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Contratto e Impresa Europa-CEDAM-Mobilità transnazionale e stabilimento delle società nell'odierno...

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PUBBLICAZIONE SEMESTRALE ANNO XX N. 1 GENNAIO - GIUGNO 2015 Contratto e impresa / Europa Tariffa R.O.C Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. I, comma I, DCB Milano ISSN 1127-2872 Rivista fondata da F. Galgano e M. Bin diretta da M. Bin e G. Ajani Contratto di assicurazione: verso un diritto europeo? Comunicazioni elettroniche nei contratti internazionali Vendita internazionale: CISG e arbitrato; CISG e progetto di regolamento UE sulla vendita Circolazione del software Contratto: spedizione/trasporto; credito al consumo Insolvenza transfrontaliera Mobilità transnazionale e stabilimento delle società Controllo delle concentrazioni nell’Unione europea Danno da pratiche anticoncorrenziali e nuova direttiva UE Responsabilità civile del service provider Privacy: diritto all’oblio; dimensione “collettiva” della tutela; privacy by design Successioni: certificato successorio europeo Aspettative delle parti e diritto internazionale privato 2015 www.edicolaprofessionale.com/CIE
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PUBBLICAZIONE SEMESTRALE ANNO XX

N. 1 GENNAIO - GIUGNO 2015

Contratto e impresa / Europa

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Contratto e impresa / Europa è uno strumento di ana-lisi critica e di informazione selettiva sulla progressiva creazione di un diritto civile e commerciale europeo.

Punto di riferimento privilegiato resta – in continuità con la rivista Contratto e impresa – il diritto priva-to comune, ma il campo di osservazione si allarga all’Europa: l’attenzione è principalmente rivolta all’e-voluzione del diritto comunitario e alla sua attuazio-ne in Italia, alle esperienze legislative e giurispru-denziali, nonché alle prassi contrattuali, dei diversi Paesi europei, che confluiscono nella costruzione di un mercato unico.

Sullo sfondo si colloca la cultura giuridica europea, che sollecita una ricerca delle sue radici comuni ed una analisi dei suoi elementi di differenziazione, ter-reno sul quale si misura l’opera di armonizzazione del diritto privato in Europa.

Ne curano la direzione Marino Bin e Gianmaria Ajani (direttori), con Guido Alpa, Paolo Auteri, Aldo Berlin-guer, Fabio Bortolotti, Franco Ferrari, Paolo Mengoz-zi, Bruno Nascimbene, Alberto Santa Maria, Giusep-pe Sbisà, Antonio Tizzano (comitato di direzione).

Segreteria di redazione: Ilaria Riva (capo-redattore).

Redazione italiana: Ermenegildo Mario Appiano, Roberto Calvo, Alessandro Ciatti, Lucia Delogu, Luciano Di Via, Paolo Fergola, Edoardo Ferrante, Andrea Fusaro, Paolo Gaggero, Paola Gelato, Enri-co Gentile, Claudio Ghigi, Paolo Lombardi, Valentina Maglio, Paola Manes, Alessandro Mantelero, Paolo Martinello, Cristina Martinetti, Pieralberto Mengozzi, Donato Nitti, Daniela Pappadà, Rossana Pennazio, Monica Togliatto, Fabio Toriello, Marco Venturello.

Redazione di Amburgo: diretta da Jürgen Basedow.

Redazione di Bruxelles: diretta da Aldo Berlinguer.

Redazione di Madrid: diretta da Manuel Ignacio Fe-liu Rey.

Redazione di Münster: diretta da Reiner Schulze.

Redazione di Oxford: diretta da Stefan Vogenauer.

Redazione di Parigi: diretta da Fabrizio Marrella.

All’opera di preventiva revisione, con il metodo della peer review, degli scritti destinati alla pubblicazione provvede un apposito comitato di revisione, formato da professori italiani e stranieri.

Direzione e redazione italiana hanno sede in Via Susa n. 31 - 10138 Torino (tel. 011/4330533 - fax 011/4330518 - E-mail: [email protected] - http://www.contrattoeimpresa.it).

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2015

ISSN 1127-2872

Rivista fondata da F. Galgano e M. Bin

diretta da M. Bin e G. Ajani

• Contratto di assicurazione: verso un diritto europeo?• Comunicazioni elettroniche nei contratti internazionali• Vendita internazionale: CISG e arbitrato;

CISG e progetto di regolamento UE sulla vendita• Circolazione del software• Contratto: spedizione/trasporto;

credito al consumo• Insolvenza transfrontaliera• Mobilità transnazionale e stabilimento delle società• Controllo delle concentrazioni nell’Unione europea• Danno da pratiche anticoncorrenziali e nuova direttiva UE• Responsabilità civile del service provider• Privacy: diritto all’oblio;

dimensione “collettiva” della tutela; privacy by design

• Successioni: certificato successorio europeo• Aspettative delle parti e diritto internazionale privato

2015

www.edicolaprofessionale.com/CIE

PANTONE 2935 C - PANTONE 2757 C

SACHA BALSAMO TAGNANI

Mobilità transnazionale e stabilimento delle societànell’odierno mercato unico europeo

Sommario: 1. Introduzione: ripartire da dove ci si è fermati. – 2. Il trasferimento della sedesociale: il problema della lex societatis in Europa. – 3. Il Mercato unico europeo: i van-taggi per le imprese. – 4. Il TFUE sulla libertà di stabilimento delle società. – 5 (segue)L’attuazione della libertà di stabilimento delle società dopo l’abrogazione dell’art. 293TCE. – 6. La lex societatis nel diritto internazionale privato italiano: questioni di compa-tibilità. – 7. Recenti interventi della Commissione europea in tema di armonizzazionedel diritto societario europeo. – 8. La libertà di stabilimento delle società nell’opera in-terpretativa della Corte di giustizia europea: le pseudo foreign companies. – 9. Conclusio-ni: possibili prospettive per il futuro. – 10. (segue) Il trasferimento di sede e la « concor-renza fra ordinamenti »: il caso Fiat (FCA).

1. – Il diritto di stabilimento delle società rappresenta una delle libertàfondamentali sancite dal TFUE e, ad oggi, una delle questioni più delicateper la mobilità delle imprese all’interno del Mercato unico europeo.

L’internazionalizzazione dell’attività d’impresa ha reso necessario l’av-vio, su iniziativa delle istituzioni europee, di un programma di armonizza-zione volto al ravvicinamento delle singole legislazioni degli Stati membri,in un diritto, quello societario, a forte vocazione nazionale. Sin dall’inizio,il Parlamento europeo e il Consiglio hanno inteso limitare le diversità piùevidenti esistenti nei diversi ordinamenti, in modo tale da garantire un qua-dro omogeneo del diritto societario. Realizzato il livello minimo di armoniz-zazione, gli organi preposti hanno dato il via ad un ulteriore fase di unifor-mazione del diritto societario europeo, mediante la predisposizione di nuo-vi modelli societari in larga parte regolati da fonti di rango sovrannazionale.

Attualmente, il diritto di stabilimento delle società nel Mercato unicoeuropeo è un fenomeno giuridico che presenta diverse criticità sotto sva-riati aspetti: in primo luogo, si rileva il mancato completamento del proces-so di armonizzazione il quale è rimasto fermo alla proposta di quattordice-sima direttiva, in tema di trasferimento transnazionale della sede sociale,risalente, nell’ultima versione, al dicembre 2007. Non di grado inferiore so-no le conseguenze discese dal completamento solo parziale del program-ma di uniformazione del diritto societario europeo che, come noto, è bloc-cato alla mancata approvazione del Regolamento disciplinante lo statutodella Società Privata Europea e del Regolamento sullo statuto della Fonda-zione Europea.

Si evidenzia, inoltre, la mancata previsione nel TFUE di una disposi-zione ad hoc che indichi la lex societatis applicabile alle società caratterizza-te da elementi di estraneità; questa lacuna normativa ha determinato l’in-sorgere di una serie di problematiche concernenti la mobilità e il riconosci-mento delle società transazionali.

Da ultimo, si rileva un atteggiamento per lo più di insofferenza degliStati membri riguardo al godimento da parte delle società (immigranti oemigranti) del diritto di stabilimento; tali condotte hanno determinato unaserie di gravi violazioni al divieto previsto dal TFUE. A fronte di questiabusi la Corte ha in più occasioni sancito l’illegittimità degli ordinamentigiuridici dei paesi membri che prevedevano restrizioni in « entrata » o in« uscita » ovvero forme di discriminazione allo stabilimento delle società.

Il presente lavoro, dando conto delle diverse posizioni assunte dalladottrina e dalla giurisprudenza, mira ad approfondire le possibili prospetti-ve sul futuro della libertà di stabilimento delle società che operano nell’at-tuale Mercato unico europeo, partendo da dove ci si è fermati. Nel prose-guo verranno trattati, rispettando un certo ordine logico, i seguenti argo-menti: nella prima parte ci si concentrerà sulle questioni sottese alla lex so-

cietatis applicabile alle società in seguito al trasferimento della sede sociale(tenendo bene a mente della contrapposizione esistente tra i diversi ordi-namenti degli Stati membri fra teoria della sede e dell’incorporazione);successivamente lo studio verterà sul ruolo delle società all’interno delMercato unico europeo (in particolar modo verranno indicati quelli che adoggi risultano essere i vantaggi e gli svantaggi per le imprese che svolgonola propria attività economica nel Mercato unico); nei paragrafi successivi sidarà conto della disciplina prevista dal TFUE in merito alla libertà di stabi-limento, con particolare attenzione alla sua attuazione in virtù del falli-mento (e successiva abrogazione) dell’art. 293 del TCE; nella parte centraleverranno analizzati i problemi di compatibilità tra l’art. 25 della legge n. 218del 1995 e il combinato disposto degli artt. 49 e 54 del TFUE; si proseguiràcon la disamina di quelli che risultano essere alla data attuale i più recenti erilevanti interventi della Commissione europea in tema di armonizzazionesocietaria; in conclusione verranno indicate le posizioni assunte dalla Cor-te di giustizia dell’Unione europea (Daily Mail, Centros, Uberseering, Inspi-re Art e Cartesio) in riferimento alla compatibilità delle legislazioni nazio-nali degli Stati membri con il combinato disposto degli artt. 49 e 54 delTFUE (con particolare riferimento alla legittimazione delle pseudo foreign

companies).

2. – Le disposizioni del TFUE sullo stabilimento delle società risulta-no alquanto scarne, si limitano soltanto alle norme previste dagli artt. 49 e54 del Trattato. Per le società che operano cross-border il Trattato di Lisbo-

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na non prevede nessuna disposizione che affronti espressamente la temati-ca del trasferimento della sede sociale ovvero dell’individuazione della lex

societatis nel caso di trasferimento della sede. Solo il TCE prevedeva al-l’art. 293 (1) una disposizione in tal senso. Il TFUE attribuisce alle istituzio-ni europee, per la realizzazione della libertà di stabilimento in una determi-nata attività, il potere di deliberare, mediante direttive, secondo la proce-dura legislativa ordinaria (2) prevista dall’art. 50 del TFUE.

Nel 1997 la Commissione europea ha presentato una proposta (3) di di-rettiva che aveva lo scopo di « rendere effettivo il diritto di stabilimentodelle società in Europa consentendo ad esse di trasferire la propria sede sta-tutaria da uno Stato membro all’altro mantenendo la personalità giuridica,al fine ultimo di rendere possibile la mobilità delle società in Europa ». Lanovità della proposta riguardava la facoltà riconosciuta alle società di potermantenere la propria personalità giuridica a seguito del trasferimento dellasede sociale. Nel 2004, a seguito del fallimento di questa prima proposta, laCommissione ha avviato una serie di consultazioni pubbliche sul progettodi direttiva senza arrivare ad una proposta definitiva in tal senso.

Gli organismi europei hanno in parte sopperito alla mancata approva-zione della direttiva sul trasferimento della sede sociale con l’introduzionedi nuovi modelli sovrannazionali, quali la Società Europea e la SocietàCooperativa Europea, che garantiscono alle società il diritto di liberamentetrasferire la sede sociale senza che ciò comporti lo scioglimento della socie-tà medesima e la costituzione di una nuova persona giuridica.

In verità, se da una parte il TFUE garantisce « formalmente » a tutte lesocietà, senza nessuna discriminazione, il diritto di potersi liberamente sta-bilire in un altro Stato membro (a seguito del trasferimento della sede prin-cipale o secondaria), non pochi sono stati nella « sostanza » i comporta-menti discriminatori attuati da parte dei paesi membri nei confronti dellesocietà cross border. Per esempio, con le forme di discriminazione direttagli Stati destinatari dello stabilimento impediscono l’operatività sul proprio

(1) Il Trattato sull’Unione europea, GUUE C231 E/1 del 29 dicembre 2006, all’art. 293(abrogato da Lisbona), recitava: « Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra,negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini: @...# il reciproco riconoscimento dellesocietà a mente dell’art. 48, comma 2, il mantenimento della personalità giuridica in caso ditrasferimento della sede da un paese all’altro e la possibilità di fusione di società soggette a le-gislazioni nazionali diverse @...# ».

(2) L’art. 50 del TFUE, comma 2, lett. g), indica la fonte giuridica con la quale il Parla-mento europeo e il Consiglio hanno predisposto un programma di armonizzazione del dirit-to societario europeo.

(3) Si tratta della proposta di quattordicesima direttiva sul trasferimento della sede so-ciale risalente al 1997.

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territorio di agenzie e succursali da parte di società provenienti da altri pae-si ovvero impongono a tali società l’onere di ricostituirsi secondo la proprialex societatis. Nelle forme di discriminazione indiretta, diversamente, gliStati membri non impediscono tout court l’installazione di sedi primarie osecondarie da parte di società provenenti da altri paesi membri, ma richie-dono condizioni che rendono più gravoso lo stabilimento, imponendo lasussistenza di altri requisiti, quali, ad esempio, quello della residenza (4)nel territorio nazionale.

La Corte di giustizia, più volte chiamata a rispondere in merito allacompatibilità delle legislazioni nazionali rispetto alle norme sulla libertà distabilimento, ha in diverse occasioni proclamato l’illegittimità di quelle di-scipline nazionali che risultavano in totale antinomia con il diritto europeodi stabilimento.

Una delle problematiche più evidenti derivanti dalla mancanza di rife-rimenti normativi per la regolamentazione delle società che operano a li-vello transnazionale – questione in larga parte superata e risolta dalla giuri-sprudenza europea con le sentenze Centros e Uberseering (5) – riguarda l’in-dividuazione di quale legge applicare a tali società. Il TFUE, anche in que-sto caso, tace sull’individuazione di quale sia il criterio di collegamento didiritto internazionale privato da doversi adottare per regolare tali enti, la-sciando ampia libertà di scelta agli Stati membri.

In riferimento al problema della determinazione della lex societatis, èinteressante notare come nel sistema di diritto internazionale privato ita-liano (6) l’art. 25 (7) della l. n. 218 del 1995 limita concretamente il diritto di

(4) Cfr., L. Daniele, Diritto del Mercato unico europeo: cittadinanza, libertà di circolazio-

ne, concorrenza, aiuti di Stato, 2a ed., Milano, 2012. In riferimento alla sentenza, 17 novembre1992, causa C-279/89, Commissione c. Regno Unito, oggetto del contendere fu una legge in-glese la quale disponeva, come condizione, per ottenere licenze di pesca che almeno il 75%dei membri degli equipaggi dei pescherecci risiedessero all’interno del territorio inglese. Talelegge fu interpretata dai giudici lussemburghesi in totale antinomia con il dettato dell’art. 43del TCE (oggi 49 del TFUE), il quale vieta ogni restrizione alla libertà di stabilimento, edinoltre richiede allo Stato di destinazione di riservare ai cittadini di altri Stati membri lo stes-so trattamento previsto per i propri cittadini, vietando di fatto qualunque forma di discrimi-nazione fondata sulla nazionalità o sulla residenza.

(5) V. infra, paragrafo 7.(6) V. infra, paragrafo 5.(7) Secondo dottrina (v., P. Mengozzi, La riforma del diritto internazionale privato, Na-

poli, 1996; S.M. Carbone e P. Ivaldi, Lezioni del diritto internazionale privato, Padova, 2000;v., P. Pierlingieri, Diritto internazionale privato, Manuale di diritto civile, Napoli, 2007) la se-conda parte del comma 1 dell’art. 25, la quale recita che: « Si applica, tuttavia la legge italianase la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto princi-pale di tali enti », si deve ritenere implicitamente abrogata, così come la disposizione conte-

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stabilimento delle società europee che trasferiscono in Italia la sede del-l’amministrazione, ordinando l’applicazione della legge italiana, e non diquella prevista dallo Stato di costituzione della società. Tale norma (rispet-tivamente al comma 1 – seconda parte – e al comma 3) è incompatibile conla recente giurisprudenza (8) della Corte di giustizia che ha indicato, qualeprincipale (9) criterio di collegamento per il riconoscimento delle societàstraniere la teoria dell’incorporazione.

Come è noto, nei vari ordinamenti giuridici degli Stati membri sonoprevisti due differenti criteri per la determinazione della legge regolatricedelle società straniere. Si rileva in tal senso che la teoria dell’incorporazio-ne (law of incorporation) è l’unica che garantisce la continuità delle societàdopo il trasferimento della sede sociale in un diverso paese membro del-l’Unione; secondo tale sistema, infatti, in caso di trasferimento all’esterodella sede sociale si applica alle società la legge del luogo di costituzione enon, come previsto dalla teoria della sede effettiva, la legge del luogo in cuila società ha stabilito la propria sede reale. In altri termini, in uno Stato cheaderisce alla teoria dell’incorporazione non si riscontrano problemi giuridi-ci connessi al trasferimento della sede sociale, di una società costituita alsuo interno, in un altro Stato membro. La motivazione risiede nel fatto chela società continuerà ad essere sottoposta alla legge dello Stato di costitu-zione anche dopo il trasferimento, senza per questo doversi sciogliere e ri-costituire secondo la legge dello Stato di destinazione.

Invero, problemi giuridici maggiori discendono dalla pura applicazio-ne della teoria della sede reale (Sitztheorie). Nei paesi europei che aderisco-no a questo criterio di collegamento per il riconoscimento delle societàstraniere si esclude la « continuità giuridica » della società (sia immigranteche emigrante) a seguito del trasferimento all’estero della sede societaria.

nuta nell’art. 25, comma 3, dove si stabilisce che: « I trasferimenti della sede statutaria in altroStato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essereconformemente alle leggi di detti Stati interessati », in quanto sia che la società straniera ab-bia la sede dell’amministrazione in Italia, sia nel caso di trasferimento della sede in un altroStato, o di fusione transfrontaliera, troverebbe applicazione la legge dello Stato di provenien-za dell’ente.

(8) Su tutte si veda la pronuncia della Corte di giustizia nel caso Uberseering.(9) V. Sentenza della Corte nel caso Uberseering dove i giudici europei prendono posi-

zione sulla compatibilità della teoria della sede reale con la libertà di stabilimento delle socie-tà. Dall’interpretazione ne deriva un indebolimento della teoria della sede; non è un caso chedopo Uberseering l’ordinamento tedesco abbia introdotto una proposta di legge relativa al di-ritto internazionale privato delle società che privilegia la teoria dell’incorporazione (per unaanalisi ulteriore, v. P. Kindler, Libertà di stabilimento e diritto internazionale privato delle so-

cietà, Nuovi strumenti del diritto internazionale privato, 2009, pp. 549-568).

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In base a questo criterio, la società che decide di trasferire all’estero la pro-pria sede reale (10), per poter essere riconosciuta nel nuovo Stato, dovràsciogliersi e ricostituirsi ex novo secondo le leggi dello Stato di destinazio-ne. Tanto vale anche per le società straniere che intendano trasferire la pro-pria sede nello Stato che applica la teoria della sede reale; queste società,per continuare la propria « esistenza giuridica », dovranno sciogliersi e rico-stituirsi secondo la legge dello Stato di destinazione.

3. – Stando a quanto previsto in seno ai trattati europei il Mercato uni-co europeo viene definito come quello « spazio senza frontiere interne, nelquale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei ser-vizi e dei capitali » (11). Il Mercato unico può essere anche inteso come la« fusione dei mercati nazionali degli Stati membri in uno spazio economi-co integrato nel quale i fattori di produzione trovino allocazione in base al-le leggi della domanda e dell’offerta in condizioni il più possibile simili aquelle di un vero mercato interno »; tale mercato si differenzia da quellonazionale « per la particolarità di interessare più Stati sovrani e di esserequindi governato da una pluralità di fonti, tutte aventi tendenzialmente pa-ri valore » (12).

Le società che esercitano la loro attività economica al di fuori dei con-fini nazionali trovano nel Mercato unico europeo il luogo ideale dove pos-sono beneficiare di innumerevoli privilegi, sia sotto il profilo economicoche fiscale. Se da un lato, infatti, le imprese di grandi dimensioni godono dienormi economie di scala; dall’altro, le imprese di piccole e medie dimen-sioni possono incrementare le proprie esportazioni in mercati diversi a cuinon avrebbero potuto accedere. I vantaggi per le imprese non si limitanosolo agli aspetti puramente economici ma riguardano anche altri aspetti,quali, per esempio: quelli concernenti l’abbassamento dei costi per la costi-tuzione di una società (negli ultimi 15 anni il costo medio per la costituzio-ni di una società è sceso da 813 euro nel 2002 a 554 euro nel 2007); oppure,quelli che riguardano i tempi per le pratiche amministrative richieste per laregistrazione delle società (il tempo per le pratiche amministrative per la

(10) In base alla teoria della sede si deve applicare la legge del luogo in cui la società ha lapropria sede reale o effettiva (intesa come centro di impulso delle attività volitive e direttive).È quindi necessario un legame (giuridico) tra società e territorio dello Stato.

(11) Art. 14 del Trattato Ce che si riferisce espressamente alla definizione di « Mercatocomune » introdotta dall’art. 8-A dell’Atto Unico Europeo firmato il 17 febbraio 1986 ed en-trato in vigore il 1° luglio 1987.

(12) Benedettelli, Diritto internazionale privato delle società e ordinamento comunitario,in Diritto internazionale privato e diritto comunitario, a cura di Picone, Padova, 2004, p. 217.

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registrazione di una società è stato abbassato da 24 giorni nel 2002 a 12 gior-ni oggi) (13).

Il Mercato unico europeo ha anche garantito alle imprese un miglioraccesso a nuove forme di finanziamento e contrattazione. Nel primo caso,le società europee hanno beneficiato di importanti finanziamenti i qualisono stati investiti in attività di interesse generale; per quanto concerne laconclusione dei contratti transnazionali, invece, le società hanno ottenutola possibilità di concludere più facilmente contratti di appalto a condizionipiù facilitate (14) e meno onerose di quelle nazionali.

Nella Comunicazione della Commissione del 2010, indirizzata al Con-siglio, intitolata « Atto per il mercato unico europeo: dodici leve per stimo-lare la crescita e rafforzare la fiducia – insieme per una nuova crescita » (15),sono state indicate « dodici leve » (16) per stimolare lo sviluppo odierno delMercato unico. La « prima leva », intitolata « accesso al finanziamento perle piccole e medie imprese », prevede una legislazione adeguata a garantirela possibilità che i fondi di venture capital stabiliti in uno Stato membro sia-no investiti in qualunque altro Stato membro senza che si presentino pos-sibili ostacoli (17). La « leva numero otto », dedicata « all’imprenditoria so-ciale », introduce una legislazione mirante a creare un quadro europeo chegarantisca lo sviluppo dei fondi di investimento solidale, per amplificarel’effetto delle iniziative nazionali aprendo a questi fondi le opportunità delmercato unico (18). Infine, l’« undicesima leva », rubricata « quadro norma-tivo per le imprese », tende a semplificare il quadro delle direttive, già in vi-gore, regolanti i principi contabili per quanto riguarda gli obblighi in mate-ria di informativa finanziaria e riduzione degli oneri amministrativi, in par-ticolare di quelli che gravano sulle piccole e medie imprese (19).

Da ultimo, giova ricordare che, ai fini della realizzazione di questo« spazio economico integrato », cruciale è stato il ruolo esercitato dalla giu-risprudenza della Corte di giustizia europea, la quale in più occasioni ha di-chiarato che « gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione dellemerci, delle persone, dei servizi, e dei capitali sono norme fondamentaliper la Comunità ed è vietato qualsiasi ostacolo, anche di minor importanza

(13) Dati tratti dal documento: Un Mercato unico europeo per tutti, consultabile all’indi-rizzo http://ec.europa.eu/italia/.

(14) Ibidem.(15) L. Daniele, op. cit., p. 2.(16) Per ragioni di sinteticità si scriverà solo degli argomenti che si rivolgono specificata-

mente all’impresa.(17) L. Daniele, op. cit., p. 17.(18) Ibidem.(19) Ivi, p. 18.

SAGGI 291

a dette libertà » (20). Per quanto concerne il ruolo delle società all’internodel Mercato unico sempre gli stessi giudici europei hanno chiarito che loscopo principale dei Trattati è « fondere i mercati nazionali in un mercatounico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno. È impor-tante che i vantaggi di tale mercato siano garantiti, oltre che ai commer-cianti di professione, anche ai privati che si trovino ad intraprendere opera-zioni economiche oltre le frontiere nazionali » (21).

La Commissione europea a seguito di uno studio risalente al 2006 (22)ha riscontrato una serie di elementi svantaggiosi per le imprese che opera-no nel Mercato unico. Secondo questa indagine il Mercato interno vienepercepito come un mezzo che offre benefici solo alle imprese di più grandidimensioni, in quanto lo stesso sistema di norme è congeniato per favoriremaggiormente le società di capitali. Inoltre, è stato evidenziato il fatto chetra le stesse istituzioni europee vi sia poca attenzione alle esigenze avverti-te dalle imprese europee di piccole e medie dimensioni (ne è la riprova lamancata approvazione del Regolamento sullo statuto della SPE).

4. – Come si ricordava in precedenza, la libertà di stabilimento dellesocietà trova negli artt. 49 e 54 del TFUE la propria base giuridica. Il legisla-tore, al comma 1 dell’art. 49, non prevede alcuna definizione dello stabili-mento (diritto di); lo stesso si limita solo ad indicare un divieto generico direstrizione in capo agli Stati in favore delle imprese europee (23). La stessacosa vale per la seconda parte – comma 1 – dell’art. 49, ove il Trattato si li-mita ad estendere il divieto alle sole ipotesi di apertura di filiali, succursali eagenzie, da parte di cittadini europei (24). Soltanto al comma 2 il legislatorefornisce una definizione di stabilimento, ovvero, « la libertà di stabilimen-to importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la co-stituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi del-l’art. 54, comma 2 @...# ». L’ultima parte del comma 2 si riferisce, invece, al« principio del trattamento nazionale » il quale impone ad ogni Stato mem-bro di riservare ai cittadini provenienti da altri paesi europei lo stesso tratta-

(20) Corsica Ferries France, sentenza del 13 dicembre 1989, causa C-49/89, punto 8; Com-

missione c. Francia, sentenza del 15 febbraio 2000, causa C-169/98, punto 46.(21) Sentenza Schul del 5 maggio 1982, causa 15/81, Racc., 1982, p. 1409, punti 33-34.(22) http://ec.europa.eu/italia/, cit., p. 5.(23) Art. 49 TFUE, comma 1: « nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni

alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Sato membro nel territorio di un altro Statomembro vengono vietate ».

(24) Art. 49 TFUE, comma 1 – seconda parte: « tale divieto si estende altresì alle restri-zioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Statomembro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro ».

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mento previsto per i propri cittadini, vietando, pertanto, ogni discrimina-zione fondata sulla nazionalità (25). La libertà di stabilimento (26) vienequindi intesa dal legislatore europeo come diritto attribuito agli enti privatidi « costituire e gestire imprese, in particolare società ».

In ambito europeo sono previste due differenti modalità di eserciziodel diritto di stabilimento, si tratta dello stabilimento a titolo principale,che si manifesta attraverso la creazione o il trasferimento, in uno Statomembro diverso da quello di origine della sede sociale di una società.Quando, invece, si verifica, in uno Stato membro diverso da quello di origi-ne, l’apertura di agenzie, succursali, filiali o l’apertura di una sede seconda-ria ad opera di una società, in quel caso si tratta del cosiddetto stabilimentoa titolo secondario.

Nello stabilimento principale, quindi, l’ente ha diritto di trasferire ilcentro della propria attività in un diverso Stato membro, con la conseguen-za che tale attività cessa di essere svolta nel paese di origine. Nella secondaipotesi, invece, l’esercizio della libertà di stabilimento comporterà che ilbeneficiario continui a svolgere una parte (non necessariamente prevalen-te) dell’attività oggetto del diritto di stabilimento nel proprio paese di origi-ne, e l’altra parte in un diverso paese membro, mediante l’apertura di agen-zie, succursali e filiali.

Le società trovano espresso riconoscimento nell’art. 54 del TFUE, cheprevede, quale requisito inderogabile, che la società sia « costituita confor-memente alla legislazione di uno Stato membro e che abbia la sede sociale,l’amministrazione centrale o il centro dell’attività principale all’internodell’Unione ». In relazione a tale disposizione una società per godere dellostabilimento (primario e secondario) dovrà osservare i criteri di collega-mento appena descritti, ovvero avere la sede sociale, la sede amministrati-va o la sede dell’attività principale all’interno dell’Unione; è necessario,dunque, il legame con l’ordinamento europeo che, in questo caso, si pre-senta secondo una duplice forma: la costituzione si realizza secondo la leg-ge interna di uno Stato membro, mentre la localizzazione del centro di in-teressi avviene all’interno del territorio comunitario. Più precisamente, lo

(25) Si tratta del principio di non discriminazione, previsto dall’art. 18 del TFUE (ex art.12 del TCE), il quale recita: « nel campo di applicazione dei trattati @...#, è vietata ogni discri-minazione effettuata in base alla nazionalità ».

(26) Seguendo le interpretazioni fornite dalla dottrina si può ritenere che la libertà di sta-bilimento investe ogni forma di attività economica svolta in regime di non subordinazione inmodo permanente e completo, consentendo alle persone fisiche, stabilite in uno Stato mem-bro diverso da quello di provenienza, di svolgere la propria attività di lavoro autonomo (o dilibera professione), e alle imprese o società di stabilirsi ed esercitare la propria attività econo-mica presso lo Stato ospitante.

SAGGI 293

stabilimento delle società a titolo principale si concretizza mediante lo spo-stamento, in uno Stato membro diverso da quello di costituzione (27), dellasede principale o dell’amministrazione centrale, in cui la società in esito altrasferimento viene a svolgere completamente la propria attività. Lo stabi-limento a titolo secondario assicura alle società il diritto di procedere libe-ramente all’apertura di agenzie, succursali o filiali in uno Stato membro di-verso da quello di costituzione, mantenendo però la propria sede principa-le nello Stato di provenienza, in cui la società continua a svolgere parte del-la propria attività.

Quando si verifica un trasferimento all’estero della sede di una societàè previsto un « doppio vaglio » (28), cioè una duplice valutazione di legitti-mità da parte dello Stato di costituzione e da parte dello Stato di destina-zione della società. In un primo momento è lo Stato di costituzione dellasocietà che valuta la legittimità e l’efficacia del trasferimento in base allapropria lex societatis, nel caso di ammissibilità del trasferimento sarà lostesso Stato e regolare tempi, modi, ed effetti di tale trasferimento. Allostesso modo, anche lo Stato di destinazione del trasferimento della societàstraniera avrà il diritto, sempre in base alla propria lex societatis, di accon-sentire o meno alla legittimità del trasferimento; ne disciplinerà, quindi,termini, condizioni e conseguenze ai fini dell’ordinamento medesimo.

Il legislatore al comma 2 dell’art. 54 del TFUE ricomprende, quali so-cietà destinatarie dello stabilimento, quasi tutte le tipologie societarie; virientrano, infatti, « le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivicomprese le società cooperative, e le altre persone giuridicamente contem-plate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non siprefiggono scopo di lucro ». Dalla lettera della norma si deduce la volontàdel legislatore di includere nella nozione di società differenti modelli socie-tari, con la sola esclusione di quelle società che non si prefiggono uno sco-po lucrativo. Il legislatore, inoltre, estende lo stabilimento, oltre che alle« società di diritto civile e commerciale », anche alle « altre persone giuridi-camente contemplate dal diritto pubblico o privato »; seguendo pedisse-quamente questa disposizione si potrebbe concludere per l’esclusione del-

(27) Per Stato di costituzione di una società si intende lo Stato che ha riconosciuto legal-mente l’esistenza dell’ente collettivo e che ne ha disciplinato la costituzione, il funzionamen-to, l’organizzazione, lo scioglimento, e tutte le altre vicende societarie. Secondo un interpre-tazione abbastanza costante della Corte di giustizia dell’Ue le società sono « enti che hannonatura fittizia » (si veda la sentenza Daily Mail – 1988) e che esistono nel traffico giuridicounicamente perché un ordinamento giuridico (esclusivamente quello nazionale) ne discipli-na ogni aspetto.

(28) Cfr. Torino, Diritto di stabilimento delle società e trasferimento transnazionale della

sede, in Riv. dir. UE, 2011, p. 155.

294 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

le società prive di personalità giuridica. In verità questa soluzione apparenon condivisibile in quanto in alcuni ordinamenti giuridici europei la per-sonalità giuridica viene attribuita a tutte le società, diversamente che in al-tri dove viene concessa solo a determinate categorie di società (come in Ita-lia dove l’ordinamento giuridico attribuisce la personalità giuridica alle so-le società di capitali). Pertanto, stando alla prima posizione, si incorrerebbein una violazione del divieto di discriminazione in base alla nazionalità del-l’ente previsto dall’art. 18 del TFUE.

5. – Prima dell’entrata in vigore de TFUE, il Trattato di Roma preve-deva due differenti modalità di attuazione della libertà di stabilimento: laprima consisteva nella previsione di una « clausola di standstill » (29), nor-ma dotata di efficacia diretta, con la quale si vietava agli Stati membri di in-trodurre nuove restrizioni alla libertà di stabilimento; la seconda riguarda-va la previsione insita nell’art. 293 (30) del TCE, che prefigurava l’avvio dinegoziati tra gli Stati membri per la conclusione di accordi internazionali alfine di garantire il reciproco riconoscimento delle società, il mantenimentodella personalità giuridica in caso di trasferimento della sede e la possibilitàdi fusione fra società soggette a legislazioni nazionali differenti.

Tale previsione riguardava, dunque, l’impegno degli Stati membri aconcludere una serie di convenzioni, che, all’epoca del Trattato Cee, nonpotevano essere affidate alle istituzioni comunitarie. In quest’ottica, il 29febbraio 1968 veniva firmata la Convenzione di Bruxelles sul reciproco ri-conoscimento delle società e delle persone giuridiche che, come noto, nonè mai entrata in vigore per la mancata ratifica di parte olandese.

Ad ogni modo il fallimento dell’art. 293 del TCE può essere spiegatopartendo dalla lettura della stessa norma nella parte in cui la medesima ri-chiede agli Stati membri l’avvio di negoziati solo « per quanto occorra »,impegnandosi in tal senso quando non fosse stato possibile mediante il di-ritto comunitario. In realtà, il fallimento della convenzione non ha avutonessun esito negativo per il processo di armonizzazione in quanto il Tratta-

(29) La clausola di standstill (ex art. 53 del TCE) è stata abrogata dal successivo Trattatodi Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997, ed entrato in vigore il 1° maggio 1999.

(30) Le ragioni dell’abrogazione possono risiedere nel livello di omogeneità legislativarealizzato negli ultimi anni, grazie soprattutto all’introduzione di molte direttive di armoniz-zazione. Non solo, anche la Corte di giustizia con alcune sentenze relative al riconoscimentodella libertà di stabilimento in favore delle società « in entrata » (sentenza Uberseering) ha ri-levato che « anche se le convenzioni la cui conclusione è incentivata dall’art. 293 TCE posso-no, allo stesso modo delle direttive di armonizzazione previste dall’art. 44 Ce, facilitare la rea-lizzazione della libertà di stabilimento, l’esercizio di questa libertà non può tuttavia esserecondizionato dall’adozione di tali convenzioni ».

SAGGI 295

to vieta ogni forma di discriminazione fondata sulla nazionalità, il checomporta quale effetto giuridico l’equiparazione delle società straniere aquelle nazionali. Anche la Corte di Cassazione italiana, sul punto, ha sanci-to che « l’ordinamento giuridico italiano riconosce la personalità giuridicaalle organizzazione che siano riconosciute quali persone giuridiche negliordinamenti stranieri, in forza della loro mera esistenza, come tali, allastregua della legislazione dello Stato in cui siano costituite, con l’unica li-mitazione che configgano con i limiti dell’ordine pubblico » (31).

Come accennato nel paragrafo introduttivo, l’attuazione della libertàdi stabilimento delle società è stata garantita mediante l’adozione di nume-rose direttive ai sensi dell’art. 50 (32) del TFUE, comma 2, lett. g) (33), grazieal quale si è, in parte, realizzato lo scopo di ravvicinare le legislazioni nazio-nali, in osservanza al programma di armonizzazione (34).

L’altra norma prevista dal TFUE per l’attuazione della libertà di stabi-limento risiede nell’art. 352, che rappresenta la base giuridica attraverso laquale si è data « forma » all’altro programma europeo, denominato di« uniformazione » (35). L’art. 352 del TFUE recita: « Quando un’azione del-la Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento delmercato comune, uno degli scopi della Comunità, senza che il presentetrattato abbia previsto i poteri d’azione a tal uopo richiesti, il Consiglio, de-liberando all’unanimità su proposta della Commissione e dopo aver con-sultato il Parlamento europeo, prende le disposizioni del caso ».

La novità più interessante che deriva dall’introduzione dei modelli so-

(31) V. Cass., sentenza del 15 febbraio 1993, n. 1853, in Foro it., 1993, c. 2535.(32) L’articolo in questione ha sostituito l’art. 55 del TCE, comma 2, lett. g), il quale è ri-

masto invariato nel significato.(33) Art. 50 TFUE, comma 2: « per realizzare la libertà di stabilimento in una determina-

ta attività, il Parlamento europeo e il Consiglio deliberano mediante direttive @...# »; lett. g)« coordinando, nella necessaria misura e al fine di rendere equivalenti, le garanzie che sonorichieste, negli Stati membri, alle società @...# per proteggere gli interessi tanto dei soci comedei terzi ».

(34) Per una diversa posizione sull’argomento: v. S. Lombardo, La libertà comunitaria di

stabilimento delle società dopo Uberseering fra armonizzazione e concorrenza tra ordinamenti, inCentro di diritto e finanza. WP 1-2003, p. 4, nella parte in cui l’autore ritiene che l’art. 44,comma 2, lett. g) del TCE e l’art. 293 del TCE, ai fini dell’attuazione della libertà di stabili-mento, debbano intendersi come non propedeutici o necessari.

(35) Con il Regolamento CE 2157/2001 viene costituita la Società Europea (SE); con ilRegolamento CE n. 1435/2003 il Consiglio ha adottato lo statuto della Società cooperativaeuropea (SCE). Vi è anche una proposta di regolamento del Consiglio del 25 giugno 2008 perla costituzione della Società Privata Europea (SPE). Nel febbraio 2009 la Commissione hapubblicato un documento di consultazione sulla possibile presentazione di una proposta distatuto europeo della fondazione.

296 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

vrannazionali è delineata dal fatto che la sede sociale di una SE o SCE puòessere sempre trasferita in un altro Stato membro, senza che ciò dia luogo ascioglimento o costituzione di una nuova persona giuridica. L’obbiettivoprincipale delle istituzioni dopo il fallimento dell’art. 293 del Trattato diRoma si sostanzia nel rendere alcune operazioni che, seppur rientranti an-che nella disciplina del Trattato di Roma, sono ancora oggi di fatto moltodifficili per le società nazionali; il riferimento va soprattutto alle fusioni in-ternazionali e al trasferimento della sede sociale senza estinzione della so-cietà.

In conclusione, non va dimenticato che nel processo di attuazione del-la libertà di stabilimento il ruolo principale è detenuto dalla giurisprudenzaeuropea (36), la quale ha garantito la concreta attuazione della libertà di sta-bilimento mediante un opera di interpretazione in senso evolutivo dellenorme del Trattato.

6. – La legge n. 218 del 31 maggio 1995 ha riformato il previgente siste-ma di diritto internazionale privato italiano introducendo una norma gene-rale di conflitto specificatamente dedicata al trattamento delle società.L’art. 25, comma 1 – prima parte – stabilisce quale criterio generale di colle-gamento quello dell’incorporazione, secondo cui si deve applicare alle so-cietà caratterizzate da elementi di estraneità la legge del luogo in cui si èperfezionato il procedimento di costituzione, che in Italia può variare a se-conda del tipo societario. Il legislatore al comma 1 dell’art. 25 fornisce unadefinizione ampia di società « le società, le associazioni, le fondazioni edogni altro ente pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, so-no disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionatoil procedimento di costituzione ». Vi rientrano, pertanto, assieme alle so-cietà, alle associazioni, alle fondazioni, alle società unipersonali, figure sco-nosciute dal nostro ordinamento, come il Trust o l’Anstalt.

I problemi di compatibilità dell’art. 25 (nella seconda parte del comma1) con il combinato disposto degli artt. 49 e 54 del TFUE riguardano le con-seguenze giuridiche discendenti dal trasferimento della sede in Italia daparte di una società europea. La seconda parte prevede che, nel caso in cuila società straniera abbia in Italia la sede dell’amministrazione o dell’ogget-to principale, si debba applicare, quale legge regolatrice, la legge italiana enon quella dello Stato di provenienza dell’ente. Dal dettato di questa di-sposizione si può senz’altro rilevare che la norma individua due differenticriteri di collegamento che il legislatore considera decisivi e che determina-no l’applicazione della legge italiana alle società straniere. Appare evidente

(36) V. infra, paragrafo 8.

SAGGI 297

che con questa posizione il legislatore italiano abbia deciso di adottare unsistema di tipo « misto » che prevede un ambito di applicazione della leggeitaliana più esteso rispetto a quello della legge straniera. A parere di alcuni,la legge italiana e la legge straniera troverebbero un applicazione congiuntao cumulativa (37); in altri termini, il criterio della sede reale sarebbe applica-bile alle società straniere che portano in Italia la propria sede amministrati-va o principale.

La posizione assunta dal legislatore italiano con l’art. 25 appare oggi in-compatibile con le norme del Trattato, e ancor di più con la giurisprudenzadella Corte. Possono sicuramente ravvisarsi due ragioni che giustificanol’incompatibilità dell’art. 25, comma 1 – seconda parte – con il combinatodisposto degli artt. 49 e 54 TFUE. La prima motivazione riguarda il primatodel diritto europeo sul diritto interno per il quale si dovrebbe disapplicarela seconda parte del comma 1 dell’art. 25 in favore delle società costituite inuno Stato membro che abbiano trasferito in Italia la propria sede centrale.La seconda motivazione riguarda la previsione dell’art. 2507 c.c., dettato inapertura del Capo XI, intitolato « Delle società costituite all’estero », il qua-le prevede che l’interpretazione e l’applicazione delle norme in esso conte-nute deve essere effettuata « in base ai principi dell’ordinamento delle Co-munità europee »; ne deriva la necessita di un’opera di interpretazione e dicoordinamento tra le norme in materia di trattamento delle società stranie-re e le previsioni del diritto comunitario, sino alla disapplicazione di quellenorme in contrasto con il Trattato.

Alla luce di quanto detto, si può sostenere che l’art. 25, comma 1 – se-conda parte – non troverà applicazione nei confronti delle società costituitein uno Stato membro che abbiano trasferito in Italia la propria sede ammi-nistrativa; diversamente, la seconda parte del comma 1 dell’art. 25, potreb-be trovare applicazione solo nei confronti delle società costituite in unoStato extraeuropeo, le quali abbiano trasferito in Italia la propria sede am-ministrativa.

Problemi di compatibilità sono emersi anche con riferimento al com-ma 3 (38) dell’art. 25, che detta regole per le ipotesi di trasferimento della se-de sociale all’estero da parte di una società italiana, disponendo che il tra-sferimento della sede sociale è legittimo ed efficace per il nostro ordina-mento solo se vengono rispettate tutte le norme degli Stati interessati, os-sia dello Stato di costituzione e di quello di destinazione.

(37) Cfr. E. Pederzini, Percorsi di diritto societario europeo, Torino, 2a ed., 2011, p. 20.(38) Art. 25, comma 3, l. 218/1995: « I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le

fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conforme-mente alle leggi di detti Stati interessati ».

298 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

Partendo dal dato letterale, da una parte, si potrebbe ritenere che l’or-dinamento italiano riconosce alle società il diritto di poter liberamente tra-sferire all’estero la propria sede sociale, tant’è che l’art. 2437 c.c., comma 1,lett. c), prevede che il socio che non abbia partecipato alla deliberazione ditrasferimento può recedere dalla società. Inoltre, l’art. 2436 c.c., comma 5,richiede che la deliberazione di modifica dello statuto sociale dovrà esseresuccessivamente iscritta nel registro delle imprese per divenire efficace.Dall’altra parte, diversamente, come si è avuto modo di osservare in prece-denza, la dottrina maggioritaria ha più volte sostenuto che, così come pre-visto per la seconda parte del comma 1, anche il comma 3 sarebbe implici-tamente abrogato per il fatto che la norma ammette il trasferimento o la fu-sione solo se riconosciuto da entrambi gli Stati interessati. Questa posizio-ne viene condivisa allorquando lo Stato di destinazione aderisca alla tesidella sede quale criterio di collegamento per il riconoscimento e il tratta-mento di una società straniera; in tal ipotesi, infatti, la società italiana chetrasferisce la propria sede in tale Stato perderebbe il diritto alla sua conti-nuità giuridica e dovrebbe perciò ricostituirsi secondo la legge vigente inquesto ultimo paese.

Interessante, infine, appare la posizione assunta dalla giurisprudenzaitaliana relativamente al mutamento della lex societatis in seguito al trasfe-rimento all’estero delle sede sociale. In merito a quest’ultima questione lagiurisprudenza italiana sembra assumere posizioni contrastanti.

Nel 2003, il Tribunale di Lecco ha affermato che il « trasferimento dal-l’Italia all’estero della sede statutaria non vale di per se a sottrarre l’entedall’applicazione della legge italiana in quanto legge del luogo di costitu-zione. Tanto più quando il trasferimento della sede è disposto verso unpaese che come detto non riconosce il trasferimento della sede legale diuna società straniera » (39). Per il Tribunale di Verona (40) « il trasferimentodella sede sociale all’estero, pure legittimo, non può determinare la perditadella nazionalità italiana e quindi il venire meno degli obblighi e dei con-trolli previsti dall’ordinamento italiano sulla via delle società di capitali. Lasocietà pertanto deve rimanere assoggettata, anche per il futuro, alla iscri-zione, al deposito e alla pubblicazione degli atti previsti dalla legge italia-na ».

(39) V. Trib. Lecco, 6 febbraio 2003, in Massimario delle sentenze dei giudici del registrodella Lombardia, 1996-1997. Dello stesso orientamento v. anche Cass., sez. un., 23 gennaio2004, n. 1244, in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, p. 1381, la quale afferma che il trasferimento del-la sede: « ha efficacia, come continuità del soggetto giuridico, soltanto se, essendo stato postoin essere conformemente alla legge degli Stati interessati, questi concordino sugli effetti daattribuire alla vicenda societaria ».

(40) V. Trib. Verona, 5 dicembre 1996, in Società, 1997, p. 574.

SAGGI 299

Infine, il Tribunale di Monza (41), assumendo una diversa posizione,ha stabilito che « il trasferimento della sede legale di una società dall’Italiaad uno Stato estero, se conforme alle leggi italiane e alle leggi dello Stato didestinazione e se effettivo @...#, determina il difetto di giurisdizione del giu-dice italiano ». Sempre nella stessa sentenza il Tribunale di Monza ha riba-dito che ad una società non era più da applicare la legge italiana, ma quellanigeriana, poiché l’art. 25 della legge 218/1995 sottopone le società « allalegge del luogo di costituzione @...# da equipararsi, in forza del comma 3, alluogo ove la sede sociale sia successivamente ed efficacemente trasferi-ta » (42).

7. – Negli ultimi dieci anni la Commissione europea è stata protagoni-sta di un piano volto all’aggiornamento del sistema di diritto societario eu-ropeo (43), nella prospettiva di rafforzare il grado di competitività delle im-

(41) V. Trib. Monza, 5 aprile 2002, in Giur. comm., 2003, II, p. 558.(42) V. Trib. Monza, 5 aprile 2002, cit.(43) Sinteticamente il quadro armonizzato: il processo di armonizzazione viene avviato

sul finire degli anni Sessanta con l’adozione della Prima Direttiva Societaria (Direttiva 151/68/CEE del 9 marzo 1968 – modificata dalla Direttiva n. 58/2003/CE) in tema di: pubblicitàdegli atti societari, validità degli obblighi assunti in nome della società, e nullità della società.La Seconda Direttiva Societaria (Direttiva 77/91/CEE del 13 dicembre 1976 – modificata conla direttiva n. 68/2006/CE) ha armonizzato materie societarie, quali: l’indicazione di un capi-tale sociale minimo, le operazioni sul capitale, la distribuzione di utili e la costituzione dellesocietà per azioni. La Terza Direttiva Societaria (Direttiva 78/855/CEE dell’8 ottobre 1978)prevede le fusioni (nazionali) tra diverse società facenti parte di un medesimo Stato. Nel1982, veniva adottata la Sesta Direttiva Societaria (Direttiva 82/891/CEE del 17 dicembre1982), sulla scissione delle società per azioni aventi la propria sede nello stesso Stato mem-bro. La Quarta Direttiva Societaria (Direttiva 78/660/CEE del 25 luglio 1978 – modificata dal-le direttive nn. 90/604/CEE, 90/605/CEE, 2001/65/CE, 2003/38/CE, 2003/51/CE, 2006/46/CE) ha dettato i criteri per la redazione dei conti annuali delle società di capitali e dei gruppi,e più precisamente criteri per la redazione, la pubblicità ed il controllo dei bilanci con dero-ghe a favore delle piccole imprese. La Settima Direttiva Societaria (Direttiva 83/349/CEE del13 giugno 1983) disciplina la materia dei conti consolidati di società facenti parte di un grup-po. L’Ottava Direttiva Societaria (Direttiva 84/253/CEE del 10 aprile 1984 – modificata conDirettiva 2006/43/CE del 17 maggio 2006) individua i criteri per l’abilitazione delle personeincaricate del controllo legale dei documenti contabili societari. La Nona Direttiva Societariadel 1984 non è mai stata adottata dal Consiglio europeo, rimanendo, pertanto, solo un proget-to. Tale direttiva avrebbe dovuto armonizzare la materia della gestione dei gruppi aventi co-me controllata una s.p.a. Oltre alla nona direttiva, vi è stata anche la mancata adozione dellaQuinta Direttiva Societaria, risalente al 1972, per coordinare le disposizioni in materia distruttura delle società per azioni ed i poteri e obblighi dei loro organi. L’Undicesima DirettivaSocietaria (Direttiva 89/666/CEE del 22 dicembre 1989) disciplina il regime di pubblicità cuisono sottoposte le sedi secondarie di società costituite in uno Stato membro diverso rispetto

300 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

prese europee, e, non da ultimo, di potenziare i diritti degli azionisti e deiterzi.

Tale programma, presentato dalla Commissione il 21 maggio 2003 alConsiglio e al Parlamento europeo, prevede l’avviato di un Piano d’Azioneper « modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societarionell’Unione europea ». L’intervento europeo viene avvertito come neces-sario a seguito degli avvenimenti che hanno gettato il continente europeoin uno profondo stato di crisi economica e finanziaria. La necessità di pro-seguire sulla strada dell’armonizzazione del diritto societario a livello euro-peo è conseguenza del fatto che essa viene percepita come un’indispensa-bile mezzo per i soggetti economici che operano nel mercato di oggi.

Il Piano d’Azione si riferisce a diverse priorità che la Commissione in-tende realizzare entro determinate scadenze, si tratta di azioni di durata di-versa: azioni a « breve », a « medio » e a « lungo termine ». Le azioni a« breve termine » riguardano il periodo 2003-2005, e prevedono alcunequestioni riguardanti l’assetto organizzativo delle società, quali: il poten-ziamento del ruolo degli amministratori; il rafforzamento degli obblighi dipubblicità; la predisposizione di una normativa adatta a rafforzare la comu-nicazione tra amministratori e azionisti ed, infine, un regime nuovo in te-ma di compenso degli amministratori. Le azioni a « medio termine », pre-viste per il periodo 2006-2008, riguardano: la possibilità per tutte le societàquotate di poter scegliere quale sistema di amministrazione e controlloadottare; il rafforzamento del regime di responsabilità degli amministratoried una maggiore partecipazioni degli azionisti di minoranza di società quo-tate. Infine, vi sono le azioni a « lungo termine » che vanno dal 2009 inavanti e riguardano l’introduzione di un regime alternativo per la salva-guardia del capitale sociale, soprattutto in riferimento alla Seconda Diretti-va Societaria (44).

Successivamente al Piano d’Azione 2003, sono stati istituiti due gruppidi esperti, con funzioni stabili, specificatamente dedicati al governo socie-tario: il Forum sul governo societario e l’Advisory Group. Il Forum è statoistituito dalla Commissione europea il 18-10-2004 con il compito di accre-scere il livello di integrazione dei codici nazionali in materia di governo so-cietario. Il Forum è presieduto dal Presidente della Commissione ed ècomposto da quindici persone di elevata competenza scelte fra i vari gruppi

allo Stato membro di costituzione della società principale. La Dodicesima Direttiva Societa-ria (Direttiva 89/667/CEE del 21 dicembre 1989) ha armonizzato il tema delle società a re-sponsabilità limitata unipersonali. Nel 2004, è stata adottata la Direttiva in tema di offertepubbliche di acquisto (OPA), il cui progetto risale al 1989. Il processo di armonizzazione ètutt’ora in auge. Lo stesso Mercato unico europeo è in continua evoluzione.

(44) Pederzini, op. cit., pp. 78 ss.

SAGGI 301

di interesse rispetto al tema del governo societario; lo stesso si riunisce al-meno due o tre volte l’anno. Fra i documenti di principale interesse pro-dotti dal Forum sono da ricordare: lo Statement on the principle of comply or

explain e lo Statement on the Risk Management and Internal Control (45).L’Advisory Group è stato istituito dalla Commissione nel 2005. Questogruppo di esperti non governativi ha il principale compito di prestare con-sulenza tecnica alla Commissione in merito alle iniziative in tema di gover-no societario e diritto societario europeo. Più precisamente, l’Advisory

Group riceve dai dirigenti della Commissione varie iniziative che quest’ul-tima intende realizzare in materia di diritto societario, la Commissione, asua volta, è destinataria delle riflessioni, raccomandazioni o proposte dimodifica dei testi che provengono da questo gruppo di esperti.

Più di recente, la Commissione europea ha pubblicato il « Libro Verde2010 » sul governo societario, negli istituti finanziari e sulle politiche di re-munerazione con cui ha avviato una consultazione limitata alle banche ealle assicurazioni. Nel 2011 la Commissione ha pubblicato un secondo« Libro Verde » sul quadro dell’Unione europea in materia di governo so-cietario avente ad oggetto una consultazione volta all’individuazione dellemodalità per perfezionare il sistema di governo delle società quotate in Eu-ropa.

Nel 2012 è stata intrapresa una ulteriore consultazione per individuarele linee di intervento sul futuro del diritto societario europeo. Gli effettidelle pubbliche consultazioni degli anni 2010, 2011 e 2012, hanno orientatola Commissione verso la pubblicazione, in data 12 dicembre 2012, di unnuovo Piano d’Azione (Piano d’Azione: diritto europeo delle società e go-verno societario – una disciplina giuridica moderna a favore di azionisti piùimpegnati e società sostenibili), con il quale la Commissione ha voluto in-dividuare le linee di sviluppo in tema di corporate governance delle societàper azioni quotate. Le principali linee di intervento indicate nel Pianod’Azione del 2012 riguardano: il rafforzamento della trasparenza fra socie-tà quotate ed azionisti; la promozione dell’attivismo degli azionisti e so-prattutto, in un periodo di crisi economica come quello in atto, il sostegnoalla crescita e alla competitività delle imprese (46).

Il 24 aprile 2013 (47) la Commissione europea ha presentato una propo-

(45) Cfr. Torino, voce Diritto comunitario e diritto europeo delle società, in Digesto, disc.

priv., sez. comm., Agg., Torino, pp. 23-24.(46) Per un’analisi più dettagliata si veda: Quaderni giuridici, n. 3, Consob: Le linee di

azione della Commissione europea in materia di corporate governance e riflessi sull’ordinamen-

to italiano, S. Alvaro e B. Lupini, aprile 2013.(47) Proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio che promuove la libera cir-

302 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

sta di regolamento che si propone di ridurre drasticamente la burocraziaper i cittadini e le imprese. Tale proposta stabilisce un insieme di normeche esentano determinati documenti pubblici dalla legalizzazione o da for-malità analoghe quali la « postilla ». Queste formalità sono richieste per at-testare l’autenticità di documenti pubblici che devono essere prodotti inuno Stato membro diverso da quello in cui sono rilasciati. Poiché tali for-malità sono molto onerose, restringendo gli spazi della libertà di stabili-mento, la Commissione ha ritenuto opportuno intervenire su taluni deglioneri amministrativi che gravano su cittadini e imprese con l’obbiettivo digarantire un miglior livello di semplificazione.

8. – In risposta alle sempre maggiori restrizioni poste dagli Stati mem-bri al godimento della libertà di stabilimento da parte delle società euro-pee, la Corte di giustizia ha avviato, a partire dagli anni Ottanta, un impor-tante opera di interpretazione degli articoli disciplinanti la libertà di stabili-mento (ex artt. 52 e 58 del TCEE; ex artt. 43 e 48 del TCE; artt. 49 e 54 delTFUE) che ha avuto come conseguenza la dichiarazione di illegittimità didiverse legislazioni nazionali in conflitto con questa libertà fondamentale.

Nel 1988 una private limited company di diritto inglese, la Daily Mail

and General Trust PLC (48), proponeva ricorso alla Corte per l’interpretazio-

colazione di cittadini e imprese semplificando l’accettazione di alcuni documenti pubblicidell’Ue e che modificano il regolamento n. 1024/2012.

(48) Nel 1984, la Daily Mail, società validamente costituita e regolarmente iscritta nel re-gistro delle imprese britannico, intendeva trasferire la propria sede amministrativa (corri-spondente con la residence fiscale) dalla Gran Bretagna all’Olanda, in previsione della succes-siva vendita di gran parte del proprio attivo patrimoniale costituito da titoli, sottraendosi alleimposte alle quali operazioni sarebbero state assoggettate in forza della legge tributaria ingle-se. Le ragioni di tale trasferimento erano evidentemente di natura fiscale e non legate a ragio-ni di strategia imprenditoriale. La legislazione britannica prevedeva all’epoca il rilascio daparte del Ministero del Tesoro di una particolare autorizzazione amministrativa nel caso ditrasferimento all’estero della sede amministrativa di una società inglese che volesse mante-nere, anche a seguito del trasferimento, lo status di persona giuridica per il diritto inglese. LaDaily Mail, seguendo le disposizioni di legge vigenti all’epoca, richiedeva alla competente au-torità il rilascio dell’autorizzazione, che però le veniva negata; il Governo riteneva che la Dai-

ly Mail, spostando la sede amministrativa, avrebbe beneficiato di un regime fiscale più agevo-lato rispetto a quello britannico, ma soprattutto che non sarebbe più stata assoggetta alla legi-slazione nazionale britannica relativamente al prelievo fiscale. In altre parole, le ragioni deldiniego si giustificano nel fatto che il Governo concedendo l’autorizzazione alla società, equindi acconsentendo al trasferimento della sede centrale all’estero, avrebbe perso un impor-tante contribuente. Nel 1986, a fronte del deciso diniego, la Daily Mail proponeva ricorso din-nanzi alle competenti autorità giudiziarie (High Court of Justice) sostenendo, ai sensi degliartt. 52 e 58 del Trattato Cee (artt. 43 e 48 del TCE e oggi artt. 49 e 54 del TFUE), il suo diritto

SAGGI 303

ne degli articoli del Trattato relativi al suo diritto di stabilire in un altro Sta-to membro la propria sede amministrativa. Il punto centrale (e controver-so) della sentenza Daily Mail (49) verte sulla considerazione dei giudici lus-semburghesi, che le società, diversamente rispetto alle persone fisiche, so-no « enti giuridici che hanno natura fittizia » (50); con tale assunto la Corteintende affermare che le società sono regolate in tutti i loro aspetti giuridicida un ordinamento interno, che non è però quello comunitario (in assenzadi convenzioni internazionali sul reciproco riconoscimento delle società),ma bensì quello nazionale. Ne deriva l’effetto che, secondo questa inter-pretazione giurisprudenziale, il mancato avvio di negoziati tra i paesi mem-bri per la ratifica di convenzioni internazionali in tema di reciproco ricono-scimento delle società (ai sensi dell’art. 293 del TCE) ha avuto come risul-tato che la competenza in tale materia (spostamento della sede ammini-strativa in un altro Stato membro) deve essere attribuita al diritto nazionaledel paese di costituzione, il quale può vietare anche il trasferimento o pre-vedere particolari autorizzazioni (come nel caso in questione il rilascio diun’autorizzazione governativa). Da questa sentenza è evidente che la Cor-te abbia deciso di sacrificare la libertà di stabilimento in favore di interessipuramente nazionali (fiscali) degli Stati membri, i quali hanno il potere dilimitare lo stabilimento « in uscita » delle proprie società, prevedendo par-ticolari autorizzazioni amministrative.

La posizione assunta dalla Corte nel caso Daily Mail può essere ogget-to di diverse critiche. Si ravvisa, per esempio, la mancanza di una giustifica-

di trasferire liberamente la sede centrale all’estero. La Corte inglese sospendeva il procedi-mento e rinviava alla Corte di giustizia europea con la proposizione di alcune domande pre-giudiziali: chiedendo in particolare se la subordinazione del trasferimento dell’amministra-zione centrale di una società inglese ad una autorizzazione dell’amministrazione finanziariafosse compatibile con le disposizioni sulla libertà di stabilimento. La Corte accolse le istanzedel Governo britannico ritenendo che dalle norme del Trattato non si evinceva nessun dirittoin favore di una società di poter trasferire la propria sede centrale in un altro Stato, pur man-tenendo, nello Stato di costituzione, il proprio status giuridico.

(49) V. Sentenza della Corte CE, 27 settembre 1988, causa 81/87, The Queen c. H.M. Trea-

sury and Commisioners of Inland Revenue.(50) Dalla pronuncia si evince una netta distinzione nel trattamento riservato alle società

rispetto a quello previsto per le persone fisiche nell’attribuzione del diritto di stabilimento.Questo discrimine è abbastanza chiaro in un passaggio della sentenza: « occorre ricordareche, diversamente dalle persone fisiche, le società sono enti creati da un ordinamento giuridi-co e, allo stato attuale del diritto comunitario, da un ordinamento giuridico nazionale @...#, lelegislazioni degli Stati membri presentano notevoli differenze relative sia al criterio di colle-gamento al territorio nazionale richiesto per la costituzione di una società, sia alla facoltà diuna società costituita secondo tale legislazione di modificare in seguito detto criterio di colle-gamento @...# ».

304 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

zione, intesa come limite legale (51), al diniego da parte del Governo britan-nico al rilascio dell’autorizzazione amministrativa al trasferimento, inquanto lo stesso Trattato prevede quali unici limiti legalmente riconosciutiquelli che riguardano l’esercizio di attività di « partecipazione ai pubblicipoteri » e il limite « dell’ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pub-blica ». Il Trattato, pertanto, non contempla mai tra questi le « ragioni fisca-li » addotte dal Governo inglese. Ne consegue, sotto il profilo giuridico, lamancanza di legittimazione da parte di uno Stato di limitare la liberalizza-zione. L’altra questione riguarda il trattamento discriminatorio, non in li-nea con il dettato dell’art. 43 del TCE (art. 49 del TFUE), che la Corte ha ri-servato alle società rispetto alle persone fisiche nel godimento della libertàdi stabilimento.

Nel 1999, la Corte di giustizia europea è stata nuovamente investita delruolo di interprete delle norme del Trattato concernenti il diritto di stabili-mento. La vicenda riguardava una società a responsabilità limitata, la Cen-

tros Ltd (52), costituita e regolarmente iscritta dai coniugi Bryde (cittadini

(51) Gli unici limiti previsti dal TFUE al godimento della libertà di stabilimento sonoprevisti dagli artt. 51 e 52. La Corte nel caso Daily Mail ha ritenuto che i motivi fiscali addottidal governo britannico fossero « legittimi » per negare il rilascio dell’autorizzazione ammini-strativa.

(52) Il caso: la scelta dei coniugi Bryde di costituire la Centros in Gran Bretagna e non inDanimarca, trovava fondamento nelle migliori e più favorevoli regole societarie inglesi inmateria di « capitale sociale minimo » rispetto a quelle all’ora vigenti in Danimarca, dove perla costituzione di una s.r.l. veniva richiesto il versamento di un capitale sociale minimo diduecentomila corone danesi, a fronte di un capitale sociale minimo di una sterlina, previstodal diritto inglese. I coniugi Bryde, quindi, non liberavano, né versavano, né mettevano a di-sposizione della società nessun capitale sociale. L’attività della Centros riguardava l’import-

export di vini da/e verso la Danimarca, di conseguenza tutta l’attività veniva svolta non in In-ghilterra, dove la Centros aveva situato la propria sede sociale, ma in Danimarca, dove i co-niugi Bryde avevano intenzione di aprire una sede secondaria della Centros, in cui avrebberosvolto tutta l’attività produttiva. Alla richiesta della Centros di aprire una succursale in Dani-marca, tuttavia, la Direzione generale del commercio e delle società rifiutava la registrazioneadducendo che la società, non svolgendo alcuna attività nel Regno Unito, non intendeva co-stituire in Danimarca una succursale di una società estera, ma localizzarvi la sede principaledella società, eludendo in questo modo la più rigorosa disciplina danese in tema di capitalesociale minimo. La Centros, a seguito del rifiuto di iscrizione, agiva in giudizio dinnanzi allecompetenti autorità, che però, sia in primo grado, che in appello, rigettavano le sue richiestein merito all’iscrizione. La Centros, allora, proponeva ricorso avanti alla Suprema Corte dane-se che investita del caso sospendeva il giudizio e rinviava alla Corte di giustizia europea, conla proposizione di due questioni pregiudiziali; la prima riguardava: 1) se la libertà di stabili-mento secondario comprendesse o meno la facoltà di svolgere la propria attività commercialeesclusivamente nel paese di apertura della succursale, ed inoltre: 2) quali misure potesseroessere adottate dallo Stato di apertura della succursale al fine di prevenire e sanzionare il

SAGGI 305

danesi) in Inghilterra e nel Galles, la quale ricorreva alla Corte per chiedereun giudizio sulla compatibilità tra la legge danese, che limitava il suo dirittodi poter ottenere l’iscrizione nel registro delle imprese danese per l’apertu-ra di una sede secondaria, e il combinato disposto degli artt. 43 e 48 delTCE (artt. 49 e 54 del TFUE).

Alla domanda principale, vertente sulla legittimazione in campo euro-peo delle pseudo foreign companies, la Corte rispondeva affermando che lacircostanza che la Centros, costituita secondo il diritto inglese, non avessemai esercitato alcuna attività economica in Gran Bretagna è del tutto irrile-vante e insuscettibile di incidere sul riconoscimento e sull’esercizio del di-ritto di stabilimento. In altri termini, secondo questa posizione della Corte(rivoluzionaria rispetto a Daily Mail) ogni società sarebbe libera di esercita-re la propria attività principale in un determinato Stato membro mediantel’apertura di una sede secondaria, anche se la sede principale è situata inuno Stato diverso.

In merito al riconoscimento e alla legittimazione delle pseudo foreign

companies, la Corte, disattendendo il precedente orientamento, stabilisceche « il fatto che un cittadino di uno Stato membro che desideri creare unasocietà scelga di costituirla nello Stato membro le cui norme di diritto so-cietario gli sembrino meno severe e crei succursali in altri Stati membrinon può costituire di per sé un abuso del diritto di stabilimento. Infatti ildiritto di costituire una società in conformità di uno Stato membro e dicreare succursali in altri Stati membri è inerente all’esercizio, nell’ambitodi un mercato unico, della libertà di stabilimento garantita dal Tratta-to » (53).

Ne deriva l’effetto che il diniego di registrazione della succursale oppo-sto dall’autorità amministrativa danese è incompatibile con gli artt. 43 e 48del Trattato Ce (artt. 49 e 54 del TFUE), in quanto impedisce qualsiasi at-tuazione del diritto al libero stabilimento secondario che gli stessi articolivogliono garantire.

Per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale, la Corte affer-ma che uno Stato membro ha il diritto escludere o sanzionare il comporta-mento fraudolento, atto all’elusione del diritto di stabilimento, solo al sus-sistere delle quattro condizioni enucleate nell’omonima sentenzaGebhard (54); in nessun altro caso uno Stato può limitare la condotta di unasocietà al godimento dello stabilimento.

comportamento fraudolento diretto all’elusione della più esigente disciplina societaria iviprevista.

(53) V. sentenza della Corte CE, 9 marzo 1999, causa C-212/97.(54) V. Sentenza della Corte di giustizia europea, 30 novembre 1995, causa C-55/94. Se-

306 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

Nella sentenza in commento si può senz’altro ravvisare un mutamen-to di orientamento da parte della Corte rispetto a Daily Mail; in Centros, in-fatti, i giudici europei hanno per la prima volta riconosciuto la legittimitàdelle pseudo foreign companies, cioè di quelle società che godono della di-sciplina di favore presente nel luogo di incorporazione (nel quale hanno lapropria sede sociale), ma che svolgono la propria attività in un altro Statomembro, mediante l’apertura di sedi secondarie. La costituzione di societàsolo formalmente straniere, prive di legami effettivi con lo Stato di origine,viene così non solo ritenuta legittima ma inerente alla libertà di stabilimen-to.

Nel 2001, la Corte è tornata ad affrontare il tema delle limitazioni stata-li allo stabilimento delle società. La Uberseering (55) era una società a re-sponsabilità limitata costituita e regolarmente iscritta nei Paesi Bassi; sitrattava, pertanto, di una società di capitali assoggettata al diritto societarioolandese (56). La questione principale riguardava il fatto se la capacità giuri-

condo la Corte per sfuggire al divieto di cui all’art. 49 occorre infatti che siano soddisfatte leseguenti quattro condizioni: a) « applicarsi in modo non discriminatorio »; b) « essere giusti-ficate da motivi imperiosi di interesse pubblico »; c) « essere idonee a garantire il consegui-mento dello scopo perseguito »; d) « non andare oltre quanto necessario per il raggiungimen-to di questo ».

(55) V. sentenza della Corte di giustizia europea, 5 novembre 2001, causa C-208/00.(56) Il caso: il 27 novembre del 1992, la Uberseering incaricava, con regolare contratto di

appalto, la Nordic Construction Company Baumanagement GmbH (d’ora in avanti NCC), disvolgere lavori di restauro in due immobili di sua proprietà ubicati in Germania (Dusseldorf).I lavori venivano effettuati con alcuni difetti di pittura e la ricorrente chiedeva invano allaconvenuta l’adempimento degli obblighi contrattuali. Nel gennaio del 1995, due cittadini te-deschi, residenti a Dusseldorf, acquisivano il totale delle quote della società committente(pari al 100% del capitale sociale della Uberseering). Nonostante i ripetuti solleciti da parte del-la Uberseering la NCC rimaneva inadempiente, ed allora la società committente decideva diagire in giudizio dinnanzi al tribunale tedesco per richiedere il risarcimento dei danni patiti. Igiudici tedeschi, sia di primo che di secondo grado, dichiaravano il ricorso irricevibile rite-nendo che la Uberseering (in seguito al trasferimento delle quote in favore di due cittadini te-deschi, con il conseguente spostamento della sede amministrativa dall’Olanda alla Germa-nia) avesse perduto la capacità giuridica, con l’ulteriore effetto della perdita anche di quellaprocessuale. La legge tedesca, all’epoca, riconosceva la capacità processuale unicamente allesocietà che avessero anche la capacità giuridica; e, nel caso delle società, la capacità giuridicaveniva desunta in base alla legge del luogo in cui esse avessero stabilito la propria sede ammi-nistrativa (criterio della sede reale). Pertanto, poiché le quote del capitale sociale della Uber-

seering erano state acquistate da due cittadini tedeschi, residenti a Dusseldorf, la Uberseering

doveva considerarsi una società che aveva dislocato la sede amministrativa effettiva in Ger-mania, soggetta come tale alla legge tedesca. Non essendo costituita secondo le forme e il di-ritto tedesco, alla Uberseering non veniva riconosciuta la capacità giuridica, nonostante il tra-sferimento della sede amministrativa in Germania. In altre parole, secondo i giudici tedeschi,

SAGGI 307

dica (e processuale) di una società validamente costituita in un altro Statomembro doveva essere valutata secondo il diritto dello Stato in cui la socie-tà aveva trasferito la sede amministrativa effettiva (Germania) oppure se-condo lo Stato di provenienza della società (Paesi Bassi), alla luce dellenorme comunitarie in materia di stabilimento. Ancora una volta, quindi, èben evidente il problema di diritto internazionale privato riguardante l’in-dividuazione del criterio di collegamento da adottare per il riconoscimentodi una società straniera, soprattutto quando i due ordinamenti giuridici inquestione aderiscono a teorie contrapposte.

La Corte, in primo luogo, osserva che l’esercizio della libertà di stabili-mento presuppone il riconoscimento delle società comunitarie da parte diogni Stato membro nel quale intendano stabilirsi. La decisione di uno Sta-to membro che non riconosce ad una società di un altro Stato membro lacapacità giuridica e processuale, imponendo alla stessa società di sciogliersie ricostituirsi ex novo secondo il proprio diritto, è in totale contraddizionecon le norme del Trattato relative al diritto di stabilimento. Si legge al pun-to 80 della sentenza che « la Uberseering, regolarmente costituita nei PaesiBassi dove ha la sua sede sociale, deriva dagli artt. 43 CE e 48 CE il diritto diesercitare la sua attività di stabilimento in Germania come società di dirittodei Paesi Bassi » (57). I giudici europei precisano, inoltre, che: « non si puòescludere che ragioni imperative di interesse generale quali la tutela degliinteressi dei creditori, dei soci di minoranza, dei lavoratori o ancora del fi-sco possono, in talune circostanze e rispettando talune condizioni, giustifi-care restrizioni alla libertà di stabilimento. Tali obbiettivi non possono tut-tavia giustificare il fatto che venga negata la capacità giuridica e, quindi, lacapacità processuale ad una società regolarmente costituita in un altro Sta-to membro dove ha la sede sociale. Infatti, una tale misura equivale alla ne-gazione stessa della libertà di stabilimento riconosciuta alle società dagliartt. 43 CE e 48 CE » (58).

La sentenza Uberseering oltre al merito di aver delegittimato l’ordina-mento giuridico di uno Stato membro che non riconosceva la capacità giu-ridica di una società straniera a seguito del trasferimento della sede centra-

la Uberseering, per mantenere la propria capacità giuridica e processuale (già acquisita nell’or-dinamento olandese), avrebbe dovuto sciogliersi e ricostituirsi ex novo seguendo le leggi te-desche in materia societaria. Alla luce dei fatti sopra esposti la Uberseering ricorreva alla giuri-sdizione della Suprema Corte di Cassazione tedesca, la quale sospendeva il giudizio e propo-neva questione pregiudiziale alla Corte di giustizia europea sulla compatibilità della legge na-zionale tedesca (aderente in pieno alla teoria della sede reale) con il combinato disposto degliartt. 49 e 55 del TFUE.

(57) Troianiello, Lo stabilimento delle società nell’Unione europea, Napoli, 2009, p. 133.(58) Punti n. 92 e 93 della sentenza della Corte di giustizia sul caso Uberseering.

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le nel proprio territorio (e anzi ne richiedeva lo scioglimento e successivaricostituzione) deve essere ricordata anche per aver dichiarato l’incompati-bilità della teoria della sede reale con il combinato disposto degli artt. 49 e54 del Trattato. La Corte con il caso Uberseering ha definitivamente supera-to l’impostazione della teoria della sede reale ed ha posto limiti sostanzialialle norme nazionali (di diritto internazionale privato) volte a scoraggiarele libertà garantite dal Trattato, che acquistano, perciò, il carattere di nor-me europee di conflitto originarie (59).

Nel 2003 (60), la Corte si è nuovamente pronunciata sulla compatibilitàdi una legislazione nazionale con il combinato disposto degli artt. 43 e 48del TCE (artt. 49 e 54 del TFUE). La legislazione in questione prevedevaparticolari condizioni di sfavore per le società straniere che avessero decisodi costituire una succursale presso il proprio territorio, e, mediante la sedesecondaria, avessero deciso di svolgere parte essenziale della propria attivi-tà nel territorio ospitante.

La Corte (61) ha ritenuto che « gli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad unanormativa nazionale, come la WFBV, che subordini l’esercizio della liber-tà di stabilimento a titolo secondario in tale Stato membro, da parte di unasocietà costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, a determinatecondizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilità degli ammini-

(59) Cfr. S. Lombardo, La libertà comunitaria di stabilimento delle società dopo Ubersee-

ring fra armonizzazione e concorrenza tra ordinamenti, in Centro di diritto e finanza. WP1-2003, p. 8.

(60) Il caso: la Inspire Art Ltd era una società a responsabilità limitata costituita e regolar-mente iscritta in Inghilterra, che aveva deciso di svolgere la propria (prevalente) attività com-merciale in Olanda dove aveva aperto una succursale. In Olanda nel 1997 era stata approvatadal Parlamento una legge sulle società formalmente straniere che prevedeva, per le società dicapitali costituite in un altro paese membro ma che svolgevano la prevalente attività in Olan-da, un particolare trattamento giuridico (di sfavore). Gli obblighi previsti nella WFBV riguar-davano, per esempio: l’iscrizione nel registro delle imprese olandese con la denominazionedi « società solo formalmente straniera »; un capitale nominale pari almeno a quello previstodalla legge olandese per le società a responsabilità limitata; peculiari obblighi aventi ad ogget-to la tenuta delle scritture contabili; la responsabilità solidale degli amministratori della so-cietà per le obbligazioni sociali nel caso in cui i predetti obblighi non fossero stati adempiuti.L’Inspire Art Ltd agiva in giudizio dinnanzi ai giudici olandesi contro il provvedimento ammi-nistrativo con il quale la camera di commercio olandese pretendeva l’integrazione dell’iscri-zione con l’indicazione Formeel buitenlandse vennootschap e la conseguente sottoposizionedella Inspire Art alla disciplina speciale. I giudici olandesi sospendevano il giudizio e rinviava-no alla Corte di giustizia per la risoluzione del caso; il tribunale olandese domandava se vifosse compatibilità tra la legge olandese sulle società formalmente straniere e le norme sul di-ritto di stabilimento.

(61) V. Corte CE, 30 settembre 2003, causa C-167/01.

SAGGI 309

stratori, stabilite dal diritto nazionale per la costituzione delle società@...# » (62).

Con questa sentenza la Corte ha ulteriormente ampliato la portata del-la libertà di stabilimento in favore delle società europee, ridimensionandoanche la figura « dell’abuso del diritto » utilizzato, come in questo caso,dalla camera di commercio olandese per giustificare il trattamento di sfa-vore applicato alle società solo formalmente straniere come la Inspire Art.

Ltd. Infatti, « né l’art. 46, né la tutela dei creditori, né la repressione del-l’abuso della libertà di stabilimento, né la tutela della lealtà nei rapporticommerciali e dell’efficacia dei controlli fiscali permettono di giustificarel’ostacolo alla libertà di stabilimento, garantita dal Trattato » (63).

Nel 2008, la Corte si è pronunciata sul ricorso presentato dalla societàCartesio Oktatò es Szolgaltato bt (64) in merito alla compatibilità di una legi-

(62) Punto 105 della sentenza dove si chiarisce che gli Stati non possono applicare allesocietà derivanti da altri Stati membri le proprie leggi nazionali. La Corte sostiene, inoltre,che il fatto che una società straniera svolga l’intera propria attività commerciale in Olanda,mediante succursale, non la priva del diritto di stabilimento.

(63) Punto 142 della sentenza dove la Corte chiarisce che tali limitazioni sono legittimesolo nel caso in cui si configurino le quattro condizioni previste dal Test Gebhard.

(64) Il caso: la Cartesio era una società in accomandita per azioni, costituita nel 2004, e re-golarmente iscritta in Ungheria. Nel 2005 la società, pianificava lo spostamento in Italia, aGallarate, della propria sede sociale, con l’intenzione, però, di rimanere al contempo sottopo-sta alla legge ungherese. Alla luce di ciò depositava presso il registro delle imprese appositaistanza di modifica dell’iscrizione a se relativa nella parte riguardante l’ubicazione della sedesociale. L’istanza veniva rigettata sul rilievo che la legge nazionale non consentiva ad una so-cietà di diritto ungherese di spostare la propria sede sociale all’estero pur mantenendo lo sta-

tus di società retta dal diritto ungherese. La Cartesio impugnava la decisione dinnanzi allaCorte d’Appello, lamentando l’incompatibilità della legge ungherese, rea di discriminare lesocietà in funzione della collocazione della sede sociale nei diversi Stati membri, con gli artt.43 e 48 del TCE. La Corte d’Appello sospendeva il giudizio e sollevava questione pregiudizia-le alla Corte lussemburghese avente ad oggetto la compatibilità di una legge nazionale di unoStato membro che vieta il trasferimento all’estero di una società rispetto al combinato dispo-sto degli artt. 43 e 48 del TCE. La legge ungherese riconosceva alle società la possibilità dispostare la sede sociale unicamente all’interno del territorio nazionale (art. 34 della legge sul-la registrazione delle imprese), e solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte del giudi-ce tenuto al registro territorialmente competente, il quale disponeva lo stesso solo dietro ap-posita domanda di parte. Ne deriva che la legge ungherese non prevedeva nessuna norma in-terna che riconoscesse alle proprie società il diritto di trasferire la sede sociale (che secondo ildiritto ungherese corrisponde alla sede reale o effettiva) in un altro Stato membro, mante-nendo, a seguito del trasferimento, lo status di società retta dal diritto ungherese. Il giudiceungherese, ai sensi dell’art. 34 della legge sulla registrazione delle imprese, sosteneva che lasocietà Cartesio avrebbe potuto trasferire la sede sociale in Italia solo dopo aver cessato lapropria attività in Ungheria ed essersi ricostituita ex novo in Italia, secondo il diritto italiano.

310 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

slazione nazionale, che vietava il diritto ad una società di poter liberamentetrasferire la propria sede sociale in un altro Stato membro (pur mantenen-do la status di società riconosciuta dal primo ordinamento), con le normesulla libertà di stabilimento.

Nell’interpretazione fornita dalla Corte si possono ravvisare due diffe-renti posizioni: la prima riguarda il principio di diritto asserito nella Daily

Mail a proposito della libertà di stabilimento primaria; per il quale le socie-tà sono enti di natura « artificiale » e provengono da un ordinamento chenon è quello comunitario ma nazionale. Di conseguenza, spetta allo Statodi origine stabilire le norme sul funzionamento e i divieti al trasferimentoall’estero della sede sociale di una società costituita secondo il proprio ordi-namento. In base a questo primo assunto la Corte concede agli Stati il dirit-to di impedire ad una società di trasferirsi all’estero. In virtù di questa posi-zione (più conservatrice) non si può certo dubitare della coerenza dei giu-dici lussemburghesi nell’interpretazione delle norme sullo stabilimento, inquanto gli stessi confermano l’assunto della giurisprudenza precedente ri-salente a Daily Mail, anche se di fatto, con questa nuova decisione, viene li-mitata la mobilità intracomunitaria delle società, determinando un enor-me passo indietro rispetto a Centros e Uberseering.

Tuttavia, i giudici europei, pongono, nella seconda parte della senten-za (più in linea con la giurisprudenza precedente), una netta distinzione tra« mutamento della lex societatis » e « non mutamento della lex societatis » aseguito del trasferimento all’estero della sede sociale. Ad avviso dei giudicieuropei, infatti, la libertà di stabilimento consente a una società di trasfor-marsi in un tipo di società soggetta al diritto nazionale di un altro Statomembro, senza che siano necessari scioglimento e liquidazione nel paesedi origine, purché lo Stato ospitante lo permetta. In altre parole, la Corte af-ferma che nel caso di mutamento della lex societatis, in seguito al trasferi-mento della sede sociale, lo Stato di costituzione non ha nessun diritto opotere di limitare la libertà di stabilimento della società formata secondo ilsuo diritto nazionale. Viceversa, nel caso in cui non vi sia stato da parte del-la società nessun mutamento della lex societatis, in seguito al trasferimentodella sede sociale, lo Stato di costituzione potrà impedirne il trasferimento.

9. – La scelta (65) dei compilatori europei di dedicare all’interno deitrattati un numero piuttosto esiguo di disposizioni in materia di stabili-

(65) Difficile dire se tale « scelta » sia stata compiuta in maniera consapevole o meno.Nelle norme del TFUE (nulla cambiando rispetto alle versioni precedenti vigenti a partire dalTrattato di Roma) il legislatore si limita solo a fornire una definizione generale del diritto distabilimento (art. 49, comma 2) e ad equiparare le società alle persone fisiche ai fini del godi-mento della libertà di stabilimento (art. 54, comma 1).

SAGGI 311

mento ha prodotto uno « sbilanciamento » della stessa disciplina che, al-meno per quanto riguarda la sua prima attuazione, ha avuto quale esitoquello di privilegiare la « forma » a danno della « sostanza ». Più segnata-mente, per « sbilanciamento di disciplina tra le forme » (66) si vuole signifi-care che se, da un lato, i trattati nella « forma » vietano agli Stati membriogni restrizione alla libertà di stabilimento delle società, dall’altro, nella« sostanza » non prevedono alcuna sanzione nel caso di violazione dellestesse norme da parte degli Stati membri. Appare, quindi, evidente che si-no agli interventi della Corte di giustizia europea, sulla questione della le-gittimità delle legislazioni nazionali con il combinato disposto degli artt. 49e 54 del TFUE, la disciplina della libertà di stabilimento sia rimasta preva-lentemente « lettera morta » nella moltitudine delle previsioni normativevigenti nei trattati. Nell’ottica di questo rapporto ci si potrebbe spingere fi-no a considerare la libertà di stabilimento come una sorta di « diritto mino-re » nel confronto con le altre libertà fondamentali (67); infatti come si èavuto modo di spiegare quasi tutti gli Stati membri hanno manifestato uncerto grado di insofferenza (68) verso lo stabilimento sia in « entrata » che in« uscita » delle società cross border.

In questo scenario, fortemente restrittivo e limitatamente liberalizza-to, la Corte ha rivestito il ruolo di « attore protagonista » per il sostanzialericonoscimento della libertà di stabilimento delle società; i giudici lussem-burghesi hanno di fatto dichiarato l’illegittimità di quelle legislazioni na-zionali ritenute incompatibili con il combinato disposto degli artt. 49 e 54del TFUE. La novità più importante dopo Centros riguarda il riconosci-mento della legittimità delle pseudo foreign companies; questione di nonpoco conto in un’ottica di libera circolazione e stabilimento societario.Con Uberseering si ravvisano due punti di novità rispetto a Daily Mail: inprimo luogo, viene riconosciuto alle società costituite nei diversi Statimembri il diritto di poter liberamente trasferire la sede sociale in un altropaese membro, ed ivi stabilirsi, senza per questo doversi sciogliere e rico-stituire ex novo secondo la legge dello Stato di destinazione; in secondoluogo, in tema di scelta della lex societatis applicabile alle società transfron-taliere, emerge una netta preferenza da parte dei giudici europei per la teo-

(66) Inteso come mancanza di equilibrio nella disciplina prevista al Capo 2 - Parte Terza -Titolo IV del TFUE in tema di diritto di stabilimento, il quale determinerebbe uno svuota-mento di sostanza nella libertà di stabilimento.

(67) Per « altre libertà fondamentali » si fa riferimento alla libera circolazione dei lavora-tori, dei servizi e dei capitali.

(68) Tradottosi in restrizioni (in entrata o in uscita) e discriminazioni (formali o sostan-ziali) al diritto delle società di potersi liberamente stabilire, a seguito del trasferimento dellasede, in uno degli Stati membri.

312 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015

ria dell’incorporazione, la quale, come già affermato, garantirebbe la conti-nuità delle società dopo il trasferimento della sede sociale. Infine, con Car-

tesio la Corte consente ad una società di trasformarsi in un tipo di societàsoggetta al diritto nazionale di un altro Stato membro, senza che siano ne-cessari scioglimento e liquidazione nel paese di origine, purché lo Statoospitante lo permetta.

Le diverse (e a volte contrastanti) posizioni assunte dalla giurispruden-za europea in tema di stabilimento societario hanno destato importantireazioni tra gli specialisti della materia che si sono tradotte in due principa-li, e alternative, correnti di pensiero. In dottrina si è iniziato a discutere di« concorrenza fra ordinamenti »; in altre parole di una competizione nellaquale i vari paesi membri, diminuendo il livello di tutele e garanzie previstenei propri sistemi legislativi e offrendo alle società migliori condizioni siasotto il profilo fiscale che legale, otterrebbero quale risultato della concor-renza quello di incrementare il numero di società straniere desiderose distabilirsi presso di sè. Stando a questa visione, da un lato, gli Stati membripiù « libertari » realizzerebbero un incremento delle proprie entrate fiscalia seguito del trasferimento delle nuove società presso di sé; dall’altro lato,le società a seguito del trasferimento sarebbero beneficiarie di regimi so-cietari più flessibili e favorevoli rispetto a quelli previsti negli ordinamentidi provenienza (69).

La dottrina definisce « gara al ribasso » (70) l’effetto derivante dallaconcorrenza o competizione fra ordinamenti; nel senso di un peggiora-mento del livello qualitativo del diritto societario europeo, a fronte delleminori garanzie e tutele in favore dei terzi e dei soci. L’estremizzazionedella « gara al ribasso » (71) determinerebbe un « effetto Deleware » (72) ilquale, come accaduto nell’esperienza americana degli anni Sessanta dallaquale tra origine, spingerebbe un numero elevato di società a lasciare ilproprio ordinamento di provenienza per emigrare verso ordinamenti piùflessibili. Alla data odierna, non si ritiene possibile un tale effetto in Euro-pa in quanto non esistono sistemi legislativi assimilabili a « paradisi fisca-

(69) V. infra, paragrafo, 10, dove si tratta dell’esperienza Fiat (FCA), la quale ha delibera-to il trasferimento della sede legale in Olanda e fiscale in Gran Bretagna in quanto gli ordina-menti di destinazione prevedono dei modelli societari più favorevoli rispetto a quello italia-no.

(70) Pederzini, op. cit., p. 122.(71) Troianiello, op. cit., p. 147.(72) L’effetto Deleware presuppone la costituzione di una società in un ordinamento giu-

ridico di uno Stato membro ritenuto più favorevole sotto l’aspetto della normativa in materiasocietaria per poi trasferire in un altro Stato la sede operativa, pur mantenendo la nazionalitàdel primo paese, così da godere dei benefici offerti dal paese ospitante.

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li », anche se nessuno nega l’esistenza nell’Unione europea di sistemi legi-slativi più flessibili rispetto ad altri.

Secondo altra parte della dottrina la concorrenza fra ordinamenti an-drebbe interpretata nel senso di una « gara al miglioramento » (race to the

top theory) del diritto societario europeo; in altre parole, gli Stati membrinon sarebbero propensi, come nel caso precedente, a ridurre le tutele in fa-vore degli investitori, ma al contrario sarebbero interessati a migliorare il li-vello qualitativo del diritto societario, eliminando ogni possibile ostacoloallo stabilimento. Stando così le cose la concorrenza fra ordinamentiavrebbe quale unico scopo quello di migliorare il livello di efficienza e diintegrazione dei singoli diritti societari.

Appare naturale condividere l’idea (73) che in Europa, pur esistendo le-gislazioni più « attraenti » rispetto ad altre, la « concorrenza fra ordinamen-ti » possa rappresentare solo uno stimolo al miglioramento del livello qua-litativo del diritto societario europeo.

Alla data odierna, il Governo Renzi, il quale ha ceduto alla Lettoniala Presidenza del Consiglio europeo dell’Unione europea, nei sei mesidi mandato (dal 1° luglio al 31 dicembre 2014) ha fatto avanzare i nego-ziati in tema di diritto societario europeo su vari fronti, tra i quali: la Di-rettiva in materia di Società unipersonale a responsabilità limitata, la Di-rettiva sui diritti degli azionisti e il Regolamento sullo statuto della Fon-dazione Europea (su questi dossier i lavori continueranno sotto la Presi-denza lettone).

La Commissione Juncker ha affermato di voler cambiare le cose in ter-mini di occupazione, crescita e investimenti a favore dei cittadini e delleimprese promuovendo un piano di investimento che mira a garantire tre-centoquindici miliardi di euro di investimenti pubblici e privati nel periodo2015-2017. In virtù di questi investimenti si potrebbe assistere ad un incre-mento del livello di occupazione all’interno dei paesi appartenenti all’Eu-rozona.

In prospettiva futura, ci si augura di poter assistere per mano delle isti-tuzioni europee a nuovi interventi in tema di armonizzazione legislativa,ritenuti di assoluta necessità per il completamento di un diritto societariodell’Unione europea. La conseguenza più importante del completamentodel programma di armonizzazione potrebbe riguardare anche il migliora-mento del livello di competitività delle imprese europee (soprattutto dallePMI le quali rappresentano la maggior parte delle imprese operanti nel

(73) Cassottana e Nuzzo, Lezioni di diritto commerciale europeo, 2a ed., Torino, 2006, p.25. Dello stesso avviso, Troianiello, Lo stabilimento delle società nell’unione europea, Napo-li, 2009, p. 147.

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Mercato unico) stante l’ingresso nello spazio economico europeo di realtàmolto competitive provenienti da nuovi paesi emergenti.

10. – È dell’estate scorsa la notizia apparsa su tutti i giornali della fusio-ne avvenuta tra la società Fiat s.p.a. e la società Chrysler, dalla quale è deri-vata la nuova FCA. La FCA ha stabilito la propria sede legale nei Paesi Bas-si e la propria sede fiscale in Gran Bretagna; tale doppia dislocazione ha da-to vita ad una serie di interrogativi attorno alle motivazioni (e alle conse-guenze) che hanno spinto il gruppo torinese a sostenere tali operazioni so-cietarie.

La risposta al primo dei due interrogativi (spostamento della sede lega-le in Olanda) (74) si giustifica sulla volontà della FCA di voler beneficiaredel più favorevole regime societario olandese; il quale, rispetto a quello ita-liano, risulta essere dotato di maggior flessibilità, soprattutto per quanto ri-guarda il rapporto tra diritto di voto dei soci in assemblea e numero di azio-ni possedute. In altri termini, la legislazione olandese consente ai soci didetenere diritti di voto superiori al numero delle azioni possedute, questosecondo il principio di diritto societario olandese del « voto doppio » (75).

Per quello che riguarda il secondo interrogativo (spostamento della se-de fiscale in Gran Bretagna) la risposta verte sul confronto esistente tra ilcarico fiscale italiano e quello inglese. La tax rate prevista in Italia è del36%, di cui il 31% solo di corporate tax, diversamente che in Gran Bretagnadove le imprese versavano all’erario: il 23% nel 2013, il 21% nel 2014 e at-tualmente solo il 20%. Pertanto, alla luce della normativa fiscale inglesemeno onerosa rispetto a quella italiana, appare naturale la decisione diFCA di voler stabilire la propria residenza fiscale a Londra (non dimenti-cando, dati alla mano, che la Fiat ha sborsato allo Stato italiano più di 500milioni di euro nell’ultimo anno) (76).

(74) Dati tratti dall’articolo intitolato: Ecco perché Marchionne verserà le imposte in Gran

Bretagna, apparso su Blitz Quotidiano, rassegna stampa, del 31 gennaio 2014, consultabileall’indirizzo http://www.blitzquotidiano.it/rassegna-stampa/ecco-perche-marchionne-versera-

imposte-gran-bretagna-cannavo-fatto-quotidiano-1781219.(75) Seguendo questo principio, giacché il gruppo di comando detiene circa il 30% del ca-

pitale della FCA, allo stesso verrà destinato un valore pari al 60% del capitale totale. In presen-za di questo beneficio appare logica la scelta da parte della Fiat (FCA) di trasferire la propriasede legale in Olanda; infatti, tale condizione vale anche in presenza del lancio di un OPA con-corrente, garantendo al gruppo di comando il mantenimento del controllo azionario.

(76) Dati tratti dall’articolo intitolato: Fiat Industrial si taglia le tasse spostando la sede

fiscale a Londra, apparso su l’Huffington post del 22 maggio 2013, consultabile all’indiriz-zo http://www.huffingtonpost.it/2013/05/22/fiat-industrial-si-taglia-le-tasse-spostando-la-sede-

fiscale-a-londra_n_3319667.html.

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In tema di spostamento della sede fiscale verso ordinamenti più favo-revoli, appare interessante una proposta della Commissione europea, che èstata denominata « clausola generale anti abuso » (77), la quale nelle inten-zioni della Commissione avrà la funzione di impedire alle grandi società dicapitali di scegliere le loro sedi in base alla comodità fiscale e al solo scopodi non pagare le tasse nel luogo in cui svolgono la propria prevalente attivi-tà economica.

In riferimento alle strategie messe in campo dalla nuova FCA ci si po-trebbe domandare se effettivamente nell’Unione europea si stia verifican-do, come da molti ipotizzato, una « concorrenza fra ordinamenti » degliStati membri, dove a beneficiarne sarebbero solo le società cross border

(FCA) e gli Stati destinatari (Gran Bretagna). Nella vicenda FCA moltihanno ritenuto che le strategie applicate dal gruppo Agnelli siano state det-tate unicamente da ragioni tributarie, poiché, come già detto, in Italia lapressione fiscale risulta essere di valore doppio rispetto a quella inglese. Ef-fettivamente se le cose stanno in questo modo, non si condivide l’idea diuna concorrenza sleale di parte inglese in quanto se alle società è garantitala libertà di stabilimento in ogni Stato dell’Unione, vien da sé che le stessesaranno pienamente libere di trasferire la propria sede (legale e fiscale) nel-lo Stato che garantisce loro il regime giuridico più favorevole, anche sottol’aspetto fiscale.

(77) Ibidem.

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