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BENEDETTO - Oratorio San Paolo Rho parrocc/2013/Grazie... · GRAZIE BENEDETTO MARCOTARQUINIO bbiamo...

Date post: 10-Jul-2020
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Non può essere venduto separatamente dal numero odierno del quotidiano Poste Italiane Sped. in A.P. DL 353/2003 cov. L. 46/2004, art. 1, c1, DCB Milano Supplemento ad Avvenire del 24 febbraio 2013 opo l’inattesa rinuncia di Benedetto XVI che ha commosso la Chiesa e il mondo, affiorano d’impulso ricordi e sen- timenti. Anche nel mio animo si affollano pensieri e immagini, gesti e parole che han- no segnato il mio servizio alla Chiesa e, in- nanzitutto, la mia vita di credente. In quan- to cardinale e come presidente della Cei, ho avuto la grazia e la gioia di poterlo in- contrare più volte. Ogni volta, sentivo che il carisma petrino di confermare la fede mi aveva segnato. E quanto più l’attenzione affettuosa sulla Chiesa che è in Italia, e la mitezza della sua parola erano visibili, tan- to più la conferma era chiara e vigorosa. Rincuorava il cammino con il calore della sua paternità universale e sollecitava nel- la verità del Vangelo da vivere con radica- lità e da annunciare con gioia. Se posso o- sare, mi ha da subito colpito la libertà in- teriore di quest’uomo venuto dal nord, che Cristo aveva scelto come Successore di Pie- tro. Una libertà - pensavo - possibile solo quando il cuore batte con quello di Dio e non si ha nulla da affermare di sé. La di- screzione del tratto, la naturale riservatez- za sembravano il desiderio di distogliere l’attenzione dell’interlocutore dalla sua persona: come un dito puntato su Cristo. L’urgenza di annunciare che Gesù è il Si- gnore della vita e della speranza, infatti, è l’urgenza che ha ispirato tutto il suo pon- tificato. L’annuncio in un mondo che cam- bia vorticosamente, fino a voler ridefinire i fondamenti dell’umano, richiede una fe- de pensata capace di parlare alla moder- nità con serena chiarezza. I suoi interven- ti - dalle omelie ai discorsi, dalle encicliche ai libri - sono un esempio di amore, di lu- cidità di pensiero e di metodo, a cui guar- dare come luminoso riferimento per con- tinuare nel dialogo con l’uomo contempo- raneo. Egli è alla ricerca - magari incon- scia - del senso ultimo del vivere e delle ragioni del credere con le sue implicazioni morali. L’emozione con cui viviamo la decisione u- mile e ferma di Benedetto XVI si associa a un profondo senso di riconoscenza per il suo ministero a servizio della Chiesa e del mondo. Vorremmo che il Santo Padre sen- tisse ora, più forte che mai, l’abbraccio dei Vescovi italiani. Insieme alle loro comunità, si stringono a lui con affettuosa gratitudi- ne per l’esempio, e per la parola segnata dall’autorità di Pietro e dalla dolcezza di Benedetto. © RIPRODUZIONE RISERVATA D NULLA PER SÉ TUTTO PER CRISTO ANGELO BAGNASCO I pilastri della cattedrale GRAZIE BENEDETTO MARCOTARQUINIO bbiamo imparato ad ascoltare e ad amare Joseph Ratzin- ger, il nostro Papa Benedetto XVI, come uomo di fede e di ragione, innamorato di Cristo e, perciò, saggio cercatore e di- fensore della verità profonda che unisce e fa bella e degna la vi- ta degli uomini e delle donne. Per questo, spesso e con ammi- razione, anch’io mi sono ritrovato a pensare a lui come a un grande "costruttore di cattedrali". Un costruttore gentile e for- te, che s’è messo all’opera senza paura in anni segnati dai di- struttori che hanno insanguinato il cuore del Novecento, che hanno raggelato di vuoto e di terrore i decenni del dopo-ato- mica, che hanno preteso di fare dell’«io» il nuovo «dio». Un co- struttore lucido e paziente, capace della perizia e della gioia, dell’onestà e dell’assoluta pulizia necessarie per tenere aperto, nel tempo e nella città dell’uomo, il cantiere infinito della "ca- sa" di Dio e del "cortile" di civiltà, offerto a tutti, che le sta sem- pre accanto. Un costruttore così consapevole dell’importanza di coronare l’opera – per Colui al quale è destinata, e per la co- munità che ha guidato per anni nella bella fatica – da coronare di rinuncia e silenzio la propria dedizione, consegnandosi al la- voro cristiano più prezioso e nascosto, quello della preghiera. Passano i giorni, e la scelta del Papa continua a toccarci nel profondo, a commuoverci, a scuoterci. E fa risaltare il nitore e la saldezza dei pilastri della "cattedrale" che Benedetto XVI ha costruito con noi e per noi e che ci chiama a continuare a co- struire secondo il piano del Padre e con infinito amore per l’u- manità che il Figlio ha fatto per sempre sua. Qui, oggi, rac- contiamo di tutto questo. E per tutto questo, semplicemente, diciamo grazie. © RIPRODUZIONE RISERVATA A Interventi di Francesco Botturi, Joseph Weiler, Carlo Cardia, Elio Guerriero, Pierangelo Sequeri, Davide Rondoni, Stefano Zamagni, Enzo Bianchi, Salvatore Mannuzzu, Francesco Totti, Paolo Portoghesi, Antonia Arslan, Pupi Avati Interviste a Walter Kasper, Monique Baujart, Jeffrey Lena, Bartolomeo I, Rowan Williams, Samir Khalil, Riccardo Di Segni
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Avvenire 02/27/2013 Page : S01

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Non può essere venduto separatamente dal numero odierno del quotidianoPoste Italiane Sped. in A.P. DL 353/2003 cov. L. 46/2004, art. 1, c1, DCB Milano

Supplementoad Avvenire del24 febbraio 2013

opo l’inattesa rinuncia di BenedettoXVI che ha commosso la Chiesa e il

mondo, affiorano d’impulso ricordi e sen-timenti. Anche nel mio animo si affollanopensieri e immagini, gesti e parole che han-no segnato il mio servizio alla Chiesa e, in-nanzitutto, la mia vita di credente. In quan-to cardinale e come presidente della Cei,ho avuto la grazia e la gioia di poterlo in-contrare più volte. Ogni volta, sentivo cheil carisma petrino di confermare la fede miaveva segnato. E quanto più l’attenzioneaffettuosa sulla Chiesa che è in Italia, e lamitezza della sua parola erano visibili, tan-to più la conferma era chiara e vigorosa.Rincuorava il cammino con il calore dellasua paternità universale e sollecitava nel-la verità del Vangelo da vivere con radica-lità e da annunciare con gioia. Se posso o-sare, mi ha da subito colpito la libertà in-teriore di quest’uomo venuto dal nord, cheCristo aveva scelto come Successore di Pie-tro. Una libertà - pensavo - possibile soloquando il cuore batte con quello di Dio enon si ha nulla da affermare di sé. La di-screzione del tratto, la naturale riservatez-za sembravano il desiderio di distoglierel’attenzione dell’interlocutore dalla suapersona: come un dito puntato su Cristo.L’urgenza di annunciare che Gesù è il Si-gnore della vita e della speranza, infatti, èl’urgenza che ha ispirato tutto il suo pon-tificato. L’annuncio in un mondo che cam-bia vorticosamente, fino a voler ridefinirei fondamenti dell’umano, richiede una fe-de pensata capace di parlare alla moder-nità con serena chiarezza. I suoi interven-ti - dalle omelie ai discorsi, dalle enciclicheai libri - sono un esempio di amore, di lu-cidità di pensiero e di metodo, a cui guar-dare come luminoso riferimento per con-tinuare nel dialogo con l’uomo contempo-raneo. Egli è alla ricerca - magari incon-scia - del senso ultimo del vivere e delleragioni del credere con le sue implicazionimorali.L’emozione con cui viviamo la decisione u-mile e ferma di Benedetto XVI si associa aun profondo senso di riconoscenza per ilsuo ministero a servizio della Chiesa e delmondo. Vorremmo che il Santo Padre sen-tisse ora, più forte che mai, l’abbraccio deiVescovi italiani. Insieme alle loro comunità,si stringono a lui con affettuosa gratitudi-ne per l’esempio, e per la parola segnatadall’autorità di Pietro e dalla dolcezza diBenedetto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

D

NULLA PER SÉTUTTO PER CRISTO

ANGELO BAGNASCO

I pilastri della cattedrale

GRAZIEBENEDETTO

MARCO TARQUINIO

bbiamo imparato ad ascoltare e ad amare Joseph Ratzin-ger, il nostro Papa Benedetto XVI, come uomo di fede e di

ragione, innamorato di Cristo e, perciò, saggio cercatore e di-fensore della verità profonda che unisce e fa bella e degna la vi-ta degli uomini e delle donne. Per questo, spesso e con ammi-razione, anch’io mi sono ritrovato a pensare a lui come a ungrande "costruttore di cattedrali". Un costruttore gentile e for-te, che s’è messo all’opera senza paura in anni segnati dai di-struttori che hanno insanguinato il cuore del Novecento, chehanno raggelato di vuoto e di terrore i decenni del dopo-ato-mica, che hanno preteso di fare dell’«io» il nuovo «dio». Un co-struttore lucido e paziente, capace della perizia e della gioia,dell’onestà e dell’assoluta pulizia necessarie per tenere aperto,nel tempo e nella città dell’uomo, il cantiere infinito della "ca-sa" di Dio e del "cortile" di civiltà, offerto a tutti, che le sta sem-pre accanto. Un costruttore così consapevole dell’importanzadi coronare l’opera – per Colui al quale è destinata, e per la co-munità che ha guidato per anni nella bella fatica – da coronaredi rinuncia e silenzio la propria dedizione, consegnandosi al la-voro cristiano più prezioso e nascosto, quello della preghiera.Passano i giorni, e la scelta del Papa continua a toccarci nelprofondo, a commuoverci, a scuoterci. E fa risaltare il nitore ela saldezza dei pilastri della "cattedrale" che Benedetto XVI hacostruito con noi e per noi e che ci chiama a continuare a co-struire secondo il piano del Padre e con infinito amore per l’u-manità che il Figlio ha fatto per sempre sua. Qui, oggi, rac-contiamo di tutto questo. E per tutto questo, semplicemente,diciamo grazie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Interventi di Francesco Botturi, Joseph Weiler, Carlo Cardia, Elio Guerriero, Pierangelo Sequeri, Davide Rondoni, Stefano Zamagni, Enzo Bianchi, Salvatore Mannuzzu, Francesco Totti, Paolo Portoghesi, Antonia Arslan, Pupi Avati

Interviste a Walter Kasper, Monique Baujart, Jeffrey Lena, Bartolomeo I, Rowan Williams,Samir Khalil, Riccardo Di Segni

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SALVATORE MAZZA

arigi, Londra, Berlino. E, dall’altra partedell’Atlantico, New York. Città-simbolo, ciascuna a

suo modo, quasi paradigmi di quel mondocontemporaneo che ha scelto di vivere "come se Dionon esistesse". Che è qualcosa di molto diverso, piùsubdolo e, per molti versi, più arido, dell’ateismo:perché Dio non lo ignora ma, semplicemente, lo mettedi lato. Orpello da tollerare, forse da sopportare, in ognicaso da escludere da qualsiasi ruolo pubblico, senzariconoscergli né peso né valore. Sul quale si può semprescherzare, anche pesantemente, salvo poi meravigliarsi,addirittura indignarsi, se poi qualcuno se ne ha a male,

in nome di quella nuovareligione chiamata laicitàper cui non serve fede mache non disdegna ilfanatismo.Non c’è stato nulla dicasuale nella scelta diBenedetto XVI di portareproprio nel cuore diqueste città i discorsi piùdensi del suo pontificato.Sfidando la cultura, l’idea"moderna" di democrazia,

la politica, il concetto di coesistenza tra i popoli non sulterreno delle posizioni preconcette e contrapposte, masu quello che, nel suo pensiero, vede fede e ragionequasi obbligate a declinarsi l’una con l’altra, l’unanell’altra, indissolubilmente, naturalmente legate comesono. Parole chiare, semplici; immagini a voltefolgoranti come quando, a Westminster Hall, ricordando

gli sforzi fatti per salvarele banche in quantotroppo grandi per fallire,disse: «Certamente losviluppo integrale deipopoli della terra non èmeno importante: èun’impresa degnadell’attenzione delmondo, veramente“troppo grande perfallire”». Spiazzandocontinuamente ogniattesa, previsione,

commento. E senza mai sacrificare nulla all’altare laicodel politicamente corretto così come, dal versantecontrario, senza concedere nulla al fondamentalismoconfessionale. Benedetto XVI ha scelto la strada deldialogo col mondo a partire da quella ragione che,come è capace di illuminare la fede, a sua volta puòessere da questa illuminata. Scegliendo la stradafaticosa di comunicare direttamente con tutte lepersone, credenti e non, in un modo che nessuno aveva

tentato prima.Salutandolo alla sua par-tenza dal Regno Unito, il

premier britannico DavidCameron, in un discorso

improvvisato, disse: «Lei ciha dato davvero qualche

cosa su cui riflettere». Po-trebbero sembrare, rilette

adesso su una pagina digiornale, semplici parole dicircostanza. Ma chi ricorda

il tono, e la faccia, di Came-ron in quel momento, sa molto bene che non lo erano.

Salvatore Mazza© RIPRODUZIONE RISERVATA

P

DI FRANCESCO BOTTURI

n aspetto non secondario del va-sto magistero di Benedetto XVI ri-guarda il rapporto tra la cultura u-

mana e la civiltà, e in questo il ruolo sto-rico e teologico della fede cristiana. Que-sta infatti, come aveva insistito ad affer-mare Giovanni Paolo II, non si dà maidisgiunta da un impegno culturale, chescaturisce dall’intimo della fede stessa inquanto origine e fondamento di una vi-sione del mondo che illumina ogni a-spetto dell’esperienza umana. La "cul-tura della fede", poi, porta in sé un ine-vitabile germe di civiltà, cioè una forzavitale in grado di plasmare, integrando,innovando e inventando, le strutture fon-damentali della convivenza storica tragli uomini. Non si tratta di un progettodi conquista e di dominio, ma della i-nevitabile efficacia evangelica di un "lie-vito che fa fermentare tutta la pasta". Edè, perciò, secondo le leggi del lievito –nascosto ma attivo, minoritario ma on-nicomprensivo, lento ma duraturo – cheil germe della fede trova espressioni cul-turali e getta le basi di una civiltà. In que-sto aspetto del magistero vengono ri-cordate tali verità, che sembrano cosìsproporzionate per un cristianesimo chesi sente spesso culturalmente margina-le e quasi espulso da un progetto di ci-viltà, mentre il Papa sembra invece vo-ler ricordare che esse non sono presun-tuosi resti di una mentalità "costanti-niana" e trionfalista, ma esigenze inevi-tabili di una fede non ridotta e decurta-ta nel suo significato proprio. Piuttosto,si tratta di comprendere bene in che co-sa consista tale logica del lievito e comeessa agisca all’interno di una condizio-ne storica e culturale secolarizzata, spin-ta sino ai suoi esiti peggiori, relativisti enichilisti, che sembrano prevalere oggisui suoi esiti migliori.A questo fine assumono un rinnova-to significato quattro grandi discorsi,pronunciati da Benedetto XVI in luo-ghi altamente significativi, di cui pos-siamo riprendere solo qualche puntoessenziale. Al Collège del Bernardins (Parigi, 12settembre 2008), luogo legato alla gran-de cultura monastica medievale, il Papasvolge una profonda riflessione sull’ori-gine della cultura e della cultura cristia-na quale matrice della stessa cultura oc-cidentale. Nella grande, millenaria e-sperienza del monachesimo occidenta-le di impronta benedettina il Papa vedeun paradigma della cultura della fede.Un paradigma paradossale, perché tan-to più efficace quanto meno program-mato per realizzare una grande operastorica: «Non era loro intenzione di crea-re una cultura e nemmeno di conserva-re una cultura del passato». La motiva-zione del lavoro culturale della grandetradizione monastica non era culturale,ma di fede, di una fede dinamica, fon-data nella certezza e aperta alla ricerca diDio, quaerere Deum: «Nella confusionedei tempi in cui niente sembrava resi-stere, essi volevano fare la cosa essen-ziale: impegnarsi per trovare ciò che va-le e permane sempre, trovare la Vita stes-sa». È il paradosso della fede che dà frut-to oltre se stessa, solo nella misura in cuiessa è cercata e vissuta per se stessa, peril suo valore di "vita eterna". Insegna-mento fondamentale per una fede co-me la nostra, incapace di sostare e di con-tare sull’essenziale e anch’essa parados-sale, ma in modo diverso e sterile: sfi-duciata di sé e della propria capacità ge-nerativa, e insieme affannata a trovareforme culturali convincenti gli altri. Men-tre, conclude Benedetto XVI, «ciò che hafondato la cultura dell’Europa, la ricer-ca di Dio e la disponibilità ad ascoltar-Lo, rimane anche oggi il fondamento diogni vera cultura».Gli altri tre discorsi portano indicazionipreziose sul metodo con cui la culturadella fede e, analogamente, le grandi tra-

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TO 19 APRILE 2005: JOSEPH RATZINGER È PAPAAlle 17,50 la fumata bianca, alle 18,43 l’annuncio: «Habemus Papam». Le prime parolerivelano tutta l’umiltà del nuovo vescovo di Roma: «Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, isignori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Miconsola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti».

BARI, 29 MAGGIO 2005:IL PRIMO BAGNO DI FOLLABenedetto XVI compie il primo viaggioapostolico. Va in Puglia, prima uscita daPontefice, per concludere il Congressoeucaristico nazionale. Da qui invita ariscoprire la «domenica cristiana». Chenon è un «dovere» ma «un bisogno e unagioia». «Come per i martiri – dice davantia decine di migliaia di fedeli – neppureper noi è facile vivere da cristiani. Ciserve un cibo per affrontare le fatiche».

COLONIA, 18-21 AGOSTO2005: LA SORPRESADELL’ENTUSIASMOUn milione di giovani attende ilPapa per la prima visitainternazionale, nella suaGermania. Lo scetticismo dellavigilia per il Pontefice"professore" che avrebbefaticato a conquistare i giovanicede il passo all’entusiasmo dichi lo ascolta e lo accoglie comeun padre. Non c’è più GiovanniPaolo II ma nessuna riservasfiora i ragazzi accorsi perconoscerlo. Basta il primocontatto, le braccia aperte, leparole chiare, l’invitoall’adorazione. E i giovaniricambiano. Benedetto lidefinisce «rivoluzionari».«Grazie – esclama – per questeore meravigliose che mi avetedonato e per la comunione cheabbiamo vissuto».

NEI NUOVI MEDIA

orse è la domanda più spiazzante, per chi non è nativo digitale (i più giovani di certo non sipongono il problema): «Chi è il mio "prossimo" in questo nuovo mondo?». Chi è il"prossimo" nel mondo della rete, dei social network, della miriade di incontri senza volto dei

nostri giorni? Il Papa poneva questa domanda essenziale nel Messaggio per la Giornata dellecomunicazioni sociali del 2011 («Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale»), in cuidelineava uno "stile cristiano" per stare sul Web. La risposta verrà due anni più tardi, il 12dicembre 2012, quando Benedetto XVI ha lanciato nel World Wide Web il primo tweet firmato@pontifex_it. Con il suo clic sul tasto "invia" il Papa più che ottuagenario ha indicato che nelmondo dei media digitali tutti sono "prossimo". Il suo voler essere accanto ai navigatori del terzomillennio non è un semplice "stare al passo con i tempi", bensì il cercare «le menti e il cuore»delle persone laddove oggi stanno, ossia nelle nuove piazze incorporee. «Se la Buona Notizia nonè fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente nell’esperienza di molti»,scrive nel Messaggio del 2013. Il Vangelo però non viene buttato nella mischia, rumore in mezzoal frastuono. Il Papa ha privilegiato Twitter: messaggi lunghi al massimo 140 caratteri consentonouno spazio di riflessione «e di autentica domanda» in un ambiente, quello digitale, fin troppoaffollato e dispersivo, secondo le suggestive indicazioni di «Silenzio e Parola: cammino dievangelizzazione» (Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali del 2012). Questa,allora, è la cifra del dialogo di Benedetto con tutto il mondo, che si è reso visibile, perfino esposto,in account Twitter declinati in (quasi) tutte le lingue, latino e arabo compresi, ed è stato raccoltoda 3 milioni di navigatori in tutto il pianeta: esserci, offrire la bellezza del Vangelo, eterna,immutabile, tangibile, fin nelle pieghe della contemporaneità più mutevole e sfuggente.

Antonella Mariani© RIPRODUZIONE RISERVATA

FCon Twitter verso il «prossimo digitale»

dizioni religiose, possono intrattenererapporti con le istituzioni pubbliche del-le società secolarizzate; come cioè, la cul-tura delle fede, germe di rinnovata ci-viltà, contribuisca alla maggior verità del-le istituzioni della stessa civiltà secolaree secolarizzata.Nel discorso alle autorità civili in West-minster Hall (Londra, 17 settembre2010), durante il suo viaggio nel RegnoUnito, il Papa pone l’interrogativo «sulgiusto posto che il credo religioso man-tiene nel processo politico» e, in corre-lazione con questo, su quale sia il giu-sto fondamento dei «princìpi morali chesostengono il processo democratico». Ledue prospettive convergono, perché èproprio della religione il «purificare egettare luce sull’applicazione della ra-

gione nella scoperta dei princìpi moralioggettivi», soprattutto nel caso della «tra-dizione cattolica» che ritiene che «le nor-me obiettive che governano il retto agi-re siano accessibili alla ragione, prescin-dendo dal contenuto della rivelazione»,in opposizione a ogni «fondamentali-smo»; mentre le esigenze di una razio-nalità politica a loro volta chiedono chela ragione abbia il suo ruolo «purifica-tore e strutturante [...] all’interno dellareligione». Dunque, «è un processo chefunziona nel doppio senso»: il mondodella ragione, della secolarità razionalee il mondo della fede, del credo religio-so «hanno bisogno l’uno dell’altro» pernon «cadere preda di distorsioni», ripe-te Papa Benedetto, riprendendo ciò cheaveva detto come cardinale in dialogocon Habermas. «La religione, in altre pa-role, per i legislatori non è un problema

da risolvere, ma un fattore che contri-buisce in modo vitale al dibattito pub-blico nella nazione», per cui ogni «mar-ginalizzazione» della religione è un sin-tomo di crisi di una società democrati-ca, segnale di un’incapacità di gestire pro-duttivamente per la nazione i «diritti fon-damentali della libertà religiosa, della li-berà di coscienza e di associazione». Nei due altri discorsi all’Assemblea del-le Nazioni Unite (New York, 18 aprile2008) e al Parlamento federale tedesco(Berlino, 22 settembre 2011) BenedettoXVI approfondisce un tema tipico delmagistero papale contemporaneo, quel-lo di un’etica personalista fondata sulla"legge naturale"; tema difficile e osticoalla cultura contemporanea, ma che nelcontesto dei discorsi che abbiamo con-

siderato assumetutta la sua im-portanza. Qui simisura infatti laportata dell’i-stanza che la cul-tura della fede a-vanza nei con-fronti della cul-tura secolarizza-ta, quella cioè dinon rinunciarealla centralitàdell’uomo e allanormatività del-

la sua natura personale. Come, su un ver-sante, il Papa afferma l’importanza del-le religioni nello spazio pubblico delleistituzioni secolari e secolarizzate e la ri-levanza della correlazione di ragione ereligione affinché tale ruolo pubblico siasvolto e accolto correttamente, così, suun altro versante, Benedetto XVI richia-ma la necessità che le istituzioni politi-che nazionali e internazionali ricono-scano criteri di giudizio superiori allalegge del consenso e delle convergenzeminimali e contingenti. Alle Nazioni U-nite il Papa ricorda che il diritto inter-nazionale si fonda in ultima istanza suidiritti umani che hanno come loro refe-rente la persona umana e trovano fon-damento nella «legge naturale iscritta nelcuore dell’uomo e presente nelle diver-se culture e civiltà». Il merito avuto dal-la Dichiarazione Universale dei Diritti

umani (1948), infatti, fu di aver reso pos-sibile una convergenza di diverse cultu-re, ordinamenti e istituzioni «attorno aun nucleo fondamentale di valori e,quindi, di diritti». Nel discorso al Parla-mento federale tedesco Benedetto XVIdiscute con impegno l’idea di natura aproposito dell’uomo, evidenziando chesolo un pregiudizio «positivista», che ri-duce alla conoscenza scientifica ciò chedell’uomo si può sapere, è obiezione ariconoscere che la natura corporea e spi-rituale dell’uomo porta in sé indicazio-ni fondamentali per agire in modo mo-rale. In fondo l’idea di una legge mora-le istruita dalla «natura umana» porta insé l’elementare messaggio che «l’uomonon crea se stesso» e non può deciderearbitrariamente di sé: basilare senso re-ligioso che fa parte del «patrimonio cul-turale dell’Europa» e ne esprime «l’intimaidentità».

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il filosofoBotturi: a Parigi,Londra, New York eBerlino quattro discorsisul cristianesimogeneratore di civiltàFrancesco Botturi

Con Elisabetta II

Onu: con Ban Ki Moon

Berlino: al Reichstag

Quante lezionisulla cultura della fede

LO STILE

Il coraggio di affrontarela «religione» della laicità

2 Domenica, 24 febbraio 2013

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Avvenire 02/27/2013 Page : S03

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25 GENNAIO 2006:LA VERA NOTIZIAÈ CHE DIO CI AMA

Viene presentata laprima enciclica del

Papa dal titolo «Deuscaritas est», firmata il

giorno di Natale del2005. La lettera, che

focalizza l’attenzione suDio che è amore, va al

cuore delcristianesimo. E si

rivela una rigorosa ecompleta meditazione

sulla verità al centrodella fede cristiana esui suoi riflessi nella

vita dell’uomo enell’azione dei credentie della Chiesa. L’opera,

oltre che teologico-pastorale, ha unprofondo rilievo

culturale.

POLONIA, 25-28 MAGGIO 2006: LA MEMORIA VIVENel corso della visita nella patria di Wojtyla, Benedetto XVI fa tappa adAuschwitz-Birkenau, uno dei luoghi dove la dignità umana è stata oppressadai carnefici nazisti. Il Papa si ferma in preghiera davanti alle ventidue lapidiche, in lingue differenti, raccontano lo stesso orrore. «Non potevo nonvenire qui – dice –. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto diquanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui comesuccessore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco».

VALENCIA, 8-9LUGLIO 2006: NELMATRIMONIO LAVERA LIBERTÀOltre un milione di personepartecipa all’Eucaristia cheil Papa presiede inoccasione del V Incontromondiale delle famiglie.L’evento si inserisce in undifficile clima culturale che,proprio nella Spagnasecolarizzata, strizzal’occhio a matrimoni tracoppie omosessuali eampliamento del ricorsoall’aborto. Il Papa invocainvece il rispetto, la difesa ela promozione della«meravigliosa realtà delmatrimonio indissolubile traun uomo e una donna. Unodei più importanti serviziche si possono rendere oggial bene comune».

Una lingua oltre BabeleDI JOSEPH H.H. WEILER

arebbe difficile trovare, un po’ do-vunque nel mondo, una personache non mantenga vivo il ricordo

di qualcuna delle apparizioni più im-portanti di Benedetto XVI sulla scenamondiale: all’Assemblea Generale del-le Nazioni Unite, forse, o forse il fa-moso discorso a Parigi, al Collège desBernardins, o alla Westminster Hall diLondra, o forse ancora al Bundestag te-desco - e quasi tutti, poi, avranno senti-to parlare del discorso tenuto a Rati-sbona. Come si spiega una tale capacitàdi catturare l’attenzione di un interomondo? È semplicemente a causa delsuo ufficio, il Papato? Il suo essere a ca-po di una Chiesa che comprende un mi-liardo e duecento milioni di persone? In Genesi, Capitolo 11, si legge la vi-cenda iconica della Torre di Babele: tut-ta la terra aveva una sola lingua e le stes-se parole. Emigrando dall’oriente gli uo-mini …si dissero l’un l’altro: «Venite,facciamoci mattoni e cuociamoli al fuo-co». Il mattone servì loro da pietra e ilbitume da cemento. Poi dissero: «Veni-te, costruiamoci una città e una torre, lacui cima tocchi il cielo e facciamoci unnome, per non disperderci su tutta laterra». Ma il Signore scese a vedere lacittà e la torre che gli uomini stavanocostruendo. Il Signore disse: «Ecco, essisono un solo popolo e hanno tutti unalingua sola; questo è l’inizio della loroopera e ora quanto avranno in proget-to di fare non sarà loro impossibile.Scendiamo dunque e confondiamo laloro lingua, perché non comprendanopiù l’uno la lingua dell’altro».La vicenda raccontata nel libro della Ge-nesi, ingannevolmente semplice, va alcuore della condizione umana. Vivia-mo in un mondo guidato da hýbris e su-perbia, e perciò diviso da lingua, cultu-ra, e diverse religioni, ideologie e visio-ni del mondo. A volte dominato daiconflitti, spesso sanguinari.Qual è la «sola lingua», quali sono que-ste «stesse parole» capaci di trascenderesia l’hýbris che le divisioni culturali, lin-guistiche e di altro genere? Come un uo-mo può «parlare al mondo», a un mon-

do al di fuori del proprio? I sapienti vihanno riflettuto nel corso degli anni. E-braico? Greco? Latino? Benedetto, nelsuo carisma unico, nel suo magistero enel suo stesso modo di essere, offre aquesta domanda una delle risposte piùinteressanti e persuasive: è la lingua del-la ragione! Questo è il filo rosso che u-nisce il suo intervento all’Assemblea Ge-nerale delle Nazioni Unite, il suo di-scorso di Parigi, il suo intervento a We-stminster Hall, le conferenze di Rati-sbona e il suo intervento, probabilmente

il più importante, al Bundestag tedesco.Non si fraintenda: quando si muove sul-la scena del mondo, del mondo al difuori del suo, Benedetto non mette daparte la sua fede. La Rivelazione e la co-stante presenza di Dio in questo mon-do definiscono il suo essere, sono par-te della sua continua testimonianza. Maquesto è ciò che egli offre. Nell’espres-sione del suo grande predecessore, laChiesa propone, mai impone.Ma quando egli avanza richieste al mon-do, quando afferma con sicurezza la le-gittimazione della Chiesa e del messag-gio cristiano a prendere parte al dialo-go sui valori nella vita pubblica, il suolinguaggio, le sue parole appartengonoalla sola lingua che può trascendere ladifferenza e la divisione, la ragione u-mana.Non si corre il rischio di esagerare nelsottolineare l’importanza di questa lin-gua Benedettina. Essa è allo stesso tem-po audace e coraggiosa. È audace in duemodi. Innanzitutto, si ha di fronte unuomo, il cui solo metro è sempre statala verità, anche quando la verità è scon-

certante, che distingue il cristianesimoda altre religioni, la cui normatività pub-blica è invece stata e rimane tuttora u-na combinazione di rivelazione e ra-gione. Per lui questa è una cosa impos-sibile: imporre nell’ambito pubblico u-na prescrizione fondata sulla sola rive-lazione, a persone che possono non ac-cettare quella od ogni altra rivelazione,offende non solo la dignità dell’uomo,ma la dignità della religione e di Diostesso. Per Benedetto la libertà di reli-gione è necessariamente anche libertà

dalla religione. Sì, la libertà di dire "no"a Dio. Ritenere diversamente significanegare la nostra stessa ontologia di es-seri morali liberi creati a immagine diDio.In secondo luogo, questa lingua Bene-dettina si misura audacemente con unacomoda argomentazione, che escludela voce cristiana dal dibattito pubblicoproprio perché, essendo basata sulla Ri-velazione, mancherebbe con essa unpunto di partenza comune. In un certosenso, possiamo dire che il mondo in-tero è stato dominato dal pensiero delgrande filosofo americano John Rawls,il quale ha articolato le condizioni dilegittima partecipazione alla discussio-ne normativa delle nostre democrazie.Per tale partecipazione ci doveva essereuna premessa comune di ciò che con-tava come un argomento convincentebasato su un fondamento culturale con-diviso. Ogni religione, tra cui il cristia-nesimo, era considerata settaria, noncondivisa, basata su una rivelazione e,quindi, ontologicamente poco convin-cente per i non credenti. Nel nostro si-

stema democratico i fedeli dovevanodunque godere della libertà di religio-ne, ma avrebbero dovuto lasciarla a ca-sa, quando si fosse trattato di entrarenella discussione pubblica. Nella storiadelle idee, la lezione di Benedetto alBundestag sarà considerata come la ri-sposta più autorevole a Rawls. Il Papa ac-cetta la premessa di Rawls, ma dimostrale sue incomprensioni e il suo distorce-re il carattere del cristianesimo.È poi una lingua coraggiosa perché nonsoltanto è un visto di ingresso nella pub-blica piazza, ma impone anche una se-ria e severa disciplina alla comunità cri-stiana di fede. Le vie della ragione po-trebbero portare a rivedere articoli di Fe-de, a rovesciare precedenti giudizi. Vie-ne a mancare il jolly: «Questo è ciò cheDio ha comandato». Questa non è ra-gione. Si potrebbe anche soccombere,ragionevolmente, in una discussione ra-dicata nella ragione. Se si adotta una lin-gua, occorre parlarla correttamente peressere compresi, per essere persuasivi. Eciò vale anche per la lingua della Ra-gione.In tutti i suoi principali incontri con ilmondo al di fuori del suo, abbiamo as-sistito allo stesso scenario, continua-mente ripetuto: i mass media scettici inattesa di un rigido dottrinario, "Il Pro-fessore" – per ricordare uno dei suoi piùgentili appellativi –, "L’Inquisitore", "IlRottweiler", tra quelli peggiori. E inve-ce, puntualmente, ogni volta, egli riescein modo tranquillo e convincente ad av-vincere, non il suo gregge, ma personedi altre fedi o senza nessuna fede - chipuò dimenticare il suo trionfo totale,per esempio, nel Regno Unito?Qual è il segreto? Egli è la personifica-zione di Gerusalemme e Atene, una me-tafora che ama usare nel descrivere ilCristianesimo. Un uomo di evidentegrande fede, che però non predica, sol-tanto insegna. Audace, ma anche co-raggioso e in grado di auto-limitarsi. E, infine, una capacità comunicativa u-nica, l’abilità di rendere semplice e ac-cessibile ciò che a volte è complesso eprofondo.Sarà un esempio difficile da seguire.

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l’intellettualeWeiler: il segreto di Ratzinger?È la personificazione diGerusalemme e Atene, unametafora che ama usare perdescrivere il cristianesimo

Parla al mondo con lo strumento più persuasivo: la ragione

Londra, 17 settembre 2010: il Papa parla ai membri del Parlamento a Westminster Hall. Lo accolgono tra gli altri David Cameron, Tony Blair, John Major e Margaret Thatcher

la Chiesa & oltreUna voce «ragionevole»che non esclude nessuno

DI CARLO CARDIA

Benedetto XVI è stata affidata la cura della Chiesa, in certomodo del mondo intero. La paternità universale chiede alPapa di diffondere il Vangelo presso tutti i popoli, per

renderli amici gli uni agli altri, di difendere i deboli ovunque echiunque siano. Questo nostro Papa ha agito a favore dei popoli edei loro diritti, ha promosso la dignità umana, ha insegnato cheogni persona è amata da Dio, destinata a una pienezza di vitasenza che nessuno possa dominare sui propri simili. Il suomagistero è tanto radicato in quello dei predecessori quantoinnovatore, e ha stupito il mondo perché ha incarnato laspiritualità e i valori cristiani nella storia d’oggi, e nessuno si èsentito escluso dalle sue parole. Benedetto XVI si è ispirato alprogramma indicato da Paolo VI nell’Ecclesiam Suam del 1964dove si parla dei tre cerchi, o raggi, entro i quali il magisteropontificio opera. Il primo cerchio, i cui confini sono gli stessidell’umanità, comprende anche coloro che non credono onegano Dio, e che la Chiesa vuole avvicinare, ascoltare. Ilsecondo raggio è quello degli uomini che adorano il Dio unicoe sommo, quale anche noi adoriamo. Infine il cerchio piùvicino alla Chiesa, nel quale il dialogo diviene ecumenico, èquello del mondo che s’intitola a Cristo, cioè di coloro che siriconoscono nella fede cristiana. Giovanni Paolo II ha datonuova forza alla cattedra di Pietro recandosi ovunque, facendodel Papa l’amico di ogni uomo, incontrando uomini di tutte lefedi e opinioni. Con Benedetto XVI il magistero e l’azionepontificia ampliano l’universalità del Papato oltrel’immaginabile, moltiplicano relazioni con religioni e culture,estendono la paternità del Papa a ogni uomo: e ciascun uomo,in questi giorni difficili e appassionanti, ha come avvertito quelpunto di congiunzione fra trascendenza e umanità che èproprio del successore di Pietro. Benedetto XVI ha riproposto

l’essenzialità del rapporto con gliebrei, predecessori delcristianesimo, titolari di unapromessa divina mai esaurita. E haconsolidato l’amicizia con gliOrtodossi, avviando con il Patriarcadi Costantinopoli Bartolomeo I unanuova stagione spirituale perl’Europa perché confermi identità eradici cristiane. Benedetto XVI s’èfatto interprete di tutti i credentichiedendo con forza che la fede inDio sia sempre strumento di pace edi amore, mai di violenza. E haaperto, più d’ogni altro Pontefice, ungrandioso dialogo con chi non crede,parlando come Paolo parlò ad Atenedel «Dio sconosciuto», per affermarenelle sue encicliche e nella suacatechesi che la ragione porta allafede, mentre la fede completal’uomo e lo innalza. L’attrazione cheBenedetto XVI ha esercitato su chi èlontano dalla Chiesa è ancora dacomprendere appieno, macertamente il Papa s’è fatto pastoretra i non credenti, dialogando con imaestri della culturacontemporanea, rispondendo aidubbi della modernità, chiedendo diusare la ragione per progredire inun’etica superiore, non regredireverso un’etica che dimentica l’uomo.Per questo, l’annuncio della sua

rinuncia ha coinvolto intensamente chiunque abbia ascoltatola sua parola, dentro o fuori i confini della cristianità. C’è, poi,un carattere del pontificato di Benedetto XVI rimasto un po’ inombra nelle più recenti riflessioni, ed è il suo impegnoeccezionale, continuo, per i diritti umani, in difesa dei piùdeboli, dei più poveri, di chi non ha voce, e che merita inveceun’attenzione speciale da chi è testimone della voce di Dio interra. Benedetto XVI è stato il cantore dei diritti umaniovunque, mentre altre voci si sono affievolite o sono scivolatenello scetticismo. Nelle encicliche, negli incontri con istituzioniinternazionali, statisti e diplomatici di tutto il mondo, ha postola persona al centro d’ogni cosa, promuovendo la sua dignità,la dignità delle donne, dei bambini, di malati e sofferenti,contro dimenticanze e oltraggi da parte di chi segue la stradadell’egoismo o cede alle lusinghe del nichilismo. E haproclamato che la dignità della persona, i suoi dirittifondamentali, hanno un solido fondamento nella fede e nellaragione perché da esse traggono la garanzia della lorouniversalità e inalienabilità. Il veleno del relativismo checorrode la modernità pone a rischio i diritti umani perché sequesti – afferma il Papa nel 2010 al bureau dell’assemblea delConsiglio d’Europa – «fossero privi di un fondamento razionale,oggettivo, comune a tutti i popoli, e si basassero su decisionilegislative e di tribunali particolari, come potrebbero offrire unterreno solido e duraturo per le istituzioni sopranazionali?». C’èqualcosa che precede Stati, legislatori, giudici: è una volontàche parla alla nostra coscienza, indica la strada da seguire, dàalla libertà dell’uomo la più alta dignità che è quella di poterscegliere il bene. Benedetto XVI consegna al mondo intero unmessaggio di speranza e d’amore, ed estende il ruolo delpontificato oltre i confini della Chiesa e della cristianità, quasiuna garanzia per tutti gli uomini che vedono e sentono il Papa,oggi più di ieri, come parte integrante e insostituibile delproprio orizzonte umano e spirituale.

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A

lo storicoCardia: nelmagisterodi Benedetto si è espressapienamentel’universalità del messaggiocristiano

Benedetto con Weiler

Carlo Cardia

Domenica, 24 febbraio 2013 3

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GERMANIA, 9-14 SETTEMBRE 2006: TRA FEDE E RAGIONE

La seconda visita in Germania tocca Monaco, Altötting e Ratisbona;città, quest’ultima, dove tiene una lectio magistralis memorabile mapurtroppo fraintesa e fatta passare per un intervento anti-islamico.In realtà di tratta di una profonda riflessione sull’Occidente, la suacultura, le sue radici. E sulla necessità di allargare gli orizzonti dellarazionalità per promuovere un dialogo fecondo tra fede e ragione.

VERONA, 19 OTTOBRE 2006: ITALIA, I Sì DI DIOBenedetto XVI partecipa al Convegno ecclesialenazionale della Chiesa italiana. Dieci ore intensissimeper disegnare il cammino ecclesiale del decennio.Ribadendo la difesa della vita e della famiglia,l’impegno a tutto campo sul delicatissimo fronteeducativo, i grandi «sì» di Dio. «L’Italia – diceBenedetto – costituisce un terreno assai favorevoleper la testimonianza cristiana». Il discorso alla Fiera ela Messa allo stadio offrono due istantanee del legameche si sta creando tra Papa Benedetto e l’Italia.

NELLA MOSCHEA BLUIN TURCHIADAL 28 NOVEMBREAL1° DICEMBRE 2006Il viaggio inizia tra moltetensioni aggravate da alcuneminacce al Pontefice. Ma oradopo ora la dimensionespirituale della visita e lastatura dei discorsi di papaRatzinger assumono unaportata che sorprende econquista. A Istanbul, dopola divina liturgia celebratadal patriarca Bartolomeo Iche parla di «giornatastorica», il Papa invoca lapiena comunione tra leChiese di Roma eCostantinopoli. È l’omaggioalla Moschea Blu però ilmomento di più forteimpatto sul Paese e sulmondo, con il Papa cheascolta le autorità islamiche.

Forza e misura:il teologodiventato PietroDI ELIO GUERRIERO

oma agli inizi degli anni ’70 era una città viva,e al Sant’ Anselmo, sull’Aventino, dovestudiavo teologia – un luogo stimolante nel

quale si respirava ancora l’aria del Vaticano II –, siprovava l’ebbrezza gioiosa della cattolicità,l’entusiasmo della fede vissuta fianco a fianco congiovani provenienti da ogni parte del mondo. Manon era l’isola di utopia, Sant’Anselmo. Anche lìarrivavano i proclami dei sostenitoridell’umanesimo ateo, del principio speranza, dellaricerca del piacere come scopo della vita. Civennero in aiuto due voci flebili e tuttavia capaci difarsi breccia in quel rumore che, anche tra i teologi,diveniva assordante. De Lubac: «La Chiesa è fattaper i santi e per i peccatori, più per i peccatori», checi rassicurava sulle contestazioni interne negli annidel dopo concilio.Ratzinger: «Il credentedeve vagliare la sua fedealla prova corrosiva deldubbio, il non credente,invece, se ne può staretranquillo nella sua nonfede?».Una parola di verità che ciliberava dallo stato quasi diminorità nel quale voleva-no costringerci i cantori del-la morte di Dio. Non sape-vo allora che i due uominidi Chiesa erano legati da sti-ma e amicizia e che prestoavrei avuto modo di incon-trarli. Qualche anno dopoero in Germania, a Monaco, e po-tei ascoltare di persona l’autore diIntroduzione al cristianesimo che a-vevo letto e riletto quasi a confer-ma di quella intuizione liberante.Ricordo la sorpresa di trovarmi difronte un uomo ancora giovanile,con la chioma folta, ma intera-mente bianca, quasi resa tale dallaconoscenza che in lui diveniva sa-pienza di vita. Seguì dopo pocotempo l’invito a partecipare alla ri-vista Communio e un accostamen-to graduale alla sua persona favo-rito dal padre von Balthasar che condecisione levava la voce contro iltroppo facile dissenso interno allaChiesa, contro una sorta di icono-clastìa antiromana, e rimandavanoi più giovani al senso d’equili-brio, alla misura di Ratzinger. Co-minciai allora a tradurre alcuni ar-ticoli del teologo che sottolineava la ricchezza deldogma cristiano, la continuità nella tradizione vivadella Chiesa. Lavorava su queste tematiche Ratzingerche aveva lasciato la turbolenta Tubinga e si era tra-sferito a Frisinga dove il raccoglimento della piccolauniversità vicina al luogo d’origine favorì un rinno-vato entusiasmo per la ricerca messa al servizio del-la fede. «Cercai anzitutto di ripensare nuovamente lamia dogmatica secondo il taglio del Concilio... Ma-turai una visione del tutto, che si nutriva delle mol-teplici esperienze e conoscenze… Provai la gioia dipoter dire qualcosa di mio, di nuovo e, insieme, dipienamente inserito nella fede della Chiesa».Anche la voce della musica che giungeva da Sali-sburgo con i concerti mozartiani e più da vicino dal-le esecuzioni di Bach, Vivaldi, Monteverdi, dirette dalfratello Georg, suggeriva l’armonia della fede. Poinel 1977 l’inattesa e sofferta nomina a vescovo diMonaco e l’inizio di quel viaggio che doveva portar-lo dove «egli non voleva». Seguirono la svolta del1978 con l’elezione di Giovanni Paolo II e la convo-cazione a Roma come prefetto della Congregazioneper la dottrina della fede. Continuò, tuttavia, a de-dicarsi allo studio e a pubblicare opere che eranopunti fermi della fede, testimonianze di fedeltà allaChiesa e al Pontefice. Da parte mia mi accostavo sem-pre più alla sua opera e alla sua persona. Mi colpi-

Rvano nei nostri incontri la perspicacia delle sue in-tuizioni teologiche capaci sempre di portare ognicontroversia al centro pulsante della fede, di illumi-nare gli ambiti della vita e la grettezza dei tanti chelo consideravano superato, relegato nel campo deiconservatori ostili al rinnovamento. E poi la delica-tezza del tratto umano: la capacità di ascolto, l’at-tenzione di chi non faceva pesare il suo grado e lasua conoscenza e con piccoli gesti d’amicizia si sfor-zava di mettere l’interlocutore a suo agio. In occasionedi un convegno romano organizzò nel 1985 un gran-de ricevimento in onore di von Balthasar. Colsi l’oc-casione per invitarlo a Brescia per un incontro fina-lizzato al sostegno dell’edizione italiana di Commu-nio. In una mirabile lezione a Palazzo della Loggiaevidenziò un altro dei tratti salienti del suo pensie-ro: la dimensione pubblica della fede cui sono de-dicati i libri sull’Europa, dalla speranza generata dal-

la svolta per la caduta delmuro di Berlino alla delu-sione per il prevalere delrelativismo, il vero tarlodell’eredità europea.Nel 1992 lo ricordo a Mi-lano dove ricevette il pre-mio Penna d’argento comeautore dell’anno delle edi-zioni San Paolo, e a metoccò l’onore di tenere lasua laudatio. Con il volumeIntroduzione allo Spirito del-la liturgia, che richiamaval’opera d’inizio Novecentodi Romano Guardini, la suaattenzione si volgeva nuo-vamente alla liturgia, luo-

go della presenza viva del Signorerisorto nella Chiesa. Lo invitai apresentare questa sua opera a Mi-lano, al Museo diocesano, e anco-ra una volta emerse la sua capacitàdi dare spessore di cultura e di at-trazione alla pienezza della fede.Lo incontrai, infine, l’ultima voltada cardinale, a poco più di un me-se dalla morte di Giovanni Paolo II.Appariva disteso, raccontò del ri-torno in Germania, della possibi-lità di dedicarsi ancora allo studionell’amata Baviera. Gli chiesi diportare a termine la sua autobio-grafia, rifiutò decisamente. Dove-va scrivere ancora di Gesù.Poi ci fu l’elezione inattesa e la te-nerezza per quelle spalle esili giàgravate negli anni da tanti fardelli,ma anche la consapevolezza chenella forza dello Spirito avrebbe ri-

chiamato la Chiesa all’essenziale, alla carità, alla spe-ranza e alla fede. Anche da Pontefice, però, non ven-ne meno il filo del lavoro e dell’amicizia. Mi disse inun’udienza: «Ma non è ancora stanco di lavorare aimiei libri?», e poi quei biglietti scritti con grafia mi-nuta, inconfondibile. Nonostante il peso del serviziopetrino, subito gravoso, i libri su Gesù divennero tre.In essi egli ritornava sulla presenza viva del Signorerisorto nella comunità cristiana di modo che ogni fe-dele possa entrare in dialogo con lui. Suggeriva poielementi di una ecclesiologia nuova, particolarmen-te attenta al dialogo con Israele. Indimenticabile re-sta la successione di catechesi sui santi, quasi un ac-cenno di successione nella santità accanto alla suc-cessione apostolica. Infine il gesto epocale della ri-nuncia e di nuovo la tenerezza e l’affetto per quelladecisione presa nella solitudine davanti a Gesù.Nei giorni scorsi ha dichiarato il cardinale Kasper: «Be-nedetto XVI passerà alla storia per tutto ciò che hafatto. Ha confortato e consolidato la fede della Chie-sa. E lascia un’eredità enorme, ricchissima, proba-bilmente non avremo presto un altro Papa di questolivello intellettuale e spirituale». A noi resta il debi-to della gratitudine e della preghiera per l’uomo de-voto alla cultura e all’amicizia, per il testimone tenace,il padre nella fede.

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Dopo la sua rinuncia,oltre all’enormeeredità spiritualeper aver consolidatoe consolato la nostra fede, ci resta il debito della gratitudinee della preghieraper l’uomo devotoalla culturae all’amicizia,per il testimone tenace,il padre nella fede

«La mia Baviera, scuola di gioia»DI GIANNI CARDINALE

a culturabavarese è unacultura allegra:

noi non siamo personerudi, non si tratta disemplice divertimento,ma è una culturaallegra, imbevuta digioia; nasce daun’interioreaccettazione delmondo, da un sìinteriore alla vita che èun sì alla gioia». Conqueste parole, calde espontanee, BenedettoXVI ha spiegato il suolegame profondo con lasua terra d’origine, laBaviera. Lo ha fattosalutando la "seratabavarese" organizzataglia Castelgandolfo la seradel 4 agosto dello scorso anno pere festeggiare il suo 85° genetliaco.All’evento, promossodall’arcidiocesi di Monaco, hannopartecipato anche artisti chehanno eseguito musiche, canti edanze della tradizione bavarese.Particolarmente folta larappresentanza degli alpiniBayerische Gebirgsschützen, cheprima dell’ingresso al Cortile, inPiazza della Libertà a CastelGandolfo, nei loro costumifolkloristici e con armi a salvehanno sparato in onore del Papa.E proprio a prosposito di questogesto il Pontefice si è lasciatoandare a una scherzosa

confidenza: «Certo, iGebirgsschützen, che ho potutosentire solo da lontano, meritanoun ringraziamento particolare,perché io sono un Schützeonorario, anche se, a suo tempo,sono stato un schütze mediocre».Ma nel suo discorso BenedettoXVI si è lasciato andare a unelogio della sua terra. Sincero ecommovente. «È vero, – ha detto– si deve dire che Dio, in Baviera,ci ha facilitato il compito: ci hadonato un mondo così bello, unaterra così bella che diventa facilericonoscere che Dio è buono edesserne felici». «Allo stesso tempo,però, – ha subito aggiunto – Egli

ha anche fatto in modoche gli uomini chevivono in questa terraproprio a partire dalloro "sì" hanno saputodarle la sua pienabellezza; solo attraversola cultura delle persone,attraverso la loro fede, laloro gioia, i canti, lamusica e l’arte èdiventata così bellacome il Creatore, dasolo, non voleva fare,ma solo con l’aiuto degliuomini». Questa "elegiabavarese" pronunciatadal Papa non era fine ase stessa, ma è statal’occasione per proporreuna "catechesi" semplicee profonda allo stessotempo sul sensoautentico dell’"amor dipatria" per un cristiano.

«Ora – ha infatti osservato il papaRatzinger – qualcuno potrebbedire: ma sarà lecito essere tantofelici, quando il mondo è cosìpieno di sofferenza, quando esistetanta oscurità e tanto male? Èlecito essere così spavaldi egioiosi?». «La risposta – hacontinuato – può essere soltanto:"sì"! Perché dicendo "no" allagioia non rendiamo servizio adalcuno, rendiamo il mondosolamente più oscuro. E chi nonama se stesso non può dare nullaal prossimo, non può aiutarlo,non può essere messaggero dipace».

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Il legame con la sua terra natale, che «soloattraverso la cultura delle persone, la lorofede, la musica e l’arte è diventata così bellacome il Creatore, da solo, non voleva fare»

Papa Benedetto XVI con Elio Guerriero

l’amico

Un’udienza in Vaticano a un gruppo di bavaresi

Dal fermento del dopo-Concilio all’esperienza di «Communio»: il pensiero e il carattere di Ratzinger dalla voce di un intellettuale italiano che gli è legato da oltre quarant’anni. «È un uomo capace di ascolto e di gesti delicati»

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L’estetica del testimoneDI PIERANGELO SEQUERI

a bellezza, nel cristianesimo,non è soltanto una questionedi arte sacra. Nella Prima

Lettera di Pietro (di Pietro!) sitrova un’espressione che glistudenti di teologia imparano sindall’inizio del loro curricolo:«pronti sempre a rispondere achiunque vi domandi ragionedella speranza che è in voi» (1Pt3, 15). La formula è adattata inspecial modo alla cosiddetta"teologia fondamentale", che unavolta si chiamava "apologetica",per lungo tempo dedicataall’illustrazione delle ragioni chesostengono, umanamenteparlando, l’adesione della fede.Sia o non sia questo il significatoprincipale della formula di Pietro,in questo momento interessa dipiù il contesto di quella anticaraccomandazione. (Oltretutto,l’aderenza del testo all’orapresente ci emoziona – ci trafigge,persino – in modo speciale: sonosicuro che colpirà anche voi).Ecco dunque il pensiero di Pietronella sua interezza: «E chi vi potràfare del male, se sarete ferventinel bene? E se anche dovestesoffrire per la giustizia, beati voi!Non vi sgomentate per paura diloro, né vi turbate, ma adorate ilSignore, Cristo nei vostri cuori,pronti sempre a rispondere achiunque vi domandi ragionedella speranza che è in voi.Tuttavia, questo sia fatto condolcezza e rispetto, con una rettacoscienza, perché nel momentostesso in cui si parla male di voirimangano svergognati quelli chemalignano sulla vostra buonacondotta in Cristo. È meglioinfatti, se così vuole Dio, soffrireoperando il bene che facendo ilmale» (1Pt 3, 13-17).L’espressione da sottolineare,anzitutto, è questa: «con dolcezzae rispetto, con una rettacoscienza». Traduco: congrandezza d’animo e onestàintellettuale. Una questione distile, che è in realtà una questionedi sostanza. Renderetestimonianza del logos che

sostiene la nostra speranza, nondeve suonare come unaintimidazione, né esibiresuperiorità saccente o disprezzoper l’interlocutore. È il legame colbene, convintamente cercato eonorato, che affiora nello stile elo rinsalda. La cattiva coscienzane perde lo stile: mostra losforzo, cerca ildiversivo, trucca lecarte. Le ragioni delbene perdono laloro bellezza,travolte dalrisentimento. Illogos della speranzaperde la sua forza:in primo pianoviene la paura, nonla fede. Lo stile deltestimone cheattingeall’adorazione del Signore, nelleprofondità del cuore, non perdequesta bellezza: neppure quandoè incalzato da spiriti ostili,insidiato dal fraintendimento,messo alla prova della suapassione per la giustizia. E questofa la differenza decisiva. La

bellezza dello stile cristiano in cuitraspare l’adorazione di Dio nonha niente a che fare con la scioccainnocenza che non ha cognizionedel dolore; non è l’esteticasognante dell’anima bella cheparla con gli angeli perché nongli importa degli uomini. Perché insisto su questo? Perché

il mio argomento è l’eredità diBenedetto XVI a riguardo delLogos della bellezza che è in noi.Lo stile del suo papatocorrisponde all’estetica deltestimone di cui parla il branodella prima lettera di Pietro. Allalettera. La grazia signorile del

testimone della fede, non senzapaziente restituzione dellasperanza, espone il suo logos condolcezza e rispetto: fidandonell’intima giustizia del bene,senza turbamento o paura. Unostile aggressivo, risentito,scandalistico, già suona male. Néla devozione alla verità, radicata

nell’adorazione delSignore, ha bisogno dieffetti speciali e diespedienti retorici perirradiare la sua bellezzasostanziale. Questabellezza riflette la forma diCristo, attingendo a ciòche le è consostanziale:ossia l’intimo legamed’amore con l’Abbà-Dio.Quel misterioso legameche dà forma e senso, vocee ritmo, all’esistenzaumana del Logos: dalla

prima parola all’ultima,incantando persino sulla croce.«Non sapevate che devooccuparmi delle cose del Padremio?». «Chi vede me, vede ilPadre». «Padre, nelle tue mani,metto la mia anima». Se questo èil segreto della bellezza di Dio,ossia la generazione del Figlio incui tutte le cose vengono almondo; e se è lo Spirito di Dioche ci rende partecipi di questasuprema verità, facendosi gremboin cui siamo rigenerati alla vitadestinata da Dio, allora lagrammatica della santità e quelladella bellezza coincidono inmolti punti. Indicarli, è uncompito non marginale dellafede. Trovarli, è un azzardo nonimpossibile dell’arte.La sovrapposizione ha un campodi escursione vastissimo. I santisegni che la fede indica (facendotesoro della memoria del Figlio),e che l’arte può abitare(rimanendo vigile ai passaggidello Spirito), sono inesauribili.Di impensata semplicità, comeanche di stupefacente grandezza.Un’acquasantiera puòrisplenderne, come una sinfoniadi Bruckner. Identico splendore,secondo la misura – chiarezza eproporzione – che a ciascuna

opera compete. Sono i duepunti fortidell’esteticateologica delpapa BenedettoXVI, che JosephRatzinger haprofondamente assimilatomediante la lezione di Hans Ursvon Balthasar. Le opere dellasantità e quelle della bellezza,sono i due fuochi della prova chela fede è vera. Questi due fuochisono imperdibili e insostituibili,per il logos cristiano dellasperanza. Sono il riflessodell’enigmatico splendore dellafede, di cui parla un celebre passodella Lettera agli Ebrei: daresostanza alle cose sperate, essereargomento per le cose invisibili.Il papa Benedetto XVI, di suo, haportato l’estetica teologica allasua intonazione con la forma delministero petrino. Il cantus firmusdella scienza dei santi generacontrappunti creativi nel logosumano, rendendolo sensibile alloSpirito Santo. L’arte autenticainsegna a frequentare le cosedell’anima con dolcezza, rispettoe retta coscienza. Da questainterpretazione del ministeropetrino, che ci conferma nellafede, forse soltanto adessoincominciamo ad apprendere ciòche dolorosamente ci manca. Uncristianesimo così poco musicale,come il nostro, rischia didiventare insensibile anche allogos della verità. Dovevamo avereun Papa musicista, per esserericondotti al ritmodell’adorazione in cui la fede vivee fa vivere? L’abbiamo avuto, pertutto il tempo che era necessario.Il resto è chiacchiera e rumore difondo. La vera domanda èun’altra: siamo preparati a faretesoro di questa felicericomposizione del ritmo e dellogos della speranza che è in noi?Perché essa infallibilmenterisuona, quando la Chiesa attraea sé, persuasivamente,l’impensata alleanza degli artisti edei santi.

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L

il teologoSequeri: «Un cristianesimo pocomusicale rischia di diventareinsensibile anche al logos della verità e alla contemplazione della bellezza»

LA MUSICA

enedetto XVI al pianoforte nello chalet della Valle d’Aosta dove nel2005 trascorre la prima estate di riposo da Papa è forse l’immagine-

chiave per riassumere il profondo rapporto fra Ratzinger e la musica. Nonè un caso che sia stato definito il «Mozart della teologia» e che pubblica-mente abbia ringraziato Dio «per avermi posto accanto la musica quasicome compagna di viaggio che sempre mi ha offerto conforto e gioia».Anche nel suo appartamento all’interno del Palazzo apostolico ha volutoil pianoforte. Perché la «meraviglia» che crea il «linguaggio universale»delle note – entrate nella sua vita fin dall’infanzia – è quella di «rimanda-re, al di là di se stessa, al Creatore», ha detto il Papa. È il «valore spiritua-le» delle grandi composizioni che invitano a «elevare la mente verso Dio»e che sono state proposte a Benedetto XVI anche nei numerosi concertiofferti in suo onore. Esecuzioni durante le quali il Papa ha proposto anali-si dei brani da profondo conoscitore e musicologo. Fra i suoi autori prefe-riti Mozart e Bach. Ascoltando gli spartiti sacri del genio austriaco è «comese il cielo si aprisse», ha raccontato il Papa. E Bach è stato definito da Rat-zinger uno «splendido architetto della musica». (G.Gamb.)

B

Il teologo Sequeri

LA SISTINA

«La preghiera aprealla vera bellezza»

anno appenacompiuto mezzo

millennio gli affreschi dellaCappella Sistina. E lo scorso31 ottobre, ricordandol’inaugurazione compiutacinquecento anni prima daGiulio II, Benedetto XVItornava su uno dei temicari al suo magistero: ilrapporto fra liturgia e arte.Queste «opere artistiche –affermava – trovano nellaliturgia, per così dire, illoro ambiente vitale, ilcontesto in cui esprimonoal meglio tutta la lorobellezza, tutta la ricchezzae la pregnanza del lorosignificato. È come se,durante l’azione liturgica,tutta questa sinfonia difigure prendesse vita. Inpoche parole: la CappellaSistina, contemplata inpreghiera, è ancora piùbella, più autentica; sirivela in tutta la suaricchezza». Parlando dellavolta di Michelangelo, ilPapa spiegava che «ilgrande artista disegna ilDio creatore, la sua azione,la sua potenza, per direcon evidenza che il mondonon è prodottodell’oscurità, del caso,dell’assurdo, ma deriva daun’intelligenza, da unalibertà, da un supremoatto di amore». E leggevanella Sistina «un invito allalode» del Signore«redentore e giudice, contutti i santi del cielo».

Giacomo Gambassi© RIPRODUZIONE RISERVATA

H

Concerto in onoredel Papa. Sopra, a Introd. Sotto, in Cappella Sistina

22 FEBBRAIO 2007: L’EUCARISTIA È VITAViene pubblicata l’esortazione apostolicapostsinodale «Sacramentum Caritatis»sull’Eucaristia, fonte e culmine della vita e dellamissione della Chiesa. «In questo sacramento –scrive il Papa – il Signore si fa cibo per l’uomoaffamato di verità e di libertà. Poiché solo laverità può renderci liberi davvero, Cristo si faper noi cibo di Verità».

16 APRILE 2007:VI PARLO DI GESÙViene pubblicatol’atteso primo librodella trilogia cheBenedetto XVI dedicaalla figura di Gesù:«Gesù di Nazaret. DalBattesimo allaTrasfigurazione».All’esordio l’operavanta già 22 edizioni inaltri Paesi. Non è unatto di magistero,spiega l’autore nellapremessa, «maunicamentel’espressione della miaricerca personale delvolto di Cristo». Ailettori il Papa chiede«quell’anticipo disimpatia senza il qualenon c’è alcunacomprensione».

BRASILE, 9-14 MAGGIO 2007: IDEOLOGIE FALLITEIn Brasile, per un viaggio apostolico, e per prendere partealla sessione inaugurale della V Conferenza generaledell’episcopato latinoamericano, Benedetto parla delfallimento del marxismo e del capitalismo senza freni. Lacostruzione di «strutture giuste», spiega, è impossibile«senza un consenso morale della società sui valorifondamentali». E poi: «Se la Chiesa si trasformasse insoggetto politico, non farebbe di più per i poveri ma dimeno, perché perderebbe indipendenza e autorità morale».

«Nelle partiture la voce di Dio»

7 LUGLIO 2007:IL MESSALEANTICO ACCANTOAL NUOVOViene promulgato ilMotu proprio"SummorumPontificum" sulla"Liturgia romanaanteriore alla riformadel 1970". Sono leindicazioni per lacelebrazione dellaMessa tridentinasecondo il Messale del1962 di Giovanni XXIII.Se lo riterrà opportuno,il vescovo potrà istituireuna parrocchia "ad hoc"per i fedeli legati a talerito. La liturgia del 1962non è utilizzabile nelTriduo Pasquale, il ritoconciliare resta lanorma.

fede & arteLa grammaticadella santitàe quelladella bellezzacoincidono

Domenica, 24 febbraio 2013 5

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Avvenire 02/27/2013 Page : S07

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il cardinaleSuccessore di Ratzinger sulla cattedra di Münster, e poisuo stretto collaboratore inVaticano come presidente delPontificio Consiglio per l’unitàdei cristiani, l’arcivescovotedesco Walter Kasper vede nella rinuncia del Papa «una sintesi del suo stile»

DI FILIPPO RIZZI

ompirà 80 anni il 5 marzo ilcardinale dell’ecumenismo,teologo di fama mondiale,

presidente emerito del PontificioConsiglio per l’unità dei cristiani. Iltedesco Walter Kasper di certo non sisarebbe aspettato, a pochi giorni dalsuo compleanno, un gesto così fortee dirompente, come quello delledimissioni di un Pontefice, Benedetto XVI, al secoloJoseph Ratzinger, suo antico collega nelle università diMünster e Tubinga. Un gesto che, per pochi giorni,porterà Walter Kasper a essere uno dei 117 cardinalielettori del prossimo Conclave. «Ci conosciamo dal1963, sono stato addirittura suo successore sullacattedra di Dogmatica a Münster – racconta – e devoammettere che questo gesto della rinuncia ha colto disorpresa un po’ tutti. Un atto che non solo fa rifletterema che potrà permettere di ripensare in modo nuovola Chiesa universale e la Curia vaticana per la suaagenda futura affidata nelle mani del successore diRatzinger: dalla nuova evangelizzazione al dialogo coni lontani, alla secolarizzazione "galoppante"dell’Europa, all’Asia che rappresenta, a mio giudizio, ilfuturo del cristianesimo mondiale». Kasper dal suo appartamento non distante dalcolonnato di San Pietro non si sente solo di tracciareun bilancio sui suoi 80 anni di vita e sullo stato disalute dell’ecumenismo e sulla «crisi di Dio in vestereligiosa» del Vecchio Continente, come direbbe il suoamico e teologo Johann Baptist Metz, ma anche diriflettere, nel profondo, sul gesto della rinuncia diBenedetto XVI: «In questo atto non ho solo visto ungrande gesto di amore e di sacrificio ma una sintesidello stile di Ratzinger. Un Pontefice e un fine teologoche in tutti i suoi scritti, a partire dal libro Introduzioneal cristianesimo, ci ha sempre aiutati ad andare alleradici della nostra fede, a riscoprire l’identità cattolica.E rileggendo tutto il suo pontificato a partire dai grandigesti ecumenici verso gli ortodossi, i protestanti maanche gli ebrei, quello che forse mi ha sempre sorpresoin lui è la sua attenzione alle radici della nostra fedema anche al primato della spiritualità rispetto a tutto».Eminenza, cosa ricorda degli anni di Tubinga, dellaprotesta studentesca del 1968 e di Hans Küng, di cuifu assistente universitario?Ricordo la contestazione degli studenti, le difficoltàdella recezione del Concilio nella sua giustainterpretazione. Di quegli anni ricordo la miacollaborazione non solo con Küng ma anche con LeoScheffczyk, dei quali come lei accennava ero assistenteuniversitario. A Küng devo molto: mi ha sostenuto nelmio dottorato e nell’esame di libera docenza, abbiamolavorato assieme per molti anni, poi col tempo lenostre strade si sono divise. Oggi tra noi esiste unrapporto di rispetto. Ma nulla di più. Devo dire cheRatzinger intuì prima di altri la deriva "antiromana" diKüng e la sua intenzione di costruire una teologiaalternativa al magistero della Chiesa cattolica. Anche inquesto il futuro Papa aveva compreso prima di altri lascelta di Küng di divenire, soprattutto per i media, unaspecie di contraltare in tema di fede e di moralerispetto agli insegnamenti della Chiesa cattolica e alla

Cquestione dell’infallibilità papale.Per lei ancora oggi resta centrale edecisivo il Concilio Vaticano II. Cipuò spiegare perché?Perché lì ho visto il risveglio in uncerto senso "creativo" della fedecattolica ma anche unprolungamento ideale con le lezionidi vita e di teologia recepite dagrandi maestri come RomanoGuardini, Josef Rupert Geiselmann e

Karl Rahner di cui rammento ancora, a memoria,alcuni passi degli esercizi spirituali che mi diede dagiovane seminarista. Il Concilio, la cui recezione eapplicazione completa si compirà in non meno dicent’anni, può veramente rappresentare la bussola piùadeguata per il terzo millennio e il punto diriferimento per un rinnovamento e una purificazione,anche alla luce degli scandali che hanno colpito laChiesa.Nello spirito del Concilio, lei si è trovato a guidareper nove anni, dal 2001 al 2010. il Pontificio Consi-glio per l’unità dei cristiani. Che bilancio si sente difare di questo intenso periodo?«Mi sono trovato a raccogliere il peso di grandi eredità

come quella di Bea, Willebrands e Cassidy. Sono statianni importanti, sotto vari profili: dai grandi gesti diGiovanni Paolo II e Benedetto XVI nel campoecumenico all’enciclica Ut unum sint, alla stesura dellaDichiarazione comune luterano-cattolica sullagiustificazione della fede del 1999. Quello che oggiposso affermare è che la mia azione ha avuto comeriferimento l’ecclesiologia di Yves Marie Congar.Trovandomi a confronto con le tante diversità delmondo cristiano, dagli ortodossi ai protestanti, misono spesso ritrovato in questa frase del teologodomenicano francese: «Tutto, o quasi tutto, è uguale,eppure tutto è diverso». Mi torna spesso in mente laproibizione che esisteva per noi cattolici di frequentarele lezioni nelle facoltà evangeliche, un fatto che oggisarebbe impensabile. Anche questo è un frutto delVaticano II. Rammento spesso le parole di GiovanniPaolo II, il suo desiderio di arrivare a una reale unitàdelle Chiese e il suo mettersi a disposizione in ognimodo «perché il cammino di unità non vengadisperso». Come si dice, spesso i muri nel camminoecumenico sono stati abbassati ma non certoabbattuti.Quali sono le sue attese per la Chiesa del terzo mil-lennio soprattutto in Europa, anche alla luce del

prossimo Conclave?Una sfida che ci attende èla riscoperta ma anche larivitalizzazione delle radicicristiane dell’Europa allaluce di una nuovaevangelizzazione cherisvegli i segni della nostrafede, anche quelli culturali,e riscopra il valore deisacramenti, come laconfessione: dove non c’èpiù una pratica deisacramenti rischia anche discomparire la fede. Unuomo che non hamemoria delle sue radici èdestinato a non avere un orientamento. È su questosnodo che si gioca il cristianesimo in Europa. E poicredo che dall’Asia e in particolare dalla Cina, comeintuì Giovanni Paolo II, verrà il futuro della Chiesa. Difronte alla secolarizzazione a noi europei toccherà diessere minoranza creativa e qualitativa, se saremo ingrado.

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«Un uomo senza memoriadella sua identità è privo di un orientamento per il suo avvenire. È qui che si gioca il futuro del cristianesimo»

Il cardinale Kasper

Quei libri come una carezza sul volto di GesùDI DAVIDE RONDONI

ono libri carezze sul viso di Gesù. Secosì si può dire. Sono libri dove tut-to l’impiego della intelligenza, della

finezza e anche del duro scontro esegeti-co formano infine la forza tremante dichi allunga una carezza estrema al voltoamato. Per liberarlo dalle ombre. Dalleragnatele della dubbiosità. Dalla falsa de-vozione che fa diventare quel viso unamaschera di cera. E sono stati libri bom-ba. Hanno riproposto al centro il verocentro. Hanno insomma detto quale è lavera questione su cui discutere, la cosa daraccontare e su cui ritrovarsi.Era un suo sogno. Forse la sua lieta os-sessione. Per il teologo di lungo corso Jo-seph Ratzinger il desiderio di scrivere unlibro su Gesù si doveva compiere – se-condo i progetti che aveva confessato – ter-minando una lunga carriera come Bi-bliotecario Vaticano. Invece. L’elezione a

SPapa lo ha distolto da quella meta so-gnata di definitiva curvatura sugli studi esulla scrittura. Ma non lo ha strappato dalsuo sogno. E il libro su Gesù lo ha scrit-to. Il suo libro su Gesù, anzi, direi, il suolibro "per" Gesù. La prima caratteristicache ho scorto in questi libri è d’essere ungesto delicato di rispetto, ap-punto una specie di carezzadell’anziano teologo sul visodi Gesù, così impolverato eoffeso, così tenuto nell’om-bra. L’andamento pacato edeciso dello stile con cui siaddentra in questioni ardue,persino il modo in cui sostadavanti a problemi inestrica-bili, sono indizi di un proce-dere rispettoso dell’oggetto eanche della fatica di quanticon tale oggetto si sono mi-surati. Lo sviluppo del ritratto di Gesùcompiuto da Ratzinger ha come primo o-biettivo assicurarci che non abbiamo ache fare con un fantasma. Aver fede in Ge-sù non significa "annaspare nel vuoto".Il rapporto con Gesù non è una fantasia.Se così fosse, la fede sarebbe un affare pergente spostata. Per chi non usa più la ra-gione. Per chi insomma non è più un uo-mo. Gesù non è una ricostruzione, unafinzione creata a posteriori magari proprioin nome della fede. La sua pacata ma fer-

ma decostruzione – o meglio ridimen-sionamento – del cosiddetto metodo sto-rico-critico si svolge in nome di una er-meneutica di più ampio respiro che nonne elude le sfide e le possibilità. Il Papasa che la pretesa di leggere i Vangeli comepuri documenti è errata. Perché la loro

natura di testo non è d’essersemplici documenti. Sarebbecome se noi leggessimo unapoesia d’amore principal-mente come fonte documen-taria di una certa epoca. Il chenon significa che i "vangeli"siano invenzione, ma che lapreoccupazione dei loro e-stensori e la natura del loroparlare non è documentarioma di annuncio. E dunque so-lo l’esperienza di stare in quel-l’annuncio rende veramente

intellegibili i loro testi.Ratzinger sembra attento al richiamo diGuardini: non si può fare una psicologiadel personaggio Gesù. Almeno in chiaveteologica. Noi scrittori ci proviamo ed èil nostro meraviglioso disastro. Dunquenei tre libri su Gesù non c’è indugio di ca-rattere psicologico sull’uomo di Nazareth.Si tratta di una opera di "pulitura" ovve-ro di liberazione da incrostazioni. La ca-rezza che solleva le ombre. Sembra che ilPapa non sia preoccupato di donarci il

"suo" Gesù, non intende consegnarci unsuo ritratto personale del Nazareno. Sache lo conosciamo o lo possiamo rico-noscere. La sua ricerca del volto di Gesùnon coincide con una "invenzione". Omeglio è una "inventio" ma nel senso diuna "ricerca", di una messa a fuoco. Peril Papa, il popolo conosce Gesù, o può co-noscerlo se ne fa esperienza. Il Papa noncerca tinte nuove per il suo personaggioprincipale. Piuttosto attraverso l’atten-zione che dedica in particolare al Vange-lo di Giovanni e a certi episodi, ci avvici-na al fulcro stesso della figura di Gesù: ilsuo misterioso legame con il Padre. Lasua natura straordinaria. Non si intendeil Gesù storico astraendolo dalla porten-tosa e drammatica storia del popolo del-l’Antico Testamento e della sua fede in unDio impronunciabile e inattingibile. Il fa-scino e la "questione" Gesù è tutta nel suomisterioso legame di immedesimazionecon Dio Padre. Lì sta il motivo di inte-resse ultimo e decisivo della sua figura enon in uno o l’altro dei caratteri di u-manità eccezionale che ne sono il segno.La carezza di Joseph Ratzinger a Gesù ècosciente che non è data a un volto so-lo umano. Per questo mentre avvicina illume della candela del suo ingegno aquel Viso, lui stesso trema, si concentrae sorride.

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la sua trilogiaRatzinger ci avvicina al fulcrostesso di Cristo: il suomisterioso legame col Padre

Davide Rondoni

LE UDIENZE

Dieci cicli nelle catechesi del mercoledìPreghiera e testimoni della fede, sono stati il filo conduttore delle catechesi che Bene-detto XVI ha svolto al mercoledì durante l’udienza generale. Di fatto dieci serie in ottoanni. Dopo aver concluso il ciclo aperto dal suo predecessore, nel marzo 2006 introduceil tema dell’esperienza degli Apostoli, che copre quasi tutto l’anno, che si conclude con laserie dedicata ai cristiani della Chiesa nascente. È poi passato ai Padri della Chiesa (mar-zo 2007). A luglio 2008 venti udienze sono riservate a san Paolo apostolo nell’Anno a luidedicato. Quinto ciclo è dedicato alle figure della Chiesa di Oriente e Occidente, interrot-to nell’estate 2009 da alcune udienze sull’Anno sacerdotale. Nel settembre 2010 parte u-na serie sulle figure femminili, seguito (febbraio 2011) dai Dottori della Chiesa, e (maggio2011) dalla preghiera. Ultimo ciclo nell’ottobre 2012 per l’Anno della Fede. (E.Le.)

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«Una guida alle radici della fede»

AUSTRIA, 7-9 SETTEMBRE 2007: UN VIAGGIO MARIANOIl settimo viaggio del Papa fuori Italia si svolge in Austria, dove il vescovo diRoma è atteso anche per l’80° anniversario della Fondazione del santuario diMariazell. Nella giornata conclusiva, dopo la Messa in Santo Stefano, l’Angeluscon 15mila fedeli, la visita all’abbazia di Heiligenkreuz, Ratzinger consegna alPaese messaggi accolti con entusiasmo: il volontariato al servizio «dell’uomointero», la preghiera «fonte di forza» e la liturgia come «opus Dei».

30 NOVEMBRE 2007: ALLA RADICE DELLA SPERANZAViene pubblicata la «Spesalvi», seconda enciclica diBenedetto XVI, che proponeuna riflessionesull’"orizzonte" che la fedecontinua a spalancareall’umanità del nostro tempoe sui "luoghi" della promessacristiana. Viene affermato chela fede cristiana «è aderentea Cristo, non a veritàastratte». Perciò preghiera,azione, sofferenza e giudiziodi Dio «sono i luoghi in cuisi impara a esercitare lasperanza». L’«errore di Marx– spiega il Papa – è ilmaterialismo». E anche «lafede nel progresso» senza latrascendenza, può rendereschiavi: «L’uomo ha bisognodel Creatore».

ROMA, 15 GENNAIO 2008: NO DELLA SAPIENZA, Sì DELLA GENTEImbarazzante l’incidente dell’Università La Sapienza di Roma, dove la visita del Papaprevista il 17 viene annullata per la protesta di alcuni docenti e studenti. Il rettorato èoccupato, il timore di incidenti preoccupa le autorità. La Cei parla di «gravissimo rifiutoche manifesta intolleranza antidemocratica». La «violenza ideologica e rissosa di pochi»impedisce a Benedetto XVI di onorare l’invito del rettore. All’Angelus della domenicasuccessiva un’enorme folla in piazza San Pietro testimonia affetto al Papa.

Domenica, 24 febbraio 2013 7

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Il pontificato di Benedetto XVI è coinciso col deflagrare della crisi economica globale

Il dono, rivoluzioneper l’economiaCosì la «Caritas in veritate» ha ridisegnato la prospettiva di mercatoUna nuova giustizia, la gratuità e uno sviluppo umano integraleDI STEFANO ZAMAGNI

uale è stato il contributo di pensie-ro di papa Benedetto XVI all’ap-profondimento e alla dilatazionedel raggio d’azione della Dottrina

sociale della Chiesa (Dsc)? Chiaramente,il riferimento è qui sia alla Caritas in veri-tate (Cv, 2009) e all’enciclica per così direpreparatoria, Deus Caritas Est, sia ai mes-saggi che, in varie occasioni, sono stati pub-blicati successivamente. Prima di suggeri-re tre sottolineature di centrale rilevanza,una annotazione di carattere generale. Lagrande novità dell’opera del Papa risiedenel metodo, cioè letteralmente nella viatracciata per leggere le res novae di un tem-po, quale è l’attuale, connotato da due e-venti assolutamente inediti: la globalizza-zione dell’economia e soprattutto della fi-nanza – che spesso viene confusa con l’in-ternazionalizzazione delle relazioni eco-nomiche, che esiste da secoli – e la terza ri-voluzione industriale, quella delle nuovetecnologie, che ha modificato alla radice imodi di produzione e, in particolare, l’or-ganizzazione del lavoro nelle imprese. Al-la luce dei quattro principi immutabili del-la Dottrina sociale, Papa Ratzinger legge larealtà offrendoci una interpretazione deltutto originale: dopo la necessaria denun-cia di un certo modello di ordine sociale ei suggerimenti per lenirne gli effetti a vol-te devastanti, vanno altresì indicate qualialternative, tra quelle realisticamente pos-sibili, sono in grado di catturare lo spirito,l’anima del messaggio cristiano. Il Cristia-nesimo è infatti una religione incarnata,non una religione "incartata", fissata cioèsulla "carta".Un primo punto cui volgo l’attenzione èl’ampliamento della nozione di giustiziacristiana, la quale non può essere ristrettaal giudizio sul momento distributivo del-la ricchezza, ma deve spingersi fino al mo-mento della sua produzione. Non basta,cioè, reclamare la «giusta mercede all’ope-raio» – come si legge nella Rerum Novarum(1891). Occorre chiedersi se il processoproduttivo si svolge o meno nel rispettodella dignità del lavoro umano; se accoglie

Qo meno i diritti umani fondamentali; se ècompatibile o meno con la norma mora-le. Già nella Gaudium et Spes, al n. 67, si e-ra letto: «Occorre dunque adattare tutto ilprocesso produttivo alle esigenze della per-sona e alle sue forme di vita». Ma in nes-sun’altra enciclica di DSC si nota un’insi-stenza così decisa su tale punto come nel-la Caritas in veritate. Il lavoro non è un fat-tore della produzione che, in quanto tale,deve adattarsi, anzi adeguarsi alle esigen-ze del processo produttivo per accrescernel’efficienza. Al contrario, è il processo pro-duttivo che deve essere organizzato in mo-do tale da consentire alle persone la lorofioritura umana e da rendere possibile l’ar-monizzazione dei tempi di vita familiaree di lavoro. Papa Benedetto ci dice che un tale proget-to è oggi, nella stagione della società post-

industriale, fattibile, purché lo si voglia.Ecco perché invita con insistenza a trova-re i modi di applicare nella pratica la fra-ternità come principio regolatore dell’or-dine economico. Laddove le encicliche pre-cedenti parlano di solidarietà, la Caritas inveritate parla di fraternità, perché una so-cietà fraterna è anche solidale, ma il vice-versa non è vero. L’appello è a porre rime-dio all’errore fondamentale della culturacontemporanea che ha fatto credere che u-na società democratica potesse progrediretenendo tra loro disgiunti il codice dell’ef-ficienza – che basterebbe da solo a regola-re i rapporti entro la sfera dell’economico– e il codice della solidarietà – che regole-rebbe i rapporti intersoggettivi entro la sfe-ra del sociale. È questa dicotomizzazionead avere impoverito, senza alcuna ragione

oggettiva, le nostre società.Un secondo punto è degno di sottolinea-tura. Nella Caritas in veritate i termini im-presa e imprenditore sono quelli che ri-corrono più frequentemente. Nulla di si-mile si riscontra nelle encicliche precedenti,dove il termine impresa veniva evocato so-lo di sfuggita. Perché? Benedetto XVI di-mostra di aver afferrato il proprium dell’at-tività imprenditoriale, che è quello non dimirare alla massimizzazione del profitto,ma del "valore condiviso" – come oggi losi chiama. Il profitto è la misura, non il fi-ne di fare impresa. Ecco perché nell’enci-clica si rifiuta l’identificazione dell’im-prenditore con la figura del capitalista equindi si riconosce che, accanto alla formacapitalistica di impresa, devono poter tro-vare posto, nel mercato, altre forme di im-presa, da quella cooperativa a quella so-

ciale, a quella di comunione, a quella nonprofit. (È la prima volta che in un docu-mento magisteriale di DSC queste tipolo-gie di impresa ricevono un riconoscimen-to ufficiale).È a partire da quanto detto al punto pre-cedente che il Papa si spinge, con un’au-dacia fuori dal comune, fino ad affermareche il principio del dono come gratuità –non il dono come regalo – deve entrarenell’ordinaria attività economica. Questa èla "bestemmia" che i poteri forti del mer-cato, soprattutto finanziario, non gli han-no perdonato. Cosa ha mai a che fare la di-mensione dell’economico con il dono?Non è forse vero che l’agire economico èretto dalle ferree leggi del mercato? Non èper caso sufficiente che l’impresa pratichila filantropia, il welfare aziendale per dir-

si socialmente responsabile? Il Papa, raffi-nato teologo, nel rispondere con un deci-so no ad interrogativi del genere, viene aribadire che la logica della gratuità nonpuò essere ridotta ad una dimensione pu-ramente etica, perché la gratuità non è u-na virtù. La giustizia è una virtù etica e nonsi dirà mai abbastanza della sua impor-tanza; la gratuità riguarda piuttosto la di-mensione sovra-etica dell’agire umano,perché la sua logica è la sovrabbondanza– mentre quella della giustizia è la logicadell’equivalenza. È in ciò il novum dell’e-conomia civile di mercato, un modelloquesto diverso sia dall’economia sociale dimercato sia dall’economia liberista di mer-cato.Infine, di un terzo aspetto preme dire. Es-so riguarda il sottotitolo della Caritas in ve-ritate: «Per lo sviluppo umano integrale».

La parola chiave è qui "integrale". Lo svi-luppo umano si compone di tre dimen-sioni: la crescita (misurata ancor oggi dalPil); la dimensione socio-relazionale; la di-mensione spirituale. Ebbene, lo sviluppoumano è integrale quando le tre dimen-sioni sono prese in modo congiunto, cioèin forma moltiplicativa e non additiva, co-me invece si ritiene comunemente. Ciò si-gnifica che non è lecito, allo scopo di au-mentare la crescita, sacrificare una o en-trambe le altre dimensioni. Ad esempio,non sono legittimi leggi o decreti che, neltentativo di corto respiro di aumentare ilPil, annullino la festa, il cui senso è radi-calmente diverso da quello del riposo. Ov-vero, varare provvedimenti che, per au-mentare le entrate fiscali, sanciscano, difatto, la legalizzazione delle ludopatie. O

ancora, intervenire sul mercato del lavorocon misure che, al fine lodevolissimo dimigliorare la partecipazione della donnaall’attività lavorativa, mettano a repenta-glio la tenuta del progetto educativo dellafamiglia. E così via.Ora, a prescindere dal fatto che – come sidimostra – provvedimenti del genere con-seguono gli effetti desiderati solo nel bre-ve termine, la questione centrale che papaRatzinger pone è quella della libertà. Svi-luppo, letteralmente, significa assenza di"viluppi", di impedimenti di varia natura.Battersi per lo sviluppo vuol dire allora bat-tersi per l’allargamento dello spazio di li-bertà delle persone: libertà intesa, però,non solo in senso negativo come assenzadi impedimenti, e neppure solo in sensopositivo come possibilità di scelta. Biso-gna aggiungervi la libertà "per", cioè la li-bertà di perseguire la propria vocazione. Èquesta prospettiva di discorso che, nellecondizioni storiche attuali, mentre per-mette di superare sterili diatribe a livelloculturale e dannose contrapposizioni a li-vello politico, permette di trovare il con-senso necessario per nuove progettualità.Il XV secolo è stato il secolo del primo U-manesimo; all’inizio del XXI secolo sem-pre più forte si avverte l’esigenza di un nuo-vo Umanesimo. Allora fu la transizione dalfeudalesimo alla società cittadina il moto-re decisivo del mutamento; oggi, è un pas-saggio d’epoca altrettanto radicale: quellodalla società industriale a quella post-in-dustriale. Questione migratoria, aumentoendemico delle diseguaglianze sociali; con-flitti identitari; questione ambientale; pro-blemi di biopolitica e biodiritto sono so-lamente alcune delle espressioni che dico-no dell’attuale «disagio di civiltà» (S.Freud). Di fronte a tali sfide, il mero ag-giornamento di vecchie categorie di pen-siero o il ricorso a raffinate tecniche di de-cisione collettiva non servono alla biso-gna. Occorre osare vie nuove. Rispetto aciò, non si potrà negare che l’opera e l’ap-porto di papa Benedetto XVI sono stati –e sperabilmente continueranno ad essere– semplicemente decisivi.

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L’economista Stefano Zamagni

L’apporto del pensiero di PapaBenedetto XVI è stato – e rimarrà– fondamentale per osare quellevie nuove necessarie a risponderealle complesse sfide di questo secoloe a tracciare l’avviodi un nuovo umanesimo

IL MAGISTERO

a Caritas in veritate è l’enciclica che fissa il pensiero sociale di BenedettoXVI, ma in diverse occasioni papa Ratzinger ha trattato temi economici

rimarcando l’importanza di concetti chiave come "etica" e "fiducia", invitandoagli investimenti nell’economia reale e condannando gli eccessi dellaspeculazione finanziaria. «L’economia non funziona solo conun’autoregolamentazione di mercato, ma ha bisogno di una ragione etica perfunzionare per l’uomo», dice Benedetto XVI, nell’agosto 2011, ai giornalisti inviaggio verso la Gmg di Madrid. Nel marzo dell’anno precedente parlando agliindustriali romani in udienza aveva sottolineato l’importanza di non cederealla tentazione di «distogliere gli investimenti dall’economia reale perprivilegiare l’impiego dei propri capitali nei mercati finanziari, in vista direndimenti più facili e più rapidi», ricordando che «l’accesso a un lavorodignitoso per tutti» deve costituire «un obiettivo prioritario». Nel maggio 2011,nell’udienza ai partecipanti al congresso internazionale del Pontificio consiglioGiustizia e Pace, la sua attenzione si era concentrata sui gravi danni che puòarrecare «una speculazione senza limiti» nei mercati finanziari e in quelli dellederrate alimentari. Il 20 dicembre scorso, Benedetto XVI ha firmato un articolosul quotidiano finanziario Financial Times, vera novità per un Papa, nel qualericordando le parole di Gesù «rendi a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò cheè di Dio», mette in guardia nei confronti «sia della politicizzazione dellareligione sia della deificazione del potere temporale, come puredell’instancabile ricerca della ricchezza». I cristiani «si oppongono all’avidità eallo sfruttamento nel convincimento che la generosità» e l’amore «sono la viache conduce alla pienezza della vita». Ancora, nel Messaggio per la XLVIGiornata della Pace, il primo gennaio 2013, il Papa afferma che uno dei dirittioggi più minacciati è il diritto al lavoro, mentre sembra dominare una visioneper cui «lo sviluppo economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertàdei mercati».

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Ll’economistaZamagni: la novitàdell’opera di Ratzinger è nel metodo con cuileggere le «res novae» delnostro tempo, connotatodalla globalizzazione edalla terza era industriale,quella delle nuovetecnologie, che hamodificato alla radicei modi di produzionee, in particolare,l’organizzazionedel lavoro nelle imprese

USA, 15-21 APRILE2008: IL DOVERE DI DIFENDERELA LIBERTÀNel corso della visitanegli Usa, Benedetto XVItiene un discorsoall’Assemblea generaledell’Onu. Sottolinea lanecessità di unriconoscimento del«superiore ruolo» diregole e struttureordinate a promuovere ilbene comune e adifendere la libertà. Poi, ilprincipio della«responsabilità diproteggere»: se gli Statinon sono in grado ditutelare le popolazioni, lacomunità internazionale èchiamata ad interveniresenza voltare le spalle.

ROMA, 28 GIUGNO 2008:VIA ALL’ANNOPAOLINONella basilica di SanPaolo si apre l’AnnoPaolino nel bimillenariodell’apostolo. Al rito ilpatriarca diCostantinopoliBartolomeo I erappresentanti delleChiese di Oriente eOccidente. Ai vespriscandito il fortedesiderio di unità. Se«c’è un solo pane», unaè la «richiesta urgente»da levare sull’esempiodi Paolo: «Riportaciinsieme da tutte ledivisioni».

SYDNEY, 16-21LUGLIO 2008:È DI NUOVO GMGI giovani saranno iprofeti di una nuova erase sapranno sottrarsiall’«ideologia relativista»,se i loro ideali nonsoccomberanno difronte alla post-modernità. L’invito delPapa ai 350mila accorsida ogni continente nellalontana e fortementesecolarizzata Australia èimpegnativo quantoaffascinante: sfidare ilconformismo con il sì aGesù Cristo e quindialla pace e alla vita. IlPontefice chiede airagazzi di costituire laspina dorsale di una«nuova generazione dicristiani».

Attenti all’uomo, non solo alla finanza

8 Domenica, 24 febbraio 2013

La giustizia cristiana non puòessere ristretta al giudizio sulmomento distributivo dellaricchezza, ma deve spingersi finoalla sua produzione: occorre cioè chiedersi se viene rispettata la dignità del lavoro umano

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DI LUCIANO MOIA

a nuova evangelizzazionedell’Europa passa attraverso lafamiglia, realtà insostituibile per

la trasmissione della vita, perl’educazione delle coscienze e perridare fiducia a una società sempremeno aperta a prospettive di speranza.Ne è convinta Monique Baujart,avvocato, madre di quattro figli,responsabile del settore Famiglia esocietà della Conferenza episcopalefrancese.Più volte il Papa in questi anni ha fat-to riferimento a vita, famiglia e libertàeducativa come a temi non negoziabi-li. Come è possibile in una societàsempre più laicizzata mostrare la ve-rità profonda di questa affermazione?Papa Benedetto XVI ha parlato diprincipi non negoziabili in un discorsoai parlamentari europei nel marzo2006. E ha avuto cura di precisare chequei principi sono comuni a tuttal’umanità, anche se non sono verità difede. Secondo il Papa la loro difesanon ha alcunché di confessionale mariguarda il rispetto della dignità umanae l’illuminazione delle coscienze. D’altra parte non possiamo neppurepresentare questi aspetti, che sono lestrutture portanti della società, comeverità relativeÈ qui tutto il problema. Quando laChiesa interviene nel campo dellagiustizia sociale, per difendere i poverie gli esclusi, la sua parola è ascoltata eaccettata. Al contrario, sono tantiquelli che considerano l’inizio e la finedella vita e l’organizzazione dellafamiglia espressioni della libertàindividuale. Costoro sono convinti dinon dover rendere conto a nessuno diqueste scelte e non riconoscono alcunaincidenza sociale per le loro decisionipersonali. Come entrare in dialogo con questepersone?Una prima pista per fare intendere laparola della Chiesa è quello didivulgare meglio l’antropologiacristiana, di ristabilire una visionedell’uomo come essere razionale. Èsolo prendendo coscienza della nostra

interdipendenza – unpunto sul quale PapaBenedetto ha spessoinsistito – che lepersone possonocominciare a misurarel’impatto delle propriedecisioni sulla vita deglialtri e sul bene dellasocietà.Vita e famiglia possonodiventare punti deter-minanti per quellanuova evangelizzazionedell’Europa auspicata dal Papa?La famiglia è sempre stata un vettorefondamentale di evangelizzazione esempre lo sarà. In famiglia non sitrasmette solo la fede, ma si imparanocondivisione, perdono, riconciliazione,attenzione ai più piccoli, tenerezza,gratuità. Come la gratuità potrebbetrovare posto nell’ambitodell’economia se questo sentire non èstato già trasmesso in famiglia? Lefamiglie, anche quelle ferite, offronocammini d’umanizzazione e momenti

privilegiati perpercepire la presenza diDio. Rimane il problema ditrasmettere tutto ciòin una realtà socialeche appare sempre me-no sensibile a questivalori.Eppure, in Francial’89% dei giovani dai25 ai 34 anni spera dicostruire il propriofuturo familiare con

una solo persona. E sempre con quella.D’altra parte il 40% dei matrimonitermina con un divorzio. La nuovaevangelizzazione potrà aiutare lefamiglie a riscoprire le risorse dellatradizione cristiana che permettonoalle coppie di nutrire il proprio amoree di fare del tempo un alleato e nonun nemico per la vita coniugale.Oggi però le coppie sono sempre piùsole. E, quando cominciano i proble-mi, non possono contare su alcunsostegno.

Purtroppo è vero. Il tempo consacratoalla famiglia non gode di alcunriconoscimento sociale, visto che gliunici aspetti che contano sono quellieconomici. Inoltre viene valorizzato ilcambiamento permanente (moda,tecnica, lavoro) e deprezzato lo sforzodei legami familiari nel tempo. La Chiesa però deve incidere nellacultura della provvisorietà. Non èforse il momento di intercettarequeste urgenze con nuove sensibilitàpastorali?Dobbiamo innanzi tutto comprenderele domande che le coppie e le famiglieoggi si pongono e che non sono lestesse di ieri. Occorre fare attenzione anon dare risposte prima di averascoltato i problemi autentici. Occorreanche armonizzare meglio leindicazioni dell’etica sociale con quelledella morale individuale. Ma la Chiesapuò attingere al tesoro della suaeredità per rinnovare i simboli dimatrimonio e famiglia e renderli piùaccessibili ai giovani di oggi. Forse troppe famiglie cristiane oggihanno dimenticato la forza dellatestimonianza.È vero, dobbiamo incoraggiare lefamiglie a testimoniare la positivitàrappresentata proprio dalla vitafamiliare. Ma in modo realistico. Ilpercorso della famiglia non è un lungofiume tranquillo. Ci sono alti e bassi,avvisi di tempesta e attraversamenti dideserto. Tutto questo fa parte della vitae, quando si superano le crisi, illegame se ne rafforzato. Le crisi non superate aprono peròsofferenze che si allargano a tutta lasocietà. Qual è il valore mancante cherende più pesante il quadro sociale?La fiducia. In sé, nell’altro, in Dio.Senza fiducia, non sono possibili népromesse né alleanze. Papa Benedettoha sottolineato a più riprese la gravitàdi questa perdita di fiducia nellasocietà. La famiglia che funziona restail luogo in cui la fiducia si puòimparare e sperimentare. Ecco perché,per la società e per la Chiesa, il suovalore è inestimabile.

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L

Vita e famigliaverità per tutti

Monique Baujart: dal Papa una parola aperta all’umanità

GLI INCONTRI MONDIALI

ducazione alla fede». «Educazione ai valori». «Lavoro e festa». Sono gliargomenti dei tre Incontri mondiali delle famiglie presieduti da

Benedetto XVI. Un percorso coerente, da Valencia 2006 a Milano 2012, in cui ilPapa ha ribadito alcuni punti chiave del suo magistero. «L’affetto con il quale inostri genitori ci accolsero nei primi passi in questo mondo – disse PapaRatzinger a Valencia, nell’omelia della Messa conclusiva – è come un segno eprolungamento sacramentale dell’amore benevolo di Dio dal quale veniamo.L’esperienza di essere accolti e amati da Dio e dai nostri genitori è il fondamentosolido che favorisce sempre la crescita dell’uomo». Concetti ribaditi tre anni piùtardi, nel gennaio 2009, all’Incontro di Città del Messico, dove il Papa non riuscìad essere presente ma dove fece arrivare il calore della sua vicinanza, grazie a uncollegamento via satellite. Il ricordo dell’Incontro di Milano, nel giugno scorso, èancora freschissimo. L’intensità di quelle giornate, l’entusiasmo degli incontri –dal saluto di cinquantamila cresimandi a San Siro alla festa delle testimonianze– è rimasto nel cuore di tutti coloro che hanno vissuto direttamente o seguito viatv o internet, quei momenti straordinari culminati nella celebrazione eucaristicadella domenica, alla presenza di oltre un milione di persone.

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i princìpi non negoziabili«La Chiesa ha il dovere di divulgaremeglio quel grande tesoro che èl’antropologia cristiana, secondo ilmagistero di Papa Benedetto XVI»Lo spiega la responsabile del settore Famiglia e società della Conferenza episcopale francese

MILANO 2012

ra i momenti centrali delpontificato di Benedetto

XVI, c’è sicuramente l’Incontromondiale delle famiglie, nelloscorso giugno, a Milano.Indimenticabile per tutti coloroche hanno partecipato inprima persona alle giornatemilanesi. Ancora di più per chi,

come Serge e Fara BemahazakaFarasoa, fidanzati che arrivano dal Madagascar, hannoavuto l’opportunità di salire sul palco con il Papa nellafesta delle testimonianze. E addirittura di porgli unadomanda. «A tu per tu col Papa: per noi è stato unmomento indimenticabile. Eravamo lì a nome di tutti ifidanzati del mondo ma sentivamo personalmente ilsuo affetto attraverso i suoi sguardi rassicuranti. E il suoentusiasmo nel rispondere con spontaneità ci haconfermato nella fede». «È stato evidente – ricordanoSerge e Fara – che le sue parole sono state per noi "ildettato" del nostro cammino per il fidanzamento e losarà anche per il "per sempre". Nessun altro come luiavrebbe avuto delle risposte così splendide, toccanti. Inparticolare il suo riferimento alle Nozze di Cana. ll Papaci ha dimostrato che il Vangelo è vita e lo dobbiamoattualizzare nella nostra quotidianità e per ognivocazione». «Benedetto XVI – proseguono i duefidanzati – ci ha ricordato che possiamo andare avantisenza aver paura del "per sempre", condividendo tuttocon gli amici e la comunità. Esortandoci a vivere ilnostro cammino con grande fiducia nella Madonna, ciha detto: "La mia preghiera vi accompagna sempre!"».Di fronte all’annuncio della sua rinuncia, Serge e Faranon nascondono di aver provato un momento di«sofferenza». «La nostra preghiera l’accompagneràsempre».

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T

MILANO 2012

ul palco con il Papa perla festa delle

testimonianze? Non cisembrava vero! Proprio noi?».A distanza di otto mesidall’Incontro mondiale dellefamiglie il ricordo di Vera eAndrea Carofiglio è ancoravivissimo. «Chiara –raccontano –, la nostra

bambina, aveva due anni; pensavamo che sarebbestato un disastro tenerla due ore in attesa, schiacciatanella folla. Invece, grazie alla compagnia di altrefamiglie di amici, è andata benissimo. Lo Spirito Santosicuramente ci ha dato una mano». «Quando arriviamo sul palco ci accorgiamo chesaremmo stati proprio li, vicino al Santo Padre». Ilmomento più bello? «Quando è arrivato sul palco,tutto si è fermato. Anche il nostro respiro per unattimo. Abbracciati dallo sguardo del Papa che ci hafatti passare ad uno ad uno. Quegli occhi, quelle maniprotese verso di noi in segno di grazie, quell’abbraccioche non potremo mai dimenticare». «Da quelmomento – proseguono Vera e Andrea – PapaBenedetto è diventato famigliare per noi; Chiara ognivolta che lo vede in televisione lo saluta come se fosseun suo amico. Non sappiamo cosa abbia capito dellagrande occasione che ci è stata data, ma siamo certi diaverle fatto vivere un incontro che non le saràindifferente per tutta la sua vita. Quegli occhi pieni diamore sono nel suo cuore come nel nostro». «Alloraquella tre giorni a Milano conclusa con la Messa che ciha fatto sentire un’unica grande famiglia con il Padre –concludono i coniugi Carofiglio – ci dà la forza oggi disalutare Papa Benedetto XVI con la certezza che nonsaremo mai soli».

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FRANCIA, 12-15SETTEMBRE 2008: A LOURDES CON I MALATIMolti i momentisignificativi della fecondavisita francese: daldiscorso al mondo dellacultura, «tramiteprivilegiato nel dialogotra fede e ragione»,all’incontro con i vescovidurante il quale il Papasottolinea la missionedella Chiesa sulla famiglia,ribadendo il no allacomunione ai divorziatirisposati. Fino ai toccantimomenti a Lourdes, con imalati invitati a guardarea Maria, nel cui sorriso sitrova la forza percombattere la malattia eper «non voltare mai lespalle alla vita»

5 OTTOBRE 2008: SOLO LA PAROLA DI DIO RESTA SEMPREIl Papa apre la XII Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovidedicata alla Parola di Dio. «I soldi sono niente, solo la Parola diDio resta», ammonisce il Pontefice proprio mentre le grandibanche «crollano». «Chi costruisce solo sulle cose visibili rischiadi perdere tutto», spiega. Il 30 settembre 2010 verrà pubblicatal’esortazione apostolica post-sinodale «Verbum Domini» sullaParola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.

24 GENNAIO 2009: VIA LA SCOMUNICAAI LEFEBVRIANIIl Papa rimette la scomunicaa quattro vescovi dellaFraternità sacerdotale SanPio X ordinatiillegittimamente il 30 giugno1988 da monsignor MarcelLefebvre. Un gesto«paterno» col quale «sidesidera consolidare lereciproche relazioni di fiduciae dare stabilità ai rapporti»della Fraternità con la SantaSede. Restano tuttavia apertedelicate questioni teologichee pratiche, come lo statusdella Fraternità sacerdotale edei suoi sacerdoti. Perspiegare la sua decisione il 10marzo il Papa scriverà aivescovi cattolici una letteradi straordinaria intensità ecoraggio.

«Noi dal Madagascarsul palco con il Papa»

«Con lui la certezzache non saremo soli»

Fara e Serge

Monique Baujart

La famiglia Carofiglio

Da Valencia all’Italia in tre tappe

Domenica, 24 febbraio 2013 9

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DI ANDREA GALLI

l giorno in cui il mondo ha appreso della rinuncia diBenedetto XVI al pontificato, l’11 febbraio, è circolatoanche un comunicato stampa da Menzingen, paesino

di 4mila abitanti nel Cantone di Zugo, in Svizzera, doveha sede la casa madre della Fraternità sacerdotale SanPio X. Poche righe con le quali si rendeva omaggio,«nonostante le differenze dottrinali», al «coraggio» diRatzinger nell’aver ricordato «che la Messa tradizionalenon era mai stata abrogata» e per aver rimesso lescomuniche ai quattro vescovi consacrati in modoillecito da Lefebvre nel 1988; inoltre un grazie «per laforza e la costanza» dimostrata negli ultimi anni, oltreall’assicurazione di preghiere per lui da parte deisacerdoti del sodalizio tradizionalista. Poche righe chepotrebbero essere l’ultimo atto di una vicendapluridecennale, costata tempo, fatica e sofferenze. Unrapporto, quello fra i lefebvriani e il teologo bavarese,che per i primi si può sintetizzare con "odi et amo", peril secondo con l’immagine evangelica del padre in attesadel figliol prodigo.Ratzinger per Lefebvre fu in principio un avversario:l’enfant prodige del Concilio, ispiratore del cardinaleFrings, uno degli esponenti insieme a Rahner, Küng ealtri della teologia renana riversatasi nel Tevere. Uno deisovvertitori della Chiesa, insomma. Dopo la suanomina a prefetto della Congregazione per la dottrinadella fede, nel 1981, divenne però un interlocutoreprezioso e rispettato: uno dei cardinali più sensibili alleistanze del mondo anti-conciliare. Fu lui il protagonistadelle trattative che portarono a un memorandum diintesa firmato dallo stesso Lefebvre, nel 1988, e chesembrava il passo finale verso una piena riconciliazione.Poi il colpo di scena, uno dei tanti: il 30 giugno dellostesso anno si arrivò infatti allo scisma.Uno strappo di tale gravità avrebbe prostrato molti e neavrebbe dissuasi ancora di più dal continuare sullastrada del dialogo. Non Ratzinger, però. Nemmeno unmese dopo, il 18 luglio, a Santiago, di fronte ai vescovidel Cile, tenne un discorso memorabile. «È un compitonecessario difendere il Concilio contro monsignorLefebvre, come valido e vincolante per la Chiesa», dissechiaramente all’assemblea. Con altrettanta chiarezzaspiegò poi che la reazione lefebvriana era sì una rispostasbagliata, ma a un problema reale: la falsificazione del

Concilio, con la conseguente secolarizzazione penetratadentro Chiesa, la disobbedienza, la deformazione dellaliturgia, l’irenismo dottrinale. E richiamò la necessità disalvaguardare il bene sommo dell’unità della Chiesa,con la stessa carità e umiltà spese nel processoecumenico con confessioni cristiane divise da Roma daben più tempo e da ben più profonde divergenzerispetto a chi rifiutava il Concilio.Ratzinger ha continuato a tendere la mano anche unavolta divenuto Benedetto XVI. Avrebbe potuto farne ameno e risparmiarsi sospetti, incomprensioni,campagne di stampa al vetriolo. Invece, il 29 agosto2005, solo quattro mesi dopo l’elezione al sogliopontificio, ha voluto ricevere in udienza il vescovoBernard Fellay, superiore generale dei lefebvriani. Con ilmotu proprio Summorum Pontificum, il 7 luglio 2007, haliberalizzato l’antica forma del rito romano. Il 24gennaio 2009 ha tolto le scomuniche del 1988. E allecontestazioni ha risposto, in modo simile a quantofatto 20 anni prima in Cile, con una lettera inviata aivescovi di tutto il mondo il 10 marzo 2009 e che resteràtra gli scritti più intensi del suo pontificato. «Condurregli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nellaBibbia: questa è la priorità suprema e fondamentaledella Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo– scriveva nella missiva –, da qui deriva come logicaconseguenza che dobbiamo avere a cuore l’unità deicredenti». E in un altro passaggio: «Può lasciarcitotalmente indifferenti una comunità nella quale sitrovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore emigliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamentelasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?». Eancora: «A volte si ha l’impressione che la nostra societàabbia bisogno di un gruppo almeno al quale nonriservare alcuna tolleranza; contro il quale potertranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osaavvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche luiil diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattatocon odio, senza timore e riserbo». Sono seguiti, tra il2009 e il 2011, i colloqui dottrinali tra la Santa Sede eMenzingen. Il 14 settembre 2011 il cardinale Levada,prefetto della Congregazione per la dottrina della fede,ha sottoposto a Fellay un preambolo dottrinale, la cuisottoscrizione era considerata indispensabile per ilriconoscimento dei lefebvriani e il loro collocamentonella Chiesa dal punto di vista canonico. Ne è nato unrimpallo, andato avanti fino al 13 giugno 2012, quandoLevada ha presentato le valutazioni riguardo all’ultimamezza risposta dei lefebvriani, ritenuta insufficiente,sollecitandone una definitiva e prospettandoufficialmente, nel caso di un superamento della frattura,la concessione alla Fraternità San Pio X dello status diprelatura personale. Quella risposta definitiva da partedi Fellay e confratelli non è però arrivata. Il pontificatodi Benedetto XVI è al termine: a un padre, a un SantoPadre, non sarà così concesso di riabbracciare, comevorrebbe la parabola, «il figlio che era perduto ed è statoritrovato».

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I

CAMERUN E ANGOLA,17-23 MARZO 2009:SULL’AIDS POLEMICAPRETESTUOSASull’aereo che lo porta inCamerun, Benedetto XVI dice aigiornalisti che «distribuirepreservativi non risolve ilproblema Aids ma lo aggrava».Immediata la polemica, ma imedici sul campo confermanol’analisi del Papa. A Yaoundé ilPontefice ricorda i «conflittilocali» e chiede «riconciliazione,giustizia e pace». I mali delContinente sono affrontatinell’Instrumentum laborisconsegnato ai vescovi in vista delSinodo per l’Africa. In Angolaricorda le divisioni nella stessanazione, come accadde alla suaGermania, e sottolinea come laprima evangelizzazione abbiamostrato che la comune fedeavvicina e consente la convivenza.

ABRUZZO, 28 APRILE 2009: «VORREI ABBRACCIARVI UNO A UNO»Benedetto XVI è tra i terremotati: «Occorre un serio esame di coscienza, così– anche se ferita – L’Aquila potrà tornare a volare». Quattro tappe: latendopoli di Onna, la basilica di Collemaggio, l’incontro con gli universitari dellaCasa dello studente e il discorso alla Scuola della Finanza. Agli abruzzesi dice:«Ammiro il coraggio, la dignità, la fede con cui affrontate questa dura prova».Poi la consegna: i vostri morti attendono di veder rinascere questa terra.

TERRA SANTA, 8-15 MAGGIO 2009: IL DIALOGO VINCECritici e scetticiconcordano: la visita inTerra Santa è destinata apassare in secondo piano,sarà troppo religiosa epoco politica. Ma c’èanche chi dice ilcontrario. In realtà, ilviaggio che il Papa avevanel cuore è un successo:Benedetto XVI entra indue moschee, ad Ammane a Gerusalemme,rafforzando i legami conl’islam; ribadisce il«vincolo inscindibile tracristianesimo edebraismo»; infondecoraggio e speranza aicristiani invitandoli arestare in Terra Santa. Datestimoni.

SUGLI ALTARI

santi manifestano in diversi modila presenza potente e trasformante

del Risorto; hanno lasciato che Cristoafferrasse così pienamente la loro vitada poter affermare con san Paolo "nonvivo più io, ma Cristo vive in me"». Cosìil Papa all’udienza generale del 13aprile 2011, concludendo un ciclodedicato proprio all’esempio deicristiani che hanno raggiunto un livellodi fede meritevole della venerazionedegli altri fedeli. In tema dibeatificazioni e di canonizzazioni,Benedetto XVI è tornato a un’anticatradizione della Chiesa, che era statainnovata da Paolo VI nel 1971,decidendo di presiedere unicamente iriti di canonizzazione. Le beatificazioni,pur approvate dal Papa su propostaCongregazione dei Santi, sono statecelebrate nelle diocesi dei servi di Dioelevati agli altari sotto la presidenza diun cardinale delegato, con le soleeccezioni di quelle di John HenryNewman, durante il viaggio in GranBretagna del Pontefice, e di GiovanniPaolo II, suo amato predecessore, ilprimo maggio 2011 in piazza San Pietro.Il numero dei santi proclamati da PapaRatzinger è stato inferiore, ancheproporzionalmente alla lunghezza delpontificato, a quello di Papa Wojtyla.Nei quasi otto anni di regno, BenedettoXVI ha celebrato 45 canonizzazioni, tracui quelle degli italiani GaetanoCatanoso, Gaetano Errico, GeltrudeComensoli, Giorgio Preca, GiovanniBattista Piamarta, Giulia Salzano, GuidoMaria Conforti, Luigi Guanella,Arcangelo Tadini e Rosa Venerini.

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Una visita a Roma

di membri della Fraternità

San Pio XIl 10 marzo2009 il Papascrisse una

lettera ai vescovi della

Chiesa cattolica«riguardo alla

remissionedella scomunica

dei quattrovescovi

consacratidall’arcivescovo

Lefebvre»ammettendo

errori maspiegando con

fermezza le ragioni della

sua scelta

DI ENZO BIANCHI

ubito dopo l’elezione aPapa di Joseph Ratzingerosservavo come non

fossero estranei alla scelta delnome la sosta compiuta aSubiaco alla vigilia delConclave, l’amore sempremostrato per la regola diBenedetto e il significato che

il padre dei monaci d’Occidente ha per ilcristianesimo europeo. E sottolineavo come ilcardinal Ratzinger fosse sempre stato convintotestimone di una parola in particolare dellaregola benedettina: «Nulla assolutamenteanteporre a Cristo, nulla anteporre all’amore diCristo». Anche oggi questo precetto monasticopuò essere preso come chiave di lettura dellasorprendente rinuncia compiuta: Papa BenedettoXVI non ha voluto anteporre a Cristo nemmenola sua persona chiamata a svolgere il ministeropetrino. Più volte Benedetto XVI ha sorpreso perla sua acuta comprensione del monachesimo,anche perché, pur avendo frequentato soventemonasteri, non aveva mai scritto su tematichemonastiche. Nel settembre 2007, durante la visitaa all’Abbazia di Heiligenkreuz in Austria, ebbemodo di sottolineare la dimensione liturgicadella testimonianza monastica per il mondocontemporaneo: «Noi stiamo davanti a Dio –disse ai monaci austriaci –. Egli ci parla e noiparliamo a Lui. Là dove, nelle riflessioni sullaliturgia, ci si chiede soltanto come renderlaattraente, interessante e bella, la partita è giàpersa. O essa è opus Dei, con Dio come specificosoggetto, o non è. In questo contesto io vi chiedo:realizzate la sacra liturgia avendo lo sguardo aDio nella comunione dei santi, della Chiesavivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi, affinchédiventi espressione della bellezza e dellasublimità del Dio amico degli uomini».Ma fu l’anno successivo a Parigi, nellostraordinario discorso rivolto al mondo dellacultura tenuto al Collège des Bernardins –edificato dai monaci "figli" di san Bernardo diChiaravalle come luogo di studio e di formazione– che Benedetto XVI sviluppò una lettura «delleorigini della teologia occidentale e delle radicidella cultura europea», identificandole con ilmonachesimo medievale, animato dalla

complementarietà tra «desiderio di Dio» e«amore per la parole»: il quaerere Deum e lelettere, la cultura umanistica. Ne scaturì undiscorso proprio di chi «dietro le cose provvisoriecerca il definitivo», affrontando tematicheuniversali e aprendo vasti orizzonti di senso. Lìmise in risalto come «la cultura della parola»,prezioso patrimonio europeo, grazie almonachesimo si sia sviluppata a partire dallaricerca di Dio e come questo «cercare Dio elasciarsi trovare da Lui oggi non è menonecessario che in tempi passati». Ne consegue, fula riflessione di Benedetto XVI, la necessità di unapproccio interpretativo della Scrittura alla lucedella Scrittura stessa, che rifugga da qualsiasifondamentalismo nella lettura della Bibbiaperché «la parola di Dio stesso non è maipresente già nella semplice letteralità del testo». Èil richiamo quanto mai attuale alla «misurainteriore» della libertà, alla sua dimensionespirituale che «pone un chiaro limite all’arbitrio ealla soggettività» istituendo «un legame superiorea quello della lettera: il legame dell’intelletto edell’amore».Oltre alla sottolineatura di una lettura orantedella Scrittura e della sua dimensione liberante,alla dimensione della preghiera che divienelettura della storia e lievito di cultura, il Papavolle ricordare anche come il monachesimobenedettino abbia anche saputo dare dignità allavoro umano, anche manuale, in un’epoca in cui«il saggio, l’uomo veramente libero si dedicavaunicamente alle cose spirituali» e chi saggiomagari non era ma possedeva la terra o il poteresi arricchiva con il lavoro degli altri. Così ilcristianesimo non sarà estraneo alla nascita della«cultura del lavoro, senza la quale lo sviluppodell’Europa, il suo ethos e la sua formazione nelmondo sono impensabili».Sì, Benedetto XVI ha sempre colto ilmonachesimo come «ciò che ha fondato lacultura dell’Europa, la ricerca di Dio e ladisponibilità ad ascoltarlo» e come forma radicaledi sequela cristiana che «rimane ancora oggi ilfondamento di ogni vera cultura». Così i monaci,se fedeli al Vangelo e alla loro grande tradizione,possono ricordare all’insieme della Chiesa ilcontributo prezioso che la società attende daicristiani per la costruzione di una polis segnata dagiustizia, pace, libertà e qualità della convivenza.

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S

il monacoNel solco di Benedetto ha colto l’essenza«Nulla anteporre all’amore di Cristo»

il nodo irrisoltoHa teso la mano alla Fraternità San Pio X rimettendo la scomunica del 1988 ed esponendosi alle critiche Ma così il Papa ha dato una lezionesull’unità della Chiesa: «Non possiamo lasciarli andare alla deriva»

Verso i lefebvrianicon cuore di padre

Enzo Bianchi

Con lui 45 santi Wojtyla tra i beati

10 Domenica, 24 febbraio 2013

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«Abusi, la svoltadefinitiva

è arrivata così»

«Cammino di guarigioneoltre gli scandali»

del 19 marzo 2010 la Letterapastorale di Benedetto XVI ai

cattolici d’Irlanda, maturata dopol’emergere di una catena di violenze daparte di esponenti del clero a danno digiovani e giovanissimi. «Come voi, sonostato profondamente turbato dallenotizie apparse circa l’abuso di ragazzi egiovani vulnerabili da parte di membridella Chiesa in Irlanda, in particolare dasacerdoti e da religiosi – scriveva il Papa–. Non posso che condividere losgomento e il senso di tradimento chemolti di voi hanno sperimentato alvenire a conoscenza di questi attipeccaminosi e criminali e del modo incui le autorità della Chiesa in Irlanda lihanno affrontati». Nel documento siproponeva «un cammino di guarigione,di rinnovamento e di riparazione»,chiedendo «perseveranza e di preghiera,con grande fiducia nella forza risanatricedella grazia di Dio». Il Papa così sirivolgeva alle vittime: «Avete soffertotremendamente e io ne sono veramentedispiaciuto. So che nulla può cancellareil male che avete sopportato». Severe leparole rivolte ai sacerdoti e ai religiosiche hanno abusato dei ragazzi. «Avetetradito la fiducia riposta in voi dagiovani innocenti e dai loro genitori.Dovete rispondere di ciò davanti a Dioonnipotente, come pure davanti atribunali debitamente costituiti». Infine,la proposta di un preciso e rigorosopercorso di purificazione.

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È

LA LETTERA

DI ELENA MOLINARI

"avvocato del Papa" – almeno negli StatiUniti – è un 54enne californiano con unamoglie italiana e una casetta di famiglia a

Berkeley, che non si fa mai fotografare ed èconvinto, prima ancora come legale che comecattolico, che «sotto la guida di questo Ponteficeè stato fatto di più da parte della Chiesa cattolicaper affrontare la questione degli abusi sessuali diqualsiasi altra organizzazione», civile o religiosa. Jeffrey Lena rappresenta la Santa Sede dal 2000, eha seguito l’evolversi dello scandalo degli abusisessuali di preti ai danni di minori negli Usa.Negli ultimi tre anni si è trovato a rispondere adaccuse mosse personalmente nei confronti diBenedetto XVI, secondo le quali vi sarebbe unaresponsabilità penale del Pontefice nelle vicendedi abuso. Tutti questi casi, sostiene Lena, si sonosgonfiati a uno a uno, ma non prima di averesollevato un polverone mediatico. Due anni fa,Jeffrey Anderson, avvocato di un gruppo divittime, addirittura accusò il Papa di criminicontro l’umanità di fronte alla Corte penaleinternazionale dell’Aja. Avvocato Lena, come si è conclusa quella vicenda?Anderson ha ritirato "silenziosamente" le accuse.L’idea che la Corte penale internazionale potesseprendere in esame un caso contro Benedetto XVI,considerato senza riserve uno dei più grandidifensori dei diritti umani del nostro tempo, è siainsensata sia offensiva. Non c’è niente che il Papaha fatto che possa essere considerato un criminecontro l’umanità. Semplicemente, le accuse nonerano sostenibili. Non c’è stato bisogno di alcunapressione da parte nostra. I giudici non avrebberomai preso in esame il caso. Anderson l’hapresentato per far notizia e l’ha ritirato prima chevenisse clamorosamente respinto.In questi giorni si parla della presunta perditadi immunità legale di Ratzinger una volta chenon sarà più Pontefice. È davvero così?In realtà, contrariamente alle riflessionidisinformate di una manciata di imprudenti, larinuncia del Santo Padre di fatto avrà nessunimpatto sulla sua posizione legale. Può spiegare meglio?Un capo di Stato, quando è in carica, godedell’immunità per tutti i suoi atti, sia pubblici siaprivati. Quando non si è più capo di Stato, gliatti ufficiali compiuti durante lo svolgimentodelle proprie funzioni sono ancora copertidall’immunità. Mi è impossibile pensare a unatto del Papa, quando è in carica, che non silegato alla sua funzione. L’immunità quindi non sparisce...L’unico elemento che un ex capodi Stato perde è l’inviolabilitàpersonale, che non permette checi si possa avvicinare a un capodi Stato, rivolgergli la parola oconsegnargli qualcosa. Mageneralmente gli ex leadercontinuano a godere di questaprotezione, come consuetudine,anche dopo la fine del loromandato. Questo è il motivo percui qualunque ipotesi che ilPapa possa essere citato ingiudizio è totalmente senzafondamento.Che cosa è cambiato nell’atteg-giamento della Chiesa nei con-fronti degli abusi sessuali negli ultimi dieci anni?Molto. Si tratta di una "storia di successo" chenon viene mai raccontata in modo adeguato. Seè vero che si può sempre fare di più, questoPapa ha il merito di aver riconosciuto ilproblema e di aver aiutato la Chiesa a cambiareatteggiamento. Che cosa si voleva dimostrare nei casi in cui èstato chiamato in causa il Papa personalmente?L’accusa sosteneva che il Papa è responsabile pertutti gli abusi sessuali commessi da preti in tuttoil mondo. Ma non è una tesi giuridica valida.L’idea che il Papa controlli tutte le diocesi o tuttii preti del mondo è falsa. Il Papa stabilisce leregole per la Chiesa, ma farle rispettare spettaalle diocesi. Una struttura governativa gerarchicanon si traduce nella responsabilità diretta dellapersona al suo vertice.Non si tratta dunque solo di dimostrare che

’L

un sacerdote di una diocesi èun dipendente del Vaticano,come alcuni legali hannotentato, invano, di fare?No, perché se anche un pretedella curia romana si rendessecolpevole di un crimine, ilPapa non ne sarebberesponsabile. La responsabilitàpenale è personale e non sitrasferisce attraverso leorganizzazioni. A che punto sono i casi aperticontro il Vaticano?Ce n’erano tre negli Usa. Il piùfamoso verteva attorno a padreLawrence Murphy, aMilwaukee (Wisconsin). Si

sosteneva che Joseph Ratzinger si fosserifiutato di ridurre il sacerdote allo statolaicale. Un’accusa falsa. L’avvocato deiquerelanti, ancora una volta Anderson, haritirato la denuncia un anno fa. Un’altraquerela era stata avanzata a Chicago nel 2010,sempre da Anderson, con molta fanfara.Anche quella è stato ritirata, senza pubblicità.Infine, c’era il caso dell’Oregon, nel qualesempre Anderson voleva dimostrare che unsacerdote di una diocesi americana èimplicitamente un impiegato del Vaticano. Inquesto caso è stato il giudice a respingere latesi, lo scorso agosto, ma il querelante ha fattoappello. Pensa che altri casi potranno essere presentati?Abbiamo già una serie di giudizi a nostrofavore. È difficile pensare a nuove denunce.

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il giuristaParla Jeffrey Lena, legale dellaSanta Sede negli Stati Uniti: conPapa Ratzinger, contro gliscandali sessuali la Chiesacattolica ha fatto più di ogni altraistituzione. I tentativi negli Usadi coinvolgere il Pontefice?Soltanto azioni strumentali,giudicate sempre infondate

DI SALVATORE MAZZA

i sono le vittime. E i carnefici. E poi ci sono icomplici, a diversi livelli e gradi di responsabilità.Le vittime vengono prima. E i colpevoli vanno

puniti. Così come i loro complici, che anche nellecircostanze meno dirette, o suggerite da intenzioni"buone", ma sicuramente distorte, che non implicanorilievi penali, devono fare ammenda dei lorocomportamenti. Volendo riassumere nella più estremadelle sintesi la dottrina Ratzinger sui casi di abusi sessualiperpetrati sui minori da parte di personale ecclesiastico,sono quelli i termini essenziali da riassumere. Terminiche, tuttavia, non danno conto della vera e propriarivoluzione portata da Benedetto XVI, che della lottacontro la pedofilia nella Chiesa ha fatto un punto fermodel suo pontificato, proseguendo nell’azione che avevainiziato ancora da Prefetto della Congregazione per laDottrina della Fede. Una "operazione pulizia" radicale,minuziosa – iniziata dal giorno dopo la sua elezione, ecioè ben prima che i contorni di quella vera e propriatragedia riesplodessero sui media di tutto il mondo,tentando – in modo anche ridicolo, a volte, come neicasi ricordati qui a fianco dall’avvocato Jeff Lena – ditirarlo in ballo anche personalmente.Più dei passaggi "tecnici" – spesso complessi –attraverso i quali questa lotta s’è dispiegata passo dopo

C

passo, quello che ancora di più va sottolineato è comePapa Ratzinger sia intervenuto con determinazioneassoluta a smontare prima di tutto quell’idea omertosache, in nome di un presunto "bene superiore" –l’integrità dell’immagine della Chiesa – ha portato perdecenni a nascondere, minimizzare, insabbiare i casi chedi volta in volta venivano fuori, senza che ci sipreoccupasse che, in tal modo, una nuova violenzafosse compiuta sulle vittime, che diventavano cosìvittime due volte.Papa Ratzinger, in sostanza, ha detto chiaramente einequivocabilmente che nessun presunto "benesuperiore" della Chiesa può essere anteposto allevittime. Che vengono prima di tutto, che vannoascoltate e aiutate, accompagnate se e quandonecessario. Ha detto, con altrettanta chiarezza, che nonsi dovrà mai più tacere di fronte allo scandalo; e chenon ha nessuna importanza il fatto, pur accertato, che lestatistiche dicano il contrario di quanto strillano igiornali, riconoscendo la minima incidenza percentualenella Chiesa di tali casi rispetto ad altre istituzioni,perché anche un solo ministro di Dio che si macchi diquesto "crimine orrendo" è già uno di troppo, e sporcatutta la Chiesa, che è di Dio. Mai più deve succedere.Il risultato di questa ferrea determinazione del Papa èsotto gli occhi di tutti, e non lo vede solo chi non vuolericonoscerlo. Sono cadute teste illustri, a cominciare daMarcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari diCristo, e ben 77 vescovi in tutto il mondo hannopresentato le proprie dimissioni per le lorocorresponsabilità. Soprattutto, dallo scorso dicembretutte le Conferenze episcopali del mondo si sono dotatedi proprie linee-guida per affrontare nuovi casi chedovessero ripresentarsi. Perché la vergogna del passatonon possa ripetersi.

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«I casi americani controla Chiesa e il Papa sono statimolto pubblicizzati, poi però si sonosilenziosamentesgonfiati del tuttoMa i media mondialihanno enfatizzato in modo esclusivola prima fase»

la «rivoluzione»Dalla parte delle vittimeper una pulizia radicale

20 aprile 2008: a New York Benedetto XVIcelebra la Messa in uno YankeeStadium gremitoIl viaggio negli StatiUniti si rivela ungrande successo:opinione pubblica emass media restanomolto colpiti daltoccante incontrodel Papa con alcunevittime di abusi,tenuto con grandedelicatezza e discrezione

19 GIUGNO 2009: I PRETI, DONO DI DIODodici mesi per «promuovere l’impegno d’interiore

rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro piùforte ed incisiva testimonianza evangelica nel

mondo»: per questo motivo Benedetto XVI il 16giugno 2009 indice l’Anno sacerdotale (chiuso l’11

giugno 2010). Un periodo di riflessione e rilancio delsacerdozio – provato da numerose difficoltà –

sull’esempio del santo Curato d’Ars.

7 LUGLIO 2009:DALL’AMOREL’IMPEGNOSOCIALELa terza enciclica diBenedetto XVI è la«Caritas in veritate», undocumento che a partiredai due pilastri dell’amoree della verità mette in filatutti i capisaldi dellaDottrina sociale dellaChiesa. «Nell’attualecontesto sociale eculturale – nota il Papa –,vivere la carità nella veritàporta a comprendere chel’adesione ai valori delCristianesimo è elementonon solo utile, maindispensabile per lacostruzione di una buonasocietà e di un verosviluppo umanointegrale».

4-25 OTTOBRE 2009: LA FEDE, TESORO DELL’AFRICA«L’Africa è depositaria di un tesoro inestimabile per ilmondo intero: il suo profondo senso di Dio»: con questeparole Benedetto XVI apre i lavori della secondaAssemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi.Un incontro il cui Instrumentum laboris è statoconsegnato il 19 marzo 2009 a Yaoundé, nel corso delviaggio del Papa in Camerun e Angola. Ratzinger indicauna precisa priorità a tutta l’Africa: ridare sensoall’accoglienza della vita come dono di Dio.

4 NOVEMBRE 2009:SERVIRE L’UNITÀConfermando il suocontinuo impegno nelcurare e far crescerel’unità e la comunionenella Chiesa, BenedettoXVI pubblica laCostituzione apostolica«Anglicanorumcoetibus», che prevedel’istituzione diordinariati personali pergli anglicani cherientrano in pienacomunione con laChiesa cattolica. Con ildocumento vengonoanche pubblicate lenorme complementari.Un gesto, quello delPapa, che non annulla ledifferenze ma rispettal’identità propria di tuttii «nuovi» fedeli.

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Benedetto XVI con Bartolomeo I ad Assisi il 27 ottobre 2011 per l’incontro interreligioso

«Il Pontefice dell’ecumenismo»DI SALVATORE MAZZA

n contributo «sostanziale e decisivo»,quello di Papa Benedetto, al progressoecumenico. A metterlo in evidenza è il

Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Barto-lomeo I, che in questa intervista esclusiva sot-tolinea la decisione con cui Papa Ratzinger nel2006 ha voluto riprendere il dialogo teologico,interrotto dal 2000, e come questo oggi sia ar-rivato a discutere il «tema decisivo» dell’eserci-zio del primato petrino.Tutti ricordiamo la visita del Papa a Istanbul.Che cosa ha segnato quel momento?È stata una risposta diretta a un invito perso-nale a partecipare ai festeggiamenti della festadi S. Andrea "primo chiamato degli Apostoli efratello maggiore di San Pietro", il 30 novem-bre 2006. Come il suo predecessore, il com-pianto Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedet-to XVI ha deciso di visitare il Fanar (il Patriar-cato) quale gesto simbolico del suo impegnoper le relazioni ecumeniche, oltre che una con-ferma del dialogo di amore e di verità tra le no-stre Chiese sorelle. E, così come era stato conGiovanni Paolo II, al termine della visita ab-biamo firmato una dichiarazione congiuntaper sottolineare l’esigenza di proteggere le mi-noranze, la libertà religiosa, e l’ambiente natu-rale. La visita, pertanto, è stato un modo since-ro e significativo di rinnovare il nostro impe-

Ugno e la notra responsabilità, come leader del-le Chiese cristiane in Oriente e Occidente, a se-guire e realizzare il comandamento di NostroSignore, che i suoi discepoli «siano una cosa so-la».Qual è stato il suo rapporto personale con Be-nedetto XVI?Sempre molto stretto, sia sul piano cooperati-vo sia su quello costruttivo. Abbiamo seguitocon grande interesse e amore il suo ministerocome professore, erudito e prolifico, di teolo-gia, in Germania, come un vescovo stimato efedele della tradizione petrina, come Prefettodella Congregazione per la Dottrina della Fe-de, e ora come il venerabile capo spirituale del-la Chiesa cattolica romana. Molti dei nostri at-tuali più rappresentativi membri della Gerar-chia ortodossa hanno avuto il privilegio di ap-prezzare le sue lezioni e di imparare dalla suasaggezza. In tutti questi anni, abbiamo mante-nuto relazioni cordiali e fraterne col Papa at-tuale, fondata sul nostro impegno comune perl’unità delle nostre due Chiese. Per questo mo-tivo, dopo la sua elezione, abbiamo prosegui-to nella tradizione, iniziata dal patriarca Ate-nagora e da Paolo VI, dello scambio formale didelegazioni, ogni anno, nelle rispettive feste pa-tronali delle nostre Chiese. A sua volta, Papa Be-nedetto generosamente ci ha invitato nel 2008a parlare al Sinodo dei Vescovi, cosa senza pre-cedenti, e, lo scorso ottobre, a portare l’unico

saluto di un leader ecumenico durante le cele-brazioni ufficiali in Piazza San Pietro per il 50° anniversario dall’apertura del Concilio Vati-cano II.Già il cardinale Kasper parlava di un dialogocattolico-ortodosso entrato nella sua "terzafase". Quale è stato, per lei, il contributo diBenedetto XVI a questo progresso?Le discussioni teologiche tra Ortodossi e Chie-sa cattolica è stato al centro del nostro amore eattenzione dal 1980, quando dopo il periodonoto come "dialogo della carità", inaugurato dal

compianto patriarca Atenagora e dai papi Gio-vanni XXIII e Paolo VI, il patriarca Dimitrios epapa Giovanni Paolo II istituirono la Com-missione mista internazionale per il dialogoteologico. Conosciuta come "dialogo della ve-rità", tale Commissione nel corso dei suoi in-contri ha pubblicato documenti condivisi sulmistero della Chiesa, sui sacramenti, sulla vi-sione dell’unità e il problema della uniatismo,su ecclesiologia e conciliarità e, più recente-mente, circa il ruolo del vescovo di Roma nel-

la comunione della Chiesa. Come si può im-maginare, questi non sono argomenti facili dadiscutere apertamente e onestamente, in parti-colare dopo i secoli trascorsi dall’ultima voltache le nostre due Chiese s’erano incontrate a u-no stesso tavolo, nei secoli XIII e XIV. Tuttavia,eravamo convinti che si debba persistere neldialogo nonostante gli ostacoli, consapevoliche, se ancora non non possiamo trovare un ac-cordo su un’unità teologica e sacramentale, pos-siamo almeno concordare nel nostro ramma-rico per le tragiche divisioni e le dolorose feri-te del passato. A questo proposito, il ruolo diPapa Benedetto è stato sostanziale e decisivo,in quanto ha condiviso la nostra preoccupa-zione e sostenuto il nostro appello per il ripri-stino nel 2006 del dialogo teologico, che erapurtroppo stato interrotto nel 2000.Si aspettava che un giorno la Commissionepotesse arrivare a parlare dell’esercizio delprimato di Pietro? Che venisse approvato undocumento al riguardo, e che la discussionepotesse ancora progredire?Come abbiamo già accennato, lo sviluppo e ilprogresso del dialogo teologico non è semprestato senza ostacoli e sfide. Tuttavia, noi siamoconvinti che un dialogo autentico e aperto, chemiri a una piena unità sacramentale, non pos-sa realizzarsi senza costi. Non possiamo spera-re di obbedire al comandamento del Signoredi «amarsi l’uno con l’altro» e di «essere l’uno

per l’altro» senza un vero spirito di sacrificio.Non ci può essere sicuramente alcun modoconfortevole o indolore di portare la croce diCristo. Certo, c’è stato uno scopo e una piani-ficazione dietro gli incontri in riunioni plena-rie e nel consenso crescente tra le nostre dueChiese. Ecco perché abbiamo iniziato con que-stioni come la Santissima Trinità, la Chiesa, el’Eucaristia, così che si possa avanzare versoquestioni quali il rapporto tra la nostra fede co-mune e comunione sacramentale, così come ilsignificato e la teologia del ministero ordina-to, in particolare il ruolo del vescovo. Abbiamosempre saputo che la questione decisiva su cuidiscutere e deliberare è il ruolo del papato nel-la vita della Chiesa locale, regionale e univer-sale. Tuttavia, tutti i nostri principi essenziali del-la fede sono interconnessi in modo vitale, enon possono essere isolati nella loro impor-tanza ecclesiologica, canonica, e sacramentale.È una benedizione, allora, che abbiamo perse-verato nel corso degli ultimi due decenni didialogo teologico, e nelle due decadi precedentidi rapporti fraterni tra le nostre due Chiese. Perora siamo in grado di aprire nuovi orizzonti ecrescere ancora più vicino alla realtà che esi-steva nella Chiesa del primo millennio, quan-do eravamo un solo corpo, sia pure con moltemembra.(ha collaborato Nikos Tzoitis)

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Rowan Williams: «È un passo che aiuta a capire»DI SILVIA GUZZETTI

ungi dall’indebolire la Chiesa catto-lica, come ha scritto una parte dellastampa britannica, la rinuncia di Be-

nedetto XVI «arricchirà spiritualmente» ilministero petrino e dimostrerà la vera na-tura di questa missione. Lo ha detto ad Av-venire Rowan Williams, già arcivescovo diCanterbury e già primate della Comunio-ne anglicana al quale è sempre stata attri-buita una particolare intesa con JosephRatzinger. Gli inglesi ricordano l’abbracciocaloroso che i due si sono scambiati a Lam-beth Palace quando Benedetto XVI ha vi-sitato il Regno Unito nel settembre 2010.Williams, che ha lasciato il suo incarico loscorso dicembre, scegliendo il ruolo di pre-side del Magdalene College di Cambrid-ge, ha ammesso di aver discusso con il suocompagno di viaggio ecumenico «le pres-sioni degli incarichi che avevamo e di averparlato della promessa di dedicare più tem-po alle riflessioni e alla preghiera».La rinuncia del Papa, secondo il già arci-vescovo di Canterbury, aiuta a capire qua-le è il vero ruolo del Pontefice. «Il ministero

petrino è qual-cosa di diversodai doni e dal-le competenzedi chiunque,per quanto sag-gio egli sia –spiega il teolo-go –. È un ser-vizio al qualeDio chiama u-na persona,forse per la vi-ta, forse per una stagione». E le parole diomaggio che Williams, seguito dal suo suc-cessore Justin Welby e da diversi altri ve-scovi anglicani, ha voluto dedicare al Pa-pa, sarebbero state impensabili finoall’800 quando i cattolici non godevanoancora nel Regno Unito dei diritti civili. Se-gno dei rapporti sereni che adesso corro-no tra le due Chiese che collaborano, at-traverso l’associazione «Churches togetherin Britain and Ireland», in diverse iniziati-ve parrocchiali e diocesane.«Questa decisione del Papa testimonia lamaturità spirituale e il coraggio di una per-

sona che sonoonorato di averconosciuto»,aggiunge anco-ra Willams, se-condo il quale«la decisionedel Papa e ilmodo in cuil’ha presa e l’hacomunicata te-stimoniano u-na preoccupa-

zione profonda per il bene della Chiesa edimostrano umiltà e capacità di discerni-mento». Così il già primate ha reso o-maggio al Pontefice con il quale ha con-diviso la preoccupazione per l’ordinazio-ne episcopale delle donne e quella degliomosessuali dichiarati.Porta la data del 4 novembre 2009 la co-stituzione apostolica Anglicanorum coeti-bus voluta da Benedetto XVI che prevedel’istituzione di ordinariati personali peranglicani che entrano nella piena comu-nione con la Chiesa cattolica. Spiega il do-cumento che l’ordinariato è formato da

laici, sacerdoti e religiosi d’istituti di vitaconsacrata o di società di vita apostolica,«originariamente appartenenti alla Co-munione anglicana e ora in piena comu-nione con la Chiesa cattolica, oppure chericevono i sacramenti dell’Iniziazione nel-la giurisdizione dell’ordinariato stesso». Lacostituzione apostolica stabilisce ancheche «senza escludere le celebrazioni litur-giche secondo il Rito romano, l’ordina-riato ha la facoltà di celebrare l’Eucaristiae gli altri Sacramenti, la Liturgia delle oree le altre azioni liturgiche secondo i libriliturgici propri della tradizione anglicanaapprovati dalla Santa Sede, in modo damantenere vive all’interno della Chiesa cat-tolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pa-storali della Comunione anglicana, qualedono prezioso per alimentare la fede deisuoi membri e ricchezza da condividere».«Ringrazio Dio per una vita sacerdotalecompletamente dedicata, in parole e ope-re, alla preghiera e al difficile servizio di se-guire Cristo», aveva detto del Papa l’arci-vescovo JustinWelby, successore di Wil-liams.

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L

Col primate anglicano Rowan Williams a Londra (settembre 2010)

gli anglicaniPer il già arcivescovo di Canterbury, che a sua volta ha lasciato l’incarico, «il ministero petrino è qualcosa di diverso dai doni e dalle competenze di chiunque»

il patriarca Il capo della Chiesaortodossa diCostantinopoliricorda gli anni diintenso confrontospirituale e teologicoA partire dalla visita aIstanbul nel 2006«Anche il nostrorapporto personale èstato sempre moltostretto e costruttivo»

Bartolomeo I: il suo è stato un ruolo decisivo, anche sul tema del primato petrino

«Ratzinger ci ha invitato aparlare, nel 2008, al Sinodo deiVescovi, una circostanza davverosenza precedenti»

17 GENNAIO 2010: L’EREDITÀ COMUNE DA VALORIZZAREBenedetto XVI visita la Sinagoga di Roma, che ha accolto nel 1986 anche Wojtyla.

Ad attenderlo c’è il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. «Cristiani ed ebrei – dice il Papa – hanno una grande parte di patrimonio

spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse radici, ma rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro».

IRLANDA, 19 MARZO 2010: ACCANTO ALLE VITTIME DEGLI ABUSIDi fronte al triste scandalo degli abusi sessuali compiuti da esponentidel clero irlandese Benedetto XVI decide di far sentire la sua vicinanzaa tutti i fedeli dell’isola. Nella Lettera pastorale ai cattolici d’IrlandaRatzinger usa toni duri contro i colpevoli e si fa vicino a chi ha subito leviolenze. Il suo intervento dimostra la ferma intenzione ad affrontarecon coraggio e nella verità una ferita dolorosa per tutta la Chiesa.

17-18 APRILE 2010:A MALTA SULLEORME DI SAN PAOLONel 1950° anniversario delnaufragio di san Paolosull’isola Ratzinger visitaMalta. «Continuate adesplorare la ricchezza e laprofondità del dono diPaolo», dice il Papa ai fedelidell’isola. Prima di rientrare aRoma, Benedetto XVIincontra anche otto uominifra i 30 e i 40 anni che inpassato hanno subito abusi.Un momento che si è svolto,come gli altri di questogenere, «al riparo dalclamore mediatico» e in unclima di profondacommozione. Durantel’incontro il Papa rinnoval’impegno già preso perevitare che fatti simili siripetano.

Nel luogo simbolo della Riformala mano tesa agli evangeliciTanti i passi verso i protestanti

stata la prima volta di un Papa all’ex convento degli agostinianidi Erfurt, luogo simbolo della Riforma, dove Martin Lutero

studiò teologia e venne ordinato sacerdote. Benedetto XVI saràricordato anche per questa visita – il 23 settembre 2011, nel suosecondo viaggio apostolico in Germania – che ha rappresentato ilpunto più alto della sua «strategia dell’attenzione» nei confronti delmondo evangelico. Se l’impegno ecumenico è stato uno dei temi difondo del pontificato, momenti ufficiali come la celebrazione con laComunità evangelica luterana di Roma, nella Christuskirche il 14marzo 2010, o anche non ufficiali, come il seminario dedicato aLutero nel settembre 2012 dal Ratzinger Schülerkreis, il circolo degliallievi del professor Ratzinger, hanno manifestato il profondointeresse di Benedetto XVI per questo specifico versante del dialogointerconfessionale. «Come i martiri dell’epoca nazista ci hannocondotti gli uni verso gli altri e hanno suscitato la prima grandeapertura ecumenica», ha ricordato il Papa a Erfurt, «così anche oggila fede, vissuta a partire dell’intimo di se stessi, in un mondosecolarizzato, è la forza ecumenica più forte che ci ricongiunge,guidandoci verso l’unità nell’unico Signore». Questo è il grandecompito che deve vedere alleati cattolici e protestanti oggi:testimoniare insieme Cristo, perché «l’assenza di Dio nella nostrasocietà si fa più pesante, la storia della sua rivelazione, di cui ciparla la Scrittura, sembra collocata in un passato che si allontanasempre di più».

Andrea Galli© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’invito ai musulmani:allarghiamo la ragione

PAROLE E GESTI

DI GIORGIO PAOLUCCI

l merito principale di BenedettoXVI nei confronti deimusulmani? L’invito ad allargare

la ragione, lo stesso invito che hafatto all’Occidente. Parola di SamirKhalil, gesuita, egiziano,islamologo di fama internazionale,chiamato da Ratzinger nel 2005 atenere una lezione sull’islam inoccasione degli incontri annuali delPapa con i suoi ex allievi aCastelgandolfo. Di questo Papa si ricorda soprat-tutto il discorso tenuto all’univer-sità di Ratisbona nel 2006, chescatenò un mare di polemiche…Un intervento fondato sul concettoche l’uomo è anzitutto un essereragionevole e che in ogni persona èpresente l’aspirazione al bene, alladignità e alla libertà, e a partire daquesto è possibile costruire insiemeuna società dove ci sia posto pertutti. Benedetto XVI ricordavaall’islam la strada percorsa tra ilnono e il tredicesimo secolo, nelperiodo abasside, quando si verificòl’incontro fecondo con l’ellenismoche venne fatto conoscere aimusulmani dai cristiani arabi esiriaci e si ripensò la teologiapartendo dalla filosofia, in unafecondazione reciproca tra fede eragione che poi è purtroppodegenerata nella chiusuraautoreferenziale del mondoislamico. Una situazione analogavive l’islam contemporaneo, dove sifronteggiano coloro che invitano arileggere la tradizione usando laragione e gli strumenti dellamodernità, e quanti invecesostengono un’interpretazionemeccanica del Corano e dellasharia. La frase chiave di Ratisbonaè: "Non agire secondo ragione ècontrario alla natura di Dio". A giudicare dalle reazioni dellepiazze islamiche, il messaggio nonfu recepito…

Ricordo che in quei giornipartecipai a numerosi dibattititelevisivi sul discorso tenuto daRatzinger, e rimasi stupito dal fattoche molti degli interlocutorimusulmani con cui mi confrontavonon l’avevano letto, ma neparlavano alla luce delle riduzionioperate dai media arabi. Analogaconsiderazione si può fare sullemanifestazioni di piazza che siscatenarono in quei giorni, fruttopiù di reazioni istintive che di unesame approfondito delle paroledel Papa. Che cosa rappresenta la lettera fir-mata da 138 saggi islamici un an-no dopo e indirizzata al Papa e ad

altri leader cristiani?Testimonia che all’interno delmondo musulmano, pur consensibilità differenti, c’è chidesidera aprirsi a un confronto. Ilpunto di partenza era la fedenell’unicità di Dio. La Santa Sederispose a quel documento, ci fuanche un incontro in Vaticano percominciare ad affrontare alcunequestioni fondamentali come idiritti dell’uomo, la libertàreligiosa, la reciprocità, la violenza.Fu un segnale positivo, cheandrebbe ulteriormente sviluppato.Perché per dialogare con l’islam èinutile partire dalla teologia, ancormeno dal dogma.In che senso?

Il cristianesimo è fondato su undato assolutamente originale:l’incarnazione di Dio, il Mistero chesi rende incontrabile all’uomo. Unconcetto inimmaginabile nellacultura e nella teologia islamica. ARatisbona e nei suoi interventisuccessivi, Benedetto XVI hapuntato sui dati che accomunano ilgenere umano: la razionalità el’aspirazione al bene, alla giustizia,alla libertà. Lo scopo è costruireuna civiltà in cui sia possibile vivereinsieme pur essendo diversi. Laviolenza, tanto più se usata innome di Dio, è la negazione diquesta possibilità. E questo è ildramma con cui si misura ilmondo islamico: penso alterrorismo e alla degenerazionidelle primavere arabe.Uno degli ultimi documenti "forti"di questo pontificato è l’esortazio-ne apostolica per il Medio Orientefirmata in Libano nel settembre del-l’anno scorso, che analizza questied altri temi cruciali legati anche al-la condizione delle minoranze cri-stiane nei Paesi islamici.In effetti vi sono contenute indica-zioni preziose. Si afferma che le reli-gioni sono al servizio del bene co-mune per edificare una società co-mune, che la libertà religiosa è fon-damento e culmine di tutte le libertà,e si sviluppa magistralmente la no-zione di laicità positiva: «La sana lai-cità significa liberare la religione dalpeso della politica e arricchire la po-litica con gli apporti della religione,mantenendo tra loro una chiara di-stinzione e la necessaria collabora-zione». È un monito che vale tanto perle società musulmane, dove spesso lareligione determina la politica, quan-to per quelle occidentali, che consi-derano l’esperienza religiosa un fattoprivato e ritengono che la fede non de-ve «contaminare» la ragione. Un’ere-dità preziosa che questo Papa lasciaal mondo intero.

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I

È il 6 novembre 2008: il Papa riceve una delegazione di musulmani in Vaticano

Il gesuita Samir Khalil

l’espertoSamir Khalil: con ildiscorso di RatisbonaRatzinger ha posto i fondamenti per undialogo autentico, chenon parte dalla teologia

Da Ratisbona a Istanbulella "lectio magistralis"tenuta il 12 settembre 2006

all’università di Ratisbona, doveaveva insegnato per molti anni,Benedetto XVI mette a tema ilrapporto tra fede e ragione,ponendo le basi per un dialogotra cristiani e musulmani chevalorizzi la razionalità econdanna l’uso della violenzacome contraria alla natura di Dioe dell’uomo. Un passaggio del suodiscorso (riferito a Maometto eavulso dal contesto) viene preso apretesto per manifestazioni diprotesta che infiammano decinedi piazze islamiche. Un mesedopo, 38 personalità musulmanescrivono a Ratzinger una letteraaperta nella quale in parteconcordano e in parte dissentonodalle posizioni da lui sostenute,con l’intento di arrivare a una"mutua comprensione". Un annodopo viene resa nota unaseconda lettera, firmata da 138esponenti musulmani di diversoorientamento intitolata «Unaparola comune tra noi» eindirizzata al Papa e ad altrileader cristiani. Al cardinaleTauran, presidente del Pontificioconsiglio per il dialogointerreligioso, Benedetto XVIaffida il compito di portare avantiil dialogo iniziato con i 138, e unprimo incontro si svolge inVaticano nel 2008: è un passosignificativo, che probabilmentenon ci sarebbe stato senza leparole pronunciate a Ratisbona.Il rapporto di Ratzinger colmondo islamico non è solo fattodi parole, ma anche di gesti. Ilpiù significativo è la visita allaMoschea blu di Istanbul, pochesettimane dopo Ratisbona,preceduto da minacce epolemiche. Qui si ferma davantial mihrab, l’edicola islamicarivolta in direzione della Mecca,verso la quale indirizzano le loropreghiere i fedeli musulmani,dove sosta in meditazioneaccanto al gran mufti di Istanbul,Mustafa Cagrici. «Questa visita ciaiuterà a trovare insieme i modi,le strade della pace per il benedell’umanità», dice al gran mufti.Gesti e parole che sorprendono esuscitano ammirazione inTurchia, e non solo.

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Riccardo Di Segni

DI RICCARDO MACCIONI

n pontificato aperto al dia-logo con l’ebraismo. Un Pa-pa teologo capace di amici-

zia, che ha dimostrato "sul cam-po" attenzione e vicinanza al po-polo dell’Alleanza. Il 17 gennaio2010, 24 anni dopo la storica pri-ma volta di Wojtyla, il rabbino ca-po di Roma, Riccardo Di Segni haaccolto Benedetto XVI nella Sina-goga di Roma, in quella che restauna delle tappe più significativedegli otto anni di Ratzinger sul so-glio di Pietro. «È stato un pontifi-cato – spiega Di Segni – in cui cisono stati dati segnali importanti,nella linea della continuità con iPapi precedenti».In qualche modo l’incontro ro-mano è stato il punto d’arrivo diun itinerario contrassegnato da al-tri momenti significativi, dall’in-contro alla Sinagoga di Coloniadel 19 agosto 2005 alla preghieraal Muro Occidentale di Gerusa-lemme nel 2009, passando per lavisita al campo di concentramen-to di Auschwitz-Birkenau, duran-te il viaggio in Polonia, nel 2006.Un percorso di riconciliazione del-la memoria che ha fatto trasparireil tratto umano del Pontefice. «Nel-le occasioni, non molte, in cui cisiamo incontrati – sottolinea DiSegni – ho potuto progressiva-mente scoprire la sua sensibilità e-segetico-scritturale, che per un rab-bino rappresenta un importantetramite di comunicazione». Qua-lità emersa con forza durante il di-scorso alla Sinagoga di Roma, conil richiamo alla «comune ereditàtratta dalla Legge e dai Profeti» el’indicazione della centralità delDecalogo «che proviene dalla To-rah» come «fiaccola dell’etica, del-la speranza e del dialogo, stella po-lare della fede e della morale del

U

popolo di Dio» che «illumi-na e guida anche il cammi-no dei cristiani». Diciamo –aggiunge il rabbino capodella comunità ebraica diRoma – che «l’insegnamen-to di questo Papa ha rimar-cato il legame profondo delcristianesimo con le radiciebraiche e bibliche, spessoin passato trascurato nelmondo cattolico. Fa parte poi del-la "dottrina" cristiana il richiamoai Dieci Comandamenti che sono,attraverso la Bibbia ebraica, un pa-trimonio condiviso».Nel 2010, Di Segni dedicò buonaparte del suo discorso nella Sina-goga di Roma al rapporto tra fra-telli che, nella Bibbia, inizia mol-to male. Come noto Caino uccideAbele, Isacco e Ismaele per di-menticare le loro rivalità devono

attendere la morte del padre A-bramo, mentre le strade di Esaù eGiacobbe si incontrano solo perun breve tratto di cammino. «Fi-nalmente» la storia di Giuseppe ei fratelli, che inizia in maniera con-flittuale per concludersi con unaconciliazione finale. In questo sen-so, Di Segni si domandava a chepunto fosse il rapporto tra ebrei ecristiani. «Il problema riguarda leresponsabilità che derivano dalla

fratellanza, come sotto-linea il discorso della Ge-nesi». Per esempio, ri-chiama alla necessità diuna testimonianza co-mune in campo eticonell’Europa secolarizza-ta. «Decisamente sì –continua Di Segni – ilpatrimonio condivisodev’essere sottolineato e

ci mette di fronte alla responsabi-lità, visto che il mondo sceglie al-tre direzioni, di trovare elementicomuni su cui agire». Costante nelpontificato di Ratzinger il richiamoalla dichiarazione conciliare No-stra Aetate così come la totale con-danna della Shoah. Un rifiuto ri-badito con forza da Benedetto X-VI tanto nella Sinagoga di Romache ad Auschwitz-Birkenau. «Di-ciamo – osserva Di Segni – che il

discorso nel campo di concen-tramento circa l’interpretazionedel ruolo della Germania e delpopolo tedesco nella Secondaguerra mondiale, non ci ha en-tusiasmato. Al di là di questo,però, resta l’importanza del ge-sto, del rifiuto». Rabbino Di Se-gni, a suo modo di vedere qual èl’eredità di questo Papa? «Ci la-scia l’invito ad andare avanti e afar crescere il dialogo. Un testi-mone che va raccolto e non la-sciato cadere». Allora, cosa aspettare, cosa chie-dere al suo successore? «Noi ciauguriamo che ci sia una linea dicontinuità con il pontificato diBenedetto XVI – conclude il rab-bino capo della comunità ebrai-ca di Roma – nel rispetto e nellacollaborazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Con l’ebraismosegnali importanti

LE TAPPE

il rabbinoNel 2010 Riccardo Di Segni accolseil Papa nella Sinagoga di Roma: harimarcato il legame del cristianesimocon le radici ebraiche e bibliche

Amicizia e fiducia:otto anni di dialogo

tto anni nel segno della«fiducia» e dell’«amicizia»

con popolo dell’Alleanza.Benedetto XVI ha valorizzato ildialogo ebraico-cristiano findall’inizio del suo pontificato.Nel suo primo viaggio all’estero,in Germania, vistando lasinagoga di Colonia nell’agosto2005, papa Ratzinger invita a«migliorare i rapporti» senza,però, «minimizzare» ledifferenze. Il 2006 ècontrassegnato dalla visita alcampo di concentramento diAuschwitz-Birkenau, in Polonia,luogo-simbolo della Shoah.«Sono qui come figlio del popolotedesco», afferma il Ponteficeesortando alla «purificazionedella memoria». In preghiera e amani giunte percorre il vialecentrale. E nel cuore del lagernazista pone la domanda:«Signore, perché hai potutotollerare tutto questo?». Nel2008, in due occasioni,sottolinea l’impegno «controogni forma di antisemitismo»:incontrando a Parigi la comunitàebraica e nell’Angelus del 9novembre nella ricorrenza della«notte dei cristalli». Nel 2009,durante il pellegrinaggio in TerraSanta, si ferma nel mausoleo diYad Vashem chiedendo di «nondimenticare». E davanti al Murooccidentale di Gerusalemmeripete il gesto di porre unapreghiera fra le fessure in cuiinvoca la pace nel mondo. Il 17gennaio 2010 il Papa visita lasinagoga di Roma dove ricordache «la Chiesa non ha mancatodi deplorare le sue mancanze» eindica nel Decalogo la «stellapolare» per le due fedi. Fra leincomprensioni quelle sullariformulazione della preghieraper gli ebrei nella liturgia delVenerdì Santo e l’iter per labeatificazione di Pio XII. Inquesti otto anni la Commissionemista per il dialogo cattolico-ebraico ha incentrato i suoilavori su relativismo etico,libertà religiosa e crisifinanziaria.

Giacomo Gambassi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Associazioni e movimenti ecclesiali in piazza San Pietro per un’udienza con Benedetto XVI

i movimentiAssociazioni e comunità ecclesialiriflettono sui gesti con i quali Benedetto XVI le ha sempre incoraggiate a coltivare la loro missione a servizio della Chiesa e dell’annuncio del VangeloUn diario di viaggio che delineauna mappa per il cammino futurodi ciascuna di queste realtà

DI MATTEO LIUT

i ha accolti, accompagnati, incoraggiati eindirizzati sempre verso la comunione ecclesiale.Quello tra Benedetto XVI e i movimenti e le

associazioni laicali è stato, in otto anni di pontificato,un rapporto di affetto, stima, guida paterna. E con isuoi gesti, le sue scelte, le sue parole Ratzinger hasaputo valorizzare ogni singolo carisma per ilrinnovamento della Chiesa. D’altra parte, ricordava ilPapa nella veglia di Pentecoste il 3 giugno 2006, "imovimenti sono nati dalla sete della vita vera; sonomovimenti per la vita sotto ogni aspetto".In questo cammino condiviso ogni movimento, ognicomunità, ogni associazione ha i suoi momenti fortida ricordare. Una memoria che traccia il profilo di unPapa che ha saputo fare da padre ai diversi carisminella Chiesa. «Ci restano nel cuore alcuni particolari "messaggi" delPapa – ricorda Franco Miano, presidente nazionaledell’Azione Cattolica Italiana –. Il richiamo allatensione alla santità come propria dei laici, nel 140°anniversario dell’Ac del 2008. La coniugazione disantità e impegno educativo, nell’incontro con glioltre 100mila ragazzi e adolescenti dell’Associazione,nel 2010. La sottolineatura della corresponsabilità deilaici nella vita della Chiesa, nel messaggioall’Assemblea del Forum internazionale di Ac, nel2012. Infine, l’invito alla gioia e alla speranza, purnelle fatiche, nelle parole pronunciate l’11 ottobre2012, in occasione della fiaccolata con cui l’Ac hacelebrato il 50° del Concilio».Ricordando «i grandi doni» che Ratzinger ha voluto«elargire alla famiglia di Rinnovamento nello SpiritoSanto», il presidente Salvatore Martinez cita quellodella Fondazione vaticana «Centro InternazionaleFamiglia di Nazareth» istituita proprio nelle scorsesettimane. Un gesto del Papa, come anche la suarinuncia, che «smentisce chi lo presentava come"cardinale di ferro" testimoniando rara magnanimitàdi cuore e umiltà di servizio, proprie di chi ama ilSignore e il suo Vangelo più di se stesso e dellapropria vita. Ha difeso la Chiesa dallo spirito delmondo – nota ancora Martinez – riaccendendo la lucedella fede nelle anime, ridando un cuore allamodernità, offrendo Cristo come esperienzaragionevole, umanizzante e salvifica per l’uomo. Sicongeda all’insegna della libertas in veritate».Benedetto XVI, d’altra parte, ha avuto stretti rapportianche con i fondatori deimovimenti che oggi segnano ilvolto della Chiesa. «DonGiussani dialogava già colcardinale Ratzinger perl’autorevolezza che gliriconosceva – ricorda donJulián Carrón, presidente dellaFraternità di Cl –. DivenutoPapa, è stato per noi un farosicuro per la percezione acutadel dramma di un io ridotto equindi per l’invito ad allargarela ragione fino a scoprire il rapporto tra le domandeumane e la risposta della fede; per l’insistenza sullanatura del cristianesimo come avvenimento e noncome creazione dell’uomo, per la testimonianza dellafede come metodo, il dialogo interreligioso e lasottolineatura che il contributo dei cristiani saràdecisivo solo se l’intelligenza della fede diventaintelligenza della realtà».Giampiero Donnini, responsabile della primacomunità del Cammino neocatecumenale italiana aRoma, ricorda l’antico legame tra Ratzinger el’iniziatore dello stesso Cammino Kiko Argüello:«Quando era docente a Ratisbona lo volle conoscere –ricorda Donnini – e lo presentò ad alcuni parrocitedeschi, che poi diedero inizio alle catechesi delCammino. Siamo profondamente grati a Ratzingerper quello che ha fatto sia da prefetto dellaCongregazione della dottrina della fede sia daPontefice, con l’approvazione di diversi documentifondamentali per la vita del Cammino. Egli ha ancheinviato le missio ad gentes in territori bisognosi di unanuova evangelizzazione, dimostrandosi quindi unpastore davvero preoccupato dell’evangelizzazione,che ci è stato vicino con gesti concreti».E anche la Comunità di Sant’Egidio è tornata con lamemoria a uno dei più recenti gesti concreti diattenzione di Benedetto XVI: la visita del 12 novembre2012 alla casa «Viva gli Anziani». E lo scorso 6febbraio, al termine dell’udienza generale il Papa ha

L

incontrato alcuni vescovi che hanno preso parte a unconvegno promosso dalla Comunità nell’anniversariodella fondazione, invitando Sant’Egidio a continuarenell’impegno a favore «dei deboli e dei poveri».Riflettendo sulla sua rinuncia, il fondatore diSant’Egidio, Andrea Riccardi, così riassume gli ottoanni di pontificato: «Papa Ratzinger ha puntato sul"governo spirituale" con il suo insegnamento».Un Papa quindi che ha saputo sempre mostrare la viaad associazioni e movimenti.«Ero stata appena eletta presidente dei Focolari –ricorda da parte sua Maria Voce –. Insiemeall’assemblea generale ci recammo in udienza daBenedetto XVI. Era il 27 luglio 2008. Ci incoraggiòcon forza "a proseguire con gioia e coraggio nel solcodell’eredità spirituale di Chiara Lubich,incrementando sempre più i rapporti di comunione".Poi disse a me, come in confidenza: "Dio la aiuterà"».Poi la responsabile del movimento ricorda un’udienzaprivata del 2010: «Vedeva il "carisma dei focolarini"

come quello "che costruisceponti, che fa unità", palestra diun amore profondo e personalecon Dio, fonte di ogni altroamore e di santità. A conferma,e ciò gli diede particolare gioia,la testimonianza dellabeatificazione imminente diChiara Luce Badano e le 17cause avviate per altri membridel Movimento». Nell’album dei ricordi, che inquesto momento è eredità per

il futuro, anche il Movimento Cristiano Lavoratori(Mcl), presieduto da Carlo Costalli, aggiunge la suaimmagine. «Serbiamo nel cuore il commoventeincontro con il Mcl il 19 maggio scorso per il nostro40° anniversario – ricorda il presidente Carlo Costalli–: ci ha lasciato un programma che sarà guida per iprossimi anni».«Fra i tanti ricordi del rapporto di Benedetto XVI conle Acli – ricorda Gianni Bottalico, presidente delle Acli– forse quello che più rimarrà impresso in noi èquello dell’Angelus a Castelgandolfo a conclusionedell’Incontro nazionale di studi delle Acli dedicatoalla Laborem exercens, il 4 settembre 2011. Nel nostrocammino vogliamo continuare a riferirci allastraordinaria sintesi che egli ci ha proposto tral’esperienza di fede e i valori che animano la vitaeconomica, sociale e politica nel mondo attuale».Ma raccogliere l’eredità di Benedetto XVI significaanche guardare avanti. Come fanno ad esempio iresponsabili dell’Agesci, Giuseppe Finocchietti eRosanna Birollo, capo scout e capo guida, MatteoSpanò e Angela Maria Laforgia, presidenti delComitato nazionale, assieme a padre AlessandroSalucci, assistente generale: «Preghiamo ora perchiedere allo Spirito Santo di far sorgere tra noi unpastore che ci aiuti con il suo sostegno a portareavanti i valori del movimento scout: pace, giustizia,fratellanza universale e comunione tra i popoli».

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la cattedra della semplicitàIl Papa professore e catechistacapace di «farsi capire da tutti»

DI ENRICO LENZI

il Papa catechista che non tiaspetti. Un teologo capace di«sminuzzare» i grandi temi

ed «essere comprensibile a tutti».Benedetto XVI ha sorpreso moltosotto questo profilo. «Attraversole catechesi del mercoledì all’u-dienza generale – dice monsignorWalther Ruspi, segretario della se-zione catechesi del Consiglio del-le Conferenze episcopali d’Europa– ci ha aiutato a conoscerlo e adapprezzarlo per questa sua capa-cità». Non solo un «vero catechi-sta», ma anche un pastore «capa-ce di coinvolgere le folle dei fede-li presenti, trasformando le u-dienze generali da momenti dihappenig a uno spazio di silenzioe di preghiera». Erain grande dilemmache gli osservatori e-sterni avevano all’i-nizio del pontifica-to di Jospeh Ratzin-ger, noto al grandepubblico come «ilteologo, il professo-re universitario. Co-municatore «di gran-di verità e concetti»,capace «di farsi com-prendere da tutti»,ma «mai banale» sottolinea mon-signor Ruspi, che ricorda come an-che i temi affrontati nelle catechesidel mercoledì «hanno voluto mo-strare la testimonianze di santitàdei Padri della Chiesa, ma anchedi altre figure della storia del cri-stianesi dai suoi inizi fino ai gior-ni nostri, per dimostrare la ragio-nevolezza della fede, avvicinan-doci a una fede pensata, senza a-ver paura delle domande profon-de». Una carrellata che non ha toc-cato soltanto Apostoli o Dottoridella Chiesa, ma «anche il geniofemminile, con le catechesi si al-cune sante e beate, proprio per farsentire che tutto il popolo di Dio

è valorizzato in questo camminoverso il Padre e nel compito dellatestimonianza». Insomma un per-corso di otto anni nel quale «hamostrato la vita ricca della Chiesae ha indicato sempre la centralitàdi Gesù, della sua persona, da in-contrare in modo personale, a-prendoci alla sua conoscenza». Si-gnificativo, secondo monsignorRuspi anche la scelta di dedicareuna serie delle catechesi «alla pre-ghiera e alla preghiera di Gesù, cheanche in questo ci è maestro».«Potrebbe essere preso di esempioda tutti i catechesti» aggiunge donDanilo Marin, responsabile regio-nale della catechesi nella regioneecclesiastica del Triveneto. «Hopartecipato a qualche udienza ge-nerale e ho potuto apprezzare que-

sto linguaggio sem-plice e chiaro, maricco di concetti e dimessaggi». E, altro e-lemento a sorpresa,«mi ha colpito la suacapacità di rappor-tarsi con i fedeli.L’ho potuto speri-mentare in un’u-dienza più ristretta acui partecipai comeresponsabile di unacasa di Esercizi spi-

rituali della Fies: davvero grandeumanità e attenzione agli altri».Una caratteristica che don DinoPirri, responsabile della cateche-si per la regione ecclesiastica del-le Marche e assistente spiritualenazionale dell’Azione cattolica ra-gazzi (Acr), ha potuto verificareanche nell’incontro con i più pic-coli, con i bambini. «Mi ha sem-pre colpito la capacità di Bene-detto XVI di mettersi in rapportocon i bambini. L’ho visto in oc-casione degli incontri che ha conl’Acr per Natale. Colpisce l’atten-zione, la tenerezza e anche lo stu-pore che Benedetto XVI esprimeincontrando anche i più piccoli».

E quest’ultimi «ne sono conqui-stati, dopo l’iniziale emozione etimidezza di trovarsi davanti alPapa». Quest’anno, racconta an-cora don Pirri, «abbiamo notatocome il Papa abbia dedicato mol-to più tempo all’incontro con ipiccoli dell’Acr in quello che è sta-to il loro ultimo incontro con Be-nedetto XVI». Sembrava quasi chevolesse prolungare quell’incon-tro. Grandi o piccoli che fosseroi suoi interlocutori, il Papa cate-chista «ha voluto indicare conchiarezza la strada verso il Padre»dice monsignor Ruspi. Sapendoentrare nel cuore del messaggio,così «come ha fatto anche nei trelibri sulla persona di Gesù». E«senza tirarsi indietro dal con-fronto con altri contributi cultu-rali e di pensiero», ma mante-nendo con tutti «un linguaggiocomunicativo chiaro con ogni suointerlocutore». Anche monsignorRuspi ha un ricordo legato al Pa-pa con i giovani. «Eravamo allaGiornata mondiale della gioventùa Sydney nel 2008 e stavamo na-vigando sulla nave. È stato bellis-simo vedere come Benedetto XVIascoltava con interesse e sinceracuriosità le parole del giovane ra-gazzo maori che stava al suo fian-co e gli illustrava il panorama.Colpiva il suo stupore e la sua me-raviglia per quanto gli veniva spie-gato. Il Papa si lasciava istruirecon grande passione».

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È

Dall’Ac all’Agesci, da Cl aiFocolari, con Sant’Egidio, ilCammino neocatecumenale, Mcl,Acli e Rinnovamento nello SpiritoSanto ognuno è stato oggetto digesti e parole con le quali Ratzingerli ha «confermati nella fede»

Prima Comunione a un bimbo portoghese

Ruspi: con grandie piccoli ha saputosminuzzare i temirendendolicomprensibiliLe esperienzeraccontate da donPirri e don Marin

Un vero maestroper tutti i carismi

PORTOGALLO, 11-14 MAGGIO 2010: L’ESEMPIO DEI PASTORELLI

Lisbona, Fatima, Porto le tappe del viaggio in Portogallo, nel 10°anniversario della beatificazione dei pastorelli Giacinta e Francesco che

nel santuario mariano il Papa indica come modelli: hanno fatto della lorovita un’offerta a Dio e una condivisione con gli altri per amore di Dio. La

Madonna li ha aiutati ad aprire il cuore all’universalità dell’amore.

CIPRO, 4-6 GIUGNO 2010: PORTIAMO LA PACE NEI CONFLITTIMotivo centrale del viaggio a Cipro la pubblicazione dell’Instrumentum laboris delSinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Da Nicosia l’invito ai cristiani «a superarele differenze, a portare pace e riconciliazione dove ci sono conflitti, a offrire unmessaggio di speranza. Siamo chiamati a estendere la nostra attenzione ai bisognosi,dividendo i nostri beni terreni con chi è meno fortunato di noi».

REGNO UNITO16-19 SETTEMBRE 2010:FEDE E DEMOCRAZIADurante il viaggio apostoliconel Regno Unito labeatificazione del cardinaleJohn Henry Newman. Neldiscorso tenuto allaWestminster Hall l’invito aconsiderare la religione noncome «un problema darisolvere» ma come «unfattore che contribuisce inmodo vitale al dibattitopubblico nella nazione».Forte la preoccupazione delPapa «di fronte alla crescentemarginalizzazione dellareligione, in particolare delcristianesimo, che staprendendo piede in alcuniambienti, anche in nazioniche attribuiscono allatolleranza un grande valore».

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Avvenire 02/27/2013 Page : S17

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I TEMI DELLE GMG

NEI SUOI MESSAGGI METE ALTEE LE SFIDE QUOTIDIANECon i giovani Benedetto XVI ha intessuto undialogo che ha sempre indicato mete alte, senzadimenticare le sfide e le difficoltà della vitaquotidiana. E lo ha fatto soprattutto attraverso imessaggi inviati in occasione delle Giornatemondiali della gioventù. La prima di Ratzinger fuquella di Colonia nel 2005, il cui tema però,«Siamo venuti per adorarlo (Mt 2,2)» era statoindicato da Wojtyla. L’anno successivo, per laGiornata vissuta a livello diocesano, BenedettoXVI scelse il tema «Lampada per i miei passi è latua parola, luce sul mio cammino (Sal 118[119],105)» e nel messaggio invitava i giovani emettere al centro della propria vita la Parola diDio. Nel messaggio del 2007, sul tema «Come iovi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri(Gv 13,34)», il Papa invitava i giovani «a “osarel’amore”» seguendo l’esempio dei santi. Il temaper la Gmg del 2008 a Sydney era dedicato allapresenza dello Spirito Santo nella Chiesa.«Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderàsu di voi e mi sarete testimoni (At 1,8)» loslogan con il quale il Papa chiedeva ai ragazzi diessere santi e missionari. «Abbiamo posto lanostra speranza nel Dio vivente (1 Tm 4,10)» erail tema della Gmg del 2009, nell’Anno paolino. Lafrase «Maestro buono, che cosa devo fare peravere in eredità la vita eterna? (Mc 10,17)» guidòla riflessione nel 2010. Nel 2011, con la Gmg diMadrid, Ratzinger ricordò il vero fondamentodella vita, il Risorto, scegliendo il tema «Radicatie fondati in Cristo, saldi nella fede (cfr. Col 2,7)».La Gmg del 2012 era dedicata al tema della veragioia con lo slogan «Siate sempre lieti nelSignore! (Fil 4,4)». Nel suo messaggio il Papachiedeva ai giovani di «essere missionari dellagioia». Invito che apriva la strada al tema per laGmg brasiliana del 2013: «Andate e fate discepolitutti i popoli! (cfr Mt 28,19)». (M.Liut)

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Dritto al cuore dei giovani

DI MIMMO MUOLO

he sarebbe stata una sintoniaa prima vista lo si era capitosubito. Per la precisione il 23

aprile 2005, appena quattro giornidopo l’elezione. Quella mattinaBenedetto XVI tenne la sua primaudienza pubblica nell’Aula Paolo VI,udienza formalmente rivolta aglioperatori dei mass media cheavevano seguito il Conclave. Ma asorpresa ci trovò anche diverse

Cmigliaia di giovani che locircondarono con il loro affetto eritmarono il suo nome alla manieradei vecchi cori dedicati a GiovanniPaolo II. Da allora in poi il legametra Papa Ratzinger e il «volto giovanedella Chiesa» è andato via viaalimentandosigrazie a tre Gmg(Colonia 2005,Sydney 2008 eMadrid 2011),numerosi incontri

durante i viaggi nelle diocesi italianee all’estero e soprattutto grazie allaprofonda tensione spirituale cheBenedetto XVI ha saputo instillarenei cuori dei ragazzi dei cinquecontinenti incontro dopo incontro.Il suggello, probabilmente, ilPontefice l’ha posto a CuatroVientos, l’aeroporto madrileno cheha ospitato gli atti conlusivi dellaterza Gmg di Papa Ratzinger. Era lasera del 19 agosto 2011 e chi c’eranon potrà mai dimenticarlo. Loscatenarsi improvviso degli elementiatmosferici, acqua, vento, grandine.Tensostrutture che non reggono,pezzi di palco che cadonopericolosamente vicini al Papa, malui che, contro i consigli dei suoicollaboratori, decide di non cercarerifugio altrove. «Se restano loro,

restoanch’io»,diceindicando idue milionidi giovani

fradici di pioggia davanti sé. E il suogesto di fermezza e di coraggio nonsolo scatena l’entusiasmo e infondesicurezza, ma diventa un’immagineemblematica. Che lo stessoBenedetto XVI traduce così:«Abbiamo vissuto un’avventurainsieme. Saldi nella fede in Cristo,avete resistito alla pioggia. Viringrazio per il meravigliosoesempio che avete dato. Comequesta notte, con Cristo potretesempre affrontare le prove della vita.

Non lo dimenticate». Parolepronunciate a braccio che restanoscolpite nei cuori, oltre che negliannali della cronaca papale. Ediventano perciò parte integrantedella grande eredità lasciata daBenedetto XVI ai giovani. Con i suoigesti, con il suo magistero e con lasua spiritualità semplice ed esigenteal tempo stesso, Papa Ratzinger hainfatti dimostrato che il rapportoinstaurato dal suo predecessore conle nuove generazioni di tutto ilmondo è un patrimonio ormaistabilmente acquisito alla Chiesa.Egli, anzi, ha lavorato perché quelrapporto fosse approfondito graziealla preghiera, al silenzio, alraccoglimento e affinché nessunofosse tentato di scambiare i grandiraduni delle Gmg per una variantecattolica di quelli che andavano dimoda negli anni ’70 presso ilpopolo hippy. Ora, dunque, l’ereditàdelle Gmg che Benedetto XVIconsegna al suo successore è fatta sìdi gioia e di canti, di applausi edentusiasmi tipicamente giovanili,ma anche e soprattutto diadorazione. In altre parole èriempita sempre più di unaPresenza, quella del Signorecontemplato sotto le specieeucaristiche, verso la quale il Papaha saputo indirizzare – quasi comeun vivente cartello stradale – ilpercorso di vita di tanti ragazzi eragazze che lo hanno seguitodurante i suoi quasi otto anni diPontificato. Lo si era già visto aMarienfeld, la località poco distante

da Colonia della sua prima Gmg. Sene è avuta conferma a Sydney,nell’ippodromo di Randwicktrasformato in un cenacolo a cieloaperto, e soprattutto a Madrid,quando – dopo la tempesta – eragiunta la quiete di quei minuti inginocchio davanti al tabernacolo inun silenzio che potevi tagliare quasicon il coltello, tanto era spesso,eppure così leggero da portare inalto i cuori di tutti. Quegli stessicuori ai quali il Pontefice ha puntatodritto per trasmettere il suo amoreverso Gesù. Perciò, anche nel dopoPapa Ratzinger, la pastoralegiovanile non potrà non tenereconto della sua "lezione", in cuigesti e parole sono come le duefacce della stessa medaglia. Chi nonricorda ad esempio le splendideimmagini dell’arrivo a Colonia eSydney a bordo due biancheimbarcazioni, quasi a sottolineare,anche visivamente, che la Chiesa èda sempre come una barca che solcale onde ora calme, ora agitate dellastoria? E a commento di quelleimmagini ecco l’insegnamento diBenedetto XVI: «Spalancate il vostrocuore, lasciatevi sorprendere daCristo e dalla Chiesa. Solo da Dioinfatti viene la vera rivoluzione»(Gmg di Colonia). «La vita non èsemplicemente accumulare ed è benpiù che avere successo» (Gmg diSidney). E infine, forsel’insegnamento che li riassume tuttie che proietta il rapporto Chiesa-giovani nel futuro, all’insegna dellasperanza. «Dio ci ama. Questa è lagrande verità della nostra vita che dàsenso a tutto il resto. Non siamofrutto del caso o dell’irrazionalità,ma all’origine della nostra esistenzac’è un progetto d’amore di Dio»(Gmg di Madrid). Quel progettoPapa Ratzinger l’ha testimoniato conla sua vita tutti i giorni. Persino conla decisione della sua rinuncia.Adesso tocca ai giovani seguirnel’esempio lungo la rotta che porta aRio de Janeiro e oltre. Sotto la guidadel nuovo Papa.

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come un padreFin dal primo incontro, pochi giorni dopol’elezione, si capì che c’era sintonia. Da allora,passando dagli eventi di Colonia, Sydney eMadrid, Benedetto XVI ha continuato aindirizzare il percorso di vita di tanti ragazzi

Giornata mondiale 2008: Benedetto XVI al suo arrivo nella baia di Sydney

DI DON MICHELE FALABRETTI *

hi è stato – qualche volta – sulla spianata di una Gmg, ha visto que-sta scena: a un certo punto viene annunciato l’ingresso della jeepbianca che porta il Papa in mezzo ai giovani. Come allo sparo dello

starter di una corsa, improvvisamente tutti scattano in piedi e si mettono acorrere. Gli spazi al centro dei settori di colpo si svuotano e tutti si accalca-no a ridosso delle transenne. Rigorosamente con il telefonino in mano perscattare una foto. Era quello l’inizio di un dialogo che poi proseguiva sulpalco papale: parole, gesti e canti erano l’inizio di un coinvolgimentoanche spettacolare.Poi le cose sono un po’ cambiate. A Colonia le transenne non c’erano e fuimpossibile far passare la jeep. Ultimamente era ripreso il giro prima dellaMessa della domenica mattina. Ma niente corse. Perché l’appuntamentocon Benedetto XVI è da un’altra parte. Ricordo soprattutto la notte di Syd-ney, quando il Papa ha parlato ai giovani utilizzando sant’Agostino: «L’al-lontanamento dal Signore è solo un futile tentativo di fuggire da noi stessi».

C

Lì per lì rimango perplesso: chissà cosa avranno ca-pito. Poi, con una semplicità quasi disarmante, il Pa-pa comincia a scavare nel profondo del cuore di cia-scuno. Sempre utilizzando Agostino. Rimango so-speso: troppo bello, ma non sarà troppo difficile perloro? A un certo punto incrocio lo sguardo di qual-cuno: aveva gli occhi lucidi…Era iniziata una nuova stagione. L’euforia si trasfor-ma in incanto. Le parole, misurate, pronunciate con

dolcezza e delicatezza, manifestano sempre di più tutta la loro potenza. Ela capacità di andare dritte al cuore dell’esistenza. La scuola del silenziosembra la pia illusione di chi è ancorato a forme ormai superate: chi si sa-rebbe aspettato di poter ancora far sognare i giovani facendo loro attraver-sare un silenzio abitato da parole di senso? Soltanto chi non ha visto que-sto percorso, non è riuscito a comprendere i famosi dieci minuti di adora-zione della spianata di Madrid. Ma noi, mentre il vento caldo ci asciugava dalla pioggia appena ricevuta,ce ne stavamo in ginocchio a vedere le spalle del Papa. Poco più oltre laPresenza: dell’Unico per cui vale la pena vivere. C’era un Papa al qualequella sera non era stato concesso di parlare: il temporale sembrava averlavinta. Sorridente, non si era scomposto. Paziente, aveva atteso. Quella serail discorso l’avrebbe fatto in ginocchio, voltando le spalle alla marea di gio-vani. Ma portandoci tutti con sé: il maestro ci aveva preso per mano perportarci dal Maestro aspettava tutti e ciascuno.

* direttore del Servizio nazionale di pastorale giovanile© RIPRODUZIONE RISERVATA

l’educatore«Ha saputo incantarlicon parole piene di senso»

Un momentodella Giornata

mondialedella gioventù

a Sydneynel luglio 2008

Giovani alla Gmg di Madrid

10-24 OTTOBRE 2010: MEDIO ORIENTELe sfide delle Chiese del Medio Oriente sono al

centro dell’Assemblea speciale del Sinodo deivescovi per il Medio Oriente. Due i temi

pastorali principali: la necessità di curare lacomunione e la chiamata di tutti i fedeli, in un

contesto difficile a essere testimoni.

21 SETTEMBRE 2010: NUOVO ANNUNCIO«La Chiesa intera si presenti al mondocontemporaneo con uno slancio missionario ingrado di promuovere una nuovaevangelizzazione»: uno slancio che BenedettoXVI affida al nuovo Pontificio Consiglio per lapromozione della nuova evangelizzazione,istituito con la lettera «Ubicumque et semper».

6-7 NOVEMBRE2010: PELLEGRINOTRA I PELLEGRINIBenedetto XVI visita unodei luoghi checonservano letestimonianze più visibilidelle radici di fede delVecchio Continente,Santiago de Compostela.Dal confine estremo dellaterra europea il Paparicorda che «è unatragedia che in Europa,soprattutto nel XIXsecolo, si affermasse ediffondesse laconvinzione che Dio èl’antagonista dell’uomo eil nemico della sua liberà.Con questo si volevamettere in ombra la verafede biblica in Dio».

A BARCELLONA NELLA SAGRADA FAMILIADa Santiago de Compostela a Barcellona, seconda tappadel viaggio apostolico in Spagna. Nella città catalana, il 7novembre, Benedetto XVI presiede la dedicazione dellachiesa e dell’altare della Sagrada Familia, il capolavoro ditecnica, creatività e fede – non ancora completato – delgrande architetto e credente Antoni Gaudì.

Domenica, 24 febbraio 2013 17

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DI GIANNI CARDINALE

uando ho deciso, dopo qualche esitazione,di accettare il progetto di una edizione ditutte le mie opere, mi è stato subito chiaroche vi dovesse valere l’ordine delle priorità

del Concilio, e che quindi il primo volume a usciredoveva essere quello con i miei scritti sulla liturgia.La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dalla miainfanzia, l’attività centrale della mia vita, ed èdiventata, alla scuola teologica di maestri comeSchmaus, Söhngen, Pascher e Guardini, anche ilcentro del mio lavoro teologico». Queste paroleBenedetto XVI le ha scritte nella prefazione del primovolume dell’opera omnia pubblicato in Germania nel2008 e in Italia, per i tipi della Libreria editriceVaticana, nel 2010. E spiegano bene la centralità chela liturgia, studiata e praticata, ha avuto e continua adavere nella vita di Joseph Ratzinger. Centralità chepapa Benedetto non attribuisce ad un suo gustopersonale, ma proprio al Concilio Vaticano II il cuiprimo documento fu proprio la Costituzione sullaSacra Liturgia solennemente votato il 4 dicembre1963. Sempre nella stessa prefazione scrive infatti ilPontefice che regnerà fino al prossimo 28 febbraio:«Ciò che a prima vista potrebbe sembrare un caso, sirivela, guardando alla gerarchia dei temi e deicompiti della Chiesa, come la cosa ancheintrinsecamente più giusta». Infatti «cominciandocon il tema "liturgia", si mise inequivocabilmente inluce il primato di Dio, la priorità del tema "Dio". Dioinnanzitutto, così ci dice l’inizio della costituzionesulla liturgia». Perché «quando lo sguardo su Dio nonè determinante ogni altra cosa perde il suoorientamento». E «le parole della regola benedettina"Ergo nihil Operi Dei praeponatur" (43, 3: "Quindinon si anteponga nulla all’Opera di Dio") – ricordapapa Ratzinger – valgono in modo specifico per ilmonachesimo, ma hanno valore, come ordine dellepriorità, anche per la vita della Chiesa e di ciascunonella sua rispettiva maniera». Questo insomma èstato il filo d’oro che ha guidato Benedetto XVI inquesti suoi otto anni di pontificato. Un filo d’oro che

è passato attraverso grandi atti magisteriali o digoverno della Curia. È il caso ad esempiol’esortazione Sacramentum caritatis del febbraio 2007che contenendo importanti insegnamenti liturgici,(come quando spiega che «l’ars celebrandi devefavorire il senso del sacro e l’utilizzo di quelle formeesteriori che educano a tale senso, come, ad esempio,l’armonia del rito, delle vesti liturgiche, dell’arte e delluogo sacro», o che «la celebrazione eucaristica trovagiovamento là dove i sacerdoti e i responsabili dellapastorale liturgica si impegnano a fare conoscere ivigenti libri liturgici e le relative norme...»). Ed èanche il caso del Motu proprio Summorum Pontificumdel luglio dello stessoanno che ha dato pienacittadinanza alla liturgiapreconciliare nella vitadella Chiesa (vedi box),e dell’altro Motuproprio Quaerit semperdel 2011 con cui vieneristrutturata laCongregazione per ilculto divino liberandolada alcune attribuzioni"giudiziarie", come iltrattamento dei casi didispensa dalmatrimonio rato e nonconsumato, per concentrarla di più proprio sullequestioni liturgiche. La sensibilità di papa Ratzingerin questo campo si è manifestata anche con il suoesempio, tramite le celebrazioni pontificie, e iritocchi nei riti della Consegna del Pallio agliArcivescovi metropoliti o in quello delleCanonizzazioni e dei Concistori. Ritocchi curatidall’Ufficio delle Cerimonie liturgiche del Sommopontefice presieduto dal monsignor Guido Marini,avendo sempre come obiettivo quello di distingueregli atti più "giuridici" da quelli strettamente liturgici.Significativa anche la decisione del Papa didistribuire l’eucaristia, nelle messe da lui presiedute,solo in ginocchio e solo nella bocca. Una decisione

che il cardinale Antonio Canizares Llovera, prefettodella Congregazione per il culto divino, ha spiegatocome «iniziativa bella e edificante del vescovo diRoma» per «dare maggiore risalto alla dovutareverenza con cui dobbiamo accostarci al Corpo diGesù». Il pontificato ratzingeriano è stato poiimpreziosito anche da una serie di provvedimenti"piccoli" ma assolutamente non secondari. Intanto ilvaro della nuova traduzione inglese del Messale, piùfedele all’originale latino come previstodall’istruzione Liturgiam authenticam del 2001, e dallostesso Benedetto XVI incoraggiata. Poi il ritocco dellatraduzione del "pro multis" (da "per tutti" a "per

molti") dellaConsacrazione del calicenella Messa già avvenutain tante nazioni e chepapa Ratzinger chiestospiegandolo in unalettera personaleall’episcopato tedescoscritta nell’aprile 2012.Infine è da segnalare unultimo ritocco nel ritodel Battesimo dibambini, con lasostituzione di unaparola ritenutateologicamente

ambigua, che è stata già decisa ma che deve essereancora pubblicata. Ma papa Ratzinger non ha parlatosolo con atti magisteriale di governo, ma anche conla sua predicazione lungo l’anno liturgico, con le suesplendide e inconfondibili omelie pronunciate nelcorso delle grandi solennità. «Per me – confessamonsignor Juan-Miguel Ferrer y Grenesche,sottosegretario della Congregazione per il culto –l’insieme delle sue omelie lungo il ciclo liturgicocostituiscono davvero un vero modellod’insegnamento liturgico-spirituale di grandissimovalore per capire la liturgia come "fons et culmen"della vita della Chiesa». Una scelta ragionata dialcuni brani dei queste omelie, insieme a brani tratti

da libri o da conversazioni a braccio, è stataselezionato dall’Ufficio delle cerimonie pontificie chelo ha messo a disposizione di tutti nel proprio sitoufficiale(http://www.vatican.va/news_services/liturgy/index_it.htm). È lì che si possono trovare, tra l’altro, alcunespiegazioni importanti come quella relativa alla"partecipazione attiva" dei fedeli nella liturgia, che«non va confusa con l’agire esterno» (Messaggio perla chiusura del 50° Congresso eucaristicointernazionale celebrato in Irlanda nel giugno 2012).È lì che si ritrova il richiamo al fatto che nel campoliturgico «ogni vero riformatore, infatti, è unobbediente della fede: non si muove in manieraarbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità sul rito;non è il padrone, ma il custode del tesoro istituitodal Signore e a noi affidato» (dal discorso ai vescoviitaliani riuniti in assemblea generale nel novembre2010). La Chiesa intera è presente in ogni liturgia:aderire alla sua forma è condizione di autenticità diciò che si celebra. È lì che si trovano le memorabilirisposte che il Papa pronunciò a braccio nell’incontrodi catechesi e di preghiera con i bambini della primacomunione a piazza San Pietro il 15 ottobre 2005. Inessa il pontefice, da grande catechista, spiegò conparole semplici e profonde il significato dellapresenza reale di Gesù nell’eucaristia («l’elettricità, lacorrente non le vediamo, ma la luce la vediamo», «ecosì anche il Signore risorto non lo vediamo con inostri occhi, ma vediamo che dove è Gesù, gliuomini cambiano, diventano migliori»),sull’importanza di confessarsi regolarmente («se nonmi confesso mai, l’anima rimane trascurata e, allafine, sono sempre contento di me e non capisco piùche devo anche lavorare per essere migliore, che devoandare avanti»), o cosa fosse l’adorazione eucaristica(«nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nelquale gli dico: "Io sono tuo e ti prego sii anche tusempre con me"»). Insomma, è un patrimonio riccoquindi, quello che Benedetto XVI lascia alla Chiesa.Un patrimonio di cui il successore farà certamentetesoro.

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Nella liturgia il primato di Dio

«Centro e culmine» della vita della Chiesa e di ogni credente. Come disse il Concilio

10 MARZO 2011:IN PAGINACRISTO RISORTOIl 10 marzo 2011 vienepubblicato il secondovolume di Benedetto XVIsulla figura di Cristo. Siintitola «Gesù di Nazaret.Dall’ingresso aGerusalemme fino allaRisurrezione». Parlando delprocesso a Gesù il Papasottolinea che a volere lamorte del Signore non èstato «il popolo» degli ebreicome tale, ma l’aristocraziadel tempio e la «massa» deisostenitori di Barabba. Poiscrive: «Nella risurrezionedi Gesù è stata raggiuntauna nuova possibilità diessere uomo, una possibilitàche interessa tutti e apreun futuro, un nuovo generedi futuro per gli uomini».

16 MARZO 2011: I CATTOLICI INCISIVI NELL’UNITA’ D’ITALIAPorta la data del 16 marzo 2011 il messaggio che Benedetto XVI invia alpresidente della Repubblica Giorgio Napolitano per i 150 anni dell’unitàd’Italia. «Per ragioni storiche, culturali e politiche complesse – scrive il Papa– il Risorgimento è passato come un moto contrario alla Chiesa, alcattolicesimo. Senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcunemarcate da venature laiciste, non si può sottacere l’apporto di pensiero –e talora di azione – dei cattolici alla formazione dello Stato unitario».

1 MAGGIO 2011:GIOVANNI PAOLO IIÈ DICHIARATO BEATOIl 1 maggio 2001, secondadomenica di Pasqua che PapaWojtyla aveva intitolato allaDivina Misericordia, BenedettoXVI presiede in piazza SanPietro la Messa solenne per labeatificazione di Giovanni PaoloII. «Oggi risplende ai nostriocchi, nella piena luce spiritualedel Cristo risorto, la figuraamata e venerata di GiovanniPaolo II», afferma BenedettoXVI nell’omelia. E poi ricorda:«L’esempio della sua preghierami ha sempre colpito ededificato: egli si immergevanell’incontro con Dio, pur inmezzo alle moltepliciincombenze del suo ministero».

Con il «SummorumPontificum» torna il messale preconciliare

on il Motu proprio «SummorumPontificum», emanato nel luglio 2007,

Benedetto XVI ha voluto dare pienacittadinanza nella Chiesa al messale inuso prima del Concilio, con lapuntualizzato che non c’è «nessunacontraddizione» tra il Messale pre e quellopost-conciliare, che costituiscono,rispettivamente, la forma straordinaria eordinaria dell’unico Rito Romano. Il Papaha voluto offrire a tutti i fedeli la liturgiaantica, «considerata tesoro prezioso daconservare»; «garantire e assicurare»effettivamente l’uso della formastraordinaria, «nel presupposto che l’usodella Liturgia Romana in vigore nel 1962sia una facoltà elargita per il bene deifedeli e pertanto vada interpretata in unsenso favorevole ai fedeli che ne sono iprincipali destinatari»; e infine ma, nonper ultimo, «favorire la riconciliazione inseno alla Chiesa». Con l’Istruzioneapplicativa «Universae Ecclesiae»,emanata nel maggio 2011, si ribadisce chespetta al vescovo «adottare le misurenecessarie per garantire il rispetto» dellaforma straordinaria, la quale può essererichiesta da un gruppo di fedeli – senzache venga indicato un numero minimo diaderenti –, che può essere costituitoanche da persone «che provengano dadiverse parrocchie o diocesi» e sisottolinea che i richiedenti la messa del1962 non devono in nessun modosostenere o appartenere a gruppi che simanifestano contrari alla «validità olegittimità» delle liturgiepostconciliari.(G.C.)

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C

la fede e il ritoTanti gli interventi per favorire ilsenso del sacro e l’utilizzo di quelleforme esteriori che educano in talsenso. Dall’Eucaristia ricevuta inginocchio a nuove traduzioni deitesti, nel rispetto della tradizione

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DI ANGELO ZEMA

a consegna della lettera«sul compito urgentedell’educazione», rivolta

alla diocesi e alla città. Ildialogo da «padre» con idetenuti di Rebibbia. La visitain Campidoglio con l’appelloalla città perché recuperi le sue«radici civili e cristiane».L’ingresso nella Sinagoga tra i«fratelli ebrei». Sfogliandoidealmente l’album di otto annidi pontificato di Benedetto XVIa Roma, sarebbe difficileindicarne l’immagine piùsignificativa. Tanti i momentiche, nella sobrietà dello stile,risaltano come piccole grandiluci destinate a lasciare il segno,soprattutto nei cuori di chi li hapotuti vivere di persona.Più facile, invece, individuareun filo conduttore che siesprime in alcuni temi chiave:la centralità della questionedella verità; l’impegno amettere in guardia da unrelativismo distruttivo,diventato «una sorta di dogma»,che offusca il senso religioso;l’appello all’evangelizzazione –meglio, alla rievangelizzazione– in un contesto dove la fedenon si può dare più perscontata; la riaffermazione dellacentralità della famiglia e delladifesa della vita, dalconcepimento sino alla finenaturale; la sollecitudine per lacondizione dei poveri. Grandilinee del pontificato declinatesul territorio della sua Chiesalocale e della città cheBenedetto XVI ha vissutopienamente nella sua identità,cioè più come pastore di anime

che come «cittadino adottivo».«Vivendo a Roma da tantissimianni – dice parlando il 9 marzo2009 dal Campidoglio – ormaisono diventato un po’ romano;ma più romano mi sento comevostro vescovo». E comevescovo interpreta al meglio ilsuo ministero, andandoincontro alla gente, sia purenella sobrietà dei numeri dellevisite, dettata dallo sguardorealista sulla sua età. Ecco allorai dodici incontri con lecomunità parrocchiali, con ladedicazione ditre chiese nelleperiferie dellaCapitale, gestodi grandesignificato perun vescovo.Senza contare lapresenza inaltre dueparrocchie,Santa Maria delDivino Amore,con il suosantuario caroai romani, perla recita del Rosario, e SanLorenzo fuori le Mura, per unacelebrazione a 1.750 anni dalmartirio del santo. Ai «suoi»preti – di cui, dice, conosce la«fatica quotidiana» – BenedettoXVI riserva un’attenzioneparticolare: dal primoappuntamento, meno di unmese dopo l’elezione, assurtoalle cronache per l’annunciodella dispensa dai cinque annidi attesa per l’apertura dellacausa di beatificazione diGiovanni Paolo II, finoall’ultimo, commovente, pochigiorni fa, con i suoi ricordi del

Concilio Vaticano II. Non solo:ogni anno conferisce leordinazioni sacerdotali per ladiocesi, rinnovando l’appelloalla preghiera per le vocazioni;e ogni anno riceve l’abbracciodegli alunni dei seminariromani, a cominciare da quelmarzo 2006 in cui al SeminarioMaggiore ricorda don AndreaSantoro, ucciso pochesettimane prima in Turchia.Ma Benedetto XVI è dentro ilcuore della città, accanto allafede del popolo. Lo testimonia

il bagno di follain occasioni comela celebrazionedel CorpusDomini a SanGiovanni inLaterano, con laprocessione finoa Santa MariaMaggiore; il ritodella Via Crucis alColosseo; l’atto divenerazioneall’Immacolata inpiazza di Spagna.Ne è prova

l’affetto dei giovani e degliuniversitari che pregano con luiin alcuni appuntamenti nei«tempi forti» dell’annoliturgico. Sono tre le universitàche lo accolgono (Cattolica,Gregoriana, Lateranense), ma ècostretto a rinunciare alla visitaalla Sapienza a causa di protesteche Ruini addita come «tristivicende». Il Papa teologo si fapiccolo tra i piccoli, visitandol’ospedale Bambino Gesù, pertestimoniare l’amore che Cristorivolge ai bimbi. Dialoga con ifanciulli in uno specialeincontro per coloro che hanno

ricevuto la prima comunione.Riceve i ragazzi dell’Azionecattolica per la Carovana dellapace e guarda sorridente lecolombe, lanciate dal suostudio, che di volare nonvogliono saperne.Nel suo itinerario romano nonmancano le visite ai luoghidella carità, della sofferenza edella cura. Segno della suapredilezione per i poveri, chedefinisce «il tesoro dellaChiesa». Entra nella mensa enell’ostello della Caritasdiocesana, siede a tavola con ipoveri assistiti dalla Comunitàdi Sant’Egidio, porta la suacarezza ai degenti dell’hospiceSacro Cuore, dove la vita ècustodita fino in fondo comedono prezioso. Il suo amore perRoma emerge con chiarezzaanche nelle udienze agliamministratori locali, doveinsiste sul sostegno allafamiglia e sulla difesa della vita.Ma è al Convegno diocesanoche Benedetto XVI offre legrandi linee pastorali per ladiocesi: otto interventi, semprein apertura dei lavori, annodopo anno. Invoca una«pastorale dell’intelligenza» difronte alle sfide che attendonola Chiesa, auspica che le nuovegenerazioni possano «fareesperienza della Chiesa come diuna compagnia di amiciaffidabile», invita a fare tesorodella «via della bellezza» nellacatechesi. Ancora, rilancial’impegno per «una rinnovatastagione di evangelizzazione».Forse la principale consegnaaffidata alla comunità ecclesialeper la Roma che verrà.

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L

Il legame con Romadai poveri ai parroci

Vescovo dell’UrbeDalle visite alle mense di Caritas e Sant’Egidio al tradizionale incontro con i pretiromani, dall’abbraccio in Sinagoga ai fratelli ebrei al dialogo con i detenuti a Rebibbia,fino alla lettera alla città sull’educazione e ai richiami agli amministratori: così il Papaha esercitato la missione nella sua diocesi. I temi conduttori della difesa della vitae la valorizzazione della famiglia, la questione della verità e i rischi del relativismoMa sopra a tutto l’esigenza di una rievangelizzazione condotta in modo capillare

L’abbraccio coni fedeli nellecelebrazioni a SanGiovanni e a SantaMaria MaggioreAi convegnidiocesani 8 interventiche traccianole linee pastorali

E il grande teologo tenne ferma la scala dell’elettricistaDI GIOVANNI RUGGIERO

orride ancora un po’divertita: «Qualche volta –dice la signora Venerina –

l’abbiamo mandato via!» Con ilfiglio, Nicola Marchesani,conduce il ristorante del Borgoche porta il suo nome. Tantevolte al vescovo e poi cardinaleJoseph Ratzinger toccò dicercarsi un altro ristorante. Ungiorno il suo segretario, JosephClemens, trovando perl’ennesima volta la portasbarrata, la prese di petto: «Malei, signora, sa chi è il cardinaleRatzinger?» «E certo che lo so! –replicò lei – Ma se il posto nonc’è... non c’è!» Per quindici anniBenedetto XVI è venuto inquesto ristorante da dove, primao poi, passano per pranzo o percena tutti i cardinali. Lei lichiama «i miei vicini dibottega». «I primi tempi – dice –

mio figlio, giovane e pocopratico, mica l’aveva capito chese un cardinale tendeva la manoera per farsela baciare. Nicolastringeva la mano a tutti. Con ilPapa non c’è mai stato problemaperché ci abbracciava». Siaspettava la signora Venerina ladecisione del Papa? «Qui non èche stiamo ad origliare – precisa– ma è ovvio che, servendo atavola, qualche parola si afferra.Ma non so – aggiunge dubbiosa– forse è impressione mia, maun po’ me l’aspettavo». Il motivoper andare da Venerina c’èsempre: le fettuccine congamberi, zucchine e zafferano.Dice che era il piatto preferito diBenedetto XVI. O forse la carbonara, comeassicura invece RobertoFulvimari, proprietario del"Passetto del Borgo" che pure havisto il Papa tra gli avventori permolti anni, il Papa che volle la

fotografia del suo cane Billyquando morì. «Specie la sera –dice l’anfitrione Roberto – ilcardinale Ratzinger veniva danoi, finché non è entrato lìdentro». Quel lì dentro sta per ilConclave che lo elevò al Sogliopontificio. Il prossimo Papaquasi certamente almeno unavolta ha mangiato qui. Ieri apranzo Roberto si è avvicinato aun porporato che aveva appenapagato il conto: «Eminenza – gliha detto – si lasci salutare

perché magari dopo che èentrato lì dentro qui non verràpiù». Non se l’aspettava proprioche il Papa rinunciasse: «Si vede– dice – che proprio non ce lafaceva più». Ha il ricordo delPapa che cenava da lui con lasorella Maria e il cardinaleMayer. Ma si parla di venti annifa o forse più.Angelo Mosca, sempre al Borgo,ha un negozio di materialeelettrico. Per una cosa o perun’altra passava di qui lasegretaria di Benedetto XVI,Ingrid. «Nel negozio il cardinale– dice Angelo Mosca – non èmai venuto. Andavo io da lui!».Il primo intervento, tanti annifa, fu per un blackoutnell’abitazione di Piazza dellaCittà Leonina. Mosca cominciò adarsi da fare dopo essere salitosu una scala. Il Papa sipreoccupò: «Faccia attenzione. Èsicuro di non cadere?» E

l’elettricista: «Se m’arregge leinon cado». E il futuro Papatenne ferma la scala per tutto iltempo che durò l’intervento. Lasegretaria Ingrid ha continuato aservirsi nel negozio per contodel Papa. Mosca una volta lechiese: «Ma il Papa si ricordaancora di noi?» Ingrid lorassicurò. Pochi giorni dopol’invito a partecipare alla Messanella cappella privata. Ecco laprova: due belle foto che lomostrano insieme a BenedettoXVI subito dopo il rito. Mosca lefa vedere poi le ripone nellacartellina rossa. «Ma il Papacome sta?», ha sempre chiestoalla segretaria Ingrid tutte levolte che è passata per il negozioe lo rassicurava. Poi l’annuncioclamoroso: «E certo che no, nonme lo aspettavo. Ma era stanco.Si capiva. Non ha potuto farediversamente!»

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S

I DOCUMENTI

L’emergenza educativai emergenza educativa Be-nedetto XVI aveva parlato

chiaro già nel giugno del 2005,nel discorso d’apertura del Con-vegno ecclesiale della diocesi diRoma. Senza «la luce della verità»,metteva in guardia il Santo Padre,non è possibile una vera educa-zione. E a insidiare l’opera edu-cativa era ed è proprio quel rela-tivismo «che non riconoscendonulla come definitivo, lascia co-me ultima cultura solo il proprioio con le sue voglie». Nella Lette-ra alla diocesi di Roma «sul com-pito urgente dell’educazione» (21gennaio 2008) Papa Ratzinger ras-sicura genitori, insegnanti, edu-catori: «Non temete», dice loro,perchè le difficoltà non sono in-sormontabili. Anche se «ogni ve-ro educatore deve innanzituttodonare qualcosa di sé». E non ser-ve tenere al riparo i più giovani daogni difficoltà ed esperienza deldolore perchè così «rischiamo difar crescere persone fragili e po-co generose». Occorrono ai bam-bini e ai giovani regole certe an-che nella vita di tutti i giorni al-trimenti, avverte, «non si va danessuna parte. E se il rapporto e-ducativo è l’«incontro tra due li-bertà», Benedetto XVI chiama incausa la responsabilità dell’edu-catore ma anche, in misura checresce con l’età, la responsabilitàdel figlio, dell’alunno, del giova-ne che deve rispondere a se stes-so e agli altri.

Daniela Pozzoli© RIPRODUZIONE RISERVATA

D

I ricordi dei ristoratori edegli artigiani di Borgo Pio,dove abitava il Papaquand’era cardinale«A volte l’ho mandatoindietro perchénon avevo posto!»

MADRID, 18-21 AGOSTO 2011: L’ULTIMA GMGOltre un milione di giovani provenienti da duecento Paesi si riversano nella

capitale spagnola. Una folla immensa, che occupa lo spazio di 48 campi da calcio,accoglie il Papa al suo arrivo all’aerodromo Cuatro Vientos. «Seguire Gesù nella

fede è camminare con Lui nella comunione della Chiesa. Non si può seguireGesù da soli» ricorda Benedetto XVI nell’omelia della Messa conclusiva

ANCONA, 11 SETTEMBRE 2011. CONGRESSO EUCARISTICOLa spiritualità eucaristica è la via per costruire una società più equa e fraterna,superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione. E’ ilmessaggio lanciato stamane da Benedetto XVI giunto in Ancona per chiudere ilXXV Congresso Eucaristico nazionale italiano. Il Papa ha celebrato la SantaMessa e l’Angelus in riva al mare, nel cantiere navale del capoluogo marchigiano,di fronte a 85 mila fedeli.

GERMANIA, 22-25 SETTEMBRE 2011: ALLE RADICI DEL DIRITTOTerzo viaggio apostolico in Germania, segnato da un memorabile discorso alParlamento federale nel Reichstag di Berlino (22 settembre), sulle radici deldiritto, il fondamento di una vera convivenza tra gli uomini e la possibilità di unagire nella politica con giustizia, a partire dall’esempio di re Salomone che difronte alla possibilità di fare una richiesta a Dio chiese non il successo o laricchezza ma «un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo esappia distinguere il bene dal male».

La visita diPapa Benedettoalla ParrocchiaSan GiovanniBattista de la Salledi Roma a marzo2012 (Siciliani)

20 Domenica, 24 febbraio 2013

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Avvenire 02/27/2013 Page : S21

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IN TRENO

Sul Pendolino in viaggio per Assisin Papa che effettua un viaggio in treno ècosa assai rara. E se la prima volta risale

al 1863, quando Pio IX si recò a Velletri, ancheBenedetto XVI rientra negli annali di un Papaviaggiatore sui binari perché il 27 ottobre 2011si recò ad Assisi. Nella località umbra sisvolgeva la Giornata di riflessione, dialogo epreghiera per la pace e la giustizia nel mondodal titolo «Pellegrini della verità, pellegrinidella pace». Papa Ratzinger fu ospite di unodei fiori all’occhiello delle Ferrovie italiane, unFrecciargento – meglio conosciuto comePendolino – di ultima generazione. BenedettoXVI partì alle 8 dalla stazione vaticana. Inun’ora e 45 minuti il convoglio espletò ilservizio giungendo alla stazione di Assisi. IlPapa scese per ultimo dalla vettura, accoltoddal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-GualdoTadino, l’arcivescovo Domenico Sorrentino.

Paolo Pittaluga

U

La sua mano sulla spalla d’ItaliaUn forte sostegno nella fede, nella ricerca del bene comune e nella difesa dell’unità

DA ROMA MIMMO MUOLO

na foto per riassumere il rapportotra Benedetto XVI e l’Italia. Il Papaappoggia la mano sulla spalla del

presidente della Repubblica GiorgioNapolitano in un atteggiamento che sa diamicizia e stima, ma anche di sostegno eincoraggiamento. È la sera del 4 febbraioscorso e nell’Aula "PaoloVI" in Vaticano è appenaterminato il concertoofferto dal capo dello Statoal Pontefice. Quel gesto,però, è ben più che unsemplice ringraziamento.Diventa quasi un simbolodi questi quasi otto anni diPontificato nei quali, sipotrebbe dire, PapaRatzinger (che l’Italia laconosceva bene ancheprima di essere eletto) haveramente appoggiato lamano sulla spalla dell’intera Penisola. Suquella della comunità ecclesialenazionale, in primis, con la sua guidapastorale discreta nelle forme, ma fermanei principi, a cominciare dal primato diDio. E anche su quella dell’intero corposociale italiano al quale – sia nel

Urapporto con le Istituzioni, sia neicontatti con la gente – ha sempreindicato la via di una fede amicadell’intelligenza, attenta ai bisogni degliultimi e soprattutto desiderosa di dare ilproprio contributo alla costruzione dellacittà terrena. Anzi, da questo punto divista, il magistero "italiano" del Ponteficetedesco ha costituito un sicuro punto di

riferimento per tutti coloroche hanno a cuore e laricerca del bene comune el’unità nazionale (si veda atal proposito la Letterainviata proprio a Napolitanoper il 150° anniversariodello Stato unitario, di cuiparliamo a parte). Insostanza il Papa ha offertoalle Chiese della Penisola unparadigma di dialogo con ilmondo non a prescindere,ma anzi a partire dal propriocredo. Emblematica da

questo punto di vista è l’omeliapronunciata al Congresso eucaristico diBari nel 2005, primo viaggio in assolutodel Pontificato, poco più di un mesedopo l’elezione. In pratica il suo bigliettoda visita per le comunità ecclesiali dalleAlpi alla Sicilia. «Noi dobbiamo

riscoprire con fierezza – disse in quellaassolata domenica di fine maggio – lagioia della domenica cristiana.Dobbiamo riscoprire con fierezza ilprivilegio di partecipare all’Eucaristia, cheè il sacramento del mondo rinnovato».Da qui, da questo primato di una liturgia,fonte e culmine della vita cristiana,Benedetto XVI ha invitato tutti a ripartire.E infatti un anno dopo, al Convegno diVerona (in pratica gli stati generali dellaChiesa in Italia), quell’invito è risuonatoall’interno di uno dei discorsi piùimportanti del Pontificato. «Il nostroatteggiamento non dovrà mai esserequello di un rinunciatario ripiegamentosu noi stessi: occorre invece mantenerevivo e se possibile incrementare il nostrodinamismo, occorre aprirsi con fiducia anuovi rapporti, non tralasciare alcunadelle energie che possono contribuire allacrescita culturale e morale dell’Italia». Èin sostanza l’invito a rendere visibileanche nell’Italia toccata dalle correntidella secolarizzazione «il grande sì dellafede». Ed eccola allora la mano poggiatasulla spalla della Chiesa italiana. Se siripercorrono infatti i sette discorsipronunciati all’Assemblea generale dellaCei, guidata prima dal cardinale CamilloRuini e poi dal cardinale Angelo

Bagnasco, non è difficile accorgersi diquante volte il Papa abbia messol’accento sulla grande tradizione cattolicadell’Italia (definita nel 2006 «laprincipale ricchezza del Paese») eincoraggiato i vescovi a rafforzarlasoprattutto attraverso la cura pastoraledei giovani. «La fede cattolica e lapresenza della Chiesa – affermava nel2007 – rimangono ilgrande fattore unificante diquesta amata Nazione edun prezioso serbatoio dienergie morali per il suofuturo». Invece, il grandenemico, più voltedenunciato, è «la culturaimprontata al relativismomorale, povera di certezzee ricca invece dirivendicazioni non di radoingiustificate». In questoquadro, perciò, BenedettoXVI inserisce la difesa della vita dalconcepimento al suo termine naturale, lapromozione della famiglia fondata sulmatrimonio tra l’uomo e la donna e lariaffermazione della libertà di educare ifigli. Cioè i temi che dal 30 marzo 2006(giorno del suo discorso ai parlamentaridel Ppe) verranno designati come i«principi non negoziabili» più voltesottolineati anche negli incontri con ivescovi italiani riuniti in assemblea. Ciòche spinge il Papa non è però (discorsodel 2005 all’Assemblea della Cei)l’esigenza di difendere gli interessicattolici, ma l’uomo «creatura di Dio».Benedetto XVI è infatti convinto – e lodirà apertamente il 29 maggio 2008 – cheè questo «il problema fondamentaleoggi». «Nessun altro problema umano esociale potrà essere davvero risolto se Dionon torna al centro della nostra vita». Perquesto egli riformula anche il principiodi una «sana laicità» e afferma, semprenello stesso discorso, che «occorreresistere ad ogni tendenza a considerarela religione, e in particolare ilcristianesimo, come un fatto soltantoprivato: le prospettive che nascono dallanostra fede possono offrire invece uncontributo fondamentale al chiarimentoe alla soluzione dei maggiori problemisociali e morali dell’Italia e dell’Europaoggi». In tal modo il biglietto da visitapresentato al Congresso eucaristico diBari (centralità della domenica), eribadito nel 2011 a quello di Ancona,diventa progetto anche pastorale, che si

può cogliere persino nella specialegeografia dei viaggi italiani di PapaRatzinger. Trenta in tutto, che solcano laPenisola e le due isole maggiori in lungoe in largo e in cui, accanto alle grandicittà (Torino, Milano, Cagliari, Palermo,Napoli, Genova e Venezia), figurano inomi dei più famosi santuari nostrani:Assisi, Pompei e Loreto (ultima tappa,

prima di aprire l’Annodella Fede), ma anche LaVerna, Montecassino, SerraSan Bruno, San GiovanniRotondo e Santa Maria diLeuca. Come dire che ilPapa teologo e professoredi università (che si reca avisitare a Pavia la tombadel suo amatoSant’Agostino) nondisdegna (tutt’altro) lafede degli umili e deisemplici, la religiosità

popolare e capillarmente diffusa nelpopolo italiano. A patto però che questafede sappia coniugarsi con la vita vissuta.E anche in questo caso Benedetto XVIpoggia una mano paterna sulla spalladella Chiesa italiana e offre il suoesempio e la sua guida. Nel 2011 presiedela recita del Rosario in Santa MariaMaggiore insieme con i vescovi della Ceie tocca una serie di problemi concreti,chiedendo ad esempio che sia superato ilprecariato dei giovani, che Nord e Sudd’Italia, anziché dividersi, si integrinomeglio e che i cristiani partecipino allavita politica (esigenza manifestata per laprima volta nel viaggio a Cagliari,settembre 2008). Giovani ed emergenzaeducativa sono gli altri due grandi temi diun magistero "tricolore" che ha avutonelle visite ad limina dei vescovi,interrotte dalla rinuncia (il Papa haricevuto 13 dei 30 gruppi in agenda) enel discorso alla Cei del 2012 i suoi puntidi approdo. Quest’ultimo interventodiventa anzi, alle luce dei fatti di questigiorni, quasi una sorta di testamentospirituale di Benedetto XVI per l’Italia.«Gli uomini vivono di Dio e noi abbiamoil compito di annunciarlo, di mostrarlo,di guidare all’incontro con Lui. Ma èsempre importante ricordarci che laprima condizione per parlare di Dio èparlare con Dio, diventare sempre piùuomini di Dio». In altri termini, lasciareche sia Lui a metterci una mano sullaspalla.

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a riletto, lui tedesco, la storia italiana. Non solo quelladegli ultimi 150 anni, ma anche tutto ciò che l’hapreceduta. E ci ha consegnato un "ritratto di famiglia"

che è una sintesi mirabile della migliore italianità. Dove sta,infatti, la radice profonda dell’identità nazionale? BenedettoXVI, il 16 marzo 2011, nella lettera inviata a Giorgio Napolitanoper il 150° anniversario dell’unità, risponde così: «IlCristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale allacostruzione dell’identità italiana attraverso l’opera della Chiesa,delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modellidi comportamento, configurazioni istituzionali, rapportisociali». L’analisi di Papa Ratzinger è a 360 gradi. Abbraccia lacultura italiana in tutte le sue espressioni: Dante, Giotto,Michelangelo, Raffaello, Pierluigi da Palestrina, Caravaggio,Scarlatti, Bernini, Borromini e Manzoni. Non dimentica le stelledi quel firmamento di santità che si stende ininterrottamentesopra i 2000 anni di storia cristiana della Penisola (SanFrancesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena, non caso i due

H

patroni d’Italia) e cita anche tutti coloro che (Da Cesare Balbo aMassimo d’Azeglio, da Antonio Rosmini a Vincenzo Gioberti) siadoperarono per la costruzione di un’Italia unita e libera dacondizionamenti stranieri. Ma soprattutto Benedetto XVI tiene aribadire un concetto. Se «l’unità d’Italia, realizzatasi nellaseconda metà dell’Ottocento, ha potuto aver luogo non comeartificiosa costruzione politica di identità diverse, ma comenaturale sbocco politico di una identità nazionale forte eradicata» è stato perché quell’identità formatasi anche grazieall’opera della Chiesa era «sussistente da tempo». «La comunitàpolitica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentaleha avuto, in definitiva, come collante che teneva unite le pursussistenti diversità locali, proprio la preesistente identitànazionale, al cui modellamento il Cristianesimo e la Chiesahanno dato un contributo fondamentale». È chiaro che questenotazioni, oltre a una serena analisi storica, contengono ancheun’indicazione di prospettiva. Perché in tutte le fasi degli ultimi150 anni «l’identità nazionale degli italiani, così fortementeradicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base piùsolida della conquistata unità politica». Il Papa ricorda a talproposito «l’apporto fondamentale dei cattolici italianiall’elaborazione della Costituzione repubblicana» e l’Accordo direvisione del Concordato firmato nel 1984. Un atto che,conclude Banedetto XVI, ha visto ancora una volta «la Chiesa e icattolici impegnati in vario modo a favore della "promozionedell’uomo e del bene del Paese"». (M.Mu.)

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la lettera per il 150°«Ecco come il cristianesimoha plasmato la storia del Paese»

«Occorre aprirsi confiducia a nuovirapporti, nontralasciare alcunadelle energie che possonocontribuire allacrescita culturale e morale»

Il vero nemico è «la culturaimprontata alrelativismo, povera dicertezze e ricca invecedi rivendicazioni non di radoingiustificate»

27 OTTOBRE 2011:AD ASSISI

PELLEGRINO DI PACEIl 27 ottobre 2011

Benedetto XVI guida laGiornata di riflessione,

dialogo e preghiera per lapace e la giustizia a 25 anni

dall’evento promosso daGiovanni Paolo II. Tema:«Pellegrini della verità,pellegrini della pace».

Partecipano i leader e irappresentanti delle

Chiese e delle religioni delmondo. Nella sua

riflessione il Papa ricordache la fede non può

essere «causa di violenza»o conflitti. E aggiunge che

quando ciò accade «è ilsuo travisamento e

contribuisce alla suadistruzione».

BENIN, 18-20 NOVEMBRE 2011: DALLA CHIESA UN INVITO ALLA SPERANZA PER L’AFRICANell’autunno 2011 il Papa compie il viaggio in Benin inoccasione della pubblicazione dell’esortazioneapostolica post-sinodale «Africae munus» sulla Chiesain Africa al servizio della riconciliazione, della giustiziae della pace. «La Chiesa – afferma il Papa – non offrealcuna soluzione tecnica e non impone alcunasoluzione politica. Essa ripete: non abbiate paura!L’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo. Dioè presente. E’ questo un messaggio di speranza».

MESSICO E CUBA, 23-29 MARZO 2012:NESSUN POTERE DISPREZZI LA PERSONANel marzo 2012 si tiene il viaggio apostolico del Papain Messico e a Cuba. «Oggi è evidente che l’ideologiamarxista non risponde più alla realtà», affermanell’aereo. E in Messico sottolinea: «Nessun potere hail diritto di dimenticare o disprezzare» la dignità dellapersona. A Cuna incontra Fidel Castro. E ricorda il«ruolo imprescindibile» della religione nella società.

Domenica, 24 febbraio 2013 21

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LA PREGHIERA

«Vergine di Sheshan, speranza dell’Asia»ergine Santissima, Madre del Verbo incarnato e Madre nostra, veneratacol titolo di “Aiuto dei cristiani” nel Santuario di Sheshan, verso cui

guarda con devoto affetto l’intera Chiesa che è in Cina, veniamo oggidavanti a te per implorare la tua protezione. Volgi il tuo sguardo al Popolodi Dio e guidalo con sollecitudine materna sulle strade della verità edell’amore, affinché sia in ogni circostanza fermento di armoniosa

convivenza tra tutti i cittadini. Con il docile «sì» pronunciato aNazaret tu consentisti all’eterno Figlio di Dio di prenderecarne nel tuo seno verginale e di avviare così nella storial’opera della Redenzione, alla quale cooperasti poi con solertededizione, accettando che la spada del dolore trafiggesse latua anima, fino all’ora suprema della Croce, quando sulCalvario restasti ritta accanto a tuo Figlio che moriva perchél’uomo vivesse. Da allora tu divenisti, in maniera nuova,Madre di tutti coloro che accolgono nella fede il tuo FiglioGesù e accettano di seguirlo prendendo la sua Croce sulle

spalle. Madre della speranza, che nel buio del Sabato santo andasti conincrollabile fiducia incontro al mattino di Pasqua, dona ai tuoi figli lacapacità di discernere in ogni situazione, fosse pur la più buia, i segni dellapresenza amorosa di Dio. Nostra Signora di Sheshan, sostieni l’impegno diquanti in Cina, tra le quotidiane fatiche, continuano a credere, a sperare, adamare, affinché mai temano di parlare di Gesù al mondo e del mondo aGesù. Nella statua che sovrasta il Santuario tu sorreggi in alto tuo Figlio,presentandolo al mondo con le braccia spalancate in gesto d’amore. Aiuta icattolici ad essere sempre testimoni credibili di questo amore,mantenendosi uniti alla roccia di Pietro su cui è costruita la Chiesa. Madredella Cina e dell’Asia, prega per noi ora e sempre. Amen!

Benedetto XVI, 16 maggio 2008

V Con la fede oltrela muraglia cinese

DI BERNARDO CERVELLERA

ochi giorni fa, alla notizia della rinuncia di Bene-detto XVI al ministero petrino, il portavoce del mi-nistero cinese degli Esteri, Hong Lei, incalzato dai

giornalisti è stato costretto a dare una valutazione del ge-sto Papale. La sua risposta, che sa di imparaticcio, è che«il Vaticano non deve interferire negli affari interni del-la Cina» e che «il Vaticano deve interrompere le relazio-ni diplomatiche con Taiwan». Da quasi 40 anni la Cina continua a predicare queste duecondizioni per giungere agli accordi diplomatici: le hadette fin dai tempi di Pio XII, accusando la Chiesa cat-tolica di essere al servizio del capitalismo americano, fi-no a Giovanni Paolo II. Che Hong Lei le abbia ripetute,come un disco rotto, davanti a Benedetto XVI, non è se-gno del fallimento della politica vaticana, ma di Pechi-no che con sgomento balbetta qualcosa di ormai supe-rato dai tempi.Il ministero di Benedetto XVI verso la Cina non ha maiavuto alcun aspetto politico, né in opposizione, né a fa-vore della Cina o Taiwan, o del comunismo come siste-ma sociale. Egli ha sempre e solo posto la questione del-la libertà religiosa della comunità cattolica in Cina, ri-chiamandosi alla costituzione cinese, che difende (al-quanto in teoria) la libertà religiosa, ai protocolli Onusui diritti civili e politici, che Pechino ha firmato neglianni ’90, e alle caratteristiche dogmatiche della Chiesacattolica, che implicano il ministero universale del Pa-pa e il diritto alle nomine dei vescovi.Questo atteggiamento franco e amichevole (dicendo «laverità col linguaggio dell’amore») è emerso nella Lette-ra ai cattolici cinesi (maggio 2007), dove si sottolinea ildesiderio di aprire «uno spazio di dialogo con le Auto-rità della Repubblica popolare cinese, in cui, superate leincomprensioni del passato, si possa lavorare insieme peril bene del popolo cinese e per la pace nel mondo». Inessa egli precisa che la Chiesa «non è legata a nessun si-stema politico» e che laChiesa cattolica in Cina«ha la missione non dicambiare la struttura ol’amministrazione delloStato, bensì di annunziareagli uomini il Cristo, Sal-vatore del mondo».A causa di ciò egli chiede-va per la Chiesa uno spa-zio di libertà nella societàe la libertà ultima nellascelta dei vescovi (ammettendo anche una consultazio-ne con il governo). In conseguenza di ciò egli rifiutavacome «inconciliabili con la dottrina cattolica» gli orga-nismi di controllo della Chiesa ufficiale: l’Associazionepatriottica e l’Assemblea dei rappresentanti cattolici, en-trambi fautori di indipendenza, autonomia, autogestionedella Chiesa.Come segno di rispetto verso la leadership cinese, il Va-ticano ha inviato le bozze della lettera a Pechino atten-dendo suggerimenti. Ma Pechino, dopo mesi di silen-zio, ha chiesto di bloccare la diffusione della Lettera. Na-turalmente il Papa ha optato per il diritto alla libertà re-ligiosa, pubblicando lo scritto.In quel periodo ero in viaggio in Cina e ho potuto con-statare come la Lettera ha creato una profonda divisio-ne nella leadership: membri del ministero degli esteri laelogiavano come un documento importantissimo e a-perto; membri del ministero degli affari religiosi la di-sprezzavano come un testo fatto da «ignoranti», che noncapiscono la Cina.A quasi sei anni di distanza da quel testo, possiamo di-re che il Papa è stato il catalizzatore di una revisione al-l’interno del potere in Cina. Fino ad allora il potere delPartito comunista era giustificato dall’aver liberato il Pae-se dai giapponesi (insieme a Chiang Kai-shek); poi conDeng Xiaoping, dall’aver dato ai cinesi la possibilità di

P

diventare «ricchi e gloriosi»; con Jiang Zemin di diveni-re una potenza economica mondiale. Ma con Hu Jintaole contraddizioni della società cinese sono emerse cocenti:l’industrializzazione selvaggia ha creato il Paese più in-quinato della terra; il monopolio del potere ha creato lacorruzione più aspra; l’enorme ricchezza di pochi è af-fianco all’abissale povertà di molti. Le rivolte sociali – alritmo di 300-500 al giorno – stavano e stanno ad indi-care che per una «società armoniosa», tanto desideratada Hu Jintao, occorre dare potere al popolo, creandoriforme politiche e democratiche, con uno Stato che sidistingua dal Partito, che serva i diritti inalienabili dellepersone, anche il diritto alla libertà religiosa.Ancora oggi, con il passaggio del potere a Xi Jinping,questa discussione è fortissima: lo stesso Xi ha detto chese il Partito non cambia e fa le riforme, rischia di crolla-re. Ma accanto a lui vi sono gruppi che non vogliono cam-biare. Fra questi il Fronte unito (che controlla gli affarireligiosi) e l’oligarchia capitalista legata ancora a JiangZemin che non vuole manomettere questa gallina dal-le uova d’oro che è il popolo cinese sfruttato dal Partito.Dalla Lettera del Papa in poi, la politica del Partito co-munista cinese verso la Chiesa cattolica è stata contrad-dittoria: apertura e libertà durante le Olimpiadi (2008);

controllo e arresti domici-liari per i sacerdoti e vesco-vi non ufficiali; permessodi nomi e ed ordinazioni divescovi approvati dalla San-ta Sede e da Pechino; raffi-ca di ordinazione di vesco-vi senza il mandato dellaSanta Sede; durezza versole indicazioni vaticane; ti-midi tentativi di dialogocon personalità vaticane.

Benedetto XVI non ha infierito su questa schizofrenia del-la leadership e si è preoccupato della missione della Chie-sa. Dal 2007 egli ha anche istituito una Commissioneper la Chiesa in Cina, a cui partecipano membri dellaSegreteria di Stato, di Propaganda Fide, insieme a ve-scovi e cardinali cinesi di Hong Kong, Macao e Taiwan.Tale Commissione si è preoccupata di rafforzare l’u-nità della Chiesa cinese, ancora polarizzata fra uffi-ciali (riconosciuti dal governo) e non ufficiali (sot-terranei); di potenziare la formazione fra i seminari-sti, i sacerdoti, i vescovi e i fedeli; di denunciare gliarresti e le violenze contro i fedeli. Grazie ad essa ècresciuta la sensibilità e la partecipazione della Chie-sa universale ai problemi e alla testimonianza deicattolici cinesi. A questo ha anche contribuito l’isti-tuzione – avvenuta con la Lettera del Papa – dellaGiornata mondiale di preghiera per la Chiesa e perla Cina, che cade il 24 maggio, festa della Madonnadi Sheshan. Così, mentre la leadership di Pechinocerca di risolvere le contraddizioni al suo interno,cresce l’integrazione fra la Chiesa di Cina e la Chie-sa universale, mentre i cattolici si guadagnano unospazio nella società cinese divenuta assetata di Dio edi valori spirituali dopo decenni di materialismo co-munista e consumista.

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Messico«Ha abbracciatoun Paese ferito»

l Messico nondimenticherà maiBenedetto XVI: il

Papa ha lasciatoun’impronta indelebilenel Paese, con la suavisita del marzo scorso.Il ricordo vivo di untestimone che rompe

con le norme del “politicamentecorretto” è rimasto impresso nellamemoria della gente. Il Santo Padre ciannunciato che Gesù vive e può essereincontrato da chiunque. E lo ha fattocon una freschezza e una libertàstraordinarie. Uno stile che toccato nelprofondo il cuore dei messicani.Nessuno si è sentito intossicato da undiscorso moralista. Al contrario, laparola e la testimonianza del Ponteficehanno mostrato che Gesù è unapresenza reale anche da questa parte delmondo, ferita dalla terribilenarcoguerra. In mezzo alla violenzaestrema, il Papa ha offerto l’abbraccio diCristo – Colui che vince la morte – allevittime e anche ai carnefici. Lameraviglia del Vangelo consiste proprionel suo essere la buona notizia per tutti,in qualunque circostanza si trovino. Nelcontesto messicano, questo haun’importanza straordinaria: la lottacontro il crimine organizzato è destinataal fallimento se la soluzione non toccail cuore delle persone. Per questo, ilruolo della Chiesa nel processo diriconciliazione nazionale èinsostituibile. Uno dei momenti piùtoccanti è stata la moltitudinaria Messache il Santo Padre ha celebrato ai piedidel monumento del Cristo Re. Un luogochiave perché simboleggia la lotta deicattolici in favore della libertà religiosa.Lì il Papa ha spiegato che il Regno diDio non si impone con la forza. La suaessenza è l’amore che Dio ha trasmessoal mondo. Il Regno non è frutto dellavolontà umana, non è un progettopolitico ma un dono immeritato chedobbiamo ricevere con docilità.

Rodrigo Guerra Lópezfilosofo

I

25 MAGGIO 2012: L’ARRESTO DI GABRIELE Giunge al suo culmine lo scandalo dei documenti trafugati inVaticano e passati alla stampa, con l’arresto dell’ex aiutante dicamera del Papa, Paolo Gabriele, al quale, dopo la condannaBenedetto XVI concederà la grazia. Per fare piena luce sulla vicenda,viene istituita anche una commissione di tre cardinali che sumandato papale porterà a termine un’indagine interna.

MILANO, 1-3 GIUGNO 2012:

VIAGGIO NEL CUOREDELLA FAMIGLIA

Il Papa nella città disant’Ambrogio, per il VIIIncontro mondiale delle

famiglie con al centro,famiglia, lavoro e festa. «Tredoni di Dio», ricorda il Papanella Messa all’aeroporto di

Bresso, «tre dimensioni dellanostra esistenza che devono

trovare un armonicoequilibrio. Armonizzare i

tempi del lavoro e le esigenzedella famiglia, la professione e

la maternità, il lavoro e lafesta, è importante per

costruire società dal voltoumano. In questo privilegiatesempre la logica dell’essere

rispetto a quella dell’avere: laprima costruisce, la seconda

finisce per distruggere».

EMILIA ROMAGNA, 26 GIUGNO 2012:

FRA I TERREMOTATI«Ho sentito in modo

sempre più forte il bisognodi venire di persona in

mezzo a voi». Benedetto XVIsi rivolge con queste parolealle popolazioni colpite dal

sisma. Prima tappa della visitaè Rovereto di Novi, in

provincia di Modena: arrivatoa bordo di un pulmino dellaProtezione civile, Benedetto

XVI si ferma per alcuniminuti in preghiera davanti

alla chiesa di santa Caterina,dove è morto il parroco don

Ivan Martini. Sul sagrato, lastatua della Madonna che ilsacerdote aveva tentato di

salvare, restando ucciso nelcrollo della chiesa.

le vo

ci da

i Con

tinen

ti

on consideroBenedetto X-VI un intellet-

tuale o un letteratoeccezionale, e nem-meno un leader spi-rituale a capo di mi-lioni di fedeli che a-spettano, appesi alle

sue labbra, le direttive di un caro ami-co. Ratzinger rappresenta invece, per me,uno dei rari casi in cui l’uomo diventaevento, e l’evento uomo. È uno dei raricasi in cui le risposte si tramutano in do-mande, e le domande in un percorso distupore, la cui meta significa lo spalan-carsi di un nuovo orizzonte di libertà. U-na libertà, come la intende il Papa, cheè l’unica garanzia perché l’amore e la fe-de non abbiano mai limiti.Senza libertà, infatti, l’amore e la fede di-ventano mera ideologia. Le motivazio-ni e gli obiettivi dell’ideologia non so-no necessariamente cattivi, ma essa ri-mane una prigione per i sentimenti, peri desideri e per le nobili aspettative. L’i-deologia è un atto di amore e di fedeprivo di libertà. È una prigione perchénon è in grado, senza libertà, di comu-nicare con la realtà. È come una madreamorevole che mette sotto una campa-na di vetro suo figlio perché lei stessa èpreda delle sue paure. È per questo chel’ideologia conosce solo il potere e am-bisce soltanto ad esso. Il potere è, infat-ti, la sua unica garanzia per dominare larealtà. Il seguace dell’ideologia è un car-cerato che lotta per diventare carceriere.La rinuncia del Papa al pontificato nonè altro che l’incarnazione di questa li-bertà scaturita da una profonda mode-stia che considera se stessa, pur avendoraggiunto il vertice della gerarchia ec-clesiastica, soltanto come uno dei sen-tieri di Dio, che sono tanti quante le per-sone che li percorrono. Ratzinger ci in-vita ad avere il coraggio e la volontà didiscernimento e di interazione con lanostra realtà sempre rinnovata.

Wael Farouq Docente al Cairo

(traduzione di Camille Eid)

N a scelta del Papadi ritirarsi hariempito di

sorpresa gli africani:la gente per stradacommentava ladecisione con tonoincredulo. Del restonon è un evento che

capito molto spesso. Dopo lo stuporeiniziale, però, all’Africa – a tutti,cittadini, vescovi e soprattutto leader –resta una straordinaria lezione diumiltà da parte di Benedetto XVI. Ilcuore del messaggio che il Papa, finoall’ultimo, ci ha donato è che il carismadel Santo Padre, successore di SanPietro, nasce dall’amore di Dio per gliuomini. Da questo amore è nata la suascelta di rinunciare nel momento in cuiha sentito di non avere più le forze perportare avanti il suo ministero. Conquesto gesto, il Papa ha datol’ennesima dimostrazione della suaprofonda fede nel Signore. Ora tuttal’Africa è in trepidante attesa che loSpirito Santo designi il successore diBenedetto XVI, il nuovo messaggero diamore e speranza per il Continente.Tutte le volte che ha visitato le terreafricane, il Papa ha saputo portare allepersone una testimonianza di speranzaautentica, tanto importante per i nostriPaesi afflitti da grandi problemi dipovertà, disuguaglianza, ingiustizia,violenza. Le parole di Benedetto XVIsono state un balsamo di forza per gliafricani che si sono sentiti amati eaccolti dal Pontefice. L’Africa si è sentitadavvero dentro al cuore del SantoPadre. Per questo, non gli saremo maigrati abbastanza. Ora, dopo il suo ritironel monastero romano, siamo certi cheil pensiero di Benedetto XVI non ciabbandonerà. Il Santo Padrecontinuerà a pregare per il bene e lasalvezza del Continente e per l’interaChiesa.

William DengSegretario Generale dell’Istruzione

dell’Arcidiocesi di Khartoum© RIPRODUZIONE RISERVATA

L

Egitto«Ci ha insegnatola vera libertà»

Sudan«Straordinariaprova d’umiltà»

Guerra Farouq Deng

tra Roma e PechinoIl regime, come ormai da 40 anni, si limita a ribadire che «il Vaticanonon deve interferire». Ma la Letteradel 2007 “spaventa” le autorità

Il Papa haoperato per

difenderel’identità

della Chiesadalle

ingerenzedei vertiti

del Partitocomunistadi Pechino

Domenica, 24 febbraio 2013 23

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Avvenire 02/27/2013 Page : S25

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e dimissioni di Benedetto XVI sono,fondamentalmente, un atto del suo

magistero: un atto forte, altissimo, defi-nitivo del magistero papale. Definitivonon tanto perché concludono un ponti-ficato: ma perché segnano una curva no-dale, di non ritorno, nelle vicende dellaChiesa. Si tratta d’una delle lezioni piùgrandi, e più ardue, che un Papa possa

dare. Rispetto a essa, le condizioni personali di BenedettoXVI – la sua vecchiaia, la sua salute vacillante, la sua fragi-lità umana – sono l’occasione necessaria: l’occasione prov-videnziale. È la provvidenza di Dio che adesso ci vuole con-cedere un Papa vecchio e stanco, perché questo Papa trovi,nella sua santa vecchiaia e nella sua santa stanchezza, la con-dizione per dire a tutti noi che non ci regge più. La condi-zione e insieme lo strumento – lo strumento capace d’unaterribile, insostituibile eloquenza – per dire a tutti noi ba-sta. Per sollecitare tutti noi, qualsiasi sia il livello delle no-stre responsabilità, alla conversione. Dentro una fase stori-

ca nella quale la conversione è tale solo se comporta unarottura straordinaria e un radicale cambiamento: in modoche il viso materno della Chiesa non sia più deturpato danoi; in modo che Dio non venga più adoperato da noi per inostri miserabili fini egoistici.Così il Papa soccorre la sua Chiesa: con un atto estremo. Eproprio perché si tratta d’un atto estremo, non ne possiamoignorare l’insegnamento, che dice alla Chiesa dove è giun-ta: quali sono i rischi che in realtà corre, quali sono i peri-coli gravi che la minacciano. Un atto estremo, ma insiemedi estremo amore: dà al Papa il diritto di attendersi da noiuna risposta che non si neghi all’amore. E quindi sia fattad’una profonda presa di coscienza e d’un ravvedimento com-pleto, epocale. Aspetta questa risposta, il nostro Papa, sul-la croce dalla quale adesso ci guarda; e sulla quale ha scel-to di rimanere finché vive, nella posizione più difficile: quel-la della rinuncia, del silenzio, del buio.Sì, colui che è ancora il nostro Papa continuerà – anchequando non lo sarà più, quando noi non sapremo più nien-te di lui – a guardarci e a patire con noi, malgrado l’aggra-varsi dell’età e della fatica. Continuerà a pregare per noi, fin-ché Dio gli darà vita, da quella sua oscura croce uscita ap-parentemente dalla storia e confitta invece nel cuore vivodella storia.

Salvatore Mannuzzu© RIPRODUZIONE RISERVATA

L

ra i ricordi più cari che conser-verò sempre di lui c’è un Rosario

che Papa Benedetto mi ha fatto recapi-tare dalle mani di monsignor Lucio A-drian Ruiz... Me lo ha consegnato pro-prio a nome del Santo Padre, che lo do-nava a me personalmente. È stato un o-nore inaspettato e commovente». Erano

i tempi della Giornata mondiale della Gioventù di Madrid,nel 2011, e il capo del Servizio Internet vaticano era in visi-ta a Trigoria, cuore della Roma ma, grazie al sito ufficiale diFrancesco Totti che in quei giorni si faceva portavoce dei gio-vani di Papa Benedetto, anche cuore pulsante di tanti cre-denti (e tifosi). «La mattina in cui si è diffusa la notizia del-le sue dimissioni prima ho stentato a credere che fosse ve-ro, poi ho provato una profonda tristezza, ma anche tantafiducia: se il Santo Padre aveva deciso così, certamente eraper il bene della Chiesa e di tutti noi e la sua scelta anchequesta volta, come sempre, andava prima accettata e poicapita». È una fiducia che parte da lontano, quella del ca-pitano della Roma per la figura del Papa, un affidamento

che inizia con l’incontro a sette anni con Papa Wojtyla e pro-segue oggi con Papa Ratzinger: «La fede è sempre stata im-portante nella mia vita, prima di tutto grazie a mia madreFiorella, cattolica osservante, e poi grazie a incontri fonda-mentali. Non ho mai scordato la carezza che mi diede dabambino Giovanni Paolo II quando ero in visita con i com-pagni delle elementari in Aula Nervi, ricordo che mi fece u-na grande impressione la forza che emanava. Ma quellastessa impressione è sempre riuscito a darmela anche Be-nedetto XVI, seppure in modo diverso... Perché il Papa, qua-lunque Papa, anche quello che avremo tra poche settima-ne, è l’uomo che Dio ci manda per rappresentarLo sulla ter-ra. Insomma – sorride Totti – è lui il Capitano della grandesquadra».Si definisce cattolico osservante, racconta che quando è pos-sibile partecipa alla Messa e che gli anni del catechismo condon Aldo, nella parrocchia di famiglia in via Latina, e suc-cessivamente i consigli spirituali di don Fernando lascianoancora oggi il segno nel cuore del calciatore italiano più no-to al mondo. «Spesso, quando mi capita di leggere o senti-re alla tivù le parole di papa Ratzinger, provo ancora lo stes-so sentimento di allora, di quando a indicare la via era donAldo. Questo Papa fino all’ultimo ci ha insegnato tanto, inperiodi molto difficili per l’umanità e soprattutto per i gio-vani ci ha ricordato che cosa deve fare il buon cristiano... lafatica è riuscirci».

Lucia Bellaspiga© RIPRODUZIONE RISERVATA

incontro con papa Benedetto, in occasione dell’omaggio degli arti-sti per il sessantesimo compleanno del suo sacerdozio, ha lasciato

nella mia memoria una traccia profonda. Mentre il Papa sostava davan-ti al modello di una chiesa che avevo progettata in omaggio alla sua vi-sione della liturgia, il gesto accogliente e prolungato delle sue mani chestringevano le mie, mi dava la sensazione del fluire dentro di me, insie-me alla grazia della sua affettuosa indulgenza, di due sentimenti contra-stanti, il disagio nei confronti di una società che giorno per giorno si al-lontana dalle verità del Vangelo e una piena fiducia nella possibilità che

il mondo torni a sentire la forza del messaggio cristia-no. Il Papa ascoltava con indulgenza le mie spiegazioniche collegavano le scelte architettoniche a ciò che, dacardinale e poi da Papa aveva scritto, in tanti anni diprofonda riflessione e sorrideva con quell’inimitabilesorriso tenero e mite quanto severo e deciso, così lon-tano dall’esibizionismo e dalla competitiva aridità chesegna il nostro tempo.Nel discorso fatto agli artisti nella Cappella Sistina, Be-

nedetto XVI aveva ripreso i temi degli incontri con gli artisti dei due gran-di Pontefici che l’hanno preceduto, ma aveva introdotto una distinzioneche rivela la sua diffidenza verso il relativismo, che vorrebbe conciliarel’inconciliabile, mettere d’accordo la Chiesa con il consumismo e i suoiriti nel campo dell’arte. «Troppo spesso però la bellezza che viene pro-pagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante fino allo stor-dimento e invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli a orizzonti di ve-ra libertà attirandoli verso l’alto li imprigiona in se stessi e li rende an-cora più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente maipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso,di sopraffazione sull’altro, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgres-sione o della provocazione fine a se stessa. L’autentica bellezza inveceschiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conosce-re, di amare, di andare verso l’Oltre da sé». Non sono parole di circostanzama moniti da non trascurare, parte di questa eredità che la Chiesa si ac-cinge a raccogliere mentre chi ha tentato la strada del cambiamento en-tra ora umilmente nell’“Orto degli Olivi” indicando alla Chiesa la via del-la salvezza.

Paolo Portoghesi© RIPRODUZIONE RISERVATA

’L o avuto una sola occasione di incontrare Benedetto XVI.Per celebrare i 60 anni dalla sua prima Messa, invitò un

anno fa in sala Nervi artisti, musicisti, scultori, pittori. Sessantapersonalità che avrebbero dovuto portare sessanta doni. Io rappresentavo il cinema, ma il cinema non è facile da«regalare». Mi consultai con il cardinale Ravasi: «Chefacciamo?». L’idea fu quella di far fare gli auguri al Papa daparte di tutto il cinema italiano. Con il contributo dellaCineteca Nazionale misi insieme un filmato con spezzoni di

cinquanta film importanti girati dacinquanta grandi autori, che raccontava lastoria del cinema italiano da CarmineGallone a Matteo Garrone. Ogni frammento presentava una evocazionespirituale, un afflato che si ritrovava anche inautori ostentatamente laici o boriosamenteatei. Perché, ne sono convinto, c’è sempre noiuna crepa, uno spiraglio di trascendente. Il filmato durava 6 minuti e le immagini più

belle e commoventi scorrevano in un crescendo emotivo sullenote dell’«Inno alla gioia» di Beethoven che sapevamo esseremolto amato da Papa Ratzinger. Il film si concludeva con unasorpresa finale. Un archivista del Centro Sperimentale, LucaPallanca, aveva scovato in una cineteca tedesca un piccolodocumentario in 16 millimetri sulla consacrazione a sacerdotedel Santo Padre. Così questo augurio del cinema italiano si concludeva con leimmagini dove si vedeva Ratzinger sdraiato davanti al vescovo,poi l’uscita in processione dei nuovi sacerdoti e, infine, unprimo piano strettissimo di Joseph ventenne. Scattò un grandeapplauso, un momento di alta commozione. Il Papa, anch’eglicommosso, mi chiamò a sé e mi disse cose di una dolcezzaestrema. Da lì, ho scoperto oltre al grande intellettuale e teologo, anchela sua bontà. Io lo definirei un «Papa buono» proprio comeGiovanni XXIII. E lo sta anche dimostrando in questo difficilemomento di uscita.

Pupi Avati© RIPRODUZIONE RISERVATA

Holti anni fa lo sentii parlare, con quella sua voce coltivata epiena di intensità, e mi parve che vi affiorasse un sorriso

nascosto, come di chi è molto serio sulle cose in cui crede, ma di sestesso sempre un poco sorride.Era un’intervista televisiva, e quando guardai il suo viso mi tornò inmente il professore che ci insegnava letteratura tedescaall’università di Gottinga, un nobile vecchio dai capellibianchissimi, senza nessuna arroganza accademica, ma che quandocominciava a recitare i poeti che amava ci portava tutti alle lacrime.

Quando Joseph Ratzinger venne eletto Papa ero aSt. Paul, Minnesota. Un’amica carissima mitelefonò di aprire il televisore, e lo vidi, con lostesso sorriso, che sceglieva il nome di Benedetto,come il Papa che tanto si spese per la pacedurante la prima guerra mondiale. «È un uomo coraggioso – pensai – ha la forza e ladeterminazione dei miti». E in questi anniscomposti e aggressivi, pieni di odio e di forzaturea tutto campo, l’ho visto sempre conservare quel

tocco di ritrosa eleganza e di quieta fermezza. Una visione delmondo profonda e agguerrita, che non fa sconti ma che è basatasull’amore; un’immagine di padre che consola e sostiene, a cuirivolgersi nei momenti di dubbio e di inquietudine, perché si èsicuri che non vacillerà.Ma lui, chi lo sostiene, quando il buio incombe? Papa Benedettoè diventato un guerriero in difesa dei valori in cui crede, haguidato la Chiesa in questi tempi calamitosi. Ma certo èacutamente consapevole dell’immensa confusione del mondooccidentale, della fatua leggerezza con cui si autodistrugge,delle forze sotterranee che si sono scatenate, anche all’internostesso della sua Chiesa. Lui si sente ormai stanco, il suo corpo lotradisce. E decide di passare il testimone, a qualcuno piùgiovane e gagliardo, che possa combattere senza sfinirsi, conl’aiuto dello Spirito. Perché la strada rimanga aperta, nei secoli.Questa è la speranza.E allora auguri, vecchio Padre. Credo di sapere quanto ti costiandartene.

Antonia Arslan© RIPRODUZIONE RISERVATA

M

LIBANO, 14-16 SETTEMBRE 2012: L’ULTIMA VOLTA ALL’ESTEROTre giorni, otto discorsi, incontri ecumenici e interreligiosi, un

documento da consegnare alla Chiesa, ossia l’esortazione apostolicapostsinodale Ecclesia in Medio Oriente, e una parola che riassume

tutto l’itinerario: pace. Pax vobis è infatti il tema scelto dagliorganizzatori per il viaggio in Libano di Benedetto XVI, l’ultimo

all’estero del suo pontificato.

11 OTTOBRE 2012:SI APRE L’ANNODELLA FEDEIn San Pietro il PapaBenedetto XVI presiedel’apertura dell’Anno dellafede, da lui indetto nel50° anniversariodell’apertura del ConcilioVaticano II e nel 20° dellapubblicazione delCatechismo della Chiesacattolica. Nello stessogiorno viene pubblicata laLettera apostolica informa di motu proprioPorta Fidei. Laconclusione dell’Annodella fede è prevista per il24 novembre 2013. Il 4ottobre, Benedetto XVI siera recato a Loreto, suoultimo viaggio in Italia.

10 NOVEMBRE 2012: IL LATINOÈ LINGUA «CATTOLICA»Con una lettera apostolica in forma di motu proprio,Benedetto XVI istituisce la Pontificia Accademia dellaLatinità. «La lingua latina – si legge nella lettera – èsempre stata tenuta in altissima considerazione dallaChiesa cattolica e dai Romani Pontefici, i quali nehanno assiduamente promosso la conoscenza e ladiffusione, avendone fatto la propria lingua, capace ditrasmettere universalmente il messaggio del Vangelo».

SALVATORE MANNUZZU«Atto estremo d’amore»

FRANCESCO TOTTI«Il Papa è il mio Capitano»

PAOLO PORTOGHESI«Ci ha mostrato la vera bellezza»

ANTONIA ARSLAN«Fermezza in anni scomposti»

Pupi Avati«Ho scoperto un uomo buono»

«Benedetto ci ha toccato il cuore»Domenica, 24 febbraio 2013 25

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Avvenire 02/27/2013 Page : S27

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Auschwitz.«In un luogo come que-sto vengono meno le pa-

role». Verrebbero meno a tutti. Figuriamocia un Papa, e a un Papa tedesco. È il 28 mag-gio 2006 quando Benedetto XVI – commos-so, dolente – varca la soglia di uno dei piùnoti e terribili campi di sterminio. Ed è un"Papa disarmato" quello che confessa: ven-gono meno le parole, qui, e «può restare sol-tanto uno sbigottito silenzio, un silenzio cheè interiore grido verso Dio: perché, Signore,hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tut-to ciò?».

Bufale.Ovvero menzogne spacciateper verità. Come le «scarpe

Prada» del Papa, rosse per vezzo e non co-me simbolo del martirio. Una sciocchezza.È noto che dal 2003 le scarpe vengono do-nate da un artigiano piemontese, AdrianoStefanelli («le regalo, perché a volte la pas-sione paga più del denaro»). E quando sisciupano, perché graffiate o consumate, ametterle a nuovo ci pensa Antonio Arellano,ciabattino peruviano con bottega nei pres-si del Vaticano. Ma la bufala appare perfinosulla "Repubblica" on-line, che molti, a tor-to, ritengono attendibile se non infallibile.La bufala ormai vola nel web, in mille e mil-le copie. Inafferrabile...

Cortile dei gentili.O atriumgentium, i-

dea lanciata alla vigilia del Natale 2009 e af-fidata al Pontificio Consiglio della culturaguidato dal cardinale Gianfranco Ravasi:«Luogo d’incontro e di dialogo – si legge sulsito ufficiale – spazio di espressione per co-loro che non credono e per coloro che sipongono delle domande riguardo alla pro-pria fede, una finestra sul mondo, sulla cul-tura contemporanea e un ascolto delle vo-ci che vi risuonano».

Dialogo interreligioso.È il27

ottobre 2011. I leader religiosi, 25 anni do-po l’incontro voluto – fortemente, tenace-mente, irresistibilmente – da Giovanni Pao-lo II, si ritrovano ad Assisi per una «Giorna-ta di riflessione, dialogo e preghiera per lapace e la giustizia nel mondo». Voluta al-trettanto fermamente da Benedetto XVI.Che ammonirà: «L’assenza di Dio porta aldecadimento dell’uomo».

Encicliche.Fede, speranza carità,tre virtù per tre encicli-

che, in un formidabile crescendo: Deus ca-ritas est (2005), Spe salvi (2007) e Caritas inveritate (2009).

Furto.Un ladro. Una delle persone a luipiù vicine. A cui dava ogni gior-

no fiducia. Là dove lui, il Papa, avrebbe do-vuto sentirsi più al sicuro. Alla fine, perdo-nare potrebbe essere stato più facile che vin-cere l’amarezza annidata nel cuore.

Gmg.Gli uccellacci del malaugurio, quel-li che la sanno lunga, quelli che non

sono ingenui come noi, avevano pronosti-cato: Ratzinger non è Wojtyla, non ha il suofascino magnetico e i giovani lo snobberan-no. Colonia 2005, Sydney 2008, Madrid 2011.Tre Giornate mondiali della gioventù affolla-te quanto e forse più di prima. Il messaggio,in estrema sintesi, rimane lo stesso ed è il se-greto per parlare al cuore dei giovani: «Il Si-gnore vi vuole bene e vi chiama suoi amici –ricorda Benedetto XVI il 20 agosto 2011 a Cua-tro Vientos, durante la veglia del sabato not-te sotto un acquazzone – e la vostra forza èpiù grande della pioggia».

Frisinga, Seminario interdiocesano bavare-se. Il giovane studente Joseph Aloisius Rat-

zinger qui vive, studia, si appassiona. Di-scute la tesi in teologia su sant’Agostino. Ilcorrelatore – sorridiamo pure – lo accusa di«modernismo». Nasce l’amicizia con KarlRahner. Gli anni della formazione.

Irlanda.«Avete tradito...». È uno dei ca-pitoli più duri e dolorosi del

pontificato. Il 20 marzo 2010, Benedetto X-VI indirizza una lettera pastorale ai fedelid’Irlanda. Rivolgendosi ai sacerdoti e ai re-ligiosi colpevoli di abusi sessuali, scrive: «A-vete tradito la fiducia riposta in voi da gio-vani innocenti e dai loro genitori. Dovete ri-spondere di ciò davanti a Dio Onnipotente,come pure davanti a tribunali debitamentecostituiti. Avete perso la stima della gented’Irlanda e rovesciato vergogna e disonoresui vostri confratelli».

Joseph.Così decide di chiamarlo suopadre il 16 aprile 1927. D’al-

tronde anche lui si chiama Joseph, Giusep-pe. E la mamma si chiama... Maria. Da sem-pre devoto di san Giuseppe, papa Ratzingercosì dirà all’Angelus del 10 dicembre 2010:«In lui si profila l’uomo nuovo, che guarda

con fiducia e coraggio al futuro, non segueil proprio progetto, ma si affida totalmenteall’infinita misericordia di Colui che avverale profezie e apre il tempo della salvezza».

Küng.Hans e Joseph, lo svizzero e il te-desco, giovani brillanti teologi al

Concilio. Le loro strade divergono drastica-mente alla fine degli anni Sessanta. Il Papalo riceve a Castel Gandolfo il 26 settembre2005. Ma nulla cambia. Il primo rimane a-cido e sprezzante, il secondo fermo ma ac-cogliente. Da parte di Küng giudizi netti, ve-re sentenze: «Pontificato di opportunitàmancate» (2012). Senza appello.

Latino.Il 7 luglio 2007, con il motuproprio Summorum pontifi-

cum papa Ratzinger consente la celebra-zione della messa secondo il rito latino tra-dizionale. Chi applaude, chi storce il naso.Carlo Cardia, su "Avvenire", commenta:«Può crescere l’armonia nelle diverse com-ponenti della Chiesa. Una armonia fonda-ta sulla possibilità di pregare secondo lasensibilità culturale, e linguistica, di cia-scuna comunità, e di ciascun fedele. (...)

Quindi il latino torna non per dividere maper unire e arricchire».

Moschea.A Istanbul, la MoscheaBlu (Sultan Ahmet Ca-

mii) è proprio di fronte a Santa Sofia. Be-nedetto XVI vi entra il 30 novembre 2006.Non è il primo Papa a entrare in una mo-schea, Giovanni Paolo II vi era stato ospitea Damasco. Ma è comunque un evento sto-rico: «Preghiamo per la fratellanza e il be-ne dell’umanità».

Natura. «Il rispetto per l’essere uma-no e il rispetto per la natura

sono tutt’uno» (alla Fondazione "Sorella na-tura", novembre 2011).

Orso.Simbolo dell’arcidiocesi di Fri-singa, è presente anche sullo

stemma papale. Un orso gli uccise il caval-lo e allora san Corbiniano gli fece portare ilsuo bagaglio fino a Roma. Il commento disant’Agostino al salmo 72 ben si adatta al-l’orso, e a Ratzinger: «Sono divenuto per tecome una bestia da soma, e così sono in tut-to e per sempre vicino a te».

Pianoforte.Mozart, Beethoven,Chopin... Ratzinger

studia musica fin da ragazzo con il fratellomaggiore Georg, che sarà direttore dellaCappella del Duomo di Ratisbona. Il pia-noforte lo ha accompagnato sempre e saràcon lui anche dopo il 28 febbraio, nella suanuova residenza.

Quaresima. «La fede ci invita aguardare al futuro con

la virtù della speranza». (Messaggio per Qua-resima 2013). Da rileggere e rimeditare og-gi, dopo la rinuncia.

Rinuncia.«Dopo aver ripetutamenteesaminato la mia coscien-

za davanti a Dio, sono pervenuto alla cer-tezza che le mie forze, per l’età avanzata,non sono più adatte per esercitare in modoadeguato il ministero petrino...». È l’11 feb-braio scorso, il Papa sta rivolgendosi ai car-dinali in latino. Alcuni capiscono subito, al-tri pensano di non aver capito bene. La pri-ma a dare la notizia è l’agenzia Ansa. Una so-la riga. Che scuote il mondo.

Sinagoga.Domenica 17 gennaio2010, 24 anni dopo papa

Wojtyla, anche papa Ratzinger entra nellasinagoga di Roma, accolto da Riccardo Pa-cifici e Renzo Gattegna, presidenti rispetti-vamente della Comunità ebraica di Roma ed’Italia. Scrive Gad Lerner sul mensile degliebrei romani "Shalom": «Ciò che per secolie secoli fu semplicemente inconcepibile – lavisita di un papa cristiano nel tempio degliebrei – risulta oggi accettato come gesto nor-male (...). Il papa non è solo il benvenuto. Or-mai è il bentornato in sinagoga».

Twitter.«Cari amici, è con gioia chemi unisco a voi via Twitter.

Grazie per la vostra generosa risposta. Vi be-nedico tutti di cuore». È il 12 dicembre 2012e il Papa si misura per la prima volta con le140 battute di Twitter.

«Che posto ha Dio nella mia vita? È Lui il Si-gnore o sono io?» La domanda, posta all’U-dienza dell’ultimo mercoledì delle Ceneri, èuno dei fili conduttori del pontificato. Fattodi udienze sempre affollate. Dove l’affettodei fedeli è sempre stato tangibile.

Verità. «Cooperatores veritatis» (col-laboratori della verità) è il mot-

to scelto da arcivescovo di Monaco e Frisin-ga, nel 1977. La passione per la verità è anti-ca: «Ho scelto questo motto perché nel mon-do d’oggi il tema della verità viene quasi to-talmente sottaciuto; appare infatti come qual-cosa di troppo grande per l’uomo, nonostan-te che tutto si sgretoli se manca la verità».

Wojtyla.A 6 anni e un mese dallamorte, il primo maggio

2011, Karol Wojtyla viene proclamato bea-to: «Il giorno tanto atteso – annuncia Bene-detto XVI – è arrivato; è arrivato presto, per-ché così è piaciuto al Signore: Giovanni Pao-lo II è beato!».

Zizzania.Il cardinale Joseph Ratzin-ger conduce la Via Crucis,

Giovanni Polo II è morente. «Signore – pre-ga – spesso la tua Chiesa ci sembra una bar-ca che sta per affondare (...). E anche nel tuocampo vediamo più zizzania che grano. Laveste e il volto così sporchi della tua Chiesaci sgomentano. Ma siamo noi stesi a spor-carli (...). Abbi pietà della tua Chiesa». È il 25marzo 2005. Pochi giorni dopo, il 19 aprile,il Signore chiama proprio lui, Joseph Rat-zinger, a guidare la sua Chiesa.

Breve dizionarioratzingeriano

21 NOVEMBRE 2012:ARRIVA IL TERZO VOLUME

DEL GESÙ DI NAZARETArriva nelle librerie "L’infanzia di Gesù",

il terzo volume della trilogia di JosephRatzinger-Benedetto XVI dedicata aGesù di Nazaret. E come previsto è

subito un grande successo editoriale.Pubblicato congiuntamente da Rizzoli edalla Libreria editrice vaticana, il volumeè stampato inizialmente in un milione di

copie e tradotto in venti lingue.

12 DICEMBRE 2012: IL PAPA SBARCA SU TWITTER«Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi, grazie per la vostra generosa risposta, vibenedico di cuore». È il testo del primo tweet del Papa che Benedetto XVI ha inviato il 12dicembre 2012, festa della Madonna di Guadalupe. Lo sbarco del Pontefice sul socialnetwork è stato salutato da un immediato, enorme successo. Ad appena cinque giorni dalprimo "cinguettio", l’account @pontifex, superava già i due milioni di followers

11 FEBBRAIO 2013,L’ANNUNCIO:

«LASCIO IL PONTIFICATO»

La notizia più inattesa il Papal’annuncia ai cardinali riuniti in

Concistoro per lacanonizzazione dei martiri di

Otranto e altri beati. Rinunciaal pontificato che si

concluderà alle 20 del 28febbraio. «Dopo aver

ripetutamente esaminato lamia coscienza davanti a Dio –

dice in latino – sonopervenuto alla certezza che le

mie forze, per l’età avanzata,non sono più adatte per

esercitare in modo adeguato ilministero petrino». Il 28

febbraio Ratzinger si trasferiràa Castel Gandolfo per poistabilirsi in Vaticano in un

convento già abitato damonache Visitandine

Consiglieri Federico FalckRinaldo MarinoniDomenico PompiliMatteo RescignoPaola Ricci Sindoni

Direttore GeneralePaolo Nusiner

Registrazione Tribunale di Milanon. 227 del 20/6/1968

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Domenica, 25 febbraio 2013 27

Herzogliches Gregorianum.

Udienze del mercoledì.

Umberto Folena


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