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NOTA A TRIB. DI MILANO, 25 LUGLIO 2008 in Banca borsa titoli di credito, vol. LXIV, Giuffrè Editore

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RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA

DIREZIONE ESECUTIVA

FEDERICO MARTORANO - GIUSEPPE B. PORTALE NICCOLÒ SALAN ITRO - GIUSEPPE SANTONI

MVLTA l'AVCIS

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MARTINA P AIARDINI

Nota a:

Tribunale di Milano

25 luglio 2008

Tribunale 103

TRIBUNALE DI MILANO

25 luglio 2008

Pres. - Est. PEzzoLIELLO

[8004/121 Società - Società di revisione - Oggetto e natura dell'incarico - Controlli sui bilanci • Inadempimento (D.lgs. 24 febbraio 1998, artt. 155, 156 e 164).

[8004/0012] Società - Società cli revisione - Oggetto e natura dell'incarico -Controlli sui bilanci - Inadempimento - Onere clella prova (D.Igs. 24 febbraio 1998, artt. 155, 156 e 164).

[8004/0012] Società - Società di revisione - Inadempimento - Revoca per giusta causa - Accettazione per fatti concludenti (D.lgs. 24 febbraio 1998, artt. 155, 156 e 164).

[8004/0012] Società - Bilancio • Società di revisione • Oggetto e natura dell'inca­rico - Verifica del sistema di controllo interno • Esclusione (D.lgs. 24 febbraio 1998, artt. 155, 156 e 164).

L'azione di responsabilità per negligenza/imperizia esercitata nei confronti della società di revisione deve assumere a parametro di riferimento l'eventuale d~fformità dei giudizi espressi nel lavoro di revisione rispetto alle "comuni regole contabili e giuri­diche", men/re resta invece precluso un riesame di merito di detti giudizi (1).

A carico della società che contesta l'esattezza dell'adempimento della società di revisione ricade l'onere di provare in maniera compiuta i vizi che inficino la presta­zione ricevuta in termini di "difformità dalle regole giuridiche e dalla buona tecnica" della revisione effettuata, anche attraverso la dimostrazìone di un vizio logico o di fatto nel lavoro dei revisori. A tale fine, non rileva segnalare né che il collegio sindacale della società soggetta a revisione abbia espresso valutazioni differenti da quelle dei revisori, né le autonome valutazioni proposte dalla nuova società incaricata della revisione, peraltro concernenti i dati relativi all'esercizio successivo a quello oggetto della contestata valutazione (2).

L'assunzione dell'iniziativa di revoca per giusta causa della società di revisione nei mesi successivi al deposito della relativa relazione rappresenta una condotla doverosa per la società revisionata (oltre che coerente rispetto all'eventuale prospettato altrui grave inadempimento), atteso che la prima è 1111 soggetto chiamato a tutelare non solo la società conferente /'incarico ma pure i terzi. La mancata adozione dì una tale iniziativa di revoca da parte della società soggetta a revisione può pertanto considerarsi "accettazione", per fatti concludenti, della prestazione commessa (3).

Esula dalle attribuzioni che competono alla società di revisione la verifica del sistema di controllo interno della società revisionata. Tale incombente grava infatti sul collegio sindacale, il quale deve, ai sensi dell'art. 149, comma]~ lett. e), t.u.f, vigilare sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti dì compe­tenza, del sistema di colltrollo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull'affidabilità di quest'ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione (4).

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(Omissis). - SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con l'atto introduttivo del pre­sente giudizio l'attore ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto in data 27 aprile 2006 dalla società di revisione PricewaterhauseCoopers (PWC) S.p.a. in relazione a prestazioni da questa fatturate nei suoi confronti, non disco­noscendo a fatto l'effettività del rapporto intercorso ma lamentando gravi inadem­pimenti della società opposta nella concreta esecuzione degli incarichi ricevuti.

In particolare la parte lamenta un rifiuto asseritamente ingiustificato opposto da PWC al rilascio della certificazione del bilancio 2004 nonché una violazione dei doveri dì collaborazione col Collegio sindacale della società nel corso dello svolgi­mento dell'incarico e poi, all'indomani delle dimissioni successivamente rassegnate, analoga mancanza di collaborazione con i nuovi reviiori; per tali motivi ha chiamato in giudizio si la PWC che i due professionisti « che hanno materialmente svolto le attività di revisione» per ottenere la revoca del decreto opposto, l'accertamento dell'inadempimento della convenuta all'incarico di revisione conferito in data 28 giugno 2004 e, conseguentemente, la risoluzione del relativo rapporto con la con­danna di controparte « anche a titolo extracontrattuale » al risarcimento di danni patrimoniali e d'immagine dalla stessa asserìtamente cagionati.

In via subordinata, ove riconosciuta invece la correttezza dell'adempimento di PWC nella sua attività di revisione, parte attrice assume che da un tale giudizio discenderebbe necessariamente la prova dell'inadempimento di PWC al distinto incarico ad essa conferito in data 25 giugno 2004 di assistenza alla quotazione di NORMAN presso la Borsa di Londra, concluso con valutazioni in tesi incompa­tibili con quelle espresse appena pochi mesi dopo a conclusione del successivo incarico di revisione; sotto tale profilo propone quindi richiesta di risoluzione per inadempimento del relativo incarico, di restituzione delle somme in questo caso già versate in pagamento, nonché di condanna generica di controparte al « risar­cimento di ogni danno, con riserva di promuovere ulteriore separato giudizio per la determinazione del quantum debeatur ».

I convenuti opposti dal canto loro hanno contestato tutte le pretese avversa­rie, difendendo in particolare la fondatezza delle valutazioni relative al documento di bilancio 2004 e rivendicando comunque l'ampia discrezionalità tecnica del loro lavoro.

In sede di costituzione gli stessi avevano in verità pure eccepito, in via preliminare, che l'azione sarebbe stata avviata in mancanza di rituale delibera assembleare della NORMAN (quale prevista in relazione al combinato disposto di cui agli artt. 2409-sexies, 2407 e 2393 e.e.), delibera che è tuttavia nelle more intervenuta a ratificare l'iniziativa giudiziaria assunta, per cui detto profilo della controversia deve reputarsi senz'altro superato, con l'esigenza dunque di venire espressamente ad affrontare le questioni di merito sollevate dall'attore.

In dettaglio, nella ricostruzione della vicenda, parte attrice evidenzia innan­zi.tutto come la società PWC avesse ricoperto il ruolo di organo di revisione contabile della NORMAN già dal '99 al 2003; in data 25 giugno 2004 aveva poi ricevuto l'incarico di assistere la NORMAN nella fase di ammissione alla quota­zione alla Borsa di Londra, incarico concluso con la redazione di Long Form Report e Working Capitai Report entrambi in data 23 luglìo 2004; in data 28 giugno 2004 aveva quindi ricevuto incarico per svolgere la revisione contabile del bilancio di esercizio e di quello consolidato per il triennio 2004-06. Segnala che per conto della società di revisione l'incarico fu affidato in partìcolare all'odierno convenuto

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dott. C e rileva a questo punto che « nonostante questa profonda e consolidata relazione tra le parti il rapporto con il dott. C. sì rivelò presto assai difficoltoso ... (questi) iniziò a sollevare perplessità su alcune operazioni sociali e inaugurò un tipo dì approccio assai conflittuale con tutti gli organi sociali, entrando in aperta collisione con amministratori, principali esponenti aziendali, con il collegio sinda­cale »,fino ad arrivare al deposito di una relazione negativa sul progetto di bilancio al 31 dicembre 2004, in cui sì arrivava a formulare una valutazione conclusiva, di ritenuta assenza dei presupposti dì continuità aziendale - ed è proprio su tali valutazioni, a parere dell'attore del tutto ingiustificate ed anzi ispirate da una deliberata volontà di ledere l'immagine della società soggetta a revisione, che si appuntano le contestazioni oggetto del presente giudizio.

Al riguardo parte convenuta sottolinea di avere in effetti ritualmente depo­sitato in data 14 giugno 2005 la propria relazione sul bìlancio 2004; di avere poi proseguito nell'incombenza di verifica deUa tenuta della contabilità relativamente all'esercizio 2005; di avere quindi « a causa di una situazione di irrimediabile degrado del rapporto fiduciario con il management della società attrice » comuni­cato in data 19 gennaio 2006 l'intenzione di rinunziare all'incarico di revisione originariamente concordato per l'intero triennio 2004-06; di avere infine ottenuto in data 27 aprile 2006 decreto ingiuntivo per l'importo di euro 253.980 oltre interessi e spese in relazione alle fatture emesse confronti appunto di NORMAN per l'esecuzione dell'incarico di revisione negli anni 2002, 2003 e 2004 nonché per la verifica della tenuta della contabilità nell'esercizio 2005, segnalando in partico­lare come proprio alla notifica di tale decreto abbia fatto seguito l'iniziativa assunta dall'odierno attore.

Alla stregua di una tale preliminare ricostruzione delle principali cadenze della vicenda portata in giudizio deve dunque osservarsi innanzitutto che non risulta in fatto controverso l'obbligo di pagamento delle fatture relative alle prestazioni eseguite da PWC per gli anni 2002 e 2003, atteso che anche la richiesta di risoluzione del contratto (nonché di risarcimento dì danni) riguarda solo l'incarico conferito nel giugno 2004 e dunque le prestazioni successivamente richieste a PWC, anche per questa parte occorre d'altro canto segnalare che l'incarico relativo alla verifica della regolare tenuta della contabilità nel corso dell'esercizio 2005 risulta puntualmente portato a termine senza che al riguardo alcuna specifica contestazione sia stata proposta.

Da tali preliminari rilievi emerge dunque innanzi tutto la pluralità delle ragioni di credito azionate da PWC con il decreto opposto. Emerge altresì che, pur a seguito del deposito della relazione di revisione al bilancio qui oggetto di contestazione, il rapporto tra le parti è ritualmente proseguito (secondo tempi e modalità dettagliatamente rilevabili dal libro della revisione contabile depositato in atti) fino a quando è stata PWC a rinunciare all'incarico, a fronte di una palese ed ormai insostenibile conflittualità bene emergente dalla documentazione pro­dotta. In tal senso, prima ancora di affrontare il metito stretto delle ragioni vantate dall'odierno attore, si deve necesssriamente rilevare un dato di seria incongruenza logica nella posizione di NORMAN, che da un lato pretende oggi di attribuire al tenore della relazione di revisione valenza di «inadempimento essenziale» all'in­carico conferito nel giugno 2004, dall'altro si è ben guardata, all'atto del relativo deposito e posi ancora nei mesi successivi, dall'assumere una propria iniziativa di revoca per giusta causa (come sarebbe stato in realtà addirittura suo dovere a

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fronte di una effettiva condotta di grave inadempimento di u contraente. come la società di revisione, chiamato a tutelare non solo la società ma anche soggetti terzi), mostrando in tal modo, per fatti concludenti, di avere « accettato » la prestazione di controparte circostanza che parrebbe già di per sé solo idonea a definire il merito del presente giudizio, quanto meno sotto il profilo della effettiva « essenzialità » deì vizi qui denunciati rispetto al complessivo adempimento richie­sto alla controparte con l'incarico 6/04 di cui qui sì discute.

Passando invece ad affrontare più direttamente le questione proposte in giudizio, si deve notare come l'attrice opponente tenga a mettere preliminarmente in discussione la tradizionale qualificazione della prestazione dovuta da una società di revisione in termini dì « obbligazione dlmezzi » ed invoca anzi recente ed autorevole dottrina secondo cui tende ad essere superata la tradizionale contrapposizione tra obbligazioni di mezzi o dì risultato sul rìlìevo che « il revisore in sostanza deve fornire il risultato di un corretto giudizio sìa sulla regolarità della contabilità, sua sulla legittimità del bilancio dì esercizio e che nel rapporto dì revisione ìl risultato che la società si attende dipende solo dalle prestazioni del revisore, la cui opinione, se difforme dalle comune regole contabili e giuridiche, lo esporrrà a responsabilìtà ».

A giudizio del Collegio i termini concreti della vicenda in esame, in relazione sia al merito delle questioni discusse sia alle modalità con cui entrambe le parti hanno affrontato i rispettivi oneri probatori, fanno apparire di scarso interesse ai finì di causa il tema generale così sollevato della più corretta qualificazione formale dell'obbligazione in parola, mentre pare utile valorizzare appieno le indicazioni di metodo (assolutamente condivisibili) che dalla argomentazione appena citata discendono, in termini di criterio guida e dì limite necessario per una verifica ex post dell'adeguatezza o meno delle prestazioni ìn concreto eseguite dai revisori.

In tal senso, assunta a parametro di riferimento di una ipotizzata negligenza/ imperizia (o addirittura di una deliberata volontà di ledere glì interessi della società committente - secondo quanto in realtà viene lamentato in giudizio) l'eventuale « difformità dalle comuni regole contabili e giuridiche » dei giudizi espressi nel lavoro di revisione (così come rivendicato in linea di principio da parte attrice), ben si intende come debba rimanere senz'altro al di fuori dall'area di legittima e doverosa valutazione in questa sede un riesame di merito dei giudizi espressi dai revisori su singole poste di bilancio o a maggior ragione sulla situazione d'insieme della società, mentre rimane indiscutibilmente a carico della parte che contesta l'esattezza dell'adempimento l'onere (quanto meno) di« alle­gare» in maniera compiuta i vizi che ìn tesi inficerebbero la prestazione ricevuta (in termini appunto di «difformità da comuni regole ... » e non invece di opinabile giudizio di merito).

In linea con tali doverose premesse, venendo al caso di specie, certamente priva in radice di ogni rilievo appare dunque, dì per sé, la circostanza (espressa­mente rivendicata da parte attrice) che il Collegio sindacale abbia espresso valutazioni differenti da quelle dei revisori e men che meno, naturalmente, che diversità di vedute sia emessa rispetto al giudizio degli amministratori; non diverso rilievo può d'altro canto ovviamente riconoscersi alle autonome valutazioni pro­poste dalla nuova società incaricata della revisione, che peraltro hanno avuto evidentemente ad oggetto i dati relativi all'esercizio successivo.

Semplicemente non pertinente al thema probandum (e certamente estranea ai

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più elementari principi di necessaria garanzia della generalità dei consociati su cui si fonda l'intero sistema di redazione e controllo dei bilanci) appare infine la pretesa di parte att1ice di contrapporre al giudizio negativo dei revisori in tema di continuità aziendale la constatazione in fatto del mancato fallimento della società revisionata nel corso dell'esercizio 2005 - secondo uno schema logico che evidentemente presupporrebbe la possibilità di giustificare ex post qualunque azzardo purché coronato da successo.

Un ulteriore rilievo preliminare ancora si impone. Parte attrice ha provveduto a depositare i bilanci 1999-2003 e poi 2005 ma non

anche ìl bilancio 2004 (completo di nota integrativa e relazioni) oggetto della attività dì revisione qui contestata, con una scelta che ha reso inevitabilmente più ardua la ricostruzione dei fatti di causa. Pare comunque il caso di sottolineare che, per quanto rilevabile dalla documentazione in atti, si discute qui di un bilancio ufficiale di esercizio presentato dagli amministratori con una perdita dichiarata di euro 6.457.052 interamente riportata a nuovo, a fronte di un capitale sociale di euro 2.100.000 ed un patrimonio netto di euro 8.843.854 e dati inoltre del bilancio consolidato ancor più delicati ed obiettivamente preoccupanti, soprattutto sul piano strettamente finanziario: da sottolineare in tal senso che un verbale del Consiglio di amministrazione del 12 maggio 2005 dia atto della «opportunità di ricorrere ad una società esterna per la verifica in ordine alla sostenibilità del capitale circolante della società per i prossimi mesi » - dunque una situazione d'insieme senz'altro tale da imporre valutazioni di stima di estrema prudenza. (Omissis)

Così ricostruiti, in via di necessaria sintesi, i punti specifici di dissenso tra organi sociali e società di revisione sul bilancio 2004, rilevato innanzitutto che per questa parte la relazione dei revisori risulta sicuramente idonea a dar conto delle proprie valutazioni sulla base di una analitica rappresentazione dei fatti di ge­stione, ritenuto che i motivi di contrasto tra le parti sopra esaminati attengono essenzialmente a diversità di valutazioni di merito, ritenuto comunque di non poter ravvisare nel lavoro dei revisori alcuna « difformità dalle comuni regole contabili e giuridiche», rilevato infine che i rilievi proposti dai revisori risultano effettiva­mente tali da investire, nel loro insieme, le stesse prospettive dì sopravvivenza della società ove non adeguatamente capitalizzata o comunque non sufficientemente supportata da idonea iniezione dì liquidità (a fronte in particolare del grave scarto rilevabile già nel bilancio predisposto dagli amministratori tra partire correnti dell'attivo e del passivo), rilevato pertanto che non pare effettivamente ravvisabile alcuna incongruenza logica tra elementi di analisi (chiaramente) proposti dai revisori e conclusioni formulare dagli stessi, si ritiene qui di poter arrivare già a questo punto a formulare un giudizio definitivo, di rigetto, della domanda princi­pale di risoluzione dell'incarico conferito per giusta causa (presunta colpa o, addirittura, ipotizzato dolo del revisore).

Opportune esigenze di completezza espositiva inducono peraltro il Collegio a soffermarsi ancora su un ulteriore passaggio della contestata relazione predisposta dai revisori, un passaggio che non attiene affatto all'esame di specifiche poste di bilancio ma che ciò nonostante finisce per attirare la parte assolutamente prepon­derante delle censure proposte dall'odierna attrice.

Muovendo ancora una volta da premesse sicuramente fondate e pienamente condivisibili (esigenza che l'attività di revisione sia finalizzata «alla piena infor-

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mazione del pubblico ... sulla base di una analitica rappresentazione dei fatti di gestione ... ») e proponendo poi un accostamento francamente macchinoso alla struttura di provvedimenti giurisdizionali di carattere decisorio, NORMAN la­menta così « carenza di motivazione » nella parte in cui la relazione dei revisori «senza specificazione ulteriore», segnala di avere «identificato la presenza di numerose operazioni anomale, poste in essere dal gruppo, che presentano carat­teristiche di eccessiva onerosità dubbia sostanza economica o carenza di documen­tazione di supporto, peraltro non adeguatamente descritte in nota integrativa. Conseguentemente, tenuto conto della pervasività delle carenze del sistema di controllo interno, non siano stati in grado di completare le nostre verifiche in accordo con i principi di revisione di riferimento».

Sul punto ritiene il Collegio che la sinteticità della formulazione così proposta dai revisori sia al contrario ampiamente giustificata dal carattere introduttivo dei menzionati rilìevi (a segnalare doverosamente ai terzi un limite intrinseco ricono­sciuto dagli stessi estensori nel lavoro da loro presentato) rispetto all'esame invece adeguatamente analitico delle specifiche poste di bilancio condotto nel prosieguo, a fronte di un incarico (quello di revisione) che evidentemente non aveva affatto ad oggetto la verifica del « sistema di controllo interno » della società revisionata e dunque non imponeva affatto una analitica trattazione del tema, funzionalmente riservata piuttosto al Collegio sindacale. (Omissis).

Esula naturalmente dall'oggetto del presente giudizio qualunque valutazione di merito sulle operazioni in parola: ciò che rileva ai fini di causa è piuttosto l'obiettivo fondamento (questo non seriamente contestato) dei rilievi sollevati dai revisori sulla tardiva scoperta del coinvolgimento de.Ila società in operazioni occulte, completamente sfuggite ai sistemi di controllo interno, ancora nella tarda primavera del 2005, e la palese incidenza di tali rilievi sulla concreta conduzione delle attività di revisione (venendo in questione l'omessa ostensione di documen­tazione sociale die strema pregnanza).

In tal contesto, all'esito dì un prolungato confronto con gli organi sociali bene documentato dalle risultanze del libro ufficiale di revisione, i revisori hanno dunque ritenuto di dover infine dare atto di difficoltà obiettive incontrate nello svolgimento dell'incarico ricevuto (come in realtà assolutamente doveroso a fronte di un incarico ricevuto nell'interesse non solo della società committente ma dì tutti i terzi interessati alle vicende della NORMAN) e da tali difficoltà hanno legitti­mamente tratto proprie valutazioni, naturalmente del tutto autonome da quelle di amministratori e sindaci, sulla completezza ed adeguatezza del lavoro « da loro» compiuto e presentato pubblicamente sotto la «propria » responsabilità - ai fini suddetti i revisori hanno evidentemente ritenuto superflua una ricostruzione più analitica di vicende che non incidevano su specifiche poste del bilancio esaminato, con una valutazione che non pare assoggettabile a particolari censure di metodo. Sul punto è semmai da sottolineare che (una volta riscontrata l'effettiva e fin qui indiscussa rilevanza dei fatti in parola) sarebbe spettato piuttosto e in tutta evidenza al Collegio sindacale offrire, anche e soprattutto ai terzi, una completa rappresentazione di tali vicende, eventualmente accompagnata da una specifica ricostruzione di modalità e tempi in cui dette (indiscusse) anomalie sarebbero state poi «superate» (come si assume da parte attrice) a contrastare apertamente le diverse valutazioni espresse dai revisori.

Nel caso di specie non è dato sapere se e in qual modo il Collegio sindacale

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abbia di fatto ottemperato ai propri obblighi in materia e anzi (atteso che, come già rilevato in precedenza, parte attrice non ha ritenuto di depositare agli atti del presente processo la relazione dei sindaci al bilancio 2004), è da rilevarsi che ancora adesso, a conclusione ormai del giudizio e a distanza di diversi annì dall'epoca dei fatti, non è dato in realtà di sapere o comprendere sulla base di quali elementi e valutazioni il Collegio sindacale abbia ritenuto di poter attestare come «superate», nell'arco delle poche settimane intercorse tra la fine di aprile 2005 e gli inizi di giugno del medesimo anno, le delicate problematiche di organizzazione interna sollevate dai revisori e tali da giustificare inizialmente, agli occhi degli stessi sindaci, azioni di responsabilità ex artt. 2391 e 2392 e.e.

Sul piano l'odierno attore si limita ad osservare come «la società abbia poi positivamente valutato ed approvato l'operato-dell'amministratore, con ciò supe­rando la questione»: ma pare evidentemente da escludere in radice che la parte possa utilmente fondare in giudizio un addebito di « incongruenza » nei confronti dei convenuti sulla base di una simile pretesa di autoreferenzialità, invero sempli­cemente sconcertante. (Omissis).

(1-4) Con la sentenza in commento pronunciata nell'ambito di un giudizio di opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto da una società di revisione nei confronti della società revisionata per il pagamento delle prestazioni rese dalla società opposta in adempimento dell'incarico conferitole, il Tribunale di Milano ha affrontato e risolto delicate, nonché dibattute, questioni in tema di adempimento dell'incarico di revisione contabile. Al riguardo, è utile prendere le mosse dal quadro normativo di riferimento, a partire dagli artt. 155, 156 t.u.f., i quali hanno la funzione di individuare l'oggetto dell'attività di revisione nelle società quotata. Dalla lettura degli stessi emerge che chi effettua il controllo contabile deve verificare «la regolare tenuta della conta­bilità, la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili » ed inoltre « che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato corrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano» (art. 155, comma 1°, t.u.f.); esso deve quindi« esprimere, con apposite relazioni, il proprio giudizio sul bilancio d'esercizio e, ove redatto, sul bilancio conso­lidato» (art. 156, comma 1°, t.u.f, Occorre a tale proposito dare atto della circostanza per cui il d.lgs. n. 39/2010, contenente la nuova disciplina della revisione legale ed entrato in vigore il 7 aprile 2010, ha abrogato, tra gli altri, i commi 1° e 3° dell'art. 155 e i commi 1°, 2°, 3°, 4"-bis, e 5° dell'art. 156 t.u.f. Tuttavia, l'articolo contenuto della revisione contabile - il quale prima della riforma era per l'appunto disciplinato dagli artt. 155-156 t.u.f., per le società quotate e dall'articolo, anch'esso abrogato, 2409-ter e.e., per le società non quotate - è stato confermato dall'art. 14 del recente d.lgs. 39/2010: tale dìsposizione, pur stabilendo alcune regole di dettaglio differenti rispetto a quelle previste nella previgente disciplina - in particolare, con riguardo agli standard di controllo (di cui si tratterà ampliamente in seguito), alla mancata previsione del controllo sul bilancio (aspetto quest'ultimo da intendere, ad avviso dei primi commen­tatori come puramente formale, considerato che per potere esprimere un giudizio è indispensabile verificane la correttezza: v. tra tutti BAVA-DEVALLE, Il processo di revi­sione, in Società, 2010, inserto dal titolo Il D.lgs. n. 3912010: la nuova disciplina della revisione legale, 11) e ancora con riguardo alla mancata specificazione della periodicità delle verifiche (tratto questo in linea con l'abrogato art. 155, comma 1°, t.u.f .. ma in disaccordo rispetto all'art. 2409-ter e.e., dove sì prevedeva che le verifiche avvenissero con una periodicità trimestrale)- non determina conseguenze operative sull'attività di

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revìsione. Con riguardo a detta attività si è poi da tempo precisato come al giudizio finale sul bilancio dì esercizio e, ove sia stato redatto, sul bìlancio consolidato la società di revisione dovrà giungere solo dopo aver posto in essere un vero e proprio « proce­dimento di revisione ». Questo si è poi precisato doversi comporre di una fase ispettivo-ricognitiva (fase finalizzata alla ricerca e all'acquisizione, attraverso l'esercizio dei poteri riconosciuti al revisore, di tutti i dati necessari al fine di poter formulare, nella successiva fase valutativa, il giudizio di regola1ità sull'oggetto in relazione al quale deve esprimersi), di una fase valutativa (destinata alla formazione di una valutazione sulla regolarità del bilancio rispetto a canoni prestabiliti, al fine di esprimere un giudizio sullo stesso e di un'ultima fase dinamico-comminatoria) riservata alla redazione della rela­zione contenente il giudizio di revisione sul bìlancio d'esercizio e, ove redatto, sul bilancio consolidato cfr. tra gli altri, FORTUNATO, Cpmmento all'art. 2409-sexies, in Società di capitali. Commentario, a cura di Niccolini-Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004, 813; In., La certificazione del bilancio. Profili giuridici, Napoli, 1985, 121 ss.; MAGGrOLINO, Commento all'art. 2409ter, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti-Bianchi-Ghezzi-Notari, Milano, 2005, 405. Va notato, peraltro, che di «processo di revisione» si continua a parlare anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 39/2010: ciò si evince dai già citati standard di revisione. Detto procedimento continua, in particolare, ad essere suddiviso in tre « macroattività >>, così rinominate: la pianificazione (il cui obbiettivo principale è quello di ridurre al minimo il rischio di revisione, facendolo rientrare al disotto della soglia di significatività: concetto quest'ul­timo fondamentale per lo svolgimento dell'attività di revisione); le verifiche periodiche; e il controllo del bilancio v., ancora, BAvA-DEVALLE, Il proce~~vo, 13 ss. Ulteriormente, si è evidenziato che il controllo effettuato dalla società di revisione è caratterizzato, non solo dal fatto di essere svolto seguendo specifiche procedure, ma anche dal dover essere effettuato "a campione" (sulla necessità che il controllo contabile sia effettuato a campione v., tra gli altri: CALDARONE-Tucc1, La responsabilit1ì nell'esercizio dell'attività di revisione e certificazione del bilancio: prime pronunce della giurisprudenza e tendenze evolutive, in Giur. comm., 1995, 1, 298; Borr1GLIERJ, Il controllo del bilancio, in AA.VV., Il bilancio di esercizio. Problemi attuali, Milano, 1978, 334; COLOMBO, Il bilancio d'esercizio e consolidato, in Trattato Colombo-Portale, 7*, Torino, 1994, 297; OnARA­vrouo, Compiti e responsabilità dei sindaci di società di capitali e dei revisori dei conti, in Riv. soc., 1979, 556; MoNTALENTI, Le società quotate, in Trattato Cottino, 2004, 292; MAGGIOLINO, Commento all'art. 2409-tei; 431; CARATozzoLo, Il bilancio d'eserdzio, Milano 1988, 907).

Ciò premesso, che con riguardo al compito della società di revisione sJ abbia di fronte - come affermato dalla sentenza che si annota - un controllo di legittimità e non di merito è affermazione condivisa dalla piì1 autorevole dottrina in materia ( cfr. Nomu - VrTALE, La riforma delle società per azioni. Commento alla legge 7 giugno 1974, 11. 216, e ai decreti delegati, Milano, 1975, 585; Bussm.ETn, Le società di revisione, Milano, 1985, 197; SurERTr FURGA, li ruolo del collegio sindacale e dei revisori-certifica­tori nella normativa vigente e nelle prospetti vedi attuazione della direttiva comunitaria, in Riv. dott. comm., 1988, 650; FoRrnNATO, Commento all'art. 2409-sexies, 820). In proposito è stato rimarcato il rilievo della lettera dell'art. 156 t.u.f., con ìl quale è stata abbandonata la precedente espressione "certificazione» per sostituirla, come si evince dalla stessa rubrica della norma, con quella dì «giudizio sui bilanci». Lo stesso art. 14 d.lgs. 39/2010 è ora rubricato« relazione di revisione e giudizio sul bilancio», mentre la rubrica dell'art. 156 t.uJ., così come modificato dal d.lgs. 39/2010, è stata trasformata in «relazioni di revisione». Va notato come si fosse evidenziato che presso i rispam1iatori, ossia i fruitori del bilancio, si era fatto strada l'ardito «convincimento che un bilancio certificato dovesse ritenersi esente da pecche», nonostante gli operatori del diritto fossero consapevoli che l'espressione «ne rilascia certificazione», contenuta nell'art. 4 d.p.r. 136/1975, non potesse essere intesa« come attribuzione al bilancio di una patente

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di assoluta correttezza» (COLOMBO, Commento all'art. 156, in Testo unico della finanza, diretto da G.F. Campobasso, Torìno, 2002, II, 1296). Ed è proprio per far fronte a questo errato e pericoloso convincimento dei rispam1iatori che si cercò (i revisori per primi) di rendere nota la circostanza per cui le verifiche compiute dai revisori sono colpite da ineliminabili limiti tecnici i quali derivano, in primis, «dall'oggettiva impos­sibìlità che le verifiche dei revisori si estendano a tutti i fatti economicamente rile­vanti », nonché alla contabilizzazione e alla successiva valutazione degli effetti dagli stessi prodotti e, in secondo luogo, dalla consapevolezza che «la qualificazione della gran parte delle poste di bilancio è frutto di stime, inevitabilmente opinabili». Ancora, si era segnalata in passato « l'impossibilità per ìl revisore, non dotato dci poteri di Polizia Giudiziaria, di smascherare sempre e comunque le frodi poste in essere con artifizi e manipolazioni dagli stessi amministrato.ci, proprio al fine di rendere sterili i controlli» (G.E. CoLOMBO, Commento all'art. 156, 1297). Con quest'ultima afferma­zione è stata, peraltro, data la risposta a una questione ampiamente dibattuta, concer­nente la determinazione dei compiti spettanti alla società di revisione nei rapporti con gli amministratori e i sindaci. In particolare, la dottrina e la giurisprudenza sì sono a lungo domandate se rientrasse tra i compiti dei revisori la scoperta di frodi o di altre irregolarità perpetrate dagli amministratori o dagli stessi dipendenti della società, nonché, il rilievo della mancata denuncia delle stesse da parte del collegio sindacale. La soluzione affermativa, sostenuta piì:I che altro dai risparmiatori, per cui i revisori devono, come dei detective (espressione usata da CosrA, Il controllo del revisore contabile e gli amministratori dì S.p.a.: le rispettive responsabilità in caso di irregolarità della gestione, nella Collana degli Annali della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Genova, a.a. 1995196, 95, e poi ripresa da BoNAVERA, Questioni in tema di adempi­mento dell'incarico affidato alla società di revisione nella nota alla sentenza in commento, in Società, 2009, 318), scoprire le frodi poste in essere da amministratori e dipendenti e coperte dagli stessi sindaci, si fondava per l'appunto sul potere evocativo dell'espres­sione «certificazione»: motivo per cui la sostituzione di quest'ultima, prima, con l'espressione «giudizi sui -bilanci)>, avvenuta ad opera del t.u.f., e poi, con quella dì "relazione di revisione e giudizio sul bilancio» di cui all'art. 14 d.lgs. 39/2010, ha concorso a fare sì che venisse superata la suddetta opinione. Tale circostanza ha dunque sgomberato ogni dubbio sul fatto che la società di revisione non può, né tanto meno deve, modificare o valutare le scelte gestorie operate dagli amministratori. La dottrina maggioritaria (MAGCHOLINO, Commento all'art. 2409-ter, 437 s.; REDAELLI, voce Società di revisione, in D. disc. priv. sez. comm., XIV, Torino, 1997, 230; QuATmoccH10, Commento all'art. 155, in Legge Draghi e società quotate in borsa, a cura dì Cottino, Torino, 1999, 311) è così oggi concorde nel rìtenere che il soggetto incaricato della revisione contabile deve limitarsi a verificare la legalità della rappresentazione contabile. Il compito del soggetto in parola si risolve, in altri termini, nel controllare il rispetto delle regole che disciplinano la redazione del bilancio e, segnatamente, dei principi generali della correttezza e della veridicità che presidiano le modalità di redazione dello stesso, « non dovendo», invece, né «valutare nel merito le scelte economiche e finanziarie operate dagli amministratori, né sostituirsi all'eventuale fruitore del bilancio nell'analisi e nell'interpretazione dei dati in esso contenuti, né esprimere giudizi o prognosi circa le sortì economiche della società cliente,, (MAGGlOLINO, Commento all'art. 2409-ter, 438).

Nella sentenza in commento, il Tribunale di Milano, ha aderito al riferito orien­tamento chiarendo che la società di revisione adempie correttamente al proprio incarico qualora lo stesso venga svolto in conformità alle "comuni regole contabili e giuridiche": rappresentando perciò il mancato rispetto di queste ultime il solo parame­tro di riferimento per dimostrare l'inadempimento posto in essere dalla società di revisione; è invece preclusa la possibilità di un riesame di merito. Il Tribunale ha di fatto ritenuto che il rispetto delle "regole giuridiche e della buona tecnica" integri quella diligenza professionale richiesta alla società di revisione: ciò, in linea con quell'orien-

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tamento, maggioritario in dottrina e giurisprudenza, secondo cui il contratto di revi­sione, stante il carattere emìnentemente intellettuale della prestazione resa, deve essere ricondotto al contratto d'opera intellettuale (cfr. BussoLErn, Le società, 305 ss.; fo., voce Società di revisione, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, 1089; QuATRARO, La responsabìlità civile delle società di revisione e la responsabilità penale del revisore contabile, in Il controllo legale dei conti, 1997, 30; BuTA, Commento all'art. 164., in Testo unico della .finanza, Commentario, diretto da G.F. Campobasso, Torino, 2002, 1357; fo., La responsabilità nella revisione obbligatoria delle S.p.a., Torino, 2005, 190 ss.; BIANCHI, Amministrazione e controllo delle nuove società di capitali, Milano. 2003, 344; VALENSJSE, Commento agli artt. 161-164, in li testo unico dell'intermediazione .finanziaria, Com­mentario al d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58., a cura di .Rabìtti Bedogni, Milano, 1990, 1089; BALZANJNI, Commento all'art. 159, in La disciplina_delle società quotate, a cura di Marchetti-Bianchi, vol. II, Milano, 1999, 1870; FORTUNATO, Comme11to all'art. 2409-sexies, 847; SAsso, Commento all'art. 2409-sexies, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, II, Padova, 2005, 1097; LoLLI, Commento all'art. 164 t.u.f, in AA. VV., Commentario sulla disciplina delle società con azioni quotate, a cura dì Maffei Alberti, in Nuove leggi civ. comm., 2001, 418. Contra, MoNTALENTI, Le società, 314; PARTESOTII, La società semplice iscritta nel registro delle imprese. Contributo allo studio della società di revisione nel d.p.1: 31 marzo 1975, n. 136), in Giw: comm., 1978, I, 32; LmoNATI, La revisione volontaria: effetti, in Giur. comm., 1979, I, 624, a favore della riconducibilità del contratto di revisione al contratto di appalto di servizi; A. Rossi, Revisione contabile e certificazione obbligatoria, Milano, 1985, 209 ss.; Io., Spunti nella nuova disciplina della revisione contabile, in-Società, 1999, 1043; CERA, Revisione contabile e certificazione del bilancio, in Diritto commerciale ed industriale, Diz. dii: priv., 3, a cura di Carnevali, Milano, 1981, 767; CLARIZ!A, L'attività di revisione e certificazione: aspetti giuridici, Milano, 1978, 53, per i quali si tratterebbe invece di un contratto tipico autonomo; crf. pure App. Milano, 7 luglio 1988, in Società, 1998, 1171, con nota di SALAFIA, Alcune questioni in materia di revisione contabile istituita volontariamente; App. Roma, 19 gennaio 2006, cit.). L'orientamento in parola, ha inoltre ricevuto l'avallo da parte della Consob (v. CoNson., Relazione Consob per l'anno 1990, in Riv. soc., 1992, 354 nella quale si legge che: « il contratto di revisione, pur in assenza di specifica menzione nel d.p.r. n. 136175, trova disciplina, oltre che in tale decreto, il quale assolve la funzione di disciplina speciale, nella disciplina generale relativa ai professionisti intellettuali»), e soprattutto ha trovato un'importante conferma nel richiamo di ordine generale conte­nuto nell'art.164, comma 1°, t.u.f. al disposto dell'art. 2407 e.e., in tema di responsabilità dei sindaci. Anche a tale proposito è però necessario dare atto che il d.lgs. 39/2010 ha abrogato l'art. 164 t.u.f. e con esso il richiamo alla disciplina di cui all'art. 2407 e.e., che a suo volta faceva rinvio agli artt. 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395; motivo per cui occorre comprendere, ad avviso dei primi commentatori della riforma ( cfr. Gmo1c1, La nuova disciplina della revisione legale, in Società, 2010, 5010; fo., La responsabilità civile del revisore legale, in Società, 2010, inserto Il D.Lgs. n. 3912010, 37) «la portata di questa quanto meno apparente uscita dell'azione di responsabilità dal circuito delle respon­sabilità sociali» (Gmorc1, La nuova disciplina, 510, il quale riprende l'efficace formula «circuito delle responsabilità sociali» impiegata per la prima volta dal Prof. Busso­letti). Tale mancato richiamo - si è detto, del resto - eliminerebbe, in particolare, « la possibilità per i creditori sociali di potere esercitare l'azione di massa di cui all'art. 2394 e.e., prevalentemente fatta valere in sede concorsuale, anche contro il revisore conta­bile, il responsabile della revisione e i dipendenti che hanno collaborato all'attività di revisione» (Grumcr, La nuova disciplina, 5010; Io., La responsabilità, 33).

I giudici milanesi hanno poi sottolineato, sempre accogliendo l'orientamento tradizionale maggioritario (cfr., tra le tante, Cass., 30 maggio 2001, n. 7387, in Studium Juris, 2001, 1377; Cass., 28 aprile 1994, n. 4044, in Resp. civ. e prev., 1994, 635; Cass., 8 maggio 1993, n. 5325, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, 266. In dottrina v. DE ANGELIS,

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Il contratto d'opera intellettuale, in AA.VV., Le professioni ìntelletlllali, nella collana Giw: sist. dir civ. comm. fondata da Bigiavi, Torino, 1987, 152), che, a prescindere dalla qualificazione della obblìgazione del revisore in termini di obbligazione di mezzi e non di risultato (conseguenza questa derivante dalla riconduzione del contratto di revisione nell'alveo del contratto d'opera intellettuale), l'onere della prova grava, in conformità ai principi generali di cui all'art. 2697 e.e., su chi eccepisce l'inadempimento: dunque, nel caso di specie, sulla società revisionata. Occorre a tale proposito notare, tuttavia, che la giurisprudenza di legittimità ha recentemente sconfessato tale indirizzo. In particolare, le Sezioni unite con sentenza 11 gennaio 2008, n. 577 (in Danno e resp., 2008, 788 ss., in Resp. civ. e prei.;, 2008, 4, 849, in Foro it., 2008, 2, 445; in Gìust. civ., 2009, II, 2532; in li civilista, 2010, 2, 86), sebbene abbiano ribadìto l'irrilevanza, nel caso di contratto d'opera intellettuale, della distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato ai fini dell'onere della prova, sono pervenute sul punto qui in questione a un.a soluzione diametralmente opposta a quella sopra indicata. Si è rilevato, segnatamente, essere più semplice per il professionista dimostrare le circostanze che attestino la correttezza tecnica del suo operato: mentre invece il soggetto leso, non essendo un tecnico del settore, si è detto non avere quelle conoscenze necessarie per potere individuare specificatamente l'errore professionale. Di qui la soluzione accolta della Cassazione per cui (partendo dal presupposto che "un" risultato "è dovuto" in tutte le obbligazioni) rimane a carico del presunto soggetto inadempiente l'onere di dimostrare che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che pure esistendovi, esso non è stato eziologi­camente rilevante.

Anche con riferimento al metro di diligenza cui commisurare la legittimità dell'operato dei revisori, il Tribunale di Milano, rinvenendo lo stesso nel rispetto delle "regole giuridiche e della buona tecnica", ha aderito a quello che è, a tale riguardo, l'orientamento maggioritario, sia ìn dottrina (BoNELLI, Responsabilità delle società di revisione nelle certìficazioni obbligatorie e volontarie, in Riv. soc., 1979, 988 ss.; Co­LOMBO, La disciplina italiana della revisione, in Riv. dott. comm., 1977, 21; A. Rossi, Revisione, 183 ss.; FORTUNATO, La certificazione, 169 ss.; VALENSISE, Le responsabilità delle società di revisione. Considerazioni dopo le prime pronunce giurisprudenziali, in Giur. comm., 1996, Il, 528; REDAELLI, voce «Società di revisione», 231 s.; SALAFIA, Alcune questioni, 1184; BussoLErrr, Le società, 105, quest'ultimo però ritiene che la violazione di quei principi determini la sicura sussìstenza della negligenza della società di revisione), sia in giurisprudenza (App. Milano, 7 luglio 1998, cit.; Trib. Milano, 18 giugno 1992, in Giw: it., 1993, II, 1; Trib. Torino, 18 settembre 1993, in Giw: comm., 1994, II, 272; Trib. Milano, 21 ottobre 1999, in Gim: il., 2000, 554). È infatti opinione pacifica tra gli interpreti del diritto che la diligenza richiesta ai revisori ha come parametro di riferimento i principi di revisione elaborati dagli organismi professionali, che non sono poi altro che "quelle regole giuridiche e quella buona tecnica" il cui rispetto è richiesto dal Tribunale di Milano nella sentenza in commento. La stessa dottrina e la stessa giurisprudenza hanno però poi precisato che il rispetto di detti standard rappresenta un mero« indizio» in ordine all'agire della società di revisione in conformità della diligenza richlesta; indizio che in quanto tale potrà essere superato dall'esame del caso concreto. Vi saranno così ipotesi in cui il rispetto dei principi di revisione non sarà sufficiente: esso dovrà pertanto essere integrato da quelle procedure di verifica rese indispensabili dalle circostanze oggettive; specularmente, si potrebbero configurare delle ipotesi in cui, nonostante il mancato rispetto degli standard di revisione, sia comunque possibile dimostrare di avere impiegato metodi altrettanto adeguati (BuTA, Commento all'art. 164, 1360). L'art. 14 del d.lgs. 39/2010 ha peraltro ora chiarito che la revisione deve essere svolta in conformità ai principi di revisione individuati dall'art. 11 dello stesso decreto, ossia dei principi di revisione adottati dalla Commissione Europea ai sensi dell'art. 26, par. 1 e 2 della direttiva 2006/43/CE. L'art. 11 del citato decreto dispone poi che il Ministero dell'economia e della finanza, di

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concerto con il Ministero della giustizia, sentita la Banca d'ltalia, la Consob e J'Isvap, secondo la categorìa dì società interessata, potrà imporre o vietare l'osservanza dei principi di revisione solo se l'obbligo o il divieto conseguono da dìsposizionì legislative riguardanti la portata della revisione legale. Ad oggi detti principi dì revisione non sono stati ancora fonnulati dalla Commissione Europea, rendendosi quindi necessario prevedere gli standard da adottare in qnesto periodo di transizione. Per la pendenza di tale situazione, lo stesso art. 11 prevede che «fino all'adozione dei principi di cui al comma 1, la revisione legale dovrà essere svolta in conformità ai principi di revisione elaborati da associazioni e ordini professionali e dalla Consob ». Di fatto, pertanto, per ora nulla è ancora cambiato circa gli standard di controllo: i quali, seppur transitoria­mente, corrispondono a quelli a cui fa riferimento la sentenza che si commenta, ossia, di principi di revisione elaborati dal Consiglio Nazion,11le dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (di seguito C.N.D.C.E.C.) a partire dal 2002. Va segnalato, peraltro, che i primi commentatori del citato decreto hanno chiarito che non si tratterà comun­que di una modifica comportante conseguenze sotto il profilo operativo, considerato che« i principi da seguire nell'esercizio dell'attività di revisione legale non potranno che essere quelli destinati ad essere adottati con regolamento comunìtario, ovvero i principi di revisione internazionali che, pur con adattamenti e in modo non completo sono quelli pubblicati dal C.N.D.C.E.C. a partire dal 2002 » V. BAVA-DEVALLE, Il processo, 12). L'unica vera novità - e non sembra trattarsi di una piccola novità - sta nel fatto che con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2010 l'attività di revisione legale deve essere esercitata sulla base dei principi di revisione per espresso obbligo di legge, non per mero orientamento dottrinale e giurisprudenziale.

Con riguardo alla terza massima, va premessa la ricorrenza in letteratura della evidenziazione che la società di revisione è chiamata con il suo operato a tutelare, non solo la società conferente !'incarico, ma pure i soci e i terzi (BurA, La responsabìlìtà, 17; LoLLI, Commento all'art. 164 t.u.j:, 419; SANTARONI, La responsabilità del revisore, Milano, 1984, 204; MmERvrm, L'istituzione del controllo pubblico sulle società per azioni, Milano, 1956, 549; COLOMBO, La disciplina, 6) i quali possono dunque essere identificati, al pari della società revìsionata, come i destinatari del controllo contabile svolto dalla società di revisione. Ciò viene fatto discendere dalla funzione e dal significato assegnati a tale soggetto, tradizionalmente individuati nella tutela della trasparenza e della fiducia nei mercati finanziari (BuTA, La responsabilità, 17). Sì afferma, più precisamente, che la funzione principale della revisione contabile è quella di fornire agli azionisti e ai terzi un giudizio indipendente sulla regolarità dei bilanci redatti dagli amministratori; giudizio che, in quanto espressione professionale, crea un legittimo affidamento sulla regolarità del documento sociale: cfr. BUTA, La responsabi­litò, 17; MrNERVJNJ, L'istituzione, 549; COLOMBO, La disciplina, 6; SANTARONJ, La respon­sabilità, 204; BussoLLEITI, Le società, 337; CASTELLANO, I controllo esterni, ìn Trattato Colombo-Portale, 5, Torino, 1988, 372; CERA, Quotazione di nuove società e tutela del pubblico investitore: il ruolo della società di revisione, in Analisi giuridica dell'economia, 2002, 201. A tale esigenza di tutela si ricollega del resto la possibilità, oramai ricono­sciuta pacificamente in dottrina e in giurisprudenza, di chiamare a rispondere la società di revisione - per la non corretta esecuzione della propria obbligazione di revisione e verifica della contabilità- anche nei confronti dei terzi. Peraltro si controverte, com'è noto, circa la natura di una siffatta responsabilità. Sebbene dottrina e la giurisprudenza maggioritarie siano oramai concordi nel ritenere che si tratti di rimedio extracontrat­tuale, vi sono tuttavia alcuni studiosi che ancora propendono per la natura contrattuale di detta responsabilità o, quanto meno, per la natura di responsabilità per violazione di doveri di protezione che incombono sui revisori: in questo senso v.: BUTA, La respon­sabilità, 252 s.; E. BARCELLONA, Responsabìlitò da informazione al mercato: il caso della revisione legale dei conti, Torino, 2003, 317 ss.; per la natura extracontrattuale, cfr. invece, in giurisprudenza, Cass., 18 luglio 2002, n. 10403, in Società, 2002, 1513, con nota

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di SALAFrA; Trib. Milano, 6 ottobre 2008, in Società, 2009, 65, con nota di SALAFIA; e in dottrina cfr.: BussoLETTI, Le società, 332; A. Rossi, Revisione, 197 ss.; Nuzzo, Commento all'art. 164, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermedia­zione finanziaria, a cura di Alpa - Caprig!ione, vol. II, Padova, 1998, 1510; BALZARINI, Commento all'art. 164., in La disciplina delle società quotate, a cura di Marchetti­Bianchi, vol. II, Milano, 1999, 1945; CASADEI, La responsabilità della società dì revisione, Milano, 2000, 48; Cozzi, Tutela dei mercati finanziari e responsabilità delle società di revisione, Napoli, 2001, 85 ss.; D'ALFONSO, Responsabilità da prospetto informativo, Napoli, 2002, 157; LoLu, Commento all'art. 164 t.11.f, 419; BoNELLI, Responsabilità, 981 ss.). Di recente la dottrina (v. SALAFIA, 11 conferimento dell'incarico di revisione, la revoca e le dimissioni, in Società, 2010, inserto dal titolo 11 D. Lgs. n. 3912010: la nuova disciplina della revisione legale, 10), trattando di responsabilità del revisore nei con­fronti dei terzi, ha perallro segnalato come l'art~15 del recente decreto abbia confer­mato che tale responsabilità può concorrere con quella: da un lato, della società oggetto della revisione; dall'altro, dei suoi amministratori ai quali sia imputabile la redazione irregolare del bilancio su cui successivamente il revisore abbia espresso una valutazione ingiustamente positiva di copertnra, e dal quale è derivato poi il danno rivendicato dai terzi (con riguardo all'appena citato art. 15, è poi interessante sottolineare che il d.lgs. 39/2010 era atteso con grande curiosità, proprio per verificare se il legislatore Italiano intendesse optare per forme di limitazione della responsabilità civile dei revisori, come raccomandato dalla Commissione europea. Le modifiche sul punto, contenute nell'art. 15 del d.lgs. 39/2010, non appaiono particolarmente significative: si è detto anzi che si caratterizzano per una "sciagurata tecnica legislativa", con la quale è stata introdotta, nel secondo comma di detto articolo, un regime di responsabilità parziaria del respon­sabile della revisione e dei dipendenti che hanno collaborato all'attività di revisione: v. Gmo1ci, La nuova disciplina, 533 ss.; ID., La responsabilità, 33).

Se però si vuol parlare di responsabilità della società revisionata nei confronti dei terzi, alla base della stessa vi deve essere la violazione di un qualche correlato dovere: nel caso di specie, tuttavia, non si comprende perché potrebbe considerarsi doveroso per la società revisionata, come ritiene il Tribunale di Milano, revocare per giusta causa l'incarico conferito alla società di revisione. È vero che, a un risultato che forse può considerarsi vicino - nella sostanza - a quello ora menzionato, si è giunti in sede di applicazione dell'articolo 2395 e.e.: atteso che, com'è noto, attraverso questa norma dottrìna e giurisprudenza chiamano a rispondere gli amministratori verso i terzi per i danni occorsi in conseguenza di un bilancio falso (tipicamente, per essersi indotti all'acquisto di azioni sulla base della lettura dei dati in esso contenuti: cfr., per tutti, PESCATORE, Amministrazione e controllo, in Manuale di diritto commerciale8, a cura di Bonocore, Torino, 2007, 293; v., poi, in giurisprudenza, tra le altre, Cass., 28 marzo 1960, n. 669, in Foro it., 1961, I, 109; Trib. Milano, 23 settembre 1983, in Foro it., 1983, I, 505); peraltro detto articolo veniva indirettamente (ossia mediante il rinvio all'art. 2407 e.e., il quale fa poi riferimento all'art. 2395 e.e.) richiamato dagli abrogati artt. 164 t.u.f. e 2409-sexies e.e. (v. sul punto, per un cenno, BUTA, La responsabilità, 13, 20 s. e 169). Tuttavia, com'è noto, l'art. 2395 e.e. rappresenta uno strumento di tutela a favore dei soci o dei terzi i quali subiscano un danno in conseguenza degli illeciti consumati nell'esercizio della funzione amministrativa, consistenti in una violazione colposa o dolosa dei doveri che derivano dal mandato gestorio (cfr. G. FERRI, Manuale di diritto commercìale13

, a cura di Angelici-G.B. Ferri, Torino, 2010, 364; PESCATORE, Ammini­strazione e controllo, 293; G.F. CAMPOBASSO, Diritlo commerciale7

, 2, Diritto delle società, Torino, 2009, 387; MAFFEI ALBERTI, Commento all'art. 2395, in Commentario breve al diritto delle società, Padova, 2007, 548). L'affidamento dell'incarico di revisione, di contro, pare riferibile a una dimensione organizzativa: sicché la strada sopra indicata non sembrerebbe percorribì!e. E va peraltro evidenziato che lo stesso Tribunale di Milano (nel suo oscuro richiamo al "dovere" di revoca che starebbe in capo alla società

116 Giurisprudenza ----------------"---------------·············--

revisionata) non pare seguire il mode.Ilo di cui all'art. 2395 e.e., là dove si limita a ipotizzare, per la violazione del citato "dovere", conseguenze sul mero piano dei rapporti "interni" alla revisione: affermando, segnatamente, che la mancata revoca comporterebbe "accettazione" dell'opera svolta dalla società incaricata. E se tale specifica opinione - del tutto inedita, a quanto consta - non viene in alcun modo motivata, un tentativo di dare una risposta agli interrogativi lasciati irrisolti dal Tribunale di Milano potrebbe essere quello di fare riferimento alla frequente invoca­zione, pure nel rapporto di revisione contabile, della regola di buona fede ( cfr. BuTA, La responsabilità, 221; CARIELLO, Capogruppo e Patronage alla generalità, Milano, 2002, 110 ss.; ID., Sulla c.d. responsabilità da affidamento nella capogruppo, in Riv. dù: civ., 2002, II, 342 ss. e 349; CARBONE, La responsabilità della società di revisione, in Con: gim:, 1994, 500; A. Rossi, Revisione, 201 s.; CASTELLANO, I controlli, 374 s.; CASADEI, La responsa­bilità della società di revisione, Milano, 2000, 87 ss.; 'FArLLACE, La responsabilità da contatto sociale, Padova, 2004, 143. È poi interessante rilevare come nei paesi di common !mv è ammessa la configurabilità, nel rapporto dì revisione, di uno specifico duty of care nei confronti dei terzi. V., tra i tanti: DuGDALE-TANTON, Professional Negligence, Butterworths, London-Edinburg-Dublin, 1998, § 5.05, 72 ss. e§ 7.05, 106 ss; MuLLENDER, Negligent misstatement, threats and the scope of the Hedley Byrne principle, in M.L.R., 1999, 425; PACINI-MARTIN-HAMlLTON, At the inte1:ference of law and ac­counting;· an examination of a trend toward a reduction in the scope of auditor liability to thìrd parties in the common law counlries, in American Business L. 1., 2000, 171 ss.; JAcKsoN-POWELL, On professional Negligence, Agg.to, Sweet & Maxwell, London, 1999, § 1-28, 16 ss.): deducendosi da essa un onere, in capo alla società revisionata, di "pronta revoca" della società dì revisione (per la moderna tendenza a considerare il principio della correttezza e buona fede contrattuale in senso oggettivo ed espressivo di un dovere di solidarietà, v. tra le tante, Cass., 8 febbraio 1999 n. 1078, in Rass. dii: civ., 2000, 895, con nota di QUARANTA, Condizione risolutiva e recesso tra interpretazione e operatività della clausola; Cass., 27 ottobre 2006, n. 23273; Cass., 4 maggio 2009, n. 10182; Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, pubblicata in molte riviste, tra le quali Guida al dii:, 2009, n. 40, 38, con nota di PIRRUCCIO, La buona fede e la correttezza nei rapporti diventa un vero e proprio dovere giuridico; in Foro it., 2010, 85, l, con nota di PALMIERI­PARDOLESI, Della serie «a volte ritornano »: l'abuso del diritto alla riscossa; Giusi. civ., 2009, 12, 2671, I; Riv. civ. e prev., 2010, 345).

Infine, l'intestato Tribunale ha affermato l'inesistenza di un ruolo delle società di revisione nei confronti del controllo interno della società revisionata e lo ha fatto facendo leva sull'art. 149 del t.u.f.: norma secondo la quale, in effetti, avendo specifico riguardo alle società quotate, grava sul Collegio Sindacale di vigilare sull'adeguatezza del sistema di controllo interno. Sul punto, va detto che prima dell'emanazione del t.u.f. non vi era alcuna certezza, circa l'individuazione di chi fosse competente a vigilare sull'adeguatezza del sistema di controllo interno. Ad avviso di una parte della dottrina, nelle società quotate doveva essere la società di revisione a vigilare sul sistema di controllo interno, dal momento che era la stessa - e non il Collegio Sindacale - ad avere i mezzi e le professionalità necessarie per provvedere ad una verifica del sistema di controllo interno non solo di legittimità ma anche di merito [VALENSISE, li "nuovo" collegio sindacale nel progetto italiano di co17Jomte govemance, Torino, 2000, 113 ss.; DE ANGELIS, L'esercizio del controllo sulle società di capitali: controllo contabile e controllo legale dei conti. Autoregolamentazione convenzionale ed evoluzione della disciplina legale, in Riv. soc., 1997, 117 ss. L'orientamento era confermato dalla prassi sviluppatasi prima dell'emanazione del t.u.f.: v. "Nuovi principi di comportamento del collegio sindacale", del 1995, in particolare i precetti contenuti nella norma 2.5. (pubblicati in Finanza e Fisco, 2006, n. 10, 1007), ove era stata adottata la soluzione che prevedeva la vigilanza del Collegio Sindacale nelle società non quotate; mentre nelle società nelle quali era presente anche la società di revisione, si prevedeva che il compito di vigilare

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Tribunale 117 -----------··--··------

sul sistema di controllo interno era affidato a quest'ultima]. Secondo altri studiosi, di contro, era il collegio sindacai.e l'organo a cui doveva essere attrìbuita tale funzione di controllo, considerata un passaggio necessario per !'esercizio delle funzioni di controllo sulla legalità e sul rispetto dei princìpi di sana e corretta amministrazione (GRAZIANI, Diritto delle soderà, Napoli, 1963, 392 ss.; Cocrrn,Il collegio sindacale, Milano, 1970, 111 ss.; FERRI, Le società, nel Trattato Scìaloja-Branca, Bologna-Roma, 1984, 250; S1LVE1TI­CAVALLI, Le societd per azionì, in Giw: sist. dii: civ. e comm., diretta da Biagìavi, Torino, 1983, 577 ss. Vi era peraltro chi riteneva che la vigilanza del collegio sindacale sul sistema di controllo interno doveva essere non di mera legittimità ma anche di merito: cfr. FIORENTINO, Gli organi delle società di capitali, Napoli, 1950; Conmo, voce «Società per azioni», in Nov. Dig. ir., XVII, Torino, 1970, 639). I sostenitori di questo secondo orientamento precisavano poi che era infondato il timore espresso dall'opposta opi­nione: timore secondo cui l'attribuzione al collegio-sindacale del dovere di vigilare sul sistema di controllo interno avrebbe implicitamente stabilito che era lo stesso organo a doversi occupare delle verifiche contabili concrete. Queste ultime - sì era rilevato -rimanevano comunque in capo alla socìetà di revisione: organo con il quale il collegio sindacale deve necessariamente collaborare, svolgendo esso un controllo di mera legittimità. Il t.u.f. ha risolto solo in parte la questione in parola, dal momento che vi sono ancora studiosi (VALENSISE, Il "nuovo'·' collegio, 115; FORTUNATO, Commento agli artt. 149-151, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermedia­zione finanziaria, a cura di A!pa-Capriglione, Padova, 1998, 1385) i quali continuano a temere che l'art. 149 t.u.f., attribuendo il compito di vigilare sul sistema di controllo interno al collegio sindacale, rischi di determinare una confusione nella ripartizione dei compiti dì vigilanza tra questo organo e il soggetto incaricato della revisione contabile: cìò che potrebbe risolversi « ìn una sorta di reciproca <leresponsabilizzazione, con un rimpallo poco soddisfacente rispetto alla tutela degli interessi ìn gioco » (FORTUNATO, Commento agli artt. 149-151, 1385). Tuttavia, la dottrina maggioritaria (MAFFEJ ALBERn, Commento all'art. 2403, in Commentario breve al diritto della società, Padova, 2007, 587; MrNERvrNI, Funzioni del collegio sindacale. Questioni vecchie, questioni nuove, in Società, 2000, 649; RABITII BnooGNl, Commento all'art. 149, in Il testo unico dell'inter­mediazione finanziaria. Commentario al D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Milano, 1998, 794) è di contrario avviso. Si è in particolare rilevato che il controllo contabile - a seguito dell'emanazione del t.u.f., per le società quotate e per effetto della riforma del 2003, per le società non quotate - è stato esternalizzato alle società di revisione; il collegio sindacale svolge invece un diverso controllo di legalità, sia nei confronti degli amministratori (per ciò che riguarda la predisposizione di un efficace sistema di controllo), sia nei confronti dei revisori (per ciò che concerne per l'appunto lo svolgimento del loro controllo contabile). Al collegio sindacale - sì è detto - spetterà dunque il «controllo sul controllore'» l'acquisizione dei dati e la valutazione (MAFFEI ALBERTI, Commento all'art. 2403, 587; VALENSISE, li "nuovo" collegio, 113). Questo, nel vigilare sull'adeguatezza e affidabilità del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile, deve perciò tenere comunque conto dei risultati delle ope­razioni di verifica al riguardo condotte dalla società di revisione, prospettandosi così un coordinamento tra questi soggetti (v. MAFFEI ALBERTI, Commento all'art. 2403, 587; MiNERVINI, Funzioni, 649; RABIHt BEDOGNI, Commento all'art. 149, 794). A tale orien­tamento, predicante un necessario coordinamento tra collegio sindacale e società di revisione, ha dunque aderito il Tribunale milanese nella sentenza annotata (lo stesso indirizzo è stato nel frattempo adottato anche dalla norma dì comportamento del collegio sindacale n. 2.4., elaborata dal Gruppo di lavoro istituito dal C.N.D.C.E.C., riportata ne "I nuovi principi di comportamento per il collegio sindacale nelle società di capitali con azioni quotate nei mercati regolati", del maggio/giugno 1999). [MARTINA PAIARDJNI]


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