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[Terra filiorum Pandulfi] - adolfopanarello.it · dando inizio alle ricerche (Adolfo Panarello e...

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IV Aprile 2005 a cura di ADOLFO PANARELLO [Terra filiorum Pandulfi]
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SIGNIFICATO DELLE NOTAZIONI IMPIEGATE NELLA TRASCRIZIONE DEI TESTI

||f. x|| Numerazione dei fogli| Inizio del foglio [...] Testo non leggibile sul microfilm o sulla copia fotostatica[xxx] Testo di dubbia lettura(...) Omissis(xxx) Commento dell’Autore<x> Interpolazioni ope ingenii† Crux desperationis— Pagine bianche

RINGRAZIAMENTI

Rev. D. Gregorio De Francesco (Responsabile della Biblioteca di Montecassino).

© Aprile 2005 by Adolfo Panarello

Gli Autori dei saggi presenti in questo volume si assumono laresponsabilità diretta degli stessi e si dichiarano disposti a regola-rizzare la propria posizione qualora vi fossero involontarie ina-dempienze esonerando il curatore da ogni obbligo.

Tutti i diritti riservati

Progetto grafico e DTP: Adolfo Panarello

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PREFAZIONE

A molti mesi di distanza dal terzo volume, ecco il quarto della collanaTerra filiorum Pandulfi.

Il tempo intercorso fra le due pubblicazioni è testimonianza di quan-to sia difficile produrre cultura senza sostegni costanti, ma il fatto stesso chesia uscito questo nuovo volume è testimonianza altrettanto eloquente di comesia impossibile arginare il desiderio di ricerca. Sono, dunque, contentissimoche esso abbia visto la luce e ringrazio quanti mi hanno aiutato a realizzar-lo: studiosi, istituzioni e privati. Il libro contiene un mio contributo già edito(quello relativo alle impronte umane fossili di Foresta) e altri contributi ine-diti, firmati, oltre che da me, anche dagli amici studiosi Giuseppe Angelonee Marco De Angelis. Particolarmente cari mi sono i due saggi dedicati allamemoria del compianto prof. Michele De Cesare a cui sento di dedicare l’in-tero volume, certo che, se solo ne avesse avuto il tempo, anch’egli, come peral-tro mi aveva più volte promesso, avrebbe partecipato al recupero culturaledella Terra dei figli di Pandolfo.

Rinnovando l’invito a quanti sanno e vogliono fare ricerca a partecipareall’omonimo e ambizioso (quanto disinteressato) progetto culturale, spero cheanche questo sforzo editoriale risulti gradito a tutti.

Vairano Scalo, 9 dicembre 2004Adolfo Panarello

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Alla memoria di Michele De Cesare

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ADOLFO PANARELLO

LE “CIAMPATE DEL DIAVOLO” FRA LEGGENDA E REALTÀ

«Ogni leggenda ha sempre un fondo di verità». La frase, che assomigliamolto all’enunciato di un teorema, è nota a tutti coloro che effettuano ricer-che sull’Uomo. Naturalmente, come tutti i teoremi, non è sempre applica-bile, ma può essere molto utile non ignorarla. Nel comportamento umano,infatti, vi sono atteggiamenti che si ripetono con grande frequenza e uno diessi è quello di affidarsi al soprannaturale quando non si riesce a trovare unaspiegazione plausibile per alcuni fenomeni. Non è un problema di Fede,badate bene, poiché questa non richiede spiegazioni, ma, piuttosto, un pro-blema di curiosità ed, eventualmente, di utilità. L’osservazione di un feno-meno nuovo, infatti, innesca nell’osservatore il desiderio di comprendernel’eziologia (le cause che lo determinano), ma, soprattutto, di capire se essopuò essere nocivo o meno. Vi è, dunque, un attimo, in cui l’istinto di con-servazione prende il sopravvento. Tuttavia, quando l’esperienza attesta l’in-nocuità del fenomeno (come accade nella maggioranza dei casi), si attivanonuovi meccanismi psicologici alimentati ora dalla curiosità pura (che è sen-timento tipico di chi è dotato intellettivamente), ora dalla curiosità interes-sata, ovvero finalizzata a trarre vantaggio da un elemento nuovo e, quindi,sconosciuto ai più. L’effetto-novità si può usare in mille contesti (si pensi,ad esempio, a quello commerciale, bellico, o strategico): con una novità,specie se fondamentalmente minacciosa, si può intimorire un bambino o

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* Testo della relazione tenuta l’8 maggio 2003 presso il laboratorio di Antropologia visualedell’Università degli Studi di Cassino, pubblicato per la prima volta nel mese di maggio2003. Si rinnova il ringraziamento al prof. Paolo Mietto, al prof. Giuseppe Rolandi, al dott.Marco Avanzini e al prof. Marco De Angelis.

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controllare una massa (è noto che fin dalla preistoria la paura è stato lo stru-mento migliore per annientare la volontà). Gli osservatori con sufficientecultura, in pratica, studiano il fenomeno decidendo, poi, il modo miglioreper gestirlo, mentre gli osservatori non sufficientemente colti, non avendostrumenti di valutazione scientifica, scelgono e accettano la soluzione piùfacile, anche se, talvolta, non è la più convincente. In tali contesti, l’arcanoprevale quasi sempre sulla logica e così hanno origine molte leggende. Ilcaso delle “Ciampate del diavolo” ne è un esempio tipico. Agli abitanti diTora e Piccilli, il Comune nel cui territorio si trova il sito paleontologico checonserva le impronte fossili di cui diremo tra poco, non è mai sfuggito ilfatto, ossia l’esistenza di strane impronte su un pendio vulcanico, ma solola loro reale spiegazione.

Dopo aver constatato che chi passava di lì non riportava danni, essihanno cominciato a cercare spiegazioni per quello strano evento, ponen-dosi degli interrogativi più che legittimi. Considerato che per i più il pen-dio era il risultato di una colata lavica consolidata, si sono chiesti chipotesse passare sulla lava fusa senza bruciarsi i piedi e perire. La rispostadeve essere stata quasi automatica: chi, se non il diavolo? Tale risposta,dunque, sufficientemente giustificante in un contesto culturale in cui ilsoprannaturale (benigno o maligno) non era in discussione, fu accettatada tutti fino a diventare leggenda e addirittura toponimo. Le “Ciampatedel diavolo” sono poi diventate un banale strumento nelle mani degliadulti per scoraggiare i bambini dal camminare sul pericoloso sentiero sucui esse si trovano.

Detto questo, osserviamo che, tra i numerosi eventi inspiegabili per ilpopolino (le maestose “mura di Sansone” dei rilievi appenninici, che sonoin realtà muraglie megalitiche italiche1; le “grotte delle fate” o “grotte dellestreghe” (Domus de Janas) in Sardegna, che sono, in realtà, tombe ipogeestrutturalmente complesse nelle quali, in epoca neo-eneolitica, si pratica-va il culto dei morti2, ecc.), quelli che hanno avuto maggiore fascino epresa sono proprio le impronte, a cui solo dagli Anni Ottanta del secoloscorso la Paleoicnologia sta prestando l’attenzione che meritano. Nonmancano i casi, in tutto il mondo, in cui le piste di impronte fossili sono

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1 Cfr. A. PANARELLO, Storia antica di Vairano e Marzanello, Citt di Castello 2001, pp. 49-50.2 Cfr. www.cs.utk.edu/~mclennan/OM/BA/DomDeJanas.htm;www.bte.it/ichnos/lastoria3.htm;www.ilportalesardo.it/archeo/percorsi/janas.htm; ecc.

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state interpretate in modo fantasioso. Esempi illuminanti, in tal senso,sono quelli di Cabo Espichel (Portogallo, poco a sud di Lisbona), e di unazona della Paraiba (Brasile).

Nella prima località, la tradizione vuole che già dal secolo XIII i pesca-tori abbiano riconosciuto sulle rocce calcaree che emergevano dal maredelle piste di strane e misteriose orme che interpretarono come le traccelasciate dall’asino che trasportava la Madonna in fuga dall’Oriente e final-mente arrivata in Europa. Per tale motivo le orme furono chiamatePegadas de mula o de mua e, per ricordare con venerazione il punto in cuiapprodò in Portogallo la Beata Vergine Maria, venne costruito in loco unsantuario a picco sul mare, proprio in asse con le piste sottostanti. Talesantuario prende il nome di Santuario de Nossa Senhora da Pedra daMua3 . Nella realtà, invece, le piste sono da riferire a impronte di dino-sauri sauropodi (erbivori) del Giurassico4.

Per quanto riguarda la regione della Paraiba, invece, su un paleostra-to di rocce arenarie cretaciche sono conservate piste di orme fossili isola-te di dinosauri carnivori. Accanto a queste tracce sono bene riconoscibiligraffiti preistorici (simboli solari). Secondo la tradizione essi furono inci-si da antichi cacciatori, i quali, nelle orme di dinosauro credevano di averriconosciuto quelle di giganteschi struzzi (Rhea americana), oggetto diambita caccia5.

Ciò detto, prima di passare specificamente alla descrizione della sco-perta, voglio far notare come le leggende, con il passare degli anni, siancorano sempre più al substrato culturale locale e finiscono con l’esseremetabolizzate come certezze, innescando anche dei meccanismi affettivi.Dico ciò, perché vi è un punto del sito, in cui su una scaletta di evidenteorigine antropica, tagliata di recente sul banco tufaceo per agevolare il

3 Cfr. M.T. ANTUNES, Dinossáurios Eocretácicos de Lagosteiros, “Ciências da Terra”, Lisboa 1976,1:1-35. Per vedere delle belle foto del posto, visitare il sito WEB del Museo Nazionale di StoriaNaturale di Lisbona all’indirizzo:http://www.mnhn.ul.pt/dinos/public_html/Jazidas/Espichel/index.html.4 Ringrazio il dr. Marco Avanzini, paleoicnologo del Museo Tridentino di Scienze Naturali(Trento), per avermi fornito preziose informazioni sul sito. Per ulteriori dettagli sui dino-sauri che lasciarono le impronte e sulle piste, visitare il sito WEB:http://www.mnhn.ul.pt/dinos/public_html/Jazidas/Espichel/index.html.5 Ringrazio il dr. Marco Avanzini, paleoicnologo del Museo Tridentino di Scienze Naturali(Trento), per avermi fornito preziose informazioni sul sito paleontologico. Per informazionipiù dettagliate, cfr. G. LEONARDI, Le impronte fossili dei dinosauri, in J.F. BONAPARTE et al.,Sulle orme dei dinosauri, Venezia 1984, pp. 161-186.

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transito sui dislivelli del pendìo, si notano un’impronta umana fossile evi-dentissima e un’altra effimera (ancora non contestualizzate e non notifi-cate ufficialmente), le quali, non avendo alcuna ragione funzionale, sonostate conservate nella struttura e non distrutte dagli scalpellini probabil-mente solo perché erano “ciampate del diavolo”. Il timore o il rispettodella leggenda sono stati la loro migliore difesa. Ciò fa sperare che anchealtri, nel tagliare i blocchi di coriaceo tufo locale da impiegare nellecostruzioni civili, abbiano provato gli stessi sentimenti.

Concluse le poche osservazioni sulla leggenda, veniamo, ora alla realtà.Da quanto predetto appare evidente che nel caso di Tora e Piccilli, la

vera scoperta è nell’avere finalmente capito e dimostrato scientificamenteche le “ciampate del diavolo” sono impronte fossili di antenati dell’uomomoderno, dal momento che la loro esistenza è nota da almeno due secoli(gli ultraottuagenari locali raccontano di aver appreso la leggenda dai lorononni). Quanti, fino ad oggi, avevano tentato una interpretazione, nonerano riusciti ad andare oltre la loro attribuzione ora ai Sanniti ora a causesoprannaturali6. Il merito di avere finalmente scoperto la verità spetta,dunque, a coloro che per primi hanno intuito la realtà del fenomenodando inizio alle ricerche (Adolfo Panarello e Marco De Angelis) e algruppo di ricercatori (Paolo Mietto, Marco Avanzini, Giuseppe Rolandi)che hanno provato scientificamente la reale natura delle impronte nelbanco di tufo della località “Foresta”. La prestigiosa rivista Nature, conuna nota pubblicata sul n. 422 del 13 marzo 2003, ha garantito la serie-tà e l’importanza della ricerca e della scoperta7.

La fase iniziale degli studi, che si è appena conclusa, è iniziata il 4 ago-sto 2001, con il sopralluogo mio e di Marco De Angelis, a cui ha fattoseguito la segnalazione al prof. Paolo Mietto, geologo dell’Università diPadova e primo divulgatore di impronte di dinosauri in Italia, il quale,

6 Cfr. A. IULIANIS, Tora e Piccilli. Storia, tradizioni e immagini, Napoli 1986, p. 12; cfr.AA.VV., Nel territorio del Monte S. Croce c’è ... , Guida pubblicata sotto l’egida dell’UnioneEuropea, della Regione Campania (Assessorato all’Agricoltura Se.S.I.R.C.A.) e dellaComunità Montana “Monte S. Croce”, Napoli 1996, p. 82; cfr. I. CAPUTI (a cura di), AltoCasertano. L’isola che c’è, Marina di Minturno 2000, p. 24; cfr. A. IULIANIS, Tora e Piccilliseparati in casa, Venafro 2002, pp. 155-157; cfr. COMUNITÀ MONTANA “MONTE S. CROCE”- ROCCAMONFINA (CE), Guida ai sentieri naturali e all’antica viabilità rurale. EmergenzeArcheologiche Architettoniche Storiche e Ambientali, Formia 2002, p. 131.7 P. MIETTO, M. AVANZINI, G. ROLANDI, Human footprints in Pleistocene volcanic ash,«Nature», 422/2003, p. 133. A questo saggio bisogna far riferimento per tutti gli altri det-tagli riportati in questo contributo.

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dopo il primo sopralluogo effettuato il 28 febbraio 2002, in cui accertòl’autenticità della nostra segnalazione, allargò il gruppo di ricercatori chia-mando il dott. Marco Avanzini, paleoicnologo del Museo Tridentino diScienze Naturali, uno dei maggiori esperti al mondo di impronte fossili,e il prof. Giuseppe Rolandi, vulcanologo dell’Università degli Studi“Federico II” di Napoli, esperto del vulcano di Roccamonfina.

Per prima cosa, ci si preoccupò di rilevare e interpretare solo ciò cheera visibile. Ciascuna impronta fu disegnata secondo la metodologiacanonica e misurata, registrandone le caratteristiche più evidenti. Ciòconsentì subito di capire che le cavità sul banco di tufo avevano caratteri-stiche regolari e, quindi, non potevano essere casuali. Escluso che potes-sero essere state l’opera di quadrupedi, esse si sarebbero potute attribuiresolo ad una scimmia o a un animale molto simile all’uomo. La presenzadi scimmie in grado di lasciare impronte di tali dimensioni non è, almomento, documentata. Per esclusione, dunque, le impronte non pote-vano che essere state l’opera di individui molto simili all’uomo.

Ciò acclarato, si passò ai problemi della datazione del banco di tufo edella descrizione dei meccanismi di messa in posto e di conservazionedelle orme. Lo studio vulcanologico e le datazioni radiometriche effettua-te con il sistema del Potassio-Argon consentirono di fissare l’epoca di for-mazione del substrato e, quindi, delle impronte, in un intervallo di tempofra 385.00 e 325.000 anni fa (un periodo che i geologi definisconoPleistocene medio) e di spiegare le cause della formazione delle improntestesse: un flusso piroclastico di enormi dimensioni, ossia una specie dinube formata da gas, ceneri, vetro vulcanico, cristalli vari e frammenti dilava trapanati lungo il condotto vulcanico, venne giù dal pendio vulcani-co ad alta velocità e ad alta temperatura (circa 600°-700°) mantellando leformazioni consolidate preesistenti. Quando il flusso si arrestò, il deposi-to piroclastico, ancora incoerente, assorbì la soluzione acida formatasidalla condensa risultante dalla reazione fra i gas vulcanici e il vaporeacqueo. Tale soluzione attaccò il vetro vulcanico, presente in grande quan-tità nel deposito piroclastico, mandando in soluzione i suoi componentichimici (in particolare la silice, il calcio e il sodio). A soluzione satura, pre-cipitarono dei minerali a bassa temperatura del gruppo delle zeoliti (caba-site), che agirono come induritori determinando il rapido consolidamen-to del deposito. Nella parte finale di questo fenomeno di neoformazione,la massa piroclastica era plastica e tiepida ed è proprio in questo momen-to che si verificò il passaggio degli ominidi. Nella realtà, dunque, le “ciam-

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pate del diavolo” sono il risultato di una singolare coincidenza di eventi:un momento particolare di un fenomeno mineralogico e il passaggio degliominidi.

Ma, precisamente, chi camminava sulle pendici del vulcano diRoccamonfina nel Pleistocene medio?

La questione paleo-antropologica deve ancora essere approfondita enoi del team che ha iniziato le ricerche, demandiamo ad altri specialisti dioccuparsi direttamente del problema, dal momento che è fuori dallenostre specifiche competenze dire quale tipo di uomo lasciò le sue ormesul pendio tufaceo. Noi preferiamo dire solo che furono dei pre-Neanderthaliani. Tuttavia qualche dato, anche se ancora del tutto ipoteti-co, si può proporre. In ossequio ai risultati delle prime datazioni effettua-te, all’epoca in cui furono lasciate le impronte, neppure il nostro antena-to più diretto, l’Uomo di Neanderthal, per quanto se ne sa, era ancora pre-sente in Europa, che era abitata solo da un tipo umano di origine africa-na, che stava colonizzando nuovi territori adattandosi a climi diversi daquelli dei luoghi di origine. Il ritrovamento dello scheletro di Altamura(Puglia) e i numerosi scheletri della stessa epoca ritrovati nella Sima de losHuesos, ad Atapuerca (Spagna), suggeriscono la possibilità che i nostriantenati, che lasciarono le impronte potessero essere del tipo di Homocosiddetto heidelbergensis. Tuttavia, poiché le ossa note di tale specie indi-cano individui che potevano raggiungere anche i 170-180 cm. di altezza,non mancano gli interrogativi legati, soprattutto alle dimensioni. Leimpronte fossili di Tora e Piccilli, infatti, essendo mediamente lunghe 20cm. e larghe 10 cm., con passo medio di 60 cm. e stride (doppio passo) dica. 120 cm., indicano che gli individui che le lasciarono non erano piùalti di 150 - 160 cm. Allora, si trattava di donne, di bambini, di adole-scenti o di adulti di taglia pigmeale? Il prof. Chris Stringer, delDipartimento di Paleontologia del Natural History Museum di Londra, unesperto mondiale dell’Homo Neanderthalensis, commentando sul WEB lascoperta dal sito del Telegraph8, ha detto:

«The prints were probably made by early members of theNeanderthal lineage, rather than possible ancestors of ours.

Also interesting is the fact that these individuals were

8 Cfr. D. DERBYSHIRE, Oldest footprints found on volcano, sul sito WEB: http://www.tele-graph.co.uk/.

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apparently relatively small, indicating they may have beenfemales or children.

The preservation and exposure of such prints is verymuch a chance event. They must have been covered upvery quickly after they were made, and only recently re-exposed, otherwise they would have been eroded away».

[Probabilmente le impronte furono lasciate dai primi rap-presentanti della linea (filetica) del Neanderthal, piuttostoche da possibili antenati della nostra.

Anche interessante è il fatto che questi individui erano,in apparenza, relativamente piccoli, il che indica che essipotessero essere donne o bambini.

La conservazione e l’esposizione di tali impronte è unevento eccezionale. Esse devono essere state coperte subitodopo essere state lasciate e solo recentemente ri-esposte,altrimenti sarebbero state cancellate dall’erosione].

Nonostante l’autorevole opinione del prof. Stringer e di altri illustriscienziati, i quali hanno voluto esprimere subito un loro parere, solo dopospecifiche indagini paleontologiche e paleoantropologiche, finora nonancora effettuate, si potrà avere un’idea più chiara della precisa identitàdei nostri antenati che lasciarono le orme.

Per tornare brevemente alle caratteristiche delle impronte fossili,dopo aver già notato le loro dimensioni medie, bisogna aggiungere cheesse sono asimmetriche e plantigrade e che in alcune di esse (A/7 e A/25)sono bene visibili le depressioni del tallone e dell’avampiede, oltre all’ar-co plantare, il cui asse obliquo è mediamente orientato anteromedial-mente verso la depressione dell’alluce. Sono, altresì, chiaramente visibilialtre piccole depressioni che possono essere riferite alle articolazionifalangee e metatarsali.

A ciò bisogna aggiungere che sul lato di una delle tre piste è bene visi-bile l’impressione del palmo di una mano utilizzata per riacquistare l’e-quilibrio perduto a causa di una scivolata sulla superficie ripida e plasticadel pendio.

Per quanto riguarda la loro disposizione in situ, al momento le 56impronte note sono state contestualizzate in tre piste denominate, proce-

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dendo da Nord-Ovest a Sud-Est, rispettivamente, Pista C, Pista A e Pista B, lequali sono tutte orientate in direzione Sud-Est. Sono note anche altre impron-te isolate, ma, per il momento, non sono state ancora contestualizzate.

La Pista A, che è lunga m. 13,40, è formata da 27 impronte dispostea zig-zag e si snoda su un dislivello di circa m. 4,26.

La Pista B, che è lunga m. 8,60, è formata da 19 impronte disposte inmodo sostanzialmente rettilineo, dal momento che solo in corrisponden-za delle ultime cinque impronte si rileva una curvatura di circa 45° adestra. Si snoda su un dislivello di circa m. 2,91.

La Pista C è lunga m. 9,98: Essa è divisa in due segmenti da un depo-sito di detriti di circa m. 5,98. Le impronte rilevabili in affioramento sono10. Il dislivello della pista è di circa m. 2,56.

Il fatto che le impronte siano dislocate su di un pendio abbastanzaripido e non in pianura è di estrema importanza, poiché, oltre a costituireun unicum contestuale mondiale, consente di effettuare due immediatededuzioni:

a) la scelta di precisi percorsi per la discesa del ripido pendio (inparticolare quello a zig-zag della pista A) suggerisce che gli omi-nidi erano perfettamente in grado di compiere scelte consapevo-li e di individuare il percorso più idoneo per discendere il pen-dìo compensando i punti di massima ripidità;

b) la presenza di possibili impronte di mani solo in corrispon-denza dei segni di scivolata e/o caduta testimonia che gli artisuperiori erano impiegati solo per la stabilizzazione dell’andatu-ra e non per la locomozione. A tal proposito bisogna anche tenerconto del fatto che fino a oggi segni di mani erano noti solo ingrotta e con valenza esclusivamente rituale o decorativa.

Ulteriori studi sull’apparato locomotore suggerito dalle impronte saran-no in grado di fornire nuove risposte e di tracciare un identikit sempre piùpreciso degli ominidi che le lasciarono.

Da quanto predetto, credo che si intuisca facilmente come l’antichitàdelle impronte, certamente uno degli aspetti più importanti dal punto divista mediatico, sia solo uno dei motivi di interesse legati alla scoperta.L’unicità del contesto, in cui sono associate impronte di piedi e di altreparti anatomiche oltre a innumerevoli impronte di altri mammiferi; il

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fatto che esso si trova all’aria aperta e non in grotta o in stratificazioni delterreno; il fatto che il banco di tufo impresso sia un pendio con forte pen-denza e non una superficie piana; la numerosità delle impronte (il cuinumero, come predetto, è destinato ad aumentare)9; la loro qualità, ma,soprattutto il fatto che esse, nel loro insieme, sono in grado di dare preci-se indicazioni sul comportamento dei nostri antenati, hanno fatto sì chela notizia della scoperta abbia fatto il giro del mondo in pochi giorni,suscitando enorme interesse in tutti i contesti culturali.

Solo Tim White, paleoantropologo e autore di numerosi saggi relativiall’evoluzione degli ominidi tra i quali lo studio di Lucy, scheletro di unominide arcaico attribuito ad Australopitecus afarensis, ha detto che la sco-perta riveste più che altro carattere di curiosità senza aggiungere moltoalla conoscenza dell’evoluzione umana. Il testo del suo commento, pub-blicato on-line sul sito della MSNBC10 dal giornalista Rick Callahan è ilseguente:

«The bottom line is that these are interesting curiosities thatdo not advance our knowledge of what happened when inhuman evolution».

[Più che altro queste sono interessanti curiosità che nonaccrescono la nostra conoscenza di ciò che accadde e quan-do nell’evoluzione umana]

Ciò perché le impronte di ominidi bipedi più antiche del mondo sonoquelle lasciate da esemplari di Australopitecus afarensis su uno strato difango vulcanico rinvenuto a Laetoli, in Tanzania, nel 1977 e datato a circa3.6 milioni di anni fa, orme peraltro studiate dallo stesso White.

In realtà le impronte di Tora e Piccilli non sono le impronte di “omi-nidi” più antiche del mondo, ma le più antiche impronte “umane” delmondo, vale a dire le più antiche riferibili ad esemplari del genere“Homo”.

Questo fatto e quello che l’importanza della scoperta non va ricercata

9 Sono note, per il Pleistocene medio, in tutto 59 orme in tutto il mondo: 1 a Terra Amata(Francia); 2 sul bordo della Langebaan Lagoon a nord di Città del Capo (RepubblicaSudafricana) e ben 56 a Tora e Piccilli.10 Cfr. R. CALLAHAN, Footprints from 350,000 B.C., sul sito WEB:http://www.msnbc.com/news/.

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solo nell’antichità delle orme, è stato bene puntualizzato dal prof. PaoloMietto, in un’intervista rilasciata a David Whitehouse, giornalista scienti-fico della BBC, in cui, fra l’altro, si legge:

«[The Italian footprints] are the oldest footprints to befound of the genus Homo; not as old as those found inTanzania - but the genus Homo. The footprints in questionhave one unique aspect: the ones found up to now havebeen on flat ground and this is on a slope»11;

[(Le impronte italiane) sono le più vecchie impronte adessere state ritrovate del genere Homo; non vecchie quantoquelle ritrovate in Tanzania - ma del genere Homo. Leimpronte in questione hanno una caratteristica unica: leuniche finora ritrovate erano su una superficie piana e que-ste sono su di un pendìo]

e in un’altra intervista rilasciata a Rossella Lorenzi (Discovery Channelon-line), in cui ha dichiarato:

«The most interesting aspect of this discovery is the move-ment dynamics which has been frozen in time. It clearlyshows surprising strategies in descending steep slopes»12.

[L’aspetto più interessante di questa scoperta è il movi-mento dinamico che è rimasto congelato nel tempo. Essomostra chiaramente sorprendenti strategie nel discendere iripidi pendii]

Interessante è, infine, l’osservazione dell’antropologo Owen Lovejoy,della Kent State University, il quale, commentando la scoperta, ha detto:

«You’re looking at an event that happened 350,000 years

11 Cfr. D. WHITEHOUSE, Oldest human footprints found, sul sito WEB:http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/.

12 Cfr. R. LORENZI (Discovery News), Oldest Human Footprints Discovered, sul sito WEB:http://dsc.discovery.com.

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ago — someone made an imprint on a surface, walking ina way you’d expect to see someone in these same condi-tions walk today»13;

[State guardando un evento che è accaduto 350.000 annifa - qualcuno lasciò un impronta su di una superficie, cam-minando in un modo in cui vi aspettereste di vedere qual-cuno camminare oggi nelle stesse condizioni]

e ancora:

«It adds another cog in the connect between ourselves andour ancestors»14.

[Essa (la scoperta) aggiunge un altro dentello al meccani-smo (evolutivo) fra noi e i nostri antenati]

Lo stesso scienziato, in un’altra intervista, commentando il significatodella scoperta, ha detto:

«The significance of the discovery is primarily historicalrather than biological. These new footprints merely con-firm what we already know; nevertheless, they were laiddown in a totally dateable material and in that sense we arewitnessing an historical event»15.

[Il significato della scoperta è principalmente storico piut-tosto che biologico. Queste nuove impronte confermanomeramente ciò che già sapevano; ciò nonostante, esse furo-no lasciate in un materiale totalmente databile e in talsenso testimoniano un evento storico]

13 Cfr. R. CALLAHAN (Associated Press), 350,000-Year-Old Footprints Discovered, sul sitoWEB: http://story.news.yahoo.com.14 Cfr. ibidem.15 Cfr. R. LORENZI (Discovery News), Oldest Human Footprints Discovered, sul sito WEB:http://dsc.discovery.com.

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Per il momento non è possibile aggiungere altro senza infrangere ilrigore del metodo scientifico, ma sono sicuro che il sito di Tora e Piccillinon mancherà di regalare presto nuove, interessanti evidenze.

Mi piace concludere facendo notare che è desiderio di tutti i compo-nenti del team di ricerca che ha lavorato sulle impronte di non modifica-re la denominazione delle piste, poichè il compito della scienza è quellodi allargare la conoscenza e non quello di cancellare il passato e, tanto-meno, le radici culturali di un popolo. Se ciò dipenderà solo dai ricerca-tori, dunque, le più antiche impronte umane d’Europa continueranno achiamarsi “ciampate del diavolo” o, come ha detto la stampa di tutto ilmondo, “devil’s trails”.

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Tavola 1. Individuazione del sito.

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1. La scaletta di origine antropica che conserva, al centro del primo gradino e sul bordoesterno del secondo, impronte fossili di ominidi del Medio Pleistocene.

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2. Fotografia (da Est) del piano di calpestìo con impronte fossili di mammiferi, da cuisi stacca la pista A [la freccia indica il punto in cui iniziano le impronte umane].

3. Veduta d’insieme (da Nord) della Pista A.

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4. Dettaglio dell’impronta A/25.

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5. Veduta d’insieme (da Sud-Est) della Pista B.

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6. Il lato “a monte” della Pista B con la scivolata e la depressione [indicata dalla freccia]impressa dal carpo della mano sinistra dell’ominide.

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7. Veduta d’insieme (da Sud-Est) della Pista C.

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8. (Aprile 2002) Il dr. Marco Avanzini disegna alcune impronte della Pista A.

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9. (Aprile 2002) Il prof. Paolo Mietto e il dr. Adolfo Panarello esaminano la Pista B.

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10. (Aprile 2002) Il dr. Marco Avanzini e il dr. Marco De Angelis rilevano la Pista A.

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11. (Giugno 2002) Il prof. Giuseppe Rolandi (il primo da sinistra) illustra aicomponenti del team di ricercatori i meccanismi di formazione e conservazionedelle impronte fossili.

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ADOLFO PANARELLO

NOTE PRELIMINARI PER LO STUDIO DELL’INCASTELLAMENTOORIGINARIO NEL TERRITORIO DELL’ATTUALE COMUNITÀMONTANA “MONTE S. CROCE” *

È difficile configurare in modo univoco il paesaggio altomedievale anchequando ci si riferisce a zone amplissime (ad es. Nord e Sud dell’Italia), malo è ancora di più quando il discorso si restringe a microcontesti. I testialtomedievali, rari e di difficile lettura, fanno, infatti, spesso riferimento atransazioni riguardanti il passaggio o la gestione di proprietà, le quali sonodescritte, altrettanto spesso, solo nel loro aspetto qualitativo e territoriale.Tali descrizioni, nonostante la loro valenza fondiaria, sono troppo vagheper definire delle realtà e gli scenari restano evanescenti anche per chiconosce bene, nel loro aspetto attuale, i territori descritti. I riferimenti auna silva, ad un ribio o ad una via publica, ad esempio, non sono moltoutili a chiarire le confusioni se essi oggi non esistono più o sono statioccultati dalla paziente opera mimetica degli agenti meteorici e tellurici(si pensi che un tratto cospicuo di basolato di epoca romana pertinente aun tratto viario che collegava il territorio attuale di Marzano Appio conquello di Presenzano è stato scoperto sotto una coltre di oltre due metridi terreno in seguito ad uno scavo per lavori pubblici nel 1998).

Il territorio considerato, su cui insistono varie strutture fortificate,unificato politicamente in tempi recenti, non lo era nei secoli trascorsi, ele caratteristiche geomorfologiche, geografiche e logistiche del territoriomedesimo non sono affatto unificanti. Si pensi, ad esempio, che dei

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* Testo della relazione tenuta a Marzano Appio il 26 luglio 2003 in occasione del convegnoTra il Vulcano e l’Appennino. Studi di Archeologia e Storia in memoria di Michele De Cesare.

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Il territorio dellla Comunità Montana “Monte S. Croce”(Grafico di Vittorio Ragucci)

S. PIETRO INFINE

ROCCA D’EVANDRO

MIGNANO MONTELUNGO

PRESENZANO

TORA E

PICCILLI

CONCA

DELLA

CAMPANIAGALLUCCIO

ROCCAMONFINA

MARZANO APPIO

N

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castelli considerati Galluccio, Marzano Appio, Mignano, Presenzano,Roccamonfina e Tora hanno sempre fatto parte del gastaldato, poi conteadi Teano; quelli di S. Pietro Infine e di Rocca d’Evandro, sono sempreappartenuti alla signoria ecclesiastica di Montecassino, e quello di Conca,almeno nella parte iniziale della sua storia, ha avuto alterne vicende.

Non è agevole, dunque, per il territorio considerato, impostare undiscorso unitario, mentre è sicuramente utile (e forse indispensabile) illu-strare, seppure in modo estremamente sintetico, gli scenari e le ragioniche portarono alla costruzione delle prime fortificazioni. Sulla consisten-za e sull’aspetto delle strutture originarie, al di là di pure, semplici ipote-si, al momento non è possibile fornire altro. In assenza di scavi archeolo-gici specifici, infatti, le uniche vie praticabili sembrano essere quella dellaattenta ricognizione superficiale, quella della oculata comparazione concontesti meglio studiati e quella delle ricerche nei fondi archivistici.

Partendo proprio da questi ultimi, che per l’epoca tardoantica nonsono particolarmente generosi, si può configurare uno scenario sul qualepesavano ancora fortemente le scelte insediative di tradizione romana,tendenti a evitare le zone paludose e malsane dei fondovalle e quelleimpervie delle vette dei rilievi, ancora dominate dalle strutture italicheormai in rovina, per prediligere le zone pedemontane, meglio se vicine aterreni coltivabili, ricche di fonti sorgive e non lontane dalle principaliarterie viarie o fluviali. L’abbandono delle campagne, spesso esagerata-mente enfatizzato, non dovette cambiare radicalmente l’aspetto del terri-torio considerato, il quale dovette rimanere lo stesso per tutto l’altomedioevo: sostanzialmente quello di una zona ampia e pianeggiante,stretta o fiancheggiata da propaggini montuose (quelle del Matese e/o delRoccamonfina per Conca, Galluccio, Mignano, Marzano Appio,Roccamonfina e Tora; del Monte Cesima per Presenzano; del MonteCamino per Rocca d’Evandro e del Monte Sambucaro per S. PietroInfine), con spazi boscosi inframezzati a terreni fertili ancora marchiatidalle centuriazioni romane, sotto il controllo e non molto distanti dallestrutture ritoccate e riattate delle ville rustiche, punteggiato da isolatestrutture pagano/vicaniche. Si trattava, in pratica di un sistema insediati-vo, così come definito dal Figliuolo, «a maglie larghe, strutturato, cioè invillaggi aperti, detti casali, curtes o ville, o in abitazioni sparse, isolate suifondi, facenti capo ad un ampio quanto isolato locus»1. Tali strutture

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1 Cfr. B. FIGLIUOLO, Longobardi e Normanni, p. 62, in AA.VV., Storia e civiltà della

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erano nelle mani dei pochi ricchi proprietari ancora legati al frammenta-rio potere centrale, mentre le poche, povere abitazioni (poco più chebaracche) delle famiglie servili erano dislocate qua e la senza un ordinepreciso. Il territorio, prodigo fin dall’evo romano di vino, olio e frumentopoteva garantire in modo abbondante anche i prodotti della pastorizia,praticata in modo intensivo nelle zone montane e pedemontane del mas-siccio del Matese, a cui esso era collegato agevolmente mediante l’anticastrada consolare Allifae-Venafrum e le stradine secondarie ad essa collegate,oltre, naturalmente, all’antico tracciato della via Latina, a cui la stessa con-solare si univa in più punti mediante altre strade secondarie2. A tal propo-sito, si consideri che le zone pianeggianti e, quindi, idonee all’agricoltura(ancora la principale attività produttiva) nell’Italia meridionale non eranomolte e il controllo delle zone produttive era fondamentale per chiunquegestisse il potere. Ciò generava continue contese che non sempre si risol-vevano in modo pacifico.

Nel territorio considerato, se si fa eccezione per la vicina TeanumSidicinum, non vi erano città a cui fare riferimento come punto di rac-cordo politico e/o difensivo e coloro i quali erano esposti a imprevedibili,quanto devastanti azioni distruttive da parte di eserciti itineranti, maanche di potentati locali o di semplici aggressori occasionali, dovetterosentire l’autodifesa come una necessità imprescindibile.

I primi, rudimentali insediamenti fortificati, creati per tentare diarginare, almeno in parte, la furia dei saccheggiatori barbari che imper-versarono per secoli sul territorio, spesso nient’altro che recinti fortificatiin posizioni elevate, subirono un sostanziale potenziamento nell’VIIIsecolo, quando i potentati longobardi locali dovettero opporsi con deci-sione alle pressioni di conquista dei Franchi. Non si può escludere deltutto, però, che opere di edificazione di strutture fortificate fossero giàstate eseguite anche in precedenza, a partire dalla seconda metà del VIsecolo, quando i Longobardi tentarono di attuare la loro espansione inCampania «non con continuità geograficamente progressiva, ma con il

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Campania. Il Medioevo, Napoli 1992, pp. 37-86. Cfr. anche L. CRIMACO, F. SOGLIANI,Indagini preliminari sull’insediamento fortificato di Monte Petrino (Mondragone - CE). Primenote per la ricostruzione delle strutture insediative tra tardoantico e medioevo nella Campaniasettentrionale, in Atti del II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Brescia 28 settem-bre - 1 ottobre 2000, a cura di G.P. BROGIOLO, Firenze 2000, sez. III.2 Cfr. R. CARAFA, La valle di Prata nella cartografia antica, in AA.VV., I Convegno dei gruppiarcheologici dell’Italia meridionale, Prata Sannita 25-27 aprile 1986, Isernia 1988, pp. 193-210.

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tipico sistema delle arimannìe che penetravano nelle terre meno difese daiBizantini per attestarsi su posizioni che avrebbero consentito ulterioriconquiste con ulteriori sconfinamenti, talvolta scandite da anni (...)»3.

Costruttori di tali opere poterono essere sia gli stessi Longobardi, peri quali possedere validi posti fortificati rappresentava un «mezzo di governo,oltre che di difesa»4, sia coloro i quali tentavano di arginarne l’avanzata.

Pierre Toubert sostiene che «fino alla grande crisi dell’ultimo quar-to del secolo IX» vi fu un «predominio quasi assoluto della curtis»5 e che,in generale, i castelli non erano particolarmente numerosi nell’Italia cen-tro-meridionale6 e il nostro territorio non dovette costituire un’eccezione.

La fine del IX secolo e i primi anni del X sono quelli delle funestescorrerie saracene, innescate dai molti principi, duchi e dinasti longobar-di, i quali, dopo il giuramento di fedeltà ai Franchi vittoriosi, intraprese-ro una serie di feroci contese per il potere, per risolvere le quali assolda-rono milizie mercenarie arabe, di cui essi stessi persero subito il control-lo. In questo periodo di scorrerie, saccheggi, stragi e distruzioni, a mioavviso, non si costruì molto e, tanto meno si costruirono castelli. Se ten-tativi di sfuggire agli scorridori furono fatti, essi consisterono in un avvi-cinamento alle strutture castrali già esistenti da parte di coloro che abita-vano gli agglomerati pagano-vicanici sparsi per la campagna. Solo dopo il915, anno in cui i Saraceni furono definitivamente sbaragliati sulGarigliano da un esercito combinato internazionale, ebbe inizio il proces-so che portò alla costruzione di nuovi castelli «e fino a tutto il XII secolo,con cronologia flessibile secondo le sotto-regioni (...) al progressivo con-centramento della popolazione agricola in centri abitati generalmente for-tificati, (...) spesso anche centri di sommità collinare o di sperone roccio-so»7. «Nel momento in cui la popolazione rurale si venne concentrandonei centri fortificati, i distretti pievani, dal territorio assai ampio, dovette-

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3 Cfr. G. MORRA, Fasi della conquista longobarda in Campania: l’occupazione di Venafro, p.562, in F. AVAGLIANO (a cura di), Montecassino dalla prima alla seconda distruzione. Momentie aspetti di storia cassinese (secc. VI-IX), Atti del II Convegno di studi sul Medioevo meridio-nale (Cassino - Montecassino, 27-31 maggio 1984), Montecassino 1987, pp. 561-569.4 Cfr. G. SCHMIEDT, Le fortificazioni altomedievali, in Storia d’Italia. I documenti, vol. V,Torino 1973, p. 129. Cfr. anche G. MORRA, Fasi della conquista cit., p. 568.5 Cfr. P. TOUBERT, L’assetto territoriale ed economico dei territori longobardi: il ruolo delle gran-di abbazie, p. 279, in F. AVAGLIANO (a cura di), Montecassino cit., pp. 275-295.6 Cfr. P. TOUBERT, L’assetto cit., pp. 279-280.7 Cfr. P. TOUBERT, L’assetto cit., p. 279.

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ro essere adeguati alla nuova realtà: al loro posto si formarono le parroc-chie, il cui ambito territoriale veniva ora a coincidere con quello delcastello»8.

Con la concentrazione delle masse rurali entro le loro mura o neiloro pressi, i castelli assunsero sempre più velocemente i connotati di verie propri centri di potere e di controllo del territorio, anche in considera-zione del fatto che coloro ai quali ne era autorizzata la costruzione9 o affi-data l’amministrazione erano gastaldi e conti, nominati dai duchi e daiprincipi e ad essi legati da vincoli familiari o di amicizia, oppure antichee potenti istituzioni ecclesiastiche, che, con un ambiguo gioco politico,cercavano di svincolare dal controllo del potere laico centrale fette sem-pre più ampie di territorio10. Tutti costoro erano, ovviamente, bramosidi divenire padroni di quanto era stato loro affidato in “gestione” tem-poranea. Quasi sempre riuscirono nel loro intento e i castelli, dimoreloro e dei loro contingenti militari, divennero i centri logistici del loropotere.

Le istituzioni ecclesiastiche non si comportarono diversamente etentarono, spesso con successo, di trasformare i benefici in possessi.«Quando i monasteri di S. Vincenzo al Volturno e Montecassino, verso lametà del secolo X, si mobilitarono per ristabilire le loro proprietà, i prin-cipi confermarono i diritti dei monasteri, permisero loro di costruirecastelli e di esercitarvi in pieno la propria autorità ed anche intervenneroper bloccare l’opposizione dei conti contrari al potere locale che i mona-

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8 Cfr. G. VITOLO, Corso di Storia, diretto da Giuseppe Galasso, I, Milano 1997, p. 205.9 La costruzione dei castelli era regolare solo se autorizzata con regia concessione (Cfr. R.LUISI, Scudi di pietra. I castelli e l’arte della guerra tra Medievo e Rinascimento, Roma-Bari1996, p. 8: «Nel corso del X secolo, si accrebbe il numero dei diplomi che la Cancelleriaregia rilasciava come concessioni per la costruzione di fortificazioni. Le opere difensive rica-devano, infatti, sotto il demanio regio ed era una prerogativa del re quella di concedere ilpermesso per nuove costruzioni. Non sempre, però, la prassi fu rispettata e non pochi sonoi diplomi che vengono a sanare quello che noi chiameremmo un abuso edilizio, frutto diun’azione privata sotto la spinta del bisogno. Le autorizzazioni erano concesse non solo alaici di rango elevato, come conti e marchesi, ma anche a enti religiosi o a ecclesiastici: capi-toli, monasteri, o vescovi in qualità di rappresentanti della diocesi. Inoltre, si poteva dare ilcaso di un gruppo di preti e notai che si consorziavano per costruire un castello».Sull’argomento, cfr. anche G. VISMARA, La disciplina giuridica del castello medievale, in Scrittidi storia giuridica, vol. IV, Milano 1988, p. 5).10 Cfr. F. MARAZZI, A. SENNIS, Insediamento e struttura territoriale nella Valle del Volturno traVIII e XII secolo, in Atti del I Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Pisa 29-31 mag-gio 1997, a cura di S. GELICHI, Firenze 1997, sez. II/3.

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steri andavano assumendo»11. Si consideri, infine, che i beni concessi “ingestione”, per lo scarso controllo dell’amministrazione franca, possonoessere considerati delle vere e proprie donazioni, dal momento che la feu-dalità nel senso comune del termine non comparve prima dell’avventonormanno.

Le ragioni dell’incastellamento propriamente detto non devono,quindi, essere ricercate solo nella necessità dell’autodifesa, senz’altro pri-maria, o del controllo di una posizione strategica, ma anche in precise scel-te di carattere politico. Ciò è evidenziato acutamente da Chris Wickhamquando, riferendosi alle vicende del IX-X secolo, dice: «Castello, bisognanotare, non significa qui rocca; ha un senso più ampio, e ‘villaggio fortifi-cato’ sarebbe in genere più appropriato ovunque a sud di Siena. Lo smem-bramento dello stato, in gran parte del sud e del centro Italia fu segnatodalla rapida concentrazione degli insediamenti in questi castelli, processonoto in Italia col termine di incastellamento, assieme all’instaurarsi di dirit-ti privati basati sulla costruzione delle relative fortificazioni, comune con-testo europeo della costruzione del castello. Le frange settentrionali diCapua-Benevento dimostrano in modo chiaro questo fenomeno (…)»12.

Si osservi, infatti, che i termini latini castrum e castellum, o greciκαστρον e καστελλιον, usati nelle fonti, non si riferiscono solo allestrutture di esclusivo valore militare, ma anche e spesso a semplici villag-gi fortificati ubicati, nel territorio considerato, quasi sempre in altura13.

Il Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni di San Vincenzo alVolturno, iniziato nel secolo XII, conferma, per un territorio molto vici-no al nostro, sia la scarsa numerosità dei castelli altomedievali, sia il fattoche la amplificazione della rete castrale territoriale e il potenziamentostrutturale delle singole realtà fortificate è da attribuirsi alla cultura nor-manna e non è, quindi, anteriore al secolo XI. Se si osserva che la nomi-nata Abbazia di San Vincenzo al Volturno aveva molti possedimenti nelterritorio di cui si dice, il contenuto del seguente passo si può bene appli-care anche alla nostra realtà:

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11 Cfr. C. WICKHAM, L’Italia nel primo Medioevo. Potere centrale e società locale (400-1000),Milano 19972, p. 208.12 Cfr. C. WICKHAM, L’italia nel primo Medioevo cit., p. 209.13 Cfr. A.A. SETTIA, Castelli e villaggi nell’Italia Padana. Popolamento, potere e sicurezza traIX e XIII secolo, Napoli 1984, pp. 41-42. Cfr. anche S. GELICHI, Introduzione all’archeologiamedievale, Roma 1998, pp. 130-131.

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«Eo siquidem tempore (ca. 816, n.d.A.) rara in his regionibuscastella habebantur, sed omnia villis et ecclesiis plena erant: necerat formido aut metus bellorum, quoniam alta pace omnesgaudebant, usque ad tempora Sarracenorum. cessante quoquedevastacione et persecucione illorum, qui tunc evadere potue-runt, ut sua invenire valuerunt, regis iudicio et precariis posse-derunt, usque quo Normanni in Italiam pervenerunt. qui sibiomnia diripientes, castella ex villis edificare ceperunt, <quibusex locorum vocabulis nomina indiderunt>, et ex his, que opti-nere potuerunt, velud sine rege et sine lege agentes, ipsarum seecclesiarum patronos, immo dominatores dicentes, vix iustoiure dominis quantum sibi videbatur, et hoc inviti, censumpersolvebant per annos. quod malum usque hodie perseverat, etecclesiarum predia et possessiones, non sine gravi sacrilegio,hereditario quasi iure sibi et filiis suis assumunt»14.

[Malgrado all’epoca fossero pochi i castelli in quelle terre,erano però numerose le villae e le chiese: né c’era timorealcuno o preoccupazione di guerre poiché tutti vivevanofelici in pace assoluta, fin dal tempo dei Saraceni ed anchedopo che cessarono le loro devastazioni e le persecuzioni.Chi era riuscito a salvarsi poté recuperare gli antichi posse-dimenti per decisione del re o in forma di concessione tem-poranea, fino a quando in Italia giunsero i Normanni.Questi, dopo aver compiuto razzie in ogni luogo, comin-ciarono a costruire castelli sulle villae, <e ne derivarono inomi dal posto> e fra tutte le cose di cui si impossessaro-no, poiché agivano senza il controllo di un re e senza leggi,si dichiararono protettori delle chiese, chiamandosi anzisignori, cosa che sembrava addirittura spettargli a giustotitolo come ai veri padroni e, stimolati da ciò, riscuoteva-no annualmente le tasse, un sopruso che si è conservato

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14 Cfr. Chronicon Vulturnense del Monaco Giovanni, a cura di V. FEDERICI, vol. I, Roma1925, p. 231. Cfr. anche, in proposito, P. TOUBERT, L’assetto cit., pp. 280-281. Lo stessoautore (cfr. ibidem, p. 284) fa notare che l’espressione «rara in his regionibus castella habe-bantur» prova l’«esistenza di strutture castrensi già nel secolo IX, in piena epoca della curtis».

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fino ad oggi. Inoltre, vantando un diritto quasi ereditario,si sono impadroniti dei poderi e dei possedimenti dellechiese e li hanno lasciati ai figli, compiendo un grave sacri-legio]15.

Per concludere, si può sinteticamente sostenere, o, meglio, consta-tare che già nel corso del IX secolo strutture propriamente castrali e vil-laggi fortificati, volute e controllate da potentati ecclesiastici e aristocrati-ci laici, erano dislocate un po’ ovunque in campagna e in altura. Nel ter-ritorio considerato furono preferite le colline, molto simili a motte natu-rali, dalle cui sommità era possibile controllare i passi e le vie principali eampi tratti di pianura. Non solo, si poteva anche respirare aria migliore,più salubre di quella delle pianure acquitrinose del territorio, spesso infe-state da malattie mortali come la malaria.

Pierre Toubert sostiene l’esistenza, nel IX secolo, «di tre tipi diffe-renziati di castra o di situazioni insediative così qualificate dai documenti.

La prima riguarda abitati “quasi cittadini”, centri minori —general-mente sedi di gastaldato—, provvisti, già all’inizio o nella prima metà delsecolo IX di elementi di fortificazione. (...)

La seconda categoria è quella dei fortilizi impiantati a scopo strate-gico dai papi e dai dinasti meridionali. (...)

Una terza categoria sarebbe quella delle fortificazioni (e altri tipi diedifici) anche rioccupate e adibite di nuovo a funzione di difesa-rifugio»16.

L’avvento normanno introdusse il concetto di feudo nel senso propriodel termine, modificando totalmente la gestione dei poteri e influenzando,talvolta pesantemente, i cambiamenti sociali. Sui cambiamenti ed evoluzio-ni delle strutture difensive pesarono molto di più le esperienze militari e lescelte architettoniche dei popoli che via via ebbero il potere, oltre, natural-mente al progressivo evolversi delle tecniche di attacco e difesa.

Le strutture superstiti evidenziano che le scelte architettonichecastrali, nei secoli XI - XIII, non furono diverse da quelle operate altrovein Italia e all’estero, con un recinto bene individuato da un muro di cintarealizzato con materie prime locali, un alto mastio e, talvolta, torri diguardia. Nel territorio della piana di Patenaria e nelle sue immediate adia-cenze, tutti i castelli, ubicati su rilievi bene protetti naturalmente e impo-

Note preliminari per lo studio dell’incastellamento originario

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15 Traduzione di Vincenzo Salerno.16 Cfr. P. TOUBERT, L’assetto cit., p. 285.

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stati su substrati calcarei di estrema tenacia, non dovettero temere moltol’appressamento delle macchine da guerra e/o le azioni di mina, pratican-do, in modo quasi sempre vincente, la difesa piombante. Diverso fu il dis-corso quando, a partire dagli ultimi anni del secolo XIV, cominciarono atuonare i pezzi d’artiglieria. La posizione naturalmente fortificata non fupiù sufficiente e decisivi rinforzi e modifiche strutturali si resero necessa-ri: la resezione delle alte torri, ormai facili bersagli, a livello delle cortine;l’edificazione di poderosi bastioni di fabbrica e l’accentuazione dellerastremazioni murarie per attenuare gli effetti distruttivi dei proiettili.

Che fine hanno fatto le strutture originarie dei nostri castelli? Suquali basi essi si sono evoluti? Quali sono state le fasi del loro cambia-mento? Queste domande, probabilmente, non avranno mai risposte certe,poiché l’attenzione degli specialisti legittimati a condurre indagini meto-dologicamente corrette è spesso rivolta altrove e la vigente legislazione,monocentrica ed esclusivizzante, non consente ad altri studiosi “nonstrutturati” di condurre ricerche in tal senso.

Per quanto mi riguarda, ben consapevole di ciò, per molti anni hoindagato sui castelli di questo territorio preoccupandomi più di fornirestrumenti di lavoro agli ipotetici studiosi del domani (trascrizioni didocumenti d’archivio spesso ignoti o perduti, riorganizzazione del mate-riale già noto, ricca documentazione iconografica), che di cercare veritànon dimostrabili con semplici ricognizioni superficiali.

Spero, in tale ottica, che anche questo modesto contributo, dedica-to al compianto amico Michele De Cesare, possa risultare di qualche uti-lità a quanti vorranno migliorare e completare il mio lavoro di ricerca.

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ADOLFO PANARELLO

NOTE E DOCUMENTI PER LA STORIA FEUDALEDEL CASTELLO DI CONCA DELLA CAMPANIA

Il primitivo insediamento fortificato riferibile a Conca sembra doversicercare nel Castrum Pilanum, di cui fa menzione Erchemperto nel capi-tolo 44 della sua Historia Langobardorum Beneventanorum a proposito didue assedi portati in successione dal Conte di Capua, Pandonolfo,coadiuvato da truppe Napoletane, Gaetane e Saracene negli anni 880-881. Il castrum, già abbastanza forte, avrebbe resistito per ben due giornial primo attacco per cadere, al secondo, solo per mezzo di un inganno1.

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1 Cfr. ERCHEMPERTO, Historia Langobardorum Beneventanorum, ed. G. WAITZ, MGH SSrerum Langobardicarum, Hannover 1878, p. 255: «44. Per idem tempus Athanasius praesul Neapolis magister militum praeerat qui, utpraemisimus, exulato fratre proprio cum Saracenis pacem iniens, ac primum infra portumaequoreum et urbis murum collocans, omnem terram Beneventanam simulque Romanam nec-non et partem Spoletii dirruentes, cunctaque monasteria et ecclesias omnesque urbes et oppida,vicos, montes et colles insulasque depraedarunt. A quibus etiam sanctissimi Benedicti coenobiadecentissima, toto orbe veneranda, et sancti Vincentii martiris monasterium igne exusta sunt,aliaque innumerabilia, excepta Suessula, quam veraciter christianorum fraude miserabiliter suf-fossa est. Huic igitur sociatus est Pandonulfus, cuius amminiculo fretus, acrius coepit persequifratrueles suos; ac primo tempore labores eorum hinc et inde vastans abstulit, atque cumNeapolitibus, Caietanis ac Saracenis unitus, biduo super castrum Pilense irruens expugnavit;nichilque proficiens, mani abscessit. Sequenti vero anno generaliter motionem faciens cum sub,Neapolitibus, et Saracenis, super colossus, quo filii Landonis degebant, insedit, prius tamen illosqui residebant in termis iuxta arenam pecuniata deposuit et Capuam remisit; illis vero, videlicetfiliis Landonis, in amphiteatro circumseptis, pacem cessit, accipiens ab eis Liburiam sub sacra-mento. Qua etiam vice memoratus Pandonulfus denuo super Pilanum castrum cum Neapolitibusimprovise irruens, fraude cepit, ab eis qui interius morabantur traditum; ubi et ego captus sum

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Si è a lungo discusso sulla precisa posizione geografica delCastrum Pilanum, la quale non coincideva con quella dell’attuale castel-lo/palazzo. Una risposta esaustiva fu data, però, già nel 1891 da GabrieleIannelli, il quale così si espresse:

«(...) fin dal 1749, quando il Pratilli pubblicava in 2ª edi-zione il 1° volume della Historia Principum Langobardorumdel Pellegrino, restavano a tutti visibili le vestigia dell’anti-co Castrum Pilanum, posto non lungi da Conca, verso set-tentrione, e propriamente nel luogo detto a monte piano. IlPratilli stesso, p. 46-47, per affermare questa medesimaposizione topografica del Castrum Pilanum, contro i dub-bii mossi dal Pellegrino sopra la certezza del suo vero sito,reca le parole d’una carta del 1093, nella quale facendosimenzione di varii terreni concessi dal Conte Pandulfo allemonache benedettine di S. Maria in Teano, al tempo stes-so che era Abate di Montecassino il di lui zio Oderisio, visi legge: Item a parte ribi (rivi) mons, qui dicitur Pileani, qui

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et omnibus bonis a pueritia acquisitis exutus. Ipse pedester ante equorum capita usque ad urbemCapuanam exul evectus sum, decimo Kal. Septembris anno Domini 881».Per la traduzione del riportato passo, cfr. ERCHEMPERTO, La storia dei Longobardi, a cura diG. SPERDUTI, Cassino 1999, p. 93; p. 95: «44 - Nello stesso tempo il vescovo di Napoli Atanasio, capitano militare, governava la città;egli, come fu premesso, aveva mandato in esilio suo fratello, stipulò la pace con i Saraceni eli inviò tra il porto e le mura della città, ed essi partendo da lì fecero incursioni sul territo-rio Beneventano, Romano, e una parte dello Spoletano, tutti i monasteri e le chiese, tutte lecittà e fortezze, i villaggi, i monti, i colli e le isole. Fra gli altri il santissimo monastero di S.Benedetto venerato in tutto il mondo e il monastero di S. Vincenzo martire furono bruciatie tanti altri guai ad eccezione di Suessola, che per frode dei cristiani fu incendiata vorace-mente e miseramente. A lui si unì Pandonolfo, che confidando sui suoi suggerimenti co-minciò con maggior ferocia a perseguitare i suoi cugini; e per primo devastò le loro pro-prietà. E poi si unì con i Napoletani, i Gaetani e i Saraceni, espugnò dopo due giorni diassalti la Fortezza di Pilano; e alla fine privo di vantaggi, se ne andò senza gloria. L’annoseguente, facendo un viaggio con i suoi Napoletani e Saraceni si fermò all’anfiteatro diCapua Vetere, dove stavano i figli di Landone, ma prima di tutto dietro pagamento lasciòandare a Capua quelli che stavano nelle terme presso l’arena; concesse la pace a loro, cioè aifigli di Landone che si erano asserragliati nell’anfiteatro, ottenendo da loro la Terra di Lavorocon giuramento. Quindi il suddetto Pandonolfo assalì di nuovo improvvisamente con inapoletani il castello di Pilano, ma lo prese con inganno, per il tradimento di coloro, cheerano all’interno; in esso fui preso anch’io e spogliato di tutti i beni acquistati fin dallagiovinezza. Io a piedi davanti ai capitani dei cavalli fui trasportato prigioniero fino alla cittàdi Capua il 22 agosto dell’anno del Signore 881».

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descendit usque ad ribum, et vadit ad Castrum Concha percastanetu Aliprand Iudicis, et inde per serram dicti Castri aboriente etc.

Ma, anche prima del Pratilli, l’Abate della Nocenella sua nota 2ª al Capo 47, Libro 1° della Chronica sacrimonasterii casinensis del Cardinale Leone Ostiense, pubbli-cata a Lione nel 1668, aveva confermato la stessa cosa,dichiarando posto il Castrum Pilanum intra fines ComitatusTeanensis, in agro Castri, quod dicitur Concha (...)»2.

Il Castrum Conchae e il Castrum Pilanum erano, però, almenogià dal X secolo, due realtà distinte tra le quali non è facile, al momento,dire quale relazione vi fosse. Un documento originale del febbraio 976,rivela, infatti che l’Abate di Montecassino, Aligerno, concesse a Landone,Conte di Teano, e ai suoi figli «i beni che il monastero ha nel territorio diAtina, in Conca e in Pila o Pilano, con i censi e i servizi dovuti dagli abi-tanti di quelle terre, a condizione che egli e i suoi eredi ogni anno, nelmese di febbraio, diano una libbra di argento cineraceo al monastero»3.

Se il Castro Pilano esisteva nel IX secolo, Conca è nominata, conriferimento ad una pecia de terra, in un placito del settembre 936, ripor-tato nel Chronicon Vulturnense4, con cui l’abate Rambaldo riunì nel pos-sesso del monastero di S. Vincenzo al Volturno «terris multis in Tiano, inBairano, in Conca, et in Torcino»5.

Il Chronicon Vulturnense contiene anche il seguente passo, in cuiviene nominata una pecia ad Conca, ma la descrizione dei suoi confini nerende vaga l’identificazione. Se, infatti, il toponimo di Sipizzanu fapropendere per l’identificazione con il territorio dell’attuale Conca, altritoponimi come quello di Sanctum Vitum (Rocca di S. Vito), di Pratulongo(Pratolungo), del monte de Vuardia (Pizzo la Guardia?) e della viaFrancisca (che avrebbe lambito il territorio di pertinenza dell’Abbazia diS. Maria de Ferraria) suggeriscono di collocarla in un territorio tra

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2 Cfr. Atti della Commissione Conservatrice dei Monumenti ed Oggetti di Antichità e Belle Artinella Provincia di Terra di Lavoro, Verbale della tornata del 5 ottobre 1891, Caserta 1891,pp. 433-435.3 Cfr. ABBAZIA DI MONTECASSINO, I Regesti dell’Archivio, a cura di T. LECCISOTTI, VIII,Roma 1973, p. 151, n. 2094.4 Cfr. Chronicon Vulturnense, a cura di V. FEDERICI, vol. II, Roma 1925, pp. 44-52.5 Cfr. Chronicon Vulturnense cit., p. 44.

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Vairano Patenora, Roccavecchia di Pratella e S. Angelo di Raviscanina:

«(...) octavadecima pecia ad Conca, et ipsa terra colle, qui di-citur Sipizzanu, et sicut descendit ipsa Rave usque adSanctum Vitum, et sicut vadit ipsum rivum ad SanctumVitum, fine colle de Vuardia, et fine monte de Caprile et mo-dicun coniungit cum terra, quae dicitur de Forcanisi, et fineterra Sancti Benedicti, et fine vadu de Cicercle, et sicut vaditipsu limite ad primu lacu de Pratulongu, et vadit per ipsuturno usque ad Sipizzanu, et quomodo descendit ipse montede Caprile usque ad via, que dicitur Francisca; et de aliaparte quomodo currit, et vadit ipse monte de Vuardia, cummedietate de ipso castello. (...)»6.

Leone Ostiense, riferisce, poi, che intorno al 1022, i figli di uncerto Unzone del Castello di Conca, dovettere restituire al monasterocassinese dei possedimenti indebitamente sottratti de castro Conca, dePilano et de sancto Felice et Cesima 7. La medesima notizia è riferita daErasmo Gattola sulla base dello stesso passo dei Chronica di LeoneOstiense. Il testo riportato, tuttavia, mostra alcune varianti che non nealterano il senso8.

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6 Cfr. Chronicon Vulturnense cit., p. 49.7 Cfr. LEONE OSTIENSE, Chronica Monasterii Casinensis (=Chronica), a cura di H.HOFFMANN, Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XXXIV, Hannover 1980, pp. 235-236 (testimoni CDMSW): «Pandulfus et Gisulfus Teanenses comites proclamante eodem abbate in iudicio Capuani iudiciset archiepiscopi manifestaverunt se et renuntiaverunt nobis totam pertinentiam de Cesimaapposita nichilominus centum librarum auri pena, si eandem renuntiationem removere aliquo-modo temptavissent. Id ipsum etiam fecerunt filii Unzonis de castro Conca et de omnibus perti-nentiis ipsius et de Pilano et de sancto Felice et Cesima proclamante Andrea preposito nostro inplacito Antonii capellani et Benzoni missi Heinrici imperatoris apposita pena, si removerent,quinque milium bizanteorum. Tunc temporis quidam Aquinensis vir nomine Magipertus obtulitbeato Benedicto se ipsum cum omnibus exintegro rebus substantie sue tam in mobilibus quam etimmobilibus insuper etiam et insulam, que Limata vocatur, Carnello et Melpha fluviis circum-datam centum estimatione modiorum; quam videlicet insulam ipse ab hominibus de Pontecurvoante non multum temporis emerat, ab uno latere habens passus CCCCX et VII, ab altero CCCXX et III, ab alio CC, ab alio vero CCC».Cfr. anche Atti della Commissione cit., p. 434.8 Cfr. E. GATTOLA, Ad historiam abbatiae cassinensis accessiones (=Access.), I, Venezia 1734,p. 118: «Eodem quoque tempore Pandulfus & Gisulfus Teanense comites, proclamante eodemAbbate in judicio Capuani judicis, & Archiepiscopi manifestaverunt se, & renunciaverunt nobis

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Un castellum de Concha è nominato in un diploma del 1038 trai beni concessi dall’imperatore Corrado II alla Badia di Montecassinoretta dall’abate Richerio. Del testo del diploma, che è interamente ripor-tato dal Gattola, il passo che interessa ai fini del presente studio è ilseguente:

«(...) Igitur cunctorum fidelium Sanctæ Dei ecclesia nostro-rumq; presentium videlicet, ac futurorum cognoscat solertia,quia vir venerabilis Abbas Rigerius eruditus regularibus disci-plinis, & rector cœnobii S. Benedicti, quod situm est castroCasino, ubi ipse sui corporis sepulturæ locum venerationedicavit cum omni congregatione (...) animæque nostræ aug-mentum nec non stabilitatem nostri Regni, secundum præces-sorum nostrorum præcepta, scilicet Caroli, Lotharii, Ottonisper hoc nostræ auctoritatis, immi & confirmationis præcep-tum, omnes res, & possessiones, quæ prædicto venerabili locopertinent, confirmare, & corroborare dignaremur cum servis,& ancillis, aldianis, mancipiis, cartulatis, vel offertis, cumterris, & vineis, silvis, montibus, planitiebus, pratis, aquis,aquarumque decursibus, atque piscationibus, quæ omniavidentur esse infra fines Capuani sive Benevantani principa-tus, nec non cum universis rebus, & pertinentiis, quas abantiquis temporibus habere, vel detinere videtur infra finesinferius memorandos, scilicet (...) S. Benedicti in Benafro, &Curtem de Capriato, S. Mariæ in Cingla, (...) In Capua verocellam s. Benedicti, & s. Johannis, s. Scholasticæ, & s.Herasmi. In Calvo cellam s. Benedicti, & in Tiano cellam s.Benedicti cum omnibus pertinentiis suis, castellum deConcha, & cellam de Cesame, & s. Benedicti in Suessa, (...)

Signum Domni Chuonradi invictissimi RomanorumImperatoris Augusti.

Kadelous Cancellarius vice Herimanni Archicancellarirecognovit. Datum nonas Junii anno Dominicæ incarnationis

Note e documenti per la storia feudale del castello di Conca della Campania

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totam pertinentiam de Cesima, apposita nihilominus pœna centum librarum auri, si eandemrenunciationem removere aliquo modo temptavissent. Idipsum etiam fecerant filii Unzonis decastro Conca, & de omnibus pertinentiis ipsius, & de Pilano, & S. Felice, & Cesima, procla-mante Andrea preposito nostro in placito Antonii cappellani, & Benzoni missi Henrici impera-toris apposita pena, si removerent, quinque millium bizanteorum».

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millesimo trigesimo octavo. Anno Domini Chuonradi regnan-tis quartodecimo, Imperantis tertiodecimo. Indictione sexta.Actum in Benevento feliciter. Amen.»9.

Con il privilegio del 1047, l’imperatore Enrico III “il Nero”(1017-1056), confermò all’Abbazia di Montecassino tutti i possedimentied anche il Castellum de Conca. Ne riporto lo stralcio più significativo aifini del presente studio attingendolo dal Gattola:

«(...) ob petitionem venerabilis Abbatis Richerio cœnobio S.Benedicti, cui idem præest situm in castro Cassino juxtapræcessorum nostrorum præcepta scilicet Caroli, & Lotharii,Ottonis per hoc nostræ auctoritatis, immo et confirmationispræceptum, omnes res, & possessiones, quæ prædicto venerabililoco pertinent confirmare, & corroborare decrevimus, cumservis, & ancillis, aldianis, mancipiis cartulatis vel offertis,terris, & vineis, silvis, montibus, planitiebus, pratis, aquis,aquarumque decursibus, atque piscationibus, quæ omniavidentur esse infra fines Capuani, sive Beneventani principa-tus, nec non cum universis rebus, & pertinentiis, quas abantiquis temporibus habere vel detinere videtur infra finesinferius memorandos, scilicet (...) cellam S. Eustasii & S.Benedicti in Benafro, & cellam S. Nazarii ibidem, & curtemde Capriato, S. Mariæ in Cingla, S. Sofiæ in Benevento (...).In Capua vero cellam S. Benedicti, & S. Johannis, & S.Scholasticæ, & S. Herasmi, in Liburia terra S. Benedicti cumcellis, & ecclesiis, atque vicis, cum ipsa piscaria de Patria. InCalvo cellam S. Mariæ, & cellam S. Agapiti, & ecclesiam S.Laurentii. In Tiano cellam S. Benedicti cum omnibus perti-nentiis suis, Castellum de Conca, & cellam de Cesame, & S.Benedicti in Suessa, & S. Benedicti, & S. Scholasticæ inGaieta (...)

Signum domni Heinrici secundi10 Romanorum invictissimi

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9 E. GATTOLA, Access., I, pp. 137-139. Per il testo del medesimo diploma con apparato criti-co, cfr. Monumenta Germaniae Historica (= MGH), Conradi II. Diplomata, a cura di H.WIBEL e A. HESSEL, «Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae», 4, Hahn 1980, pp.372-376.10 Da non confondere con Enrico II lo Zoppo che morì nel 1024. L’aggettivo secundus si

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imperatoris Augusti.Heinricus Cancellarius vice Erimanni Archicancellarii

recognovi. Data tertio nonas Februarii anno Dominicæincarnationis MXLVII. Indictione XV. anno autem domniHeinrici tertii ordinationis ejus decimo octavo, regnantis qui-dem octavo, sed imperantis primo. Actum Capuæ in Deinomine feliciter amen»11.

Leone Ostiense registra, nell’anno 1049, un tentativo infrut-tuoso da parte di alcuni nobili capuani di sottrarre il castello di Concaall’Abbazia di Montecassino:

«80. Interea cum quidam Capuanorum nobiles pro castroquodam huius monasterii, quod Conca vocatur, multas cumabbate cententionis fecissent, sed Benedicto patre iuvanteprevalere illi nil valuissent, quadam die consilio habito sta-tuerunt predatum in terram istam venire. Decernunt igitur,ut advesperascente die iter incipiant et apud quandam curtemsuam circa Teanum parumper quiescant, inde se tali noctishora promoveant, ut summo mane monasterii fines ingressi exinsperato protinus irruant et quam magis exinde predampotuerint agant. Fecerunt itaque, ut statuerant, et circamediam ferme noctem ascensis equis aggrediuntur ire, quodisposuerant. Res mira, sed omnino certissima, quippe que abuno eorum, qui tanto equitatui interfuit, michi relata est. Abilla itaque hora usque ad crepusculum iter conficientes, cumiam se in finitima huius terre venisse putarent atque discur-rendum, ut predantium moris est, se instantius prepararent,subito circumspicientes in eo loco, quo equos ascenderant, sereperiunt. Obstupefacti nimiumque attoniti ac sese invicemascpectantes intelligunt tandem patris Benedicti meritis senoctis errore cecatos, dum tanto temporis spatio recto se itineregradi putantes predictam curtem girando ac regirando mane

Note e documenti per la storia feudale del castello di Conca della Campania

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riferisce esclusivamente alla carica di imperatore dei Romani, che Enrico III il Nero assunsea Roma nel 1046 (N.d.A.).11 E. GATTOLA, Access., I, pp. 148-150. Per il medesimo testo con apparato critico, cfr.MGH, Heinrici III. Diplomata, a cura di H BRESSLAU e P. KEHR, «Diplomata Regum etImperatorum Germaniae», 5, Berlin-Weidman 1931, pp. 227-230.

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se inibi, unde surrexerant, repperissent. Ita demum confusionesimul et admiratione repleti Capuam sunt reversi ipsimetpalam omnibus referentes, queque sibi contigerant»12.

Sebbene l’evento appaia arricchito da elementi probabilmente fan-tastici, esso conferma che il tentativo fallì e il castrum Conchæ rimaseall’Abbazia.

Vittore II, papa dal 1055 al 1057, confermò, con un diploma, tuttii castelli all’abbazia cassinese. Nel testo, che è presente in parte nell’operadel Gattola, è possibile leggere:

«Inter alia vero cœnobio nostro castella hæc confirmat: Inprimis ad pedem Montis S. Salvatoris, quod est S. Germani,S. Petri, Piniatari, Plumbarola, S. Stefani, S. Georgii, S.Apollinaris, Vallisfrigida, S. Andreæ, Bantra Comitalis,Bantra Monacisca, Junctura, S. Angeli, Turucculum, S.Victoris, S. Petri in Flia, Cervara, Vallis rotunda, S. Heliæ,Sarraceniscum, Conca, Capriata, Francilione, S. Johannis, S.Benedicti minoris, S. Johannis in Capua (...)»13.

Nell’anno 1059, il papa Nicola II concesse al monastero cassineseun ricco privilegio. Il suo testo integrale è riportato dal Gattola, che loattinge dal regesto Petri Diaconi (n. 28, f. 17)14. Ne riporto uno stralcioutile ai fini del presente studio:

«Nicolaus Episcopus servus servorum Dei, Desiderio dilectofilio Abbati venerabili cœnobii almi patris Benedicti, quodnuncupatur mons Casinus, (...) concedimus secundum privi-legia antecessorum nostrorum, atque consuetudinem monaste-rium almi patris Benedicti situm in monte castri Casinicunctamque ipsius monasterii Abbaciam in integro cum cellissuis, castellis, prædiis, & omni sua pertinencia & hac nostraauctoritate confirmamus, tam in finibus Beneventanorum,Apulorum, & Calabrorum, quam eciam in finibusMarsorum, & in Marchiis sive ubicumque longe (...) Ex

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12 Chronica, pp. 326-327. La notizia è riferita anche dal Gattola (Access., I, p. 150).13 E. GATTOLA, Access., I, p. 157.14 Cfr. E. GATTOLA, Access., I, pp. 159-161.

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quibus summatim, & generaliter omnibus hæc nominatim, &specialiter tantum istic digessimus. In primis monasteriumdomini Salvatoris positum ad pedem ipsius montis, atquemonasterium sanctæ Dei genetricis, & virginis Mariæ quivocatur Plumbarola, seu castellum S. Petri ad pedem ipsiusmontis, quod an antiquis dictum est castrum Casini, nec non& castellum S. Angeli, castellum qui vocatur Piniatario, &Junctura; castellum S. Georgii, & S. Apollinaris, & S.Ambrosii, & S. Andræ, & castellum, qui vocatur Vallisfrigida,castellum, qui dicitur Bantra, & S. Petri in Flia, S. Victoris,Toroculum, Cervaru, S. Heliæ, Vallem Rotundam, Rocca deBantra cum omnibus suis pertinentiis, castellum qui diciturSaraciniscum, (...) cellam S. Benedicti in Venafro, & S.Nazarii, & S. Mariæ in Sala, curtem S. Benedicti minorisibidem, castellum quod dicitur capriata, & Francillonis, & S.Johannis, curtem S. Felicis, castellum qui vocatur Conca, cel-lam S. Benedicti in Cesama, S. Benedicti in Teano, S.Benedicti in Suessa, nec non et cellam S. Benedicti in Capua,cum ipso Gualdo de ligure, et cum omnibus suis pertinentiis.Cellam S. Johannis Ancellarum Dei in eadem civitate. S.Mariæ in Calvo, S. Mariæ in Cingla, S. Adjutoris in Alifas(...)

Scriptum per manum Ottaviani Notarii, & scriniani sactæRomanæ ecclesiæ apostolicæ sedis anno primo pontificatusdomini Papæ Nicolai secundi indictione duodecima. DatumAuximi, Octavo idus Marcii anno Jesu Christi millesimoquinquagesimo nono, per manum Humberti sanctæ ecclesiæSilvæ Candidæ episcopi, et Biliothecarii apostolicæ sedis»15.

Il 28 giugno 1066, i principi normanni di Capua, Riccardo eGiordano, cedettero al Monastero di Montecassino «il castello di Teramo(costruito nel luogo dove sorgeva l’antica Interamna Lirenas) confiscato aiconti di Aquino, ed in cambio ricevevano da abate Desiderio il castello diConca e la corte di S. Felice di Mignano.

Il medesimo giorno ed anno donavano all’abbazia il castello diS. Salvatore sul monte Cocuruzzo con tutto il suo territorio sito nella

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15 Cfr. E. GATTOLA, Access., pp. 159-161.

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contea di Teano, limitrofo a quello di Mortola e confinante col fiumeGarigliano.

Questo castello era stato confiscato a Landolfo, detto il Franco,figlio di Landenolfo e a Giovanni, chiamato Citello, conti di Caiazzo, e aPietro figlio di Daoferio, conte del Volturno»16.

Le suddette notizie sono riferite dall’Ostiense:

«16. Tante igitur potestatis Desiderius Dei nutu amicitia fre-tus , nequaquam tam acceptabile tempus neglegendum existi-mans eidem principi tum precibus tum muneribus non exiguisinstare cepit, ut huic monasterio, quod tantopere se diligerefatabatur, quietem dignaretur et securitatem lergiri et castellanobis finitima, quibus undique frequenter infestabamur, quevidelicet ipse iam in suam dicionem redegerat, eidemmonasterio in perpetuum possidenda firmaret. Eius itaquevotis princeps gratantissime annuens primo quidem castrum,quod Mortula dicitur, simul cum Casa Fortini, dehincoppidum Frattarum, cuius iam supra meminimus, sequentivero anno roccam cognomine Cucuruzzum, turrem quoque,que iuxta mare sita est in eo videlicet loco, quo Lyris fluviusmari miscetur, nec non et castellum Teramense: hec inquamomnia cum omnibus simul eorum pertinentiis principalibussingillatim preceptis huic loco exintegro concessit et confir-mavit. Data sunt autem in commutationem eidem principipro Frattis castellum, quod dicitur Capriata, cum omnibuspertinentiis suis additis insuper trecentis bisanteis. ProeTeramensi vero castro datum est illi castrum, quod vocaturConca, quod ipse nobis dudum reddiderat, una cum curtesancti Felicis de Miniano. (...)»17.

Nel periodo dal 1058 al 1071, fu concessa in oblazione aMontecassino, insieme ad altre chiese, l’ecclesia sancti Iohannis de Concaloco Pilano18. In tale notazione è di estrema importanza il fatto che il

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16 L. FABIANI, La Terra di S. Benedetto, vol. I, Montecassino 1968 (rist. anast. 1981), p. 87.17 Cfr. Chronica (lib. III, cap. 16) p. 380 (testimoni CDMS). Il testo integrale dellaCommutatio Castrorum Fractæ, & Capriatæ inter Principes Capuanos, & Abbatem Casinense,è riportato dal GATTOLA, Access., I, pp. 165-166.18 Cfr. Chronica (lib. III, cap. 17), p. 381 (testimoni CDMS).

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toponimo Pilano non sia più riferito ad un castrum, ma ad un loco doveera ubicata una ecclesia. Ciò consente di ipotizzare, con buona possibilitàdi essere vicini al vero, che il Castro Pilano, nato come insediamentorurale fortificato, potesse essere divenuto prima una pieve fortificata e poiuna parrocchia del vicino ed, evidentemente, più munito CastrumConchae 19.

Dopo aver ottenuto, nel 1066, lo sbocco sul mare Tirreno, obietti-vo primario dell’abate Desiderio fu quello di individuare con precisione econsolidare i confini che separavano la Terra di S. Benedetto dalle conteedi Aquino, Comino, Venafro e Teano. Anche questa volta, non senza dif-ficoltà, riuscì nel suo intento20.

Dopo la morte di Riccardo I d’Aversa, verificatasi nel 1078, il figlioGiordano I continuò ad essere grande amico dell’abate Desiderio, alquale, con un precetto del 19 settembre 1080, confermò e concessenumerosi possedimenti21.

In tale circostanza il Castello di Conca ritornò temporaneamentesotto il controllo dell’Abbazia Cassinese. Lo stralcio del suddetto precet-to che fa riferimento a ciò è il seguente:

«† In nomine Domini Salvatoris nostri Jesu Christi Deieterni. Jordanus divina ordinante providentia Capuanorumprinceps (...) concedimus, & confirmamus monasterioSanctissimi Benedicti confessoris Christi, quod situm est inmonte castro Casino, ubi sanctissimum, ac benerabile corpusejus umatum est, in uno tunc Deo tuente dominus Desideriusreverendissimus Abbas præsse videtur (...) habeant, & pos-sideant integras omnes terras cultas, vel incultas, Montem,collem, ac planiciem, aquam, aquarumque decursus, silvas, acpaludes, cum omnibus illarum continentiis, & pertinenciisper has fines (...) Una cum integris omnibus castellis, vicis,domibus, ecclesiis, molendinis, aquis, ceterisque omnibus quæinfra ipsos predictos fines habentur. Concedimus eciam, &confirmamus eidem monasterio inclitum castellum, cum ipsa

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19 Su tale fenomeno Cfr. G. VITOLO, Corso di Storia, diretto da Giuseppe Galasso, I, Milano1997, p. 205.20 Cfr. L. FABIANI, La Terra cit. pp. 93-99.21 Cfr. Chronica (lib. III, cap. 47), pp. 424-425, testimone C. Cfr. anche L. FABIANI, LaTerra cit., p. 98.

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rocca quæ dicitur Bantra cum omnibus suis pertinentiis (...)Concedimus eciam, & confirmamus prædicto monasterio quod-cumque perscriptum datum adque concessum est in præfatomonasterio, & tibi prædicto domno Abbati, & cuntis tuis suc-cessoribus a domno Richardo genitori nostro, & a nobis, hoc estcastellum Fractæ cum pertinenciis suis, quod Pater meus præfa-to monasterio in commutacionem dedit pro castro qui diciturConca, & castellum Terame cum pertinenciis suis, & castellumqui dicitur Pedemonte & castellum Mortola cum cunctis perti-nenciis suis, & sanctum Salvatorem cum castello de Cucuruczu,et Turrem de mare, et monasterium S. Michaelis qui vocatur adFormam, cum omnibus pertinenciis suis qualiter modo custodesipsius ecclesiæ possident, et monasterium S. Petri de Scafati cumpertinenciis suis, & S. Benedictum, qui appellatur Pictolumcum pertinenciis suis. (...)

Signum Jordani principis.Ex jussione præfatæ serenissimæ potestatis scripsi Ego

Cansolinus in anno principatus ipsius Domini Jordanis vice-simo tercio, et nono decimo anno Ducatus ejus Cajete.

Data tertiodecimo Kalendas Octobris anno ab Incarnacionedomini nostri Jesu Christi millesimo octoagesimo, indiccionetercia»22.

L’imperatore Lotario III, di concerto con il papa Innocenzo II,rimosse l’abate Rainaldo dalla sua carica e favorì l’elezione di Guibaldo diLorena. A questi il 10 ottobre 1137 l’imperatore Lotario con un lungodiploma, preparato dal bibliotecario ed archivista di Montecassino PietroDiacono, confermò tutti i possedimenti del monastero23.

Il testo completo del suddetto diploma si trova nel primo volumedelle Accessiones del Gattola già citate (p. 250 e seguenti), mentre il diplo-ma originale, come fa rilevare anche Luigi Fabiani24, fu pubblicato da H.Zatschek nei Monumenta Germaniae Historica (Diplomata, VIII, pp.194-202). Lo stesso L. Fabiani, per la sua importanza, lo ripubblicò nel

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22 Cfr. E. GATTOLA, Access., I, pp. 184-186.23 Cfr. Chronica (lib. IV , cap. 125), pp. 600-601, testimone C; cfr. E. GATTOLA, Access., I,p. 250; cfr. L. FABIANI, La Terra cit., pp. 114-116; cfr. A. PANTONI, Roccadevandro,«Bollettino Diocesano» di Montecassino, 1/1979, p. 71.24 La Terra cit., p. 116, nota 43.

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secondo volume della sua opera La Terra di S. Benedetto (Montecassino1968), alle pagine 424-430, attingendolo dalla trascrizione di H.CASPAR25, il quale si basò non sull’originale ma su una copia di circacinquant’anni più tarda26.

Riporto, di seguito, attingendolo dal Gattola, solo lo stralcio utileai fini del presente studio:

«In nomine Sanctæ, & individuæ Trinitatis Lotharius, divinafavente clementia, tertius Imperator augustus. (...) Hancitaque ecclesiam, cum omnibus pertinentiis suis, debita tuitio-nis nostræ diligentia amplectentes, concedimus, & confirma-mus ipsi ex integro omnia, quæ ab antecessoribus nostrisImperatoribus ipsi concessa sunt, & confirmata infra hos finesscilicet (...) Insuper etiam imperiali nostra auctoritate confir-mamus quicquid a tempore Justiniani Imperatoris eidem locooblata, vel concessa sunt infra omnes fines Romani imperii. Inprimis monasterium Domini Salvatoris positum ad pedesCasini montis (....) Curtem S. Felicis (...) In Allifis S. Mariæin Cingula, cum castellis, & pertinentiis suis (...) S. Petri inAilane (...) S. Angeli (...) Item civitate s. Germani, castrumCasinum, castellum s. Angeli, Plumbarola, Pinnatarius,Pesmontis, Junctura, s. Ambrosius, s. Apollinaris, s. Georgius,Vallemfrigidam, castellum s. Andreæ, Bandra plana, Bantracomitalis, castrum novum, Fracte, Mortula, Casafortini,Cucuruzzum, Caminum, casale Caspuli, Conca, Capriata,Sujum, Turris ad mare, Pontem curvum, s. Stephani, Terame,s. Petri inflea, s. Victoris, Toruculum, Cervarum, s. Eliæ,Atinæ, Septem Fratrum, castrum Foroli, Sclavi, Arpinum,Suram Surellam, Vicum album, Broccum, Picinissi, s.Urbani, Nec non & terras, quæ fuerunt Pandulfi principisinter hos fines, a prima parte finita de Cominu, a secundafinita, de Campania, a tertia finita de Cajeta, a quarta fini-ta ipsius monasterii. Nec non comitatum Aquinensem (...)

Signum Domni Lotharii tercii Romanorum Imperatoris

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25 Cfr. H. CASPAR, Petrus Diaconus und die Montecassineser Fälschungen, Berlino 1909, pp.240-247.26 Cfr. L. FABIANI, La Terra cit., p. 116, nota 43.

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Aug. Invictissimi.Ego Erraldus vice Henrici archicancellarii, & Ratisponensis

episcopi recognovi.Data anno Dominicæ incarnationis MCXXXVII. indictio-

ne prima, anno regni domni Lotharii XIII. imperii sexto.Actum apud Aquinum X. Kal. Octobris in Christi nominefemiciter, amen»27.

Il controllo della Signoria cassinese sul Castrum Conchae terminònel secolo XII. Infatti, come proprietario della metà di Conca, nelCatalogus Baronum voluto dall’imperatore Guglielmo II il normannoverso la fine del secolo XII, è registrato «Goffridus de Gallutio», come feu-datario in capite de domino rege di Galluccio e Camino28.

L’altra metà di Conca era nelle mani di Polito di Tora29.Com’è noto, nel 1220 Federico II di Svevia fu incoronato impera-

tore del Sacro Romano Impero Germanico e il suo disegno principale fuquello di aumentare il potere centrale riducendo progressivamente i poteriperiferici. Il primo passo della sua azione politica fu, dunque, quello ditogliere potere ai baroni, mediante un capillare censimento di tutti idomìni, al quale fece seguito un decreto che sanciva l’abbattimento ditutte le rocche costruite dopo il 1189.

Papa Onorio III, che male aveva visto, fin dal principio la riunifi-cazione nelle mani di una sola persona del potere imperiale e di quello delregno di Sicilia, continuò ad osteggiarlo nella sua azione politica in ognimodo. Nel 1227 Federico, che nel 1225 aveva giurato allo stesso papa

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27 Cfr. E. GATTOLA, Access., I, p. 250 e sgg.28 Cfr. E. CUOZZO (a cura di), Catalogus Baronum - Commentario cit., p. 282, § 994. Per iltesto del Catalogus Baronum, cfr. E. JAMISON (a cura di), Catalogus Baronum, Roma 1972,p. 178, § 994:«Goffridus de Gallutio dixit quod tenet Gallutium quod est feudum ij militum, et de medietate

Conce quod est | feudum j militum, et Caminum quod est feudum j militis cum hoc quod tenetab eo Petrus Girardi apud Caspolum | et de hoc quod ipse Goffridus in Messino cum augmentoobtulit milites viij et servientes l».29 Cfr. E. JAMISON (a cura di), Catalogus Baronum cit., p. 171, § 960:«Polido de Thora sicut dixit tenet medietatem Conce quod est feudum j militis, et Thoram quodest feudum ij militum, et | de hoc quod tenet in Rocca, et medietate Casalis feudum j militis, etcum augmento obtulit milites viij et servientes | l. Una sunt de propriis feudis servizi predicticomitis milites viij et cum augmento sunt milites xvij. Una tam | demanii quam servitii ComitisMalgerii sunt de propriis feudis milites xxxviiij et augmentum eius sunt xlvij. | Una inter feudumet augmentum demanii et servitii predicti Comitis sunt milites lxxxvj et servientes ccl».

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Onorio che entro due anni avrebbe condotto una missione in Terrasanta,salpò con la sua flotta, ma dopo alcuni giorni, a causa di una malattia,tornò indietro. Il papa Gregorio IX, che era succeduto ad Onorio III, nonperse l’occasione per scomunicarlo e così l’imperatore fu costretto a ripar-tire. In sua assenza, nonostante la resistenza opposta dai suoi fidati, l’e-sercito organizzato dal papa Gregorio IX, detto Milizia di Cristo o eserci-to dei Clavisegnati per l’emblema pontificio delle chiavi di S. Pietro cherecavano come insegna, dopo alterne vicende, conquistò quasi tutta laTerra di S. Benedetto consegnandola alla Santa Sede.

Federico II, apprese queste cose, si affrettò a rientrare in Italia edopo aver riconquistato tutte le terre perdute, confiscò tutti i beni del-l’abbazia.

La pace tra Gregorio IX e Federico II di Svevia fu siglata a S.Germano il 23 luglio 1230 e, con essa, l’imperatore avrebbe dovuto resti-tuire alla Chiesa tutti i beni confiscati. Tuttavia, per ragioni strategiche,egli conservò il controllo sulla Rocca Janula che venne così stabilmente afar parte del Regio Demanio30.

Nonostante il trattato di pace, Federico II si preoccupò di rinforzaretutte le strutture difensive utili strategicamente, in particolare quelle ubi-cate lungo la linea di confine con lo Stato della Chiesa. Così, nel 1231,emanò il Mandatum pro reparatione castrorum imperialium31 con il qualesancì quali castelli dovevano essere restaurati o rinforzati e chi doveva con-tribuire a tali opere.

Il castrum Conce compare nel Mandatum tra i castelli che dovetterocollaborare al restauro del castello di Sessa:

«20. Item castrum Suesse reparari potest per homines ipsiusterre et casalium et per homines Marzani, Conce, RocceMifini, Cayani et Marciani, qui sunt sibi vicini»32.

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30 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon, ed. a cura di G. SPERDUTI, Cassino 1995,aa. 1225-1231; cfr. anche E. STHAMER, Die Rechtsstellung der Burg Rocca Janula inMittelalter, «Casinensia», I, Montecassino 1929, pp. 44-48; cfr. L. FABIANI, La Terra cit., pp.131-135.31 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. 1231.32 Cfr. E. STHAMER, Die Verwaltung der Kastelle im Königreich Sizilien unter Kaiser FriedrichII. und Karl I. von Anjou, p. 96, in Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien,Ergänzungsband I, Leipzig 1914, pp. 94-127.

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Un “castello di Conca” fu donato, nel 1269-1270, all’ostiarioRinaldo di Poggiolo, insieme ad altri beni. Tuttavia, non è assolutamentecerto che si tratti proprio di quello ubicato in Terra di Lavoro:

«760. - (Rinaldo de Podiolo hostiario donat Rex castrumVineoli in Iustitiariatu Basilicate, castrum Conche et aliabona in Policastro, que fuerunt Andree de Torraca, prodi-toris). (Reg. 6, f. 16)»33.

Negli anni 1272-1273 fu imposto all’Università di Conca di col-laborare al restauro del castello di Rocca d’Evandro:

«40. - Pro cura et reparatione castri Rocce.Scriptum est eidem Iustitiario. Ex parte Theodisci de Cuneo,Viceprovisoris castrorum nostrorum citra Farum, fuit exposi-tum quod Iudex Leonardus et Nicolaus Centumcarrensis deRocca Bancie34, prepositi super reparatione castri Rocce deBancia, ... iniunxerunt tam universitati Conce, quam syndi-cis universitatis eiusdem ... ut unc. auri octo, eidem universi-tati dudum impositas et taxatas per provisores castrorum...,eisdem prepositis exhibere debeant; dicta tamen universitas etipsius syndici nichil inde facere curaverint. Quare f. t. preci-pimus quatenus pred. uncias exigere debeas... Quod si inexactione predicte pecunie negligens fueris vel remissus, pecu-niam ipsam a te exigi inremissibiliter faciemus. Compellasnichilominus... ad solvendum predictas unc. auri octo dictisprepositis pro reparatione dicti castri Rocce de Bancia ...Datum Averse per eundem, XVIII nov. (Reg. 3, f. 24)»35.

Nella Cancelleria Angioina degli anni 1273-1274 è nominato, comeproprietario di Conca, un certo Roberto de Conca:

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33 Cfr. ACCADEMIA PONTANIANA, I Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da R.Filangieri con la collaborazione degli Archivisti Napoletani (=Reg. Ang.), IV, aa. 1266-1270,Napoli 1952, p. 113.34 Per l’identificazione con Rocca d’Evandro in Terra di Lavoro, cfr. A. PANARELLO, ...rocca,quæ Bantra dicitur... - Storia ed evoluzione del castello di Rocca d’Evandro dalle origini all’ev-ersione della feudalità, Sessa Aurunca 2000, p. 63 e note 132-134.35 Cfr. Reg. Ang., IX, aa. 1272-1273, Napoli 1957, p. 12.

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«61. - (Mandat ut Roberto de Conca subventionem pronova militia vassalli sui terre Conce exhibeant). (Reg. 21,f. 120)»36.

Negli anni 1276-1277, per la necessità di condurre una campagnamilitare contro l’imperatore di Costantinopoli, Ruggero Galluccio,Giacomo de Cayano e i signori di Conca furono invitati a contribuireall’incremento della flotta di re Carlo I finanziando la realizzazione di una“terida”:

«208. - (Similes Rogerio Galluccio cum filiis, Iacobo deCayano, et dominis Conche pro terida una). (Reg. 25, f.78 t.)»37.

Negli anni 1277-1278, proprietario della terza parte di Conca fu ilmilite Giovanni del Bosco, il quale la ricevette in dono regio insieme adaltri possedimenti per meriti particolari:

«190. - (Iohanni de Bosco mil. et fam. donatur tertia parsConce, medietas castri Longani et medietas castri de Claricede Iustitiariatu Terre Laboris et Comitatus Molisii). (Reg. 28,f. 80 t.)»38.

L’11 aprile 1278, lo stesso Giovanni del Bosco ricevette, proba-bilmente, l’intero possesso del feudo, come si evince dal seguente passodella Cancelleria Angioina:

«37. - Item eidem Iohanni (de Bosco), XI aprilis, VI (ind.1278) apud Turrim S. Herasmi [concessa est] terra penescastrum Conce, quod fuit Francisci de Conca, pro unc. XX(Reg. 7, f. 34). (...)»39.

L’8 luglio 1278 vi fu un’ulteriore richiesta, da parte del re, aGiacomo di Caianello, signore di Conca, di fornire una “terida” e una

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36 Cfr. Reg. Ang., XI, aa. 1273-1277, Napoli 1958, p. 41.37 Cfr. Reg. Ang., XVI, aa. 1274-1277, Napoli 1962, p. 60. 38 Cfr. Reg. Ang., XIX, aa. 1277-1278, Napoli 1964, p. 52.39 Cfr. Reg. Ang., II, aa. 1265-1281, Napoli 1951, p. 246.

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“vaccetta” per la spedizione militare che si stava organizzando contro l’im-peratore di Costantinopoli40.

Negli anni 1291-1293, feudatari di Conca furono prima Roberto diConca e poi i suoi figli Berto e Iacobo, come si rileva dai seguenti stralcidocumentari dalla Cancelleria Angioina di quegli anni:

— «18. - (Ven domino Goberto Capudaquensis episcopo,magistro rationali, consiliario, familiari, apodixa computumet quietatio officii thesaurarie quod gessit et in introitu ponitrecepisse quantitates ab infrascriptis personis tenentibus terraset feudalia in Principatu, Terra Laboris et Comitatu Molisiipro servicio presentis anni V indictionis ad quod pro istis ter-ris et feudalibus Curie tenentur, vid.: ab (...) Iohanne heredemagistri Iohannis de Sancto Felice, (...), Thomasio de Venafromilite, (...), Antonio de Prata milite, Berto filio Roberti deConca milite, Iacobo de Conca, (...), Riccardo de Gallicio[sic] milite, (...), Petro de Gallucio milite, (...), Guillelmo deMarzano, (...)»41.

— «163. - (Executoria mandati regii de recollectione facien-da a singulis baronibus et feudatariis quantitatem taxatampro conficiendis teridis, que recollectio commissa a SergioPincto de Neapoli familiari et Gualterio de Melfecta militi,que pecunia solvantur et consignetur Iacobo de Bursono etMattheo Rogerii de Salerno militibus, statutis supra opere dic-tarum teridarum. Nomina vero feudatariorum Terre Laboriset Comitatus Molisi cum quantitate taxationis sunt videlicet:(...) Guillelmus de Marzano miles uncie 5; Petrus deGalluccio miles uncie 10; (...); Riccardus de Galluccio milesuncie 10; heredes Roberti de Conca uncia 1; Iacobus deRoccaromana miles uncie 6; (...); Raynerius de Umilerio, qui

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40 Cfr. Reg. Ang., XX, aa. 1277-1279, Napoli 1966, pp. 89-91: «61. - (Mandatum directum omnibus Iustitiariis Regni pro faciendis et consignandis a feuda-tariis et baronibus infrascriptis teridis et vaccettis eis impositis pro expeditione contraImperatorem Constantinopolitanum. Nomina baronum sunt haec vid.: (...) Iacobus deCaianello dominus Conce, (...), pro I vaccetta et I terida, (...). Dat. VIII iulii MCCLXXVIII.(Reg. 33, f. 26-27)».41 Cfr. Reg. Ang., XXXIX, aa. 1291-1292, Napoli 1992, pp. 20-23.

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est dominus Presenzani, uncie 4; (...); Raymundus deMarzano uncia 1; Thomasio de Venafro miles uncie 3; (...);item frater domini Benedicti cardinalis pro Vairano nihiltaxetur; dominus Benedictus cardinalis pro Calvo nihil taxe-tur. Sub datum Neapoli, anno 1293 [sic], die 27 octobris 6eindictionis, regni nostri anno primo). (Reg. 1292E, ff. 184-185, reg. 53, f. 46)»42 .

Lo storico locale Domenico Salvatore43 consente di farsi un’ideadella dignità che Conca ebbe dal punto di vista demografico sotto il regnodi Roberto d’Angiò (1309-1343), riferendo che «dalla “cedola (…) dellasovvenzione generale”, imposta in Terra di Lavoro e Contado di Molise,data in Napoli dai Maestri Razionali della Grande Regia Curia, ai 9 diottobre del 1320, indizione IIII, Mignano risulta tassato per oncie 77, tarì3, grana 8; mentre (…) Conca per oncie 37, tarì 18, grana 13 (…)»44.

Nella Ratio Thesaurorum angioina, ovvero nel registro degliintroiti ed esiti della Regia Tesoreria di Roberto d’Angiò, in data 11 marzo1332, è registrato quanto segue:

«Il re fa dare in elemosina un’oncia e 15 tarì ai condannatia perpetuo carcere nelle torri di Capua; I nomi loro sono:Giovanni Sclavello, Nicola di Perugia, Villano di Napoli,Ludovico Battezzato, Cicco di Cosenza, Vigorita di Sora,Abbate Lorenzo de Mascaro, Abbate Francesco diCastelgalluccio, Bartolommeo de Conca, Nicola de AbbateSpina, d. Giovanni di Valmontone, Guglielmo deClariano, Rainaldo di Collealto, Abbate Barremme, eMartino (..)»45.

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42 Cfr. Reg. Ang., XLIII, aa. 1270-1293, Napoli 1996, pp. 27-29.43 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche sulla Terra di Mignano, Cassino 1939, pp. 81-82.Nella nota (1) a p. 82, il predetto Autore dichiara di aver appreso le notizie da «C. MINIERI

RICCIO, Notizie storiche tratte da 62 registri angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli1877, Tipografia R. Rinaldi e G. Sellitto, pp. 160-170. (Il documento è tratto dal Registro1316 A. n. 207, fol. 146)».44 Ibidem.45Cfr. N. BARONE, La ‘Ratio Thesaurorum’ della Cancelleria angioina, p. 424, «ArchivioStorico per le Province Napoletane», a. XI, fasc. III, Napoli 1886, pp. 415-432.

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Il nome del suddetto Bartolomeo di Conca, di cui sarebbe interes-sante individuare la precisa identità e la pena di cui si era macchiato permeritare l’ergastolo, ricompare nella medesima Ratio nella notazione re-lativa al 7 dicembre 1334, ove si legge:

«Giovanni Sclavello, Lancellotto de Nigro, Bartolommeode Conca, Maestro Giovanni Battezzato, Nicola de AbbateSpirito, Giovanni di Villamontano, Guglielmo de Gayran,Giovanni de Lauro, Rainaldo di Collealto, NotarRuggiero, Lorenzo e Tommaso di Stasio, prigionieri nelletorri di Capua, condannati a perpetuo carcere, ricevonociascuno per mano di Romeo, Castellano delle predettetorri, 3 tarì di elemosina per le loro spesa (...)»46.

Il 20 novembre 1390, da Gaeta, il re Ladislao di Durazzo assegnò aGiacomo da Marzano, ammiraglio, «il possesso del feudo di Limatola ed’altri beni nella città di Carinola che furono di Bonifacio da Napoli giàmaresciallo del regno»47. Pochi giorni dopo, l’8 dicembre 1390, Giacomoda Marzano ebbe conferma anche «di Sessa, d’Isernia, di Conca, di CastelRignano assegnate già all’avo di lui Goffredo e poi al padre Roberto»48.

Il feudo di Conca appartenne al nobile Giacomo Marzano che lotenne fino alla sua morte, verificatasi tra il 1402 e il 1403. Gli successe ilfiglio Giovanni Antonio che, il 28 febbraio 1404, ricevette conferma dal Redi Napoli, Ladislao d’Angiò Durazzo, di tutti i possedimenti ed i privilegipaterni ed anche la concessione del «mero et mixto imperio», cioè della giu-risdizione civile e criminale nell’ambito dei suoi possedimenti. Tali privile-gi gli furono riconfermati nel 1416 (o 1417) dalla regina Giovanna II:

«1416, 15 maggio, IX - Napoli - Giacomo e Giovanna con-cedono a Giovanni Antonio de Marzano la città di Sessa, coltitolo di Duca, e le terre di Marzano, Roccamonfina,Caianello e Marzanello in Terra di Lavoro, la baronia di

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46 Cfr. N. BARONE, La ‘Ratio Thesaurorum’ della Cancelleria angioina, p. 579, «ArchivioStorico per le Province Napoletane» cit., pp. 577-596.47 Cfr. N. BARONE, Notizie storiche tratte dai Registri di Cancelleria di Ladislao di Durazzo,p. 504, «Archivio Storico per le Provincie Napoletane», a. XII, fasc. III, pp. 493-512.48 Cfr. ibidem.

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Novi, Gioja, Rocca d’Aspide e Torre Magna in PrincipatoCitra, la città di Squillace con tutta la contea e il titolo diconte e la terra di Satriano, in Calabria, che erano già statedel quondam Giacomo de Marzano, padre di GiovanniAntonio, nonché la città di Teano, che era stata del q. Goffredode Marzano conte di Alife, zio di Giovanni Antonio»49.

Ecco una prova documentaria di quanto suddetto:

«Sp.li et M.° Jo. Ant.° de Marczano Duci Suesse SquillacijComiti Cons.rio, confirmatio omnium Civitatum, terrarum,Castrorum et locorum suorum, vd: Civitatum Suesse, Theani,et Caleni in T.ra Lab.s cum titulo Ducatus, terrarumMarczani, Rocce Montisfini, Conce, Thore, Cayanelli,Marczanelli, Castri S.ti Angeli Ravis Canine, et Baronieformicule Pontislatroni, et Sassi in Terra Lab.s; CivitatisSquillacij cum titulo Comitatus et toto eius Comitatu, et t.re

Sarriani in Calab.a, baronie et terrarum Novi et Rocce deAspro in Princ. Cit. olim concessarum, et possessarum per suospredecessores presertim per q.m Sp.lem et Mag.cum Jacobum deMarczano Ducem Suesse Comitem Squillacij filium q.m

Goffridi de Marczano Comitis Alife Reg. Sic. Magni Cam.rij

eius patris. Confirmatio cum adiunctione meri et mixti Imp.ij

seu officij Cap.ei in perpetuum»50.

Nella parte finale del conflitto tra Ferdinando I d’Aragona eGiovanni d’Angiò per il possesso del Regno di Napoli, dopo la schiac-ciante vittoria dell’esercito regio a Troia (di Puglia), che ebbe luogo il 18agosto 146251, il re, dopo aver conquistato quasi tutta la Puglia tornò in

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49 Cfr. A. GENTILE, Diplomi del periodo angioino in un Archivio gentilizio, p. 388, in AA.VV,Studi in onore di Riccardo Filangieri, Napoli 1959, pagg. 385-389, n° 16, Dipl. n. 80.[Dall’Archivio della famiglia Aragona Pignatelli Cortes et alii presso l’Archivio di Stato diNapoli].50 A. BROCCOLI, Marzano e Marzanello studiati nella successione feudale all’epoca angioina(1272-1432), «Archivio Storico Campano», vol. II, parte II, fasc. IV, Caserta 1899-1900,pp. 946-960, doc. L; Ex Reg. Joanne 2° an. 1417, fol. 436; G. B. MARZANO, Memoriestoriche intorno alla famiglia Marzano, estratto dal Giornale Araldico-Genealogico-Diplomatico Italiano, anno II, numeri 4-5, Pisa 1874, p. 31.51 Cfr. NOTAR GIACOMO, Cronica di Napoli, ed. a cura di P. GARZILLI, Napoli 1845, p. 104.

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Terra di Lavoro, sottomettendo, con violentissime ritorsioni, molti deibaroni che gli si erano ribellati appoggiando il francese. In questo ritorno,poiché il duca di Calabria era venuto a Conca e Sessa, facendo transito perMontecassino, raggiunse il castello di Galluccio. Tali eventi sono così rac-contati dal cronista Angelo De Tummulillis:

«Set interea dominus rex Ferdinandus adepta et optenta quasitota Apulia cum suo exercitu venit subiugando sibi dominos etbarones quos poterat in Terram laboris et sua temptoria fixitcirca Pontem Latronem secus flumen Capue. quo ibidem per-morante in obsidione ipsius cum magno exercitu, quia dictusdux Calabrie venerat apud Concam et deinde Suessam et nonconfidebat prevalere dicto regi et exercitui suo obsidentibusdictum castrum Pontis Latroni, ex mandato dicti ducisIohannis venit dictus comes Iacobus repente ex comitatuCelani die sabbati .xviii. decembris transiens per abbatiamCasinensem cum circa duobus milibus personis et accessitGallutium, cuius adventus veniens ad aures dicti regis statimdiscessit ab obsidione predicta, dubitans ne ibidem deprime-retur ab suis emulis, et iter arripuit versus Capuam, ubi rese-dit per dies»52.

Nell’Appendice ai Notamenti di Camillo Minieri Riccio, curata daicompilatori dell’«Archivio Storico Campano»53, si legge:

«Conche terraIn Archivio R.e Sicle temp.re Joanne 2.e ann. 1419 d.a

terra Conche erat in posse Joannis Ant.nij de Marzano DucisSuesse, qui illam vendiderat Josue Caracciolo.

In anno 1467. 17 martij Re Ferrante asserendo li meritimolti dell’Ill.e Matteo di Capua duca d’Andria, il qualetalm.e di costumi fede, e nobiltà di sangue risblende (sic) utmerito possit cum prisca maiorum suorum virtute contendere,perciò in loro remunerat.ne donò, e concesse ad esso Mattheo,pro se, et suis filijs, ac heredibus, et succ.bus utriusque sexus ex

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52 Cfr. A. DE TUMMULILLIS, Notabilia temporum, a cura di C. CORVISIERI, Roma 1890, p.102, CXX.53 Vol. II, fascicolo 3.°, Caserta 1893-1894, pp. 682-684.

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suo corpore legitime descendentibus in perpetuum et infeudum tenens V.L. Palene cum titulo comitatus, la LamaMontenegro, lo letto li piczi et fuerca palene, li quali forod’Antonio Caudola (a margine Caldora) olim conte di detteterre, e per sua rebellione devolute a Sua Regia Corte, nec nonet li restituì seu de nuovo concesse la terra di Concha la qualedice essere stata di Fabritio padre d’esso Mattheo, e di suoiantecessori, e della quale l’Ill.e Gio: Ant.° de Marzano Ducadi Sessa havea d.° Fabritio de fatto, et Iniusto ac indebitespogliato, Et propterea lo reintegra d.° Mattheo suo figlio inlapristina possessione inlaquale fù detto Fabritio ante spolia-tionem p.ttam, itam ut defatto spoliatus fuit, ita defatto resti-tutus veniat per benef.m restitutionis in integro, non obstantela perlongi et longissimi temporis aliqua prescriptione incon-trarium, quam prescriptionem de potestate Dominica tollit, etad cumulandum eidem Mattheo Jus ipsi Mattheo (sic), per se,et suis filijs, et heredibus utriusq. sexus ex suo corpore legitimedescendentibus in perpetuum d.tam terram Conche quetenebatur per Marinum Joannem franc.m de MarzanoPrincipem Rossani nostrum utique rebellem notorium, perquam rebellionem iustè, et legitimè privatum esse declaramus,Et pro qua rebellione dicta terra Conche Fisco nostro devolu-ta, et incorporata, ac possessa est cum fortellitijs, casalibus,hominibus, vassallis, feudis, angariis, perangariis etc. (…) infeudum nobili tamquam rem n.ram ad n.ram Curiam spectan-tem, damus, donamusq., come app.e in Quint. 6. f. 46.

In anno 1469 a’ 5 di Gennaro il d.° R assserendo da d.° Ill.e

Mattheo con sua opera, et industria ridusse a sua fedeltà lacittà, e castello di Adria (sic), e quasi tutta la Provinciad’Abruzzo, la quale s’era da esso alienata, et in hostiumpotestate redacta per lo che d.° Re l’havea pro se, et dictis suisher.bus et succ.bus eor. donata la detta città e Castello d’Adria;E per che hoggi a sua req.ne have quella e quello pro serv.° sueR.e Curie restituto, e cesso ad Rè, volens igitur suam grati-tudinem erga eum exercere, quem merito ad amandum suissingularibus virtutibus, et fide, ac periculis quibus pro statosuo servando subijt annuos ducatos tricentum in et superJuribus foculariorum, et salis d.e terre Conche, et et.m terre

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Morroni Prov.e terre laboris, pro se, et suis her.bus, et succ.bus

ex suo corpore leg.me descendentibus in perpetuum donavit, etconcessit, nec non et terram Giptij de d.a Prov.a Aprutii pro seet d.is suis heredibus etc. come appare in Quint.m 6. f. 43».

Porzia, sorella di Ettore e Guido Fieramosca, la quale durante la suavita non era riuscita a ottenere altro dai prodi fratelli che poveri inden-nizzi, ebbe giustizia solo dopo la morte54. I suoi tre figli (Ettore, Cesare eAlfonso), infatti, dopo aver prodotto una serie di ricorsi alla RegiaCamera della Sommaria, riuscirono ad ottenere una sentenza favorevole eil maggiore dei tre, Ettore Leognano, fu riconosciuto, nel 1557, legittimopossessore del contado di Mignano e degli altri feudi che erano stati diGuido Fieramosca e di sua moglie55.

Nel Repertorio dei Quinternioni presso l’Archivio di Stato di Napoli,al f. 115, è scritto che: «Ettore Leognano morì il 16 decembre 1566 ed ilfratello Alfonso gli successe e pagò il relevio per Mignano, Camigliano,Caminaglia e Romagnano»56 e nei Relevi di Terra di Lavoro e Molise, a p.28 è scritto che: «Per ordine del s.r. Consiglio Mignano fu venduto in sub-asta nel 1581 e lo comperò G. Cesare de Capua»57, «già principe di Caspolie di Conca»58.

Alla morte di Domenico De Capua, ultimo principe di Conca, chenon lasciò legittimi successori, la Terra con il suo castello e i suoi benifurono esposti venali dalla Regia Corte59. Nonostante l’interesse di

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54 Verificatasi il 29 novembre 1550 (Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca , Napoli1883, p. 103).55 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 103-104.56 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 103 nota (5).57 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 103 nota (5).58 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 141. Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI,Quinternione 160, f, 126.59 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 211, ff. 472r-472v: «Si è prodotta exeq.ria data dall Ecc.mo S.r Duca d’Ascalona, Vicere loc.te (…) et suo R.e Coll.e

Cons.° a’ 7 Luglio del cor.te año 1706 al R.l Privil.° di R.e ass.so prestito da S. M.tà Dio g.di a30’ maggio di d.° cor.te año, s.a la Supplica data per l’Ill.e D. Giustiniana Pinelli Duchessa dellaCelenza, a’ D fabrizie (sic) Capece Minutolo suo figlio, e D. Carlo Invitti Marchese di Prata,nella q.e esposero, come essendosi esposta venale la T.ra di Conca, con i suoi Casali, beni, eGiurisditioni, devolute alla R.a Corte per morte di D. Dom.co de Capua Ultimo Pñpe di Concasenza legitimi succ.ri, et q.tta rimasta a d.a D. Giustiniana, si stipulò dalla R.a Corte Instrum.to

di d.a vendita fatta in beneficio di d.a D. Giustiniana per il [N].le delle R.a Corte, qu.le sta’inserito in d.° R.le ass.so, e dà esso appare, che a’ 7 Gen.ro 1702 fu stipulato l’Istrum.to pred.to

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Giovan Battista de Capua, Duca di Mignano60, la Terra di Conca fuacquistata dalla nobildonna Giustiniana Pinelli, Duchessa della Celenza,e dal figlio Fabrizio Capece Minutolo61 per una cifra che si aggiravaintorno ai 37.000 ducati. Legittimo procuratore e garante finanziario ditale transazione fu il Marchese di Prata Carlo Invitti, il quale, in presenzadi importanti inadempienze finanziarie da parte della suddetta nobildon-na e di suo figlio, si ritrovò ad essere proprietario, con patto di retroven-dita in quattro anni per la medesima somma, di tutta la «T.ra di Conca, eCasali cum Castro, seu fortillitio, hominibus, vaxallis et cum omnibus eiuscorporibus»62 . La morte di Carlo Invitti, verificatasi il 19 giugno 1705,tuttavia, estinse il patto di retrovendita e suo figlio Nicola Invitti, suolegittimo successore, ratificando la cessione, ne divenne legittimo e stabileproprietario63.

Tutte le vicende feudali della Terra di Conca, a partire da 1468,sono dettagliatamente descritte in un prezioso memoriale inserito nel vo-lume 211 delle Refute dei Quinternioni presso l’Archivio di Stato diNapoli dove si legge:

«In ord.ne all’origine, é successione di d.a T.ra di Conca ric. li

Note e documenti per la storia feudale del castello di Conca della Campania

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tra l’Ill.re Viceré de’ que tempo nomine d.e M.ti, con il D.r Angelo Sarnelli Proc.re con specialeman.to di d.a D. Giustiniana Pinelli Duchessa di Celenza, asserendo d.° Ill.e Viceré come essendol’añi passati per morte del q.m D. Dom.co Maria di Capua Pñpe di Conca, senza legitimo Succ.re

nelli feudali, devoluta al R.° fisco la d.a T.ra di Conca, con i suoi Casali, et con l’infrascritteGiurisdizioni, beni, et entr.e di d.a T.ra, e Casali, sita in Prov.a di T.ra di Lavore, et essendo adinstaza tanto del R.° fisco, quanto delli cred.ri dello Pñpe di Conca, et altri predecessori utili P.ni

di d.a T.ra ordinata la vendita di d.a T.ra di Conca, e’ suoi Casali nominati li Catuielli, le Cave,S.to Miele, Parete, Piañolo, li Terripunzi, Vallicardi, Vezzara, Ferola, Triuci, Tortiniello,Sipicciano, La Valle, Viachiara, e l’Orchi, Corpi, beni, entrate, e giurisditioni Burg.ci, é feudalil’añi a’ dietro, d’ordine della R.a Cam.a, precedente dec.to interposto a’ 12 Mag.° 1689; per il R.°Tavolario Gen.ro Sacco (…)».60 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 211, f. 473r: «(…) fatti li banni pro venditione, fu per parte dell’Ill.e Gio.B.a de Capua di Migniano presen-tata offerta per la persona nominata per la Compra di d.a Terra é Casali, o loro beni, intr.e égiusdizioni Burgensatiche é feudali, q.ta offerta discussa, appurata e moderata, fu determinatoche si formasse nova offerta, con li patti stabiliti in d.a discussione, onde l’Ill.e Duca di Mignianopñtò altr’offerta (…)».61 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 211, ff. 472-506.62 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 211, ff. 479v-480r.63 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 211, ff. 495r-495v.

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R.ÿ Q.ni per essi appare, che nell’anno 1468 il Ser.mo RéFerrante concedí a’ Matteo de Capua Duca d’[anixia],pr[†]se il stato di Palena, nec non la terra di Conca, che fuPad.e di esso Matteo, e de’ suoi predecessori, della qual terra,Gio. Ant.° de Marzano Duca di Sessa haveva de facto, etiniuste spogliato detto […], et per che [la] T.ra spettava al d.°Matteo, come legitimo Succ.re, che però li restituì la T.ra

pred.a, nella q.le reintegrò d.° Matteo nel pristino stato, enella pristina possessione (…)

A Matteo succedì Bartolomeo de Capua Conte diPalena suo figlio, il quale nell’anno 148[2], ottenne l’investi-tura del stato paterno, per il quale si comprende, la d.a T.ra diConca, e d.o Bartolomeo asserì, che il sud.o Matteo suo padrehaveva posseduto d.o stato cum plateis, et juribus Pl[…]axumbayulat.[…], ac cum mero mixtoque imperio, et gladij po-testate, et cum B.co Justitiae, et cognitione CausarumCivilium, Criminalium, et mixtarum, et così ottené l’investi-tura (…) Nel Ced.° dell’anno 1500 n.° 37 fu tassato d.°Conte di Palena per la d.a T.ra di Conca, deducta rataVaxallorumque in D.ti 104.2.

Nell’anno 1540 a’ 20 Settembre la R.a Corte vendìa Dorotea Spinelli contessa di palena, Madre, Balia, é Tutricedi Giulio Cesare de Capua 64 suo figlio, la co[g].ne delle 2.de

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64 Per il possesso del feudo di Conca in tale anno da parte del nobile Giulio Cesare deCapua Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 97v: «In Ced.rio annorum 1584 et per totum annum 1586 dittae Prov.ae terrae laboris a’ 9 t.° notaturtaxata [Ex.ns] Cornelia Columna pro Mignano in d.ti 39.4.9. Ibique ad 31 a t.° notatur infra-scritta permutatio ut in fram.Permutatio T.rae Mignani in personam M.ci Joís Hieronimi Capassi pro qua taxatur [Ex.ns]

Cornelia Columna in d.ti 39.4.9. (…) per quod prefata M.tas assempsit per d.m M.cum Jo.Hieronimum Capassum ditte t.re Mignani ad estintum candele, ad instantiam creditoruminstante etiam d.a Ex.a Cornelia Columna, precedente tamen decreto huius Regiae Camerae, propretio d. 16301 de propria pecunia Illustris Julÿ Cesaris de Capua Principis Conchae abs.quae

tamen Titulo Comitatus, [juxtae][t.n] Cautelas de hoc celebratis 2.° Martÿ 1580 per manusegregÿ Not.rÿ Anibalis Baptimelli de Neap. in d.° Privileggio (sic) inseritas cui Relatio habeatur.Et sic p.tus Jo. Hieronimus Capassus tenetur ut. s.a pro Mignano in d.ti triginta novem grana 4.novem ____ D.ti 39.4.9Idem continuatur in cedularÿs sequentibus per totum annum 1625; sic quoque in cedulario

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Cause Civili, Crim.li, e miste, et la giurisd.ne della Zecca indiverse terre, e fra’ di esse della T.ra di Conca in Prov.a di T.ra

di Lavore, quale terra d.° Giulio Cesare la [possedeva] con lep.me cause tantum, et questo per prezzo di d.ti 2537.2 ut inQ.ne 16 fol. 226.

Nell’anno 1544 fu sped.ta sig.a di d.ti 811.1.16cont.° l’Ill.e Giulio Cesare de Capua Conte di Palena per loRelevio debito alla R.a Corte per morte dell’Ill.e Conte suoPad.e, seguita nell’anno 1596 per l’entr.e feudali del suostato, per il quale vi comprende la T.ra di Conca, sita inProv.a di T.ra di Lavore, ut in Sig.arum Rel.orum 6 fol. 40 t.°,come si nota nel ristretto delle Significatorie de Relevij, cheda me si conserva et nel Ced.° dell’anno 1549 n.° 8 si tassad.° Giulio Cesare di Capua Conte di Palena per d.a T.ra diConca in d.ti 104.2.

Nell’anno 1592, fu sped.ta signif.a di d.ti 4000 pronunc contr.° l’Ill.e Matteo de Capua pñpe di Conca per loRel.o debito alla R.a Corte per morte dell’Ill.re quondamGiulio Cesare suo padre, per l’intr.e feud.li della Città diConca, et altre Terre del suo Stato ut in Sig.arum Rel.orum 3°fol. 89, in piedi della quale significatoria si notano pagaatid.ti 4000 in [Thria…] – q.le [1]9 di Giug.° 1592.

Nel med.° anno 1592 a’ 18 di Giugno fu sped.ta

altra signif.a di d.ti 827 R.1. e g.a 11 contro d.° Ill.e Matteode Capua Pñpe di Conca per compl.to del sud.o Rel.° permorte di d.° suo Padre seguita a’ 9 Mag.° 1592, per le T.re delsuo Stato, ut in d.° Sig.arum Rel.orum 30 fol. 95 t.° in piedidella q.le signif.a si notano pagati d.ti 827.1.11 in [Thria…]Gen.le a’ 30 di luglio 1592.

Et nel Ced.° dell’anno 1592 n. 23 fu tassato d.° Ill.e

Note e documenti per la storia feudale del castello di Conca della Campania

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precedenti ab anno 1626 et per totum annum 1637, et corrente 1638 (…)».In proposito, è nota anche un’annotazione nella celebre monografia di BENEDETTO CROCE,Storia del Regno di Napoli (Bari 1958), ove, a p. 329, si legge: «A Giulio Cesare di Capua, conte di Palena e primo principe di Conca (...). In Napoli, ilprincipe di Conca abitava allora un suo magnifico palazzo, di cui si vedono ancora i resti,nella strada di Costantinopoli; e colà il figliuolo Matteo, che proseguì la tradizione mece-natesca della famiglia, ebbe ospite nel 1592 Torquato Tasso, segretario il giovaneGiambattista Marino, e familiari, si può dire, tutti i poeti e letterati e artisti napoletani diallora».

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Matteo di Capua Pñpe di Conca per d.a Terra nelli med.mi d.ti

104.2.Nell’anno 1608 a p.mo di luglio fu sp.ta signif.a di d.ti

18.a contro l’Ill.e Giulio Cesare de Capua med.o Pñpe diConca per lo Rel.o debito alla R.a Corte per morte di d.° Ill.e

Matteo de Capua suo Padre per l’entrade feud.li di tutte le T.re

del suo Stato, senza specificazione delle T.re Pred.e ut inSig.arum Rel.orum 39 fol. 157, in piedi della q.e Signif.a sinotano pagati d.ti 18.a, cioè a’ 27 Giug.° 1608 in [Thria](…) Et che le giurisd.ni di 2.e Cause, di Zecca di d.a T.ra diConca, concedute dalla R.a Corte nell’anno 1640 a DoroteaSpinelli, madre, e Tutrice di Giulio Cesare de Capua, nonapparevano tassate, né fu formata resulta nell’anno 1651, invirtù della q.le furono tassate in Ced.° dette giuris.ni di 2.de

Cause in d.ti 10.1.19, et per la Zecca d.ti 10.2.10, che in tuttosono annui d.ti 20.4.9[…] come di s.a si è riferito per le q.li

tasse d’annui d.ti 20.4.9[…], si diedero l’ordini per le tratt.e

in beneficio della Reg.a Corte dalli 30 Gen.ro 1652 av., et peril decorso s’ordinò spedirsene man.to.

Stante ciò fu tassato in Ced.° d.° Giulio Cesare deCapua Pñpe di Conca per d.ta T.ra di Conca nelli sud.i d.ti

104.2 et per le Seconde Cause et Zecca di d.a Terra in d.ti

20.7.91/2 (in totale) d.ti 125.1.91/2.Gli tasse hoggi si continuano in testa dell’istesso Giulio

Cesare, come appare dal Ced.° della Prov.a di T.ra di Lavoredell’anno 1639 per tutto l’anno 1695 fol 297.

Nell’anno 1632 a’ 14 Giug.° fu sp.ta Signif.a di d.ti

7710.10 contro l’Ill.e D. Matteo de Capua Pñpe di Conca peril Relevio debito alla R.a Corte per morte dell’Ill.e GiulioCesare di Capua suo Padre, seguita a’ 24 di Marzo 163165

per l’entr.e feud.li de diverse terre, fra le quali s’esprime la T.ra

di Conca, et fra l’entr.e di d.a T.ra, fu denunciata la piazza, efida per d.ti 3.2.10, et per la Zecca per d.ti 48 ut in Sig.arum

Rel.orum 53 fol. 84.Nell’anno 1635 a’ 30 Giug.° fu sp.ta Signif.a di d.ti 229.3

contro l’Ill.e D. Dorotea de Capua Pñpessa di Conca per lo

Terra filiorum Pandulfi. IV

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65 Cfr. anche ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 38.

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Rel.° debito alla R.a Corte per morte dell’Ill.e Matteo deCapua suo nepote seguita a’ 28 ag.to 1632 per l’entrade feud.li

de diverse terre, et fra di esse della T.ra di Conca, ut in Sig.arum

Rel.orum 54fol 175, come si nota nel ristretto della Signif.a deRelevij, che da me si conserva.

Per compimento de q.li tre signif.e de Relevij, cioè dell’anni1608, 1632, et 1635 la R.a Corte doveva consequire d.ti 5000,e per[ci]ò d’ord.e della R.a Cam.a ad Instanza del R.° fiscofurno esegnute, e vendute alcune t.re di d.° Patr.° di Conca, efra l’atre , della T.ra di Galluccio, la quale restò ad estinto dicandela a Gio. Lorenzo Caruso per prezzo di d.ti 18050, delqua prezzo ne furno pagati alla Regia Corte li suoi d.ti 5000,che doveva conseguire per comp.° di detti tre relevij, come iltutto si nota nel Ced.° della Prov.a di T.ra di Lavore dell’anno1639 per tutto l’anno 1695, fol. 1040 at 1042 66.

Nell’anno 1668 fu sp.a signif.a di d.ti 1662.3.11 control’Ill.e D. Dom.co de Capua Pñpe di Conca per il Rel.° debitoalla R.a Corte per morte di D. Dorotea sua ava seguita a’ 4Aprile 1646, e p.to per D. Giov.a figlia di d.a D. Dorotea, perl’entr.e feud.li de diverse terre, e fra di esse della T.ra di Conca,

Note e documenti per la storia feudale del castello di Conca della Campania

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66 Nel 1638 Principessa di Conca fu Dorotea de Capua, come si rileva dal vol. 1 dei Cedolari(f. 241v) presso l’ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI:«(…) In Regestro […] Releviorum 54 [al] 1[4]5 est registrata (…) per Regiam Cameram a’ 30[Junÿ] 1638 la somma [di d.] 7293.3.[…] per l’Ill.m D. Doroteam de Capua Principissam

Conche per Relevio debito R.ae Curiae ob mortem Matthei de Capua olim Principis Conche eiusnepotis mortui sub die 28 Augusti 1632 pro introitibus feudalibus Terre Conche, Galluccio,Mignani, Caianello, Caspoli, Palena, Lama, (…) et sic p.tta D. Dorotea de Capua tenetur proMignano in d.ti 39.4.9».

Nell’estratto seguente di un Cedolare del 1650 presso l’Archivio di Stato di Napoli,invece, è nominato come principe di Conca Antonio Orsini: — «Die 4 men.s Junij 1650 (…)

Constat qualiter in Reg.ro quint.um 105 fl. 130 esxtat registratum Privileggium (sic) Regÿ assen-sus prestiti per Ill.m et exc.um D.num Don Jnnicum Veles de Guevara (…) per Capt.a M.te D.ni

Regis Viceregem sub die duodecimo men.s Aprilis 1650 liberat.ni et vendit.ni fattae per incanta-torem nomines R.C. Ill.i D. Antonio Ursino Principi Conchae Terrae Mignani de Prov.a

Terrelaboris cum eius Castro seu fortellitio, hominibus vaxallis etc. et cum banco Iustitiae et pro

pretio […] Vt quatuordecim mille D.ti. Pro ut haec et alia in d.° Reg.ro continet., cui relatiohabeatur […] et sic p.ttus Ill.s D. Antonius Ursinus Prin.s Conchae tenetur ut s.a pro MignanoD. 39.4.9» (Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 244v).

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et fra l’altri Corpi fu denunciata la Zecca di Pesi, e misure did.a T.ra di Conca registrata d.a signif.a in Sig.arum Rel.orum 70fol. 75, come si nota nel d.° ristretto de Signif.e.

Nel med.° anno 1668 fu sped.a altra signif.a di d.ti 383 et2.15 contro d.° Ill.e D. Dom.° M.a de Capua Pñpe di Concaper lo Rel.° debito alla R.a Corte per la morte di D. Giov.a deCapua sua Madre, seguita a’ p.mo Apr.le 1659, per l’entradefeudali della T.ra di Conca, e fra l’altre entr.e fu denunc.ta laZecca, e Portolania affittata in sano con la T.ra ut in d.°Sig.arum Rel.orum 70 fol. 177 come si nota in d.° ristretto designif.e de Relevij.

Per morte de quale Ill.e D. Dom.co M.a de Capua senzalegittimo succ.re (…) d.a Terra di Conca fu [levata] dalla R.a

Corte, et poi venduta sub hasta […][…] all’Ill.e D.Giustiniana Pinelli 67 Duchessa della Celenza, et a D.Fabrizio Capece minutolo suo figlio per la quale vendita laSan.a Maiestà, Dio g.di, prestito il suo R.le assenso a 30 Mag.°del cor.e anno 1706, [bensì] antecedentemente, cioè a’ 8 Dec.re

1701 li d.i M.re e figlio havevano [venduto] d.a terra all’Ill.e

D. Carlo Invitti con il patto di ritrovendendo fra anni quat-tro, et [per sua morte] seguita a’ 19 Giugno 1705, è passataall’Ill.e D. Nicola Invitti suo figlio hodierno Marchese diPrata68 il quale havendo ratificata detta vendita, stante cheera estinto post mortem patris, il d.° patto di R.do, ha ottenu-to il R.° assenso sopra di quella a’ 8 agosto di d.° cor.te anno1706 come di sopra si è riferito (…)»69.

Nella valutazione della suddetta parziale successione feudale anno-tata nel riportato testo e nelle note ad esso riferite bisogna comunque

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67 Vedova di Antonio Capece Minutolo e madre di Fabrizio (Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI

NAPOLI, Cedolari, vol. 4, f. 254v).68 Il passaggio da Carlo a Nicola Invitti e le modalità di annullamento del patto di retro-vendita siglato con la nobildonna Giustiniana Pinelli e suo figlio Fabrizio CapeceMinutolo sono attestati e bene documentati anche nel vol. 214, ff. 119-122, delle Refutedei Quinternioni presso l’ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI. Il possesso della Terra di Concada parte di Nicola Invitti è anche attestato in ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari,vol. 4, f. 255r:

«(…) Ill.s D. Nicolaus Invitti Marchio Pratae tenetur ut s.a pro Conca in D. 104.2 (…)».69 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 211, ff 493r-497v.

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tener presente che nel 1495 la Terra di Conca, insieme ad altre Terre, fuconcessa a don Giovanni Borges (o Borgia), Duca di Candia, in remu-nerazione di alcuni “servigi” resi alla persona del re70. Se si trattasse effet-tivamente della stessa Conca della Campania e non di un’altra localitàomonima, al momento non si può essere certi. Allo stesso modo, se effet-tivamente si tratta della stessa località, non è possibile, al momento,sapere in che modo e quando tornò alla famiglia de Capua.

Per tornare alla successione feudale osserviamo che un atto datato 9settembre 1730 testimonia che la Terra di Conca rimase nelle mani diNicola Invitti fino a quell’anno dopo di che, assecondando la sua volon-tà, i suoi possedimenti, fra cui la stessa Terra di Conca, passarono nellemani di Filippo Invitti «Principe di Conca, suo figlio primogenito, prossimo,immediato e legitimo erede, successore ne suoi Feudi (…)»71, per giungere adAntonio Invitti nel 175172.

Nelle Refute dei Quinternioni presso l’Archivio di Stato di Napoli, èperò, documentata, in data 10 giugno 1745, una vendita a FrancescoCaracciolo della «città di Venafro con suoi Casali» effettuata dalla illustre«D. Beatrice de Capua Marchesa di Sineville, Duchessa di Mignano ePrincipessa di Conca»73, per cui appare logico sostenere che in tale annofosse lei proprietaria della terra di cui si è trattato.

Note e documenti per la storia feudale del castello di Conca della Campania

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70 Dal Repertorio de’ Quinternioni, vol. CLXXI, fol. 32, si evince che Ferrante II d’Aragonaconcesse al Duca, pro se et suis heredibus et successoribus ex suo corpore legitime descendentibus,oltre a Marzano, anche la città di Sessa col titolo di Principe, la città di Teano col titolo diDuca, le terre di Roccamonfina, Torre di Francolise, Pietra (Pietravairano), RoccaMondragone, Marzanello, Caianello e Conca, in provincia di Terra di Lavoro. 71 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 218, f. 42. Per il pos-sesso della Terra di Conca da parte di Filippo Invitti, cfr. anche ARCHIVIO DI STATO DI

NAPOLI, Cedolari, vol. 6, f. 923v. e ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 6, f. 923v: «(…) Ill.s D. Philippus Invitti Princeps Conchae, et Marchio Pratae tenetur ut s.a pro Prata inD. 77.2.15 - Pratella et Mastrati in D. 8.3.3 - (…) Chonca in D. 104.[2] (…)».72 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 8, f. 586v: «(…) Ill.s D. Antonius Invitti Princeps Conchae et Marchio Pratae tenetur ut s.a pro Prata inD. 77.2.15 - Pratella et Mastrate in D. 8.3.3 (…) - Conca in D. 104.2 (…)».73 ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 222, f. 34.

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ADOLFO PANARELLO

NOTE E DOCUMENTI PER LA STORIA FEUDALEDEL CASTELLO DI MIGNANO MONTELUNGO

Una Charta donationis del giugno 780 redatta in palatio a Spoleto dalnotaio della cancelleria ducale Aderis fa menzione di un casalem nomineMignanum1. Tuttavia, poiché il testo è quello di un documento con cui«Guicperto vescovo concede al monastero di Farfa il monastero di S.Angelo “ad pontem Fractum” presso la città di Rieti, con i servi e tutte ledipendenze»2 ivi compresa una serie di casali, il toponimo che fa riferi-mento al casale di Mignano non sembra da riferire all’omonimo centrooggetto della presente trattazione.

Il primo riferimento storico all’oppidum Miniani della Terra diLavoro risale all’agosto 1034, quando «Alferius et Stephanus presbiteri deoppido Minianensi obtulerunt huic monasterio unam ecclesiam iuris suivocabulo sanctus Bartholomeus prope ipsum oppidum cum una domo sua etcum omnibus eiusdem ecclesie pertinentiis»3.

In una diploma del papa Vittore II (1055-1057), sono invece no-minate: «Cortem S. Felicis, S. Benedicti in Cesamo, S. Bartholomæi inMiniano»4.

1 Cfr. L. SCHIAPPARELLI, C. BRÜL (a cura di), Codice diplomatico longobardo, V, Le Charte deiDucati di Spoleto e di Benevento (=CDL), a cura di Herbert Zielinski, Roma 1986, pp. 290-302. 2 CDL, p. 298.3 Cfr. LEONE OSTIENSE, Chronica Monasterii Casinensis (=Chronica), II-62, a cura di H.HOFFMANN, in Monumenta Germaniae Historica (=MGH), Scriptores t. XXXIV, Hannover1980, p. 287 (testimoni CDMS); cfr. anche D. SALVATORE, Notizie storiche sulla Terra diMignano, Cassino 1939, p. 30.4 Cfr. E. GATTOLA, Historia Abbatiae Cassinensis, I, Venezia 1733, p. 146. Cfr. anche D.SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 27.

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Nell’aprile del 1065, Landolfo conte di Mignano, convertitosi, volleoffrire al Monastero benedettino una sua corte non lontana dallo stessoMignano e le chiese di S. Maria e di S. Giovanni5:

«Landulfus comes de Miniano ad conversionem veniensobtulit curtem suam huic monasterio non longe ab eodemMiniano cum duabus ecclesiis, sancta videlicet Maria etsancto Iohanne»6.

Il 28 giugno 1066, i principi normanni di Capua, Riccardo eGiordano, cedettero «al monastero il castello di Teramo (costruito nelluogo dove sorgeva l’antica Interamna Lirenas) confiscato ai conti diAquino, ed in cambio ricevettero da abate Desiderio il castello di Concae la corte di S. Felice di Mignano.

Il medesimo giorno e anno donavano all’abbazia il castello di S.Salvatore sul monte Cocuruzzo con tutto il suo territorio sito nella con-tea di Teano, limitrofo a quello di Mortola e confinante col fiumeGarigliano.

Questo castello era stato confiscato a Landolfo, detto il Franco,figlio di Landenolfo e a Giovanni, chiamato Citello, conti di Caiazzo, e aPietro figlio di Daoferio, conte del Volturno»7.

Le suddette notizie sono riferite dall’Ostiense:

«16. Tante igitur potestatis Desiderius Dei nutu amicitia fre-tus , nequaquam tam acceptabile tempus neglegendum existi-mans eidem principi tum precibus tum muneribus non exiguisinstare cepit, ut huic monasterio, quod tantopere se diligerefatabatur, quietem dignaretur et securitatem lergiri et castellanobis finitima, quibus undique frequenter infestabamur, quevidelicet ipse iam in suam dicionem redegerat, eidemmonasterio in perpetuum possidenda firmaret. Eius itaquevotis princeps gratantissime annuens primo quidem castrum,quod Mortula dicitur, simul cum Casa Fortini, dehincoppidum Frattarum, cuius iam supra meminimus, sequentivero anno roccam cognomine Cucuruzzum, turrem quoque,

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5 Cfr. Chronica, III-17, p. 383 (testimoni CDMS).6 Cfr. Chronica, III-17, p. 383 (testimoni CDMS).7 L. FABIANI, La Terra di S. Benedetto, vol. I, Montecassino 1968 (rist. anast. 1981), p. 87.

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que iuxta mare sita est in eo videlicet loco, quo Lyris fluviusmari miscetur, nec non et castellum Teramense: hec inquamomnia cum omnibus simul eorum pertinentiis principalibussingillatim preceptis huic loco exintegro concessit et confir-mavit. Data sunt autem in commutationem eidem principipro Frattis castellum, quod dicitur Capriata, cum omnibuspertinentiis suis additis insuper trecentis bisanteis. ProTeramensi vero castro datum est illi castrum, quod vocaturConca, quod ipse nobis dudum reddiderat, una cum curtesancti Felicis de Miniano. (...)»8.

«Nel febbraio 1114 Ugo Sorevo, signore di Mignano, donava alloXenodochio di Montecassino un mulino costruito nel territorio di quelcastello»9.

Il testo essenziale di tale donazione è il seguente:

«In nomine domini nostri Jesu Christi Dei eterni Ego UgoSorevus domnus castri Mignani, & filius cujusdam bonememorie domni Ade Sorevi.Declaro, quoniam per anc monitionem domni GeorgiiSacerdotis, & Monachi fui compulsus inspiracione divina, &recordatus fui salutis animae meae, & anime patris mei, etanimae Matris meae, ac animae uxoris meae, omniumqueparentum meorum vivorum, atque defunctorum, ut in hocsaeculo, et in futuro apud dominum nostrum Jesum Christumpossimus habere indulgentiam omnium delictorum nostrorum& ideo sicut mihi aptum, & congruum est bona, & enim meavoluntate per hanc cartulam offero in monasterio beatiBenedicti, quod fundatum est in castro montis Casini, in quonunc Deo concedente domnus Girardus ReverendissimusAbbas preest, hoc est, unum molendinum, quod constructumest infra fines predicti mei castri Mignani subter illa partepredicti oppidi, quae nuncupatur Fracta, videlicet juxtaripam paedicti castri, & prope portam predicte fracte, & propeipsum molendinum (…) Et haec carta oblata est a me in pre-

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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8 Cfr. Chronica, p. 380.9 L. FABIANI, La Terra cit., vol. II, p. 153.

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dicto S. monasterio in anno domini nostri Jesu ChristiM.C.XIIII. & in septimo anno principatus domni Robertigloriosissimi Principis in mense Apreli, & in septima indictio-ne, & ut veraciter credatur, tibi Petro Diacono, & notarioscibere jussi, & ad huc cum manu mea propria istam cartamcorroboravi & nostri sigilli impressione jussi insigniri. CastroMignano (…)»10.

Nel Catalogus Baronum, redatto verso la fine del secolo XII perordine del sovrano normanno Guglielmo II, al paragrafo 959 è riportatoquanto segue:

«Comes Malgerius dixit quod demanium suum totum quodtenet in Alifia est xxti militum, et de Presentiano feudum iiijor

| militum et de Petra feudum ij militum, et de Mignanofeudum v militum. Una sunt de demanio predicti Comitisfeudum xxxj | militum et augmentum est eius sunt militesxxxix. Una inter feudum et augmentum obtulit milites lxx etservientes | cl»11.

Errico Cuozzo, nel suo Catalogus Baronum - Commentario12, arric-chisce le conoscenze sul feudatario in capite scrivendo:

«MALGERIUS comes ALIFIE, feud. in capite de domino Rege inAlife, di Presenzano, Penta, Mignano Monte Lungo. (...)Conte di Alife (1139-1169). Ottenne la contea dopo il1139, quando morì il conte Rainulfo, e ne fu titolare finoal 1155, quando fu scacciato da Andrea di Rupecanina,figlio di Riccardo di Rupecanina a sua volta fratello deldefunto conte Rainulfo d’Alife. È molto probabile che egliabbia riottenuto la contea nel 1156, quando il conteAndrea di Rupecanina, sconfitto, lasciò il Regno per lamagnanimità di re Guglielmo, e che ne abbia conservato ilpossesso negli anni seguenti, nonostante i ripetuti inter-

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10 E. GATTOLA, Historia cit., p. 159.11 Cfr. E. JAMISON (a cura di), Catalogus Baronum, Roma 1972, p. 170. 12 Roma 1984, pp. 266-267, § 959.

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venti del conte Andrea per recuperare i suoi possessi (...).Gli successe nel possesso della contea di Alife il conteRogerius filius Riccardi, fratello di Andrea di Rupecanina,che nel maggio 1170 era nel primo anno del suo comitato(...)»13.

Il suddetto molino era elencato, nel 1220, tra i cespiti confermatialla proprietà dell’Officium hospitalariatus di Montecassino dall’impera-tore Federico II di Svevia14, il quale, però, com’è noto li requisì nel 1231in seguito al nuovo conflitto scoppiato con la Santa Sede15.

Durante il conflitto tra il re Normanno Ruggero II e l’imperatoreLotario III appoggiato dal papa Innocenzo II, negli anni 1136-1137, ilgran cancelliere del re, Guarino invitò i monaci di Montecassino a cederetemporaneamente l’abbazia perché voleva farne una roccaforte control’avanzata dell’esercito imperiale. I monaci risposero negativamente e ciòprovocò una serie di scaramucce tra l’esercito dello stesso Guarino e quel-lo dell’abate Senioretto16. I tentativi di resistenza dei monaci sembrarononon avere buon esito fino a quando l’abate non decise di chiedere aiuto siadirettamente a Lotario III, inviando i monaci Bertulfo e Atenulfo, sia aLandolfo di S. Giovanni Incarico, anch’egli fedele all’imperatore. Landolfoaccolse subito la richiesta e, venuto a Cassino, inflisse notevoli perdite allemilizie normanne e filonormanne17. Il gran cancelliere di Ruggero II,Guarino, che stanziava ad Aquino, appresa la notizia, abbandonò la suapostazione e attraverso sanctum Angelum in Maiolisi (S. Angelo inTheodice) si diresse verso Minianum (Mignano) per chiudere la fuga ainemici. I combattimenti continuarono fino alla morte di Guarino inter-venuta il 21 gennaio 1137 a Salerno18. Il 4 febbraio dello stesso anno morìanche l’abate Senioretto19 e fu eletto Abate Raynaldum Colementanum(Rainaldo di Collemezzo), il quale promise fedeltà a Canzolino funzio-nario di re Ruggero e riottenne la conferma dell’abbazia20.

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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13 Cfr. E. CUOZZO (a cura di), Catalogus Baronum - Commentario, Roma 1986, p. 266.14 Cfr. E. GATTOLA, Ad historiam abbatiae cassinensis accessiones (=Access.), I, Venezia 1734, p. 257.15 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon, ed. a cura di G. SPERDUTI, Cassino 1995, a.1231; cfr. anche L. FABIANI, La Terra cit., vol. II, p. 154.16 Cfr. Chronica, IV-98, p. 559 (testimone C).17 Cfr. Chronica, IV-100, pp. 561-563 (testimone C).18 Cfr. Chronica, IV-101, pp. 561-564 (testimone C).19 Cfr. Chronica, IV-103, p. 564 (testimone C).20 Cfr. Chronica, IV-104, pp. 564-565 (testimone C).

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Erasmo Gattola racconta, poi, come segue, la debacle del papaInnocenzo II a Galluccio e nomina, nel suo racconto, anche Mignano:

«Anno itaque 1139, ex cod. Sig. 199, ait AnonymusCassinensis, “Rogerius rex venit Apuleam, & cœpit eam,præter Barim, & Trojam, deinde venit Miniani, contra quemPapa Innocentius II. cum exercitu veniens, juxta Galluciumin fugam versus comprehenditur, & quarto die, pace facta,confirmat illi totam terram a Fluvio Carnello, & infra, filiisque principatum, atque Ducatum; Castellum S. Angeli ignecrematur, & Mortula cum S. Salvatore, & S. Victore, & S.Petro in fine”. Carnelli fluvium a Veteribus Syris dicebatur,qua de re adeundæ notæ Angeli Nucei ad cap. 5 lib. I Chr.Cass. castra S. Angeli, Mortulæ, aliaque recensita erant, sunt-que hactenus cœnobii Cassinensis. Minianum erat comitatusTeanensis, et conterminum S. Petro in fine, & S. Victori;Gallucium comitatus etiam Teanensis Mortulæ, & S.Salvatori conterminum est»21.

Di particolare importanza, non solo per il castrum Miniani, ma pertutti gli altri castelli del territorio che fu dei figli di Pandolfo VI conte diTeano è una bolla del papa Celestino III dell’anno 1193 indirizzata alneo-vescovo di Teano, Teodino, per confermargli la giurisdizione. In essa,infatti, sono menzionati tutti i castella già esistenti al tramonto dell’ege-monia normanna:

«Celestinus Episcopus servus servorum Dei. Venerabili FratriTheodino Theanensi Episcopo, ejusque successoribus canonicesubstituendis in perpetuum. (...) Ea propter venerabilis inChristo Fr. Theodine Episcope (...) Romanorum Pontificumpræsentis scripti auctoritate sancimus, ut universi Parochiæfines, sicus a Joannis recol. me. XVIII. Papæ Privilegio, quodSandrario Episcopo indultum est, determinati esse noscuntur,ita omnino integri tam tibi, quam tuis successoribus perpetuoconservetur, scilicet (...) intra quos fines Theanensis, & castel-la continentur hæc, Petra Molaria, Rocca Romana, Riardus,

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21 Cfr. Access., I, pp. 254-255.

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Castrum S. Felicis, Sajanum, Castrum quod nominaturPetra, Marzana, Bairanum, Pensinæ, Presentianum,Minianum, Caminum, Casale Caspuli, Rocca Banterani,Cucurutium, Mertula, Gallucium, Rocca S. Crucis, ... TerraMarzanellum, Cajanum, Colonia S. Joannis, Inclusas seualia nonnulla, Monasteria (...)Datum Laterani per manum Aegidii S. Nicolai in CarcereTulliano Diac. Card. 3. Kal. Octobris Ind. 12. Incarn.Dominicæ Anno 1193. Pontificatus verò Domini CælestiniPapæ III. Anno tertio»22.

Il Castrum Miniani è anche nominato in un privilegio concesso dalpapa Innocenzo III all’Abbazia di S. Maria della Ferrara, nel territorio diVairano, nell’anno 1201:

«Innocentius Episcopus servus servorum Dei Dilectis fil.Thadeo Abbati in Monasterio de Ferraria, ejusque Fratribustam præsentibus, quàm futuris Regularem vitam professis inperpetuum (...)Eapropter dilecti in Domino filii vestris justis postulationibusclementer annuimus, ut præfatum Monasterium Sanctæ DeiGenitricis, & Virginis Mariæ (...) & nostra protectione su-scipimus & præsentis scripti privilegio communimus (...)Locum ipse, in quo præfatum Monast. situm est cum omnibussuis pertinentiis in territorio Vagrani startias de perticella deCornellano, & de Palmento; (...) In Alifia terram, quamhabetis in cambio à Notario Benedicto , & Molendinum,quod habetis in eadem terra in territorio Castri Sancti Angelide Rave Canina limitatam, quæ dicitur Perdita, & terramquæ dicitur Gironis, quam dedit vobis Robertus de FossacecaMiles & quicquid aliud ibidem habetis. Possessiones cum JureMolendini, quas dedit vobis Joannes de Miminiano in Alifia& quaecunque alia ibi rationabiliter possidetis. In civitateSuessæ integrum tenimentum possessionum, quas dedit vobisTallacauzzus Dominus Cajani, Oliveta, Domum, & partem

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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22 Cfr. F. UGHELLI, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae et insularum adjacentium, Venezia1720 (ed. anast. A. Forni, Bologna 1973), tomo VI, coll. 557-560.

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Molituræ Olivarum omnium Montanorum Castri Minianicum libertate molendi in eis olivas vestras, & si qua alia ibi-dem habetis juste (...)

Datum Anagni per manum Blasii S.R.E. Subdiaconi &Notarii decimo Kal. Januar. Indict. 5. Incarn. Domini anno1201. Pontificatus verò Innocentii Papæ Tertii an. 4»23.

Nel 1222, Mignano faceva parte, con ogni probabilità, del RegioDemanio della Corona Sveva, come suggerisce il testo di un privilegio,concesso da Federico II alla Badia di S. Maria della Ferrara24 pressoVairano.

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23 Cfr. F. UGHELLI, Italia Sacra cit., coll. 560-563.24 Cfr. F. UGHELLI, Italia Sacra cit., coll. 563-566: «In nomine Dei æterni Salvatoris nostri Jesu Christi.Fredericus divina favente clementia Romanorum Imperator semper Augustus, & Rex Siciliæ.(...) Eapropter universis fidelibus nostris, tam præsentibus, quàm futuris præsens scriptum cer-nentibus innotescat, quod mittentes ad nostræ celsitudinis Curiam Thadæus venerabilis Abbas,Conventus Sacri Monasterii S. Mariæ de Ferraria Cistercien. Ordinis significaverunt sublimitatinostræ quod Frater Nicolaus, qui quondam fuerat Abbas ejusdem Monasterii præ imperfectionesua removendum à cura regiminis se prænocens antiqui hostis stimulis instigatum, quædam pri-vilegia domus inaudita scindens nequitia dissipavit, sicut ex privilegio Dominæ ImperatricisConstantiæ matris nostræ Felicis Augustæ recurdationis inclytæ ipsi monasterio facto, & nostræCuriæ præsentato vobis innotuit, manifestè significaverunt etiam nobis quod sigillum privilegiiD. Imperatoris Heinrici Patris nostri Felicis Augusti memoriæ recolendæ eidem Monasterio facti;cum ad edictum nostrum idem privilegium post generalem Curiam Capuæ solemniter cele-bratam, nobis assignaverunt, cum aliis privilegiis Monasterii memorati ex custodis incuriadignoscitur esse fratrum, sicut veraciter constat nobis ex ipso privilegio nostræ Celsitudinipræsentato. Propter quod prece supplici petierunt, ut pro securitate, ac pace ipsius Monasterii,ipsis, successoribusque suis & eidem Monasterio concedere, & confirmare dignaremur, quicquididem Monasterium juste acquisivit, vel possidere dignoscitur usque ad hæc tempora nostri Imperiitam in possessionibus, quam & in libertatibus, donatione, concessione, & confirmationisVviglielmi II Consubrini nostri & prædictorum Felicium Augustorum Parentum nostroruminclytæ recordationis. Videlicet locum ipsum, in quosdem Monasterium fundatum est, & Terrascultas, & incultas, quæ sunt prope idem Monasterium infra & extra rivos Januli, & ballanorum,flumen Vulturni, Montes majores S. Petri, & S. Eleutherii, & viam publicam, qua per finesTramontium itur à Petra fixa ad Torum Sindonis triginta modios Terrarum fraxiti, Præsentiani,Corullanum, Pantanellanum, Perticella, Startiam S. Petri locus S. jardinum galerani, duo ara-tra in bagnoli, vel scalerata Roccæ Dragonis, in Tenimento Theani (...) In Alifia startiam deCorvaro cum molendino quod est ibidem. Et quicquid aliud in possessionibus, domorum, nemo-rum, ac terrarum cultarum, vel incultarum, & ubicunq; habet, & possidet, vel idem monaste-rium acquisivit ex dono, & concessione Conradi Marchionis Molisii, Joannis Comitis Alifiæ.Guilielmi Comitis Casertæ, Comitis Telesiæ[,] Rogerii Comitis Molisii[,] Riccardi ComitisSangri, Guffridi de Draconis, Ugonis, Rainonis, Simonis, & Matthiæ amitæ ipsorum de Prata.Gismundus de Rocca Romana, Tallocotti filii, & Jacobi nepotis ipsius, Filippi di Bussone,

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Dopo la morte della prima moglie, Costanza d’Ungheria, avvenutanello stesso anno 1222, «verso il principio del 1223 Federico II, partito allafine di novembre da Brindisi, ov’erasi recato incontro a Giovanni di Briennere di Gerusalemme, attraversate le Puglie, moveva per i Principati alla voltadella Campania, oltre i cui confini a Ferentino, si sarebbe abboccato colpapa (...), insieme col quale avrebbe dovuto stabilire i patti delle sue nozzecon la figlia ed erede di re Giovanni. L’11 febbraio 1223 - era di sabato,-l’imperatore giungeva in Teano sul far della sera. In quella piccola città nontrovò una casa, che potesse offrir comodo alloggio a lui, al futuro suocero,ed al seguito, tra cui non mancavano alti dignitari ecclesiastici (...).

Allora Federico, deviando un po’ dal suo itinerario, andò a chiedereospitalità al vecchio amico Taddeo nella sua badia (...); e si può imma-ginare come l’abbate della Ferraria la concedesse di gran cuore, e l’eserci-tasse con quella grandezza e magnificenza ch’eran doverose verso cosìnobili ospiti (...)»25.

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Rainonis, Raonis jussi, Malgerii Sorelli militis, Ugonis de Cerolanis, & Ugoni Consubrini ipsius,Tallacotti de Cajano, Roberti de Fossaceca, Pandulphi... & Johannis Zicti fratris ejus, Mariæ deAlbiniano, Roberto Totomonis de Pentomis, Matthæi de Surrento, Roberti de Prata, SimonisSpatarii de Vinclatorio, Guilielmi de Cantalupo, Ugonis de S. Petro infine, & aliorum fratrumsuorum, necnon & Guarinam, Surretellas, pastina de Alderado. (...) Montem Pedirculi cumlibero usu pascuorum, lignantium, aquarum, & piscationum Matesii fluminis, & CastrisPedismontis, vineas, domos, Cannabisertum, & alias terras, domos, & molendina Civitatis Alifiæcum quadam terra de cesis, Terras, molendina, balcatoria, & cavatoria Pratellæ, domos, terras,molendina, & Torfam Civitatis Telesiæ, cum tenimentis Johannis Bassi & Bartholomæi Pagano,terras & molendina Pentimarum. Startiam de Silice cum Molendino Clanei, & domo Aversæ.Molendinum & terra quasa (sic) im (sic) Roberti filii minoris de Capua. Domos, terrasqueMariæ uxoris Mazoleni protojudicis Capuani Protonotarii, & Johannis de Riccardo. Startiam deCerro quandam petiolam terræ arbustatam existentem, & alias startias, quas idem Monasteriumhabet & possidet, vel noscitur possidere titulo oblationis, emptionis, & concambii. In Vaiitano.In Cajatia Civitate, ad s. Maximum & s. Damianum, & S. Germanum, in Alifia, Aglano,Miniano, Capua, s. Agatha Beneventana, Prata, Marchano, Leajario[,] Marzano, Calvi civi-tatis, Civitatis Suessæ, & Trajecti, Capriata, Venafro civitate, Monte rodone, Bojano civitate,Campoclaro, Albiniano, Daja, S. Johanne in Clusa & præcipue cambium terrarum S. Angeli deRavecanina ad Geronem S. Maurum, S. Stephanum, lunatam, peditam, & cataliscam, CurtemJohannis de Nicolao & alias terras Todini. (...)Data Messanæ Anno Dominicæ Incarnationis millesimo ducentesimo vicesimo secundo, menseOctobris decimæ Indictionis. Imperante Domine nostro Friderico Dei gratia ExcellentissimoRomanorum Imperatore semper Augusto, & Rege Siciliæ. Anno Romani Imperii ejus secondo, &Regni Siciliæ vigesimo quarto feliciter. Amen».Per il medesimo testo, con alcune varianti, cfr. A. GAUDENZI., Ignoti Monachi Cisterciensis S.Mariae de Ferraria Chronica, Napoli 1888, pp. 7-9. 25 F. SCANDONE, S. Maria di Ferraria. Badia Cistercense presso Vairano (Caserta), Napoli1908, p. 15. Cfr. anche RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXIII.

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«Le nozze con la principessa Isabella (che morì nel 1228 dando allaluce il figlio Corrado), vollero dire per Federico essere costretto adintraprendere quella Crociata, che nonostante il giuramento del luglio1215 ad Aquisgrana dinanzi alla tomba di Carlo Magno, era riuscitosempre ad evitare. Infatti, il nuovo matrimonio, ponendolo nella con-dizione di pretendere alla Corona del Regno di Gerusalemme, gli impedìdi sottrarsi al giuramento, richiestogli da Onorio III, di partire per laCrociata entro l’agosto del 1227, pena la scomunica»26. La partenza dellaspedizione in Terra Santa, sebbene fosse stata fissata, dovette essere dif-ferita, a causa di una serie di imprevisti, tra cui una tremenda epidemia,la quale, oltre a falcidiare numerosi suoi uomini ed alleati, secondo quan-to riferito dal cronista di S. Germano27, colpì lo stesso imperatore, il qualefu costretto a ritirarsi, per cure, ad Balnea Puteolana 28.

Il papa Gregorio IX, succeduto ad Onorio III, mosso da un odio lecui cause non sono ancora del tutto chiare, non volle dare credito al sovra-no e, come riferisce lo stesso cronista:

«Papa motus contra eum apud Anagniam penultimo mensisSeptembris in festo Dedicationis Archangeli sine causae cogni-tione denunciavit ipsum Imperatorem in latam dudum apudsanctum Germanum excommunicationis sententiamincindisse»29.

Saputa la notizia, l’imperatore inviò dal papa i suoi ambasciatori perscusarsi, ma questi non volle creder loro e, «convocati a Roma tutti iprelati del Regno e cismontani che poté, nell’ottava di S. Martino lo sco-municò pubblicamente e spedì lettere generali sull’argomento in tuttol’Occidente»30.

Nonostante ciò, l’anno successivo (1228), nel mese di giugno,riorganizzata la flotta, Federico II salpò da Brindisi alla volta della TerraSanta, dove, in breve tempo, conseguì importanti successi.

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26 E. CUOZZO, L’unificazione normanna e il regno normanno-svevo, p. 750, in G. GALASSO -R. ROMEO (a cura di), Storia del Mezzogiorno, vol. II, tomo II, Il Medioevo, Salerno 1991,pp. 595-825.27 RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXVII.28 RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXVII.29 RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXVII.30 Traduzione di Giuseppe Sperduti, in RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., p. 92.

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Approfittando della sua assenza, il papa Gregorio IX, riunito unesercito, misto di regolari e di soldati alle dipendenze di alcuni contideposti dall’imperatore, e avente per insegna le Chiavi di S. Pietro, il 18gennaio 122931, entrò nel Regno e iniziò una serie di azioni militari chelo condussero alla rapida conquista di molti possedimenti imperiali, fracui anche Presenzano e Vairano. Il citato cronista di S. Germano, cosìricorda l’evento:

«Post dies vero decem se movens de sancto Germano exercitus,facta compositione cum iis, qui erant in palatio Miniani,Minianum recipiunt, quod haeredibus qm. Malgerii Sorellirestituunt, procedentes inde, Praesentianum obtinent,Venafrum, & Sernia per nuncios se sibi reddunt. Pretamquoque per vim obtinent, & Vairanum, ac totam terram fi-liorum Pandulfi usque Calvum, quod similiter recipiunt adopus ecclesiae. Teani nec non civitas, & Calenum veniunt admandatum Papae»32.

Tornato dall’Oriente, Federico II, prima di intraprendere azionimilitari contro il papato, tentò un’ultima azione diplomatica per ottenerela pace, ma essa, per l’intransigenza del pontefice, fallì com’era prevedi-bile. Allora egli, riorganizzato il suo esercito, in breve tempo riconquistòtutti i possedimenti perduti. Riccardo di S. Germano, così descrive lericonquiste da parte dell’imperatore:

«Imperator a Neapoli Capuam rediens, movet exinde castrasua, & veniens Calvum, ubi nonnulli de Papali exercituconvenerant ad defensam, illam fecit undique impugnari, &tunc captos quosdam de Campania suspendi jubet; Et tandemCalvum recipit ad mandatum, & fidelitatem suam. Indequenon obstantibus hostibus per Riardum habens transitum adsanctam Mariam de Ferraria venit indemnis, ubi per tridu-um moram faciens Vairanum recipit, Alifiam, & Venafrum,& totam terram filiorum Pandulphi»33.

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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31 RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXIX.32 RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXIX.33 RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXIX.

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Dalla lettura del Chronicon di Riccardo di S. Germano si evinceche, per la sua importanza strategica, il Castrum Miniani era stato giàincamerato nel demanio di Federico II di Svevia nel 1224 e, unico fra icastelli del territorio, fu autorizzato all’auto-restauro con il Mandatumpro reparatione castrorum imperialium34 emanato dallo stesso imperatorenel 123135.

Nel 1283, cioè nella fase iniziale della dominazione angioina, fu sta-bilito che le entrate di Mignano, con quelle di Sora, dovevano essere uti-lizzate per il pagamento delle guarnigioni militari della Rocca Sorella36,cioè del castello della stessa Sora.

Nei giorni che precedettero la famosa battaglia di Benevento (26febbraio 1266), che sancì, di fatto, la fine della dominazione sveva sulRegno di Napoli, Carlo I d’Angiò pose il campo nei pressi di Mignano,da cui emanò decreti di nomina37.

Signore della Baronia di Mignano negli anni 1269-1270 fu UgoneSorello38, uno dei cui figli, Oddone, milite, è nominato nella CancelleriaAngioina del 1272-127339, come indebito detentore del castello diMignano:

«145. - (Mandatum contra Oddonem Sorellum mil., quia

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34 Cfr. E. STHAMER, Die Verwaltung der Kastelle im Königreich Sizilien unter Kaiser FriedrichII. und Karl I. von Anjou, in Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, ErgänzungsbandI, Leipzig 1914, pp. 94-127. Cfr., in particolare, p. 97, § 27.: «Item castrum Miniani reparari potest per homines ipsius terre».35 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXXI.36 Cfr. E. STHAMER, L’amministrazione dei castelli nel Regno di Sicilia sotto Federico II e CarloI d’Angiò, edizione italiana a cura di F. PANARELLI, C.D. FONSECA, H. HOUBEN, Bari 1995,p. 76 e pp. 157-160 (Appendice II, documenti 24 e 25).37 Cfr. G. DEL GIUDICE, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II di Angiò, Napoli 1863,vol. I, p. 103: «(…) Actum in castris iuxta Mignianum. Anno MCCLXVI XVI FebruariiInditione nona. Regni nostri anno primo (…)». Per la stessa notizia e lo stesso passo, cfr. ancheD. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 56 e nota 2,38 Cfr. ACCADEMIA PONTANIANA DI NAPOLI, I Registri della Cancelleria Angioina ricostruitida R. Filangieri con la collaborazione degli Archivisti Napoletani (=Reg. Ang.), IV, aa. 1266-1270, Napoli 1952, p. 24: «145. (Gualterio Sorello, cler., filio qd. Hugonis Sorelli, domini ba-ronie Miniani, provisio contra Odonem Sorellum, eius fratrem primogenitum, pro solvendo sibialimenta). (Reg. 1269. S, f. 13, t.)».39 Contro Oddone Sorello era già stato emanato un mandato regio l’anno prima (1272).Ciò si rileva dalla Cancelleria Angioina degli anni 1271-1272 (Cfr. Reg. Ang., VII, 1269-1272, Napoli 1955, p. 98: «41. - (Mandatum contra Oddonem Sorellum mil., occupantemcastrum Miniani). (Reg. 14), f. 71 e t.)».

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indebite detinet castrum Miniani). (Reg. 1272. D, f. 43)»40.

Il suddetto mandato non dovette avere effetto, o dovette averlo perun tempo limitato, se un milite di nome Oddone Sorello è ancora no-minato nella Cancelleria Angioina degli anni 1277-1278 come colui cherilasciò liberatoria delle collette per gli uomini del suo castello diMignano.

«228. - (Mentio Oddonis Sorelli mil. qui fecit relaxationemcollectarum pro hominibus castri sui Mignani). (Reg. 26, f.131 t. - 132 t.)»41.

Nel 1268-1269, Mignano doveva avera una notevole dignità civicae una copiosa popolazione. Contava, infatti, ben 250 fuochi, come si ri-leva dalla cedola sui fuochi redatta in seguito al controllo fatto effettuaredirettamente dal re Carlo I d’Angiò, in tali anni, per il calcolo dellealiquote da applicare ai balzelli:

«1. - Cedula de focularibus que inveniuntur diminuta percollationem factam de quaternis particularibus generalis sub-ventionis ad quaternos de focularibus, pro quibus dicte terreet loca tenentur ad rationem de augustale uno pro quolibetfoculare, pro primo et secundo mense, sub magistratu Binifaciide Galiberto Iustitiarii Terre Laboris et Comitatus Molisii,anno XII indictionis.(...)Minianum, pro focul. CCL, unc. LXII et med.Theanum, pro focul. CXVII, unc. XXVIIII, tar. VII et med.Gallucium, pro focul. LVIII, unc. XIIII, tar. XV.Aylanum, pro focul. VI, unc. I, tar. XV.Pentema, pro focul. XXI, unc. V, tar. VII et med.Sextum, pro focul. IIII, unc. I.Mastrale, pro focul. IIII, unc. I.Marzanello, pro focul. XXXIIII, unc. VIII et med.Presenzanum, pro focul. XXXI, unc. VII, tar. XXII et med.

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40 Cfr. Reg. Ang., IX, aa. 1272-1273, Napoli 1957, p. 247.41 Cfr. Reg. Ang., XVIII, aa. 1277-1278, Napoli 1964, p. 119.

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Prata, pro focul. XVIII, unc. IIII, tar. XV.(...)Ioya, pro focul. XXVIII, unc. VII. (...)»42.

Tale dignità fu notata anche da Domenico Salvatore, apprezzatostorico locale, nella sua opera storica su Mignano pubblicata nel 193943,utilizzando la documentazione di epoca angioina proposta da CamilloMinieri Riccio in uno dei suoi inestimabili contributi44.

Il 27 febbraio 1271, il re Carlo I d’Angiò, durante la sua perma-nenza in Terra di Lavoro, si fermò al castello di Mignano45.

Nella Cancelleria Angioina degli anni 1276-1277 sono nominatidue uomini di Mignano, Nicolaus de Miniano e Robertus Nicolaus deMiniano, mutuatori di Venafro per le somme, rispettivamente, di un’onciae di due once46.

Il 26 giugno 1278 il re Carlo I fu ancora ospite al castello diMignano. Due documenti della Cancelleria Angioina fanno menzione ditale fatto e i loro testi fanno anche intuire che il re, in viaggio da Roma aLagopesole, prima fissò una data per la partenza e poi decise di anticipar-la, cambiando anche il suo itinerario:

— «361. - (Re Carlo scrive al Giustiziere di Terra di Lavoroe Contado di Molise che il 18 del mese partirà da Romaper portarsi a dimorare a Lagopesole e quindi sarà martedì21 giugno a Sora, mercoledì 22 a S. Germano, giovedì 23a Mignano, venerdì 24 ad Alife e sabato 25 a Telese e per-ciò in quelle terre faccia trovare il fodro in abbondanza)Dat. Rome, IX iunii VI ind. (Reg. 26, f. 143)»47.

— «362. - (Re Carlo scrive al Giustiziere di T. di Lavoro eContado di Molise che il giorno undici del mese egli par-

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42 Cfr. Reg. Ang., II, aa. 1265-1281, Napoli 1951, pp. 218-220.43 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., pp. 76-77. 44 C. MINIERI RICCIO, Saggio di codice diplomatico formato sulle antiche scritture dell’archiviodi stato di Napoli, Napoli 1878, vol. I, p. 43.45 Cfr. C. MINIERI RICCIO, Itinerario di Re Carlo I d’Angiò, Napoli 1862, pp. 5-6, in«Archivio Storico Campano», anno I, fasc. 1, Caserta 1889, p.72. Cfr. anche D. SALVATORE,Notizie storiche cit., pp. 74-75.46 Cfr. Reg. Ang., XVII, aa. 1275-1277, Napoli 1963, p. 42.47 Cfr. Reg. Ang., XVIII, aa. 1277-1278, Napoli 1964, p. 168.

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tirà da Roma per ritornare nel Regno e perciò mercoledì 22sarà a Sora, giovedì 23 a Vicalvo, dove rimarrà anche il 24venerdì, il 25 sabato a S. Germano, la domenica 26 aMignano, il lunedì 27 ad Alife, il martedì 28 a Telese doverimarrà pure il mercoledì 29 festa di S. Pietro apostolo eperciò faccia trovare abbondante fodro in questa terra).Dat. Rome, XI iunii, VI ind. (Reg. 26, f. 143)»48.

Il re, però, era già stato a Mignano nel mese di maggio. Ciò si evincein modo chiaro dalla sua Cancelleria relativa agli anni 1277-1278 e, inparticolare, da un lasciapassare che si conclude con la scritta: «Dat.Miniani, VI madii (Reg. 32, f. 226)»49.

Di Mignano, nella Cancelleria Angioina degli anni 1277-1278, siparla anche a proposito di un acquedotto o canale. Tuttavia, per i riferi-menti al castello e alla città di Brindisi non è sicuro che si tratti del Mignanodi cui si tratta50. Certi sono, invece, nei medesimi atti relativi rispettiva-mente al mese di settembre e a quello di novembre, i riferimenti ad unMatteo de Miniano, medico51, e ad un Roberto de Miniano, magistro52.

Signore del Castrum Miniani negli anni 1278-1279 fu il militeGuglielmo de Banis, come si evince da uno stralcio della CancelleriaAngioina del tempo:

«246. - (Guillelmo de Banis mil., mandato contra vassallossuos angararios castri sui Miniani ad prestandum ei servitia).(Reg. 1278 C, f. 6 e 93)»53.

A Guglielmo, per morte, successe il fratello Pietro. Anche questopassaggio feudale si evince in modo chiaro dalla Cancelleria Angioina deltempo:

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48 Cfr. Reg. Ang., XVIII, aa. 1277-1278, Napoli 1964, p. 168.49 Cfr. Reg. Ang., XIX, aa. 1277-1278, Napoli 1964, p. 207.50 Cfr. Reg. Ang., XIX, aa. 1277-1278, Napoli 1964, pp. 212-213.51 Cfr. Reg. Ang., XIX, aa. 1277-1278, Napoli 1964, pp. 258: «522. - Similes facte sunt universis per Iustitiariatum Terre Laboris et Comitatus Molisii consti-tutis, pro magistro Matteo de Miniano, phisico. (...)».52 Cfr. Reg. Ang., XIX, aa. 1277-1278, Napoli 1964, p. 260:«534. - Similes universis per Iustitiariatum Terre Laboris et Comitatus Molisii, pro magistroRoberto de Miniano. Dat. Neapoli, XXI novembris VI ind. (...)».53 Cfr. Reg. Ang., XX, aa. 1277-1279, Napoli 1966, p. 126.

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«595. - (Mentio Petri de Mignano, qui denuncians obitumGuillelmi de Mignano fratris sui petit assecurari abhominibus bonorum pheudalium). (Reg. 33, f. 215 t.)»54.

Sempre nella Cancelleria Angioina è inserito un documento redattoa S. Germano (antica Cassino) il 27 giugno 1280, nel quale sono elencatetutte le terre tassate, per quell’anno, per le paghe delle milizie. Nell’elencoè anche la terra di Mignano:

«50. Re Carlo accusa ricevuta al Giustiziero di Terra diLavoro e Contado di Molise del quaderno in cui sono notatetutte le terre di quelle provincie, tassate per le paghe dellemilizie di un solo anno. Queste terre sono: (...), Gioia, (...),S. Angelo di Rupe Canina, Alife, (...), Piedimonte pressoAlife, (...), Rocca Romana, (...), Marzanello, Castel Riardo,(...), Vairano, Cingola, Castel Rocca S. Vito, Ailano, (...),Pietra Mellara, Castel S. Felice, (...), Castel Cucuruzzo, S.Pietro in Fine, (...), Turocolo, Martola, (...), Sugio, Traetto,(...), Caiano, (...), Pratella, (...), Prata, (...), Presenzano,Marzano, (...), Tora, Mignano, Rocca Bantra, Caspulo,Camelo, Rocca Miffone, Teano, Campoli, (...), RoccaPiperoccio, Mastrallo, (...), Capriata, S. Maria di Oliveto,(...), Sesto, (...)Dat. ap. Sanctum Gervasum, XXVII iunii VIII ind. (1280).(Reg. 8, f. 72 e t.)»55.

La Cancelleria relativa ai medesimi anni fa, poi, riferimento adalcune proprietà nel territorio di Mignano:

«171. - (Similis assensus pro Thomasio de Mazaria habitatoreMiniani tenente in dicta terra Miniani certa bona pheudaliaet Scurrina f. Mathei de Fuscone mil.). (Reg. 30, f. 204 t.)»56.

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54 Cfr. Reg. Ang., XX, aa. 1277-1279, Napoli 1966, p. 227.55 Cfr. Reg. Ang., XXII, aa. 1279-1280, Napoli 1969, pp. 111-112:56 Cfr. Reg. Ang., XXIII, aa. 1279-1280, Napoli 1971, p. 227.

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Il 24 marzo del 1280 o del 1281, il re Carlo fu ancora a Mignano57.Il testo di un documento della Cancelleria Angioina attesta che

Mignano, nel 1281, fece parte del Regio Demanio e fu sottoposto allasorveglianza di due giudici:

«Ex Fasciculo 40.o - Compotum Ferrerij de Sancto AmantioJustitiarij Terre Laboris et Comitatus Molisij in anno 9e

Inditionis 1281, a fol. po usque 43, quod olim erat signatusfasc. 75. (A margine: Giodici annali e Mastri Giurati dove ecome si eligevano e numero). Mandatum supradictoJustitiario quod in terris Demanij eligi faciat Judices et in ter-ris ecclesiarum Comitum et Baronum magistros Juratos deComuni voluntate quarumlibet Universitatum et in numeroconsueto respecto Judicum etc. Sub datum die 22 Augusti 9eInditionis anno 1281 fol. po, cuius mandati ad exequendumfuerunt electi videlicet: in terris demanij expressis Judices con-sueti et in terris ecclesiarum expressis Comitum et Baronummagistri Jurati, et quia ubi eliguntur Judices sunt terreDemanij leguntur omnes terre Demaniales fol. 2 to, cumsequentibus, a quibus Judicibus et Magistris Juratis, exigunturdirictus pro creatione. (A margine: Terra di Lavoro - sue terredemaniali).

(...)In Miniano Judices duo, videlicet Judex Thomasius de

leone, et Judex Rao de franco - fol. 15 to.(...)Et in ultimo notatur quod terre Demanij sunt numero 31,

a quarum Judicibus electis fuerunt soluti dirictus qui ascen-dunt ad uncias 84 tt. 24 et in Terris ecclesiarum, Comitum,et Baronum fuerunt electi magistri Jurati qui solverunt diric-tus Regie Curie qui ascendunt ad uncias 194 tt. 1 1/2 - fol.43 to.»58.

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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57 Cfr. Reg. Ang., XXIV, aa. 1280-1281, Napoli 1976, p. 151: «69. - (Si ha notizia che re Carlo era a Mignano il 24 marzo IX ind.). (Reg. 38, f. 30t)».58 Cfr. A. BROCCOLI, Marigliano, pp. 285-287, «Archivio Storico Campano», Anno I, fasc.3°-4°, Caserta 1891, pp. 205-296. Cfr. anche, ibidem, alle pp. 292-293: «Ex Mazzo 64 Arca I (…)

Nobilis et Egregius dominus ferrerius de S.to Amantio, Justitiarius Terre Laboris et Comitatus

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Nel 1283-1285 il re Carlo I d’Angiò donò i castelli di Mignano, diPentima e di Mastrati al nobile milite Riccardo di Chiaromonte, che nedivenne feudatario pleno jure:

— «155. - (Riccardo de Claromonte mil. cons. et fam.donantur castra Miniani Pentomarum et Mastralti). (Reg.49, f. 224)»59.

Lo stesso feudatario ne conservò il possesso almeno finoal 1292:

— «145. - (Riccardo de Claromonte militi provisio contravassallos suos terre Miniani). (Reg. 1292E, ff. 181, 200)»60.

— «199. - (Riccardo de Claromonte militi mandatum quodostendat titulum castri Miniani et sententiam obtentamcontra condam [sic] Odonem Sorellum militem). (Reg.1292E, f. 190t)»61.

— «114. - (Universibus castri Miniani, quod est Riccardi deClaromonte militis, et castri Presentiani, quod est Raynerii deDomullerio militis, provisio contra predictos eorum dominosgravantes eas). (Reg. 1292E, f. 176t)»62.

— «209. - (Universitati castri Miniani provisio contraRiccardum de Claromonte dominum dicte terre extorquentemab eis). (Reg. 1292E, f. 193)»63.

— «212. - (Nobili Riccardo de Claromonte militi provisiopro subventione a vassallis suis castri Miniani, quia prestitit

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Molisij, mandat creari magistros Juratos et Judices in Terris demanij, cum inserta forma inqui-sitionis Capte de numero Judicum in singulis Terris, ex qua constat (…)In Vayrano Judices 2. In Presensano Judicem unum. In Miniano Judices 2. In Rocca de BantraJudicem unum. In Suessa Judices 3. (…)».59 Cfr. Reg. Ang., XXVII(2), aa. 1283-1285, p. 397.60 Cfr. Reg. Ang., XLIII, aa. 1270-1293, Napoli 1996, p. 24.61 Cfr. Reg. Ang., XLIII, aa. 1270-1293, Napoli 1996, p. 39.62 Cfr. Reg. Ang., XLIII, aa. 1270-1293, Napoli 1996, p. 20.63 Cfr. Reg. Ang., XLIII, aa. 1270-1293, Napoli 1996, p. 40.

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servicium). (Reg. 1292E, ff. 194t, 195, 208)»64.

Uno stralcio della stessa Cancelleria relativa agli anni 1292-1293 sirivela, infine, particolarmente importante, perché consente di ricostruirei rapporti di parentela esistenti tra il feudatario del tempo e i suoi prede-cessori, a che titolo egli ne divenne feudatario e consente anche di sapereche Mignano in tali anni aveva il rango di baronia. Riccardo diChiaromonte, infatti, divenne feudatario di Mignano, perché avevasposato Egidia Sorello (o Sorevo), figlia di Oddone (signore della baroniadi Mignano), nipote di Ugone e sorella di Ruggero che fu signore di SestoCampano:

«127. - (Nobili Egidie Sorelle uxori nobilis Riccardi deClaromonte militis asserenti quod Hugo Sorellus miles domi-nus baronie Miniani pater Oddonis Sorelli militis genitorisdicte Egidie assignavit Rogerio Sorello fratri suo minori castrumSexti de dicta baronia, que Rogerius decessit superstite ipsaEgidia primogenita et herede dicti Oddoni primogeniti etheredis dicti Hugonis, provisio pro investitura dicti castriSexti). (Reg. 1292E, f. 177t)»65.

Anche durante il regno di Roberto d’Angiò, precisamente nel 1320,il feudo di Mignano era di proprietà della famiglia Chiaromonte, precisa-mente di Odolina66 .

Domenico Salvatore dà notizia documentata che sotto il regno delsuddetto sovrano (1309-1343) «Mignano continuava a vivere anniprosperi ed a mantenere la sua prevalenza, quale centro demografico, subuona parte dei paesi vicini. Dalla “cedola, infatti, della sovvenzione ge-nerale”, imposta in Terra di Lavoro e Contado di Molise, data in Napolidai Maestri Razionali della Grande Regia Curia, ai 9 di ottobre del 1320,indizione IIII, Mignano risulta tassato per oncie 77, tarì 3, grana 8; mentreCaserta lo è per oncie 86 e tarì 25; Tora per oncie 14 e tarì 15; Conca peroncie 37, tarì 18, grana 13; Galluccio per oncie 29 e grana 8; Caspoli peroncie 2 tarì 20 e grana 11; Rocca d’Evandro per oncie 23, tarì 9, grana 10;

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64 Cfr. Reg. Ang., XLIII, aa. 1270-1293, Napoli 1996, p. 41.65 Cfr. Reg.Ang., XLIII, , aa. 1270-1293, Napoli 1996, p. 22.66 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 82.

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Rocca Monfina per oncie 28, tarì 10, grana 6; Teano, “cum Judeis” peroncie 44, tarì 9 grana 9; S. Germano per oncie 160, tarì 20, grana 1; SanPietro Infine per oncie 12 e grana 19; Venafro per oncie 75, tarì 2, grana19; ecc.»67.

Dai Registri della Cancelleria del re Carlo III di Durazzo, siapprende, poi che per ordine regio, il 1° settembre 1384 fu processato «ilribelle Luigi de Larath ed altri uomini di Mignano, i quali avevano datoil guasto alle terre del monastero cassinese (fol. 100t, 116t)»68.

Durante il regno della regina Giovanna I d’Angiò-Durazzo o diCarlo III di Durazzo feudatario di Mignano fu Antonio della Ratta, contedi Caserta, il quale lo alienò il 25 novembre 1373 ad Andrea Acciaioli69.

Non sono riuscito a trovare notizie riguardanti il periodo dal 1373al 1438.

Alfonso V d’Aragona, detto il Magnanimo (che fu re di Napoli dal1442 al 1458), nel 1444 ordinò che venisse compilato un catalogo deifeudatari. Da tale catalogo risulta che nel suddetto anno barone diMignano era Antonuccio o Antonello della Ratta70. Considerato il tempotrascorso, mi sembra poco probabile, nonostante la similitudine fra inomi, che possa trattarsi della stessa persona che nel 1373 aveva vendutoil feudo ad Andrea Acciaioli 71. Mi sembra più probabile che possa trat-tarsi, invece, del suo discendente che si chiamava proprio Antonello e cheaveva avuto il feudo durante il regno di Giovanna II di Durazzo (1414-1435). La mia convizione è accresciuta dal contributo del genealogistaFiliberto Campanile, il quale scrive:

«Antonello (della Ratta, n.d.A.) secondo figliuolo delConte Luigi Francesco, e fratello del Conte Baldassarre, fuConsiglier della Reina Giovanna seconda, e per quel che gli

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67 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., pp. 81-82. Nella nota (1) a p. 82, il predettoAutore dichiara di aver appreso le notizie da «C. MINIERI RICCIO, Notizie storiche tratte da62 registri angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, pp. 160-170. (Il documen-to è tratto dal Registro 1316 A. n. 207, fol. 146)».68 Cfr. N. BARONE, Notizie storiche tratte dai Registri di Cancelleria di Carlo III di Durazzo,p. 201, «Archivio Storico per le Provincie Napoletane», a. XII, fasc. II, Napoli 1887, pp.185-208.69 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 83.70 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., pp. 85-86. 71 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 85.

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toccava tanto di beni paterni, quanto delle doti di suamadre, hebbe dal Conte suo fratello la Terra del Sesto. E fuanche Signor della Baronia di Formicola, di PonteLandolfo, della Rocca di Vandri, Rocca Pipirozzo,Strangolagalli e Mignano.

Fu sua moglie Margherita di Marzano sorella del Ducadi Sessa, di cui hebbe egli due figliuoli, cioè Marco, eCatherina (…)»72.

Ulteriore prova documentaria è in una Discussione della città diNapoli e statistica del Reame nel 1444, presso l’Archivio di Stato diModena, dove è testualmente scritto:

«Item Messer lo signor Antonuzo de la Ratta, signor deMignano e de algune altre castelle»73.

L’8 dicembre 1440 il Re Alfonso V d’Aragona, alloggiato nel castel-lo di Mignano, confermava alcuni privilegi universitati et hominibus terreseu castri Vallis Rotunde de Abbatia Cassinensi74:

Il 13 dicembre dello stesso anno 1440, il Re era ancora ospite nelcastello75.

Lo stesso giorno del successivo anno 1441 il Re Alfonso V, prove-niente da Venafro, si fermò ancora nel castello di Mignano e vi rimasefino al giorno 17 dello stesso mese dopo di che proseguì per Presenzanodove trascorse il Natale76.

La veridicità di quanto suddetto si evince anche dalle Cedole di

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72 Cfr. F. CAMPANILE, L’Armi overo Insegne de’ Nobili, Napoli 1610, p. 121 (Rist. anastaticaA. Forni Editore, Sala Bolognese 1986).73 Cfr. C. FOUCARD, Fonti di Storia Napoletana nell’Archivio di Stato di Modena, p. 739,«Archivio Storico per le Province Napoletane», a. II, fasc. IV, Napoli 1877, pp. 725-757.74 Cfr. ACCADEMIA PONTANIANA, Fonti Aragonesi (=F.A.), vol. I, Napoli 1957, p. 26, n. 36:«1440, dec. 8, IV, in castro Mignani.

Alfonsus Rex etc. Magistro Iustitiario ac Magno Camerario Regni etc. Vicemregentibus, Iustitiariis, etc. ceterisque officialibus etc. Mandat quatenus inviolabiliterobservent nonnullas immunitates, gratias, franchitias et civilitates pro personis, rebus ac mercan-tiis et mercibus in perpetuum concessas universitati et hominibus terre seu castri Vallis Rotundede Abbatia Cassinensi. Reg. in Cancellaria penes Cancellariorum (Sum. Priv. vol. cit. f.132t)».75 Cfr. Itinerario del Re Alfonso I, p. xxxv, in F.A., vol. I, Napoli 1957.76 Cfr. Itinerario del Re Alfonso I, p. xxxvi, in F.A., vol. I, Napoli 1957.

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Tesoreria, in cui sono annotati i pagamenti dell’esercito e del personale dicorte per il periodo dal 9 settembre al dicembre 1441. In una di esse,infatti, è scritto che:

«(...) Lo senyor Rey en Minyano (...) Item a XVII , pos en dataa don Pedro de Cardona, per la oferta que lo senyor Rey fauoynt missa en lo castell de Miniyano hun ducat dor qui val s.1 duc. III (...)»77.

Per un lasso di tempo negli anni 1460-1464, cioè nel periodo in cuiebbe luogo il tentativo d’invasione del Regno di Napoli ad opera diGiovanni d’Angiò (figlio di Renato) con l’appoggio di alcuni baroni ribel-li, Mignano fece quasi certamente parte delle proprietà di MarinoMarzano, principe di Rossano e duca di Sessa, cognato e oppositore di reFerdinando I d’Aragona. Infatti, secondo Emilio Nunziante, dopo ladisfatta dei rivoltosi, il re, convocato il cognato ribelle, insieme ad appog-gi militari, gli chiese come pegni di rinnovata fedeltà, anche i feudi diMignano e Pontelatone. Marino Marzano cercò di evitare ciò, alimentan-do la già grande sfiducia reale nei suoi confronti. Egli, infatti, dopo nonmolto fu arrestato con uno stratagemma, imprigionato e ucciso78.

Lo Zurita «afferma che Mignano fu concesso a Rossetto(Fieramosca, n.d.A.) da d. Ferrante 1.° di Aragona. Dal repertorio deiQuinternioni (vol. 1.° Terra di Lavoro) appare, che nel 1459 da Giovannidella Ratta conte di Caserta fu ceduto per duc. 8000 a Marco dellaRatta79; poi per ribellione di costui fu devoluto alla r. corte e Ferrante Inel 1460 lo donò ad Onorato Gaetani conte d’Alife. Da casa gaetanapassò, forse per vendita, alla famiglia Capano cui fu tolto da RobertoSanseverino. Ferrante I nel 1486 restituì il feudo di Mignano aBernardino Capano ed ai fratelli di lui»80.

Prima di continuare la sciarada feudale, apriamo una parentesi per

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77 Cfr. F.A., vol. I, Napoli 1957, p. 124.78 Cfr. E. NUNZIANTE, I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’invasione di Giovannid’Angiò, «Archivio Storico per le Provincie Napoletane», anno XXIII, fasc. I, Napoli 1898,pp. 192-194.79 La notizia, che è anche in R.A. RICCIARDI, (Panorama de’ Comuni Campani) Caserta, §2, «Archivio Storico Campano», vol. I, fasc. 1, p. 222, differisce da quella data dallo Zuritasolo per quanto concerne l’anno del possesso del feudo di Mignano da parte di Giovannidella Ratta. Il Ricciardi la pone, infatti, al 1458.80 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca, Napoli 1883, pp. 118-119.

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notare la concessione a Mignano, l’8 agosto 1467 (indizione XV) deiCapitoli dei diritti di Piazza, di seguito riportati:

«60 – Li capitoli che devono per la placza de Mignano. Die VIII Augusti XVindictionis, presentata et missa in Camera Summarie pro parte universitatisMiniani per dominum Antonium de Montibus etc.quisti sono li capituli de lo recollere dele cabelle dela piacza.Chi portasse mercanzia et passasse per una via che non fosse consueta de pas-sar mercantaria e ne tenuto de pagar de omne una noveItem per salma de panno de auro o de belluto ene tenuto de pagare per salma tr. XVet se la porta lo semero lo terczo manchoItem per salma de scarlata et de panno de Florencza deve pagare tr. VII 1/2et se la porta lo semero lo terzco mancoItem per salma de panno de Veronaet de panno de breve, deve pagare tr. III, gr. XV

et se la porta lo semiere lo terczo mancoItem chy passasse omne altri panni colorati deve pagare la salma tr. II 1/2et se lo porta lo semiere lo terczo mancoItemper salma de panno de oliveto deve pagare gr. XVet se lo porta lo semero lo terczo mancoItem per salma de atriana deve pagare gr. III 1/2et se la porta lo semiere lo terczo mancoItem per salma de lana deve pagare gr. XIIet se la porta lo semiere lo terczo mancoItem per salma de dobrecti et de fostayni deve pagare gr. XVet se la porta lo semiere lo terczo mancoItem per salma de bambace filata deve pagare gr. XVet se la porta lo semiere lo terczo mancoItem per salma de bambace non filata deve pagare gr. XIIet se la porta lo semiere lo terczo mancoItem per salma de bambace tenta deve pagare tr. I, gr. Vet se la porta lo semiere lo terczo mancoItem per salma de lino o de cannavo spatulato paga gr. XII

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et se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de panno de lino cannavaczo deve pagare gr. XIIet se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de fune deve pagare gr. XIIet se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de funicelle deve pagare gr. XVet se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de spago deve pagare tr. I, gr. Vet se la porta lo semiereItem per salma de fanule da legare chencesia auro et seta deve pagare tr. I 1/2

et se la porta lo semiere lo terczo manco et per collato de questi panni gr. VItem per salma de seta torta et de laczi de burcze et de omne altra seta et de burcze tr. IIet per collato gr. XItem chy passa paternostri de coralli et burze et perne et altra merczaria deve pagare gr. XIIet se la porta lo semere lo terczo mancho et per collatoItem per salma de zaffarano deve pagare tr. XXet se la porta lo semieri lo terczo mancoItem per collato de ciaschuna libra de zaffarana gr. I 1/2Item per salma de pepe tr. IIIet se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de ferro deve pagare gr. XIIItem per salma de ferro laborato et per collato delo dicto ferro tr. I, gr. Xet se la porta lo semeri lo terczo manchoet per omne miglyaro de acora gr. Iet per salma de caso deve pagare gr. XIIItem per salma de coyra pilose deve pagare gr. XItem per salma de coyra de sole deve pagare gr. XIIet se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de pelli scamossate tr. IItem per salma de pelli conce gr. XIIet se la porta lo semeri lo terczo mancho

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Item per salma de pelli nostrate deve pagare tr. I, gr. VItem per salma de tonnina gr. XVItem per salma de sarde salate gr. XIIItem per salma de pesce gr. XIIItem per sarde fresche paga per salma et sarde cinquanta gr. XIIItem se lo porta lo semiere le dicte cose lo terczo manchoItem per omne scala gr. VItem per salma de legname se paga gr. IIIItem per salma de pectini de conczar lino gr. XII 1/2Item per salma de vanula gr. XIIet se la porta lo semeri lo terczo manchoItem per centenaro uno de porci tr. VItem per ciascuno clavetteri gr. IIItem per centenaro uno de castrati pecorini et caprini tr. VItem per salma decera paga gr. XIIItem per pollitro cavallino che non fosse ferrato de quattro pedi paga gr. XIIItem per salma de sale nitro paga gr. XIIItem per iomenta che fosse armenticza paga per centenaro duc. XItem per mulo che se volesse vendere gr; XItem per someri che se volesse vendere gr. VItem per salma de sporte gr. VItem per scope de dactuli gr. VIItem per collato gr. IIItem per carte de bambace se paga per salma gr. XIIItem per salma de nocelle coccolute se paga per salma gr. XIIItem per salma de antrite se paga gr. XIIItem per salma de anguille salate gr. XIIItem chy accaptasse o vendesse mercancia in lo terreno gr. XVItem chy fraudasse la dicta cabella paga de once una noveItem per carro che se vendesse inde lo terreno gr. V

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Item per salma de mele gr. VItem per paro de mole de macenare gr. XIIItem per salma de rogagni de creta gr. IIIItem per meretrice che passasse gr. XItem per salma de lemoncelle et de cedrangola se paga gr. IIItem per omne animale porcino, crapino et pecurino che se occedesse ala piancha de carne tr. IItem per omne bestia baccina et bufalina de unoanno che se occedisse ala piancha gr. VI

Item per omne bestia baccina domata che se occedisse ala piancha gr. XIIItem per salma de piltro gr. XIIItem per salma de oglyo gr. XIIet se la porta lo semiere lo terczo manchoItem per salma de aqua rosata gr. XIIItem per salma de zuccaro tr. II, gr. VItem per salma de termentina tr. IIItem per salma de vino gr. IIIItem per salma de greco de barrile quactro gr. VIItem per carro de greco tr. IItem per carro de vino gr. XIIItem per ciascuna salma de greco et vino et portassela lo semeri lo terczo manchoItem per omne salma de farina gr. IIIItem per omne salma de victugalia gr. IIIItem per salma de fico secche gr. XIIItem per salma de lupini gr. IIIItem per salma de foglya et se la porta lo semeri omne una de questa cose paga lo terzo mancho gr. IIIItem per salma de semente de prato se paga gr. IIIItem per salma de fructi se paga gr. IIIet se la porta lo semieri lo terczo manchoItem per salma de rame gr. XIIItem per salma de carne salata gr. XIIItem per scafatura gr. XIIItem per salma de lecti et mataraczi gr. XIIItem per salma de strignya gr. X

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Item per salma de vitro gr. XIIItem per salma de panni cositi che se volessero vendere extimandosene lo valore delli panni tr. I, gr. VItem per salma de suio et insognya gr. XIIItem chy passasse lo stiglyo suo gr. XIIItem per bove domato gr. XItem per bestia baccina et bofalina camenticza paga de tre bestie tr. I(ff. 202-205)»81.

Prima di tornare alla successione feudale, notiamo, ancora comeMignano, nell’anno 1468, fu teatro di una sontuosa parata militare. Ciòsi rileva da una Cedola della Tesoreria di Abruzzo, in cui, fra l’altro, è anno-tato che:

«(...) A Guglielmo Altamur quale sta adservire in la parata deCampo ad Mignano sono stati pagati ducati quattro de carli-ni li quali lo illustrissimo Signor Duca li comandò a dare incunto de suo saldo duc. IIII»82.

Come predetto, Ferrante I d’Aragona, nel 1486 restituì il feudo diMignano a Bernardino Capano e ai suoi fratelli. Ciò si evince chiara-mente dal seguente documento:

«Ferdinandus etc. Confirmamus libenti animo: et de novoconcedimus subditis nostris et de nobis benemerentibus ea quejure quodam ad ipsos spectare et pertinere noscuntur; itaqueattendentes quod superioribus temporibus quondam Robertusde Sancto Severino princeps Salerni indebite et minus juste acde facto et ex arrupto eripuit quondam Tomasio Capano: etvizarro capano patri et patruo bernardini capani de neapoli,qui tunc temporis sub nostra fidelitate permanebat subscriptafeuda et bona feudalia videlicet casale Mignani, CasaleSuesse, Sanctam Luciam Cesale Lustri, casale de polleca: etfeudum nominatum lo domito, Silvam de lustra, offitium

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81 Cfr. F.A., vol. XII, Napoli 1983, pp. 67-70, n. 60.82 Cfr. F.A., vol. XI, Napoli 1981, p. 296.

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magistratus actorum Mercati Cilenti de provintia principatuscum omnibus eorum vassallis, vassallorumque redditibus, ter-ritoriis: juribus, jurisdictionibus et pertinentiis aliis ad dictacasalia quomodolibet spectantibus et pertinentibus. Quorumquidem casalium et feudorum a nobis capitula privilegia etconfirmationem in cauta et ampla forma subrepticie optinuitet eadem bona tenuit ac tenet post ejus mortem Antonellus deSancto Severino ipsius filius primogenitus, ob cuius notoriamrebellionem casalia et feuda predicta ad nostram curiam suntdevoluta, visum est nobis tum pro justicia quam habent indictis bonis: tum pro meritis et servitiis ipsorum bernardini etfratrum eius. hec et longe maiora exposcentibus, dicta casaliafeuda, et bona eisdem bernardino et fratribus eius nunc denovo concedere cum omnibus juribus et pertinentiis supra-dictis, et sic moti predictis rationibus et causis Tenore pre-sentium de nostra certa scientia et proprij motus instincto pre-dictis bernardino et fratribus pro se ipsis et eorum heredibus etsuccessoribus in perpetuum dicta casalia et feuda videlicetcasale mignani, Casale Suesse, Sanctam Luciam, casale lustricasale de polleca, et feudum nominatum lo domito silvam delustra offitium magistratus actorum mercati Cilenti de dictaprovintia que antequam per dictum principem eidemTomasio: et viczarro capanis ablata essent illi justo titulo acpleno jure tenuerunt et possiderunt cum hominibus vassallis:territoriis: juribus jurisdictionibus. preheminentis prerogativiset pertinentiis eorum omnibus damus donamus ac de novoconcedimus et liberaliter elargimur etc. Datum in castellonovo neapolis per Magnificum antoninum de Alexandro loc,et (…) die XV Januarij MCCCCLXXXVI. Rex ferdinandusDominus Rex mandavit mihi Antonello de petrutiis. Jo. pon.loc. M. Cam. Egidius Sadornil pro p. garlon»83.

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83 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 119-120. Cfr. anche ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Regesto della Cancelleria Aragonese di Napoli, acura di J. MAZZOLENI, Napoli 1951, p. 53: «319) — 1486, 15 giugno - Napoli(Castelnuovo). Ferdinando I re. Restituisce a Bernardino Capano e ai suoi fratelli i feudi diMignano, Sessa, Santa Lucia, Lustra, Pollica e quello detto lo Domito, la selva di Lustra, el’ufficio di mastrodatti del mercato del Cilento, che Roberto Sanseverino, principe diSalerno, aveva indebitamente usurpato a Tommaso e Vizarro Capano, padre e zio del sud-detto Bernardino, ed erano stati ereditati da Antonello Sanseverino (III, 15b)».

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È da notare che nel mese di febbraio dello stesso anno (1486), perespressa volontà di Re Ferrante I, il castello di Mignano era stato presi-diato dalle milizie di Rinaldo Fieramosca84, padre del celebre Ettore chesi sarebbe distinto nella “Disfida di Barletta” e che, come diremo fra poco,ne sarebbe diventato, a sua volta, signore. Non sono noti, però, almomento, elementi decisivi per affermare che il nobile Rinaldo fosse già,in tale anno, barone di Mignano.

Rinaldo presidiò lo stesso castello e tutta la valle omonima anchedurante il regno di re Ferrante II, quando, in occasione dell’invasionefrancese di Carlo VIII (1495), il sovrano dovette ripiegare su Teano85.Angelo Broccoli, nell’Archivio Storico Campano, riferisce anche che: «A 15febbraio 1495 Rinaldo riceve duc. 40 per riscatto di quei caporali presi aMignano dai francesi che erano (…) rimasti a guardia della detta terra perordine del Re»86.

Sempre nell’Archivio Storico Campano87 è riportato il testo dei gior-nali di Giuliano Passaro in cui viene descritto l’evento nei dettagli:

«Questo giorno ciò è alli 14 febbraio 1495 fo consigliato a lore Ferrante II (che da soli 10 giorni avea cinto la corona perabdicazione del padre Alfonso II, ed avea posto il campo a S.Germano per osteggiare l’entrata di Carlo VIII nel regno) chese dovesse tornare in dietro ad una terra nominata Mignanomulto forte, et così fu fatto et là stette tutta la notte; la mati-na se partio con l’esercito et lassao a Mignano Messer RanaudoFerramosca Capuano con certi cavalli leggieri, et dopoi essocon tutto l’esercito entrai a Tiano, dove che la notte lo detto

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84 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 14. Cfr. anche A. BROCCOLI,Cancelleria Aragonese. Dal “Liber Instructionum Regis Ferdinandi Primi”, «Archivio StoricoCampano», vol. II, parte I, fascc. 1-2, Caserta 1893, p. 147 e nota (5): «A XXIII feb. 1486 in mignano a messer Rinaldo ferramosca a complimento de XXXVI duc. Los. Re li comanda dara per paga de un mese de XII fanti ha tenere in guardia de lo castello dimignano, lo resto per alagio. Ced. 113, fol. 116 t.°».85 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 21; p. 22, nota (1):«Nella Cedola n.° 152 a fol. 13 leggesi: “A XV de febraro in Capua (1495) a Lo S. Rinaldo

ferramosca. Cinquanta ducati allo quale la M. del S. Re li Comanda donare necti de elagiosonno per lo reparto de quilli Caporali foro pigliati a Migniano quali restaro in dicta terraper guardia de quella per ordine de S.M.”».86 Cfr. A. BROCCOLI, Cancelleria Aragonese cit., p. 148.87 Vol. II, parte prima, fascc. 1 e 2, Caserta 1893, p. 149.

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messer Ranaudo lo venne a trovare, et fecelo partire et andarea Capua, perché se non se ne parteva da Tiano li era fatto untratto da quelli del campo suo, et dato in potere dello re Carlo,et così se partio, et venne a Capua».

Nel 1496 Mignano passò proprio nelle mani «del citato, nobilissi-mo Rinaldo Fieramosca88, figlio di Rossetto, il quale, come accennato, giàin precedenza aveva legato le vicende della sua vita a quelle della terra diMignano. Infatti: «durante la guerra coi baroni il re, che gli pagava trenta-sei ducati il mese per dodici fanti ch’egli doveva tenere in guardia delcastello di Mignano in Terra di Lavoro (feb. 1486)89 (...) Nella primainvasione francese, essendo egli alla guardia di Mignano salvò la vita algiovane re Ferrandino avvertendolo del tradimento preparato per conse-gnarlo nelle mani di Carlo VIII (15 feb. 1495)90; e forse per questo il regli concedette le terre di Galluccio e Caspoli, poi riconfermategli daFederico, nonché i beni dei ribelli Angelillo Vecchio e Antonello Broscoda Roccamonfina91»92.

Dopo la morte di Rinaldo Fieramosca93, verificatasi, durante l’asse-

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88 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Repertorio Magni Sigilli, 499. Cfr. anche L.VOLPICELLA (a cura di), Regis Ferdinandi Primi Instructionum Liber (10 maggio 1486 - 10maggio 1488), Napoli 1916, p. 331.89 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedole di Tesoreria, CXVII, 69.90 Cfr. G. PASSERO, Historie in forma di giornali, con una dissertazione di MICHELE

VECCHIONI, Napoli 1785, p. 65.91 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Commune Cancellariæ, IX, 4; XVI, 206.92 Cfr. L. VOLPICELLA, Regis Ferdinandi cit., p. 331.93 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 116 e sgg.: «I beni burgensatici di casa Fieramosca alla morte di Rinaldo si valutavano ducati 30,000.E poiché ci sono, aggiungerò, che Ettore dopo la morte del padre, vendette la gabella nuovaa Tommaso Senescalco cum pacto de retrovendendo per duc. 4000. Pare che l’abbia poiricomprata, perché dice il testimone de Palma nel processo del paraggio: “depoi la morte dedicto signore hectorro successe in la dicta gabella lo signore guidone” il quale a sua volta lorivendette a Giovanni de Thomase – (Fol. 27 e fol. 37 t.° ivi) –

Nella rubrica dello stesso processo pel paraggio di Porzia sono descritti i feudi posse-duti da Rinaldo a questo modo: “Terra Miniani cum vaxallis vaxallorumque redditibus juris-ditione civili et criminali, mero mixtoque Imperio et gladij potestate sita in provintia deterre laboris juxta territorium dela Rocca de Vandrie, iuxta territorium camini, terre gallutijS. Victoris et alios confines.

Pheudum Camigliani seu de romagnano situm in territorio civitatis Capue juxtasuos fines.

Terra Rocca de vandri cum vaxallis vaxallorumque redditibus jurisdictione civili etcriminali mero mixtoque imperio et gladij potestate sita in Provintia terrelaboris juxta terri-

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dio di Gaeta, nel mese di novembre 149694, Ettore ereditò la signoria delpadre95.

È opinione di Nunzio Federico Faraglia che egli, già nel 1500, fossein possesso di Rocca di Evandro, Camino e Mignano» e propone, asostegno di ciò, il seguente testo attinto dai «Cedolari antichi (Arch. diStato n.° 13 e 14: fol. 21. del n.° 13 Anno 1500)»:

«Dominus hector ferramosca pro subscriptis suis terris;Taxatur pro debito jure in Duc. centum sexaginta duobus

tarì II gr. VIII videlicet pro camino Rocca d’Evandro e mu-gnano (Mignano) D. CLXII tar. II gr. VIII;

tenentur subvenire vaxalli ipsi baroni in subscriptis quanti-tatibus videlicet.

a camino D. 9.2.0Rocca de vandre D. 22.Mugnano D. 39.1.4»96.

Il prode Ettore Fieramosca perse i feudi di Roccadevandro eCamino quando seguì in Francia (1501-1502) il re di Napoli Federicod’Aragona, esiliato in seguito alla sconfitta seguita al proditorio accordosancito col trattato di Granada dell’11 maggio 150097 fra Ferdinando ilCattolico e il re di Francia Luigi XII, che stabiliva che, dopo la conquistadel Regno di Napoli, alla Francia sarebbero toccati i territori da Napoliagli Abruzzi e alla Spagna la parte meridionale del Regno.

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torium Camini juxta territorium Caspoli gallutij et alios fines. Terra Camini cum vaxallis vaxallorumque redditibus jurisdictione civili et criminali

mero mixtoque imperio et gladij potestate sita in provintia terre laboris juxta territoriumrocce de vandri juxta territorium gallutij et alios confines (Ivi fol. 62 in rubrica).

Item pone como revera lo quondam signor raynaldo ferramosca in tempo de vita soahebe tenne et possedio como vero signore et patrone le dicte terre de mignano et feudo decamigliano la rocca de vandri, Camino in Rubrica descripti et anco le terre di galluccio etcastri con li vaxalli et redditi de vaxalli jurisdictione civile etc. – (ivi fol. 7 t.° e 62 t.°) – Itestimoni confermano la cosa :«raynaldo, dice Jacopo Papa, a tempo che vivea tenea la roccade vandri camino galluccio et castri in dicta Rubrica descripti come vero signore et patronesecundo vedea da mignano et lo dicto feudo de camigliano. (Ivi fol. 43). (…)».94 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 24 e nota (2).95 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 25-26.96 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 124.97 Cfr. F. LIONARD, Recueil des Traitez de paix de treve etc. faits par le Rois de France, vol. I,Parigi 1693, p. 443.

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Per la durata dell’esilio, allora, i sunnominati feudi furono proprietàdi Federico di Monforte98. Mignano, probabilmente nello stesso periodo,fu affidato a un gentiluomo francese di nome Raniero de Scosse99.

Un ruolo di primissimo piano nell’ambizioso e vincente progettobellico di usurpazione del Regno di Napoli ebbe il “gran capitano”Gonzalo Fernandez de Cordova con il suo potente esercito e, per taleragione, alla fine del conflitto, fu premiato con ampi poteri di conces-sione, approvazione e conferma di privilegi a terre e signori, diventando,di fatto, il primo “Viceré” di Napoli.

Dopo aver conquistato il Regno, però, Ferdinando il Cattolico eLuigi XII non trovarono un pieno accordo sulla spartizione e vennero lorostessi ad essere protagonisti di un aspro conflitto.

Non è chiaro come sia accaduto, ma Ettore Fieramosca, rientratodalla Francia, in tale conflitto appare schierato dalla parte di Ferdinandoil Cattolico e agli ordini di Gonzalo Fernandez de Cordova100.

Dopo essersi distinto nella memorabile “disfida di Barletta” (15 feb-braio 1503) e nella successiva riconquista di Capua, con il fratello Guido,al comando del suo esercito, si spostò nella valle del Garigliano. Ciò gliconsentì di riacquistare Rocca d’Evandro e Camino101. Infatti, «il 23 otto-bre 1503 mosse Fabrizio Colonna102 con 1500 fanti e sei pezzi d’ar-tiglieria contro il castello di Rocca d’Evandro posto in luogo eminente edacconcio a guardare le valli sottoposte; lo difendeva il Monforte con 50cavalli e cento fanti francesi molto confidando nella naturale fortezza delluogo. I colonnesi lo investirono con grande impeto, ed il Monforte fucostretto di venire a patti: diede il figlio in ostaggio e promise, che se fracinque giorni non gli fosse giunto soccorso, avrebbe reso il castello. Ilmarchese di Mantova capitano generale di Francia, in quel tempo intentoa gittare un ponte sul Garigliano, non curò di aiutare il Monforte, ed ilcastello fu ceduto ai colonnesi»103.

Rocca d’Evandro e Camino, come predetto, furono restituite a

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98 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 27-33. Cfr. anche A. PANARELLO,…rocca, quae Bantra dicitur…, Sessa Aurunca 2000, pp. 76-77.99 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 107.100 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 32-33.101 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 56-57. Cfr. anche A. PANARELLO,…rocca cit., pp. 76-77.102 Anch’egli schierato con il “gran capitano” Gonzalo Fernandez de Cordova e, quindi, conFerdinando il Cattolico.103 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 57.

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Ettore Fieramosca, che era già conte di Mignano104, con un diploma delre emanato il 28 ottobre 1504 105 e confermategli, sempre dal re, il 17dicembre 1504, con un documento emanato in oppido Thori (nel castellodi Tora) pubblicato per la prima volta dal Faraglia:

«Nos Ferdinandus Dei gratia Rex Aragonum etc.Confirmationis Regie Auctoritas antiquis juribus non solumrobur adijcit, verum etiam confirmatíonis dignum atque ho-nestum testimonium peribet et principis benignitatem osten-dit. Nuper autem pro parte magnifici et strenui militis hecto-ris ferramosche de capua fidelis nostri dilecti fuit nobis exposi-tum quemadmodum ex non nullis regiis concessionibus factisquondam raynaldo eius patri et sibi factis et concessis perretroprincipes nostros predecessores ser.me domus aragonumindicto regno nostro sicilie citra farum habuit tenuit et pos-sedit et in presentiarum tenet et possidet pro se et suis here-dibus et successoribus in perpetuum justis titulis rationibus etcausis in pheudum et sub contingenti feudali servitio et adhoaimmediate et in capite terras Mignani Roccevandri et Caminicum Juribus fiscalium functionum et salis earumque castrisseu fortelliciis hominibus vaxallis vaxallorumque redditibuspheudis et feudatariis angariis et perangariis domibus posses-sionibus tenimentis territoriis aquis aquarumque decursibusmero mixtoque Imperio et cognitione primarum et secun-darum causarum civilium criminalium et mixtarum et cumquatuor litteris arbitrariis et aliis Juribus et Jurisditionibusproprietatibus actionibus et pertinentiis omnibus ad terraspredictas et ipsarum utile dominium tam de.Jure quam deconsuetudine seu quovis modo spectantibus et pertinentibus etpheudum Camigliani situm et positum in pertinentiis Capue.Necnon pro comuni et indiviso cum guidono Cesare et Alfonsoferramosca eius fratribus quoddam vectigal seu gabellam in

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104 Cfr. Appendice ai Notamenti di Camillo Minieri Riccio, «Archivio Storico Campano», vol.II, fasc. 3°, Caserta 1893-94, p. 684: «In anno 1504 lo detto Castello de Camini (sic) una con Rocca d’Evandro e Mignano si possede-vano per Hettorre Ferramoscha, come appare per lo privilegio de Confirmat.ne che di quello lifece Re Catt.co in d.° anno in Quint.m 13. (…)».105 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 58-59 e p. 59 nota (1).

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Civitate Capue et eius territorio nominatam la gabella novaquoddam jardenum nominatum jardenum magnum situm etpositum in Civitate Capue prope Caballariam juxta viampuplicam a duabus partibus et alios confines cum eorumjuribus redditibus jurisditionibus actionibus proprietatibus etpertinentiis omnibus et singulis ad feuda et bona ipsa spectan-tibus et pertinentibus quo quomocio prout hec et alia in suisconcesssionibus et scricturis coram Majestate nostra presentatiset per nostros consiliarios visis adquas nos referimus et in pre-sentibus haberi volumus pro insertis lacius et seriosius con-tinetur. Post quam quidem espositionem fuit nobis humilitersupplicatum ut eidem Hectori eiusqne heredibus et succes-soribus in perpetuum dictas terras et pheuda, necnon gabellamet Jardenum comunes cum dictis eius fratribus cum omnibusantedictis confirmare et quatenus opus est de novo concederedignaremur: Nos vero volentes cum dicto hectore et suisfratribus benigne agere memoria repetentes optima et grataservitia predecessoribus nostris serenissime Domus Aragonie indicto Regno et nobis peripsum et dictum eius patrem oportu-nis temporibus prestito. Tenore presentium de certa nostrascientia consulto et delliberate ac gratia speciali eidem hectorieiusque heredibus et successoribus in perpetuum iam dictasterras Mignani Rocce Evandri et Camini cum juribus focu-lariorum et solis cumque earum castris et fortellíciishominibus vaxallis vaxallorumque redditìbus pheudis feu-datariis angariis et perangariis domibus possessionibus teni-mentis tcrritoriis aquis aquarumque decursibus mero mixto-que Imperio et cognitione primarum et secundarum causarumcivilium et criminalium et mistarum cum quatuor litterisarbitrariis et aliis juribus et pertinentiis ad dictas terrasspectantibus et pertinentibus tam de jure quam de consuetu-dine et dictum pheudum Camigliani necnon vectigal seugabellam et Jardenum magnum comunes cum dictis eiusfratribus cum omnibus eorum juribus introytibus aliisqueantedictis ad illa spectantibus et pertinentilbus qlue scilicet depheudo in feudum et de burgensatico in burgensaticum iuxtaformam dictorum privilegiorum et scricturarum ac si et prouthabuit tenuit et possedit fuitque in ipsarum possessione tempo-

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re bone memorie Regis Federici predecessoris nostri et in pre-sentiarum tenet et possidet confirmamus laudamus accepta-mus roboramus et validamus et quatenus opus est de novo con-cedimus nostreque confirmacionis robore et nove concessionissuffragio ac munimine validamus: Volentes et decernentesexpresse de eadem certa scientia nostra: Quod presens nostraconfirmatio et nova concessio sit et esse debeat eidem hectorieiusque fratribus ut supra et dictis suis heredibus in perpetu-um semper et omni futuro tempore in judicijs et extra stabilisrealis valida et firma nullumque sentiens impugnationisobiectum defectus jncomodum aut noxe alterius detrimentumsed in suo robore et firmitate persistat suumque verum habeatet sortiatur effectum. Supplentes et pro suppletis esse haberivolentes per has easdem omnes et quoscumque defectus queobmissa essent et in similibus confirmacionum privilegijsrequiruntur et apponi solitum fuit vel de necessitate appo-nende venirent sub quacumque espressione verborum:Jnvestientes propterea eundem hectorem eiusque heredes et suc-cessores in perpetuum de terris castris et pheudis et redditibusnecnon gabella et Jardeno comunibus cum dictis eius fratribusut supra cum omnibus antedictis per expeditionem presentiumut moris est: Quam jnvestituram vim robur et efficaciam vereregalis et effectualis posessionis et assecucionis terrarum predic-tarum et omnium supra narratorum volumus et decerniamusobtinere, neminemque alium preter nos et successores nostrosin dicto Regno superiorem et dominum ex inde recognoscatservireque propterea teneantur et debeant de feudali servicio ethadoa nobis et dictis heredibus et successoribus quotiens indicto regno indiceretur juxta usum et consuetudinem regniipsius quod servitium hector ipse in nostri presentia constitu-tus nobis ac heredibus et successoribus nostris pro se et dictissuis heredibus sponte facere prestare et exhibere suis vicibusobtulit et promisit solitumque ligium et homagium ac debitefidelitatis nobis seu nostri nomine in posse Thome malferitiregentis nostre Cancellerie cui Commissimus prestitit jura-mentum fidelitate (sic) in nostro pheudali quoque servitio ethadoa ceterisque alijs nostris et cuiuslibet alterius juribus sem-per salvis et penitus reservatis etc...

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Datum in oppido Tori die xvii mensis Decembris octave Ind.anno domini MDIV Regnorumque nostrorum vid. Sicilieultra farum trigesimo sectimo Aragonum et aliorum vicesimosexto Sicilie autem citra farum et Jerusalem anno secundo - yoel Rey. vidit malferitus Regens etc.(Arch. di Stato - Sommaria - Pand. antica, vol. 336 proces-so n. 4163 fol. 8 a 10)»106.

Della riportata conferma del feudo di Mignano, con Roccad’Evandro e Camino, a Ettore Fieramosca, verificatasi il 17 dicembre1504, esiste anche chiara annotazione nel testo (per quanto ne so, finorainedito) di un Cedolare del 1650 presso l’Archivio di Stato di Napoli:

— «Die 20 m.s Julij 1650 (…)Sit fides per sub.ctum Mag.cum Regium Conser.rem RegaliumQuinternionum Reg.e Cam.e Summ.e qualiter Ser.mus RexFerdinandus oportuno previo Privileggio espedito sub dat. Inoppido Thori die 17 Men.s Decembris 8.e Ind.s anno D.ni

Millesimo quingentesimo quarto Mag.co, et Strenuo Militi,Ettorri ferramoscha de Capua eiusque heredibus et succes-soribus in perpetuum Terras Mignani, Rocce Vandri, etCamino cumque earum Castris, et fortelitijs hominibus,vaxallis, vaxallorumque, redditibus et Mero MistoqueImperio, et Cognitione primarum, et secundarum Causarum,Civilium et Criminalium, et Mistarum cum quatuor [Literis]arbitrarijs, et aliis Juribus, et Pertinentijs ad dittas Terrasspettantibus tam de Jure, quam de Consuetudine (…)»107.

Ettore Fieramosca, però, poco dopo dovette restituire Roccadevan-dro e Camino a Federico di Monforte in attuazione delle disposizioni deltrattato di Blois tra Francia e Spagna che prevedeva, tra l’altro, la restaura-zione nei rispettivi possessi dei baroni che avevano combattuto dalla partedei Francesi108. Gli rimasero, così, solo Mignano, Acquara e Camiglianoed egli non riuscì mai a perdonare Ferdinando il Cattolico per averlo pri-

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106 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 137-140.107 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, ff. 245r-245v. Per la notizia, cfr. anche N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 124-125.108 Cfr. A. PANARELLO, …rocca cit., p. 77.

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vato di tali beni109, soprattutto in considerazione dei suoi meriti militarie morali.

Ettore Fieramosca morì a Valladolid, mentre era in visita al reFerdinando il Cattolico, il 20 gennaio 1515110 e, poiché non aveva figli,la contea di Mignano con il titolo comitale e le altre signorie da lui posse-dute passarono al fratello Guido111, il quale, nel 1517, ne era ancora inpossesso, come si evince dal testo di un diploma, emanato proprio daMignano, con cui concesse a un tale Marco Antonio Polverino la mastro-dattia di Acquara112.

Nell’estate dell’anno 1527, come riferisce Nunzio Federico Faraglianella sua preziosa ricerca storica sulla Casa Fieramosca, «Cesare e Guidodimoravano nel loro castello di Mignano intenti a prepararsi per sostenerecon tutto lo sforzo le parti imperiali contro i Francesi, i quali sidisponevano ad invadere il regno. Guido vendette allora il suo contado diMignano a Francesco Caracciolo, e credo che l’habbia fatto per soccorrerela regia Corte, la quale si trovava sprovvista di denari, ed egli le prestòottomila ducati. Era del resto una di quelle vendite, tanto frequenti a queitempi, fatte con patto di ricompra; e veramente non molto dopo siritrovano i Fieramosca possessori del loro castello»113.

Lo stesso Faraglia pubblica anche, per la prima volta, il seguentetesto di autorizzazione vicereale alla vendita:

«Ugo de Moncada etc. Sane nuper- pro parte spectabilisguidonis ferramosca Comitis Mignani fuit nobis reverenterespositum quemadmodum pro alivquibus eius occorrentijsmediante nobile berardino de cioffis rationali regie CamereSummarie ejus procuratore vendidit mag. FranciscoCaracciolo pro se suisque heredibus et succes. imperpetuum proprecio Duc. quinque millium et quinquaginta terramMignani cum ejus fortellicio mero mixtoque imperio et gladijpotestate bancho justitie et cum quatuor litteris arbitrarijs accognitione primarum et secundarum causarum tam civiliumquam criminalium et cum omnibus aliis et quibuscumque

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109 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 63-65.110 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 76.111 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 76.112 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 80.113 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 93-94.

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juribus spectantibus et pertinentibus ad dictam terramMignani prout lacius instrumento desuper facto apparet cumpromissione de ratificare faciendo spectabilem comitissam eiusconsortem infra terminum unius mensis post venditionem pre-dictam super quibus omnibus expeditum fuit memorialeassensus in mense septembris decime quinte indictionis anniproximi preteriti et pro peste et aliis rebus huc usque occursisnon potuit expediri privilegium assensus in forma cancelleriequod memoriale reperitur esse perditum: Nobis propterea fuithumiliter supplicatum ut dicte venditioni terre predicteMignani ut supra facte per dictum Comitem et obligationisuorum bonorum feudalium et titulatorum pro (sic) evictioneet defensione dicte terre Mignani, necnon ratificacionj etobligacionj faciendis per dictam spectabilem comitissam dedotibus et juribus dotalibus et aliorum bonorum feudaliumipsius causa dicte vendictionis habendo presentibus tenoreminstrumenti desuper celebrati pro expresso et specifice declara-to quoad narrata tantum predictarum ces. et cath.Majestatum nomine assentiri et consentire benignius dignare-mur. Nos vero etc. prestamus assensum et consensum volenteset decernentes expresse et de eadem scientia certa nostra quodpresens noster assensus et consensus sit et esse debeat predictoMag. Francisco caracciolo ejus que her. et succ. ex suo corporelegitime descendentibus semper et in omni futuro tempore sta-bilis realis... In quorum fidem etc. Datum in castello novoneapolis die XXVIII mens. septembris MDVIII Don Ugo deMoncada. Vidit Montaltus etc.

(Regia Camera della Sommaria - Pandetta antica, vol. 57 -Processo 398, fol. 636 e seg.)»114.

Per aver combattuto valorosamente in Puglia nella guerra contro iVeneziani, «il Viceré di Napoli Filiberto di Chalons con diploma delprimo novembre 1528 restituì a Guido, per i servigi prestati nell’assediodi Manfredonia, i feudi di Roccadevandro e Camino già tolti ad Ettore eridati a Federico di Monforte, devoluti poi novellamente alla regia corte

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114 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 171-172.

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per aver questo barone nella invasione recente seguito le parti francesi»115.Guido Fieramosca morì nel suo castello di Mignano il 28 settembre

1531116.Poiché non lasciò legittimi eredi, nonostante un suo testamento con

cui manifestava la sua volontà di trasmettere i suoi beni alla consorteIsabella Castriota e dopo la di lei morte alla sorella Porzia Fieramosca e adAntonio Baractuzio, la regia Corte incamerò la signoria di Mignano117.Solo con un reclamo la vedova di Guido, Isabella Castriota, nel 1535 potérientrare in possesso dei beni del defunto marito118.

Porzia, sorella di Ettore e Guido (andata in sposa a Giovan BattistaLeognano), la quale durante la sua vita non era riuscita a ottenere altroche poveri indennizzi, ebbe giustizia dopo la morte119. I suoi tre figli(Ettore, Cesare e Alfonso), infatti, dopo aver prodotto una serie di ricor-si alla Regia Camera della Sommaria, riuscirono ad ottenere una senten-za favorevole e il maggiore dei tre, Ettore Leognano, fu riconosciuto, nel1557, legittimo possessore del contado di Mignano e degli altri feudi cheerano stati di Guido Fieramosca e di sua moglie120.

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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115 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 98.116 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 98-99 e p. 98 nota (4):«”Perloche pretendono dicti heredi del conte di Mignano deverse calculare li fructi de decteterre dali 28 de septembro 1531 che morse il conte de Mignano” Sommaria etc., vol. 57398fol. 878 a t.°».117 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 176, doc. XXIV: «Alfonsus etc: nobili viro sebastiano ferraloro fideli Regio etc: Quoniam sicut ad notitiam d.eRegie camere pervenit spectabilis Guido ferramosca comes mignani, utilis dominus terrarum roc-che de vandre et camini sicut d.no placuit ab hac vita decessit absque legittimis filiis ex suo cor-pore vel alio legittimo erede qui aperto jure sibi succederent in d.° Comitatu, Terris et aliis bonissuis feudalibus propter quod vigore capituli regni quod incipit presumptuose possessio ipsius comi-tatus terrarum et bonorum feudalium debet per Regiam curiam apprehendi et Detineri donecdiscutiatur an sit legitimus successor in eis vel ad ipsa R. curiam sint Devoluta: propterea instanteR. fisci procuratore confisi ab esperto de vestri fide sufficientia et integritate tenore presentium o.r. a. q. f. vobis Dicimus commictimus et mandamus quatenus statim receptis presentibus vos per-sonaliter conferentes per totum regnum ubi opus fuerit capere debeatis poxessionem pro regia curiadicti comitatus magnani et terrarum rocce de vandre et camini et omnium aliorum feudorum etbonorum feudalium etc.Datum neapoli IX die ultima mensis septembris 1531 – Siegue una nota per l’assegnamento di

7 carlini al giorno al ferraloro. Hieronymus de francisco locumtenens –(Arch. di Stato, Somm. Comune vol. 83, f.° 69)».118 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 101-102.119 Verificatasi il 29 novembre 1550 (Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramoscacit., p. 103).120 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., pp. 103-104.

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Nel Repertorio dei Quinternioni presso l’Archivio di Stato di Napoli,al f. 115, è scritto che: «Ettore Leognano morì il 16 decembre 1566 ed ilfratello Alfonso gli successe e pagò il relevio per Mignano, Camigliano,Caminaglia e Romagnano»121 e nei Relevi di Terra di Lavoro e Molise, a p.28 è scritto che: «Per ordine del s.r. Consiglio Mignano fu venduto in su-basta nel 1581 e lo comperò G. Cesare de Capua»122, «già principe diCaspoli e di Conca»123.

Prima di procedere nella successione feudale, vale la pena notaredue eventi “minori”:

— Il cronista D. Gaspare Fuscolillo di Sessa registra che nel 1526, ilgiorno 2 dicembre, «lo cardinale Colonna, che era juto da Napoli admignano con buona quantità de gente et de venturiri, sentendo smonta-to el signore vecerrè (D. Carlo de la Noya, N.d.A.) se tornò et intrò inSessa co circa 30 cavalli, et la matina se partio per tempo verso Gaeta etallogiò in casa de Messere Augustino niffho de Sessa, et chiamase PompeoColonna (...)»124.

— Intorno alla metà del secolo XVI, il signore di S. Pietro Infine ebbe «unconflitto abbastanza serio con il conte di Mignano Ettore Fieramosca125,omonimo e discendente, ma non diretto, del protagonista della “disfida”di Barletta, morto a Valladolid in Spagna, nel 1515. Detto conte ritenen-do suoi i territori denominati acqua della Cerreta e campo di Pipino, cheinvece avevano sempre fatto parte del territorio di S. Pietro Infine puressendo al confine del dominio di Montecassino, fece sequestrare e con-durre a Mignano quarantotto vaccine di proprietà del Monastero, chepascolavano nella zona suddetta. Gli animali furono restituiti piuttostomalconci, dopo circa un mese, uno nel frattempo era morto, e per questo,a evitare il ripetere di casi consimili, fu promossa un’azione giudiziaria,che cominciata a Napoli nel 1555, ivi si concluse nel dicembre del 1558,

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121 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 103 nota (5).122 Cfr. N.F. FARAGLIA, Ettore e la Casa Fieramosca cit., p. 103 nota (5).123 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 141. Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI,Quinternione 160, f, 126.124 Cfr. B. CAPASSO, Note estratte dal libro II e III delle Croniche di D. Gaspare Fuscolillo, p.534, «Archivio Storico per le Provincie Napoletane», a. I, fasc. III, Napoli 1876, pp. 533-564.125 Si tratta di Ettore Leognano, figlio di Porzia, sorella dell’Ettore Fieramosca eroe diBarletta, N.d.A..

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dopo aver preso atto delle opposizioni di varia gente della zona, dalle qualirisultava in maniera sempre più netta l’appartenenza a Montecassino e aS. Pietro Infine del territorio contestato. La sentenza del Sacro RealConsiglio, che aveva sede a Porta Capuana, fu di pieno riconoscimentodei diritti di Montecassino, e fu pure reso noto al conte di Mignano, dinon contravvenirvi in alcun modo per l’avvenire, sotto pena di milleducati da pagarsi al regio fisco. Detta sentenza fu recapitata dall’inviatodel Governatore Cassinese di S. Germano, il 20 dicembre di quell’anno,e consegnata Domino Ectori Feramoscie Comiti Mignani in Terra Mignanipersonaliter, in Castello, et Palatio suo personaliter reperto (Processus confi-nium pro Castris S. Victoris et S. Petri in fine et Miniani, 1559, in lite ortainter V. Monasterium Casinense et Ducem Miniani. Copia autentica del1707 degli atti processuali. Registro legato in pergamena di 105 foglinumerati)»126.

In un Cedolario (vol. 1, f. 80) inedito presso l’Archivio di Stato diNapoli è registrata, per il 1638, la Portolania attraverso il territorio diMignano a nome di un tale Flaminio Cinquegrana:

«In precedenti Ced.rio ab anno 1626 et per totum annum1637, et correntem annum 1638 (…) ditte Prov.e terraelaboris notatur taxatus Flaminius Cinquegrana proPortulania per terram terrae Mignani (…)».

Nello stesso anno 1638, la Terra di Mignano (tassata per ducati39.4.9), che era stata di proprietà della nobildonna Cornelia Colonna(certamente nel periodo dal 1584 al 1586), fu permutata ad estintum can-dele a Giovan Geronimo Capasso, il quale ne assunse il possesso e l’onerefiscale127. Successivamente essa passò Dorotea de Capua, come risulta dal

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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126 Cfr. A. PANTONI, S. Pietro Infine, II, «Bollettino Diocesano» di Montecassino, n. 5,Montecassino 1975, pp. 406-407.127 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 97v: «In Ced.rio annorum 1584 et per totum annum 1586 dittae Prov.ae terrae laboris a’ 9 t.° notaturtaxata [Ex.ns] Cornelia Columna pro Mignano in d.ti 39.4.9. Ibique ad 31 a t.° notatur infra-scritta permutatio ut in fram.Permutatio T.rae Mignani in personam M.ci Joís Hieronimi Capassi pro qua taxatur [Ex.ns]

Cornelia Columna in d.ti 39.4.9. (…) per quod prefata M.tas assempsit per d.m M.cum Jo.Hieronimum Capassum ditte t.re Mignani ad estintum candele, ad instantiam creditorum

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testo inedito di un Cedolare del 1638 presso l’Archivio di Stato di Napoli,ove si può leggere:

– «(…) In Regestro […] Releviorum 54 [al] 1[4]5 estregistrata (…) per Regiam Cameram a’ 30 [Junÿ] 1638 lasomma [di d.] 7293.3.[…] per l’Ill.m D. Doroteam de CapuaPrincipissam Conche per Relevio debito R.ae Curiae obmortem Matthei de Capua olim Principis Conche eius nepo-tis mortui sub die 28 Augusti 1632 pro introitibus feudalibusTerre Conche, Galluccio, Mignani, Caianello, Caspoli,Palena, Lama, (…) et sic p.tta D. Dorotea de Capua teneturpro Mignano in d.ti 39.4.9»128.

Il 12 aprile 1650, per vendita effettuata da Dorotea de Capua, laTerra di Mignano e il suo castello passarono ad Antonio Orsini. Ciò sievince chiaramente dal testo inedito di una permutazione fiscale al f. 244vdel vol. 1 dei Cedolari di Terra di Lavoro presso l’Archivio di Stato diNapoli, la cui parte saliente è la seguente:

— «Die 4 men.s Junij 1650 (…)Constat qualiter in Reg.ro quint.um 105 fl. 130 esxtat registra-tum Privileggium (sic) Regÿ assensus prestiti per Ill.m et exc.um

D.num Don Jnnicum Veles de Guevara (…) per Capt.a M.te

D.ni Regis Viceregem sub die duodecimo men.s Aprilis 1650liberat.ni et vendit.ni fattae per incantatorem nomines R.C.Ill.i D. Antonio Ursino Principi Conchae Terrae Mignani deProv.a Terrelaboris cum eius Castro seu fortellitio, hominibusvaxallis etc. et cum banco Iustitiae et pro pretio […] Vtquatuordecim mille D.ti. Pro ut haec et alia in d.° Reg.ro con-

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instante etiam d.a Ex.a Cornelia Columna, precedente tamen decreto huius Regiae Camerae, pro

pretio d. 16301 de propria pecunia Illustris Julÿ Cesaris de Capua Principis Conchae abs.quae

tamen Titulo Comitatus, [juxtae][t.n] Cautelas de hoc celebratis 2.° Martÿ 1580 per manusegregÿ Not.rÿ Anibalis Baptimelli de Neap. in d.° Privileggio (sic) inseritas cui Relatio habeatur.Et sic p.tus Jo. Hieronimus Capassus tenetur ut. s.a pro Mignano in d.ti triginta novem grana 4.novem ____ D.ti 39.4.9Idem continuatur in cedularÿs sequentibus per totum annum 1625; sic quoque in cedularioprecedenti ab anno 1626 et per totum annum 1637, et corrente 1638 (…)».128 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 241v.

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tinet., cui relatio habeatur […] et sic p.ttus Ill.s D. AntoniusUrsinus Prin.s Conchae tenetur ut s.a pro Mignano D.39.4.9»129.

Il regio assenso alla suddetta vendita, anch’esso inedito, è annotatonel vol. 197 (f. 9r) delle Refute dei Quinternioni presso l’Archivio di Statodi Napoli:

— «(…)Il presente assenso interposto sopra la vendita fattasub hasta per il S.C. a 30 de n[ov]e 1649 della Terra deMignano in provincia di Terra di Lavoro ad instantia de[ered.re] del patrimonio di Conca all’Ill. D. Antonio UrsinoPrincipe di Conca [si ha] espresso per non conoscerci difficultàal (sic) osservanza del […], poiché li possessi sino alla dettavendita sono intitolati in cedulario, né vi è alterat.ne nédiminut.ne de’ corpi nell’assenso di quelli sono nel ced. cherecano compresi con [l]a Terra. Nap.li 21 de mag. 1650(…)»130.

In una permutazione fiscale inedita datata 20 luglio 1650, però, èanche annotata la quasi immediata rivendita che Antonio Orsini, principedi Conca, fece della Terra e del castello di Mignano a D. Francesco deCapua:

— «Die 20 m.s Julij 1650.Super permutat.e taxe D.m 39.4.9In quibus in preced.i f. 244 a t.° taxabatur Ill.s DonAntonius Ursinus Princeps Conche per terra Migniani:

Per fidem Mag.ci Vincentij Sergij Regi Conser.ris Regalis quin-ternionum R. Cam.e Summ.e acta Neap. die 19 Iulij 1650costat qualiter in Reg.ro Quint.m 105 f. 150 extat Registratioprivilegium Regij Assensus prestiti per excellentissimumdominum Comitem de [Onnatte], e Villa mediana in presen-

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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129 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 244v.130 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 197, fll. 3-10, f. 9r.

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ti Regno per Cattolica Maestate domini nostri Regis vice Regemetc. sub die decima septima decembris Millesimo Sexcentesimoquadragesimo nono [insolutum] dationi, venditioni, et alie-nationi facte libere per Ill.m don Antonium Ursinum PrincipemConche, don Francisco de Capua terre Migniani de Provintiaterre Laboris cum eius Castro seu fortellitio, domibus, palatijs,vassallaggio, redditibus, vaxallor[…], et cum integro eius Statuet signantem cum banco Iustitie, et Cognitione primarumCausarum, et etiam secundarum Causarum si adsunt,Civilium, Criminalium, et Mistarum […] pro pretio duc.m

quatuordecim Mille, et nonigentum […] ut hec, et alia in d.°Regestro Latius Continetur, cui rel. habeatur (…)»131

La legittima spettanza della cognizione delle prime e seconde causecivili, criminali e miste è subito dimostrata nello stesso documento, cosic-ché il nobile D. Francesco de Capua poté avere il feudo di Mignano intutta la sua pienezza:

— «(…) Don Franciscus de Capua tenetur ut. s.a proMignano D.ti 39.4.9 [;] Cognitione Primarum etSecundarum Causarum civilium, criminalium et Mistarumd.e Terre D.ti 39.4.9»132.

Il 29 luglio 1676 il succitato D. Francesco de Capua morì e il feudodi Mignano, dopo il pagamento del Relevio, passò al figlio Giovan Battistade Capua, come si rileva dal seguente documento inedito:

– «Die 18 m.s maÿ 1688.(…)Illustrem D. Jo.em Baptistam de Capua DucemMignani pro Relevio debito R.ae Curiae ob mortem q.m Ill.s

D. Franc.i eius P.ris sequtam sub die 29 m.s Iulij 1676 proIntroitibus feudalibus Terrae Mignani (…) et sic p.ttus Ill.s

D. Jo.es Baptista de Capua ten.r ut s.a pro Mignani in D.9.4.9 (…)»133.

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131 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 245r. Cfr. anche ARCHIVIO DI

STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol. 197, ff. 13-14.132 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 1, f. 245v.133 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 3, f. 835r. Per la proprietà di Giovan

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Questo morì il 1° ottobre 1702134, lasciando il feudo al fratelloGiulio Cesare, il quale morì nel 1733135

Nel 1737 la Terra di Mignano era ancora tra le proprietà dellafamiglia de Capua, nella persona della illustre D. Beatrice:

– «Ill.s D. Beatrice de Capua Ducissa Mignani ten.r proMignano in D. 39.4.9»136.

Nel 1768, invece, dopo la sua morte, Mignano passò a suo figlioPietro Francesco Eugenio de Ligneville 137; negli anni 1774 e 1787 risul-ta intestata a Petronilla Ligneville138 (sua sorella, n.d.A.) e nel 1797 fuintestata al nobile Vincenzo Tuttavilla139, duca di Calabritto, che tenne ilfeudo fino all’eversione della feudalità140 (2 agosto 1806).

Note e documenti per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo

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Battista De Capua, cfr. anche ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Refute dei Quinternioni, vol.211, f. 473r: «(…) fatti li banni pro venditione, fu per parte dell’Ill.e Gio.B.a de Capua di Migniano presen-tata offerta per la persona nominata per la Compra di d.a Terra é Casali, o loro beni, intr.e égiusdizioni Burgensatiche é feudali, q.ta offerta discussa, appurata e moderata, fu determinatoche si formasse nova offerta, con li patti stabiliti in d.a discussione, onde l’Ill.e Duca di Mignianopñtò altr’offerta (…)»134 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Significatorie dei Relevi, vol. 77, f. 201v. Cfr. D.SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 141.135 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Significatorie dei Relevi, vol. 77, f. 160r. Cfr. D.SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 141.136 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 7, f. 301v.137 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 10, ff. 38v-39r: «(…) Onde restando giustificato che alla sud.a D. Beatrice de’ Capua sia succeduto il suo figlio D.Pietro Fran.co Eugenio Ligneville odierno Duca di Mignano, al medesimo non incontro difficoltà

di farsi l’intestazione della sud.a T.ra di Mignano alla controposit.ne del sud.° Rel.° anticipatam.te

pagato (…) Dalla R.a Cam.a della Sum.a li 16 7mbre 1768 (…) Et sic predictus Ill.s D. Petrus

Fran.cus Eugenius de Ligneville Dux Mignani ten.r ut s.a pro Mignano in D. 39.4.9 (…)».138 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Intestazioni feudali, nn. 115/1922 e 114/1866.139 Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Cedolari, vol. 12, f. 911v: «(…)Ill.s D. Vincentius Tuttavilla Dux Mignani ten.r ut. s.a pro Mignano in D. 39.4.9 (…)».140 Cfr. D. SALVATORE, Notizie storiche cit., p. 142.

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GIUSEPPE ANGELONE

UNA RELATIONE INEDITA SULL’ABBAZIA DELLAFERRARA DI VAIRANO PATENORA (1613)

Il ritrovamento di questo documento inedito nel Fondo Manoscritti dellaBiblioteca Nazionale di Napoli (Fondo S. Martino, 160) aggiunge un ulterioretassello alla ricostruzione storica dell’Abbazia della Ferrara presso Vairano.

Il documento, formato da otto carte non numerate e datato 10ottobre 1613, è la relazione di una visita effettuata da Andrea PicaraCastaldo, Preposto della Chiesa di San Paolo Maggiore di Napoli, surichiesta del Cardinale Aldobrandino, Arcivescovo di Ravenna.

Come si evince dal testo - che si riporta integralmente qui di se-guito, svolgendo le abbreviazioni tra parentesi quadre per una maggioreagilità nella lettura - a tale data lo stato di decadenza dell’antica abbaziacistercense e dei monaci che in essa dimoravano aveva già raggiunto unlivello molto elevato. Seppur in maniera sommaria, il documento ci offrel’unica descrizione sinora nota della struttura architettonica della chiesa,del convento e degli ambienti annessi, nonché delle suppellettili utilizzatedai monaci per le celebrazioni liturgiche.

Relatione della visita dell’Abbadia della Ferrara fatta per ordine dell’Ill.mo et R.mo S.r

CardinaleAldobrandino Arcivesc.o

di Ravennadal p. D. Andrea Castaldo

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Essendomi conferito Io D. Andrea Picara Castaldo deChier[i]ci Reg[ola]ri Prep[os]to della Chiesa di S. PaoloMaggiore di Nap[oli] per ob[b]edire a’ comandam[en]ti di V.S. Ill[ustrissi]ma all’Abbatia di S[an]ta Maria della Ferrarasituata nella Diocese de Teano, Chiesa esente secondo mi fureferito il di proprio X di Ottobre del p[rese]nte anno 1613.Ritrovai che la Chiesa è servita da’ Padri Cistercensi, et questierano al numero di sette fra Sacerdoti, et Chierici, cioè D.Modesto Franco di Laina Vice Priore, D. Geronimo Alcagnisspagnolo, D. Massimo de Angelis di Sonnino, D. GiuseppeMorione da San Vito della Marca tutti Sacerdoti da messa, D.E[d]mundo Vandetti della Marca ordinato Sacerdote di breve,che non ha’ ancora celebrato, Fra’ Pacifico da Tino Ch[ieri]co,fra’ Anastasio Vandetti della Marca Ch[ieri]co, et un Ser.re se-colare. Nissuno di questi tiene licenza di confessare, n’anche ilPriore, dissero li Padri, che di questo n’era causa il P. Priore,che non havea voluto si pre[n]desse licenza, né per lui, né peraltri, et quando è la festa per mancamento di Monaci bisognachiamar Confessori forestieri, cioè Preti secolari.

Il P[ad]re Priore, quale me dissero essere Don Michel’angelode Simone di Laina era assente quarant’uno giorni prima, e siritrovava in Nap[oli] allogiato per quello che sponta-neam[en]te me referirono //f. 1v.// all’Insegna dell’Imperatoreallogiam[en]to publico de’secolari il q[ue]lla Città ove soleandare più volte l’anno, et dimorava lungo tempo con di-spendio, et disturbo del luogo, et con qualch[una] sorte discandalo, et occasione di mormorare: in sua assenza resta nelgoverno il Vice Priore, ch’è eletto dall’istesso Priore et è un suonepote giovane di poca esperie[n]za, et capacità, onde il luogo,et Chiesa ne viene a patire, et li Padri ne stanno mal sodisfatti.

Vivono li detti Monaci dell’assignam[en]to li fa’ V. S.Ill[ustrissi]ma di D[ucati] annoi quattrocento di moneta diRegno, quali se li pagano tertiatim; et oltre questo hanno unseminatorio vicino la Chiesa detto la Pastoreccia concessoli daV. S. Ill[ustrissi]ma per loro vitto, dal quale ha[n]no cavatoquest’anno essendoli toccato in parte loro franco quarantatomola di grano.

Terra filiorum Pandulfi. IV

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Et più l’elemosine, che si fanno in due giorni, che si celebra lafesta, che sono l’Ascentione di N. Sig[no]re, et l’Assunta dellaB. Vergine, che per q[ue]lli ci dissero a’ raguaglio ascenderan-no alla summa di quindici, in venti scudi l’a[n]no.

De patti dissero che l’obligo loro è di tenere nove frati fraSacerdoti, et altri Religiosi, et dicono che non tengono altroobligo, che celebrare l’officij in Choro, et dire una messa ilgiorno, quel se dice per Ebdomada da Sacerdoti.

Et più ch’ogni mese si fa’ un’Anniversario per li morti bene-fattori.

Non viddi le scritture de’ patti, n’altri Instr[ument]i come seriaconvenuto, et V. S. Ill[ustrissi]ma ordinava, perche avendolechieste ce dissero, che il Priore teneva la chiave della cassa ove sta-vano serrate, et essi come gioveni, ch’erano tutti, et //f. 2r.// pocotempo dimorati in quel luogo non sapevano altro; né in sa-crestia, né in altro luogo de ciò v’è tabella, o’ notamentoalcuno, per conto del mantener la sacrestia, et Chiesa, ce dis-sero, che non è obligo loro, ma di V. S. Ill[ustrissi]ma.

Intesi bensì da D. Pompeo Magno huomo che sa’, comequello che altre volte ha havuto pensiero delle cose di questoluogo, che quando si fe’ l’Instr[ument]o de’ patti, con liMonaci, et se gli concessero per la loro mensa li quattrocentod[uca]ti si convenne, che per tre anni si dovessero impiegaretrecento D[uca]ti, cioè cento p[er] ciaschedun’anno in benefi-cio della Sacrestia, et perciò sin d’allora si fe’ dalli Padri undeposito in Roma di D[uca]ti cento, de q[ua]li non sa’ poi chese ne sia fatto, et altri ducento vennero in mano sua, et diquesti se ne spesero sessanta per la Sacrestia, et gli altri sonostati da lui consignati in più volte alli Monaci, né ho possutovederne l’essito in che l’hanno impiegati per non esserci stato ilPriore.

Il titolo della Chiesa Abatiale è S[an]ta Maria dell’Assuntadetta la Ferrara.

La festa si celebra, come ho detto di sopra due volte l’anno,cioè il giorno dell’Ascensione di N. S., et dell’Assunta dellaMadonna, ne’ quali giorni vi è un grandiss[im]o concorso diPopolo che viene da luoghi vicini, et vi si fa’ mercato, o’ fieracome dicono.

Una Relatione inedita sull’Abbazia della Ferrara di Vairano Patenora (1613)

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Ne’ giorni di queste feste li Padri non cantano messa, néfanno cos’alcuna di quelle si suole, et co[n]viene farsi in sim-ili occasioni.

Il Catasto, o’ vero notamento di beni stabili dell’Abadia siconserva in Nap[oli] dal S[igno]r Abb[at]e d’Angri, et inTeano ne tiene la copia Don Pompeo Magno.

//f. 2v.// La detta Abbatia non tiene cura d’anime.Vi è una grancia sogetta alla detta Abbadia situata ne’

teritorij de Foggia in Puglia nella Diocese di Troia, dettaS[an]ta Maria dell’Incoronata, qual’è servita da Frati dell’or-dine di San Dom[eni]co.

Vi era anticam[en]te una chiesetta rurale situata nelterr[itori]o di Liardo della stessa Diocese di Teano, qual’alpresente è distrutta, come l’ho vista, che sta’ nel mezo d’unastarza di terreno seminat[iv]o che rende all’istessa Abbadia.

Nella visita della Chiesa principale avendo proceduto ordi-natamente prima d’ogn’altra cosa visitai il S[antissi]moSacram[en]to, quale ritrovai che si conservava nell’AltareMaggiore entro un Tabernacolo serrato a’ chiave in una pissided’argento; il Tabernacolo è poco decente, et consumato, et pocopolitam[en]te tenuto con foligine et polvere: il padiglione è dicolor torchino scambiato per la vecchiezza, et lacero, né vi èaltro di quello; sopra della pisside non vi è cappelletto di nis-suna maniera, ma era involta in un velo vecchio, et pocodece[n]te et in modo assai incomodo, di sotto vi stava un cor-porale piegato ma non acconcio come conviene, e nel di den-tro del Tabernacolo vi erano le nude tavole, senz’altro panno,che le ricoprisse, né tenta di colore: la chiave, et serratura delTabernacolo indecente, arrozenita, et stava la chiave attacca-ta ad un legno.

Vi era una lampada accesa, et quest’era d’ottone, ma moltosoz[z]a, et sordida, dicono che la tengono sempre accesa et laspesa la fanno li frati: nell’istesso Tabernacolo nella parte dibasso vi era pure a’ chiave conservato un vasetto di stagno fattoa’ modo di fiaschetto con la bocca stretta, nel quale stava l’olioper li Infermi, et questo me dicono, che non sij altrim[ent]emutato, ma //f. 3r.// ve si conserva l’istesso, che sono moltianni, il vaso è indece[n]te per la materia, et perche è poco poli-

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to, et anche per la forma scommodiss[im]a ad usarlo quandobisogna amministrare il Sacram[en]to dell’estrema unzioneper li frati, et serventi del Monast[er]o, p[er]che per altri nonbisogna, non vi essendo popolo, né cura.

Ostensorio non ve n’è.De corpi de santi non ve n’è memoria, che ve ne sijno, bensi

vi sono alcune reliquie scoverte, le quali si conservano purenella Cappella dell’Altare Maggiore al lato destro in una fe-nestrella di pietra bianca lavorata, et vi è una portella di legnoserrata a’ chiave, et queste stando entro certe giarrette decristallo bollito con le cartelle affisse de fuora, et sonol’infra[scri]tte:

Inventario delle Reliquie.Una crocetta d’argento di lavore antico con alcune lettere lon-gobarde in mezzo della quale ci è incrastata una crocetta dilegno della Santa Croce.Un pezzo di osso di S. Vincenzo.Un pezzo di osso di S. Anastasio.Un pezzo di osso di S. Zenone mart[ire].Uno scatolino con molte reliquie incerte.Non vi è tabella di S[ant]e Reliquie nella Sacrestia, né avantel’Altare né tampoco vi è mem[ori]a, o tradittione d’esse. Nonso se ve sia scrittura, non avendo potuto vederle per l’assenzadel Priore.

Nella chiesa vi erano anticam[en]te molti Altari de pietra,et per la maggior parte la mensa dell’Altare stava appoggiatain una colonna, et nel mezo d’essa mensa ci era una pietra ditogello, ch’è segno, che siano stati conservati, ma al presentesono //f. 4r.// distrutti, et non c’è remasta nessunainscritt[io]ne, né memoria.

L’Altare maggiore de pietra è stato distrutto, et le reliquieche se ne cavorno, che sono incerte si conservano nel luogonotato di sopra, entro un bossolino di legno.

Nell’Altare maggiore ho ritrovato un’Altaretto di legno conun piccolo sogello di pietra nel mezo, fatto all’antica, et questostava tutto elevato nel mezzo della mensa dell’Altare.

Un’altro Altare sta’ in una Cappella al lato destro dellaChiesa in un luogo remoto, che vi si ascende per certi scaloni,

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et questa è detta la Cappella dell’Annuntiata, et havea purel’Altaretto all’antica, come s’è detto dell’Altare Maggiore inambedue questi Altari vi erano tre tovaglie, ma nessuna d’essegiongeva come si conviene sino a’ terra, ma calava un pocosolam[en]te la sup[erior]e dagli lati della mensa.

Fra l’altre Capelle distrutte ve n’è una, che la dicono del Rè,et non vi è altro che un’Altare distrutto, con un’effigie di relie-vo, che mostra essere di Rè, ma guasta, che non se ne può bendiscernere.

Sopra l’Altari non vi è baldacchino di nessuna sorte, néanche nell’Altare Maggiore.

Quanto alla struttura della Chiesa è grande, et decenteall’antica con Nave, et due ali alli lati, l’ali sono a’ volta, et laNave a’ tetto, questo tetto ha’ bisogno d’accomodamento,perche sta’ molto guasto, et piove, et una delle ali a’ man destraè cominciata a’ rovinare, che n’è cascato un buon pezzo, et ilresto minaccia ruina in modo che ha’ bisogno d presto riparo;è poi la Chiesa luinosa, le vitrate che vi erano anticam[en]tesono destrutte, che poco vestigio non’è remasto, non ha’ pittura//f. 4r.// se non in alcuni luoghi ove anticam[en]te erano leCappelle, et hora sono quasi a’ fatto destrutte, che non possonodescernersi. Del organo v’è rimasto solo il segno ove stava anti-cam[en]te in piedi della Chiesa nell’ingresso sopra la porta.

Il Choro è dietro l’Altare Maggiore decentem[en]te acco[n]ciodi tavole d’abeto, fatto per quello dicono dall’Ill[ustrissi]moS[igno]r Card[ina]le Ant[oni]o Carafa b. m. Pulpito non v’è,né di pietra, né amovibile, n’anche Confessionarij. L’Imaginedell’Altare maggiore è della B. Vergine de relievo, con l’effigie diS. Bernardo alla destra, e S. Martino alla sinistra depinte nellatavola, et questa è conveniente.

Croce in nissuno degli Altari ve n’è.Il Campanile è una torre di fabbrica, et vi sono tre

Campane grande, mezzana, et piccola, la grande partico-larm[en]te è assai bella et d’un suono grave, et devoto, et l’altretutte di bellissimo suono.

Il luogo di cui si servono per Sacrestia è una stanza oscura,et humida, sporca, et mal’acconcia, non v’è nissuna sorted’Imagine se non certe pitture antiche fatte nel muro, che non

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ve si scorge, che cosa sia, solo nella testa è remasta unainscritt[io]ne di caratteri antichi, che dice Altare SanctiMartini, et avante vi è una mensa di pietra appoggiata soprad’una colonna, come si è detto dell’altre Cappelle, et ivi sivestono li Sacerdoti, non v’è armario p[er] li paramenti, mastanno buttati in certi poggi, et li calici sopra il detto Altare inun gradino, così anche le croci di argento, che vi sono guaste,et senza hasta stanno strapazzate, et buttate, l’istesso de’Messali, et di quei pochi param[en]ti //f. 4v.// che vi sono, nonvi è fonte, né vase da lavar le mani per li Sacerdoti, né altracomodità necess[ari]a per coloro, che han[n]o a’ celebrare.

La supellettile è assai poca, come si può vederedall’Invent[ari]o.

Inventario della sopellettile della Sacrestia.Un calice d’argento antico con la sua patera.Due calici moderni, con le cappe, et patene d’argento, et piededi rame indorato.Due croci d’argento antiquo, alquanto guaste, e senz’hasta.Un’Incensiero d’argento guasto senza Navicella.Due la[m]pade d’ottone.Due para di candelieri d’ottone antiqui, che stanno all’AltareMaggiore.Un paro di Candelieri grandi di ferro.Tre para di candelieri di legno per gli Altari.Una pianeta bianca guarnita d’oro nova.Una pianeta di misco.Quattro pianete vecchie, che sono lacere.Due tunicelle bianche, alquanto vecchie.Quattro borse de’ corporali usate.Quattro corporali usati di tela grossa.Due veli di Calice.Dieci purificatorij vecchi.Un Camiso mediocre.Tre vecchi, et grossi con li loro amitti grossi, et laceri.Dieci tovaglie tra’ vecchie, et nove.Tre tovaglie grandi usate per l’Altare.//f. 5r.// Un pallio d’Altare bianco conforme alla pianeta.Un’altro di mischio conforme alla sua pianeta.

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Un’altro pallio vecchio tutto lacero.Un’altro d’oropelle.Un Messale Romano nuovo.Tre Messali dell’ordine.Un paio di ferri per l’ostie.Una secchia di rame per l’acqua santa.Altre straccie vecchie che non servono.Questi pochi paramenti stanno malissimi trattati, et del resto,che bisogna per la Chiesa tutto manca, perche non vi sonoparamenti di varij colori, né per li Ministri, né per gli Altari,né quelli ornamenti, et Instrumenti che conveneriano per ilculto Divino.

L’abitatione de’ Religiosi è sofficiente, et d’avantaggio, ma èassai maltrattata, che da’ orrore, perche non pare luogo habi-tabile. Il tetto del dormitorio ha’ bisogno di reparatione, chepiove, et vi bisognano altri accomodam[en]ti di porte, etfinestre. Il Refettorio antico, qual’è bello, et grandiss[im]o va’a’ ruina, et serve per fenile, che li Padri vi tengono la paglia.Li giardini, che ve ne sono molti, stanno imboschitti, et parenon ve sij vestigio d’habitatione humana.

Il Cemiterio, che v’era anticam[en]te, è parimenteimboschitto, et profanato, che non sene servono più li Padri,ma danno sepoltura alli loro morti nella Chiesa alla Cappelladel Re.

Entro della clausura al presente non v’habitano secolari, manegli anni passati vi hanno alloggiato banditi, contra vogliaperò, per quello dicono, de’ Padri.

//f. 5v.// Vicino al Monast[er]o vi stanno li Magazeni conalcune stanze, che servono per gli Affittatori, et ivi vi sta’ unadonna vecchia, e perche ha’ una figliola giovane è stataocc[asio]ne di qualche mormoratione.

Visitai ancora la casa che sta’ alla pietra, terra da due miglialontano dall’Abbadia, ch’è della istessa Diocese de Teano ove liMonaci abitano l’Estate per sfuggire l’aria cattivadell’Abbadia.

Me dispiacque intendere, che quei Religiosi per molto tempodimorassero fora del Convento in quello hospitio, et quelli

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della T[er]ra ricavano poca edificatione dalla loro conversa-tione, che p[er] ciò saria stato di parere non se fussero partitidal loro Monast[er]o dell’Abbatia, quale resta per molti mesiabbandonato, et non servito.

Ma perche poi ho’ inteso da persona di molta qualità, cheveram[en]te quell’aria l’estate è assai cattiva, facilm[en]te liMonaci vi patirebbero, et potrebbono morirci. Credo sia espe-diente porvi qualche providimento, com’a’ dire, che tardino adandarvi quanto più sia possibile, et ritornino il più presto sipotrà prefigendoli il tempo della partita, e della ritornata. Etpiù che le feste de precetto habbino ad ogni modo ad andarvi,non solo a’ dire una messa, come dicono li frati, che fanno, maa’ celebrare in quei giorni tutti gli officij, et già che ne hannoda quella Chiesa il vitto, conviene che la servino al megliormodo che si può.

Essendomi poi informato delli beni stabili della Chiesa ho’inteso da Decio d’Orso Affittatore, che nello Catasto sta’ nota-to la //f. 6r.// selva detta la Verdesca situata nel territorio diVairano, et al presente se la gode l’Uni[versi]tà di q[ue]llaterra, et ad esso Affittatore non basta l’animo far faccia, etdefendere le raggioni della Chiesa, per timore che ha’ non lisoccedi qualche disgratia.

In quei territorij, che sono dell’Abbadia, volendol’Affittatore pascolarci paga la fida degli animali, quale ilBarone de Vairano s’exigge indebitam[en]te.

Delle vittuaglie, che nascono nelli proprij territoriidell’Abbatia essigono la gabella ogni volta, che dagliAffittatori n’estraheno, ancorche non se vendano.

La fiera si fa nel terr[itori]o proprio dell’Abbadia avanti laChiesa, et in quel tempo gli Affittatori pagano le Guardie, etpure la Corte de Vairano vole essercitare ivi la Jurisd[ictio]ne;et essige gabelle da vendenti, et compranti, et ne cavano diguadagno più di cento D[uca]ti l’anno, che si dovrebbono diraggione alla Chiesa.

Ci sono anco poi degli altri beni della Chiesa pure usurpati,de’ quali l’Affittatore ha’ promesso mandar nota.

Resta per complimento della visita di questa Abbadia da

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visitarsi S[an]ta Maria dell’Incoronata di Foggia, che come siè detto è grancia di questa Abbadia.

Bisognerebbe ancora vedere le scritture, et Instrum[en]ti depatti, che per l’assenza del Priore non se posserno vedere, et ha’promesso mandarle.

Si bene dalla relatione fatta facilm[en]te si può scorgerequello bisogna fare per servitio di Dio, et utile di questaChiesa, pare perche da q[ue]llo ho’ visto nella visita personale,meglio si conoscono l’inconvenienti ci sono, et remedij d’essi ho’giudicato espediente porli in consideratione a’ V. S. Ill[ustris-si]ma, perche possa asseguire la sua santa mente.

//f. 6v.// Et la prima cosa mi pareria, che V. S. Ill[ustris-si]ma procurasse, che il Proc[urato]re Gen[era]le dell’ordineche risiede in Roma muti quel Priore, che è causa di tutti lidisordini, et ve ne ponghi altro, che sij più al proposito; chehabbi mira nella fameglia, che vi pone, p[er]che quelli Padrivi stanno sono tutti ignoranti, et non vi è alcuno atto a’ con-fessare, et tutti o’ sono giovani, o’ genti per quello mi è statodetto di scole, et nel tempo che vi fui occorse un caso di assaipoca edificatione, perche il Vicep[rio]re s’attaccò con due fratidella Marca, et se diedero delle pugne, che si cavorno sangue,et maltrattorno dall’una parte, et l’altra, et nell’istesso tempoche fu’ di notte il Vicep[rio]re se partì senza dir niente.

Vi ha’ mandato ultimam[en]te il Vicario dell’Ordine fra’Geronimo Spagnolo, quale non è altrim[en]te assegnato, masono pochi giorni che ci è stato mandato.

Che facci in modo, ve stij il num[er]o determinato, perchep[er] ordinario non vi stanno.

Che non permetta vadino per così lungo tempo fuoradell’Abbatia.

Che dovendo mandarsi per servitio del luogo non ve simandi ordinario il Priore, ma che attendi al servitio dellaChiesa.

Che s’osservi quello sta’ ord[ina]to che la cascia se tenghi dalPriore, dal Cellararo, et seniore, che al presente non ci è né cel-lararo, ne cassa del peculio dell’entrate loro, né si fa’ conto dellespese contra gli ordini de’ sup[erio]ri regolari, che dijno contodel deposito fu’ fatto in Roma di D[uca]ti cento, et anco di

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quei cento quaranta, che si presero da D. Pompeo Magno,dovendosi di raggione impiegare in servitio della Chiesa.

Che raccordi, che li Monaci attendano al servitio dellaChiesa, che vi mancano molto.

//f. 7r.// Che usino maggior diligenza in conservarvi limobili della Sacrestia, perche per loro colpa vanno a’ male.

Che tenghino acconcio il Cemiterio, come stavaanticam[en]te.

Che la casa la tenghino più rassettata, perche per colpa lorova’ a’ roina, et la stanza del Refettorio non se ne servino piùper fenile.

Che coltivino li giardini, perche oltre al danno che loro nenasce, che perdono li frutti, né potrebbono percepire, fannoancora mal’aria.

Che attendino alle confessioni.Che celebrino le feste con maggior sole[n]nità, et che alle

volte cantino qualche messa solemne, et vesperi.

Nella Chiesa

Bisogna riparare il tetto, et la volta dell’ala, è necess[ari]oaccomodare una stanza decente per Sacrestia.

In essa farvi un’armario.Negli Altari bisogna provedere d’Altaretti consecrati alla

moderna.Il Tabernacolo del S[antissi]mo Sacram[en]to ha’ bisogno

almeno d’accomodamento.Vi vogliono padiglioni de tutti i colori.Copertine per la pisside.Baldecchino almeno d’oropelle.Pallij de tutti i colori.Tovaglie lunghe che gionghino sino a’ terra.Un tappeto, o’ panno.Per le Reliquie quattro vasetti di legno indorati.Almeno due croci d’ottone per li due altari, nelli quali si

celebra.Due tabelle de secreti.Una, o’ due cotte.

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Quando s’accomodarà la sacrestia bisogna dar’ordine, che vese //f. 7v.// aggiustino tutte le comodità, come fonte da lavare,luogo da retirarsi a’ far oratione, tabella dell’orationi, ches’hanno a’ dire.

Tabella degli oblighi. Il catino per lavar li purificatorij.Vaso dell’acqua santa, et aspergalo.Un vaso polito per tener l’hostie.La tavola per battere la settima[na] santa.Il triangolo. Un candeliero per il Cereo pascale.Una navetta per l’ingensiero, qual’ha’ bisogno d’acco-

modamento.Accomodar le croci, et farci l’haste.Pianete de tutti colori, con li loro cossini, borze, et veli di

calici.Cam[m]isi almeno quattro. Amitti in maggior numero, così anche cingoli.Corporali almeno sei.Pioviali almeno uno.Un lettorile.Libri di canto.Un’ostensorio.Un vasetto per l’oglio santo.Et finalm[en]te far’accomodare tutte quelle cose, che vi sono

guaste, et maltrattate.Nella Chiesa conviene che ve se faccino due Confessionarij di

legno, qualche scanno, con qualche scabello da ginocchiarsi.L’Habitatione de’ Monaci ancora tiene bisogno d’accomoda-

mento, perche è necessario rivoltare il tetto del dormitorio, etaccomodarvi le fenestre, con acconciare ancora alcune stantie.Il tetto del Chiostro parim[en]te havrebbe bisogno d’acco-modam[en]to, et sarebbe a’ proposito alzarlo un poco.

//f. 8r.// Per quello poi che tocca alli beni stabili, bisognadar’ordine, qui in Napoli, che si vegga bene quello dellaChiesa, che[e] viene usurpato da’ Laici, et che se proveghi.

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GIUSEPPE ANGELONE

L’AFFRESCO DELLA MADONNA COL BAMBINONELL’ABSIDE DEL SANTUARIO DI SANTA MARIADELLA VIGNA A PIETRAVAIRANO (CE)

La fondazione della chiesa di Santa Maria della Vigna, secondo una con-solidata tradizione orale, sarebbe avvenuta in seguito al miracoloso rinve-nimento, nell’anno 1384, di un’immagine della Madonna in un piccolovigneto di proprietà di un tal Paolo della Vecchia (o della Veccia).

La fonte più antica che attesti tale ritrovamento, senza specificarnel’anno, è una Relatione inedita del 13 febbraio 1650 redatta dal padresuperiore, Fra’ Michele Casario, sullo stato dell’omonimo conventodomenicano istituito nel 1458 con Breve di Papa Pio II: «(…) In quantoalla Chiesa e Convento no[n] s’è potuto trovare scrittura autentica didetta fundatione, solo p[er] relatione delli Vecchi di detta Terra dicono, ep[er] le pitture, ch[e] si veggono nella Cappella della B[eat]a Verg[in]e, iltitolo d’essa si chiama S[an]ta Maria della Vigna, e detta Immagine fùritrovata miracolosam[en]te dentro le radici d’un albero di Ceraso e sta’pittata a’ fresco sopra un mautone co[n] il Bambino in braccia, e dettoConvento sta’ soggetto alla Diocesi di Teano. Nella Cascia del deposito didetto Convento abbiamo ritrovato un Breve fatto dalla Santità di PapaPio 2° sotto il p[rim]o di Xbre 1458, p[er] il qual Breve ordina à NicolòVescovo di Teano à richiesta dell’Università della Terra della Pietra havesseconsegnato alli Padri di // S[an]to Domenico la Chiesa di S[an]ta Mariadella Vigna (…)»1.

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1 ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Congr. Stato Regolari I, Relationes 27, Sommariide’conventi della provincia del Regno de’Predicatori, (Relatione del Convento di S[an]taMaria della Vigna della Terra della Pietra Vairana), ff. 402r.-407v: f. 402r.-v.

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Non è possibile stabilire l’effettivo anno del presunto ritrovamentoed in quale preciso momento (tra la fine del sec. XVII e gli inizi del suc-cessivo) iniziò a circolare la data del 1384. Forse il generico riferimento(Anno ab hinc trecentesimo consegratam) desumibile da una lapide fattaredigere ed apporre nel 1677 nella cripta ove è presente l’affresco daOttavio Boldonio, Vescovo di Teano dal 1660 al 16802, nella quale sifarebbe riferimento al miracoloso ritrovamento «ex antiqua traditione»,dové essere fuorviante per la tradizione locale. Certo è che in una testi-monianza scritta del frate Giuseppe Pellegrino, ex Vicario Generale deiDomenicani, in visita al Convento nel 1725, inserita in un inventario deibeni redatto nel 1776 da un anonimo padre domenicano, l’«invenzionedella Sacra Immagine» viene fatta risalire, per la prima volta, all’«anno delSignore circa 1384»3.

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2 F. UGHELLI, Italia Sacra, Venezia 1720, VI, coll. 576-577.3 SYNOPSIS Delli Corollari alli Campioni, Inventari e Registri tutti di questoConvento di S. Maria della Vigna de’ Padri Domenicani della Terra della PietraVajrana, nelli quali si pongono in più chiaro aspetto del medesimo Convento la fon-dazione ed Acquisti; e di tutti questi l’Origine, lo Cambiamento, lo Stato, formato daun Padre al Convento sudetto incardinato nel 1776. L’inventario, già nell’archivioconventuale, è stato trascritto da P. BILOTTI-R. CIFONELLI, Memorie storiche delConvento di Santa Maria della Vigna di Pietravairano in Terra di Lavoro, dattilo-scritto, Roma 1970, pp. 6-7: Corollario I - Del portentoso scovrimento della mira-colosa Immagine di S. Maria della Vigna, della Chiesa, e del Convento in suo onoreedificati colle Cappelle in quella erette: «Il Convento di S. Maria della Vigna (...)della Pietra Vajrana Diocesi di Teano prese le origini dalla meravigliosa invenzionedella Sacra Immagine della Beatissima Vergine in quel luogo trovata, conforme sene legge in un marmo di quella Chiesa la memoria, espressa da Mons. OttavioBoldone Vescovo di Tiano. Nell’anno del Signore circa 1384 stava dentro unavigna, in quel tempo posseduta da Paolo della Vecchia cittadino della PietraVajrana un albero di Cerasa; a’ piedi di quella pianta fu veduto più volte correreun certo bove, il quale appena sciolto dall’aratro, già stanco dalle fatiche, là solapareva, che trovar dovesse le delizie del suo riposo; (...) In tanto si attendeva dalcielo il lume, per saperne il mistero; ed infatti la gran Vergine Madre apparendoad una verginella innocente, l’avvisò che sotto quel ceraso stava nascosta la suaImmagine. Appena sparsa di ciò la voce, che a gara corrono in quel luogo con ilclero, li cittadini, e scavata la terra si scopre il Sacro Ritratto, quale apportò tantadevozione a quei popoli, che in poco tempo vi fabricarono un famoso tempio inonore della Vergine col titolo di S. Maria della Vigna con più altari collaterali,oltre l’Altare maggiore superiore con in dentro il Coro, e sotto questi il

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Sul luogo del ritrovamento fu costruita una chiesetta dedicata allaVergine: «Doppo scoverto il miracoloso Ritratto di S. Maria della Vignafu tale e tanta la divozione di tutto il popolo della Pietra verso laSacrosanta Imagine, che il pubblico della detta Terra, e gli uomini tuttidella medesima vi edificarono un tempio tal quale oggi si vede (…)»4. Lasua edificazione deve risalire ad un momento di poco anteriore al 1422,anno in cui la chiesa risulta già ultimata: «Nel mese di aprile 1422 pernotar Giovanni Benedittone [de Benedictis] l’Università ed Uomini dellaPietra asseriscono che la chiesa di S. Maria della Vigna è costrutta ed edi-ficata dalli istessi uomini ed Università con le loro limosine (…)»5. Laprima donazione venne effettuata nel giugno 1424 da un tal FrancescoIademasi che donò alla chiesa 12 carlini, proventi di una vendita effet-tuata con atto del notaio Nicolantonio Vessillo di Marzano6.

Il 24 aprile 1444 il papa Eugenio IV, essendo venuto a conoscenzache «magna consuevit confluere populi multitudo», emanò una Bolla conla quale concesse «duos annos et totidem quadragenas de iniunctis»(indulgenze) ai fedeli che si fossero recati a visitare nelle feste solenni la«ecclesia Beatae Mariae extra muros Castri Petrae de Vajrano». La Bollapapale avrebbe avuto una validità di venti anni dalla data della suaemanazione.

Il 21 novembre 1458, in seguito ad una «petitio» presentata dalVescovo di Sessa «pro parte dilectorum filiorum Universitatis etHominum Castri Petrae», papa Pio II autorizzava questi ultimi a ter-minare la costruzione di una casa «et aliis necessariis officinis (…) pro usuet habitatione» dei Frati dell’Osservanza dell’Ordine dei Frati Predicatoridi San Domenico, istituendo, di fatto, il convento domenicano.

L’affresco raffigurante la Madonna della Vigna (foto 1), realizzato suun blocco di muratura7 parallelepipedo, è ubicato nella cripta (Soccorpo)

L’affresco della Madonna col Bambino nell’abside del Santuario di S. Maria della Vigna

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“Soccorpo” con altarino proprio dove il ceraso aveva tenuta nascosta la SacraImmagine. (...)». Cfr. anche P. A. CIMINO M. O., Il Convento di S. Maria dellaVigna in Pietravairano, Santa Maria degli Angeli 1895, p. 9.4 SYNOPSIS, cit., par. 26. Si veda, a tal proposito, anche il par. 34.5 SYNOPSIS, cit., par. 8.6 SYNOPSIS, cit., par. 21.7 SYNOPSIS, cit., par. 6. La «pareta» su cui è rappresentata la Madonna è un«muro fabricato di pietra e calce, ed a fresco depitta l’Imagine sacrosanta, comes’osserva anche oggi giorno in alcune scrastature fatte da chiodi».

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del Santuario. La Vergine è assisa su un trono ligneo di semplice fatturacon alti dossali, intarsiati e mosaicati, decorati alla sommità da motivi fi-tomorfi, abbigliata con una veste rossa ed un manto blu scuro con risvoltirossi e dorati che la avvolge completamente e le ricopre anche il capo cheè cinto da un’aureola, originariamente dorata. Dal cappuccio fuoriesceuna ciocca di capelli biondi ricoperti da un velo bianco. Ha il capo leg-germente reclinato verso sinistra nell’atto di congiungere il suo sguardocon quello del Bambino, che è rappresentato nudo, disteso sulle suegambe in un velo bianco, con il capo cinto da un nimbo crucesignato, lagamba sinistra che s’incrocia con l’altra e con la mano sinistra regge unuccellino in atto di beccare un acino d’uva portogli dalla Vergine con lamano sinistra.

L’affresco ha subìto estese cadute d’intonaco lungo il perimetro8 edil distacco della pellicola pittorica che soprattutto lungo la figura delBambino appare molto impoverita. Il suo stato di conservazione ècomunque discreto, risultato anche delle operazioni di restauro effettuatenel 1982 quando, in seguito a lavori di impermeabilizzazione della cripta,furono casualmente rinvenuti altri due affreschi (una Crocifissione e unSan Giuliano Ospitaliero)9 alle spalle dell’altare e di un tabernacolo inmarmi policromi costruiti nel 175910.

Pressoché sconosciuto alla critica, esso ha ottenuto la sola segna-lazione di Francesco Abbate che ne divulgò notizia all’ambiente scientifi-co nel 1995 ritenendolo il prodotto di un pittore a conoscenza «degliaspetti seneseggianti presenti nella pittura tardogotica campana»11.

L’opera si inserisce in un movimento culturale che, per il territorioprovinciale casertano, ha il suo punto di partenza negli affreschi del cap-pellone di San Leonardo della chiesa di Santa Margherita a Maddaloni(1408-09) (foto 5, 6, 7), dove opera una bottega in cui si distingue un

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8 Durante le fasi di isolamento del blocco parallelepipedo dalla restante muraturaè andato perduto un largo strato d’intonaco nella parte inferiore raffigurante l’in-taglio ligneo del trono, documentabile solo attraverso una fotografia scattata nel1982 (foto 11, coll. privata A. Robbio).9 D. CAIAZZA, Scoperti due affreschi del ‘300, ne Il Mattino, 28 aprile 1982.10 SYNOPSIS, cit., par. 37.11 F. ABBATE, Nuovi affreschi tardogotici in Campania, in Napoli, l’Europa. Ricerchedi storia dell’arte in onore di Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate-F. SricchiaSantoro, Catanzaro 1995, pp. 61-63.

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artista il cui catalogo è stato recentemente ricostruito da Maria TeresaRizzo che gli ha anche assegnato, in via provvisoria, lo pseudonimo di‘Maestro della Crocifissione di Maddaloni’12. La definizione di questapersonalità è il risultato di una revisione critica degli interventi sulla con-troversa figura di ‘Ferrante Maglione’ - artista che è stato a lungo ritenu-to l’autore della tavola raffigurante l’Annunciazione della Santa Casa diAversa, datata 1419 - recentemente ricondotto nell’anonimato in seguitoagli studi di Andrea Zezza che lo ha restituito al suo contesto storico ori-ginario (sec. XVI)13. Intorno alla tavola aversana, nel corso degli ultimi

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12 M. T. RIZZO, Le storie della Vergine di Casapuzzano. Un pregevole affresco di primoQuattrocento nell’entroterra campano, in Le storie della Vergine di Casapuzzano.Conoscenza – Restauro – Valorizzazione, Frattamaggiore 2004, pp. 7-14.13 Il nome storico di Ferrante Maglione fu desunto da F. BOLOGNA (I pittori allacorte angioina di Napoli, Roma 1969) da una ‘fonte’ locale aversana (G. PARENTE,Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, Napoli, 1858, vol. II, pp. 75-76) nella quale, in relazione alla chiesa dell’Annunziata, veniva segnalato che erapresente «Sull’altar maggiore la Nunziata o Annunciazione: quadro di FerranteMaglione, che fu pagato duc. 50 siccome rilevasi dalla Platea a p. 150. 514. 515.La faccia della Vergine fu ristaurata da Tommaso Fusco. Dietro del quadro legge-si: Facta fuit tempore Magistratus et Procuracionis virorum nobilium Loisii dePorcariis Militis Aversae sub anno Dni MCCCC decimo nono currenteIndictione duodecima». Recentemente, però, una corretta ‘rilettura’ della fonteoriginaria ha rimesso in discussione l’identità anagrafica dell’artista. Infatti, L.MOSCIA (Aversa tra vie, piazze e chiese. Note di storia e di arte, in «Archivio StoricoDiocesano di Aversa», Fonti e Studi, III, Napoli-Roma, 1997, p. 56) rileggendole antiche carte della chiesa dell’Annunziata si è imbattuto in una ‘Platea’ nellaquale, nel 1539, era stato registrato: «In quest’año si fé la Cona dell’Altare magre,e la fé Ferrante Maglione e se gli diedero duc. 50», spostando in maniera consi-derevole al secolo successivo l’effettiva presenza di un Ferrante Maglione adAversa. Una pagina definitiva sull’identità del pittore è stata scritta da A. ZEZZA

(Ferrante Maglione e Marco Pino: una rilettura dei documenti per l’altar maggioredell’Annunziata di Aversa, in «Bollettino d’Arte», 108, 1999, pp. 77-79 e p. 82,nota 1) che, in seguito alla rilettura della stessa fonte (la Platea è attualmente con-servata nella Biblioteca Comunale ‘G. Parente’ di Aversa, Archivio della SS.Annunziata, platea 22), ha potuto stabilire che la ‘cona’ relativa al documento inquestione non era la tavola quattrocentesca, oggetto dell’equivoco, bensì un’operain marmo. L’errore fu compiuto dal Parente che dové leggere ‘frettolosamente’ lecarte della Platea, identificando il cinquecentesco Ferrante Maglione, meglio notocon il nome latinizzato di Ferdinando Manlio, architetto che legò la sua vicendaprofessionale al progetto di rinnovamento urbanistico di Napoli voluto dal viceré

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anni, fin dal primo intervento del Bologna14, è stato possibile ricostruireil corpus pittorico dell’artista collegandogli una serie di episodi figurativisparsi in Campania «effettivamente caratterizzati da un’indiscutibilesomiglianza culturale ed artistica», molti dei quali sono stati passati nelcatalogo del ‘neonato’ artista di Maddaloni o del suo entourage. Il momen-to formativo del ‘Maestro della Crocifissione di Maddaloni’ dové avvenireall’apertura del secolo XV (1403-04) nel cantiere della cappella Minutolodel Duomo di Napoli. Il ciclo pittorico, raffigurante le Storie dellaPassione, commissionato dal cardinale Enrico Minutolo che, dopo alcunidecenni, offre «à la cathédrale l’occasion d’être, pour l’art, un lieu impor-tant»15, per Serena Romano rappresenta l’anello di congiunzione tra latradizione trecentesca e quella «internazionale» rappresentata dal ‘Maestrodi San Ladislao’, pittore di probabili origini marchigiane, considerato dalBologna un «autorevole compagno di Carlo da Camerino», operante aNapoli dopo un complesso tirocinio in area padana, che, nello stessoperiodo, stava realizzando il ciclo raffigurante le Storie di San Ladislaod’Ungheria nella chiesa dell’Incoronata, che si distingue da quello dellacattedrale per un «netto abisso qualitativo» e che dové giocare un ruolofondamentale nella formazione del maestro ‘maddalonese’, visti i continuiriferimenti al pittore marchigiano presenti nelle sue opere.

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Pedro de Toledo, all’anonimo autore dell’Annunciazione che ancora oggi si trovasull’altare maggiore della chiesa dell’Annunziata.14 F. BOLOGNA, I pittori alla corte angioina di Napoli cit., p. 332. 15 S. ROMANO, La peinture à Naples au début du XV e siècle: le temps de Ladislas, inL’Europe des Anjou. Aventure des princes angevins du XIII e au XV e siècle, cataloguede l’exposition (Fontevraud 15.06-16.09.2001), Paris 2001, pp. 135-141, p. 135.Il ciclo della cappella Minutolo, considerato «œuvre médiocre», sarebbe, però, ilrisultato di una circolazione più ampia di cultura, visti i rapporti che sono stati isti-tuiti con le miniature del Liber Celestium revelationum, conservato alla PierpontMorgan Library di New York, con quelle del Missale Romanum della BibliotecaMunicipale di Blackburn in Inghilterra, commissionato da Pietro Serra, vescovo diCatania nel 1396-97 e cardinale nel 1397, ma realizzato nello scriptorium della cer-tosa di Trisulti, dipendente dalla diocesi di Alatri, e con gli smalti, raffiguranti laVita di San Giovanni Battista, che decorano un’opera raramente inserita nel con-testo della produzione napoletana di fine secolo: il reliquiario di San Silvestro inCapite a Roma, commissionato dal cardinale fiorentino Angelo Acciaiuoli e con-trassegnato con gli stemmi del papa napoletano Bonifacio IX Tomacelli, ponteficeche aveva attribuito al Minutolo la carica di arcivescovo di Napoli.

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L’affresco della Madonna col Bambino nell’abside del Santuario di S. Maria della Vigna

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1.

2.

3. 4.

1. Madonna della Vigna (part.). Pietravairano,Santuario Santa Maria della Vigna, cripta2. Madonna del Velo (part.). Caserta Vecchia, chiesadi San Pietro ad Montes [da P. LEONE DE CASTRIS, Il“Maestro dei Penna” uno e due cit., p. 57, foto 6]3. Madonna col Bambino tra angeli e donatori.Ubicazione ignota (già Torino, collez. Zabert) [da P. LEONE DE CASTRIS, Il “Maestro dei Penna” uno edue cit., p. 54, foto 3]4. Madonna del cucito entro la mandorla (part.).Napoli, chiesa di Santa Chiara, navata centrale

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5. Crocifissione (part.). Maddaloni, chiesa diSanta Margherita, cappella di San Leonardo

6. Crocifissione (part.). Maddaloni, chiesa diSanta Margherita, cappella di San Leonardo

7. Annunciazione (part.). Maddaloni, chiesa diSanta Margherita, cappella di San Leonardo

8. Sposalizio della Vergine (part.). Casapuzzano,chiesa di San Michele Arcangelo

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L’affresco della Madonna col Bambino nell’abside del Santuario di S. Maria della Vigna

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Ma a quel «vasto fenomeno di recupero neo-senese» di inizio seco-lo in un certo senso vincolante per Napoli «data l’autorevolezza e il pesodi questa tradizione», partecipa anche un altro artista, il ‘Maestro di SanPietro Martire’16, la cui personalità è stata in parte ricostruita dallaNavarro17, dal Leone De Castris18, dal Boskovits19 e dal De Marchi20, lacui attività sembra intrecciarsi spesso con quella del pittore di Maddaloni(già ‘Ferrante Maglione’), ma che la Navarro (1993) ritiene completa-mente parallela e senza tangenze. Il ‘Maestro di San Pietro Martire’, consi-derato dal De Marchi un «seguace partenopeo» del Maestro dei Penna(alias Andrea de Aste)21, risulterebbe, però, «impastoiato dalla sudditanzaa precisi modelli di importazione senese», recependo ‘alla lettera’ alcunispunti offerti dal pittore senese Taddeo di Bartolo «attento indagatore dipungenti verità d’epidermide», un artista «ben presente» anche al

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16 F. NAVARRO, Ferrante Maglione, Alvaro Pirez d’Evora ed alcuni aspetti della pit-tura tardo-gotica a Napoli e in Campania, in «Bollettino d’Arte», LXXVIII, 1993,pp. 59-60. L’anonimo pittore sembrerebbe aggiornare i suoi modelli di tradizioneneo-senese con recuperi di modelli alla Taddeo di Bartolo e alla Martino diBartolomeo, prima con i modi «intensamente gotici» del ‘Maestro dei Penna’arricchendo i panneggi delle figure «con ondulazioni fitte e ripetute» ed intensi-ficando le espressioni dei volti con un chiaroscuro forte e marcato, particolar-mente evidenti nella Madonna col Bambino e due donatori (ante 1414), già nellacollezione Zabert di Torino, poi anche con quelli di cultura catalana, evidenti nel-l’ex voto di Margherita di Savoia dell’abbazia di Montevergine e nella Madonna colBambino con quattro angeli serafini, passata nel 1988 ad un’asta Sotheby’s con l’at-tribuzione al ‘Maestro di San Pietro Martire’ da parte di Carlo Volpe (Catalogodella vendita Sotheby’s tenuta a Firenze il 23 maggio 1988, lotto 830).17 F. NAVARRO, La pittura a Napoli e nel Meridione nel Quattrocento, in La pitturain Italia. Il Quattrocento, a cura di F. Zeri, Milano 1986, II, pp. 446-447 e p. 623(sub voce: Ferrante Maglione); EADEM, Ferrante Maglione … cit., p. 75 e segg.18 P. LEONE DE CASTRIS, Il “Maestro dei Penna” uno e due ed altri problemi di pit-tura primo-quattrocentesca a Napoli, in Scritti di Storia dell’Arte in onore di RaffaelloCausa, Napoli 1988, p. 61.19 M. BOSKOVITS, Il Maestro di Incisa Scapaccino e alcuni problemi di pittura tar-dogotica in Italia, in «Paragone», XLII, 1991, 501, p. 49, nota 26.20 A. DE MARCHI, Andrea de Aste e la pittura tra Genova e Napoli all’inizio delQuattrocento, in «Bollettino d’Arte», fasc. 68-69, 1991, pp. 121 e 128, nota 32;IDEM, scheda su Andrea de Aste, in Oro. Maestri Gotici e Lucio Fontana, a cura diA. De Marchi e A. Fiz, Torino 1998, pp. 52-57: p. 56 e 57, nota 11.21 IDEM, scheda su Andrea de Aste, in Oro … cit., loc. cit.

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11. Madonna della Vigna.Foto scattata nel 1982 durante i lavori di rimozione della fabbrica settecentesca.(coll. privata A. Robbio)

10. Madonna del Melograno (part.). Piedimonte Matese, Santuario SantaMaria Occorrevole, abside

9. Giudizio Universale (part.). Sant’Agata de’ Goti, Chiesa dell’Annunziata

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‘Maestro dei Penna’ avendo svolto una parte della sua attività pittorica inLiguria nel corso degli anni ’90 del Trecento. L’attività del ‘Maestro di SanPietro Martire’ dové iniziare durante il primo decennio con il politticoeponimo, che trarrebbe spunti iconografici dalla tavola raffigurante laMadonna e Santi (1403) di Taddeo di Bartolo, conservata nella GalleriaNazionale dell’Umbria a Perugia22, ottenendo, poi, delle commissionidirettamente dalla corte angioina o dai suoi più alti dignitari. Un esempioè dato dalla Madonna col Bambino tra angeli e donatori, già nellacollezione Zabert di Torino (foto 3), originariamente inserita nel corpusdel ‘Maestro dei Penna’23, poi attribuita al ‘Maestro di Ladislao diDurazzo’ creato dal Leone De Castris e poi ricondotta all’attività del‘Maestro di San Pietro Martire’ dal Boskovits e dalla Navarro (1993).Pierluigi Leone De Castris aveva collegato la tavola torinese ad una lunet-ta affrescata nella navata destra della chiesa abbaziale di San Pietro adMontes a Caserta Vecchia, raffigurante la Madonna del velo (foto 2),istituendo un rapporto non solo iconografico ma anche stilistico tra ledue opere considerate della stessa mano24. Questa ipotesi, respinta dallacritica25, ha permesso, però, di stabilire un ‘contatto’ tra la capitale ed ilsuo hinterland e, soprattutto, di istituire un rapporto tra il ‘Maestro di SanPietro Martire’ ed il ‘Maestro della Crocifissione di Maddaloni’, al quale

22 IDEM, Andrea de Aste…, cit., loc. cit.23 Catalogo della Galleria Zabert, Torino, 26-11/24-12-1974, in Bolaffi Arte, Arteieri, V, 1974, n. 45, dicembre, p. 9. La tavola presenta nelle estremità inferiori duefigure identificate in re Ladislao di Durazzo ed Onofrio Penna, segretario regio,probabile committente dell’opera che, per la presenza del sovrano, morto nel1414, dovrebbe per forza di cose avere una datazione anteriore a tale anno.24 P. LEONE DE CASTRIS, Il “Maestro dei Penna” uno e due … cit., pp. 57-58; IDEM,Il periodo tardogotico. Italia meridionale, in Pittura murale in Italia. Dal tardoDuecento ai primi del Quattrocento, a cura di M. Gregori, Bergamo 1995, p. 246,con una datazione per l’affresco casertano al 1415-20.25 M. BOSKOVITS, Il Maestro di Incisa Scapaccino … cit., p. 49, nota 26, redi-gendo il catalogo provvisorio del “Maestro di San Pietro Martire” espungeva, conriserva, dal suo corpus la lunetta di San Pietro ad Montes, i cui rapporti con laMadonna Zabert sarebbero stati «soprattutto iconografici»; F. NAVARRO, FerranteMaglione …, cit., p. 75, nota 38, attribuiva, invece, l’affresco casertano a‘Ferrante Maglione’, con una datazione tra il 1414 ed il 1419, nel periodocompreso tra la realizzazione del ciclo di Sant’Agata de’ Goti e quelli di Caivanoe Piedimonte Matese.

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l’opera casertana può verosimilmente essere connessa26, pittori cherappresentano i riferimenti culturali per l’artista che realizzerà la Madonnadi Pietravairano.

Se si confronta, infatti, il delicato volto della Madonna della Vigna(foto 1), la parte meglio conservata dell’affresco, con quelli del Cristo(foto 6) e del Buon Ladrone (foto 5) della Crocifissione del cappellone diMaddaloni e con quello della Madonna del velo (foto 2) di San Pietro adMontes, risulta evidente che essi presentano delle indubbie similitudini.Il delicato grafismo nella definizione «in punta di pennello» dei trattisomatici con i volti «dal mento appuntito, la bocca piccola e stretta e ilnaso affilato», le sopracciglia sottili, gli occhi a mandorla, le profilature deicapelli e le soffuse variazioni chiaroscurali sono elementi che riconduconoad un’unica bottega che dové ottenere un numero consistente di com-missioni nel territorio casertano. Anche il modo di scorciare il capo e ladefinizione del ‘bavero’ del manto sulla nuca, così come lo scollo dellaveste che lascia trasparire parte della spalla destra, appare simile tra le dueMadonne. La trasparenza del velo sul capo e sulle gambe della Vergine diPietravairano, definito con finezza attraverso lievi pennellate bianche,richiama quello che avvolge il Bambino nell’affresco casertano, nonchéquello nella tavola torinese. Simile, inoltre, appare l’impostazione dellamano sinistra, che a Pietravairano presenta, però, maggiori incertezzenella sua definizione, evidenti in una maggiore disarticolazione delle ditarispetto a quella casertana, il cui modello iconografico comune dovéessere la stessa Madonna Zabert o la Madonna del cucito (foto 4) affresca-ta lungo un pilastro che si affaccia sulla zona presbiteriale della chiesa diSanta Chiara a Napoli27. Anche lo strano incrocio delle gambe del

26 Molteplici sono le affinità, iconografiche e stilistiche, tra la Madonna del velo diSan Pietro ad Montes e la Crocifissione e l’Annunciazione del cappellone di SantaMargherita a Maddaloni che permettono di connettere i due cicli ad una mede-sima personalità artistica. Tra le tante, va segnalata l’identica definizione del gra-fismo dei tratti fisionomici e dei delicati passaggi chiaroscurali tra la Madonna edi volti del Cristo e del Buon Ladrone, così come l’impostazione iconografica ecromatica della Crocifissione che appare anche nel registro superiore della chiesaabbaziale casertana, nonché la cornice marcapiano a ‘dentelli’ posti in prospettivache si trova alla base dei due affreschi. 27 A. DE MARCHI (scheda su Andrea de Aste, in Oro…, cit., p. 57, nota 11) harecentemente attribuito questo pannello ed il contiguo, raffigurante le Stimmatedi San Francesco, ridotto in frammenti, al ‘Maestro di San Pietro Martire”. La

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Bambino di Pietravairano sembrerebbe riconnettersi sia all’opera caser-tana, sia a quella napoletana che avrebbe, però, il suo precedente piùdiretto nella tavola centrale del trittico di Santa Monica e nell’affresco delsepolcro dei Penna in Santa Chiara, realizzate dal ‘Maestro dei Penna’,memore di ‘invenzioni’ alla Barnaba da Modena e di alcuni esempi napo-letani trecenteschi.

Il sentore di un’atmosfera più moderna, che si sovrappone ad unretaggio culturale tardo-trecentesco, sembra pervadere, però, la Madonnadella Vigna: un sobrio naturalismo - nell’incrocio degli sguardi con ilBambino, quasi a presagire il suo tragico destino, nel beccare dell’uccelli-no, nella morbida ondulazione del panneggio della sua veste ricadentesulla pedana lignea su cui poggia il trono, nel velo finemente definito chele ricopre il capo e le ricade con leggerezza sul collo e sulla spalla destra ein quello su cui è steso il Bambino - si contrappone alla ‘rigidità’ con laquale è definita la struttura delle due sagome.

Nonostante le indubbie somiglianze, soprattutto nei volti,riscontrabili con i Santi e le Vergini raffigurate nel ciclo di affreschi del-l’abside del Santuario di Santa Maria Occorrevole a Piedimonte Matese,l’affresco pietravairanese non presenta la medesima ricchezza decorativache, invece, contraddistingue questi ultimi, riferibili alla seconda fasedella produzione del ‘Maestro della Crocifissione di Maddaloni’, che sisarebbe aperta nel 1419 con la realizzazione degli affreschi dell’abside delSantuario di Campiglione, che dovrebbero precedere di poco quelli piedi-montesi, già collegati ad un medesimo artista dal Leone De Castris esegnalati dalla Navarro come opera di ‘Ferrante Maglione’. Ambedue icicli sono stati recentemente ricondotti dalla Rizzo alla personalità del‘Maestro della Crocifissione di Maddaloni’, autore, tra l’altro, anche delciclo frammentario con le Storie della Vergine (foto 8) della chiesa di San

Madonna fu segnalata per la prima volta da O. MORISANI (Pittura del Trecento aNapoli, Napoli 1947, p. 10), che ne evidenziava i rapporti tipologici con quella diSan Pietro ad Montes, e poi da F. BOLOGNA (I pittori alla corte angioina di Napoli,cit., cap. VII-86, VII-87) con l’attribuzione ad un anonimo artista di culturafiorentina ed una datazione a cavallo tra il 1380 ed il 1390. Lo stesso movimentolezioso delle mani della Vergine sia nell’affresco di Santa Chiara che nellaMadonna Zabert, il medesimo modo di porre in scorcio il volto della Vergine,l’ingorgo del lembo inferiore del panneggio del manto, la stessa resa chiaroscuraledegli incarnati, il fisico quasi ‘erculeo’ del Bambino, sono elementi che possonopienamente giustificare l’attribuzione del De Marchi.

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Michele Arcangelo a Casapuzzano di Orta di Atella, che la studiosa pro-pone di datare al secondo decennio28, collegandogli anche a quelli dellacontrofacciata e dell’abside destra della chiesa dell’Annunziata diSant’Agata de’ Goti (foto 9), realizzati probabilmente nel corso del terzodecennio, soprattutto per la medesima definizione dei volti enell’attenzione ai dettami della moda contemporanea.

La Madonna della Vigna, che appare come un prodotto di bottega edi livello qualitativo inferiore rispetto ai suoi modelli per le menzionateincertezze nelle definizioni anatomiche, potrebbe essere ascritta, quindi,ad uno dei collaboratori meno ‘dotati’ del ‘Maestro della Crocifissione diMaddaloni’, che giustificherebbe il carattere ‘attardato’ dell’affresco, forserealizzato proprio nel momento in cui il maestro era impegnato con il suoentourage nel santuario piedimontese.

Per tali considerazioni, sembra plausibile una datazione dell’affrescoa cavallo tra la fine del secondo e gli inizi del terzo decennio, di poco ante-riore all’epoca di costruzione dell’omonima chiesa pietravairanese che, subase documentaria, è possibile far risalire all’aprile del 142229.

28 M. T. RIZZO, Le storie della Vergine di Casapuzzano … cit., pp. 9-10. L’«iden-ticità del ritratto» della Vergine dello Sposalizio con quello dell’Annunciazione diMaddaloni rappresenterebbe per la studiosa l’elemento fondamentale per ladefinizione di una medesima paternità. 29 In relazione ai fattori di ordine storico e stilistico evidenziati in questo con-tributo, appare troppo precoce la datazione al primo decennio del secolo XVavanzata da Nicola Spinosa in una lettera dell’8 gennaio 1979 (ArchivioSoprintendenza BB.AA.AA.AA.SS. di Caserta e Benevento, cartella 1/58) inviataal Rettore del Santuario di Santa Maria della Vigna, Padre Cipriano M. Caruso.

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MARCO DE ANGELIS

GUERRA AI CIVILI: LA STRAGE DI CAMPAGNOLA(MARZANO APPIO) – NOTE PRELIMINARI*

Con la caduta del fascismo e l’annuncio dell’armistizio, il tragico teatro diguerra si spostò nel Sud Italia. Il 9 settembre 1943 a Salerno avvenne losbarco dell’esercito Alleato. Il 12 settembre Adolf Hitler ordinava di rallen-tare con una tattica temporeggiatrice l’avanzata delle forze Alleate1. Talepiano elaborato dal Capo del Comando Superiore del Sud, il feldmarescial-lo Albert Kesselring, ebbe, il 30 settembre, l’appoggio di Hitler. Il pianoprevedeva di rallentare quanto più possibile l’avanzata degli Alleati versoRoma. A tal fine, venivano individuate delle linee di difesa fortificate, cheavrebbero sfruttato i rilievi naturali della Campania e del Basso Lazio.Furono così predisposte la “linea sul Volturno”, che seguiva il corso delfiume; la “linea Barbara”, che sfruttava i rilievi montuosi di Mondragone,Teano, Presenzano e Mignano; la “linea Bernhardt”, che inglobava le mon-tagne di Venafro, S. Pietro Infine e di Monte Camino fino al mare e lafamosa “linea Gustav” che comprendeva la zona del Garigliano e Cassino2.

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* Testo della relazione tenuta a Marzano Appio il 26 luglio 2003 in occasione del convegnoTra il Vulcano e l’Appennino. Studi di Archeologia e Storia in memoria di Michele De Cesare.1 Per quanto riguarda l’occupazione tedesca della penisola e in particolare del Mezzogiornod’Italia cfr. L. KLINKHAMMER, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino 1996, pp.24-40; F. ANDRAE, La Wehrmacht in Italia. La guerra delle forze armate tedesche contro lapopolazione civile 1943-1945, Roma 1997, p. 56.2 Per un’analisi dell’occupazione militare tedesca nel territorio dell’Alto Casertano cfr. G.ANGELONE, L’occupazione tedesca del territorio a nord del Volturno, relazione presentata al

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Il feldmaresciallo Kesselring aveva a disposizione nel Sud Italia laDecima Armata. A Nord di Napoli, nel Medio Volturno, operava laDivisione Hermann Göring3.

L’intero territorio della soppressa provincia di Terra di Lavoro fucompletamente occupato dall’esercito tedesco, ed era considerato zona diguerra. La popolazione venne a trovarsi, suo malgrado, nella zona delleoperazioni belliche.

Dopo l’8 settembre, diventavano operative nel territorio italiano laKampfanweisung für die Bandenbekämpfung im Osten (direttiva di com-battimento per la lotta alle bande nell’Est) e l’ordine del FuhrerBandenbekämpfung (lotta alle bande), emanati rispettivemente nelnovembre e nel dicembre del 1942. In base a tali disposizioni gli italianiritenuti responsabili di atti di sabotaggio o attentati contro i militari o ibeni della Wehrmacht sarebbero stati considerati appartenenti a bande epertanto gli autori sarebbero stati puniti con la morte4.

Gli ordini e le intimidazioni si alternavano, l’obiettivo era di sotto-mettere la popolazione ed evitare eventuali episodi di Resistenza5.

Il 12 settembre 1943 un’ordinanza tedesca rendeva noto che l’inte-ro territorio del fronte meridionale era considerato area di guerra, per cuisarebbero state applicate le leggi di guerra tedesche. Gli autori degli atti disabotaggio sarebbero stati sommariamente processati e fucilati6.

Un altro decreto del 23 settembre del feldmaresciallo Kesserlingimponeva alla popolazione di consegnare ogni tipo di arma, civile o bel-lica, esplosivi e bombe. Inoltre, veniva disposto che gli autori di eventua-li attacchi contro le forze armate tedesche, che avessero comportato feri-menti o uccisioni a danno di componenti dell’esercito tedesco, sarebberostati puniti con la morte7.

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Convegno Tra il Vulcano e l’Appennino. Studi in memoria di Michele De Cesare, MarzanoAppio 26 luglio 2003; A. DE SANTO, La Wehrmacht in Campania: le strategie militari tede-sche, in G. GRIBAUDI (a cura di), Terra bruciata: le stragi naziste sul fronte meridionale, Napoli2003; D. B. MARROCCO, La Guerra nel Medio Volturno, Napoli 1974, pp. 31-38; L.KLINKHAMMER, L’occupazione tedesca cit., pp. 40-47.3 D. B. MARROCCO, La Guerra cit., p. 13.4 G. SCHREIBER, La vendetta tedesca 1943-1945. Le rappresaglie naziste in Italia, Milano2001, pp. 91, 92.5 F. ANDRAE, La Wehrmacht cit., p. 34.6 Ivi, p. 32.7 Ivi, p. 33.

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Il 18 settembre il feldmaresciallo Wilhelm Keitel, Capo dell’AltoComando della Wehrmacht, emanava il famoso “Ordine Nerone”:«Nell’esecuzione dei ripiegamenti disposti […] si deve far ricorso su lar-ghissima scala a distruzioni di ogni tipo». Tutto doveva essere distrutto,mentre ciò che «poteva essere evacuato doveva essere portato via: scorte,generi alimentari, bestiame, cavalli, ogni altro animale»8. Inoltre, la popo-lazione maschile abile al lavoro doveva essere deportata in Germania.L’ordine concludeva: «Ci si aspetta che i comandanti responsabili di ognigrado mettano in atto con la massima energia, senza indulgenza al riguar-do, lo sgombero e la distruzione, memori dell’inqualificabile tradimentoe del sacrificio di soldati tedeschi che tale tradimento ci è costato. Lavolontà di danneggiare il nemico deve prevalere su qualunque umanoriguardo»9.

Lungo le posizioni della “linea Barbara”e della “linea Bernhard”doveva essere creata una «zona deserta», in modo da rallentare quanto piùpossibile l’avanzata dell’esercito Alleato10. A tal proposito, un altro ordi-ne aggiungeva: «[…] le aree abbandonate devono essere lasciate al nemi-co solo dopo averle rese un deserto, si richiama con estremo rigore l’at-tenzione sul fatto che soprattutto non deve essere lasciato per quanto pos-sibile nelle mani del nemico alcun tipo di bestiame idoneo a essere macel-lato», gli animali che non potevano essere trasportati dovevano venireabbattuti11.

Il risentimento nei confronti della popolazione italiana, accusatadallo stesso Hitler di tradimento, portò al «declassamento razziale» degliitaliani. Si era venuto a sviluppare una sorta di razzismo che veniva accen-tuato soprattutto nei confronti degli abitanti del Mezzogiorno d’Italia12.Ma il pregiudizio razziale o politico, secondo lo storico Michele Battini,non poteva essere l’unico motivo che stava alla base delle stragi dei civili,si trattava piuttosto di una: «scelta strategica, [dovuta] alla decisionedell’Ober Kommando Wehrmacht (OKW, Comando Supremo dellaWehrmacht) di difendere palmo a palmo il territorio italiano dopo lo sbar-co alleato […]. Di conseguenza la lotta contro le popolazioni civili che in

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8 Ivi, p. 58.9 Ivi, p. 98.10 Ivi, p. 57.11 Ivi, p. 65.12 G. SCHREIBER, La vendetta tedesca cit., pp. 12, 15, 22.

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qualsiasi modo potevano costituire un intoppo o un ostacolo alle opera-zioni dell’esercito divenne una questione militare, da affrontare con lestesse regole della guerra di combattimento al fronte»13.

Il numero di vittime civili14 della seconda guerra mondiale ancoranon si conosce con precisione. L’Enciclopedia dell’Antifascismo e dellaResistenza riporta 918015 vittime, ma un numero preciso si potrà evince-re solo con un lavoro sistematico svolto negli archivi comunali. Qualcheautore, comunque, parte dalla cifra di 10.000 vittime, tra cui moltedonne e bambini16.

Lo storico Giuseppe Capobianco afferma che nella nostra provinciai civili uccisi dai tedeschi in seguito a rappresaglie o fucilazioni ammon-tano a 709 distribuiti in 75 comuni17. Di recente, le stragi compiute nelnostro territorio sono state puntualmente elencate nella mostra “Erba

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13 M. BATTINI, Peccati di memoria. La mancata Norimberga italiana, Bari 2003, p. 30.14 Per una visione generale delle stragi naziste in Campania cfr. F. ANDRAE, La Wehrmachtcit.; M. BATTINI, Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro, Venezia 1997;G. CAPOBIANCO, Il Recupero della memoria. Per una storia della Resistenza in Terra di Lavoro.Autunno 1943, Napoli 1995; G. CHIANESE, I massacri nazisti nel Mezzogiorno d’Italia, in“Italia Contemporanea”, 1998, n. 208, pp. 155-189; G. CHIANESE, Rappresaglie naziste, sac-cheggi e violenze alleate nel Sud, in “Italia Contemporanea”, 1996, n. 202, pp. 71-84; P.COOKE, Recent works on Nazi Massacres in Italy during the Second World War, in “ModernItaly”, n. 5, 2000, pp. 211-218; F. CORVESE (a cura di), Erba rossa. Catalogo della mostradocumentaria e fotografica sulle stragi naziste del 1943 in Campania, Istituto Campano per laStoria della Resistenza “V. Lombardi”, Napoli 2003; G. D’AGOSTINO, La resistenza nel/delSud tra storia e storiografia, in G. CHIANESE (a cura di), Mezzogiorno 1943. La scelta, la lotta,la speranza, Napoli 1996, pp. 19-28; F. DE FELICE, I massacri di civili nelle carte di poliziadell’Archivio Centrale dello Stato, in L. PAGGI (a cura di), Le memorie della Repubblica, Firenze1999, pp. 3-49; M. FRANZINELLI, Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna: impunità erimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001, Milano 2002; G. GRIBAUDI, Guerra,violenza, responsabilità. Alcuni volumi sui massacri nazisti in Italia, in “Quaderni Storici”,nuova serie n. 100, aprile 1999, pp. 135-150; G. GRIBAUDI (a cura di), Terra bruciata cit.;L. KLINKHAMMER, Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili 1943-1944, Roma 1997;R. LAMB, War in Italy. A Brutal History, London 1993; T. MATTA (a cura di), Un percorsodella memoria. Guida ai luoghi della violenza nazista e fascista in Italia, Milano 1996; G.SCHREIBER, La vendetta tedesca cit.; P. SECCHIA, E. NIZZA (a cura di), Enciclopediadell’Antifascismo e della Resistenza, voll. 6, Milano 1968-1989; F. SOVERINA, Carta degli ecci-di in Campania, in G. CHIANESE ( a cura di), Mezzogiorno 1943 cit., pp. 455-474; R.VIVARELLI, Guerra ai civili e vuoti di memoria, «Belfagor», 31 maggio 1998.15 P. SECCHIA, E. NIZZA (a cura di), Enciclopedia dell’Antifascismo cit., vol. I, p. 415.16 L. KLINKHAMMER, Stragi naziste cit., p. 15.17 G. CAPOBIANCO, La Resistenza in Terra di Lavoro, in Alle radici del nostro presente. Napolie la Campania dal Fascismo alla Repubblica (1943-1946), Napoli 1986, p. 12.

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Rossa”, curata dal Prof. Felicio Corvese, al quale va il merito di aver fattoriaprire una pagina di storia della nostra terra che sembrava definitiva-mente chiusa e relegata nei meandri della nostra memoria collettiva.

La maggior parte delle vittime erano abitanti di paesi e piccole fra-zioni con scarsa popolazione18. Gli eccidi compiuti in queste piccole loca-lità, di solito, non figurano nei rapporti, nelle relazioni e nei documentitedeschi; rimangono, invece, ben vivi nella memoria degli abitanti dei sin-goli paesi19.

Seguendo la lunga striscia di sangue che accomuna i paesi di Bellona(7 ottobre), Campagnola (10 ottobre), Caiazzo (13 ottobre), Sparanise (10-22 ottobre), Conca della Campania (1-4 novembre) e Presenzano (3 dicem-bre) ci si rende conto che man mano che il fronte avanzava aumentavano lestragi di civili. Secondo Klinkhammer gli omicidi erano concentrati nellazona del fronte o nella zona immediatamente retrostante la linea più avan-zata, nel settore in cui la Wehrmacht aveva il potere esecutivo, in una fasciacalcolata più o meno con uno spessore di 30 km dal fronte20.

La guerra subìta dalle popolazioni civili è una pagina di storia trop-po a lungo rimossa dalla memoria collettiva nazionale come ben ha evi-denziato, il 14 e 15 giugno 2002, un seminario internazionale svoltosi aCortona, in provincia di Arezzo, organizzato dalla Fondazione Feltrinellisul tema «Memoria e violenza». Delle stragi dei civili si è anche occupatoun convegno internazionale svoltosi a Bologna dal 19 al 22 giugno 2002dal titolo «Guerra ai civili», sotto l’alto patronato del Presidente dellaRepubblica. Il convegno aveva l’obiettivo di operare un censimento dellestragi e far luce sulla strategia del terrore operosamente messa in atto daicomandi tedeschi contro le popolazioni civili.

Tali stragi sono rimaste troppo a lungo relegate nella memoria di sin-gole località e nel ricordo dei singoli testimoni. A ciò si aggiunga una certareticenza da parte dei pochi testimoni scampati alle stragi a raccontare gliavvenimenti, in particolare a indicare i nomi degli autori di atti di resisten-za contro i soldati tedeschi. Secondo Capobianco: «La paura delle rappresa-glie prima, la paura della “legge” dopo, ha elevato quel muro di silenzio cheancora oggi impedisce una completa ricostruzione di quegli eventi»21.

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18 L. KLINKHAMMER, Stragi naziste cit., p. 15.19 Ivi, p. 16.20 Ivi, p. 20.21 G. CAPOBIANCO, La Resistenza in Terra di Lavoro cit., p. 166.

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Per quanto riguarda le fonti tedesche che possono far luce sui cri-mini commessi dalla Wehrmacht e dalle Waffen-SS contro le popolazionicivili, il materiale d’archivio è modesto e poco utile alla ricostruzione sto-rica degli avvenimenti, di solito i rapporti liquidavano con una formuladi rito le stragi compiute ai danni delle popolazioni civili: «Per rappresa-glia sono stati catturati e fucilati ostaggi»22. Le fonti più importanti, senon le uniche, come nel caso della strage di Campagnola, sono i testimo-ni che hanno assistito ai tragici episodi, cioè fonti orali che devono essereintervistate, analizzate e confrontate al fine di evitare facili confusioni oerrate interpretazioni degli avvenimenti.

Della strage di Campagnola, tragico ricordo rimasto impresso nellamemoria collettiva della piccola frazione di Marzano Appio, in provinciadi Caserta, si occupò il giornalista Giovanni Motti, il quale, in un suoarticolo del 1993, dal titolo “Fiamme e fuoco a Marzano Appio”23, ripor-tò la testimonianza raccolta dalla Sig.ra Pasqualina Racca e dalla Sig.raElena De Quattro.

Anche Capobianco, avvalendosi della testimonianza del Sig. LucioMartino, si occupò della strage, ricostruendo l’avvenimento e riportando-lo nel testo Il Recupero della Memoria, pubblicato nel 199524.

Il sottoscritto fu invitato dal Prof. Felicio Corvese a raccogliere delleinterviste dei testimoni della strage, in occasione della raccolta dei mate-riali per la mostra “Erba Rossa”. Invito che accettai volentieri e, grazieall’interessamento della Signorina Eva Zompa, il 23 novembre 2002,potei intervistare la testimone della strage Signora Angelina De Quattro ei Signori Luigi Giuliano e Stanislao Visco, questi ultimi due pur nonessendo presenti fisicamente al momento della strage, in quanto fuggitidal paese per sottrarsi al rastrellamento tedesco, nel corso degli anni ave-vano più volte parlato con i diversi testimoni25.

La successione degli avvenimenti è il frutto di una ricostruzione

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22 G. SCHREIBER, La vendetta tedesca cit., pp. 7, 130.23 G. MOTTI, Fiamme e fuoco a Marzano Appio, “Roma”, 15 ottobre 1993.24 G. CAPOBIANCO, Il Recupero della memoria cit., pp. 112, 113; cfr. anche S. BUONANNO,C. CIMMINO (a cura di), Terra di Lavoro durante l’occupazione nazifascista nelle indagini degliallievi delle scuole della provincia, «Rivista Storica di Terra di Lavoro», Anno XV, gennaio-dicembre 1990, nn. 26/27, pp. 79-82.25 Ringrazio la Signorina Zompa, la Signora De Quattro e i Signori Giuliano e Visco per ladisponibilità. Le audiointerviste originali e i testi sbobinati sono custoditi presso l’IstitutoCampano per la Storia della Resistenza, sezione di Caserta.

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depurata, per quanto possibile, da ogni elemento che possa ostacolare laricerca della verità storica26.

La domenica mattina del 10 ottobre 1943, verso le 10-10:30, unapattuglia tedesca composta da cinque unità, arrivò a Campagnola conun’autovettura militare. Secondo il racconto dei testimoni la presenza deitedeschi nel piccolo centro abitato era ormai accettata passivamente dallapopolazione. Essi erano soliti perlustrare le fattorie e i piccoli centri al finedi sequestrare generi alimentari e bestiame.

La pattuglia apparteneva probabilmente alla 3a Divisione Panzer-Grenadier, il cui accampamento, secondo il racconto dei testimoni, eranei pressi di Caianello. Molto probabilmente, però, essi erano dislocati traMarzanello e Pietravairano27, località, di solito, genericamente definitadai locali come Caianello. Quella domenica mattina i soldati si dedicaro-no a perlustrare la zona nord-ovest del centro abitato, precisamente viaCirelli. Verso la fine della strada udirono il grugnito di un maiale, cheproveniva da una delle ultime abitazioni in fondo alla strada. Si trattavadella casa della famiglia Romano e all’interno era presente una signoraanziana inferma. Nell’udire le voci tedesche che cercavano di penetrare incasa la povera vecchia iniziò a strillare, non tanto perché corresse unimminente pericolo di vita, ma per cercare di salvare una delle fonti disostentamento della famiglia. Gli strilli della donna giunsero alle orecchiedel figlio Mario, il quale era intento a lavorare in un orto poco distante.

Mario Romano, come tutti gli abitanti di Campagnola, era un con-tadino, e da poco tempo era ritornato al paese, in quanto reduce dalla“Campagna di Russia”. Secondo il racconto dei testimoni, il Romano eraritornato dall’esperienza bellica covando un profondo odio verso gli exalleati tedeschi. Il suo risentimento nacque durante la lunga ed estenuan-

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26 L’episodio di Campagnola ricorda la cosiddetta “strage dei Salesiani” di Garzano diCaserta, del 28 settembre 1943, dove venne lanciata una bomba a mano che uccise un sol-dato tedesco. Anche in quella occasione la reazione fu spietata, la rappresaglia tedesca lasciòsul terreno 18 caduti, tra cui 3 sacerdoti salesiani trucidati nella loro casa. Un altro episodiosimile a quello di Campagnola si ebbe a Capua, dove nella casa colonica di via Brezza 21,un contadino aveva respinto con le armi i tedeschi che volevano razziare il suo bestiame.Ritornati sul luogo con i rinforzi i tedeschi uccisero 12 uomini riparati presso la masseria.G. CAPOBIANCO, Il Recupero della memoria cit., pp. 90-97; N. NANNOLA, I Salesiani diCaserta nella bufera della guerra (1943), «Archivio Storico di Terra di Lavoro», Volume IX,Anni 1984-85, pp. 139-142.27 Ringrazio l’amico dott. Giuseppe Angelone per le importanti e puntuali indicazioni sto-rico-militari fornitemi.

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te ritirata dalla Russia, quando il freddo e il gelo mietevano vittime tra isoldati italiani, mal equipaggiati e mal vestiti. Durante la ritirata, percor-sa a piedi, data la mancanza di mezzi motorizzati, Romano ricordava chespesso aveva chiesto agli alleati tedeschi un passaggio sui loro mezzi di tra-sporto, ma aveva ricevuto secchi rifiuti ed era stato respinto più volte conil calcio dei fucili. Dopo l’8 settembre, con la proclamazione dell’armisti-zio, la delusione si era tramutata in odio nei confronti dell’ex alleato, itestimoni riferiscono che soleva ripetere: «se acchiappo qualche tedesco amodo mio gl’iaggia fa la pelle!».

Il progetto di vendetta del Romano era reale; con sé portava untascapane che conteneva delle bombe a mano, materiale bellico che secon-do un decreto tedesco doveva essere consegnato.

Nell’accorrere verso la sua abitazione, sentendo la madre che urlava,e notando i tedeschi che si stavano introducendo nel “cellaio” della suacasa, il reduce lanciò una o due bombe a mano verso la pattuglia tede-sca28. L’esplosione degli ordigni provocò il ferimento di un soldato, che,secondo i testimoni, era un sottufficiale. I soldati non risposero al fuoco,ma prelevarono il commilitone colpito, il quale, sempre secondo le testi-monianze, aveva riportato gravi ferite e con il mezzo militare si allonta-narono in direzione di Caianello. I testimoni non possono affermare consicurezza se il sottufficiale fosse sopravvissuto all’attentato o perito inseguito alle ferite riportate. Comunque è accertato che nella zona diMarzano Appio un soldato tedesco sia stato ferito o ucciso29.

La popolazione di Campagnola era preoccupata, sospettava che cisarebbe stata la rappresaglia, la temuta vendetta dei tedeschi. Circolava lavoce che per ogni tedesco ucciso o ferito ci sarebbero stati dieci italiani disesso maschile uccisi30. Gli uomini si diedero alla macchia, presero la via

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28 Le testimonianze divergono sul numero delle bombe lanciate dal Romano.29 G. CAPOBIANCO, Il Recupero della memoria cit., p. 85.30 Secondo lo storico Gerhard Schreiber: «in Italia come altrove i vertici della Wehrmachtper le fucilazioni di ostaggi non si attenevano sempre alla proporzione di uno a dieci che,pur essendo accettata da alcuni giuristi e storici, non era fissata per iscritto né nella QuartaConvenzione dell’Aia concernente la guerra terrestre né in altri regolamenti, ma in caso dirappresaglia davano spesso ordine di uccidere un numero molto più elevato di persone. […]Negli studi di storia militare e nei pubblici dibattiti si continua a sostenere chel’Ordinamento per la guerra terrestre prevedeva per le azioni di rappresaglia una proporzio-ne di uno a dieci. Di fatto, fino al termine della seconda guerra mondiale non è esistita unanorma obbligatoria e generalmente valida che fissasse il numero di persone da uccideredurante le rappresaglie». Schreiber G., La vendetta tedesca cit., pp. 101, 116.

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dei boschi in direzione di Roccamonfina ed Orchi; era di vitale impor-tanza allontanarsi quanto più possibile dal paese e non farsi trovare daisoldati tedeschi.

Nel pomeriggio, verso le 15-15:30, i soldati tedeschi, trasportati dadue camion, provenienti da Caianello, si fermarono all’inizio del paese eincominciarono a circondare il borgo. I testimoni parlano di uomini delle«SS», ma, di solito, nelle testimonianze sulle stragi, si accenna generica-mente alle SS per identificare gli autori di stragi particolarmente crudeli.Tuttavia, agli inizi del mese di ottobre 1943, la presenza di reparti delleWaffen-SS non è dimostrabile nella zona dell’Alto Casertano31. Non si èpotuto stabilire con esattezza né quale unità fosse responsabile dell’opera-zione né il nome del comandante, di cui si è riuscito solamente ad appren-dere che era un capitano di origini austriache. La decisione della rappre-saglia era stata presa probabilmente con il consenso del feldmarescialloKesselring. Infatti, in seguito all’eccidio di cinquantaquattro cittadini diBellona, avvenuto il 7 ottobre 194332, Kesselring aveva emanato un ordi-ne che prevedeva che le esecuzioni di ostaggi dovevano avere obbligato-riamente il consenso del feldmaresciallo; probabilmente tale ordine venneimpartito per riportare sotto controllo la fucilazione di ostaggi, che forse,e l’eccidio di Bellona ne è una dimostrazione, era sfuggita al controllo33.

All’inizio del paese i soldati scovarono tre uomini: GiovanniPiccirillo, Antonio Martino, commerciante di 46 anni, e un soldato ita-liano sbandato. Nel vedere i soldati i tre si diedero alla fuga, ma furonoraggiunti da raffiche di mitra. Giovanni Piccirillo venne ferito, ma riuscìugualmente a fuggire, il soldato italiano riuscì ad allontanarsi incolume,mentre Antonio Martino, gravemente ferito, tentò di mettersi al riparodietro un albero, ma fu scovato e brutalmente massacrato.

In un’altra zona del paese, Luigi De Quattro, di anni 39, invalido,ignaro di quanto stesse accadendo in paese, era su di un albero di fico araccoglierne i frutti, quando fu raggiunto dal basso da una scarica di mitrache lo freddò.

Intanto, nel resto del paese era in atto il rastrellamento. La popola-

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31 F. ANDRAE, La Wehrmacht cit., p. 91.32 G. CAPOBIANCO, Il Recupero della memoria cit., pp. 77, 78.33 È da notare, però, che per la strage di civili avvenuta a Conca della Campania, che costòla vita a 40 persone, non risulta che sia stato richiesto il consenso di Kesselring. G.SCHREIBER, La vendetta tedesca cit., pp. 145, 155, 156.

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zione venne fatta uscire con la forza dalle abitazioni, donne e bambinifurono con violenza condotti nel luogo del raduno, la diciannovenneAngelica De Quattro gettata giù per le scale riportò la rottura di alcunidenti, un’altra bambina venne trascinata sul luogo dell’adunata con i pie-dini scalzi sanguinanti.

La popolazione rimasta nel paese fu radunata poco distante dallachiesa di S. Pietro e Paolo, in via Piave, precisamente tra vicolo Gorizia evicolo Isonzo. Oltre alle donne e ai bambini, furono rastrellati anche 6uomini, persone che non erano riuscite a fuggire in quanto invalide oanziane. Tra loro c’era Alfonso De Quattro, vedovo, con nove figli, i quali,intuendo l’imminente fucilazione del genitore, facevano scudo con i lorocorpi intorno alla figura del padre. Grazie a questo espediente e alla col-laborazione delle donne del paese che riuscirono a nascondere con i lorocorpi l’uomo, i soldati tedeschi non si accorsero di lui. Un’altra testimo-nianza, invece, vuole che De Quattro fosse stato volutamente risparmiatodai tedeschi mossi a pietà.

Gli altri uomini furono allineati presso un muretto a secco per lafucilazione, precisamente lì ove attualmente sorge la stele in ricordo deimartiri. Solamente Antonio Marcello, secondo le testimonianze, vennerisparmiato in quanto avrebbe dovuto seppellire i morti.

Intanto, i soldati tedeschi si abbandonarono al saccheggio del nego-zio di generi alimenatari, mentre altri entravano nelle cantine e sparavanoalle botti di vino. Fu data alle fiamme anche una casa in località Corvara,che i tedeschi presumevano fosse quella dell’attentatore, ma risultò essereun’abitazione disabitata.

La furia dei soldati, secondo i testimoni, era irrefrenabile. Uno diquesti, senza rispettare gli ordini del capitano, scaricò una raffica di mitracontro Marcello Giacomo, invalido, di anni 53, il quale era in fila con glialtri uomimi. Le donne nel vedere la scena dell’uomo ucciso iniziarono astrillare e furono rinchiuse all’interno di un magazzino.

I testimoni raccontano che il capitano austriaco, nel vedere trasgre-dire gli ordini impartiti, fece mettere sull’attenti i soldati e li richiamò alladisciplina. Secondo la testimone Angelina De Quattro: «il comandante halitigato ai soldati. Ha fatto un present’tarm de’nata manera!». Inoltre,prima che le donne fossero rinchiuse nel “cellaio” spiegò loro, grazieall’aiuto di un inteprete, che la fucilazione degli uomini era doverosa, inquanto anche il soldato tedesco vittima dell’attentato aveva famiglia edava disposizione ai soldati di rinchiudere le donne e i bambini nel

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magazzino affinchè non assistessero alla scena della fucilazione. Ma ledonne sbirciando dalle tavole sconnesse della porta, poterono assistereall’esecuzione.

Secondo le testimonianze, il primo ad essere ucciso fu PatrizioMartino, contadino, di anni 81; poi fu la volta di Vincenzo De Quattro,contadino, di anni 73 e, infine, Paolantonio Loffreda, anche lui contadi-no, di anni 83. I corpi furono gettati al di là del muro a secco, dove c’erauna depressione del terreno. Una delle vittime, ancora agonizzante, riuscìad allontanarsi carponi e morì poco distante dal luogo della fucilazione. Icadaveri, tra cui uno era rimasto infilzato su di un palo, secondo una ver-sione furono lasciati lì per l’intera notte, secondo un’altra furono seppel-liti sotto il controllo tedesco.

La furia nazista non provocò vittime solo nel piccolo centro diCampagnola; una pattuglia di soldati prese come ostaggio la giovaneRosina Giuliano e si recò nel vicino borgo di Tuoro Funaro, frazione diMarzano Appio, distante circa 2 Km da Campagnola34.

Per quanto riguarda la ricostruzione dell’episodio di Tuoro Funarole testimonianze divergono: una versione vuole che udendo i motori deimezzi militari un contadino, Paolo De Quattro, di anni 71, si affacciassealla finestra e venisse fatto oggetto di colpi di arma da fuoco, che uccise-ro lo sfortunato; un’altra versione vuole che Paolo De Quattro si fosseribellato ai tedeschi che stavano uccidendo le sue galline e per tale moti-vo venne colpito alla schiena da una raffica di mitra.

Intanto a Campagnola la sete di vendetta tedesca non era ancorastata appagata, non trovando altri uomini in paese furono uccisi tre asini.Secondo il testimone Luigi Giuliano il capitano sostenne che avrebberodovuto uccidere dieci persone, così :«ne avevano ammazzati sette, più tresomari e arrivarono a dieci».

Dopo aver completato la strage le donne e i bambini furono libera-ti e, secondo la testimone Angelina De Quattro, i soldati tedeschi distri-buirono ai bambini le caramelle sequestrate in una vicina bottega.

Rimane vivo nel ricordo dei testimoni la personalità del capitanoaustriaco, una figura che si distingueva dal resto dei soldati per la sua con-

Guerra ai civili: la strage di Campagnola (Marzano Appio) – Note preliminari

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34 La presa di fanciulle in ostaggio era un deterrente per eventuali azioni di guerriglia con-tro le truppe tedesche. Un episodio simile si ebbe il 5 ottobre a Capua, dove 5 soldati tede-schi presero in ostaggio due fanciulle per far fronte ad un attacco partigiano. G.CAPOBIANCO, Il Recupero della memoria cit., p. 97.

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dotta considerata tutt’altro che crudele; secondo Angelina De Quattro, ilcapitano, dopo la fucilazione degli uomini e dopo aver liberato le donne,fece loro un discorso, con l’aiuto dell’interprete, affermando di esseremolto dispiaciuto per ciò che era stato obbligato a fare, però si giustificòdicendo che «la persona che hanno ammazzata [cioè il sottufficiale tedesco]aveva anche lui moglie e figli». Secondo la testimonianza del maestro ele-mentare Stanislao Visco: «gli SS erano cattivi e quello [il capitano] nonriusciva a fermarli “Ferma qua!”, “Ti ho detto fermo!”, […] e quelli […]sparavano dappertutto. Vedevano e non vedevano: nei buchi, nelle porte,nei cortili. Sparavano continuamente e quello sempre a fermarli […]. Senon fosse intervenuto continuamente chissà quante cose avrebbero fatto».Secondo Visco «il comandante tedesco era un austriaco che non potevatanto vedere i vari tedeschi […]. Era più dolce di animo. […] Lui tende-va soltanto a bloccare più che possibile questi delle SS. Quelli erano cat-tivi! Non guardavano niente assolutamente […]. Erano…infernali!»

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“ad pontem Fractum”, 73[anixia], 66

Abruzzi, 103Abruzzo, 63, 99acqua della Cerreta, 112Acquara, 108, 109Adria, 63Aglano, 81nAilane, 53Ailano, 88Alatri, 136nAlbiniano, 81nAlderado (pastina de), 81nAlifas, 49Alife, 61Alife, 76, 77, 86, 87, 88, 94Alifia, 76, 79, 80n, 81nAlifiæ, 80n, 81nAlifiam, 83ALIFIE, 76Allifae, 34Allifis, 53Altamura, 12Alto Casertano, 145n, 153Anagni, 80Anagniam, 82

Andria, 62Angiò, 59, 61, 84, 86, 91, 92, 94Aprutii, 64Apuleam, 78Apulia, 62Aquino, 49, 51, 74, 77Aquinum, 54Aquisgrana, 82Aragona, 61, 71n, 92, 93, 94, 99,103Aragonie, 106Aragonum, 105Aragonum, 108Arezzo, 149Arpinum, 53Ascalona, 64nAste, 139Atapuerca, 12Atina, 43Atinæ, 53Auximi, 49Aversa, 51, 135, 135nAversae, 135nAversæ, 81nAylanum, 85bagnoli, 80n

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INDICE TOPONOMASTICOI toponimi sono elencati nelle varianti attestate

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Bairano, 43Bairanum, 79ballanorum, 80nBalnea Puteolana, 82Bandra plana, 53Banis, 87Bantra (rocca quae dicitur), 52Bantra Comitalis, 48Bantra comitalis, 53Bantra Monacisca, 48Bantra, 49Barim, 78Barletta, 101, 104, 112, 112nBasilicate, 56Bellona, 149Benafro, 45, 46Benevento, 37, 84Benevento, 46Blackburn, 136nBlois, 108Bojano, 81nBologna, 149Brienne, 81Brindisi, 81, 82, 87Broccum, 53Bussone, 80nCabo Espichel, 9Caianello, 57, 71n, 151, 152, 153Caianello, 58n, 60, 69n, 114Caiano, 88Caiazzo, 50, 74, 149Caivano, 141nCajani, 79Cajano, 81nCajanum, 79Cajatia, 81nCajeta, 53Cajete, 52

Calab.a, 61Calabria, 62Calabria, 61Calabrie, 62Calabritto, 117Caleni, 61Calenum, 83Calvi, 81nCalvo, 45, 46, 49, 59Calvum, 83Camelo, 88Camerino, 136Camigliani, 102nCamigliani, 105, 106camigliano, 103nCamigliano, 64, 108, 112Caminaglia, 64, 112Camini, 103nCamini, 105, 105n, 106camini, 111nCamino (Monte), 33, 145Camino, 54, 103, 103n, 104, 108,110camino, 103Camino, 108Caminum, 53, 54n, 79Campagnola, 149, 150, 151,151n, 152, 155Campania, 34, 81, 136, 145, 148nCampania, 53, 83Campiglione, 143campo di Pipino, 112Campoclaro, 81nCampoli, 88Candia, 71Cantalupo, 81ncapriata (castellum), 49Capriata, 88

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Capriata, 48, 50, 53, 75, 81nCapriato, 45, 46Caprile (monte de), 44Capua Vetere, 42nCapua, 37, 41, 42n, 49, 59, 60,64, 67n, 71, 74, 101n, 104, 112,113, 115, 116, 117, 151n, 155nCapua, 45, 46, 48, 49, 62, 64n,65n, 66, 66n, 67, 68, 69, 69n, 70,71, 81n, 108, 114, 114n, 116,117, 117nCapuæ, 47, 80nCapuam, 41n, 48, 62, 83Capue, 102nCapue, 62, 105, 106Cardona, 94Carinola, 60Carnelli, 78Carnello (Fluvio), 78Carnello, 44nCasa Fortini, 50, 74Casafortini, 53Caserta Vecchia, 141Caserta, 91, 92, 94, 150, 150n,151nCasertæ, 80nCasini montis, 53Caspoli, 91, 102, 103nCaspoli, 64, 69n, 112, 114Caspolum, 54nCaspuli, 53, 79Caspulo, 88Cassino, 7n, 77, 145Castel Cucuruzzo, 88Castel Riardo, 88Castel Rignano, 60Castel Rocca S. Vito, 88Castel S. Felice, 88

Castelgalluccio, 59castro Casino, 45, 46castrum Casini, 49castrum Casinum, 53castrum novum, 53Catania, 136nCatuielli (li), 65nCave (le), 65nCayanelli, 61Cayani, 55Cayano, 57Celani, 62Celenza, 65Celenza, 64n, 65n, 70Cerolanis, 81nCerro (Startiam de), 81nCervara, 48Cervaru, 49Cervarum, 53Cesama, 49Cesame, 45, 46Cesamo, 73Cesima (Monte), 33Cesima, 44, 44n, 45nChalons, 110Chiaromonte, 90, 91Chonca, 71nCicercle, 44Cilenti, 100Cilento, 100nCingla, 45, 46, 49Cingola, 88Cingula, 53Città del Capo, 15nClanei, 81nClariano, 59Clarice, 57Claromonte, 90, 91

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Cocuruzzo, 49, 74colle de Vuardia, 44Collealto, 50Collealto, 59Collemezzo, 77Comino, 51Cominu, 53Conca della Campania, 41, 71,149, 153nConca, 33, 41, 42, 43, 44, 47, 49,51, 54, 56, 57, 58, 59, 60, 62, 64,65, 67n, 70n, 71, 74, 91, 115Conca, 43, 44, 44n, 45n, 46, 47,48, 49, 50, 52, 53, 56, 57, 58, 64,64n, 65, 65n, 66, 67, 68, 69, 70,71, 71n, 75, 112, 115Concam, 62Conce, 54n, 55, 56, 57, 61Concha, 43, 45, 63Conchae, 43, 48, 51, 54, 56, 66n,69n, 114, 114n, 115Conche, 57, 62, 63, 69n, 114, 115,116Cordova, 104, 104nCornellano, 79Corpi, 65nCortona, 149Corullanum, 80nCorvara, 154Cosenza, 59Costantinopoli, 57, 58, 67nCucuruczu, 52Cucurutium, 79Cucuruzzo, 88Cucuruzzum, 50, 53, 74Cuneo, 56Daja, 81ndomito (lo), 99, 100

Domum, 79Draconis, 80nDurazzo, 60, 92, 141, 141nEuropa, 9, 18Farfa, 73Ferentino, 81Ferola, 65nFerrara, 80, 119Ferrara, 119, 120, 121Ferraria, 81Ferraria, 43, 79, 80n, 83Florencza, 95Foggia, 122, 128Forcanisi, 44Foresta, 10Formam (ad), 52Formicola, 93formicule, 61Foroli (castrum), 53Fossaceca, 79, 81nFracta, 75Fractæ (castellum), 52Fracte, 53fracte, 75Francia, 15n, 103, 104, 108Francilione, 48Francillonis, 49Francisca (via), 44Frattarum, 50, 74Frattis, 50, 75fraxiti, 80nFuscone, 88Gaeta, 60, 103Gaieta, 46Gallicio, 58galluccio, 103nGalluccio, 33, 54, 57, 62, 78, 91,102

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Galluccio, 57, 58, 69, 69n, 114Gallucio, 58Gallucium, 78, 79, 85gallutij, 102n, 103nGallutio, 54, 54nGallutium, 54n, 62Garigliano, 35, 50, 74, 104, 145Gayran, 60Germania, 147Geronem S. Maurum, 81nGerusalemme, 81, 82Gioia, 88Gioja, 61Giptij, 64Gironis, 79Gorizia, 154Granada, 103Guarinam, 81nGuevara, 69nInghilterra, 136nInteramna Lirenas, 49, 74Ioya, 86Isernia, 60Isonzo, 154Italia, 10, 31, 34, 35, 37, 38, 39,55, 145, 145n, 146, 147Italiam, 38Januli, 80nJunctura, 48, 49, 53Kent, 16La Valle, 65nLaetoli, 15Lagopesole, 86Laina, 120Lama Montenegro, 63Lama, 69n, 114Langebaan Lagoon, 15nLarath, 92

Laterani, 79Lauro, 60Lazio, 145Leajario, 81nLiardo, 122Liburia, 46Liburiam, 41nLigneville, 117Ligneville, 117nLiguria, 141Limata, 44nLimatola, 60Lione. 43Lisbona, 9lo Domito, 100nLondra, 12Longani, 57Lorena, 52Lustra (selva di), 100nLustra, 100nlustri (casale), 100Lustri (Cesale), 99Lyris, 50, 75Maddaloni, 134, 135, 136, 139,141, 142, 142n, 143, 144, 144nmagnani, 111nmajores (Montes), 80nManfredonia, 110Marchano, 81nMarciani, 55Marczanelli, 61Marczani, 61Marczano, 61Martola, 88Marzana, 79Marzanello, 71n, 88, 151Marzanello, 60, 85Marzanellum, 79

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Marzani, 55Marzano Appio, 31, 31n, 33, 150,152, 155Marzano Appio, 150Marzano, 60, 71n, 88, 93, 94, 133Marzano, 58, 59, 60, 61, 62, 63,66, 81nMascaro, 59Mastrale, 85Mastrallo, 88Mastralti, 90Mastrate, 71nMastrati, 90Mastrati, 71nMatese, 33Matesii, 81nMazaria, 88Medio Volturno, 146Melpha, 44nMertula, 79Messanæ, 81nMessino, 54nmignani, 100, 111nMignani, 66n, 69n, 75, 85, 93, 99,105, 106, 108, 109, 110, 113,113n, 114, 114, 116, 117, 117nMignano Monte Lungo, 73, 76mignano, 103n, 112mignano, 101nMignano, 33, 49, 64, 65, 73, 74,75, 77, 78, 80, 84, 85, 86, 87, 88,89, 89n, 90, 91, 92, 93, 94, 94n,95, 99, 100n, 101, 102, 103, 104,105, 108, 109, 111, 111n, 112,113, 114, 115, 116, 117, 145Mignano, 59, 66n, 69n, 71, 76, 88,91, 93, 95, 99, 101, 105n, 113n,114, 114n, 115, 116, 117, 117n

Mignanum ,73Migniani, 115, 116Migniano, 101nMigniano, 65n, 117nMignianum, 84nMiniano, 79Miniani, 102nMiniani, 73, 78, 80, 83, 84, 84n,85, 87, 88, 90, 91, 113Miniano, 50, 73, 74, 75, 81n, 86,87, 87n, 89, 90nMinianum, 77, 78, 79, 83, 85Miniyano, 94Minyano, 94Modena, 93, 143Molise, 59, 86, 88, 91Molise, 64, 112Molisi, 58Molisii, 57, 58, 80n, 85, 87nMolisij, 89, 90nMoncada, 109, 110Mondragone, 145Monforte, 104, 108, 110mons Casinus, 48monte castri Casini, 48monte castro Casino, 51monte de Vuardia, 43, 44monte piano (a), 42Monte rodone, 81nMontecassino, 33, 36, 42, 43, 45,46, 47, 49, 52, 75, 77, 112, 113Montevergine, 139nmontis Casini, 75Morroni, 64Mortola (castellum), 52Mortola, 50, 74Mortula, 50, 53, 74, 78Mortulæ, 78

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mugnano, 103Mugnano, 103Nap[oli], 120, 122Napoli, 11, 42n, 59, 60, 61, 64,65, 67n, 69n, 84, 91, 92, 94,100n, 103, 104, 108, 110, 112,113, 114, 115, 119, 135n, 136,136n, 139, 142, 146Napoli, 60, 93, 130Neap., 115neapoli, 111nNeapoli, 58, 59, 83neapolis, 100, 110Neapolis, 41nNew York, 136nNovi, 61Oliveta, 79Orchi, 153Orchi, 65nPadova, 10palena, 66Palena, 67nPalena, 66, 67, 69n, 114Palene, 63Palmento, 79Pantanellanum, 80nParaiba, 9Parete, 65nPatenaria, 39Patria (piscaria), 46pedem Montis S. Salvatoris (ad), 48Pedemonte, 52Pedirculi (Montem), 81nPedismontis (Castrum), 81nPensinæ, 79Penta, 76Pentema, 85Pentima, 90

Pentimarum, 81nPentomarum, 90Pentomis, 81nPerdita, 79perticella, 79Perticella, 80nPerugia, 59, 141Pesmontis, 53Petra (Castrum quod nominatur),79Petra fixa, 80nPetra Molaria, 78Petrae, 133Piañolo, 65nPiave, 154Piccilli, 8, 10, 12, 15, 15n, 18Picinissi, 53Pictolum, 52Piedimonte Matese, 141n, 143Piedimonte presso Alife, 88Pietra Mellara, 88Pietra Vajrana, 132nPietra, 71n, 131, 133Pietravairano, 71n, 142, 143, 151Pila, 43Pilano, 42n, 43Pilano, 44, 44n, 45n, 50, 51Pilanum (castrum), 41, 41n, 42, 43Pileani (mons), 42Piniatari, 48Piniatario, 49Pinnatarius, 53Pizzo la Guardia, 43Plumbarola, 48, 49, 53Podiolo, 56Poggiolo, 56Policastro, 56polleca (casale de), 99, 100

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Pollica, 100nPonte Landolfo, 93Pontecurvo, 44nPontelatone, 94Pontem curvum, 53Pontem Latronem, 62Pontis Latroni, 62Pontislatroni, 61Porta Capuana, 113Portogallo, 9Præsentiani, 80nPraesentianum, 83Prata, 65, 88Prata, 58, 64n, 70, 71n, 80n, 81n,86Pratella, 44, 88Pratella, 71nPratellæ, 81nPratolungo, 43Pratulongo, 43Pratulongu, 44Presensano, 90nPresentiani, 90Presentiano, 76Presentianum, 79Presenzani, 59Presenzano, 31, 33, 76, 83, 88, 93,145, 149Presenzanum, 85Pretam, 83Princ. Cit., 61Principato Citra, 61Principatu, 58Puglia, 12, 61, 110Puglia, 122Puglie, 81Rave, 44Ravenna, 119

Ravenna, 119Repubblica Sudafricana, 15nRiardo, 88Riardum, 83Riardus, 78Rieti, 73Rocca Bancie, 56Rocca Banterani, 79Rocca Bantra, 88Rocca d’Aspide, 61Rocca de Bantra, 49, 90nRocca de vandre, 103Rocca de vandri, 102nrocca de vandri, 103nRocca de Vandrie, 102nRocca d’Evandro, 33, 34, 56, 56n,91, 104, 108Rocca d’Evandro, 103, 105nRocca di Evandro, 103Rocca di Vandri, 93Rocca Miffone, 88Rocca Mondragone, 71nRocca Monfina, 92Rocca Piperoccio, 88Rocca Pipirozzo, 93Rocca Romana, 88Rocca Romana, 78, 80nRocca S. Crucis, 79Rocca S. Vito, 88Rocca Sorella, 84Rocca, 54nRoccadevandro, 103, 108, 110Roccæ Dragonis, 80n

Roccamonfina, 11, 12, 33, 71n,102, 153Roccamonfina, 60Roccaromana, 58

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Roccavecchia, 44Rocce (castri), 56Rocce de Aspro, 61Rocce de Bancia, 56rocce de vandre, 111nrocce de vandri, 103nRocce Evandri, 106Rocce Mifini, 55Rocce Montisfini, 61Rocce Vandri, 108Roccevandri, 105rocche de vandre, 111nRoma, 47n, 82, 86, 87, 136n, 145Roma, 121, 128romagnano, 102nRomagnano, 64, 112Rome, 86, 87Rossani, 63Rossano, 94Rupecanina, 76, 77Russia, 151, 152s. Agatha Beneventana, 81nS. Ambrosii, 49s. Ambrosius, 53s. Andreæ (castellum), 53S. Andreæ, 48, 49S. Angeli (castellum), 49, 53, 78S. Angeli de Ravecanina, 81nS. Angeli, 48, 53S. Angelo di Raviscanina, 44S. Angelo di Rupe Canina, 88S. Angelo in Theodice, 77S. Apollinaris, 48, 49, 53S. Eleutherii, 80ns. Eliæ, 53S. Felice di Mignano, 74S. Felice, 88S. Felice, 45n

S. Felicis (castellum), 49S. Felicis (Castrum), 79S. Felicis (Cortem), 73S. Felicis (Curtem), 53S. galerani (Jardinum), 80nS. Georgii (castellum), 49S. Georgii, 48s. Georgius, 53s. Germani (civitate), 53S. Germani, 48S. Germano, 55, 82, 83, 84, 86,87, 88, 92, 113S. Germano, 101S. Giovanni Incarico, 77S. Heliaæ, 49S. Heliæ, 48S. Joannis Inclusas (Colonia), 79S. Johanne in Clusa, 81nS. Johannis (castellum), 49 S. Johannis, 48S. Maria di Oliveto, 88S. Petri (castellum), 49S. Petri in fine, 113

S. Petri in Flia, 48, 49s. Petri inflea, 53S. Petri, 48, 80nS. Petro in fine, 78, 81nS. Pietro in Fine, 88S. Pietro Infine, 33, 112, 113, 145S. Salvatore, 78S. Salvatori, 78S. Stefani, 48s. Stephani, 53s. Urbani, 53S. Victore, 78S. Victori, 78S. Victoris, 102nS. Victoris, 48, 49, 113

Indice toponomastico

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s. Victoris, 53S. Vito (Rocca di), 43S.ti Angeli Ravis Canine, 61S.to Miele, 65nSajanum, 79Sala, 49Salerni, 99Salerno, 77, 100n, 145Salerno, 58Sambucaro (Monte), 33San Pietro Infine, 92San Vito della Marca, 120Sanctam Luciam, 99, 100Sancti Angeli de Ravecanina, 79sancto Felice, 44, 44nSancto Felice, 58sancto Germano, 83Sancto Severino, 99, 100sanctum Angelum in Maiolisi, 77sanctum Germanum, 82Sanctum Gervasum, 88Sanctum Vitum, 43, 44Sangri, 80nSanseverino, 94, 100nSant’Agata de’ Goti, 141n, 144Santa Lucia, 100nSaraciniscum, 49Sardegna, 8Sarraceniscum, 48Sarriani, 61Sassi, 61Satriano, 61Savoia, 139nScafati, 52Sclavi, 53Scosse, 104Septem Fratrum, 53Sernia, 83

Sessa, 55, 60, 62, 71n, 93, 94,100n, 112, 133Sessa, 60, 63, 66Sesto, 88, 91, 93Sexti, 91Sextum, 85Siciliæ, 80n, 81nSicilie, 108Siena, 37Silice (Startiam de), 81nSilvæ Candidæ, 49silvam de Lustra, 100Silvam de lustra, 99Sima de los Huesos, 12Sineville, 71Sipicciano, 65nSipizzanu, 43, 44Sonnino, 120Sora, 59, 84, 86, 87Spagna, 12, 103, 108, 112Sparanise, 149Spoletii, 41nSpoleto, 73Squillace, 61Squillacij, 61Startiam S. Petri locus, 80nStrangolagalli, 93Suessa, 45, 46, 49, 90nSuessæ, 79, 81nSuessam, 62Suesse, 61Suesse, 99, 100Suessola, 42nSuessula, 41nSugio, 88Sujum, 53Suram Surellam, 53Surrento, 81n

Terra filiorum Pandulfi. IV

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Surretellas, 81nSvevia, 54, 77, 84Syris, 78T. di Lavoro, 86T.ra di Lavore, 65n, 67, 68, 69T.ra Lab.s, 61Tallacauzzus, 79Tallacotti, 80n, 81nTanzania, 15, 16Teani, 83Teano, 33, 42, 43, 50, 51, 71n, 74,81, 88, 92, 101, 131, 132, 132n,145Teano, 49, 61, 120, 122, 126Teanum Sidicinum, 34Teanum, 47Telese, 86, 87Telesiæ, 80n, 81nTerame (castellum), 52Terame, 53Teramo, 49, 74Terra Amata, 15nTerra di Lavoro, 42n, 56n, 59, 62,71n, 73, 86, 88, 91, 94, 102, 114,146Terra di Lavoro, 60, 64, 89, 112,115Terra di S. Benedetto, 51, 53, 55Terra Lab.s, 61Terra Laboris, 58terra S. Benedicti, 46terra Sancti Benedicti, 44Terra Santa, 82terrae laboris, 66n, 113nterram filiorum Pandulfi, 83Terram laboris, 62terrami filiorum Pandulphi, 83Terrasanta, 55

terre laboris, 102n, 103nterre laboris, 64terre Laboris, 116Terre Laboris, 57, 58, 85, 87n, 89,89nterrelaboris, 102nTerrelaboris, 69n, 114Terripunzi (li), 65nTheani, 61, 80nTheanum, 85Thora, 54nThoram, 54nThore, 61Thori, 105, 108Tiano, 132nTiano, 43, 45, 46, 101Tirreno, 51Toledo, 136nTora, 8, 10, 12, 15, 15n, 18, 33,54, 88, 91, 105Torcino, 43Tori, 108Torino, 139n, 141Toroculum, 49Torraca, 56Torre di Francolise, 71nTorre Magna, 61Tortiniello, 65nToruculum, 53Torum Sindonis, 80nTraetto, 88Trajecti, 81nTramontium, 80nTrento, 9nTrisulti, 136nTriuci, 65nTroia, 122Troia, 61

Indice toponomastico

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Trojam, 78Tuoro Funaro, 155Turocolo, 88Turrem de mare, 52Turrim S. Herasmi, 57Turris ad mare, 53Turucculum, 48Umbria, 141Ungheria, 136Ungheria, 81Vagrani, 79Vaiitano, 81nVairano Patenora, 44Vairano, 83, 88, 119Vairano, 59, 127Vairanum, 83Vajrano, 133Valladolid, 109, 112Vallem Rotundam, 49Vallemfrigidam, 53Vallicardi, 65n

Vallis rotunda, 48Vallis Rotunde, 93Vallisfrigida, 48, 49Valmontone, 59Vayrano, 90nVenafro, 51, 71, 86, 92, 93, 145Venafro, 49, 58, 59, 81nVenafrum, 34, 83Verdesca, 127Verona, 95Vezzara, 65nvia Francisca, 43Viachiara, 65nVicalvo, 87Vicum album, 53Villamontano, 60Vinclatorio, 81nVineoli, 56Volturno, 36, 37, 43, 50, 74, 145Vulturni (flumen), 80n

Terra filiorum Pandulfi. IV

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INDICE

— Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3

— ADOLFO PANARELLO, Le “Ciampate del diavolo” fra leggendae realtà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7

— ADOLFO PANARELLO, Note preliminari per lo studiodell’incastellamento originario nel territorio dell’attualeComunità Montana “Monte S. Croce” . . . . . . . . . . . . . . . . . . .31

— ADOLFO PANARELLO, Note e documenti per la storia feudaledel castello di Conca della Campania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .41

— ADOLFO PANARELLO, Note e documenti per la storia feudaledel castello di Mignano Montelungo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .73

— GIUSEPPE ANGELONE, Una Relatione inedita sull’Abbaziadella Ferrara di Vairano Patenora (1613) . . . . . . . . . . . . . . . . .119

— GIUSEPPE ANGELONE, L’affresco della Madonna col Bambino nell’abside del Santuario di Santa Maria della Vigna a Pietravairano (CE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .131

— MARCO DE ANGELIS, Guerra ai civili: la strage di Campagnola(Marzano Appio) – Note preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .145

— Indice toponomastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .157

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Finito di stamparenel mese di aprile 2005

presso la INTERGRAPHICAVairano Scalo (CE)


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