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.1 PS IX catgz.ne rapptz

Date post: 09-Dec-2023
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1 0.0 Premessa Le note che seguono sono il frutto della riflessione condotta da un ( ex ) insegnante di scuola primaria durante gli anni di attività in classe, con riferimento a molte letture e in modo particolare a un testo, purtroppo non più presente nelle librerie ( Atti del convegno tenuto a Trento nel gennaio 1983 sul tema “ Processi cognitivi e apprendimento della matematica a livello di scuola elementare ”, pubblicati da Zanichelli Bologna, 1985 con il titolo “ Numeri e operazioni nella scuola di base. Aspetti psicologici e processi cognitivi ”). Le relazioni di Fischbein, Vergnaud e Moser hanno costituito un riferimento fondamentale per chiunque si è occupato dell‟argomento nei decenni succes- sivi sino ad oggi e alcuni concetti da loro proposti sono ormai acquisiti alla ricerca e alla sperimenta- zione. Per lo scrivente, sono state il quadro teorico cui improntare il lavoro quotidiano con gli alunni e l‟oggetto di riflessioni ricorrenti per assimilarne i contenuti. Trattandosi di riflessioni, i riferimenti utilizzati non sono indicati con note specifiche, perché facil- mente rinvenibili nelle sei relazioni citate. Invece, è senz‟altro utile ( e doveroso ) premettere una esposizione sintetica dei principali concetti proposti dagli autori. Efraim Fischbein componenti dell’attività matematica: ogni tipo di attività matematica comprende necessariamente un livello formale ( struttura logica strettamente deduttiva ) , un livello algoritmico ( operazioni, formule, enunciati, strategie ) e un livello intuitivo ( accettazione soggettiva di un enunciato mate- matico come cosa evidente e certa ) intuizione: conoscenza immediata, cognizione che viene accettata direttamente per la sua evidenza, con un senso di certezza intrinseca che non ha bisogno di verifiche o di dimostrazioni; sorgente pri- maria della conoscenza secondo filosofi come Cartesio, Spinoza, Bergson intuizioni di anticipazione: congettura preliminare, globale, plausibile che viene fatta nel processo di soluzione di un problema ( equivalente del concetto di insight usato dalla psicologia della Gestalt, del pensiero intuitivo di cui parla Bruner e di molte descrizioni di Poincaré ) intuizione di accettazione: cognizione ( rappresentazione, interpretazione, relazione ) che viene accettata come certa, auto evidente, dal soggetto che apprende, contenente un elemento di fede che trascende i dati a disposizione e che tuttavia esercita un‟influenza coercitiva sul suo modo di pensare e interpretare; ciò che appare certo, autoevidente è immediatamente ritenuto vero; nella risoluzione dei problemi le intuizioni di anticipazione sono influenzate dalle intuizioni di accettazione significato intuitivo: se riferito a un concetto, è il corrispondente comportamentale del concetto es. classico, il termine „uguale‟ inteso come „dà per risultato‟ ( 5 + 3 = 8 ) e non come „può essere scomposto in‟ ( 8 = 3 + 5 ) oppure „equivale a‟ ( 5 + 3 = 2 x 4 ); nella risoluzione di problemi, nella ricerca creativa e nelle applicazioni pratiche, l‟interpretazione intuitiva, spesso inconscia, influisce in modo essenziale sulla capacità di fissare nella memoria e di comprendere modello intuitivo: rappresentazione dell‟originale ( concetto, operazione ) più accessibile alla comprensione e alla manipolazione, la cui utilità sta essenzialmente nel suo valore euristico ( ad esempio, facilita la soluzione di un problema inizialmente posto nei termini dell‟originale ) ma a condizione che tra modello e originale sussista un adeguato isomorfismo; la sua formazione è per lo più spontanea e inconsapevole e induce sempre effetti di accettazione immediata intuizioni secondarie: le intuizioni sono un fenomeno evolutivo, cambiano con l‟età; rappresenta- zioni intuitive nuove ( secondarie ) possono essere sviluppate anche come conseguenza del processo di istruzione gestione dei processi intuitivi: l‟insegnante ha bisogno di conoscere significati e modelli intuitivi cui i propri alunni fanno riferimento; non è possibile né utile eliminare le componenti intuitive del ragionamento o prescinderne, ma si possono sviluppare nuovi modi di vedere che si adattino meglio alle esigenze della struttura concettuale raggiunta; neppure è opportuno insistere nel fornire suggeri- menti intuitivi usando rappresentazioni artificiali e troppo elaborate; nei casi poi in cui un concetto o una operazione non hanno corrispondenti rappresentazioni intuitive ( es.: a 0 = 1 ) bisogna render-
Transcript

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0.0 Premessa

Le note che seguono sono il frutto della riflessione condotta da un ( ex ) insegnante di scuola

primaria durante gli anni di attività in classe, con riferimento a molte letture e in modo particolare a un

testo, purtroppo non più presente nelle librerie ( Atti del convegno tenuto a Trento nel gennaio 1983

sul tema “ Processi cognitivi e apprendimento della matematica a livello di scuola elementare ”,

pubblicati da Zanichelli – Bologna, 1985 – con il titolo “ Numeri e operazioni nella scuola di base.

Aspetti psicologici e processi cognitivi ”). Le relazioni di Fischbein, Vergnaud e Moser hanno

costituito un riferimento fondamentale per chiunque si è occupato dell‟argomento nei decenni succes-

sivi sino ad oggi e alcuni concetti da loro proposti sono ormai acquisiti alla ricerca e alla sperimenta-

zione. Per lo scrivente, sono state il quadro teorico cui improntare il lavoro quotidiano con gli alunni e

l‟oggetto di riflessioni ricorrenti per assimilarne i contenuti.

Trattandosi di riflessioni, i riferimenti utilizzati non sono indicati con note specifiche, perché facil-

mente rinvenibili nelle sei relazioni citate. Invece, è senz‟altro utile ( e doveroso ) premettere una

esposizione sintetica dei principali concetti proposti dagli autori.

Efraim Fischbein

componenti dell’attività matematica: ogni tipo di attività matematica comprende necessariamente

un livello formale ( struttura logica strettamente deduttiva ) , un livello algoritmico ( operazioni,

formule, enunciati, strategie ) e un livello intuitivo ( accettazione soggettiva di un enunciato mate-

matico come cosa evidente e certa )

intuizione: conoscenza immediata, cognizione che viene accettata direttamente per la sua evidenza,

con un senso di certezza intrinseca che non ha bisogno di verifiche o di dimostrazioni; sorgente pri-

maria della conoscenza secondo filosofi come Cartesio, Spinoza, Bergson

intuizioni di anticipazione: congettura preliminare, globale, plausibile che viene fatta nel processo

di soluzione di un problema ( equivalente del concetto di insight usato dalla psicologia della Gestalt,

del pensiero intuitivo di cui parla Bruner e di molte descrizioni di Poincaré )

intuizione di accettazione: cognizione ( rappresentazione, interpretazione, relazione ) che viene

accettata come certa, auto evidente, dal soggetto che apprende, contenente un elemento di fede che

trascende i dati a disposizione e che tuttavia esercita un‟influenza coercitiva sul suo modo di

pensare e interpretare; ciò che appare certo, autoevidente è immediatamente ritenuto vero; nella

risoluzione dei problemi le intuizioni di anticipazione sono influenzate dalle intuizioni di

accettazione

significato intuitivo: se riferito a un concetto, è il corrispondente comportamentale del concetto – es.

classico, il termine „uguale‟ inteso come „dà per risultato‟ ( 5 + 3 = 8 ) e non come „può essere

scomposto in‟ ( 8 = 3 + 5 ) oppure „equivale a‟ ( 5 + 3 = 2 x 4 ); nella risoluzione di problemi, nella

ricerca creativa e nelle applicazioni pratiche, l‟interpretazione intuitiva, spesso inconscia, influisce

in modo essenziale sulla capacità di fissare nella memoria e di comprendere

modello intuitivo: rappresentazione dell‟originale ( concetto, operazione ) più accessibile alla

comprensione e alla manipolazione, la cui utilità sta essenzialmente nel suo valore euristico ( ad

esempio, facilita la soluzione di un problema inizialmente posto nei termini dell‟originale ) ma a

condizione che tra modello e originale sussista un adeguato isomorfismo; la sua formazione è per lo

più spontanea e inconsapevole e induce sempre effetti di accettazione immediata

intuizioni secondarie: le intuizioni sono un fenomeno evolutivo, cambiano con l‟età; rappresenta-

zioni intuitive nuove ( secondarie ) possono essere sviluppate anche come conseguenza del processo

di istruzione

gestione dei processi intuitivi: l‟insegnante ha bisogno di conoscere significati e modelli intuitivi

cui i propri alunni fanno riferimento; non è possibile né utile eliminare le componenti intuitive del

ragionamento o prescinderne, ma si possono sviluppare nuovi modi di vedere che si adattino meglio

alle esigenze della struttura concettuale raggiunta; neppure è opportuno insistere nel fornire suggeri-

menti intuitivi usando rappresentazioni artificiali e troppo elaborate; nei casi poi in cui un concetto

o una operazione non hanno corrispondenti rappresentazioni intuitive ( es.: a0 = 1 ) bisogna render-

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ne consapevoli gli alunni e aiutarli ad accettare di fare riferimento alle sole procedure formali;

l‟intuizione è una risorsa per l‟apprendimento, ma va tenuta sotto controllo.

Gerard Vergnaud

concezione interattiva della formazione dei concetti: la conoscenza nasce dai problemi che devono

essere risolti e da situazioni che devono essere dominate; ciò vale per la scienza come per lo

sviluppo degli strumenti cognitivi dei bambini, che danno forma a concetti, modelli e congetture in

base alle situazioni reali in cui si imbattono; anzi, i concetti si evolvono solo se vengono in conflitto

con situazioni che non riescono a dominare e che richiedano di adattare i loro punti di vista e le loro

procedure a nuove relazioni e a nuovi tipi di dati;

l’intervento didattico: non basta insegnare gli algoritmi indipendentemente dai problemi o applicarli

solo a una gamma ristretta di essi; bisogna invece raccogliere e classificare una grande varietà di

situazioni e di problemi diversi dai soliti, tutti quelli che rendono significativo un concetto; quindi

proporle agli alunni in modo che le loro idee primitive siano integrate mediante nuove esperienze e i

significati spontanei si possano estendere a tutti i casi reali in cui il concetto è applicabile;

comunque lo sviluppo dei concetti richiede un lungo periodo di tempo e un ritorno ciclico su di essi

per approfondirne / ampliarne il significato

teoremi in azione: fin dalla prima età, per agire in situazioni concrete, i bambini utilizzano teoremi e

assiomi, pur non conoscendoli nella loro formulazione matematica ( es.: il numero di elementi

dell‟insieme unione è la somma del numero di elementi dei sottoinsiemi che lo compongono …

perciò, anziché contare tutte le unità, si può fare una addizione ); metterli di fronte a problemi in cui

essi trovino naturale usare tali teoremi e aiutarli, per esempio, ad estendere le procedure a valori

diversi delle variabili è un modo per facilitarne la padronanza prima che la spiegazione e la

riflessione metacognitiva ne consentano la comprensione ( un po‟ come per l‟uso del linguaggio e

lo studio della sintassi )

situazioni – invarianti – rappresentazioni: per facilitare la decontestualizzazione di concetti e

procedure e l‟estensione dei loro significati a contesti più generali è necessario tenere presente che

a/ ogni situazione in cui il concetto è significativo non coinvolge tutte le proprietà ( invarianti ) di

un concetto b/ una singola situazione, di solito, coinvolge più di un concetto c/ le rappresentazioni

simboliche di un concetto e delle sue proprietà che si formano nella mente si evolvono con l‟età,

man mano che si cerca di dare significato a nuove situazioni e si modificano le concezioni

precedenti

campi concettuali: il complicato processo mediante il quale si conquistano i concetti matematici

richiede che gli interventi didattici non siano indirizzati a fatti troppo parcellizzati, bensì all‟analisi

di situazioni e di problemi e delle procedure che vengono utilizzate per affrontarli, esaminando le

relazioni che entrano in gioco e i modi di rappresentarle; più che „spiegare‟ un concetto o una

procedura, si tratta di „esplorare‟ un campo concettuale, cioè “ un insieme di situazioni e di proble-

mi per trattare i quali è necessaria un‟ampia varietà di concetti, di procedure e di rappresentazioni

simboliche in stretta connessione tra loro ”; esempi: strutture additive, strutture moltiplicative, mi-

sure spaziali, questioni di dinamica, classificazioni

operazione unaria e binaria: il modello primitivo di rappresentarsi e di rappresentare addizioni e

sottrazioni e quello dell‟operazione unaria ( stato iniziale – operatore – stato finale ) che

corrisponde all‟idea di trasformazione di una grandezza mediante un operatore esterno dimensiona-

to; l‟operazione binaria ( due stati iniziali – un operatore interno che rappresenta la regola di com-

posizione – stato finale ), invece, è un modello che si acquisisce successivamente ( 1 o 2 anni dopo )

rappresentazione del problema e della procedura: le rappresentazioni simboliche del problema

sono diverse dalle corrispondenti procedure e, a livello di scuola primaria, gli alunni tendono a rap-

presentare la procedura ma non il problema; i diagrammi a frecce si prestano meglio a rappresentare

gli operatori ( esterni ); è importante, comunque, tenere distinta la rappresentazione del problema da

quella del procedimento risolutivo

in classe: errori, procedure, spiegazioni, formalizzazioni spontanee, modi di progettare e di rappre-

sentare oggetti fanno emergere comportamenti organizzati che si ripetono, possono essere colti da

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una osservazione attenta e possono aiutare a capire ciò che gli allievi pensano realmente, al di là dei

loro comportamenti e delle spiegazioni verbali che di essi forniscono.

James M. Moser

significati di addizione e sottrazione: il principio più elementare che sta alla base di addizione e sot-

trazione è l‟idea che l‟aggiunta di elementia un insieme aumenti la sua „numerosità‟ e che, viceversa,

la rimozione di elementi la diminuisca; una piena comprensione di queste operazioni richiede la

comprensione delle loro proprietà fondamentali, di inversione ( l‟aggiunta di elementi è annullata dalla

loro rimozione ) e di compensazione ( l‟aggiunta di elementi – o la presenza di più elementi – in uno

dei due insiemi equipotenti può essere compensata dall‟aggiunta dello stesso numero di elementi

nell‟altro ).

funzione dei modelli: l‟uso di sussidi ( modelli di tipo visivo o manipolativo ) migliora quasi

sempre le prestazioni, ma questo effetto diminuisce col crescere dell‟età; parte delle difficoltà nel

risolvere i problemi verbali dipende dalla mancanza di un piano per la risoluzione, cioè dalla mancanza

di una analisi delle relazioni tra i dati del problema, delle azioni in esso descritte da una loro

rappresentazione concreta ( modellizzazione ); i sussidi possono aiutare a trovare la rappresentazione

del problema e, a partire da questa, suggerire la strategia da seguire per determinare il risultato

strategie di soluzione: le prime strategie usate dai bambini sono basate sulla rappresentazione

dell‟azione e delle relazioni descritte nel problema; se non dispongono di procedimenti per

rappresentare azioni o relazioni, il problema risulta più difficile; con il tempo, le strategie più elemen-

tari vengono sostituite da altre più avanzate secondo una duplice direzione: aumento del livello di

astrazione e aumento della flessibilità nella scelta di quale usare; in ogni caso, le strategie usate dai

bambini sono legate in modo intrinseco alla struttura semantica del problema e alle differenze nella sua

enunciazione e nella sintassi del testo

ricerca e progetti educativi: restano molte cose da spiegare su come i bambini apprendano a

sommare e sottrarre; ma queste diventano dettagli insignificanti rispetto al divario esistente fra quanto

già si conosce sulla questione e gli attuali programmi scolastici; c‟è urgente bisogno di ricerche che

stabiliscano come applicare quanto si sa ai progetti educativi.

classificazione semantica dei problemi verbali: cfr. Tab. 2 – 3 e 4 pp. 13 – 16.

0.1 Esperienza e apprendimento

Il mondo fisico è costituito da entità concrete ciascuna delle quali possiede caratteristiche proprie.

L‟incontro con una porzione di realtà è un evento che determina nel soggetto una rappresentazione

mentale con attribuzione di valore. Tale rappresentazione interna è prodotta da processi selettivi di

natura percettiva, intuitiva, razionale e non consiste in una sommatoria di elementi isolati, bensì in una

totalità strutturata, connotata da un significato, che ne consente l‟inserimento più o meno stabile nella

memoria semantica, e da un valore, riferibile ai bisogni e agli interessi dell‟individuo. Anzi, sono

proprio significati e valori i fattori decisivi della strutturazione dell‟esperienza.

Il solo fatto di trovarsi in una specifica situazione ( luogo, contesto … fisico o mentale ) evoca il

ricordo di quadri analoghi, prodotti e memorizzati in occasione di precedenti esperienze. A seconda del

livello di sviluppo e di altri fattori ( cognitivi e non ), queste tracce mnestiche assumono di volta in

volta i caratteri di script e frame ( copioni di eventi ), di modelli intuitivi ( significati e schemi

operativi ), di categorie formali ( concetti astratti ), sempre accompagnati da connotazioni emotive e

attribuzioni di valore. Si tratta in sostanza di strutture e significati con funzioni interpretative

dell‟esperienza e predittive degli eventi.

L‟apprendimento si realizza quando una siffatta strutturazione di situazioni ed eventi viene

acquisita in modo stabile alla memoria semantica in termini di schemi operativi, modelli intuitivi, idee,

concetti … ma anche di rappresentazioni visuospaziali e di connotazioni affettivo – emotive. Esso si

può determinare in modo spontaneo o indotto, casuale o sistematico, inconscio o consapevole, ed è

condizionato dalla motivazione con cui è perseguito e dalla soddisfazione che produce ( Fig. 1 ).

L‟istruzione agisce su tutte queste dimensioni per promuovere apprendimenti significativi, cioè il

più possibile autonomi, consapevoli e organicamente sistematizzati, perciò stabili, ma anche

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gratificanti e motivati, dotati di valore per il soggetto. L‟insegnamento della matematica non fa

eccezione, anzi !

L e CARATTERISTICHE autonomo Fig. 1

d e l l ’ APPREDIMENTO

sistematico gratificante

motivato

inconscio consapevole

frustrante

casuale

obbligato

i n d o t t o

Però, l‟impulso fondamentale che innesca la strutturazione dell‟esperienza deriva dalle domande

che il soggetto si pone ( guidato da bisogni e interessi, cognitivi ed emotivi ) o che gli vengono poste

( con adeguata motivazione ), dai problemi che affronta per elaborare la molteplicità delle informazioni

provenienti dall‟ambiente naturale e culturale. E quando la percezione della validità intrinseca delle

soluzioni trovate è sancita da un riconoscimento sociale e istituzionale ( ad esempio da parte dei

compagni e/o dell‟insegnante ), la motivazione all‟apprendimento ne viene rafforzata e aumenta

l‟impulso ad affrontare nuove sfide.

Le esperienze e gli apprendimenti dell‟individuo, comunque, non possono prescindere da quanto è

già stato prodotto in termini di significati e di valori nelle epoche trascorse e in quella attuale. Il

percorso scolastico serve a facilitare l‟accesso dell‟alunno al patrimonio culturale e valoriale disponibi-

le e, ad un tempo, a dare un indirizzo ordinato e organico al suo sviluppo personale in ambito sociale.

Dal punto di vista cognitivo sono i campi di esperienza, gli ambiti disciplinari e le stesse discipline

a costituire i contesti dell‟apprendimento nelle diverse fasi evolutive del soggetto e nei corrispondenti

livelli scolastici ( infanzia – primaria – secondaria ). Tali contesti fanno tutti riferimento ai saperi

disciplinari, modelli ideali cui la mappa cognitiva del soggetto è sollecitata a conformarsi.

La convergenza graduale delle due strutture – cognitiva ed epistemologica – è tuttavia possibile solo

se si guarda alle discipline da un punto di vista psicogenetico più che logico formale. Concetti,

procedure e linguaggi hanno una loro definizione canonica e una collocazione specifica nell‟assetto

complessivo della disciplina. Ma sono pur sempre il risultato di processi storici più o meno complessi

e travagliati di sistematizzazione. Non deve meravigliare, allora, che anche la storia individuale

dell‟apprendimento richieda analoghi percorsi.

Per corrispondere alla natura dei due processi ( storico e individuale ), anche il contratto didattico

tra insegnante e alunni deve connotarsi in senso problematico e costruttivo. Un metodo di tipo trasmis-

sivo, fondato su definizioni e regole, spiegazioni ed esercizi, difficilmente produce apprendimenti

significativi e men che meno interesse per la disciplina. Viceversa, e possibile considerare le discipline

come un insieme di campi concettuali nel senso definito da G. Vergnaud: “ Un campo concettuale è

un insieme di problemi e di situazioni, per dominare i quali è necessaria un‟ampia varietà di concetti,

procedure e rappresentazioni simboliche di tipo diverso ma saldamente collegati tra loro ”.

Dando questa specifica curvatura all‟insegnamento della matematica, risulta evidente che il miglio-

re paradigma del funzionamento cognitivo è costituito proprio dal problem solving. L‟esplorazione

intelligente e guidata di questi campi concettuali tende a una ri-elaborazione consapevole di quelle

stesse strutture che costituiscono l‟assetto attuale della matematica.

0.2 Il problem solving …

Negli ultimi decenni, tra i documenti ministeriali che definiscono obiettivi e indicazioni per il

curricolo di matematica nella scuola di base, i Programmi per la scuola elementare del 1985 sono

quelli che danno maggior rilievo all‟argomento e ne sanciscono la centralità. “ Il pensiero matemati-

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co ” recita il testo “ è caratterizzato dalla attività di risoluzione di problemi … Le nozioni di base

vanno fondate e costruite partendo da situazioni problematiche concrete, che scaturiscano da

esperienze reali del fanciullo e che offrano anche l'opportunità di accertare quali apprendimenti

matematici egli ha in precedenza realizzato, quali strumenti e quali strategie risolutive utilizza e quali

sono le difficoltà che incontra ”.

Non è un caso che il documento richiami il concetto di situazione problematica ( di dominio

comune nella letteratura didattica in campo matematico alla fine degli anni ‟70 ), che evoca un modello

di organizzazione dell‟insegnamento in cui l‟allievo, per svolgere il compito assegnato, deve formulare

nuove ipotesi e non lo può fare per semplice ripetizione o applicazione di conoscenze e/o competenze

già acquisite ( cfr. B. D‟Amore, Didattica della matematica; Bologna, Pitagora, 2005 ). Di qui anche la

distinzione tra problema in senso proprio ( quando le nozioni sono in fase di costruzione ) ed esercizio

( quando si tratta di consolidarle o di verificarne l‟avvenuta acquisizione ). Distinzione, peraltro, non

scontata, se si prendono in considerazione i problemi verbali proposti in contesto scolastico. “ Non è il

testo in sé a costituire un esercizio o un problema, ma un complesso legato a situazioni didattiche,

capacità individuali e mille altri fattori, tra i quali l‟intenzione didattica del proponente e il livello

scolastico ” ( B. D‟Amore, ivi ). Ciò che per un alunno è un semplice esercizio di applicazione per un

suo compagno può costituire un problema in senso proprio, un ostacolo cognitivo che deve ancora

superare.

… e le sue componenti

Da molto tempo, studi e sperimentazioni sul problem solving si occupano di individuarne le

componenti essenziali e propongono modelli che rappresentano le abilità implicate in tale attività.

Se però domandiamo a un insegnante qual è la difficoltà che gli alunni meno brillanti incontrano

nel risolvere un problema, la risposta è pressochè unanime: la comprensione del testo. Le opinioni, poi,

divengono più articolate se si chiede che cosa significhi e/o comporti comprendere il testo. Allora si fa

riferimento ai vocaboli non conosciuti, alla struttura sintattica ( il più delle volte ellittica e ipotattica ),

alle trappole semantiche di certe locuzioni ( di più / di meno, in tutto …) e ad altro ancora.

Suggerimenti e rimedi utili, ancorchè parziali, vengono messi in campo: leggere più volte il testo,

riformularlo insieme, verbalizzare il significato dei dati e della domanda, rappresentare la situazione

descritta in vari modi. E ancora: proporre problemi in cui si debba rilevare la presenza di dati

sovrabbondanti, contraddittori, mancanti; inventare problemi simili a quello dato; rappresentare il

contenuto del testo con la drammatizzazione, la manipolazione, schemi … accompagnati dalla

verbalizzazione, dalla discussione, dal lavoro in piccoli gruppi.

Molti alunni beneficiano di queste metodologie didattiche e diventano buoni o discreti solutori di

problemi ( scolastici ). Gli insegnanti, però, sanno che non basta, che per gli alunni meno capaci serve

altro. Soprattutto quando le difficoltà non sono solo di tipo linguistico.

Allora, una prima considerazione da fare è che gli alunni possono trovarsi di fronte a un problema

in almeno tre modi diversi. Vogliono raggiungere uno scopo e incontrano un ostacolo che sembra

impedirlo: si chiedono come fare. Oppure è qualcun altro ( ad es. l‟insegnante ) che propone loro una

situazione nuova, mai affrontata in precedenza, chiedendo di esaminarla e di trovare procedure

adeguate per esaminarla e inquadrarla. O ancora vengono messi di fronte a un testo, che fornisce

alcune informazioni e contiene una o più domande relative ad apprendimenti già avvenuti.

I problemi del primo tipo si incontrano nei contesti più svariati, non sono necessariamente

formulati in termini verbali e gli scopi perseguiti possono essere di sia pratici che speculativi; la

presenza dell‟ostacolo stimola l‟attivazione spontanea di processi mentali finalizzati a superare quella

difficoltà specifica. Negli altri casi il contesto è prevalentemente quello scolastico e i processi attivati

sono modulati in modo funzionale a un apprendimento graduale e sistematico, sia che si tratti di

elaborare nuovi concetti, sia che si intenda consolidarli o verificarne il livello di padronanza. In tutte

tre le modalità, benchè in forma diversa, c‟è però un elemento comune: la necessità di inquadrare il

problema, di stabilire quali sono gli elementi rilevanti, la sua struttura.

Seconda considerazione. La struttura di un problema non è una entità oggettiva, dotata di esistenza

propria come le idee platoniche, o nascosta nel testo come lo scheletro sotto pelle e muscoli di un

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essere vivente. Dal punto di vista epistemologico, una struttura può essere intesa come un insieme di

concetti e relazioni che caratterizzano un‟area definita dell‟impianto logico formale della disciplina.

Dal punto di vista psicologico, ogni struttura è il prodotto di esperienze e operazioni mentali più o

meno complesse, acquisito nella memoria a lungo termine e recuperato ogni qualvolta è necessario

esaminare una situazione e fare inferenze circa le relazioni tra gli elementi che la caratterizzano. Ciò

accade quando si affronta un problema: le domande che ci poniamo ( o che ci sono poste ) sollecitano

l‟attivazione di processi mentali, che da un lato conducono alla soluzione del problema, dall‟altro

determinano conferme o modifiche di questo o quel nodo della rete cognitiva personale.

Una terza considerazione è ovvia e conclusiva: la definizione della struttura del problema ( verba-

le ) è, ad un tempo, il risultato finale della comprensione e il presupposto per la soluzione. Ma, per

quanto possibile, i due momenti devono essere tenuti distinti. Il primo, infatti, è finalizzato a definire le

caratteristiche del problema, riconducendolo per analogia ad altri già esaminati ovvero affrontandolo

come si fa con a una situazione nuova, ancora da inquadrare. Ciò implica, ad un tempo, il riferimento

al testo e alle informazioni che contiene, il recupero dalla memoria di significati e modelli operativi

pertinenti e, non ultimo, l‟impiego di qualche tipo di rappresentazione. In sostanza, la definizione della

struttura del problema somiglia a un processo di categorizzazione, con riferimento a modelli già noti o

con la creazione di nuovi prototipi. Il secondo momento, invece, è caratterizzato dalla pianificazione e

attuazione del procedimento risolutivo, con l‟impiego di strategie adeguate ( recuperate in memoria

ovvero create ad hoc ), l‟esecuzione di calcoli e il controllo metacognitivo in itinere ( consapevolezza

del significato dei singoli passaggi e dei risultati man mano ottenuti ) e finale ( valutazione del lavoro

svolto e giustificazione delle scelte effettuate ), con eventuale rappresentazione dell‟intero

procedimento in forma grafica e/o simbolica.

Questa seconda fase è notevolmente facilitata quando la struttura del problema è stata bene

definita. Non è un caso che molte difficoltà degli alunni derivino proprio dalla sovrapposizione dei due

momenti. E ciò va evitato. In fondo, è quello che si richiede a un alunno di scuola superiore quando

deve calcolare l‟accelerazione di un corpo in movimento conoscendo velocità iniziale, spazio e tempo:

prima deve richiamare dalla memoria la relazione S=V0t+1/2at2( struttura ), poi riconoscere i dati e

l‟incognita, quindi definire la formula risolutiva del problema. In riferimento a situazioni più semplici,

anche un alunno di scuola primaria può essere orientato a utilizzare lo stesso modo di procedere.

1.0 La struttura del problema . . .

Tra i modelli in circolazione, che rappresentano le componenti implicate nell‟attività di problem

solving, uno dei più recenti è quello proposto da Lucangeli – Tressoldi – Cedron ( Test delle abilità di

soluzione dei problemi matematici; Trento, Erickson ), che possiamo assumere come riferimento,

modificandolo con una semplice linea che separi i due momenti – comprensione e risoluzione –

appena esaminati ( Fig. 2 ).

La categorizzazione è presente tra le componenti di questo modello ( altri autori non la prevedono

esplicitamente ) e viene definita come “ la capacità di individuare il cuore, la struttura profonda del

problema, a prescindere dal fatto che si parli di caramelle, mele o alunni (struttura verbale) ”. Tale

struttura profonda viene poi assunta come criterio di classificazione dei problemi stessi, in modo tale –

si suppone – da costituire in memoria una certa quantità di modelli, schemi, significati che si possano

agevolmente recuperare e utilizzare quando servono per risolvere problemi appartenenti a questa o

quella categoria. Avere o non avere un simile archivio di prototipi farebbe la differenza tra i solutori

esperti e quelli meno capaci e costituirebbe un criterio predittivo attendibile del successo nell‟appren-

dimento in matematica.

Molti autori identificano la struttura del problema nel procedimento risolutivo: una sola operazione

nei problemi elementari; una sequenza più o meno lunga di operazioni per quelli complessi. Ma questa

ipotesi non è convincente ed è invece preferibile mantenere la distinzione tra le due fasi. Prima si

inquadra la situazione, si mettono in ordine gli elementi; poi vi si mette mano. Tant‟è vero che molti

problemi consentono più di un procedimento risolutivo, anche se i dati, le domande e le relazioni che

legano gli uni alle altre sono gli stessi.

Fig. 2

7

com

pren

sione

ri

so

lu

zio

ne

1.1 ... nei problemi complessi

Abbiamo qui una prima conferma della distinzione ipotizzata. Se si accetta la tesi che identifica

struttura del problema e procedimento risolutivo, ci si deve inevitabilmente chiedere se una qualsiasi

espressione aritmetica o un grafico sagittale possano essere assunti a modelli per una categoria di

problemi. Qualcosa come (7+5)x3–(2+3)x6 = ? ( generalizzando (a+b)c–(d+c)e = x ) è ben lontano

dalla essenzialità e flessibilità che deve caratterizzare un criterio categoriale. Ci sono certamente

problemi rappresentabili con questo schema. Ma le molteplici possibili varianti di simili espressioni

darebbero luogo a gran numero di classi, facendo venir meno la funzione stessa della categorizza-

zione. Pseudostrutture di questa natura hanno un valore euristico pressochè nullo e ben poco serve agli

alunni archiviarne molte in memoria.

Una qualche classificazione dei problemi complessi è pur possibile assumendo a criterio la presenza

di strutture additive o moltiplicative o di entrambe: problemi in cui le grandezze sono rappresentate da

numeri naturali e interi relativi; problemi che implicano la proporzionalità diretta o inversa e i numeri

razionali; problemi che richiedono l‟uso della proprietà distributiva, come quelli spesa - ricavo -

guadagno / perdita, peso netto / lordo e tara …

Tuttavia, sia per la comprensione che per la risoluzione, tutti i problemi complessi devono essere

scomposti in sottoproblemi più semplici, che finiscono per rinviare a unità semantiche più elementari,

le stesse che caratterizzano i problemi con una sola operazione. E l‟individuazione di sottoproblemi ha

a che fare proprio con ipotesi e inferenze circa la loro struttura, ( qual è l‟incognita e quali sono i

termini delle relazioni, che bisogna ricercare nel testo o in parti di esso ). Alla fine un grafico sagittale

può rendere visibile in modo sinottico la serie ri-ordinata dei passaggi effettuati. Ma questa è la

rappresentazione del procedimento risolutivo. Non del problema !

1.2 ... nei problemi con addizioni e sottrazioni

I problemi elementari di tipo additivo sono anch‟essi una conferma della necessità di distinguere tra

struttura e procedimento risolutivo. Inoltre consentono di interpretare quella stessa struttura a diversi

livelli di astrazione.

Marco ha 7 palline, 12 meno di Andrea. Quante sono le palline di Andrea ?

Luca aveva 7 palline e, giocando ne ha vinte altre 12. Quante ne ha ora ?

Oggi Luigi ha perso prima 7 palline e poi 12. Quante palline ha perso Luigi oggi ?

Ieri Gianni ha vinto prima 7 palline e poi 12. Quante palline ha vinto Gianni oggi ?

Mario ha 7 palline blu e 12 gialle. Quante sono le palline di Mario ?

L‟operazione risolutiva per tutti e cinque i problemi è 7 + 12 = 19. Espressa nella formula generale

a + b = c , è forse l‟addizione la struttura comune che stiamo cercando? Una classificazione siffatta è

certamente possibile e logicamente coerente. In questo modo risulta agevole definire anche altre

categorie, semplicemente facendole coincidere con … le operazioni aritmetiche. Ma allora avrebbero

ragione coloro che non annoverano la categorizzazione tra le componenti essenziali del problem

solving. Non c‟è motivo di dare nomi diversi alle stesse entità !

Che le cose non stiano in questo modo lo si può constatare in una qualsiasi aula scolastica. Dopo

che gli alunni hanno risolto un problema, spesso l‟insegnante chiede loro di “ inventarne altri con la

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medesima struttura ”. Che succede ? Nel caso che il problema appena risolto sia analogo a uno dei

cinque sopra riportati, le risposte non si discostano più di tanto da quello di partenza, con la variazione

dei soli dati numerici e/o del nome dei bambini. Se poi la richiesta viene avanzata a freddo, a

prescindere da un problema di riferimento ( “ inventa un problema con l‟addizione ” ), la scelta cade

quasi certamente su esempi simili al n. 2 o al più al n. 5. Eppure tutti e cinque i problemi hanno la

medesima operazione risolutiva ! Come mai non compaiono tutti e cinque i casi con analoga frequenza

e alcuni vengono privilegiati rispetto ad altri ? Una spiegazione plausibile è la seguente: dal punto di

vista dell‟alunno, l‟operazione risolutiva addizione, assunta o meno a criterio per classificare i

problemi, viene riferita ad alcune operazioni concrete ( aumentare una quantità o riunirne due distinte )

più che ad altre ( effettuare confronti o comporre trasformazioni e/o differenze di quantità ). La classe

formale „addizione‟, inizialmente, non include tutti i significati che si possono attribuire all‟operazione

quando la si riferisce a situazioni reali.

Sono illuminanti in proposito le definizioni introdotte da E. Fischbein di significato intuitivo e di

modello intuitivo intesi, rispettivamente, come “ il corrispondente comportamentale del concetto

astratto ” e come “ una rappresentazione dell‟originale, più accessibile alla comprensione e alla

manipolazione, utile soprattutto per il suo valore euristico ”.

Archiviata definitivamente la teoria strutturalista ( madre dell‟insiemistica anni „70 ) e con essa

l‟illusione di poter procedere all‟acquisizione diretta di concetti e strutture matematiche, abbiamo oggi

la consapevolezza della complessità dell‟apprendimento di questa disciplina e sappiamo che il

passaggio dall‟esperienza alla rappresentazione, alla conquista dei primi livelli di formalizzazione si

realizza con gradualità e secondo linee di sviluppo non univoche ( cfr. Programmi 1985 ).

Il recupero di questi modelli intuitivi è un passaggio importante, sia per comprendere la struttura dei

problemi, sia per definire categorie provvisorie, ma significative dal punto di vista psicologico e

funzionale. Con il tempo e secondo ritmi di crescita individuali, tali modelli possono confluire nel

perimetro delle categorie formali ( pur mantenendo una presenza significativa nella memoria ! ). Ma

ciò è possibile solo seguendo un percorso graduale, dal concreto all‟astratto, durante il quale bisogna

prestare attenzione a che questi significati primitivi non si consolidino prematuramente, prendendo il

posto che spetta ai concetti e monopolizzandone e limitandone il contenuto.

Da quanto sin qui esposto discende una prima conclusione. La struttura dei problemi e i criteri per

classificarli non si devono interpretare come entità oggettive, la cui definizione sia indipendente dalle

storie personali e dalle tappe dello sviluppo individuale. Il cammino verso la comprensione delle

strutture additive può e deve iniziare da modelli intuitivi primari ( aumentare / diminuire, unire /

separare ); ma è compito specifico del processo sistematico di istruzione promuovere lo sviluppo di

rappresentazioni intuitive secondarie ( uguagliare, confrontare, comporre trasformazioni e differenze )

in modo da facilitare l‟acquisizione di significati sempre più rispondenti alle richieste concettuali.

Più avanti, trattando della rappresentazione dei problemi, delle strutture intuitive e/o formali che ne

consentono la classificazione, risulterà più evidente l‟opportunità di distinguere tali modelli da quelli

utilizzati per rappresentare i procedimenti orientati alla soluzione. Al tempo stesso, è palese la

necessità di procedere per gradi, sfruttando le risorse dell‟intuizione per progredire nell‟apprendimento

e al tempo stesso chiarendo, integrando, orientando opportunamente ciò che gli alunni pensano e

fanno.

1.3 ... nei problemi con moltiplicazioni e divisioni

Anche per le strutture moltiplicative dobbiamo fare i conti con significati parziali, che possono

creare blocchi cognitivi e misconcezioni, qualora vengano identificati prematuramente con i concetti

matematici. L‟intuizione – questa grande energia psichica – non deve ( e non può ) essere eliminata.

Ma neppure assecondata incautamente o lasciata a sé stessa.

Con l‟intento di facilitare l‟apprendimento, si cerca spesso nelle strutture additive il fondamento di

concetti basilari di quelle moltiplicative. Non è infrequente che un insegnante dica ai propri alunni che

“ la moltiplicazione è una addizione ripetuta ”, senza rendersi conto che sta veicolando un‟idea poten-

zialmente fuorviante. Correttamente si potrebbe dire che “ l‟addizione ripetuta è una moltiplicazione ”,

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un tipo di moltiplicazione, quella scalare. Ma nei problemi c‟è un altro significato dell‟operazione,

quello che implica il rapporto tra grandezze eterogenee e l‟operatore funzione ( o proporzionale ).

Identificare l‟addizione ripetuta con la moltiplicazione significa porre la premessa di successivi

ostacoli cognitivi. Per esempio, se di deve calcolare il costo di 0,75 litri di olio quando il prezzo al litro

è di 8 euro. Il rapporto tra le variabili è “ 8 euro / 1 litro ” e “ x euro / 0,75 litri ” e l‟operazione da

eseguire “ 8 x 0,75 ”. Invece capita molto spesso ( anche agli adulti ! ) di cadere in errore e di

rispondere che l‟operazione richiesta è “ 8 : 0,75 ” ! Il motivo ? L‟idea che il prodotto è „sempre‟

maggiore dei singoli fattori ( come la somma e rispetto agli addendi ! ). “ Perciò – si pensa – se

moltiplico ottengo più di 8 euro, che è il costo di un litro; e non è possibile che 0,75 litri costino più di

1 litro. Allora … divido ”. Se invece la richiesta fosse stata “ Quanto costano 6 litri di olio ? ”

difficilmente si sarebbe caduti in errore. Ma ciò che è valido operando con i numeri naturali non

sempre lo è con altri tipi di numeri ( qui, i razionali ).

Tanto basta per scegliere di seguire un percorso più lungo ma sicuro e iniziare ponendo un primo

punto fermo: le strutture moltiplicative sono un campo concettuale nuovo, diverso da quello delle

strutture additive !

I problemi di addizione e sottrazione, infatti, presuppongono

relazioni a tre termini, tra grandezze omogenee

in un unico spazio di misura

I problemi che si risolvono con moltiplicazioni e divisioni, invece, implicano

relazioni a quattro termini, tra grandezze eterogenee

( direttamente o inversamente proporzionali )

in almeno due spazi di misura

( con rapporti scalari o funzionali ).

Il carattere eterogeneo delle grandezze, però, non è sempre riconoscibile con facilità quando

sussiste una relazione di inclusione. Sul piano intuitivo, infatti, il confronto per differenza (additivo) o

per rapporto ( proporzionale ) può risultare di non facile comprensione quando si fa riferimento a

situazioni concrete anziché ai soli numeri. Pensare che “ le figurine di Carlo sono 2/3 di quelle di Lui-

gi ” ovvero che “ 2/3 delle palline di Carlo sono rosse ” non evoca modelli intuitivi identici, anche se,

dal punto di vista matematico, queste situazioni si rappresentano entrambe in spazi di misura distinti

( fig.ne di Luigi e fig.ne di Carlo; palline e palline rosse ).

La presenza della relazione di inclusione, inoltre, tende a rinforzare due significati intuitivi della

frazione: quello di parte ( minore ) dell‟intero, ottenuta mediante un operatore su grandezze ( continue

o discrete ). Questi modelli intuitivi rischiano di consolidarsi in entità autosufficienti, a scapito di altri

significati, anzichè porsi in continuità con i rapporti ( scalari e funzionali ) già presenti nelle relazioni a

quattro termini di moltiplicazioni e divisioni e contrastando così ulteriori sviluppi concettuali di portata

più generale ( proporzionalità diretta e inversa, numeri razionali ).

In questo contesto non è possibile affrontare i molteplici aspetti dell‟argomento specifico delle

frazioni. Né queste possono essere assunte a criterio per individuare una specifica classe di problemi,

dal momento che l‟idea di rapporto è onnipresente nel campo concettuale delle strutture moltiplicative.

Nel percorso che si va delineando, però, è possibile affiancare esercizi di rinforzo ( con esempi

concreti e/o solo numerici ) alle diverse tipologie di problemi che si prendono in esame, in modo da

sviluppare parallelamente molte sfaccettature dell‟argomento: frazioni proprie, improprie, apparenti,

equivalenti, inverse, complementari … intese come operatori e come misure di grandezze ( “ E‟ rima-

sto un terzo di torta; Laura ne ha mangiato metà ” ) …

Fatta questa breve digressione, possiamo tornare alla classificazione delle strutture moltiplicative.

E‟ utile, in proposito, prendere spunto da quella proposta da Vergnaud, che prevede tre grandi

categorie di problemi:

1. isomorfismo di misure ( proporzionalità diretta tra due spazi di misure )

rappresentabile con una tabella di semplice corrispondenza

( es.: pacchetti – caramelle; distanze – tempi; quantità – costi … )

2. prodotto di misure ( composizione cartesiana di due spazi di misura in un terzo )

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rappresentabile in una tabella a doppia corrispondenza, con unità di misura f (1,1) = 1

( es.: base – altezza – area; spazio – tempo – velocità; densità – massa – volume … )

3. proporzionalità multipla ( proporzionalità diretta e inversa fra tre o più grandezze sen-

za vincoli per l‟unità di misura ) rappresentabile con tabelle e schemi più complessi

( es.: numero operai – oggetti prodotti – tempo impiegato )

Con riferimento al quadro teorico qui delineato, ai contenuti dei libri di testo in uso nella scuola di

base e ai modelli rappresentativi che si possono utilizzare ( cfr. pp. 18 ss. ), in Tab. 1 è delineato un

possibile approccio alle strutture moltiplicative secondo un criterio di difficoltà crescente.

TIPOLOGIA numero

grandezze

proporzionalità Tab. 1

diretta inversa

1 problemi di isomorfismo semplice 2 x

2 problemi del tre semplice diretto 2 x

3 problemi di isomorfismo multiplo 3 o + x

4 prob. con prop.tà inv.sa semplice 2 x

5 problemi del tre semplice inverso 2 x x

6 problemi con prodotto cartesiano 3 o + x x

7 problemi con proporz.tà multipla 3 o + x x

Per livello di difficoltà, prima dei problemi di proporzionalità inversa si sarebbero potuti inserire

quelli di compravendita ( spesa – guadagno – ricavo ), che però sono trattati più avanti perchè la loro

rilevanza sta nel fatto che richiedono l‟uso della proprietà distributiva, non nel tipo di proporzionalità

implicata.

Invece c‟è da sottolineare che il punto 4 della tabella costituisce un passaggio cruciale.

In più di una occasione, gli alunni più piccoli hanno già incontrato la struttura matematica della

proporzionalità inversa: a livello manipolativo, per disporre un numero fisso di gettoni in file

ugualmente numerose ( es. 24, in 2 – 3 – 4 – 6 – 8 – 12 file o colonne ); in geometria, per stabilire le

misure di base e altezza in triangoli e quadrilateri equiestesi; in problemi concreti, per calcolare ad

esempio il tempo necessario a collocare i libri acquistati in biblioteca a seconda che il lavoro sia svolto

da 1 – 2 – 3 o più alunni. In queste e in altre attività la si è utilizzata senza saperlo. Tuttavia, nella

scuola primaria l‟intervento didattico è rivolto innanzi tutto a promuovere una padronanza sicura della

proporzionalità diretta.

Il problema, allora, è come si possa evitare l‟identificazione prematura dell‟idea di proporzionalità

con la sua forma diretta. La questione è delicata. Però, senza forzature e rispettando i ritmi individuali

di apprendimento, è sicuramente utile proporre ( con periodicità adeguata ) semplici situazioni in cui,

date le variabili di una grandezza, si tratta di riflettere se “ bisogna raddoppiare, triplicare … oppure

dimezzare, tripartire …” per individuare quelle corrispondenti di un‟altra grandezza.

“ La mamma ha detto a Luca che deve togliere dagli scaffali tutti i suoi libri per pulire la biblioteca.

Luca allora li prende 3 alla volta e li accatasta sulla scrivania: in 10 minuti, con soli 12 spostamenti,

ha fatto tutto. Quanti sono i libri di Luca ? Se Luca li avesse presi 4 alla volta avrebbe fatto più o

meno spostamenti ? E avrebbe impiegato più o meno tempo spostandoli 2 alla volta ? … ”.

Drammatizzazione, manipolazione, rappresentazioni iconiche e simboliche …, sempre

accompagnate dalla verbalizzazione ( come si è fatto e perché ) e dalla discussione, consentono di

riservare uno „spazio‟ adeguato alla proporzionalità inversa nella mappa cognitiva dell‟alunno. Il

percorso per la sua concettualizzazione può anche procedere a tappe più lente rispetto alla forma

diretta; l‟uso di tabelle di corrispondenza o di modelli grafici più astratti può essere differenziato nei

due casi. Ma, quando giunge il momento in cui gli itinerari sono fatti convergere in un unico concetto,

l‟operazione risulta più agevole e sicura se una delle due forme non è del tutto ignota.

Nella scuola secondaria la questione viene affrontata esplicitamente e si introduce un modello più

avanzato per rappresentare tutte le forme di relazione a quattro termini. E‟ l‟occasione ideale per fare

una riflessione retrospettiva approfondita, che consenta di comprendere le „proporzioni‟ ( uguaglianze

di rapporti ) come un modello certamente più avanzato, ma che non nasce dal nulla, perchè unifica e

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sostituisce molti modelli parziali, utilizzati in precedenza per rappresentare il concetto di rapporto in

contesti più specifici ( moltiplicazioni e divisioni, frazioni, operatori scalari e funzionali ).

Tra le grandezze implicate nella proporzionalità inversa si ritrova spesso il tempo. La

comprensione di questa variabile risulta più difficile di altre, sia perché astratta e difficile da rappre-

sentare, sia perché misurata con unità non decimali. Un motivo più che sufficiente per non trascurarla.

Comunque, l‟analisi di questa tipologia di problemi e di quelle successive è ripresa più avanti,

poiché va effettuata con il supporto di schemi rappresentativi.

1.4 ... nei problemi con le quattro operazioni

Tra le proprietà delle operazioni, quella distributiva del prodotto rispetto alla somma ha una

importanza particolare, poiché mette in connessione strutture additive e moltiplicative.

L‟apprendimento di tale proprietà può iniziare presto, con riferimento a esperienze concrete di

compravendita. Spesa – guadagno / perdita – ricavo sono l‟argomento di problemi che per molti

decenni hanno impegnato la didattica dell‟aritmetica nella scuola primaria. La loro struttura è caratte-

rizzata da un duplice confronto, additivo e proporzionale: differenza tra spesa ( o guadagno ) e ricavo;

rapporto tra costo unitario e costo totale. La relazione di inclusione è presente in entrambi i confronti.

La costante che consente la connessione delle due strutture – additiva e moltiplicativa – può essere la

quantità della merce o il valore unitario.

Uno schema identico è utilizzabile per interpretare situazioni in cui è rilevante la differenza tra

peso netto – peso lordo – tara. E la rappresentazione con tabelle a doppia entrata è adeguata per tutti

questi problemi ( cfr. sezione successiva, 2.4 ).

2.0 Dalle strutture elementari ai modelli rappresentativi

Nella presente sezione, dedicata alla componente rappresentazione, risulta ancora più chiara la

progressione del percorso di apprendimento, sia per le strutture additive che per quelle moltiplicative.

Nell‟ottica di un curricolo verticale, i destinatari delle proposte didattiche qui presentate sono gli

alunni dai 10 – 11 anni ai 14 – 15 anni ( fine scuola primaria – inizio secondaria di secondo grado ). I

diversi passaggi possono essere intesi come „aree di sviluppo prossimale‟ ( Vigotzkji ) e anche come

tappe di una sistematizzazione graduale delle conoscenze. Quello considerato è il segmento centrale ( e

spesso decisivo ) di un percorso più lungo, che ha avuto inizio nella scuola dell‟infanzia e nella

primaria e prosegue nelle scuole superiori e oltre.

Una precisazione è però importante: in seguito vengono utilizzate di proposito solo forme elemen-

tari di rappresentazione ( grafi sagittali e tabelle ); altre più astratte e avanzate sono omesse. L‟intento

non è certo quello di trascurare modelli matematici fondamentali ( ad esempio, il piano cartesiano). Lo

scopo è piuttosto quello di fare in modo che questi ultimi non perdano il legame con le loro radici più

elementari, circoscritti come spesso sono nei contesti troppo angusti di pochi capitoli del libro di testo.

L‟esempio delle proporzioni è emblematico: il fatto che, per risolvere i problemi, gli alunni le

preferiscano alle frazioni è dovuto probabilmente alla semplicità delle regole pratiche per manipolare

medi ed estremi proporzionali. Ma troppo spesso è dato rilevare che non siano affatto comprese come

elementari uguaglianze di rapporti. La regola mnemonica soppianta il concetto ed entrambi rimangono

relegati in contesti semantici distinti e reciprocamente impermeabili.

Perciò è utile ribadire spesso che, nelle strutture additive e moltiplicative, le idee di differenza e di

rapporto ( esiti del confronto additivo e proporzionale ) sono nodi concettuali essenziali, in quanto

sintesi di modelli intuitivi e fondamento semantico di linguaggi formali. Sono le radici dell‟albero. Se

ne vengono separate o si disseccano perché non alimentate, il metabolismo vegetale è alterato e si

producono effetti … mostruosi.

2.1 La rappresentazione del problema …

Qualsiasi forma di rappresentazione esterna ha dei corrispettivi mentali, di cui il soggetto stesso

solitamente non è consapevole. Si tratta di idee, parole, immagini … e anche di stati d‟animo ad esse

associati ( che condizionano l‟atteggiamento complessivo verso il problema in termini di aspettative,

attribuzioni, senso di autoefficacia, ansia … ).

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Sul piano strettamente cognitivo, però, rappresentare un problema significa tradurre in forma visiva

una sintesi tra elementi ricavati dal testo e/o dalla situazione e conoscenze presenti in memoria. Si

tratta di una attività complessa, tutt‟altro che banale, che interagisce da un lato con la rete cognitiva e

dall‟altro con le informazioni e le richieste, recepite – di solito – in forma verbale. Rappresentare il

problema, tra l‟altro, serve a evitare le trappole di alcune espressioni verbali: „A è più alto di B‟ e „B è

meno alto di A‟ sono enunciati di significato equivalente. Eppure spesso si sbaglia, perché – fuorviati

dai termini „più‟ e „meno‟ – ci si affretta a fare l‟operazione e a dare la risposta, bypassando la rap-

presentazione, che invece aiuterebbe a chiarire … chi è più alto.

La gamma delle modalità con cui si può rappresentare il problema è ampia e va dal ricostruire la

situazione narrata con azioni concrete, al riprodurla graficamente in modo più o meno schematico, al

tradurla in linguaggi simbolici convenzionali ( arbitrari o codificati ).

Il passaggio dalla rappresentazione in forma di drammatizzazione, di manipolazione o pittorica a

quella di tipo grafico-simbolico deve avvenire tenendo presente due aspetti essenziali: quale che sia la

modalità prescelta, essa deve essere sempre coerente con i contenuti della situazione ( dati e relazioni )

e deve facilitare ( non complicare ) la comprensione e la comunicazione.

La scelta di modelli più schematici per rappresentare le strutture dei problemi implica, infatti, una

sintesi tra fattori soggettivi e oggettivi, eventualmente mediata da una „negoziazione sociale‟ dei

significati. Due sono gli estremi da evitare: l‟alunno riceve passivamente il modello proposto

dall‟insegnante o dal libro di testo; ovvero gli è richiesto di elaborarne uno da solo. Nel primo caso,

probabilmente, la proposta è più coerente con i concetti implicati e può darsi che sia ben compresa; ma

non è escluso che essa entri in conflitto con le rappresentazioni mentali spontanee di chi la riceve. Nel

secondo caso, l‟alunno è lasciato a sé stesso e si determina un ulteriore, duplice rischio: il risultato

riflette carenze di abilità visuo-spaziali e/o di conoscenze, anzichè la struttura del problema; i simboli

utilizzati risultano coerenti e comprensibili per chi li ha creati, ma non significativi per altri soggetti.

L‟elaborazione del modello da utilizzare può anche iniziare con la richiesta agli alunni di

predisporne uno ciascuno, suggerendo di utilizzare dei simboli. Successivamente, però, si deve

verificare insieme la coerenza concettuale e la comprensibilità delle singole proposte. Più di una può

avere le caratteristiche richieste e, in questa fase, emergono difficoltà e ipotesi, errori e rettifiche tutti

da vagliare. E l‟insegnante ? non ha un proprio modello da proporre ? Certamente, ma non lo deve

fare subito, perché la sua opinione ha un peso decisivo e se la esprime troppo presto può bloccare la

ricerca che gli alunni stanno realizzando. Perciò, è preferibile che sostenga il loro lavoro, in modo da

orientarlo alla scelta di un modello adeguato, che si possa eventualmente confrontare con “ quello che

aveva pensato l‟insegnante ”. La decisione finale non deve essere necessariamente a favore di

quest‟ultimo; ma qualora lo fosse ciò avverrebbe in un contesto in cui l‟attenzione è tutta rivolta a

verificare che il modello sia valido e ben compreso.

La conseguenza ovvia di questa premessa è che i modelli grafico-simbolici di seguito presentati

non hanno un valore assoluto, non devono essere „imposti‟ agli alunni. La loro funzione è quella di

esemplificare ciò che è stato detto sin qui circa la struttura dei problemi e una loro possibile

classificazione. La scelta di grafi sagittali, del resto, è motivata essenzialmente dal fatto che si prestano

bene allo scopo.

2.2 ... nelle strutture additive

La categorizzazione ha una funzione importante nel problem solving. Ma è impossibile trattare

compiutamente l‟argomento senza riferirsi a qualche forma di rappresentazione e alla stessa compren-

sione del testo, in quanto si tratta di componenti che non si possono separare, perchè concorrono in

ugual misura a definire il perimetro entro il quale poi le strategie risolutive vengono pianificate.

La prima cosa che i problemi richiamo alla mente degli alunni sono numeri e operazioni: così è

nella realtà scolastica. Ma il termine operazione ha origine nella vita reale, dove di solito implica

un‟azione: c‟è un prima e un dopo ( stati iniziale e finale ) e qualcosa che si fa ( operatore ). Questo

modello esperienziale è all‟origine dell‟idea di operazione come trasformazione, che può essere

annullata da una operazione „uguale e contraria‟. Tradotto in forma grafica abbiamo qualcosa come in

Fig. 3 ( operazione esterna unaria o modello unario ).

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PRIMA DOPO Fig. 3

operatori

stato stato

A tale schema sono riconducibili facilmente le operazioni concrete di aumentare / diminuire una

quantità, che suppongono una relazione dinamica e un rapporto di inclusione dello stato iniziale in

quello finale ( o viceversa ). Grazie alla rappresentazione, ciò che c‟era prima e la trasformazione

effettuata non scompaiono ( come accade nell‟azione concreta o nella manipolazione ) ma restano

come fotografati insieme a ciò che c‟è ora, alla fine. E‟ una convenzione semplice, come i quadri di

una storia illustrata. Tanto semplice che la tentazione è quella di fare subito un altro … passettino e di

associare allo schema un‟addizione o una sottrazione !

Però, la fretta di passare al linguaggio formale ( da parte dei libri di testo, prima ancora che degli

insegnanti ) è rischiosa. E‟ vero, infatti, che ogni aumento/diminuzione corrisponde a una addi-

zione/sottrazione; ma non è vero l‟inverso, che ogni addizione/sottrazione significhi aumen-

to/diminuzione di quantità. Che fare allora ? Non si può certo inibire l‟uso della rappresentazione

dell‟addizione nella forma canonica “ 5+7=12 ” in attesa che venga correttamente acquisito il

concetto corrispondente. Più semplicemente si tratta di prestare attenzione nella scelta dei problemi.

Un paradosso può chiarire l‟idea. Se agli alunni meno capaci si propongono problemi più „facili‟

( magari con la motivazione di non demotivarli ) è probabile che la preferenza cada proprio su quelli

del tipo trasforma o combina di Tab. 2. In realtà è vero, sono più facili, perché il principio più

elementare che sta alla base è l‟idea che l‟aggiunta/rimozione di elementi a un insieme ne aumen-

ta/diminuisce la numerosità. Ma, pur ammesso che la motivazione possa trarre beneficio da modesti

successi in attività banali, in questo modo è arduo evitare un effetto indesiderato: col tempo, le

difficoltà degli alunni andranno aumentando anziché diminuire, perchè il concetto di addizione in tal

modo elaborato risulterà adeguato per risolvere solo alcuni tipi di problemi – i più semplici – e non

anche per altri ( uguaglia, confronta, componi ). Verrebbe da dire che le difficoltà vanno affrontate e

superate, non evitate ! Non si tratta, allora, di non usare la scrittura 5+7=12 , bensì di associarla a

tutti i significati del concetto, man mano che si incontrano, facendo in modo che i diversi tipi di pro-

blemi siano proposti con analoga frequenza. Facili o difficili che siano !

Per iniziare ( e anche ai fini della ricerca di rappresentazioni adeguate ), la classificazione

semantica dei problemi verbali di addizione e sottrazione di Moser ( Tab. 2 ) è una traccia utile da

seguire.

Tab. 2

TRASFORMA

UNISCI SEPARA

1. Connie aveva 5 palline. Jim le ha dato altre 8

palline. Quante palline ha Connie complessi-

vamente?

3. Connie ha 5 palline. Di quante palline in più

ha bisogno per avere complessivamente

13 palline?

5. Connie aveva alcune palline. Jim le ha dato

altre 5 palline. Ora (lei) ne ha 13. Quante

palline aveva Connie all‟inizio?

2. Connie aveva 13 palline.

Ha dato 5 palline a Jim.

Quante palline le sono rimaste?

4. Connie aveva 13 palline. Ne ha date alcune a

Jim. Ora gliene sono rimaste 8.

Quante palline ha dato a Jim?

6. Connie aveva alcune palline. Ne ha date 5 a

Jim. Ora le sono rimaste 8 palline.

Quante palline aveva Connie all‟inizio?

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COMBINA

UNISCI SEPARA

7. Connie ha 5 palline rosse e 8 blu.

Quante palline ha?

8. Connie ha 13 palline. Di queste, 5 sono rosse

e le rimanenti sono blu.

Quante palline blu ha Connie?

CONFRONTA

9. Connie ha 13 palline. Jim ha 5 palline.

Quante palline ha Connie più di Jim?

11. Jim ha 5 palline. Connie ha 8 palline piu‟ di

Jim. Quante palline ha Connie ?

13. Connie ha 13 palline, cioè 5 palline più di

Jim. Quante palline ha Jim ?

10. Connie ha 13 palline. Jim 5 palline.

Quante palline ha Jim meno di Connie? -

12. Jim ha 5 palline, cioè 8 palline meno di

Connie. Quante palline ha Connie ?

14. Connie ha 13 palline. Jim ha 5 palline meno

di Connie. Quante palline ha Jim ?

UGUAGLIA

UNISCI SEPARA

15. Connie ha 13 palline. Jim ha 5 palline.

Quante palline deve vincere Jim

per averne quante Connie?

17. Jim ha 5 palline. Se vince 8 paline,

ne avrà lo stesso numero di Connie.

Quante palline ha Connie?

19. Connie ha 13 palline. Se Jim vince 5 palline,

avrà lo stesso numero di palline di Connie.

Quante palline ha Jim ?

16. Connie ha 13 palline. Jim ha 5 palline.

Quante palline deve perdere Connie

per averne quante Jim?

18. Jim ha 5 palline. Se Connie perde 8 palline,

avrà lo stesso numero di palline di Jim.

Quante palline ha Connie?

20. Connie ha 13 palline. Se ne perde 5, avrà lo

stesso numero di palline di Jim.

Quante palline ha Jim?

Questa classificazione è costruita sulla base di due criteri principali: il tipo di relazione, statico o

dinamico; il rapporto di inclusione, presente o assente ( Tab. 3 ).

presenza dell‟ inclusione assenza dell‟ inclusione Tab. 3

relazione

dinamica

aumentare / diminuire una quantità

uguagliare una quantità a un‟altra

relazione

statica

unire / individuare parti in un tutto

mettere a confronto due quantità

Inoltre, con riferimento alle idee di unire / separare, i quattro gruppi così ottenuti si articolano al

loro interno in due sottogruppi. Ciascun sottogruppo, infine, contiene tanti esempi quante sono le

posizioni che la domanda può occupare nella struttura del problema.

Iniziando dai casi di trasformazione e seguendo in senso orario le categorie indicate in Tab. 3, si

possono definire quattro compiti ( vere situazioni problematiche da zona di sviluppo prossimale ), da

affrontare con più modalità didattiche: discussione collettiva, piccoli gruppi, lavoro individuale.

Il primo compito è relativamente semplice: Come rappresentare i problemi ‘trasforma’ con il grafo

di Fig. 3 ? dove inserire i dati e dove la domanda ? Lo si può fare utilizzando gli elementi verbali e

numerici ricavati dal testo, rappresentando gli oggetti con simboli e/o riportando i soli valori numerici

( anche senza usare i segni + / – in modo da indurre a utilizzare descrizioni sintetiche, essenziali ).

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Fig. 4

a/ b/ c/

aveva ne ha ricevute ? aveva ? ora ? ha ricevute ora

5 palline altre 8 5 palline ne ha 13 8 palline ne ha 13

aveva ne ha ? aveva ? ora ? ne ha ora

13 palline regalate 8 13 palline ne ha 5 regalate 8 ne ha 5

In questa fase non è necessario fare calcoli e risolvere problemi ! ( lavoro a gruppi ).

Un secondo compito può essere proposto mediante una domanda: I grafici di Fig. 4 si possono

usare anche per i problemi ‘uguaglia’ ? perché ? E, se non vanno bene, quali altri modelli possiamo

inventare ? [ NB : i due problemi della colonna b/ Fig. 4 – incognita all‟operatore – richiamano l‟idea

di „compensazione‟, come nei problemi „uguaglia‟ ! ]. E‟ anche l‟occasione per scoprire dove c‟è una

relazione di inclusione e dove essa è assente. Modelli possibili per grandezze continue e discrete sono

quelli in Fig. 5 ( ma devono … emergere dalla discussione ! ).

ooooooooooooo Fig. 5

ooooooooooooo oooooo a/ b/

Un terzo compito è finalizzato a esaminare è la natura delle relazioni presenti, se sono di carattere

dinamico come nei problemi „trasforma‟ e „uguaglia‟ o se si tratta di relazioni statiche, senza un prima

e un dopo. La domanda è ovvia: qual è la differenza tra ‘uguagliare’ e ‘confrontare’? I problemi

„confronta‟ si prestano bene a questo scopo: come i problemi „uguaglia‟ escludono una relazione di

inclusione ma, diversamente da questi, non implicano una successione temporale ( anche se è facile

prevedere che, nella mente degli alunni, il confronto avvenga pensando all‟azione di pareggiare le due

grandezze, cioè con un‟azione – Fig. 6 ). Se ne può discutere, verbalizzando somiglianze e differenze e

conservando le conclusioni condivise. Anche per questo terzo compito, rimane sempre ferma la

consegna iniziale: niente operazioni ! niente risposte !

Fig. 6

uguaglia ooooooooooooo confronta ooooooooooooo - - - -

oooooooooooooooooo a/ oooooooooooooooooo c/

b/ d/

- -

( le frecce sono diverse per trasformazioni e differenze; ma l‟essenziale è individuare le grandezze maggiore e minore )

Un‟altra domanda può riguardare la differenza fra i problemi trasforma e quelli confronta. Dei sei

grafici di Fig. 4, i due con l‟incognita all‟operatore possono costituire il nesso tra Fig. 4 e Fig. 5 ( an-

che la trasformazione può essere vista come un confronto, tra prima e dopo ).

Il quarto compito serve a chiudere il cerchio e ad effettuare un paragone tra problemi ‘combina’ e

problemi ‘trasforma’: essi differiscono per il tipo di relazione ( statica – dinamica ) ma non riguardo al

rapporto di inclusione ( presente in entrambi ). Quale modello per rappresentarli ? Come tra i proble-

mi „uguaglia‟ e „confronta‟, anche qui è probabile i problemi „combina‟ siano effettivamente pensati in

termini di trasformazione: l‟unione di sfogliatelle e babà nella categoria dolci e la separazione dei babà

( o delle sfogliatelle ) nell‟insieme dei dolci sono „azioni‟ che si possono facilmente immaginare e

rappresentare con una sequenza temporale ( prima uniti poi separati, o viceversa ).

16

Fig. 7

- - - - - - - - - - - - - - - - - - -

oppure - - - - - - - - - -

Per completare il quadro delle strutture additive si può utilizzare la classificazione proposta da

Vergnaud che, oltre ai prototipi esaminati da Moser, ne introduce altri ( Tab. 4 ).

Tab. 4

1. composizione di due trasformazioni ( trasformazione – trasformazione – trasformazione )

Es.: In due partite a palline, Luca prima ne ha vinte/perse 8 e poi ne ha vinte/perse 6

( o perse/vinte ). Alla fine, quante palline ha vinto/perso Luca ?

2. trasformazione che lega due relazioni statiche ( relaz. statica – trasformazione – relaz. statica )

Es.: Gianni aveva 4 caramelle più/meno di Andrea. Sara, la sorella di Gianni, ne ha prese 7.

Ora, chi ha più caramelle, Andrea o Gianni ? quante di più o di meno ?

3. composizione di due relazioni statiche (relazione statica – relazione statica – relazione statica )

Es.: Marco è alto 12 cm più/meno di Luca; Sergio è alto 5 cm più/meno di Marco.

Quanto è alto Luca più/meno di Marco ?

[ trasformazione = modifica di una quantità vincere / perdere 5

relazione statica = differenza tra 2-3…quantità avere 8 più/meno di ]

Poiché le trasformazioni e le relazioni possono essere positive o negative, dal dominio dei numeri

naturali ( N ), in molti casi, dobbiamo passare a quello degli interi relativi ( R ).

Per queste nuove strutture, comunque, non è necessario inventare nuove rappresentazioni: basta

ampliare quelle di Fig. 4 e 6, eliminando quadrati e rettangoli e conservando le frecce ( Fig. 8 ).

composizione di trasformazioni composizione di relazioni statiche Fig. 8

- - - - - -

? ? ? - - - - - - -- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Una volta compreso che stiamo parlando non di stati ma di operatori, possiamo semplificare :

composizione di trasformazioni composizione di relazioni statiche Fig. 9

- - - - - - - - - - - -

- - - - - -

- - - - - - - - - - - - - - -- - - - - - -

Con i modelli grafici sino ad ora utilizzati, il problema n. 2 è meno facile da rappresentare

trasformazione che lega due relazioni statiche Fig. 10

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

N. B. : A partire dal modello di operazione esterna unaria ( Fig. 3 ) e fatta eccezione per i soli casi di

Fig. 7, tutti i problemi delle classificazioni di Moser ( Tab. 2 ) e di Vergnaud ( Tab. 3 ) sono

rappresentati con un unico codice convenzionale ( Fig. da 4 a 10 ):

17

- quadrati e rettangoli stanno a indicare misure di grandezze ( continue o discrete )

- frecce a linea continua indicano trasformazioni di misure ( dirette o inverse )

- frecce a linea tratteggiata indicano differenze tra misure ( in più o in meno )

- dati numerici e domanda devono essere inseriti individuando la posizione corretta nello schema

( quando si passa alla fase del procedimento risolutivo, le frecce assumono un verso definito, una punta

anziché due ).

Naturalmente, questa modalità di rappresentazione non è l‟unica possibile. Il suo pregio maggiore

consiste nella semplicità del codice che utilizza. Si tratta comunque di rappresentazioni molto schema-

tiche, che possono essere precedute e associate ad altre meno astratte. Presumibilmente possono essere

impiegate – almeno in parte – nelle ultime classi della scuola primaria.

Il fatto che ciascun modello grafico rimandi alle idee di addizione e sottrazione consente di ricondurre

a unità i significati intuitivi afferenti al concetto astratto di differenza, che costituisce il nucleo

essenziale delle strutture additive.

Gli alunni possono realizzare un cartellone da appendere alla parete in classe ( Tab. 5 ), nel quale

riportare i modelli che rappresentano i problemi delle Tab. 2 e 4. Riprodotto su una scheda di

cartoncino, hanno a disposizione un utile promemoria da tenere a portata di mano.

Tab. 5

M O D E L L I G R A F I C I

trasforma nn. 1 – 6 uguaglia nn. 15 – 20

combina nn. 7 – 8 confronta nn. 9 – 14

- - - - - - - - - - - - -

oppure - - - -

_________ _________ _________ _________ _________ _________

composizione di trasformazioni n. 1

trasformazione di differenze n. 2

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

composizione di differenze n. 3

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

modello finale : a + b = c

Con il tempo gli alunni tendono spontaneamente a trascurare le specificità e a ibridare gli schemi

di Tab. 2 e di Tab. 4, riconducendoli a modelli più astratti e generali ( ad esempio come in Fig. 11 ),

che possono assumere tutti i significati intuitivi sin qui esposti. Ma, quando di fronte a un problema

sussistono dubbi, il ricorso a schemi più specifici può aiutare a collocare i dati e la domanda al posto

giusto nel modello astratto.

18

a b Fig. 11

cioè a + b = c

da cui c – b = a

c e c – a = b

Inoltre, man mano che progredisce la comprensione delle proprietà di compensazione e

inversione, la distinzione tra stati e operatori passa anch‟essa in secondo piano e al modello di

operazione esterna unaria si affianca quello di operazione interna binaria, dove gli operatori indicano la

sola regola di composizione ( +/ – ) e non sono più grandezze rappresentate da numeri con segno.

operazione esterna unaria operazione interna binaria Fig. 12

a +/ – b c ( a,b ) +/ – c

Comunque, mentre questo processo di semplificazione ( e astrazione ) è in fieri, può essere utile

mantenere il modello unario per la rappresentazione della struttura dei problemi e riservare quello

binario alla rappresentazione del procedimento risolutivo ( più funzionale, tra l‟altro, per costruire

grafici sagittali e più assimilabile alla rappresentazione delle operazioni aritmetiche nella forma

canonica ). E‟ una scelta. Non una necessità , ovviamente !

2.3 ... nelle strutture moltiplicative

Si è già accennato che la trasposizione della relazione a tre termini dalle strutture additive a quelle

moltiplicative può essere fuorviante. Anche il linguaggio quotidiano induce in errore: “ Quante

caramelle in 6 pacchetti da 12 ? … Allora … 12 caramelle per 6 pacchetti ( oppure, 6 pacchetti per 12

caramelle )… sono 72 caramelle ”. Giusto, ma ci sono dei sottintesi, che devono essere esplicitati. E

per farlo ci si può chiedere se ha senso „moltiplicare‟ caramelle per pacchetti e perché “ 12 caramelle

x 6 pacchetti ” (o viceversa) deve avere come risultato „caramelle‟ e non „pacchetti‟!

Si può iniziare dalla elaborazione di un modello che consenta di rappresentare la struttura dei

problemi con moltiplicazioni e divisioni nel caso della proporzionalità diretta.

Lo schema più comprensibile per visualizzare due spazi di misura con le relative variabili è una

tabella di corrispondenza semplice ( Fig. 13/a ). Iniziando da esperienze manipolative con oggetti con-

creti, la si usa per registrare ciò che si va facendo. Poi se ne costruiscono e compilano altre,

immaginando situazioni che vi possono essere rappresentate. Infine, quando è acquisita la padronanza

nell‟uso e la comprensione del significato, si può tornare a riflettere su due modalità diverse con cui la

tabella può essere compilata: come in Fig. 13/b, inserendo prima tutte le variabili della colonna

„pacchetti‟ ( 1, 2, 3 …) e poi quelle della colonna „caramelle‟ ( 12, 24, 36 …); oppure come in Fig.

13/c, completando riga per riga, avanti e indietro tra i due spazi di misura ( 1 – 12, 2 – 24, 3 – 36 …).

Il primo caso corrisponde all‟uso di un operatore scalare, „6 volte‟ ( 1 pacchetto e poi 12 caramelle ),

che è un numero privo di dimensione; il secondo all‟impiego di un operatore funzionale, „12 ogni 1‟,

che ha una duplice dimensione ( caramelle e pacchetti ).

pacchetti caramelle pacchetti caramelle pacchetti caramelle Fig. 13

1 12 1 12 op

pu

re

1 12

2 24 2 24 2 24

3 36 3 36 3 36

4 48 4 . . . . . .

5 60 5

( a ) ( b ) ( c ) Riflettere sulle le due diverse modalità di compilazione della tabella è un modo per avviare una

presa di coscienza di quelli che Vergnaud ha definito teoremi in azione, cioè degli “ invarianti

relazionali relativamente complessi ( qui, rapporti scalari e funzionali presenti in una relazione a

19

quattro termini ) che si traducono in schemi operatori corretti, a prescindere dal fatto che chi li usa se

ne renda conto o che siano espressi nella loro reale formulazione matematica ”.

A questo scopo, si può utilizzare lo schema di Fig. 14/a per proporre alcuni esercizi in cui si

modificano le grandezze ( x / y ), i valori e il numero delle variabili ( righe della tabella ); poi quello di

Fig. 14/b per far compilare tabelle incomplete, con più o meno righe; quindi quello di Fig. 14/c per

inserendo i valori di a-b, a- c e b-c e collocando la domanda, rispettivamente, in c in b e in a.

x y x y x y Fig. 14

1 12

1 a

. . .

. . . 3 36

48

5 b c

. . . . . . . . . . . .

( a ) ( b ) ( c )

Inizialmente è opportuno operare con valori delle grandezze che consentono il calcolo mentale.

Un passaggio ulteriore può consistere nel rifare il percorso indicato in Fig. 14 con valori numerici che

richiedano l‟uso della calcolatrice, in modo da orientare l‟attenzione sugli operatori – scalare o

funzionale.

A partire dall‟acquisizione sicura di questo modello base ( Fig. 14/c ), l‟analisi della struttura dei

problemi indicati in Tab. 1 ( p. 10 ) può essere approfondita con il supporto di rappresentazioni più

specifiche.

1/ Di tutte le tipologie di problemi, l‟isomorfismo di misure è certamente quella più semplice ed

è ovvio, perciò, che da qui si cominci il cammino. La proporzionalità diretta, infatti, pervade

ampiamente il campo concettuale delle strutture moltiplicative. Il caso più elementare è quello dei

problemi che implicano due soli spazi di misura e si risolvono con una sola operazione.

In 5 bustine ci sono 40 figurine … quante figurine in ogni bustina ?

[ … quante fig.ne in 5 bustine ? … con 40 ( 8 ) fig.ne, quante bustine ? ]

Una volta chiarito che „ogni‟, „ognuno‟, „ciascuno‟, … devono tradursi in termini numerici con

„1‟, gli alunni non hanno difficoltà a trasferire i dati e la domanda in una tabella di corrispondenza. Ma

la piena comprensione delle relazioni in essa presenti ( rapporti scalari e funzionali ) non è scontata.

L‟influenza di schemi operatori elementari ( es.: contare per due, per tre, per quattro …) e la tendenza

a riutilizzare fin che possibile modelli già pronti ( quelli delle strutture additive ) li inducono a

privilegiare l‟idea della „addizione ripetuta‟ e a leggere lo schema da un solo punto di vista, quello del

rapporto scalare. “ Quante figurine in 6 bustine che ne contengono 8 ciascuna ? ”: „8 x 6 = ?‟ è di

comprensione più immediata rispetto a „6 x 8 = ?‟. Infatti, x 6 indica un rapporto scalare ( 1 bustina x

6 volte, perciò 8 figurine x 6 volte ), mentre x 8 indica un rapporto funzionale ( di qui 1 bustina, di là

8 figurine per la 1a bustina, 8 per la 2

a, … cioè per „ogni‟ singola bustina in uno spazio di misura, 8

figurine nell‟altro spazio ).

Il modello grafico corrispondente è quello di Fig. 14/c, con quattro possibili posizioni dell‟inco-

gnita e l‟aggiunta delle frecce che indicano gli operatori ( anche il quarto caso deve essere proposto ! ).

x y x y x y x y Fig. 15

1 a 1 a 1 ? ? a

b ? ? c b c b c

20

2/ Nei cosiddetti “ problemi del tre semplice ” le grandezze possono essere tutte direttamente

proporzionali, oppure alcune direttamente e altre inversamente. Nel primo caso, la struttura è una mera

estensione di quella dell‟isomorfismo.

Sei telefonini costano 1.200 euro;

quanto costano tredici telefonini ?

[… quanto costano n telefonini ? … quanti telefonini con n euro ? ]

Come si vede, gli spazi di misura sono sempre due, numero dei telefonini e costo in euro; cambia

solo il numero delle variabili. I casi significativi sono quattro ( riducibili a due ), che si possono

facilmente risolvere trovando il valore di „a‟.

x y x y x y x y Fig. 16

1 a 1 a 1 a 1 a

b c b ? ? c b c

d ? d e d e ? e

3/ Un altro gruppo di problemi che implicano la proporzionalità diretta lo si può individuare

aumentando il numero degli spazi di misura ( isomorfismo multiplo ).

12 caramelle per pacchetto; 10 pacchetti per scatola;

8 scatole per confezione; 6 confezioni per scatolone;

24 scatoloni per furgone; 3 viaggi per furgone; …

pac car sca pac con sca Fig. 17

1 12 1 10 1 8

n ? n ? n ? ecc.

Si tratta di un‟unica struttura – ancora l‟isomorfismo – replicata più volte. Tutte le grandezze sono

direttamente proporzionali: se si raddoppia o dimezza il numero di pacchetti – scatole – confezioni

ecc., in modo corrispondente raddoppia o si dimezza quello di caramelle – pacchetti – scatole …

4/ Bustine e figurine, telefonini e costi, pacchetti e scatole … sono tutte grandezze direttamente

proporzionali. Altre grandezze, invece, sono inversamente proporzionali perché, all‟aumentare

dell‟una, l‟altra diminuisce secondo un rapporto inverso: doppio – metà, triplo – un terzo, ecc.

a/ In un giorno, quattro operai hanno costruito sei metri di muro; ( prop.lità

Quanti m di muro costruirebbe in un giorno un solo operaio ? diretta ) __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

b/ Per scaricare un camion, un operaio impiega dodici ore; ( prop.lità

quanto tempo impiegherebbero quattro operai a scaricarlo ? inversa )

c/ Per scaricare un camion, quattro operai impiegano tre ore; ( prop.lità

quanto tempo impiegherebbe un solo operaio a scaricarlo ? inversa )

d/ Per scaricare un camion, un operaio impiega dodici ore; ( prop.lità

quanti operai servirebbero per scaricarlo in sole tre ore? inversa )

e/ Per scaricare un camion, quattro operai impiegano tre ore; ( prop.lità

21

quanti operai servirebbero per scaricarlo in dodici ore? inversa )

In tutti questi problemi c‟è sempre una relazione a quattro termini e il riferimento all‟unità. Gli

operatori, invece, subiscono una variazione, che può essere evidenziata come in Fig. 18, dove le frecce

più rimarcate servono momentaneamente a evidenziare la differenza rispetto agli schemi precedenti.

Fig. 18

a/ b/ c/ d/ e/ ope m ope h ope h ope h ope h

1 ? 1 a 1 ? 1 a ?

b c b ? b c ? c b c

La creazione di un modello nuovo, derivato dal precedente, è un passaggio delicato e non può

essere opera unilaterale dell‟insegnante, con successiva „spiegazione‟ agli alunni. Perché questi lo

comprendano e possano servirsene per rappresentare problemi analoghi, è necessario che l‟accomoda-

mento ( Piaget ) sia il frutto di una elaborazione condivisa e di una interiorizzazione personale ( Vi-

gotzkij ), sia pur promossa, guidata e convalidata dall‟insegnante. Si può ripartire dalla tabella di

corrispondenza della proporzionalità diretta, inserire i valori di una variabile e chiedere di determinare

i valori di un‟altra inversamente proporzionale. Poi porre il problema di come modificare il grafico

sagittale e invitare a riflettere su che cosa cambia per operatori scalari e funzionali …

La disponibilità dei due modelli può essere l‟occasione in cui gli alunni riflettono e „scoprono‟ che

“ nel confronto proporzionale, gli operatori sono frazioni equivalenti ai rapporti tra le variabili ”

nel caso diretto a/1 = c/b - 1/a = b/c - b/1 = c/a - 1/b = a/c

nel caso inverso c/1 = a/b - 1/c = b/a - b/1 = a/c - 1/b = c/a

5/ I “problemi del tre semplice inverso ” consentono di completare il percorso,

confermando che

“ i modelli funzionano per ogni coppia di rapporti ( operatori )

anche se, tra i quattro termini, non c’è quello con valore uno ”

Analizzando i problemi seguenti si comprendere la portata della generalizzazione introdotta.

Per guidare gli alunni a una riflessione ragionata, l‟insegnante può prendere spunto dalle Tab. 6 e 7 di

seguito riportate e farle „costruire‟ dagli alunni: tabelle – operatori / rapporti – osservazioni.

a/ In un giorno, quattro operaie hanno orlato otto metri di stoffa; ( prop.lità

Quanti metri di stoffa orlerebbero in un giorno sei operaie ? diretta )

b/ Per pulire una piscina, quattro operai impiegano tre ore; ( prop.lità

quanto tempo impiegherebbero sei operai a pulirla ? inversa )

c/ Per pulire una piscina, quattro operai impiegano tre ore; ( prop.lità

per pulirla in sole due ore, quanti operai occorrerebbero ? inversa )

22

d i r e t t a

P R O P O R Z I O N A L I T A’ Tab. 6

i n v e r s a

operai |

metri

operatori funzione

________________________________________________________________

operai |

minuti

1 1/4

4/1

2/8

8/2

3/12

12/3

4/16

16/4

5/20

20/5

6/24

24/6

4

gli operatori funzione

sono U G U A L I

4/1 = 8/2 = 12/3 =

= 16/4 = 20/5 = 24/6

ecc.

1/4 = 2/8 = 3/12 =

= 4/16 = 5/20 = 6/24

ecc.

da operai a metri l‟operatore

è sempre equivalente a

4/1 [ coefficiente: 4 ]

da metri a operai l‟operatore

è sempre equivalente a

1/4 [ coefficiente: 0,25 ]

_________________________________

gli operatori funzione

sono D I V E R S I

30/1 ≠ 15/1 ≠ 10/1

1/30 ≠ 1/15 ≠ 1/10

PERO’

presi 4 alla volta

sono U G U A L I

30/1 = 60/2

1/30 = 2/60

15/1 = 60 /4

1/15 = 4/60

10/1 = 60/6

1/10 = 6/60

questo vale anche

senza riferimento

al valore unitario

( frecce grandi )

10/4 = 15/6 = 5/2 [ coefficiente: 2,5 ]

e

4/10 = 6/15 = 2/5

[ coefficiente: 0,4 ]

1

1/15 60/4 60

1/30 60/2

2/60 30/1

2 8 2 30 1/10 60/6

3 12 3 20

4/60 15/1

4 16 4 15

4/10 15/6

5 20 5 12 6/60 10/1

6/15 10/4

6 24

NB: per esigenze grafiche, qui una freccia

a 2 punte sostituisce 2 frecce a una punta 6 10

l’uguaglianza dei rapporti ( operatori ) consente di impostare le proporzioni

senza dover necessariamente ricorrere al metodo di riduzione all’unità ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

16 / 4 = 24 / 6

16 : 4 = 24 : 6

4 / 16 = 6 / 24

4 : 16 = 6 : 24

10 / 4 = 15 / 6

10 : 4 = 15 : 6

4 / 10 = 6 / 15

4 : 10 = 6 : 15

CON gli OPERATORI SCALARI

6 / 4 = 24 / 16 4 / 6 = 16 / 24 6 / 4 = 15 / 10 4 / 6 = 10 / 15

6 : 4 = 4 : 16 4 : 6 = 16 : 24 6 : 4 = 15 : 10 4 : 6 = 10 : 15

23

d i r e t t a

P R O P O R Z I O N A L I T A’ Tab. 7

i n v e r s a

operai | metri

operatori scalari

_________________________________________________________

operai | minuti

1 4

osservazioni :

………………….

………………….

………………….

………………….

………………….

………………….

………………….

………………….

1

60

2 8 2 30

4 16

1 4

4 60

1 15

3 12 3 20

5 20

2 8

5 30

2 12

4 16 4 15

5 6 20 24 4 16

5 6 12 15 4 10

6 24 6 10

24

Procedendo con il metodo della riduzione all‟unità ( punto 2/ – problemi del tre semplice diret-

to ), le situazioni sono rappresentate dagli schemi di Fig. 19, dove l‟individuazione degli operatori non

è immediata ( soprattutto in c/ ) .

Fig. 19

Con la procedura più avanzata, la struttura dei problemi ( Fig. 20 ) e l‟individuazione degli

operatori ( rapporti ) tra le variabili risultano relativamente semplici.

Fig. 20

Problemi operatori rapporti min. termini

caso a/ scalari 6 / 4 = ? / 8 [ 3 / 2 ]

4 / 6 = 8 / ? [ 2 / 3 ]

funzionali 8 / 4 = ? / 6 [ 2 / 1 ]

4 / 8 = 6 / ? [ 1 / 2 ]

caso b/ scalari 6 / 4 = 3 / ? [ 3 / 2 ]

4 / 6 = ? / 3 [ 2 / 3 ]

funzionali ? / 4 = 3 / 6 [ 1 / 2 ]

4 / ? = 6 / 3 [ 2 / 1 ]

caso c/ scalari ? / 4 = 3 / 2 [ 3 / 2 ]

4 / ? = 2 / 3 [ 2 / 3 ]

funzionali 2 / 4 = 3 / ? [ 1 / 2 ]

4 / 2 = ? / 3 [ 2 / 1 ]

A questo punto, il passaggio dagli operatori ai rapporti e alle proporzioni ( intese come ugua-

glianze di rapporti ) si presenta come un continuum, che ha origine nelle attività concrete di inizio

scuola primaria ( moltiplicazione e divisione sono anch‟esse … proporzioni ! ) e prosegue per

sistematizzazioni graduali fino alle soglie delle superiori. In questo lungo percorso, però, l‟esplicita-

zione progressiva della struttura del modello deve adeguarsi alle fasi di sviluppo e ai ritmi di

apprendimento degli alunni, alternando opportunamente l‟acquisizione di padronanza nell‟uso, la

riflessione metacognitiva e l‟adozione del linguaggio corrispondente. E‟ essenziale perciò che questi

due modelli – rappresentazioni della proporzionalità diretta e inversa ( e i relativi livelli di formalizza-

a/ operaie metri b/ operai ore c/ operai ore

1 a 1 a 1 a

4 8 4 3 4 3

6 ? 6 ? ? 2

a/ b/ c/

operaie metri operai ore operai ore

4 8 4 3 4 3

6 ? 6 ? ? 2

25

zione ) siano il risultato di elaborazioni progressive e autentiche da parte degli alunni, mediante

scoperte e riflessioni promosse e convalidate dai loro insegnanti.

Sollecitando e orientando l‟uso dell‟intuizione, non è difficile rendersi conto che le regole

mnemoniche comunemente proposte quando si sviluppa l‟argomento proporzioni [ scambio di medi o

estremi, antecedenti e conseguenti – quanti termini ! tutti necessari ?! – rapporti invariati tra la somma

( o differenza ) di antecedenti e conseguenti e gli antecedenti ( o conseguenti ) ] gli alunni le possono

scoprire e ricordare meglio esaminando con attenzione tutti i rapporti presenti in una relazione a

quattro termini.

Fig. 21

relazioni rapporti proprietà operatori

2 4 (6 – 4):6=(12 – 8):12 differenza scalari

(6 – 4):4 = (12 – 8):8 differenza scalari

D

I 4 8 4/6 = 8/12 scalari

R 6/4 = 12/8 scambio ant/cons scalari

E 4/8 = 6/12 scambio medi funzione

T 6 12 12/6 = 8/4 scambio estremi funzione

T A

(4+6):6=(8+12):12 somma scalari

10 20 (4+6):4 = (8+12):8 somma scalari

relazioni rapporti proprietà operatori

2 5 (6–4):6=(3–2):3 differenza scalari

(6–4):4=(3–2):2 differenza scalari

I

N 4 3 4/6 = 2/3 scalari

V 6/4 = 3/2 scambio ant/cons scalari

E 4/2 = 6/3 scambio medi funzione

R 6 2 3/6 = 2/4 scambio estremi funzione

S A

(4+6):6=(2+3):3 somma scalari

10 1 (4+6):4=(2+3):2 somma scalari

Infine, si può rilevare che dividendo il numeratore per il denominatore si ottiene un numero ( coef-

ficiente proporzionale ) che indica il rapporto tra due variabili e funge anche da operatore per ricavare

l‟una ( nota ) dall‟altra ( incognita ). Tale coefficiente contribuisce a unificare i significati di operatore,

rapporto e frazione nell‟idea più generale di numero ( razionale ).

4 : 6 = 0,(6) = 2 : 3 6 x 0,(6) = 4 3 x 0,(6) = 2 4 : 0,(6) = 6 2 : 0,(6) = 3

6 x 4/6 = 4 3 x 2/3 = 2 4 : 4/6 = 6 2 : 2/3 = 3

6 : 4 = 1,5 = 3 : 2 4 x 1,5 = 6 2 x 1,5 = 3 6 : 1,5 = 4 3 : 1,5 = 2

4 x 6/4 = 6 2 x 3/2 = 3 6 : 6/4 = 4 3 : 3/2 = 2

26

6/ I problemi con il prodotto cartesiano offrono l‟occasione per trattare rapporti diretti e inversi tra

grandezze, in cui le unità del prodotto sono espresse come prodotti di unità elementari : f ( 1,1 ) = 1

1 cm x 1 cm = 1 cm2 1 cm

2 x 1 cm = 1 cm

3 1 uomo x 1 donna = 1 coppia

Questa caratteristica comporta la presenza di almeno tre variabili e la composizione cartesiana di

due spazi di misura M1 e M2 in un terzo spazio M3. Tale struttura può essere rappresentata come in

Fig. 22, con una sola tabella a doppia corrispondenza o con più tabelle a corrispondenza semplice.

n° uomini Fig. 22

doppia corrispondenza n° donne n° coppie

.

corrispondenza

semplice

uomini

coppie n°

donne

coppie n°

uomini n°

donne \

a c b c a b

a‟ c‟ b‟ c‟ a‟ b‟

rapporti scalari a / a‟ = c / c‟ b / b‟ = c / c‟ a / a‟ = b‟ / b

rapporti funzionali a / c = a‟/c‟ b / c = b‟/c‟ a / b‟ = a‟ / b

1/ Un modo per comprendere parzialmente la struttura del prodotto cartesiano è quello di

considerarlo un doppio isomorfismo :

- il n° delle donne è fisso il n° degli uomini è direttamente proporzionale a quello delle coppie

- il n° degli uomini è fisso il n° delle donne è direttamente proporzionale a quello delle coppie.

Ma c‟è anche una terza relazione:

- il n° delle coppie è fisso il n° degli uomini è inversamente proporzionale al n° delle donne.

Perciò, la comprensione della struttura complessiva del prodotto cartesiano richiede che si mettano

a confronto le due modalità di rappresentazione di Fig. 22 e si rifletta – in questo nuovo contesto – su

come si interpretano gli operatori ( scalari e proporzionali ) nei tre casi di corrispondenza semplice.

2/ Questa analisi è necessaria anche per comprendere la natura dei rapporti tra grandezze e tra le

corrispondenti unità di misura.

Nei casi di isomorfismo ci si chiedeva perché “ caramelle x pacchetti ” dia un risultato in

caramelle e non in pacchetti. Ora ci si deve chiedere

come mai … uomini x donne = coppie cm x cm = cm2 cm

2 x cm = cm

3

e anche … tempo x velocità = spazio volume x densità = massa ecc.

Due considerazioni aiutano a comprendere e approfondire:

- la distinzione tra unità di misura elementari ( uomini, donne, coppie, m, m2, m

3, secondi, kg, litri ) e

derivate ( velocità: m / sec, km / h; densità: kg / litro, kg / dm3 )

- il fatto che gli operatori scalari sono numeri privi di dimensione che indicano il rapporto tra variabili

appartenenti al medesimo spazio di misura, mentre gli operatori funzione sono numeri con una duplice

dimensione che indicano il rapporto tra variabili corrispondenti ( per relazione diretta o inversa ) in

spazi di misura distinti.

Per concludere, una osservazione di G. Vergnaud: “ Il prodotto cartesiano viene usato assai spesso

per introdurre la moltiplicazione nella seconda e nella terza classe della scuola primaria … ( Ma ) la

struttura aritmetica del prodotto cartesiano come prodotto di misure è davvero molto difficile e non

può essere realmente conquistata finchè non la si analizza come una doppia proporzionalità; quindi

soltanto dopo aver trattato la proporzionalità semplice ( diretta e inversa ) ”.

27

7/ “ Dal punto di vista delle relazioni aritmetiche ” prosegue Vergnaud “ la proporzionalità

multipla è una struttura molto simile a quella del prodotto di misure: uno spazio di misura M3 è

proporzionale a due distinti spazi di misura M1 e M2 tra loro indipendenti … Il tempo è spesso

implicato in queste strutture in quanto esso interviene in molti fenomeni come fattore diretto di

proporzionalità ( es. consumo, produzione, spesa ) … Le grandezze implicate hanno un loro proprio

significato intrinseco e nessuna di esse può essere ricondotta al prodotto delle altre. Per esempio, non

c‟è nessuna ragione per interpretare la doppia proporzionalità del consumo di cereali ( in un campo

scout ) rispetto al numero delle persone e al numero delle settimane come operazione dimensionata,

cioè [ cereali = persone x settimane ] … ( oppure ) perché 1 mucca produca 1 litro di latte in 1 giorno

… Non c‟è una scelta naturale di unità di misura che fornisca f (1,1) = 1 … Di solito compare invece

un coefficiente k diverso da 1 [ f (1,1) = k ] ”.

Esempi di proporzionalità multipla li abbiamo nei problemi del tre composto. La loro struttura è

una estensione di quella del tre semplice inverso, con un numero maggiore di variabili.

Per scavare un fosso lungo 150 m, 5 operai impiegano 2 giorni, lavorando 8 ore al giorno.

Quanti gg. impiegano 20 operai, lavorando 4 ore al giorno, per scavare un fosso lungo 900 m ?

Una operazione preliminare consiste nel definire i quattro spazi di misura ( metri, ore al giorno,

operai, giorni ) in cui inserire variabili e incognita. Il risultato è una tabella come la seguente.

Per scavare un fosso …

lungo 150 metri lavorando 8 ore al giorno 5 operai impiegano 2 giorni

lungo 900 metri lavorando 4 ore al giorno 20 operai … quanti giorni ?

lunghezza fosso in m

numero ore di lavoro al giorno

numero operai

numero giorni

Quindi si può passare a individuare il tipo di proporzionalità sussistente tra le grandezze ( tabella a

doppia entrata ) e focalizzare l‟attenzione sullo spazio di misura contenete l‟incognita ( Tab. 8, ultima

colonna ).

P R O P O R Z I O N A L I T À’

Tab. 8

metri ore/giorno operai giorni

metri

/ / /

DIRETTA

DIRETTA

DIRETTA

ore/giorno

DIRETTA

/ / /

INVERSA

INVERSA

operai

DIRETTA

INVERSA

/ / /

INVERSA

giorni

DIRETTA

INVERSA

INVERSA

/ / /

Osservato che il numero di giorni richiesti dipende sia dal numero di operai impiegati che dalle

ore di lavoro giornaliero e dalla lunghezza del fosso, consideriamo una alla volta le relazioni tra le

singole coppie di variabili, modificando progressivamente il numero dei giorni.

Il numero dei giorni cambia ( da 2 ad a, a b, a x ) al variare … Fig. 23

… del n° dei metri poi del n° delle ore al giorno poi del n° degli operai

n° metri e n° giorni n° ore/giorno e n° giorni n° operai e n° giorni

150 2 8 a 5 b

900 a 4 b 20 x proporzionalità diretta proporzionalità inversa proporzionalità inversa

150 / 900 = 2 / a 8 / 4 = b / a 5 / 20 = x / b

150 / 2 = 900 / a 8 / b = 4 / a 5 / x = 20 / b

28

In Fig. 24 abbiamo un quadro sinottico completo della struttura, che però va costruito con un

procedimento graduale come in Fig. 23. In particolare le note a margine devono scaturire da osserva-

zioni e discussioni.

metri ore/giorno operai giorni Fig. 24

150

8

5

2

150 2

900 8 (a)

4 5 (b)

20 x

___________ __________ __________

150 2 8 b 5 x

900 a 4 a 20 b

150 m, , 8 h/g, 5 operai [ 2 gg ]

900 m, 8 h/g, 5 operai [ a gg ]

900 m, 4 h/g, 5 operai [ b gg ]

900 m, 4 h/g, 20 operai [ x gg ]

______________________________

la domanda è sempre la stessa :

“ Quanti giorni . . . ? ”

900 4 20 ? metri ore/giorno operai giorni

2.4 ... con strutture additive e moltiplicative

2.4.1 - con la proprietà distributiva

“ Ai mercati generali, una cassetta di pomodori costa 6 €. Ieri, un negoziante ne ha comprate 15

e le ha vendute tutte, con un incasso di 135 €. Qual è stato il suo guadagno complessivo ? ”

Per questo tipo di problemi, si deve combinare in un unico schema rappresentativo due diverse

strutture ( Fig. 25, 26 e 27 ).

additiva spesa + guadagno = incasso

( 1° schema ) ( 2° schema ) ( 3° schema )

moltiplicativa valori unitari x quantità = valori totali

( prima riga ) ( operatore scalare ) ( ultima riga )

Fig. 25

Le colonne „euro‟ dei tre schemi possono essere riportate in una tabella a doppia entrata.

SPESA +

GUADAGNO =

INCASSO

cassette euro cassette euro cassette euro

1 x 6/1 6 1 b 1 c x 15

x 15

x 15

15 a 15 x 15 135

29

Le colonne „euro‟ dei tre schemi possono esere riportate in una tabella a doppia entrata

+ / –

x / :

spesa guadagno incasso Fig. 26

valori unitari 6 b c

quantità 15 15 15

valori totali a x 135

[ questa rappresentazione richiede che si precisi che la relazione additiva vale

solo per la prima e la terza riga e non per la riga dove è indicata la quantità ]

oppure :

+ / –

x / :

spesa guadagno incasso Fig. 27

valori unitari 6 b c

quantità 15

valori totali a x 135

Naturalmente, la voce „guadagno‟ va sostituita con „perdita‟ se la spesa è maggiore dell‟incasso, e

al relazione additiva diventa “ incasso + perdita = spesa ”. Ma, in qualunque modo si rappresenti la

relazione additiva – ogni alunno può pensarla come meglio la comprende – guadagno e perdita sono la

differenza tra spesa e incasso. Anche la disposizione delle colonne può essere scambiata ( guadagno –

spesa – incasso; incasso – spesa – guadagno ).

Questa struttura vale anche se si utilizzano i numeri relativi ( nel caso in esame, la spesa unitaria

sarebbe „– 6‟ e l‟incasso totale „+ 135‟ ) !

Una struttura identica caratterizza i problemi che riguardano peso netto e lordo, dove l‟elemento

costante è sempre la quantità.

peso lordo tara peso netto Fig. 28

valori unitari

quantità

valori totali

Una variante della struttura è costituita da situazioni in cui il fattore comune è il valore unitario.

“ Al mercatino dell‟usato, su un banco di vestiti, c‟è la scritta „Tutto a 5 euro‟. Laura sceglie subito

4 magliette e 3 camicette, ma è incerta se acquistare o meno alcune gonne. Alla fine si decide e la

spesa totale è di 45 €. Quante gonne ha acquistato ? ”

magliette gonne camicette T O T Fig. 29 valore unitario 5 quantità 4 x 3 e valori totali a b c 45

2.4.2 - senza la proprietà distributiva

Per comprendere un concetto servono tanto gli esempi che i contro-esempi. Lo scontrino del

supermercato o la lista della spesa possono essere rappresentati con tabelle simili a quella di Fig. 26.

Capire la differenza tra queste e quella aiuta a evidenziare le caratteristiche della proprietà distributiva.

“ Al supermercato, dopo essere passata alla cassa, Lucia esamina lo scontrino : 3 p. pasta 4.50,

2 hg prosciutto 3.20, 4 yogurt 3.60, 6 uova 1.80. Totale 13.10. . . . ? ”

30

pasta prosciutto yogurt uova T O T Fig. 30 valori unitari a b c d / / / / / quantità 3 2 4 6 / / / / / valori totali 4.50 3.20 3.60 1.80 13.10

Manca un fattore comune e la relazione moltiplicativa vale solo per i singoli prodotti. La relazione

additiva ha senso solo per i valori totali.

( i n s e r i r e ??? )

2.5 Numeri e operazioni … senza problemi

Un altro aspetto importante da considerare è l‟apporto che può derivare all‟attività di soluzione di

problemi dallo sviluppo parallelo di procedure e strategie di calcolo. Se da un lato la formazione di

tali abilità “ va fondata su modelli concreti e strettamente collegata a situazioni problematiche ”, ( pro-

grammi 1985 ), dall‟altro la padronanza di alcuni automatismi fondamentali ( es. tabelline ) e l‟uso

delle proprietà delle operazioni contribuiscono spesso a produrre intuizioni e inferenze utili anche nella

strutturazione e risoluzione dei problemi.

3.0 Comprensione del testo

31


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