluentiprincipali risultavano indeboliti dal-la carenza di manutenzione. Le con-seguenze si manifestarono in crollidisastrosi con alluvioni, perdite divite umane e di manufatti. Nel 1951,una piena eccezionale fece crollaretratti di argini e una valanga d'acquasi riversò nelle campagne delPolesine, con effetti disastrosi. Solodopo la metà del secolo scorso i

itinerari pedonali e piste ciclabili.Lungo il corso, in talune zone, sonoanche rifiorite osterie e trattorie, untempo esclusivo luogo di ritrovoper pescatori e oggi frequentate dauna più ampia cerchia di fruitori.Buona salute gode anche la naviga-zione da diporto. Insomma, ilGrande Fiume non è più considera-to soltanto una riserva d’acqua peragricoltura e industria, ma ancheun ambiente naturale da frequenta-re e rispettare, come opportunitàper migliorare la qualità della vita.

Riserva naturale del Baraccone (confluenza Dora Baltea). Foto arch. CEDRAP/Renato Valterza

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LINTRODUZIONE

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Come sta il Po?La salute in Piemonte del principale corsod’acqua italiano

Floriana Clemente - Direzione Ambiente Regione PiemonteMaria Rita Minciardi - ENEA Centro Ricerche Saluggia

“La cura per raggiungere uno stato di sa-lute buono sarà lunga”. Questa potreb-be essere in estrema sintesi la risposta. IlPo è un malato problematico, non facileda curare. Tuttavia, le condizioni nonsono così gravi come a prima vista si po-trebbe credere. Intanto si conoscono lecause del deperimento: pressione uma-na eccessiva, modello di sviluppo noncompatibile con l’ecosistema fluviale,ovvero con la vita del Fiume. Fanno te-sto le cifre: da Paesana al confine con laLombardia sono 2.000.000 le personeche in qualche modo hanno a che farecon il Fiume, 130 sono i comuni in cuivivono, fra cui Torino. Tutto ciò in pocomeno di 3000 chilometri quadrati.Persone che hanno sete, devono irriga-re i campi, hanno bisogno di energia. E inquinano. Ma il Po è ancora vivo.Non solo: proprio in Piemonte il Fiumepresenta le maggiori possibilità di gua-rigione. Le rilevazioni sul campo infor-mano sulla sua elevata naturalità, benleggibile nella rilevanza delle comunitàanimali e vegetali e negli habitat natura-li tuttora presenti, localizzati perlopiùnelle zone che hanno conservato unasufficiente integrità morfologica. A tale condizione ha contribuito la scel-ta, compiuta dalla Regione Piemontenel 1990: tutelare l’intero corso piemon-tese del Fiume attraverso la creazionedel Sistema di Aree protette del Parco

del Po. I tre Enti ai quali è stata affidatala gestione del sistema non si sono limi-tati alla conservazione degli ambientisopravvissuti, ma si sono impegnati perla loro ricostituzione in zone di partico-lare pregio.

Quantità e qualitàSono i fattori principali che caratterizza-no lo stato di salute di un corso d’acqua.Elementi tra loro intimamente correlati:a una maggior portata corrisponde diregola una miglior qualità, gli agenti in-quinanti sono infatti maggiormente di-luiti e quindi più tollerati.Ben diversa è la percezione delle pro-blematiche da parte della popolazione.Per quanti vivono intorno al Po i pro-blemi sono soprattutto legati alle piene,mentre per il Fiume sono soprattutto iperiodi di magra a generare criticità.Tale percezione si è in parte modificatanelle recenti estati siccitose: sono anco-ra nella memoria collettiva le immaginidel Po sofferente, con una portata cheraggiunge i livelli minimi storici.Quantità e qualità delle acque del Posono oggetto di uno specifico program-ma di monitoraggio a opera di ARPAPiemonte e Direzione Ambiente dellaRegione Piemonte. La portata delFiume viene misurata in corrisponden-za di 22 stazioni idrometriche, 7 localiz-zate sul Po stesso e le rimanenti sui

Il Fiume in secca tra Martiniana Po e Saluzzo. Foto arch. Direzione Ambiente

Piena alluvionale del Po presso Bassignana (AL); anno 1994. Foto di Carlo Lenti

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INTRODUZIONE

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principali affluenti. La valutazione dellostato di qualità si effettua in 17 stazionidi campionamento mediante la misura-zione di parametri fisico-chimici e bio-logici. Il rilievo è compito dei tecnici diARPA Piemonte, l’elaborazione è effet-tuata dalla Direzione Ambiente dellaRegione Piemonte. Fino al 2008 per lavalutazione della qualità delle acque siè utilizzata la metodologia prevista daldecreto legislativo 152/1999, il cui datocomplessivo è sintetizzato in un indicedenominato SACA - Stato Ambientaledei Corsi d’Acqua. Le analisi di qualitàcompiute nell’ultimo decennio hannopermesso di classificare lo stato delFiume e di creare dei trend annuali, ri-portati nella tabella. Da questa si evince “come sta” il Po.Il Po sta discretamente bene soltantonel tratto vallivo, dove lo stato risultaelevato o buono. A partire da Revello lasituazione però peggiora: iniziano leimmissioni di inquinanti ma, soprattut-to, inizia il prelievo idrico. Sono appun-to le captazioni d’acqua a costituire unadelle maggiori cause di criticità per la vi-ta del Fiume. Presenti già a valle diPaesana, le derivazioni irrigue sono in-genti per l’intera pianura. Nel cuneesela coincidenza tra tratti caratterizzati dapermeabilità del substrato e la presenzadi cospicui prelievi irrigui determina,nella zona tra Martiniana Po e Saluzzo,la presenza di tratti totalmente asciuttiper periodi variabili fra 3 e 8 mesi a se-conda degli anni.Valori molto elevati di prelievo si rag-giungono soprattutto nella pianura traChivasso e Casale. È in questa zona in-fatti che si alimentano i grandi canali ir-rigui: Canale Cavour, Canale Farini (cheincide indirettamente prelevando dallaDora Baltea a Saluggia), Canale Lanza eRoggia Fuga a Casale. La somma dei lo-

ro prelievi supera i 100 m3/s.Le utenze idroelettriche sono inveceprevalentemente concentrate in alcuniambiti territoriali quali la parte più mon-tana del bacino e, in pianura, a valle diTorino, dove sono localizzati alcuni im-portanti prelievi, tra cui il CanaleCimena che sottrae al fiume sino a 110m3/s. Ed è in questo contesto, caratte-rizzato da una forte riduzione di porta-ta, che si ha lo scarico del depuratore diTorino. L’impatto provocato dall’insie-me di queste pressioni è visibile nellatabella che riporta i dati del SACA traSan Mauro, Brandizzo e Lauriano. Quantità, ma anche qualità, varianoin corrispondenza degli affluenti. Amonte di Torino, i torrenti Sangone,Banna e Tepice, con il loro carico diinquinanti determinano un peggio-ramento. Al contrario, la buona inte-grità delle acque dell’Orco e soprat-tutto della Dora Baltea, consente diammortizzare in parte gli impatti de-terminati dalle derivazioni irriguedella piana vercellese.

La terapiaAttualmente la metodologia di moni-toraggio e classificazione è in un mo-mento di transizione: dal 2009, infatti,si è dato avvio a una nuova fase, ne-cessaria per l’adeguamento allaDirettiva “Acque” 2000/60 dellaComunità Europea, recepita in Italiasolo nel 2006. Tale Direttiva definisceun nuovo quadro di riferimento perla valutazione e la gestione dei corsid’acqua: fiumi e torrenti sono intesiquali ecosistemi complessi, di conse-guenza l’attenzione viene spostatadalla qualità delle acque in sensostretto allo stato ecologico comples-sivo. La conoscenza che deriva datutte le attività (ogni anno vengono

informatizzati oltre 1.000.000 di datiderivanti dai monitoraggi) costituiscela base su cui si fondano le misure ditutela e risanamento previste dalPiano regionale di Tutela delle Acquee dalla pianificazione dell’intero baci-no padano. Migliorare le condizioni

COS’È IL S.A.C.A. STATO AMBIENTALE DEI CORSI D’ACQUA

È un indice che permette la valutazione complessiva dello stato di qualità di un cor-so d’acqua. Tiene conto di un cospicuo numero di variabili: dalla determinazione deiparametri chimici di base, alla presenza di inquinanti, allo stato della componentebiologica determinata sulla base della composizione e struttura della comunità deimacroinvertebrati bentonici. È suddiviso in 5 classi di qualità:

ELEVATO

STAZIONE DIMONITORAGGIO

Crissolo

Sanfront

Revello

Cardè

Villafranca

Casalgrasso

Carmagnola

Moncalieri

Torino

San Mauro T.se

Brandizzo

Lauriano

Verrua Savoia

Trino V.se

Casale M.to

Valenza

Isola Sant’Antonio

2001-02 2003 2004 2005 2006 2007 2008

BUONO SUFFICIENTE SCADENTE PESSIMO

InfoI dati sono disponibili presso il sito della Regione Piemonte: www.regione.piemonte.it/acqua (scegliere, nei servizi specialistici, “monitoraggio delle acque”)

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Il Po tra pianura e colline. Foto archivio Parco del Po

Il territorioDuecentotrentacinque chilometri. È un viaggio lungo e vario quello delFiume Po in Piemonte. A differenzadelle altre regioni bagnate dalle sueacque, dove il paesaggio padano ma-nifesta in modo costante la sua unifor-mità, nella terra sabauda il Po scorrenel segno della diversità di ambienti epaesaggi. O se si preferisce, intorno alPo scorrono “ambienti e paesaggi” di-versi, un filmato che tiene sempre destal’attenzione. Un filmato con le Alpi co-me sfondo, che ricordano al Fiume lasua essenza montanara. Poi, i tantiborghi ancora riconoscibili, non deltutto dispersi nell’omologazione. Quin-di, come preziosi intervalli fra un paesee l’altro, fra un campo di mais e unpioppeto, frammenti di bosco, di lancao di greto, di habitat scampati allo “svi-luppo”. L’esordio è nella sua valle. Cosìimpervia, così netta. E che in modo net-to libera il Fiume (ancora torrente) sul-la pianura, consegnandolo alle terredel Marchesato, tra filari di frutta e unacampagna generosa.Il tempo di cambiare condizione (datorrente a fiume), di arricchirsi di ac-que d’Oc, ed è Carmagnola, e poiMoncalieri con il suo Castello, dove ilFiume avvia la sua attività prediletta di“elemento di separazione”.A Torino, il Po divide in modo perfettola Città dalla sua collina. E più a orientesepara a lungo, in modo ostinatamenteperfetto, il Monferrato dalle risaie, il sud eil nord del Piemonte. A Casale, subentrano le languide ondula-zioni valenzane: è loro il compito di con-segnare il Fiume al gran catino padano.

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Po e Monviso visti da Revello. Foto di Renzo Ribetto

Balma Boves sul Monte Bracco. Foto di Renzo Ribetto

Dalle Alpi alla pianura

con una successione di piccole cascate.A Pian della Regina inizia la fascia bo-scata che accompagna il Fiume fino aCrissolo. È in quest’area che si trova laGrotta di Rio Martino, con l’imponente“Sala del Pissai” e una spettacolare ca-scata di 45 metri. Dopo la confluenzacon il Torrente Lenta, nei comuni diOstana e Oncino, il letto diventa menoripido, fino ad aprirsi sulla piana allu-vionale di Paesana. Termina il tratto al-pino, il Po prosegue tra due versanti bo-scati nella conca di Rocchetta, lamben-do le pendici del Monte Bracco.Grandiosa formazione geologica, ilMonte Bracco è sede di importanti pre-senze di rilievo archeologico, storico enaturalistico. In uno dei molti anfrattinaturali si trova Balma Boves, notevoleinsediamento abitativo a 40 minuti dimarcia dal fondovalle, nel Comune diSanfront. Un microcosmo agricolo au-tonomo e funzionale, abitato fino neglianni ’50. Perfettamente conservato, co-stituisce un museo etnografico oggi re-cuperato e reso funzionale alla visita. A valle di Martiniana Po, in periodi disecca si evidenziano significativi feno-meni di carsismo. Unita alla presenza dinumerose captazioni, tale condizione

determina spesso il prosciugamentodell’alveo. A Martiniana il Parco haaperto nel 2008 il Museo del Piropo, unminerale della famiglia dei granati chequi si presenta in cristalli di eccezionalidimensioni e purezza. E a proposito dimusei, è più a valle, nei pressi diRevello, che il Parco ha allestito ilMuseo naturalistico del Fiume. Oltre alla Valle Po, a Saluzzo si apronosulla pianura le valli Bronda e Varaita.Valli assai diverse, ma accomunate dauna vegetazione rigogliosa che ne fauno dei più suggestivi angoli verdi del-la Provincia di Cuneo. Risalendo laValle Bronda si incontra Pagno che, as-sieme a Castellar, deve la sua celebritàalla produzione di mele e al vino tipico“Colline Saluzzesi - Pelaverga d.o.c.”Tra boschi di castagni e faggi si sale alColle di Brondello – Isasca (770 m) chepermette il passaggio in Valle Varaita, aVenasca. Risalendo la Valle a fianco deltorrente omonimo si giunge aSampeyre, il centro principale, dove siampliano le prospettive e, sulla sinistra

Qual’è la “vera” sorgente del Po? Storiae geografia “ufficiali” la collocano pres-so la grande roccia da cui sgorgano leacque a Pian del Re, a 2020 metri diquota. Tuttavia, è più esatto affermareche il primo fiume italiano si origina dalcomplesso sistema di laghi e torbiered’alta quota del Gruppo del Monviso.Pian del Re è un insieme di preziositànaturali, un habitat di grande interessecostituito da una importante torbiera,che ospita relitti di flora glaciale e un ra-ro anfibio endemico: la Salamandra diLanza. Soltanto 13 chilometri in linea

d’aria separano le sorgenti dallapianura. Il notevole dislivelloracchiuso in uno spazio cosìcontenuto è ragione di una

grande varietà sia di florache di fauna. Nel primo

tratto il Po è un torrentetipicamente monta-

no che scende ra-pido fra le rocce

orografica, si scorge il grande Bosco dipino cembro dell’Alevé. Poco più a val-le, Confine, piccola frazione diSampeyre, è l’antico posto di frontieratra il Marchesato di Saluzzo e laCastellata, territorio che dal 1363 al1713 comprese tutta l’alta valle.Capoluogo politico e commerciale fuCasteldelfino, a 1300 metri, il cui nomericorda il castello del Delfino di Vienne,distrutto nel ‘300. A Casteldelfino si tro-va il Museo dell’Alevè, allestito dalParco del Po cuneese. E a Casteldelfinola valle si divide. A sinistra si apre ilVallone di Bellino, le cui borgate costi-tuiscono un eccellente esempio di ar-chitettura alpina, fra i meglio conservatidelle Alpi occidentali.Celle, Prafauchier, Chiazale, Chiesa,borgate di pietra e legno, dove il tempoè scandito da meridiane dipinte sui mu-ri. Seguendo l’altro vallone, si giungeinvece a Pontechianale e quindi al Colle dell’Agnello (2748 m), confinecon la Francia e con il Parco regionaledel Queyras.

Renzo Ribetto

IL TERRITORIO

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LIl Saluzzese

La Valle Po fu abitata fin dalla preistoriae fu teatro di invasioni celtiche nel VIsecolo a.C., romane nel 400 a.C. e sara-cene del IX secolo d.C. Nel medioevofu contesa tra le stirpi aleramiche e ar-duiniche, finché, nel XIV secolo passòal Marchesato di Saluzzo. La valle di-venne così una importante “via del sa-le” grazie alla strada che la collegava di-rettamente al Delfinato e alla Provenza,evitando i dazi sabaudi. Ed è per age-volare il transito che nel 1480 fu apertoil primo traforo alpino, sotto il Colledelle Traversette, a 2800 metri di quota.Tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 siala Valle Po che Saluzzo passarono sot-to il controllo dei Savoia. Grazie allasovrapposizione di tipologie architet-

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IL TERRITORIO

toniche di varie epoche, Saluzzo è og-gi una delle più affascinanti cittadinedel Piemonte. La parte più antica sor-ge sulla collina, mentre in basso siestende la parte che si sviluppò dalXVII secolo. La città attraversò un periodo di gran-de prosperità economica e di fecondaproduzione artistica già alla fine del 1400. Di quel periodo sono la Cattedrale (sec. XV), la TorreComunale del 1464 e la Fortezza dellaCastiglia. Nel cuore del centro storicol’antico Palazzo Solaro di Monasteroloospita la sede del Parco del Po cunee-se. A Saluzzo il Po assume le caratteri-stiche di un fiume di pianura. Lento,pigro, con ampie anse, volge per un

buon tratto in direzione nord.Inizialmente il letto si presenta pocoinciso e ramificato, su distese alluvio-nali di ciottoli e sabbia, accompagnatoda una fitta vegetazione arbustivaspontanea. In questa zona vivono iltritone, sia comune che crestato, e lalucertola campestre, al limite del suoareale di diffusione. Passata la Riserva naturale della con-fluenza con il Bronda le acque si intie-pidiscono e rallentano ancora, con-sentendo una maggior varietà di for-me di vita sulle sponde. Ed è sullasponda sinistra del Fiume che si tro-vano l’Abbazia di Staffarda, edificatadai Monaci Cistercensi nel 1135, e piùavanti il rilievo della Rocca di Cavour,solitario nella pianura. Monumentientrambi, di mano d’uomo e di natu-ra, qualificano in modo eloquentequest’angolo di Piemonte. Poco a monte di Cardè affluisce nelPo il Torrente Ghiandone, tributariodi sinistra alimentato in gran parte dapurissime acque di risorgive, chesgorgano dalla terra e che un tempooriginavano una rete di corsi secon-dari, ambienti d’elezione della lam-preda di ruscello.Le acque di risorgiva garantiscono alFiume una elevata qualità biologica. Euna ricchissima fauna ittica: dal temoloalla trota marmorata, prezioso endemi-smo della Pianura Padana, dal barbocanino a quello comune. E poi caveda-ni, lasche, vaironi e sanguinerole, sen-za dimenticare anguilla e luccio, oggipurtroppo ai limiti dell’estinzione.Passata la fascia pedemontana, il Pocorre veloce in un alveo profondo fi-no a raggiungere la confluenza con ilTorrente Pellice, le cui acque miglio-rano la qualità e la portata del Fiume.Poco più a valle, sulla destra, si trova il lago di cava di Fontane.

Rinaturalizzata a regola d’arte, l’arearappresenta un illuminante esempiodi recupero ambientale, nonché unadelle zone più interessanti del trattocuneese del Parco. La miglior confer-ma è costituita dall’assidua frequenta-zione di colonie di anatidi: fischioni,alzavole, mestoloni, moriglioni, e spe-cie rare come volpoche, casarche eoche selvatiche. A valle di Faule si incontra la Riservanaturale del Varaita, caratterizzata dal-l’affioramento di grandi tronchi fossili,testimonianza della rigogliosa forestache ricopriva un tempo la pianura.Forse allora le fitte fronde degli alberirendevano meno “assidua” la presen-za del Monviso sull’orizzonte. Unapresenza che oggi è invece una veracostante della piana saluzzese.È arduo, nelle giornate limpide, nonandare con lo sguardo a occidente. SulPonte di Casalgrasso in particolare, do-ve il Po cambia provincia, l’immaginedel Re delle Cozie che si riflette nell’ac-qua non lascia indifferenti. E suggellal’unione di due mondi: quello del fiu-me e quello della montagna. Il “GrandeFiume” e la “Montagna Madre”.

R.R.

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Saluzzo, campanile della Chiesa di San Giovanni. Foto di Renzo Ribetto

Il Po alla confluenza con il Pellice. Foto di Renzo Ribetto

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La Pianura prealpina

NNella pianura in cui scorre il Po le gran-di anse segnano la campagna lavorata.Rada la vegetazione spontanea, addos-sata alla sponda del Fiume: pioppi, sa-lici, acacie, arbusti di sambuco. Moltestrade la attraversano, di maggiore eminore importanza, a volte bordate dapioppi cipressini. Qua e là vecchi muli-ni ad acqua ben conservati: a BorgoCornalese a Villastellone, in FrazioneBorgonuovo a Osasio o in zona Gallè aCambiano. Dei molti che un tempo co-stellavano la piana è rimasta traccia neitoponimi.Questa visione della piana del Po non èuna cartolina. È davvero così: un insie-me di luoghi da scovare, non percepi-bili se si va di fretta, perché stemperatinel predominante paesaggio agricoloche ha assunto nel tempo carattere “in-

dustriale”: mais a perdita d’occhio e filedi pioppi sino al margine del Fiume.La cerchia alpina fa da sfondo, dappri-ma incombente, poi, avvicinandosi aTorino, più lontana. Mai remota.I laghi sono invasi di cava in gran partein corso di recupero ambientale, esem-pio di ambienti artificiali ma preziosiper la fauna, siti di ritorno e diffusione.Un esempio di gestione attiva del terri-torio operata dal Parco. Inseriti in uncontesto ancora naturale costituito darelitti di anse del Fiume, lanche popo-late dalla tipica vegetazione acquaticae boschi dove predominano l’ontanonero e il pioppo bianco. Una naturaben “raccontata” dal Museo Civico diStoria Naturale di Carmagnola. Museianche per la storia umana, quella deipiccoli gesti, del lavoro quotidiano:

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IL TERRITORIO

l'Ecomuseo della Canapa a Carma-gnola, il Museo delle Arti contadine aVillastellone, collocati in un contesto incui la trama della storia è un tutt’unocon il paesaggio fluviale. Il Santuariodel Vallinotto a Carignano, i castelli diCarpenetta, nel Comune diCasalgrasso, e di Faule, a guardia di unguado sul Po. Quindi i castelletti in ro-vina: Castel Rainero a Pancalieri,Castello Rivera nei pressi di Trofarello.Nuclei d'epoca come Cornalese, oBrillante, piccolo borgo con un bel for-no tra Virle e Osasio. Il primo è partedell'antico contado di Bulgari, fondatoattorno all'anno mille da genti diBulgaria e collegato a Carignano dauna via diritta e sterrata. Da segnalarenel borgo la facciata lunga e sottile diVilla De Maistre, in un tenue giallo pie-montese, ben amalgamata nell'insiemedegli edifici.In questo scenario è inserita anche laVilla Cavour a Santena, costruita agliinizi del Settecento su ruderi feudali dalConte Ottavio Benso di Cavour. Un silenzioso parco si sviluppa sul re-tro della residenza con platani eccezio-nali per la dimensione e il portamento.Sul Po, in questo tratto, sono ormeggia-te le barche dal fondo piatto usate an-

che su fondali bassi con la tecnica delremare di punta. Anche qui la piana havocazione agricola, come certificano lemolte sagre e le fiere distribuite nel cor-so dell’anno. Le coltivazioni di menta piperita e di al-tre erbe aromatiche fanno parte dellatradizione di Pancalieri, ai margini delParco. Fu il farmacista ChiaffredoGamba a iniziarne la coltivazione spe-rimentale nella seconda metà dell’800.Ad accorgersi della predisposizione diquesti terreni verso tali colture fu peròil francese Onoré Charles, che vi inse-diò grandi alambicchi per la distillazio-ne. Il peperone invece occupa centina-ia di ettari nel circondario della vicinaCarmagnola, che dedica all’ortaggiouna importante sagra estiva. Infine la natura. Un insieme di piccolee grandi Riserve, “speciali” non soloper legge. Lanca di San Michele, Lancadi Santa Marta, confluenza con il Bannae con il Maira. L'Area del Po morto dise-gna le sponde del Fiume, segue il suocorso, presidia confluenze, luoghi disosta degli ucelli, boschetti ripariali.Sulle sue sponde abitano cinciarelle,scriccioli, codibugnoli.

Ippolito Ostellino

Carignano con il Monviso sullo sfondo. Foto di Toni Farina

Il Ponte di Carignano. Foto di Roberto Borra

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NTorino: il Po dei re

Architettura e dell'Orto botanico diTorino. Fatta eccezione per il bel complesso ot-tocentesco che comprende PiazzaVittorio Veneto, i Murazzi e il ponte de-dicato a Vittorio Emanuele I, l’espansio-ne della città sul Fiume è per lo più re-cente, anche se non lontana dal nucleostorico della cittadella rinascimentale.Sull'altra sponda del Fiume si trova laGran Madre di Dio, di gusto neoclassi-co, con le due statue che simboleggia-no la Religione e la Fede ai lati dello sca-lone centrale. Poco discosto, sullo sfon-do della collina, si inserisce l’anticaChiesa dei Cappuccini. Al suo fianco, ilMuseo Nazionale della Montagna"Duca degli Abruzzi", con la storicaVedetta alpina, testimonia un rapportomai abbastanza intenso, mai abbastan-za vero: quello della Città con le splen-dide montagne all’orizzonte.Alle spalle è la Collina. Incombe con“docilità” e contribuisce a chiarire lamagnificenza della Torino antica, "si-tuata in una pianura bellissima e fertilis-sima", come commenta un ambasciato-re cinquecentesco. Torino antica con lesue emergenze storiche e architettoni-che. Al medioevo risale il Castello diMoncalieri, eretto per difendersi dagliastigiani dalla popolazione di Testona

che si rifugiò sulla collina fortificandola.Nel 1400 fu dimora ducale, Ducato de-gli Sforza di Milano, quindi, alla fine del1700, per volere dei Savoia, raggiunsel'attuale configurazione planimetrica.Belle le ville settecentesche: Villa Rey,Villa Paradiso Superiore, Villa Sassi,Villa della Regina, e altre in declino, trale quali in primavera fioriscono i ciliegi.A poca distanza dal Po, in zona Sassi, sitrova la stazione della cremagliera, untrenino rosso che si arrampica sullaCollina e garantisce un collegamentoprivilegiato con la Basilica di Superga,la creazione dello Juvarra definita "lapiù nobile fabbrica a simmetria centraledi tutta l'età barocca". Il complesso sa-cro è inserito nel Parco naturale dellaCollina di Superga, la cui istituzione èstato un sussulto di dignità della Città,un atto di rispetto nei confronti dellasua Collina, importante anche se un po’tardivo. Sulla Collina si vedono ancora le stelle:a Pino torinese, discosto dall'inquina-mento luminoso cittadino, si troval’Osservatorio astronomico di Torino,aperto al pubblico su prenotazione. Madalla Collina soprattutto si vede il Po,che lascia la Città per dirigersi a orientein lande più aperte.

I. O.

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IL TERRITORIO

Nella Torino urbanizzata il Po muta de-cisamente aspetto, vincolato com’è dal-la mano dell'uomo. Gli elementi natura-li sono sostituiti dagli interventi umani,l’edilizia soprattutto, spesso disordinatanell’occupare ogni spazio libero intor-no al Fiume. Si addensano opere per lasicurezza degli argini, la fruizione dellesponde, la creazione di energia, la pota-bilizzazione delle sue acque.Molti sono i tratti del Fiume visibilmen-te degradati da usi impropri. Che si al-ternano tuttavia a interventi diversi eopposti, frutti di un paziente lavoro diripristino ambientale. Molti sono i par-chi pubblici lungo le sponde. Inseritinell’Area protetta, connotano forte-mente il Fiume cittadino: Parco delValentino, Parco Millefonti, ParcoMichelotti, Parco della Colletta, tutti vo-luti dal Comune di Torino. A Moncalieriè invece il Parco delle Vallere, sede deltratto torinese del Parco del Po. Insieme

al Meisino, sul lato opposto della Città,si segnala per le sue qualità ambientali.Il Meisino infatti ospita comunità di ana-tidi di notevole densità, ma è fra Torinoe San Mauro, nell’area dell’Isolone diBertolla, che si trova una vera chiccanaturalistica: una grande colonia di ai-roni, in città!Camminamenti, percorsi ciclabili, puntidi imbarco, locali dove gustare la calmaserale dell’acqua, le rive del Fiume dalLingotto ai Murazzi sono luoghi di assi-dua frequentazione, segno tangibileche il Po è per Torino una grande risor-sa. Non da oggi soltanto: nascoste nelverde delle rive le società remiereEsperia, Caprera, Armida e Cerea certi-ficano una passione, un rapporto fiu-me-cittadini nato già nella seconda me-tà dell'Ottocento. Armida e Cerea sonosituate nelle immediate vicinanze delmagnifico Castello del Valentino, nelparco omonimo, sede della Facoltà di

Il riflesso del castello del Borgo Medioevale. Foto di Toni Farina

Il Borgo Medioevale al Parco del Valentino. Foto di Toni Farina

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Lcordo. Il Po scorre lento, sovente cir-condato dalle ghiaie, impoverito daiprelievi idrici dei canali irrigui: il Cimenaa San Mauro e, soprattutto, il CanaleCavour a Chivasso, principale tra unafitta rete di prese d'acqua. A Verolengol’omonimo Ponte canale, a Saluggia lapresa del Canale Farini, che conducel’acqua della Dora a inondare le risaiedel vercellese e del basso novarese.Ampi spazi, però poveri di vegetazionenaturale. In sua vece, distese di pioppe-ti artificiali e campi coltivati a mais e so-ia. Sembrano non avvedersi gli uccelli,come il falco pescatore, che sorvola laRiserva delle confluenze dell'Orco e delMalone in cerca di prede.Si diceva della Dora. Risalendone ilcorso si incontrano altre due riservenaturali: l'Isolotto del Ritano e ilMulino Vecchio, enclavi del Parco interra canavesana. Si diceva della colli-na. Ogni sommo un piccolo evento. Dinatura a Castagneto Po: la Riserva na-turale del Bosco del Vaj, fra le primearee protette istituite in Piemonte(1978) per tutelare in particolare unafaggeta, eccezionale per la qualità masoprattutto per la quota, insolitamentemodesta per la specie. Evento di storia

invece a Verrua Savoia: la Fortezza sa-bauda, arroccata sul Fiume e sulla pia-nura, testimonianza di antichi e memo-rabili assedi. Un’opera oggi visitabilegrazie al recupero dell’imponente strut-tura muraria e dell’area circostante av-viato dal Comune. La zona è interessan-te anche dal punto di vista gastronomi-co: se Chivasso è nota per i delicati ama-retti detti nocciolini, il basso vercelleselo è per la panissa, un risotto ricco, conlardo, cotiche e fagioli. La ricetta origina-le lo vuole spesso, tanto da permettereal cucchiaio di restare "in piedi" nel riso.E poi Saluggia, nota per la produzionedella tipica varietà di fagioli scuri. Ognipiatto è spunto per sagre, l’opportunitàdi rinnovare riti atavici. Usanze di untempo lontano, quando il Po era prota-gonista, riferimento nella quotidianità. Ea proposito di tempo lontano, la città ro-mana di “Industria”, presso Monteu daPo. Oggetto di indagini archeologichefin dal ‘700, la città fu eretta allo scopo dilavorare i metalli estratti dalle minieredella Valle d’Aosta (di qui la denomina-zione). Il sito è oggi visitabile (info tel.339 3105197): un’importante occasioneper conoscere la storia antica delGrande Fiume. I.O.

Il ChivasseseIL TERRITORIO

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Sul ponte tra Verrua Savoia e Crescentino. Foto di Toni Farina

Mazzé e Dora Baltea. Foto di Roberto Borra

Lasciata alle spalle l’area urbana, l’am-biente del Fiume diventa difficilmentepercepibile. Percorrendo la statale checorre lungo la riva destra è davvero ar-duo rendersi conto dello spazio che ilFiume “si riserva”. Per individuarlo puòessere utile salire sulle colline, lungopiccole strade che attraversano vignetidi freisa e malvasia. Le Colline del Po,dove non è raro imbattersi in veri gio-ielli dell’arte come l'Abbazia di SantaMaria di Vezzolano, ad Albugnano.Stile architettonico romanico astigiano,le stesse decorazioni, i medesimi coro-namenti. Monofore, archi, costoloni bi-cromi sono riprodotti in tutta la zona, sispingono fino al Po, a Brusasco, nellaChiesa di San Pietro, nella Parrocchia diSan Sebastiano da Po, ma soprattutto aCavagnolo, nella splendida Abbazia diSan Fede. Nel silenzio delle colline, traprati, piccoli boschi e cascinali sparsi,Santa Fede conserva il più bel portale

romanico del Piemonte, un intreccio dicolonne e colonnine, figure zoomorfe,girali e tralci, mostri, figure umane, di-segni geometrici. Di leggendaria origi-ne carolingia (venne costruita primadell'anno mille), l’Abbazia è tra l’altrocaratterizzata da un'acustica particola-re, adatta a eseguire cori e brani di mu-sica antica. Per questo fa parte del cir-cuito di concerti corali itineranti "musi-ca instrumentum coeli". A Chivasso si apre il grande specchio diacque originato dalla traversa delCanale Cavour. Il Po si allarga ancora,un letto di fiume vero, in grado di acco-gliere nuovi apporti. Prima diCrescentino, arriva da sinistra l’acqua“cerulea” dei monti della Vallée.L’incontro con la Dora Baltea generapregi naturali, opportunamente tutelatidalla Riserva naturale del Baraccone.Ampi ghiaioni, spazi inusuali, dove laressa dell’ambiente urbano è solo un ri-

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grande comprensorio agricolo ancheambiente e natura giocano un ruoloimportante. Esempi significativi, unaresidua porzione di bosco di ontanonero, nei pressi del Centro diEducazione ambientale Cascina Ressiaa Crescentino, ma soprattutto le riservenaturali della Palude di San Genuario edi Fontana Gigante, ben inserite nel-l’agro-ecosistema costituito dal Po, dal-le risaie e dal Bosco delle Sorti dellaPartecipanza di Trino.Acque e canali offrono da sempre rifu-gio e ospitalità per la fauna più esigen-te che vi può trovare cibo e tranquillità.Percorrendo le strade sterrate nei pres-si delle due riserve è possibile osserva-re l’airone rosso, il tarabuso, la sgarzaciuffetto, il falco di palude, tutti nidifi-canti in zona, oltre alle numerose ana-tre (alzavole e germani reali) e alla ra-rissima testuggine palustre (Emys orbi-cularis). Per rendersi conto, almeno inparte, di quanto la coltivazione del risoabbia trasformato il paesaggio e la vitadella zona, è consigliabile percorrere inbicicletta i dintorni di Trino, terminan-do magari la pedalata all’ombra del citato Bosco delle Sorti della

IIl Basso Vercellese

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IL TERRITORIO

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Il primo colpo d’occhio sul paesaggiodel basso vercellese si può trovare dal-l’alto della Fortezza di Verrua Savoia,che si affaccia a strapiombo sul Po neipressi del ponte che la collega conCrescentino. Nelle giornate propizie èpossibile spaziare su buona parte dell’arco alpino occidentale, ,conl’estesa piana risicola in primo piano. Il territorio delle risaie offre numerosispunti di carattere storico, ambientale enaturalistico. È qui che si trova il siste-ma delle Grange, le grandi dipendenzerurali legate all’antica Abbazia diLucedio, realizzate dai monaci cister-censi nel corso dei secoli, da cui sonopartite le opere di “conquista” dell’anti-ca foresta planiziale. Tra queste risaltain particolare la Grangia di Pobietto,che conserva ancora alcune strutture ri-salenti al XXII secolo.Il complesso sistema irriguo che ali-menta la superficie coltivata a riso nonè frutto della tecnologia odierna, madel sudore e della fatica di quasi milleanni di lavoro umano, ben visibili alMulino San Giovanni di Fontanetto Po,risalente al 1500, ancora perfettamentefunzionante e visitabile. In questo

Partecipanza, ultimo residuo di boscoplaniziale tutelato oggi dall’omonimoParco naturale. Per rivivere la magiadella vita lungo il Po, meritano inveceuna sosta i centri abitati di FontanettoPo e Palazzolo Vercellese. Qui, neipressi della località Isola Colonia, oltrealle opere di recupero e rimboschi-mento avviate dal Parco si possono os-servare da vicino le pendici collinariche scendono a strapiombo fino a lam-bire le acque del Fiume, in un paesag-gio irripetibile costituito da fitti boschinaturali e ripidi calanchi di erosione. Dal punto di vista naturalistico, i per-

corsi lungo il Po all’internodell’Ecomuseo delle Terre d’Acquaconsentono di ammirare molte speciedi uccelli acquatici, aironi cenerini, gar-zette, nitticore e cormorani, che utiliz-zano le rogge e gli specchi d’acqua del-le risaie come surrogato delle antichepaludi, trovando cibo abbondante eluoghi di riposo. Consigliati i mesi primaverili, quandole risaie sono già allagate ma le piantedi riso, appena nate, non nascondonoancora alla vista gli animali.

Carmela Caiazzo e Dario Zocco

Dal view point di Cantavenna: Isola Colonia e piana risicola vercellese in primavera e in inverno. Foto di Toni Farina

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NNel basso Monferrato, detto ancheCasalese, le colline e il Fiume si fondo-no. Percorrendo la “strada balcone” chedalla Frazione Piagera di Gabiano sale aCantavenna e poi a Camino, per scen-dere a Pontestura, risalire a Coniolo e ri-discendere infine a Casale Monferrato,si possono apprezzare splendidi pano-rami. Molti sono i tratti quasi a picco sulPo e sulla pianura circostante.La sponda lambita dalle acque delFiume costituisce il margine settentrio-nale del vasto sistema collinare delMonferrato, che interessa tutta la por-zione sud-orientale del Piemonte. Lazona è conosciuta per le peculiaritàenogastronomiche e il paesaggio è ca-ratterizzato da fitti boschi e da pittore-schi borghi affacciati sui crinali, da exmonasteri come Rocca delle Donne eTenuta Gaiano, e da numerosi manieritra cui spiccano quelli di Gabiano e di

Camino, il più antico del Monferrato(XI secolo). La sua torre, alta 42 metri,si eleva sulla collina a nord del Po e fada riferimento a chi percorre le stradee i sentieri della pianura sottostante.All’interno del Castello, nel cortile de-gli scudi araldici, si trova il sarcofago diScarampo Scarampi, antico proprieta-rio, protagonista della leggenda dovesi racconta della presenza dei fantasmidel nobile e della moglie Camilla, cheancora oggi si aggirerebbero tra le mu-ra e i corridoi.Le propaggini monferrine affacciatesul Po conferiscono alla zona un aspet-to magico: una grande balconata ver-de sulla pianura e sulle Alpi, dallaRocca di Verrua Savoia fin quasi aCasale. E proprio a ridosso del piedecollinare scorre il Po, elemento di rac-cordo naturale e paesaggistico, quasi arappresentare il punto di unione di

Il Monferrato casalese

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IL TERRITORIO

due mondi diversi. La città di CasaleMonferrato è il più grande centro abi-tato del tratto vercellese-alessandrinodel Parco. Attraversato dal Po, è capita-le simbolica, oltre che capitale simboli-ca di quella parte di Monferrato deno-minata, appunto, Casalese. È una citta-dina ricca di storia, con il massiccioCastello dei Gonzaga (1300-1500) po-sto a metà tra il Po e il centro storico, alquale si aggiungono altre eccellenzequali il Duomo, la Sinagoga, laCittadella, il Museo Israelitico d’ArteSacra e il Museo Civico. Appena amonte dell’abitato, vicino alla deriva-zione irrigua del Canale Lanza, anche aseguito di recenti mutamenti di corsodel Po si stanno ricreando condizionidi vita ideali per la fauna selvatica.Nelle aree riconquistate dal Fiume è fa-cile osservare folaghe, gallinelle d’ac-qua, svassi maggiori oltre agli imman-cabili aironi cenerini e gabbiani comu-ni. Sulla scarpata collinare che sovrastail Po, tra Camino e Pontestura, si trova

una delle più importanti garzaie delParco. Percorrendo lo sterrato sul cri-nale, fin dai primi giorni di marzo sipossono osservare gli aironi cenerinisulle cime degli alberi, ancora privi difoglie, intenti alla costruzione dei nidi,quasi in condominio con i cormorani ecoppie di nibbio bruno. Quest’ultimoè il più grosso rapace osservabile inqueste zone. Migratore regolare, tornaogni anno per nidificare sul ripidopendio affacciato sul fiume, nel boscodi querce e di ciliegi, area opportuna-mente acquistata alcuni anni or sonodall’Ente Parco. Questo rapace, riconoscibile facil-mente in volo per la sua notevoleapertura alare e la coda leggermentebiforcuta, è considerato lo “spazzino”dell’ambiente: non disdegna infattinutrirsi di animali morti, in particola-re di pesci. Per tale ragione lo si vedespesso volteggiare sulle grandi disca-riche di rifiuti urbani.

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Inizio estate in Val Cerrina (Monferrato casalese), foto di Toni Farina

Vista aerea del Castello di Gabiano, sullo sfondo il Po. Foto di Carlo Lenti

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LLasciato alle spalle Casale, il Po torna aessere protagonista della trasformazio-ne del paesaggio. Il corso d’acqua si al-lontana temporaneamente dalle ondu-lazioni del Monferrato, cambia decisa-mente aspetto e comincia ad assumerela maestosità del “grande fiume”.Protagonisti del cambiamento i grandiaffluenti. Primo della serie, a pochi chi-lometri dalla Città, la Sesia, affluente disinistra proveniente dal Monte Rosa.L’incontro fra due fiumi è foriero dipreziosità naturali. La confluenza coin-cide infatti con un vasto comprensoriodi elevato interesse naturalistico, anco-ra parzialmente integro. Il secondocontributo proviene dal Tanaro, sulla

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IL TERRITORIO

Le grandi confluenze

riva destra, nei pressi di Bassignana.Nonostante la sua maestosità, vi sonooccasioni in cui gli abitati sembranoquasi sfidare la potenza del Fiume: è ilcaso della Frazione Torre d’Isola diValmacca, vero e proprio avampostoaddossato all’argine maestro, in quelpunto vicinissimo alla sponda. Subitodopo, l’alveo si amplia per accogliereuna maggiore quantità d’acqua fluentee l’ambiente circostante si modifica an-cora. È qui, nel cuore della più estesaRiserva naturale del Parco, che durantetutto l’anno si può osservare una faunadi notevole interesse, alimentata dalflusso migratorio degli uccelli. Le gran-di confluenze portano con sé anche i

per la storia del Parco: la Riserva natu-rale della Garzaia di Valenza. Istituitanel 1979 per tutelare una colonia di ai-roni rossi, ha rappresentato il primonucleo dell’attuale Parco del Po. Da lìiniziò il percorso che sfociò (è il casodi dirlo) undici anni dopo nella costi-tuzione della principale area protettafluviale del Piemonte. E sempre lì, presso la CascinaBelvedere, quasi 25 anni fa sorse ilCentro visite che oggi è il principalepunto di riferimento per le attività difruizione del Parco del Po vercellese-alessandrino. Attività non limitate allescolaresche, ma rivolte anche a quantisi avvicinano al Po per momenti di sva-go: a piedi, in bicicletta, in canoa, a ca-vallo. Al Centro visite è possibile infor-marsi sui percorsi, sulle manifestazioniche si svolgono nei Comuni del Parco,ma soprattutto sulle possibili osserva-zioni faunistiche, itineranti o in capan-ni appositamente allestiti. A Valenza ritorna un affaccio importan-te sul Fiume. Il luogo si trova al margi-ne del centro storico, sulle antiche mu-ra poste sopra l’Area attrezzata golena-le del Bosco Musolino. Il rilievo colli-nare si era già in realtà manifestato po-co più a monte, sovrastato dal Castellodi Pomaro Monferrato, assai più visibi-le del vicino Castello di Giarole.Su un altro promontorio, più a valle,sorge l’abitato di Pecetto di Valenza.Dietro al Municipio è stato opportuna-mente attrezzato uno spettacolare ri-salto roccioso: “la Rocca”. Di lì si domi-na la piana risicola della Lomellina e sispazia dalle Alpi agli Appennini. Daquesti ultimi scende la Scrivia, ultimaconfluenza in terra piemontese, che aIsola Sant’Antonio consegna il Po alsuo definitivo passaggio in Lombardia.

C.C. - D.Z.

segni evidenti di antichi alvei, nei qualipraterie aride si alternano a residue for-mazioni boschive consolidate. Sonoperò soprattutto gli estesi ghiareti a pri-meggiare, accanto a isole coperte daboschi pionieri di salice bianco e canalisecondari con acqua sorgiva. Le depo-sizioni di ghiaia formate dal Fiume so-no temporanee e, se non condizionateda interventi artificiali, soggette a conti-nue modifiche, spostate e rimodellatedalla corrente che muta con le variazio-ni di portata. Tali deposizioni non sonoun corpo estraneo ma parte integrantedell’ecosistema fluviale; fondamentaliper le colonie di sterna comune e di fra-ticello che trovano sulle isole ciottoloseun luogo ideale per mimetizzare le pro-prie uova.Oltre agli aspetti naturalistici, il trattoterminale del Po piemontese è caratte-rizzato da un elemento fondamentale

La confluenza del Tanaro nel Po. Foto di Carlo Lenti

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Ricostituire un ambiente e recupera-re un senso di appartenenza: è que-sto il compito primario del Parco delPo. A differenza di altre aree protet-te, nel “caso Po” non si tratta di pro-teggere elementi di natura e paesag-gio residuali, ma di ri-costruire, ri-creare. Operazioni possibili soltantocon progetti mirati, con azioni benfinalizzate e allo stesso tempo orien-tate in molteplici direzioni. E sonodavvero molti i progetti attuati e incorso d’opera, dosati un po’ ovunquelungo il corso del Po piemontese.Progetti di stampo ambientale, fina-lizzati a ricreare habitat naturalinei siti di cava, oppure a recuperareambienti degradati in seguito a uti-lizzi intensivi. Ambienti cosiddetti“improduttivi” o “marginali”, in re-altà preziosi in quanto potenzialihabitat vitali per flora e fauna.Progetti finalizzati ad ampliare lepossibilità di fruizione e conoscenzadell’ambiente fluviale, inteso comearea vasta. La Corona Verde diTorino ad esempio, nella quale il Po è un elemento portante.Infine, progetti più squisitamente dimatrice culturale, quali il Centro diinterpretazione del paesaggio del Poe l’Osservatorio del Paesaggio delParco del Po e della Collina torinese,attuati con lo scopo di ridare alFiume il suo ruolo di elemento fortedi riconoscibilità territoriale, e ri-creare quel senso di appartenenza econdivisione da tempo smarrito.Attuati per fare in modo che “un Podi tutti” non sia un semplice slogan.

Bacheca al belvedere di Cantavenna, sopra Isola Colonia. Foto di Toni Farina

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I progettidel Parco

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F dei primi progetti, partiti nel 1999, si ini-ziano a vedere risultati apprezzabili indiverse zone: i progetti, a oggi una ven-tina in tutto, stanno infatti consentendodi recuperare territori a nuove funzioni,naturalistiche, fruitive e didattiche. Oltre 1.000 ettari saranno così restituitiall’ecosistema fluviale. Insieme al rior-dino delle attività estrattive in funzio-ne, condizionate dai grandi laghi di ca-va realizzati in passato e orientati almassimo sfruttamento dei giacimentisenza adeguate compensazioni am-bientali, la legge istitutiva del Parco delPo ha consentito l’avvio di un altro filo-ne progettuale di carattere decisamen-te innovativo. Si tratta, in questo caso,di interventi che possono contribuirein modo efficace a ricostruire l’ecosi-stema fluviale: utilizzando proprio leescavazioni come “mezzo” per rimo-dellare i terreni golenali. Soprattutto

Fra le diverse criticità che il Piano territo-riale dell’Area protetta del Fiume Po hadovuto affrontare vi sono certamente leattività estrattive. Le cave sono uno deitemi più difficili. A sud dell’area diTorino, in particolare, sono presenti gia-cimenti che da decenni hanno attratto leattività di estrazione della ghiaia, dive-nute nel tempo una vera e propria indu-stria specializzata. Una realtà che si è svi-luppata ed estesa in modo disordinato adiversi altri tratti del Fiume e lungo i suoiaffluenti. A partire dal 1995, il Pianod’Area del Parco del Po ha cercato di in-quadrare la questione, fissando obiettividi riqualificazione del corso d’acqua edelle fasce fluviali. Al raggiungimento diquesti obiettivi sono stati indirizzati iprogetti, con verifiche idrauliche e con-trolli sugli impatti ambientali. Una pro-cedura all’apparenza banale, in realtàuna vera e propria inversione di rotta ri-

spetto alla situazione precedente, quan-do molte zone fluviali erano consideratesemplicemente aree di conquista, dascavare. Un lavoro svolto tra l’altro in as-senza di quella pianificazione di bacinoche stava nascendo, quasi in contempo-ranea, dopo l’entrata in vigore della leg-ge sulla difesa del suolo (n. 183/1989) el’istituzione dell’Autorità di Bacino delFiume Po. In tale contesto, i tre enti ge-stori del Parco del Po hanno assunto unruolo decisivo.Loro è stata l’individuazione e la promo-zione dei progetti di ripristino ambienta-le, coerenti con le strategie delineate dalPiano d’Area. Sulla base di queste, le so-cietà che gestiscono le cave hanno po-tuto proseguire il prelievo del materialeghiaioso per un tempo definito, condi-videndo regole di garanzia inserite inspecifiche convenzioni. Anche grazie al costante monitoraggio

PROGETTI

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Le cave:da problema a opportunità

Fra gli esempi più significativi di recupero ambientale in area di cava, l’intervento nella cava della Spes, adiacente alla Riserva naturale integrale della Garzaia diValenza (Po vc/al). Una vera esperienza pilota sul Fiume Po, grazie alla quale l’areaè oggi un tutt'uno con la Riserva della confluenza del Sesia. Altrettanto significativoper dimensione e tipologia l’intervento nelle Cave Germaire, a Carmagnola, nel Potorinese. Circa 3,5 Kmq di specchi d'acqua restituiti alla natura, dopo anni di utilizzoper l’estrazione della ghiaia. Nel tratto di Po cuneese è di grande rilievo l’interventoeffettuato alla Cava Fontane, tra Faule e Pancalieri, non lontano dalla confluenzacon il Pellice, in un’area di grande interesse naturalistico.Tutti gli interventi sono stati attuati con la preziosa collaborazione degliimprenditori del settore estrattivo.

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nei casi in cui la cementificazione dilunghi tratti di sponda ha reso moltodifficili gli spostamenti laterali del fiu-me, un uso sapiente delle tecniche diasportazione della ghiaia, di movi-mentazione della terra, di riforestazio-ne dei suoli e di rinaturalizzazione de-gli habitat, si sta rivelando un metodoassai valido per restituire al corso d’ac-qua ciò che incautamente gli era statosottratto. Alcuni spazi che nell’ultimomezzo secolo erano stati destinati adattività produttive, in zone estrema-mente vulnerabili, ben si prestano a ta-le opera di riqualificazione. Il risultatonon si limiterà a una rivalutazione sot-to il profilo naturalistico, ma avrà rifles-si positivi anche sulla riduzione deidanni e sull’incremento di sicurezza incaso di eventi alluvionali.

Ippolito Ostellino e Dario Zocco

Vista aerea delle Cave Germaire. Foto di Roberto Borra

Cava della Spes, presso la Garzaia di Valenza. Foto di Carlo Lenti

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II fiumi, spazi di libera divagazione del-le acque: questa la condizione ottima-le. Opposta quindi alla condizione chesi è determinata nell’età industriale,quando i fiumi sono diventati quasiesclusivamente risorse da sfruttare.Quali testimoni privilegiati di grandimodificazioni, avvenute e in parte an-cora in corso, i fiumi costituiscono diconseguenza notevoli opportunità diverifica e monitoraggio, e allo stessotempo occasioni per raccontare “la storia” della trasformazione delPaesaggio. É partendo da questo pre-supposto che è nato l’Osservatorio delPaesaggio del Parco del Po e della

Collina torinese, un progetto predi-sposto fra gli enti di gestione delle duearee protette e il Politecnico di Torino,che mira a mettere in relazione strettail Fiume e la collina di Torino. Fondatosu una visione aggiornata della que-stione “paesaggio”, il progetto ha datovita alla prima raccolta di materiali e dibibliografia sul tema del monitoraggio.Fra le iniziative, l’organizzazione diuna specifica Biennale dedicata all’im-portanza degli spazi aperti e dei conte-sti naturali. Parafrasando il manifestosul Terzo Paesaggio di Gilles Clement,che porta l’accento sui paesaggi delleorigini, la Biennale è stata denominata

“Paesaggio zerO”. Nella prima edizio-ne – anno 2008 - è stato presentato ilprogramma per la costruzione della“Infrastruttura Verde” del Parco del Potorinese: un progetto di coordinamen-to e individuazione delle strutture difruizione e di uso sostenibile della fa-scia fluviale, raccordate con il propriocontesto storico e naturale.L’Osservatorio del Paesaggio del Parcodel Po e della Collina torinese fa partedel Coordinamento degli osservatoridel Paesaggio del Piemonte.Ancora il paesaggio e le sue modifica-zioni sono al centro del progetto avvia-to nel tratto vercellese/alessandrinodel Parco: Storia del paesaggio del Po.Un paesaggio che, nella sua forma tra-dizionale, oggigiorno si scopre e si ap-prezza soprattutto quando tende ascomparire. Il paesaggio come “mo-da”, dimenticando che in realtà ognipaesaggio è caratteristico e irripetibile,in quanto frutto della relazione esi-stente tra l’uomo e un dato luogo in undato tempo. La costruzione di paesag-gi contemporanei, senza cadere nellasterile ripetizione di un cliché, partedalla conoscenza: della geologia, del-l’evoluzione storica, degli elementi na-turali e dei cambiamenti che il rappor-to uomo-fiume ha provocato. Il progetto è volto a illustrare la storiadel paesaggio nel tratto di Po che scor-re fra le risaie e il Monferrato, fino allazona delle confluenze con i fiumi Sesiae Tanaro. Alla base vi è uno studio in-

terdisciplinare che punta a descriverela successione degli avvenimenti conun approccio del tutto originale. Fra gliscopi immediati, vi è l’allestimento diun museo diffuso, con punti di lettura(bacheche) collocati in luoghi partico-larmente significativi del territorio.Nel 2007, presso alcune sale di PalazzoMossi a Frassineto Po, è stato inaugu-rato il Centro di interpretazione delpaesaggio del Po. Un viaggio nellospazio e nel tempo, dall’antico mareche un tempo occupava la Pianura pa-dana al Po quale luogo di miti, di anti-chi mestieri scomparsi. Un viaggio nel Fiume che divide, mache allo stesso tempo è occasione discambio, commerciale e culturale.Un’occasione di conoscenza dei pro-blemi legati all’uso del territorio, fino al-le conseguenze drammatiche delleesondazioni. Un viaggio non solo vir-tuale: le testimonianze di fossili marinitrovati sulle colline e dei primi abitantidella costa di Trino, le profonde modifi-cazioni introdotte dal lavoro dell’uomo,a partire dai monaci che hanno trasfor-mato in risaia le aree paludose e le sel-ve. I traghettatori e i pescatori, le mon-dine che lottarono per le “otto ore”, lecementerie, la natura nelle lanche, luo-ghi eccelsi di vita vegetale e animale.Insomma: un puzzle da percorrere, inun paesaggio in cui riconoscersi.

Ippolito Ostellino e Maria Teresa Bergoglio

Il paesaggio del Po: osservare, capire, interpretare

InfoIl Centro di interpretazione del paesaggi o del Po è aperto due domeniche al mesee, su prenotazione, nei giorni feriali. Orari: seconda domenica 14.30-18.30; terza domenica 10.00-13.00 e 14.30-18.30. Tel. 0384 84676Siti Internetwww.osservatoriopaeaggio.org - www.osservatoriopaesaggio.polito.it www.parcodelpo-vcal.it

I PROGETTI

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Vista aerea del Po nell’alessandrino. Foto arch. CEDRAP

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I PROGETTI

Una corona verde per Torino

NNonostante la grande espansione de-gli ultimi decenni, l’area del torineseè ancora caratterizzata da aree di no-tevole interesse ambientale. I parchinaturali: il Po, Stupinigi, Avigliana, LaMandria, la Stura di Lanzo, la Collinadi Superga. Luoghi di natura ben con-servata e allo stesso tempo luoghi distoria e architettura: le ResidenzeSabaude, i castelli, i giardini. In so-stanza un grande patrimonio che fada “corona” alla Città. Da divulgare,promuovere, rendere fruibile rimuo-vendo le situazioni di degrado (le“criticità”) che impediscono alla co-rona di chiudersi.Sono queste le finalità del ProgettoCorona Verde. Proposto nel 1997 dalParco del Po torinese, coinvolge benoltre 80 comuni in un ambizioso pro-gramma di sviluppo riqualificato.Obiettivi primari sono la tutela e lacrescita coordinata degli spazi pe-riurbani, a partire dal contenimentodella crescita urbana sulle aree natu-rali oggi tutelate. Partendo da esempi analoghi di altrecittà europee, il programma operati-

vo di Corona Verde ha individuatoambiti specifici, per ognuno dei qua-li sono state individuate le potenziali-tà e le criticità. Importante a tal fine èstato lo scambio di esperienze nel-l’ambito dell’Associazione Fedenatur- di cui il Parco del Po torinese èmembro - che raggruppa i parchi me-tropolitani europei. In una prima fase(2000-2006) il progetto ha permessodi investire oltre 12 milioni di eurograzie ai quali si è avviata una catenadi progetti di riqualificazione. Fra que-sti, di particolare rilievo, il Parco delPo torinese ha sviluppato a Moncalieriil Progetto Ortocampus, che ha per-messo di salvaguardare le aree agrico-le e gli spazi aperti delle Vallere e dimigliorare l’accessibilità al Fiume.

Ippolito Ostellino

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SSul Fiume Po i rigogliosi boschi di untempo ieri non ci sono più. E i boschi di oggi? In gran parte si de-vono all’opera del Parco. Molti e divaria tipologia sono stati gli interven-ti di riforestazione effettuati dagli en-ti di gestione. Con il fine di ricostitui-re ambienti naturali, sono stati ricosti-tuiti circa 150 ettari di boschi median-te l’impianto di specie autoctone.Una superficie che si raddoppia con-siderando i rimboschimenti finalizza-ti alla produzione legnosa con speciepregiate locali, come querce, ciliegi efrassini. Gli interventi principali:Villafranca Piemonte. Effettuatonel ’95 nei pressi dell’Area attrezzatadegli Amici del Po, l’intervento con-sente oggi di osservare un bosco sta-bile, di aspetto alquanto suggestivo. Paracollo (Saluzzo) e Cardè.Ampie strisce ripariali ricostituite coninterventi nel 2003 e nel 2005.Interessata fra l’altro la zona delle ri-sorgive delle Boudre. Carmagnola, Bosco del Gerbasso.Intervento “pionieristico” operatoquindicina di anni fa su una decina diettari dal Museo di Scienze naturali diCarmagnola.Cavagnolo, Brusasco, Riserva natu-rale della Confluenza della DoraBaltea. Interventi di miglioramento fo-restale in un’area selvaggia, di grandeinteresse naturalistico, ideale per ilbird-watching. L’area è nota anche co-me Riserva del Baraccone.

Torino, Isolone Bertolla. Effettuatouna decina di anni fa sull’omonimaRiserva naturale, costituisce un signifi-cativo esempio di riforestazione inarea urbana.Crescentino, Bosco dell’Isola diSanta Maria. Accanto a boschi natura-li già esistenti, su terreni di proprietàcomunale, un intervento di 25 ha rea-lizzato per favorire la nidificazione diuna colonia di airone cenerino.Palazzolo Vercellese. Bosco dell’IsolaColonia, 30 ha complessivi, piantato nel2003 per riqualificare un’area dissestatadall’alluvione del 2000.Valenza. Bosco Musolino, 50 ha di cuila metà a prateria. Effettuato tra il 1996e il 2003 per creare una vasta area ver-de alle porte della città. Altri 15 ha dinuovi impianti al confine con la Riservanaturale della Garzaia di Valenza.Pontestura. Bosco del Portietto eBosco di Ghiaia Grande, un interventorealizzato con lo scopo di catturare laCO2 atmosferica.

Toni Farina

Info

http://www.parks.it/parco.po.to/a.pianif-coronaverde.htmlhttp://www.fedenatur.org/

Il domaniRiforestare 3.500 ettari nei prossimi15 anni: è questo l’obiettivo del Piano digestione forestale del Parco del Po,attualmente in via di definizione.Un disegno ambizioso ma possibile,soprattutto alla luce dei risultati giàottenuti. Risultati verificabili con facilità:tutti gli interventi boschivi in elenco sonoaccessibili senza problemi con i percorsidescritti nella ciclovia del Po.

Riforestare il Po.Boschi di ieri, boschi di oggi

Torino visto dalla Collina. Foto di Toni Farina

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ture esterne. Segue la collocazione inlibertà in luoghi idonei. Nel Centrooperano un veterinario, un guardia-parco e due tecnici faunistici. Oltre acura e riabilitazione, viene svolta an-che una importante attività di raccoltadati e informazione di carattere sanita-rio sugli animali ricoverati.Particolarmente importante è il ruoloeducativo rivolto ai cittadini che con-segnano gli animali e agli operatorifaunistici con lo scopo di miglioraresempre più le possibilità di successodel recupero. A tal fine, l’Ente di ge-stione del Parco ha sottoscritto accordidi collaborazione con gli enti locali im-pegnati a vario titolo nella gestionedella fauna (province di Alessandria edi Pavia, Regione Piemonte).Recentemente il CRFSPO è stato inseri-to nella rete regionale dei Centri diRecupero degli Animali Selvatici.

Carlo Carbonero

P PI PROGETTI

Lo Sportello

Pur senza tralasciare le funzioni di ba-se legate alla vigilanza e alla gestionedella fruizione, sempre più le areeprotette si pongono come riferimentiper indirizzare in un’ottica di sosteni-bilità ambientale lo sviluppo del terri-torio di pertinenza. È questa la filoso-fia con la quale il Parco del Po vercel-lese/alessandrino ha creato nel 2002lo Sportello INFOFIUME.Scopo dello Sportello, coinvolgere eindirizzare gli operatori locali dei set-tori agricolo e turistico e le ammini-strazioni comunali verso la riduzionedegli impatti ambientali generati dalleproprie attività. Uno strumento di in-formazione e insieme di accompa-gnamento e di consulenza, finalizzatoa orientare le realtà locali verso la so-stenibilità ecologica. Lo Sportello INFOFIUME è di fatto uncentro servizi la cui azione è diretta inmolteplici ambiti: progetti vari, ricer-ca di finanziamenti, informazione su

Proteggere gli animali può significare,a volte, curarli. Animali selvatici in dif-ficoltà: investiti dalle auto, avvelenati,feriti da arma da fuoco o ustionati suicavi elettrici. O semplicemente piccoliche, per varie ragioni, non sono piùsotto la custodia e il controllo dei geni-tori. È questa l’attività svolta dal Centrodi Recupero della Fauna selvatica delPiemonte Orientale (CRFSPO), creatoalla fine degli anni ‘80 dal Parco del Povercellese/alessandrino presso laCascina Belvedere a Frascarolo (PV).Una struttura specializzata nella cura enella riabilitazione degli animali selva-tici, oggi evoluto e professionalizzatoal punto da costituire l'unico punto diriferimento per le province diAlessandria, Vercelli e Pavia. Un lavorointenso, senza soste: al Centro vengo-no conferiti da privati e da Enti pubbli-ci oltre 400 animali all'anno. Ospiti “fa-voriti” sono soprattutto gli uccelli, incompagnia di mammiferi e rettili.Dopo l’accettazione, gli animali sonocurati per superare la fase del traumainiziale. Alla cura segue la riabilitazio-ne alla vita selvatica in apposite strut-

Curare gli animali selvaticiCurare gli animali selvatici

bandi, normative e innovazioni tec-nologiche riguardanti la riduzione delconsumo di risorse primarie e il ri-sparmio energetico. Particolare atten-zione è rivolta al recupero e alla valo-rizzazione delle colture tradizionali edei prodotti tipici locali, al recuperodei patrimoni ambientali e storico-ar-chitettonici, alla diversificazione delpaesaggio rurale e all’incremento del-la biodiversità. Sono inoltre compreseattività di informazione e sensibilizza-zione sulla gestione eco-compatibiledei corsi d’acqua e delle loro golene. Lo Sportello INFOFIUME intervieneanche a supporto dei soggetti interes-sati alla qualifica di “Fornitore diQualità Ambientale” (FQA) del Parco.In questi casi i tecnici incaricati pos-sono fornire suggerimenti utili per laredazione del Progetto d’Azione pre-visto dagli appositi disciplinari, trami-te il quale individuare i possibili mi-glioramenti ambientali in base alle ca-ratteristiche di ciascuna realtà. Il marchio FQA non attesta, pertanto,la bontà di un prodotto ma l’impegnodi un’organizzazione finalizzato adaccrescere la qualità del territorio incui opera. La procedura per l’asse-gnazione, la gestione e il controllo delmarchio FQA è inserita nel Sistema diGestione Ambientale dell’Ente-Parco,che nel 2004 ha ottenuto il riconosci-mento della certificazione ambientaleISO 14001 e nel 2006 della registrazio-ne EMAS. L’attività dello Sportello INFOFIUMEè gratuita.

Dario Zocco

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Lo Sportello INFOFIUME ha una se-de fissa a Casale Monferrato, pressola Sede operativa del Parco, in vialeLungo Po Gramsci, 8. Numero Verde: 800-269052 e-mail:[email protected]),Orario di apertura: martedì e vener-dì, 9.00-12.30. Lo Sportello è flessibi-le, organizzato anche in "forma itine-rante". Per questo si avvale della pre-senza di professionisti e tecnici, di-sponibili a intervenire presso le sin-gole realtà.Info: www.parcodelpo-vcal.it/sez_sport-infofiume/infofiume.html

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InfoInfo: Centro visite Cascina Belvedere,tel. 0384 84676http://www.parcodelpovcal.it

Picchio verde “in cura”. Foto di Carmela Caiazzo

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Gli itinerari

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Conoscere un fiume. È possibile soltanto entrando“in sintonia” con la corrente.Facendo propri i suoi tempi, le sue sinuosità, il suo liberoandare nella pianura.Conoscere il Po. È possibile in diversi modi. La Guida ne propone due: in barca e inbicicletta. In barca è il modoprincipe, il migliore per essere

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Barca e bici sul Po a Villafranca Piemonte. Foto Associazione Amici del Po

tutt’uno con la corrente, partedel Fiume stesso. E il Fiume Podiventa la via maestra per un viaggio dal Saluzzese al confine con la Lombardia,approfittando delleopportunità offerte dalleassociazioni attive in molte località fluviali. Fiumi e biciclette: il binomioconduce subito oltralpe, sulle

sponde del bel Danubio Blu.Da quelle parti, però, non di solo folklore si tratta: tra Baviera e Carinzia la bicicletta è un fenomeno con cifre a molti zeri, facilitato dai molti percorsi attrezzati e segnalati. Quel che mancainsomma dalle parti nostre.Tuttavia, dalle nostre parti,grazie alla presenza del Parco,

il Po è già in buona misuraun’eccezione, purtroppo non ancora conosciuta e apprezzata. Il percorsodescrittto costituisce unboccone prelibato. Un lungo viaggio silenzioso,da occidente a oriente, indirezione contraria al sole ma in favore di corrente.Sei giorni, un unico Fiume.

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ILa ciclovia del Po. Un viaggio a pedali insieme al Grande Fiume

Toni Farina

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GLI ITINERARI

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Ambiente risaia tra Crescentino e Trino. A sinistra, la Chiesa della Madonna delle Vigne. Foto di Toni Farina

Il dato è il seguente: il Po è navigabilein bicicletta. Una “navigazione” allaportata di tutti, che non necessita disofisticati strumenti di orientamento.Una certa abitudine alla sella e alpedale è certo necessaria, ma piùindispensabile ancora è la voglia diriscoprire ambienti fuori porta e allostesso tempo lontani, dimenticati.E se di “navigazione” si tratta è beneseguire il corso della corrente. Leragioni delle scelta sono più psichicheche fisiche: i pochi metri di gradientealtimetrico fra partenza e arrivo nonincidono più di tanto sull’acido lattico,ma possono incidere sul morale e sullemotivazioni del viaggiatore. Fatta eccezione per alcuni saliscendisulle pendici della collina delMonferrato, la pedalata sul Po ètranquilla in quanto a dislivelli.Momenti d’ansia potrebbero inveceinsorgere per via del trafficomotoristico nei tratti coincidenti conle vie principali. Con l’eccezione diTorino e zone limitrofe sono infattiancora mancanti lunghi tratti ciclabili

con fondo “pedalabile”, condizioneche costringe a “inventare” percorsipiù discosti dal Fiume oppure ascegliere strade sterrate. Sull’interotragitto il fondo sterrato è prevalente:ne deriva un sensibile incrementofatica e la scelta di una bici conbattistrada robusto. Da evitarsi in ognicaso il momento del disgelo e i periodipost-pioggia.Altro elemento di criticità è lapresenza di una diversa segnaleticaper ogni provincia. A tale carenza sipuò ovviare con le carte disponibilipresso le sedi e i centri visita del Parcodel Po. Il viaggio si presta a moltevarianti e si può organizzare in variemodalità (le sei tappe suggerite sonopuramente indicative).Altro particolare importante: granparte delle località interessate sonoservite da ferrovia.Ovviamente il percorso si puòfrazionare in più soluzioni. Tuttavia,con il frazionamento si renderebbemonca l’esperienza. Il Po non si fermamai, e di notte si può sempreimmaginare che anche il GrandeFiume dorma.

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Moncalieri – Settimo Torinese 22km.Si attraversa TorinoSi va insieme al Fiume, “costretti” trala Città e la sua collina. Una lunga ci-clabile con vista sul Po e su Torino,con innumerevoli spunti per soste.Primo della serie, la Cascina delleVallere, sede del Parco del Po torine-se. Superato il Sangone sul ponte “ci-clabile” si entra in Torino, costeg-giando il Po lungo la sponda sinistra.Ragioni di interesse nell’ordine: ilCampus dell’ONU, il ParcoMillefonti, il Borgo medioevale, ilCastello e il Parco del Valentino, ilPonte Umberto I. Quindi i Murazzi,dove si pedala a livello dell'acqua,Piazza Vittorio Veneto, la più grandedi Torino, che dispensa prospettivesulla Chiesa della Gran Madre e sulMonte dei Cappuccini.Con la Basilica di Superga in alto sul-la collina, si attraversa il Fiume sulPonte Vittorio Emanuele I per prose-guire la pedalata sulla sponda destra.Si attraversano così il ParcoMichelotti e il Galoppatoio Militare,entrando nella Riserva naturale delMeisino e dell'Isolone di Bertolla, checondivide con Amsterdam l’onore diospitare una garzaia urbana.Sosta con binocolo alla mano, per ve-rificare che natura e città possonoconvivere. La ciclabile accompagna all’ingressoin San Mauro, dove il percorso si fa

zati del Piemonte, ilMuseo funge anche daCentro visitatori delParco del Po. La pedala-ta conduce quindi allaBorgata San Grato.Giunti alla Cascina di-dattica Bricco si pro-spetta una variante na-turalistica. Una sterrataa sinistra conduce alle cave Germairee Monviso (notevoli recuperi am-bientali) e al Fiume, nella Riserva na-turale della Lanca di San Michele eBosco del Gerbasso, angoli di naturaricreata particolarmente apprezzatidall’avifauna (dal Gerbasso si tornasul percorso principale con una ster-rata tra i campi).Attraversata la SS 20 si va su sterratoall’Oasi del Po Morto, antico alveocon ampi specchi lacustri. Tra borghirurali e tratti di campagna aperta siprosegue per Carignano, il cui abita-to ricco di sabaude testimonianze èvisibile al di là del Fiume.Si va verso l’area metropolitana. El’ambiente ne porta i segni: strade eautostrade si susseguono costringen-do il percorso a barcamenarsi con di-gressioni e sottopassi. Mitigano l’im-patto la Riserva naturale della Lanca di

Santa Marta e il Molinello,area attrezzata del Parco inuna zona di cave.La collina di Moncalieri eil suo Castello indicano ladirezione. Un tratto di libera pedala-ta sull’argine tra lembi di campagna sopravvissu-ta precede l’abitato.Meritevole di visita, oltreal citato Castello, il centrostorico di medioevale im-pronta.

Saluzzo – Casalgrasso 31km.Nelle terre del MarchesatoIl viaggio sul Po esordisce al PontePesci Vivi, all’area attrezzata del Parco,presso l’ostello gestito dagli Amici delPo. Un primo tratto trafficato conduceverso l’abitato di Saluzzo (meritevoledi visita sia la città che i dintorni).Deviati per Cardè si imbocca la ciclabi-le sul Po. Si fa così conoscenza con ilFiume, che per l’occasione si presentain affabili sembianze. Per l’acqua in-nanzitutto, resa limpida dai affluenti dirisorgiva come il Ghiandone. Per le ri-ve, di vegetazione rigogliosa, con trattidi bosco planiziale ricostruito. Per ilpaesaggio: si pedala accompagnati dalMonviso, con l’Abbazia di Staffardache fa capolino tra le fronde.La ciclabile termina al ponte di Cardè,presso l’area attrezzata del Parco.Attraversato l’abitato, si prosegue perMoretta, percorrendo a tratti la stradaprovinciale.A Moretta, consigliata una breve va-riante verso Villafranca Piemonte,con meta l’area attrezzata degli Amicidel Po. Presso il ponte, da osservaretra l’altro l’intervento di ripristino delbosco planiziale effettuato dal Parco.Da Moretta a Casalgrasso non c’è alter-nativa ai 9 Km di strada provinciale. Iltraffico non eccessivo e la presenza diFaule e Polonghera con i loro castellirende accettabile la pedalata.

Casalgrasso – Moncalieri 33 km (50 Km con variante a Racconigi).Natura scomparsa, natura ricreataSi va inizialmente sulla strada princi-pale per Carmagnola. In breve la si la-scia per imboccare la sterrata verso laRiserva naturale della confluenza conil Maira. Fiancheggiando il Torrented’Oc, con un ampio semicerchio si tor-na sull’asfalto, nei pressi dell’incrociodella strada proveniente da Racconigi.Variante al Castello: di grande attratti-va la visita al maniero sabaudo e al vi-cino Centro Cicogne della Lipu. In tut-to sono 17 Km ma l’obiettivo li vale.Carmagnola è vicina. Il borgo di SanBernardo precede l’abitato, che offrespunti di interesse di varia natura. Di“varia natura” è, senza dubbio, ilMuseo di Storia Naturale, all’ingressodella cittadina. Tra i più ricchi e attrez-

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GLI ITINERARI

Nella pianura saluzzese. Foto Renato Trucco

Nel Parco del Meisino. Foto di Toni Farina

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è l’ultimo strappo, e ne vale la pena.Lasciata la strada principale si va tra lefrazioni di Verrua Savoia, con lo sguardoche si adagia sul Po e sulle prime risaie.Un piacevole divagare sul pendio pre-cede la breve planata alla Rocca, verso iresti dell’imponente fortezza sabauda.Un vero dominio, punto nodale di sepa-razione fra l’occidente e l’oriente delPiemonte. Il punto di passaggio è il pon-te sul Po (attenzione nell’attraversamen-to) verso Crescentino. La prosecuzioneè in riva sinistra.

Crescentino – Valenza 58 Km.Nelle terre d’acqua.La prima parte è una lunga pedalata insinistra Po fra geometrici campi di riso.Ideali sono i mesi di aprile e maggio,con le risaie allagate e lo sguardo chedivaga sul verde novello della collinadi là del fiume. Si va da un castello al-l’altro: una successione di medioevaliprofili movimentano il crinale. All’inizio si va per Mezzi Po su piacevo-le asfalto fino a Cascina Ressia, centrodi educazione ambientale del Parco.Sosta deliziata dallo scorrere dellaDoretta Morta (acqua di risorgiva, in re-altà più viva che mai) e dall’ombra delbosco di ontano nero di proprietà delParco, residuo dei boschi che furono.Passato il rio, si va verso Fontanetto Po.All’altezza del paese si svolta su sterrataverso il Fiume giungendo così all’areaattrezzata del Parco. Fino agli anni ‘60 illuogo era sede di unporto natante, antico at-tracco di un traghetto afune che consentiva diguadagnare in pochi mi-nuti la sponda opposta(ricostruito nei primi an-ni ’90, l’attracco è statodistrutto dall’alluvionedel 2000). Sulla sponda

opposta c’è Gabiano con il suo turritoCastello, primo della sequenza. Dallasponda ci si allontana verso il borgo,attirati dal campanile romanico.All’ingresso, il Mulino di SanGiovanni rammenta la secolare voca-zione di questi luoghi (il Mulino è oraun museo, recuperato e funzionantea scopo didattico).Da Fontanetto si va a Palazzolo, su ster-rata in riva del Fiume o su altre più di-scoste a seconda delle condizioni.All’altezza del paese si torna nuovamen-te al Fiume. Isola Colonia, luogo eccel-so, fra i migliori dell’intero corso pie-montese del Po. Ambiente: integro, il Podescrive un’ansa alla base del pendiocollinare che scende alla riva con erti ca-lanchi boscosi. Storia: recente, nel ven-tennio fascista la golena ospitava unacolonia elioterapica della quale riman-gono i resti concessi dal Fiume dopo lealluvioni del 1994 e del 2000. Anche quifino agli anni ’60 era in funzione un tra-ghetto a fune che permetteva di rag-giungere Cantavenna e Rocca delleDonne, straordinari view point sullapiana risicola (la Rocca e il suo monaste-ro sono ben visibili di fronte). Tornati in sella si va per Trino, la cuiex centrale nucleare obbliga a lascia-re la campagna per entrare nell’abita-to. La via per Camino riporta alFiume. Al ponte si torna su sterratocampagnolo giungendo in breve allastorica Grangia Pobietto, fra le più

più complesso. Riattraversato il Posul vecchio ponte, si pedala alternan-do tratti ciclabili ad altri condivisi coni motori. Si arriva così a Settimo, accolti dalparco cittadino. Raccomandata la vi-sita all'Ecomuseo del Freidano, rea-lizzato in una antica fabbrica-mulino.

Settimo – Crescentino 59 Km.Nei paesi ai piedi della collina.Borghi fitti, che impongono un viag-gio non lineare. Tratti di asfalto si al-ternano allo sterrato. Elementi di pre-gio si alternano a elementi di disordi-ne urbanistico. Tornati sulla spondadestra, si va a Castiglione e quindi aGassino. Zigzagando fra il Po e la ba-se della collina si raggiunge SanRaffaele Cimena. Barra a oriente si vaa lambire le cascine Cimena eGalleani, in una zona dove la collinascende a breve distanza dal Fiume.Si prosegue sull’argine, nella Riservanaturale della Confluenza dell'Orco e del Malone, torrenti dalle limpideacque di canavesana origine.Postazioni per birdwatcher, fitta ve-getazione: un intervallo di ambientepiù naturale precede l’arrivo ai piedidella collina di Castagneto Po.Dedicate ai grimpeur sono le varianti sulpendio collinare. Gambe e fiato permet-tendo non mancano gli spunti: ilCastello di Castagneto, Villa Cimena,l'Abbazia di S. Genesio. Infine, la

Riserva naturale del Bosco del Vaj,istituita a tutela di una preziosa fag-geta collinare.Ai piedi della collina c’è Chivasso.Attraversato il Po si entra nel Parco citta-dino del Bricel, dedicato all'antica im-barcazione a fondo piatto usata dai pe-scatori. All'estremità opposta si osserva-no le strutture di presa del CanaleCavour, le cui acque accompagnanoper un tratto il viaggio dei pedalatoriverso la campagna. La Cascina Poassoprecede l’immissione sulla provincialeper San Sebastiano da Po., sulla qualeun tratto ciclabile agevola il transito econsente di attraversare senza patemi ilFiume sul ponte di nuova fattura.Ed è Monferrato. A saliscendi si va fra iborghi sui primi pendii della collina. Da Colombaro si sale a Moriondo, siscende a Lauriano e si prosegue versoMezzana arrivando a Monteu da Po, do-ve si fa un salto al tempo di Roma antica.Gli scavi archeologici della città romanadi “Industria” (l’antica Bodincomagus,nella quale si lavoravano i metalli) val-gono una fermata, utile tra l’altro per af-frontare senza affanno la successivaascesa sul crinale della collina.Bivio di Case Galardo, quota 300: la “ci-ma Coppi” della tappa. Più di cento so-no i metri di dislivello da superare, age-volati però dal bel paesaggio collinare,che accompagna anche nella rilassanteplanata verso Santa Fede. Altra sosta.Poco discosta dalla strada, l’Abbazia ro-

manica è un invito allapacatezza e alla riflessio-ne, favorite peraltro dalsilenzio del luogo.Cavagnolo è dietro l’an-golo, e subito dopo c’èBrusasco, con la bellaChiesa romanica di SanPietro. Usciti dall’abitatosi riprende a salire:

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GLI ITINERARI

Arrivo alla Rocca di Verrua. Foto di Toni Farina Riflessi nelle risaie tra Fontanetto e Palazzolo. Foto di Toni Farina

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GLI ITINERARI

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grandi e meglio conservate della pia-na. Sosta ombreggiata nel cortile in-terno. Accompagnati dal profilo delCastello di Camino si raggiunge l’argi-ne maestro che con lunga, sterrata eun po’ monotona pedalata conduce aCasale. Interruzioni alla monotonia, ilpassaggio ai margini di Morano sul Poe la vista sulla Chiesa di Coniolo, altrotradizionale view point. Con luce pro-pizia si può scorgere il profilo delSacro Monte di Crea al di là della Val Cerrina. Casale. Si torna in riva destra, i piop-peti sostituiscono la risaia. Il viaggio prosegue su provincialenon trafficata verso Frassineto Po, do-ve, se gli orari coincidono, si consigliauna puntata a Palazzo Mossi che ospi-ta il Centro di interpretazione delPaesaggio del Po. Prosecuzione sul-l’argine o su sterrata comunale “val-macchina” verso Valmacca, dove nonè da mancare la breve puntata a Torred’Isola, splendido cascinale a pochipassi dal Fiume, nella Riserva natura-le della confluenza del Sesia e delGrana, la più estesa e fra le più ricchedi fauna del Parco del Po. Un notevole scampolo di natura flu-viale prima di proseguire per Rivalbae Bozzole, di fronte al Castello diPomaro, ultimo maniero della giorna-ta, ormai a poche pedalate da Valenza.

Valenza – Molino dei Torti 57 km.Sulle strade degli aironiEsordio con puntata al Centro visite delParco. Sull’opposta sponda del Fiume(cautela nell’attraversamento del pon-te!), verso Frascarolo, alla CascinaBelvedere, presso la Riserva naturaledella Garzaia di Valenza, nucleo origina-rio dell’attuale Parco del Po piemontese.Da Valenza si va su strada secondariaasfaltata verso Regione Oche. Passata la Cascina Pallavicina, si prose-gue in un ambiente gradevole di tran-quille ondulazioni verso Mugarone equindi Bassignana, nei pressi dellaRiserva naturale della confluenza con ilTanaro, l’ultima del Parco del Po.L’attraversamento del principale affluen-te di destra costringe a una digressionesu strada trafficata. Passato il ponte, nei pressi delle cascineMiseria e Abbondanza si imbocca l’argi-ne destro, via maestra fino al termine delviaggio. Coltivazioni di ortaggi sostitui-scono i pioppeti. Si va tra campi di melo-ni, sedani e cipolle in un paesaggio sem-pre più padano. Alluvioni Cambiò, IsolaSant’Antonio (ultimo ponte), Molino deiTorti. Il confine (di regione) è lì, alla con-fluenza con il Torrente Scrivia, finisce ilciclo-viaggio sul Po piemontese e il suoParco. Il Fiume ignora i confini e prose-gue. Verso altre genti, altre insidie, in unainfinita pianura…

In sintesi

Tappa 1: Saluzzo-Casalgrasso 31 KmTappa 2: Casalgrasso-Moncalieri 33 km(50 Km con variante a Racconigi).Tappa 3: Moncalieri - SettimoTorinese 22 kmTappa 4: Settimo Torinese -Crescentino 59 kmTappa 5: Crescentino-Valenza 58 KmTappa 6: Valenza-Molino dei Torti 57 km

Affitto bici nel Parco

RacconigiNoleggio Travel WarePiazza Carlo Alberto, 14, tel. 0172 820880 - www.travelware.it CarmagnolaNoleggio ComunalePrenotazione obbligatoria pressol’Ufficio Turismo del Comune, tel. 011 9724390 - 011 9724238Agriturismo Cascina MontebarcoFrazione Casanova - Via Poirino, 650,tel. 011 9795051, e-mail: [email protected] TorinoNoleggi Comunali Parco della PellerinaViale della Marchesa ang. C.so AppioClaudio Parco della CollettaVia Carcano, 26 ang. V. Regazzoni Parco del ValentinoParcheggio V padiglione di TorinoEsposizioni Piazza Vittorio Veneto - Esedra traVia Po e Via Principe AmedeoChivassoAgriturismo La PiemontesinaFrazione Mandria, 13/b tel 011 9195014, e-mail: [email protected] Valmacca (AL)Cooperativa SOMs, Fraz. Rivalba, tel. 0142 410002

In viaggi accompagnati

Professionisti dei viaggi in biciclettain ogni parte d’Europa:Due Ruote nel Vento, Corso Tassoni 50,tel. 011 4372057;[email protected]; www.dueruotenelvento.com.Tra le numerose proposte il viaggio sul Popiemontese (e oltre: si va dal Pian del Re al delta). Possibilità di noleggio biciclette.

Il Progetto strategico speciale “Valle del Fiume Po”

Un progetto di grande respiropromosso dall’Autorità di Bacino.Tutto il Fiume è coinvolto, ecoinvolte sono tutte le tematiche,compresa la “fruizione delle risorseambientali e storico-culturali e ilturismo fluviale”.Fra gli intenti, una ciclo-via dallasorgente alla foce, con segnaleticaadeguata e unificata e conrazionalizzazione del percorso.Previsto ad esempio il miglioramentodei tratti sterrati, rendendo piùagevolmente fruibili le sommitàarginali. Oltre alla funzione primaria di protezione gli argini sono unagrande opportunità di fruizione, levere vie maestre del ciclo-viaggio.

Sulla riva sinistra del Po, di fronte a Valenza. Foto di Toni Farina

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B LIl Po a Torino: un secoloe mezzo di vogate

Da Saluzzo a Casalgrasso

Bisogna risalire al 1860 per trovare i pri-mi vogatori sul Po a Torino, giovani alremo su pesanti barche che venivanocustodite dai barcaioli. E furono alcunidi loro a fondare nel 1863 la Società deiCanottieri del Po Cerea, adottando co-me nome il tipico saluto piemonteseche i vogatori si scambiavano incontran-dosi sul Fiume. I soci erano divisi in trecategorie secondo la maggiore o mino-re abilità nel nuoto e nell’uso del remo.Il socio di terza categoria non potevaimbarcarsi senza l’assistenza di un ap-partenente a quelle superiori, il socio diseconda poteva vogare solo tra la stec-caia di Cavoretto e il ponte in ferro MariaTeresa, quello di prima poteva invecepercorrere il Po dalla steccaia diCavoretto sino alla Madonna del Pilone.Inizialmente la sede fu stabilita presso ilbarcaiolo Toni Gatti, concessionario deltraghetto del Valentino, proprietario diuna tettoia sulla sponda sinistra del Po.Toni, come veniva comunemente chia-mato, era un personaggio noto e rispet-

tato anche perché accompagnava sulfiume i principi Umberto e Amedeo. Tra il 1863 e il 1886 nacquero altre quattrosocietà: l’Eridano, l’Armida, la Caprera el’Esperia. E proprio a Torino, sulle rivedel Po, nacque nel 1888 il Regio RowingClub, ovvero l’attuale FederazioneItaliana di Canottaggio, prima federazio-ne sportiva sorta in Italia. Con l’aumentodella frequentazione, le barche sul Po di-vennero un richiamo per i cittadini tori-nesi che nei giorni di festa si recavanosulle rive per ammirare il passaggio deicanottieri, vestiti con le colorate e fanta-siose divise del circolo di appartenenza.Nel 1865, il Municipio di Torino organiz-zò la prima regata. Fu un vero successo:articoli apparvero sui giornali locali e i sa-tirici il Pasquino ed il Fischietto pubblica-rono vignette dedicate alla gara.Da allora è passato più di un secolo mal’acqua del Po torinese è sempre viva efrequentata, tant’è che altre quattro socie-tà si sono aggiunte a quelle storiche: laSisport FIAT, gli Amici del Fiume, gliAmici del Remo e il CUS Torino.

Claudia Napoli - AssociazioneSocietà rivierasche del Po Torino

Le montagne sono ancora vicine, e ilPo è ancora un piccolo fiume. La por-tata è però già regolare, e la navigazio-ne tranquilla. La sinuosità rende il na-vigare assai gradevole. Inoltre, le ac-que di risorgiva tipiche della zona in-fondono limpidezza all’acqua e man-tengono la temperatura costante mafresca tutto l’anno. Il percorso si svi-luppa in mezzo a campagne caratteriz-zate dalle classiche cascine piemonte-si, tra piccole aree boschive alternate acampi coltivati. Consistente la presen-za di avifauna osservabile sulle rive. L’itinerario si può dividere in due tratti:Saluzzo – Villafranca (durata 3 h) eVillafranca – Casalgrasso (durata 3,5h). In base alla quantità d’acqua si puòpartire dall’Ostello del Po, sulla SR 589presso il ponte in località Paracollo aSaluzzo, oppure dal ponte sulTorrente Giandone. All'altezza del ponte di Cardè si incon-tra un'area attrezzata. Oltre si incontra-no piccoli affluenti: fra questi il RioCantogno, particolare per la naviga-zione organizzata in occasione dellafestività dell’omonimo Santuario, con

L’Associazione Società Rivieraschedel Po Torino è costituita da tuttele società remiere torinesi

Difficoltà: navigazione semplice.Grado 1 - Consigliato l’usod’imbarcazioni leggere per lanavigazione con poca acqua.

Info: Associazione Amici del Po, via SanSebastiano 28, Villafranca Piemonte(TO). Tel.011 9800005; [email protected]

GLI ITINERARI

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la risalita in barca a punta fra le brumedell’alba. A Villafranca, altra area at-trezzata, ideale per una sosta. Passatoil ponte della provinciale Villafranca –Moretta, altra soste interessanti pressoil Bosco D. Bertrand (Oasi del WWF),oppure presso il Podere Pignatelli, convisita alla mostra sull’avifauna locale“Ali sul Po”. Passata la Riserva naturale della con-fluenza con il Pellice, si prosegue perFaule, e quindi Polonghera, dove leacque rallentano l’andatura fino alponte di Casalgrasso.

Inverno alla sede Canottieri Esperia. Foto di Toni Farina

Le tradizionali barche a punta. Foto Ass. Amici del Po

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A UUna attività che coinvolge ogni annonumerosi appassionati di ogni età,compresi bambini e ragazzi: per loronavigare sul Po è un vero divertimen-to. In barca, canoa, o kayak, a loro di-sposizione c’è un circuito che va daMoncalieri fino al Ponte di PiazzaVittorio. Nel 2011 è però previsto l’al-lungamento fino al Ponte di Sassi. Lanavigazione non presenta difficoltàquando il livello idrometrico non su-pera 1,10 m (limite di navigazione).Torino vista dal Po è affascinante. Sirema fra castelli e ville ottocentesche,in un contesto in cui le rive offronoconformazioni molto variabili: dal-l’ambiente “selvaggio”presso il Ponte Balbis ver-so Moncalieri, ai bastioninapoleonici nel tratto deiMurazzi. Splendido inparticolare il passaggio alValentino con il Castelloomonimo e il CastelloMedioevale ben visibilidal fiume. Grazie ai depuratori l’ac-qua di superficie è di di-screta qualità. Inoltre, no-nostante l’elevata antro-pizzazione, è rilevante la

Da Casalgrasso a Carignano

Difficoltà: navigazione priva di problemi. Grado 1 - Lunghezza 16 Km. Nel 2011 si arriverà a 21 Km. Tempo: 2,5 hNorme di navigazione nel regolamento regionale del 1997.www.arianna.consiglioregionale.piemonte.it/base/regolamenti/R1997004.htmlInfo: Circolo Amici del Fiume, C.so Moncalieri 18. Tel. 011 6604121.E-mail: [email protected] - www.amicidelfiume.it

Difficoltà: navigazione privadi problemi. Grado 1

Info: Circolo Eridano, Corso Moncalieri 88, Torino. Tel. 011 5727754www.circoloeridano.it/[email protected]

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GLI ITINERARI

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A Torino, tra la città e la collina

Ai nostri giorni, la discesa di un fiume èla ricerca di prospettive andate smarrite:il silenzio, l’acqua, il cielo, la fauna, laflora, il paesaggio. Peculiarità che certonon mancano nel tratto di Po in questio-ne. Ci si allontana dalle montagne, chesalutano alla grande: da sotto le arcatedel ponte di Casalgrasso il Monviso, Redelle Cozie svetta nel cielo d’occidente.E al ponte di Casalgrasso si scende in ac-qua, giusto a valle della diga. Il Fiume èun pacifico serpentone che si dilunga inanse, ghiaioni e brevi tratti rettilinei percirca 15 Km. La navigazione non pre-senta alcun problema, non ci sono rapi-de significative. L’unico elemento a cuiprestare attenzione sono i rami degli al-

beri strappati dalle piene, semisepoltisul fondo e che sporgono fendendo lalieve corrente. Per il resto solo silenzio,pioppi e salici, richiami di germani epiccoli branchi di cinghiali sulle rive, na-scosti tra le fronde. Si passa in un’ansa presso Lombriasco,laddove un tempo non lontanissimoc’erano un “porto” e un traghetto chepermetteva ai locali di “ndè al mrcà” aCarmagnola”. E poi via ancora verso legrandi anse di Campagnino e diCeretto, in vista degli impianti dellegrandi cave.Il ponte che collega Carmagnola aCarignano precede l’unico tratto un po’vivace, dove l’acqua “ride” - come si diceda queste parti - rompendo la superficiesu cui si riflettono i sambuchi. Negli ulti-mi 4 K chilometri l’acqua ritorna però an-cora più calma, con bellissimi rami di sa-lici che fanno da cornice. Si oltrepassanoun paio di imbarcaderi con le classichebarche “da punta” ed ecco il ponte ad ar-co che collega Carignano a Villastellone,dove finisce il tratto di pagaiata.

presenza di volatili che trovano nutri-mento grazie ai rifiuti urbani: germanireali, gabbiani comuni o le “immigrate”tartarughe di acqua dolce che, abban-donate dai proprietari inconsapevoli,danneggiano la vegetazione delFiume. Da ammirare gli aironi ceneriniche, caso unico in Europa, hanno crea-to una vera e propria garzaia cittadina.Fanno loro buona compagnia cormo-rani, martin pescatore e garzette. Benpresenti sono le specie ittiche, come te-stimonia l’intensa attività dei pescatori.Comodo l’accesso al Fiume, in parti-colare presso il Circolo Amici del fiu-me, in corso Moncalieri 18.

Nei pressi di Carignano. Foto Ass. Amici del Po

Di fronte al Monte dei Cappuccini. Foto di Andrea Miola

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ADa Crescentino a Trino

SArricchito dalla Dora Baltea, il Po pro-segue tranquillo il suo viaggio ai piedidelle alture del Monferrato. Tranquillaè anche la pagaiata, in un ambienteassai particolare: da un lato la piana ri-sicola con i suoi borghi, dall’altra lecolline con i loro suggestivi affacci sulFiume. Notevole anche la possibilitàdi avvistare uccelli acquatici.Imbarco in sponda destra sotto ilponte stradale che collega VerruaSavoia a Crescentino, a cui si accededall’area pic-nic sovrastante, domina-ta dalla Rocca di Verrua. Sette chilo-metri più a valle, in sponda sinistra,possibilità di attracco al pontile incorrispondenza dell’area pic-nic diFontanetto Po, ricordo del traghetto afune ripristinato e poi portato via dal-le piene tra il 1990 e il 2000. Dalla ri-va destra è possibile raggiungerel’area “pic-nic” della Piagera ma il

punto di attracco non è ancora attrez-zato e lo sbarco non sempre è agevo-le. Dopo altri 4 chilometri si arriva aPalazzolo, in località Isola Colonia,dove l’Ente Parco ha avviato una si-gnificativa opera di recupero am-bientale in accordo con il Comune.L’attracco, in sponda sinistra, è postoa ridosso di una torretta in cementoche ospitava la stazione idrometricadell’Enel, a servizio dell’ex centralenucleare di Trino. In questo tratto ilPo lambisce le pendici collinari chescendono a strapiombo sul Fiume, inun paesaggio di fitti boschi naturali eripidi calanchi di erosione. In alto,domina la pianura Rocca delleDonne, frazione di Camino. Poco do-po, superata l’ex centrale nucleare, siraggiunge il ponte che collega Trinoalla collina, dove è possibile sbarcaresu entrambe le rive.

Difficoltà: percorso semplice. Grado 1 - Lunghezza 16 Km. Periodo: ideali laprimavera con le risaie appena allagate e l’autunno per i colori dei boschi.

Info: Canoa Club Saluggia, via Farini 2, Saluggia (VC)www.canoaclubsaluggia.com; [email protected]

Difficoltà: percorso concaratteristiche torrentizie con alcunedifficoltà. Sono necessari alcunipassaggi a terra. Utili ricognizionipreliminari. Grado 2Lunghezza 23 Km.Periodo: Marzo inoltrato - SettembreImbarcazioni consigliate: kayak monoe biposto, canoa canadese.

Info: Canoa Club Saluggia, via Farini 2, Saluggia (VC)[email protected]

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GLI ITINERARI

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Tra Dora e Po

Si va su un affluente del Po, in un trat-to ricco di spunti di interesse, sia antro-pici che ambientali. Notevoli le opereidrauliche per la captazione delle ac-que. Partenza tra Tonengo di Mazzé eVillareggia. Arrivo a Crescentino.Imbarco sulla sponda sinistra 500 me-tri a valle dello sbarramento che con-voglia l’acqua nella presa del CanaleDepretis. Dopo circa 1 km si incontrauna diga, navigabile a sinistra con pas-saggio di 2° grado. Altri 3 km e si in-contrano due sbarramenti che si supe-rano mediante trasbordo, meglio sullasponda sinistra che consente un piùagevole reimbarco. Passati il ponte della A4 e il nuovo

ponte ferroviario (T.A.V), si proseguefino a Saluggia. A circa 12 Km dalla partenza, dopo iponti della SP. 89 e della linea ferroviariaTO-MI, è obbligatorio un trasbordo in ri-va destra, a valle della diga. Tornati inacqua, è consigliabile raggiungere lasponda sinistra per visitare gli edifici cheospitano le strumentazioni di regolazio-ne delle prese d’acqua, complesso di ca-seggiati e opere idrauliche di notevolepregio. Negli edifici si trova anche la se-de logistica del Canoa Club Saluggia.Ripartiti, si lambisce l’Isolotto delRitano. Compreso tra il CanaleScaricatore e la Dora, l’Isolotto è unlembo di preziosità naturali tutelate dal-l’omonima Riserva del Po torinese.Ancora 2 km e si raggiunge il Ponte“Canale”, monumentale opera idraulicatramite la quale il Canale Cavour passasopra la Dora (una ricognizione con-sente di individuare l’arcata che offre lamiglior navigabilità). Raggiunto BorgoRevel (fraz. di Verolengo), è consigliabi-le un altro trasbordo per superare losbarramento a valle del doppio ponteferroviario-stradale. Qui termina la par-te più torrentizia del percorso, acquepiù calme accompagnano all’incontrocon il Po. Arrivo sotto il ponte stradaleche collega Verrua a Crescentino.

Acque mosse sulla Dora Baltea. Foto Canoa Club Saluggia

In canoa nell’ambiente “lanca”. Foto di Carlo Lenti

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LDifficoltà: da Casale a Valenzanavigazione semplice. Grado 1.Lunghezza 28 Km: tempo da 3-4 hDa Valenza a Bassignana facile conqualche ostacolo. Grado 1-2.Lunghezza 10 Km; tempo 1,5-2 h

Info: Gruppo Scout Agesci Valenza,strada al Po, Tel. 0131 940515; 335 5957666

Nel basso Monferrato e oltre

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Le associazionie i circoli di Torino

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Circolo Amici del FiumeCorso Moncalieri, 1810131 Torino Tel: 011 66041219E-mail: [email protected]: www.amicidelfiume.it

Associazione Amici del RemoCorso Moncalieri, 42210133 TorinoTel. 335 5254089E-mail: [email protected]: www.amicidelremo.it

Società CanottieriArmidaViale Virgilio, 45 Parco del Valentino10126 Torino

Tel: 011 6699219 E-mail: [email protected]: www.canottieriarmida.it

Società CanottieriCapreraCorso Moncalieri, 2210131 Torino Tel. 011 6603816

E-mail:[email protected]: www.canottiericaprera.it

Lasciate alle spalle le risaie vercellesi, il Po attraversa Casale Monferrato e sidirige verso Valenza. Le grandi con-fluenze arricchiscono il Fiume e ren-dono vario e interessante l’ambiente.Navigazione senza grandi difficoltà. Il percorso è divisibile in due tratti distinti: Casale-Valenza e Valenza-Bassignana.Partenza da Casale sulla riva destra(una strada sterrata passa dietro allaCaserma dei Vigili del Fuoco e porta avalle del ponte ferroviario). Imbarcoagevole grazie a zone di acqua ferma.Appena partiti porre attenzione sulladestra a un pilone sommerso. Giunti alponte della A26 passare nell'arcatacentrale, lontano dalle prismate. La navigazione prosegue quindi tran-quilla fino alla confluenza con la Sesia,a 12 chilometri dalla partenza. Il carat-tere torrentizio dell’affluente crea unaforte corrente laterale da affrontarsi dipunta per evitare ribaltamenti. I successivi 30 chilometri attraversanola Riserva naturale della confluenzaSesia-Grana, la più estesa del Parco del

Po. Consistente possibilità di osservareanimali: evitare invece il disturbo. Nei primi 10 chilometri occorre presta-re attenzione a tronchi e ad altri osta-coli semi-sommersi nei pressi delleprismate. Arrivati al massiccio ponte inmattoni passare sotto l'ultima arcata disinistra. Poiché l’eventuale sbarco èconsigliato sulla spiaggia in riva destra,appena oltre il ponte occorre pagaiaredi buona lena: la corrente è forte! La prosecuzione è tranquilla fino in vi-sta di Valenza, prestando tuttavia at-tenzione ai resti dei pali di legno di unvecchio ponte di barche (passaggiosulla sinistra).A Valenza possibilità di sbarco sulla ri-va destra dove questa si abbassa fino alghiareto, poco prima della confluenzacon il Torrente Grana. In questa zona affioramenti rocciosiconsigliano in ogni caso di tenersisulla sinistra, come nella successivaampia curva, in vista dell'abitato di Mugarone (onde formate da rotta-mi a pelo d'acqua), dove sarà prossi-mamente realizzato un pontile galleggiante.Un lungo rettilineo precedeBassignana, il cui abitato si raggiungerisalendo una lanca in riva destra.Volendo si può proseguire fino allaconfluenza con il Tanaro (a 4 chilome-tri) e oltre. Possibili mete, Pieve delCairo e Isola Sant’Antonio (a 10 chilo-metri, collegate dal ponte sul Po), op-pure Rivarone, raggiungibile risalendoil Tanaro per circa 8 chilometri (sbarcosu comodo imbarcadero).

Reale SocietàCanottieri CereaViale Virgilio, 61 Parco del Valentino -10126 Torino Tel 011 6504330

Bar: Tel. 011 6699265E-mail: [email protected]: www.cerea.org

C.U.S. TorinoVia Paolo Braccini, 110100 Torino Tel: 011 388307sede nautica:

Corso Sicilia 50 - 10100 TorinoE-mail: [email protected]: www.custorino.it

Circolo EridanoA.S.D.C.so Moncalieri, 88

10133 Torino - Tel. 011 6602030E-mail: [email protected]: www.circoloeridano.it

Società CanottieriEsperia-TorinoCorso Moncalieri, 210131 Torino Tel. 011 8193013

E-mail: [email protected]: www.esperia-torino.it

SISPORTFIAT

Corso Moncalieri, 346/1210133 Torino - Tel. 011 661980

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GBirdwatching sul Po

Gli inglesi hanno un vocabolo per indi-care quasi tutto: quello che noi chiamia-mo “osservazione-degli-uccelli-in-natu-ra” è definito, molto efficacemente, “bir-dwatching”. È ormai frequente incon-trare escursionisti con binocolo e tac-cuino che abbinano al piacere del cam-minare nella natura l’interesse per la vi-ta alata. Perché è proprio questo il con-cetto di fondo: muovere i muscoli e ineuroni in modo coordinato,percepire stimoli e sen-sazioni che solo unacamminata in natura puòoffrire, arricchendoli con lacomprensione di ciò che osser-viamo. Sebbene districarsi tra lecirca 500 specie osservabili in Italia possa scoraggiare i neofiti, questa abbondanzapermette di garantire il suc-

cesso di una attività che si sta diffonden-do, come testimonia il numero semprepiù crescente di appassionati, organiz-zati in gruppi di ricerca come il GPSO eEBN, o in associazioni come la LIPU, cheda più di 40 anni protegge l’avifauna ita-liana. Tra le zone adatte al birdwatching,le Aree protette del Po piemontese sonofra le migliori: le specie di uccelli che fre-quentano le zone umide, fluviali o lacu-

stri, sono infatti percentualmente piùnumerose e abbondanti rispetto adaltri ambienti. Il Po si snoda inPiemonte per oltre 230 chilometri,offrendo aree ideali per l’osservazio-

ne degli uccelli. E se già nella por-zione montana gli ambienti so-no ricchi di opportunità, è nellapianura che si formano gli spec-chi d’acqua più adatti a ospitarela maggior varietà di specie.

LA NATURA

Info: Centro cicogne e anatidi LIPU di Racconigi: www.cicogneracconigi.itLIPU Torino: http://www.arpnet.it/lipuLIPU Vercelli: http://www.lipubiellavercelli.itEBN Italia: http://www.ebnitalia.it

della direttiva europea “Uccelli”, ospitain inverno centinaia di morette e mori-glioni provenienti dal nord Europa, ol-tre agli aironi cenerini che in primaveraoccuperanno la garzaia dell’Isolone diBertolla, situata ai limiti della città, ver-so San Mauro. Scendendo verso il vercellese si segna-lano la Riserva della confluenza con laDora Baltea e le risaie limitrofe al Po,che in primavera ospitano migliaia dicombattenti, pittime e piro piro che af-follano le camere non appena vengo-no allagate. In territorio alessandrinovanno invece ricordate le riserve inprossimità con il confine lombardo, an-che queste SIC e ZPS, e in particolare laGarzaia di Valenza. Da non dimenticare infine un buon bi-nocolo, il manuale e magari l'aiuto diesperti. Saranno un valido aiuto a co-noscere i piaceri del birdwatching apochi passi da casa.

Riccardo FerrariNaturalista Lipu Torino

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Anatidi ma anche limicoli, ardeidi e ral-lidi, oltre ai passeriformi che abitano lavegetazione ripariale, danno le mag-giori soddisfazioni, soprattutto in pe-riodo invernale e di passo. Le riserve speciali tra le province diCuneo e Torino offrono ambienti fon-damentali per gli uccelli legati alle zoneumide. Vi si possono osservare anatree svassi, o, in primavera, passeriformicome i topini, che si sono adattati a ni-dificare scavando tunnel nei cumulidelle cave. Imperdibile, la visita alCentro Cicogne e Anatidi LIPU diRacconigi, ottima palestra di birdwat-ching dove, oltre a cicogne e anatre, sipossono osservare limicoli come il ca-valiere d’Italia, che popola stagni e pa-ludi ricreati laddove prima regnava ildeserto biologico delle colture.Sembrerà strano, ma un’area ideale peril birdwatching è il tratto urbano delfiume, nella zona della confluenza conDora e Stura. A Torino una Zona diProtezione Speciale, vincolata ai sensi

Germani in volo al tramonto. Sullo sfondo, il Monviso. Foto di Roberto Borra

Birdwatching al Parco del Meisino. Foto di Toni Farina

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La natura

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Contrariamente al pensierocomune, il maggior indice dibiodiversità non si trova sullearee montane ma nelle areecollinari e di pianura, nellezone “d’acqua” in particolare.La ragione è evidente: le condizioni ambientali della montagna, a partire dal clima, sono in assolutomeno favorevoli, le condizionidi adattamento richieste sono

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Isolotto sul Po nella zona del Boscone a Bassignana. Foto di Carlo Lenti

più pesanti, la selezione più severa. La pianura, al contrario, nonostante una presenza umana ben più massiccia, offre condizionipiù propizie. Il Fiume Po ne è valida dimostrazione.Pur attraversando aree conuna densità di antropizzazionefra le più elevate del Continente,il maggior fiume italiano offreancora una considerevole

ricchezza di habitat naturali.Greti, ripe, lanche, boschi: uninsieme di “luoghi” favorevoli a ospitare una fauna e unaflora sorprendentemente ricchee varie, con specie rare, da tutelare in modo rigoroso. Fra queste, descritte nellaGuida, il pioppo nero, la rana di lataste, la trotamarmorata e l’occhione. Esempi significativi di

“sopravvivenza” possibile anchegrazie alla presenza del Parco.Ed è grazie all’azione del Parcoche gli elementi naturali lungoil Po piemontese sono tornati a essere importanti. E sono in grado di sorprendere nonsolo studiosi e appassionati ma anche quanti siavvicinano all’ambiente del Grande Fiume dotati di semplice curiosità.

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SSessantasette metri sul livello del ma-re… topograficamente il punto più bas-so del Piemonte. È lì, alla confluenzacon il Torrente Scrivia, non lontano dal-l’abitato di Isola Sant’Antonio, che il Povarca il confine di regione per procede-re lento verso il mare. Alle sue spalle la-scia un paesaggio denso di contraddi-zioni ambientali e umane. Dalla cimadel Monviso, presso la sorgente, le ac-que percorrono un dislivello di quasi4000 metri, in gran parte concentrati neltratto cuneese del Parco, dove la diffe-renza di quota e l’orografia montanadeterminano una diversità ambientaleelevatissima. Dalle rocce alle prateriealpine, quindi, procedendo verso valle,i lariceti di Crissolo, la faggeta di Oncino

(sul versante in ombra), il bosco di ro-veri e castagni sul tiepido versante op-posto della valle. E ancora: tigli, aceri,frassini nelle forre; poi prati, coltivi e,giunti in pianura, i boschi di querce ecarpini risparmiati dal taglio nella tenu-ta agricola dell’Abbazia di Staffarda.

La biodiversità, innanzituttoDa questa grande diversità ambientalederiva una ricca comunità faunistica.Più in alto, dove il cielo è percorso dalvolo maestoso dell’aquila reale e daquello più irregolare del gracchio alpi-no, è lo stambecco a popolare i ver-santi insieme al più comune camoscio.Dalle pietraie e dalle praterie nellequali vive la pernice bianca, si scende

ai boschi di conifere caratterizzatidal richiamo della nocciolaia e, piùraramente, del gallo forcello. E quando il crepuscolo di-segna l’orizzonte, il ri-chiamo della civetta nanaprelude all’inizio dell’attivitàper numerose specie di preda-tori. Tra essi il lupo, le cui popola-zioni vivono costantementesospese tra sopravvivenzaed estinzione. La “natura della montagna”appassiona, ma è il tratto dipianura del corso del Fiume che riservasorprese maggiori. Se si ha la curiositàdi allontanarsi dai centri urbani, è pos-sibile trovare una natura impensabile,soprattutto nei tratti in cui il Po è anco-ra libero di divagare tra gli argini. Perfortuna, le opere di cementificazionedel passato hanno risparmiato diversezone: è in queste che si concentral’azione di conservazione e di ripristinodell’ambiente naturale attuata dai treenti che gestiscono le Aree protette delPo. In alcuni casi è lo stesso fiume cheriesce a scrollarsi da solo il cemento didosso, dimostrandosi così in grado diriprendersi i vecchi corsi sconsiderata-mente occlusi. Sta all’occhio attento delpianificatore riuscire a interpretare eassecondare questi processi dinamici,sfruttando al massimo, anche ai finidella sicurezza idraulica, la capacità delfiume di rimodellare continuamente ilproprio ambiente… e tutto ciò a costozero per la collettività! Nel lungo tratto di pianura del Po sonoproprio i suoi cambiamenti morfologi-ci a garantire una ricca biodiversità el’autodepurazione delle acque: il lavo-ro costante del Fiume determina infattil’esistenza di innumerevoli habitat a di-sposizione per i più svariati organismianimali e vegetali.

L’evoluzione morfologica dell’alveo“Evoluzione morfologica” è la parolad’ordine per garantire la conservazio-ne della natura negli ambienti fluvia-li. Già a partire dalle acque correnti,la presenza di zone a maggiore o mi-nore profondità, di lame d’acqua piùo meno veloci e di un fondo a variagranulometria dà al fiume la possibi-lità di ospitare numerosi pesci e in-vertebrati per i quali è di fondamen-tale importanza un’elevata diversifi-cazione delle sponde e del fondale.Nel passaggio dall’autunno all’inver-no, è nei tratti con substrato ciottolo-so di una certa dimensione che si ri-produce l’endemica trota marmorata,costruendo apposite buche.Vere e proprie manomissioni sono gliinterventi che riducono l’alveo a ununico canale regolare: la perdita difauna è netta, sia in quantità di specieche in numero di individui e l’impo-verimento della comunità ittica è evi-dente soprattutto nel tratto planiziale.Oltre alla trasformazione artificiale,un altro grave problema che ormaiconnota il Po è rappresentato dall’in-troduzione di specie esotiche: caras-sio, persico trota, pseudorasbora esoprattutto pesce siluro sono soltantoalcune di esse.

Gli habitat del Parco del Po:il bosco, il greto e le zone umide

LA NATURA

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Primavera sul Fiume al Ponte tra Verrua e Crescentino. Foto di Toni Farina

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Luca Cristald e Laura Gola

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La competizione con le specie autoc-tone è molto forte e intervenire per lasalvaguardia di queste ultime si rivelaspesso un’impresa pressoché impossi-bile. Lucci e tinche che popolavanolanche e canali, nonché savette e scar-dole tipiche delle acque correnti, sonodivenute specie estremamente rare,mentre storioni e anguille sono quasisoltanto un ricordo del tempo passato.

Il gretoA discapito dell’aspetto desolato, ilgreto è un habitat unico per svariatespecie di uccelli. In particolare le isoleghiaiose, meglio difese dai predatoriterrestri, ospitano intere colonie di

sterne comuni e di fraticelli e nidi isola-ti di corriere piccolo e occhione.Quando il buio nasconde i profili dellesponde, il volo leggero del gufo comu-ne e quello veloce del succiacapre, al-l’inseguimento delle farfalle notturne,caratterizzano gli ampi ghiareti.L’erosione di sponda non solo è fun-zionale alla biodiversità nel suo com-plesso, ma risulta addirittura indispen-sabile per la sopravvivenza di uccelli“fossori”. Tra essi il martin pescatore,che costruisce il proprio nido in cuni-

coli scavati a colpi di becco sulle pare-ti di terra nuda, per poi approvvigio-narsi di piccoli pesci nella lama d’ac-qua sottostante, e il topino, uccello si-mile a una rondine, che forma coloniedi decine di individui.

I boschiI boschi naturali nel tratto di pianura,in gran parte sostituiti da pioppeti spe-cializzati o da altre coltivazioni, rico-prono una superficie di circa 2.800 et-tari (l’8% dell’intera Area protetta).Un importante sottoinsieme è costitui-to dai boschi ripari, formati da alberi alegno tenero come salici e pioppi, in particolare salice bianco, pioppo

bianco e pioppo nero. Purtroppoquest’ultimo è di-venuto ormai ra-ro poiché sosti-tuito dalla disse-minazione spon-tanea dei pioppiibridi coltivati.Proprio per cer-care di salvarequesta specie,nel Parco è incorso un proget-to per la sua rein-troduzione tra-

mite il rimboschimento di terreni agra-ri, attingendo alle riserve genetiche cu-stodite nei vivai dell’Istituto del CRA(Consiglio per la Ricerca e laSperimentazione in Agricoltura) diCasale Monferrato.I boschi ripàri hanno vita breve ma so-no molto tenaci. Si sviluppano sulledeposizioni sabbiose umide e, grazie aun’abbondante produzione di semicotonosi, salici e pioppi si diffondonosu vaste zone riuscendo a colonizzare iterreni di più recente formazione do-

ve, grazie alla ra-pidità di crescita,soppiantano an-che le erbe infe-stanti. Inoltre, sono ingrado di soppor-tare allagamentiprolungati e suc-cessivi insabbia-menti, resistonoalle correnti dipiena e ricaccia-no frammenti dipianta residui.Se non subentra un’erosione distrutti-va, in una ventina d’anni sono in gradodi superare i trenta metri d’altezza eraggiungere dimensioni impossibiliper altri alberi di pari età.Grazie alla diminuzione dei tagli bo-schivi, nei saliceti dell’Area protetta,oltre al picchio rosso maggiore e alpicchio verde, è presente il picchiorosso minore. A dispetto del nome,quest’ultimo è il più esigente dei tre infatto di dimensione dei tronchi e so-prattutto necessita di un gran numerodi piante “morte in piedi”, che può tro-vare solo nei boschi gestiti con criterinaturalistici.A maggior distanza dall’alveo, dove leacque di piena giungono ormai lente,cresce il bosco a legno duro, costituitoda querce, olmi e frassini, con l’im-mancabile presenza dell’esotica robi-nia. Qui lo strato arbustivo è ricco dibiancospini, noccioli, berrette da pre-te, spincervini, sanguinelli, sambuchi ealtre specie. L’edera cresce così vigoro-sa da far crollare gli alberi durante letempeste, ma, essendo sempreverde,in inverno costituisce un importante ri-fugio per animali come i rapaci nottur-ni e, in estate, fornisce la base per lacostruzione di nidi.

Questi boschi hanno subito più di altril’invadenza dell’uomo e oggi sono ri-dotti a sparuti frammenti. I nuclei dimaggiore interesse sono conservatinella Riserva naturale del Baraccone,presso la confluenza con la DoraBaltea, e nella Riserva naturale delBoscone, presso la confluenza con ilTanaro. Sono boschi fondamentali perl’esistenza delle garzaie, ovvero le co-lonie di ardeidi: airone cenerino, airo-ne rosso, garzetta, sgarza ciuffetto, ai-rone guardabuoi e nitticora. Tutte spe-cie che si riuniscono in tali siti per la ni-dificazione, utilizzando le aree umidecircostanti per l’alimentazione. E tuttespecie che trovano nella PianuraPadana un’area di grande importanzaper la loro conservazione.

Le lanche e i gerbidiLe zone umide per eccellenza della fa-scia fluviale sono le lanche, meandriabbandonati dalla corrente principalesino al punto da restarne isolati. La ric-chezza di “vita” di questi bracci “morti”è notevolissima. Negli specchi d’acqua galleggiano nin-fee bianche e ninfee gialle con gli stelisommersi dal miriofillo, habitat idealeper la rara testuggine palustre euro-

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LA NATURA

Ambiente di greto. Foto di Carlo Lenti

Ambiente di lanca. Foto di Andrea Miola

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pea. Ai bordi crescono invece fitti can-neti in cui costruiscono il nido canna-reccioni e tarabusini. Sulle sponde, isalici grigi e gli iris di palude preludo-no al bosco paludoso: l’ontaneto colsuo sottobosco di carici e felce palu-stre. Molti sono gli anfibi, anche graziealla presenza di pozze isolate che negarantiscono la riproduzione. I tritonisono difficilmente osservabili, al con-trario di rane verdi, raganelle e rospismeraldini, i cui richiami risuonanonelle calde notti estive. Infine, è so-prattutto laddove la vegetazione ac-quatica è più ricca che le libellule si li-brano in volo per catturare le loro pre-de, sostituite durante la notte dai pipi-strelli in caccia sugli specchi d’acquaricchi di insetti.La superficie delle lanche è stata molto

ridotta nel secolo scorso, sia con l’in-terramento che con il drenaggio dellefalde acquifere. Oggi che la loro im-portanza è ormai riconosciuta, moltisforzi sono profusi dagli Enti-Parco perricrearne di nuove, anche tramite lapromozione di interventi di escavazio-ne eseguiti imitando in senso stretto ilmodello naturale.Contrariamente al sapere comune,lungo i fiumi esistono anche luoghiaridi. Volgarmente sono chiamati “ger-bidi”, ma si tratta di prati o di arbustetiradi che crescono su suoli formati damateriali così grossolani da non esserein grado di trattenere l’acqua. Nel casopiù estremo si tratta di ciottoli coloniz-zati da muschi e licheni, secchi pergran parte dell’anno. Questi prati ospi-tano una flora esclusiva, ricca di orchi-dee. Da segnalare la presenza dell’eu-forbia di Séguier, che dalle vallate ari-de alpine scende sino a Valenza, collo-candosi in una successione di stazioniisolate. Questi habitat rappresentanoottime aree di caccia per rapaci, comegheppi e lodolai, e per alcune speciedi passeriformi, ormai divenute rare inpianura, come il saltimpalo, l’ortolanoe l’averla piccola, che con il suo beccoadunco simile a quello di un rapace inminiatura caccia insetti e piccoli verte-brati. Nel mese di marzo, quando l’eu-

forbia colora i gerbidi, la lucertolacampestre, una specie molto meno co-mune della lucertola muraiola, inter-rompe il riposo invernale per ripren-dere l’attività.

I fiumi, strade per gli uccelliI fiumi rappresentano da sempre viemigratorie di straordinaria importanzaper migliaia di uccelli, nel loro viaggiotra le zone riproduttive e quelle disvernamento. Durante questa fase, lezone umide costituiscono anche le zo-ne più idonee per la sosta e l’alimenta-

zione degli uccelli acquatici. È propriodalla disponibilità e dalla tranquillità ditali siti che dipenderà in gran parte ilsuccesso della nidificazione nella sta-gione successiva. E se i fiumi sono strade, il Po è una viamaestra. Un’ostinata striscia di naturanel cuore della Pianura Padana, che ar-riva a lambire le città portando con séun ricco corredo di fauna e flora selva-tiche. Un corridoio ecologico di valoreinternazionale da conservare. Un pa-trimonio da gestire con oculatezza perimparare a convivere con la Natura.

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Marzaiola. Archivio CEDRAP

Martin pescatore. Archivio CEDRAP

Tarabusino. Archivio CEDRAP

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LA NATURA

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LLa rana di Lataste è un anfibio di dimen-sioni medio-piccole, caratterizzata dacolorazioni dorsali bruno-grigiastre obruno-rossastre, tipiche delle cosiddetterane rosse. Si tratta di un endemismo ti-pico del bacino settentrionale padano edell’Istria. In Piemonte la si può trovareprevalentemente a nord del Po, nellearee della pianura cuneese e torinese si-no alla Valle del Ticino in Provincia diNovara e in molte zone del Parco delPo. Gli ambienti frequentati dalla speciesono soprattutto boschi planiziali carat-terizzati dalla presenza di farnia e carpi-no bianco, boschi igrofili e ripariali co-me i saliceti e i pioppeti. Seppur rara-mente, la si può rinvenire anche in tor-biere, prati umidi, paludi con canneti epioppeti coltivati. Durante il periodo ri-produttivo, tra febbraio e aprile, fre-quenta anche le lanche fluviali, gli stagnie le risorgive.

La si osserva però anche in semplici rac-colte d’acqua temporanee come poz-zanghere o prati allagati. In queste zonesono spesso presenti foglie e rami som-mersi che fungono da supporto su cuifissare le masse gelatinose rotondeg-gianti contenenti le uova. Queste sonocentinaia e schiudono circa 15 giornidopo la deposizione. La rana di Lataste(Rana latastei) è tutelata da diverse nor-me internazionali e nazionali. A causadell’areale ristretto e della progressivaframmentazione e riduzione degli habi-tat, è inclusa nella Lista Rossa delle spe-cie considerate in pericolo di estinzione.Nel Parco del Po sono stati avviati diver-si progetti volti alla sua salvaguardia, fi-nalizzati in particolare al monitoraggiodelle popolazioni esistenti, alla gestionedei siti riproduttivi, al salvataggio delleuova e degli adulti e, infine, allo sposta-mento in ambienti più idonei.

Daniele Pellitteri Rosa

La trota marmorataLa trota marmorata

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La rana di Lataste

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Ènel tardo autunno. Nelle fasi giovanilisi nutre in prevalenza di larve di insetti,crostacei, anellidi e, occasionalmente,di piccoli pesci. Allo stadio adulto mo-stra invece spiccate tendenze ittiofa-ghe. Rispetto alla distribuzione origina-ria, l’attuale situazione appare forte-mente modificata a causa delle pesantialterazioni antropiche. Tra i maggiori fattori di declino rientra-no i ripopolamenti con trote fario, unfenomeno che ha determinato tra l’al-tro un incremento delle forme ibridefario/marmorata.Accanto al rischio di contaminazionegenetica, esistono poi una serie di altrifattori antropici estremamente perico-losi quali la costruzione di dighe e sbar-ramenti che interrompono la continui-tà dei corsi d’acqua e limitano l’accessoalle aree riproduttive, i frequenti inter-venti di regimazione idraulica e l’aspor-tazione di materiale litoide. Da citareinfine la forte pressione da pesca, talo-ra con metodi illegali, non supportatada regolamenti adeguati.

Gilberto Forneris, Massimo Pascale

È la specie ittica maggiormente identifi-cabile con il Po e i suoi affluenti. Dettaanche trota nostrana, o padana, o trotagrigia, la trota marmorata (Salmo - trut-ta - marmoratus Cuvier, 1817) è il sal-monide endemico del bacino padano.Il suo areale di diffusione originariocomprende il Po e i suoi principali tri-butari di sinistra, i tributari di destra finoal Tanaro e i tributari dell’alto Adriaticofino all’Isonzo. Ha corpo fusiforme, al-lungato, con capo pronunciato, boccaampia, dentatura robusta e ben svilup-pata su mandibole, mascelle e osso vo-merino. La livrea è distinta da una in-confondibile marmoreggiatura scurasu sfondo chiaro. Sono assenti negli in-dividui adulti le macchie rosse e nere ti-piche di altre trote, come la fario e lamacrostigma. L’habitat caratteristico ècostituito dai tratti montani inferiori e difondovalle dei maggiori corsi d’acquaalpini. Talvolta è rinvenibile nei laghi enei canali in comunicazione con i corsid’acqua di maggiore portata. È un pesce a rapido accrescimento.Può raggiungere il metro di lunghezza,per pesi superiori a 15 kg. Si riproduce Foto di Fabio Pupin

Foto di Franco Varetto

LA NATURA

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Il pioppo nero

IIl Pioppo nero europeo (Populus ni-gra L.) è l’essenza arborea più rappre-sentativa delle antiche foreste ripariali.Albero di seconda grandezza, non mol-to longevo, è rifugio ideale per moltespecie di insetti e di uccelli. Inoltre, gra-zie all’elevata capacità di assorbimentodi nitrati e fosfati, può contribuire al mi-glioramento della qualità delle acque.Specie pioniera e rustica, si rigenera na-turalmente per disseminazione e propa-gazione vegetativa di porzioni di rami eradici sui suoli poveri e detritici, nellearee più assolate delle golene. Pur es-sendo una pianta tipica degli ambientiumidi, non tollera ristagni d’acqua esommersioni prolungate. Nella coloniz-zazione dei greti fluviali segue in generele formazioni di salice dando originea ecosistemi dinamici, in cui sa-lici e pioppi sono destinati aessere sostituiti nel tempo daaltre specie quali ontani,olmi, carpini, frassini,aceri e querce. Il pioppo nero è distribuito naturalmentedall’Europa centro-meri-dionale all’Asia centro-oc-cidentale, fino a raggiungerela Siberia e alcune localitàdell’Africa settentrionale. A causa dell’intenso sfrut-tamento delle aree golenaliper finalità agricole e indu-striali, è ormai raro in Italia e in buona partedell’Europa e le formazioniancora esistenti sono sporadi-

che e costituite da pochi esemplari. Ilsuo patrimonio genetico è inoltre messoa rischio dalla diffusa presenza del piop-po nero cipressino e dei cloni di pioppousati in pioppicoltura con i quali si puòincrociare. Considerata la sua notevoleimportanza ambientale, economica esociale, nell’ambito dell’European ForestGenetic Resources Program (EUFOR-GEN) sono state intraprese varie iniziati-ve per la sua conservazione. Fra queste,gli interventi di reintroduzione in corsodi realizzazione nel tratto vercellese-alessandrino del Po.

Lorenzo ViettoP nord Italia, i greti fluviali. Proprio a cau-sa della diminuzione di questi ambienti,a livello europeo la specie è considera-ta vulnerabile.In Piemonte, fino alla prima metà delXX secolo, l’occhione era un nidificanteabbastanza diffuso, ma negli anni ’80ebbe un tracollo tale da non raccoglierepiù prove di nidificazione certa nellaRegione. La riconferma della nidifica-zione si ebbe soltanto a partire dal 1991nel tratto vercellese/alessandrino delParco del Po. Attualmente la sua popo-lazione è in ripresa, probabilmente an-che grazie alla limitata frequentazionedei ghiareti da parte dell’uomo, principa-le fonte di disturbo durante il periodo ri-produttivo. Oggigiorno lo si può osser-vare principalmente nella parte orientaledel Piemonte, localizzato in alcune areelungo il Tanaro in Provincia di Asti, op-pure lungo il Po in provincia di Vercelli eAlessandria, sino al confine con laLombardia. Sporadiche segnalazioni so-no avvenute lungo il Torrente Orba e al-cune coppie sono nidificanti lungo laScrivia.

Matteo Gagliardone

L’occhione

Può capitare, camminando sugli ampighiareti del Po a valle di CasaleMonferrato, di incontrare un uccellomolto particolare, sconosciuto ai più,molto schivo e difficile da individuaretra i ciottoli e la bassa vegetazione…l’occhione. Il nome descrive perfetta-mente la caratteristica principale delsuo aspetto: occhi gialli molto grandi,segnale dell’adattamento della speciealla vita notturna, periodo in cui è mag-giormente attivo. Si tratta di un uccellomolto mimetico: le penne e le uova de-poste a terra tra i ciottoli riprendono ilcolore del terreno circostante. Limicolo appartenente alla famiglia deiBurhinidi, ordine Charadriiformi, è altosulle zampe, con lunghezza compresatra 38 e 45 cm. Nonostante le dimensio-ni, l’unico segnale che permette di per-cepirne la presenza è il verso: il caratte-ristico “kuur-li-lii”, molto forte, udibilein particolare dall’imbrunire all’alba,anche a notevole distanza.Diffuso in Europa, Asia e Africa, l’oc-chione (Burhinus oedicnemus) predili-ge gli ambienti secchi e semi-aridi, bru-ghiere aperte e, principalmente nel

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LA NATURA

Foto di M. Arobba

Foto di Lorenzo Vietto

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Abitarelungo il Po

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Il Po attraversa una delle piane più fertili del mondo. E allo stesso tempo una delle più inquinate. La PianuraPadana: una pressioneantropica enorme.Infrastrutture in ogni dove, dai piedi delle Alpi alle sogliedell’Appennino. Con massimaconcentrazione proprio nel suocentro geografico, dove da millenni scorre il Po.Con la sua presenza, il suo divagare, il Fiume ha influenzato il processoantropico, grande e piccolo.Dalle grandi trasformazioni al semplice vivere quotidiano.Dagli insediamenti abitativialle forme d’uso produttivo

del territorio.Il Po quindi è anche storia di un rapporto secolare uomo-fiume. Leggibilenell’organizzazione territoriale,nelle forme e negli elementidel paesaggio (i canali irrigui,

ormai parte integrante dellapianura). Nelle testimonianzearchitettoniche, tutt’ora ingrado di connotare visivamentee culturalmente la loro area.Castelli: Gabiano, Camino,Racconigi. Abbazie: Staffarda,San Genuario, Lucedio. E fortezze, come Verrua Savoia,straordinario view point sulFiume e sull’intero Piemontesettentrionale.Come l’arco alpino, il Po èelemento di spartizione e diunione allo stesso tempo. In grado di generare culturecomuni e dividere non sologeograficamente popolazioni.Un ostacolo e un’opportunità.Insomma: “un Po cerniera e un Po barriera”.

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Il Tanaro (affluente di destra del Po) a Mugarone. Foto di Carlo Lenti

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Le agricolture del Parco del Po

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Campagna del Monferrato tra Valenza e Alessandria. Foto di Carlo Lenti

IABITARE

Iniziamo con i numeri. Su 313 zone omo-genee in cui è stato suddiviso il territoriodel Parco, ben 172 sono state classificate“di prevalente interesse agricolo”. Nellaporzione di Piemonte interessata dalGrande Fiume la dimensione rurale è quin-di ancora importante. Una dimensioneche, nonostante le modifiche subite negliultimi decenni, è riuscita a conservare unacerta diversità. Per questo è più correttoparlare di “agricolture”.Produzioni che si succedono (e si interse-cano) dalla parte montana alla pianura.In montagna i pascoli e i prati permanenti,nella pianura prealpina i frutteti, quindi icereali “asciutti”, nel vercellese il riso, e daultimo i pioppeti e l’orticoltura.

La montagna.I pascoli in quota sono quelli in cui si prati-ca l’alpeggio che da pratica antichissima èdiventata, se correttamente gestita, moder-nissima e coerente con un modello di svi-luppo sostenibile. E questo non solo per-ché non emette inquinanti, e sfrutta mate-ria ed energia rinnovabili, ma anche perchéè in grado di rendere più ricco il paesaggioalpino. L’agricoltura di montagna (alpicol-

tura) è in grado di costituire un neo-ecosi-stema in cui non solo gli animali domestici,ma anche molti animali selvatici sono ingrado di trovarvi le fonti alimentari.

Il fondovalle e la prima pianura.La natura ostile dei terreni vi rende difficilel’aratura e la semina. Ecco allora prevalere iprati permanenti, costituiti da decine dispecie di piante diverse (che per comoditàsiamo usi definire “erba”) in aspra contesaper conquistarsi più spazio, più acqua, piùluce, più nutrimento. Nel groviglio delle ra-dici il prato permanente svolge la funzionecruciale di efficiente filtro-depuratore, ingrado di smaltire grandi quantità di inqui-nanti che nei terreni percolano con le ac-que reflue. Tra Revello e Saluzzo, dove lapianura è ancora “alta” e dove nebbia e ri-stagni d’aria fredda sono meno probabili,ci si trova circondati da interminabili filaridi alberi di melo, di pesco e di kiwi.Produzioni intensive aiutate dalla tecnolo-gia: irrigazione sovrachioma, miscelatorid’aria, candele di paraffina, reti antigrandi-ne nere e bianche per contrastare gli even-ti climatici avversi. Ed è così che il paesag-gio frutticolo contemporaneo, proprio

con il suo alto tasso di “artificialità”, è in gra-do di esprimere un innegabile impatto disuggestione estetica.

La pianura media.Un’area estesa, che da Moretta eVillafranca, dribblando l’area metropolita-na di Torino, si spinge fino a Chivasso eVerolengo. È qui che si colloca il regno in-contrastato dei seminativi, del mais in par-ticolare. In queste terre, risultato dei depo-siti di successive alluvioni, anche grazie alladisponibilità di acqua l’agricoltura non in-contra limitazioni. In tal modo ha potuto“esprimersi”, elaborando quel mirabileesempio di integrazione tra architettura eterritorio che è la cascina. In quest’area, apartire dal secondo dopoguerra l’organiz-zazione delle colture si è fondata sulla mas-sima produttività, e la maglia fondiaria si èridisegnata in base alle necessità impostedalla meccanizzazione.

Il vercellese.Da Crescentino in poi trionfa la grande di-stesa della risicoltura. Le “terre d’acqua” so-no la risultante di una capacità di pianifica-zione interdisciplinare che, consolidatesinel corso del XIX° secolo, ancora oggi de-sta ammirazione (e invidia). Ne emerge unpaesaggio di notevole suggestione chenon trova confronti nel continente euro-

peo. Senza dimenticare che questa enor-me laguna ad acque basse costituisce an-che un “ecosistema di sostituzione” dellearee umide naturali: in essa trova infatti ci-bo in abbondanza una fortunata e diversifi-cata avifauna.

Casale, Valenza e oltre.Il casalese è terra di pioppeti, estesi filariche si spingono a lambire le zone golenali.Passata Valenza e le sue tranquille ondula-zioni ritorna la pianura, che non avrà più so-luzione di continuità. Ed è qui che la produ-zione agricola del Po presenta un’altra va-riante: l’orticoltura. Dapprima presente inframmenti a valle di Torino, diventa oggi viavia più estesa nelle anse del Fiume ai piedidelle colline del Monferrato. Ma è soprat-tutto al limite orientale della regione che lacoltivazione di ortaggi acquisisce la conno-tazione di “sistema”. Scrutare dall’alto la ma-glia fondiaria organizzata per ospitare ci-polle e cavoli, sedani e piselli, angurie e spi-naci, fa comprendere le ragioni per cui agri-coltura e geometria da sempre viaggiano abraccetto. Tante agricolture quindi, intornoal Po. Attività che al Fiume contendono spa-zio, che dal Fiume traggono energia, ma checon il Fiume dialogano fittamente, contri-buendo a fare di questo territorio un affa-scinante intreccio di acqua e di terra.

Giorgio Quaglio

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IIl Po ed i corsi d’acqua suoi tributaridella parte occidentale del bacino ap-partengono alla zona che gli ittiologidefiniscono “distretto padano-vene-to”. Un’area omogenea dal punto di vi-sta ittico, dove si sono evolute in circa10 milioni di anni specie caratteristi-che, molte delle quali endemiche. Inpochi anni il numero di queste speciesi è ridotto e localmente si è assistito al-la progressiva rarefazione e scomparsadi pesci un tempo comuni.Le cause sono in gran parte di origineantropica: gli interventi dell’uomo tesida una parte a modificare la composi-zione delle comunità ittica, voluta-mente o inconsciamente, con l’intro-duzione di nuove specie, oppure fina-lizzati a modificare gli habitat fluviali,banalizzandoli e rendendoli inospitaliper molte specie indigene. Tutti i re-centi studi condotti a livello regionaleevidenziano questa preoccupante in-voluzione, determinata dal degradoambientale e accompagnata quasisempre da un sensibile incremento deipesci alloctoni, che in taluni casi arri-vano a costituire quasi integralmentele comunità originarie.In corsi d’acqua con temperature piùfavorevoli, come quelli di pianura, leimmissioni hanno provocato danni in-calcolabili. L’espansione incontrollatadel pesce siluro, limitata in Piemonteal bacino del Po a valle di Torino, o delbarbo europeo e del lucioperca, oggidiffusissimi nel Po a valle di Piacenza egià ben radicati nel tratto alessandrino-vercellese del Fiume, sono gli esempipiù classici: in ogni situazione, a ogninuovo arrivo è seguito il declino dellespecie indigene.Oggi, la nuova Legge regionale sullapesca (approvata nel 2006) ha intro-dotto misure di protezione più restritti-ve, riconoscendo i rischi per la tutela

della biodiversità degli ambienti ac-quatici piemontesi derivanti da unanon corretta gestione dei ripopola-menti. Sono inoltre previste pesantisanzioni amministrative per immissio-ni di specie non autorizzate e pro-grammi di contenimento per specie al-loctone particolarmente pericolose.Misure importanti ma tardive: sono or-mai non rimediabili i guasti dovuti auna passata gestione più attenta allespinte del mondo della pesca che agliaspetti naturalistici. Non va però attribuita alla sola pesca laresponsabilità dell’involuzione dellecomunità ittiche locali. La scomparsadi una specie autoctona e l’avanzata diun’altra introdotta sono anche legate aldegrado delle condizioni naturali deicorsi d’acqua. La tutela degli habitat èinfatti una condizione fondamentaleper garantire una “normale” evoluzio-ne delle popolazioni ittiche. Il concet-to che deve essere evidenziato è chel’acqua non è una riserva inesauribile,a illimitata disposizione di tutte le atti-vità produttive.La sopravvivenza del Fiume Po e deisuoi abitanti dipendono quindi da unaserie di fattori intrinsecamente legatialle attività dell’uomo. Fondamentalisono l’applicazione di corretti DeflussiMinimi Vitali in caso di prelievi idrici, ilmantenimento della continuità e delladiversità fluviale e la corretta gestionedella fauna ittica. Da tutto ciò dipende anche la possibi-lità di usufruire del corso d’acqua perattività solo parzialmente connessecon il comparto produttivo, ma nonper questo meno importanti. Attivitàcon valenza ricreativa, sociale e cultu-rale. Fra queste rientra certamente an-che la pesca dilettantistica.

Massimo Pascale

La pesca Evoluzione delle comunità ittichee gestione degli ecosistemi fluviali

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ABITARE

Pesca nel Po presso Carignano. Foto di Roberto Borra

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motrice dell’Abbazia di Santa Maria di Moretta più prossima al Po), el’Abbazia di San Mauro in Pulcheradadi San Mauro Torinese.Si giunge così all’Abbazia di SantaFede, che sorge in una valletta pressoCavagnolo. Eretta verso la metà delXII secolo, quale diretta filiazionedell’Abbazia benedettina di Sainte-Foy-de-Conques (Alvernia), raggiun-ge il massimo splendore nella secon-da metà del XIV secolo.Fra i centri monastici più antichi si col-loca l’Abbazia di San Genuario pressoCrescentino. Fondata prima del 707dal soldato longobardo fattosi monacoGauderis, l’Abbazia benedettina ha sindalle origini una dotazione patrimo-niale di tutto rilievo e per più di cin-quecento anni si configura come ilprincipale centro monastico della zo-na. Basti pensare che i possedimenti ela zona d’influenza si estendevano ne-gli attuali comuni di Crescentino,Fontanetto, Lamporo, Livorno Ferraris,Verrua Savoia per giungere sino al lagodi Viverone, al Biellese, al Torinese, al-la Val d’Ossola, e includevano i dirittidi pascolo, di caccia e pesca, sui bo-

schi, sui mulini, sui porti e su entrambele rive del Po da Chivasso sino allaconfluenza della Dora Baltea. L’Abbazia di Santa Maria di Lucediopresso Trino è fondata nel 1123 da mo-naci cistercensi provenienti dal mona-stero francese di La Fertè. La peculiarepolitica di conduzione agraria cheispira l’ordine cistercense è all’originedi un’intensa azione di disboscamen-to, bonifica, irrigazione e coltivazio-ne, e soprattutto dà origine al sistemadelle grange, unità agricole dipen-denti dalla sede centrale: alle grange intorno all’abbazia – Lucedio,Montarolo, Montarucco, Castel Mer-lino, Leri, Ramezzana, Darola – si ag-giungono le più lontane Gaiano,Gazzo, Pobietto, quest’ultima sortaintorno al 1185 proprio sulle spondedel Po presso Morano.Per concludere non si può non ricor-dare il monastero benedettino fem-minile di Santa Maria della Rocca, chesorgeva in frazione Rocca delleDonne di Camino, a strapiombo sullariva destra del Po.

Valeria Mosca

ABITARE

Le abbazie

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Abbazia di Staffarda e Monviso. Foto di Renzo Ribetto

sa della gestione dei mulini. Acquista così ancor più significato lapresenza dei molti monasteri lungo ilcorso del Po, e in quest’ottica va anchevista la politica tesa a stabilire grangesulle sue sponde praticata dai centri ci-stercensi meno prossimi al Fiume. È ilcaso dell’abbazia di Santa Maria diStaffarda, fondata agli inizi del secoloXII da monaci cistercensi giunti dallaFrancia, sotto il patronato dei marche-si di Saluzzo, il cui ambito d’influenzagiunge sino al Po con la grangia pressoil “Bosco di Aymondino”.Proseguendo idealmente sul territoriotoccato dal corso del Po, si incontranol’Abbazia cistercense di Santa Maria diCasanova di Carmagnola, l’Abbazia diSanta Maria di Cavour (a sua volta pro-

Il territorio circostante il corso piemon-tese del Po conserva tracce importantidi numerosi centri monastici. Dal VIIIal XV secolo, questi hanno contribuitoa definire paesaggio, territorio ed eco-nomia, trasformando luoghi spessoselvaggi – zone desertiche, paludi, in-colti, selve e boschi – in fiorenti realtàeconomiche e centri urbani in espan-sione. Il Fiume stesso ha rappresentatouna notevole fonte di reddito e di po-tere: nei diplomi imperiali e papali didotazione patrimoniale e concessionedi privilegi si legge la tenace determi-nazione delle abbazie nel farsi ricono-scere il monopolio dei diritti sulle ac-que: porti fluviali, riscossione di tributisul passaggio e sull’attracco delle navi,teloneo e ripatico, sino alla ricca risor-

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Abbazia di Santa Fede. Foto di Toni Farina

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QQuale baricentro della terra sabauda, ilFiume Po fa da riferimento geograficoper un cammino a ritroso nei secoli. Uncammino fra arte, architettura e storiache inizia intorno all’anno Mille e attra-verso il Medioevo arriva al tempo no-stro, guidato da torri, merli, mura di cin-ta e giardini. Luoghi di soggiorno - e diguerre - dei signori che, nel bene e nelmale, hanno retto le sorti e la quotidiani-tà delle genti del Piemonte.I primi segni si scorgono già nei pressi diPaesana, resti di fortificazioni tutt’oggivisibili nella Frazione Erasca. “Scorgere”non è invece il verbo appropriato per ilCastello della Manta. In alto sulla collina- come si conviene - nel paese omoni-mo, il maniero non sfugge infatti allosguardo di quanti da Saluzzo si dirigonoverso Cuneo. Un notevole frammentodi medioevo che il FAI (Fondo perl’Ambiente Italiano) ha rilevato e resofruibile al pubblico, che può così ap-prezzare gli splendidi dipinti della SalaBaronale, fra i più importanti del goticointernazionale. A testimonianze di talelignaggio, le terre del Marchesato alter-nano esempi meno evidenti e cono-

sciuti, ma ugualmente degni di conside-razione. Come il Castello di Faule, sullariva destra del Fiume. Voluto dallaFamiglia Romagnano alla fine del XII se-colo, è un imponente struttura in lateri-zio, circondata da un grande parco efiancheggiata da due torri circolari.Dell’antico castello medioevale diPolonghera, punto terminale della Viadel Sale, alla confluenza con la Varaita,restano invece solo una torre quadratad’angolo e una minore. Più avanti, in lo-calità Carpenetta di Casalgrasso, al con-fine con la Provincia di Torino, dove ilPo incontra il Maira, si osserva una mas-siccia fortificazione, dominata da unatorre quadrata, le cui origini risalgono alX secolo. Ma è più a meridione, più di-scosto dal Fiume che si trova un altropezzo da novanta: Racconigi, il Castello.Dimora dei Carignano, ramo lateraledella dinastia Savoia, costituisce l'ultimatra le Ville di delizie dell’età barocca neidintorni di Torino a essere frequentatadai Savoia fino al secondo conflittomondiale. Residenza estiva della casata,circondata dal grande parco voluto daCarlo Alberto, il Castello costituisce unatappa obbligata nel circuito delle resi-denze sabaude. Non meno obbligata èla tappa successiva. Ed è il Fiume che

conduce direttamente alsuo cospetto, all’esor-dio della Collina to-

rinese. Moncalieri, un castello ancora. Le origini risalgono al XII-XIII secolo maè tra il Sei e il Settecento che la strutturaraggiunge l’apice del suo splendore,con il contributo dei più grandi architetti del tempo: Carlo e Amedeo di Castellamonte, Filippo Juvarra,Francesco Martinez. Torino, la Città. IlFiume la separa dalla collina, sulle cuipendici a cavallo tra il ‘600 e il ‘700 ven-gono costruite le residenze, le vigne,della corte sabauda e dell’aristocraziacittadina. E nel Fiume si specchia ilCastello del Valentino, progettato daCarlo e Amedeo di Castellamonte, conpianta a ferro di cavallo e ampia cortechiusa da quattro torri angolari.Lasciata la Città e i suoi dintorni, il Fiumesi dirige verso il Monferrato, con i suoicastelli che orlano i crinali delle colline.Brusasco, borgo in destra Po con l’anti-co “Borgo del Luogo” (dal latino lucus,ossia "bosco sacro"), dove nel medioe-vo, a difesa degli abitanti, sorse il primonucleo del locale Castello. Edificio im-ponente, di arcaica origine (probabil-mente del 1300), la cui conformazioneultima risale alla metà del 1700, attribui-ta all'architetto Giovanni Maria Molino.Da Brusasco si sale a Verrua, la Rocca, laFortezza. Una prua naturale che dividetorinese e vercellese, e che ospita sulculmine i resti di un complesso ben piùvasto, già citato in documenti antece-

denti l’anno Mille. Collocato in posizio-ne che più strategica non si potrebbe, ilbastione ha visto scornarsi nei secoli, as-sedio dopo assedio, successioni di ar-mate. Al contrario, oggidì si concedesenza pugna alcuna al pubblico nelleoccasioni organizzate. E il pubblico ap-profitta perché, da lassù, con mezzoPiemonte di fronte, “l’occhio si perde e ilcor si spaura”.Dalla Rocca, se “l’occhio si perde” aoriente, coglie Gabiano. O meglio il suoCastello di medioevale nascita. Salendoal paese si è attratti dalla fuga di torri lun-go le mura, in alto contro il cielo, oltreuna fuga di filari di vigna. E più a orien-te ancora c’è il Castello di Camino, il piùantico del Monferrato (XI secolo), cir-condato da possenti mura sulle quali,dice la leggenda, si aggirano senza pacei fantasmi dell’antico proprietarioScarampo Scarampi e della moglieCamilla. Dall’alta torre quadrangolare lavista spazia sulle colline e sulle Alpi, conil Po in primo piano a indicare la via. E lavia conduce a Casale, con il suo castellorisalente alla metà del XIII secolo. Più re-cente è il Castello di Pomaro (XVII seco-lo), che fa capolino tra i vigneti oltreValenza. Il Monferrato è alle spalle, e igrandi affluenti hanno reso il Po definiti-vamente fiume.

Alessandra Cesare e Claudia Oreglia

Castelli e fortezze

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La fortezza sulla Rocca di Verrua. Foto di Toni Farina

Il Castello di Racconigi. Foto di Alessandra Longo

ABITARE

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LR

mitazioni imposte dagli eventi di pienae dai cambiamenti nella morfologia delcorso d’acqua. In tali ambiti a forte va-lenza naturalistica, questa coltura èconsiderata un’attività con un certo im-patto sul territorio. La pioppicoltura ri-chiede infatti lavorazioni del terreno etrattamenti fitosanitari mediante l’usodi prodotti chimici. Da alcuni anni tut-tavia, su iniziativa della RegionePiemonte, si sono messi a punto mo-delli colturali disciplinati per ridurrel’impatto ambientale. Queste tecnichesono alla base degli attuali sistemi dicertificazione forestale che i pioppi-coltori più sensibili alle problematicheambientali iniziano ad adottare, in-centivati anche dai risparmi colturaliche ne possono derivare e alla cre-scente necessità di materiale certifica-to richiesto dall’industria.Una ricerca finanziata dalla RegionePiemonte ha riconosciuto alla piop-picoltura un impatto inferiore allecolture agrarie tradizionali e, nel ca-so dei pioppeti adulti, ha evidenziatouna - seppur temporanea - valenzaecologica simile a quella degli am-bienti naturali. Questo ruolo, par-zialmente sostitutivo dei boschi ori-ginari, può essere potenziato con al-cuni semplici accorgimenti colturali.

Pier Mario Carabaglio

La pioppicoltura in Piemonte

Il Canale Cavour presso Casalbeltrame. Foto di Toni Farina

Da Noè a Cavour. Le acque dell’area vercelleseRaramente una regione geografica haalimentato e sostenuto così tanti legamisimbolici fra la sua vocazione idraulicae gli uomini che l’hanno assecondata,per secoli, sino a renderla un distretto produttivo fra i più particolarid’Europa. La pianura irrigua vercellesesin dai tempi di Strabone fu teatro dicontese fra i Libici ed i confinantiSalassi per questioni di acque sia peruso minerario, sia per uso agricolo.Con l’anno Mille, tale vocazione idrau-lica si fonderà efficacemente con i fon-damenti della Regula di San Benedetto.Il basso vercellese è “un’isola d’acqua”sia in termini di spazio sia in termini ditempo, e straordinaria appare, in unsimile scenario, la stretta continuità frale antiche Grange benedettine ed iprincipali artefici dell’Unità d’Italia.Alcune di esse (Leri, Montarolo,Montarucco) vengono utilizzate dalCavour come un vero e proprio labo-ratorio sperimentale per le innovativetecniche agrarie che lo statista intendeintrodurre nel Regno.Asse portante di questo enorme labo-

ratorio a cielo aperto fu il canale cheprese il suo nome. Prefigurato sin dal1633 da padre Bertone di Cavaglià, ri-proposto da Francesco Rossi nel 1840,fu progettato e realizzato dall’Inge-gnere Carlo Noè fra il 1863 ed il 1866.Venne inaugurato ancora senza l’appa-rato dei numerosi canali derivatori, ve-ra e propria “pianta senza rami” comeefficacemente lo definì Carlo Cattaneo.I canali furono aperti sin dal 1868, annoin cui la portata venne incrementatacon le acque della Dora Baltea median-te la costruzione del canale sussidiarioFarini. Fra le vicende risorgimentali cheebbero per teatro questo territorio, par-ticolarmente emblematica è proprio lafigura del Noè, ovvero il principale re-ferente professionale attorno a cui gra-vita la trasformazione della pianuravercellese. L’ingegnere fu infatti l’artefi-ce di una personale inondazione: lacreazione di quel lago non geograficocon cui l’esercito piemontese fermòl’avanzata degli austriaci verso Torinonel 1859.

Vito A. Lupo

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Infowww.populus.it/tapioca

La pioppicoltura riveste una notevoleimportanza nell’economia delPiemonte: coinvolge oltre 10.000 azien-de agricole e fornisce circa 200.000 me-tri cubi di legname all’industria del le-gno che produce pannelli compensatidi alta qualità. Circa 4.600 ettari, pari al38% della superficie coltivata a pioppoin pianura, sono localizzati nelle gole-ne dei fiumi, zone particolarmente sen-sibili e spesso inserite in aree protette,come avviene nel caso del Fiume Po.

Qui il pioppo trova condizio-ni particolar-mente favore-voli alla suacoltivazione,pur con le li-

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ABITARE

Filare di Pioppi. Foto di Pier Mario Chiarabaglio

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P de golfo marino che si insinuava nellapenisola dal Mare Adriatico. È cosìche si è formata la grande pianura, permigliaia di anni ricoperta da paludi eboschi a perdita d’occhio. Prima degliestesi tagli boschivi e delle bonifiche.Per vedere ancora frammenti che ri-cordino quegli ambienti arcaici, nonresta che seguire il Grande Fiume e isuoi affluenti. È infatti lungo le loro ri-ve che oggi sopravvivono lembi di na-tura inseriti in un paesaggio ricco distoria e tradizioni. Molti di questi lem-bi sono oggi protetti da parchi e riser-ve naturali.In Piemonte, come visto, l’intero corsodel fiume è salvaguardato da un siste-ma di aree protette, in Lombardia e in

Percorrendo in auto la PianuraPadana, lungo le autostrade Torino-Venezia o verso Bologna, si apre in-torno una grande pianura ricoperta dicampi, paesi, città, centri commercialie zone industriali a perdita d’occhio.Nulla ormai, se non quel poco che sistudia nei libri di scuola, consente dipercepire come si sia formata nel tem-po la Pianura Padana e come si pre-sentavano queste terre fino a pochecentinaia di anni fa. Dal finestrino del-l’auto non si vede quasi mai l’arteficedi tutto questo, eppure è stato proprioil Grande Fiume, il più lungo e impor-tante d’Italia, a depositare nel corso dimilioni di anni i detriti portati giù dal-le Alpi, colmando poco a poco il gran-

Emilia, se si esclude il delta, parchi e ri-serve naturali sono invece situati ingran parte lungo i grandi affluenti.Ticino, Adda, Oglio e Mincio.

Il TicinoEntrati in Lombardia si arriva a Pavia ealla confluenza del Ticino. Uno deiterritori più popolati d’Italia, dove pro-teggere le rive del fiume significa con-ciliare la difesa degli ambienti naturalicon le esigenze sociali ed economichedelle popolazioni. Una sfida difficile,la cui parola d’ordine è sviluppo sì, masostenibile. In particolare, una sfidaper l’amministrazione del Parco lom-bardo della Valle del Ticino, primoparco regionale d’Italia, nato nel lonta-

no 1974. Malgrado nei secoli l’ambien-te sia profondamente modificato, vo-lando sulle acque del Ticino fino aquelle del Po si osservano ancora nu-merosi boschi ripariali. Le grandi quer-ce, che un tempo ricoprivano con unagrande foresta tutta la Pianura Padana,lasciano spazio vicino all’acqua aipioppi e ai salici. Alcuni di questi bo-schi in riva al fiume, particolarmenteprotetti, ospitano centinai di nidi di al-deidi: aironi, nitticore e garzette. Non mancano altri tipici ambienti flu-viali, aree palustri e grandi greti di ciot-toli sui quali nidificano le sterne o icorrieri piccoli. Un discorso a partemeritano le risaie, un ambiente creatodall’uomo al quale si sono adattate

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Parco lombardo del Ticino. Foto arch. Parco Ticino lombardo

Il Canale Bogina, nel Parco Oglio sud. Foto di Fabrizio Malaggi

I parchi della Lombardia e dell’Emilia RomagnaStefano Camanni

GLI ALTRI PARCHI

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Nel Parco del Delta del Po emiliano. Foto di Toni Farina

moltissime specie di uccelli che vi tro-vano nutrimento e luoghi adatti alla ni-dificazione. La Valle del Ticino è unParco tutto da scoprire: oltre 400 chilo-metri di sentieri pedonali e ciclabili trac-ciati e segnalati ne consentono la visita.Nell’area meridionale, dove il fiume siincontra con il Po, è possibile percorre-re la ciclabile, non ancora interamentesegnalata, che da Bereguardo si avvici-na al Po, o visitare il Centro Parco“Cascina Venara”, che ospita il centroper la reintroduzione della cicognabianca, un sentiero didattico e un osser-vatorio per il birdwatching.

L’Adda, l’OglioDopo un tratto esclusivo in Provinciadi Pavia, superata Piacenza, dove si in-contrano alcuni meandri molto pro-fondi, il Po inizia a segnare il confine

fra Lombardia ed Emilia. Si arriva cosìalla confluenza con l’Adda, fiume inte-ramente protetto fino alle rive del Lagodi Como da due parchi distinti: il Parconaturale Adda sud e il Parco del Po edel Morbasco. Il primo è gestito da unConsorzio tra le province di Lodi eCremona e diversi comuni e offre tuttigli ambienti tipici delle aree fluviali,dai boschi ripariali ai greti di ciottoli,ambienti dove è l’avifauna a farla dapadrone. Mezzo ideale per la visita èsenz’altro la bicicletta, utilizzabile suisette percorsi individuati ognuno daun colore dell’arcobaleno. Il violettointeressa l’estrema zona meridionaledel Parco e permette di visitare la val-lata che si origina dalla confluenza conil Po, a pochi chilometri di distanza dalcitato Parco del Po e del Morbasco,piccola area protetta di interesse so-

vracomunale creata nel 1999 sulle rivedel Grande Fiume in corrispondenzadel comune di Gerre de’ Caprioli.Il parco, il cui paesaggio è profonda-mente condizionato dai secolari inter-venti di bonifica agraria, è diventatoper buona parte dei cremonesi unluogo da vivere nei fine settimana, perpasseggiate a piedi, in bicicletta e a ca-vallo. Il Comune ha posto particolareattenzione nel mantenimento delle te-stimonianze naturali, con la riqualifi-cazione forestale e la valorizzazioneambientale delle aree naturali e dellearee ripariali lungo il Morbasco e laMorta. Lasciata Cremona, si procede aoriente verso la confluenza con ilFiume Oglio.Poco prima però, nell’angolo nord-orientale della Provincia di Parma, abreve distanza dal Po, si incontra la

Riserva regionale di Parma Morta chetutela un ramo abbandonato delTorrente Parma. Negli ultimi secoli ilTorrente ha cambiato più volte percor-so prima di confluire, come avvieneoggi, nel Po all’interno della golenadestra, una lunga e sottile zona umidadi circa 5 chilometri, testimonianzadelle antiche dinamiche fluviali dellapianura. Una striscia di canneto, fittiarbusti e alcuni grandi alberi che se-gnano l’antico percorso del torrentecaratterizzano questo ambiente, pic-colo relitto di natura isolato tra i coltivie i pioppeti. Di grande interesse l’avi-fauna del canneto che annovera il ta-rabusino, un piccolo airone molto dif-ficile da osservare, e alcuni passerifor-mi come l’usignolo di fiume e il pen-dolino. Poco oltre si incontra l’Oglio,anche questo interamente protetto fi-

GLI ALTRI PARCHI

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no al Lago d’Iseo. Scendere lungo lesue rive è un’occasione - come si leg-ge dal sito web - per “Perdersi nellacampagna silenziosa o lungo gli arginidel fiume, in bicicletta, a piedi o a ca-vallo...“o percorrere il fiume in ca-noa... Muniti di binocolo e stivali, sco-prire angoli inaspettati di natura prati-cando birdwatching dagli osservatorifaunistici delle riserve naturali...Infine, vivere la quiete della campa-gna e degli antichi borghi storici dellapianura degustando i prodotti dellacucina tradizionale negli agriturismi,nelle trattorie e nelle feste popolari...”.E se tutto ciò non bastasse, poco anord della confluenza con il Po è pos-sibile visitare la Riserva naturale LeBine, che ospita percorsi di grande in-teresse per la flora e la fauna, osserva-bile dagli appositi capanni.

Il MincioNon lontano, prima di uscire dallaLombardia, si trova la confluenza conil Mincio. Il territorio protetto dal-l’omonimo Parco spazia dalle collinemoreniche, a nord, fino alla pianuraterrazzata e alle zone dei meandri delfiume dove si trovano splendide zone

Lombardia Parco lombardo della Valle del TicinoSuperficie: 91mila ettari, anno di istituzione: 1974Sede: Via Isonzo 1, Pontevecchio diMagenta (MI), tel. 02 972101, e-mail [email protected] internet: www.parcoticino.it Centro visite: Cascina Venara, aperto dalmercoledì alla domenica, tel. 338 6320830

Parco naturale Adda SudSuperficie: 24mila ettari, anno di istituzione: 1999Sede: Viale Dalmazia 10, Lodi (LO), tel. 0371 411129, [email protected] internet: www.parcoaddasud.it

Parco del Po e del MorbascoSuperficie: 500 ettari, anno di istituzione: 1974Sede: c/o municipio, via Roma – Boscoex Partigiano 7, Gerre de’ Caprioli (CR),tel. 0372 452322, [email protected] internet:www.parks.it/parco.po.morbasco/par.html

Parco Oglio SudSuperficie: 12.800 ettari, anno di istituzione: 1988Sede: Piazza Donatore del Sangue 2,26030 Calvatone (CR), tel. 0375 97254,e-mail [email protected]; Sito internet: www.parco.ogliosud.itCentro visite: Azienda agrituristica Le Bine, tel. 348 3850901

Parco del MincioSuperficie: 16.000 ettari, anno di istituzione: 1984Sede: Piazza Porta Giulia 10, 46100Mantova (MN), tel. 0376 22831, e-mail [email protected]; Sito internet: www.parcodelmincio.it

Emilia RomagnaRiserva regionale Parma MortaRegione: Emilia RomagnaSuperficie: 65 ettariAnno di istituzione: 1990Sede: c/o Comune di Mezzani, Stradadella Resistenza 2, Mezzani (PR), tel. 0521817131, [email protected] internet: www.ermesambiente.it

Parco del Delta del Po -Emilia RomagnaSuperficie: 53.653 ettariSede: Corso Mazzini, 200 - 44022Comacchio (FE) Tel: 0533 314003 e-mail: [email protected] Sito internet: www.parcodeltapo.it

Parco del Delta del Po -VenetoSuperficie: 12.592 ettari Sede: Via G. Marconi, 6 - 45012 ArianoPolesine (RO) Tel: 0426 372202 e-mail: [email protected] Sito internet: www.parcodeltapo.org

umide e il noto Bosco Fontana.Di grande valore il sistema di chiuse ecanali storici, nonché elementi archi-tettonici quali le ville risalenti ai tempidei Gonzaga. Da Mantova è possibilesalire su una motonave che percorre ilFiume fino al punto in cui si immettenel Po. Durante la navigazione si attra-versa la Vallazza, ambiente umido digrande interesse.

Il Delta del PoDopo Mantova il Po acquista tutta lasua grandezza. Il letto si allarga via viache ci si avvicina a Ferrara. Passata lacittà degli Estensi, il Po inizia a sepa-rarsi in due grandi rami, con il Po diGoro che si dirige a sud. È qui che inizia il grande Delta, dap-prima ricco di campi coltivati fruttodelle grandi bonifiche, ma che lasciaman mano spazio a zone paludose,canneti e aree fluviali di grande inte-resse naturalistico e culturale. Il Parco del Delta del Po, tra le più im-portanti e preziose aree naturali italia-ne, apprezzata dagli appassionati del-l’osservazione degli uccelli. Una de-gna conclusione del viaggio sulGrande Fiume.

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Aironi bianchi Nel Parco del Delta del Po. Foto di Toni Farina

GLI ALTRI PARCHI

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Un Po di libriMauro Beltramone e Paola Sartori

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Una selezione di volumi sul Fiume Po, compresi nel catalogo della Biblioteca delle Aree protette, consultabile sul sito:www.erasmo.it/parchipiemonte

PO CUNEESE

“La pietra di sole… e al-tre storie di un guarda-parco del Po” di RenzoRibetto - Fusta Editore.Sono racconti di fantasia,con maghi, fate, gnomi estreghe che si muovono

in una dimensione al di fuori del tempo manon dello spazio. I fiori, gli alberi, gli animalisono quelli del Monviso e del Po.

“Ricerche sugli ambientiacquatici del PoCuneese” a cura di G. B.Delmastro, A. Gaggino, P.M. Giachino, A. Morisi eM. Rastelli - Memoriedell’Assoc. Naturalistica

Piemontese - Vol. VIII. L’obiettivo del Parco èquello di migliorare la conoscenza degli eco-sistemi dei corsi d’acqua, laghi e zone umidepresenti sul proprio territorio.

PO TORINESE

“Atlante del Parco flu-viale del Po Torinese” acura di Ippolito Ostellino- Alinea. A 15 anni dall’isti-tuzione del Parco e a 10dall’approvazione delPiano d’area, si tenta un

bilancio di questa importante esperienza.

“L’infrastruttura verdedel Parco del PoTorinese” a cura diCarlo Socco - Alinea.Questo volume propo-ne un nuovo momentodi riflessione intorno al-

l’esperienza di gestione e tutela del territo-rio fluviale inserito nell’area protetta.

PO VERCELLESE-ALESSANDRINO

“Una vita sul Po”fotografie di CarloLenti e testi diBruno Gambarotta- Robotti &

Company. L’autore porta il lettore a vivereuna vera esperienza emotiva, poiché ogni fo-tografia trasmette emozioni. Comunicare leemozioni vissute, lasciando l’interpretazioneindividuale a chi sfogliando le pagine.

“Agricoltura e paesaggio”a cura di Luca Cristaldi eFranca Deambrogio - EnteParco. Le aree protette delPo e dell’Orba custodisco-no una natura inattesa alcentro della Pianura

Padana. Stimolare la scoperta del territorio,raccontandone le produzioni agricole, è il mo-tivo di questa pubblicazione.

GUIDE - ITINERARI

“Il Po dalla sorgente aldelta” di Roberta Ferrarise Riccardo Carnovalini -Touring Club Italiano.Il Po, la sua storia, le sueterre. Ecco cosa raccontaquesta guida, introdottada brevi saggi e “percor-sa” da 33 itinerari.

Corredano ogni itinerario la carta del per-corso e le informazioni che ne individuano laspecificità.

“Itinerari lungo il Po” diGiorgio Roggero eMirella Morelli - DeAgostini. Un’idea che ri-percorre un viaggio anti-co lungo le rive del mag-

gior fiume italiano. Alla scoperta dei rappor-ti tra le popolazioni alpine e padane con il Poe dei legami che uniscono la vita dell’uomoalla vita del fiume.

“Itinerari nel Parcodel Po” di MarcoPozzi - CDA Un viag-gio attraverso il terri-torio piemontese delParco del Po, lungo ilfilo conduttore del

primo tratto del più lungo fiume italiano, dalsuo sgorgare sulle pendici del Monviso..

“Piemonte. Il Parcodel Po” - Musumeci.Uno dei simboli dellanostra terra è il Po, ilGrande Fiume che faparte non solo delpaesaggio, ma anchedella cultura, della sto-

ria e della tradizione piemontese.

EDUCAZIONE AMBIENTALE

“Un Po di acque” a curadi Ireneo Ferrari e GilmoVianello - Diabasis. Il vo-lume analizza il bacinodel Po, l’attività dell’uo-mo volta a moderare ecogliere le opportunità

offerte dalle acque del fiume, la pianificazio-ne e riqualificazione degli ambienti fluviali.

STORIA

“Bevevamo l’acqua delPo” di Guido Borgna -Rotary Club diMoncalieri. Grazie alle te-stimonianze di barcaioli epescatori, tutti depositari

di preziose memorie tramandateci per lo piùoralmente e all’abbondante documentazio-ne storica, è stato possibile tratteggiare il ri-tratto millenario del Po.

FOTOGRAFIA

“La fatica per immagi-ni” di Dino Felisati -I.P.A.G. Ritorno alle ori-gini nel mondo conta-

dino di cinquant’anni fa: la stalla, le colture, lecase, le donne, le feste, le botteghe, il fiume etutto quanto si addensava intorno ad una vitaregolata dall’alternarsi delle stagioni.

“Cosa ti svela il Po” diLuigi Meroni e SergioLuzzini - Pubblinova.La visione e la lettura diquesto libro sono viva-

mente consigliate a chi si ostini a voler ricon-durre tutto alla dimensione dell'uomo, a chinon sia ancora disposto ad osservare gli ele-menti naturali con spirito nuovo.

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“Sistema delle Aree protette dellaFascia fluviale del Po”, questa la dicituraistituzionale del Parco del Po piemontese.Istituito nel 1990, si estende su una superficietotale di 35.674 ha.Il sistema comprende aree protet-te di varia tipologia:Riserve naturali: situate nelle zone amaggior rilevanza naturalistica (in particolarenelle zone di confluenza) sono finalizzate allatutela e allo studio degli habitat e delle specie

Riserve orientate: vi sono consentiti in-terventi colturali agricoli, pastorali e forestalicompatibili con la conservazione dell'am-biente naturale.

Zone di salvaguardia: hanno ruolo diaree di raccordo geografico-ecologico trale varie aree. Ospitano gran parte degli in-terventi di ripristino ambientale.

Aree attrezzate: collocate nelle areepiù antropizzate, o tradizionalmente utiliz-zate nel tempo libero, sono espressamen-te finalizzate alla fruizione pubblica.

La gestione è affidata a tre enti, individuati su base provinciale:Ente di gestione del Parco fluvialedel Po - tratto cuneeseSede: via Griselda 8, Saluzzo (CN)Tel. 0175 46505.E-mail: [email protected]/parco.po.cnSuperficie: 7.708 ha. Comuni interessati: 19Comprende 5 riserve naturali e 4 aree attrezzate.

Informazioni generali

Ente di gestione del Parco fluvialedel Po - tratto torineseSede: Cascina Le VallereCorso Trieste, 98 Moncalieri (TO) Tel. 011 64880. E-mail: [email protected]/parco.po.toSuperficie: 14.034 ha. Comuni interessati: 35Comprende 8 riserve naturali e 3 aree attrezzate.

Ente di gestione del Parco fluviale del Potratto vercellese/alessandrinoSede: Piazza Giovanni XIII 6,Valenza (AL)Tel: 0131 927555. - E-mail:[email protected] Operativa e Centro Visite:Cascina Belvedere, S.S. 494 Km.70, 27030 Frascarolo (PV)Tel: 0384 84676E-mail: [email protected] Superficie: 13.932 ha www.parcodelpo-vcal.itwww.parks.it/parco.po.al-vcComuni interessati: 23Comprende 5 riserve naturali e 1 area attrezzata.

Altre informazionisul Po piemontese sul sito:www.popiemonte.it


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