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Due mondi terreni in un paradiso. Alcune riflessioni su "Fiamme in paradiso" di Smari Abdel Malek...

Date post: 20-Jan-2023
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Barbara Kornacka Université Adam Mickiewicz de Poznań DUE MONDI TERRENI IN UN PARADISO ALCUNE RIFLESSIONI SU FIAMME IN PARADISO DI SMARI ABDEL MALEK Il presente articolo si propone due scopi : in primo luogo, gettare uno spiraglio di luce su una forma contemporanea di contatto tra l’ Orien- te e l’ Occidente e, più precisamente, su un fenomeno che si evolve nell’ ambito della letteratura italiana degli ultimi 20 anni, indicato più spesso con il termine di „letteratura italiana della migrazione” e al cui interno trovano la loro giusta collocazione non pochi autori arabi. In secondo luogo, si tratterà di analizzare l’ opera menzionata nel tito- lo, Fiamme in paradiso di Smari Abdel Malek (il Saggiatore, Milano 2000), la quale fa parte di questo filone letterario che costituisce una piattaforma d’ incontro e contaminazione di culture. Nell’ analisi del romanzo si punterà sulla duplice dimensione di scambi e influenze che intercorrono tra le due civiltà : da una parte, attraverso il libro di per sé e il suo aspetto formale, e dall’ altra attraverso il suo contenuto, che ritrae la difficile natura delle relazioni tra il mondo occidentale e il mondo orientale. Letteratura della migrazione in Italia La data di nascita della letteratura della migrazione è il 1990, quan- do vengono pubblicati i primi libri scritti ciascuno a quattro mani
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Barbara KornackaUniversité Adam Mickiewicz de Poznań

DUE MONDI TERRENI IN UN PARADISO ALCUNE RIFLESSIONI SU FIAMME

IN PARADISO DI SMARI ABDEL MALEK

Il presente articolo si propone due scopi : in primo luogo, gettare uno spiraglio di luce su una forma contemporanea di contatto tra l’ Orien-te e l’ Occidente e, più precisamente, su un fenomeno che si evolve nell’ ambito della letteratura italiana degli ultimi 20 anni, indicato più spesso con il termine di „letteratura italiana della migrazione” e al cui interno trovano la loro giusta collocazione non pochi autori arabi. In secondo luogo, si tratterà di analizzare l’ opera menzionata nel tito-lo, Fiamme in paradiso di Smari Abdel Malek (il Saggiatore, Milano 2000), la quale fa parte di questo fi lone letterario che costituisce una piattaforma d’ incontro e contaminazione di culture. Nell’ analisi del romanzo si punterà sulla duplice dimensione di scambi e infl uenze che intercorrono tra le due civiltà : da una parte, attraverso il libro di per sé e il suo aspetto formale, e dall’ altra attraverso il suo contenuto, che ritrae la diffi cile natura delle relazioni tra il mondo occidentale e il mondo orientale.

Letteratura della migrazione in Italia

La data di nascita della letteratura della migrazione è il 1990, quan-do vengono pubblicati i primi libri scritti ciascuno a quattro mani

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da un autore immigrato e da uno italiano. Si tratta della prima fase della letteratura migrante, sorta come frutto di una maturata consa-pevolezza che l’ Italia è diventata un paese d’ immigrazione, e come bisogno degli intellettuali immigrati di farsi ascoltare. I primi testi di questi autori si presentavano principalmente come espressioni auto-biografi che o testimonianze1.

Verso la metà degli anni novanta si nota che gli autori immigrati cominciano ad emanciparsi e a voler diventare scrittori a tutti gli eff etti : molti autori iniziano a scrivere direttamente in italiano. Così si passa alla seconda fase della letteratura della migrazione, quando nascono testi più maturi e più autonomi2.

Dopo la metà degli anni novanta, si vedono intensifi carsi diverse iniziative volte a scoprire ed esaminare, in termini propriamente let-terari, la letteratura prodotta dagli autori immigrati. Nasce interesse da parte delle case editrici, vengono fondate riviste come „Le mani tese” o le associazioni come „La Tenda” o „Eks&tra”. Sono di notevo-le importanza le iniziative del presidente dell’ associazione „La Ten-da”, Raff aele Taddeo3. Cresce anche l’ impegno all’ interno del mondo universitario, dove la letteratura della migrazione viene inserita nel quadro di ricerche su letterature comparate, soprattutto grazie all’ at-tività di Armando Gnisci4.

1 F. A r g e n t o, La letteratura della migrazione in Italia [dans :] Atti convegno „Cul-ture della migrazione e scrittori migranti”, [on -line], http ://digilander.libero.it/vocidalsilenzio/Letteratura dell’ immigrazione.htm.

2 R. Ta d d e o, Letteratura nascente ; letteratura italiana della migrazione. Autori e poetiche, Milano 2006, p. 7.

3 Ibidem ; precedentemente il saggio : Narrativa nascente [in :] La lingua strappa-ta. Testimonianze e letteratura migranti, a cura di A. I b b a, R. Ta d d e o, Milano 1999, pp. 19-28.

4 A. G n i s c i, Il rovescio del gioco, Roma 1992 ; idem, Quattro conti, Roma 1998 ; i d e m, La letteratura italiana della migrazione, Roma 1998 ; i d e m, Creoli me-ticci migranti clandestini e ribelli, Roma 1998 ; i d e m, Poetiche dei mondi, Roma 1999 ; i d e m, Introduzione alla Letteratura comparata, Milano 1999 ; i d e m, Una storia diversa, Roma 2001 ; i d e m, Creolizzare l’ Europa, Roma 2003 ; i d e m, Nuovo Planetario Italiano, Troina 2006 ; i d e m, Decolonizzare l’ Italia, Roma 2007.

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All’ inizio del nuovo millennio ritorna l’ interesse della grande edi-toria5, grazie al quale si recuperano opere di scrittori che hanno avu-to un discreto successo editoriale al momento della pubblicazione e, soprattutto, se ne pubblicano di nuove, sempre più mature dal punto di vista letterario. Gli scrittori migranti cercano oramai di abbando-nare defi nitivamente gli schemi della letteratura di testimonianza, di cimentarsi con vari stili e generi, di sperimentare, evolvendo verso un livello superiore di qualità letteraria. Ricorrendo all’ espressione di Armando Gnisci, gli scrittori della migrazione, al pari di quelli ita-liani, formano oramai un „nuovo planetario letterario”6, imponendo, di conseguenza, la necessità di analizzare la letteratura della migra-zione in relazione con la tradizione letteraria italiana. La letteratura italiana contemporanea si sta aprendo al processo di contaminazione e sprovincializzazione, che prevede la decostruzione dei confi ni di appartenenza nazionale e linguistica e una nuova dimensione di let-teratura interculturale e transnazionale.

All’ interno di questo fi lone si fanno conoscere anche numerosi scrittori arabi migranti che scrivono in italiano, off rendo al lettore la propria percezione dello scontro/incontro di civiltà che stanno vivendo. Il romanzo Fiamme in paradiso di Abdek Malek Smari, è solo un piccolo campione del contributo arabo alla letteratura del-la migrazione e l’ analisi che se ne propone potrà necessariamente abbracciare solo una piccola parte delle problematiche che sorgono all’ interno della letteratura in questione.

Fiamme in paradiso

Il romanzo racconta la storia di Karim, un giovane ragazzo algerino, molto studioso e intellettuale, che si decide a emigrare in parte per continuare gli studi, una volta raccolti fondi suffi cienti, e in parte per

5 La Fiera del libro di Torino 2000 dedica due eventi alla letteratura della migrazione.

6 A. G n i s c i, Nuovo Planetario…, op. cit.

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fuggire dalla critica situazione politica in Algeria all’ inizio degli anni novanta. Pieno di speranze e paure, giunge in Italia, che nella sua co-scienza funge da paradiso di bellezze, civiltà e cultura, il paradiso che egli è pronto a difendere in ogni momento a spada tratta. Presto, però, le sue proiezioni si scontrano, da un lato, con la diffi cile realtà di un clandestino : fame, freddo, mancanza di un tetto, mancanza di lavoro, persecuzioni della polizia, diffi denza e, dall’ altro, con le opinioni di altri arabi emigrati, lungi dall’ essere favorevoli nei confronti degli ita-liani. Karim si deve, inoltre, misurare con i pregiudizi insormontabili da entrambe le parti. Nonostante le soff erenze, Karim è determinato a rimanere nel suo „sognato paradiso”, pur di non tornare nel suo paese, dove non lo aspetta alcun futuro. Una tragica ironia della sorte vuole che neppure l’ Italia gli off ra un futuro : un giorno muore come vittima casuale di un attentato terroristico in via Palestro a Milano.

Nel romanzo dello scrittore algerino Fiamme in paradiso, in una duplice dimensione di cultura e di vita si avvicinano l’ uno all’ altro due mondi : il mondo orientale e il mondo occidentale. Mentre a li-vello di cultura è un incontro, in quanto esso prevede almeno una parziale apertura all’ altro e un invito a integrarsi, a livello di vita abbiamo a che fare con uno scontro, in quanto ambedue i mondi rimangono chiusi e si urtano.

Dimensione di Cultura – un incontro

La cultura, dunque, è una dimensione che raccoglie diversi elemen-ti del felice incontro tra l’ Oriente e l’ Occidente. Lo percepiamo dal primo momento, essendo il romanzo di Malek Smari frutto di una letteratura italiana contaminata con la lingua e la mentalità araba, di una letteratura che nasce dalla necessità degli immigrati arabi di avere voce nella nuova realtà occidentale. Il libro è pubblicato in Ita-lia e scritto in italiano, ma da un autore arabo, l’ azione si svolge in Italia, ma i protagonisti sono arabi e, dunque, pensano e vedono la realtà con occhi „orientali”. È dunque un prodotto delle culture di entrambi i mondi.

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Se si considera ora la forma del romanzo, in particolare il suo ge-nere e l’ aspetto linguistico, si notano alcune convergenze o conviven-ze assai armoniose di elementi arabi e italiani. Dal punto di vista della trama e della fi gura del protagonista, il romanzo potrebbe essere de-fi nito come un romanzo di formazione, Bildungsroman : un giovane ragazzo abbandona la casa natale, compie un lungo viaggio all’ este-ro, dove si trova ad aff rontare diffi cili esperienze, a confrontarsi con mentalità diverse, a imparare a sopravvivere, e, oltretutto, a ridimen-sionare le sue immaginazioni, messe a dura prova dalla realtà concre-ta, subendo, non poche volte, una traumatica disillusione. In poche parole : deve crescere. Questo genere romanzesco è molto diff uso in Italia tra la schiera dei cosiddetti „giovani narratori” degli anni ottan-ta7, come Pier Vittorio Tondelli, Aldo Busi o Andrea De Carlo8, coe-tanei, dunque, dello scrittore algerino, il quale però ci aggiunge a una sua specifi cità e originalità orientali. I problemi del giovane ragazzo arabo non sembrano diversi dai problemi di altri giovani protagonisti dei romanzi di genere : trovare lavoro, trovare una sistemazione, for-mare la propria identità. In parte, però, sono molto diversi : Karim, pur essendo consapevole dei suoi valori umani e intellettuali, deve portare il fardello di un extracomunitario clandestino, ovvero, di una persona condannata a continue fughe e umiliazioni.

La lingua del romanzo è l’ italiano, tuttavia, come spesso accade nel caso della letteratura della migrazione, è un italiano contamina-to : molte volte interrotto dalle parole provenienti dalla lingua madre dello scrittore9, qui dall’ arabo, le quali non solo danno una specie di

7 R. C a r n e r o, Under 40. Scrittori giovani nella letteratura contemporanea, Mila-no 2010, pp. 57-77 ; S. Ta n i, Il romanzo di ritorno. Dal romanzo medio degli anni sessan ta alla giovane narrativa degli anni ottanta, Milano 1990, pp. 197-248.

8 Si pensi, per esempio, a romanzi quali : Seminario sulla gioventù, Sodomie in corpo 11 di A. B u s i, Altri libertini di P.V. To n d e l l i, Treno di panna e Uccelli da gabbia e da voliera di A. de Carlo.

9 La contaminazione linguistica è una caratteristica della letteratura della migra-zione. Cf. S. S a b e l l i, Introduzione alla letteratura italiana della migrazione, [in :] Alfabetica : la parola come luogo di incontro, a cura di T. B u g a r i, Jesi 2007, p. 21.

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patina orientale, ma arricchiscono il racconto di concetti che vi si nascondono. I primi due termini che incontriamo sono la ghorba, spiegata come „paese degli stranieri e della nostalgia” (p. 9), espres-sione che ritorna nel testo numerose volte, e Bled erruma, „la terra dei romani” (p. 10), parole che in arabo signifi cano l’ Italia. Karim abbandona l’ Algeria, tra l’ altro, perché non vuole diventare haitist, cioè un ragazzo che „passa il suo tempo a reggere hait, il muro, con il sedere” : non vuole, quindi, diventare un disoccupato. Invece, nella sua mitologia giovanile, il modello morale più alto, l’ ideale è Mu-jahid, che signifi ca „« chi fa lo sforzo », chi si sforza di compiere la volontà di Dio […]. Uno che off re la sua vita per aiutare un fratello, senza tono d’ autorità o da predicatore” (p. 111). Nella ghorba, è me-glio evitare el Ghabbara, così da non farsi prendere per el Ghabbara, ovvero, per uno spacciatore di droga. Incontriamo, inoltre, numerosi termini legati alla religione : Iscia, Dohr, Kayim, halal, Allahu akbar, el Jumu’ a oppure Jihad. Benché con una decisa prevalenza dell’ italia-no, le due lingue si intrecciano nello stesso testo, creando un linguag-gio letterario molto originale e ricco, a conferma di quanto scritto da Filippo La Porta, in particolare che la lingua italiana „ritroverà senso e sapore se la « raccoglierà » qualcun altro, raccontando esperien-ze nuove, mescolandola ad altri suoni, esponendola ai molti contagi dell’ ambiente”10.

Infi ne, il libro di Smari Abdel Malek, attraverso le ricche cono-scenze del protagonista mette a disposizione del lettore i vari elemen-ti della tradizione letteraria araba : dai versi delle Mille e una notte, ad alcuni cenni dedicati a Mahmud Timor, uno dei maggiori scritto-ri della rinascita della letteratura araba negli anni trenta. Karim, da giovane intellettuale interessato soprattutto alla letteratura occiden-tale, dopo anni in cui aveva rinnegato la letteratura araba moderna ricomincia ad apprezzarla e a riscoprirla : „E la vivo un poco come un nuovo amore e come un’ espiazione. […] Ho fi nalmente trovato la chiave per gli armadi della letteratura araba” (pp. 59-60). Inoltre, in alcuni momenti della sua diffi cile ghorba, Karim, per farsi coraggio

10 F. L a P o r t a, Meno letteratura, per favore !, Torino 2010, p. 42.

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o per trovare una qualche consolazione, fa ricorso ai distici degli au-tori tradizionali, permettendo anche a chi legge questi versi in italia-no di rifl ettere sulle antiche saggezze arabe.

Dimensione di Vita – uno scontro

Ora, un approccio al contenuto del romanzo ci indirizza verso la se-conda dimensione delle relazioni tra l’ Oriente e l’ Occidente : la vita, dove gli elementi provenienti da entrambe le civiltà non riescono più a coesistere armoniosamente. Il loro reciproco avvicinarsi è uno scontro tra i due mondi. Si osserva questo fenomeno sia a livello dello spazio descritto nel romanzo, sia nella costruzione dei protagonisti.

L’ azione del libro si svolge quasi interamente a Milano, decritta come una metropoli moderna, identifi cata ulteriormente con i nomi di alcune arterie e con alcuni posti di interesse storico. In questo spazio concreto si possono osservare tre tipi di aree, individuate se-condo la frequentazione e la presenza dei protagonisti.

Il primo è lo spazio riservato unicamente ai musulmani. Si tratta dell’ Istituto Islamico in viale Jenner, in realtà un capannone che in precedenza è stato un garage e in seguito una discoteca. Adesso vi si trova una moschea e „un ristorante halal”, cioè che serve cibi autoriz-zati dall’ Islam. È quindi un luogo di preghiere e di raduno, frequen-tato solo dagli immigrati arabi che ci possono mangiare, discutere e stare insieme all’ ora di preghiera. Per quanto sia modesto, rozzo e profumato di benzina, ha tutto per essere una moschea e soprattut-to garantisce agli arabi immigrati a Milano un piccolo territorio loro, dove hanno la possibilità di praticare indisturbati la loro religione, ma anche di aiutarsi a vicenda a mantenere e confermare la propria identità e la propria diversità.

Il secondo tipo sono gli spazi di confi ne, frequentati soprattutto dagli immigrati arabi, dove però essi possono incontrare immigrati da altre parti del mondo e dove entrano in un qualche contatto, an-che se molto limitato e perlopiù inopportuno, con gli italiani. Si pen-si a posti quali l’ Opera pia Sammaritani, un dormitorio che off re un

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letto per quindici giorni agli immigrati appena arrivati, poi a diverse agenzie di collocamento o cooperative, dove gli immigrati possono lavorare saltuariamente e incontrare un gestore, un datore di lavoro o un lavoratore italiani, con cui, però, i loro contatti fi niscono una volta fuori dal posto di lavoro. Si pensi anche ai mezzi di trasporto pubblico, o ai posti, dove gli immigrati arabi si rifugiano per passare la notte, ovvero vecchie macchine abbandonate o vagoni dei treni, dove però un eventuale incontro con gli italiani è davvero sgrade-vole. Che sia un semplice controllore sull’ autobus o la polizia, perlo-più aggressiva e brutale, che arriva di notte per buttare fuori Karim e i suoi amici dalle loro macchine -case, si tratta sempre delle forze dell’ ordine pubblico. Sono dunque spazi, dove il reciproco contatto tra gli immigrati arabi e gli italiani è segnato o dall’ indiff erenza o dal rapporto di forza.

Il terzo sono i luoghi urbani accessibili al vasto pubblico, d’ inte-resse artistico o culturale, come il Duomo, il Cimitero Monumentale o come la scuola di lingua italiana per stranieri. Questi posti, così importanti per la civiltà italiana e aperti non vengono però frequen-tati che da Karim, l’ unico a voler conoscere la lingua e il patrimonio storico del paese che lo ospita. Gli altri arabi raccolti soprattutto at-torno al centro islamico di Viale Jenner o sdegnano o non manifesta-no alcun interesse per questi luoghi.

Da questa tipologia degli spazi si deduce una struttura assai netta dei protagonisti che sono, in primo luogo, gli arabi immigrati in Ita-lia, frequentatori dell’ Istituto Islamico, in secondo luogo, gli italiani, che però occupano solo posti di secondo e terzo piano e, pertanto, ruoli abbastanza episodici nel romanzo e, in ultimo luogo, il prota-gonista principale Karim.

Ai primi appartiene una voce molto rilevante nel libro. Sono un gruppo internazionale, composto di soli maschi algerini, marocchini, egiziani e altri ancora, che si incontrano regolarmente presso l’ Isti-tuto Islamico. Sono ritratti, in parte dal narratore, in parte da Karim, come persone molto chiuse nella loro diversità nazionale e religiosa, molto ferme nelle loro posizioni, attaccate alle loro antiche tradizioni e usanze dettate dall’ Islam e seguite alla lettera, senza un minimo

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margine di tolleranza, né un minimo senso di autocritica, senza nep-pure una minima rifl essione. Leggiamo : „Chiusura e ostilità verso gli altri, tutti gli altri. Ripetizione, infi nità di gesti ritualizzati e parole che davano loro la garanzia assoluta di essere nel bene, di essere il bene.” (p. 107). Quando Karim si allontana da questi „poliziotti della coscienza”, conosce nella scuola di lingua diversi egiziani, che trova „tolleranti, bravi, allegri e socievoli” (p. 120). È però l’ unico cenno sugli arabi meno ortodossi, e rimasto senza alcun seguito.

Gli italiani, invece, anche se non sono pochi, costituiscono per-sonaggi secondari e privi di autonomia letteraria. Vi sono aggressivi e cinici poliziotti, diversi datori di lavoro, perlopiù anonimi, un’ in-fermiera che soccorre Karim quando questi si ammala gravemente, alcuni passanti e Lory, la donna con il cane, con la quale Karim fa conoscenza in un parco. Quello degli italiani è un mondo molto di-stante, isolato e anche muto. Sembra di non avere una sua voce con cui esprimersi e presentarsi al lettore. Infatti, gli italiani, li conoscia-mo solamente attraverso le opinioni molto contrastanti, degli arabi da una parte e di Karim dall’ altra. Mentre i primi li trovano razzi-sti, disonesti, sporchi, cinici e ignoranti, Karim, nonostante le umi-liazioni subite, cerca sempre di difendere il suo sognato paradiso, presentando molti argomenti o attenuanti di natura storica, politica o culturale.

Karim è, appunto, l’ elemento mancante di un ipotetico e impos-sibile incontro dei due mondi anche a livello di vita. È un arabo però, per molti versi, contrastante con gli altri presentati nel libro. Karim è pacifi co, aperto e tollerante. Sono i valori che cerca nel mondo. „Era anche partito per non dover essere obbligato a scegliere in un con-fl itto di cui non si sentiva parte, non erano quelle le sue scelte, né la dittatura militare […], né il sogno del riscatto islamico imposto con la violenza” (p. 68). È pronto a capire le diff erenze altrui, cercando con un vero senso ecumenico i punti di contatto tra la sua formazio-ne e quella dei cristiani. Karim è un modello di questa integrazione degli immigrati che si raggiunge senza la perdita della propria identi-tà, e che potrebbe avvicinare le due civiltà anche nella dimensione di vita. Raffi gura una versione ideale della coesistenza dei due mondi,

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un insieme di atteggiamenti e caratteristiche da attuare da parte sia degli arabi sia degli italiani. Un modello che, purtroppo, è condan-nato al fallimento, così come falliscono tutte le speranze di Karim in una morte casuale e priva di senso.

Filippo la Porta dice che gli scrittori migranti esprimono in modo esemplare un destino universale nei nostri tempi, la comune condi-zione di „pellegrini”, disorientati, sradicati da una tradizione, ma im-pegnati a immaginare nuove comunità possibili, la condizione con cui si confronta la migliore letteratura contemporanea11. In questa, sembra inserirsi anche il romanzo di Smari, confermando la sorte degli esseri umani oggi, delle civiltà che s’ incontrano e si scontrano nello stesso tempo, non sapendo come proseguire, gli uni accanto agli altri, l’ itinerario del pellegrinaggio verso il nuovo.

Summary

Th e aim of article „Two earthly worlds in one paradise. Some refl ections on Fiamme in paradiso by Smari Abdel Malek” is an analyze of the Ara-bian writer’ s novel, representing the so -called Italian migrant literature. Th e novel is a testimony of the dual nature of the relations between the oriental world and the occidental one. On the level of the culture, represented by the book itself as well as some formal aspects of the novel, we have to do with a meeting, a kind of the point of intersection and a cultural contamina-tion. On the level of the life, expressed by the plot, the described space and the fi gures of the main characters, we assist to an encounter, a closure and a rejection.

11 Ibidem, p. 46.


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