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Wound Bed Preparation - Surgical Devices and … consegue in termini di impegno assistenziale e di...

Date post: 09-Dec-2018
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A cura di: Piero Bonadeo Mario Marazzi Marco Masina Elia Ricci Marco Romanelli Wound Bed Preparation: evoluzione della pratica clinica secondo i principi del TIME
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A cura di: Piero BonadeoMario MarazziMarco Masina

Elia RicciMarco Romanelli

Wound Bed Preparation:

evoluzione della pratica clinicasecondo i principi del TIME

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Si ringrazia per aver gentilmente concesso il materiale iconografico:Vincent Falanga (per la figura 5)Mario Marazzi (per le figure 2, 3 e 9-13)Rossella Marchiori (per la figura 6)Laura Musio (per la figura 1)Battistino Paggi (per le figure 4, 7 e 8)

Piero Bonadeo, Dirigente medicoIstituto di Chirurgia Vascolare eAngiologia, Università degli Studi diMilano; Presidente nazionaleAssociazione Italiana per le UlcereCutanee (AIUC)

Mario Marazzi, ResponsabileStruttura Semplice di TerapiaTessutale (Centro di RiferimentoRegionale per la Coltura di EpidermideUmana in Vitro e Banca per laCrioconservazione dei Tessuti,Ambulatorio Ferite Difficili eAmbulatorio Ustioni) della StrutturaComplessa di Chirurgia Plastica eCentro Ustioni, DipartimentoEmergenza Ospedale Niguarda Ca’Granda di Milano

Marco Masina, Responsabile U.O.Semplice Lungodegenza Post-Acuti,Ospedali di Bentivoglio e Budrio (BO);Direttore FF U.O. di GeriatriaOspedale di Bentivoglio; Consiglierenazionale AIUC

Elia Ricci, Professore a contratto diVulnologia, Facoltà di Medicina eChirurgia, II polo Ospedale S. Luigi diOrbassano, Università degli Studi diTorino; Membro del Consiglio DirettivoAIUC; Membro dell’EuropeanPressure Ulcer Advisory Panel(EPUAP)

Marco Romanelli, RicercatoreClinica Dermatologica, Università degliStudi di Pisa; Presidente EPUAP;Council member della EuropeanWound Management Association(EWMA)

Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata o riprodotta anche elettronicamente senzaautorizzazione scritta dell’editore.

Editore:

Stampa: settembre 2004

Con il contributo educazionale di

*smith&nephew

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Wound Bed PreparationAmpiezza del problema e aspetti economiciGestione del paziente con lesioni croniche

Guarigione delle feriteFerite acute e croniche

•Coagulazione• Infiammazione•Proliferazione cellulare e riparazione della matrice•Rimodellamento del tessuto cicatriziale

Ambiente delle ferite cronicheEssudato delle ferite croniche

Principi TIME della Wound Bed PreparationT per tessuto: come comportarsi con il tessuto devitalizzato

•Collagenasi•Caso clinico

I per infezione: la risoluzione dell’infezione•Tipo di ulcera•Specie batteriche•Carica batterica•Trattamento dell’infezione•Disinfezione della ferita•Cadexomero iodico•Argento nanocristallino•Terapia antimicrobica topica•Terapia antimicrobica sistemica•Caso clinico

M per macerazione: ripristinare il bilancio dei fluidi•Caso clinico

E per epidermide: margini dell’epidermide alterati•Caso clinico

Inquadramento diagnosticoValutazione clinica del pazienteValutazione della ferita

•Valutazione della perfusione tessutale•Valutazione dei margini e della cute perilesionale•Valutazione del dolore

Tecniche innovative

Conclusioni

Appendice 1: classificazione e impiego delle medicazioni avanzate

Appendice 2: aspetti diagnostici specifici dei vari tipi di ulcereUlcere vascolariUlcere di Marjolin da cicatrici di ustioneUstioni in guarigione per seconda intenzioneUlcere del piede diabeticoUlcere da pressioneUlcere infiammatorie

Bibliografia

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evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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C on l’espressione Wound BedPreparation si indica l’insiemedelle procedure di gestione diuna ferita che ha l’obiettivo di

accelerare i processi endogeni diguarigione e di promuoverel’efficacia di altre misureterapeutiche. La Wound BedPreparation consente di definire inmaniera sistematica i punti suiquali si deve articolare la strategiadi trattamento delle feritecroniche attraverso lacomprensione dei meccanismibiologici che spieganol’alterazione del processofisiologico di riparazionetessutale. Un approccio di questotipo andrebbe preso inconsiderazione per tutte le feriteche non tendono a progredirenormalmente verso la guarigione.

AMPIEZZA DEL PROBLEMA E ASPETTI ECONOMICILa gestione delle ferite croniche èun tema importante dal punto divista medico ed economico,eppure mancano linee guidaspecifiche che ne consentano unagestione standardizzata.L’importanza del problema è stata

a lungo sottostimata, soprattuttoper la mancanza di datiepidemiologici aggiornati chepermettano di inquadrarne legiuste dimensioni e tutto ciò chene consegue in termini diimpegno assistenziale e di costisociali e finanziari.

Il processo di guarigione di unaferita viene definito insufficientequando la lesione non guariscenell’arco di 6 settimane. A renderedifficile una ferita possonoconcorrere anche lecaratteristiche locali della lesione,la disponibilità di una terapiaadeguata e la difficoltà diindividuarne l’eziologia. Questoperché la riparazione è unavariabile critica che a sua voltapuò dipendere da altri fattori ditipo diagnostico e terapeutico. Trale ferite dell’arto inferiore che nontendono a guarirespontaneamente, al primo postoper incidenza troviamo le ferite diorigine venosa (70%), seguite daquelle arteriose (10%), da quellemiste arteriose e venose (10%) eda un gruppo molto vasto (10%)in cui si collocano le ferite

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metaboliche delle malattieconnettivali e neoplastiche(tabella 1).

Nelle casistiche domiciliari leulcere croniche più frequenti sonole ulcere cutanee degli artiinferiori, il distretto corporeo piùspesso colpito dalle alterazionidel trofismo locale conseguenti avasculopatie venose e arteriose, aneuropatie e a diabete. Il diabetemellito rappresenta una dellecause principali di ulcerazionicutanee a livello degli arti inferiori,in quanto concorre a determinarenon solo neuropatia periferica, maanche micro e macroangiopatiedistrettuali, a cui si aggiunge unaridotta resistenza alle infezioni.Nell’insieme, queste alterazionicontribuiscono a creare diversiquadri patologici, tra cui il piedediabetico, motivo di frequentiospedalizzazioni nei pazienti conquesto disturbo.

In ambito geriatrico,prevalentemente ospedaliero e dilunga degenza, le piaghe dadecubito occupano un posto dinotevole rilievo, esprimendo la

necessità di individuare unapproccio più completo alpaziente e alle sue moltepliciproblematiche sanitario-assistenziali. La maggioreincidenza si osserva in pazienti dietà superiore ai 65 anni, incondizioni generali spessoprecarie, con scarsa mobilità enutrizione scadente, nei qualifattori determinanti come lapressione e l’attrito localeagiscono su una cute senile(assottigliata, disidratata, menovascolarizzata, ecc.) e dallepotenzialità metaboliche eriparative fortemente limitate.

Per quanto riguarda i datiepidemiologici relativi allasituazione italiana, una ricercamulticentrica dell’AISLeC(Associazione Infermieristica perlo Studio delle Lesioni Cutanee),studiando una popolazioneospedaliera di 2.144 soggetti, hacalcolato che nel 1994 laprevalenza delle lesioni dadecubito era pari al 13,2%,limitatamente a reparti dimedicina e chirurgia generale,terapie intensive, traumatologie e

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Tabella 1.

Incidenza dei vari tipi di lesioni dell’arto inferiore Lesioni Incidenza

Ulcere venose (varicose, post-trombotiche, 70%da insufficienza valvolare profonda primitiva)

Ulcere arteriose (aterosclerotiche, tromboemboliche, 10%ipertensive, da morbo di Burger)

Ulcere miste (a prevalenza venosa o arteriosa) 10%

Ulcere diabetiche (con o senza componente arteriosa) 5%e multifattoriali

Altre ulcere (vasculitiche, ematologiche, angiodisplasiche, 5%reumatologiche, connettivitiche e collagenopatiche, post-traumatiche pure, neoplastiche e cancerizzate, da farmaci e iatrogene)

(Nelzen et al. 1997)

riabilitazioni. Nello stesso studiola percentuale di lesioni rispettoalla popolazione a rischio variadal 18 al 47% a seconda deireparti, con un tasso più elevatonelle medicine e nelletraumatologie.

Mentre nel 1984 solo il 30,4%dei pazienti veniva trattato conun presidio antidecubito, adistanza di 10 anni la ricercaAISLeC ha evidenziato un uso ditali presidi nel 53,6% deisoggetti a rischio e nel 73,3% diquelli con una lesione (AISLeC1995; AISLeC 1996). Tuttavia, trale 150 strutture sanitarie (di cui30 in ambito domiciliare)interpellate nel 1996 per valutarela diffusione di specifici protocollioperativi, l’AISLeC ha rilevatoche solo il 41,3% impiegavaprocedure standardizzate ditrattamento e che ausili a finipreventivi erano presenti solo nel50% delle unità operative,considerando esclusivamentequelli più semplici. Per quantoriguarda invece i presidi, cioèprodotti e medicazioni per iltrattamento delle lesioni cutanee,

è risultato un abuso di quelliobsoleti o di quelli addiritturacontroproducenti se usatiroutinariamente (AISLeC 1998).

Facendo una sintesi dei risultatidei più importanti lavori, unostudio italiano del 1996 (DiGiulio 1996) ha stimato dal 4 al9% l’incidenza delle lesioni dadecubito nei pazientiospedalizzati, con punte del 15-20% in quelli più anziani o neireparti di rianimazione (25%). Larilevazione effettuata nel 2001dalla Regione Emilia Romagnaha mostrato una prevalenza del7,1% nei reparti per acuti,suggestiva per la presenzamedia giornaliera complessivadi 700 pazienti con ulcere dapressione negli ospedaliregionali (Grilli 2002). Gli studiche si sono occupati dellalocalizzazione delle lesionihanno dato risultati concordi: ilsacro, i glutei e i talloni sono lezone a più elevato rischio. Quasila metà delle lesioni cheinsorgono durante il ricoveroappaiono entro i primi 7 giorni didegenza, dato che suggerisce la

necessità di instaurare unastrategia di prevenzione fin dalleprime ore del ricovero (AA. VV.1992).

Nel 2002 una seconda rilevazionecondotta dalla Agenzia Regionaledell’Emilia Romagna (Moro et al.2003) in 3 Aziende SanitarieLocali (ASL) ha messo in evidenzauna maggiore prevalenza dilesioni da pressione nellestrutture territoriali (28,3% negliospiti delle Residenze SanitarieAssistenziali o RSA e 13,7% inquelli delle Case Protette). Altridati (AISLeC 2002) confermanoche la situazione delle lesionicutanee in ambito domiciliare egeriatrico è più grave rispettoalla realtà ospedaliera; in uncampione di 3.648 pazienti inregime di assistenza domiciliarele percentuali di lesioni al 3° e4° stadio in carico eranosensibilmente superiori, paririspettivamente al 56,43% e al96,84%. I pazienti con lesioni dapressione erano il 34,26% in ADI(Assistenza Domiciliare Integrata)e il 16,12% in RSA di tipogeriatrico. Quelli con lesioni

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vascolari erano il 25,85% in ADI eil 2,11% in RSA.

In materia di farmacoeconomia, ilprimo requisito per valutare ilcosto di una malattia è ladisponibilità di accurati datiepidemiologici. Purtroppo finorala mancanza di dati univoci especifici della realtà italiana nonha consentito di ottenere unastima sufficientemente precisa delpeso economico delle lesionicutanee croniche all’interno dellaspesa sanitaria nazionale. In Italia nel 1996 gli episodi diricovero in cui l’assistenza è stataprevalentemente orientata altrattamento di ulcerazioni cutaneesono risultati 11.113, con unaspesa di 93 miliardi delle vecchielire e 185.329 giornate di degenza(Ministero della Sanità 1997). Nel1999, i dati emersi dal sistema dirilevazione basato suiRaggruppamenti Omogenei diDiagnosi o DRG (tabella 2) hannoevidenziato una media di 32giornate di ricovero per ciascunpaziente con lesioni cutaneecroniche (Ministero della Sanità2000).

Sicuramente questi datisottostimano ampiamente lasituazione reale, in quanto ilsistema dei DRG non consente diidentificare i casi in cui le lesionicutanee sono state trattatenell’ambito di un ricoveroavvenuto per una diagnosiprincipale diversa (per esempio:diabete mellito con complicanzevascolari). Nella rilevazioneeffettuata nel 2001 dalla RegioneEmilia Romagna la lesione dapressione era riportata comeelemento di co-morbiltà nel DRGdi dimissione solo nel 11% deipazienti (Cavicchioli 2001). Lestatistiche disponibili secondoDRG permettono dunque diattribuire alle ulcere cutaneeesclusivamente gli episodi diricovero prevalentemente orientatialla cura di questa patologia, cherappresentano solo unaminoranza dei casi di feritecroniche trattate in ospedale.

Nella tabella 3 (pag. 10) sonosintetizzati i costi sanitari per lelesioni ulcerative venose derivatida una analisi della letteraturainternazionale e riportati nella

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Tabella 2.

Spesa italiana per le lesioni cutanee a termini DRG per acuti,anno 1999 DRG N° pazienti Spesa totale (euro)

113 6.303 51.173.484114 2.900 15.408.595213 880 4.068.887217 3.970 27.034.882263 1.872 11.146.515264 3.700 12.640.159271 11.411 41.863.572285 212 1.735.004287 310 1.709.053

Totale 31.558 166.780.151

revisione del 2003 delle Lineeguida diagnostico terapeutichedelle malattie delle vene e deilinfatici (Collegio Italiano diFlebologia 2003).

Un’indagine condotta in Italia haevidenziato come il costoassistenziale annuo sostenuto dalServizio Sanitario Nazionale perdiagnosi, ricovero e terapia deicirca 30.000 pazienti affetti dapiede diabetico abbia superato i330 miliardi di lire (Fedele 1994).Nel Regno Unito le lesioni da piedediabetico sono risultateresponsabili di 1,25 milioni di giornidi ricovero all’anno, con una spesacomplessiva equivalente a 527

miliardi delle nostre vecchie lire(Laing 1991). Lo studio svedese(Ragnarson-Tennval et al. 1997) suicosti di trattamento del piedediabetico ha messo in evidenza ladipendenza delle spese dallagravità delle ulcerazioni. Tali spese infatti, sono risultatemediamente pari (su base annuae riportate ai prezzi del 1990) acirca 8 milioni di lire per le ulceresuperficiali, a 27 milioni di lire perle ulcere profonde e a circa 100milioni di lire nel caso di pazienticon gangrena o che hanno subitoamputazione.

Per quanto riguarda le ulcere dadecubito, la spesa annua per iltrattamento nel Regno Unito èstata stimata pari a 300 milioni disterline. Negli Stati Uniti, dovecirca 1 milione di individuiall’anno sviluppa una lesione dapressione, i costi di trattamentosono risultati superiori a 6,5miliardi di dollari (NPUAP 1989). In questo Paese si calcola che ilcosto per la cura di tutte le ulcerecutanee, riferito alle speseassistenziali necessarie per ognisingolo paziente, sia compreso

tra 5.000 e 50.000 dollari (IMI1996). Si parla perciò di unasomma che sarebbe circa 2,5volte superiore a quellanecessaria per prevenire lapatologia nei pazienti a rischio.

In tutte queste situazioni, èdimostrato come l’evoluzionedell’ulcera influiscasignificativamente sulla prognosidel paziente, condizionando inmodo sostanziale non solo la suapossibilità di recupero funzionalee quindi la qualità di vita, maanche la sua stessasopravvivenza. Il fenomeno nelsuo insieme rappresenta pertantoun problema di salute pubblicacon un impatto rilevante in terminidi risorse assistenziali assorbite,se si considera che questelesioni, proprio per la difficoltà diguarigione e l’elevata tendenza arecidivare che le caratterizzano,richiedono cure prolungate eospedalizzazioni frequenti.

In considerazione del progressivoinvecchiamento dellapopolazione - l’aumento previstodegli ultrasessantacinquenni è

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Tabella 3.

Costi annuali delle ulcere venose dalla letteratura internazionaleStato Valuta Costo

Stati Uniti* Dollari > 1 miliardoInghilterra* Sterline 400-600 milioniGermania* Euro 204,52 milioniSvezia* Euro 32,94 milioniFrancia* Euro 36.000 (spesa media/ulcera/anno)Italia** Euro 125,499 milioni

(*Nicolaides et al. 2000; **AA.VV. 1997)

del 25-30% entro il 2020 - ancheil numero delle ferite croniche èdestinato ad aumentare (Agren etal. 1999). Le lesioni cutaneecroniche sono pertanto destinatea diventare un problema semprepiù importante. Uno studiocondotto negli Stati Uniticonsidera questo tipo di lesionicutanee la causa della perdita dicirca 2 milioni di giornatelavorative ogni anno e uno deifattori determinantinell’abbandono definitivo dellavoro. Tutto ciò impone, accantoa un’immediata attivazione dirisorse e di personale,l’individuazione di strategie digestione standardizzate cheottimizzino i mezzi terapeuticiattualmente disponibili,consentendo di ottenere unariduzione dei tempi di guarigionee di quelli complessivi diospedalizzazione.

GESTIONE DEL PAZIENTECON LESIONI CRONICHEIn Italia, la gestione delle lesionicroniche non segue una modalitàuniforme su tutto il territorionazionale. L’approccio al

problema appare al contrarioestremamente frammentario, conpeculiarità locali a seconda dellediverse realtà sanitarie regionali.È possibile comunqueindividuare come tendenzagenerale quella di prediligere iltrattamento domiciliare deipazienti. Nelle realtà sanitarie incui l’assistenza domiciliare nonesiste o non riesce a copriretutte le esigenze terapeutiche,l’unica alternativa èrappresentata dal ricoveroospedaliero, che comporta costidecisamente più elevati.

Nella maggior parte delle Regioni,lo specialista (chirurgo generale,vascolare o plastico, angiologo,dermatologo, diabetologo,geriatra) è chiamato a interveniresistematicamente nel formulare ladiagnosi e nell’impostare unapproccio olistico al paziente.Sono rare, invece, le realtàsanitarie italiane in cui il ruolo delmedico di medicina generale(MMG) è centrale nella gestionedelle ulcere croniche. Data lafunzione chiave svolta dal MMGsul territorio e la conoscenza

globale che egli ha del propriopaziente, è auspicabile che siinstauri una collaborazione attivafra la medicina di base e quellaspecialistica al fine di integrare lecompetenze e gli ambiti diintervento nella gestione di questipazienti.

Quando presente sul territorio,l’unità operativa dell’assistenzadomiciliare, oltre al medicocurante, coinvolge quasi sempreun infermiere che si occupadirettamente di effettuare iltrattamento e di gestire i farmacie i vari presidi. Per questo èimportante che l’infermiereprofessionale diventi una figurasempre più orientata verso unasorta di specializzazione in“wound care”, grazie anche acorsi di perfezionamento teoricie pratici. Gli infermieri spessosono dipendenti dell’AziendaSanitaria Locale (ASL), oppuresono organizzati in cooperativeo in associazioni che sidedicano alle cure palliative; inalcune realtà esistono soloinfermieri privati. In altri casi l’assistenza è fornita

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i principi del TIME

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da medici e infermieri di varietipologie di strutture sanitariecome quelle per l’AssistenzaDomiciliare Integrata (ADI), leResidenze Sanitarie Assistenziali(RSA) di tipo geriatrico o le casedi riposo. Per quanto riguarda icosti dei trattamenti la situazionenon è più omogenea: si passa daquelle ASL che sostengono tuttele spese relative a farmaci epresidi, garantendo anche lacompleta assistenzainfermieristica in ADI, a quelle cherimandano tutte le spese a caricodel paziente, fatta eccezione per icasi di invalidità completa cheprevedono l’esenzione.

Nella tabella 4 è schematizzatauna proposta operativa studiataper la Regione Lombardia, maapplicabile a qualsiasi realtàsanitaria. Essa prevede che lagestione del paziente con ulceracronica sia affidata a strutturesanitarie diverse e allo stessotempo complementari, in strettainterazione tra di loro e con lafigura del MMG. All’interno di talerapporto collaborativo, il MMG ècoinvolto in un flusso reciproco di

informazioni che permette diottimizzare il risultato terapeuticoa beneficio del paziente.

Nel cerchio più interno si trova unastruttura sanitaria ospedaliera di 1°livello in cui opera un teammultidisciplinare di specialisti qualiil diabetologo, il chirurgo plastico,il chirurgo vascolare, ildermatologo, ecc., in grado dieffettuare qualsiasi intervento ditipo chirurgico, da quello piùcomplesso alla semplicemedicazione. Il paziente che nonnecessita più di una strutturaprotetta di 1° livello può continuarela terapia in un ambulatoriochirurgico ospedaliero, ossia inuna struttura di 2° livelloorganizzata per eseguiremedicazioni e piccoli interventi. Ilpaziente che può essere seguito inregime domiciliare può essereaffidato a una ADI designata dallaASL su richiesta del MMG. Il pianoterapeutico della ADI, identificatacome struttura di 3° livello,prevede la visita periodica dellospecialista e dell’infermiereincaricato di gestire farmaci epresidi.

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Struttura complessa 1° livello:team multidisciplinare (chirurgoplastico, diabetologo, chirurgovascolare, chirurgo ortopedico,dietologo, radiologo, fisiatra,dermatologo, geriatra, internista)

Struttura 2° livello:Ambulatorio medico/chirurgico

Struttura 3° livello:Assistenza Domiciliare Integrata

Medici di Medicina Generale

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AmbChir

AmbChir

AmbChir

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AmbChir

AmbChir

Struttura 2° livello

Struttura 1° livello

MediciMedicinaGenerale

ADIStruttura 3° livello

Tabella 4.

Schema operativo per la gestione delle ulcere croniche sul territorio della Lombardia

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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FERITE ACUTE E CRONICHE

I l processo di riparazione cutaneaè caratterizzato da unacomplessa cascata di eventi; visono coinvolte risposte cellulari

e umorali volte a restaurare lacontinuità del tessuto e aripristinare una condizionemorfologica e funzionale il piùpossibile vicina a quella originaria. Per quanto riguarda le ferite acute,il processo di guarigione si articolain quattro fasi principali (tabella 5,pag. 15):

•coagulazione• infiammazione•proliferazione cellulare e

riparazione della matrice•epitelizzazione e rimodellamento

del tessuto cicatriziale

Questi stadi raggruppano unasequenza di eventi che in parte sisusseguono e in parte sisovrappongono l’un l’altromostrando una strettainterdipendenza, per cui è possibileschematizzarli solo per ragioni disemplicità. La durata complessivadel processo di riparazione è

variabile, ma di tutte le fasi quelladi rimodellamento è la più lunga,potendo durare anche 2 anni.

Punto chiave del meccanismoriparativo è la tendenzadell’organismo a ricoprire la zonadanneggiata attraverso lamigrazione dell’epitelio disuperficie. In seguito questecellule, a contatto con il tessutosottostante, vengono sottoposte auna serie di segnali biologici che,all’interno di un processo diriparazione normale, portano allaricostituzione di una superficieepiteliale ben differenziata e allacorretta reazione del tessutomesenchimale sottostante. Disolito, il destino successivo dellariparazione cutanea è la cicatrice,caratterizzata da un tipicoaddensamento del tessutoconnettivo in cui le fibre collagenesi organizzano in spessi fasciparalleli.

Quando per varie ragionil’organismo si discosta da questoprocesso per difetto diriparazione, le ferite esitano inulcere croniche. A differenza di

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quanto si osserva nelle feriteacute, in quelle croniche lasequenza ordinata di eventiriparatori viene sovvertita o“arrestata” a uno stadiointermedio. Per recuperare unacorretta riparazione è necessarioidentificare il motivo dellamancata progressione e prenderei provvedimenti adeguati acorreggere l’ambiente nel quale laguarigione deve avere luogo.

Ciò che accade nelle ulcerecroniche è la mancanza diun’adeguata riepitelizzazione checomporta in genere unprolungamento dello statoinfiammatorio (Hasan et al. 1997;Agren et al. 1999; Cook et al.2000). Quando le celluledell’epidermide non riescono amigrare attraverso il tessuto dellaferita, si assiste a unaiperproliferazione ai margini dellastessa che interferisceulteriormente con la normalemigrazione cellulare attraverso illetto della ferita.

La comprensione dei processicellulari che sottintendono alla

guarigione fornisce informazionipreziose sulle ferite che nonguariscono. Invece di tentare diapplicare un provvedimento dopol’altro, i principi della Wound BedPreparation consentono discegliere razionalmente gliinterventi capaci di correggere lealterazioni cellulari sottostanti.

CoagulazioneDurante la prima fase, il dannolesivo a carico dei vasi determinala fuoriuscita del sangue e quindila formazione del coagulo. Lospazio compreso tra i marginidella ferita viene così a essereoccupato da una ricca rete difibrina, plasma, leucociti e altrielementi cellulari ematici. Lepiastrine attivate durante ilprocesso di emostasi danno inizioalla guarigione della feritarilasciando diversi mediatorisolubili, tra i quali fattori dicrescita e di migrazione cellulare(tabella 6, pag 16). Questidiffondono rapidamente dallaferita attirando nell’area dellalesione diverse celluleinfiammatorie. All’interno dellaferita i fattori di crescita stimolano

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Tabella 5.

Le fasi della riparazione tessutaleTipo di evento Cellule coinvolte

Processo Piastrinedi coagulazione

Processo Piastrine

infiammatorio Macrofagi Neutrofili

MacrofagiProcesso Linfocitidi migrazione Fibroblastie proliferazione Cellule epiteliali

Cellule endoteliali

Processo Fibroblastidi rimodellamento

(modificata da Falanga V)

Ore Giorni Settimane

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Tabella 6.

Elementi del processo di riparazione delle feriteElementi cellulari e non Attività

Piastrine Rilascio di fattori di crescita e di migrazione cellulareCellule infiammatorie e fattori proinfiammatori:

- complemento Distruzione dei batteri, rilascio delle proteasi, attrazione delle cellule della ferita- neutrofili- macrofagi

Cellule della ferita:

- cellule epiteliali Ricostituzione dello strato epidermico, produzione delle proteine della matrice extracellulare, controllo della sintesi dei fattori di crescita

- fibroblasti Sintesi dei fattori di crescita, del collagene e dell’elastina e secrezione della lisilossidasi, con produzione della matrice extracellulare

- cellule dell’endotelio vascolare Produzione della matrice extracellulare, controllo della sintesi dei fattori di crescita, neoangiogenesiProteine della matrice extracellulare Formazione di una matrice temporanea sopra la ferita

Metalloproteasi di matrice (MPM):

- collagenasi Disgregazione della matrice extracellulare danneggiata attraverso la distruzione di collagene, - gelatinasi gelatine, fibronectina, laminina, ecc.

Citochine Regolazione dell’infiammazioneCheratinociti Rilascio di vari fattori di crescita, in particolare il fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF)

e il fattore di crescita epiteliale (EGF)Fibrina Componenti della matrice della ferita nelle fasi inizialiFibronectinaCollagene Formazione del tessuto cicatrizialeElastinaLisilossidasi Formazione del reticolo di collageneTrombospondina Molecola della matrice extracellulare, formazione della matrice provvisoriaIntegrina Proteina della matriceFattori di crescita:

- fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF) Induzione della proliferazione e regolazione dell’attività delle cellule della ferita come le cellule- interleuchina-1β epiteliali, i fibroblasti, le cellule dell’endotelio vascolare, stimolazione della deposizione della matrice- fattore di crescita basico dei fibroblasti (bFGF) extracellulare. I singoli fattori di crescita incrementano la sintesi del collagene, attivano le cellule- fattore di crescita trasformante (TGFα e β) endoteliali, incrementano la proliferazione e la migrazione dei cheratinociti, dei fibroblasti e delle- fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) cellule endoteliali.Inibitori tessutali delle metalloproteasi (TIMP) Inibizione delle attività delle MPM

la proliferazione di vari tipi dicellule (cellule epiteliali,fibroblasti, cheratinociti e celluledell’endotelio vascolare) e neregolano le funzioni, come laproduzione delle proteine dellamatrice extracellulare cheforniscono la matrice per il nuovotessuto di granulazione.

InfiammazioneLa coagulazione del sangue e ilprocesso di degranulazione dellepiastrine danno il via alla fasedell’infiammazione. Durantequesta fase si verifica unanotevole vasodilatazione,aumenta la permeabilità capillare,si attiva il complemento e sicompie la migrazione digranulociti neutrofili e macrofagiverso la sede della ferita. Ineutrofili e i macrofagi svolgonoun’azione di protezione dallacontaminazione batterica e didetersione del sito di lesionemediante digestione dei detrititessutali danneggiati. Essi infattisono in grado di fagocitare edistruggere i microrganismipatogeni e di rilasciare proteasiche degradano i componenti

danneggiati della matriceextracellulare. Tra le sostanze liberate daimacrofagi ci sono le citochine,importanti messaggeri attraverso iquali le cellule infiammatoriecomunicano tra loro esercitandosegnali di stimolo e di inibizioneche consentono il controllo dellarisposta infiammatoria. Nelpassaggio alla fase successiva odi proliferazione, i macrofagisvolgono dunque un ruolofondamentale rilasciando fattori dicrescita e fattori chemiotattici cherichiamano nella ferita fibroblasti,cellule epiteliali e celluledell’endotelio vascolare performare, a circa 5 giorni dallalesione, il tessuto di granulazione.

Proliferazione cellulare e riparazione della matriceAl decrescere del numero dicellule infiammatorie nella ferita, ifibroblasti, le cellule endoteliali e icheratinociti dell’epidermideassumono il controllo della sintesidei fattori di crescita, checontinuano a promuovere lamigrazione e la proliferazionecellulare. Per soddisfare le elevate

esigenze metaboliche dellaproliferazione cellulare e dellasintesi di nuova matriceextracellulare, si osserva unmarcato aumento dellavascolarizzazione dell’area dellalesione. Grazie alle celluleendoteliali si realizza laneoformazione di capillari mentrei fibroblasti, cellule fondamentalidel tessuto connettivo, sioccupano di sintetizzare icomponenti della matriceextracellulare. Questo tessuto,formato da una densapopolazione cellulare di macrofagie fibroblasti immersi in unamatrice di tessuto fibroso lassoriccamente vascolarizzato,costituisce il tessuto digranulazione.

La perdita di tessuto dovuta allalesione viene inizialmente riempitada una matrice provvisoriacostituita prevalentemente dafibrina e fibronectina. Via via che ifibroblasti vengono attirati nellamatrice sintetizzano nuovocollagene, elastina e altre molecoleche formano la cicatrice iniziale esecernono la lisilossidasi, la quale

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crea un reticolo nel collagene dellamatrice extracellulare. Tuttavia,prima che i componenti dellamatrice di nuova sintesi possanointegrarsi adeguatamente con lamatrice dermica esistente, ènecessario che vengano rimossetutte le proteine danneggiate. Talecompito viene svolto dalle proteasiliberate da fibroblasti e celluleendoteliali, comprese lecollagenasi e le gelatinasi, chefanno parte della superfamigliadelle metalloproteasi di matrice(MPM). Per azione di questesostanze enzimatiche inizia ilrimodellamento della matriceprovvisoria e la modificazione deltessuto di granulazione fino aricostituire una matriceconnettivale in cui il rapporto tracollagene di tipo I e di tipo III èriportato a valori più vicini allanorma.

Da ultimo si realizzal’epitelizzazione della lesione,ossia la proliferazione e loscivolamento delle celluleepiteliali dai margini liberi dellaferita verso il centro. Le celluleepiteliali migrano sul tessuto di

granulazione e vanno a ricostituirelo strato epidermico, portando atermine la riorganizzazionetessutale per quanto riguarda ilnumero di strati e la lorodifferenziazione. Solitamente laproliferazione e la riparazionedurano diverse settimane, finchéil completamento della barrieraepiteliale induce un arresto deifenomeni reattivi sia infiammatoriche proliferativi, mentrel’angiogenesi ritorna a valorinormali con rimozione dei vasi ineccesso.

Rimodellamento del tessutocicatrizialeLo stadio finale della riparazionedi una ferita consiste nellaformazione della cicatrice, cheinizia simultaneamente allaformazione del tessuto digranulazione e si completa con ilsuo rimodellamento. Durante lafase di sintesi delle molecoledella nuova matriceextracellulare, che prosegue perdiverse settimane dopo l’inizialechiusura della ferita, la cicatrice èspesso visibilmente rossa erilevata. Nell’arco di diversi mesi

l’aspetto della ferita di solitomigliora: passa dal rossoviolaceo al rosa biancastro,diviene più morbida ed elastica esi appiattisce. Scompaionoinoltre sintomi quali il prurito e ilbruciore che spessoaccompagnano le fasi iniziali delrimodellamento cicatriziale.

A livello cellulare questo processoè caratterizzato dall’azione dellecollagenasi, che intervengono neldelicato equilibrio tra la sintesi ela degradazione di fibre collagenee matrice extracellulare. Unaparte della popolazione difibroblasti si modifica inmiofibroblasti, acquistandomotilità e capacità contrattile edeterminando la contrazione e laconseguente riduzionedell’estensione della ferita. Nellafase finale del rimodellamento laresistenza alla trazione raggiungeil suo massimo con la formazionedi tessuto cicatrizialerelativamente elastico, costituitoda tessuto connettivo fibrosodenso. La frazione solubile delcollagene si riduce, mentreaumenta quella insolubile nonché

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il numero e lo spessore delle fibrecollagene, che passano da unadistribuzione fibrillare disordinataa uno stato di aggregazione ingrandi fasci sempre più compattie organizzati.

AMBIENTE DELLE FERITECRONICHELe ferite croniche sonocaratterizzate da un difetto dirimodellamento della matriceextracellulare e da un arrestodella fase di riepitelizzazione checomportano un prolungamentodello stadio infiammatorio. Nelleferite acute le citochineinfiammatorie raggiungono laconcentrazione massima nel girodi qualche giorno e poi, se laferita non è infetta, tornano alivelli molto bassi. Nelle ferite chenon guariscono i livellipermangono elevati, mantenendocosì l’ambiente infiammatorio. Ilperdurare dell’infiammazioneimpedisce il passaggio alla faseproliferativa della guarigione.

Nelle normali risposte diriparazione tessutale giocano unruolo importante numerose

proteasi, tra cui le metalloproteasiche regolano la migrazionecellulare e il rimaneggiamentodella matrice extracellulare. Laloro azione è in parte modulatadall’intervento degli inibitoritessutali delle metalloproteasi el’equilibrio tra l’azione di questi equella delle metalloproteasiappare cruciale nel determinare ilbuon esito della guarigione. Nelletto delle ferite croniche,probabilmente a causa dell’effettoproinfiammatorio del tessutonecrotico e di una pesante caricabatterica, si osservano profondemodificazioni a livello cellulare ebiochimico, tra cui un aumentodei livelli delle proteasi chedegradano la matriceextracellulare appena formata. Nerisulta una compromissione dellamigrazione cellulare e delladeposizione di tessutoconnettivo.

Si ritiene che le ulcere venose si“arrestino” alla fase infiammatoriae che quelle diabetiche nonvadano oltre la fase proliferativa(Falanga 2000). Nelle ferite acutela secrezione delle molecole della

matrice extracellulare (come lafibronectina e la trombospondina)ha un andamento ben definito.Nelle ferite croniche sembraesserci una iperproduzione dimolecole della matrice comeconseguenza di una sottostantedisfunzione e di un’alterataregolazione cellulare (Falanga1994). Il fibrinogeno e la fibrinasono ben presenti nelle feritecroniche e si ritiene che queste ealtre macromolecole si leghino aifattori di crescita e ad altremolecole che hanno un ruolo nelfavorire la riparazione della ferita(Falanga 2000). Così i fattori dicrescita, seppur presenti nellaferita in grande quantità, possonovenire intrappolati e quindi nonessere disponibili per il processodi riparazione.

Questa teoria è sostenuta dadiversi studi. I fibroblasti prelevatidalle ulcere croniche mostranouna risposta ridotta a diversifattori di crescita e sembranoessere in uno stato di senescenza(Mendez et al. 1998; Van de Berget al. 1998). Uno studio del 1997(Stanley et al. 1997) ha

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dimostrato che i fibroblasti delderma prelevati dai margini diulcere venose croniche degli artiinferiori crescevano piùlentamente rispetto ai fibroblastiprelevati dalla cute sana dellostesso paziente. Avevano unaspetto senescente, ossiasembravano aver perso lecapacità proliferative e risultavanomeno responsivi ai fattori dicrescita. I fibroblasti del dermaproducono importanti proteinedella matrice quali la fibronectina,le integrine e il collagene con cuiformano una lamina basale sullaquale migrano i cheratinociti. Unascarsa responsività di questecellule può dunque ritardarenotevolmente la riepitelizzazionedella ferita.

ESSUDATO DELLE FERITECRONICHEVari studi hanno analizzatol’essudato delle ferite croniche alfine di comprendere i meccanismiche provocano l’arresto dellaguarigione. Molti altri sono incorso per valutare se alcunicomponenti possanorappresentare marker di facile

misurazione in grado di guidare ledecisioni cliniche e monitorare larisposta al trattamento. Parecchidati dimostrano che l’essudato,rispecchiando la produzione daparte del tessuto per la maggiorparte dei suoi componenti, èsufficientemente attendibile nelfornire informazioni sullacomposizione dell’ambiente dellaferita.

L’esame dell’essudato ha rivelatoche il letto delle ferite croniche èesposto a un ambiente ipossicoe proteolitico che degrada icomponenti della matriceextracellulare e in cui vi èun’espressione di mediatorichimici dell’infiammazionemaggiore che nelle ferite acute.Per esempio le ulcere venosedelle gambe devono essereconsiderate una condizione diinfiammazione cronica, comedimostra il fatto che l’essudatoda queste prelevato contieneun’elevata concentrazione diinterleuchine, proteasi e radicaliliberi dell’ossigeno se comparatocon quello delle ferite acute. Lostress ossidativo, in particolare,

potrebbe essere implicato nellapatogenesi delle ulcere croniche,rendendosi responsabile deldanno di molti costituentibiochimici che intervengono nelnormale processo di guarigione.

Spesso le ferite croniche hannoun pesante carico necrotico - costituito dal tessuto necroticoe dall’essudato - checompromette la guarigione. Inqueste ferite può esserenecessario effettuare unperiodico debridement(letteralmente “sbrigliamento”,cioè detersione del letto dellaferita da tessuto necrotico emateriale estraneo) a mano amano che il carico necroticotende ad accumularsi. Infatti larimozione del tessutodevitalizzato costituisce il metodomigliore per ridurre lacontaminazione batterica.L’essudato delle ferite cronicheinoltre è diverso, da un punto divista biochimico, da quello delleferite acute: rallenta o addiritturablocca la proliferazione di cellulecome i cheratinociti, i fibroblasti ele cellule endoteliali che sono

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essenziali per il processo diguarigione della ferita.Diversamente da quanto succedeper le ferite acute, l’essudatodelle ferite croniche (tabella 7):

• inibisce la proliferazione deifibroblasti (Bucalo et al. 1993)

• impedisce l’adesione cellulare ela migrazione delle celluleepiteliali attraverso il letto dellaferita

•mantiene la rispostainfiammatoria attraverso livellielevati di citochineproinfiammatorie

•contiene macromolecole che,inibendo i fattori di crescita,bloccano la proliferazionecellulare

•contiene livelli elevati dimetalloproteasi di matrice oMPM che distruggono oalterano la matrice neoformata

Dal momento che l’essudato delleulcere croniche può ridurre lepossibilità di guarigione, risultachiara la necessità di interveniresul letto della ferita per ripristinarel’ambiente adatto affinché laguarigione possa realizzarsi.

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Tabella 7.

Essudato delle ferite croniche e suoi effetti sulla guarigione Componenti Funzione Ambiente della ferita cronica Possibile causa

Fibroblasti Produzione delle proteine della Crescita rallentata, incapacità L’essudato della feritadel derma matrice per formare la lamina proliferativa, non responsività cronica può inibire la

basale che permette la ai fattori di crescita proliferazionemigrazione dei cheratinociti

Vitronectina, Cooperazione all’adesione Notevole degrado L’essudato della ferita èfibronectina cellulare sulla lamina basale probabilmente

responsabile della degradazione

Citochine Partecipazione alla risposta Livelli persistentemente elevati Stimolo proinfiammatorioinfiammatorie infiammatoria; nelle ferite acute da parte dell’essudato

raggiungimento di un picco della feritae quindi caduta della concentrazione

Citochine che Induzione della proliferazione Quantità ridotte rispetto alle Effetto inibitorio sullapromuovono cellulare ferite acute crescita da partela crescita dell’essudato della ferita

cronica

Proteasi Degradazione del materiale Rilevante disfacimento o Maggiore concentrazionedella matrice decomposizione del materiale nell’essudato delle ferite

necessario alla chiusura croniche rispetto alledella ferita ferite acute

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L a Wound Bed Preparationriunisce i principi di unagestione globale delle ferite epermette di accelerare il

processo di guarigione spontaneao di facilitare l’efficacia di altremisure terapeutiche. Costituisceun approccio olistico a quellepratiche che consentono divalutare e rimuovere tutte lebarriere alla guarigione, in modotale che la riparazione della feritapossa progredire normalmente.

Ciò che si è appreso suimeccanismi di guarigione dellelesioni acute è stato estrapolatoper sviluppare una strategiaterapeutica applicabile alle feritecroniche, intese comeespressione di un’aberrazione delnormale processo di riparazionetessutale. In una ferita che nonriesce a guarire dopo 6 settimane,una complessa miscela di fattorilocali e dell’ospite deve esserevalutata per comprendere megliola natura della mancataguarigione, in modo daindividuare e conseguentementecorreggere le condizioni chebloccano la riparazione dei

tessuti. In questi casi ènecessario interveniresull’ambiente molecolare ecellulare e trasformarlo in quellodi una ferita acuta in via diguarigione, così che la riparazionetessutale possa procedereattraverso la successionefisiologica delle fasi descritte inprecedenza.

La Wound Bed Preparation è unmodo di concentrarsisistematicamente su tutti imomenti patogeneticifondamentali di una ferita che nonguarisce per identificare lapossibile causa del problema.Incorpora tutte le tecnichestandard di gestione delle ferite,compresi il debridement, lacorrezione dello squilibriobatterico e la gestionedell’essudato. Il risultato è chequeste tecniche vengonoimpiegate in modo piùcoordinato, per garantire laformazione di un tessuto digranulazione di buona qualità cheporti alla completa chiusura dellaferita in modo naturale oattraverso l’applicazione di

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prodotti cutanei o procedure diinnesto.

La gestione locale di una feritache non guarisce comporta:

•una fase di debridement • la gestione dell’essudato • il controllo dello squilibrio

batterico

La tabella 8 illustra in modosemplice la correlazione tra leosservazioni cliniche, lesottostanti alterazioni cellulari egli effetti degli interventi clinici alivello cellulare. Un sistema utileper ricordare il processo dellaWound Bed Preparation è quellodi utilizzare l’acronimo indicatonella tabella, basato sullecaratteristiche visibili delle feriteche non guariscono:

T per tessuto, che è necrotico odevitalizzato

I per infezione o infiammazioneM per macerazione o secchezza,

cioè lo squilibrio dei fluidi chedeve essere corretto

E per epidermide che non avanzasul letto della ferita

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Tabella 8.

Osservazioni cliniche sulla Wound Bed Preparation nelle ferite che non guariscono: cause sottostanti e opzioni gestionali

Osservazioni Presunta WBP - Interventi WBP - Effetti degli Risultaticliniche patofisiologia clinici interventi clinici clinici

Difetto della matrice eresidui cellulari sono diostacolo alla guarigione

Elevata carica batterica oinfiammazione prolungataq citochine

proinfiammatorieq attività proteasicaQ attività dei fattori di

crescita

Secchezza: lentamigrazione delle celluleepiteliali

Essudato in eccesso:macerazione dei marginidella ferita

Cheratinociti non migranti

Cellule non responsive eanormalità nell’attività delleproteasi

Debridement (occasionale o dimantenimento)• chirurgico, enzimatico, autolitico,

meccanico o biologico

Rimozione dei foci infetti: terapia locale/sistemica• antimicrobici• antinfiammatori• inibitori della proteasi

Applicazione di medicazioniavanzate per favorire il giusto gradodi umidità

Bendaggio compressivo, pressionenegativa o altri metodi perrimuovere l’eccesso di essudato

Riaccertare le cause o considerareterapie correttive• debridement• innesti cutanei• terapie di supporto

Fondo della lesione deterso eripristinata funzionalità delleproteine della matriceextracellulare

Riduzione della carica battericao controllo dell’infiammazioneQcitochine proinfiammatorieQattività proteasicaqattività dei fattori di crescita

Ripristinata migrazione dellecellule epiteliali; secchezzaevitata

Riduzione dell’edema, controllodell’eccesso di essudato;macerazione evitata

Migrazione dei cheratinociti epresenza di cellule responsive

Ripristino di un appropriatoprofilo delle proteasi

Fondo della lesione vitale

Controllo dell’infezionee dell’infiammazione

Bilancio dei fluidi(essudato)

Margini epiteliali in attivaproliferazione

Tessuto necrotico odevitalizzato

Infezione o infiammazione

Macerazioneo secchezza -squilibrio deifluidi

Epidermide- margini nonproliferativi osottominati

(p.g.c. dell’International Advisory Board on Wound Bed Preparation)

TTeessssuuttoo• Segni o sintomi clinici: tessuto devitalizzato • Problema sottostante: impedisce l’attività dei fattori di crescita; blocca la

migrazione cellulare; fornisce un focolaio per promuovere o mantenerel’infezione e l’infiammazione

• Intervento: debridement, se necessario ripetuto

La tabella 8 è stata ideata peraiutare l’operatore che si occupadella gestione di una lesione aeffettuare una interpretazionesistematica delle suecaratteristiche visibili e a deciderel’intervento più appropriato. Laprima colonna elenca i segniclinici di una ferita che nonguarisce: dal momento che ifattori di crescita, le cellule e ifibroblasti senescenti non sonovisibili a occhio nudo, lospecialista ha bisogno di segnichiari e visibili da poter valutare alletto del malato.

Per favorire la crescita di tessutosano è essenziale che il lettodella ferita sia benvascolarizzato. Spesso questosignifica trattare il letto dellalesione e prendere inconsiderazione l’insieme deifattori che hanno compromessol’apporto ematico alla ferita. Larimozione del tessuto necroticofavorisce la neoangiogenesi conmeccanismi ancor oggi non deltutto noti. È stato d’altra partedimostrato che sostanzeutilizzate per il debridementenzimatico possono contribuire astimolare l’angiogenesi. Oltre aciò, il tessuto non vitale fornisceun ottimo substrato per lacrescita batterica aumentando ilrischio di infezione, prolunga lafase infiammatoria ritardando laprogressione alla faseproliferativa, costituisce unabarriera meccanica allacontrazione e impedisce lariepitelizzazione (Baharestani1999). Può anche mascherareraccolte di essudato sottostantio ascessi e rendere difficile lavalutazione della profondità dellaferita.

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Figura 1.

Escara secca, slough, tessuto necroticoLesione iatrogena (da stra-vaso) in paziente tossico-dipendente

T per tessuto: come comportarsi con il tessuto devitalizzato La T di tessuto ci ricorda che larimozione del tessuto necrotico èun elemento chiave della WoundBed Preparation per 2fondamentali motivi:

•promuove la riparazione dellaperdita di sostanza

•contrasta la proliferazionebatterica che rallenta oimpedisce la guarigione dellaferita

Tessuto

Se è evidente che la feritacontiene del tessuto necrotico odevitalizzato è necessarioprendere in considerazione unmetodo per rimuoverlo. Questoprocedimento viene di solitodefinito debridement ed èlargamente utilizzato per ottenereuna superficie granuleggiante cheguarirà più facilmente. È piùfrequente che le ferite cronichenecessitino di un debridement dimantenimento, piuttosto che di unsingolo intervento. Nelle feritecroniche, infatti, le alterazionipatogene sottostanti provocanoun continuo accumulo di tessutodevitalizzato con maggiore ominore presenza di fibrina e puòessere necessario il debridementdi mantenimento per ridurre ilcarico necrotico e ottenere untessuto di granulazione sano.Riducendo la contaminazione dellaferita, il debridement contribuisceanche a diminuire la distruzionedel tessuto associata alla reazioneflogistica per il persistente stimolobatterico, preservando la lesioneda un ulteriore deterioramentoconseguente a nuova perdita disostanza.

La detersione del letto dellalesione dal tessuto non vitale èdunque un passo essenziale peril successo del trattamento.Sebbene si verifichi anchenaturalmente, un debridementcoadiuvato dall’esterno accelerail processo riparativo. Negli stadiiniziali della guarigione delleferite si realizza spontaneamenteun debridement autolitico,attraverso l’azione di enzimiendogeni quali elastasi,collagenasi, mieloperossidasi,idrolasi acide e lisosomiali.Contemporaneamente, le celluledella ferita rilasciano sostanzeinibitorie che circoscrivonol’attività di debridement al lettodella ferita, riducendo al minimoil danno del tessuto intatto che sitrova ai margini. Spesso undebridement effettuato conmezzi chirurgici, enzimatici,autolitici o meccanici è tuttoquello che serve per promuovereil primo passo del processo diguarigione.

Esistono 5 metodi diversi,ognuno dei quali presentavantaggi e limiti. Va considerato

che, data la fragilità del tessutoneoformato, i metodi più efficacinel rimuovere i detriti possonoessere, al tempo stesso, i piùlesivi. La decisione di utilizzareun particolare metodo dipendeda vari fattori (tabella 10, pag 30)e inoltre metodi diversi possonoessere associati. La primadistinzione va fatta in base allaselettività del metodo, cioè allasua capacità di condurre ildebridement in maniera mirataverso un bersaglio specifico.Sono considerati selettivi queimetodi che rimuovonoesclusivamente il tessutonecrotico, come quelli autoliticoed enzimatico. Non sono selettivii metodi la cui azione coinvolgeanche parte del tessuto vitale,come si verifica per il tipochirurgico e per quellomeccanico e fisico (con garzabagnata o getto d’acqua ad altapressione).

La tabella 9 (pag. 28) è derivata daun’analisi estesa della letteratura.Per un approfondimento di questitemi si rimanda a Schultz et al.2003.

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Tabella 9.

Metodi di debridement

Debridement chirurgico

Asportazione di tessutodevitalizzato e detriti permezzo di strumentichirurgici taglienti comebisturi o curette (figura 2)

- è il metodo più rapido ed efficace per rimuovere il tessuto necrotico e i detriti tossici- riduce la carica batterica- rimuove le cellule vecchie e senescenti- stimola la perfusione locale- produce una ferita acuta all’interno di una ferita cronica- è l’opzione di scelta nelle ferite estese, con infezione diffusa, quando devono essere

rimossi frammenti ossei o tessuto infetto - si effettua anche in corso di setticemia a patto che il paziente sia sotto copertura

antibiotica- può essere doloroso - può essere eseguito al letto del malato o in sala operatoria e in anestesia a seconda

dell’estensione della necrosi - può provocare sanguinamento (ma questo stimola il rilascio dei fattori di crescita

dalle piastrine) - non è selettivo, potendo approfondire la lesione con aumento della perdita di

sostanza- può danneggiare tendini e nervi- può provocare transitoria batteriemia- deve essere eseguito esclusivamente da un medico esperto nella procedura- deve essere praticato preferibilmente in regime di ricovero (il trattamento domiciliare

è una controindicazione relativa)- non è adatto alle ulcere con vascolarizzazione insufficiente - può risultare costoso soprattutto se richiede l’utilizzo di una camera operatoria - va eseguito con cautela nei pazienti immunocompromessi- il trattamento anticoagulante costituisce una controindicazione relativa- è un approccio troppo aggressivo come trattamento delle piaghe nei malati terminali

Debridement enzimatico

Detersione del tessutonecrotico medianteapplicazione topica disostanze eubiotiche(sostanze chimiche prodotteda organismi viventi): glienzimi proteolitici (figura 3)

Figura 2.

Debridement chirurgico Rimozione di tessutonecrotico in paziente ustionato

Figura 3.

Debridement enzimatico Vasta lesione ulcerativadell’arto inferiore conesposizione di fascia

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- gli enzimi esogeni lavorano sinergicamente a quelli endogeni accelerando il processo diguarigione

- è un processo altamente selettivo: vieneattaccato solo il tessuto necrotico senzadanno per il tessuto sano

- facilita la formazione di tessuto di granulazioneben vascolarizzato

- riduce il volume e l’estensione della ferita- accelera la riepitelizzazione dei margini- contrasta la contaminazione batterica- predispone le condizioni per l’attecchimento di

innesti o lembi- l’enzima più frequentemente usato è la

collagenasi batterica del Clostridiumhistolyticum, mentre fibrinolisina,desossiribonucleasi e streptochinasi hannouna minor evidenza clinica

- è un metodo indolore e incruento- combina caratteristiche di efficacia e semplicità- è facilmente utilizzabile sia in ambiente

ospedaliero che nel paziente in trattamentodomiciliare

- può essere associato ad altri metodi didebridement come quello chirurgico omeccanico

- possono verificarsi fenomeni allergici

Debridement autolitico

Rimozione naturale dei detrititessutali per azione di enzimiendogeni alla lesione stessa

- è un processo altamente selettivo: viene attaccato solo il tessutonecrotico senza danno per il tessuto sano

- coinvolge macrofagi ed enzimi proteolitici endogeni- gli enzimi portano a liquefazione il tessuto necrotico - il punto chiave di questa tecnica è mantenere la ferita umida per

mezzo di bendaggi occlusivi o semiocclusivi a elevataconcentrazione di acqua (idrogel, idrocolloidi, idrofibre, filmtrasparenti)

- le medicazioni umide incrementano il debridement autoliticocontribuendo a creare un ambiente ottimale per l’azione deifagociti

- il microambiente che si realizza nell’interfaccia tra la medicazioneumida e il fondo della lesione promuove la dissoluzionedell’escara e la formazione del tessuto di granulazione

- l’escara secca dovrebbe essere incisa con un bisturi per facilitareil processo autolitico promosso dalle medicazioni umide

- bisogna porre attenzione alla macerazione perilesionale- è un metodo adatto a lesioni con essudato da scarso a

moderato- è virtualmente indolore per il paziente- in pazienti che non tollerano altre forme di debridement può

essere la scelta appropriata a patto che vi sia una bassapossibilità di infezione

- è controindicato se l’ulcera è infetta- va monitorato attentamente per rischio di infezione (il bendaggio

occlusivo potrebbe favorire la crescita di germi anaerobi)- è più lento rispetto a tutti gli altri metodi

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Debridement meccanico e fisico

Rimozione dei detritidal letto della feritacon mezzi fisici comegarze bagnate(medicazioni wet-to-dry), irrigazione dellaferita, tecnichewhirlpool, laser,ultrasuoni

Trattamento biologico(terapia larvale)

- le larve sterili della mosca Lucilia sericataproducono potenti enzimi chedecompongono il tessuto non vitale senzadanneggiare il tessuto di granulazione sano

- gli enzimi sembrano in grado di combatterel’infezione, compreso lo Staphylococcusaureus meticillino-resistente (MRSA)

- a volte è necessario ammorbidirepreventivamente le escare secche

- il contenuto umido della ferita deve esseretenuto sotto controllo per lo sviluppo diinfezione

- le larve possono “annegare” in un essudatoeccessivo ma hanno bisogno di un po’ diumidità

- le medicazioni wet-to-dry favoriscono laseparazione meccanica del tessutodevitalizzato dal letto della ferita al momentodella rimozione della garza, ma non sonoindicate per l’escara

- l’irrigazione della ferita può essere eseguitacon flussi a bassa, media e alta pressione(con o senza recupero del liquido) cheliberano e rimuovono i detriti superficiali, ibatteri, il tessuto necrotico e l’essudato dellaferita

- l’irrigazione della ferita a pressione elevatapotrebbe sospingere ulteriormente i batteriall’interno dei tessuti molli

- la rimozione del bendaggio wet-to-dry puòarrecare disagio al paziente ed è dolorosa

- la wet-to dry non è un metodo selettivo: puòdanneggiare il tessuto e i capillari dineoformazione

- la wet-to-dry è un metodo adatto alle feritenecrotiche in fase infiammatoria ma non alleferite in fase di granulazione con celluleendoteliali ed epiteliali fragili

Tabella 10.

Selezione del metodo di debridementChirurgico Enzimatico Autolitico Meccanico

Rapidità ++++ +++ + ++Selettività tessutale +++ ++++ ++ +Ferita dolente + +++ ++++ ++Essudato ++++ + ++ +++Infezione ++++ ++ + +++Costo + +++ ++++ ++

+ = metodo meno adeguato; ++++ = metodo più adeguato

(modificata da Sibbald et al. 2000)

La collagenasiFra i metodi enzimatici, lacollagenasi è quello piùfrequentemente utilizzato. Essa siè ampiamente dimostrata ilprodotto che meglio concentracaratteristiche di efficacia clinica,tollerabilità e facilità disomministrazione. Numerosi studiclinici ne hanno evidenziato sial’efficacia nella detersione eriparazione tessutale, sia il buonprofilo in termini di tollerabilitàlocale e generale. Inoltre non èda trascurare l’effetto dipotenziamento che la collagenasiesogena detiene sull’attività diquella endogena riscontratanell’ambito della ferita, effettoche porta a una proficuaaccelerazione dei processi didetersione e di guarigione.

La collagenasi è l’unico enzimaproteolitico in grado di attaccare,oltre al collagene denaturato cheforma l’escara necrotica, anchequello nativo, che tiene ancoratal’escara al fondo della lesione. Ègrazie a questo effetto che lacollagenasi risulta in grado direalizzare una detersione rapida e

completa dell’ulcera. Inoltre èstato esaurientementeconfermato che se si utilizza lacollagenasi si ottiene un effettoaltamente selettivo per il tessutonon vitale con risparmio di quellosano. Perciò non si osservainibizione della epitelizzazione ela cute perilesionale non mostrasegni di macerazione.

La collagenasi intervienefavorevolmente anche nelle fasidi granulazione, rimodellamentotessutale e riepitelizzazione. Ipeptidi liberati dalla degradazionedel collagene promuovono infattila chemiotassi e l’attivazione dimacrofagi, fibroblasti echeratinociti a livello dellalesione. La collagenasi trovadunque ampia indicazione in tuttii tipi di ferite, ma risultaparticolarmente utile per larimozione delle escare di feriteestese e ampiamente necrotichein cui siano controindicate letecniche chirurgiche. Inoltre lafacilità di applicazione la rendeadatta al trattamentoambulatoriale e domiciliare delpaziente.

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CCaassoo cclliinniiccooFoto A

Ulcera traumatica sulla superficielaterale della gamba destra inpaziente 58enne di sessomaschile, portatore diinsufficienza venosa. Segni e sintomi: si evidenzia tessutodevitalizzato in parte necrotico; lalesione si presenta a margini irrego-lari e con eritema; il paziente lamen-ta intenso dolore.

Foto B

Aspetto della lesione dopo 3settimane di trattamento. Intervento: medicazione a base diargento nanocristallino con cambiosettimanale.Risultato: presenza di abbondantetessuto di granulazione, scomparsadell’eritema perilesionale, riduzione del dolore.

Foto C

Guarigione completa dopo 6settimane di trattamento.

Caso clinico

IInnffeezziioonnee

I per infezione: la risoluzionedell’infezioneLa I di infiammazione o infezioneci ricorda che una ferita, a causadella perdita della continuitàcutanea e della presenza ditessuto necrotico, è in ogni casoun terreno ideale per lamoltiplicazione dei germi.L’infezione è il principale nemicodi una ferita, in quanto ne ritardala guarigione favorendone lacronicizzazione. A causa dellanotevole invasività di alcunespecie batteriche infettanti, lacomponente microbica puòcontribuire all’aggravamento delle

lesioni e anche delle condizionidel paziente. Talvolta invece isegni e i sintomi di infezione sonosubclinici, come avviene quandosiamo in presenza di un biofilm.

Per biofilm (figura 5, pag. 35) siintende quel sottile strato dimateriale glicoproteico(glicocalice) che viene elaboratodai batteri in attiva replicazione eche appare aderente al letto dellalesione. La presenza di biofilmpuò confondere la diagnosi, dalmomento che la superficie lucidapuò essere scambiata per tessutoepiteliale sano neoformato.L’esistenza di biofilm nel contesto

di una ferita infetta contribuisce aritardarne la guarigione. Inpresenza di biofilm, infatti, sicreano le condizioni affinché isingoli microrganismiinteragiscano scambiandosireciprocamente nutrienti emetaboliti e costituendo vere eproprie comunità battericheorganizzate. I biofilmrappresentano perciò focolaiprotetti di infezione e di resistenzabatterica all’interno della ferita,offrendo protezione ai batteridall’azione degli agentiantimicrobici (antibiotici eantisettici).

Quando una ferita è infettacontiene microrganismi inreplicazione che danneggianol’ospite. In una ferita acutal’infezione è fronteggiata da unarapida risposta infiammatoria cheviene innescata dal rilascio dicitochine e fattori di crescita. Lacascata infiammatoria producevasodilatazione e un notevoleaumento del flusso ematico versol’area della lesione. Questofacilita, tra l’altro, la rimozione dimicrorganismi, detriti esogeni,

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• Segni o sintomi clinici: infiammazione, eccesso di essudato, tessuto digranulazione friabile rosso brillante, cattivo odore (tabella 11)

• Problema sottostante: infezione causata da elevata concentrazionebatterica

• Intervento: debridement, antibatterici, antinfiammatori

Figura 4.

Ferita infettaLesione successiva a pro-cesso infettivo in pazientediabetica

Infezione

tossine ed enzimi batterici daparte dei fagociti, delcomplemento e degli anticorpi.Inoltre viene attivata la cascatacoagulativa, che isola la sede diinfezione in una matricegelatinosa in modo da proteggerel’ospite (Dow et al. 1999).

In una lesione cronica, la continuapresenza di microrganismivirulenti porta a una rispostainfiammatoria massiccia epersistente che alla finecontribuisce a danneggiarel’ospite. Si assiste infatti a unapersistente produzione dimediatori dell’infiammazione e auna costante migrazione dineutrofili che rilasciano nella feritaenzimi citolitici e radicali liberidell’ossigeno, principaliresponsabili del danno tessutale.Si realizza inoltre una trombosilocalizzata e vengono rilasciatimetaboliti ad azionevasocostrittrice che possonoindurre un’ipossia tessutale,provocando un’ulterioreproliferazione batterica edistruzione tessutale (Dow et al.1999).

Esistono diverse variabili che,influenzando direttamente l’entitàdella carica batterica di una ferita,incrementano il rischio che sisviluppi un’infezione. Essecomprendono la quantità ditessuto necrotico presente nellalesione, il numero dimicrorganismi e la loropatogenicità e alcuni fattori legatiall’ospite. Tra questi, la resistenzadell’ospite è estremamenteimportante nel determinare ilrischio di infezione. Un pazientecon resistenze limitate a causa dimalattie concomitanti,dell’assunzione di farmaci odell’età avanzata può sviluppareun’infezione più facilmente di unpaziente in buone condizionigenerali. Perciò la resistenzadell’ospite deve essere semprevalutata ricercando edesaminando in ciascun pazientetutti i fattori locali e/o sistemiciche potrebbero ostacolare laguarigione di una ferita.

I fattori locali che incrementano ilrischio di infezione di una feritaincludono alcune caratteristichedella ferita stessa come

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Figura 5.

BiofilmLesione neoplastica infetta

Tabella 11.

Segni e sintomi di infezione dei tessuti superficiali e profondiSuperficiali Mancata guarigione

Granulazione friabile Granulazione sovrabbondante rosso brillante Incremento dell’essudato o della secrezioneNuove aree di necrosi nella baseDisgregazione del tessuto di granulazioneCattivo odore

Profondi DoloreAumento delle dimensioniCaloreEritema perilesionale > 1-2 cmOsso esposto o raggiungibile con uno specillo

l’estensione, la profondità, laposizione e la durata nel tempo.Per esempio una ferita ampia èassociata a una maggiorcompromissione dell’ospite e diconseguenza a un più elevatorischio di infezione. Una feritasituata al di sopra di unasporgenza ossea come la tibia,con distruzione dei tessuti mollisovrastanti, va controllata per ilrischio di osteomielite (Dow et al.1999). Un altro fattore importanteè lo stato vascolare della lesione,dal momento che un’insufficienteirrorazione arteriosa èfrequentemente causa dicronicizzazione delle ferite(EWGCLI 1991; Carter 1993).Inoltre, se una lesione non èadeguatamente perfusa, èimprobabile che mostri i tipicisegni di infiammazione.

Per quanto riguarda i fattorisistemici che compromettono laresistenza dell’ospite ricordiamo lepatologie vascolari o edemigene,la malnutrizione, l’alcolismocronico e gli stati dismetabolicicome il diabete mellito. Neidiabetici, l’insorgenza di uno

scompenso metabolico conincremento dei livelli glicemici puòessere indicativo di infezionelocale o sistemica. L’uso di farmaciimmunosoppressivi è un altroimportante fattore da considerarenon solo perché compromette laresistenza dell’ospite, ma ancheperché maschera i segni dieventuali infezioni, sia locali chesistemiche (Dow et al. 1999). Pertutti questi motivi, un’attentavalutazione del paziente e il suoassiduo monitoraggio sono diimportanza critica per la correttagestione delle ferite.

In sintesi, il rischio di infezione diuna ferita può essere bendescritto dalla seguente formulache sottolinea come, accanto allaquantità di batteri e alla lorovirulenza, sia la resistenzadell’ospite a rivestireun’importanza critica nellosviluppo di un’infezione (Dow etal. 1999; Sibbald et al. 2000)

Numero di Infezione = microrganismi x Virulenza

Resistenza dell’ospite

Il significato clinico della floramicrobica presente nelle ulcerecutanee varia profondamente inrapporto al tipo di ulcera, allespecie isolate e alla caricabatterica.

Tipo di ulcera Come sulla cute integra, anchenelle ulcere cutanee è possibilerilevare la presenza di numerosespecie microbiche. Sulle lesionicutanee acute (ferite chirurgiche,ustioni, ascessi, ecc.) lapresenza di batteri ha unsignificato clinico importante inrapporto al ritardo dellaguarigione e allo sviluppo diinfezione locale e/o alladisseminazione setticemica.

In una ferita cronica, invece, lapresenza di batteri di per sé nonindica necessariamente che si siaverificata un’infezione o chequesta pregiudicherà laguarigione della ferita (Kerstein1997; Dow et al. 1999).Praticamente tutte le feritecroniche contengonomicrorganismi; certi batteri,presenti in concentrazioni ridotte,

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possono addirittura facilitare ilprocesso di guarigione (De Haanet al. 1974; Pollack 1984). I batteriinfatti producono enzimiproteolitici, come la ialuronidasi,che contribuiscono al debridementdella ferita e stimolano il rilasciodelle proteasi da parte deineutrofili (Stone 1980).

Specie batteriche Nelle ulcere croniche i batteripatogeni più frequentementeisolati sono Gram (+), Gram (-) eanaerobi come riportato nellatabella 12 (File et al. 1995;Danielsen et al. 1998).

Quando presenti nelle ferite,alcuni microbi richiedono untrattamento a prescindere dallacarica infettante. Fra questi vannosegnalate le specie aggressivedirettamente responsabili diinfezione e della conseguentedistruzione dei tessuti riportatenella tabella 13. Anche gli streptococchi beta-emolitici sono quasi semprepatogeni da trattareindipendentemente dal numero dicolonie rilevate nelle lesione.

Sono state osservate importantidifferenze nelle specie dei microbiresponsabili di infezione aseconda della patogenesi dellaulcera cronica e va ricordato chela flora microbica di una feritacronica si modifica nel tempo(tabella 14, pag. 38). Questeinformazioni costituiscono unautile guida al trattamento in attesadei risultati degli esami dilaboratorio.

Carica battericaI dati sperimentali sul ruolo dellacarica batterica nel determinarel’infezione di una ferita non sonounivoci. In presenza di batteri aelevata patogenicità come lostreptococco beta-emolitico sonorilevanti anche basse carichemicrobiche, ma in generel’infezione si sviluppa in presenzadi una carica infettantesignificativa, cioè di unaconcentrazione di microrganismisuperiore a 105 unità formanticolonie (CFU) per grammo ditessuto (Gardner et al. 2001).Sfortunatamente questo dato siottiene unicamente mediante unametodica, l’esame colturale del

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Tabella 12.

Specie batteriche patogenepiù frequentemente isolatenelle ulcere cronichePseudomonas aeruginosaStaphylococcus aureusEnterococco (Streptococcus faecalis)Proteus mirabilisEscherichia coliEnterobacter cloacaeAcinetobacter speciesEnterobacteriaceae (Citrobacterspecies, Klebsiella species)

Tabella 13.

Specie microbiche aggressivedirettamente responsabili diinfezioni cutaneeMycobacterium speciesBacillus anthracisYersinia pestisCorynebacterium diphtheriaeErysipelothrix speciesLeptospira speciesTreponema species Brucella speciesHerpes zosterHerpes simplexFunghi dimorfi invasivi(Histoplasma species,Blastomyces species,Coccidioides immitis)Leishmania species

materiale prelevato dal biopticofondo della lesione (Levine et al.1976), che per la sua complessitànon è entrata nella praticaroutinaria.

Tra gli approcci diagnosticidisponibili per valutare la caricabatterica, la tecnica del tamponesemiquantitativo rappresenta unprocedimento pratico e sempliceche ben si correla con i risultatiottenuti mediante biopsiaquantitativa (Dow et al. 1999).Dopo aver irrigato il letto dellaferita con soluzione fisiologica perrimuovere i colonizzatorisuperficiali e dopo avercompletato il debridement, si faruotare un tampone sul letto dellaferita fino a ottenere del fluido. Ilmateriale così prelevato viene poiinoculato su un terreno solido estrisciato in 4 quadranti. Unacrescita 4+, ossia nel quartoquadrante (> 30 colonie),corrisponde approssimativamentead almeno 105 microrganismi pergrammo di tessuto misurati conbiopsia quantitativa (Thompson etal. 1990). Questa tecnicaconsente il campionamento di

un’ampia zona della superficiedella ferita e, a fronte di unaelevata sensibilità, presenta unaminore specificità inducendo unmaggior numero di falsi positivi(Sapico et al. 1980).

Il significato clinico del ruolosvolto dai batteri nelle ferite sipuò rappresentare in 4 livelli, chepossono anche succedersitemporalmente nella medesimalesione:

•contaminazione: presenza nellaferita di microrganismi che nonsono in attiva replicazione;comprende la maggior parte deigermi che si trovano nellalesione

•colonizzazione: presenza dimicrorganismi che si replicanoma che non danneggianol’ospite. Tra questi siannoverano i comunicommensali della cute comeStaphylococcus epidermidis eCorynebacterium species, che inmolte circostanze hannodimostrato di incrementare laprobabilità di guarigione delleferite (Rodeheaver et al. 1975)

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Tabella 14.

Colonizzatori della ferita nel tempoFerita acuta Flora cutanea abitualein fase iniziale Gram (+) (es. S. aureus, streptococchi

beta-emolitici)

Quattro settimane, E. coli, Proteus e Klebsiella speciesferita cronica

Deterioramento Flora anaerobicapersistente della ferita

Diversi mesi Di solito 4 o 5 patogeni tra i quali bastoncelliaerobi Gram (-) spesso di origini esogenecomprendenti Pseudomonas species,Acinetobacter species e Stenotrophomonasspecies

•colonizzazione critica: presenzaimportante di batteri inreplicazione che provoca unritardo nella guarigione dellaferita (Browne et al. 2001;Sibbald et al. 2001) in assenzadi una infezione vera e propria(figura 6)

• infezione: presenza dimicrorganismi in attivareplicazione accompagnata dadanno tessutale

Un microrganismo patogeno puòinizialmente colonizzare la feritasenza danneggiare l’ospite;tuttavia, se la carica battericaaumenta, la colonizzazione a uncerto punto si trasforma in unacolonizzazione critica. In questasituazione i livelli diconcentrazione dei batteri sonoinferiori a quelli necessari perun’infezione conclamata, ma, purnon accompagnandosi a dannotessutale esteso, la presenza deibatteri induce un ritardo nellaguarigione a causa del rilascio dimediatori proinfiammatori.Ulteriori incrementi della caricabatterica possono determinareun’infezione conclamata oppure

la sua disseminazione sistemica osepsi (Dow et al. 1999).

Sul piano clinico i processi dellariparazione tessutale appaionobloccati. Mancano i segni diprogressione dei margini dellaferita, mentre si possonoosservare un eccesso di essudatosieroso e un tessuto digranulazione friabile, spessosovrabbondante e di colore rossobrillante. I batteri possonostimolare l’angiogenesi, dandoluogo a un aumento dellavascolarizzazione, a un coloritorosso brillante troppo acceso e auna matrice friabile e alterata.Quando si rimuove lamedicazione, la superficie dellaferita può sanguinare con facilità.Si può rilevare un odoresgradevole, putrido, che puòaccompagnare la comparsa dinuove zone di necrosi o didisgregazione della base dellalesione.

Trattamento dell’infezioneIl controllo delle infezionirappresenta un tema centrale neltrattamento delle ulcere croniche.

Oltre alle strategie volte asopprimere le infezioni, la terapiadovrebbe mirare innanzi tutto aripristinare le resistenze dell’ospite,mediante la correzione di quellecondizioni concomitanti chepotrebbero ridurre le difeseimmunitarie. Tra gli interventipossibili ricordiamo larivascolarizzazione - se indicata -e il controllo dei difetti metabolici edelle condizioni predisponenti. Lamaggior parte delle feritecontaminate o colonizzate sipossono trattare con medicazioniocclusive fino a quando non sianopresenti segni di infezioneessudativa. Nelle ferite infette edessudanti, le medicazioniocclusive spesso provocano unrapido deterioramento dellalesione. In questi casi è piùindicato far seguire al debridementuna medicazione con alginato dicalcio, schiume, idrofibre o garzeimpregnate di sali. Ulteriore punto chiave per unagestione corretta delle ferite èquello di ottimizzare l’uso degliagenti antimicrobici a nostradisposizione, cioè antibiotici eantisettici.

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Figura 6.

Ferita che mostra una coloniz-zazione importanteLesione in paziente con insuffi-cienza venosa

Il principale problema correlatoall’uso di antibiotici topici esistemici è quello della minacciasempre crescente di resistenzabatterica. L’antibiotico-resistenzaè il risultato dell’estremaflessibilità genetica dei batteri,alcuni dei quali hanno sviluppatola capacità di produrre enzimi cheinattivano gli antibiotici prima odopo il loro ingresso neimicrorganismi. Altri hannoacquisito la facoltà diestromettere gli antibiotici dallacellula, o quella di modificare laforma dei recettori ai qualil’antibiotico si lega per entrarvi. Diconseguenza è diventatoessenziale limitare l’uso degliantibiotici alle situazioni in cuiessi siano assolutamentenecessari e contemporaneamenterestringere il più possibile lospettro utilizzato (Sibbald et al.2000). Gli antibiotici per viasistemica non devono essereimpiegati per ridurre la caricabatterica a livello delle ferite; illoro utilizzo andrebbe limitato aicasi in cui la ferita non riesca aguarire e in presenza disetticemia, osteomielite o

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Tabella 15.

Meccanismo d’azione degli antisetticiTipo di antisettico Meccanismo d’azione Tossicità tessutale

Iodio povidone Penetrazione con lisi della Tossicità locale sui fibroblasti (concentrazione)parete cellulare batterica Irritazione locale a seconda della formulazione

Tossicità tiroidea da assorbimento dello iodio

Derivati dell’argento Legame elettrolitico con blocco Tossicità sul tessuto a seconda della del sistema respiratorio enzimatico, formulazionedanno al DNA batterico e coagulazione Utile effetto antinfiammatoriodelle proteine batteriche

Clorexidina Detergente e antisettico, Bassa tossicità cutanea, ma da non usare viene rapidamente assorbita con sull’occhio e sul timpanoperdita di componenti citoplasmatici, danno della parete cellulare e inibizione enzimatica

Perossido d’idrogeno Ossidante diretto (liberazione di O2) Tossicità diretta e non selettiva anche sul con attività limitata dalla presenza di tessuto di granulazionecatalasi batterica o tessutale

Ipocloriti Ossidazione diretta con danno Azione irritante sui tessuti (dolore) della parete cellulare

infezione dei tessuti molli (Sibbaldet al. 2000).

Per quanto riguarda gli antisetticiper uso topico, sebbene alcunipossano mostrare proprietàcitotossiche, in generale possonorivelarsi efficaci agentiantibatterici se usati in modocorretto (Sibbald et al. 2000).Contrariamente agli antibiotici,che hanno una modalità d’azionepiù specifica e sono efficacicontro un ristretto numero dibatteri, gli agenti antisetticiindirizzano il loro effetto contro 3tipi di bersaglio: la membranacellulare, alcuni organellicitoplasmatici e l’acido nucleicodei batteri (tabella 15, pag. 40).Questa triplice azione spiega laminor frequenza della resistenzaagli antisettici. Qualsiasi agenteantibatterico si utilizzi, èimportante rispettarne lo spettrod’azione, la concentrazioneefficace, la modalità e il tempo diapplicazione, la compatibilità conla medicazione adottata.Altrimenti il letto della feritarimarrà inadeguato e i batteri chel’hanno colonizzata continueranno

a prosperare all’interno di essa ea ritardarne la guarigione.

Come illustrato nella tabella 16, lapreparazione del letto della feritainfetta deve passare attraverso leseguenti fasi:

• la detersione della ferita• il debridement• l’antisepsi

Disinfezione della feritaGli antisettici più comunementeusati sono quelli riportati nellatabella 15 insieme con il loromeccanismo d’azione e la lorotossicità:

• iodio povidone•derivati dell’argento•clorexidina•perossido d’idrogeno• ipocloriti

Un cenno a parte meritano gliantisettici più moderni a base diiodio (cadexomero iodico) e diargento (argento nanocristallino), chepresentano un lento rilascio euniscono ottime capacitàantisettiche a una buona tollerabilità.

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i principi del TIME

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Tabella 16.

Preparazione del letto della ferita infettaDetersione (lavaggio) della ferita

- i microrganismi vengono rimossi con metodi fisici - con una siringa si applica la soluzione fisiologica a una pressione tale da

rimuovere i microbi senza danneggiare il tessuto, di solito tra 0,5 e 1,0atmosfera

- i surfattanti possono essere tossici per il tessuto di granulazione

Debridement (sbrigliamento)

- in presenza di materiale estraneo è sufficiente un minor numero di batte-ri per sviluppare un’infezione

- rimuove dalla ferita materiale necrotico e corpi estranei migliorando imeccanismi di difesa locali dell’ospite e riducendo l’infezione attiva

- aumenta l’attività riparativa della ferita e il rilascio di citochine e fattori dicrescita tessutali

Antisepsi: gli antisettici topici

- agiscono in funzione della loro concentrazione e del tempo di applica-zione

- in vitro, molti agenti risultano tossici nei confronti dei fibroblasti umani- in vivo, questi agenti sembrano collaborare alla guarigione della ferita- nuove sostanze mantengono l’attività battericida senza danneggiare il

tessuto- attaccano i batteri a livello della membrana cellulare, degli organuli cito-

plasmatici e dell’acido nucleico, quindi è piuttosto improbabile lo svilup-po di resistenza

Cadexomero iodicoBenché lo iodio sia citotossico aconcentrazioni superiori a 1 ppm(parti per milione = 1mg/l), sonostati ideati sofisticati metodi dirilascio che mantengono l’effettobattericida e al tempo stessolimitano la citotossicità. Unesempio è rappresentato dalcadexomero iodico (figura 7), checonsiste in una matrice di amidomodificata contenente iodio allo0,9% allo stato libero. La matricepolisaccaridica assorbe l’umiditàfino a 6 volte il suo peso econtemporaneamente rilascia

iodio in modo controllato, a livellitali da conservare l’effettobattericida senza danneggiare lecellule epiteliali. Il cadexomeroiodico è un agente antimicrobicoa largo spettro, efficace neiconfronti di stafilococchimeticillino-resistenti (MRSA) ePseudomonas species, lieviti eparassiti (Danielson et al. 1997;Falanga 1997).

La sua ampia ed efficace attivitàantibatterica si esplica senza losviluppo di resistenze eunitamente a un’ottimatollerabilità locale. Oltre ad agirenei confronti dell’infezione ilcadexomero iodico è in grado diassorbire grandi quantità diessudato. Grazie al suo sistemadi rilascio “graduale” dello iodio,in funzione della quantità diessudato e non del tempo,risulta particolarmente indicatoper il trattamento delle ulcerecroniche infette ed essudanti,come dimostrato in clinica per leulcere croniche degli arti inferiori(Moberg et al. 1983). In aggiuntaall’attività antibatterica e diriduzione dell’essudato, il

cadexomero iodico possiedealtre azioni farmacoterapeutichesecondarie ma comunque utiliquali, per esempio, il controllodell’odore, la riduzione deldolore e il mantenimentodell’ambiente umido favorevolealla guarigione.

Argento nanocristallinoL’argento è stato usato per secoliper prevenire e trattare unavarietà di malattie, soprattutto leinfezioni. Gli ioni argento hannoinfatti proprietà antimicrobichemolto potenti: sono in grado didistruggere i microrganismiall’istante, bloccando il sistemarespiratorio enzimatico (cioè laproduzione di energia) e alterandoil DNA microbico e la paretecellulare. Benché l’argentocolloidale venga ancora usato, iprogressi nel campo dellananotecnologia hanno fornito unanuova forma di argentodisponibile per l’uso nei sistemibiologici: l’argento nanocristallino(figura 8). Questo, depositatosulla medicazione mediante unprocesso di vaporizzazione,esplica un’azione antimicrobica

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Figura 7.

Cadexomero iodico

Figura 8.

Argento nanocristallino

rapida (tabella 17), costante eprolungata nel tempo (3-7 giorni)e risulta in genere ben tolleratodalla cute. Le caratteristichepeculiari del sistema di emissioneattualmente in uso consentono unrilascio di argento dallamedicazione pluristratificata ditipo graduale, prolungato e inquantità tali da risultare efficacedal punto di vista antimicrobico,ma non tossico. Test in vitrohanno dimostrato checoncentrazioni di argentocomprese tra 70 e 100 µg/mlmantengono un’efficaciaantimicrobica per almeno 7 giorni(Wright et al. 1998).

Le medicazioni a base dinanocristalli d’argento esplicanoun’azione di barrieraantimicrobica nei confronti sia dimiceti, sia di batteri Gram (+) eGram (–) e in particolare dipatogeni resistenti agli antibioticiquali Pseudomonas species,stafilococchi meticillino-resistentio MRSA ed enterococchivincomicino-resistenti o VRE(Wright et al. 1999). Lemedicazioni sono indicate per il

trattamento delle infezioni dilesioni cutanee acute e cronichequali ulcere da pressione, ulcerevenose, ulcere diabetiche, ustioni,siti di prelievo e innesto cutaneo,ferite post-operatorie infette eferite superficiali a rischio diinfezione. Recentemente l’argentoè stato associato ad altremedicazioni umide interattivecome schiume, alginati di calcio,idrocolloidi e film.

Nella tabella 18 (pag. 44) sonoriportati i microrganismi su cui lasulfadiazina d’argento,antimicrobico utilizzato in clinicagià da molti anni, svolge unavalida azione antimicrobica.

Terapia antimicrobica topica L’utilizzo di antibiotici topici èassai controverso e privo dichiare evidenze di efficacia. Per lanota difficoltà di penetrazionedell’antibiotico nella lesione, l’usodi antibiotici topici in alternativa aquelli sistemici non è indicato nénelle ulcere infette con invasionedei tessuti molli profondi odell’osso, né in presenza di sepsi(Schultz et al. 2003).

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Tabella 17.

Riduzione della carica batterica in relazione al tempo di contattocon una medicazione a base di argento nanocristallino Microrganismo Iniziale 1h 2h 4h 8h

S. aureus 73 > 100 65 22 18S. aureus 30 75 50 34 3P. aeruginosa > 100 > 100 80 35 0 P. aeruginosa > 100 > 100 > 100 55 0E. coli 80 > 100 2 50 1E. cloacae 100 > 100 29 0 0C. albicans 1 0 0 0 0C. albicans 35 1 0 0 0

Control: P. aeruginosa > 100 > 100 > 100 95 > 100Control: E. coli 50 37 43 45 45

(modificata da Holder et al. 2003)

Altri fattori che sollevano dubbisull’utilizzo di antibiotici topici sono:

• lo spettro antimicrobico piùlimitato rispetto agli antisettici

• la difficoltà a garantire unaconcentrazione efficace sullalesione per i tempi necessariall’azione antibatterica e fra icambi di medicazione

• la maggiore facilità allo sviluppodi resistenze talvolta crociatecon i prodotti sistemici

• la facilità di insorgenza disensibilizzazioni allergichespesso crociate

Gli unici antibiotici topiciconsigliati in letteraturaanglosassone (ma non in Europa)sono la mupirocina in caso dipazienti con infezione da MRSA eil metronidazolo topico nelleulcere neoplastiche mammarie, ascopo palliativo sull’odoreprodotto dagli anaerobi (Sibbaldet al. 2000).

Terapia antimicrobica sistemica Se è presente un’infezione, èanche necessario valutarne lagravità. Va ricercata innanzituttola presenza dei segni locali diinfiammazione (arrossamento,gonfiore, dolorabilità), diessudato purulento, di fistole e dicrepitazione. Quest’ultima è unsegno importante che può farsospettare la presenza di batterianaerobi, in particolare clostridi,che sono i più efficienti distruttoridi tessuti profondi. È inoltreimportante verificare se èpossibile raggiungere l’osso conuna sonda, evenienza suggestivadi osteomielite. Fondamentale èla valutazione dei segni indicatividi una condizione diinfiammazione sistemica (febbree alterazione dellatermoregolazione, aumento dellafrequenza cardiaca erespiratoria).

La gravità dell’infezione è ilparametro chiave per la sceltadel trattamento antibiotico. La

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Tabella 18.

Sulfadiazina d’argento: spettro di efficacia GRAM (-) GRAM (+)

Pseudomonas aeruginosa Staphylococcus aureusPseudomonas multiphilia Staphylococcus epidermidisKlebsiella species Streptococcus pyogenesProteus mirabilis (beta-emolitico)Proteus morganii Enterococco Proteus rettgeri (Streptococcus faecalis gr. D)Proteus vulgarisProvidencia speciesCitrobacter speciesSerratia species MICETIEnterobacter species Candida albicansCorynebacterium diphteriaeClostridium perfringens

(Carr et al. 1973; Hamilton-Miller et al. 1993)

terapia antibiotica sistemicadeve essere utilizzata in tutte leferite croniche in cui l’infezioneabbia raggiunto un livello tale danon poter più essere gestita conil solo trattamento locale dellaferita. Costituiscono indicazioneall’uso della terapia antibioticasistemica la presenza di celluliteche si estenda almeno 1 cmoltre i margini della ferita, diinfezione delle struttureprofonde sottostanti, dilinfangite, di ischemia, diosteomielite e/o il riscontro disegni di infezione sistemica(come la febbre) opotenzialmente letale(ipotensione, iperglicemia gravenel diabetico, scompensomultiorgano).

La tabella 19 riassume i criteri divalutazione e trattamento deivari livelli di colonizzazionebatterica e dell’infezione nelleulcere croniche in accordo con iprincipi della Wound BedPreparation.

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Tabella 19.

Valutazione e trattamento delle ulcere croniche infetteCarica batterica Contaminata Colonizzata Severamente Infezione Infezione

colonizzata locale sistemica

Sintomi e Progressione +/- primi segni Minimi o assenti Segni e sintomi Segni e sintomi segni clinici della ferita di infezione segni e sintomi di infezione di infezione

Agente patogeno locale di infezione locale sistemicapresente

Coltura e sensibilità No +/- Sì Sì Sì emocolturabattericaAntisettici topici +/- Sì Sì Sì SìAntibiotici sistemici No No +/- +/- SìDetersione enzimatica +/- +/- +/- No NoDetersione chirurgica +/- +/- +/- Sì Sì

(modificata da Sibbald et al. 2000)

CCaassoo cclliinniiccooFoto A

Ulcera venosa infetta in sede perimalleolare. Donna di 75 annicon insufficienza venosa degli arti inferiori da almeno 15 anni,affetta da coxoartrosi bilaterale che obbliga a deambulazione con2 tetrapodi da 2 anni. L’ulcera è comparsa da circa 12 mesi, mada 1 mese si è verificato aumento delle dimensioni e del doloreassociato. Segni e sintomi: evidente infiammazione locale, con presenza di abbondanteessudato infiammatorio, tessuto necrotico, tessuto di granulazione friabile ecattivo odore. La proliferazione dei bordi appare interrotta.Tampone colturale semiquantitativo: risultato positivo per Pseudomonas aeruginosa (4+).

Foto B

Aspetto della lesione dopo applicazione dei principi della WoundBed Preparation mediante debridement, gestione dell’essudato,controllo dell’infezione. Intervento: debridement, antibatterici locali, antinfiammatori,confezionamento di gambaletto elastocompressivo.Risultato: rimozione della necrosi, riduzione dell’edema edell’essudazione, superamento dell’ambiente proinfiammatorio cheblocca la riparazione nella fase infiammatoria e risoluzione dell’infezione.

Foto C

Aspetto della lesione dopo 16 giorni di trattamento. Ulcera con fondo granuleggiante, risoluzione dell’infezione, ripresa dellariepitelizzazione dai bordi.

Caso clinico

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M per macerazione: ripristinare il bilancio dei fluidi

La M di macerazione ci ricordache l’ambiente umido sostiene ilprocesso di riparazione tessutalesoprattutto favorendo lamigrazione dei cheratinociti dallaperiferia verso il centro dellalesione, meccanismofondamentale affinché si compiaun’adeguata riepitelizzazione dellaferita. Tuttavia è importanterammentare che le ferite acute equelle croniche costituiscono dueentità patologiche differenti: nelle

lesioni croniche l’arresto in faseinfiammatoria determina laproduzione di copiose quantità diessudato che, oltre a favorire lacolonizzazione batterica, ostacolail processo di guarigione. Perquesto motivo, l’eliminazionedell’essudato in eccesso e ilriequilibrio del bilancio dei fluidicostituisce una fase importantedella preparazione del letto dellaferita.

È stato abbondantementeosservato che un ambiente umidoaccelera anche del 50% laguarigione della ferita rispetto

evoluzione della pratica clinica secondo

i principi del TIME

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Figura 9.

Ferita con slough.Lesione dell’arto inferiorecon interessamento deipiani profondi e importanteedema del piede

MMaacceerraazziioonnee• Segni o sintomi clinici: secchezza o eccesso di essudato• Problema sottostante: la secchezza rallenta la migrazione delle cellule

epiteliali, mentre l’essudato in eccesso causa la macerazione e promuoveun ambiente biochimico ostile che blocca l’azione dei fattori di crescita

• Intervento: medicazioni avanzate, trattamento compressivo, presidio apressione subatmosferica negativa

Macerazione

all’esposizione all’aria(Geronemus et al. 1982). Quandola si lascia seccare, la feritaforma un’escara dura: la matricedi collagene sottostante e iltessuto circostante ai margini sidisidratano. Affinché abbia luogola riepitelizzazione, i cheratinocitisono costretti a ritirarsi al di sottodella superficie dell’escara e dellamatrice, dal momento che essisono in grado di migraresolamente attraverso tessuti vitalie ricchi di fattori nutritizi o di unamatrice extracellulare intatta. Unambiente umido favoriscefisiologicamente la migrazioneepiteliale e la formazione dellamatrice e accelera la guarigionedelle ferite promuovendo ildebridement autolitico.

Per ristabilire la corretta umiditànell’ambiente della feritaattualmente sono ampiamenteutilizzate le medicazioniocclusive. Numerosi studi clinicihanno dimostrato che le ferite

trattate con medicazioniocclusive hanno anche minoriprobabilità di infettarsi rispetto aquelle trattate con medicazioniconvenzionali (Hutchinson et al.1991). Le medicazioni occlusivesono relativamente impermeabiliai batteri esogeni, promuovonol’accumulo di sostanze naturaliche inibiscono la crescitabatterica nell’essudato della feritae riducono il carico di tessutonecrotico in essa. Inoltre l’uso diappropriate medicazioni proteggela lesione dai traumi, contribuiscead alleviare il dolore del pazientee a ridurre i costi di gestionepermettendo ricambi menofrequenti.

Un altro aspetto importante dellagestione delle ferite croniche è ilcontrollo dei livelli di essudato.L’essudato delle ferite croniche èbiochimicamente diverso daquello delle ferite acute. Esso,infatti, contiene sostanze chedegradano le proteine della

matrice extracellulare, bloccanol’azione dei fattori di crescita einibiscono la proliferazionecellulare, per cui l’accumulo ditale fluido deve essere gestito inmodo da ridurre al minimo talieffetti negativi. Oltre a mantenereun ambiente umido, lemedicazioni che rimuovono unaparte dell’essudato della feritasono quelle che permettono digestire al meglio il trattamentodelle ferite croniche.

Il bendaggio compressivo o lemedicazioni ad alto grado diassorbenza contribuiscono allarimozione dell’essudato dallaferita. La medicazione ideale èquella che riesce a rimuoveregrandi quantità di essudatomantenendo al tempo stesso unmicroambiente umido cheacceleri la guarigione della ferita.Dovrebbe essere permeabile aigas, isolata termicamente, ingrado di proteggere dalleinfezioni, avere basso costo ed

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essere di facile esecuzione. Èimportante fare una sceltaoculata visto che, se si pensa allariparazione tessutale come a unprocesso dinamico, la scelta diuna medicazione in una fase delprocesso può poi influire suglieventi successivi, condizionandole fasi più tardive della guarigione(Kerstein 1997).

Non esiste attualmente unamedicazione che risponda a tuttele esigenze, ma oggi sonodisponibili diverse soluzioniinnovative, con caratteristichespecifiche per i vari tipi di ferite.Alcune hanno molteplici impieghie si possono utilizzarecontemporaneamente perfavorire il debridement, ilcontrollo batterico e dell’umidità.Per selezionare il tipo dimedicazione più adatta a unaparticolare lesione, leconsiderazioni sulle condizioniglobali del paziente (approccioolistico) e l’osservazione clinica

della ferita sono i criteri migliorida seguire.

Una semplice alternativa all’usodi medicazioni avanzate si ottienepulendo accuratamente la feritacronica e irrigandola consoluzione fisiologica, in modo darimuovere l’essudato e i detriticellulari e ridurre la caricabatterica della ferita. Oltre a tuttiquesti metodi “diretti” di gestionedell’essudato, non vannodimenticati gli “indiretti”, cioèquelli che sono rivolti a rimuoverele possibili cause sottostanti aun’eccessiva produzione diessudato, come per esempio unacolonizzazione battericaimportante. Metodi diretti eindiretti non sono alternativi, macomplementari.

Si rimanda all’appendice 1 perun’estesa trattazione dellediverse categorie di medicazioniavanzate attualmentedisponibili.

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CCaassoo cclliinniiccoo

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Foto A

Ulcera sacrale in paziente 37enne di sessomaschile, paraplegico. L’ulcera da pressione sipresenta sottominata di 10 cm, infetta edessudante. Segni e sintomi: presenza di infezione locale,abbondante essudato infiammatorio e tessuto necroticomaleodorante.Tampone colturale: risultato positivo per flora battericamista (stafilococchi, Pseudomonas species, enterococchi).

Foto B

Aspetto della lesione dopo un mese di trattamento.Intervento: azione di detersione della ferita, garantendoil controllo dell’infezione e dell’essudato; medicazionifavorenti la granulazione e la neutralizzazione dell’odoreassociato. Trattamento con pomata contenentecollagenasi 1,2 U/g alternata a preparati a base disulfadiazina d’argento e granuli di acido ialuronico. Risultato: si assiste a riduzione dell’essudazione e acomparsa di tessuto di granulazione rosso vivo deterso,in assenza di segni di infezione.

Foto C

Guarigione completa dopo 103 giorni.

Caso clinico

EEppiiddeerrmmiiddee

E per epidermide: margini dell’epidermidealteratiLa E di epidermide ci ricorda chel’aspetto della ferita, e inparticolare dei suoi margini edella cute perilesionale, è ilprincipale indice di progressionedel processo di riepitelizzazionesecondo la normale successionedi eventi riparativi checondurranno alla completaguarigione. Il monitoraggio clinicodella ferita e delle condizioni delpaziente deve perciò rimanere unpunto fermo nella correttagestione delle ferite croniche al

fine di selezionare il trattamentopiù adatto e di valutarel’evoluzione e la risposta alleterapie.

Probabilmente, il segno piùevidente della mancata guarigionedi una ferita è rappresentato dalbordo dell’epidermide che con ilpassare del tempo non riesce aprocedere verso la chiusura dellaferita. Il margine sottominato puòessere un segno di colonizzazioneimportante o di infezione (vedisopra) e a livello cellulare l’assenzadi migrazione epidermica potrebbeessere dovuta alla presenza di

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i principi del TIME

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• Segni o sintomi clinici: margini dell’epidermide o tessuto di granulazionealterati

• Problema sottostante: margini epiteliali ipertrofici, cellule del tessuto digranulazione senescenti o alterate

• Intervento: rivalutare lo stato del paziente e della ferita; se il letto dellaferita è buono prendere in considerazione trattamenti innovativi

Epidermide

Figura 10.

Letto della ferita incondizioni scadenti, conmargini che nonprogredisconoLesione da insufficienzavenosa con bordimarcatamente introflessi

cellule non responsive osenescenti e ad alterazionidell’attività delle proteasi chedegradano la matrice extracellularenon appena si forma.

Lo stato generale di salute delpaziente ha un impatto notevolesul processo di guarigione dellaferita. La raccolta dell’anamnesigenerale, compresa l’annotazionedei farmaci assunti, è una praticapreziosa per identificare le causeche possono essere diimpedimento alla guarigione dellaferita. Tali cause devono esserevalutate all’inizio del trattamento enei limiti del possibile corretteprima di effettuare interventi alivello locale. Se malgrado ciò laferita non guarisce, comedimostrato dalla mancatariepitelizzazione, è di vitaleimportanza riprendere in esametutti i fattori imputabili edeffettuare ulteriori interventisecondo necessità. Tra lecondizioni e gli interventi capacidi ritardare la guarigione delleferite ricordiamo: • l’uso degli steroidi per via

sistemica

• l’uso di farmaciimmunosoppressori

• l’uso di antinfiammatori nonsteroidei

• le malattie autoimmuni •una nutrizione inadeguata o

scadente• i deficit vascolari• l’assenza di diagnosi o una

diagnosi non corretta

L’interferenza dellaimmunodepressione nellagestione delle ferite croniche èdiventato un problema sempre piùcomune, particolarmente neipazienti HIV-positivi (Kerstein1997). Al contrario, nei pazienti conpatologie autoimmuni, laiperattivazione del sistemaimmunitario va ridotta perassicurare che la riparazione dellaferita possa progredireregolarmente (Sibbald et al. 2000).Tuttavia, le terapie steroidea eimmunosoppressiva utilizzate nelcontrollo di tali patologie possonointerferire con la cicatrizzazione(Kerstein 1997; Sibbald et al.2000). È stato infatti osservato cheil trattamento con corticosteroidicompromette la sintesi del

collagene e rallenta lariepitelizzazione del derma (Jung etal. 1998).

Le alterazioni di tipo coagulativo,sia di origine genetica chesecondarie all’uso di farmacianticoagulanti come eparina ewarfarin, produrranno un effettonegativo sulle fasi più precocidella riparazione tessutale(Kerstein 1997). Infine i disturbimetabolici come il diabete mellitopossono incrementare l’incidenzadelle infezioni post-chirurgiche eallungare i tempi complessivi diguarigione (DCCTRg 1993; Levin1993; Mekkes et al. 1995).

I pazienti malnutriti possonomostrare problemi analoghi; inparticolare, carenze proteiche evitaminiche privano l’organismodei nutrienti essenziali richiestiper i processi riparativi (Kerstein1997; Jung et al. 1998; Sibbald etal. 2000). Le proteine sonoessenziali per la formazione ditessuto di granulazione e unasevera malnutrizione proteica puòcompromettere la guarigione,ridurre l’immunocompetenza e

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CCaassoo cclliinniiccooFoto A

Ulcera arteriosa in regione sopramalleolare esterna;uomo di 59 anni affetto da arteropatia periferica.Segni e sintomi: compromissione vascolare periferica,infiammazione locale, presenza di tessuto giallastro edolore.

Foto B

Aspetto della ferita dopo 15 giorni di trattamento. Intervento: promuovere la detersione selettiva delmateriale necrotico e devitalizzato dal fondo dellalesione cutanea, stimolare la granulazione e lariepitelizzazione. Trattamento con prodotti a base dicollagenasi 1,2 U/g e azione antimicrobica locale conpreparazioni di sulfadiazina d’argento una volta allasettimana.Risultato: si nota la presenza di tessuto digranulazione con riepitelizzazione dei bordi eregressione dei segni di flogosi.

Foto C

Un mese dopo: guarigione completa dellalesione senza esiti cicatriziali.

Caso clinicoaumentare la suscettibilità alleinfezioni. Perciò, nel sospetto dimalnutrizione, vale la pena didosare le proteine sieriche: unaconcentrazione di albuminainferiore a 3 g/dl rallenta laguarigione delle ferite.

La carenza di vitamina A può ridurrela fibronectina extracellulare, condiminuzione della chemiotassi edell’adesione cellulare oltre chedella epitelizzazione. Anche lavitamina C è importante, infatti nelloscorbuto si assiste alla mancatachiusura delle ferite; il deficit divitamina C può altresì portare allarecidiva di ulcere già guarite(Mazzotta 1994). La mancanza diminerali come lo zinco, oltre aprovocare un ritardo di guarigionedelle lesioni, comporta unariduzione del numero dei linfocitiincrementando la suscettibilità alleinfezioni. La scarsità di ferro, cheinterviene come cofattore deglienzimi coinvolti nella sintesi delDNA, ostacola la proliferazionecellulare, in particolar modo dellecellule interessate nel processo didetersione e di cicatrizzazione(Mazzotta 1994).

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VALUTAZIONE CLINICA DEL PAZIENTE

I punti cardine del correttoapproccio terapeutico - emostasi, detersione, antisepsie copertura - rimangono in

qualche misura identici in tutte lecondizioni patologiche,assumendo importanza diversa aseconda della situazione clinica.La procedura terapeutica piùadeguata viene inquadrata, dallamedicina moderna, all’interno diun processo di intervento clinicoche inizia con la puntuale raccoltadei dati anamnestici del paziente esi accompagna a una accuratavalutazione della lesione datrattare. Sulla base dell’anamnesisi procede all’interventoterapeutico, i cui risultati guidanole fasi successive.

Anamnesi generale e visitacompleta forniscono quellavisione di insieme delle condizionicliniche che risulta indispensabileper un approccio globale alpaziente. In questo modo apparepiù semplice individuaretempestivamente gli stati morbosi

concomitanti che, spessoriscontrati solo a posteriori,vengono riconosciuti responsabilidi molti dei casi di fallimento dellaterapia. Esami di laboratorio estrumentali possono rivelarsi utiliper chiarire il quadro. Leopportune misure di correzione dicondizioni predisponenti e statimorbosi sottostanti, instaurateper tempo, consentiranno diraggiungere più frequentemente ilsuccesso sperato.

La tabella 20 elenca alcuni deifattori sistemici che condizionanoun ritardo della guarigione eaumentano il rischio di infezionedelle ferite croniche.

La valutazione clinica della feritadeve essere accompagnata daesami che, in alcuni casi particolari,potranno richiedere procedureinvasive. La terapia idealedovrebbe indirizzare il processo diguarigione e, in una certa misura,anticiparne i tempi. L’applicazionesistematica dei procedimenti dipreparazione del letto della ferita siè dimostrata efficace nel rimuoveregli ostacoli che, nelle lesioni

croniche, impediscono il fisiologicosuccedersi degli eventi riparativialla base della guarigione. Uncompleto debridement, eseguitosecondo il metodo più adatto alcaso specifico, e il controllodell’infezione ne sono i punticardine.

Un accurato monitoraggio clinicodella lesione potrà rivelarsifondamentale per decideresull’opportunità di ulterioriinterventi che incoraggino laguarigione di una ferita difficile.Nel caso in cui una feritaguarisca, verranno attivate tuttequelle misure di prevenzione ededucazione del paziente atte aridurre le probabilità di recidiva.Nel caso opposto, il medicodovrà rivalutare il paziente e laferita, operando una attentarevisione del trattamento eseguitoe prendendo in considerazionealtre procedure terapeutiche. Divolta in volta si valuteràl’opportunità di ricorrere ametodiche quali larivascolarizzazione chirurgica, gliinnesti cutanei o la terapia confattori di crescita.

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Al processo riparativopartecipano le stesse componentiresponsabili della moltiplicazionee crescita cellulare e, talvolta,anche degli aspetti patologici cheinteragiscono con fattori intrinsecied estrinseci all’organismo.L’incontro di diverse competenze,dalla microbiologia e biologiamolecolare fino alla clinica,diviene pertanto elementoessenziale per garantire le miglioriprobabilità di successoterapeutico.

VALUTAZIONE DELLA FERITALa corretta gestione di una feritacronica passa attraverso laraccolta di informazioni sullalesione che permettono al clinicodi selezionare il trattamentoappropriato e di valutare iprogressi del paziente. L’esamedella ferita include la raccoltadell’anamnesi, l’analisi della suaposizione, estensione eprofondità, l’osservazione delletto della ferita e della cuteperilesionale e la valutazionedell’essudato e del doloreassociato (Kerstein 1997; Sibbaldet al. 2000).

Per quanto riguarda la storiaclinica, è opportuno raccoglieredati sulla durata della lesionecronica, su eventuali terapieprecedentemente impiegate esull’eventualità che si tratti di unaforma ricorrente. In caso di feritarecidivante, istruireadeguatamente il paziente ocorreggere una condizionesottostante può essere il passodecisivo verso la guarigionedell’ulcera.

La precisa situazione anatomicapermetterà di valutareapprossimativamente il temporichiesto per la guarigione,tenendo conto del fatto che unaferita molto periferica, essendomeno perfusa, cicatrizzerà piùlentamente. La velocità dirisanamento è anche influenzatadall’aderenza della cute ai pianisottostanti: una ferita a livellodella tibia, per esempio, tarderà aguarire perché la cute in questazona risulta molto aderente.

È bene inoltre annotare ledimensioni, la profondità e ilcolore del fondo della ferita (nero,

giallo, rosso) per disporre di unacondizione iniziale rispetto allaquale valutare i progressi. Laferita deve essere attentamenteesplorata per evidenziare lapresenza di osso, di fistole o ditessuto sottominato. Si devevalutare anche la quantità,l’odore e il tipo di essudato(sieroso, ematico, purulento):anche in presenza di essudatochiaro, una sua particolareabbondanza è indice di edemanon controllato o segno precocedi infezione.

Le condizioni del letto della feritadanno indicazioni sullaprogressione dei processiriparativi e sull’efficacia deitrattamenti. L’escara nera puòessere molle o dura, macomunque rappresenta tessutodevitalizzato che va rimosso perconsentire la guarigione. Quandoil letto della ferita appare giallo,una consistenza dura suggeriscela presenza di strutture come lafascia muscolare, di grassosottocutaneo o di una base difibrina per il futuro sviluppo ditessuto di granulazione.

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i principi del TIME

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Tabella 20.

Fattori di rischio dell’ospite VasculopatiaEdemaMalnutrizioneDiabete mellitoAlcolismoPregressa chirurgia o radioterapiaCorticosteroidiNeutropenie congeniteEpatopatieMalattie autoimmuni

Se invece un fondo giallo siaccompagna a consistenza molleoccorre pensare alla possibilità diinfezione o di fibrina degradatache richiede di essere rimossaaffinché la guarigione possaproseguire. Un tessuto digranulazione compatto, umido edi colore rosso o rosa salmone èindice di efficacia del trattamentoe di progresso verso laguarigione. Dopo questa fase, dinorma compare un tessutoepiteliale di nuova formazionerosa violaceo in corrispondenzadel bordo della ferita.

I principi TIME devono essereutilizzati come una checklist percontrollare di aver effettuato tuttigli interventi appropriati:

•si è proceduto al debridement ditutto il tessuto necrotico?

• il letto della ferita è benvascolarizzato?

• l’infezione è tenuta sottocontrollo?

• l’infiammazione è sottocontrollo?

•è stato corretto lo squilibrio deifluidi?

•quali medicazioni sono stateapplicate?

Si rimanda all’appendice 2 per unapprofondimento degli aspettidiagnostici specifici dei vari tipi diulcere.

Valutazione della perfusionetessutaleUna ferita può guarire solo inpresenza di un’adeguataossigenazione dei tessuti. Inassenza di una valida perfusione siavrà una carenza di apporto diossigeno e sostanze nutritive,entrambi essenziali per sostenerel’ampia richiesta metabolicaassociata con il processo dicicatrizzazione. Un letto della feritaben vascolarizzato supporta iltessuto di granulazione neoformatoe mantiene una rispostaimmunologica attiva nei confrontidell’invasione microbica. Ridottilivelli di ossigeno compromettonole capacità battericide dei leucocitie pregiudicano la produzione delcollagene e l’epitelizzazione.

Anche la presenza diinsufficienza venosa influenza

negativamente il processo dicicatrizzazione, impedendo larimozione spontanea dei detritidal letto dell’ulcera. Per questoè importante assicurarsi che siapresente un adeguato apportoematico e dignosticare unaeventuale patologia vascolareall’inizio del trattamento,particolarmente nei pazientiaffetti da ulcere degli arti inferiorio da disordini metabolici come ildiabete. Le ferite delle estremitàdegli arti inferiori possonorisentire in modo particolare diuno scarso apporto ematico.

Fattori come l’ipotermia, lostress o il dolore possonoaumentare il tono simpatico ediminuire la perfusionetessutale; il fumo riduce il flussomicrocircolatorio mentre alcunifarmaci lo aumentano. Nelleulcere arteriose, la patologiamicrovascolare omacrovascolare portaall’ischemia del tessuto. Nellepiaghe da decubito il tessutoviene compresso e i capillari sichiudono. Dal momento che laresistenza vascolare è

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inversamente proporzionale allaquarta potenza del raggio delvaso (legge di Poiseuille), l’areadella sezione del vaso è ilfattore più importante neldeterminare la resistenza alflusso ematico. La flussimetrialaser Doppler è una metodicanon invasiva che consente distudiare il microcircolo cutaneo.

Valutazione dei margini e dellacute perilesionaleÈ importante che il clinicomonitorizzi attentamente lecondizioni dei margini della feritaal fine di evidenziare la presenzadi callosità, macerazione, edemao eritema. Schematicamente occorrericordare che:

• le callosità ipercheratosichesulla superficie plantare delpiede nei pazienti affetti daneuropatia devono essererimosse per ridurre la pressione

•una ipercheratosi bianca dellacute circostante o del marginedell’ulcera e una superficie dellaferita iperidratata suggerisconoun eccesso di fluidi

• l’edema di un arto o unapressione non corretta possonoessere la causa di un gonfiorelocale o dell’aumento dellaquantità di essudato

• la macerazione può essere unsegno di infezione o il risultatodi una prolungata esposizionedella cute all’essudato dellaferita. In quest’ultimo casoindica che la medicazioneutilizzata è inappropriata, o chenon è stata cambiataabbastanza frequentemente oche mantiene un tasso diumidità eccessivo

•un eritema caldo e dolente fapensare a un’infezione

•un eritema modesto, conmargini ben demarcati, indicauna dermatite allergica dacontatto provocatadall’applicazione di medicazionio di trattamenti topici

•va evitata l’esposizione agliallergeni, in quanto le feritecroniche ne favoriscono lapenetrazione in profondità el’incontro con le cellule delsistema immunitariodeterminando lasensibilizzazione dell’organismo.

Valutazione del doloreL’andamento del doloreassociato alla ferita può servirecome indicatoredell’adeguatezza deltrattamento. Dovrebbe esserevalutato dal punto di vistaquantitativo, assegnando unpunteggio compreso tra unminimo di 0 (assenza di dolore)e un massimo di 10 (massimaintensità). Inoltre il dolorecronico andrebbe distinto daquello episodico, ricorrente econtinuo (Krasner 1997). Ildolore episodico può essereprovocato dal debridement odal trauma della ferita e puòessere alleviato daglianalgesici, mentre quelloricorrente è frequentementecorrelato alla sostituzione dellemedicazioni. Un dolorepersistente può essere dovutoalla mancata rimozione di unacausa sottostante, aun’irritazione locale della feritao all’infezione. In caso di dolorepersistente è importantestabilire se ha origine nellaferita o nella regione anatomicacircostante.

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S e con questo approcciosistematico si ottiene un lettodella ferita sano e benvascolarizzato, ma che

comunque non riesce a guarire,può darsi che siano necessarieterapie innovative che inneschinoil processo di guarigione. Leseguenti tecniche innovativepossono risultare efficaci solo seapplicate a un letto della feritaben preparato e devono essereeseguite solo da specialistiqualificati:

• innesti cutanei autologhi (figura 11)• trapianti di cellule/cheratinociti

in coltura (figura 12)•prodotti di bioingegneria• tessuto allogenico a doppio

strato•cute artificiale (figura 13)•applicazione di cellule staminali

o derivate dal midollo osseo

Questi tessuti sono in grado dicoprire la lesione con unattecchimento che varia dal 30 al70% in base al tipo di ulcera, masoprattutto sono in grado difornire gli elementi di stimolocellulare che la lesione non è ingrado di produrre. Per questomotivo si parla di cellulesenescenti all’interno di unaferita cronica e di terapiacellulare per correggere questoaspetto. I materiali oggi adisposizione vengonorigorosamente testati per la lorobiosicurezza.

Inoltre sono oggi disponibili varifattori di crescita, di solito fornitiin un supporto che vieneapplicato sulla superficie dellaferita:

• fattore di crescita basico deifibroblasti (bFGF): stimola la proliferazione e lamigrazione delle celluleendoteliali

• fattore di crescitatrasformante-b (TGF-b): stimola sia la crescita difibroblasti e cheratinociti, sia laproduzione di matriceextracellulare, soprattutto delcollagene

• fattore di crescita endoteliale(EGF): sostiene la crescita deicheratinociti e collabora allamigrazione di cheratinociti,fibroblasti e cellule endoteliali

• fattore di crescita derivatodalle piastrine (PDGF): chemiotattico per i leucocitipolimorfonucleati e per imacrofagi.

Nel corso degli ultimi 10 annisono emersi parecchi dati positivisui risultati ottenuti con questifattori di crescita.

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Figura 11. Figura 12. Figura 13.

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B enché la scarsità di studiepidemiologici non consentauna stima esattadell’ampiezza del fenomeno, i

dati a nostra disposizionedimostrano che le ulcere cronichecostituiscono un problema disalute pubblica di dimensionirilevanti e, a tutt’oggi,ampiamente sottostimato. Ci sitrova di fronte a un fenomenoche, emergendo come la punta diun iceberg, mostra di sé soltantouna minima parte dei casi, cherichiedono comunque ingentirisorse umane e materiali per illoro trattamento. La tendenza alprogressivo invecchiamento dellapopolazione permette inoltre diprevedere che il problema siadestinato ad assumere un rilievoancora maggiore in futuro, con

preoccupanti ripercussioni intermini di costi sociali e di risorseassistenziali assorbite.

La natura cronica delle lesioni,considerata la difficoltà diguarigione e l’elevata tendenza arecidivare, condiziona spessocure prolungate eospedalizzazioni frequenti, cheincidono sfavorevolmente suicosti sanitari e sui tempi didegenza. È indubbio che unacorretta gestione delle lesionicroniche risulti lo strumentofondamentale per conseguirel’accelerazione della guarigione eil miglioramento dello statogenerale del paziente e della suaqualità di vita, nonché perottenere una riduzione dei costisanitari in termini di personale di

assistenza e di durata dei ricoveri.È inoltre emersa la mancanza dilinee guida specifichesull’argomento o di protocolli ditrattamento che, consentendouna gestione standardizzata delpaziente con ulcere croniche,permettano una ottimizzazionedei mezzi terapeutici attualmentea disposizione.

I principi della Wound BedPreparation nascono proprio percolmare molte di queste lacune,venendo incontro a esigenze siadi natura clinica che economica.La Wound Bed Preparationfornisce un approccio razionale, ein ultima analisi più efficace, allagestione delle ferite che nonguariscono. Si propone diampliare il punto di vista nei

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confronti della gestione clinicadelle lesioni cutanee, fornendo aimedici gli strumenti praticiaffinché i pazienti possano trarre ipiù ampi benefici da un usoottimale delle misure terapeutichedi cui disponiamo. La chiave diun trattamento efficace delleulcere cutanee croniche consistein una combinazione di variapprocci, in cui la correzionedegli stati morbosi concomitanti ela valutazione e il trattamento delletto della ferita devono essereinquadrati in una visione clinicaglobale del paziente, che tengaconto delle sue individualità edelle sue personali necessità.

Componente essenziale di questotipo di approccio è l’attuazione ditutte quelle tecniche che

favoriscono la crescita di untessuto di granulazione sano alivello del letto della lesione. LaWound Bed Preparation utilizzaalcune procedure note tra cui ildebridement, il trattamentodell’infezione e la gestionedell’essudato, combinandole inbase a un razionale terapeuticoche aiuta a ripristinare unambiente adatto alla guarigionedella ferita. I principi TIMEconsistono in alcuni passaggiterapeutici basilari, la cuiapplicazione sistematica aiuta astimolare la riparazione tessutalee a rimuovere quelle barriere chebloccano la guarigione delle feritecroniche.

La confluenza di diversecompetenze, dalla microbiologia

e biologia molecolare fino allaclinica, è elemento essenziale perguidare le scelte terapeutiche delclinico e assicurare il buon esitonel caso di ferite che richiedonoun trattamento intensivo especialistico. All’interno di questaprospettiva multidisciplinare, laWound Bed Preparation delinea ilquadro delle più recentiacquisizioni ottenendone unastrategia di approccio globale alpaziente. La Wound BedPreparation esplora il razionalescientifico che sta alla base delleattuali procedure per la cura dellelesioni cutanee e ne esamina lemodalità più corrette diapplicazione per fornire al medicoun paradigma di trattamento cheabbia le migliori possibilità disuccesso.

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L a tabella 21 illustra le diversecategorie di medicazioniavanzate attualmentedisponibili e descrive le

caratteristiche specifiche che lerendono adatte ai vari tipi dilesione.

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Tabella 21.

Classificazione Cochrane Wound Group

Tipo di medicazione

Medicazioni inschiuma

Alginati

Idrocolloidi

Caratteristiche della lesione

• lesioni moderatamente o intensamenteessudanti

•ulcere piane o cavitarie• ferite in fase di granulazione

esistono medicazioni sottili adatte a ulcere abassa o media secrezione

• lesioni a medio/alto grado di essudazione•ulcere piane o cavitarie

• lesioni con essudato scarso o moderato• ferite con escara•ulcere piane o cavitarie

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Vantaggi

•elevato potere assorbente•mantengono il giusto grado di umidità•ostacolano l’eccessiva granulazione•possono essere usate come medicazioni secondarie in

associazione ad agenti di debridement• rimangono integre alla rimozione• le medicazioni adesive sono impermeabili all’acqua e ai

batteri•adattabili a prominenze ossee

•alta assorbenza•alcuni favoriscono l’emostasi•mantengono il giusto grado di umidità•non lasciano residui alla rimozione

•grazie all’elevato contenuto di acqua promuovono l’autolisie la formazione di tessuto di granulazione

•mantengono umido il letto della ferita•aderiscono solo alla cute sana e non alla lesione

Svantaggi

•potrebbero richiedere una medicazionesecondaria

•non sono adatte a ferite necrotiche secche

•potrebbero richiedere una medicazionesecondaria

•possono causare disagio in lesioni secche

•si può verificare la macerazione della cuteperilesionale

•possono consentire lo spandimento di unessudato troppo abbondante

•possono favorire l’ipergranulazione• la ferita può generare odore

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Idrogel

Film semipermeabili

Medicazioni ingranuli

Medicazioni imbottite

Medicazioni in tullemedicate e nonmedicate

• ferite lievemente secernenti• lesioni necrotiche/con escara•ulcere maleodoranti• lesioni piane o cavitarie

• lesioni con scarsa produzione di essudato• ferite superficiali

• ferite deterse e/o granuleggianti di ogni generedi essudato

• ferite fortemente secernenti• ferite profonde

• lesioni a bassa produzione di essudato• ferite superficiali

Tipo di medicazione Caratteristiche della lesione

• favoriscono il debridement autolitico e la formazione ditessuto di granulazione

•mantengono il giusto grado di umidità• riducono i disagi per il paziente•si rimuovono con facilità

• la ferita risulta visibile senza rimuovere la medicazione•usati come medicazioni primarie e secondarie• impermeabili all’acqua e ai batteri•mantengono l’ambiente umido

• favoriscono la granulazione•se impiegate in occlusione possono favorire un’azione di

debridement

• favoriscono il processo di adsorbimento degli essudati• risultano non aderenti al letto di ferita•spesso impiegate come medicazioni secondarie

•non aderiscono alla ferita•sono poco costose•sono di facile applicazione

•si può verificare la macerazione della cuteperilesionale

•non trattengono essudati particolarmenteabbondanti

• l’applicazione e la rimozione possono risultaredifficoltose

• la capacità assorbente è limitata•non trattengono essudati particolarmente

abbondanti •controindicati in ferite infette

•da non utilizzarsi su ferite asciutte•necessitano di una medicazione secondaria

•poco indicate in ferite asciutte•nelle versioni non adesive richedono l’impiego

di un ulteriore mezzo di fissaggio

•hanno assorbenza limitata• richiedono una medicazione secondaria•devono essere sostituite frequentemente•possono aderire al letto della ferita•contengono additivi che possono causare

reazioni allergiche• le medicazioni medicate con antibiotici possono

provocare fenomeni di resistenza batterica

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i principi del TIME

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(modificata secondo l’ordine di Sibbald et al. 2000)

Vantaggi Svantaggi

Dopo la valutazione dellecondizioni della ferita, il clinicopotrà orientarsi verso la scelta deiprodotti più appropriati al casospecifico (tabella 22).

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Tabella 22.

Scelta del prodotto più adatto per una ferita che non guarisceMedicazione Aspetto del letto della ferita Aspetto del tessuto di granulazione

Nero Giallo Slough Rosso Rosso Rosso Rosaceo/rosso(necrotico) (asciutto) (umido) (infetto) (umido) (sanguinante) porpora

(granulazione/riepitelizzazione

fisiologica)

Schiuma ++ ++ +++Idrofibra +++ ++ +++ +Garza con NaCl cristallino +++ +++ ++Alginato di calcio + +++ +++ +++Idrocolloide + ++ ++ ++ ++Idrogel ++ +++ + + +++Film adesivo +++Film non adesivo ++Enzimi +++ +++ ++

(Sibbald et al. 2000)

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i principi del TIME

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ULCERE VASCOLARI

Le ulcere vascolarirappresentano il 90% dellelesioni che colpiscono gli artiinferiori. Fra di esse il 70%

sono ulcere venose e il 15-20%sono di origine ischemica; lerestanti coinvolgono piùmarginalmente il sistemacircolatorio.

La diagnosi è clinica estrumentale, essendol’ecocolorDoppler l’esamemaggiormente praticato anche inprevisione della correzionechirurgica del disturboemodinamico, da prendere inconsiderazione ogniqualvoltapossibile nell’ottica dellariparazione dell’ulcera e dellaprevenzione della recidiva.Punto fondamentale dell’esameobiettivo è la verifica dellapresenza o assenza dei polsiperiferici in quanto un’arteriopatiapreclude generalmentel’elastocompressione, momentoimprescindibile della terapiadell’ulcera venosa unitamente alladeambulazione.

Come per tutte le ulcere, l’esamedel fondo della lesione èparallelamente indicativo dellamedicazione, di normatecnologicamente avanzata, piùidonea per una determinata faseevolutiva del processo riparativo.

Il piano terapeutico deveconsiderare anche un supportofarmacologico (reologici,antitrombotici, vasoattivi,antidolorifici).La terapia è abitualmenteambulatoriale o domiciliare per leulcere venose che tuttavia, inpresenza di reflussi correggibili,possono prevedere brevi eselezionati ricoveri ospedalieri.Questi ultimi, invece, sonoassolutamente indicati per lachirurgia di rivascolarizzazioneperiferica in caso di lesioniischemiche, in associazione a unaterapia vasoattiva di sostegno e aogni procedura atta a ridurrel’importante sintomatologiadolorosa che contraddistinguequeste ulcere.La correzione del disturboemodinamico pone infine lemigliori premesse per l’efficacia

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della terapia topica delle ulcere,oltre che per ogni intervento dichirurgia ricostruttiva.

La prevenzione della recidiva èaffidata all’elastocompressione epertanto è riservata, in pratica,alle sole ulcere venose, mentreper quelle ischemiche si tratta dimantenere attiva più a lungopossibile la rivascolarizzazione, disfruttare al meglio lo sviluppo e lapervietà dei circoli collaterali e dicontrollare al massimo tutti ifattori di rischio implicati nellamalattia di base. In entrambi icasi una buona igiene di vita ècorollario indispensabile.

ULCERE DI MARJOLIN DA CICATRICI DI USTIONEEstese cicatrici da ustione, acausa della fragilità e delicatezzadella cute rigenerata, in alcunezone possono andare incontro ariapertura in seguito anche solo aun lievissimo trauma locale. Lecicatrici dei pazienti ustionatisono irregolari e "a cartageografica", essendo composteda aree spesse, dure e retraenti

vicine ad altre più sottili chesubiscono le forze di trazione. Inqueste condizioni basta unpiccolo traumatismo cutaneo, unasensibilizzazione irritativa o unlieve decubito a scatenare losquilibrio dell'omeostasicicatriziale, già per naturadelicata, che evolve quindi nellaperdita di sostanza.

USTIONI IN GUARIGIONE PER SECONDA INTENZIONELe ustioni di estensione inferioreal 10-15% della superficiecorporea totale (TBSA) nonrichiedono il ricovero e quindisono trattate in regimeambulatoriale. A questo tipo diassistenza vengono sottopostiper lo più pazienti giovani inbuone condizioni generali e chepermettono una buonacompliance terapeuticadomiciliare. Sono di solito perditedi sostanza che, con una correttamedicazione, evolvono verso unabuona granulazione con rapidaguarigione. Quando invece ilpaziente si presenta al controlloambulatoriale dopo diversi giorni

dal danno termico acuto, magaridopo essersi sottoposto a svariatie inadeguati trattamenti, spessopresenta lesioni distrofiche,infette, con aree granuleggiantiframmiste ad altre giallastre conescara saniosa. In questi casi laprognosi si allungherà efrequentemente, dopo ladetersione delle ferite, si porràl’indicazione a coprirle con uninnesto cutaneo.

ULCERE DEL PIEDEDIABETICO Lo screening di base, rivoltoall’individuazione del paziente adalto rischio, deve indagare lacomponente neuropaticaattraverso l’evidenziazione disintomi suggestivi e di anomaliedei riflessi motori. Lo studio dellaneuropatia deve essereapprofondito mediantedeterminazione della soglia disensibilità vibratoria con diapasona frequenza fissa o meglio conbiotesiometro (Boulton et al.1986; Sosenko et al. 1990) e dellasensibilità tattile conmonofilamento (Birke et al. 1986;

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Kumar et al. 1991). L’esecuzionedi test idonei svela la presenza dineuropatia autonomica el’elettromiografia rivela anomaliedella velocità di conduzionenervosa.

La mancanza dei polsi perifericiemersa allo screening di base perlo studio della componentevascolare deve essere completatacon l’esecuzione di un esameecocolorDoppler, ladeterminazione dell’indicepressorio caviglia-braccio(Larsson et al. 1993) e larilevazione del valoredell’ossimetria transcutanea aldorso del piede. In base a questiindici si deciderà sull’opportunitàdi eseguire un esameangiografico ai fini di unarivascolarizzazione chirurgicamediante bypass e/oangioplastica perifericatranscutanea (Gudas 1987;Woelfle et al. 1993). Essenziale èla correzione di tutti i fattori dirischio che influenzano laprogressione dell’arteropatiaobliterante (quadro lipidico,compenso metabolico, fumo,

sedentarietà, ecc.).La valutazione delle deformitàstrutturali del piede attraversoesame radiografico ebaropodometrico permetterà diverificare la necessità di unacorrezione chirurgica od ortesicadelle anomalie del carico plantare(Boulton et al. 1983; Duckworth etal. 1985).

La prevenzione delle lesioniulcerative non può prescindere daun attento monitoraggio deipazienti, particolarmente di quelliad alto rischio. Oltre allarivalutazione dei parametrivascolari periferici e dell’efficaciadegli interventi effettuati, si deveprontamente effettuare la curadelle lesioni pre-ulcerative(callosità, lesioni ungueali). Irisultati migliori nella prevenzionesi ottengono con un’adeguataopera di educazione checoinvolga anche i familiarisoprattutto dei pazienti anziani(Assal et al. 1985).

Quando si instaura una lesionedel piede, l’iter diagnosticostrumentale precedentemente

descritto aiuterà nella decisione diricoverare o meno il paziente; lostudio baropodometrico in genereviene rimandato a dopo laguarigione, ma al momento sidovrà provvedere a una ortesi discarico totale o parziale inrelazione alla lesione presente.Per le lesioni neuropatiche pure,prevalentemente plantari, puòessere necessario confezionareuno stivaletto gessato (Pollard etal. 1983; Mueller et al. 1989). Inregime di ricovero può essereprevisto un trattamento adiuvantecon ossigenoterapia iperbarica(Faglia et al. 1996), che èindispensabile nei casi congangrena gassosa. L’importanzadel compenso glicemico nelfavorire la guarigione di unalesione ulcerativa non deveessere trascurata.Per i pazienti che hanno subitoamputazioni maggiori o ancheminori con lunghi periodi diallettamento, è auspicabile unprecoce trasferimento in struttureadatte alle terapie riabilitative.

La prevenzione delle recidive siottiene principalmente con un

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programma di educazione miratae con una frequenza intensa deicontrolli.

ULCERE DA PRESSIONE Le ulcere da pressione insorgonoin pazienti affetti da patologieresponsabili di prolungataimmobilità, che vanno identificatemediante anamnesi ed esameobiettivo mirati. I processi riparativirichiedono interventi che devonoessere adeguati alle patologie dibase (Cullum et al. 1999) e favorirelo scarico delle pressioni(riposizionamento programmato,uso di presidi, ecc.).

In presenza di lesione dapressione, le evidenze indicanol’importanza di eseguire unavalutazione nutrizionale (indagineanamnestica e accertamenticlinico-laboratoristici comecalcolo dell’indice di massacorporea o BMI, albuminemia,transferrinemia, emoglobinemia)per impostare i necessariinterventi di supporto calorico-proteico (Breslow et al. 1993). Seil paziente è cosciente ecollaborante, occorre anche

valutare la presenza di dolore (dalesione o da trattamento)utilizzando la scala visuo-analogica e impostare un validotrattamento antalgico. Quando siprende in carico un’ulcera dapressione è importante eseguirela stadiazione secondo una delleclassificazioni clinico-patologichedisponibili e universalmenteaccettate. Se sono presenti segniclinici di infezione che appaionoresistenti al trattamento, devonoessere eseguiti esami radiografici(o ecografici) per escludereosteomielite, infezioni articolari ofistole. In presenza di febbresettica a genesi non identificata,in un paziente con una ulcera dapressione va eseguital’emocoltura.

ULCERE INFIAMMATORIELe ulcere infiammatorierappresentano un gruppoeterogeneo di lesioni caratterizzateda un infiltrato infiammatoriocellulare all’interno della parete delvaso. Le vasculiti, in particolare,presentano una necrosi fibrinoidee depositi simil fibrina nelle paretinecrotiche dei vasi.

Sebbene la diagnosi istologicarisulti essenziale per questelesioni, la varietà di malattieincluse in questo capitolo è moltoampia. Gli esami ematochimiciche vengono effettuati di routinepossono fornire informazioni utilialla diagnosi clinica. È inoltrenecessario sottoporre il pazientea una serie di esami di pertinenzadei reparti di reumatologia e traquesti risulta opportunosottolineare gli esami: ANA,ANCA, CIC, frazioni C3 e C4 delcomplemento, crioglobuline,criofibrinogeno e Ra-Test. Lafunzionalità renale è un altroimportante parametro dacontrollare poiché questemalattie interessano spesso ilrene nella sua strutturamicrocircolatoria. Lo screeningdell’epatite consente spesso diarrivare ad associazioni pregressetra ulcere infiammatorie e malattieinfettive. Ma l’esame cardinerimane l’istopatologia cutaneache attraverso tecniche diimmunofluorescenza diretta eindiretta può identificare in modomolto chiaro gli elementinecessari per la diagnosi.

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