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DIPARTIMENTO PER LA GIUSTIZIA MINORILEedigita.cantook.net/o/170/p/54070/excerpt.pdf · Servizio...

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N U O V E E S P E R I E N Z E D I Ministero della Giustizia DIPARTIMENTO PER LA GIUSTIZIA MINORILE Studi Ricerche e Attività Internazionali JUVENILE JUSTICE DEPARTMENT Study Research and International Activities GIUSTIZIA MINORILE Unico 2014
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NUOVE ESPERIE

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Ministero della GiustiziaDIPARTIMENTO PER LA GIUSTIZIA MINORILE

Studi Ricerche e Attività Internazionali

JUVENILE JUSTICE DEPARTMENTStudy Research and International Activities

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Indice

INTERNAZIONALE

“Spingendo la mediazione più in là”: prospettive interculturali per laGiustizia minorile di Mariacristina Gaggiani ....................................

Storia e cultura dei Rom rumeni di Emanuela Merluzzi .........................

DOSSIER: NUOVI SCENARI DI SERVIZIO SOCIALE

Il Servizio Sociale per i minorenni tra gestione organizzativa e cambia-menti sociali di Giuseppina Barberis ......................................................

Nascita ed evoluzione degli Uffici di Servizio Sociale per i minorenni di Silvia Casacca ...................................................................................

Il processo d’aiuto negli USSM: il vissuto e la valutazione degli ex-utentidi Giovanna Allegri ...............................................................................

Il Case Management nella giustizia: gli Uffici di Servizio Sociale per iminorenni di Alessia Cimino ..............................................................

Adolescenti senza radici, nel transito nei Servizi minorili della Giustizia di Cecilia Armenise ...............................................................................

Riflessioni sui cambiamenti organizzativi in un servizio complesso: L’Ufficiodi Servizio Sociale per i Minorenni di Mario Abrate ................................

Servizio Sociale e partecipazione del minore alle decisioni che lo riguardano:perché l’advocacy di Federica Palomba, Milena Piazza ...............................

Gli interventi con le famiglie dei minori autori di reato: la ricerca nazionaledi Family Roots di Raffaele Bracalenti, Ninfa Buccellato, Isabella Mastropasqua, Fabia Orlandi .............................................................

Family roots: un’esperienza di lavoro con gruppi di famiglie all’USSM diRoma a cura di Claudia Crudele ...........................................................

La supervisione professionale nei Servizi della Giustizia minorile: brevi riflessioni di Giuseppina Barberis ..........................................................

ESPERIENZE

Le Attività Utili Socialmente: utili a chi? di Mario Abrate .......................

Trovare un lavoro e farsi una famiglia: desideri e stereotipi dei ragazzi dell’area penale di Donatella Pellegrino ................................................

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Esperienza di gruppo all’USSM di Lecce di Anna Adriana Aprile ............

Una visita studio in Francia: progetto transnazionale ad Altiora “Terra Cruda” di Maria Luisa Lasio ..................................................................

Cronaca di un viaggio di studio in Provenza alla ricerca di un confrontocon l’imprenditoria sociale di Paolo Planta ............................................

La mediazione penale minorile a Roma di Maria Capone; Donatella Caponetti; Silvia D’Andrea, Francesca Mosiello, Maria Rupil .................

Le buone pratiche per un “invio pensato: l’esperienza di mediazione penale minorile a Roma e il ruolo dell’Ufficio di Servizio Sociale dei minorenni nel processo d’invio di Carmen Genovese, Antonella Spagnolo,Marina Toscani, Francesca Zizza ............................................................

RECENSIONI

Dalle discriminazioni ai diritti ................................................................

Il Nuovo Dizionario di servizio sociale ...................................................

Con i loro occhi con la loro voce per parlare di immigrazione in modo diverso .................................................................................................

La grammatica di Nisida .......................................................................

“Facciamo giustizia. Istruzioni per l’uso del sistema penale” .........................

[email protected] – l’ABC dei comportamenti devianti online .................................

Gli autori ............................................................................................

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Un terzo spostamento, ancora più ad ovest, verso l’Europa, sembra sia stato faci-litato dalle persecuzioni turche e dalla peste.

Nel Medio Evo, nell’Europa orientale e centrale, i Rom si confondevano con i pel-legrini e i pellegrini penitenti: in questi tempi la figura del pellegrino che si recava verso isiti cristiani e verso Roma, era rispettata, accolta e, per regola, anche sostenuta con vittoe alloggio. L’Europa era attraversata da pellegrini di ogni tipo.

Nel XV secolo questo popolo attraversa una fase di persecuzioni in Europa (an-che collegate all’accusa di eretismo e di stregoneria, per il loro compiere riti non cristiani).Nella Scandinavia, in Svizzera, in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Ungheria ven-gono perseguitati, espulsi, menomati e anche uccisi. Qualche storico parla di un primogenocidio del popolo Rom. Nelle zone dell’Europa centrale, come la Polonia e l’attua-le Romania, queste persecuzioni si presentavano meno cruente. Nell’attuale Romania,e cioè nei Principati di Moldavia e di Valacchia (qui un primo documento scritto, che at-testa la presenza dei Rom, risale al 1385) i Rom trovarono da vivere, ma, ridotti in mi-seria, furono comprati e schiavizzati (anche, sembra, con la loro stessa complicità, persopravvivenza) e trattati esattamente come i negri in America. Dai documenti dell’epocaemerge una situazione di schiavitù ripartita tra: schiavi di proprietà dei Signori o delloStato, schiavi di proprietà dei boiari e schiavi di proprietà dei monasteri. I rom schiavilavoravano nei campi o nelle abitazioni; vivevano con tutta la famiglia; la moglie seguivasempre il marito; potevano essere puniti fisicamente e incatenati; i tentativi di fuga era-no puniti. I lavoranti presso le abitazioni potevano muoversi più liberamente rispetto ailavoranti nelle terre.

La Romania abolì per ultima, in Europa, la schiavitù: nel 1856 questa fu abolita nelPrincipato di Valacchia e poco dopo nel Principato di Moldavia. La situazione specifica deiRom di Romania e il loro gran numero rispetto al resto del mondo sarebbero derivati an-che da questo fenomeno.

Nel totale si contano oggi nel mondo fra 12 e 15 milioni di persone di etnia Rom,le quali vivono inserite in tutta Europa (tranne la penisola scandinava), negli Stati Uniti enel sudamerica. Dopo la seconda guerra mondiale, un movimento internazionale ha datovita all’“Unione Internazionale dei Rom” (primo congresso nel 1971 a Londra), che ten-de a sostenere il riconoscimento dell’identità linguistica e culturale, senza stato nè terri-torio, dei Rom.

La situazione attuale vede una grande frammentazione del popolo Rom, che si èsempre mescolato alle popolazioni e adattato alle diverse territorialità, generando grup-pi e famiglie oggi molto differenti fra loro. Inoltre dopo lo sterminio nazista, secondo al-cuni studiosi, i Rom non sono stati più in grado di stabilire o ristabilire una forte identitàRom, a causa del trauma subito.

La lingua che unisce questo popolo è il “romanes” o “romanì”; una lingua non scrit-ta che però oggigiorno non può più definirsi una lingua unica e uguale per tutti i Rom delmondo. Infatti essa ha subito le conseguenze della diaspora e inoltre, laddove i Rom si sonostabiliti, si è, di volta in volta, mescolata con le lingue nazionali e con i dialettti locali. Oggisi contano moltissimi gruppi e moltissime famiglie Rom, molto diversificate fra loro, nonsolo con diversi dialetti, ma anche con diverse culture e con diverse religioni, anche all’internodi uno stesso Stato.

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Internazionale

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Sono proprio gli scambi con le popolazioni locali, che hanno portato a questa at-tuale situazione di diversificazione dei gruppi dei Rom, ma questi scambi sono anche ladimostrazione, per alcuni studiosi, che i Rom, pur rappresentando una specifica etnia epur avendo vissuto sempre ai “confini” della popolazione maggioritaria, hanno sempreavuto con essa un rapporto di interscambio continuo, un parallellismo di vite e di cultu-re caratterizzato da una stretta convivenza e da una condivisione delle risorse del territo-rio, che sta alla base anche dei mestieri tipici dei Rom, quelli di ieri e quelli di oggi, quel-li approvati e quelli non approvati dalla comunità.

Per quanto riguarda i nomi dei vari gruppi di Rom che conosciamo oggi, questi de-rivano dai mestieri che, appunto, il gruppo espletava nel passato. Per fare solo qualcheesempio: gli Ursari rumeni addestravano gli orsi per le fiere; i Lovara allevavano e com-merciavano cavalli; i Rudari sarebbero stati intagliatori; i Caldarari forgiatori del rame; i Liu-tari suonatori di liuto e poi musicisti in generale.

I Rom di Romania

Con la fine della schiavitù, nel 1856, i circa 200.000 Rom della Romania di allorasi ritrovarono si liberi, ma anche nella più totale povertà, senza mezzi autonomi di so-stentamento e senza proprietà. Quelli che non restarono nelle terre dell’Europa dell’est sispostarono ancora verso l’Europa occidentale o verso la Russia.

I Rom rimasti in Romania iniziarono ad espletare lavori di vario genere per soprav-vivere da liberi. Cominciarono a dedicarsi a mansioni per lo più itineranti che li portava-no a girare per il paese cercando luoghi più appropriati per fermarsi. Non si sono esatta-mente sviluppati come nomadi: questo del nomadismo è un punto critico, per alcuni stu-diosi, considerato non del tutto esatto e legato, a loro avviso, agli stereotipi sui Rom e agliatteggiamenti di esclusione nei loro confronti.

Più precisamente i Rom si rivolsero ai lavori artigianali legati magari alle stagioni, la-vori per i quali dovevano spostarsi: dalla lavorazione di strumenti in ferro per i lavori di cam-pagna all’artigianato del rame, dall’allevamento di cavalli e bufali ai mestieri legati alle fie-re, alle feste, alla musica fino all’addestramento di orsi per l’esibizione.

Si vanno definendo così, sempre di più, i tipici mestieri dei Rom. Storicamente, però, continuano ad alternarsi, per loro, periodi di persecuzione a pe-

riodi in cui lo Stato tenta forzatamente di assimilarli e acculturarli; periodi in cui essi rap-presentano un problema etnico a periodi in cui non lo rappresentano e vengono consi-derati solo rumeni emarginati e poveri da emancipare.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, un censimento del 1930 calcola i Rom essere l’1,5%di tutta la popolazione rumena e la sesta etnia del paese. In Transilvania i Rom sono il 2,3%del totale dei cittadini.

I Rom che avevano combattuto la prima guerra mondiale avevano ottenuto picco-le porzioni di terra in concessione e si stabilirono nelle campagne. Altri Rom continuava-no a vivere muovendosi nel territorio. Cominciarono a dedicarsi anche al commercio am-bulante e in generale si disseminarono e disgregarono ulteriormente. Tra le due guerre ini-zia una fase di impoverimento e marginalizzazione dovuta a diversi fattori: la maggioredispersione nel territorio dei vari gruppi; il loro stabilirsi ai margini dei villaggi per man-

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4.3 Il percorso di vita

Per percorso di vita17 si intende un processo dinamico all’interno del quale si verifica-no transizioni (o passaggi) “interconnesse e interdipendenti che si sviluppano ed evolvononel tempo”18, relative ai “diversi campi di interazione sociale”19 da cui è formata l’esistenza.

All’interno di questo quadro possono essere collocati dagli intervistati dei passaggi ri-tenuti cruciali o salienti che hanno orientato le loro scelte. La chiave di lettura sarà riferita aiconcetti di agency e di coping per la loro attinenza agli obiettivi propri del servizio sociale.

Emerge in alcuni casi che pur essendosi aperte prospettive di sviluppo nel corso delprocesso d’aiuto queste non si sono poi consolidate e strutturate: le cause sono talvoltaattribuite dagli intervistati a eventi e situazioni specifiche; in altri, nonostante il trascorsoin età minorile fosse stato complesso, caratterizzato da più periodi di detenzione e da unalunga permanenza nei servizi sociali, il percorso si è poi snodato con una certa linearità esi è tracciato lungo alcune direttive tra le quali il lavoro e le soddisfazioni che ne deriva-no è una di quelle centrali. Dal racconto che segue si evince quanto questa dimensioneabbia favorito in Tiziano l’acquisizione di una positiva immagine di sé e l’assunzione di unruolo socialmente riconosciuto:

Io... praticamente ora sono una persona a posto. Lavoro, ho un buon lavoro, sonobravo nel mio lavoro.Io faccio il meccanico, il meccanico, riparo auto, però ho anche la qualifica di elet-trauto, di gommista, so fare il verniciatore, so fare il camionista, (…) sono tante lecose che ho imparato a fare…Per quello che dico a volte: sono riuscito a passare da un estremo all’altro e anchein breve tempo perché comunque io... credo che l’ultimo reato l’avessi commessonel... ‘99 o 2000, quasi maggiorenne, se non sbaglio, e però dico... nel giro... poiho cambiato totalmente, nel giro di dieci anni ho capovolto la mia vita, ho comin-ciato a lavorare. (Tiziano, 29, Cagliari)

In più di un’intervista emerge come nel percorso di vita sia stato maturato un ap-proccio etico alla vita professionale. Sempre Tiziano si esprime come segue:

Sono abbastanza onesto nel mio lavoro.Sì, non riesco davvero, non riesco a fregare a nessuno, davvero, non ce la farei mai,ora come ora mai. Prima l’avrei fatto subito! Adesso, no!(Tiziano, 29, Cagliari)

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Dossier – Nuovi scenari di Servizio sociale

17 M. Olagnero, Vite nel tempo. La ricerca biografica in sociologia, Carocci, Roma, 2004, pag. 103,“Il corso di vita si presenta oggi con una certa compattezza teorica e concettuale che consente ai suoiesponenti più noti di parlare di paradigma. L’obiettivo ambizioso di questo paradigma è quello di dar con-to di un risultato che spesso la sociologia ha ignorato, trattato in maniera residuale o addirittura com-battuto: spiegare l’eterogeneità dei percorsi (traiettorie) degli individui inseriti in un sistema sociale”.

18 A. Meo, Vite in bilico, Liguori, Napoli, 2000, p. 7.19 M. Olagnero, op. cit., p. 109.

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Giorgio racconta come è avvenuta la scelta della carriera militare e di come la per-cezione dell’ autoefficacia e la componente della soddisfazione abbiano strutturato le suescelte e favorito l’adesione a specifiche regole di vita:

La soddisfazione, poi comunque fai missioni estere, si andava lì, si doveva dare unamano, ricostruzioni, la popolazione lì del posto a vedere gente che normalmenteaveva avuto guerre. Non c’è niente di peggio, penso (…) Dopo, diciamo che sonoandate molto bene (…) comunque ho intrapreso la carriera che avevo deciso, (…)mi ha dato delle grossissime soddisfazioni e me ne continua a dare, ho fatto quel-lo che volevo … si vede gente che è meno fortunata, si apprezzano molto di più lecose che si hanno, ci si rende conto di essere molto, molto fortunati …Sono regole di vita, lì magari sono magari imposte perché lo impone il sistema mi-litare, però nella vita vanno benissimo anzi. (Giorgio, 29, Gorizia)

Dalle parole che seguono emerge come Fabrizio, costruisce attivamente una pro-pria dimensione di vita, rappresentando la propria agency, intesa come dinamicità dell’azione,nei termini che seguono, richiamando anche qui il significato assunto dalla sua prima bu-sta paga, ricevuta durante la detenzione nel carcere minorile:

Nel ‘98 ho avuto una delle ultime denunce e poi niente… Ho trovato lavoro in SARAS(Polo industriale della chimica nelle vicinanze di Cagliari). Tutto l’inverno in SARAS epoi sempre tramite la stessa ditta invece di lavorare lì in SARAS… lavoravo bagnino.Poi mi è scaduto il contratto e… sono andato nel peschereccio con mio cognato.Quindi cosa ho fatto io? Mi sono messo una rata, ho chiesto io un mutuo, capito?Mi sono messo la rata ho pagato la mia parte [del peschereccio] E quindi poi mi stavo pagando il (peschereccio) ed ho finito. Invece di finirlo in set-te anni l’ho finito in quattro. Me lo pagavo subito. Poi … hanno visto che pagavoregolarmente anche in anticipo, mi hanno mandato, mi sono messo un mutuo emi sono preso la casa. […] Ne avevo una piccola, poi l’ho venduta e ho preso que-sta un po’ più grandetta. Se c’hai la possibilità, io, per quello io ti dicevo che mi aveva fatto impressione que-sta busta paga, con la busta paga… (Fabrizio,34, Cagliari)

Nei racconti che seguono Gianni evidenzia l’importanza della pratica di uno sportcon le implicazioni sullo stile di vita che ne sono derivate:

Eh, fondamentale per aver cambiato la mia vita è il surf.Il surf mi da la praticamente una sensazione come se mi svuotasse completamen-te, svuotasse la mia mente, il mio corpo da tutte le influenze negative che trovo perstrada, non lo so, tra gli amici che…Cioè è un’alternativa molto buona allo stress della vita normale, penso. Comunquemi tiene lontano da situazioni sbagliate.Quindi, avendo scelto il surf ho scelto anche un modo di vivere diverso.

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Dossier – Nuovi scenari di Servizio sociale

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Dossier – Nuovi scenari di Servizio sociale

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vi. Tale rispetto presuppone una capacità di distinzione fra il ruolo ricoperto e l’individuo,il primo liberamente discutibile, il secondo rigidamente inattaccabile ed inviolabile. Rispettarela persona significa anche assumere che, pur nelle differenti reciproche abilità professio-nali, tutti noi diamo il massimo di quel che possiamo dare ma che dobbiamo essere mes-si in grado di poter incrementare “il nostro massimo potenziale individuale”. Nessuno dinoi ha il diritto di considerarsi migliore o peggiore degli altri.

Parlare di queste cose vuol dire in fondo accostarsi alla “cultura di un servizio”, alsuo pensiero intrinseco, a ciò che sappiamo ed abbiamo imparato ma di cui a volte nonci accorgiamo.

La cultura del Servizio

Cosa si intende per “cultura del servizio”? Esiste una definizione univoca nella qua-le tutti noi possiamo riconoscerci?

Teoricamente per “cultura di un servizio” si intende l’insieme di “tradizioni” o “abi-tudini” o ancora “consuetudini” presenti in un ufficio. L’esempio più chiaro è quello re-lativo alla puntualità: se in un ufficio è normale che qualsiasi riunione inizi con ritardo ri-spetto all’ora prevista, quella è una specificità legata alla cultura di quel servizio. Non sose questa sia una definizione esaustiva e soddisfacente, in ogni caso è quella più “scola-stica”. Io mi sentirei di ampliarla inserendo la deontologia professionale, le esperienze, ilpensiero, i principi fondamentali di una professione e di un servizio, la sua mission ecc.ecc. Qualcosa insomma di molto più profondo ed indefinibile.

Credo che non sia possibile auspicare e agire affinché vi siano cambiamenti all’in-terno di un servizio se non si fanno i conti con la sua cultura e quindi con la sua parte piùprofonda.

I cambiamenti organizzativi in un servizio si articolano su tre livelli concentrici.Come è possibile intuire dalla visualizzazione, il cambiamento più accessibile è quel-

lo degli strumenti di lavoro: ad esempio, passare dal floppy disk alla pendrive è stato uncambiamento strumentale che ha comportato sicuramente uno sforzo di adattamento,ma che tutto sommato è normalmente ben tollerato.

Il secondo livello è quello legato al mutamento di processi di lavoro: nuove prassi,

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Dossier – Nuovi scenari di Servizio sociale

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nuovi servizi con cui instaurare collaborazioni, nuovi progetti comportano uno sforzo adat-tivo sicuramente più marcato rispetto al precedente.

L’ultimo, di maggior difficoltà, è il cambiamento di cultura, che si attua in presen-za di cambiamenti profondi inerenti le “regole del gioco” e per effetto di mutate condi-zioni generali che costringono a rivedere lo stesso modo di lavorare.

In una qualsiasi fase di cambiamento organizzativo profondo, appare ragionevolepensare che essa dovrà toccare tutti e tre i livelli previsti: non sarà una mera sostituzionedi persone o di strumenti; il tipo di lavoro che facciamo non è impermeabile al modo incui ognuno di noi è, alla sua cultura, formazione, personalità. Il cambiamento andrà adincidere anche sullo strato intermedio dello schema: sarà probabilmente un cambiamen-to legato ai processi, alle prassi, sicuramente ai rapporti e, se lo farà, andrà ad intaccarela cultura del servizio in tempi imprevedibili e per effetto di mutamenti profondi di men-talità che aprioristicamente non è possibile ipotizzare. Non sappiamo bene se il nuovo as-setto sarà migliore o peggiore del precedente, ma sicuramente possiamo dire che sarà,semplicemente, diverso.

Agire sull’organizzazione di un servizio significa quindi considerare una struttura cheva molto al di là dell’osservabile e da quanto è meramente espresso da norme o organi-grammi:

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Come primo dato, vediamo che il rapporto tra soggetti appartenenti a nuclei fa-miliari con basso livello di problematicità (sotto-tipologie 1 e 2) e soggetti appartenenti afamiglie con un livello di problematicità medio/alto (sotto-tipologie 1,2 e 3) è di circa 1:1.Un dato, questo, che indica come gli operatori dei servizi minorili si trovino, praticamen-te con la stessa frequenza, ad interagire sia con adolescenti che provengono da nuclei fa-miliari che possiamo definire “normofunzionanti” (il che non esclude, ovviamente, unaproblematicità di tipo relazionale all’interno del nucleo), sia con sistemi familiari media-mente o altamente disfunzionali. Ovviamente le due macro-categorie di famiglie presen-tano importanti differenze rispetto a tutta una serie di variabili sociali, economiche, cul-turali, psicologiche, ecc e di conseguenza richiederanno approcci e modalità di interven-to diverse da parte dei servizi.

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Dossier – Nuovi scenari di Servizio sociale

Nella tabella seguente confrontiamo queste due macro-categorie familiari con la ti-pologia dei reati e la loro relativa frequenza.

Se la frequenza dei reati riscontrati nelle due macro-categorie è pressocchè ugua-le (51% per le famiglie a bassa problematicità VS 49% per quelle a media/alta problematicità),vediamo che, invece, le differenze rispetto alla tipologia di reati commessi dai soggetti ap-partenenti alle due categorie, sono piuttosto significative per quasi tutti i reati, ad ecce-zioni degli agiti violenti per i quali la percentuale è quasi simile.

Un dato interessante, e per certi versi sorprendente, è che il reato di violenzasessuale è di gran lunga più frequente tra i soggetti provenienti da contesti familia-ri a basso livello di problematicità (11,8%), con una percentuale quasi tripla a quel-la dei soggetti provenienti da contesti familiari a medio/alta problematicità (4,1%).Lo stesso vale per i reati legati alla droga, la cui percentuale risulta quasi doppia per

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la prima macro-categoria familiare (27,5%) rispetto alla seconda macro-categoria(14,3%).

I reati che invece risultano maggiormente frequenti tra i soggetti appartenenti allaseconda macro-categoria sono quelli contro la proprietà, soprattutto se accompagnati daagiti violenti (59,2%).

Nella tabella seguente confrontiamo i due sottogruppi rappresentati dagli utenti de-gli USSM di Roma e Napoli rispetto alla provenienza familiare.

L’analisi comparativa territoriale permette di approfondire le differenze tra i due con-testi territoriali oggetto dell’indagine. Mentre nel caso di Roma, in due casi su tre (70%),l’utenza è costituita da soggetti provenienti da nuclei familiari a basso livello di problematicità,nel caso di Napoli il dato si ribalta e, in quasi due terzi dei casi (68%), l’USSM si trova acontatto con soggetti provenienti da famiglie che presentano un livello di problematicitàmedio/alto.

Va comunque notato che a fare la differenza sono soprattutto tre sotto-tipolo-gie: – la famiglia “stressata” (tipo 2 della macro-categoria 1), che è quasi assente nel caso

di Napoli (4%) e invece largamente presente a Roma (36%);– la famiglia “criminogena” (tipo 1 della macro-categoria 2), che risulta molto più dif-

fusa nel contesto napoletano (18%) rispetto a quello romano (4%);– la famiglia “degradata” (tipo 3 della macro-categoria 2), che rappresenta la sottoti-

pologia familiare a più elevato livello di problematicità interna, e dalla quale proven-gono il 24% dei casi presi in carico dall’USSM di Napoli ma solo il 4% di quelli seguitidall’USSM di Roma.

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Dossier – Nuovi scenari di Servizio sociale

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Ci sono infine dei professionisti del sociale che affiancano gli ospiti in orario po-meridiano (assistente sociale, educatore e animatore).

Una regola dell’associazione è la condivisione: in comunità viene condiviso tutto,comprese le decisioni più importanti, eccetto gli aspetti più riservati degli ospiti.

La comunità si mantiene con il lavoro interno, donazioni private e, in maniera re-siduale, con finanziamenti pubblici.

Essa è organizzata in 4 settori coordinati da dei tecnici: produzione dei mattoni diterra, autocostruzione, agricoltura, pulizia ambienti.

L’associazione è nata circa 15 anni fa dall’idea di due persone che avevano fattoun’esperienza in Africa. Hanno risistemato la struttura costruita in terra (ex fattoria); poisi sono associati ad un progetto di recupero di materiali costruttivi e d’allora hanno co-minciato a produrre per vendere. In un secondo momento si sono appoggiati ad una dit-ta che offre un aiuto per mettere in vendita i mattoni compressi (ne producono circa 140al giorno).

Al momento stanno cercando di aggiornarsi sull’intonaco e su mattoni crudi (ladi-ri); hanno anche tentato, in via sperimentale, di produrre mattoni profumati con steli dilavanda.

Esperienze

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Il frutteto. Settore auto-costruzione.

Prove d’intonaco. Scheda degli ingredienti per ciascun mattone.

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L’ipotesi è di inserirsi nel settore dell’eco costruzione biologica attraverso l’utilizzodella terra.

In questa comunità si producono mattoni ottenuti compattando della terra (pre-valentemente argilla del peso di 8 Kg e 750) in presse meccaniche, azionate manualmente.Non richiedono l’aggiunta di paglia, come accade in Sardegna, ma di cemento.

I blocchetti ottenuti – NON COTTI - vengono essiccati al sole per 3 settimane; han-no le dimensioni di circa 30 cm x 10 mentre i blocchi sardi, decisamente più grossi, pe-sano circa 5 kg ciascuno.

I ragazzi, che hanno avuto l’opportunità di sperimentarsi nel lavoro, erano stupitiper la facilità e la velocità di produzione grazie all’ausilio dei macchinari poiché essi inve-ce impastano la terra manualmente.

Da qualche tempo c’è la richiesta di aprire la struttura a persone esterne che, perun breve periodo di tempo, desiderano fare un’esperienza di turismo sociale ma l’associazione,per il momento, non permette questo tipo di accoglienza residenziale. C’è in previsione l’ipo-tesi di costruire un alloggio destinato a questo scopo ma ci sono serie riserve poiché si vuo-le tutelare la riservatezza degli ospiti e si teme la presenza di “persone curiose”.

Si configura, tuttavia, come struttura aperta alle visite periodiche di parenti amici

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Esperienze

Pressa. Preparazione dei mattoni.

Tunnel per l’essicazione dei mattoni. Forno a legna costruito in terra.

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Recensioni

l’operatore sociale riesce a comprendere il soggetto nella sua interezza ed, al tempo stes-so, riesce ad attivare un ascolto attivo fatto di compresenza3, di vicinanza, di fiducia. Ele-menti cruciali per poter co-progettare percorsi possibili di inserimento e di riduzione delledisuguaglianze sociali.

In questa prospettiva questo lavoro dal titolo: Con i loro occhi con la loro voce. Perparlare di immigrazione in modo diverso scritto da Lucio Simonato è un libro che pre-senta “dal di dentro” il fenomeno dell’immigrazione attraverso la presentazione di un in-treccio di voci e di sguardi, di testimonianze di persone non italiane che raccontano inmodo autentico i loro vissuti.

Soggetti che con le loro storie raccontate consentono al lettore di immergersi inmondo fatto di clandestinità, di viaggi pericolosi, di deprivazioni affettive prolungate neltempo, di solitudini, di ricongiungimenti familiari, di vissuti tragici dei rifugiati politici, diuna esasperante ricerca di lavoro, di famiglie divise, di percorsi di integrazione socio-cul-turale mal riusciti; ma esso anche rappresenta il buon funzionamento delle reti solidali diaiuto per gli immigrati le quali, come ci ricorda l’autore nella conclusione, sono fonda-mentali per gli immigrati. Ma è anche un libro che rappresenta la complessità del feno-meno dell’immigrazione nel tempo della crisi economica che stiamo vivendo. Tempo in cuisi osserva un affievolimento delle speranze di stabilità, di sicurezza, di benessere che ave-vano condizionato le partenze degli stranieri dal loro paese di origine.

Chi ha scritto le storie, volutamente è nell’ombra, i veri protagonisti del libro sonogli intervistati, i loro volti, le loro voci, i loro suoni, con un italiano stentato. E’ il caso, adesempio di Abudul, nato nel Bangladesch, in Italia da 12 anni con la famiglia residente inprovincia di Vicenza il quale, come tanti, si lamenta della precarietà del lavoro e della vo-lontà di tornare nel suo paese.

È la storia di Elena, rifugiata politica, una donna sola, lontana dalla Giorgia, suopaese nativo, dove non può più rientrare. O quella di Giorgio proveniente dal Kurdistan,giunto in Italia dopo un lungo viaggio durato due anni, costretto a lasciare il suo paesepartire per gravi motivi. Ma è anche la storia di Sonja proveniente dalla Bosnia Erzegovi-na, in Italia da venti anni, sposata con un italiano, con due figlie.

In conclusione questa pubblicazione costituisce il tentativo, a mio avviso ben riu-scito, di re-stituire a queste persone, cittadini del mondo globale, la loro auto-dermina-zione “come soggetti capaci di rimodellare le situazioni in cui si trovano”4.

A cura di Roberta Rao

3 Goffman E., Il rituale dell’interazione, il Mulino,1988.4 Prefazione, p. 7.

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Recensioni

La grammatica di Nisida

Ardone, Carrino, de Crescenzo, de Giovanni, Gallo, Menna, Notabartolo, Petrazzuolo, Ri-naldi, Caracò (e-book), 2013

Volume a cura di Maria Franco

L’isola di Nisida fin dall’antichità è sempre stata un luogo privilegiato che ha ispi-rato decine di autori. Decritta e narrata da Omero, Cicerone, Boccaccio, Cervantes,Dumas, l’isola di Nisida particolarmente bella, ricca di flora e fauna, con splendidi pae-saggi, con terrazzamenti e sentieri incontaminati sembra essere un luogo incantato. Unluogo immobile in cui tempo sembra sospeso. Il tempo sembra fermarsi. O megliosembra essere rivolto verso altri luoghi: i luoghi dell’immaginazione, dei sentimenti, deivissuti emotivi. Dimensioni e tensioni che in qualche modo affievoliscono le nostre di-fese e ci mettono in ascolto verso gli altri e verso noi stessi. E non solo. Ci conduconoanche verso la lettura e l’ascolto di racconti “immaginati” da altri su storie vissute concontenuti realistici.

È nell’ambito di questo contesto naturalistico che nasce il progetto “Nisida comeparco letterario”. Progetto nato su iniziativa della Direzione e del personale dell’IstitutoPenale per i minorenni di Nisida (Napoli) e delle insegnanti della scuola media statale“Miraglia-Sogliano” di Napoli che operano all’interno dell’Istituto. Questo progetto na-sce dall’idea di costruire un’opportunità di sviluppo culturale sull’isola di Nisida attra-verso la realizzazione di percorsi letterari di lettura guidati e itineranti sull’isola. Stimolarela lettura, attraverso la realizzazione di un palcoscenico itinerante, tanto inconsuetoquanto coinvolgente, in cui il pubblico ascolta e partecipa alla lettura, in cui si riscopro-no paesaggi descritti nella letteratura, attraverso visite guidate, iniziative culturali, ani-mazioni teatrali ai quali partecipano attivamente i ragazzi e le ragazze di Nisida.

Il volume La grammatica di Nisida (a cura di Maria Franco) edito da Caracò co-stituisce un nuovo prodotto del progetto “Nisida come parco letterario” che ha giàpubblicato tre volumi: Racconti per Nisida, Racconti per Nisida e l’Unità d’Italia, Rac-conti per Nisida, isola d’Europa, editi da Mario Guida. Quest’ultimo volume presentanove racconti scritti da Viola Ardone, Luigi Romolo Carrino, Daniela de Crescenzo,Maurizio de Giovanni, Alessandro Gallo, Antonio Menna, Tjuna Notarbartolo, Anna Pe-trazzuolo, Patrizia Rinaldi. La prefazione è di Luisa Mattia. Questo volume è stato scrit-to grazie anche alla collaborazione di Adele Micillo, Giovanni Rega, Marisa Oliviero,docenti dell’IC Miraglia-Sogliano e Carmela Brando e Patrizia Signore, docenti dell’ICMichelangelo-Madonna Assunta, che insegnano presso l’Istituto di Nisida.

La grammatica di Nisida è stata realizzata grazie dei diritti d’autore de “La giu-sta parte. Storie e testimoni dell’antimafia” (Caracò, 2ed. 2012). La partecipazionedegli Autori al progetto è stata totalmente gratuita. Si segnala che il volume non è incommercio in forma cartacea ma esclusivamente in versione e-book, al prezzo di 5,99euro. I proventi della versione e-book del libro saranno devoluti ad una nuova attivitàculturale di Nisida.

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