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OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

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OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO" Author(s): Claudio Scarpati Source: Aevum, Anno 66, Fasc. 3 (settembre-dicembre 1992), pp. 519-537 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20860162 . Accessed: 14/06/2014 23:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.55 on Sat, 14 Jun 2014 23:29:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"Author(s): Claudio ScarpatiSource: Aevum, Anno 66, Fasc. 3 (settembre-dicembre 1992), pp. 519-537Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20860162 .

Accessed: 14/06/2014 23:29

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OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO

A Raffaele de Cesare

Se voi stesti, consorte mia cara, dieceotto giorni che non havestive mie littere, io in quel tempo non steti mai quatro hore che non pensasse di voi. Dippoi so pur che havete hauto

spesso mie littere che ho riffatto li danni, ma voi non fate gia cosi, che non me scrivete se non

quando non sapete che far altro. Vero e che questa ultima vostra littera e assai ben lunga, lo dato sia Dio, ma ve rimettete ch'io mi faccia dire al conte Ludovico quanto voi mi amate. Se rebbe bono ch'io volesse che voi anchor vi facesti dire al Papa quanto io amo voi: che certo

tutta Roma lo sa, di sorte che ognuno mi dice ch'io sto disperato e di mala voglia perche non

sono con voi; et io non ge lo niego, ma vorrebbono ch'io mandassi a Mantua a torvi e con

durvi qui a Roma.

Pensate voi se gli volete venire et avisatimelo. Avisatime senza burla se volete ch'io vi

porti qualche cosa che vi piaccia; non restard gia io di portarvi. Ma harei a caro di sapere

quello che vi piace, perch'io sero li una mattina che non ve ne acorgerete e troverovi in letto: e voi mi vorrete poi dare ad intendere che la notte vi sarete sognata di me, ma non sera vero

niente. Io non posso per ancor dirvi el di della mia partita, ma spero che '1 sera presto. Fra tan

to racordative di me et amatime, ch'io di voi sempre mi racordo e vi amo assaissimo, e piu che non dico e me vi racordo con tutto el core K

La lettera del Castiglione alia moglie e del 31 agosto 1519. Ippolita Torelli sa rebbe morta, mettendo alia luce la terzogenita, di li a un anno. Poco lontana dalla lettera e la composizione deWElegia qua fingit Hippolyten suam ad se ipsum scriben tem che raffigura la moglie e il piccolo Camillo mentre interrogano l'immagine del

padre lontano dipinta da Raffaello:

Sola tuos vultus referens, Raphaelis imago picta manu curas allevat usque meas.

Huic ego delicias facio arrideoque iocorque alloquor et, tanquam reddere verba queat.

Assensu nutuque mihi semper ilia videtur dicere velle aliquid et tua verba loqui.

Agnoscit balboque patrem puer ore salutat: hoc solor longosque decipio dies.

[...] Aut [papa Leo] iubeat te iam properare ad moenia Mantus,

aut me Romanas tecum habitare domos.

1 Lettera di Baldassarre a Ippolita Torelli, da Roma, 31 agosto 1519, in B. Castiglione, Le kttere, a c. di G. La Rocca, I, Mondadori, Milano 1978 (Tutte le opere di Baldassar Castiglione, 1), p. 484.

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520 C. SCARPATI

Namque ego sum sine te veluti spoliata magistro

cymba, procellosi quam rapit unda maris.

Et, data cum tibi sim utroque orba puella parente, solus tu mihi vir, solus uterque parens.

Nunc nimis ingrata est vita haec mihi, namque ego tantum

tecum vivere amem, tecum obeamque libens2.

Ancora in una delle ultime missive, Ippolita scriveva a Baldassarre, a Roma in

angustie economiche e colpito dalla morte di Raffaello, esprimendo il desiderio che i versi latini le avevano attribuito: ?Se io fussi a Roma forsi non areste tanti fastidii. Io ge voria essere, perche desidero de star con voi piu che cosa del mondo e tutti li

mei contenti adeso son en aver vostre littere e pensar di voi e star con Camillo ricor dandime de voi? 3. Ne questo le fu consentito, ne di morire avendo accanto lo spo so. Una mano malferma sottoscrive con le parole ?la vostra consorte ch'e un pocho starocha dal malo? la lettera del 20 agosto 1520 che annuncia la nascita della creatu ra per la quale Ippolita perdera la vita di li a cinque giorni4.

I fili che legano la realta biografica con un'opera letteraria non sono mai diretti e rettilinei, come un secolo fa si pensava; ma Pinterpretazione del terzo libro del

Cortegiano non pud essere intrapresa senza ricordare che Pautore era passato attra verso Pesperienza di un matrimonio felice. Colui che pone fine nel 1524 al mano scritto ora Laurenziano del trattato e uomo che ha alle spalle una vicenda di eventi amari e luminosi, che e diplomatico e uomo di cultura ed ora uomo di chiesa, ma e

anche, tra i tanti aristocratici celibi o celibatari che lo circondano nel palazzo di Ur

bino, Punico che accettasse e vivesse brevemente, proprio negli anni cruciali della se conda redazione delPopera, nelPistituzione matrimoniale accanto a una donna giova ne e nobile. Non potra risalire anche a questa sorgente Pimpegno risoluto che per corre il terzo libro del Cortegiano di riscattare Pimmagine della donna dalla damna tio che Paccompagna in una larga sezione della pubblicistica ecclesiastica e laica, dal Corbaccio al De amore delPAlberti? 5.

NelPampia e impegnata ricerca sulla servitu e grandezza della donna nel Rina scimento il terzo libro del Cortegiano ha goduto di nuove attenzioni, a partire dalle

penetranti ed estese ricerche di Jose Guidi, prolungate dalle analisi di Giuseppa Sac caro Battisti e di Marina Zancan 6. E frequente in questi studi ? che comunque

2 II libro del Cortegiano con una scelta delle opere minori di Baldesar Castiglione, a c. di B. Maier, Utet, Torino 1981, pp. 608-614.

3 Citta del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 8211, f. 247r, Lettera di Ippolita To relli a Baldassarre, da Mantova, 10 agosto 1520.

4 Vat. lat. 8211, f. 248r, Lettera di Ippolita Torelli a Baldassarre, da Mantova, 20 agosto 1520. 5 F. Furlan, L'idea della donna e dell'amore nella cultura tardomedioevale e in L.B. Alberti, ?In

tersezioni?, 10 (1990), pp. 211-238. Sulle scritture in difesa della donna nel Quattrocento e di rilievo il sag gio di C. Fahy, Three Early Renaissance Treatises on Women, ?Italian Studies?, 11 (1956), pp. 30-55.

6 J. Guidi, De I'amour court ois a I'amour sacre: la condition de la femme dans I'oeuvre de B. Ca

stiglione, in Images de la femme dans la litterature italienne de la Renaissance..., Ed. de la Sorbonne Nou

velle, Paris 1980 (Centre de Recherche sur la Renaissance italienne, 8), pp. 9-80; G. Saccaro Battisti, La

donna, le donne nel 'Cortegiano', in La corte e il ?cortegiano?, I, La scena del testo, a c. di C. Ossola, Bulzoni, Roma 1980, pp. 219-50; Marina Zancan, La donna e il cerchio nel 'Cortegiano' di B. Castiglio ne. La funzione femminile nell'immagine di Corte, in Nel cerchio della luna. Figure di donna in alcuni testi del XVI secolo, a c. di M. Zancan, Marsilio, Venezia 1983, pp. 213-256. E si veda anche, ora, il capitolo La donna e il mondo, nel volume di A. Gagliardi, La misura e la grazia. Sul 'Libro del cortegiano', Tir

renia, Torino 1989, pp. 105-118. Insiste sul sistema cortigiano come .'sistema di simulazione' G. Ferroni, ?Sprezzatura? e simulazione, in La corte e il ?cortegiano?, I, pp. 119-147. Un'interpretazione complessiva 'distanziante', ma di grande forza saggistica e VIntroduzione di A. Quondam a B. Castiglione, 77 libro del

cortegiano, Garzanti, Milano 1981.

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IL TERZO L1BRO DEL CORTEGIANO 521

hanno fatto evolvere in modo decisivo la discussione ? la rilevazione che nel terzo libro e contenuta una difesa della donna storicamente rilevante, ma limitata alia donna di corte, si che alFimmagine della corte stessa risulta finalizzato quanto della donna si va dicendo. Su questo piano sembra che Pinterpretazione del Cortegiano non riesca a staccarsi dal quadro nel quale P opera fu inserita in eta risorgimentale: poiche i fondatori della nostra storia letteraria respingevano il modello aristocratico non potevano non respingere un libro dedicato alia corte e alia sua celebrazione; i contenuti etici, o di concezione dell'uomo, anche quelli piu chiaramente tributari di un vigoroso recupero dei classici dovevano essere intesi come frutto di un processo di idealizzazione 7. D'altra parte le opere letterarie si muovono nel tempo accompa gnate da apparati interpretativi di forza classificatoria tale da ridurre le differenze di

potenziale che in essa si accumulano. Quanto piu illustri e appaganti alPepoca della loro nascita, le definizioni critiche si trasmettono alle epoche successive condizionan do la possibility di nuove letture. Anche perche, tenendo fermo un problema, dando per risolta una questione, i danni al disegno interpretativo di un'epoca si riducono. E spesso forze incontenibili, imperativi taciuti ma rigidi esigono disegni interpretativi non problematici.

Di fronte al Cortegiano, il libro che ha continuato a splendere nella cultura an

glosassone mentre conosceva una totale eclisse nelP Italia romantica 8 gh interpreti

che, attivi nella stagione intellettuale del secondo dopoguerra, hanno infranto i divie ti desanctisiani, assorti nella visione della platonica conclusione del trattato, nelPin no alPamore del Bembo, hanno sentito, giustamente, che buona parte del peso del libro si scaricava li, o che comunque li si concludeva il percorso genetico delPopera che sigillava con le lodi delPamore divino Yiter apertosi con la riproposizione castel lana delPamor cortese 9.

E il terzo libro solo un aspetto di quest a indubbia forma inter na boccacciana e cortese del trattato castiglionesco?

II Cortegiano lascia i lettori un po' diffidenti per il volto aproblematico o ridot tamente problematico che presenta a confronto con i turbamenti, le denunce, le vi sioni scorate, critiche, distaccate che si vanno cogliendo negli umanisti quattrocente schi al di sotto della veste di fiduciosa serenita che s'era deposta in modo indifferen ziato sulle loro spalle 10. Questa diffidenza, provata dapprima da Francesco De Sanctis, combattente contro gli istituti del regime antico, si conferma quasi fatal mente quando si pone la paideia dal Castiglione, il suo istinto costruttivo e proposi tivo, ma certamente interno a un ceto e a un mondo di valori accettati, a confronto

7 A questa tendenza ancora dominante si oppone Eduardo Saccone nei saggi Galateo e generi lette rari. Dialogo, trattato, ritratto e Ritratto del cortegiano, nel suo vol. Le buone e le cattive maniere. Lette ratura e galateo nel Cinquecento, II Mulino, Bologna 1992, pp. 9-33 e 57-79, ove si rende omaggio allo studio di Giancarlo Mazzacurati che gia alia fine degli anni Sessanta aveva definito il Cortegiano come

'apologia del presente' (nel vol. Misure del classicismo rinascimentale, Liguori, Napoli 1967). II Mazzacura ti ha ripreso il discorso sul Cortegiano in Baldassar Castiglione e la prosopopea della corte, nel suo vol. II Rinascimento dei moderni. La crisi culturale del XVI secolo e la negazione delle origini, II Mulino, Bolo gna 1985, pp. 149-207.

8 Ne. da un efficace resoconto C. Ossola, nel cap. ?Rinascimento? e ?Risorgimento?: la Corte tra due miti storiografici, del suo vol. Dal ?Cortegiano? all'?Uomo di mondo?. Storia di un libro e di un mo dello sociale, Einaudi, Torino 1987, pp. 155-181.

9 P. Floriani, Dall'amor cortese all'amor divino, nel suo vol. Bembo e Castiglione, Roma 1976. 10 Si veda per esempio, oltre al sopra citato saggio del Furlan, quanto scrive R. Cardini a proposito

di una certa immagine delPAlberti in Mosaici. II ?nemico? dell'Alberti, Bulzoni, Roma 1990 (Humanistica, 6), in particolare alle pp. 33-41.

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522 C. SCARPATI

con la generosa impazienza del machiavelliano Principe e alia sua disillusa visione dello stato umano 11.

Vicino e insieme lontano dal Machiavelli, anche il Castiglione prospetta avanti a se la rete delle relazioni in cui Puomo si muove, ma la sua analisi non e immediatat

mente a servizio delPazione. II Castiglione, uomo d'azione e a suo modo combatten te, e meno preoccupato della traduzione operativa di quanto non sia il Machiavelli condannato alPinazione. Forse questo sistema di controspinte li rende opposti e

complementari. Senza dimenticare che, se il Cortegiano e accettato subito e vasta mente, il Principe ha una fortuna tarda e contrastata.

I due massimi testi 'antropologicP del Cinquecento volgare, da tanto divario se

parati, sono pero uniti, come ormai si va riconoscendo, dalla forza di penetrazione analitica, frutto di una civilta matura che e nata dalla reinstaurazione umanistica. II loro oggetto comune e Puomo in relazione, ma Paccentuazione propria del Castiglio ne e da ricercare nella relazione comunicativa. Al Castiglione sono estranee, nella cornice che ha scelto per Popera sua, la relazione competitiva e Pinchiesta sui rap porti di forze: piuttosto gli interessa Passetto valoriale, cui si fa condurre da lunghi cammini analitici, che persegue anche a rischio di proiezioni utopiche, resistendo a sensate obiezioni, come allorche nel quarto libro rimette in piedi letteralmente un te sto platonico in faccia al dubbio del Frisio che un principe come quello che si e an dati disegnando ?sia come la republica di Platone e che non siamo per vederne una, se non forse in cielo?. E nota la risposta di Ottaviano Fregoso: ?Le cose possibili, benche siano difficili, pur si po sperar che abbiano da essere? (IV 42), che e para frasi del VI libro della Repubblica: ?Certamente non e impossibile [che uno stato come quello che abbiamo sognato] esista, ne noi esponiamo cose impossibili, sebbe ne anche noi le riconsciamo difficili? 12.

Non rassegnato a registrare quello che e, deciso a tenere aperto il varco su cio che potrebbe essere, il Libro del cortegiano si deve allineare forse, al di la delle dif ferenze culturali documentate, agli spiriti che trascorrono nella pagine di un certo Erasmo circolante in Italia negli anni di Leone X, in particolare nelPErasmo della

Querela pads e del Dulce bellum inexpert is. La stessa canzone alP Italia del Petrarca che detta la chiusa del Principe e usata dal Castiglione per una citazione implicita, ma tale da non sfuggire ai suoi lettori, nel passo che descrive la tracotanza del prin cipe-tiranno: ?Quanto a maggior numero di gente commandano e son piu potenti, tanto piu temono ed hanno piu nemici? (IV 24), ove si amplifica Paforistico detto petrarchesco contro i signori che si circondano di mercenari: ?Qual piu gente possie de, / colui e piu da' suoi nemici avolto?. Se dalla canzone petrarchesca il Machia velli trasceglie la riscossa della virtu contro il furore, il Castiglione coglie piuttosto Pinvocazione alia pace che la conclude. Tutt'altro che insensibile ai temi che muovo no il segretario fiorentino (un accenno ai mercenari e in Cort. IV 33, dove si eleva il lamento sulla ?povera Italia, la quale e stata e tuttavia e preda esposta a genti stra ne, si per lo mal governo, come per le molte ricchezze di che e piena?), il Castiglio ne sceglie programmaticamente di porre a sfondo del trattato le ?arti della pace?. Gia nel primo libro i francesi, alieni dalle lettere e protesi solo alia ?nobilta delle ar mi? sono allontanati con un gesto cui forse non e estraneo il ricordo del ?castello de Milano, gia receptaculo del fior de li omini del mundo, adesso pieno di betolo e per

11 G. Barberi Squarotti, // 'Cortegiano' come trattato politico, nel suo vol. L'onore in corte, An

geli, Milano 1986, pp. 41-89. 12 Plat. Rep., VI, 499 D.

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IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 523

fumato de ledame? 13. Quando nel quarto libro si diseule sul tipo di vita piu degno del principe, in pagine direttamente ispirate da Aristotele (Polity VII 2-3), Ottaviano Fregoso scioglie in modo univoco la questione che il filosofo antico lasciava aperta: l'uomo politico dovra necessariamente rivolgersi alia vita attiva e alia vita contem

plativa, ma piu dovra dedicarsi alia contemplativa, cui pertiene il pensiero, la rifles sione, la saggezza, quella che sa governare la pace. Cosi centrale e il tema nella me ditazione del Castiglione che in chiusura del capitolo 26 istituisce un triplice paralle lismo, inglobando nella definizione del rapporto finalistico tra agire e conoscere la

massima aristotelica {Pol. VII 13 1334a 15) xikoq yap eiprjvr] uiv TuoXepioo, axoXrj 8'daxoXia^: ?Ma il fine della vita attiva deve esse la contemplativa, come della guer ra la pace, il riposo delle fatiche?.

Con questo sfondo programmatico, dichiarato, dovra ben fare i conti Finterpre tazione delPopera. II cui senso non potra essere tutto affidato e quasi sommerso dal le contingenze del suo nascere, quali la celebrazione dinastica, i processi di idealizza zione, il rituale di corte. La proiezione su uno schermo temporale arretrato non puo essere letta solo attraverso il filtro dolente dei proemi che annoverano le morti e le

perdite. La collocazione del dialogo in un tempo individuabile, il 1507, ben lontano dal tempo della composizione e della pubblicazione, non autorizza a leggerla come una laus temporis acti applicata a uomini e cose che non sono piu, ad un'epoca di speranza residua, travolta dalla perdita della liberta italiana. La retrodatazione e an zi mezzo per sottrarre un discorso di portata generale a costrizioni contingenti 14. Se condo una prassi retorica che Pumanesimo aveva riportato in auge la trattazione dia

logica di grandi temi si configura come monimentum, come complesso di discorsi

consegnati al futuro che ha Pambizione di vivere e di protendersi verso le generazio ni a venire. II che e puntualmente accaduto, come la fortuna del libro attesta.

La storicita del Cortigiano, che in nessun modo deve essere oscurata, non puo coprire pero la struttura di un libro che nella sua finale costituzione vuole essere ac colto come trattato classico, pur audacemente affidato, da un sodale del Bembo, al ia lingua volgare. Se tale e la natura profonda delP opera, essa potra legittimamente essere illuminata con categorie che appartengono alPoggi, alia ricerca di cio per cui

il Cortegiano si occupa di temi permanenti, riguardanti il consorzio degli uomini dentro una civilta che e quella di Baldassar Castiglione ed e ancora la nostra. Sotto questa luce, incalzata da interrogativi che sono ancora i nostri, Popera ci appare co me un'inchiesta sulle possibilita e modalita della comunicazione tra gli uomini con dotta secondo un itinerario coerente: la definizione del soggetto, Puomo di corte, e del suo modo di essere (della sua cultura); lo strumento del comunicare e gli ambiti della comunicazione pacifica (facezie e motti); la fondamentale relazione intersogget tiva tra uomo e donna; la relazione sociale nella sua forma piu complessa che e Pa gire politico, Pindividuazione, dentro un orizzonte di pace, delPamore come apertura alia trascendenza, come possibilita di comunicazione con Passoluto.

Che Pinvestigazione intorno al comunicare sia essenziale risulta evidente solo che si ponga mente ai poli iniziale e finale del discorso: il ripudio delPaffettazione si oppone a una comunicazione distorta, non veritiera, cosi come la relazione tra il

cortigiano e il principe si sintetizza nella possibilita che il primo dica a lui ?la verita di tutte le cose?, trasformando il rapporto di servizio in un legame fondato sulla

13 Lettera del Castiglione a Iacomo Boschetto, da Milano, 8 ottobre 1499, in Castiglione, Le lette re..., p.6.

14 Su questi temi insiste Saccone, Le buone e le cattive maniere..., pp. 9-33.

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524 C. SCARPATI

consultazione e sul discorrere veridicamente, con il ripudio delPadulazione in quanto veicolo di un messaggio falsificato 15.

Questa medesima istanza informa anche la struttura del terzo libro in cui sono chiaramente visibili tre arcate strutturali successive: Pessenza della donna; gli esempi di virtu donnesca; il rapporto tra uomo e donna 16. Al centro della prima arcata, per definire la donna di corte o di palazzo, intesa come colei in cui si attuano le attribu zioni essenziali della donna in una socialita evoluta, si fa ricorso a una serie di de terminazioni che appartengono alia sfera del comunicare, e piu precisamente del co

municare veridico. L'immagine di donna che si va proponendo si caratterizza per la sua 'affabilita piacevole\ che e la versione femminile della naturalezza richiesta al

cortigiano, e insieme viene in primo piano la capacita di intrattenere un rapporto che avverta circostanze e contesti, natura delPinterlocutore e limiti della situazione, ovvero che tenga conto dei dati preliminari senza i quali la relazione comunicativa si deforma. L"affabilita piacevole', dunque, deve esprimersi in ?ragionamenti grati ed onesti ed accomodati al tempo e loco ed alia qualita di quella persona con cui parle ra?; arguzia e discrezione, piacevolezza e prudenza dovranno tenersi per mano; Pau sterita scontrosa sara da bandire ?perche i costumi selvatichi son sempre odiosi?, ma con essa anche la 'domestichezza intemperata', la non percezione del limite che tra sforma il valore della vicinanza, trasmesso dall'affabilita, in confusione, ossia in leg gibilita oscurata.

E essenziale, per comprendere Pimpianto argomentativo di questo primo dise gno psicologico della donna castiglionesca proposto da Giuliano de' Medici, analiz zare il 'caso' che chiude il capitolo 5. Si tratta della donna che si compiace del pet tegolezzo sulle altre donne. II suo comportamento e riprovato perche Pinvestigazione a oltranza degli 'amori dell'altre', implicandone Pinvidia, trasmette un implicito ade scamento. Ma Padescamento, abolendo le barriera del pudore che e protezione di quanto eccede e trascende il corporeo, genera il disprezzo degli uomini. AlPorigine della degenerazione relazionale e della rottura del dialogo che il disprezzo sanziona c'e un atto linguistico, il parlare maledico, che si oppone alia norma primaria del

parlare veritiero. L'assetto etico e Passetto linguistico anche qui come in tutta Pope ra si presentano come speculari, il procedere dei due vettori e parallelo.

Nella donna la ?gravita temperata di sapere e di bonta? produce 'riverenza' per il fatto che un valore, non tutelato, immediatamente si deprezza. La lode del pudore (quella ?nobile vergogna che e contraria della impudenzia?, dira qualche pagina avanti) viene strappata dalla cornice della normativa estrinseca e integrata in un qua dro di relazionalita complessa: la gravitas e infatti requisito che il petrarchismo bem besco va elaborando in opposizione allo scadimento stilistico del volgare quattrocen tesco e simultaneamente requisito del comportamento non corrivo (gravitas si oppo ne a levitas), che recinge intorno alia persona una zona franca di cui Pindividuo conserva la disponibilita esclusiva.

Una stessa normativa di autocontrollo linguistico vale per Puomo di corte e per la donna di palazzo. La societa feudale e cavalleresca, in cui Ponore era Punica for

ma di possesso che i cadetti potevano esibire, trovava nelPautoelogio una via obbli

gata di affermazione delPindividuo. La nuova aristocrazia pud invece recuperare il

15 C. Scarpati, Dire la verita al principe, nel volume omonimo, Vita e pensiero, Milano 1987, pp. 13-44.

16 Piu dettagliata la partizione operata, per 1'intento analitico del suo saggio, dalla Zancan, La don na e il cerchio..., p. 42.

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IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 525

valore stoico delPattenuazione coniugandolo con quello cristiano della non presun zione perche la dignita dei suoi membri e previamente garantita.

La semplicita e scioltezza erano il nucleo della dottrina sul comportamento del

primo libro: la satira del cavaliere miles gloriosus, schiavo delP?affettazione di voler

parer gagliardo? (I 27), demoliva la un modello insieme letterario e sociale e con

temporaneamente introduceva i temi morali che sarebbero stati poi sviluppati nel ri tratto del principe sapiente:

Voglio ben per6 che '1 nostro cortegiano fisso si tenga neiranimo un precetto: cioe che in questo [nella conoscenza e pratica letteraria] ed in ogni altra cosa sia sempre avvertito e ti

mido piu tosto che audace, e guardi di non persuader si falsamente di saper quel che non sa [...]. Lasciamo questi ciechi [coloro che amano essere lodati e adulati] nel lor errore e faccia

mo che '1 nostro cortegiano sia di cosi bon giudicio che non si lasci dar ad intendere il nero per lo bianco ne presuma di se, se non quanto ben chiaramente conosce esser vero (I 44).

II terzo libro riporta alia luce invariato questo plesso di attitudini e lo pone co me preambolo alia richiesta di rendere la donna partecipe della cultura e letteraria e musicale e artistica:

E perche le parole sotto le quali non e subietto di qualche importanzia sono vane e pue rili, bisogna che la donna di palazzo, oltre al giudicio di conoscere la qualita di colui con cui parla, per intertenerlo gentilmente, abbia notizia di molte cose; e sappia parlando elegger quel le che sono a proposito della condizion di colui con cui parla, e sia cauta in non dir talor non volendo parole che lo offendano. Si guardi, laudando se stessa indiscretamente, o vero con 1'esser troppo prolissa, non gli generar fastidio. Non vada mescolando nei ragionamenti piace voli e da ridere cose di gravita, ne meno nei gravi facezie e burle. Non mostri inettamente di

saper quello che non sa, ma con modestia cerchi d'onorarsi di quello che sa, fuggendo, come

s'e detto, l'affettazione in ogni cosa. In questo modo sara ella ornata de boni costumi, e gli esercizi del corpo convenienti a donna fara con suprema grazia e i ragionamenti soi saranno

copiosi e pieni di prudenzia, onesta e piacevolezza; e cosi sara essa non solamente amata, ma

reverita da tutto '1 mondo e forse degna d'esser agguagliata a questo gran cortegiano, cosi del le condizioni delPanimo come di quelle del corpo (III 6).

Se alia determinazione della 'prossemica' della donna sono bastati i suggerimen ti delPetica classica di origine ciceroniana e plutarchiana, quando il Castiglione entra nella quaestio vexata delFinferiorita della donna, risolve di far ricorso ad argomenti religiosi. La scelta di metodo del trattato non contempla preliminarmente Puso delle tastiera teologica; quando essa e introdotta e accompagnata da segnali di circoscri zione che rivelano la volonta di tener distinti il registro profano da quello religioso. La decisione di impegnare quest'ultimo nell'inchiesta sul fondamento delPuguaglian za tra Puomo e la donna, ratificata dal nunzio Castiglione, gia da se denuncia il ri lievo altissimo attribuito alia questione. La greve disputa scolastica, con allegazione della teoria degli umori, introdotta da Gaspare Pallavicino, e raccolta dal magnifico Giuliano che la piega verso la tesi della complementarita naturals, delPuguaglianza differenziata tra uomo e donna. Ma per due volte la questione e risolta sul piano re ligioso. Dapprima Giuliano si affida ad un'argomentazione costruita sincretistica

mente con Pappello simultaneo agli 'antichi teologP e al testo biblico: ?E perche un sesso solo dimostra imperfezione, attribuiscono gli antichi teologi Puno e Paltro a

Dio: onde Orfeo disse che love era maschio e femina; e leggesi nella Sacra Scrittura che Dio formo gli omini maschio e femina a sua similitudine, e spesso i poeti, par lando degli dei, confondono il sesso? (III 14). Successivamente, allorche il Frisio si attacca al tema pseudo-esegetico di Eva protagonista della trasgressione originale, il

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Page 9: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

526 C. SCARP ATI

Magnifico accetta di porsi sullo stesso piano e oppone a una teologia del peccato una teologia della redenzione, facendo appello a Maria, la nuova Eva: ?Non sapete voi che quello error medesimamente fu corretto da una donna, che ci apporto molto

maggior utilita che quella non v'aveva fatto di danno, di modo che la colpa che fu

pagata con tai meriii si chiama felicissnna?? (111 19). II peso che il Castiglione attri buisce alle parole messe in bccca a Giuliano si pud misurare considerando che qui echeggiano

? come il commento del Maier ha sagacemente rilevato ? un testo pao lino (Rom. V 20: ?Ubi autem abundavit delictum, superabundavit gratia?) e un te sto liturgico di rilievo assoluto, P ?0 felix culpa, quae talem ac tantum meruit habe re redemptorem? del Preconio pasquale.

L'ingresso nel dominio religioso, segnalato due volte, dal ?poiche nella sacrestia vi giova d'entrare? e dal ?per non mescolar le cose divine in questi nostri folli ragio namenti?, e ribadito come innaturale e forzato in un'opera che si propone io scan

daglio della fenomenologia umana con i mezzi della razionalita sentita come natura liter Christiana. Ma non per questo, una volta attuato, la sua portata viene ridotta. II Magnifico accetta quella che la battuta del Frisio propone come una vera e pro pria sfida e ne rintuzza l'insidia accostando alPimmagine della 'Vergine Nostra Si

gnora' quella delle martiri che accettarono, 'in nome di Cristo', la morte inferta loro 'dai tiranni' , delle vergini esaltate da san Gerolamo, delle claustrali.

La scelta e molto oculata: le donne che si ergono di fronte ai tiranni si innesta no in una rete di forze che conduce al cortigiano che a testa alta si confronta con il

principe svelandogli la verita ?senza timor o periculo di dispiacergli? ed anche alia carnevalata dei principi presuntuosi che rovinano come fantocci (IV 7); il riferimento a Gerolamo, testimone della fortezza eroica delle donne, si pone come controtesti monianza desunta da un autore inalberato costantemente, in forza di alcune parti del suo Contra Iovinianum, dai detrattori delle donne; Pimprovvisa comparsa sulla scena delle claustrali, ?delle quali non si fa menzione alcuna? serve ad introdurre

per antifrasi Pinvettiva contro i religiosi ipocriti. L'invettiva, violenta, che si trasmette immutata dalla seconda redazione alia vul

gata con Punica soppressione delPinciso ?Et in tal cose valersi delPautorita concessagli da' suoi superiori? (Seconda redazione, p. 244)

17 che, collocato alia fine delPelenco dei soprusi di cui i religosi degeneri si rendono responsabili, metteva in discussione tut ta la catena gerarchica. Per una forma di rispetto per la scelta monastica compiuta da Nicolo Frisio nel 1510, anche e soppresso il suo intervento di consenso e di compiaciu ta accettazione del gioco: ?'Or\ disse el Frisio, 'se di questo modo parlate, ne accor daremo insieme', e gia se apparecchiava a dir esso ancor mal de' frati? (Seconda reda

zione, p. 224); mentre il Castiglione sente la necessita di ridurre la pressione provocata dalla tirata inserendo la sorridente domanda di Giuliano: ?'Come avete voi, signora, cosi ben indovinato ch'io parlava de' frati, non avendo io loro fatto il nome?'?.

Esattamente calibrata a battere in breccia la tradizione misogina ecclesiastica, Pinvettiva e ben attenta a radicarsi sul testo di Matteo VI 1-16, di cui riporta i tre temi essenziali: Postentazione del digiuno, delPelemosina, della preghiera, segnali del

comportamento religioso ipocrita:

Pensate poi quante altre ci sono state delle quali non si fa menzione alcuna, perche le

meschine stanno chiuse senza quella pomposa superbia di cercare appresso il vulgo nome di

17 Questa indicazione abbreviata si riferisce a La seconda redazione del ?Cortegiano? di Baldassarre

Castiglione, Ed. critica per c. di G. Ghinassi, Sansoni, Firenze 1968 (Autori classici e documenti di lingua pubblicati dall'Accademia della Crusca).

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Page 10: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 527

santita, come fanno oggidi molt'omini ippocriti maledetti, i quali, scordati o piu presto facen do poco caso della dottrina di Cristo, che vole che quando l'om digiuna si unga la faccia per che non paia che degiuni, e comanda che le orazioni, le elemosine e I'altre bone opere si fac ciano non in piazza ne in sinagoge, ma in secreto, tanto che la man sinistra non sappia della

destra, affermano non esser maggior bene al mondo che '1 dar bon esempio: e cosi, col collo torto e gli occhi bassi, spargendo fama di non voler parlare a donne ne mangiar altro che erbe

crude, affumati, con le toniche squarciate, gabbano i semplici; che non si guardan poi da fal sar testamenti, mettere inimicizie mortali tra marito e moglie, e talor veneno, usar malie, in canti ed ogni sorte de ribalderia (III 20).

L'impianto evangelico conferisce al passo un'autorevolezza morale di spiccato rilievo. Nel Cortegiano il Castiglione fa ricorso alia Bibbia solo nelPinno all'Amore del Bembo, in cui si citano il roveto ardente visto da Mose, le lingue di fuoco della Pentecoste, il carro infiammato di Elia, in cui riecheggiano anche insigni testi liturgi ci sullo Spirito Santo 18: il testo evangelico ritorna in II 20, dove Cesare Gonzaga commenta con Luca XIV 8, ?Quando sei invitato a nozze, va ed assettati nelPinfimo loco...?, il precetto enunciato da Federico Fregoso secondo cui ?dee ben Porno star sempre un poco piu rimesso che non comporta il grado suo? Anche in questo caso Federico risponde preoccupandosi di recintare il testo sacro citato dal suo interlocu tor e, indicando come non pertinente alia qualita e al metodo delPindagine il rinvio a

quella fonte: ?Troppo gran sacrilegio sarebbe rubare allo Evangelio?. Resta che per due volte i confini segnati sono oltrepassati e in entrambi i casi per dare forza a va lori che svolgono una funzione vitale nelPeconomia del trattato: al rifiuto della pre sunzione di chi pone sempre se stesso al centre, attitudine contraria alParroganza e alia petulanza e, qui nel terzo libro, alia deprecazione delPipocrisia. Presunzione e

ipocrisia sono gli elementi perversi che piu fieramente contraddicono al programma etico del trattato, delineato nel secondo libro, dove il classico nosce te ipsum viene reinterpretato, elaborato, parafrasato con suggestiva ricchezza di variazioni, lungo una tastiera che, passando dalla corte alia citta, sara ritentata da Giovanni Della Ca sa: Pambizione che oscura la vista e la falsa presunzione di se (II 6); la modestia che non si degrada a rusticita (II 22); la cortesia, umanita, affabilita e dolcezza con gli amici, il rigetto della permalosita e della rissosita, la cura di non anteporsi (II 30); Pattitudine a lodare gli altri e a riconoscere Paltrui valore; infine la franchezza leale, il coraggio di riconoscere i propri limiti: ?Di quello poi di che si conosce totalmente ignorante non voglio che mai faccia professione alcuna ne cerchi d'acquistarne fa

ma; anzi, dove occorre, chiaramente confessi di non saperne? (II 38). La durezza dei toni con cui e condotto Pattacco ai religiosi ipocriti viene a dirci

che e in gioco una questione piu vasta della loro misoginia: la superficie quieta del trattato castiglionesco si increspa e le acque si agitano perche nella doppiezza e rav visata la ferita piu profonda che pud essere inferta al modello antropologico che si viene tracciando. Se il rapporto comunicativo si puo instaurare solo a patto che una convenzione accettata accomuni gli interlocutori, infrange la norma del comunicare chi falsifica se stesso nel presumere e chi si maschera nella doppiezza. Si illumina di luce piu netta in questo modo il 'sistema' del Cortegiano, ridotto spesso a ruota at torno al centro gravitazionale della 'sprezzatura'. La sprezzatura non e solo, come e

definita nel primo libro, Pantidoto alPaffettazione, la copertura delPartificio, la nor ma di autocontrollo interiorizzata, non faticosamente inseguita. Non e solo 'sprezza

18 Rimando al fondamentale studio di A. Stauble, L'inno alVamore nel quarto libro del ?Cortegia no?, ?Giornale storico della letteratura italiana?, 162 (1985), pp. 481-519. Qualche osservazione in C.

Scarpati, II ritorno di Dante, in Dire la verita al principe, sopra citato, pp. 127-130.

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Page 11: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

528 C. SCARP ATI

ta desinvoltura', ma piu a fondo e corrispondenza tra interno ed esterno, forma di quella ?pura ed amabile simplicita che tanto e grata agli animi umani? (I 27) 19. Te stimonianza di un convergere di energie classico-cristiane, il Cortegiano si presenta come ricerca di un'immagine deiruomo in cui il dominio della ragione, anziche pro porsi in forme tese ed ascetiche, si manifesti in modo feriale, quotidiano, operativo. Non e solo il principe temperante colui che diviene 'obedientissimo alia ragione'; an che l'uomo del Castiglione e tale, sia questo progetto utopico o raggiungibile tra

guardo. Una certa 'equalita' sta al fondo del quadro psicologico del trattato, la cui definizione piu stringente e la 'concordia con se stesso' prospettata nel quarto libro con tanta tenacia che lo scrittore sente il bisogno di far chiedere a Cesare Gonzaga se non si stia per caso enunciando un programma morale conveniente, anziche al principe, a qualche monaco e eremita (IV 17-18). Ma il maitre du jeu, Ottaviano Fregoso, non arretra, e completa l'illustrazione degli effetti che le virtu razionali (le cardinali, le quattro stelle di Dante ?non viste mai fuor ch'alla prima gente?) conse

guono sull'animo di chi deve governare. Ora, Pequalita, la concordia con se stesso, il dominio della ragione, vanno a

formare un Idealtypus che trova nella presunzione e nell'ipocrisia la deformazione insanabile, l'inaccettabile antitesi. E forse per questo che il testo evangelico e messo in campo proprio e solo ad oppugnare le due forze che sfigurano il ritratto di uomo cui il trattato intende. La presunzione e forma di autoinganno, ingrandimento del l'immagine di se che rende la conversazione impraticabile; la doppiezza ipocrita

muove in avanti e all'indietro il soggetto che non puo piu essere situato in una con venzione dialogica. L'ipocrisia e nel terzo libro esecrata quando si manifesta nella sua forma piu odiosa, coperta dalla doratura di un velo di santita, sotto cui la miso ginia si ammanta di ragioni religiose e manifesta il suo veleno di turbamenti e ade scamenti. II nunzio Castiglione e lo scrittore della summa 'laica' del Cortegiano, lai ca per che intesa ad un'etica razionale, si incontrano nel ripudio della santita esibita perche perseguono la santita autentica delle virtu e insieme non possono ammettere che la segretezza diminuisca Pentita dell'azione illecita. Ancora una volta interno ed esterno debbono coincidere, P'equalita' deve essere difesa, la veridicita deve espri mersi nella continuity tra il detto e il non detto, tra il saputo e Pignorato, tra essere e apparire.

Anche sul piano del terzo libro, infine, Pattacco sdegnato all'ipocrisia trova una sua specifica giustificazione. La tradizione misogina si costruisce nell'ammiccamento tra uomini, quando il timore della donna che e dell'adolescente si protrae e da luogo al deprezzamento della sfera del femminile con cui si perpetua un rapporto immatu ro. L'ipocrisia governa dall'interno Pintesa misogina tra uomini: un registro doppio diviene regola del comportamento allorche nella conversazione maschile ha vigore un codice di verso e opposto a quello della rispettabilita pubblica. II Castiglione si avve de che nessuna apologia della donna puo essere costruita prima di sgomberare il campo da questa duplicita.

La zona degli exempla, quella che piu vivamente rivela la non obliata anima boccacciana del Cortegiano, e impaginata dal Castiglione con particolare varieta rit mica 20. Dapprima Giuliano punta all'accumulo e all'elencazione abbreviata (III 22),

19 In un saggio brillante (?Grazia?, ?sprezzatura?, ?affettazione?, nel vol. Le buone e le cattive ma

niere..., pp. 40-56) il Saccone riporta la nozione di 'sprezzatura' a quella aristotelica di 'ironia' (Eth. Nic. IV 7) che implica una forma di understatement.

20 Un'analisi minuta degli exempla nel Cortegiano e svolta da Luisa Mulas, Funzione degli esempi, funzione del 'cortegiano', in La corte e il ?cortegiano?, I, pp. 97-117.

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Page 12: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 529

in cui il materiale esemplare s'intreccia con la tessitura dialogica; ma ben presto Margherita Gonzaga chiede un mutamento di ritmo, perche di quelle 'opere virtuose' non si per da memoria a vantaggio dei misogini. E poiche il dibattito ferve intorno alia maggiore o minor quota di tormento introdotta nel matrimonio dalle ciance del le mogli o dalle angherie dei mariti, le storie d'apertura vertono proprio sulla co stanza delPaffetto femminile. Giuliano chiude il battibecco con il Pallavicino e il Fri sio aprendo la finestra narrativa sulla plutarchiana storia di Camma e di Sinatto che

imprime al florilegio di esempi un timbro tragico proporzionato alPintento di far convergere sulla 'donna forte' le linee prima sfrangiate della donna virtuosa. Camma si avvelena per non sottostare alle voglie di Sinorige, assassino del marito, ma nelle finte nozze avvelena anche il tiranno (III 26). Alia storia 'antica' di Camma, estratta dallo scrigno plutarchiano da poco apertosi, poi raccolta da Ariosto nel XXXVII del

Furioso, fa da contrappunto patetico la storia 'moderna' dei pisani Tommaso e Ar

gentina che sostituisce, a schema immutato, quella di Michele e Filippa, ambientata tra Verona e Candia {Seconda redazione, pp. 284-285). Argentina muore alia notizia della liberazione, operata dal figlio, del marito prigioniero dei Mori in Barberia.

Nella seconda redazione le storie di Camma e di Filippa erano relegate in coda agli esempi antichi e moderni: sono fatte avanzare nella vulgata perche il tema del Pamore piu intenso di cui la donna e capace acquista rilievo e dignita inedita, dopo la caduta della seconda parte del capitolo 60 della redazione penultima:

Rispose el Frisio: ?Io non so nulla di tali cose? [delle pene d'inferno di cui soffrono le donne a causa dei mariti]. ?Io so? disse messer Cammillo [Paleotto, che nelfa seconda reda zione svolge la parte affidata a Giuliano nella vulgata] ?che voi conoscete di quelli che hanno avuto bonissime et onestissime e belle moglieri, e mille volte la notte d'inverno a forza di calci Thanno cacciate del letto e fattole dormire su le banche, altri li hanno tenute le femmine in

compagnia nel letto, altri talvolta e bene spesso se gli sono levati da canto et andatosi a colca re in mezo una mandra di fanciulli; e pur le buone e constanti donne hanno perseverato nella sua onesta vita. Questa e vera continenzia e maravigliosa? {Seconda redazione, p. 248).

La caduta del passo conferma una volta di piu che la vulgata rappresenta un assestamento su un livello alto in cui non trovano spazio toni e modi di comme dia. Nel punto ove e caduto il passo basso-mimetico, si e innestato il dittico tragi co di Camma e di Argentina. In questo modo, dopo esempi classici e dopo le lodi delle donne regali e principesche del tempo

? omaggio obbligato alia convenzione

del genere letterario ? che occupa i capitoli 28-37, il discorso s'innalza di nuovo. La ripresa del dibattito sulla 'parita' tra uomo e donna e contrassegnata dal ri chiamo energico a un caposaldo delPetica cavalieresca. Gli uomini hanno rivendi cato a se il diritto di chiamare intraprendenza lodevole quello che alle donne e ad debitato come infamia21. II Magnifico si domanda se cio sia tollerabile in base a un principio di equita. Poiche ogni nobile cavaliere e obbligato a difendere la veri ta, sara lui ad ergersi contro ?quelli che con bugie danno infamia alle donne? (III 38). L'apologia della donna viene cosi riportata al centro del cosmo valoriale piu antico ? cavalleresco, appunto

? a cui quello del cortigiano si ricollega prolun gandolo. E quando Cesare Gonzaga prende la parola, lungamente sostituendosi al Magnifico, si affretta a ricordare che il difender la verita, 'officio di bon cavalie re', e il legame che lo accomuna a Giuliano che finora ha sostenuto la parte del

Papologeta.

21 Questo tema era gia stato introdotto dal Bibbiena in II 90: lo rileva Zancan, La donna e il cer

c/i/o...., p. 38.

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Page 13: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

530 C. SCARPATI

L'entrata in scena del giovane cugino del Castiglione e segnata da una ripresa della polemica contro Pipocrisia maschile che quasi reduplica Pinvettiva del capitolo 20. Si e detto che le donne sono piu inclinate agli appetiti, si che il timor d'infamia a ragione e stato loro imposto dagli uomini, osserva il Gonzaga; ma che dire del

l'impudicizia degli uomini? ?E per il piu questi tali ingiuriosi a Dio ed alia natura sono omini gia vecchi, i quali fan professione chi di sacerdozio, chi di filosofia, chi delle sante leggi; e governano le republiche con quella severita catoniana nel viso che

promette tutta la integrita del mondo; e sempre allegano il sesso femminile esser in continentissimo? (III 40). II Gonzaga insomma riprende la questione ab imis: il mo ralismo maschile e spesso tanto piu falso quanto piu e esibito; sotto i panni dell'in

tegrita censoria si occultano nefandezze penose. Un apparato protettivo e stato eret to per mantenere il dislivello tra quel che agli uomini e lecito e alle donne riprovevo le e gli uomini si fanno vanto di vere o illusorie conquiste ?e par loro che il dir male e trovare invenzioni, accio che di qualche nobil donna per lo vulgo si levino fabule

vituperose, sia una sorte di cortegiania?. L'emergere della parola-chiave del libro certifica del nodo etico su cui Pautore vuole incidere che, ancora una volta, quasi per ritorni periodici, e Poffesa portata a una convenzione di chiarezza nelle relazioni inter per sonali, Pinfrazione della norma di lealta. Questa, discendendo dal contesto cavalleresco e cortese in cui piu degli altri il Gonzaga si pone, e Pequivalente 'practi co' della veridicita che concilia interno ed esterno delPuomo.

Cesare Gonzaga introduce una dimensione 'orizzontale' nella larga zona degli exempla del terzo libro. Se Giuliano e il regista del grande spettacolo delle eroiche donne antiche, Cesare discende alle storie moderne fino a giungere al piano della cronaca. La sua prima 'novella' e immersa, per cosi dire, in una malcelata ironia di Cesare nei confronti degli esempi di continenza sbandierati dagli interlocutori-detrat tori Pallavicino e Frisio: Alessandro e Scipione si astennero da ?cosa non desidera ta?; singolare e che Socrate, ?amando piu la bellezza dell'animo che del corpo?, s'occupasse, secondo il racconto di Plutarco, del fanciullo Alcibiade; quanto a Seno crate era vecchio ed ?esausto del calor naturale?, si che a suo merito si sarebbe ascritto Pastenersi dal vino piu che dalle donne (III 45). Si produce dunque un qua dro in cui la ?donna dei nostri tempi di bassa condizione? della prima 'novella', la

giovane gentildonna capuana, la ?contadinella? di Gazuolo e la ?nobil giovane? ro mana delle tre altre vengono a trovarsi di fianco a Porcia, a Cornelia, a Teodelinda, a Isabella di Castiglia, a Scipione, a Socrate e a Senocrate.

La diversa funzione argomentativa fa si che la prima 'novella' si stacchi dalle tre seguenti. Presentata da Cesare con note autobiografiche (?io, al quale di sua vo lunta ogni cosa confidentemente diceva?), Pinnominata donna del primo exemplum, sposa per volonta del padre a un uomo ricco, muore di crepacuore in tre anni senza concedersi all'amato cui fu tolta. Essa offre motivo a Cesare per una lode non solo della continenza, ma piu ampiamente della femminile costanza, resistente agli assalti e ai tentativi di espugnazione degli uomini. I quali, del canto loro, ben poco custodi scono quel che loro e affidato: i capitani vendono fortezze e rocche, i prelati le cose di chiesa, gli ?iuriconsulti? falsificano i testamenti. La venalita abominevole degli uomini di alto rango viene posta a riscontro della fedelta e tenacia di una ?tenera e delicata giovane?.

Se nella prima novella la prepotenza esercitata dal padre sulla volonta della fi

glia viene sovrastata dalla muta accettazione di lei che si priva di un facile rapporto segreto con Pamato da cui fu separata, si che la luce della costanza primeggia rispet to allo sdegno per la costrizione, le novelle seconda, terza e quarta hanno in comune il denominatore della violenza: violenza previamente evitata col suicidio dalla giova

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Page 14: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

IS TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 531

ne gentildonna preda dei Guasconi saccheggianti Capua (il Castiglione, testimone ventenne del saccheggio di Milano non perde oceasione per parafrasare quel ricor do), violenza subita dalla contadina di Gazuolo, che per orrore si getta nelle acque del Mincio; violenza tentata nelle catacombe di San Sebastiano alia giovane romana che resiste e preferisce la morte.

Orientate ad illustrare casi 'moderni' di donne che, con accentuazioni varie, ?hanno eletto la morte piu presto che perder l'onesta? (III 46), le novelle fanno da vestibolo alia perorazione con cui si conclude Pintervento di Cesare Gonzaga che ap pare, visto dall'alto, nella sua sostanza di lunga e costruita orazione di un apologeta secondo, il quale esordisce enunciando il proposito cavalieresco di difendere la veri

ta, denuncia Pimpudenza degli uomini, enumera le prove a favore attraverso raccon ti esemplari, e chiude restringendo in angusti confini la portata delP'errore' delle donne che cedono alPassedio degli uomini. L'assedio, nel capitolo 50, e descritto in forma di climax, con un'elencazione che e tra le piu sviluppate del libro. II Gonzaga vi enumera le arti degli amanti, i doni, i languori, i messaggi, le musiche notturne, ponendo in opera una catalogazione del patrimonio tecnico della letteratura amorosa dal quale, senza che il lettore se ne avveda, trapassa abilmente nel campo di piu de littuose pratiche, le minacce, Paccordo con padri e mariti per denaro, gli incanti e le

malie. Le donne che cadono a simile assedio ? conclude ? meritano almeno quel perdono ?che spesso agli omicidi, ai ladri, assassini e traditori si concede?.

La parte affidata a Cesare Gonzaga e giunta al termine e si conclude nel capito lo 51 con un'insinuazione: abbiamo discusso a lungo, ma forse qualcosa gia sapeva

mo fin dalPinizio: ?Le laudi ? disse ? che il signor Magnifico ed io avemo date al le donne, ed ancora molte altre, erano notissime, per 6 sono state superflue?. E pro segue lodando la dolcezza che le donne apportano alia vita umana, Pelevazione di cui sono promotrici, la loro forza sollecitatrice delPingegno e del coraggio degli uo

mini, come si vide nella conquista di Granada, Pamore di loro, infine, ispiratore del la poesia del Petrarca e piu addietro del Cantico dei cantici.

Nella storia del libro la fades di questa vitale zona del testo e recente. I capitoli 51 e 52 della vulgata, in cui il Gonzaga spende i suoi ultimi argomenti di apologeta, corrispondono al capitolo 85 della seconda redazione. Ad uno sguardo sinottico, tra

lo stadio evolutivo la attestato e l'assetto finale, si manifesta una trasformazione so stanziale.

Sono da raffronare in primo luogo le parti d'intonaco della seconda redazione

(in corsivo) che sopravvivono nella vulgata ai capitoli suddetti:

Seconda redazione, pp. 276-277:

[Parla Camillo Paleotto che ha svolto la

perorazione in favore delle donne assediate

dagli uomini che e ora il cap. 49 della vulga ta] ?Ma ormai dovria bastare quanto io v'ho detto per farvi disdire le prime parole vostre, e confessare che le donne non sono di virtu inferiori alii uomini; anzi che la compagnia loro non solamente e necessaria all'esser no

stro, ma ancor al benessere, e che senza don ne sentir non si pud contento o satisfazzione alcuna in tutta questa nostra vita; la qual se non fusse da esse ornata saria rustica e priva d'ogni dolceza e piu aspra che quella delle al

pestre fiere. Queste li cuori umani empiono di giocondita e delli animi nostri lievano tutti

Vulgata, III 51:

Allora il signor Gasparo, essendosi fermato messer Cesare di parlare, cominciava per ri

spondere; ma il signor Ottaviano ridendo: ?Deh per amor di Dio?, disse, ?datigliela vinta, ch'io conosco che voi farete poco frut

to; e parmi vedere che v'acquistarete non so lamente tutte queste donne per inimiche, ma ancora la maggior parte degli omini?. Rise il

signor Gasparo e disse: ?Anzi ben gran causa

hanno le donne di ringraziarmi; perche, s'io non avessi contradetto al signor Magnifico ed a messer Cesare, non si sariano intese tante laudi che essi hanno loro date?. Allora mes ser Cesare: ?Le laudi?, disse ?che il signor

Magnifico ed io avemo date alle donne ed

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Page 15: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

532 C. SCARPATI

// vili e bassi pensieri, li affanni, le miserie e quelle turbide tristeze, che cosi spesso li sono

compagne: insomma a tutto il mondo danno

allegrezza. E non solamente delli animi de'

giovani sgombrano li fastidi e le noie, ma li freddi cuori de' vecchi riscaldano e nelli anni decrepiti fiorir fanno pensieri giovenili. Per 6 chi poco appreza le donne parmi insensato e

quasi indegno de essere chiamato uomo, per che esse sole danno splendore al mondo e so

no causa di tutte le cose che adornano el vi vere umano e che hanno in se grazia alcuna. E li uomini che di piacere a donne si studia no, quelli soli hanno nel conversar grati e no

bili costumi; e se considerate, nelle cose del

l'arme, nelle giostre, torniamenti e tali spec tacoli quelli che desiderano acquistar o man

tener grazia di donne son sempre li piu lau

dati; perche oltre che mettino ogni studio nel comparire leggiadramente con cavalli et abbi

gliamenti ricchi e bene intesi colori, imprese e

motti ingegnosi, con Toperar ancor la perso na sua qualche volta fanno quello che pare ad altrui essere impossibile. E di tutti gli altri essercizii graziosi e che piacciono al mondo a

chi s'ha da attribuir la causa se alle donne

no? Chi studia di danzare e ballare leggiadra mente per altro che per compiacere a donne? Chi intende nella dolceza della musica per al tra causa che per questa? chi a comporre ver

si, almen nella lingua volgare, se non per

esprimer quelli affetti che dalle donne sono

causati? Pensate di quanti nobilissimi poemi saremmo privi, e nelle lingua greca e nella la

tino, se le donne fussero state da' poeti poco stimate. Ma lassando tutti li altri, non saria

grandissima perdita se messer Francesco Pe

trarca, il quale cosi divinamente scrisse in

questa nostra lingua li amori suoi, avesse vol

to Vanimo solo alle cose latine, come aria

fatto se Vamor di madonna Laura da cid non

Vavesse talor disviato? Non vi nomino li

chiari ingegni che sono ora al mondo et ogni di partoriscono qualche nobil frutto, come lo

excellentissimo messer Iacomo Sanazarro, per il quale meritamente dir si puo che '1 secol nostro contenda di poetica eloquenzia con li

piu celebrati antichi. Non voglio parlar di quelli che sono presenti qui, come el nostro

messer Pietro Bembo, perche la modestia sua

non patiria d'ascoltar quelle lode in presenzia che ragionevolmente dar se gli dovriano. Al

signor Unico non oso dar altra laude che l'ammirazione ch'io sento di lui confirmare con silenzio e stupore. Avete el nostro Postu

mo, messer Antonio Tebaldeo, messer Timo

teo, messer Alessandro Orlogio, el Muzarello, Fausto Madalena, messer Ludovico Ariosto, e poco fa perdemmo tre altri chiari ingegni

ancora molte altre erano notissime, per6 sono

state super flue. Chi non sa che senza le don ne sentir non si pb contento o satisfazione al cuna in tutta questa nostra vita, la quale sen

za esse saria rustica e priva d'ogni dolcezza, e piii aspera che dell'alpestre fiere? Chi non sa che le donne sole levano de' nostri cori

tutti li vili e bassi pensieri, gli affanni, le mi serie e quelle turbide tristezze che cost spesso loro sono compagne??.

[La rimanente parte del cap. 51 riprende il testo del cap. XCV della seconda redazione: vedilo alle pp. 289-290]

Vulgata, III 52: Non vedete voi che di tutti gli esercizii gra

ziosi e che piaceno al mondo a niun'altro s'ha da attribuire la causa, se alle donne no? Chi studia di danzare e ballar leggiadramente per altro che per compiacere a donne? Chi

intende nella dolcezza della musica per altra causa che per questa? Chi a compor versi, al men nella lingua vulgare, se non per esprime re quegli affetti che dalle donne sono causa

ti? Pensate di quanti nobilissimi poemi sa

remmo privi, e nella lingua greca e nella lati na, se le donne fossero state da' poeti poco estimate. Ma, lassando tutti gli altri, non sa ria grandissima perdita se messer Francesco

Petrarca, il qual cost divinamente scrisse in

questa nostra lingua gli amor suoi, avesse

volto t'animo solamente alle cose latine, co me aria fatto se I'amor di madonna Laura da cib non Vavesse talor desviato? Non vi nomi no i chiari ingegni che sono ora al mondo, e

qui present!, che ogni di parturiscono qualche nobil frutto, e pur pigliano subietto solamen te dalle bellezze e virtu delle donne. Vedete che Salomone, volendo scrivere misticamente cose altissime e divine, per coprirle d'un gra zioso veto finse un ardente ed affettuoso dia

logo d'un innamorato con la sua donna, pa

rendogli non poter trovar qua giii tra noi si

militudine alcuna piu conveniente e conforme alle cose divine che I'amor verso le donne; ed in tal modo volse darci un poco d'odor di

quella divinita che esso per scienzia e per gra zia piii che gli altri conoscea.

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Page 16: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 533

pur di questa sorte, che furno Falcone, mes ser Antonio Agnello et il Cotta. E pur tutti questi si son illustrati e mostratisi al mondo

pigliando subbietto solamente dalle belleze e virtu di donne. Eccovi che messer Mario

Equicola nostro ha scritto infinite cose di di verse materie, ma tutte per per compiacere la

excelsa signora Isabella, marchesana di Man

tua, dalla quale come da uno Apolline ha

preso vigore e forza allo ingegno suo. Vedete

che Salamone volendo scrivere misticamente cose altissime e divine, per coprirle de un grazioso velo finse uno ardente et affettuoso dialogo de uno innamorato con la sua donna,

parendogli non poter trovare quaggiu tra noi similitudine alcuna piii conveniente e confor me alle cose divine che lo amor verso le don

ne; e pero in tal modo a noi volse dare un

poco di odore di quella divinita, che esso e

per scienzia e per grazia piu che gli altri co noscea?.

II bilancio che si crea tra quello che resta e quello che cade o viene mutato met te in luce la sopravvivenza di tre nuclei di pensiero. II primo rinvia alia funzione ci vilizzatrice ed 'elevante' della donna nel rapporto con Puomo. Nella seconda reda zione il passo era piu strettamente legato alia questione originaria delPinferiorita del la donna e conteneva alcuni indicatori che al Castiglione parvero 'legged' nel corpo piu compatto delPopera finita: ?La qual se non fusse ornata da esse saria rustica? -> ?la qual senza esse saria rustica?; ?Queste li cuori umani empiono di giocondita e delli animi nostri lievano tutti li vili e bassi pensieri? -> ? Chi non sa che le donne sole lievano...?. La soppressione dell'accenno alia funzione 'ornamentale' della don

na segnala la piu marcata energia filosofica che presiede alia redazione ultima, con fermata dalla caduta solidale della 'giocondita' e delP'allegrezza' che chiamavano in campo ricordi di 'letteratura mezzana', tradivano la presenza ancora molto attiva del

modello boccacciano, superato dalPintenzione propositiva e non solo descrittiva che informa il Cortegiano nel suo stadio piu maturo. Anche da questi dettagli viene con fermato che Pambizione di dar vita ad un trattato classico, come e stato piu volte nei tempi recenti osservato, e dominante 22.

La soppressione del passo intermedio tra le due zone mantenute in vita si giusti fica considerando che Pamore in eta provetta sara tema trattato dal Bembo, in altro contesto, alia fine del quarto libro (IV 51); nel contempo la spinta elativa della reda zione finale comporta il passaggio dal registro cavalleresco ('giostre' e 'torniamenti') a quello epico (il coraggio infuso dall'amore, gli esempi della guerra di Troia e della

reconquista) ottenuto attraverso Panticipazione di una porzione di testo che stava nel capitolo 93 della seconda redazione (da ?circa la cognizione delle cose grandi? a

?gentili e amate donne?). Scompaiono 'torniamenti' e abbigliamenti colorati, ma ri mangono in vita tre elementi sentiti non piu solamente come 'cortesi', ma legittima mente 'cortigiani': la danza, la musica, i versi. II processo di distanziamento dalla

professione delle armi e costante, pur conservando vigore, come s'e visto, la possibi lity di proiezione esemplare su grandi sfondi epici.

22 P. Floriani, I gentiluomini letterati, Napoli 1981.

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Page 17: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

534 C. SCARPATI

Ma, come e mostrato dalla sinossi, ha luogo qui un'amputazione feroce che tra

volge Sannazaro, Tebaldeo, Ariosto ed Equicola e lascia sussistere, solo, il Petrarca accanto al Salomone del Cantico dei cantici. E fuor di dubbio che PAriosto cade per una rigorizzazione cronologica: alPaltezza del 1507 PAriosto non era ancora apparso sulla scena letteraria. Ma le altre cadute svelano la regia, diretta o occulta, del Bem

bo, Paffermarsi della visione della letteratura da lui promossa. A un certo punto ap parve chiaro al Castiglione che tra VArcadia e gli Asolani si doveva compiere un'op zione; e poiche dietro il Bembo del quarto libro proprio Pombra degli Asolani si di

segna, il Sannazaro viene falciato insieme al Tebaldeo, rappresentante di una prassi poetica irrimediabilmente invecchiata in breve giro d'anni.

Del tutto coerente a queste cadute e ad esse indissolubilmente legata e la scom

parsa delPelenco, messo in piedi per contrappunto polemico da Gaspare Pallavicino, dei letterati e uomini di cultura che hanno volto in direzione altra dalla poesia amo rosa i loro interessi o che, abbandonata quella, si sono rivolti alle armi, alle scritture storiche e religiose:

Seconda redazione, pp. 280-281:

[LXXXVIII] E questa utilita, che voi mi allegate, delli poemi che noi avemo de antichi e moderni per conto di donne, estimo io che sia un gravissimo danno, perche, se quelli buon in

gegni che da queste illecebre di donne sono presi e, come da una Circe transformati in bestie, si voltassero ad altro camino, potriano specular li secreti della natura, conoscere il corso delle

stelle, sapere le virtu dell'erbe, intender la medicina, imparare ad expugnare e difendere le cit

ta, attendere alle leggi e governare col freno della giustizia li populi e con la eloquenzia tempe

rargli et indurgli alle opere lodevoli et indrizargli al camin della gloria. E benche tanto univer sal sia questa peste, non e per 6 che non si truovi ancor qualche nobil spirto che pur si difenda da questi errori. Avete messer Iacomo Sadoletto, di cosi sublime ingegno che in tutti gli suoi

scritti par che risonar faccia un spirto di divinita, e pur non parla di donne; el Vida, medesi mamente excellentissirno poeta, e tanto che forse dalli posted sara per lui invidiato il secol no

stro, nientedimeno scrive senza pigliar soggetto di donne; el medesimo si pud dire del nostro

messer Filippo Beroaldo giovane. Non credete voi che piu sia da laudare messer loan Iacomo

Bardellone avendo indrizate le forze delPingegno suo a conoscere interamente la proprieta del

la lingua greca et intendere tutte le sottilita de' matematici, talmente che ormai si puo dire un

altro Archimede,che se avesse atteso a laudar donne? Eccovi che messer Ercole Cantelmo, in

cosi tenera eta e con ingegno prontissimo a lettore et a cio che vuole, bellissimo et inclinato da natura a questi amori, pur ha potuto tanto di se stesso che ha fuggito questa fallace melodia di Serene e datosi totalmente alParme, nelle qualli ormai e giunto a termine che facilmente un

di potra partorir grandissimo onore a se stesso e non piccola laude et utile non che alia patria sua, ma forse a tutta Italia. Non avete a memoria el nostro messer Andrea Navagero? il qua

le, pieno di dottrina, d'ingegno e di giudizio cosi in questo come nelle lettore, ha lassato el

scrivere amor di donne e compone la istoria veneziana con tanta erudizione e spirito, che po tranno li posted, oltre la cognizione di tante cose, dir di essere stati presenti et aver veduto con li occhi cio che da lui sara scritto. E messer Alexandro Orlogio, il quale voi avete nomina to tra quelli che si sono illustrati per scrivere di donne, potra esser chiaro argomento al mon

do quanto miglior camino ariano preso tutti quelli che voi tanto laudate, se avessero indrizati

gli pensieri suoi ad altro obbietto; perche esso, lassate quelle prime ineptie di cantare amori di donne, si e dato a scrivere imni divini, nei quali veramente si puo dir divino.

Riabilitata, sulPesempio del solo Petrarca, la poesia amorosa, non poteva resi stere, neppure sulla bocca di un'oppositore, Pargomentazione, fondata su nomi di altissimo spicco come Sadoleto e Navagero, secondo cui sarebbe scelta minore e fri vola scrivere d'amore. E anche probabile che, nella seconda redazione, Passieparsi di tanti uomini di lettere rispondesse a un intento simile a quello che presiede alle cele brazioni ariostesche del XLII e XLVI canto. I mantovani Bardellone e Muzzarelli, con il ferrarese Timoteo Bendedei e con Tebaldeo stanno gia intorno a Lucrezia

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Page 18: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 535

Borgia, a Isabella d'Este, a Elisabetta Gonzaga, insieme al Castiglione, a Bembo e a

Sadoleto, nel canto XXXVIII delVeditio phnceps deWOrlando furioso (ott. 80-87, ora XLII 83-92). Alessandro degli Orologi, Sannazaro, Equicola, Navagero e Beroal do (Vida compare nella seconda edizione) sono fin dal '16 (canto XL, ottave 8-10) tra coloro che festeggiano Parrivo in porto del cantore di Orlando (poi XLVI 13-17). Ercole Cantelmo e nel canto XXXIII (ott. 67) della princeps (ora in XXXVI 7-8) nella rievocazione della battaglia di Polesella. L'autore ritenne forse, per un certo

tempo, di rendere un omaggio alPAriosto e di istituire un generoso "canone" di let terati della sua generazione. Oltre a "pulire" il quadro dell'esemplarita poetica, at traverso quelle soppressioni il Castiglione ancora una volta voile liberare Popera, nella sua forma finale, dalle determinazioni contingenti. E infine degno della massi ma attenzione il fatto che la parte immediatamente precedente, nella seconda reda

zione, del discorso di Gaspare Pallavicino che attribuiva il carattere imbelle dei gio vani al ?seme di pazia? in loro gettato dalPamore, venga nella vulgata ricollocato in tutt'altro contesto:

Seconda redazione, p. 280:

Non credete voi che li giovani facessero

opera piu laudevole, se attendessero alParme

per difender le patrie e Ponor loro e la digni ta de Italia, che andar con le zazare ben pet tinate, passeggiando tutto di per le contrade, con gli occhi alle finestre senza pensare cosa

alcuna di quelle che piu gPimportano? e que ste imprese e motti et attillature insomma a

che servano altro che a vanita e leggiereze? e

danzare e ballare e mascare e giuochi e musi che e tai cose, fatte con tanta diligenzia e che voi tanto laudate, infine che partoriscono al tro che effeminare gli animi, corrompere la

gioventu e ridurla a vita deliziosa e lascivissi

ma? Onde, come ben talor dice el signor Ot

taviano, ne nascono poi questi effetti che il nome italiano e ridutto in obrobrio, ne si truova uomo che osi non diro morire, ma

pur entrare in un pericolo.

Vulgata, IV 4:

[Ha preso la parola Ottaviano Fregoso, inaugurando la trattazione del tema politico: se la 'cortegiania' fosse fine a se stessa e non avesse una destinazione piu alta, sarebbe va

na] Anzi, direi che molte di quelle condicioni che se gli sono attribuite, come il danzar, fe

steggiar, cantar e giocare, fossero leggerezze e

vanita, ed in un omo di grado piu tosto de

gne di biasimo che di laude: perche queste at

tillature, imprese, motti ed altre tai cose che

appartengono ad intertenimenti di donne e

d'amori, ancor che forse a molti paia il con

trario, spesso non fanno altro che effeminar

gli animi, corrumper la gioventu e ridurla a

vita lascivissima; onde nascono poi questi ef fetti: che '1 nome italiano e ridutto in obbro

brio, ne si ritrovano se non pochi che osino non dico morire, ma pur entrare in uno pe riculo.

II mutamento di prospettiva e cospicuo: Pargomento che nella seconda redazio ne era in possesso di un detrattore delle donne, dunque di un interlocutore che s'op poneva alia linea teorica sostenuta, per interposta persona, dalPautore, passa nelle mani di Ottaviano che e il porta-parola del Castiglione e si trasforma da condanna assoluta in denuncia di un rischio degenerativo. II 'fiore' della 'cortegiania' non puo essere assolutizzato, ma posto a servizio del 'frutto' che deve produrre, quello di porre Puomo di cultura come suggeritore di saggezza di fianco alPuomo di governo.

Con Pinchiesta intorno al 'parlare' nelle relazioni affettive si apre, al capitolo 53, il terzo arco problematico del libro sulla donna. Sul fondale socialmente nuovo di una corte che e residenza di uomini e di donne, il tema cortese dei 'ragionamenti d'amore' si ridiscute in un quadro che il Magnifico subito nettamente delimita. II

prendere le distanze costituisce la sua prima raccomandazione alia donna cui Puomo svela apertamente o copertamente la sua passione; gli amanti veri parlano poco, so stiene Giuliano, prendendo a prestito Pimmagine petrarchesca (Tr. cup. Ill 185): ?hanno la lingua fredda col parlar rotto e subito silenzio?. Proposta austera, come

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Page 19: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

536 C. SCARPATI

il Fregoso prontamente osserva, senza ottenere alcun accomodamento dal duca di Nemours il quale, davanti alPimmagine che gli vien presentata delle ?infelici anime, legate crudelmente nella indissolubil catena insino alia morte?, che ?fanno ingiuria a se stesse? restando fedeli al marito in assenza di una possibilita di divorzio, ripropo ne intatta la sua tesi: un amore che non puo terminare in un matrimonio non deve essere assecondato; la donna caduta in un matrimonio infelice ?niuna altra cosa allo amante conceda eccetto che Panimo? (cap. 56). La rigidita di questa proposta susci ta una discussione al centro della quale il Castiglione si preoccupa di collocare Pin tervento di sanzione di Emilia Pia portata in primo piano, nel momento in cui al donnaiolo Unico Aretino ricorda che ?i gran fiumi divisi in piu parti divengon pic con' rivi? (cap. 62).

Sotto la superficie di severita rigorosa che la questione assume nella vulgata, dove Pecclesiastico Castiglione non intende abdicare alle sue responsabilita morali, sembra di poter cogliere una nozione alta della reciprocity amorosa che prende sug gello nelle parole di Emilia Pia: ?Quello che comincia ad amare deve ancor comin ciare a compiacere ed accomodarsi totalmente alle voglie della cosa amata, e con

quelle governar le sue; e far che i propri desiderii siano servi e che Panima sua istes sa sia come obediente ancella, ne pensi mai ad altro che a transformarsi, se possibil fosse, in quella della cosa amata, e questo reputar per sua somma felicita; perche cosi fan quelli che amano veramente? (cap. 63). II nuovo rinvio implicito allo stesso

luogo petrarchesco (?e so in qual modo / Pamante ne Pamato si trasforme?, Tr. cup. Ill 161) vuole probabilmente offrire una sottolineatura autorevole alia tesi che regge dalPinterno questa parte ultima del libro: per superare il dislivello di costume che premia la baldanza delPuomo e giocoforza aggiungere una quota supplementare di 'reverenza' alPimmagine della donna e postulare decisamente un modello di

'uguaglianza differenziata' anche nella vecchia casistica amorosa. Questa e forse la

ragione per la quale il Magnifico recisamente s'oppone alPinsinuazione secondo cui ?a tutte le donne piace esser pregate d'amore? e afferma ? con indubbia acutezza

psicologica ? che la donna rifugge da quelli che son troppo 'precipitP e da chi

?senza rispetto la ricerca d'amore prima che Pabbia servita? (cap. 65). Si combatte insomma nel finale del libro una battaglia in favore della compless

sita del rapporto amoroso che contrappone la presunzione-precipitazione virile al ral lentamento che e della psicologia femminile per il quale parteggia lo scrittore del li bro nel governare la disputa dialettica. Di qui la lode del dialogo degli sguardi in cui i motivi tradizionali della letteratura amorosa sono posti a servizio di un'idea di scambio affettivo che s'affida a un mezzo meno veloce o comunque meno esplicito della parola (capitolo 66). Di qui anche la preferenza per P amore segreto, sottratto cioe ai tempi che a un amore pubblico sono imposti dalPesterno.

Accanto dunque alia severita austera che gli interpreti hanno notato in questa zona estrema del libro 23, e da mettere in conto lo sforzo strenuo delPautore per porre rimedio a uno squilibrio, gia enunciato ripetutamente nel libro, per il quale un diverso giudizio sociale si applica al comportamento delPuomo e a quello della don na. ?Estimo io che chi ha da essere amato, debba amare ed essere amabile?, escla ma Emilia Pia nel capitolo 62, prospettando in nuova versione il grande motivo

delP'equalita', della concordia fra interno ed esterno, trasferito dalla sfera dell'unita personale a quella della dualita dialogica amorosa: anch'essa tende ad una continuity senza sbalzi, o comunque questa e la visione femminile della relazione, i cui diritti il Libro del cortegiano vuole riconoscere e affermare. In simile chiave forse va inteso

23 Guidi, De Vamour courtois, pp. 70-71.

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Page 20: OSSERVAZIONI SUL TERZO LIBRO DEL "CORTEGIANO"

IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO 537

Yexcursus sulla gelosia, presentata nei suoi aspetti di rottura dell'equilibrio della re

ciprocity: davanti alle vie che s'aprono al geloso, eliminare il rivale o demolirne la

fama, il Magnifico reitera la proposta centrale del libro: ?A me non piaceria mai che '1 nostro cortegiano usasse inganno alcuno?.

Quasi come contrappunto finale all'altezza dAY ethos amoroso che il Magnifico ha disegnato, viene a chiudere il libro la tesa e affannosa invettiva di Gaspare Palla vicino (affidata al Frisio nella seconda redazione) contro la crudelta e doppiezza del le donne (capitoli 74 e 75), la cui veemenza sembra necessaria al Castiglione per evi tare che il libro si chiuda in tono sommesso. Ma Gaspare non porta alcun elemento nuovo in un brano pur retoricamente efficacissimo (le donne crudeli, seviziatrici de

gli amanti, fino al manoscritto Laurenziano designate come 'fiere rabiose', ?si giace no tutte le notti con omini vilissimi e da esse appena cognosciuti?, che e l'unica im

magine icastica delPintero libro). Ma ormai le luci si spengono sulla ?vittoria in fa vor delle donne? che Ottaviano Fregoso ratifica e sul riconoscimento implicito, mes so in bocca alia Duchessa, delPeguaglianza tra la donna di palazzo e il cortegiano.

Claudio Scarpati

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