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Aspetti oscuri del rituale funerario nelle stele felsinee, in Etruria e Italia preromana. Studi in...

Date post: 01-Dec-2023
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ETRURIA E ITALIA PREROMANA STUDI IN ONORE DI GIOVANNANGELO CAMPOREALE comitato promotore luciano agostiniani · angelo bottini · dominique briquel stefano bruni · giovanni colonna · giuliano de marinis luigi donati · sybille haynes · fabrizio serra anna maria sgubini moretti · janos gyrgy szilgyi a cura di stefano bruni · I · PISA · ROMA FABRIZIO SERRA EDITORE MMIX
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E T RU R I A

E I TA L I A P R E RO M A NA

S T U D I I N O N O R E

D I G I OVA N NA N G E L O C A M P O R E A L E

comitato promotore

luciano agostiniani · angelo bottini · dominique briquel

stefano bruni · giovanni colonna · giuliano de marinis

luigi donati · sybille haynes · fabrizio serra

anna maria sgubini moretti · janos gyrgy szilgyi

a cura di

stefano bruni

· I ·

PISA · ROMA

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SOMMARIO

Tabula gratulatoria xi

Curriculum di Giovannangelo Camporeale xiii

Pubblicazioni di Giovannangelo Camporeale xv

Volume I

Giovanni Pugliese Carratelli, Per Giovannangelo Camporeale 3

Luciano Agostiniani, Mutamenti di suono e condizionamenti morfologici : qualche esempio dall’etrusco 5

Luciana Aigner Foresti, Forme di organizzazione politica nella Caere arcaica 9

Laura Ambrosini, Sulla ceramica attica a figure rosse del primo quarto del iv secolo a.C. da Falerii Veteres 17 Appendice di A. C. Felici, M. Piacentini, M. Venditelli

Bianca Maria Aranguren, Il territorio di Massa Marittima in età protostorica 27

Luca Bachechi, Rio Albano : il più antico sito archeologico dell’isola d’Elba 35

Giovanna Bagnasco Gianni, Un ossuario fittile a campana del Museo Archeologico di Milano 45 Appendice di S. Bruni, Analisi chimico-fisiche della superficie dipinta dell’ossuario fittile 54

Jean Charles Balty, Portrait étrusque, portrait romain 57

Gilda Bartoloni, Periodo protostorico, periodo etrusco : una sequenza ambigua 61

Marshall Joseph Becker, Etruscan Origins of Pharmaceutical Vessel Shapes : Four Apothecary Jars from Early Chiusi, Toscana, Italy 69

Vincenzo Bellelli, Nota in margine ai materiali etruschi di Palermo punica 73

Martin Bentz, Der Micali-Maler in Bonn 83

Giovanna Bermond Montanari, Verucchio 1988 91

Fede Berti, Su due nuovi cippi funerari da Spina 99

Luigi Beschi, Forni fusori nell’isola di Efesto 103

Maria Chiara Bettini, ‘Situle’ di impasto dell’età del Ferro in Etruria. Un vaso cerimoniale 111

Horst Blanck, Da Chiusi a Melbourne. A proposito del cratere d 87/1969 della National Gallery of Victoria 125

Piera Bocci Pacini, Maria Grazia Marzi, Una ricognizione in archivio e dati di scavi settecenteschi 131

Marisa Bonamici, Piccola sfinge di bronzo nel Museo Guarnacci 145

Larissa Bonfante, Manici di specchi dionisiaci 151

Maria Bonghi Jovino, Spunti per una riflessione sul bucchero tarquiniese 157

Angelo Bottini, Una hydria in bronzo fuso della collezione Sinopoli 161

Dominique Briquel, Une glose étrusque oubliée 167

Stefano Bruni, In difesa del ‘Giano’ di Anton Francesco Gori. Alcune note sul bronzetto 444 del Museo Archeo- logico di Firenze 173

Paolo Bruschetti, Aspetti di archeologia etrusca nel territorio del lago Trasimeno 185

Cristina Cagianelli, Una testa in bronzo da Volterra nella collezione livornese di Anthony Lefroy 191

Gabriella Capecchi, Dall’archivio de ‘I Tatti’ : Bernard Berenson e l’arte degli Etruschi 197

Loredana Capuis, Anna Maria Chieco Bianchi, Una nuova lamina figurata dal santuario di Reitia a Este 209

Luca Cerchiai, La tomba delle Olimpiadi di Tarquinia 215

Armando Cherici, Olivi, viti e fichi : una breve nota sulla gestione del territorio nell’antichità 223

Federica Chiesa, Uno scaraboide figurato dal ‘complesso monumentale’ di Tarquinia 227

Giulio Ciampoltrini, L’insediamento costiero fra Chiarone e Albegna nell’età del Ferro. Nuovi dati 233

Giovanni Colonna, Il dio Tec Sans, il Monte Tezio e Perugia 239

Francesca Curti, Oriente anche in Occidente : Grifomachie da Spina 255

Mario Cygielmann, Un cratere con scene dionisiache in una tomba di guerriero da Casal di Pari (Grosseto) 263

Bruno d’Agostino, Appunti su Cuma, l’Etruria e l’etruscità campana 281

Nancy Thomson de Grummond, The Sacred Day on Etruscan Mirrors 285

Giuliano De Marinis, Mara Silvestrini, Ancora sull’Orientalizzante di Matelica 295

Richard De Puma, An Inscribed Bucchero Kantharos in New York 303

Giuseppe M. Della Fina, Note sul mito degli Etruschi nella letteratura italiana 309

sommarioVIII

Filippo Delpino, L’esplorazione di Veio in un progetto del 1909 313

Luigi Donati, L’etrusco con gli orecchini. Osservazioni sulla statua-cinerario Casuccini di Palermo 319

Luciana Drago Troccoli, Veio tra villanoviano e tardo arcaismo. Appunti sulla necropoli di Casale del Fosso 327 Appendice di V. Poscetti, Indagini non invasive del sottosuolo nel sito della necropoli di Casale del Fosso. Cen- ni sulle prospezioni georadar e geoelettriche effettuate nell’estate 2006 359

Adriana Emiliozzi, Epigrafia della ‘Bilingue di Pesaro’. Un’integrazione nel testo latino 371

Paul Fontaine, Plantes et nature dans la peinture funéraire étrusque. Observations à propos de la Tombe de la Chasse et de la Pêche à Tarquinia 373

Bettina v. Freytag gen. Lringhoff, Ein Umbrer bei den Panathenäen ? Zur Strigilis Tübingen 83.180 379

Giovanna Gambacurta, Angela Ruta Serafini, Una nuova lamina figurata da Padova : un unicum ? 389

Lidio Gasperini, Ancora sul nome etrusco di Monterano 395

Françoise Gaultier, Le collier aux scarabées de la Collection Campana : restaurations et autres avatars 399

Maria Donatella Gentili, Considerazioni sui sarcofagi in pietra d’ambiente volsiniese 407

Bruno Gialluca, La tradizione della Descrizione di Cortona di Giovanni Rondinelli e l’Arringatore 423

Fernando Gilotta, Una ‘statuetta’ da Schiavi d’Abruzzo 439

Stefano Giuntoli, Le tombe a circolo dell’Accesa. Riflessioni sui caratteri strutturali di un tipo tombale dell’Orienta- lizzante vetuloniese 441

Elisabetta Govi, Aspetti oscuri del rituale funerario nelle stele felsinee 455

Jean Gran-Aymerich, Le bucchero : réflexions sur la diffusion régionale et les exportations 465

Volume II

Pier Giovanni Guzzo, Orificerie da una tomba di Lipari 471

Maurizio Harari, Traditio disciplinae. Postille allo specchio di Tuscania 475

Mario Iozzo, Un nuovo strumento musicale nel Museo Archeologico di Chiusi 481

Cornelia Isler Kerenyi, Satiri etruschi 487

Jean-René Jannot, Une barque pour l’Au-delà. A propos d’une urne cinéraire d’Arezzo 491

Fritzi Jurgeit, Quattro braccia in Villa Giulia. Osservazioni sulle giunture di bronzi figurati provenienti dal- la collezione Castellani 495

Ingrid Krauskopf, Etruskische Kultgeräte zwischen Griechenland und Rom. Einige Überlegungen 501

Lucia Lepore, Della platagé di Archita o di un tipo poco noto di krotalon ? 507

Fulvia Lo Schiavo, Il ripostiglio di S’Adde ’e S’Ulumu, Usini (Sassari) : un’eccezione alla regola 509 Appendice i di M. Pacciarelli, Nota sulle fibule serpeggianti del ripostiglio di S’Adde ’e S’Ulumu, Usini (Sassari) 519 Appendice ii di F. Campus, V. Leonelli, Il contenitore ceramico del ripostiglio di S’Adde ’e S’Ulumu, Usini (Sassari) 521

Jean MacIntosh Turfa, From the Tombs of Bisenzio 525

Adriano Maggiani, Cavalieri vulcenti arcaici 535

Elisabetta Mangani, Ceramiche capenati : capolavori e opere di serie 545

Maria Pia Marchese, Termini istituzionali italici : Osco anagginoud 553

Anna Marinetti, Un etnico per ‘etrusco’ nel venetico ? 557

Marina Martelli, Un elmo tipo Negau olim Barberini 563

Françoise-Hélène Massa Pairault, Homo hominem eligens 577

Lammert Bouke van der Meer, A Rite of Passage in Column 7 of the Liber Linteus 587

Piera Melli, Un nuovo vaso del Pittore di Sommavilla e le importazioni di ceramica etrusca a figure rosse a Genova 591

Maurizio Michelucci, Marsiliana d’Albegna. La necropoli etrusca di Fontin Piccolo 599

Laura Maria Michetti, Note su un’anfora orientalizzante dal tumulo di Monte Aguzzo a Veio 607

Alessandra Minetti, Nuove kylikes del Gruppo Clusium dalla necropoli delle Pianacce a Sarteano 617

Anna Maria Moretti Sgubini, Sculture arcaiche di Vulci : qualche aggiornamento 623

Domenico Musti, Ausones - Ausonius. Note sulla etnografia e topografia della Campania antica 633

Alessandro Naso, Un thymiaterion etrusco a Didima ? 639

Marjatta Nielsen, Two Youths and a Woman in Distress : Reflections on the Chiusine Urn Relief of Larth Purni Alfa at the Ny Carlsberg Glyptothek 647

Orazio Paoletti, Ceramica figurata etrusco-geometrica : qualche osservazione 653

sommario IX

Giulio Paolucci, Tombe a ‘buca’ con ossuari etruschi a figure nere da Tolle 661

Emanuela Paribeni, Pian d’Alma (Scarlino) : una fattoria tardo arcaica in territorio vetuloniese 667

Alessandra Parrini, … w\ yilerivq ajlakavta, dw`ron ∆Aqanava~ guvnaixin. Donne filatrici a Spina 673

Stella Patitucci Uggeri, Spina rivisitata : aspetti topografici e urbanistici 687

Emilio Peruzzi, Etruschi della Tavola di Cortona 697

Gabriella Poggesi, Lucia Pagnini, Artimino, Prato Rosello : tracce di abitato in prossimità della necropoli 701

Aldo Luigi Prosdocimi, Decumanus « ab oriente ad occasum », cardo « ex transverso currens » 717

Antonia Rallo, Addenda al Gruppo La Tolfa 749

Anna Rastrelli, Una kylix del Gruppo Clusium-Volaterrae dal territorio di Empoli 767

Paola Rendini, La ‘stipe’ di Saturnia e i culti della valle dell’Albegna 773

Christoph Reusser, Ein Attish Schwarzgefirnisster Askos aus Marzabotto 781

David Ridgway, La coppa di Nestore e una grattugia da Vulci 789

Maria Antonietta Rizzo, Una nuova anfora pontica del Pittore di Paride 793

Antonella Romualdi, Considerazioni su un bronzetto populoniese da S. Cerbone 799

Vincenzo Saladino, Una Venere ‘etrusca’ delle collezioni medicee ed il mito esiodeo della sua nascita 801

Maurizio Sannibale, L’Adone morente di Tuscania. Considerazioni a margine di un restauro 813

Lucia Sarti, Fabio Martini, Nicoletta Volante, Strategie insediative nel Neolitico dell’area fiorentina 825

Giuseppe Sassatelli, Riflessioni sulla ‘stele della nave’ di Bologna 833

Erika Simon, Ein Kandelaber der Stiftung Nereus 841

Marta Sordi, Religione e politica nei responsi degli aruspici 845

Stephan Steingräber, « Gli Etruschi in Giappone ». Reperti etruschi e italici in musei e collezioni giapponesi 847

Simonetta Stopponi, Una sima fittile figurata dall’antica Vettona 855

Jnos Gyrgi Szilgyi, Pignate (Rondo) 861

Gianluca Tagliamonte, Il Corridore del Monte Cila 869

Jean-Paul Thuillier, Un pugiliste serviteur de deux maîtres. Inscriptions ‘sportives’ d’Etrurie 877

Mario Torelli, Gli Iunii Bassi a Rusellae ? A proposito della c.d. Basilica dei Bassi nel foro rusellano 881

Giovanni Uggeri, Spina : polis hellenís (ps.-Scyl. 17) 893

Alda Vigliardi, Graziosi e l’ ‘affaire Rouffignac’ 899

Aspetti oscuri del rituAle funerArio nelle stele felsinee*

elisabetta Govi

Il corpus delle stele felsinee 1 presenta caratteri di so-stanziale coerenza, sia sul piano formale che su quello

del contenuto, tali da consentire il riconoscimento di precisi schemi iconografici reiterati su un certo numero di esemplari. 2 le diverse scene sono classificabili en-tro alcune varianti tematiche ed iconografiche e molte di esse sono di norma associate ad un particolare tipo di cornice e spesso anche a determinate caratteristiche morfologiche della stele (profilo e dimensioni). 3 ciò di-pende solo in parte dal fatto che si tratta di una pro-duzione limitata numericamente e circoscritta cronolo-gicamente, 4 probabilmente uscita da poche botteghe di scalpellini che utilizzavano gli stessi schemi predefiniti. in realtà la scarsa varietà e la fissità del repertorio figu-rativo sono il riflesso di un codificato sistema di valori, che qualifica il defunto in base al suo statuto civico. i temi raffigurati sulle stele mirano dunque ad esplicitar-ne la categoria sociale di appartenenza distinta secondo il sesso, l’età e soprattutto secondo il ruolo rivestito dal defunto nell’ambito della compagine cittadina. 5 l’in-tero corpus delle stele può così essere sottoposto ad una preliminare sistemazione organica anzi tutto distin-guendo due grandi filoni che rispecchiano modi mol-to diversi di autorappresentazione, cui evidentemente corrispondono due distinti livelli di committenza sul piano sociale ed economico : uno è quello più modesto e più numeroso che comprende le stele di piccole e medie dimensioni con immagine del defunto a tutto campo, solitamente incorniciato da semplici motivi geometrici ; l’altro è quello che annovera stele monumentali, assai curate sul piano formale, decorate su più registri ma an-che a pieno campo, con scene che esplicitano l’esclusivo destino ultraterreno riservato ad individui di alto ran-go, talora menzionati nelle iscrizioni, rivelando una più

complessa ideologia funeraria. il primo sistema di au-torappresentazione mira dunque a restituire al defunto la sua identità civica 6 (l’oplita, il cavaliere, il sacerdote, l’uomo adulto con bastone, la domina su trono, la don-na ammantata, la giovane donna). il secondo sistema invece, molto più complesso e articolato, focalizza l’at-tenzione sul momento del trapasso, reso dalla metafora del viaggio/passaggio di status, espresso mediante scene volutamente ambigue sul piano semantico, che oscil-la tra la dimensione reale e quella ultraterrena. come è noto, il tema ricorrente è il viaggio su carro, formal-mente differente a seconda del sesso del defunto. lo schema iconografico è ispirato ad una tradizione arcai-ca di matrice aristocratica, ben documentata in etruria durante il vi secolo, che allude alla partenza/trionfo del signore vincitore di un’impresa 7 e, nel caso della donna, alla processione nuziale, comunque in entrambi i casi ad un cambiamento di status. 8 le scene di viaggio dun-que, per il loro pregnante valore evocativo, dovevano celebrare lo statuto speciale dei defunti, talora connotati come personaggi di alto rango dall’associazione con i te-mi delle onorificenze di tipo magistratuale e degli agoni atletici, esclusivi delle stele più monumentali. su alcuni esemplari la scena del viaggio su carro si arricchisce di elementi che ne chiariscono la percezione semantica an-che in chiave dichiaratamente funeraria. 9 i carri di alcu-ni defunti di sesso maschile, ma eccezionalmente anche di donna, sono trainati da cavalli alati che alludono ad una dimensione ultraterrena, talora ulteriormente evi-denziata dall’intervento di demoni in volo o nella fun-zione di guide. il defunto, in virtù del suo ruolo sociale e politico e dei meriti conseguiti, ha dunque diritto ad un destino di eroizzazione e di apoteosi che nell’imma-ginario offerto dalla ceramica attica spetta solo agli eroi

* le foto delle stele sono state cortesemente fornite dal Museo civico Archeologico di Bologna, che ringrazio.

1 p. ducati, Le pietre funerarie felsinee, in MonAL xx, 1911, cc. 357-728 ; idem, Nuove stele funerarie felsinee, in MonAL xxxix, 1943, cc. 373-466 ; per una sintesi sulla classe, con bibliografia di riferimento, si veda ora e. Govi, La scultura monumentale in pietra, in G. sassatelli, A.donati (a cura di), Storia di Bologna, Bologna 2005, pp. 290-295.

2 l’analisi delle stele finora è stata affrontata isolando all’interno del corpus singole tematiche, delle quali si sono riconosciuti i modelli icono-grafici e culturali, evidenziandone gli influssi sul linguaggio figurativo degli scalpellini e le valenze semantiche nell’ambito del rituale funerario bolognese (per un quadro delle varie tematiche e. Govi, G. sassatelli, Ceramica attica e stele felsinee, in I Greci in Adriatico, 2 (« Hesperìa » 18), 2004, pp. 228-229). sebbene tali studi di carattere iconologico abbiano gettato nuova luce sull’intera classe di monumenti e più in generale sulla temperie culturale dell’etruria padana, fortemente permeata di influssi greci, appare sempre più auspicabile un’analisi del patrimonio figura-tivo delle stele che ne valuti da un lato la completezza delle attestazioni, dall’altro ogni singolo elemento della sintassi, scomposta in unità varia-mente combinate. tale approccio sembra ormai l’unico in grado di age-volare la comprensione del ‘linguaggio delle immagini’ delle stele, per ora intuibile solo a grandi linee e soprattutto finora soggetto a interpre-tazioni che dipendono dalla individuale percezione di singoli particolari iconografici, spesso ricostruiti con forti margini di dubbio date le cattive condizioni di conservazione di molte stele. esemplificativo è il caso della stele n. 160, sulla quale molto si è discusso, che solo di recente ha ricevuto una corretta ricostruzione (A. Maggiani, Il cavallo (alato e aggiogato) in Etruria, in Produzioni, merci e commerci in Altino preromana e romana, Atti del convegno, Venezia, 2001, [« studi di archeologia, epigrafia e sto-ria » 3], roma, 2003, pp. 161-178).

3 e. Govi, G. sassatelli, Ceramica attica, cit. a nota 2.4 nonostante l’arco cronologico dell’intera produzione corrisponda a

più di un secolo (fine vi-inizi iv sec. a.c.), la maggior parte delle stele si inquadra tra la seconda metà del v e gli inizi del secolo successivo (G. sassatelli, Problemi cronologici delle stele felsinee alla luce dei rispettivi corredi tombali, in Secondo Congresso Internazionale Etrusco, Atti del convegno, firenze, 1985, roma, 1989).

5 l. cerchiai, daimones e Caronte sulle stele felsinee, in Caronte. Un obolo per l’aldilà, Atti del convegno, salerno, 1994, « pp », l, 1995, p. 377.

6 secondo l. cerchiai il modello di riferimento, rifunzionalizzato in senso funerario, è costituito dal patrimonio figurativo e ideologico della ceramica attica, che offre la chiave di lettura per il sistema delle immagini delle stele (l. cerchiai, La rappresentazione di Teseo sulle stele felsinee, in Le mythe grec dans l’Italie antique. Fonction et image, Actes du collo-que, rome, 1996, roma, 1999, pp. 353-365 ; mantiene una posizione più cauta G. sassatelli, nella discussione allo stesso convegno, pp. 372-373). in questo filone di indagine, che attribuisce alla ceramica attica un ruolo preponderante nella formazione del linguaggio figurativo delle stele, si muove anche r. Bonaudo, Trasmissioni iconografiche e costruzioni imma-ginarie : riformulazione di modelli attici su alcune stele felsinee, « aion », n.s. 9-10, 2002-2003, pp. 103-113. tuttavia non è trascurabile ed anzi risulta molto consistente l’apporto che la tradizione figurativa etrusca, e segna-tamente etrusco-settentrionale, fornisce allo sviluppo delle stele felsinee (Govi, sassatelli, Ceramica attica, cit. a nota 2).

7 A. Maggiani, Il cavallo, cit. a nota 2. sul significato del tema del viaggio ultraterreno su mezzi di trasporto M. torelli, Ideologia e pae-saggi della morte in Etruria tra arcaismo ed età ellenistica, in Iconografia 2001, Atti del convegno, padova, 2001, roma, 2002, pp. 45-70.

8 come ha efficacemente dimostrato l. cerchiai, analoga valenza di passaggio ad una diversa condizione assumono le scene di ratto del de-funto da parte di demoni o di caronte, giocate sul piano ambiguo del ra-pimento a fini erotici che nel repertorio figurativo della ceramica attica prelude a forme di eroizzazione e di immortalità (cerchiai, daimones e Caronte, cit. a nota 5).

9 A. Maggiani, Il cavallo, cit. a nota 2.

elisabetta govi456

del mito e agli dei. se si esaminano più in dettaglio le stele con scene di viaggio, si coglie un articolato e or-ganico sistema di schemi iconografici 10 che presuppone una scala di valori non solo di ordine sociale, come è stato finora sottolineato, ma anche religioso, rivelando i

diversi livelli di percezione individua-le dell’ideologia della morte e l’adesio-ne a particolari forme di pensiero : dal semplice trapasso reso senza espliciti riferimenti funerari (viaggio/proces-sione su carro) ; al viaggio verso l’aldi-là sentito come transito che necessita di una guida (caronte e demoni) ; al viaggio metafora di eroizzazione che prelude all’apoteosi (prefigurata dai cavalli alati e dall’intervento di demo-ni in volo assimilabili alla nike) ; infine al viaggio/passaggio verso una dimen-sione dionisiaca (ratto del defunto da parte di sileni ; teste sileniche verso cui si dirige il defunto). È dunque eviden-te che mentre un destino di salvezza ultraterrena è evocato su diverse stele, solo quest’ultimo schema figurativo esplicita il punto di arrivo del viaggio, che va nella direzione di una integra-zione del defunto nel mondo di dio-niso.

sebbene la presenza sulle stele di concezioni escatologiche desunte dal mondo greco attorno alla metà del v secolo sia un dato ormai acquisito, 11 è possibile delineare con maggiore chia-rezza il quadro delle testimonianze di forme di religiosità misterica a sfondo salvifico nel segno di dioniso, ma an-che con riferimenti al culto eleusino, grazie all’esame di alcuni aspetti de-corativi ed iconografici delle stele e di alcuni elementi del rituale funerario che fuoriescono dai consolidati sche-mi di composizione dei corredi di fase certosa. All’analisi delle polisemiche espressioni di un credo religioso di natura misterica nel rituale funerario

bolognese è dedicato questo contributo, che prende le mosse dall’apparato della decorazione solo apparente-mente accessoria delle stele.

delle 142 stele dotate di una cornice, solo 19 mostra-no un motivo fitomorfo che si snoda dal basso verso

10 le poche stele più monumentali, decorate da 3 o da 4 registri, mos-trano uno schema compositivo che prevede una lettura verticale del mo-numento dal basso verso l’alto : di norma i registri inferiori accolgono scene che giustificano e preludono la speciale sorte di eroizzazione per defunti di alto rango, raffigurata al centro o in alto. Gli scontri tra ar-mati (G. sassatelli, Le stele felsinee con “celtomachie”, in Popoli e facies culturali celtiche a nord e a sud delle Alpi dal v al i secolo a.C., Atti del convegno, Milano, 1980, Milano, 1983, pp. 167-178), gli agoni atletici spesso inseriti nelle solenni cerimonie di onorificenze tributate al defunto (G. sassatelli, Rappresentazioni di giochi atletici in monumenti funerari di area padana, in Spectacles sportifs et scéniques dans le monde etrusco-italique, Actes de la table ronde, rome, 1991, rome, 1993, pp. 45-67 ; A. Maggiani, Agoni funebri “hellenikóis nómois” per Vel Kaiknas, « ocnus », 5, 1997, pp. 123-135), ma anche la rivendicazione di appartenenza ad una stirpe eroica (A. Maggiani, Modello etico o antenato eroico ? Sul motivo di Aiace suicida nelle stele felsinee, « stetr », lxiii, 1999, pp. 149-165) antici-pano visivamente e concettualmente le scene di viaggio su carro, sovente trainato da cavalli alati. unica eccezione sembra costituita dalla stele n. 2 dove l’ordine delle scene è invertito, ma l’eccezionalità di questa stele è confermata oltre che dalle dimensioni enormi anche dalla scena che campeggia sul lato principale e che raffigura un atto di culto presso un altare o un louterion (ducati, Le pietre, cit. a nota 1, cc. 362-364). nelle stele più piccole con 2 o 3 registri il tema del viaggio ultraterreno invece è compreso tra animali fantastici che conferiscono alla scena un forte ca-rattere di liminarità e alterità. in qualche caso particolare poi, se l’ipotesi della lettura verticale ha qualche fondamento, gli esseri inferi adombrano una sorta di prova che il defunto ha superato nel suo viaggio verso l’al-dilà, prefigurato come un percorso attraverso un paesaggio articolato per tappe. si tratta ad esempio della stele n. 182 (fig. 1) che mostra la figura

di una erinni affiancata da due mostri, un drago anguiforme barbato a sinistra e un grifone alato con testa equina a destra. per la erinni, ine-quivocabile per gli attributi delle ali e dei serpenti, H. sarian, in limc iii, 1986, s.v. Erinys, p. 840. per l’iconografia della lotta contro i mostri infernali che precede il soggiorno nell’Aldilà, M. Bonamici, Lo stamnos di Vienna 448 : una proposta di lettura, « prospettiva », 89-90, 1998, pp. 2-15. tutt’altra lettura della scena è fornita in Bonaudo, Trasmissioni icono-grafiche, cit. a nota 6, pp. 110-111, che riconoscendo nella figura centrale alata dioniso in lotta contro un gigante che si difende con scudo, posto a sinistra, non spiega né la figura del drago anguiforme né la testa del cavallo, che emergerebbe isolata dietro la figura del gigante. la visione autoptica e le vecchie foto del monumento escludono quest’ultima ricos-truzione, troppo lontana da un’analisi filologica della scena.

11 G. sassatelli, Una nuova stele felsinea, in Culture figurative e ma-teriali tra Emilia e Marche. Studi in memoria di Mario Zuffa, Modena, 1984, pp. 107-137 ; cerchiai, daimones e Caronte, cit. a nota 5 ; A. Mastrocinque, Giganti silenici in Grecia e in Etruria, in Dionysos. Mito e mistero, Atti del convegno, comacchio, 1989, ferrara, 1991, pp. 277-291 ; G. colonna, Riflessioni sul dionisismo in Etruria, ibidem, p.118. sul problema dell’arrivo in etruria padana di temi escatologici molto si è discusso, specie in relazione alla supposta priorità cronologica di questo ambito rispetto a quello tirrenico, priorità ormai negata dalla recente sco-perta a tarquinia della tomba dei demoni Azzurri e dagli studi dedicati alle attestazioni epigrafiche e iconografiche di demoni infernali in etruria tirrenica (Govi, sassatelli, Ceramica attica, p, 228, cit. a nota 2 ; M. Bo-namici, Scene di viaggio all’aldilà nella ceramografia chiusina, in Pittura parietale, pittura vascolare. Ricerche in corso tra Etruria e Campania, Atti della giornata di studio, santa Maria capua Vetere, 2003, napoli, 2005, pp. 39-40).

fig. 1. stele n. 182.

Giulia
Highlight
Giulia
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rituale funerario nelle stele felsinee 457

l’alto avvolgendo il campo figurato nel chiaro intento di riprodurre ghirlan-de, abitualmente utilizzate durante le cerimonie funebri e adagiate sopra i segnacoli funerari. 12 in tutti i casi si tratta di segnacoli inquadrabili nella fase matura della produzione. netta predominanza hanno l’edera e la vite, raffigurate sia sotto forma di tralci che di singole foglie accostate, 13 mentre hanno limitate attestazioni i tralci di melograno e/o di mirto 14 (fig. 2) e di alloro/ulivo. 15

Ad un’evidente sfera di culto dioni-siaca rimandano le cornici con edera e vite, concettualmente omologhe in quanto attributi consacrati del dio, 16 il quale sui segnacoli felsinei è richiama-to allusivamente oltre che dalle figure di demoni psicopompi dall’aspetto silenico, sulle quali recentemente la critica si è soffermata, 17 anche da ra-re scene ricollegabili al mondo del simposio, di cui riassumono tutta la pregnanza semantica isolando singoli temi fortemente evocativi di un tema che solo nelle tombe dipinte ha la sua espressione più compiuta : la danza at-torno al cratere, 18 il banchettante di-steso sulla kline 19 e la danza al suono dei crotali. 20

Ma il « dionisismo senza dioniso » 21 sulle stele felsinee prende corpo anche nella raffigurazione del defunto che impugna una ghirlanda e tralci di edera, 22 secondo un processo di identificazione con un seguace di dioniso

12 Govi, sassatelli, Ceramica attica, cit. a nota 2, in particolare pp. 234, 249-253 con riferimento ai cippi che hanno ghirlande incise sulla sommità. M. Blech, Studien zum Kranz bei den Griechen, Berlin-new York, 1982, pp. 81-89. Meritevole di approfondimento è il parallelo con gli specchi figurati, sui quali la cornice fitomorfa realizza schemi del tutto simili a quelli presenti sulle stele.

13 stele nn. 18, 32, 68, 86, 88, 156, 190 (edera) cui si aggiungono le stele n. 169 e c con tralcio d’edera nello spessore ; stele nn. 77, 85, 88, 92, 158, G (vite). per tutte ducati, Le pietre, cit. a nota 1 ; per le stele c e G del sepolcreto del polisportivo c. Morigi Govi, G. sassatelli, Il sepol-creto etrusco del Polisportivo di Bologna : nuove stele funerarie, « ocnus », 1, 1993, pp. 105-109.

14 stele 52, 63, 117. in tutte e tre le stele il tralcio inserito nella cornice presenta foglie sottili e arcuate verso il basso che in realtà potrebbero rimandare alla pianta del mirto anche per il particolare non irrilevante delle foglie affiancate. se si tratta di mirto, alle estremità superiori dei tralci sono aggiunte due melagrane.

15 stele 28, 36, 73. l’aspetto delle foglie farebbe pensare più precisa-mente alla pianta del corbezzolo (ad es. A. ciarallo, Verde pompeiano, roma 2000, p. 8 fig. 4), ma l’identificazione con l’alloro o l’ulivo, spesso non distinguibili per la resa sommaria delle foglie peraltro tra loro molto simili (r. pampanini, Le piante nell’arte decorativa degli Etruschi, « stetr », iv, 1930, pp. 310-312), è accertata dalla grande diffusione che lo stesso motivo ha sulla ceramica attica, cui evidentemente attingono gli scalpel-lini di Bologna (Govi, sassatelli, Ceramica attica, cit. a nota 2, p. 252).

16 Blech, Studien zum Kranz, cit. a nota 12, pp. 181-216.17 si veda la nota 11.18 stele nn. 163 e 187, quest’ultima con entrambi i lati decorati e con

l’immagine della coppia maritale seduta e abbracciata che occupa un in-tero lato. la stele 187 proviene dalla tomba 319-320 del sepolcreto cer-tosa, probabilmente bisoma, databile sulla base del corredo tra la fine del vi e gli inizi del v sec. a.c., mentre la stele 163 è pertinente alla tomba certosa 32 (G. sassatelli, Problemi cronologici, cit. a nota 4, p. 933 nn. 10-11). sul tema f. lissarrague, Around the Krater : An Aspect of Ban-quet Imagery, in o. Murray (ed.), Sympotica. A symposium on the Sym-posion, oxford, 1990, pp. 196-209 ; B. d’Agostino, L’immagine, la pittura e la tomba, in B. d’Agostino, l. cerchiai, Il mare, la morte, l’amore. Gli Etruschi, i Greci e l’immagine, roma, 1999, pp. 24-28.

19 stele n. 19, frammentaria con figura maschile stante davanti ad una kline ; stele n. 37 con banchettante disteso sulla kline inserito nella cornice a metope ; stele n. 175 databile al secondo quarto del v sec. a.c., fram-

mentaria, con figura maschile distesa su kline che sembra aggredita da un’altra figura stante con ascia. l’esegesi di questa scena, di assai difficile lettura, è stata affrontata di recente con ipotesi suggestive (cerchiai, La rappresentazione di Teseo, cit. a nota 6, pp. 353-355 e sassatelli nella discussione, p. 372), ma il riferimento al simposio è comunque accertato dal fatto che nel registro inferiore, purtroppo molto lacunoso, doveva tro-varsi l’immagine di un kylikeion, cui si affianca una figura maschile.

20 stele pertinente alla tomba 26 di casalecchio di reno, databile at-torno al 460 a.c. : su un lato crotalista ; sull’altro, nel registro superiore cavaliere incedente verso sinistra, nel registro inferiore al di sotto di un demone in volo si trovano un trono vuoto affiancato da un oggetto non bene identificabile (un thymiaterion ?) verso il quale compie un gesto im-precisato, forse di offerta, una figura femminile (J. ortalli, La “rivoluzio-ne” felsinea : nuove prospettive dagli scavi di Casalecchio di Reno, in L’Alto e medio Adriatico tra vi e v secolo a. C., Atti del convegno, Adria, 1999, « padusa », xxxviii, 2002, p. 72). la stele trova un confronto puntuale sia per l’aspetto formale che per alcuni temi, proprio nelle sopraccitate stele nn. 175 e 187, venendo a comporre quindi un piccolo nucleo di segnacoli, oltre tutto accomunati da un modesto livello stilistico, verosimilmente usciti dalla stessa bottega durante la prima metà del v secolo. Questo gruppo di stele esibisce temi iconografici di ispirazione dionisiaca, pur-troppo di difficile lettura ed esegesi, che dovevano essere predominanti nel rituale di seppellimento di questi defunti, come conferma la composi-zione del corredo della tomba 26 di casalecchio di reno che comprende, oltre ad un intero servizio da banchetto composto da ceramiche attiche e da vasellame bronzeo del tutto omologo a quello delle tombe più ricche di Bologna, anche un candelabro in bronzo con cimasa raffigurante lo stesso motivo della danza al suono dei crotali presente sulla stele. Ma ancora più significativa è la scena del medaglione della kylix a f.r. inserita nella tom-ba, che mostra un giovane ammantato al cospetto di una gigantesca testa di profilo, barbata e calva, offrendo uno straordinario parallelo per il noto schema iconografico dei faccioni silenici documentato sulle stele bolo-gnesi (Mastrocinque, Giganti silenici, cit. a nota 11). il corredo, perduto, della tomba certosa 319-320, cui appartiene la stele 187, comprendeva un numero imprecisato ma sicuramente consistente di vasi attici figurati e a v.n. (cfr. nota 18) ; anche la stele n. 175 è stata recuperata nel sepolcreto certosa ma non è riferibile ad un preciso contesto tombale (cfr. nota 19)

21 colonna, Riflessioni sul dionisismo, cit. a nota 11.22 stele nn. 118 (r. Macellari, Il sepolcreto etrusco nel terreno Ar-

noaldi di Bologna (550-350 a.C.), Venezia, 2002, p. 139. b, tav. 84, datata al tardo v sec. a.c.) e 174 (ducati, Le pietre, cit. a nota 1, cc. 446-447).

fig. 2. stele n. 63.

se non addirittura con il dio stesso, e più velatamente si palesa in una nutrita serie di foglie d’edera inserite nel

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campo figurato, solo apparentemente come riempitivi 23 (figg. 3-4), ed infine nella presenza di un tralcio d’ede-ra che campeggia isolato su una piccola stele decorata sull’altro lato da una palmetta alla cui base si trovano due grandi melagrane 24 (figg. 5-6). su questa stele il

‘codice arboreo’, fortemente allusivo del messaggio salvifico di stampo dio-nisiaco, sostanzia e chiarisce la meta-fora espressa nelle numerose raffigura-zioni di grandi palmette sulle stele, 25 cioè la rinascita dopo la morte. 26 Ma anche un’altra categoria di segnacoli funerari, ben documentata lungo la valle del reno e a Bologna, può essere richiamata in questa analisi, quella dei cippi cosiddetti « a bulbo » su basi con protomi di arieti e non di rado signi-ficativamente decorati sulla sommi-tà con motivi fitomorfi riproducenti ghirlande funerarie. Mentre la deriva-zione in area padana di questo tipo di segnacolo dall’ambito etrusco-setten-trionale e segnatamente pisano-volter-rano è stata ormai chiarita, così come il modello microasiatico che lo genera in etruria, 27 il suo significato intrinseco non è stato indagato, anche se un rife-rimento al mondo dionisiaco è stato ri-conosciuto nella decorazione che talora lo caratterizza 28 ed in particolare nel-le raffigurazioni del thiasos dionisiaco presenti su alcuni esemplari. 29 l’ariete è per antonomasia la vittima sacrificale a dioniso ed ha un ruolo preminente nell’ambito del suo culto, 30 come con-fermano le numerose raffigurazioni dell’animale associato al dio o al suo corteo nella ceramica attica. in etru-ria l’ariete è evocativo di un sacrificio ctonio che schiude le porte dell’Ade, 31 a conferma dell’assunzione, non solo

iconografica, ma sostanziale per l’ideologia funeraria di un motivo di origine greca. la forma del cippo che soli-tamente sovrasta la base con protomi di ariete richiama da vicino la pigna, 32 come dimostra inequivocabilmente la resa naturalistica dell’esemplare etrusco proveniente da Volterra, 33 restituita invece più spesso nei più tardi

23 che la foglia d’edera abbia un pregnante valore semantico è dimos-trato dalla sua interscambiabilità con il testone di sileno all’interno del medesimo schema iconografico che vede la figura di una donna rivolta verso sinistra con mano sollevata verso l’elemento che fuoriesce dalla cornice, epifania del dio (stele n. 97 con foglia d’edera (Macellari, Il sepolcreto etrusco, cit. a nota 22, p. 211. a, tav. 132) ; stele n. 111 con tes-tone silenico nella stessa posizione (cerchiai, daimones e Caronte, cit. a nota 5, fig. 7).

24 stele n. 183, dalla tomba 253 del sepolcreto della certosa (sassa-telli, Problemi cronologici, cit. a nota 4, p. 939 n. 26).

25 le stele decorate con grande palmetta ammontano a 16. indubbio il richiamo alle terminazioni ad anthemion delle coeve stele attiche, ma il tipo è ben presente già nel tardo arcaismo nella tradizione scultorea di ambito funerario dell’etruria settentrionale ed in specie di populonia (M. Martelli, Osservazioni sulle “stele” di Populonia, in Studi per Enrico Fiumi, pisa, 1979, in particolare il tipo iii alle pp. 42-45), da cui potrebbe essere stato trasmesso, secondo dinamiche già chiarite proprio in rela-zione all’esperienza dei segnacoli funerari, verso l’area padana che, come è noto, intrattiene stretti rapporti proprio con populonia (G. sassatelli, La situazione in Etruria padana, in Crise et transformation des sociétés ar-chaïques de l’Italie antique au ve siècle av. J.-C., Actes de la table ronde, rome, 1987, roma, 1990, pp. 74-76). tuttavia il rapporto diretto che nel v sec. a.c. l’etruria padana ha con il mondo greco potrebbe comportare una derivazione del tipo di segnacolo da quell’ambito, piuttosto che da quello etrusco-settentrionale.

26 l’ipotesi secondo la quale nella terminazione ad anthemion delle stele attiche vi siano un’allusione alla figura dell’albero, che già la tradi-zione omerica riconosce come sema tombale, ed un riferimento simbolico alla rinascita è già in l. cerchiai, Geras Thanaton : note sul concetto di “belle mort”, « aion ArchstAnt », vi, 1984, pp. 60-61. per segnacoli di le-gno imitanti arbusti si veda anche s. Bruni, f. severini, Problemi sulle presenze etrusche nella Toscana nordoccidentale. I dati delle necropoli di Pisa, in Aspetti della cultura di Volterra etrusca, Atti del xix convegno di

studi etruschi e italici, Volterra, 1995, firenze, 1997, pp. 575-576. in tal senso allora trova spiegazione anche la stele n. 133, lacunosa, che presenta un albero ad Y (si intravedono le foglioline affiancate all’interno dei due rami) che comprende in cima una palmetta. onde correnti circoscrivono l’immagine (ducati, Le pietre, cit. a nota 1, c. 424). sul valore simbolico delle onde correnti sulle stele si veda ora c. pizzirani, Da Odisseo alle Nereidi. Riflessioni sull’iconografia etrusca del mare attraverso i secoli, « oc-nus », 13, 2005, pp. 251-270.

27 Bruni, severini, Problemi sulle presenze etrusche, cit. a nota 26, pp. 576-585 con bibliografia precedente.

28 A. Maggiani, Cinerari arcaici di marmo da Pisa, « ra », 17, 1993, p. 38.

29 G. sassatelli, L’Etruria padana e il commercio dei marmi nel v se-colo, « stetr », xlv, 1977, pp. 136-137 (cippo di sasso Marconi) ; s. Bruni, Pisa etrusca. Anatomia di una città scomparsa, Milano, 1998, pp. 169-170 (base presso s. Bardini a firenze ; base di louterion da populonia).

30 W. Burkert, Origini selvagge. Sacrificio e mito nella Grecia arcaica, Bari, 1992, pp. 13-14 e 25-26. da non tralasciare la menzione dell’ariete sulle laminette ‘orfiche’ (A. Bottini, Archeologia della salvezza, Milano, 1992, pp. 129-134), nelle quali è esplicitato il richiamo a dioniso.

31 f. roncalli, Iconographie funérairee et topographie de l’au-delà en Étrurie, in Les Étrusques les plus religieux des hommes, Actes du colloquie international, paris, 1992, paris, 1997, pp. 44-45.

32 l’associazione con la pigna, già in pampanini, Le piante, cit. a no-ta 15, p. 310, è entrata nella terminologia adottata per i cippi analoghi di epoca romana, eredi di una antica tradizione etrusca (p. pensabene, Sulla tipologia e il simbolismo dei cippi funerari a pigna con corona di foglie d’acanto di Palestrina, « Archcl », xxxiv, 1982, pp.38-97), mentre è rimas-tra stranamente estranea agli studi dedicati agli esemplari etruschi.

33 G. sassatelli, Ancora sui marmi in Etruria nel v secolo. Confronti volterrani, « stetr », xlvii, 1979, pp. 109-110. ringrazio il prof. G. sas-satelli per avermi suggerito l’associazione tra questi cippi e il frutto del pino.

fig. 3. stele n. 97.

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cippi di epoca romana. contro l’ipotesi riduttiva di una « vegetalizzazione del tradizionale cippo aniconico di origine antichissima e non dell’impiego intenzionale del frutto del pino » 34 si pone il valore intrinseco della pigna che, come la melagrana, racchiude in sé potenza feconda autorigenerante ed è perciò emblema di rinascita. ed in questo senso non è difficile trovare un legame del frutto con i culti demetriaci preposti alla fecondità anche in chiave funeraria 35 e ancora una volta con dioniso, il cui più antico attributo è proprio un ramo di pino 36 che tra l’altro incorona, insieme alla quercia, il suo thiasos. 37 se tale associazione ha fondamento, 38 questo tipo di segna-colo acquista una grande coerenza sul piano formale e simbolico, 39 fortemente evocativa di un messaggio sal-vifico che, se sulle stele con cornici vegetali è richiamato allusivamente mediante una decorazione accessoria, in questo caso prende corpo nella fisicità stessa del monu-mento ed è palesato dal cippo nella sua interezza.

una prospettiva soteriologica doveva rientrare nel rituale funerario di area padana di v secolo molto più diffusamente di quanto i segnacoli lapidei presi in con-siderazione ci rivelino. infatti ancora tutto da indagare è il processo di selezione dei vasi attici inseriti nei corredi felsinei e di area padana e senza dubbio promettente è l’analisi della precisa valenza semantica ed del risvolto sull’ideologia funeraria che hanno i numerosissimi va-si attici a tema dionisiaco. non lascia ombra di dubbio invece il significato che riveste la cimasa di candelabro raffigurante Dionysos/Fufluns, rinvenuta in una tomba sopra pontecchio a poca distanza da sasso Marconi, 40 da cui proviene uno dei sopramenzionati cippi a pigna decorato con thiasos dionisiaco. la componente ctonia del culto di dioniso sostanzia la sua natura iniziatica e la critica più recente ha evidenziato la diffusione già tra la fine del vi e gli inizi del v sec. a.c. di una religiosi-tà misterica a sfondo salvifico di cui il dio è protagoni-sta. 41 che questa forma di religiosità abbia molti punti in comune, specie per le prospettive soteriologiche, con i misteri eleusini e con l’orfismo è stato ampiamente di-

34 pensabene, Sulla tipologia, cit. a nota 32, p. 40.35 G. sfameni Gasparro, Misteri e culti di Demetra, roma, 1986, pp.

231 e 277.36 c. Gasparri in limc iii, 1986, s.v. Dionysos, p. 415.37 Blech, Studien zum Kranz, cit. a nota 12, p. 212. 38 il legame con dioniso è confermato anche sui più tardi cippi di

epoca romana che sono decorati con tralci di edera (pensabene, Sulla tipologia, cit. a nota 31, p. 41 fig. 3).

39 resta da valutare se tale pregnanza semantica possa essere ipotiz-zata anche per gli esemplari più antichi di ambito etrusco-settentrionale, databili alla seconda metà del vi sec. a.c., ma la fedele trasmissione del tipo in etruria padana, dove compare nel v secolo, e il suo perdurare

fig. 4. stele n. 111.

fig. 5. stele n. 183, lato a.

nel mondo romano orientano verso una coerenza di fondo sin dalle sue redazioni iniziali.

40 s. Bruni, Ancora sull’iconografia di dionysos in Etruria. Sul can-delabro da Montechiaro presso Pontecchio (Sasso Marconi), « ocnus », 4, 1996, pp. 67-88.

41 f. frontisi-ducroux, Dioniso e il suo culto, in I Greci. Storia Cultura Arte Società, 2, a cura di s. settis, torino, 1997, p. 307 ; f. Graf, I culti misterici, ibidem, pp. 327-328 ; Bottini, Archeologia della salvez-za, cit. a nota 30 ; colonna, Riflessioni sul dionisismo, cit. a nota 11 ; G. colonna, Il dokanon, il culto dei di oscuri e gli aspetti ellenizzanti della religione dei morti nell’Etruria tardo-arcaica, « studi miscellanei » 29, 1991-1992, p. 182.

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mostrato 42 e l’etruria non manca di restituire qualche testimonianza della diffusione dei culti eleusini, che nel v secolo dovettero trovare divulgazione nel quadro più generale di credenze escatologiche di natura dionisia-ca. 43 non stupisce allora trovare anche nel rituale fune-rario di Bologna qualche celato riferimento alle divinità eleusine. la presenza sulle stele felsinee della melagra-na sembra andare al di là di una generica allusione alla sfera funeraria come cibo dei morti e simbolo di vita rigenerante e di fertilità, 44 come conferma la rarità di questo frutto nella sintassi decorativa della classe. 45 la melagrana ha un legame con diverse divinità femminili, ma diviene il simbolo di Kore e causa del suo alternarsi

tra la vita e la morte. 46 il richiamo alla dea sulle stele felsinee è allusivamente fatto, oltre che dal frutto, anche da un preciso schema iconografico. Alcuni esemplari, databili al tardo v secolo, mostrano una figura femmi-nile di profilo che porta alla bocca o al naso un oggetto imprecisabile 47 (forse un fiore) (fig. 7), un gesto questo che nella ceramica attica qualifica giovani donne (le-to, peitho, Briseis, polissena) e dee (Artemide, perse-fone). 48 lo schema iconografico, certamente desunto dalla ceramica attica, potrebbe dunque prestarsi alla ne-cessità di esprimere sulle stele la classe di età della de-funta. tuttavia il ricorrere dello stesso identico schema nella nota ‘stele’ di Marzabotto, dove però la figura 49 è posta su un altare, attributo estraneo ad una defunta, 50

42 Gasparri, Dionysos, cit. a nota 36, p. 416 ; Bottini, Archeologia della salvezza, cit. a nota 30, pp. 130-131 e 135-148 ; G. pugliese ca-ratelli, L’orfismo in Magna Grecia, in Magna Grecia. Vita religiosa e cultura letteraria, filosofica e scientifica, a cura di G. pugliese caratelli, Milano, 1988, p. 161 ; s. G. cole, Landscapes of Dionysos and Elysian Fields, in Greek Mysteries. The Archaeology and Ritual of Ancient Greek Secret Cults, london, 2003, p. 211 per il ruolo di mediatore, al momento del giudizio decretato da persefone, rivestito da dioniso nei testi delle la-minette ‘orfiche’, n. robertson, Orphic Mysteries and Dionysiac Ritual, ibidem, pp. 218-240.

43 Bruni, Ancora sull’iconografia, cit. a nota 40, pp. 79-80. sull’in-terpretazione come thesmophorion di alcuni edifici di culto etruschi si veda da ultimo s. carosi, Nuovi dati sul santuario di Campetti a Veio, « Archcl », liii, 2002, pp. 355-377.

44 f. Muthmann, Der Granatapfel. Symbol des Lebens in der alten Welt, Bern 1982 ; p. scarpi, La rivoluzione dei cereali e del vino : Deme-ter, Dionysos, Athena, in o. longo, p. scarpi (a cura di), Homo Edens. Regimi, miti e pratiche dell’alimentazione nella civiltà del Mediterraneo, Milano, 1989, p. 61 (con riferimento a dioniso dal cui sangue nasce la melagrana).

45 il motivo più tardi entrerà nel più comune repertorio delle tombe dipinte pestane, dove evidentemente ha una generica valenza funeraria (A. pontrandolfo, A.rouveret, Le tombe dipinte di Paestum, Modena, 1992, p. 35).

46 i. chirassi, Elementi di culture precereali nei miti e riti greci, roma, 1968, pp. 73-90.

fig. 6. stele n. 183, lato b.

fig. 7. stele n. 78.

47 stele nn. 78, 96 (Macellari, Il sepolcreto etrusco, cit. a nota 22, p. 214.a, tav. 138 ; p. 190.B, tav. 115, entrambe databili al tardo v sec. a.c.), 23 (ducati, Le pietre, cit. a nota 1, c. 379). in tutti gli esemplari ducati riconosceva nell’oggetto un ‘nappo’, cioè una coppa per bere, ma il gesto della mano, che racchiude qualcosa di stretto e allungato, esclude questa interpretazione.

48 K. schefold, Gods and Heroes in late Archaic Greek Art, cambrid-ge, 1992, figg. 21, 156, 276, 344 ; M. robertson, The art of vase-pain-ting in classical Athens, cambridge, 1992, figg. 10, 73, 100, 113, 114 ; M. Baggio, I gesti della seduzione. Tracce di comunicazione non verbale nella ceramica greca tra vi e iv sec. a.C., roma, 2004, figg. 15, 18. peraltro il gesto di annusare un fiore sembra più consono a Kore/persephone anche per la vicenda del rapimento avvenuto mentre stava raccogliendo fiori (c. sourvinou-inwood, Persephone and Aphrodite at Locri : a model for per-sonalità definitions in greek religion, « jhs », xcviii, 1978, p. 109 ; G. Gün-ter, in limc viii, 1997, s.v. Persephone, nn. 90 e 106).

49 il gesto compiuto dalla figura posta su altare, generalmente inter-pretato come una libagione, è invece più correttamente quello di portarsi alla bocca un cibo o al naso un fiore (concorda f. roncalli, discussione, in Culti, forma urbana e artigianato a Marzabotto, Atti del convegno, Bologna, 2003, Bologna, 2005, pp. 330-331).

50 confronti molto prossimi per la figura su altare della ‘stele’ di Mar-zabotto sono con lo specchio 1300 della Bibliothèque nationale di parigi (d. rebuffat emmanuel, Sur le miroir 1300 du Cabinet des Médailles, « stetr », liii, 1987, pp. 105-113) e con una lastra ceretana (f. roncalli, Le lastre dipinte da Cerveteri, firenze, 1965, p. 22 n. 6) per i quali si pensa

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orienta verso l’interpretazione divina del soggetto. il modello iconografico della Kore potrebbe cioè essere adot-tato sulle stele nell’intento di rendere l’equiparazione della defunta con la dea in una prospettiva escatologica e misterica. d’altra parte la stessa equi-parazione defunta/persephone pochi decenni prima in etruria tirrenica è resa assai più compiutamente nella nota tomba dei demoni Azzurri. 51 G. sassatelli di recente ha proposto per la ‘stele’ di Marzabotto una destinazione non come segnacolo tombale nella ne-cropoli est, ma come immagine divina in un luogo di culto di natura funera-ria che doveva sorgere presso la por-ta est, 52 un santuario forse dedicato a persephone, in analogia con quanto è attestato ad orvieto nella necropo-li della cannicella, se nella « Venere » possiamo riconoscere l’immagine di Kore. 53

d’altra parte la presenza nella Bo-logna di v secolo di un culto equipa-rabile a quello eleusino è confermata anzi tutto da alcuni vasi attici deposti in tombe e decorati con temi dichia-ratamente misterici, 54 ma anche da alcuni elementi che, come anticipato, non si inscrivono nel rituale funerario più largamente attestato a Bologna. un legame con demetra rivela la de-posizione in tombe significativamen-te femminili di falcetti di piccole dimensioni, talvolta definiti coltelli (ma con profilo ricurvo) e interpretati come strumenti da cucina, 55 ma che assumono tutt’al-tra connotazione se si tiene in considerazione il valore rituale e cultuale che il drepanon ha come strumento di sacrificio alla dea, 56 cui rimanda anche l’offerta, asso-lutamente isolata, di un maialino intero, destinata alla tomba della certosa 238. 57 d’altra parte le tombe spi-netiche di tardo v e iv sec. a.c. danno ampia conferma della diffusione in area padana del culto alle dee de-metra/Kore, 58 quest’ultima richiamata allusivamente anche nella classe dei candelabri in bronzo dalla figura

del gallo, emblema della luce che vince le tenebre ma anche attributo specifico di persephone, e forse raffigu-rata assieme a Jacco sulla cimasa del candelabro della « tomba grande » dei Giardini Margherita di Bologna. 59 se dunque non mancano nel rituale funerario bolognese attestazioni di un culto eleusino e se l’ipotesi di rico-noscere sulle stele un richiamo a persephone coglie nel vero, non risulta allora del tutto estraneo al repertorio di questa classe di monumenti il dio Ade, identificabile nella figura della stele i del polisportivo 60 (fig. 8), iera-ticamente seduta con una mano sollevata su un bastone rituale. 61 l’iconografia, che resta isolata nel panorama

a figure divine. in particolare la figura dello specchio 1300 è interpretata come Artemide (i. Krauskopft in limc ii, 1984, s.v. Artumes, p. 779 n. 32, ma sempre Krauskopft, ibidem, s.v. Aplu, p. 341 n. 29 per la stessa figura dubita tra Artemide, semele e una Menade). un’abrasione sullo specchio non consente di verificare il gesto compiuto dalla dea.

51 G. Adinolfi, r. carmagnola, M. castaldi, La tomba dei Demoni Azzurri : le pitture, in Pittura parietale, pittura vascolare. Ricerche in corso tra Etruria e Campania, Atti della Giornata di studio, santa Maria ca-pua Vetere, 2003, napoli, 2005, in particolare pp. 50-53.

52 G. sassatelli, in l. Malnati, G. sassatelli, La città e i suoi limiti in Etruria padana, in La città murata in Etruria, Atti del xxv convegno di studi etruschi e italici, chiusi-chianciano 2005, c.s.

53 G. colonna, I culti del santuario della Cannicella, « Annfaina » iii, orvieto, 1987, p. 23.

54 Anfora attica a f.n. del Gruppo di leagros, dalla tomba certosa 192 con trittolemo, demetra e Kore (t. Hayashi, Bedeutung und wandel des Triptolemosbildes vom 6.-4. Jh.v.Chr., Würzburg, 1992, p. 129 n. 9 ; G. schwarz in limc viii, 1997, s.v. Triptolemos, n. 59) ; pelike attica a f.n. del Gruppo di leagros, dalla tomba certosa 365 con persephone e si-sifo (J. H. oakley, in limc vii, 1994 s.v. Sisyphos, p. 783, n. 13). per la diffusione dei temi eleusini in etruria e in campania come testimoni di culti misterici che attecchiscono presso l’elìte ellenizzata in un momento di crisi ideologica, J. de la Genière, Images attiques et regiosité étrusque, in Ancient Greek and related Pottery, proceedings of the 3rd symposium, copenhagen, 1987, 1988, pp. 161-169 ;

55 tomba certosa 406, che comprendeva anche l’offerta dell’uovo, e tomba certosa 385, entrambe con ricco corredo vascolare d’importazione

fig. 8. stele n. i.

e databili tra la fine del vi e il secondo quarto del v secolo (A. Zannoni, Gli scavi della Certosa di Bologna, Bologna 1876-1884, pp. 397 e 402) ; tomba Arnoaldi 121, tra l’altro con offerta di uovo e con corona aurea, di cui si dirà più avanti (Macellari, Il sepolcreto etrusco, cit. a nota 22, p. 278.13 )

56 u. Kron, Sickles in Greek Sanctuaries : Votives and Cultic Instru-ments, in Ancient Greek Cult Practice from the Archaeological Evidence (proceedings of the fourth international seminar on Ancient Greek cult, 1993), stockholm, 1998, pp. 187-215.

57 M. G. Bertani, Il “banchetto dei morti” in Etruria padana ix-iv sec. a.C. : risorse del territorio e alimentazione nelle testimonianze funerarie, in Agricoltura e commerci nell’Italia antica («Atlante tematico di topografia antica », i suppl.), 1995, p. 59. per il sacrificio ctonio dei maialini si veda sfameni Gasparro, Misteri, cit. a nota 35, pp. 264-274.

58 f. Berti, c. cornelio cassai, p. desantis, s. sani (a cura di), La coroplastica di Spina. Immagini di culto, catalogo della mostra, ferrara, 1987.

59 e. Hostetter, Bronzes from Spina, i, Mainz am rhein, 1986, p. 99, n. 68 (cimasa con gallo) con confronti nei candelabri di Bologna. per il gallo attributo della dea, sourvinou-inwood, Persephone, cit. a nota 48, p. 108. per l’ipotesi sul candelabro della « tomba grande » dei Giardini Margherita G. A. Mansuelli, in Mostra dell’Etruria padana e della città di Spina, catalogo della mostra, Bologna, 1960, Bologna, 1960, pp. 155-156 n. 542.

60 c. Morigi Govi, G. sassatelli, Il sepolcreto, cit. a nota 13, p. 112-114.

61 r. lindner, in limc iv, 1988, s.v. Hades, nn. 121, 147 e 148. signi-ficativi confronti sia per l’iconografia di Ade seduto, sia per la tipologia

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elisabetta govi462

delle stele felsinee, nel complesso si adatta con difficol-tà all’immagine del defunto, solitamente seduto su un dyphros o su un trono con spalliera ricurva. Qui il trono, per quel che è dato vedere, è molto più simile ad un alta-re, di cui riproduce esattamente le modanature, ma una spalliera diritta sembra riconoscibile dietro la schiena della figura seduta. inoltre il personaggio che gli sta di fronte, purtroppo assai mutilo, sorregge un bastone che all’estremità ha tre foglie d’edera e due corimbi, assimi-labile ad un tirso o ad un vero e proprio ramo di edera.

Viene dunque da domandarsi in via del tutto congetturale se su questa ste-le il defunto potesse essere raffigurato, al cospetto di Ade, munito dell’attri-buto dionisiaco che lo qualifica come seguace di dioniso e che rappresenta una sorta di lascia-passare e di garan-zia di un destino ultraterreno. 62 Ma questa ipotesi va molto al di là delle possibilità di esegesi offerte dalle stele felsinee, sulle quali il riferimento al-la dimensione escatologica, come già sottolineato, non è mai esplicito ed è sempre mediato dalla metafora.

una forma di religiosità misterica a sfondo salvifico è stata esplicitamente richiamata per l’offerta funeraria di uova, assai frequente in area padana, 63 così come per la deposizione in tomba di corone auree riproducenti rami di alloro/ulivo, 64 gli stessi che, come si è visto, ricorrono nelle cornici di al-cune stele e sono impugnati da figure che campeggiano su piccole stele del tardo v secolo 65 (fig. 9). la pianta, il cui uso in ambito funerario è noto per le proprietà catartiche e magiche che la ricollegano ad Apollo, 66 potrebbe acquistare sulle stele un forte valore allusivo ad una religione misterica, un’associazione che puntualmente si riscontra nelle tombe di mystai de-corate con fregi di alloro. 67 d’altra parte alla sfera specificamente orfica rimandano espressamente anche due vasi attici deposti in tombe bolognesi

e decorati con il tema della nascita di elena dall’uovo, l’uno, e con l’immagine dello stesso orfeo, l’altro, 68 quest’ultimo tra l’altro utilizzato come cinerario ed uni-co elemento del corredo assieme a due fibule. la pras-si funeraria dell’incinerazione in cratere attico priva di corredo, ampiamente documentata sia in etruria che in Magna Grecia tra la fine del vi e il v secolo, ha ricevu-to molta attenzione da parte della critica 69 che non ha mancato di sottolinearne i legami con un credo religioso di natura iniziatica. 70 A Bologna essa ha una discreta attestazione a partire dal secondo quarto del v secolo, 71

dell’altare si riscontrano nella ceramografia chiusina sovradipinta di v se-colo, sottoposta di recente ad una lettura proprio in chiave escatologica (M. Bonamici, Scene di viaggio all’aldilà nella ceramografia chiusina, in Pittura parietale, pittura vascolare. Ricerche in corso tra Etruria e Cam-pania, Atti della Giornata di studio, santa Maria capua Vetere, 2003, napoli, 2005, pp. 33-44 con bibliografia precedente). Questo parallelo, oltre a dimostrare l’inserimento delle stele felsinee in una diffusa tempe-rie culturale che nel v secolo trova espressione in una tradizione figurativa ben precisa, non fa che testimoniare ulteriormente un contatto tra questi due ambiti territoriali, come si è visto già evidenziato in passato proprio per la produzione scultorea dei segnacoli.

62 come nella ceramografia tarda, per la quale M. Bonamici, Portatori di tirso, in s. Bruni, t. caruso, M. Massa (a cura di), Archeologica Pisana. Scritti per Orlanda Pancrazi, pisa, 2004, pp. 17-21.

63 Bertani, Il banchetto, cit. a nota 57 ; c. Guarnieri, La presenza dell’uovo nelle sepolture di Spina (Valle Trebba) : un problema aperto, in Studi sulla necropoli di Spina in Valle Trebba, Atti del convegno, ferrara, 1992, ferrara, 1993, pp. 181-195 ; Macellari, Il sepolcreto etrusco, cit. a nota 22, p. 391. per il riferimento al credo orfico-pitagorico J. J. Bachofen, Il simbolismo funerario degli antichi, napoli, 1989, in particolare pp. 97-117 ; Bottini, Archeologia della salvezza, cit. a nota 30, p. 64 ; p. G. Guzzo, Il corvo e l’uovo. Un’ipotesi sciamanica, « BdA », lxxvi, s. vi, 1991, pp. 123-128.

64 A. coen, Corona etrusca, Viterbo, 1999 (otto attestazioni in tombe etrusco-padane, la metà delle quali a Bologna), in particolare pp. 220-226.

65 stele nn. 117, 51 (Macellari, Il sepolcreto etrusco, cit. a nota 22, p. 92. e, tav. 60 e p. 211. b, tav. 133) e 186 (ducati, Le pietre, cit. a nota 1,

fig. 9. stele n. 51.

c. 452). la stele n. 117 oltre tutto ha la cornice decorata con un tralcio di mirto/melograno.

66 Blech, Studien zum Kranz, cit. a nota 12, pp. 231-233. Ancor più stretto il legame tra il mirto, presente forse sulle stele 52, 63, 117, e i culti misterici (chirassi, Elementi di culture, cit. a nota 46, pp. 20-38 ; Blech, Studien zum Kranz, cit. a nota 12, p. 94).

67 Bottini, Archeologia della salvezza, cit. a nota 30, pp. 72-73 ; A. pontrandolfo, La pittura funeraria, in G. pugliese carrattelli (a cura di) Magna Grecia. Arte e artigianato, Milano, 1990, pp.363-366.

68 cratere attico a f.r. dalla tomba 104 del sepolcreto Arnoaldi (Ma-cellari, Il sepolcreto etrusco, cit. a nota 22, p. 219.1) ; cratere attico a f.r. del pittore di efesto dalla tomba 47 del sepolcreto della certosa (arv2, p. 1116, 35).

69 elenco delle attestazioni in c. reusser, Una tomba visentina nel Museo Archeologico di Chiusi. Considerazioni sulla fase arcaica di Bisenzio, « prospettiva », 70, 1993, pp. 75-86 ; Bruni, severini, Problemi sulle pre-senze etrusche, cit. a nota 26, pp. 572-574.

70 Bottini, Archeologia della salvezza, cit. a nota 30, p. 137 ; M. ren-deli, Rituali e immagini : gli stamnoi attici di Capua, « prospettiva », 72, 1993, pp. 12-14 ; A. pontrandolfo, Simposio e Élites Sociali nel Mondo Etrusco e Italico, in o. Murray, M. tecusan (edd.) In vino veritas, london, 1995, p. 192 ; M. Massa, Su un cratere del Pittore di Meleagro dal Padule di Bientina, in s. Bruni, t. caruso, M. Massa (a cura di), Archeologica Pisana. Scritti per Orlanda Pancrazi, pisa, 2004, pp. 278-287.

71 16 tombe nel sepolcreto della certosa, 15 nel sepolcreto de luca, 8 nel sepolcreto Arnoaldi, 4 nel sepolcreto dei Giardini Margherita, 2 nel sepolcreto Battistini e 1 in quello Aureli.

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rituale funerario nelle stele felsinee 463

pur rimanendo a percentuali bassissime se rapportate al totale delle sepolture per ogni sepolcreto. tra l’altro all’interno del sepolcreto della certosa le tombe ad in-cinerazione in cratere, spesso affiancate a coppia, sono circoscritte quasi esclusivamente al i gruppo di sepolcri, prefigurando quindi un’area prediletta per questo tipo di sepoltura. 72 si tratta dunque di un rituale che assume caratteri di eccezionalità, confermati dalla programma-tica selezione dei temi raffigurati sui crateri-cinerari, 73 temi fortemente allusivi ad una aspettativa di eroizza-zione e di salvezza : apoteosi di Herakles, thiasos dioni-siaco, ratto da parte di divinità, libagione alle divinità, ed in un caso, i dioscuri che, come è noto, sono presenti anche sulla stele 138 74 offrendo quindi un altro signifi-cativo esempio di coerente condivisione ideologica tra monumenti funerari e vasi attici inseriti nel corredo. nonostante la forte suggestione offerta da queste sepol-ture, resta comunque assai problematico decodificare con chiarezza il messaggio espresso sempre in forma in-diretta dal rituale funerario ed in definitiva distinguere la tomba un iniziato da quella di chi professa un credo religioso a sfondo salvifico.

la diffusione in etruria di culti misterici dal risvolto funerario è ormai accertata almeno a partire dalla fine del vi sec. a.c. 75 il quadro che si è cercato di delineare sembra dimostrare che anche l’etruria padana, grazie ai contatti certamente diretti con il mondo ellenico, par-tecipa di questa nuova temperie culturale, 76 che non a caso trova divulgazione in una fase di grandi mutamenti sul piano sociale e politico con riflessi anche sulla sfera

72 Anche nella necropoli di fratte le tombe con questo preciso rituale appartengono « a un gruppo di individui sepolti in una stessa area come a comporre un gruppo ben distinto dagli altri … » (pontrandolfo, Simpo-sio e Élites, cit. a nota precedente, p. 192). suggestivo è allora il richiamo alla nota iscrizione di cuma del 475 a.c. che testimonia l’esistenza di spazi sepolcrali destinati ai seguaci di dioniso (da ultimo, f. Graf, I culti misterici, in Il rito segreto. Misteri in Grecia e a Roma, catalogo della Mos-tra, roma 2005-2006, roma 2005, p. 23).

73 tutto da indagare è il problema della fonte di tale selezione, che ve-rosimilmente si svolgeva a Bologna, ma presupponendo una preliminare scelta di temi e di vasi già nell’emporio di spina, se non si vuole pensare ad un fenomeno di richiesta da parte della committenza bolognese diretta ai produttori attici, secondo un sistema di commercio delegato, già inda-gato per l’etruria padana sotto altri punti di vista (e. Govi, Le ceramiche attiche a vernice nera di Bologna, imola, 1999, pp. 162-169).

74 sassatelli, Rappresentazioni di giochi, cit. a nota 10, pp. 49-51 ; co-lonna, Il dokanon, cit. a nota 41, p. 180.

religiosa. se l’analisi condotta coglie nel vero, le stele felsinee mostrano quanto questa ideologia funeraria sia diffusa, specie nei livelli più elevati della comunità civi-ca, perché la prospettiva di salvezza nel segno di dio-niso trova espressione, pur sempre mediata, nei monu-menti più colti e più curati da un punto di vista formale e stilistico, a conferma dell’apertura della classe al verti-ce del potere che le commissiona e che nella adesione a forme ideologiche fortemente ellenizzanti riconosce una qualifica in senso culturale. Ma la fede escatologica non ha una connotazione esclusivamente aristocratica ed anzi le stele più modeste con celati riferimenti ai culti misterici, che si è creduto di riconoscere, testimoniano quanto in realtà il fenomeno sia stratificato nella Bolo-gna di v sec. a.c.

potrebbe destare qualche perplessità la destinazione pubblica che questi monumenti, espressione di una par-ticolare fede religiosa, hanno in quanto semata tombali, mentre in etruria tirrenica (e in Magna Grecia) ogni ri-ferimento alla religiosità di tipo misterico è relegata in un ambito strettamente privato, vale a dire all’interno della tomba dove è resa tramite pittura parietale o vascolare. Ma ciò può dipendere dal fatto che in etruria padana, ove sono completamente assenti sia una tradizione cera-mografica che la tomba a camera dipinta, la stele in pie-tra è l’unica forma di linguaggio figurativo attraverso il quale rendere l’individualità di pensiero, che in questo caso specifico trova un’espressione molto celata, peral-tro su stele molto piccole e poco visibili, che si avvale di un codice iniziatico, certamente non chiaro a tutti.

75 si veda nota 41, cui si aggiungano i recenti contributi di f. H. Mas-sa-pairault, La tombe des lionnes à Tarquinia, « stetr », lxiv, 2001, pp.43-70 ; Bonamici, Portatori di tirso, cit. a nota 62.

76 tutta da indagare è la prospettiva di una diffusione anche nel Ve-neto di forme di religiosità misteriche, la cui attestazione è prudenzial-mente supposta sulla base della ricorrenza del termine mustai su un ciot-tolone patavino e sulla base della forma stessa dei ciottoloni equiparabili all’uovo (A. Marinetti, Venetico 1976-1996. Acquisizioni e prospettive, in Protostoria e storia del “Venetorum angulus”, Atti del xx convegno di studi etruschi e italici, portogruaro-Quarto d’Altino-este-Adria, 1996, pisa-roma, 1999, p. 399). se l’ipotesi non stupisce nel quadro più ampio della divulgazione in Veneto, senza dubbio con la mediazione etrusco-pa-dana, di fenomeni culturali e religiosi, lascia ben più di una perplessità la provenienza da abitato di alcuni esemplari e soprattutto la perifericità del contesto che, come è noto, risulta altamente selettivo e refrattario a certe consuetudini fortemente ellenizzanti.

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composto in carattere imprint monotype dallaaccademia editoriale , p i sa · roma.

stampato e r ilegato nellatipografia di agnano, agnano p i sano (p i sa) .

*Maggio 2009

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