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G. Poldi, Gli azzurri perduti nei dipinti di Tintoretto. Ri-vedere le cromie grazie alle analisi...

Date post: 20-Jan-2023
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1 Il colore di Jacopo Tintoretto, e quindi i pig- menti che concorrono ad esso, gode di una consolidata tradizione di studio mediante ana- lisi scientifiche, soprattutto basate su prelievi di materia, a partire dai lavori di Joyce Plesters della National Gallery di Londra 2 . Anziché presentare in questa occasione un saggio generale circa l’impiego del colore e dei pigmenti da parte del pittore veneziano sulla scorta anche di nuovi dati analitici, pare più uti- le – anche complici gli interessanti dati tecnici emersi dallo studio della tela della Crocifissio- ne padovana – focalizzare l’attenzione sul tema dei pigmenti azzurri individuati in sue opere, con particolare attenzione alla fase giovanile. Le considerazioni si baseranno in prevalenza sugli esiti delle analisi scientifiche a carattere spet- troscopico non invasivo, di riflettanza visibile (vis-RS) e di fluorescenza dei raggi X (XRF), condotte da chi scrive su una decina di dipin- ti del Tintoretto in occasione della mostra alle Scuderie del Quirinale (Tintoretto, a cura di V. Sgarbi, 25 febbraio - 10 giugno 2012) e in anni precedenti 3 . L ’impiego dei pigmenti azzurri è risultato in- fatti piuttosto interessante, sia per la presenza di indaco in finitura in alcune opere giovanili, evidenza rara nella pittura veneziana dell’epoca, sia per quella di blu di smalto in campiture oggi profondamente alterate sotto il profilo cromati- co, tanto da mutare la percezione dell’opera e indurre sovente in errori iconografici e interpre- tativi anche gli storici dell’arte più accorti. GLI AZZURRI PERDUTI NEI DIPINTI DI TINTORETTO. RI-VEDERE LE CROMIE GRAZIE ALLE ANALISI SCIENTIFICHE Gianluca Poldi Materiali e metodi Le tredici opere prese in considerazione per que- sto studio, in genere esaminate in situ mediante le tecniche analitiche segnalate, in tempi e occasio- ni diversi 4 , sono indicate in TABELLA 1. Per le analisi non invasive a carattere spettrosco- pico ci si è avvalsi: per la spettrometria vis-RS e per la colorimetria di uno spettrofotometro com- patto Minolta CM 2600d (sfera integratrice in- terna, intervallo 360-740 nm, passo di campio- namento di 10 nm) adoperato con area di misura pari a 3 mm di diametro; per le analisi XRF in dispersione di energia di uno spettrometro por- tatile Tracer III SD della Bruker (rivelatore silicon drift, tubo X con target di argento, impiegato con tensione del tubo 40 kV, corrente 11 μA), ope- rante su aree di 3-4 mm di diametro 5 . Le misure spettroscopiche sono state affiancate da opportune analisi d’immagine. Per le riprese in infrarosso falso colore (IRC), soprattutto indi- rizzate ai dipinti in cui si è rilevata la presenza di smaltino, si sono adoperate una fotocamera digitale (rivelatore CCD di silicio) con filtro IR (passa-alto da 850 nm) e risoluzione superiore ai 20 punti/mm, e una lampada alogena da 1000 W. Per le riprese riflettografiche (di cui al saggio a fir- ma di Giovanni Villa) si è impiegato ove possibi- le, oltre alla stessa strumentazione usata per l’IRC, un sistema a scansione OSIRIS della Opus Instru- ments, operante nell’intervallo spettrale 1-1,7 mi- cron (rivelatore InGaAs FPA, risoluzione massima di circa 16 punti/mm), insieme a due lampade alogene da 1000 W, a opportuna distanza. “Cieli rotti, spezzati, Ombre frantumate, insidiose luci lacerate” Rafael Alberti 1
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Il colore di Jacopo Tintoretto, e quindi i pig-menti che concorrono ad esso, gode di una consolidata tradizione di studio mediante ana-lisi scientifiche, soprattutto basate su prelievi di materia, a partire dai lavori di Joyce Plesters della National Gallery di Londra2.Anziché presentare in questa occasione un saggio generale circa l’impiego del colore e dei pigmenti da parte del pittore veneziano sulla scorta anche di nuovi dati analitici, pare più uti-le – anche complici gli interessanti dati tecnici emersi dallo studio della tela della Crocifissio-ne padovana – focalizzare l’attenzione sul tema dei pigmenti azzurri individuati in sue opere, con particolare attenzione alla fase giovanile. Le considerazioni si baseranno in prevalenza sugli esiti delle analisi scientifiche a carattere spet-troscopico non invasivo, di riflettanza visibile (vis-RS) e di fluorescenza dei raggi X (XRF), condotte da chi scrive su una decina di dipin-ti del Tintoretto in occasione della mostra alle Scuderie del Quirinale (Tintoretto, a cura di V. Sgarbi, 25 febbraio - 10 giugno 2012) e in anni precedenti3. L’impiego dei pigmenti azzurri è risultato in-fatti piuttosto interessante, sia per la presenza di indaco in finitura in alcune opere giovanili, evidenza rara nella pittura veneziana dell’epoca, sia per quella di blu di smalto in campiture oggi profondamente alterate sotto il profilo cromati-co, tanto da mutare la percezione dell’opera e indurre sovente in errori iconografici e interpre-tativi anche gli storici dell’arte più accorti.

Gli azzurri perduti nei dipinti di tintoretto. ri-vedere le cromie Grazie alle analisi scientifiche

Gianluca Poldi

Materiali e metodiLe tredici opere prese in considerazione per que-sto studio, in genere esaminate in situ mediante le tecniche analitiche segnalate, in tempi e occasio-ni diversi4, sono indicate in tabella 1. Per le analisi non invasive a carattere spettrosco-pico ci si è avvalsi: per la spettrometria vis-RS e per la colorimetria di uno spettrofotometro com-patto Minolta CM 2600d (sfera integratrice in-terna, intervallo 360-740 nm, passo di campio-namento di 10 nm) adoperato con area di misura pari a 3 mm di diametro; per le analisi XRF in dispersione di energia di uno spettrometro por-tatile Tracer III SD della Bruker (rivelatore silicon drift, tubo X con target di argento, impiegato con tensione del tubo 40 kV, corrente 11 μA), ope-rante su aree di 3-4 mm di diametro5.Le misure spettroscopiche sono state affiancate da opportune analisi d’immagine. Per le riprese in infrarosso falso colore (IRC), soprattutto indi-rizzate ai dipinti in cui si è rilevata la presenza di smaltino, si sono adoperate una fotocamera digitale (rivelatore CCD di silicio) con filtro IR (passa-alto da 850 nm) e risoluzione superiore ai 20 punti/mm, e una lampada alogena da 1000 W. Per le riprese riflettografiche (di cui al saggio a fir-ma di Giovanni Villa) si è impiegato ove possibi-le, oltre alla stessa strumentazione usata per l’IRC, un sistema a scansione OSIRIS della Opus Instru-ments, operante nell’intervallo spettrale 1-1,7 mi-cron (rivelatore InGaAs FPA, risoluzione massima di circa 16 punti/mm), insieme a due lampade alogene da 1000 W, a opportuna distanza.

“Cieli rotti, spezzati, Ombre frantumate,

insidiose luci lacerate”

Rafael Alberti1

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Il blu di smalto e la sua alterazioneIl blu di smalto, o smaltino, è un vetro potassi-co azzurro, opaco o semi-trasparente ottenuto aggiungendo in fase di fusione del minerale di cobalto, in cui la presenza di questo elemento, disperso in forma ionica nel reticolo cristallino, funge da cromoforo. Il blu di smalto contiene, oltre al cobalto (Co) aggiunto in quantità varia-bile durante la produzione, ossidi di sodio (Na), alluminio (Al), ovviamente silicio (Si), potassio (K), calcio (Ca), ferro (Fe), nichel (Ni), arsenico (As), bismuto (Bi)6.La presenza di K, Co, As, e talvolta le impurezze di bismuto, lo rende in generale identificabile tramite fluorescenza X caratteristica (ED-XRF, Energy Dispersive X-Ray Fluorescence) o altre analisi elementari.Lo ione Co2+ in simmetria tetraedrica spiega le due tipiche bande di assorbimento in spettro-metria di riflettanza, una nel visibile e una nel vicino infrarosso, ciascuna con tre sottobande, rispettivamente a 530-540 nm, 590-600 nm, 640 nm (tav. 48, curva blu), e a 1300 nm ca., 1500 nm, 1710 nm7. In legante oleoso lo smaltino subisce un proces-so di alterazione, che è stato oggetto di diversi studi, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso8.Causa principale di questo fenomeno chimico-fisico risulta essere la reazione del vetro potas-sico, alcalino, con gli acidi carbossilici dell’olio, che porta alla formazione di saponi degli acidi grassi di potassio. Ma non può escludersi una reazione del vetro potassico con anioni presenti nell’ambiente, e conseguente formazione di car-bonati e solfati, in analogia con fenomeni noti per le vetrate colorate delle cattedrali, nelle quali i vetri di potassio si dimostrano meno stabili di quelli di sodio.

Esito della reazione con l’olio siccativo è la mi-grazione del K (ed eventualmente del Co, se l’alterazione è ingente) entro l’olio, e verso la superficie dello strato pittorico, mentre a livello macroscopico l’effetto è la perdita di colore dei grani di smalto, con ingiallimento del medium oleoso, fino a un complessivo ingrigimento-inverdimento o ingiallimento-imbrunimento dello strato, e alla formazione cretti da ritiro-essiccazione. Può aversi anche un fenomeno di sbiancamento superficiale, come si trattasse di un’efflorescenza: in alcuni studi microscopici si sono individuati infatti ossalati di calcio e croste analoghe a quelle che si formano sui vetri.Poiché nello smaltino decolorato insorge nella coordinazione dello ione Co una simmetria ot-taedrica che va a sostituirsi a quella tetraedrica9, in spettrometria di riflettanza si osserva, nella regione del visibile (vis-RS), la scomparsa del massimo relativo nella regione dei blu, e quindi della colorazione azzurra, con maggiore o mi-nore scomparsa delle tre sottobande, a seconda della progressione del fenomeno10 (tav. 48, cur-ve grigie).Le alterazioni possono essere bruno pallido, come in alcuni dipinti di Paolo Veronese tra cui le Allegorie dell’amore, grigio o anche verde11, ma esistono esempi di viraggi in bruno scuro, verde acqua e grigio-verde chiaro registrati in dipinti italiani del XVI secolo (Tiziano, Tintoretto, Va-sari e altri)12.Non abbiamo idea del tempo richiesto al proces-so di decolorazione per mostrarsi a livello visivo, ma qualche indicazione può venire osservando ad esempio che una copia realizzata nella metà del Seicento dell’Assunzione e Incoronazione della Vergine (1567-1570) di Vasari conservata nel-la Badia delle Sante Flora e Lucilla ad Arezzo, presenta ancora le cromie azzurre non alterate,

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a differenza dell’originale, completamente virato a toni del bruno, anche molto scuro13. È quindi probabile che il fenomeno di alterazione richie-da almeno un secolo per manifestarsi pienamen-te: ciò spiega perché le fonti trattatistiche dell’e-poca – essendosi la pittura ad olio diffusa solo dal 1470 circa, e venendo lo smaltino impiegato ad olio prevalentemente dopo il 1500 – non ne fossero avvertite, limitandosi a indicare la ma-cinazione preferenziale dello smaltino (grossa) e altre questioni non inerenti lo scolorimento14.

Gli azzurri di TintorettoTintoretto, come è in parte noto dalla letteratura ed è confermato e chiarito dalle nuove analisi, impiega nella sua carriera tutta la gamma di az-zurri disponibile: lapislazzuli, azzurrite, blu di smalto e indaco. Le opere esaminate (tabella 1) mostrano nelle opere di datazione più alta, dipinte dal pittore ventenne, un impiego prevalente di azzurrite, che è il solo azzurro adoperato nelle due tavole del soffitto ora a Modena (1541-1542), nei cieli e anche nelle ombre delle vesti cangianti giallo-verde-azzurro di Pirra e Dafne, e in vari azzurri della Disputa di Gesù tra i dottori (1540-1541). In quest’ultimo dipinto si riscontra tuttavia l’uso di indaco in alcune campiture azzurre, sia nella veste del giovane ai piedi di Gesù15, sia nelle om-bre dell’abito giallo chiaro del secondo uomo in secondo piano da destra (tav. 50). Si tratta di un fatto inconsueto, essendo in pittura l’indaco do-cumentato di rado e specie in miscela con gialli o rossi per ottenere – tipicamente nel secolo pre-cedente – peculiari toni di verde o rosa-violaceo, in imitazioni di marmi e in abiti16. L’uso di inda-co in finitura è documentato, a quell’epoca, in alcune tavole dipinte dal Lomazzo17, e in varie opere del secolo seguente.

L’indaco, non sappiamo se estratto da indaco vero e proprio (piante del genere Indigofera) o da guado (dall’Isatis tinctoria L.), è ben riconoscibile in vis-RS grazie alla forma dello spettro propria dell’indigotina, con banda d’assorbimento in-torno a 650 nm (anche 640 nm nel caso della Crocifissione) e ampio incremento di riflettanza successivo, mentre il massimo della curva può variare tra 450 e 500 nm in genere, salvo mesco-lanze con giallo o ingiallimenti (tav. 49).Una prevalenza di azzurrite sembra, a giudicare dal tono cromatico, riguardare altre opere gio-vanili quali la Conversione di Saulo di Washing-ton (1539 circa) e la Sacra Conversazione Molin (1540). Nel Miracolo dello schiavo (1547-1548) delle Gallerie dell’Accademia gli azzurri delle figure, dal colore intenso, sono tutti a base di azzurri-te, evidentemente di ottima qualità e stesa con molta cura18.Non è improbabile che l’uso prevalente di az-zurri assai meno costosi rispetto all’“esotico” ultramarino fosse determinata nella prima fase della carriera anche da questioni economiche, di committenza, o forse dalla presenza sul mer-cato di azzurrite di alta qualità, dal blu intenso e variabile grazie alla scelta del grado di macina-zione. Ma in ogni caso l’impiego differenziato di azzurri nello stesso dipinto è giustificato dalla ricerca di particolari effetti, come nei cieli, o di necessità di variazioni, come nei tessuti quando siano presenti, come nella Disputa, molte figure.Esempio emblematico della ricerca e sperimen-tazione del giovane Tintoretto anche a livello cromatico è proprio la Crocifissione dei Musei Civici di Padova, databile intorno al 1545, in cui si usano azzurrite, blu di smalto e indaco (oltre ovviamente a biacca): la prima per la gran parte dell’azzurro del cielo, in superficie,

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lo smaltino, ora decolorato, nelle aree chiare e sovente insieme ad azzurrite (probabilmente come substrato, ma non solo), mentre l’indaco è impiegato19 in finitura, all’estrema destra (tav. 49, curva 4), per attutire l’impatto della nube nera (a base di azzurrite e probabilmente pig-mento nero) che sottolinea la sorte del cattivo ladrone. Smaltino e azzurrite sono adoperati insieme anche nel manto, ora assai scuro, del-la Madonna, probabilmente in un’ottica speri-mentale, per ottenere dei cangianti blu su blu ora perduti20. Altrove solo smalto, diventato bruno o verde chiaro (tav. 51).Non abbiamo altre indicazioni dell’esistenza di indaco in finitura nel seguito della carriera, se non nelle enormi tele absidali della chiesa del-la Madonna dell’Orto, col Giudizio Universale e La fabbricazione del vitello d’oro (1560-1562), nei quali le vaste dimensioni sconsigliavano forse per ragioni di costi un ampio uso dei due blu più cari: vi si usano indaco e smalto, mentre il blu oltremare è limitato alle pochi vesti azzurre brillanti21, ed è probabile l’impiego locale d’az-zurrite per il cielo e le acque.Nel Sant’Agostino risana gli sciancati (1549-1550), dove il pittore, con sapiente variatio, impiega sia lapislazzuli, per le vesti azzurro intenso (tav. 52) e le luci bluastre delle nubi inferiori, sia azzur-rite, di nuovo nel verde-azzurro del paesaggio (tavv. 53, 54) e nel cielo, per costruire le nubi grigie, quindi nei blu scuri della veste dell’uomo che volge le mani al cielo22.La passione per cieli mossi da nubi e buio, accesi di bianco, giallo e più toni d’azzurro, è evidente ad esempio nel San Giorgio e il drago (1555 circa) della National Gallery di Londra, nel quale usa azzurrite nel mare e parte del paesaggio, oltremare nelle vesti, e nel cui cielo impiega lapislazzuli23 e azzurrite, quest’ultima

probabilmente non limitata al substrato (in cui è stata individuata mediante prelievo) ma usata in alcune zone anche in finitura.Il prezioso lapislazzuli – in diversi gradi di pu-rezza – compare in molti dipinti successivi, fino a quelli per la Scuola Grande di San Rocco: qui Tintoretto usa un lapislazzuli di ottima qualità per il dipinto che gli fece vincere l’incarico nel 1564, il San Rocco in gloria, dai colori smaglianti, mentre nel secondo dipinto consegnato, l’enor-me Crocifissione (1565) lunga oltre dodici metri, tale pigmento è di qualità non eccelsa, ricca di impurezze, che ne determina i toni poco brillan-ti e grigiastri, come ad esempio nel manto della Madonna24, per essere di nuovo notevole negli azzurri brillanti del notturno San Rocco in carcere confortato da un angelo (1567). In quel volgere degli anni Sessanta Tintoret-to impiega un lapislazzuli intenso – mescolato a smaltino usato forse come essiccante – per il manto del santo nei Miracoli di San Marco (il co-siddetto Ritrovamento del corpo di San Marco) di Brera, mentre per la manica dell’uomo che cala la salma usa azzurrite, in strato sottile mesco-lata a biacca e ocre25. Nella gemella tela con il Trafugamento del corpo di san Marco conservato all’Accademia di Venezia, studiato per questa oc-casione, la veste azzurra di uno dell’uomo sulla destra è a base di lapislazzuli e biacca, il cielo bruno-ruggine (tav. 55) presenta conteggi di co-balto e arsenico, con tracce di nichel, da riferire a blu di smalto, mentre le nubi grigio scuro e nere mostrano intensità di rame tali da far ipo-tizzare l’esistenza di azzurrite. In considerazione di questi dati, e osservando che i residui blu in alcune aree delle nuvole sono appunto di azzur-rite (come confermano gli esami in riflettanza e in IR falso colore), è lecito interrogarsi circa i co-lori del cielo originari: a fronte di nubi nere dai

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bagliori azzurri è probabile che le parti di cielo ora brune fossero blu, di un tono forse anche intenso, per rendere nel complesso l’immagine di un cielo scosso dall’imprevisto temporale che permette ai cristiani di recuperare il corpo del santo prima che venga arso, come descritto nelle fonti relative all’episodio rappresentato.Le analisi segnalano pure nella campitura bruna del suolo – corrispondente a un’ombra proietta-ta da qualche elemento sulla destra, scomparso con la fascia asportata nel drastico “restauro” del 1815-1816 diretto dall’Edwards26 – la presenza di smaltino, da riferire forse a una primitiva in-tonazione azzurra dell’ombra?L’azzurrite – forse per necessità di accordi cro-matici anche con il precedente Miracolo dello schiavo, della stessa Sala – sembra presente pure, e in abbondanza27, nella terza grande tela coeva dipinta per la Scuola Grande di San Marco, San Marco salva un saraceno da un naufragio, dove il cielo è sbattuto da tinte grigio-nere e brune, ac-canto a localizzati azzurri, a specchio della tem-pesta in un mare modulato di scuri, di bagliori azzurri e bianchi. Lapislazzuli intenso è usato in altre opere de-gli anni Sessanta, come nel Trasporto del corpo di Cristo già in San Francesco della Vigna ora a Edimburgo e nel Compianto del Museo Lia (ta-bella 1), qui adoperando azzurrite nel substrato del manto della Vergine e in parti del cielo.Quanto all’impiego di smaltino, Tintoretto ne fa ampio uso: in età giovanile è finora documenta-to, come detto, nella Crocifissione padovana, nel-la maturità in numerose opere tra le quali, oltre alle citate, abbondantemente nelle tele grandi e piccole della Scuola Grande di San Rocco a Ve-nezia, con tutte le relative alterazioni. Viraggi del blu di smalto in tonalità variabili di giallo-bruno sono documentate infatti nei dipinti del soffitto

della Sala dell’Albergo della Scuola di San Rocco, i cui cieli/sfondi nonché alcuni particolari delle figure ora color ocra erano in origine azzurri, di-pinti con smaltino28. In una data prossima alla Crocifissione citata è del tutto probabile che sia da attribuire alla decolo-razione integrale di smalto blu il colore bruno del manto della Vergine nel Cristo crocifisso con la Madonna e i santi Giovanni Evangelista e Mad-dalena, nella parrocchiale di Selva del Montel-lo, mentre dopo gli anni Quaranta, è possibile ipotizzare29 la presenza di smaltino alterato nel-la Presentazione di Maria al tempio (1553-1556) della chiesa della Madonna dell’Orto nei bruni chiari del cielo, in cui restano solo limitatissime aree azzurre nel bianco delle nubi, e in alcuni abiti bruno-sporco, come la veste della stessa Maria e della donna in basso a destra, il manto dell’uomo in primo piano, a sinistra.Nelle otto tele del ciclo dipinto per i Gonzaga di Mantova (1878-1880) le analisi dei micropre-lievi hanno appurato – a seconda degli effetti desiderati dal pittore – la presenza di oltrema-re, di azzurrite e di smaltino, ma in quest’ulti-mo curiosamente, pur dove è impiegato negli strati superficiali, non sono segnalati fenomeni di decolorazione30. Capire per quale motivo in questo caso il vetro blu abbia mantenuto il pro-prio colore sarebbe un argomento di non poco interesse per capire meglio il fenomeno di alte-razione. Pochi anni più tardi, nella Vergine Maria in me-ditazione e nella Vergine Maria in lettura (1582-1584) della Scuola Grande di San Rocco (tavv. 58-59), le analisi non invasive (tabella 1) hanno invece indicato che il manto di entrambe, ora bruno, era inizialmente di colore blu, conte-nendo smaltino fortemente decolorato (tav. 56 e spettro rosso di tav. 57). Per ragioni logistiche

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non è stato possibile studiare le diverse tonali-tà dei cieli e verificarvi la presenza e distribu-zione di smalto decolorato: tuttavia le sole tre misure svolte nella porzione di bruno-azzurro sopra l’orizzonte della Maria in meditazione han-no individuato minimi conteggi di cobalto e di arsenico, riferibili a blu di smalto, e maggiori quantitativi di rame, riferibili ad azzurrite (tav. 57, spettro blu). Anche l’acqua doveva essere in origine di un azzurro più intenso del grigiastro attuale, mentre le altre campiture brune e grigie – negli alberi, nel paesaggio – non contengono smalto né indaco e devono quindi conserva-re grosso modo le tinte originali. A intonare a scuro la cromia complessiva contribuisce poi la preparazione delle due tele, nerastra, a base di nero carbone in una matrice bruno scuro, con poco gesso31.Nel caso delle restanti tele del ciclo della Scuo-la Grande, oltre alle citate tele del soffitto della Sala dell’Albergo, sappiamo che smaltino deco-lorato è stato individuato nel cielo dell’Ascensio-ne dove la fascia protetta dalla cornice non ha subito alterazione: fatto interessante, che dimo-stra come l’effetto della luce abbia un ruolo nel processo di decolorazione dello smaltino32.Osservando il ciclo della Scuola, si potrebbero riferire a effetti di decolorazione dello smalto e sarebbero quindi da verificare quanto a cor-rispondenza con i pigmenti presenti, anche i bruni del manto di Pilato nel Cristo davanti a Pilato e del cielo della Crocifissione nella Sala dell’Albergo, nella Sala grande superiore il man-to bruno scuro del Dio Padre e alcune porzioni superiori del cielo nel Miracolo del serpente di bronzo, alcune campiture del Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia, della Raccolta della manna, del Battesimo di Cristo e della Resurrezione, della Moltiplicazione dei pani e dei pesci, della fascia di

cielo sopra il pergolato della Probatica piscina e della Tentazione di Cristo. Nella Sala terrena si sospettano alterazioni di smaltino e di altri az-zurri nel manto bruno-grigiastro della Madonna e nel cielo dell’Adorazione dei Magi e dell’Assun-zione di Maria in cielo. Solo una auspicabile ese-cuzione di analisi IRC, accompagnate da mirate ispezioni vis-RS e XRF, potrebbe verificare tali ipotesi, chiarire la distribuzione dello smaltino e utilmente favorire un recupero cromatico vir-tuale di varie tele della Scuola, come illustrato oltre per le due Marie.

Osservazioni sugli azzurriL’uso di più pigmenti azzurri nella stessa opera non è ovviamente una novità: lo è invece la mo-dalità di stesura, la distribuzione volutamente disomogenea di questi pigmenti all’interno ad esempio dei cieli, o la varietà di stratificazioni. L’impiego di tali pigmenti non sembra seguire un metodo prefissato: probabilmente la scelta dipendeva sia dagli effetti desiderati sia dalla committenza e disponibilità economica (quanto al costoso ultramarino almeno). È un dato rilevante il fatto che Tintoretto, nella fase giovanile, tenda a impiegare indaco a livello di finitura e non solo come substrato per altri blu, come rilevato ad esempio in alcune opere di Tiziano e bottega e in dipinti di Veronese del-la chiesa di San Sebastiano a Venezia. L’impiego di indaco come colore finale sembra piuttosto sperimentale, usato come detto per ottenere de-terminati effetti azzurro-scuro del cielo e delle nubi nella Crocifissione, o nella Disputa di Gesù nel tempio per avere diverse nuance di blu ri-spetto all’azzurrite, già usata in numerosi abiti. Il fatto che dell’indaco – quantomeno usato in finitura, a vista – non si abbiano più riscontri nelle tele di Tintoretto della seconda metà del

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secolo, fatto salvo quelle per la Madonna dell’Or-to, come detto, suggerisce che si sia trattato di una sperimentazione, di una ricerca in certo senso superata a favore della scoperta che simili effetti erano ottenibili anche in altro modo. Dai dati disponibili riferiti a opere successive, della maturità, si ricava l’impressione che la ta-volozza si riduca a uno o due pigmenti azzurri, soprattutto per il cielo, scelti tra lapislazzuli, az-zurrite e smaltino. Riuscendo comunque, gra-zie all’uso personalissimo della biacca, dei neri, di lacche e bagliori colorati, a ottenere effetti chiaroscurali peculiari tra luci e ombre, nubi e aria, variando come da tradizione le miscele tra biacca e pigmento nero e sfruttando per alcuni effetti i fondi cromatici, talora chiari ma soven-te scuri. Non sappiamo se la disomogeneità di pennellata che si riscontra in numerosi cieli – ossia la scarsa fusione cromatica, con contrasti irrisolti tra azzurri, neri, grigi, bruni non dovuti a fenomeni localizzati di alterazione – venisse in origine corretta da velature e tocchi di colore che si sono perduti nel corso di restauri e con la modifica dell’indice di rifrazione della misce-la pigmento-legante, ma possiamo ipotizzarlo, esistendo un congruo numero di dipinti in cui i cieli appaiono ben conservati e privi di diso-mogeneità significative. Sicuramente possiamo affermare che un ruolo uniformante, correttivo, era almeno in parte quello realizzato attraverso le nubi, dove sussistano le tipiche pennellate fi-lamentose bianche, semiopache, che Tintoretto operava in finitura.

I verde-azzurri di TintorettoLa campagna d’analisi condotta ha permesso di studiare, in numerosi casi, anche le cromie verdi e verde-azzurro dei paesaggi, rilevando la presenza di verdi rameici (verderame e forse

malachite) e – fatto assai peculiare – di azzur-rite. L’azzurrite, in particolare, è ampiamente impiegata per ottenere, mescolata con giallo di piombo-stagno, le tonalità verde-acqua di pra-ti e colline della Crocifissione di Padova e del Sant’Agostino risana gli sciancati di Vicenza (tav. 53), ossia un timbro assai personale di cui si hanno esempi anche negli anni seguenti. Un simile impiego di azzurrite con giallo di piom-bo-stagno si riscontra infatti anche, anni dopo, nel ciclo dipinto per i Gonzaga, dove pure si è individuata la miscelazione nel verde di terra ricca di manganese33. Da segnalare, accanto ai verdi a base di acetati e carbonati di rame, un verde a base di vetro, ossia quello che è stato definito uno smalto ver-de, individuato pochi anni fa nel Cristo presso il mare di Galilea della Samuel Kress Collection34. Si tratta di un vetro potassico contenente cobal-to, con impurezze di arsenico e bismuto indivi-duate mediante SEM-EDS, e in cui la presenza di ferro è stata interpretata come fonte del co-lore giallo che insieme al blu fornisce la colora-zione finale. Potrebbe trattarsi di una variante di smaltino (di cui si ignora lo spettro vis-RS), dal tono verde.In varie opere di Tintoretto si riscontrano poi, come noto, in corrispondenza dell’impiego di verdi a base di rameica (specie acetati di rame, e forse resinati), tipicamente di abiti e vegetazio-ne, alterazioni bruno-scuro o nere.

Implicazioni iconograficheLa variazione cromatica può ovviamente com-plicare la lettura delle opere e, in alcuni soggetti problematici perché privi di elementi iconogra-fici identificativi, produrre delle erronee inter-pretazioni del soggetto stesso, come è accaduto per le due Marie della Sala terrena della Scuola

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Grande di San Rocco (tavv. 58-59), a lungo in-terpretate come Santa Maria Maddalena e Santa Maria Egiziaca, o anche Santa in meditazione e Santa in lettura, e solo recentemente ricondotte alla corretta identificazione di Vergine Maria in meditazione e Vergine Maria in lettura, confer-mata dalla successiva scoperta che il manto era originariamente di colore blu. Una verifica dei pigmenti presenti in aree bru-ne e grigio scuro del cielo delle due tele, che non è stata possibile a chi scrive se non per una piccola porzione presso l’orizzonte (come det-to), consentirebbe di capire se i livori notturni che ora leggiamo erano intenzionali, e se il cielo non dovesse – prima di eventuali alterazioni da verificare – accordarsi maggiormente a quello serotino della Fuga in Egitto della medesima Sala terrena, che conserva accanto alle accen-sioni rosate delle nubi i toni azzurri più o meno spenti del cielo.In generale, ad esempio nel ciclo della Scuola di San Rocco, proprio la mappatura delle al-terazioni cromatiche e della perdita di finitu-re a colore favorirebbe una più precisa lettura dell’atmosfera in cui erano inquadrate gran parte delle scene, che paiono ora notturne o crepuscolari. È infatti un dato di fatto che vi sia una prevalenza di rossi, specie lacche di vario tipo (ben poco alterate nei secoli forse grazie anche alla bassa intensità della luce natura-le delle sale), di bruni e di neri, rispetto alle altre tinte, ed è ulteriormente assodato che le imprimiture (sopra basi a gesso) o addirittura le preparazioni delle tele analizzate del ciclo siano in prevalenza scure, brune, e in almeno un caso, nel Peccato originale, la preparazione a gesso sia mescolata con blu di smalto35. Quan-to le preparazioni scure dovessero mantenersi visibili e quanto invece, ad esempio nei cieli,

coperte da finiture di azzurri, è tema non del tutto secondario.In merito a questo tema vale ricordare come la tela dell’Ultima Cena di Tiziano o della sua bottega, databile agli anni Cinquanta e con-servata nei depositi di Brera, presenti un cie-lo bruno-rosato che è frutto, almeno in parte, della decolorazione dello smaltino (come del resto il manto del Cristo). E vale citare la tela della Adorazione del Bambino e gli angeli con gli strumenti della passione, opera di Jacopo Bas-sano ora nei Musei Civici di Vicenza, dipinta intorno al 1557. La affascinante lettura che ne diede nel 1992 Rearick, che scrive del-l’«armonia […] sottilissima, di grigio perla, biondo rame, ambra e bronzo; una gamma de-licatamente limitata ed appena percorsa da un brivido rosa intenso di luce sul cielo di topazio all’orizzonte»36, è ovviamente ignara della pre-senza nel cielo e nelle nubi di smaltino altera-to a toni azzurro-grigio chiari e grigio-bruno scuri, scoperta con le analisi lo scorso anno37. Uno scolorimento dello smaltino che ha reso simili cromaticamente i bruni delle ombre della capanna-rovina e parte del cielo: difficile dire come dovesse presentarsi in origine il dipinto, ma certo non prevalentemente monocromo come è ora, perdutisi i bagliori azzurri del cielo e del paesaggio.Una doverosa prudenza di fonte a cieli bruni rimane quindi a nostro avviso doverosa, prima che specifiche analisi siano state condotte per verificare i pigmenti effettivamente presenti.

Recupero virtuale del blu di smalto alterato: stato dell’arte, prove e ipotesi di lavoroIl blu di smalto subisce un tipo di alterazione che – come in genere ogni processo di scolo-rimento – non è reversibile, neppure median-

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te specifici interventi di restauro. Un recupero della cromia originale è virtualmente possibile, almeno in via tentativa, con l’ausilio di tecno-logie digitali (digital imaging) anche chiamate “restauro virtuale”. Il recupero più corretto delle cromie si ha di norma dove sopravvivano alcune porzioni di pigmento non alterato, come accade talora per pigmenti rimasti protetti dalla luce e dall’ossi-dazione (sotto cornice, coperti da ridipinture/restauri, etc.)38, ma nel caso dello smaltino in olio ciò è pressoché impossibile, dal momen-to che questo pigmento spesso decolora anche quanto è collocato in strati inferiori della cam-pitura, protetto da finiture eseguite con altri pigmenti. Pertanto il colore originario dello smaltino necessita di altre vie di conoscenza, tutt’altro che semplici.Un tentativo digitale di recupero del degrado (a bruno) di smaltino è stato tentato dalla Natio-nal Gallery di Londra nel 2001 su un dipinto attribuito a Pedro Campaña39, realizzando sulla base dei dati ottenuti dalle sezioni stratigrafiche (pigmenti, loro sequenza e granulometria) delle stesure reali per simulare il colore delle campi-ture. Il metodo è ingegnoso ma comunque fuor-viante, dal momento che il tipo di blu di smalto non era prodotto ad hoc ma era commerciale, moderno, e non poteva a nostro avviso, anche a livello cromatico, rigorosamente rappresentare lo smaltino originale. Oltretutto la stessa cono-scenza del tenore dei vari elementi presenti nel blu di smalto decolorato non avrebbe comun-que garantito la sua corretta riproduzione, vuoi perché alcune specie atomiche sono migrate nel medium circostante non rendendo del tutto attendibile la misura delle concentrazioni ori-ginarie, vuoi perché i processi produttivi non sono facilmente simulabili.

È utile, per un differente approccio al proble-ma, osservare che:1. lo smaltino – anche dove sia decolorato – presenta, come dimostrato da misure di tra-smittanza e da studi riflettografici40, una no-tevole trasparenza nelle bande dell’infrarosso vicino (entro 1,2 micron circa), in funzione ov-viamente del tipo di miscela (quantità di biac-ca, ad esempio), del suo spessore (maggiore lo spessore minore è la trasparenza) e, quanto alla riflettanza in IR, del substrato su cui è steso (substrati chiari garantiscono la retrodiffusione della radiazione);2. lo smaltino in IR falso colore (IRC) mantiene una colorazione rosso-rosata anche in caso di scolorimento, con intensità maggiori in presen-za di spessori maggiori. Ciò significa che nelle riprese IRC le modulazioni di rossi e rosa pos-sono indicare, a meno di casi particolari (come alcune miscele e substrati scuri), le modulazio-ni degli azzurri originali. Si può pertanto provare a tener conto dell’infor-mazione ottenuta con le riprese riflettografiche (IRR) in banda stretta (fotocamera digitale) e IRC, in prima analisi sostituendo al canale blu della ri-presa fotografica in RGB delle cromie decolorate (opportunamente scontornate) la relativa imma-gine IR. Solo limitatamente alle campiture con smaltino, evitando con cura di modificare le altre zone dell’immagine visibile dell’opera.Tale procedimento non riesce tuttavia per solito a restituire una tinta sufficientemente intensa, come quella che lo smaltino originale doveva avere. È allora necessario “tarare” il canale Blu (derivato dall’immagine IR) sulla base dei valo-ri attesi dallo studio dello spettro di riflettanza acquisito nei punti campione: si tratta in buona sostanza di ricostruire l’andamento nella regio-ne del blu degli spettri vis-RS dello smalto mi-

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surati in uno o più punti della campitura in og-getto, sulla base di spettri-tipo di smaltino noti, tenendo conto della relazione che intercorre in blu di smalto antichi tra massimo di riflettanza, minimi e risalita della curva nella regione del vicino IR (tav. 48).Sulla base del metodo qui delineato si propone la ricostruzione dei manti della Maria leggente e meditante della Scuola Grande di San Rocco, mostrando a titolo di completezza l’esito degli esami IRC e IRR (tavv. 60a-c, 61a-c). Di fronte a casi complessi, come il cielo de Il trafugamento del corpo di san Marco, in cui altri pigmenti – come l’azzurrite – sono in gioco, in miscele e sovrapposizioni, con cromie non net-tamente perimetrate, l’applicazione del metodo diventa estremamente complicata e non pare avere successo. Per questi ultimi casi, e pure in linea generale, si ritiene che il metodo ottimale di ricostruzio-ne possa prendere le mosse da riprese iperspet-trali in banda stretta nel visibile e nell’IR, che permettano di acquisire gli spettri di un altis-simo numero di punti della superficie alterata, per poter annullare la modifica/alterazione del-le numerose curve vis-RS acquisite ricostruen-done il picco di riflettanza.

1 È quanto il poeta spagnolo scrive a proposito dei cieli di Jacopo Tintoretto: r. alberti, A la pintura. Poema del color y la linea, testo originale e trad. it. di i. deloGu, Roma 1971, p. 75.2 Soprattutto: J. plesters, l. lazzarini, I materiali e la tecnica del Tintoretto della Scuola di San Rocco, in Jacopo Tintoretto nel quarto centenario della morte, Atti del convegno internazio-nale di studi (Venezia, 24- 26 novembre 1994), a cura di p. rossi e l. puppi, Padova 1996, pp. 275-280, 371-374 (figu-re); J. plesters, l. lazzarini, The examination of the Tintorettos, in Restoring Venice: The Church of the Madonna dell’Orto, a cura di a. clarke e p. rylands, London 1977, pp. 84-92. 3 Si ringraziano per la disponibilità i responsabili e il per-sonale dei musei coinvolti nell’operazione di analisi, e in particolare: Maria Elisa Avagnina, Caterina Cardona, Mat-teo Ceriana, Paola Marini, Andrea Marmori, Aidan Weston Lewis. Quanto alle analisi XRF e vis-RS da me svolte sulla Crocifissione dei Musei di Padova, il fine era di estendere e integrare le analoghe misure spettroscopiche condotte con altre strumentazioni dai colleghi dei laboratori scientifici del-la Venaria Reale (si veda il contributo di Cavaleri in questo volume): sono loro particolarmente grato per la felice dispo-nibilità a collaborare.4 Le tele dell’Accademia di Venezia sono state esaminate pres-so le Scuderie del Quirinale, durante la mostra citata. 5 Lo spettrometro XRF impiegato è stato fornito dalla dit-ta Bruker nell’ambito di una collaborazione di ricerca con l’Università di Bergamo, per cui si ringraziano Pierangelo Morini, Mirko Gianesella e Cristian Vailati. La sua configu-razione permette di rilevare anche le righe K di stagno, ba-rio e antimonio, ed elementi leggeri a partire in genere dallo zolfo. Ringraziamo inoltre Eugenia De Beni per la generosa collaborazione.6 b. mühlethaler, J. thissen, Smalt, in Artists Pigments, A Handbook of Their History and Characteristics, a cura di a. roy, vol. II, Washington DC 1993, pp. 113-130.7 m. bacci, m. picollo, Non destructive detection of Co(II) in paintings and glasses, in «Studies in Conservation», 41, 1996, pp. 136-144.8 r. Giovanoli, b. mühlethaler, Investigation of Discoloured Smalt, in «Studies in Conservation», 15, 1970, pp. 37-44; m. sprinG, k. hiGGit, d. saunders, Investigation of Pigment-Medium Interaction Process in Oil Paint containing Degraded Smalt, in «National Gallery Technical Bulletin», 26, 2005, pp. 56-70.9 b. mühlethaler, J. thissen, Smalt, cit., p. 121. Per contributi più recenti si può vedere: i. cianchetta, i. colantoni, f. ta-larico, f. d’acapito, a. trapananti, c. maurizio, s. fantacci, i. davoli, Discoloration of the smalt pigment: experimental stu-dies and ab initio calculations, in «Journal of Analytical Atomic Spectrometry», 27 (11), 2012, pp. 1941-1948; l. robinet, m. sprinG, s. paGès-camaGna, d. vantelon, n. trcera, Investi-gation of the Discoloration of Smalt Pigment in Historic Paintings by Micro-X-ray Absorption Spectroscopy at the Co K-Edge, in «Analytical Chemistry», 83 (13), 2011, pp. 5145–5152.10 G. poldi, L’individuazione del blu di smalto sano e decolora-to in dipinti mediante ED-XRF e spettrometria in riflettanza, in

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A.T.I.V. Primo convegno interdisciplinare sul vetro nei beni cul-turali e nell’arte di ieri e di oggi, Atti del convegno (Parma, Università degli Studi, 27-28 novembre 2008), Parma 2009, pp. 11-21.11 J. plesters, A Preliminary Note on the Incidence of Discolora-tion in Paint Media, in «Studies in Conservation», 14, 1969, pp. 62-64. Per altri esempi di viraggi a grigio e grigio-verde relativi a Veronese: s. caGlio, G. poldi, Pigmenti, fondi e al-terazioni cromatiche tra Veronese e Farinati, in Da Veronese a Farinati. Storia, conservazione e diagnostica al Museo di Castel-vecchio, a cura di p. marini e l. olivato, con il coordinamento scientifico di G. poldi, Treviso 2010, pp. 25-31. 12 G. poldi, Pigmenti, colore, sporco, alterazioni. Le analisi in riflettanza vis-NIR sulla ‘Pala Albergotti’, in L’ingegno e la mano. Restaurare il mai restaurato. Il restauro della Pala Albergotti di Giorgio Vasari nella Badia delle Sante Flora e Lucilla di Arezzo, Atti del convegno (Arezzo, Sala dei Grandi della Provincia, 28-30 marzo 2008), a cura di I. droandi, Firenze 2009, pp. 63-74; G. Poldi, L’individuazione del blu di smalto, cit.13 Per immagini dei dipinti si veda: i. droandi, Giorgio Vasari, ‘Incoronazione della Vergine’. Scheda inizio lavori, in L’ingegno e la mano, cit., pp. 19-32.14 Precisiamo che nel passo in cui l’Armenini parla di modi-fica del colore del blu di smalto in olio si riferisce non già a problemi di scolorimento e relativo ingiallimento del legante, quanto al fatto che rilavorare stesure di smaltino mal con-dotte a finitura è rischioso e può portare a spiacevoli effetti di ingiallimento dovuti all’affioramento dell’olio siccativo: «è molto faticoso poi ad accomodarlo col ritornarvi sopra, per-ciò che ogni poco che su vi si pesti con i pennelli, si vede che l’oglio lo sopravanza, e li ricopre la sua vivezza, e lo appanna di modo che in breve divien gializza» (G.b. armenini, De’ veri precetti della pittura, Ravenna 1586, libro II, in Scritti d’arte del Cinquecento, a cura di p. barocchi, Torino 1979, p. 2292). Diversamente da quanto supposto in s. volpin, a. casoli, m. berzioli, c. equisetto, I colori scomparsi: la materia pittorica e le problematiche di degrado, in Tintoretto svelato. Il soffitto della Sala dell’Albergo nella Scuola Grande di San Rocco. Storia, ricer-che, restauri, a cura di G. fumo e d. chinellato, Milano 2010, pp. 138-145, in part. p. 144. 15 In questo caso lo stato di conservazione della cromia non permette di assicurare che l’indaco sia originale.16 G. poldi, Note quasi sparse sul colore e la tecnica di Giambel-lino. Nuovi studi analitici, in G. poldi e G.c.f. villa, Indagando Bellini, Milano 2009, pp. 161-223.17 Ad esempio nei cieli del Noli me tangere della Pinacote-ca Civica di Vicenza e della Crocifissione di Brera (analisi dell’autore). È da notare che l’indaco, del quale sono pure noti processi di scolorimento (m. van eikema hommes, Chan-ging Pictures: Discoloration in 15th-17th-Century Oil Paintings, London 2004), nei casi da noi esaminati non sembra esserne soggetto, ma potrebbe forse essersi scurito nel tempo.18 Non è stato possibile svolgere, per la mancanza di una scala adatta, analisi sul cielo, la cui tonalità suggerisce che anch’esso sia costituito da azzurrite. 19 Dell’indaco l’ubicazione è ben riconoscibile anche in IR falso colore grazie alla colorazione rosso intenso.

20 A livello di colore, l’ottica sperimentale in un’opera come questa è evidente per varie soluzioni adottate dal pittore, oltre al cielo e agli azzurri in genere: in primis le dorature filiformi della veste della Madonna e l’esecuzione di alcuni particolari come l’abito di Giuseppe d’Arimatea, nel quale impiega ocre e terre (base cromatica e bruni), smaltino (vi-rato in verde chiaro), acetato di rame (decorazioni ora nere), orpimento, lacca rossa animale (da coccidi, nei violetti), ci-nabro, giallorino, oro. Si rimanda per quest’opera al saggio di Tiziana Cavaleri in questo volume.21 J. plesters, l. lazzarini, The examination of the Tintorettos, cit.22 È da notare come il dipinto, a seguito dell’attento restauro condotto da Renza Clochiatti Garla nel 2006, abbia recupe-rato inattese cromie azzurre delle vesti presenti nelle vecchie fotografie ma occultate dal precedente inspiegabile interven-to di Giuseppe G. Pedrocco (1975), il quale procedette con arbitrari rifacimenti di alcune aree in discreto stato conser-vativo con colori del tutto differenti da quelli che occultava (mutando ad esempio le vesti azzurre in bianche o rosate) e invece sosteneva di aver rimosso come spuri. Oltre al recu-pero della tonalità corretta del paesaggio e di un cielo oramai depauperato, si è recuperato l’intenso arancio del manto a base di solfuri d’arsenico (orpimento/realgar) dell’uomo in piedi sulla sinistra. 23 n. penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian Paintings. Volume II, Venice 1540-1600, London 2008, p. 142; J. plesters, Tintoretto’s Paintings in the National Galle-ry. Part II, in «National Gallery Technical Bulletin», 4, pp. 32-48.24 J. plesters, l. lazzarini, I materiali e la tecnica…, cit., pp. 276-277.25 a. Gallone, Studio analitico del colore, in Il miracolo di San Marco del Tintoretto, vicende e restauri, a cura di r. tardito, Firenze 1990, pp. 75-78.26 Il tragico intervento, che comportò tagli e aggiunte di tela e del tutto arbitrarie ridipinture, e l’intervento correttivo di ripristino svolto dal Pellicioli nel 1959, spiegano probabil-mente la perdita di materia dell’opera (come i rivoli al suolo e le cortine di acqua dal cielo, di cui resta solo qualche traccia che all’ignaro osservatore pare incomprensibile) e gli squili-bri cromatici (tra cui quelli del cielo).27 Si auspica di verificare il giudizio, per ora solo visivo, con future analisi.28 Si vedano i contributi di e. fiorin, I colori di Tintoretto alla luce delle indagini non invasive di fluorescenza X, in Tintoretto svelato, cit., pp. 132-137; e di s. volpin et al., I colori scom-parsi…, cit., pp. 138-145. L’esecuzione di riprese in IR falso colore permetterebbe una immediata visualizzazione della distribuzione dello smaltino in quelle tele.29 Le ipotesi qui formulate suggeriscono future verifiche mediante analisi. Nei casi citati le eventuali alterazioni com-prometterebbero la corretta lettura dei valori cromatici delle opere, non senza conseguenze sotto il profilo iconografico. 30 a. burmester, c. krekel, “Azzurri oltramarini, lacche et altri colori fini”: the quest for the lost colours, in Tintoretto. The Gon-zaga cycle, a cura di c. syre, catalogo della mostra (Bayeri-

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sche Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek, Munich, 17 maggio - 27 agosto 2000), Munich 2000, pp. 193-211.31 J. plesters, l. lazzarini, I materiali e la tecnica …, cit., pp. 277 e 374.32 Ibidem, pp. 277-278.33 a. burmester, c. krekel, “Azzurri oltramarini, lacche et altri colori fini”, cit., p. 201.34 b.h. berrie, l.c. matthew, Material Innovation and Artistic Invention: New Materials and New Colors in Renaissance Vene-tian Paintings, in Scientific Examination of Art: Modern Tech-niques in Conservation and Analysis, Atti del convegno (Wa-shington DC, National Academy of Sciences, 19-21 marzo 2003), Washington 2005, pp. 12-25, in part. pp. 21-23.35 J. plesters, l. lazzarini, I materiali e la tecnica del Tintoretto della Scuola di San Rocco, cit., pp. 275-276.36 w.r. rearick, Vita e opere di Jacopo da Ponte, detto Bassano c. 1510-1592, in Jacopo Bassano c. 1510-1592, catalogo della mostra (Bassano del Grappa, Museo Civico, 5 settembre - 6 dicembre 1992; Forth Worth, Texas, Kimbell Art Museum, 23 gennaio - 25 aprile 1993), a cura di b.l. brown, p. marini, Bologna 1992, p. CXXX. Per la questione relativa all’Ultima

cena tizianesca di Brera, e confronti, si può invece vedere G. poldi, Note tecniche e analitiche sull’Ultima Cena della collezio-ne d’Alba a Madrid, in “Studi Tizianeschi”, 5, 2007 (2008), pp. 151-165.37 Analisi XRF e vis-RS svolte da chi scrive.38 Per un altro approccio basato sulla valutazione colori-metrica e spettrofotometrica dell’invecchiamento rispetto a pigmenti-test di laboratorio, nei casi in cui può applicarsi, si veda ad esempio r.s. berns, Rejuvenating the Appearance of Cultural Heritage Using Color and Imaging Science Techniques, in AIC Colour 05 - 10th Congress of the International Colour Association, Atti del congresso (Granada, 8-13 maggio 2005), a cura di J.l. nieves, J. hernández andrés, Granada 2005, pp. 369-374.39 m. sprinG, n. penny, r. white, m. wyld, Colour change in ‘The Conversion of the Magdalen’ attributed to Pedro Campaña, in «National Gallery Technical Bulletin», 22, 2001, pp. 54-63.40 m. GarGano, n. ludwiG, G. poldi, A new methodology for comparing IR reflectographic systems, in «Infrared Physics and Technology», 49, 2007, pp. 249–253.

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soggetto supporto datazione ubicazionepigmenti azzurri

individuatianalisisvolte

La disputa di Gesù tra i dottori

Apollo e Dafne

Deucalione e Pirra

Madonna allattante il Bambino

Adorazione dei pastori

Crocifissione

San Marco libera lo schiavo dal supplizio della tortura (Miracolo dello schiavo)

Sant’Agostino risana gli sciancati

Compianto su Cristo morto (Deposizione di Cristo)

tela

tavola

tavola

tela

tela

tela

tela

tela

tela

1540-1541

1541-1542

1541-1542

1540-1545

1542-1544

1545 circa

1547-1548

1549-1550

1555-1556

Milano, Museo del Duomo

Modena, Galleria Estense

Modena, Galleria Estense

Verona, Museo di Castelvecchio

Verona, Museo di Castelvecchio

Padova, Musei Civici

Venezia, Gallerie dell’Accademia

Vicenza, Musei Civici, Pinacoteca

La Spezia, Museo Civico Amedeo Lia

azzurrite (manto Gesù, veste donna a sinistra, manto uomo a destra); indaco (altre figure)

azzurrite (cielo)

azzurrite (cielo e ombre veste di Pirra)

azzurrite (manto)

lapislazzuli (cielo, monti, abiti azzurri)

azzurrite; indaco; blu di smalto

azzurrite (azzurri vari abiti)

lapislazzuli (azzurro intenso vesti e nubi inferiori), azzurrite (verde-azzurri paesaggio e cielo, nubi grigie, veste blu scuro)

lapislazzuli (manto Vergine e altro); azzurrite (parti del cielo e substrato manto Vergine)

IRR, vis-RS, XRF

IRR, vis-RS, XRF

IRR, vis-RS, XRF

IRR, IRC, vis-RS

IRR, IRC, vis-RS, XRF

IRR**, IRC**, vis-RS*, XRF*

IRR, vis-RS, XRF

IRR, IRC, vis-RS

IRR, vis-RS, XRF

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tabella 1. I dipinti di Tintoretto studiati da chi scrive, con indicati i pigmenti azzurri rilevati in campiture azzurre, grigio-azzurre o un tempo azzurre. Si indicano con uno o due asterischi rispettivamente le analisi eseguite in parte o in toto dai colleghi del Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Le riprese riflettografiche (IRR) sono state svolte insieme a Giovanni C.F. Villa.

soggetto supporto datazione ubicazionepigmenti azzurri

individuatianalisisvolte

Trasporto del corpo di Cristo

Il trafugamento del corpo di san Marco

La Vergine Maria in meditazione

La Vergine Maria in lettura

tela

tela

tela

tela

1565 circa

1562-1566

1582-1584

1582-1584

Edimburgo, National Gallery of Scotland

Venezia, Gallerie dell’Accademia

Venezia, Scuola Grande di San Rocco

Venezia, Scuola Grande di San Rocco

lapislazzuli (abiti vari)

azzurrite (nubi/cielo grigio scuro); blu di smalto (cielo bruno-rosato)

azzurrite (parti del cielo grigio-bruno); blu di smalto (manto)

azzurrite (parti del cielo grigio-bruno); blu di smalto (manto)

vis-RS

IRR, IRC, vis-RS, XRF

IRR, IRC, vis-RS, XRF

IRR, IRC, vis-RS, XRF

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Tav. 27. Spettro vis-RS del blu di smalto sano (in blu) a confronto con uno smalto parzialmente e completamente decolorato (grigio scuro e chiaro), con scomparsa del picco di riflettanza nelle bande degli azzurri.

Tav. 28. Spettri vis-RS del pigmento indaco nella Disputa di Gesù tra i dottori (Milano) e nella Crocifissione (Padova) a confronto.

Tav. 29. Jacopo Tintoretto, Disputa di Gesù tra i dottori, Milano, Museo del Duomo. Dettaglio con la campitura azzurra a base di indaco di un abito giallo chiaro, mentre il copricapo dell’uomo col libro contiene azzurrite.

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Tav. 30. Spettri vis-RS di campiture con blu di smalto diventate brune e verdastre, nella Crocifissione (Padova).

Tav. 31. Spettri vis-RS di campiture a base di lapislazzuli nel Sant’Agostino risana gli sciancati (Vicenza) e nel Trasporto del corpo di Cristo (Edimburgo) a confronto. Si nota il significativo incremento di riflettanza verso la banda dell’IR.

Tav. 32. Spettri vis-RS di campiture contenenti azzurrite e biacca nella Crocifissione (Padova) e nel Sant’Agostino risana gli sciancati (Vicenza). Negli spettri verdi l’azzurrite è mescolata a quantità significative di giallo di piombo-stagno.

Tav. 33. Jacopo Tintoretto, Sant’Agostino risana gli sciancati, Vicenza, Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati. Dettaglio con il paesaggio e il suolo contenenti azzurrite, mentre gli abiti azzurro intenso sono a base di lapislazzuli.

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Tav. 34.Jacopo Tintoretto, Il trafugamento del corpo di san Marco, Venezia, Gallerie dell’Accademia. Dettaglio del cielo con azzurrite e pigmento nero presenti nelle nubi e aree contenenti smaltino decolorato nel cielo ora color ruggine.

Tav. 35. Spettri vis-RS di campiture a base di blu di smalto diventate brune nel La Vergine Maria in meditazione, Venezia, Scuola Grande di San Rocco.

Tav. 36. Dettaglio di due spettri XRF di campiture brune della Vergine Maria in meditazione (Venezia), una a base di blu di smalto (spettro rosso, acquisita nel medesimo punto della curva 28 di Tav. 35), l’altra a base di rame (spettro blu) ma con tracce di smaltino. In verde gli elementi chimici caratterizzanti lo smaltino.

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Tav. 37. Jacopo Tintoretto, La Vergine Maria in meditazione, Venezia, Scuola Grande di San Rocco.

Tav. 38. Jacopo Tintoretto, La Vergine Maria in lettura, Venezia, Scuola Grande di San Rocco.

Tav. 39a-c. Dettaglio della Vergine Maria in meditazione (Venezia), illustrato in luce diffusa, in IR falso colore

(IRC) e nella ricostruzione virtuale del colore azzurro del manto prossimo a quello originale.

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Tav. 40a-c. Dettaglio della Vergine Maria in lettura (Venezia), illustrato in luce diffusa, in IR falso colore (IRC) e nella ricostruzione virtuale del colore azzurro del manto prossimo a quello originale.


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