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092 NATcolor ridotto - naturalmentescienza.it · Fabio Olmi doc. Sc. Nat SSIS Firenze ... Marco...

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anno 22 • numero 2 • maggio 2009 trimestrale NATURALMENTE Fatti e trame delle Scienze Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CB PISA Un viaggio, due viaggi: Darwin - Lévi-Strauss: curiosità, incidenti, scoperte Maria Bellucci, Brunella Danesi La candela Elio Fabri Scienza e arte Tiziano Gorini Scimmie, uomo ed evoluzione del linguaggio Elisabetta Palagi Nicolò Stenone scienziato, neuroanatomico e santo Paolo Perrini Gazebo Fabrizia Gianni NATURALMENTE scienza Il polpo pignatta Giambattista Bello Come insegnare a chi (a scuola) non vuole imparare Rosalba Conserva Gracido... striscio... sibilo... salto Marco A. L. Zuffi Il verziere di Melusina Laura Sbrana Recensioni Adozioni in formato e-book Vincenzo Terreni Cari lettori La Redazione
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anno 22 • numero 2 • maggio 2009 trimestrale

NATURALMENTEFatti e trame delle Scienze

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Un viaggio, due viaggi: Darwin - Lévi-Strauss:curiosità, incidenti, scoperteMaria Bellucci, Brunella Danesi

La candelaElio Fabri

Scienza e arteTiziano Gorini

Scimmie, uomo ed evoluzione del linguaggioElisabetta Palagi

Nicolò Stenone scienziato,neuroanatomico e santo

Paolo PerriniGazebo

Fabrizia Gianni

NATURALMENTEscienza

Il polpo pignattaGiambattista BelloCome insegnare a chi (a scuola) nonvuole imparareRosalba ConservaGracido... striscio... sibilo... salto Marco A. L. ZuffiIl verziere di MelusinaLaura SbranaRecensioniAdozioni in formato e-book Vincenzo TerreniCari lettoriLa Redazione

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Hanno collaborato a questo numero

3. Un viaggio, due viaggi Charles Darwin, ClaudeLévi-Strauss: curiosità, incidenti, scoperteMaria Bellucci, Brunella Danesi9. La candelaElio Fabri14. Scienza e arteTiziano Gorini18. Scimmie, uomo ed evoluzione del linguaggioElisabetta Palagi Centro Interdipartimentale Museo di

Storia Naturale e del Territorio, Università di Pisa

21. Nicolò Stenone scienziato, neuroanatomico esantoPaolo Perrini Neurochirurgo Ospedale S. Chiara Pisa

26. Gazebo Il Tulipano, l’Olanda e la Tulipanomania(prima parte)Fabrizia Gianni34. Il polpo pignattaGiambattista Bello Biologo marino Mola di Bari

38. Come insegnare a chi (a scuola) non vuoleimparareRosalba Conserva doc. Lettere Roma

42. Gracido... striscio... sibilo... salto L’uovo, que-sto sconosciuto. Dalla parte di chi fatica tutto l’annoper farne tanti e di qualitàMarco A. L. Zuffi44. Il verziere di Melusina La quercia: di alcuni modidi cacciare nel querceto (parte nona)Laura Sbrana49. RecensioniJoachim Langeneck, Luciano Luciani, Daniele Mar-chetti, Laura Sbrana, Vincenzo Terreni58. Adozioni in formato e-book Siamo proprio sicuriche sia questa la strada giusta?Vincenzo Terreni63. Cari lettoriLa Redazione

Degli articoli firmati sono responsabili gli Autori

Fonti delle illustrazioniEmanuel Sweerts Early Floral Engravings All 11 Plantesform the 1612 Florilegium Edit by E. F. Bleier

NATURALMENTE anno 22 • numero 2 • maggio 2009 trimestrale

Spedizione: Poste Italiane SpA - Spedizione in abbona-mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CB PISAIscrizione al ROC numero 16383Direttore responsabile: Luciano LucianiSegretario di redazione: Enrico Pappalettere([email protected])Redazione: Sandra Bocelli, Francesca Civile, Brunella Da-nesi, Tomaso Di Fraia, Fabio Fantini, Isabella Marini, LuciaStelli, Vincenzo Terreni, Marco ZuffiProprietà: ANISN - Pisa c/o Museo di Storia Naturale edel Territorio, Via Roma, 79 - 56011 Calci (Pi)Impaginazione: Vincenzo Terreni([email protected])Stampa: La bottega della stampa, la Capannina, Lari (Pisa)Abbonamenti:- CC POSTALE: n. 95772273, per bonificiIBAN: IT10J0760114000000095772273,intestato a Associazione Nazionale Insegnanti Scienze Na-turali - Pisa- FINECO IBAN: IT53U0301503200000002514608,intestato a Terreni Vincenzo NATURALMENTE.Ordinario 20,00 euro, sostenitore 35,00 euro, Scuole, Asso-ciazioni, Musei, Enti ecc. 27,00 euro, biennale 36,00 euro,estero 40,00 euro; singolo numero 8,00 euro; numeri arretra-ti 12,00 euro; copie saggio su richiesta previo invio di 5 euroin francobolli per rimborso spese postali.Registrato il 25 febbraio 1989 presso il Tribunale di Pisa aln. 6/89Informazioni: www.naturalmentescienza.it 050/571060-7213020; fax: 06/233238204

Un ringraziamento particolare alle case editriciZANICHELLI e BOVOLENTAper l’aiuto alla realizzazione di questo numero.

CollaboratoriMaria Arcà Centro studi Ac. Nucleici CNR Roma

Maria Bellucci doc. St. Fil. L. Sc. Copernico Prato

Claudia Binelli doc. Sc. Nat. Torino

Luciana Bussotti doc. Sc. Nat. Livorno

Stefania Consigliere dip. Antropologia Univ. Genova

Luciano Cozzi doc. Sc. Nat. Milano

Elio Fabri doc. Astronomia Università di Pisa

Fabrizia Gianni doc. Sc. Nat. Ist. S. Carlo Milano

Tiziano Gorini doc. Lettere Ist. Sup. Livorno

Luciano Luciani, doc. Lettere Ist. Sup. LuccaAlessandra Magistrelli doc. Sc. Nat. Roma

Fabio Olmi doc. Sc. Nat SSIS Firenze

Piegiacomo Pagano ENEA Bologna

Marco Piccolino doc. Fisiol. e St. Scienza Università di Ferrara

Pietro Ramellini doc. Sc. Nat. L. Cl. Velletri

Laura Sbrana doc. Lettere L. Sc. Dini Pisa

Roberto Sirtori doc. Fisica ITIS Pisa

Marco Tongiorgi doc. Stratigrafia Università di Pisa

NATURALMENTEscienza

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Un viaggio, due viaggiCharles Darwin, Claude Lévi-Strauss: curiosità, incidenti,scoperte

MARIA BELLUCCI, BRUNELLA DANESI

Charles Darwin (1809 - 1882)1831-1836; PATAGONIA, FALKLAND, GALAPAGOS

L’antefattoNel 1829, durante la missione del Beagle nella Terra delFuoco, un gruppo di Fuegini rubò una barca a cinqueremi proprio sotto il naso del capitano Fitz-Roy chereagì al furto catturando alcuni ostaggi da restituire incambio della scialuppa. Siccome i fueghini preferironotenersi la lancia e gli ostaggi, dal canto loro, eranofelicissimi della nuova sistemazione, a Fitz-Roy nonrimase altra alternativa che portare gli ostaggi in Inghil-terra, nella speranza di poter tornare in Sud Americal’anno successivo, riportando gli indigeni in patria.Nell’estate 1831, il capitano ottenne il comando delBeagle per una nuova missione esplorativa e si mise allaricerca di un geologo in grado di fare i rilevamentinecessari. John Henslow (1), amico di Charles sin daitempi di Cambridge, convinto che per la missione cifosse bisogno di un naturalista a tutto tondo, scrisseprima al cognato zoologo Leonard Jenyns (2), che peròdeclinò l’invito; così, il 24 agosto, il professore scrissea Darwin: “...Ho deciso che a mio parere sei la personapiù qualificata... non perché pensi che tu sia un natura-lista rifinito ma perché sei bravo a collezionare, osser-vare e porre attenzione su qualunque cosa degna diessere notata nel campo della Storia Naturale.” (3)

Claude Lévi-Strauss (1908 - )1935-1939; MATO GROSSO, AMAZONIA

L’antefattoAveva intrapreso la strada dell’insegnamento, ClaudeLévi-Strauss, dopo gli studi giuridico-filosofici e ilsuperamento dell’agrégation in filosofia: divertito edentusiasta nel 1932, alla prima nomina nel liceo di Montde Marsan, ma già intristito a Laon, l’anno successivo,temendo una ripetitività che lo avrebbe condannatoalla noia. Fu una telefonata, ricevuta alle nove di unadomenica mattina dell’ottobre 1934, a indirizzare ilgiovane filosofo verso le scienze umane, consentendoal professore di liceo di diventare etnologo: all’altrocapo del telefono il direttore dell’École normale supérieure,Célestin Bouglé (1870-1940), lo invitava ad accettarel’offerta di una cattedra di sociologia presso Universitàdi Sâo Paulo, in Brasile, contattando prontamente, cioèprima di mezzogiorno, il famoso professore di psi-cologia Georges Dumas (1866-1946) incaricato di com-pletare la missione francese in quell’ Università, di cuiaveva patrocinato la fondazione (1).

... continua ...

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La candelaPiuttosto che maledire il buioè meglio accendere una candelaLao Tzu

ELIO FABRI

Come forse ho già avuto occasione di dire, sonoabbonato da lunga pezza (dal 1962) a SCIENTIFIC AME-RICAN. In tutti questi anni la rivista è molto cambiata, esono cambiato anch’io... Il risultato è che mentre unavolta leggevo ogni numero da cima a fondo, ora certinumeri neppure li guardo, e altri li sfoglio appena; leggoun articolo solo se per qualche motivo attira la miaattenzione. Nell’ultimo numero (aprile 2009) questa“fortuna” è capitata per due articoli: uno di cosmolo-gia, del quale non voglio parlarvi, e l’altro intitolato TheEvolution of Primate Color Vision (1). Questo sarà il miotema di oggi.Ho anche controllato se l’articolo apparisse su LE

SCIENZE, ma il risultato è negativo, almeno fino alnumero di aprile. C’è solo, nel sito internet, la notiziadi un esperimento descritto nell’articolo. Può darsi chela traduzione appaia in un numero futuro, ma nonposso contarci, e quindi cercherò di raccontare quelloche ho letto senza supporre nessuna conoscenza indi-pendente da parte di voi lettori, se non quelle sotto-stanti di biologia (in cui siete certo più ferrati di me).In realtà al tema della visione dei colori ho già dedicatoben tre puntate di questa rubrica, in anni ormai lontani:1996, 1997, 1998. Ma ora c’è qualcosa di completamen-te nuovo, che riguarda assai poco la fisica e moltoinvece la biologia; è quindi con una buona dose difaccia tosta che mi azzardo a scriverne. Come al solito,se mi scapperà qualche strafalcione (cosa quasi certa)mi farà piacere ricevere commenti e correzioni.Aggiungo ancora che ho cercato di documentarmi unpo’ meglio: infatti da un po’ di tempo gli articoli diScientific American sono piuttosto brevi e sommari,mentre rimandano chi volesse approfondire a sitiinternet o ad articoli su riviste specialistiche. In questocaso mi sono avvalso dell’aiuto di mia figlia Mara, cheè biologa e lavora al Dip. di Neuroscienze dell’Univer-sità di Ancona (è la mamma di Sofia: ricordate?). Mi hafatto avere copia degli articoli indicati (2), (3), (4), (5); liho letti, e non si può certo dire che abbia capito tutto...Questo per più ragioni che da un lato sono ovvie, madall’altro meriterebbero invece delle riflessioni a parte,che però mi porterebbero un po’ fuori strada. Quindime ne astengo, salvo per un punto.È certo ovvio che un fisico debba avere difficoltà acapire degli articoli specialistici di materia biologica (ecome vedrete, anche piuttosto interdisciplinari, purrestando sempre all’interno di quella che genericamentepossiamo chiamare “biologia”). Meno ovvia è una par-

ticolare difficoltà che ho incontrato, derivante non dallamia ignoranza in materia di concetti base, di strumenti,di tecniche sperimentali, ma da un modo di ragionarediverso da quello che mi è consueto, e che in certi puntimi riesce ostico; anche per la naturale concisione di unarticolo su SCIENCE o su NEURON, ma non solo perquesto. Non so spiegarmi meglio senza allungare ildiscorso, fare esempi, ecc.; quindi vi prego di acconten-tarvi di questo accenno non troppo perspicuo...Esaurite le cautele e le riserve, andiamo a incominciare.

* * *Tralasciando per brevità le forme di sensibilità croma-tica presenti in altri phyla, già se ci si restringe aivertebrati la varietà è grande. La maggior parte deimammiferi hanno tre fotopigmenti, uno (la rodopsina)nei bastoncelli e due nei coni; c’è però qualche specieche ne ha soltanto due, e la cosa notevole per il nostrodiscorso è che diverse specie appartengono ai primati,sottordine Strepsirrhyni (quello di cui fanno parte ilemuri). Leggo però che all’altro estremo ci sono i polli(Gallus gallus) che hanno ben sei fotopigmenti: la solitarodopsina nei bastoncelli, quattro pigmenti diversi inaltrettanti tipi di coni, e un sesto nella ghiandolapineale. Non mi pronuncio sulla funzione di quest’ul-timo, che certamente non può servire nel senso pro-prio, visto che quell’organo non riceve più direttamen-te stimoli luminosi; ma quanto ai quattro coni l’ovviadomanda è: che mondo a colori vedrà una gallina? Citornerò più avanti, ma non per le galline...

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Scienza e arteTIZIANO GORINI

Poiché la storia della cultura occidentale le ha costrettealla separazione, creando due mondi paralleli che quasisempre si ignorano, spesso si dispregiano, raramente siincontrano, pensare la relazione tra scienza e arteobbliga a incamminarsi in una sorta di no man land’sepistemologica, dove si è indotti a mettere in questionei fondamenti della conoscenza scientifica, che infatti siè fondata sull’antinomia scienza o arteL’antinomia è antica: si esplicitò con la filosofia plato-nica, che postulava una superiorità gnoseologica dellateoresi sulla prassi; si consolidò nel Medio Evo, entrola distinzione tra arti liberali ed arti meccaniche; sirinnovò in epoca moderna, sia pure in termini differen-ti rispetto al passato, dopo il breve momento rinasci-mentale. Nel Quattrocento infatti nasce l’immaginedell’artista-scienziato, perché si elaborano rigorosi ru-dimenti scientifici dell’attività artistica, grazie soprat-tutto a Leon Battista Alberti, che teorizza il caratterematematico della visione che consente una razionaleimitazione della natura, e Leonardo da Vinci, che allascientificità dell’arte aggiunge l’opera di indagatore esperimentatore. Ma questa convergenza si dissolse conl’incalzare della rivoluzione scientifica del XVII secoloche costrinse l’arte in un ruolo non gnoseologico, nonveritativo. Talvolta si è tentato di rivendicare nuova-mente quel ruolo: ad esempio il pittore Constable inuna conferenza del 1816 ebbe a dire che:La pittura è una scienza e dovrebbe essere esercitata come fosseun’indagine sulle leggi della natura. Perché allora la pittura dipaesaggio non potrebbe essere considerata come un ramo dellafilosofia naturale, di cui i quadri non sarebbero che gli esperimenti?Ma sono stati tentativi che nulla hanno potuto controla forza di un’ormai ben strutturata articolazione epi-stemologica e sociale del sapere in cui -un po’ parados-salmente- gli artisti romantici trovarono la consacra-zione bohemien del loro ruolo e del loro valore.Dunque di quella convergenza rinascimentale versoun nuovo modo di rappresentare la realtà, che portò gliartisti a ricercarne una raffigurazione rigorosa e pun-tuale che in larga parte coincideva con l’intento deimoderni scienziati, non rimase che un nuovo generepittorico: l’illustrazione scientifica. Sia perché gli studipittorici, soprattutto di anatomia, furono stimolo emodello per la ricerca scientifica, sia perché la diffusio-ne del libro stampato consentiva di integrare la comu-nicazione scientifica con immagini efficaci, dal ’500 inpoi buona parte delle opere di anatomia, zoologia,botanica e storia naturale si basarono sulle illustrazionidi artisti che cooperavano con gli scienziati. D’altrondel’illustrazione scientifica era in grado di descrivere e

spiegare più efficacemente del testo, anche perchémancava allora un linguaggio tecnico, ancora da for-marsi; ad esempio gli erbari, con le loro figure, spessoerano il solo modo per identificare una pianta. Esem-plare fu la “bottega” -benché questa definizione me-dievale sia riduttiva- del naturalista Ulisse Aldovrandi,a Bologna, come lo fu per la qualità del disegno ilfondamentale testo di Andrea Vesalio De corporis huma-ni fabrica.Ma è evidente che questa funzione didattica ed ermeneu-tica dell’arte, benché storiograficamente rilevante, nonlo è epistemologicamente, poiché non è in grado diintrodurre veramente nel retroscena dell’antinomia scien-za/arte; si tratta soltanto di una forma di cooperazionenata in un momento eccezionale che nel tempo, a causadell’invenzione della fotografia e della conseguente evo-luzione della multimedialità, si è esaurita.Piuttosto conviene analizzare quelle testimonianze incui talvolta alcuni scienziati esprimono sentimenti ditipo estetico. Queste testimonianza sono numerose;talvolta si tratta di racconti che comunicano semplice-mente il piacere ricavato dalla contemplazione dellabellezza naturale o la stupefazione per una scoperta,più spesso però esprimono un’esperienza più comples-sa, dove sentimento e teoresi si confondono, che inqualche modo è analoga a quella della produzione odella fruizione artistica.

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Scimmie, uomo ed evoluzione dellinguaggio

ELISABETTA PALAGI

L’infinito dibattito sull’evoluzione del linguaggio ten-de spesso a confrontare la capacità di parlare (del tuttoumana!) con le vocalizzazioni tipiche del mondo ani-male. Certamente la modalità vocale offre rassicurantiparallelismi, tuttavia recentemente si è cominciato adipotizzare che le prime schermaglie linguistiche tra inostri antenati non fossero vocali, bensì gestuali (Byr-ne, 2006). Questa interpretazione assume una partico-lare importanza se si tiene conto del fatto che illinguaggio gestuale, definito come “movimenti a sco-po comunicativo di mani, piedi o arti”, è limitato allasuper-famiglia Hominoidea (scimmie antropomorfe euomo). Tale dicotomia con gli altri primati suggerisceuno shift relativamente recente verso l’uso di strategiegestuali più flessibili e intenzionali da parte delle formepre-ominidi.A differenza delle vocalizzazioni e delle espressionifacciali, un singolo gesto può comunicare necessità ointenzioni molto diversificate in funzione del contestoin cui esso viene effettuato. Questo non significanecessariamente che non sia possibile estrapolare di-versi significati dalle “classiche” forme di comunica-zione, ma che i gesti sono meno legati a specifici statiemotivi e possono risentire quindi maggiormente di uncontrollo corticale rispetto ad altri tipi di comunicazio-ne, che invece trovano origine in un’altra zona cerebra-le e più precisamente nel sistema limbico (Pollick e deWaal, 2007). Goodall (1968) affermava che in assenzadell’appropriato stato emozionale (controllato da strut-ture antiche del cervello come sistema limbico e troncodell’encefalo) la produzione di vocalizzazioni era pra-ticamente impossibile nello scimpanzè.

L’ipotesi gestuale delle origini del linguaggio umano èanche sostenuta dalla comparsa di linguaggio gestualenei neonati prima che essi “imparino” a parlare e dallaforte lateralizzazione destra nell’uso delle mani sianegli umani che nelle antropomorfe. Nell’emisferosinistro dell’uomo ci sono due aree cerebrali che sonoassociate alle funzioni del linguaggio. La prima, l’area diWernicke, è la sede dell’integrazione delle informazio-ni visive, uditive e somatosensoriali, una sorta di cen-trale che raccoglie le informazioni multimodali. Laseconda, conosciuta come l’area di Broca, è la sede incui i segnali vocali vengono codificati in parole e frasi,processo fondamentale per la pianificazione e l’esecu-zione del linguaggio articolato.Nelle scimmie antropomorfe, l’area di Brodmann èallargata nell’emisfero sinistro ed occupa la stessa zonacorticale che nell’uomo viene occupata dall’area diBroca (Taglialatela et al. 2008). Indagini effettuategrazie a tecniche di tomografia computerizzata hannomesso in luce l’attivazione dell’area di Brodmann du-rante la produzione e percezione di gesti, ma non divocalizzazioni. Si suppone quindi che le strutture neuraliche sottendono ai movimenti manuali (compresi quelliper la costruzione di utensili) siano omologhe con learee lateralizzate del linguaggio (area di Broca e diWernicke) presenti nel cervello umano. Waters e Fouts(2002) hanno dimostrato che, negli scimpanzè, duran-te i movimenti fini delle mani è presente un numerosignificativamente maggiore di movimenti della bocca,movimenti che non vengono effettuati durante i mo-vimenti più grossolani degli arti.In un recente studio, Pollick e de Waal (2007) hannotrovato profonde differenze nell’uso del linguaggiogestuale tra bonobo e scimpanzè. I primi mostrano unrepertorio gestuale molto più articolato e complesso edanche un più alto livello di risposta quando i diversigesti sono usati in combinazione. Inoltre, le popolazio-ni di bonobo sembrano culturalmente più diversificatenell’uso dei gesti. Nonostante bonobo e scimpanzèsiano geneticamente equidistanti rispetto a H. sapiens,le schiaccianti differenze gestuali che li caratterizzanohanno indotto gli autori a proporre il bonobo comemiglior specie-modello per descrivere i prerequisitidell’evoluzione del linguaggio articolato.

... continua ...

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Nicolò StenoneScienziato, neuroanatomico e santo

PAOLO PERRINI

Resteremo sempre in una miserabileignoranza se ci accontentiamo di quelpoco di luce che gli Antichi ci hannolasciato e se gli uomini capaci di con-durre indagini non contribuiscono conil loro impegno, applicazione e studioper giungere alla conoscenza del Vero,che è il fine principale di tutti coloro chericercano sinceramente

dove studiò l’anatomia delle ghiandole sotto la direzio-ne di Frans de la Böe (Franciscus Sylvius) (1614-1672)e Johannes Van Horne (1621-1670). Franciscus Syl-vius, cui è attribuita la scoperta della scissura laterale,stimolò l’interesse di Stenone per l’anatomia del cervel-lo. Contemporaneamente, Stenone prese contatto connumerosi scienziati, fra cui Jan Swammerdam (1637-1680), Frederik Ruysch (1638-1731), Reiner de Graaf(1641-1673) e il filosofo olandese Baruch Spinoza(1632-1677). I suoi studi anatomici furono pubblicatiin Observationes Anatomicae (1662), un’opera rivoluzio-naria per la conoscenza della funzione delle ghiandoleesocrine. Seguendo gli insegnamenti del meccanicismocartesiano, Stenone ipotizzò che pori invisibili agisserocome setacci che rimuovono particelle di varia formadal sangue. Distinse inoltre fra ghiandole secernenti enoduli linfatici e scoprì i dotti lacrimali, asserendo chele lacrime sono secrete da ghiandole e non provengonodal cervello.Tornato a Copenhagen nel 1664, pubblicò De Musculiset Glandulis Observationum Specimen, dedicato al re daneseFrederick III. Il lavoro è un resoconto dei risultati dellesue scoperte anatomiche sui dotti, le ghiandole e imeccanismi muscolari. Stenone gettò le basi per unanuova miologia, fondata su un modello geometrico delmovimento dei muscoli e propose che questo fossecausato da un accorciamento delle fibre. Si trattava diuna teoria radicalmente nuova e rivoluzionaria rispettoall’idea prevalente che considerava il rigonfiamentocome il responsabile della contrazione; questa ipotesiera stata formulata da Cartesio (1596-1650), ThomasWillis (1621-1675) e Giovanni Borrelli (1608-1679)che seguivano l’assioma aristotelico secondo cui “qual-cosa che si muove deve essere mosso da qualcos’altro”.Stenone propose che la contrazione del cuore eracausata dall’accorciamento delle sue fibre e quindirespinse la teoria cartesiana secondo cui il cuore era ilcentro del calore (10, 11).

Nicolò Stenone, Discours sur l’anatomie du cerveau, 1669

Nicolò Stenone (1638-1686) o Nicolaus Stenonis, spes-so abbreviato in Steno, fu un grande anatomico primadi divenire un pioniere della paleontologia, della geolo-gia e della mineralogia. Per comprendere il suo pensie-ro e la sua sconfinata passione intellettuale per lascienza e la medicina, è opportuno un breve esamedella sua vita e dei suoi viaggi.Stenone nacque nel 1638 a Klareboderne Lane, aCopenhagen, non lontano dalla Torre Rotonda, unodei primi osservatori stellari in Europa (6, 7, 13). Ilpadre, Sten Pedersen, era orafo e gioielliere di corte. A10 anni Stenone fu ammesso alla Scuola di NostraSignora, dove ricevette un’eccellente educazione uma-nistica, studiò matematica e lingue. Nel 1656, iniziò lostudio della medicina sotto la guida di Thomas Bartho-lin (1616-1680) e Simon Paulli (1603-1680).Durante la Guerra con la Svezia e l’assedio di Copenha-gen (1658-1660) fu chiamato alla difesa della città.Nonostante le difficoltà, per Stenone questi anni diffi-cili furono di grande attività intellettuale, come ci rivelail suo diario scientifico pubblicato col nome di Chaos.Studiò a fondo numerosi autori, incluso AthanasiusKircher (1602-1609), Giovanni Keplero (1571-1630),Galileo Galilei (1564-1642), Blaise Pascal (1623-1662),Pierre Gassendi (1592-1655) e Marin Mersenne (1588-1648). Il diario ci informa anche sull’iniziale metodo diricerca del giovane Stenone che seppe valorizzarel’osservazione pratica di Peter Sørensen (Petrus Severi-nus, 1540-1602) e fu affascinato dal metodo cartesianofondato sullo “scetticismo metodologico” per ottene-re l’assoluta certezza.Nel 1660 lo scienziato decise di trasferirsi ad Amster-dam, per continuare a studiare sotto la guida dell’ana-tomico olandese Gerard Blaes (Blasius 1625-1692).Nell’aprile del 1660 scoprì il dotto secretorio dellaparotide, dissezionando la testa di una pecora. Il con-trasto con Blasius, a causa della paternità della scoper-ta, costrinse Stenone a spostarsi all’Università di Leida, ... continua ...

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GazeboIl Tulipano, l’Olanda e la Tulipanomania (prima parte)

FABRIZIA GIANNI

I bulbiIl tulipano è una Monocotiledone bulbosa della Fami-glia delle Liliaceae.In molte piante erbacee il fusto si trasforma in unorgano di resistenza capace di sopravvivere durantel’inverno, nascosto nel terreno. Esistono diversi tipi difusti trasformati per questo scopo come i rizomi, ituberi e i bulbi.Il bulbo è quindi un caratteristico organo sotterraneoformato da un fusto che ha la forma di un cortissimodisco, una specie di moneta, che porta da una parte leradici e dall’altra la gemma, completamente circondatada squame (foglie trasformate) ricche di sostanze diriserva.Tipici bulbi sono quelli della cipolla, del tulipano, delgiacinto. La parte aerea, che sta sopra il terreno, muorequando arrivano i primi freddi, ma il rizoma, il bulbo,il tubero sopravvivono sotto terra e riformano la parteaerea la primavera seguente utilizzando le riserve accu-mulate.I bulbi sono germogli assai raccorciati, il cui assecaulinare è breve, in genere verticale, e porta fogliesquamiformi e carnose in numero variabile (Fig.1).Gli internodi tra le foglie si allungano raramente e leradici avventizie si sviluppano dalla parte basale delfusto. La maggioranza dei bulbi delle monocotiledonipresenta l’inserzione concentrica delle foglie sulla bre-ve piastra del proprio asse.Il fusto, detto disco o girello, è molto corto e non crescemai fuori dal terreno.

Nel bulbo del tulipano tutte le foglie in cui si accumu-lano le sostanze di riserva sono cilindriche e non fannoparte di quelle che spuntano dal terreno, le quali sonoprodotte separatamente da una gemma terminale.Nell’ascella fogliare sono presenti delle gemme lateraliche possono dare origine a nuovi bulbi e germogli.D’inverno le radici avventizie si sviluppano dal fusto euna gemma terminale o laterale, a seconda della speciepresa in considerazione, comincia a farsi strada fuoridal terreno utilizzando il nutrimento immagazzinatonelle foglie carnose che di conseguenza avvizziscono.Durante la primavera, parte delle sostanze nutritiveche si sono formate nelle foglie, per es. nel narciso, sisposta verso la base delle foglie stesse che si rigonfianoe formano un nuovo bulbo all’interno del vecchio. Neltulipano e nella cipolla le sostanze nutritive non vannoalla base delle foglie, ma alle gemme laterali che sitrovano fra le squame circolari, cosicché, mentre legemme si ingrossano, due o più bulbi si formanointernamente al vecchio bulbo. Le foglie carnose delvecchio bulbo, una volta avvizzite, divengono squamesecche che circondano i bulbi di nuova formazione.L’anno seguente, quando i bulbi di tulipano germoglia-no, nel luogo in cui cresceva la pianta madre si svilup-pano più piante.La moltiplicazione vegetativa è un processo che impli-ca la morte localizzata di tessuti, così da isolare unaparte della pianta esistente che si distacca e radicaindipendentemente. Si possono avere zone ben defini-te di abscissione come avviene per il distacco deibulbilli (1) (Fig. 2, 3).Ognuna delle strutture morfologiche note come rizo-ma, stolone, stolone epigeo, bulbo-tubero, bulbo etubero, è soggetta a moltiplicazione vegetativa permorte e decomposizione dei tessuti più vecchi.

Fig. 1 a- Allium cepa, sezione longitudinale dell’intero bulbo;b- Allium sativum sezione longitudinale di una gemmaascellare (bulbillo) isolata del bulbo. FI: nomofillo, St:foglia squamiforme; Stl: foglia di riserva da A. Bell La formadelle piante Zanichelli 1998 ... continua ...

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Il polpo pignattaGIAMBATTISTA BELLO

Fig. 1 Femmina di Ocythoe tuberculata in visione dorsale (daJatta, 1896).

Il battesimo degli organismi mariniSono sempre stato affascinato dall’efficacia dei nomiassegnati dai pescatori agli organismi marini. E hosempre trovato divertente e stimolante confrontare inomi nostrani, sia locali che italiani, con quelli stranieriattribuiti ad uno stesso animale. Se ne potrebbe ricava-re un trattatello di psico-sociologia comparativa, nelquale dimostrare come nomi tanto diversi, imposti aduno stesso soggetto, scaturiscano da mentalità radical-mente diverse. Ad esempio, come spiegare il fatto cheil polpo pelagico panoceanico Ocythoe tuberculata siastato battezzato “polpo pignatta” dai napoletani (chis-sà quanti secoli fa) e football octopus dagli statunitensi? Ineffetti, il mantello di questo polpo è ampio, posterior-mente arrotondato e anteriormente troncato e piutto-sto svasato, al pari una di quelle pignatte d’altri tempi,che si sospendevano ad un uncino sul fuoco delcamino (Fig. 1). Di contro, la somiglianza col palloneovale da football americano (da noi meglio conosciutocome “pallone da rugby”), simmetrico e appuntito aentrambe le estremità, mi pare molto più stentata. Se nepotrebbe dedurre che i meridionali d’Italia, costante-mente assillati dalla fame, vedessero dovunque cibo estrumenti per cucinarlo, mentre i moderni nordameri-cani, soddisfacentemente nutriti, abbiano la testa rivol-ta al diporto sportivo. Ipotesi ardita!Per completare il discorso sui nomi di questo stupefa-cente animale, quello specifico, tuberculata, fu coniatonel 1814 da Rafinesque, poliedrico uomo di scienzafranco-tedesco con trascorsi siciliani, con riferimentoalla presenza sulla faccia ventrale del mantello di unasorta di rete di cordoncini cartilaginei dermici in rilievo,che qui e là protrude in tubercoli simili a bottoncini(Fig. 2); il dorso è, invece, liscio (Fig. 1). Infine, il nomeufficiale italiano di “polpo pignatta” fu scelto e impo-sto proprio per evocazione di quello napoletano (1).

Il polpo pignattaIpotesi ardita, dicevamo, ma adatta ad introdurre l’og-getto della terza puntata dedicata agli ottopodi olopela-gici del Mediterraneo. I due precedenti articoli hannotrattato dell’argonauta, Argonauta argo, (2) e del polpopalmato, Tremoctopus violaceus (3). O meglio, delle femmi-ne di queste specie, come pure alla femmina di Ocythoetuberculata è destinato questo pezzo. Come già accennatonel precedente articolo, anche il maschio di quest’ultimaspecie è nano. Di esso e dei maschi nani degli altriargonautoidei diremo nella prossima puntata.Fra i polpi olopelagici nostrani, la femmina del polpopignatta è quella che più assomiglia ai polpi bentonici,a noi tutti più familiari grazie alla loro accessibilità neimercati ittici. Il polpo pignatta, tuttavia, presenta unadiversa proporzione del mantello rispetto al cefalopo-dio. Il mantello, la cui contrazione consente l’espulsio-ne dell’acqua attraverso l’imbuto, è nettamente piùampio rispetto a testa e braccia che nel polpo comune;parimenti, anche l’imbuto è più ampio che negli altriottopodi (Fig. 3). La spiegazione è ovvia: si tratta diadattamenti alla vita nectonica, che consentono dispostarsi con efficacia nel mare aperto, giacché mantel-lo più ampio e più muscoloso vuol dire propulsione agetto più vigorosa. Come pure è ascrivibile agli adatta-menti all’habitat pelagico la colorazione mimetica,scura sul dorso e chiara sulla faccia ventrale (si vedaquanto già detto a tal proposito per il polpo palmato(3)). Ecco la bella descrizione fornita da Jatta (4): “Ilcolore predominante in questa specie è l’azzurro. Laregione dorsale è bluastra con riflessi ametistini; ècosparsa di numerosi cromatofori rosso-bruni […] Laregione ventrale è di color grigio perlaceo, con riflessiargentini.”

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Come insegnare a chi (a scuola) nonvuole imparare

ROSALBA CONSERVA

Data la premessa generale che gli esseri viventiapprendono sempre (nell’interazione con l’ambiente,qualsiasi organismo mette in atto strategie adattative),chiediamoci se l’apprendimento culturale (scolastico)è ‘naturale’, naturale come lo sono gli apprendimentiche regolano l’interazione con il mondo esterno -comelo è l’imparare a correre, a tutelarsi dagli accidenti, asalire su un albero, come lo è l’apprendimento dellalingua materna e così via. Una risposta convincente,pur se paradossale, è quella di Edgar Morin: gli esseriumani sono 100% natura, 100% cultura.In quanto creature viventi, bambini e ragazzi nonpossono non apprendere, ma possono non sapere onon volere apprendere quegli ‘artefatti’ della nostra cul-tura che noi chiamiamo ‘materie di studio’, vale a direi ‘contenitori’ entro cui storicamente abbiamo forma-lizzato il nostro sapere (chimica, storia naturale, storiadella letteratura ecc.). Infatti a scuola troviamo in moltiragazzi una certa resistenza ad accettare la particolaredisciplina che chiamiamo ‘studio’. Se questa resistenzaè diffusa (oggi specialmente, ma credo che la tentazio-ne di sfuggire ai doveri dell’istruzione accomuni igiovani di ogni tempo e di ogni dove), è legittimodomandarsi se studiare è davvero necessario.Gli esseri umani sono per natura ‘parlanti’, non ‘lettori’né ‘scrittori’. Le culture orali (ormai quasi tutte scom-parse) trasmettono le proprie ‘storie’ e la propriascienza attraverso l’oralità: non conoscono né pratica-no quello che noi chiamiamo ‘studio’. Studiare infatti-come sostiene Walter Ong (cfr. Oralità e scrittura, ed. ilMulino)- è una ‘invenzione’ e una necessità delle culturescritte, le quali hanno elaborato attraverso la scritturala loro ‘scienza’ e nei libri hanno depositato un ampioventaglio di conoscenze, che possono essere compresee riutilizzate (in modo critico o nozionistico) soltantocon procedimenti di applicazione (alle volte lunga eintensa, solitaria o collettiva). Allo studio si è avviati sinda piccoli, e tutti sono in grado di apprendere epadroneggiare non soltanto la tecnica della lettura edella scrittura, ma anche di operare passaggi dal con-creto all’astratto e viceversa, di formulare ipotesi, dimemorizzare e così via. Ciò tuttavia non garantisceche, proseguendo gli studi, tutti gli allievi siano capacidi leggere e capire testi di complessità più elevata -nelcontenuto, nel lessico e nella sintassi.Teniamo conto inoltre che la scrittura alfabetica èingannevole per la facilità del suo apprendimento: sipuò infatti leggere senza capire, una cosa che non è

possibile per le scritture non-alfabetiche. Insomma,studiare -e- capire richiede raccoglimento, quella sortadi ‘intimità’ che si realizza in condizioni speciali e a cuici si affeziona solo se se ne è fatta esperienza (nellatradizione borghese ‘lo studio’ è un luogo della casa, unluogo appartato).Le discipline scolastiche sono ciascuna disciplinate alloro interno in teorie, discorsi sulle teorie, linguaggisettoriali, procedure algoritmiche ecc., e richiedono -achi vuole imparare- una disciplina di tipo mentale cheinclude una disciplina fisica: applicarsi, prestare attenzioneai dettagli, ritornare sulle stesse cose, memorizzare,schematizzare ecc. richiedono uno sforzo mentale efisico. Perciò è importante l’essere (anche) in buonasalute, mangiare cibi sani (i bambini e i ragazzi malnutritistentano a imparare anche per questo motivo).

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Gracido... striscio... sibilo... saltoL’uovo, questo sconosciuto. Dalla parte di chi fatica tuttol’anno per farne tanti e di qualità.

MARCO A. L. ZUFFI

Gli animali che si riproducono mediante uova sonotanti, dai pesci sino ai mammiferi, almeno nelle speciedei gruppi meno evoluti (ornitorinco ed echidna tra iMonotremi). Fare un uovo o, meglio, deporre un uovoè fatto ben noto a molti, se non a tutti. L’uomo dellastrada, ma anche il lettore più erudito, potrà sicura-mente chiedersi perché occuparsi di questo argomentoe soprattutto a che serve scrivere di questo. Visto chela riproduzione ovipara è un sistema assai diffuso inmoltissimi Metazoi e in una grandissima parte deivertebrati, vale la pena soffermarsi un poco su cosa sisono inventati alcuni gruppi animali per migliorare eottimizzare la riproduzione mediante uova.

È necessario e importante essere chiari su un primoaspetto della riproduzione ovipara. Ci sono essenzial-mente due sistemi: poche uova o tante uova. Si parla distrategie di tipo K (poche uova) o di tipo r (tante uova).Chi fa poche uova in genere si occupa entro certi limitidi controllare che le uova siano deposte in luoghi sicuri,si occupa della loro cura, le cova in un nido (gli uccelli),se non le cova spesso fa la guardia al nido (alcuniserpenti, molti anfibi anuri) o all’area prospiciente ilnido (gli alligatori e i coccodrilli), le sposta di volta involta a seconda delle condizioni ambientali (anfibianuri), qualche volta se le mette in bocca (molti pesciossei) o nei polmoni (alcune specie di anfibi anuri) perproteggerle.

Primo casoIl Rinoderma di Darwin, un piccolo rospo del SudAmerica, produce un paio di uova solamente e, dopoche le uova si sono sviluppate in girini, il maschio liraccoglie e li ingoia, facendoli cadere nei polmoni,particolarmente sviluppati e caratterizzati nella parteterminale dall’assenza di parenchima respiratorio. Li fauscire ogni volta che si devono alimentare, ma soprat-tutto quando un potenziale pericolo si è allontanato. Lecure parentali di questa specie si protraggono perdiverse settimane di sviluppo sino a una dimensionetale da ridurre fortemente i rischi di predazione.Negli anfibi troviamo un’ampia serie di modelli e distrategie riproduttive. Gli Urodeli, molti dei nostritritoni europei per esempio, depongono sino a 100 epiù uova attaccando però le uova singolarmente apiccole piante acquatiche.

Secondo casoLa salamandra pezzata (Salamandra salamandra), invece,incuba all’interno del proprio corpo le uova sino allosviluppo delle larve e le depone (una sorta di parto) inacqua ancora nell’involucro dell’uovo. A contatto conl’acqua (normalmente in ruscelli di montagna) la larvarompe l’uovo e inizia a muoversi autonomamente.Popolazioni di alta quota di salamandra pezzata hannoevoluto una viviparità funzionale molto efficiente,riducendo il numero di uova-larve a favore di pochipiccoli (al massimo una mezza dozzina), che metamor-fosano all’interno del corpo materno e raggiungonoquindi maggiori dimensioni rispetto alle larve depostein acqua. Questi individui hanno pertanto maggioriprobabilità di sopravvivenza rispetto alle larve di pic-cola taglia.

Maria ArcàInsegnare Biologia

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Il verziere di MelusinaLa quercia: di alcuni modi di cacciare nel querceto (parte nona)

LAURA SBRANA

… solo rimanequalche piuma sull’ilice brinata…E. Montale

Come già abbiamo sottolineato, nei tempi antichil’Occidente era “un’immensa foresta, divorata poi unpo’ alla volta, nel corso dei secoli, da campi lavorati eseminati e dal peso demografico, enorme, del mondorurale... un’immensa selva di querce e faggi chelasciavano il posto agli abeti ed ai carpini verso il Nordo nelle montagne... ma questa foresta non era del tuttosimile a quella di cui noi conosciamo i residui: è nata oha ripreso vigore nel corso di un periodo fresco edumido al tempo dei Merovingi. Ora essa attenua con lasua estensione la tendenza climatica; in particolarel’evaporazione, considerevole per via delle piante afoglia, mantiene un’umidità più costante e precipitazionipiù abbondanti, permettendo, dunque, alla foresta disopravvivere e perpetuarsi, anche se le condizioniesterne si son modificate. In cambio, quando la forestaè distrutta (fuoco, dissodamento, bestiame), non siricostitusce spontaneamente, se non nelle regioni cheancora le son favorevoli: così le foreste sulle coste delMediterraneo si trasformarono in macchia, eccetto ilcaso di un’altitudine sufficiente”; l’interessanteosservazione è tratta da La vita quotidiana nel Medioevo diRobert Delort, un medievista che si occupa in particolaredi ecostoria, il quale prosegue: “ma la foresta “naturale”,anche nelle regioni dove è piena di vigore e si rigenerada sé, non conserva la medesima composizione: c’èuna lotta costante tra le diverse essenze, favorite, voltaa volta, da impercettibili sfumature climatiche su terrenituttavia simili. Si son potute studiare queste variazionidi composizione del manto vegetale in Occidentegrazie ai pollini trovati nelle torbiere, ed anche aitronchi interi conservati nel ghiaccio (Grindelwald) odentro la terra (foresta di Scisy a Dol)... Le variazionispontanee o lievemente influenzate dall’uomo nelpredominio di questa o quell’essenza, hannoconseguenze estremamente importanti… anche ilsottobosco varia radicalmente a seconda delle piantepredominanti: il faggio tollera pochissima varietà, laquercia ne accoglie moltissima. La composizione dellafauna vegetariana ne è direttamente influenzata e,quindi, anche quella della massa di carnivori chedivorano i vegetariani; infine quella dei supercarnivoriche vivono di prede esse stesse carnivore. Non èeccessivo considerare la copertura vegetale comel’elemento fondamentale del paesaggio, come il primodei fattori biotici che agiscono sull’uomo... La fauna

dell’Occidente era, perciò, leggermente diversa,qualitativamente, da quella che conosciamo, e laproporzione relativa delle specie, come il numero degliindividui che appartenevano a queste, era moltodifferente”.Il mondo antico, “come tutte le civiltà in strettocontatto con la natura, ha dato importanza considere-vole alla caccia” che era motivata non solo dall’esigenzae dalla volontà di procurarsi cibo, in particolare prote-ine, e materiali vari come pelli e pellicce, tanto usate nelvestiario, ma anche dalla necessità di “difendersi eproteggere le coltivazioni dai saccheggi compiuti daglianimali selvatici e tutelare animali da cortile e greggi”,inoltre, specie nel Medioevo e fino alla “invenzionedelle armi da fuoco che sconvolgerà le regole delcombattimento e della cattura della selvaggina… con iltorneo, la caccia era la miglior forma di preparazionealla guerra… Non sviluppava solo l’abilità e la resisten-za fisica, metteva anche in opera un vero e propriosenso strategico… (e), praticata come si faceva allora,sviluppava il gusto del rischio”.

D’argento cosparsa riposa la campagnae tace. Un cacciatore solleva il suo arco,il querceto stormisce e un’allodola s’innalza.Una seconda s’innalza e precipita.Il querceto stormisce. Un cacciatore sollevala sua preda e nel mondo irrompe il giorno.

H. Hesse

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Sylvie CoyaudLa scomparsa delle apiEd. Mondadori, Strade blu, 2008, pagg. 231

∗Clara Stefanangela OrsoliniCucinando e impastando. Usando il forno alegna … e non soloCapannori Trentanni, 2008, (s.i.p.)Cibi per mangiatori lenti e sapienti

∗Edoardo Boncinelli, George CoyneL’universo e il senso della vitaSan Paolo, Torino, 2008

∗Autori variLe erbe selvaticheDebatte editore, Livorno 2009, pagg. 251

∗Gianfranco Barsotti, Roberto NannoniGuida naturalistica del promontorio di Piom-bino e del golfo di BarattiUomonatura, Pacini Editore, Pisa , pagg. 160

Recensioni Siniscalco, Bolletta, Mayer, PozioLe valutazioni internazionali e la scuola italianaIdee per insegnare Zanichelli, 2008

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Non ho mai avuto un bambino......ma se ho capito bene...ci vogliono nove mesi per completare il download!

Adozioni in formato e-bookSiamo proprio sicuri che sia questa la strada giusta?

VINCENZO TERRENI

In Inghilterra fa discutere la proposta di un nuovocurriculum che fa esplicito riferimento allo sviluppo dicompetenze nel campo dei social media: durante i cinqueanni di educazione primaria, i bambini dovranno ac-quistare familiarità con podcasting, blogging e saper utiliz-zare Wikipedia e Twitter come fonti di informazione.Inoltre dovranno essere fluenti nella scrittura al com-puter così come nell’utilizzo di software di spelling e auto-correzione, oltre che nell’utilizzo di strumenti comeFacebook e altri social networks. Gli esperti e i politici sonoconvinti che, se non si avvia un vasto programma di“alfabetizzazione digitale”, si rischia una divisioneprofonda tra chi sa utilizzare i moderni strumenti diinformazione e comunicazione e chi rimane escluso dauna cittadinanza attiva. È chiaro che si è scatenata lapolemica, ma è probabile che la eterna ingessatura dellascuola spartita in materie fisse e immutabili sia defini-tivamente arrivata al capolinea in buona parte delmondo civilizzato. Ma la storia, la letteratura, le cono-scenze di base, come si farà ad acquisirle se i ragazzistaranno sempre a giocare con il pc? I ragazzi starannosempre a giocare se non ci sarà una strategia fondata susolide conoscenze e chiara volontà di mostrare a checosa realmente serve un pc. Certo può essere ancheuno strumento di svago, ma fondamentalmente è lastrada più veloce e potente per la diffusione dellaconoscenza e questo la scuola, la nostra in particolare,non sempre è riuscita a farlo capire e praticare. In Italiapoi l’informatica è diventata in breve un’altra materiachiusa in sé, che non ha quasi niente a che vedere conl’uso della macchina come strumento di conoscenza,ma che spesso è riuscita a disorientare i ragazzi stessi chehanno dovuto faticare per trasformare, grazie a compli-cati programmi, il calcolatore in una calcolatrice.Sarebbe utile fare un sondaggio tra gli insegnanti persapere quanti di loro sanno cosa sono e come si usanostrumenti come wikipedia, twitter, e blog. Inoltre sarebbeinteressante conoscere quanti di loro leggono quoti-diani direttamente in rete, svolgono le loro relazioniutilizzando il pc e comunicano con la scuola via e-mail.E naturalmente sapere quanti dirigenti usano quel pcche fa bella mostra di sé sulla loro scrivania. Così, anaso, è difficile credere che siano la maggioranza e nonè giusto prendere come esempio la giustificazione diuna collega che, non rispondendo alla posta elettroni-ca, attribuiva la responsabilità del momentaneo blackout alla mancanza di toner nell’ufficio del marito.

Wikipedia nel nostro Paese è stata più criticata cheusata, eppure ha lo stesso valore rivoluzionario del-l’Encyclopédie di Diderot! È frutto di contributi volonta-ri controllati da gruppi di esperti di alto livello. “Imma-gina un mondo in cui ogni singola persona del pianetaabbia libero accesso alla totalità delle conoscenze del-l’umanità” invita Jimmy Wales fondatore del progettonel 2001; il sito è diventato in breve uno dei 10 piùvisitati nel mondo.Spesso si sentono ripetere sigle che in breve divengonorumore di fondo con l’invito giornaliero, ripetuto adogni edizione, di scaricare il contenuto di un insulsogiornale radio usufruendo del servizio di podcasting che“permette di scaricare (sul proprio personal computero sul proprio lettore Mp3 portatile) un’intera puntatadi un programma radiofonico consentendo un ascoltolibero da orari e palinsesti”; ma quanti sono in grado difarlo, ammesso che ne valga la pena?Le statistiche non dicono quanti pc ci sono per famigliae soprattutto non dicono a cosa servono queste mac-chine, da chi sono usate e per fare che cosa. In treno sivedono molti portatili aperti su fogli elettronici, mamoltissimi anche utilizzati come riproduttori video:forse sono gli stessi che guardano un film dopo averlavorato durante il viaggio. Ma quante famiglie hannoacquistato il pc proprio per il figlio che studia senza chei genitori sappiano realmente come fare ad usarlo e sifidano del settaggio automatico per impedire l’accessoai siti sconsigliati ai ragazzi? I ragazzi, se sono unminimo svegli, dopo poco saltano ogni ostacolo senzache i genitori siano in grado di controllare proprioniente.

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Allora tanto vale dirci che il “re è nudo”! Che la scuolanon è in grado di guidare la formazione, ma solo diriproporre stancamente quello che la tradizione hatramandato: le materie e la trasmissione orale dellaspiegazione dell’insegnante (anche quello di Informa-tica). È difficile che in Italia questa discussione siaaperta in tempi utili. Ora siamo allertati sui pericoli delbullismo e sulle soluzioni per contenere l’eccessivaesuberanza. In pratica si accetta che la distanza trascuola e mondo esterno cresca sempre di più fino a fardiventare il cancello scolastico come l’accesso ad unmondo autonomo, popolato più di incubi e orchi chedalla coltivazione di sogni e legittime aspettative e dallacostruzione di strumenti per attuarle. Nella scuolatutto diventa diverso e gira attorno ai docenti che nonsfuggono nemmeno alla personalizzazione delle disci-pline da loro insegnate: “... sì lo so che non è vero, malei lo vuole così altrimenti dà quattro!” E allora vengo-no fuori le Chimiche, le Biologie, le Storie...: unpluralismo di realtà che allontana dal mondo e dallacredibilità della cultura. Si discorresse meno e si stessepiù a sentire quel che hanno da dire i ragazzi forse gliinsegnanti riuscirebbero ad insegnare meglio, ma c’è ilprogramma… Ma troppo spesso il programma rimaneun foglio firmato inserito in una cartella che nessunoaprirà mai e che attesta al massimo quello che un profsi proponeva di fare.Quali sono le novità nostrane? Uno dei consigli diclasse inevitabili è quello dedicato alla scelta dei libri ditesto. Nelle intenzioni dei primi innovatori della scuolapubblica dopo Gentile, si voleva trasformare un ap-puntamento burocratico, di solito affidato al liberoarbitrio del docente, in una trattazione assembleare incui i genitori acquistavano finalmente voce e potere.Dopo appena alcuni decenni i più accorti si sono resiconto che i genitori, in quanto tali, non possedevano,nel genoma, nessuna competenza che potesse risultareutile nella scelta del libro di testo non solo di letteraturalatina, ma financo del sussidiario.Dopo quindi quei nano secondi dedicati ai convenevo-li d’obbligo (... ho tentato di sentire gli altri genitori, ma nonho trovato nessuno…) si passa alla lettura delle “propo-ste” dei docenti, accompagnate da cenni d’assenso deigenitori caratterizzati dal un ritmico ciondolio delcranio sull’atlante. Dopo anni di questo rito, conclusoin forma solenne dal collegio dei docenti che approva-va tutto l’intera lista, tra manifestazioni di giubilo e dieffluvi dovuti al caldo incipiente, ci si è resi conto che:a) i libri sono carissimi e tutti gli anni aumentano diprezzo;b) tutti gli anni escono nuove edizioni dello stessolibro con una permutazione in classe n degli n capitolicon conseguente impossibilità di raccapezzarsi in quel-lo che il fratello aveva adoprato l’anno prima;

c) il rapporto testo/illustrazioni tende a zero fino a fardiventare i libri scolastici sempre più vicini ai fumetti;d) gli insegnanti continuano a: dettare/fotocopiare/consentire-consigliare la libera circolazione di appuntisostitutivi del libro che pertanto -in molte occasioni-rimane a casa;e) gli zaini, in grado di contenere tutta l’attrezzaturanecessaria per una scalata in solitaria sulle più alte vettedell’Himalaia, vengono sistematicamente riempiti daigiovani virgulti con ogni genere di accessori di soprav-vivenza, tra cui perfino alcuni libri, rendendo l’insiemetalmente pesante da trasformare la colonna da una “s”a una “z”.Quest’anno il Ministero ha emanato una circolare (1)

con qualche novità che rimette in discussione l’esisten-za stessa del libro di testo tradizionale. Nei paragrafi 1,2 e 3 ci sono considerazioni sulle novità necessarie neilibri di testo e il riferimento ad un accordo con l’AIE(Associazione Italiana Editori) che merita di essereconosciuto. Nella circolare si fanno considerazioni suilibri di testo e sulla possibilità che questi diventino unostrumento che “senza sminuire la funzione del tradi-zionale volume cartaceo, possa tuttavia integrarla in unprocesso di sinergia virtuosa: tanto più che si tratta distrumenti con i quali le nuove generazioni hanno uncrescente rapporto di familiarità o addirittura di empa-tia”. Poco più avanti: “Sono infine ormai sempre piùdiffuse presso le istituzioni scolastiche le buone prati-che di offrire nei propri siti ufficiali appositi spazi neiquali i docenti mettono a disposizione degli allievi testidi riferimento, dispense, commenti, questionari ecc.(oltre l’80% delle scuole utilizza, occasionalmente osistematicamente, il collegamento alla rete internet perla didattica)”.Tra i criteri di scelta dei libri di testo occorre tenerepresente: il peso eccessivo e, per la secondaria, unequilibrio ponderato tra qualità e costo. Le adozionisono bloccate cinque anni per la primaria e sei per lasecondaria.La novità assoluta è la “progressiva transizione ai libridi testo on line o in versione mista a partire dalleadozioni relative all’anno scolastico 2009/2010 in rela-zione alla disponibilità di proposte editoriali. A partiredall’anno scolastico 2011-2012, il collegio dei docenti

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Cari lettori, è centrato sul lungo articolo di Giuseppe Longo ePierre-Emmanuel Tendero L’alfabeto, la Macchina e ilDNA. L’incompletezza causale della teoria della programma-zione in biologia molecolare, accompagnato dalle riflessio-ni di Luciano Cozzi, Giuseppe Barbiero, AlessandroMinelli, Marcello Buiatti, Fabio Fantini.All’incontro sono stati invitati abbonati e collaboratorie ha rappresenteto anche una festa per la rivista. Inquella sede è stata inoltre presentata la nuova raccoltadigitale dei numeri usciti fino a tutto il 2008.Una vera novità editoriale è costituita dal libro di MariaArcà Insegnare la Biologia. Si tratta di un’esperienza, pernoi, senza precedenti: Maria Arcà ha donato a NATU-RALMENTE il testo e le illustrazioni di un libro dididattica della Biologia rivolto agli insegnanti dellascuola dell’obbligo. Sono 160 pagine di riflessioni,proposte, documentazione di esperienze didattiche,arricchimenti disciplinari e bibliografia ragionata cheriempiono un vuoto storico nella -non ricchissima-offerta in un settore della pubblicistica che non puòrimanere ancora a lungo sguarnito, se si tiene veramen-te alla qualità della nostra scuola.Tornando al sito, abbiamo intenzione di pensare in unmodo diverso la rivista, come non saremmo mai ingrado di pensarla se la mantenessimo solo di carta:vorremmo che fosse il terminale di un cantiere dilavoro dotato di una sua autonomia, che accolgamateriali e punti di vista più numerosi, diversificati etempestivi rispetto a quelli che possono essere pubbli-cati trimestralmente, con l’obbiettivo di instaurare unacircolazione virtuosa fra NATURALMENTE di carta eNATURALMENTE web. I tempi e la minore rigiditàconsentiti dall’esistenza del sito dovrebbero permet-terci di riflettere sulle cose in modo più aperto eincondizionato. La riflessione, il dibattito, l’approfon-dimento non saranno immediatamente legati alla ne-cessità di scrivere articoli per la rivista di carta, con lesue scadenze rigide, ma avranno valore e interesseautonomo potendo dedicare un’attenzione meno rare-fatta e più puntuale ai problemi che vogliamo affron-tare. Potrebbe apparire un’ovvietà, ma non lo è se sipensa che molte riflessioni, confronti e approfondi-menti non sono stati finora neppure tentati, perché nonsarebbero stati comunque adatti a tradursi in paginescritte di NATURALMENTE. L’arricchimento del sito sirifletterà tuttavia inevitabilmente sulle pagine dellarivista.L’offerta sul sito potrà essere molto più ampia econtinua di quella realizzabile dalla rivista di carta, ecreare un rapporto con lettori e collaboratori, regolarie non, capace non solo di darci il polso dell’opinionedei lettori, ma anche di raccogliere stimoli in direzionipotenzialmente molto diverse da quelle battute fino adora.

La Redazione

avrete notato che il logo di “Felici” è scom-parso, sostituito da Naturalmentescienza, un logo nuovo dizecca, senza alcuna tradizione: esso è semplicemente ladiretta espressione di chi dirige e possiede la rivista.Non è che dopo 22 anni di uscite regolari, fiaccati dagliacciacchi dell’età, pensiamo di rendere più frizzantel’esistenza cambiando Editore a ogni cambio di stagione!Al dott. Felici, che ci ha edito per sei numeri, va lanostra gratitudine per averci sostenuto in un momentodi difficoltà e di ripensamenti, con pazienza e gentilez-za, ma a questo punto abbiamo deciso di imboccareuna strada che crediamo più vicina ai nostri interessi eche ci consente una maggiore agilità d’azione.In tutti questi anni il nostro obiettivo essenziale non èstato tanto quello di raggiungere un numero di lettorie di abbonati di un ordine di grandezza superioreall’attuale, ma piuttosto quello di riuscire ad assicurarela regolarità delle pubblicazioni, levandoci anche qual-che soddisfazione. E questo continuiamo a conside-rarlo un obiettivo legittimo e credibile. Oggi, grazie all’esperienza degli anni passati, e a una maggioredisponibilità di tempo per molti di noi, possiamopensare di allargare il nostro campo d’azione all’inter-no di quello che è sempre stato l’orizzonte del nostroimpegno culturale, confortati anche dalle molte cono-scenze e collaborazioni spontanee che ci hanno arric-chito nel tempo. Lo scopo è quello di consolidare larivista di carta con una serie di attività non semplice-mente accessorie, ma che, attraverso la loro vita auto-noma, possano contribuire a potenziare e diffondereNATURALMENTE.Da qualche mese stiamo sperimentando il sito,www.naturalmentescienza.it. Il nome sembra lungo,ma si ricorda facilmente; avremmo preferito chiamarlosolo con il titolo della rivista, ma era già preso, con tuttele estensioni possibili, e allora abbiamo aggiunto scienzaanche per ricordarci che questo resta l’ambito checonsideriamo principale. La grafica è semplice e line-are. Quanto ai contenuti, vorremmo fossero ricchi edinamici con il concorso di tutti i lettori e i consigli deivisitatori. Sarà possibile fare direttamente le operazio-ni di abbonamento e di rinnovo, insieme all’acquisto dialtri prodotti che stanno per uscire.Il 23 maggio, presso La Limonaia di Pisa, abbiamoorganizzato la festa di compleanno per i 90 anni diPietro Omodeo, cercando di offrire informazioni espunti di riflessione sulla storia della Biologia e suipossibili prossimi sviluppi. Vorremmo che fosse un’oc-casione anche per discutere sugli argomenti affrontatinel numero speciale della rivista, dal titolo Oltre ilDNA? che verrà inviato a tutti gli abbonati. Il numero

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