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[EUROPE] Verso i Principi del credito responsabile nell'Unione europea [Udo Reifner]

Date post: 01-Feb-2023
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3 Il sovraindebitamento civile e del consumatore Sistemi giuridici europei alla prova del dialogo A CURA DI ANTONIO SARCINA [Estratto] UDO REIFNER Verso i Principi del credito responsabile nell’Unione europea
Transcript

3

Il sovraindebitamento civilee del consumatore

Sistemi giuridici europei alla prova del dialogo

a cura di

Antonio Sarcina

[Estratto]

UDO REIFNER

Verso i Principi del credito responsabile nell’Unione europea

5© dialogi euroPaei

udo reifner

Verso i Principi del credito responsabile nell’Unione europea

SoMMario: 1. L’indebitamento in eccesso del consumatore e la Direttiva 2008/48/CE [sul credito al consumo]. - 2. Prestito responsabile nel diritto dell’Unione europea. - 3. Credito responsabile nel diritto nazionale: possibili vie per il consumatore. - 3.1. Tutela sociale del consumatore. - 4. Diritto concorsuale vs. diritto di credito. - 5. Verso i Principi europei del credito responsabile.

1. L’indebitamento in eccesso del consumatore e la Direttiva 2008/48/CE [sul credito al consumo]

Sia l’Europa che gli Stati Uniti, come noto, si sono trovati imbattuti in una vera e propria contesa di competenze tra ambito nazionale e federale nella disciplina del credito al consu-mo e correlata esigenza di prevenzione dell’indebitamento. Mentre alcuni Stati degli USA introducevano una legge per limitare il ricorso a “prestiti-predatori” da parte delle famiglie in crisi da indebitamento in eccesso, il Congresso americano manifestava l’intenzione di assumere il “pieno controllo” della materia con una legislazione federale complementare [in sostituzione] a quella nazionale.

Alla stregua, nell’Europa continentale, la Commissione europea presentava tre ipotesi di riforma della Direttiva sul credito al consumo [d’ora innanzi, CCD 2008]1 – i cui principî sarebbero poi, come naturale, confluiti nel contesto delle legislazioni nazionali –, nel mo-mento in cui il mercato non regolamentato del credito al consumo in Europa si caratterizzava per l’offerta di nuovi prodotti da parte di nuovi finanziatori attraverso le consuete tecniche creditizie: carte di credito, sconfinamento in conto corrente, offerte fuori sede anche da parte di operatori non propriamente bancari, credito mouseclick, flipping, credito rotativo, credito a tasso variabile e, soprattutto cross selling (vendite incrociate) di prodotti assicurativi ad elevato (usurario) tasso d’interesse, determinato molto spesso con la tecnica del risk based pricing (commisurato cioè, il coefficiente, al rischio di sovraindebitamento del debitore), un gran numero di istituti di credito peraltro sfuggendo di fatto al controllo degli organi di vigilanza2. Di pari passo i Paesi continentali venivano indotti ad abolire le disparate forme di finanziamento pubblico per mezzo di banche pubbliche perché considerate aiuti di stato, e quindi pratiche commerciali non consentite.

Fermo restando, naturalmente, il principio della libertà di accesso al credito – ormai scevro il prodotto finanziario da ogni retaggio culturale assumente la condizione del consu-matore indebitato come fattore di rischio ed assai pernicioso per la Società –, il messaggio

1 [Direttiva 2008/48/CE, sul credito al consumo, attuata, per esempio, in Italia dal d.lgs. 141/2010, espressa-mente mirante a governare il crescente fenomeno del sovrindebitamento delle famiglie, sebbene progressivamente ridimensionata. E pertanto, su questo scenario ancora “in movimento”, concernente un’area problematica partico-larmente complessa come il credito al consumo, cfr. (aa.vv.), La nuova disciplina europea del credito al consumo, De Cristofaro (a cura di), Torino, 2009.]

2 [Una piena e coesa disciplina del “prestito responsabile”, come vedremo meglio oltre, si mostra idonea a misurarsi positivamente con questi “fenomeni distorsivi”, promuovendo il corretto affidamento dell’utente/consu-matore in prodotti finanziari adeguati alla sua condizione economica e contribuendo a ridimensionare le dinamiche del sovrindebitamento dello stesso, oltre che le perdite sui crediti registrate dal finanziatore: in tal senso, G. PiePoli, Sovraindebitamento e credito responsabile, in BBTC, 1, 2013, 43.]

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neoliberale si connota di un certo lassismo nella valutazione della meritevolezza del credito, in quanto [si è ritenuto in sede comunitaria] una maggiore accessibilità al credito favorisce la concorrenza e di conseguenza il contenimento dei costi, il tutto a beneficio del consuma-tore. E non importa sei i supposti richiamati vantaggi non siano equamente redistribuiti nella Società…

È certo che il regime di disciplina e per certi versi il controllo dell’indebitamento in eccesso da parte dei consumatori diviene una priorità, dapprima negli Stati Uniti poi in Paesi come Gran Bretagna, Germania e Francia. Come pure certo è che Paesi come Grecia, Italia o Spagna, si ritrovano a sperimentarne le conseguenze della sconfinata espansione del credi-to, per di più in mancanza di una sufficiente regolazione: fasce deboli, meno abbienti, della Società si ritrovano oggi a sostenere enormi costi di accesso al credito; le famiglie obiettiva-mente private della facoltà di scelta sono spesso costrette ad accettare soluzioni finanziarie solo in apparenza poste a sostegno della di loro condizione, di fatto ritrovandosi di fronte all’unica “soluzione” possibile, quella cioè di fare ricorso a “creditori-predatori” [e sia detto senza alcuna connotazione peggiorativa].

Lo scenario, come si vede, al di là dei buoni propositi è quello di sempre: le banche ge-stiscono l’intero mercato, rifinanziando il credito ed all’uopo estendendo il raggio d’azione disseminando filiali.

Vero è che il diverso ultimo approccio della CCD 2008, rispetto al progetto originario del 20023, enfatizza il principio della libertà (?) di accesso al credito quale strumento di prevenzione al sovraindebitamento, vincolandone l’impostazione alle legislazioni nazionali – deve purtroppo constatarsi, grazie ad un lobbismo dichiarato in seno al Parlamento europeo che nell’arco4 di appena tre mesi è riuscito a stravolgere la portata del progetto originario del 2002 quello sì mirante ad arginare il fenomeno del sovraindebitamento delle famiglie –.

Nell’ottica della massima armonizzazione, la progressiva sostituzione della disciplina nazionale ad opera di quella europea da un canto, e, dall’altro, l’apertura dell’internet al cre-dito, insieme quindi all’introduzione della firma digitale, alla contestuale implementazione dei sistemi elettronici di pagamento, hanno portato ad un deterioramento del livello di tutela nazionale del consumatore. Non è un mistero che le istituzioni comunitarie si mostrino finan-co favorevoli all’eliminazione dei massimali sui tassi d’interesse in Germania, come in Italia, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Polonia, perché [ritenuti] di ostacolo alla concorrenza; sebbene la ricerca empirica dimostri il contrario, e che cioè la fissazione di detti massimali rappresen-tano un efficace strumento di rilevazione delle “perdite sociali” e favorente l’accesso al cre-dito a costi meno proibitivi per quelle aree di popolazioni meno abbienti, più abbisognevoli della riduzione del gap delle entrate rispetto alle uscite.

Volendo solo richiamare l’esperienza dei mercati nel Regno Unito e negli Stati Uniti (che per il sovraccarico d’informazioni patiscono le inefficienze della sovraregolamentazio-ne), i tassi d’interesse hanno, in quei Paesi, raggiunto un livello smisurato a discapito dei consumatori, sino alla soglia del venti per cento, diversamente dagli istituti di credito che si alimentano “gratuitamente” dalla Banca centrale.

Tutto ciò ha comportato, e per certi versi provocato, una graduale sostituzione del diritto

3 [Vds. Proposta di Direttiva Com(2002)443/CE: per una ricostruzione del mutamento di paradigma, cfr., (aa.vv.), La nuova disciplina europea del credito al consumo, cit.]

4 Per una descrizione del contesto per lo sviluppo della Direttiva 2008/48/CE, cfr. U. reifner, Die weitere Deregulierung des Verbraucherkredites - eine merkwürdige Antwort auf die Kreditkrise, in Kritische Justiz, 2, 2009, 132 ss.

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di credito [a caratterizzazione privatistica] con il diritto concorsuale [di indole pubblicistica].Invero, l’importanza storica del diritto romano (i.e., ius comune) si riflette ancora oggi

nelle fattispecie ed istituti come la laesio enormis, l’usura, la clausula rebus sic stantibus, la locatio conductio e il dominium utile, che ben potrebbero impiegarsi nelle contrattazioni finanziarie a presidio delle conseguenze sfavorevoli delle contrattazioni sulla capacità pro-duttiva delle persone. Ma il XIX secolo si caratterizza per la contrattazione di credito reci-proco poggiato sul caveat emptor quale enunciato degli spot contract [contratti a pronti] a disposizione degli “utilizzatori” di lungo periodo del capitale monetario, detti anche debitori (Schuldner). Questi “patti nudi” a lungo termine (in effetti, contratti privi di idonea tutela giuridica), ma regolati da un pensiero giuridico5 a breve, sono completamente avulsi da una qualsiasi forma di responsabilità sociale. Con il “pretesto”, nell’odierna realtà di crisi econo-mica, di offrire un valido supporto ai debitori privi di tutela effettiva, i consulenti del debito sono divenute figure decisive, “si fa per dire”, posti a presidio, “si fa per dire”, del benessere collettivo (sociale). Ecco così spiegata anche la ragione di una certa forma di “assistenziali-smo sociale” nei confronti della classe “emergente” dei cosiddetti “consumatori vulnerabili”, i quali in un contesto enormemente scosso dalla crisi finanziaria è bene siano mantenuti in vita non per pietà cristiana, ma per il bene dei creditori stessi…

A ben analizzare, vi sarebbero altre opzioni. A parte quella basata sul contenimento dei tassi d’interesse, L’Europa continentale ha una storia ricca di sistemi di tutele contro le pratiche di credito usurario che la (nuova) CCD 2008 ha purtroppo trascurato di valutare: sebbene l’esigenza di massima armonizzazione abbia fondamentalmente investito solamente l’ambito dell’informativa al consumatore, l’impostazione comunitaria di disciplina ha finito col minacciare l’acquis social in materia di credito al consumo e di salvaguardia degli inte-ressi del debitore6.

Si tratta di quella tradizione del diritto civile fondata su norme in materia di buona fede e di buon costume, anatocismo, interessi di mora, etc., cioè su quell’armamentario messo in piedi evidentemente per far affiorare una estensione del credito non sufficientemente ponde-rata, all’uopo apponendo delle limitazioni alle pratiche usurarie di rifinanziamento.

Sono regole che acquisiscono sempre più importanza nella realtà che stiamo vivendo, viste le risultanze statistiche (come quella delineata per i cittadini tedeschi in stato di in-solvenza per il 2011) che rivelano come, a causa di accadimenti sociali indipendenti dalla volontà del singolo, l’eccessivo indebitamento più che frutto di una scelta consapevole rap-presenta, per il consumatore, un percorso obbligato da intraprendere.

2. Prestito responsabile nel diritto dell’Unione europea

Il concetto di prestito responsabile avrebbe assunto il valore e la forza di Principio co-munitario se l’art. 5 della bozza del 2005 della CCD 2008 fosse entrato in vigore nei termini ivi prospettati. Prospettava quanto segue: «Il creditore e, se del caso, l’intermediario del credito è tenuto a rispettare il principio del prestito responsabile. Il creditore e, laddove sia

5 Cfr., U. Reifner - L. Nogler, Social contracts in the light of the Draft Common Frame of Reference for a future EU Contract Law, in Common Core Evaluating Group, Antoniolli - Fiorentini (a cura di), 2010.

6 Il Considerando 9, CCD 2008, afferma che: «è necessaria una piena armonizzazione che garantisca a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente di tutela dei di loro interessi e che crei un vero mercato interno».

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previsto, l’intermediario del credito, deve pertanto conformarsi all’obbligo di informativa precontrattuale e della valutazione del merito creditizio del consumatore sulla base di precise informazioni fornitegli dal consumatore medesimo; anche a mezzo della consultazione di apposite banche dati».

Nell’alternativa proposta avanzata dalle organizzazioni rappresentative dei diritti ed in-teressi dei consumatori tedeschi, si è chiarito come il credito rappresenti una forma protratta di “relazione sociale”, sicché la responsabilità non è richiesta solo all’atto del prestito, ma nel corso dell’intero rapporto negoziale, nell’arco cioè dell’intera “vita” del contratto: «Quando un creditore conclude un contratto di credito o di fideiussione, è tenuto a rispettare il principio del credito responsabile. Il creditore è responsabile per i danni causati a seguito della stipula qualora risulti non conforme alle condizioni patrimoniali del consumatore, alla sua capacità di rimborso, allo scopo del credito, ai costi ed alle criticità specifiche del consumatore ovve-ro del suo gruppo di appartenenza, variabili queste delle quali il creditore è tenuto ad avere consapevolezza».

È pur vero che la versione finale della CCD 2008 non accenna al “prestito responsabile” [se si eccettua il Considerando 26], ma resta salvo l’obbligo della valutazione del merito cre-ditizio7 [art. 8, 5 (1) (q), 6 (1) (j)], per come accolto e, anzi implicitamente ampliato dall’art. 5 (6) ove la responsabilità dei prestatori di danaro [finanziatori] nel corso del rapporto con-trattuale da ricondursi nell’ambito proprio della responsabilità pre-contrattuale. Per l’effetto, è consentito agli Stati membri di regolamentare siffatta esigenza nel modo seguente: «i cre-ditori e, se del caso, gli intermediari del credito forniscono al consumatore ogni opportuna delucidazione perché questi possa valutare appieno la conformità del contratto [in corso di stipulazione] alle proprie esigenze e condizioni finanziarie, se del caso fornendo le infor-mazioni precontrattuali […], le caratteristiche essenziali del prodotto [finanziario] offerto, senza trascurare le informazioni sulle conseguenze del mancato pagamento. Gli Stati membri possono adattare le modalità e la portata dell’attività di assistenza stabilendo a chi spetti as-sicurarla, in ragione del particolare contesto [ambientale] di offerta del contratto di credito, quindi del destinatario e della tipologia di credito».

Il principio del prestito responsabile ha le propri radici nelle norme a carattere pruden-ziale di diritto bancario del XIX secolo, quando la vigilanza bancaria preservava la sicurez-za del risparmio impedendo l’erogazione di danaro con modalità che ne avrebbero potuto compromettere la restituzione. Gli ordinamenti giuridici di Belgio e Svizzera sono i primi ad essersi conformati, nella prospettiva della migliore tutela del consumatore. Ma anche il Re-gno Unito si è mosso nella stessa direzione con apposite statuizioni nel codice del consumo.

Dal 1992 il diritto svizzero ha obbligato a non concedere prestiti ove il richiedente non di-mostri sufficientemente la propria “capacità di credito” all’esito della valutazione del “merito creditizio” effettivo (ex art. 22, legge svizzera sul credito al consumo). Per il sistema svizzero, il debitore è, come tale, cioè presuntivamente, considerato non accorto se non proprio “inca-pace” di valutare la possibilità di rimborso allorché l’importo totale del credito diviso per tren-tasei mesi (a prescindere dalla effettiva durata del rapporto) risulti non sufficiente a garantirgli

7 [Rappresenta, è risaputo, un principio consolidato nell’esperienza bancaria: è nell’interesse del creditore analizzare la capacità del debitore di rimborsare la quota capitale. Donde l’esigenza di comprendere le ragioni che hanno determinato la scelta di introdurre una ulteriore, espressa previsione normativa di tale valutazione (così, G. PiePoli, Sovraindebitamento e credito responsabile, cit., 41; A. SiMionato, Prime note in tema di valutazione del merito creditizio del consumatore nella Direttiva 2008/48/Ce, in (aa.vv.), La nuova disciplina europea del credito al consumo, cit., 183 ss. e spec. 195 ss.]

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le minimali condizioni di sopravvivenza8. L’esperienza però ci insegna che, in pendenza di un rapporto di credito/debito ed in caso di indebitamento in eccesso del consumatore, la richia-mata restrizione di fatto non consente l’accesso al credito a quel consumatore che ha l’urgenza di rifinanziare il debito correlato, specialmente nel caso in cui all’aumento del livello di inde-bitamento si unisca un significativo ridimensionamento delle entrate per causa sopraggiunte non imputabili al consumatore: disoccupazione, malattia, etc. Nei fatti si finisce col privare il sovraindebitato di una “seconda chance” attraverso il rifinanziamento.

Siffatta prospettazione, commisurata alla capacità di rimborso delle rate in base a va-lutazioni prospettiche di tipo meramente aritmetico, trascura di considerare la causa di un qualsivoglia finanziamento: la produttività del capitale finanziato, la capacità cioè di gene-rare entrate supplementari a compensazione degli interessi a debito, ma anche necessarie al sostentamento della famiglia e non ultimo al profitto [benessere] di ognuno. Invero, il credito [al di là delle mere valutazioni di calcolo] nei confronti delle fasce economicamente più de-boli (soprattutto quando queste non possono beneficiare del “merito creditizio”) apporrebbe un argine al di loro stato di indebitamento in eccesso: con il microprestito, per esempio.

È che indipendentemente dalle risultanze della ricerca empirica, norme più restrittive di accesso al credito, insieme ad una blanda regolazione del prodotto finanziario, sono state rite-nute dalle istituzioni comunitarie sufficienti a prevenire il fenomeno del sovraindebitamento del consumatore; ed il principio del prestito responsabile si è tradotto nella realtà in opera-zione di mera verifica (tecnica) delle risultanze di apposite banche dati sull’entità di credito a disposizione dell’utente interessato. Si tratta di banche dati discutibili, che non forniscono informazioni sui debiti tra privati non bancari (il quindici per cento, secondo un sondaggio tedesco), molto spesso incomplete e che mostrano una realtà poca attenta ai bisogni ed alle potenzialità della famiglia; le cui risultanze nella realtà rappresentando la premessa all’in-nalzamento dei costi a carico dei soggetti meno abbienti, dato il commisurarsi del credito al coefficiente di rischio così determinato. Nella realtà, il prestito responsabilmente assegnato comporta costi aggiuntivi che ricadono sul soggetto indebitato in eccesso: a maggiore coeffi-ciente di rischio corrisponde un costo maggiore per il soggetto finanziato, il tutto a ulteriore detrimento della sovraesposizione debitoria.

3. Credito responsabile nel diritto nazionale9: possibili vie per il consumatore

La “Coalizione Europea per il Credito Responsabile” [ECRC], un network composto soprattutto da organizzazioni sociali e di consumo che collabora con l’American National Coalition on Community Reinvestment e con la loro Global Fair Finance Initiative, indica

8 Per ulteriori informazioni su questa legge e sulla discussione della sua storia in Svizzera dopo il 1992, cfr. U. reifner, Verantwortungsvolle Kreditvergabe im europäischen Recht, in Droit de la consommation. Konsumenten-recht. Liber amicorum Bernd Stauder, Thévenoz - Reich (a cura di), 2006, 383-404.

9 Cfr. u. reifner - J. nieMi-KieSilainen - n. hulS - h. SPringeneer, Diritto europeo dei consumatori - Principi da 15 Stati europei, in Finanza Sociale, n. 15, CdA: Norderstedt 2010 (Studio per la Commissione UE, DG Sanco della legislazione in materia di sovraindebitamento dei consumatori in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Rif. contr., n. B5-1000/02/000353, Hamburg, 2003, con relazioni per Paese allegate). [Per le inefficienze dei vari sistemi europei, non escluso il sistema spagnolo, non diversamente da quello italiano e da altri dell’Europa meri-dionale, cfr., invece, M. olivencia ruiz, El déficit de las leyes concursales nacionales ante la globalización - Acto Inaugural Dialogi europaei, IV Sessione (a cura di EuriConv - Universitat de Girona), Girona (Spagna), 2013; A. Maffei alberti, Acto de clausura Dialogi europaei, IV Sessione (a cura di EuriConv - Universitat de Girona), Girona (Spagna), 2013.]

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una soluzione più estesa e per certi versi meno accomodante nei confronti del creditore. Piuttosto che limitare l’estensione del credito – che oltre ad alimentare una certa forma di “esclusione” dei più bisognosi incoraggia il credito usurario e non bancario di “prestasoldi” rapaci (a giusta ragione alienati dal sistema) –, essa fa rinvio e si avvale della nozione ampia di prestito responsabile, che come abbiamo visto comprende l’atto di erogazione del credito tout cour, e si estende alla commercializzazione, come anche ai termini e modalità di utilizzo e rimborso del credito. Questa è pure la lettura, “estesa”, francese ed italiana [rispettivamen-te, prêt responsabile e prestito responsabile], a differenza dell’interpretazione della Germa-nia [verantwortliche Kreditvergabe] e del Regno unito [responsible lending] che ne limitano la portata al solo momento dell’erogazione del prestito, e non anche ai suoi corollari.

A parte le precitate due ultime esperienze, i sistemi europei propendono per una nozione “ampia” del prestito responsabile, comprendente cioè ogni sviluppo successivo alla eroga-zione del credito [al consumo], trattandosi, nella visione degli ordinamenti nazionali, di un principio che va ben oltre il bisogno di apposizione di un semplice argine al diffondersi di prestiti non sufficientemente ponderati nel merito; ma più in generale introdotto nella pro-spettazione della conformazione del prestito alle esigenze di produttività ed alle situazioni socio-ambientali dei consumatori.

Le legislazioni nazionali ricalcano lo stesso raziocinio – alla base per il vero di una lunga tradizione nell’esercizio del rapporto di credito/debito – limitando, per esempio, la pratica dell’anatocismo, fissando il tetto massimo del tasso di interesse e precisi obblighi a tutela delle famiglie, qualora il credito, da investimento promettente si tramuti in mera “con-cessione” di debito.

Si tratta, a ben valutare, di ambiti di intervento in cui non ha inciso pienamente il diritto comunitario [di massima armonizzazione e di mutuo riconoscimento], ma prevalso quello dell’armonizzazione “minima” ad opera delle legislazioni nazionali per la salvaguardia degli interessi dei consumatori: sotto questo profilo di indagine, la Direttiva 87/102/CEE, succ. mod. integr., facente salva la prerogativa nazionale sull’obbligo di pubblicazione dell’APR (annual percentage rate, cioè al Tasso annuo effettivo globale - TAEG), ha certamente con-tribuito al progredire della disciplina in molti Paesi europei quanto a trasparenza.

L’ambito nazionale di competenza, avulso dall’esigenza di massima armonizzazione, ha progressivamente tratto alimento dagli effetti della vantaggiosa contaminazione delle co-noscenze dei vari Paesi: la possibilità che ciascun Paese ha di trarre alimento dall’avanzato stato di regolazione in materia di un altro Paese, in luogo della generale applicazione di una mera ideologia di mercato per mezzo della massima armonizzazione, vista come sprone allo sviluppo di standard uniformi sul prestito responsabile, soprattutto quanto a trasparenza ed informativa al consumatore.

Ora, prima di tutto, l’obbligo di informativa al consumatore sulla qualità e consistenza del prodotto. Rappresenta, per il credito al consumo, un importante ambito di intervento dal momento che i servizi ad esso correlati sono di difficile comprensione e valutazione da parte delle singole famiglie, specialmente avuto riguardo a certe conseguenze che ne possono deri-vare: per esempio, in relazione al funzionamento di quei meccanismi favorenti l’anatocismo come il flipping, i sistemi di credito rotativo e dei fidi bancari.

In Francia, e non a caso, la Legge MURCEF10 ha introdotto l’obbligo di fornire ai con-sumatori informazioni sui termini e modalità dello svolgimento del rapporto al momento

10 Act n. 1168/2001.

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dell’apertura del conto corrente, eventuali loro modificazioni dovendo essere preventivamen-te notificate (tre mesi prima dei loro effetti): non è più sufficiente il semplice avviso di termini e condizioni generali da parte degli istituti di credito.

In vero, in Gran Bretagna gli obblighi informativi in capo a società proponenti polizze di assicurazione sulla vita vanno oltre la semplice previsione dell’informativa al consumatore: la legge stabilisce i) che vengano preventivamente fornite al consumatore (nella fase prece-dente alla stipula) informazioni sulla “funzionalità-chiave” 11 del contratto; ii) e, nell’ipotesi di vendite a distanza, che la relativa documentazione venga trasmessa al consumatore nei cinque giorni lavorativi successivi; iii) ed infine, che ogni compagnia assicurativa debba utilizzare lo stesso format di proposta contrattuale.

L’obiettivo è sì quello di ampliare la concorrenza migliorando la comparabilità del pro-dotto, ma con il chiaro intento di offrire assistenza ai consumatori nella piena comprensione del prodotto sul mercato: a parte la specificazione delle reali condizioni contrattuali, l’in-formativa sulla “funzionalità-chiave” del contratto deve comprendere le conseguenze sca-turenti dalla stipula, possibilmente con la modalità della domanda e risposta. Per esempio, attraverso l’esposizione di un caso concreto, fornendo ogni spiegazione in relazione al reale funzionamento dei tassi d’interesse nel mercato. Anche per impedire, per esempio, che un agente assicurativo si limiti alla sola proposta dei prodotti dalla cui vendita scaturisca a pro-prio vantaggio una commissione più alta delle altre: le dichiarazioni ivi contenute devono essere espresse in modo chiaro e comprensibile all’uomo medio, di conseguenza solo all’atto dell’effettivo apprendimento da parte del consumatore della “funzionalità-chiave” il livello di alfabetizzazione finanziaria potrà considerarsi validamente raggiunto.

Assume rilevante importanza la circostanza che le informazioni siano realmente ed ef-fettivamente “chiave” per il consumatore, diversamente possono risultare più perniciose del-la totale mancanza di informazioni.

Nel contesto del generale obbligo di informativa dei diritti da rivolgere al consumatore, nella gran parte delle legislazioni nazionali in materia di credito al consumo si contempla il diritto del consumatore di essere espressamente informato sul proprio diritto di recesso. L’art. L. 311-15, Code de la consommation, prevede in Francia l’obbligo di produzione insieme al contratto di un formulario predisposto (offre préalable) a garanzia di effettività del suo esercizio, in tal guisa il consumatore (non tecnico o non esperto) risultando agevolato nell’e-ventuale esercizio della propria volontà di recesso.

In Germania, § 692, n. 5, ZPO, fornisce un apposito schema contrattuale per la rimozione di un qualsivoglia ostacolo all’esercizio del diritto di recesso12 risultando così più agevole per i consumatori esercitare la predetta facoltà. E, di contro, analogamente alla Francia, l’utilizzazio-ne di una formula stereotipata, annessa al contratto, per l’esercizio del diritto di recesso rimane non vincolante, i consumatori potendo difatti recedere dal contratto mediante una comunica-zione in forma libera dalla quale si possa evincere chiaro l’intento di recedere13. L’obiettivo è

11 Sono state elaborate dalla Financial Services Authority: cfr. http://www.fsa.gov.uk/consumer/shop_around/products_services/mn_insurance_info_get.html

12 R. KeMPer, Verbraucherschutzinstrumente, 1994, 376; M.T. calaiS-auloy, Le Crédit à la Consommation en France, in Verbraucherkredit und Verbraucherinsolvenz, Hörmann (a cura di), 1986, 110.

13 M.T. calaiS-auloy, Le Crédit à la Consommation en France, cit., 110; I. Pétel-teySSié, Prêt à intérêt, in Juris-classeur civil, 111, 1990. [Per approfondimenti del sistema francese, a. lauriat - v. vigneau, Le droit français du surendettement des particuliers, Scritto per i Dialogi europaei, III Sessione (a cura di EuriConv - Università degli studi di Bari “Aldo Moro”), Taranto, 2012; poi trasfuso all’italiano in questo volume, L’insolvenza da sobrainde-bitamento civile in Francia, infra. E più in generale, le inefficienze dei vari sistemi europei, non escluso il sistema

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quindi di facilitare alle persone meno esperte o istruite l’esercizio del diritto di recesso.L’aggiunta stessa al contratto di un modulo “suggerente” la possibilità di suo esercizio,

oltre a ridurre inibizioni psicologiche, è essa stessa garanzia di effettività di tutela.La CCD 2008 e il Codice di condotta in materia di informativa precontrattuale sui mu-

tui immobiliari, richiedono, o quantomeno fanno riferimento alla necessità di completezza informativa sul costo del prestito.

Con le seguenti disposizioni normative, alcuni Paesi europei hanno creato uno spazio ulteriore di intervento allo scopo di rendere il più possibile effettivo il diritto di informativa.

In Germania, ai sensi e per gli effetti del § 492.I.1, BGB, in coordinamento con il § 491.II.1., BGB, deve essere indicato l’entità effettiva del prestito, al netto cioè di tutti i costi sopportati dal consumatore14. L’indicazione dell’ammontare netto del credito della somma effettivamente percepita consente ai consumatori di valutarne la convenienza complessiva in rapporto alla somma da restituire: la differenza tra importo complessivo delle rate e importo netto del credito corrisponde all’importo totale del credito15. Ciò influisce certamente sulla scelta, cioè sulla consapevolezza del consumatore circa l’utilità ed impegno che effettiva-mente si va assumendo in relazione alle proprie disponibilità di cassa, ma non è detto che influisca e, anzi, risulti funzionale all’esigenza di prevenzione del sovraindebitamento.

In Belgio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14, § 3, n. 11 sul consumatore16, è necessario indicare precise informazioni sul tasso degli interessi di mora applicabili, di tal che il consu-matore in stato di insolvenza è messo nelle condizioni di comprendere appieno le conseguen-ze derivanti dal suo eventuale non esatto adempimento.

In Belgio [come in Italia], per le forme di acquisto rateale è previsto l’obbligo della preventiva determinazione delle singole rate [piano di ammortamento]17.

Per quanto riguarda i requisiti di forma del contratto e della dilazione nei pagamenti, i legislatori nazionali hanno introdotto una serie di modalità sulla forma scritta e sulla certifi-cazione, applicabili ai vari tipi di contrattazione, in aggiunta alle forme e modalità previste dal diritto comunitario.

Quanto invece alla dilazione nei pagamenti, in Germania, in modo particolare, ai sensi e per gli effetti del § 498.I.1.2, BGB, i creditori hanno l’obbligo di accordare ai mutuatari due settimane di tempo di dilazione nei pagamenti: si tratta di una sorta di periodo di sospensione nei pagamenti, alla cui scadenza del termine (dilazionato) i creditori potranno risolvere il con-tratto. A tal uopo, l’ordinamento tedesco prevede che gli istituti di credito, prima di procedere oltre, inviino al mutuatario una comunicazione dalla quale risulti che in caso di protratto ina-dempimento potrà richiedersi la restituzione complessiva della somma data a mutuo (da quel momento in poi il credito divenendo esigibile). La comunicazione ha lo scopo di offrire agli utenti l’opportunità di una (nuova e) ponderata valutazione delle conseguenze del protratto ritardo nei pagamenti: una sorta di alfabetizzazione successiva [o se si preferisce a ritroso], da [continuare ad] assicurare nel corso del rapporto contrattuale. Nell’effettivo suo dispiegarsi essa comunicazione viene però interpretata come una vera “minaccia” di interruzione del pre-stito [del rapporto], invece che strumento di “alfabetizzazione finanziaria”…

spagnolo, non diversamente da quello italiano e di altri Paesi dell’Europa meridionale, sono altresì state rimarcate, de iure condendo e de iure condito, da: M. olivencia ruiz, cit.; A. Maffei alberti, cit.]

14 Cfr. P. bülow, Verbraucherkreditgesetz, § 4, nt. 64.15 P. bülow, Verbraucherkreditgesetz, § 4, nt. 68.16 Act del 12.6.1991 relativo al credito al consumo.17 Art. 41, n. 3, Act del 12.6.1991 relativo al credito al consumo.

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Sempre in Germania, in caso di ritardo nei pagamenti, è usuale nella pratica che l’istitu-to di credito proponga un incontro al debitore per la trattazione “amichevole” della pratica (§ 498.I.1.2, BGB); sebbene l’esatto contesto del confronto non sia regolamentato, al pari delle sanzioni previste nel caso di mancata convocazione da parte dell’ente, e tanto meno l’incon-tro ha la finalità di convalidazione della risoluzione contrattuale per inadempimento18. Il mo-tivo di fondo del dialogo tra le parti risiederebbe nella possibilità che esso incontro, di natura meramente esplorativa, possa favorire la definizione bonaria della posizione “incagliata”19.

Anche il diritto svizzero può ratione materiae essere per certi versi indicato come modello di normazione nazionale in materia. Ivi, per esempio, si prevede che le garanzie superiori a 2000 franchi svizzeri vadano certificate da un notaio (§ 493.II, Obligationen-recht - Diritto delle obbligazioni). Si vuole, con la certificazione notarile, garantire la piena consapevolezza da parte dei garanti del peso, ma anche dei diritti, del ruolo di garanzia che assumono20; previsione questa particolarmente opportuna, per le forme di garanzie personali, foriere di rischi ed enormi conseguenze a discapito del garante.

Certo, l’intervento notarile provoca una lievitazione dei costi21 a discapito del debitore, ed il valore e, anzi, la funzione di garanzia dell’atto notarile sull’esatta percezione dell’ope-razione non è propriamente assicurata. La procedura oltre a verificare che l’operazione sia in accordo con i desiderata delle parti22, perché svolga quella funzione di chiarificazione e di reale percezione del rischio dovrebbe potere consentire la piena presa di coscienza delle parti sulle conseguenze possibili della garanzia.

Per l’efficacia della garanzia, in Francia si richiede (art. R 313.7, Code de la consomma-tion) che venga apposta inderogabilmente23 da parte del garante una dichiarazione olografa, breve e senza oneri aggiuntivi, l’unico modo ritenuto idoneo a fornire ai garanti la consape-volezza dei termini e della portata dell’operazione24; pena il venire meno della garanzia25. Ne consegue che, solo dopo avere osservato il prefato onere, i garanti si assumono la responsabi-lità sino al limite di una somma determinata, oltre a sanzioni e interessi in caso di violazione e di mora nei pagamenti da parte del debitore principale. I garanti si assumono la responsabilità altresì in relazione ai contenuti sostanziali della garanzia, arrischiando il proprio reddito glo-bale ed i propri beni.

La dichiarazione olografa è prevista in Francia anche per gli acquisti a rate, nel qual caso con detta dichiarazione il debitore rinuncia al diritto di recesso (art. R. 311-24, Code de la consommation).

Ed invero, la dichiarazione olografa è prevista, in Belgio, come necessaria, ma con qualche limitazione per il credito al consumo, ivi i consumatori dovendo altresì sottoscrivere il contratto di credito ed apporre di proprio pugno, in calce, la formula «letto e approvato per x euro sul prestito»26.

18 Cfr., O. Palandt, Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts., 2002, § 498, nt. 8.19 Cfr., W. whitford, The Functions of Disclosure Regulation in Consumer Transactions, 1973, 264.20 Cfr., A. hofMeiSter, Rechtssicherheit und Verbraucherschutz. Form im nationalen und europäischen Recht,

1003, 43.21 Cfr., R. KeMPer, Verbraucherschutzinstrumente, cit., 223.22 Cfr., A. hofMeiSter, Rechtssicherheit und Verbraucherschutz, cit., 45.23 Cfr., I. Pétel-teySSié, Prêt à intérêt, cit., n. 122.24 Cfr., R. KeMPer, Verbraucherschutzinstrumente, cit., 223.25 Cfr., I. Pétel-teySSié, Prêt à intérêt, cit., n. 122.26 Vds. art. 17, Act del 12.6.1991 relativo al credito al consumo: «lu et approuvé pour ... euros à crédit or

Gelezen en goedgekeurd voof ... euro op krediet».

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Per quanto riguarda la forma del contratto, deve rilevarsi che mentre, in generale, in taluni Paesi27, per effetto della massima armonizzazione comunitaria, è stato soppresso l’ob-bligo di utilizzazione di formule contrattuali minimali da parte dei prestatori di servizi finan-ziari (predeterminate cioè nelle statuizioni contrattuali essenziali, per facilitare l’utente nel difficile compito di comparazione dei prodotti assicurando al contempo la fissazione degli elementi informativi di base28), per il credito al consumo in modo particolare, si prevede che l’offre préalable [la proposta di offerta] avvenga per iscritto, in duplice esemplare, ed a carattere vincolante per i creditori nel termine di quindici giorni, rivolta anche ai garanti (se persone fisiche)29.

Siffatta proposta è in Francia, in concreto30, soggetta all’accettazione del solo debitore31 che rende applicabile il contratto32.

Oltre ad una forma predeterminata del contratto, l’art. L. 311-6, co. 2, Code de la con-sommation, richiede che essa risulti altresì intellegibile e redatta con l’impiego del caratteri di testo di dimensione minima pari ad otto. La dimensione minima obbligatoria dei caratteri di testo è prevista per tutti i contratti ed introduce uno standard minimo di chiarezza e tra-sparenza.

In tal senso, l’utilizzazione di formulari può certamente rappresentare per il consumato-re una modalità aggiuntiva di acquisizione delle informazioni negoziali.

Nell’ipotesi particolare di prestiti ipotecari, in Francia è previsto l’onere per i creditori di inviare un’offerta scritta a mezzo posta, e senza costi aggiuntivi a carico dei potenzia-li mutuatari e garanti (se e in quanto persone fisiche), contenente informazioni dettagliate sull’operazione finanziaria in corso di definizione33. Essa offerta non può essere accettata dal potenziale mutuatario se non siano trascorsi dieci giorni dal ricevimento della stessa34, per, così dire, “costringerlo” ad un periodo di riflessione: un periodo obbligatorio di riflessione può indurre i consumatori a considerare il peso della decisione che vanno assumendo, contri-buendo ad arginare la sregolata proliferazione di relazioni debitorie.

Particolarmente produttiva potrebbe dappoi risultare l’accorgimento delle “avvertenze espresse”.

In Belgio, è richiesta l’apposizione da parte dei creditori, in una riga diversa rispetto a quella ove è indicata l’ammontare del debito e la firma dei debitori, della seguente dicitura, in grassetto: «Mai firmare un contratto incompleto»35.

In Gran Bretagna, al momento della stipula che si considera perfezionata con l’appo-sizione di idonea formula di un funzionario di Stato, si richiede l’attestazione da parte dei

27 Ad esempio, Francia e Belgio.28 Cfr., M.T. calaiS-auloy, Le Crédit à la Consommation en France, cit., 108; R. KeMPer, Verbraucher-

schutzinstrumente, cit., 207; G. bräunig, Der Konsumentenkredit im französischen Recht, 1978, 60.29 Francia: art. L. 311-8, Code de la consommation; Belgio: art. 14 § 1, Act del 12.6.1991relativo al credito

al consumo; M.T. calaiS-auloy, Le Crédit à la Consommation en France, cit., 107; G. bräunig: Der Konsumen-tenkredit im französischen Recht, cit., 58.

30 Cfr., M.T. calaiS-auloy, Le Crédit à la Consommation en France, cit., 112.31 Vds. art. L. 311-15, Code de la consommation; M.T. calaiS-auloy, Le Crédit à la Consommation en Fran-

ce, cit., 111; I. Pétel-teySSié, Prêt à intérêt, cit., n. 105.32 Ex art. L. 311-15, Code de la consommation.33 Ex artt. L. 312-7, L. 312-8, Code de la consommation.34 Cfr., R. KeMPer, Verbraucherschutzinstrumente, cit., 227; Art. L. 312-10, Code de la consommation.35 Ex art. 14 § 4 n. 2, Act del 12.6.1991 relativo al credito al consumo: «Ne signez jamais un contrat non

rempli».

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consumatori di essere certi della propria capacità di restituzione delle somme36.Entrambi le avvertenze sono importanti, ma ci si domanda se davvero il consumatore

venga messo in grado di soppesarle, o semplicemente si traducano in un tanto oneroso quanto stereotipato formalismo. D’altro canto, l’enfasi di un solo profilo di criticità può generare il dubbio che si attribuisca minore importanza al resto delle informazioni, che potrebbero non essere sufficientemente prese in considerazione.

3.1. Tutela sociale del consumatore

Tutti gli Stati membri hanno sostanzialmente recepito le disposizioni della precedente CCD 2008, non sempre però conformandosi pienamente viste le divergenze applicative dei variegati sistemi di accesso al credito e di supervisione. La maggior parte dei Paesi assistono inerti al sopravvento delle banche sul credito al consumo, tra forme di restrizioni e conte-nimento nell’erogazione del credito. La disciplina della materia nel Regno Unito, Irlanda e nella maggior parte degli Paesi di recente adesione, come pure, in una certa misura, in Belgio, si caratterizza per una certa apertura al credito ed una limitazione dell’attività di controllo del risparmio.

Nella recente Direttiva Payment [Direttiva Late Payments, 15/11/2012] la UE ha esteso i principi sul credito al consumo al piccolo credito connesso alle carte di credito, anche se a seguito della disapprovazione di siffatta estensione da parte delle organizzazioni dei con-sumatori risulti nella sostanza delimitata alle sole somme che fungono da pagamento del credito scaduto non potendo essa modalità rappresentare una vera e propria forma di eroga-zione del credito: è evidente che si tratta di un concetto socialmente discriminatorio, volere assimilare la rate al semplice risparmio invece che ritenerle componenti del credito.

Come che sia, le legislazioni nazionali si sono allineate all’impostazione di matrice anglosassone ove il credito per poter svolgere con efficacie della funzione sua propria di sostentamento deve poter contare su una non rigida attività di controllo dei risparmi.

L’esigenza di tutela dei debitori è questione particolarmente avvertita in Belgio, Fran-cia, Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo. Per contro, gli Stati dell’Europa meridionale e in qualche misura l’Austria, hanno un numero esiguo di leggi speciali in materia di sovrain-debitamento; in Spagna37 e Grecia sussistono financo normative abbondantemente superate segnatamente per il credito non bancario. In una posizione intermedia si collocano i Paesi scandinavi, che applicano ai contratti di credito al consumo clausole generali sotto l’egida di speciali agenzie di tutela dei consumatori. L’approccio anglosassone è invece tendenzialmen-te incentrato sugli obblighi informativi e di garanzia di scelta razionale. In Irlanda, invece, pur ammettendosi la possibilità per gli istituti non bancari di emettere credito, come peraltro in Grecia, le condizioni di mercato risultano scarsamente competitive per l’effetto del limite molto basso dei tassi di interesse; ciò che nella realtà si traduce nell’interdizione dell’attività di erogazione del credito. Un sistema simile è in vigore in Germania per i creditori pignora-

36 Consumer Credit (Quotations) Regulations 1989, Schedule 1, n. 18: «Be sure you can afford the repayments before entering into a credit agreement».

37 [In questo volume, amplius, de iure condendo e de iure condito: F. cordón Moreno, Inexistencia en Es-paña de normas concursales especifícas para los consumidores, infra; Á. carraSco Perera, Sobreendeudamiento del consumidor y concurso de acreedores. El régimen español de iure condendo, infra; J. Pulgar ezquerra, La soluciones negociadas al sobreendeudamiento de la persona fisica en España, infra; P. gutiérrez de cabiedeS, La liberación de la deuda restante tras la liquidación en el sobreendeudamiento de los particulares, infra.]

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tizi.È certamente importante la funzione dei massimali dei tassi d’interesse che, in modalità

diverse e con differenti forme di vigilanza fissano un tetto ai tassi d’interesse, basandosi, per quelli contrattuali e quelli di mora, sui tassi di mercato. I Paesi con limiti di fissazione dei tassi di interesse [interest rate caps] presentano livelli di esclusione molto bassi, mentre i Paesi con tassi di interesse più liberi, attuano una maggiore discriminazione a detrimento delle fasce più povere.

Può in generale affermarsi che il modo in cui i regimi giuridici nazionali definiscono i massimali dei tassi d’interesse e le eventuali sanzioni è legato alla tradizione di ciascuno Pa-ese. Nella maggior parte dei casi si guarda ai massimali come ad una cornice entro cui conte-nere il mercato, unicamente per evitare che essi possano eccedere certi limiti predeterminati di convenienza ed opportunità. Taluni Paesi si “appoggiano” su criteri di ordine etico-morale tacciando di usura i finanziatori che applichino tassi di interesse oltremisura.

La laesio enormis [usura] nel diritto romano sta alla base dell’impostazione giuridica in Austria come in Svizzera e Germania; mentre in Paesi come Francia, Italia, Belgio e Paesi Bassi, i massimali sui tassi di interesse rappresentano l’espressione di una visione tendenzial-mente meno moralistica e più macroeconomica, i tassi d’interesse elevati più che altro visti come elementi di ostacolazione alla produttività delle piccole realtà imprenditoriali. I Paesi scandinavi sembrano, invece, contenere il fenomeno dell’usura con dispositivi di prevenzio-ne basati sul rispetto della “morale bancaria”, di generalizzata valenza e con la garanzia della presenza, molto attenta, degli organismi di rappresentanza degli interessi dei consumatori. Nel Regno Unito l’usura è considerata una vera e propria forma di sfruttamento dell’indivi-duo, assoggettato al peso di tassi di interesse insostenibili e non altrimenti applicabili. Ivi, più che altro si tenta di contenere il fenomeno con l’attività di vigilanza a carattere preventivo sui servizi finanziari. Negli Stati Uniti, il fenomeno dell’usura è ambito di competenza naziona-le, a differenza della disciplina del prestito che resta, invece, di stretta competenza federale, i risultati dell’azione di contrasto nel complesso risultando poco soddisfacenti.

In questo particolare ambito la CCD 2008 sembra trascurare l’esigenza di massima ar-monizzazione, sebbene l’enorme divario esistente tra il livello massimo di tasso d’interesse per le piccole imprese applicabile in Francia (non oltre il dieci per cento annuo) rispetto, per esempio, a quello applicabile nel Regno Unito rappresenti ictu oculi un ostacolo alla libera circolazione dei capitali e dei servizi. È, peraltro, interessante osservare come la Commis-sione ritenga la legislazione italiana sull’usura38 particolarmente ostacolante la libera circo-lazione dei capitali39.

Deve sul punto inoltre rilevarsi come Paesi che prevedono massimali sui tassi d’interesse si spingono oltre la protezione contrattuale dei consumatori all’atto della stipula, prevedendo rigide disposizioni in materia di risoluzione anticipata e, in particolare, per inadempimento.

In Germania il divieto di anatocismo bancario e la possibilità ammessa di reintegrazione dei costi del recupero crediti rappresentano un efficace veicolo di deterrenza ad una qualsivo-glia forma di “incentivazione” dei creditori a volere “ridurre” [convertire] i contratti di cre-dito in rapporti negoziali insoluti [i.e., posizione creditizie incagliate]. Le banche tedesche si sono poi accorte che il fido bancario rappresenta la forma ideale di credito usurario: facendosi forti della possibilità che all’occorrenza hanno di diminuzione, se non addirittura di revoca, ad nutum, della linea di credito precedentemente accordata, esse di fatto sono in grado di

38 Law 108/1996 (17.3.1996); Decree 394/2000 (29.12.2000); Law Gesetz 24/2001 (24.2.2001).39 Comunicato stampa UE, 25.7.2003.

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immettere sempre più credito nel mercato anche senza il preventivo consenso dell’interes-sato. Le corti tedesche hanno financo riconosciuto siffatta modalità, senza consenso, come una nuova forma di erogazione del credito qualificata dalla CCD 2008 overrunning anziché default. Di tal che, trattandosi di overrunning, alla banca è legittimamente consentito aggiun-gere un ulteriore cinque per cento ai già alti tassi d’interesse sui fidi bancari: l’indebitamento in eccesso viene strumentalmente assimilato ad un contratto di credito, di tal fatta i massimali usurari non vengono applicati.

Pur tuttavia, a differenza della CCD 2008 che nemmeno menziona tra gli obiettivi da perseguire la prevenzione del sovraindebitamento, i diritti d’informazione del consumatore sono generalmente salvaguardati in Germania con l’obbligo a carico dei finanziatori di ac-quisizione delle notizie sulla liquidità presente e futura del richiedente: l’attenzione si riversa soprattutto sul rapporto tra entrate presunte dell’utente e sue uscite future.

La Francia ha invece optato per un sistema efficace di proposta di offerta a carattere vin-colante, offrendo ai consumatori la possibilità di potersi consigliare. Ed inoltre, a differenza di alcuni Paesi, ove il diritto di recesso è spesso compromesso dal fatto che il consumatore abbia già ricevuto il capitale, non potendo quindi ad erogazione avvenuta ritornare sui propri passi, in Francia è ammesso azionare il recesso anche in pendenza di rapporto.

In Scandinavia sono previste incentivazione all’impiego e adeguamento dei contratti di credito ai consumatori sovraindebitati, che solitamente puntano alla conservazione del contratto piuttosto che alla sua risoluzione. In luogo di clausole di risoluzione automatica, i contratti debbono prevedere clausole stabilenti precisi adempimenti informativi in capo al finanziatore, oltre a prevedere l’onere di idonea giustificazione dei motivi di risoluzione anticipata: l’esistenza di un debito rimasto insoluto, da valutarsi in relazione all’entità, ai termini di scadenza ed alle reali motivazioni sottese. I finanziatori sono in certa misura co-stretti all’attività di mediazione, introducendo per esempio nuovi termini di scadenza onde consentire ai debitori di valutare la convenienza della prosecuzione del rapporto contrattuale sobbarcandosi il peso degli arretrati.

Tutto ciò deve ovviamente essere contestualizzato al cospetto della tradizione di merca-to di ogni Paese, influenzata dalla prassi dei creditori, dal peso sociale delle organizzazioni di consumatori (da misurarsi in relazione al livello di sostentamento pubblico), dall’eventuale esistenza di dispositivi regolatori pubblici complementari a presidio dei diritti dei consu-matori, come l’ombudsman [difensore civico] o i mediatori, e più in generale dal livello di cultura di protezione sociale nei confronti dei non abbienti. Resta evidente la diversità di approccio della forma di interventismo statuale di indole amministrativa (in Francia) rispetto a quella di stampo giudiziale (in Germania e nei paesi scandinavi).

4. Diritto concorsuale vs. diritto di credito

La giurisprudenza ha operato una netta ripartizione tra sfera di competenza del diritto di credito [contrattuale] ed ambito del diritto concorsuale di natura pubblicistica invece che privatistica; distinguendo dunque tra esigenza di libertà contrattuale ed interventismo statuale a mezzo di procedure amministrative, tra obblighi contrattualmente assunti inter partes ed esigenza di tutela dell’adempimento secondo disposizioni che ne regolamentano le conseguenze. Ed ancora, tra il fascino di un sistema ben funzionante quanto ad utilizzo del credito ed imprevedibilità dell’insolvenza.

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Ma come vedremo, siffatta rappresentazione si discosta dalla realtà economica e sociale europea.

Nel 2008, infatti, in alcuni Paesi ad economia liberalizzata, con a capo il Regno Unito, la disciplina [pubblicistica] del sovraindebitamento ha ceduto il passo al regime di natura contrattuale di disciplina dell’esecuzione dei contratti di credito, soprattutto con riguardo alla posizione della parte socialmente debole della popolazione. Irlanda e Bulgaria non han-no ancora una specifica legge in materia di sovraindebitamento, ed in Spagna40, Romania come in Slovacchia se ne sta ancora discutendo. In alcuni altri Stati membri come Francia e Danimarca leggi sul sovraindebitamento civile sono entrate in vigore già dagli anni Ottanta, mentre in Germania, Scandinavia e Benelux, a partire dagli anni Novanta. Ed in Italia, come approfonditamente vedremo in questo volume, solo di recente è intervenuta una disciplina dedicata all’indebitamento eccessivo, peraltro con non poche incongruenze41.

Voglio specificare che quando si fa riferimento alla procedura da sovraindebitamento di stampo tipicamente concorsuale estesa al consumatore, in effetti ci si riferisce alle disposi-zioni di legge che ammettono l’adempimento anche solo parziale del debito da parte dei de-bitori privati a costi ragionevoli, a differenza del “progetto” di ristrutturazione nel qual caso dovendosi includere sia il patrimonio, che gli utili (anche futuri) e perdite del consumatore.

Per il vero, nonostante la sostanziale complessiva divergenza ordinamentale in seno all’Unione europea, uniformemente alcuni Paesi, soprattutto Francia, Regno Unito e, in una certa misura, Svezia [ma ultimamente anche Italia], prevedono la non automaticità degli effetti esdebitatori della procedura da sovraindebitamento; nella maggior parte dei casi in as-senza di sanzioni penali e contravvenzionali a carico del debitore civile in caso di insolvenza. Alcuni Paesi non prevedono alcuna forma di liberazione dei debiti, men meno attraverso la discharge [l’esdebitazione]. Mentre altri ancora non prevedono prestiti agli studenti ed alle famiglie, talvolta privilegiando il Fisco nella riscossione.

Tre sono i principi base delle legislazioni europee in materia di accesso al credito: i) ri-abilitazione del soggetto sovraindebitato; ii) garanzia di continuità nell’esercizio dell’attività economica mediante un piano di rientro; iii) accessibilità ad apposite procedure di crisi a co-sti contenuti; offerta di servizi di consulenza; incoraggiamento alle procedure stragiudiziali di composizione della crisi.

Se la precipua finalità del diritto concorsuale è il riavvio dell’attività del soggetto eco-nomico, non è così per i consumatori, i quali non sono portatori di interesse economico in senso stretto (imprenditoriale) e quindi non possono assoggettarsi a procedura concorsuale.

Il profitto del consumatore è rappresentato dalla forza lavoro attraverso la quale potere assicurare una redditività periodica; va da sé che non potendosi detta forza lavoro scindere dalla vita del consumatore, questi “fallisce” solo quando cessa di vivere. L’idea stessa, per-tanto, della restituzione per intero della somma avuta in prestito contraddice la logica stessa del credito al consumatore.

Al Legislatore (concorsuale) nazionale europeo non rimane altro che modulare le con-trattazioni alle mutate esigenze e condizioni reddituali del consumatore. Se in pendenza di

40 [Amplius, in questo volume, tra gli altri, f. cordón Moreno, cit.; a. carraSco Perera, cit.; J. Pulgar ezquerra, cit.; P. gutiérrez de cabiedeS, cit.]

41 [Amplius, in questo volume: G. Tucci, Sovraindebitamento civile e diritti di cittadinanza, infra; S. Pacchi, La composizione del sovraindebitamento nell’ordinamento italiano, infra; A. Sarcina, Un “piano” italiano per il consumatore sovraindebitato, infra; A. Caiafa, La disciplina specifica per l’imprenditore agricolo, infra; D. Cateri-no, Sui concetti di rimedio, estraneità e convenienza nella procedura della crisi da sovraindebitamento civile, infra; A.F. Uricchio, Gli aspetti fiscali nella procedura da sovraindebitamento, infra; et a., infra.]

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rapporto, in cui il reddito è evidentemente destinato alle esigenze di consumo del consuma-tore [e della propria famiglia], intervengono nuove spese (per malattia, vecchiaia, disoccupa-zione, etc.), la discharge deve potersi modulare alla nuova condizioni [assenza] reddituale. Nel diritto francese, l’esdebitazione rappresenta l’adattamento in extremis delle clausole con-trattuali alle nuove condizioni di reddito; investendo con un certo automatismo, chi si ritrovi in condizioni di estrema indigenza42.

Per il vero, l’esdebitazione e la ristrutturazione con adeguati piani di rientro non rappre-sentano le uniche misure di “riabilitazione” del debitore, è importante considerare l’utilità di adeguati servizi di consulenza finanziaria, come anche importante è garantire ai cittadini adeguati servizi sociali.

Per perseguire una piena riabilitazione è necessario che l’esdebitazione riguardi quanto più debiti possibile: essa dovrebbe coprire quasi tutti i debiti del soggetto passivo del rappor-to obbligatorio. È comunemente escluso dall’esdebitazione solo il pagamento degli alimenti, e alcuni Stati limitano tale deroga agli alimenti pagati direttamente alla prole. In talune legi-slazioni, poi, le azioni di responsabilità civile per danno colpevole e le multe sono escluse dal sistema esdebitatorio. Salve queste limitate eccezioni, l’esdebitazione, nel contesto europeo, copre la maggior parte dei debiti, alcuni dei quali godono inoltre di un trattamento prefe-renziale nelle ipotesi di insolvenza del consumatore. Si è notato, poi, che non tutte le leggi europee, e da ultimo nemmeno la legislazione italiana per il consumatore, contemplano la formazione del consenso tra debitore e creditore riguardo al pagamento di debiti scaduti, né tampoco in ipotesi di esdebitazione43.

Questi princìpi generali si applicano solo al debito non garantito. Alcuni Paesi tutelano i propri debitori (in particolare Finlandia, Francia e Norvegia). Austria e Germania ammettono contratti basati sulla cessione dello stipendio del debitore, posti in essere precedentemente alla procedura sull’insolvenza. Va notato che le leggi sull’insolvenza del consumatore non influiscono sulla situazione giuridica delle persone che hanno dato garanzie personali o che sono coobbligate per altri motivi.

Il secondo principio del diritto fallimentare europeo si riferisce alla necessità di dare continuità allo svolgimento dell’attività aziendale mediante l’allestimento di un piano di ri-entro, cioè di di consentire un nuovo inizio attraverso un piano di pagamento. Nessuno degli Stati membri consente il sollecito riavvio in mancanza di un piano. Il piano di pagamento – che ha generalmente una durata di cinque anni – è un requisito essenziale per il raggiun-gimento dell’esdebitazione. Per far fronte ai propri debiti, il debitore è tenuto ad impiegare tutto il reddito non necessario al costo della vita: il costo della vita del debitore e della sua famiglia sono calcolati utilizzando come punto di partenza il livello minimo di sussistenza fissato dal sistema di protezione sociale di ciascun Paese.

Il libero accesso alla procedura concorsuale senza costi proibitivi è il terzo dei principi di diritto concorsuale, come in precedenza ho enunciato. Tutte le legislazioni contengono particolari restrizioni nei confronti dei debitori che non agiscano in buona fede: maggiormen-te numerose e rigorose nei Paesi nordici che nei Paesi dell’Europa centrale.

Più che per una formale procedura fallimentare, la maggior parte degli Stati membri propende per le procedure stragiudiziali, con l’unica eccezione di Danimarca e Regno Unito, dove si prevede alcuna forma (tentativo) di soluzione stragiudiziale.

42 [Così, per esempio, in questo volume, A. lauriat - v. vigneau, cit.]43 [Amplius, sull’ininfluenza del “consenso” dei creditori nella particolare procedura dedicata ai consumatori,

G. Tucci, cit.; S. Pacchi, cit.; A. Sarcina, cit.]

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L’UE sembra non fornire una regolamentazione uniforme, ma nemmeno coesa, sul so-vraindebitamento civile44. Se nella proposta di Direttiva sul credito al consumo del 2002 la prevenzione del sovraindebitamento sembrava essere uno dei principali obiettivi, nell’attua-lità della disciplina l’unico obiettivo pare essere la creazione di un mercato comune. In realtà, il sistema di definizione (e, anzi, risoluzione) dello stato di sovraindebitamento personale mostra nella maggior parte dei Paesi europei quanto la perdurante efficacia del contratto di credito, nonostante la grave ed incombenza condizione di crisi del soggetto indebitato, con-tinui ad essere sostenuto dall’ordinamento giudiziario che interpreta i debiti inesigibili come forma d’indebitamento tuttavia gestibile, forse per dare maggiore speranza di riuscita nelle famiglie. Un sistema particolarmente interessante è il sistema olandese delle Volkskrediet Banks, applicato in zone in cui le famiglie sovraindebitate ottengono una appropriata consu-lenza sul debito e nuovo credito in base alla prospettiva di futuri investimenti. Una tale solu-zione però non offre alcuna garanzia di non esclusione dei poveri dal credito, con il rischio che possano rimanere esclusi dalla produttività e, anzi, dal progresso sociale.

5. Verso i Principi europei del credito responsabile

I rilievi e le criticità sin qui esposte hanno permesso al network ECRC di formulare un insieme di Presupposti volti quantomeno alla migliore definizione dell’area di intervento della regolazione sul credito al consumo.

Prima di tutto il Principio del Credito responsabile e conveniente per tutti (P1): il cre-dito come elemento essenziale per una piena partecipazione sociale, quindi congegno per scongiurare ogni barriera discriminatoria delle banche, come anche di reale accessibilità al credito; conseguentemente, di impulso ad una adeguata attività di controllo del credito e se-gnatamente sulle piccole imprese.

In secondo luogo, il Principio della trasparenza e chiarezza nelle relazioni creditizie (P2): i) pubblicità del così detto “prezzo unico”, onnicomprensivo (il tasso annuo effettivo globale o TAEG) secondo univoche e standardizzate modalità di determinazione a garanzia della libera concorrenza; ii) un piano di ammortamento standardizzato dei pagamenti da pro-dursi sin dalla fase precontrattuale quale indice di correttezza e trasparenza sociale; iii) suf-ficiente periodo di riflessione a disposizione dei consumatori ed utilizzabilità di appropriati servizi di consulenza indipendente.

In terzo luogo, il Principio del Prestito prudente, responsabile e giusto in ogni mo-mento (P3) che si estrinseca: i) nella produttività, per il debitore, del credito e dei relativi servizi; ii) nella dotazione delle informazioni e consigli necessari ai consumatori accom-pagnata da sanzioni in caso di informazioni incomplete o scorrette; iii) nel divieto di ogni forma di abuso degli istituti di credito al cospetto della debolezza, dello stato di bisogno o della ingenuità del debitore; iv) nel rimborso anticipato senza penalità e/o costi aggiuntivi per il debitore; iv) nella esatta regolazione delle condizioni di rifinanziamento o di ripro-grammazione del debito del consumatore.

A seguire, il Principio della preferenza dell’adeguamento rispetto all’interruzione e re-voca e eliminazione [revoca] del credito (P4) che si estrinseca: i) nel bisogno di una efficace ed effettiva tutela contro l’ingiusta revoca del merito creditizio; ii) nel reintegro delle sole

44 [In tema, amplius, A. Sarcina, cit.]

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perdite patite dal creditore derivanti dall’insolvenza del debitore [nel risarcimento del danno da insolvenza ad esclusiva copertura delle perdite subite dal creditore].

Poi, il Principio dell’effettività ed efficacia della tutela legislativa (P5) che si estrinseca: i) nell’estensione della disciplina sul credito a tutti gli utenti non esercenti attività commer-ciali; ii) nell’estensione della disciplina sul credito a tutte le variegate forme commerciali di erogazione del credito; iii) nell’estensione della disciplina sul credito all’intero processo di erogazione del credito; iv) nell’incentivazione del ricorso al credito quale strumento di garan-zia del benessere sociale ed economico.

Poi anche, il Principio della rilevanza pubblica del sovraindebitamento (P6) basato: i) sull’assunto che l’esigenza di profitto poco si concilia con l’esigenza di regolazione dello sta-to di sovraindebitamento del cittadino; ii) conseguentemente, sul riconoscimento del diritto all’esdebitazione da parte dei consumatori; iii) ed infine, sull’idea della procedura concorsua-le come forma di riabilitazione e non di ritorsione nei confronti del consumatore.

Poi ancora, il Principio della garanzia ai debitori di mezzi adeguati per la tutela dei propri diritti e della libertà di esprimere le loro preoccupazioni (P7), per assicurare al de-bitore la possibilità di intraprendere azioni legali individuali e/o condivise; in tal guisa, l’a-dozione di quelle iniziative volte alla promozione del senso critico collettivo per una equa e solidale distribuzione del credito.

Ripartiamo dal primo dei menzionati Principi: il Principio del Credito responsabile e conveniente per tutti (P1), cioè del credito come valore per una piena e responsabile parteci-pazione sociale, lungi da ogni connotazione discriminatoria, ma, anzi, effettivamente acces-sibile e soggetto a controllo.

Nella società industrializzata il credito è considerato un servizio essenziale alla piena partecipazione dei diritti di cittadinanza. Consente ai cittadini la possibilità di utilizzazione (anticipata) delle entrate prossime o future, di potere conseguentemente fruire di beni e servi-zi richiedenti di norma un investimento di capitale: acquisto di automobili, elettrodomestici, piuttosto che accesso all’istruzione o alla proprietà di una abitazione. L’accesso al credito permette di colmare la forbice nelle variazioni di entrate ed uscite, ed al tempo stesso consen-te di tenere il passo con l’esigenza di flessibilità dell’attuale mercato del lavoro.

L’accesso al credito non è allo stato attuale considerato alla stregua di un vero e proprio diritto in tutti i Paesi, sebbene la creazione di piccole imprese e il lavoro autonomo necessiti-no in ogni donde di adeguate risorse finanziarie. Il capitale proprio è di difficile disponibilità, o comunque non sempre è di sufficiente consistenza, il credito assolvendo il ruolo di capitale di avviamento. Va da sé, che promuovendo il credito si realizza e rende effettivo il diritto dei cittadini di avvalersi di proprie risorse future. In questo senso, il diritto di accesso al credito deve considerarsi alla stregua di ogni altro diritto cittadinanza, senza distinzione sociale, o biologica o culturale45.

Per la piena realizzazione di siffatto obiettivo il cittadino deve potere adeguatamente ricorrere agli strumenti finanziari eventualmente disponibili, anche quando a proprio cari-co esistano particolare restrizioni di accessibilità. In tale prospettiva, ben vengano forme di microcredito anche da parte di istituti di credito alternativo. Deve a tale riguardo rimarcarsi,

45 [Così anche, in questo volume, G. Tucci, cit.; A. Sarcina, Post Scriptum, infra. Sulla progressiva estensione della “Cittadinanza” fino a ricomprendervi oggi i “Diritti sociali” e, dunque, il diritto di accesso al credito, C. for-cadell Álvarez, Cittadinanza europea: percorsi storico concettuali, in (aa.vv.), L’attività gestoria nelle società di capitali. Profili di diritto societario italiano e spagnolo a confronto, Sarcina - García Cruces (a cura di), Bari, 2010, XXIX ss.]

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che questi ultimi, avendo standard tecnici e di sicurezza meno rigidi delle banche, operando dunque meno efficientemente, debbono essere essenzialmente utilizzati come “veicolo” di accesso al più generale sistema di fornitura finanziaria.

Corollario del principio appena enunciato è la non discriminazione dell’erogazione del credito da parte delle banche. La collettività dovrà supervisionare sul corretto utilizzo del-la fiducia riposta verso le banche, che valuteranno il merito creditizio senza pregiudiziali: accertarsi, in altri termini, che la fiducia accordata sia riversi nell’utilità collettiva in modo equo e solidale. L’accesso al credito insomma visto come valore in aggiunta e, anzi, di raffor-zamento della portata espansiva dei diritti di cittadinanza (civili e sociali), invece che come occasione di sfruttamento dei cittadini46.

I sistemi bancari che si sono sviluppati nel libero mercato concorrenziale tendono ad escludere dai benefici del credito i consumatori cosiddetti “vulnerabili”. Donde l’urgenza di una sempre più attenta attività di vigilanza e controllo da parte dello Stato, insieme ad una sempre più efficace regolazione della materia, affinché appunto tutti i cittadini, abbienti e meno abbienti o sfavoriti [o, se proprio si vuole, “vulnerabili”], vengano davvero messi nelle condizioni di potere accedere al credito: puntando, le istuzioni, alla creazione di una coscienza pubblica del prestito/credito responsabile (ad esempio, con la legislazione Com-munity Reinvestment); sovvenzionando quelle iniziative in grado di contribuire a rimuovere i più disparati ostacoli nei confronti dei soggetti “non graditi” (attività di supporto tecnico e di consulenza al debito, garanzie statali, etc.).

D’altro canto, l’uso per fini non commerciali del credito richiede una supervisione atti-va, una completa regolamentazione della tutela al consumatore e il rafforzamento dei principi del buon costume al fine di tutelare la posizione del mutuatario nel mercato e dal mercato.

Il credito al consumo, la housing finance (strumenti finanziari per l’abitazione) e il cre-dito start-up (credito per l’avvio di nuove attività commerciali) sono direttamente finalizzati al sostentamento delle famiglie ed al di loro benessere sociale. Tali possibilità non posso-no leggersi in chiave meramente di calcolo del profitto; l’utenza finanziaria è normalmente composta da non specialisti, i quali oltre a dover gestire eventi non prevedibili, esercitano all’interno del mercato un ruolo assai fragile e comunque pressoché ininfluente. Di tal fatta, le regole della società di mercato, da sole, non offrono risposte adeguate al sistema: non è un caso che fin dagli albori della “società mercantile” [fondata sulla logica degli affari] si sia posta la questione della opportunità di tutela dei debitori. Secondo i canoni delle legislazioni moderne sul sovraindebitamento, esso istituto non deve interpretarsi in antitesi con il bisogno di consapevolezza del debito da parte dei consumatori e delle responsabilità personali che ne possono scaturire, ma al contrario rappresentare una forma di rafforzamento delle tutele; se del caso, attraverso la promozione di azioni sociali.

Passando al Principio della trasparenza e chiarezza nelle relazioni creditizie (P2), deve osservarsi che ai potenziali mutuatari debbono essere assicurate due forme di trasparenza perché le forze del mercato funzionino a sufficienza: la trasparenza competitiva, che offre ai consumatori la possibilità di scegliere il prodotto migliore e più economico; e la trasparenza sociale, che indica i potenziali impatti del credito sulla liquidità futura delle famiglie.

Sotto il primo aspetto [a garanzia della trasparenza competitiva], il mutuante deve assu-mersi l’onere della pubblicità dei tassi di interesse nella forma del così detto “prezzo unico” (il tasso annuo effettivo globale o TAEG) e con modalità standardizzata e corretta nella pro-

46 [id., cit.]

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cedura di sua determinazione. Il TAEG deve avere riguardo e contenere tutti i pagamenti cor-relati al credito sino a compensazione del capitale preso a prestito. L’iter di determinazione deve includere ogni componente di costo effettivo che cioè effettivamente peserà, in futuro, sul reddito familiare: costi su prodotti connessi o comunque collegati a seguito di strategie di marketing [cross-selling (vendite incrociate)], provvigioni e compensi per pratiche di me-diazione, spese per la copertura dei rischi per il recupero crediti, etc. La mancanza di traspa-renza, per esempio sui costi assicurativi, comporta anche un certo deficit di competitività sui prezzi nel particolare settore, oltre a contravvenire alle direttrici della CCD 2008 protesa all’ampliamento dei mercati con la migliore offerta sul prezzo dei prodotti.

Sotto il secondo profilo di trasparenza [come indice cioè di trasparenza sociale], inve-ce, all’utente bancario deve potersi assicurare un piano standardizzato di pagamento nella fase precontrattuale [piano di ammortamento]. Il piano deve indicare il possibile impatto sul bilancio personale e familiare delle obbligazioni assunte, oltre che, retrospettivamente e prospetticamente, sul potere d’acquisto delle liquidità incamerata. Il piano di ammortamento è la pietra miliare del prestito responsabile, quale sintesi di trasparenza in relazione alle uscite future ancora sospese. L’erogazione di somme che avvenga senza la preventiva pubblicità delle passività in sospeso (ad esempio il trasferimento di danaro con carte di credito e l’in-nalzamento ad nutum della linea di credito da parte della banca), è questione che merita di essere affrontata con urgenza.

I consumatori devono non di meno poter disporre di un arco temporale sufficiente per la riflessione e debbono poter accedere a servizi di consulenza indipendenti. Il diritto di recesso da un contratto si realizza solo nell’ipotesi di offerta vincolante. Si tratta di una ulteriore occasione di riflessione offerta al consumatore anche, se del caso, per richiedere un supporto consulenziale sull’operazione che sta per intraprendere. Anzi, ove il credito risulti cospicuo, la consulenza andrebbe resa obbligatoria specialmente per i soggetti in posizione contrattuale sfavorevole. In tal prospettiva il consumatore deve potere contare su un tipo di consulenza il più possibile indipendente. Essi debbono essere messi nelle condizioni di conoscere i propri diritti, le conseguenze economiche e sociali del mutamento che stanno affrontando. Deve peraltro risultare accessibile a basso costo per il consumatore, possibilmente avvalendosi del sostentamento pubblico a maggiore garanzia di imparzialità.

I consumatori hanno bisogno di comprendere e utilizzare correttamente i servizi finan-ziari in ragione delle proprie potenzialità, ed essere istruiti sulle variazioni [qualitative e quantitative] che i prodotti e strumenti finanziari possono subire nel corso del tempo. Ma il processo di educazione finanziaria deve anche estendersi ai creditori che devono potere com-prende appieno i bisogni e le necessità dei mutuatari per adattarli ai di loro bisogni. Certo le banche non svolgono la funzione di “educazione” al risparmio a favore dei consumatori, ma certamente sono in grado di fornire adeguate risposte alle esigenze dei consumatori.

Riprendendo, invece, il terzo enunciato (P3), il sistema deve potere garantire prestiti erogati in modo prudente, responsabile ed equo in ogni momento.

Nonostante le evidenze del carente sistema di accesso al credito, tanto in Europa che negli Stati Uniti l’argomento non è più all’ordine del giorno della politica economica e finan-ziaria ivi il credito essendo accordato secondo tecniche e modalità poco accorte che alimenta-no una certa dipendenza del consumatore al finanziatore. Donde l’importanza di una precisa regolazione ed attenta vigilanza sugli sviluppi contrattuali.

Il prestito erogato responsabilmente presuppone da parte del consumatore la dotazione di tutte le informazioni necessarie, oltre a contemplare profili di responsabilità ove le infor-

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mazioni siano carenti e scorrette. Un prestito responsabile presuppone cioè che i creditori si assumano precise responsabilità qualora non forniscano ovvero forniscano al consumatore informazioni fuorvianti, consigli non adeguati o inopportuni; come anche quando, per mezzo di operatori, effettuino prestazioni di servizi sapendo della inadeguatezza degli stessi e con la complicità del soggetto finanziato. A tal uopo, i creditori devono compiere ogni verifica delle informazioni fornite e, in particolare, condividere i dati sulle esposizioni pendenti dei richiedenti e della di loro capacità di restituzione delle some percepite o da percepire.

D’altro canto, se i mercati, come purtroppo la realtà ci dimostra, tendono a favorire lo sfruttamento e la dipendenza finanziaria, da parte dei “distributori” di somme, nei confronti dei soggetti socialmente deboli, gli ordinamenti debbono opportunamente adoperarsi per il corretto funzionamento dei mercati: la determinazione dei massimali dei tassi effettivi rap-presenta un punto di partenza.

Occorre che nella società si diffonda [e si promuova] una sorta di “garanzia sociale” a contenimento e, anzi, ad ostacolo di eventuali abusi di posizione da parte dei creditori nel momento in cui le condizioni del debitore subiscono un involontario deterioramento. È in questo preciso momento che gli istituti di credito debbono evitare di provocare un maggiore pregiudizio sullo stato di difficoltà ad adempiere del soggetto finanziato. Si rende altresì op-portuna una maggiore condiscendenza del livello di rischio rapportato all’intero portafoglio crediti, piuttosto che insistere sulla strada della sua individuazione in base a procedure aset-tiche. La reintegrazione del credito deve essere esattamente regolata nei termini e modalità con la possibilità del rimborso anticipato da parte del debitore, alla stregua delle condizioni di rifinanziamento, pure di stretta regolamentazione. In tale direzione, gli ordinamenti debbono garantire il rimborso anticipato senza la previsione di penalità a carico dei consumatori. Non è accettabile che le motivazioni del debitore si pieghino alla logica del profitto mantenendo i consumatori in uno stato costante di indebitamento se la redditività del debitore ad un certo momento gli consente di rientrare. La regolamentazione delle condizioni di eventuale rifi-nanziamento o, per così dire, di riprogrammazione del debito del consumatore deve risultare dettagliata. La causa del rifinanziamento non risiede nella necessità di rimborso del credito; e, dal momento che solitamente esprime un deterioramento ulteriore delle condizioni del debitore, la piena regolamentazione del rifinanziamento è garanzia di tutela del consumato-re di fronte al rischio che possa essere sfruttata la propria condizione di debolezza: in tale prospettiva, la quota interessi ed oneri connessi deve mantenersi il più possibile contenuta.

Il quarto Principio (P4) attiene al carattere preferenziale dell’adeguamento rispetto all’estinzione del credito. Se i debitori incorrono in circostanze avverse della vita, alle varie modalità di estinzione del credito debbono preferirsi modificazione (adeguamenti) del rap-porto negoziale: le relazioni negoziali ed il rapporto di credito/debito, in particolare riveste una particolare importanza nella vita dell’individuo, alla stregua delle retribuzioni da lavoro o dei contratti di locazione. Di tal fatta, il rapporto di credito/debito deve essere circondato da parametri di protezione contro tentativi di revoca e/o estinzione anticipata del credito in-giustificati o non sufficientemente ponderati.

Sotto ulteriore profilo di analisi, e siamo al P5, la normazione di base dei singoli Paesi deve potere coprire ogni esigenza di credito collegata alla vita della persona: il credito al consumo finalizzato, per esempio, all’istruzione, all’acquisto e noleggio di una abitazione, all’avvio di un’attività commerciale, etc. Ogni limitazione, relativa all’entità o alla tipologia del prestito, specialmente se nel corso del rapporto, non solo è elemento fortemente destabi-lizzante per i consumatori ma finisce col provocare conseguenze deleterie sul funzionamento

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dei mercati.Sotto il profilo della concettualizzazione, il credito deve comprende ogni attività che

portano le persone in una situazione di debito attraverso l’offerta commerciale del potere d’acquisto, indipendentemente dal fatto che questa sia effettuata in forma di prestiti, pa-gamenti dilazionati, leasing, affitto o qualunque altra forma legalmente riconosciuta, ed a prescindere dalla qualificazione dei pagamenti: interessi, piuttosto che commissioni o altro.

Per quanto riguarda l’estensione della disciplina essa deve preferibilmente riguardare l’intero processo (i.e., rapporto) di concessione del credito. I finanziatori hanno la tendenza a mantenere ben distinto il rapporto di finanziamento in senso stretto dall’attività di assistenza esercitata da altro soggetto; sebbene l’impatto del credito al consumo sulle famiglie richieda ed anzi sempre più imponga la valutazione complessiva del rapporto negoziale, sempre più integrato e unificato.

La nozione di credito per molto tempo è rimasta confinata all’attività di finanziamento, all’erogazione cioè somme di danaro svolgendo l’istituto al contempo il compito di finan-ziatore ma anche di broker, di esattore, etc. Tale approccio si è però via via tramutato in una forma di rapporto finanziatore/finanziato caratterizzato da due distinte tipologie degli accordi nel processo di formazione del contratto: gli accordi di servizio/acquisto e gli accordi di [i.e., il contratto di] finanziamento vero e proprio, ciò che in effetti ha dato corso al proliferare di istituti di credito non più interessati alla funzione (alla causa) del prestito (i.e., credito al consumo) ma alla massimizzazione del profitto.

Nell’ottica dell’efficienza dei costi, principio espresso nel modello definito “catena del valore” (value chain), i finanziatori si sono spinti sino a preferire una forma di cooperazione orizzontale tra vari soggetti operando su di un pacchetto non più integrato di contrattazione, ma a connotazione autonoma ciascun operatore rispondendo al proprio ambito di intervento; così individuandosi differenti fasi all’interno del rapporto: la fornitura di danaro, l’acqui-sizione della clientela, la salvaguardia dei debiti e dei contratti di credito (in ragione dei cambiamenti delle condizioni di vita dei debitori), il recupero crediti. Di tal che, ogni attore del processo economico è interamente focalizzato sul proprio profitto ed avulso dai problemi occupazionali dei consumatori e alle esigenze di consumo. D’altro canto, l’attuale concorren-za globale tra multinazionali di gruppi finanziari ha portato al maggiore sfruttamento del rap-porto di dipendenza nei confronti del creditore. Esse sono impegnate sul fronte delle vendite incrociate di prodotti assicurativi collegati, di prodotti d’investimento e prodotti finanziari adattando i tassi di mercato descritti precedentemente.

Ai consumatori non rimane dunque che ricorrere al credito onde potere sostenere il peso degli oneri a proprio carico, nella prospettiva della restituzione attraverso profitti futuri.

Così stando le cose, è fondamentale fare leva sulla cultura della politica economica in grado di assicurare una visione unitaria dal lato della domanda, in modo da offrire una prospettiva-guida dal punto di vista normativo e da garantire un mercato il cui obiettivo finale deve essere il soddisfacimento dei bisogni dei Cittadini.

Un regime a tutela dei Cittadini deve adottare un linguaggio economico e sociale, e non usare solo il linguaggio tecnico/giuridico che si presta a manipolazioni da parte di chi fornisce servizi finanziari. Quando si legittima l’usura attraverso espedienti come ad esempio il “consenso [implicito] del debitore”, si ignora quella millenaria esperienza che testimonia come i contratti di credito siano sottoscritti (e purtroppo consapevolmente) da persone in difficoltà economiche poste in posizione di sfruttamento e dipendenza. L’usura è per sua “natura” effettuata con il consenso dei debitori in condizione di disperazione per la difficile

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situazione finanziaria in cui vengono a ritrovarsi.Non di meno, e passiamo al P6 (Sovraindebitamento come questione pubblica), la ge-

stione di rapporti di credito con soggetti in stato di insolvenza deve collegarsi all’azione pubblica di intervento normativo affinché possa consentirsi con esito la riabilitazione ed il reinserimento dei consumatori nella società.

Nessuna forma di rifinanziamento, tipologia di credito cosiddetto rotativo o di prestiti predatori a persone economicamente molto svantaggiate o se si preferisce indebitate in ecces-so, rappresenta una soluzione definitiva al problema delle classi meno abbienti in condizione di crisi economica. Anzi, esse stesse modalità di erogazione del credito possono a lungo andare generare indigenza e “dipendenza” dal credito.

Mi sembra più consono ammettere il diritto del consumatore ad una procedura pubblica di esdebitazione commisurando le obbligazioni negoziali alla produttività residua dei fondi presi a prestito47. Un sistema che preveda l’esdebitazione e la svalutazione dei debiti, laddove il credito cessi di rappresentare un investimento produttivo per la vita economica del debito-re. Se le imprese in stato di crisi, poi dichiarate insolventi, di fatto svaniscono ed i loro debiti ammortizzati, gli individui non “svaniscono”. Non v’è altra soluzione quindi che adattare il peso del debito assunto al valore del lavoro allorché questo rappresenti l’unica fonte di rea-lizzo. E l’esdebitazione rappresenta per il debitore e la propria famiglia l’avvio di un nuovo percorso di vita sociale. A tal uopo perché l’esdebitazione possa rappresentare per davvero un’occasione di riabilitazione e di reinserimento nella vita produttiva della società, gli ordi-namenti debbono garantire (assicurare al debitore) il diritto di avvalersi di una consulenza indipendente, al riparo dagli interessi contrapposti e talvolta conflittuali dei creditori, capace di rimodulare apprezzabilmente le entrate alle uscite.

I creditori, e passiamo all’ultimo Principio (P) debbono potere affrontare le questioni legali in modo efficace e strategico nel contemperamento dei costi e benefici. Il singolo con-sumatore evidentemente si assume un enorme rischio nel promuovere un’azione giudiziale contro il proprio finanziatore; nella realtà pratica sono i creditori ad esercitare il controllo dei giudizi da intraprendere e da portare a definizione. È perciò fondamentale che le legislazioni nazionali pongano un arresto al fenomeno, come dire all’obiettiva debolezza dei consumatori sotto questo particolare profilo. Si tratta di un aspetto poco dibattuto ma fondamentale perché possa assicurarsi la pienezza dei diritti ed interessi dei più deboli, dati i costi particolarmente elevati delle procedure giudiziali di ciascun Paese. Le class actions rappresentano una so-luzione non sempre adeguata molto spesso relegate all’entità del sostentamento statale nei confronti delle organizzazioni dei consumatori.

Una soluzione potrebbe rinvenirsi nel modello dell’ombundsman (difensore civico) et similia, stabilendo, per esempio, un vero e proprio obbligo per il difensore civico di riferire alle autorità di regolazione le problematicità dei casi sottoposte al proprio vaglio.

In fine, gli istituti finanziari esercitano un’influenza enorme sui media potendo essi per-mettersi di investire, come effettivamente investono, enormi somme nell’attività mediatica e pubblicitaria; senza considerare che sono in grado di esercitare una efficace azione di contra-sto al giornalismo “avverso”; e senza trascurare di considerare che l’attività di ricerca, tanto

47 [Sul neonato istituto nell’ordinamento italiano, tra luci ed ombre all’atto pratico di attuazione, cfr., in que-sto volume, M.A. di dato, L’esdebitazione “civile” nell’ordinamento italiano, infra. Perplessità sull’effettività dell’istituto, sì come sbrigativamente allestito dal legislatore italiano, altresì, in A.M. Perrino, Criticità del credito e sovrindebitamento civile: inefficienze e responsabilità, Scritto per i Dialogi europaei, IV Sessione (a cura di Euri-Conv - Universitat de Girona), Girona (Spagna), 2013.]

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in ambito economico come in giuridico, è non di rado finanziata da soggetti erogatori di cre-dito, con il conseguente rischio di una qualche forma di condizionamento dei risultati. A tal uopo è evidente che lo Stato debba fare da contrappeso all’enorme potere dei finanziatori48.

Una migliore conoscenza del funzionamento dei sistemi di finanziamento disponibili nel settore privato è esigenza fondamentale per lo sviluppo della coscienza pubblica ed al tempo stesso per assicurare le opportune misure di prevenzione alle varie forme di esclusione dal credito a discapito di gruppi sociali a bassa redditività.

L’UE dovrebbe introdurre nei confronti dei prestatori di danaro un preciso obbligo infor-mativo sui sistemi di erogazione dei prestiti commisurato alle esigenze del gruppo sociale cui sono destinati ed in relazione alla collocazione geografica di ognuno. Non di meno, dovrebbe inserire nel circuito regolatorio comunitario una sorta di onere di intervenzione propositiva (e di prospettiva) a carico degli istituti di credito al cospetto delle vicende finanziarie del privato cittadino, dato il rischio di “esclusione” derivante dallo stato che l’avvolge e la determina.

48 [Nonostante una prassi di valutazione del merito creditizio operata nel proprio interesse dagli istituti di cre-dito, il settore ha registrato nell’orizzonte europeo una importante crescita di casi di “irresponsabile finanziamento” ai consumatori, fonte, per questi ultimi, di indebitamento in eccesso. Così, anche, G. PiePoli, Sovraindebitamento e credito responsabile, cit., 42; M. HoffMann, Die Reform der Verbraucherkredit-Richtlinie (87/102EWG), Berlin, 2007, 261 ss.]

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ISBN 978-88-98717-00-2

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La presente opera è disponibile in Italia ed all’estero anche in versione ebook.Our publication, both as book and ebook, is available in Italy and abroad.

Printed in Italy 2014 by EuriConv

il sovraindebitamento civile e del consumatore.sistemi giuridici europei alla prova del dialogo

di antonio sarcina

printed in italy / 2014 by euriconv


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