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Per la ritrattistica di Leandro Bassano e Domenico Tintoretto, in \"Jacopo Bassano, i figli, la...

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Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l’eredità Atti del Convegno Internazionale di Studio Bassano del Grappa, Museo Civico Padova, Università degli Studi, Archivio Antico del Bò 30 marzo – 2 aprile 2011 Centro di documentazione sui Bassano W.R.Rearick Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l’eredità Città di Bassano del Grappa 35 euro costo complessivo dei 3 voll. (IVA assolta dall’ editore) 1 1
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Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l’eredità

Atti del Convegno Internazionale di StudioBassano del Grappa, Museo Civico

Padova, Università degli Studi, Archivio Antico del Bò

30 marzo – 2 aprile 2011

Centro di documentazione sui BassanoW.R.Rearick

Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l’eredità

Città di Bassano del Grappa

35 eurocosto complessivo dei 3 voll.(iva assolta dall’ editore) 1 1

BOLLETTINO DEL MUSEO CIVICOMusei Biblioteca Archivio di Bassano

Nuova serieNumeri 30-31, 2009-2010Numeri 32-33, 2011-2012

Numero 34, 2013

Centro di documentazione sui BassanoW.R.Rearick

Atti del Convegno Internazionale di StudioBassano del Grappa, Museo Civico

Padova, Università degli Studi, Archivio Antico del Bò30 marzo – 2 aprile 2011

Curatela scientificaGiuliana Ericani

Curatela redazionaleClaudia Caramanna

Federica Millozzi

Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l’eredità

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BOLLETTINO DEL MUSEO CIVICOPUBBLICAZIONE ANNUALENumeri 30-31, 2009-2010Numeri 32-33, 2011-2012Numeri 34, 2013

Direttore responsabileChiara Padovan

Direttore scientificoGiuliana Ericani

Direzione e redazioneVia Museo, 1236061 BASSANO DEL GRAPPA (VI)Tel. 0424 519901 – Fax 0424 [email protected]

Registrato presso il Tribunaledi Bassano del Grappa (VI)CON IL N. 6/85 DEL 31.8.1985ISSN 0393-5574ISBN 978-88-85821-48-4

Città di Bassano del Grappa Assessorato alla Promozione del Territorio e della Cultura

Comitato RegionalePer le celebrazioni dei 500 anni dalla nascita di Jacopo Bassano

Escono, grazie ad un importante lavoro redazionale condotto da Claudia Caramanna e Federica Millozzi, gli atti del primo convegno in assoluto mai dedicato ai Bassano, che vengono pubblicati in tre numeri del Bollettino del Museo Civico per una scelta ben precisa, quella di rimarcare il ruolo della rivista nell’annuale azione di studio e di ricerca che caratterizza la vita del nostro museo. La pubblicazione si inserisce anche nell’attività del ‘Centro di documentazione sui Bassano W.R. Rearick’, istituito nel 2004, grazie al lascito dell’archivio fotografico dell’illustre studioso americano cui è dedicato, e destinato a raccogliere tutti i lavori svolti, in corso ed in fieri su Jacopo Bassano, i suoi figli, la sua bottega.

Nel programma delle celebrazioni per i cinquecento anni dalla nascita di Jacopo Bassano che si svolgevano tra 2010 e 2011, questo convegno internazionale rivestiva il ruolo fondamentale di rianalizzare ed approfondire la produzione del grande maestro e dei suoi figli, in previsione di una grande mostra che avrebbe dovuto presentare proprio il completamento, nella loro produzione ed in quella della bottega, di un lungo percorso figurativo che prende le mosse nella prima metà del Cinquecento e prosegue fino alla seconda metà del Seicento.

I quaranta saggi qui pubblicati confermano tuttavia la complessità e l’ampiezza degli studi sui Bassano, che comprendono tutti gli aspetti, storici, stilistici ed attributivi, iconografici e di collezionismo. Su quest’ultimo fenomeno, che pareva già sufficientemente indagato, molte novità emergono dalle differenti relazioni. Le ricerche sulla presenza di dipinti di Jacopo, dei figli e della bottega nelle collezioni, principesche e non, italiane, inglesi, francesi, sassoni, asburgiche e spagnole, ad opera di Michael Scholz-Hänsel, Axel Vécsey, Andreas Henning, Francesca Del Torre Scheuch, Paola Marini, Anna Maria Bava solo per citarne alcuni, offrono materia di approfondimento in particolare sulle grandi serie veterotestamentarie di Jacopo, Francesco e Leandro, ma anche su singoli dipinti non ancora individuati.

Di particolare interesse - e non poteva essere altrimenti data la crescita delle conoscenze in questo campo negli ultimi anni - sono gli studi iconologici nella lettura dei testi di Jacopo ed in particolare in relazione alla religiosità cinquecentesca di Corrado Pin e Augusto Gentili, attraverso i quali emerge un quadro frastagliato, differente rispetto a quanto fin qui noto sulla penetrazione del pensiero eretico nelle sue differenti declinazioni nel Veneto settentrionale a cavallo della metà del Cinquecento, con esiti sulle scelte pittoriche ancora in parte da indagare. Particolarmente puntuale e centrata è la lettura di Erica Bortolami sulle scelte iconografiche degli affreschi di casa Dal Corno, testo fondamentale del manierismo di Jacopo, a fronte di letture parziali precedenti non correttamente inserite nel contesto della committenza.

Un capitolo importante è riservato, come ci si augurava nel progettare gli interventi, all’esame dei legami tra la produzione di Jacopo, dei figli Francesco e Leandro e di Jacopo Apollonio, con inediti di quest’ultimo e di Leandro, in particolare nel ritratto. Particolare attenzione è dedicata ai disegni, di Jacopo e dei figli, indagati in due dei più importanti fondi europei, le raccolte degli Uffizi e del Louvre, con inediti e sistemazioni attribuzionistiche - auspichiamo - foriere di futuri cataloghi.

Il rapporto tra la pittura di Jacopo e quella dei figli è esplorato, anche, attraverso le numerose indagini scientifiche, che ampliano la già consistente documentazione de i Bassano ai raggi X, la mostra organizzata in museo nel 2011 a seguito della revisione delle indagini radiografiche eseguite nel 1990-1992 e di una nuova campagna eseguita nel 2010-2011, ampliando il campo ad esperienze europee. Quanto presentato rivela una notevole complessità, ancora da approfondire, e rappresenta un passo decisivo in direzione di un lavoro interdisciplinare che metta insieme le conoscenze stilistiche con i dati tecnici.

Un importante momento, dunque, di approfondimento che offriamo alla ricerca per il lungo cammino che ancora ci attende.

Giuliana Ericani

INDICEvolume 1

Alessandro Ballarin p. 16 tavole p. 205Prolusione Axel Vécsey p. 32 tavole p. 231Bassanesque Paintings in Hungary: an Overview Andreas Henning p. 48 tavole p. 241I dipinti bassaneschi della Pinacoteca di Dresda Francesca Del Torre Scheuch p. 66 tavole p. 251Il successo dei Bassano oltralpe. Il collezionismo asburgico e la raccolta del Kunsthistorisches Museum di ViennaPaola Marini p. 82 tavole p. 261I Bassano veronesiCatherine Loisel p. 100 tavole p. 269Questions de style dans l’atelier des BassanoSergio Marinelli p. 118 tavole p. 279Leandro Bassano nel ViceregnoMeri Sclosa p. 130 tavole p. 287Per la ritrattistica di Leandro Bassano e Domenico TintorettoKirsi Eskelinen p. 142 tavole p. 297Una proposta per la lettura iconografica delle Stagioni di Jacopo BassanoAugusto Gentili p. 160 tavole p. 305Ancora sulla religione di Jacopo BassanoErica Bortolami p. 170 tavole p. 313Precisazioni iconografiche sugli affreschi di Casa Dal CornoFrancesco Trentini p. 182 tavole p. 321Jacopo Bassano e il Samaritano. Testo e contesto di un’allegoria visuale

volume 11 volume 111Claudia Terribile p. 340 tavole p. 573San Rocco e gli appestati en plein air. Guarigione, visita, benedizione? La pala di Brera di Jacopo Bassano Gino Benzoni p. 352 -La Bassano dei BassanoGiuseppe Gullino p. 362 -La via del fiume: rettori e proprietari patrizi a BassanoCorrado Pin p. 372 -Presenze eterodosse nella vita religiosa bassanese del CinquecentoMonica Bianco p. 386 -Alessandro Campesano e il circolo dei poeti bassanesiFernando Rigon p. 406 tavole p. 583Jacopo Bassano e l’architetturaVittoria Romani p. 424 tavole p. 597Per la ritrattistica di Jacopo BassanoAlessandra Pattanaro p. 442 tavole p. 607La replica nella produzione della bottega bassanesca: la ‘Natività’ di San Giacomo di Lusiana e la prima attività di Jacopo ApollonioBernard Aikema p. 460 tavole p. 617Il marchio Bassano e la pittura neerlandese: note su un caso di reciproca trasmissione artistica fra Nord e SudGiuliana Ericani p. 474 tavole p. 623Per la ritrattistica di Leandro Bassano. Considerazioni e aggiunteRenzo Fontana p. 488 tavole p. 641Un’indulgenza, una data e le ragioni della committenza Roccabrona per le tele di Jacopo e Francesco Bassano a CivezzanoAnna Maria Bava p.504 tavole p. 649Il collezionismo di Carlo Emanuele I di Savoia Anna Sones Cera p. 518 tavole p. 655Osservazioni da Los Angeles: collezionismo, iconografia e distribuzione di opere bassanescheClaudia Caramanna p. 528 tavole p. 659Problemi di metodo nell’analisi del collezionismo delle opere di Jacopo Bassano e l’identificazione di un disegno della sua giovinezzaCristiana Garofalo, p. 548 tavole p. 667Marzia Faietti p. 564 tavole p. 667Il fondo antico dei Bassano agli Uffizi: fisionomia, consistenza

Giuseppe Maria Pilo p. 688 tavole p. 861Bassano e RubensMichael Scholz-Hänsel p. 694 tavole p. 873The Family Bassano and the origins of the Spanish ‘Siglo de Oro’ of paintingPatrick Michel p. 706 tavole p. 881I Bassano in Francia: storia di una ricezione (XVII secolo - inizio del XIX secolo)Federica Millozzi p. 732 tavole p. 887Bassano tra Ottocento e NovecentoFabrizio Magani p. 744 tavole p. 897Radiografie che fanno riflettere. Per il contributo al lavoro della SoprintendenzaJill Dunkerton, Marika Spring p. 752 tavole p. 901Developments in the technique of Jacopo Bassano’s works in the National Gallery, LondonMiguel Falomir Faus, Ana González Mozo p. 766 tavole p. 909Aspetti tecnici delle opere dei Bassano presso il Museo Nacional del Prado Carmen Garrido p. 778 tavole p. 921Jacopo Bassano, la Fucina di Vulcano. Le risorse tecniche della pittura veneta e la loro ripercussione su quella spagnolaAngela Cerasuolo p. 786 -Sulle tecniche di riproduzione seriale e l’impiego del lucido: ipotesi per la bottega dei BassanoChiara Scardellato, Donata Samadelli p. 802 tavole p. 931La tecnica dei Bassano attraverso le indagini scientificheMario Marubbi, Mario Lazzari, Curzio Merlo p. 812 tavole p. 939Le Storie di Cristo già in Sant’Antonio a Brescia. Indagini sulle due tele del Museo di CremonaElisabetta Girardi p. 824 -Nota sulla paletta di Giambattista Dal Ponte proveniente dalla chiesa di GallioFrançoise Joulie p. 834 tavole p. 949Du peintre admiré au dessinateur méconnu, le regard du XVIIIe siècle français sur Jacopo Bassano

indice dei nomi p. 961

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Meri ScloSa

Per la ritrattistica di Leandro Bassano e Domenico Tintoretto

Figli d’arte e nuovi protagonisti della scena pittorica lagunare a partire dalla penultima decade del Cinquecento, Leandro Bassano e Domenico Tintoretto conseguirono una straordinaria notorietà nell’ambito del ritratto, genere che permise a entrambi di assecondare la personale sensibilità, pervenendo ad apporti originali e diversificati rispetto alle formule della tradizione familiare. Tale rinomanza è sancita da Carlo Ridolfi, che nelle vite dei due maestri elogiava con particolare enfasi la loro perizia nell’immortalare illustri personaggi, definendo il pittore e cavaliere Leandro «particolarmente eccellente ne’ ritratti», la cui bellezza «si predicava dall’universale», e attestando che Domenico fin dagli «anni giovanili haveva acquistata molta fama con i ritratti», a tal punto «vivaci e naturali che sembrano vivi»1.

Il biografo fornisce elenchi corposi di committenti che, uniti alle attuali conoscenze circa i cataloghi degli artisti2, sembrano assegnare al giovane Tintoretto il ruolo prevalente di ‘pittore della porpora’, come lo fu il padre Jacopo. I ritratti di rappresentanza di mano del Cavalier Bassano sono invece meno numerosi; tra le effigi del pittore giunte fino a noi è più facile riconoscere personaggi di estrazione borghese: medici, mercanti, giureconsulti, frati domenicani, musici e artisti come lo scultore Tiziano Aspetti e l’incisore Daniel Hopfer II3. Un rapporto con il mondo delle

1 C. Ridolfi, Le Maraviglie dell ’Arte [...], Venezia, G.B. Sgava, 1648 [ed. a cura di D. von Hadeln, 2 voll., Berlino, G. Grote, 1914-1924, II, pp. 165-166, 260].2 Per le opere di Leandro rimane fondamentale l’elenco compilato da E. Arslan, I Bassano, 2 voll., Milano, Ceschina, 1960, I, pp. 257-275. Per le effigi di Domenico si vedano P. Rossi, Alcuni ritratti di Domenico Tintoretto, «Arte Veneta», XXII (1968), pp. 60-71; Eadem, Jacopo Tintoretto. I ritratti, Venezia, Alfieri, 1974, pp. 75-81, 137-154.3 Leandro Bassano: Ritratto di Tiziano Aspetti, Hampton Court, Royal Collection, inv. 405988, olio su tela, cm 88 x 67,2, 1592-1593 ca, «leander bas / sanvs / f» in alto a destra; Ritratto di Daniel Hopfer II, collezione privata, olio su tela, cm 102 x 84, 1610 ca, «leander a ponte / bass.is æqves / f» in alto a sinistra, «All Mag.co Danitt Hopffer / [...] / Augusta» sulla lettera. Per i due dipinti, si vedano rispettivamente C. Kryza-

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e bassanesca non vi fosse vera rivalità7, oggi l’esistenza di un rapporto propriamente sodale tra Domenico e Leandro è accertata dal ritratto, conservato all’Hermitage, che il giovane Robusti eseguì del collega poco prima del 1590 (Fig. 3)8. In passato vi sono state distinte le fattezze di Francesco Dal Ponte il giovane, ma la corrispondenza con gli autoritratti del Cavaliere, dal dipinto degli Uffizi a quelli menzionati da Ridolfi nei teleri di Palazzo Ducale, scopre chiaramente nell’immagine il sembiante di Leandro Bassano9. In apparenza marginali, le note paesistiche visibili oltre la finestra costituiscono il più efficace elemento individuante, dato che la presenza del ponte suggella l’identità del nostro10. La sincera familiarità che doveva legare i due pittori, del resto, è svelata dalla comprensione del carattere psicologico del bassanese e dallo slancio con cui Domenico ne delinea la figura, frutto della compartecipazione di esperienze artistiche e di vita. Attraverso il contegno orgoglioso del protagonista, l’effigie trasmette inoltre la chiara consapevolezza, comune a ritrattista e ritrattato, del prestigio della professione. Lo schema compositivo sotteso all’opera rimanda agli esempi di Jacopo Robusti, che rappresentano, sia per il figlio sia per il Cavaliere, il punto d’avvio per la personale elaborazione della figura umana. Domenico, in particolare, reinterpreta i modelli paterni scrutando con rigore il dato fisionomico e compiacendosi di evocare, mediante i frequenti inserti paesaggistici, il microcosmo dei personaggi. L’accento naturale che caratterizza la produzione bassanesca, d’altra parte, sembra stimolare Leandro a una rilettura schietta dei paradigmi tintoretteschi, in concordanza con i modi espressivi del più giovane

7 P. Rossi, I Bassano e i Tintoretto: due generazioni a confronto, «Venezia Arti», XI (1997), p. 57.8 Domenico Tintoretto, Ritratto di Leandro Bassano, San Pietroburgo, The Hermitage State Museum, inv. 3566, olio su tela, cm 79 x 71, 1587-1589.9 M. Sclosa, Vedute possibili: finestre paesaggistiche nella ritrattistica di Leandro Bassano e Domenico Tintoretto, «Paragone», XCIV (2010), pp. 33-36. Le fattezze di Leandro sono riconoscibili in numerose opere, fra cui la pala della Madonna del Rosario del Duomo di Bassano del Grappa (VI): il nostro si palesa fra gli astanti nel personaggio - erroneamente identificato con il fratello Francesco da L. Alberton Vinco da Sesso, in Il Duomo di Santa Maria in Colle di Bassano del Grappa, Vicenza, Tipografia Rumor, 1991, p. 75 - alla sinistra del padre Jacopo, la cui presenza è rammentata da Ridolfi, Le Maraviglie cit., [II, p. 167].10 Sclosa, Vedute possibili cit., pp. 34-35.

professioni che sembra instillare in Leandro una pressante esigenza di immediatezza, laddove l’apologia pittorica del sé tratteggiata dal minore dei Robusti risponde alle richieste provenienti dalla sfera dell’ufficialità con formule più tradizionali e reiterate. L’istantanea disinvoltura di alcune effigi del Cavaliere costituisce la chiave di una sapienza artistica che, meditata la lezione del genitore, contempla gli esiti di Bartolomeo Passarotti e Giovan Battista Moroni, travalicando sia l’enfasi gestuale del bolognese sia il sorvegliatissimo atteggiarsi dei personaggi del bergamasco. Straordinaria appare la sincerità d’accento di un inedito Ritratto di letterato (Fig. 1), di ubicazione ignota, certamente ascrivibile a Leandro4. Prove validanti l’attribuzione risiedono per l’approccio al modello e la vivezza d’espressione nel confronto con la citata effigie di Tiziano Aspetti e con l’Alvise Corradini di Padova5, paragone oltretutto utile a suggerire una cronologia entro il primo lustro della decade finale del Cinquecento. La potente introspezione del soggetto rinvigorisce l’usuale traccia compositiva, il gesto sospeso della mano è dettato dall’urgenza dell’osservatore, cui sembra rispondere anche la subitanea torsione del capo del Frate domenicano (Fig. 2) già presso la Heim Gallery e poi sul mercato antiquario milanese6.

Se Paola Rossi evidenziava come tra gli eredi della tradizione tintorettesca

Gersch, Leandro Bassano’s Portrait of Tiziano Aspetti, «The Burlington Magazine», CXL (April 1998), 1141, pp. 265-267 e G. Brambilla Ranise, La raccolta dimezzata. Storia della dispersione della pinacoteca di Guglielmo Lochis (1789-1859), Bergamo, Lubrina, 2007, p. 106, n. 38.4 Un’immagine del dipinto si conserva presso la Fototeca Zeri di Bologna, con l’attribuzione a Domenico Tintoretto (scheda 44927).5 Leandro Bassano, Ritratto di Alvise Corradini, Padova, Museo Civico, inv. 1625, olio su tela, cm 119 x 91, 1593-1594 ca, «aloysivs corradinvs» in alto a destra. Da ultimo si rimanda alla scheda di E. Gastaldi, in Lo spirito e il corpo, 1550-1650. Cento anni di ritratti a Padova nell ’età di Galileo, cat. mostra Padova, Musei Civici, 28 febbraio-15 luglio 2009, a cura di D. Banzato e F. Pellegrini, Milano, Skira, 2009, pp. 90-91.6 Leandro Bassano, Frate domenicano, (già) Milano, mercato antiquario, olio su tela, cm 93,5 x 72,5, 1590-1595 ca, «leander / bass.S» in alto a sinistra. Sul dipinto, si vedano: From Tintoretto to Tiepolo, cat. mostra Londra, Heim Gallery, 10 giugno-29 agosto 1980, Londra, [Heim Gallery], 1980, n. 6 e il catalogo d’asta delle Gallerie Salamon Augustoni Algranti, Milano, 29 ottobre 1985, lotto 6. Una replica non firmata del ritratto si conserva a Venezia nel convento dei SS. Giovanni e Paolo; cfr. S. Moschini Marconi, Gallerie dell ’Accademia di Venezia, 3 voll., Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1955-1970; II, Opere d’arte del secolo XVI (1962), p. 18, n. 21.

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principesca. È una movenza, in conformità all’attenzione di Leandro per la rappresentazione del personaggio in movimento, tesa a vivificare il modello, cosicché la momentaneità di un gesto trasforma l’eternità del tempo pittorico in un eterno presente. Anche la forza realistica, quasi dolorosa, del volto di Marino Grimani è uno stilema con cui Leandro sembra voler enfatizzare la consapevolezza del ruolo principesco: l’eccelso magistrato, assiso accanto alla veduta della Piazzetta di San Marco - tradizionale forma picta del potere veneziano - figura nel pieno della sua dignità pubblica, inverato come personificazione dello Stato.

Per lo scorcio, vivacizzato dal fermento quotidiano, l’artista pare guardare alla raffigurazione del cuore cittadino a sfondo del telero con Alessandro III consegna la spada al doge Sebastiano Ziani, dipinto da Francesco Bassano nella Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale. In ugual modo, infatti, i due fratelli dilatano la profondità dell’asse prospettico ‘Porta da Mar-Torre dell’orologio’ per adattare il punto di ripresa non troppo discosto dalla riva all’esigenza di includere nella scena la verticalità del campanile. Da notare, inoltre, come il presente ritratto ispiri l’impostazione della stampa illustrante la veste del Doge di Venezia che Giacomo Franco inserisce nel volume degli Habiti (1610)16.

Se Leandro Bassano dipinge un’immagine in cui lo scorcio del cuore politico cittadino colloca il personaggio entro l’orizzonte dell’ufficialità repubblicana, Domenico, all’opposto, nel sembiante del doge custodito a Cincinnati, si allontana dal teatro istituzionale (Fig. 5)17. L’indagine del volto dell’insigne modello, per quanto acuta, è meno ossessiva di quella condotta dal bassanese, scrutando il patrizio con un’inflessione sincera capace di esprimere in modo più profondo la notoria affabilità caratteriale del nobiluomo. L’associazione tra la figura del Serenissimo e lo scorcio della dimora di campagna costituisce, per quanto ne sappiamo, un unicum, frutto della volontà del ritrattato, dapprima affittuario (18 dicembre

16 G. Franco, Habiti d’huomeni et donne venetiane con la processione della Ser.ma Signoria et altri particolari, cioè trionfi, feste et cerimonie publiche della nobilissima Città di Venetia, [Venezia], Giacomo Franco forma in Frezzaria al’Insegna del Sole, 1610.17 Domenico Tintoretto, Ritratto del doge Marino Grimani, Cincinnati, Cincinnati Art Museum, inv. 1927.422, olio su tela, cm 119,4 x 108,6, 1598-1599 ca.

Robusti. Anche il Cavaliere, infatti, è orientato all’indagine minuta e totalizzante del soggetto, spingendosi analogamente fino all’inclusione del relativo contesto ambientale.

I ritratti del doge Marino Grimani e della consorte Morosina sono emblematici per valutare, al di là dei comuni richiami strutturali, la diversità di approccio e caratterizzazione delle figure attuata da Leandro e Domenico11. Il primo è autore dei quadri en pendant raffiguranti la serenissima coppia oggi a Dresda12. L’immagine di Marino è collocabile in un momento prossimo all’elezione alla suprema magistratura della Repubblica, avvenuta nel 159513; il principe, ammantato nelle vesti regali, appare seduto, ma la tipologia dell’effigie dogale tintorettesca risulta sovvertita, come già notava Arslan, da un’insolita animazione delle mani (Fig. 4)14. Il cenno della sinistra sollevata, in genere inteso come espressione di cordialità, a ben vedere è lontano dalla schiettezza gestuale dell’Alvise Corradini di Padova, sembrando piuttosto il riflesso speculare del palmo alzato dall’essenziale Gentiluomo trentatreenne di Vicenza datato 159315 e di certo, occorre sottolinearlo, non scalfisce l’aulicità della figura

11 Alle effigi dei due maestri arricchite da scorci paesaggistici è dedicata la tesi di dottorato della scrivente: Le finestre di paesaggio nei ritratti di Domenico Tintoretto e Leandro Bassano, Università Ca’ Foscari Venezia, XXII ciclo, 2011.12 Leandro Bassano, Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister: Ritratto del doge Marino Grimani, inv. 281, olio su tela, cm 134 x 111, 1595-1596, «leander bass. / faciebat» a destra, sotto la finestra; Ritratto di Morosina Morosini Grimani, inv. 282, olio su tela, cm 134 x 111, 1595-1596, «leander bass. / f» a sinistra, sotto la finestra. A. Henning, in Gemäldegalerie Alte Meister Dresden, a cura di H. Marx, 2 voll., Colonia, König, 2005, I, p. 51.13 L’assenza, nella firma, del titolo equestre conferito all’artista dallo stesso doge Grimani (Ridolfi, Le Maraviglie cit., [II, p. 166]), che invece si riscontra nella ben nota replica di Princeton, situa cronologicamente l’opera all’inizio del principato. Una copia dell’effigie limitata al busto, finora non riconosciuta come tale, appartiene alle raccolte civiche milanesi; cfr. F. Magani, in Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca, 5 voll., Milano, Electa, 1997-2001; II, Il Cinquecento (1999), pp. 283-284.14 Arslan, I Bassano cit., I, p. 245. L’affinità con i ritratti dogali di Jacopo Tintoretto è stata sottolineata dalla Rossi, I Bassano e i Tintoretto cit., p. 56.15 Leandro Bassano, Ritratto di gentiluomo trentatreenne, Vicenza, Museo Civico, inv. A 28, olio su tela, cm 60 x 50,8, 1593, «anno mdlxxxxiii. / die xxviii octobris / ætatis svæ xxxiii» in alto a sinistra, «leander / ba.is f.» in alto a destra. L. Attardi, in Pinacoteca Civica di Vicenza. Dipinti dal XIV al XVI secolo, a cura di M.E. Avagnina, M. Binotto e G.C.F. Villa, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Editoriale, 2003, pp. 385-386, n. 215.

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dresdense, infatti, traspare con chiarezza l’individualità privata della dama, determinata dal casato e dal patrimonio familiare, opportunamente richiamati attraverso il paesaggio incorniciato dalla finestra; un panorama, all’evidenza non veneziano, erroneamente letto come una villa veneta o un campo cittadino22, sebbene fossero già state avanzate congetture circa la possibilità che il sito raffigurasse il castello di Sanvincenti in Istria, possedimento dei Morosini23. Il confronto con la realtà attuale dell’area conferma senza dubbio che la veduta rappresenta il maniero istriano di Morosina (Fig. 7), passato in dote ai Grimani. Se il ritratto urbano di Leandro rispetta puntualmente la disposizione urbanistica degli edifici, con la vera da pozzo al centro della piazza ancora esistente, tuttavia, l’armonica semplicità del prospetto trilobato della chiesa di Santa Maria Annunziata risulta alterata secondo forme di generico gusto palladiano. Una trasformazione in apparenza immotivata, ma che avvicina l’edificio sacro - e non possiamo dire se sia solo un caso - alla chiesa veneziana di San Giuseppe di Castello, ove si trova la tomba della famiglia Grimani. L’identificazione sicura del fondale paesaggistico ci illumina sul vero significato dell’opera, che palesa Morosina nel puro status di signora del castello e moglie amatissima del doge Marino Grimani, già personalità pubblica nel quadro compagno.

Il raffronto tra l’effigie bassanesca e quella delineata da Domenico Tintoretto permette, inoltre, di ravvisare come il naturalismo che sostanzia la maniera dei due artisti li conduca ad esiti diversificati: l’indagine fisionomica condotta dal Robusti figlio genera una marcata caratterizzazione del volto, cui risulta del tutto estraneo il bonario ingentilimento del sembiante operato da Leandro. Domenico, del resto, dissimula la sottolineatura della scarsa avvenenza della dogaressa creando un’immagine di grave maestà, del tutto consona alla glorificazione di 22 Rossi, I Bassano e i Tintoretto cit., p. 60 nota 63; B. Wilson, The Word in Venice. Print, the City, and Early Modern Identity, Toronto, University of Toronto Press, 2005, p. 135.23 F. Gibbons, Doge Marino Grimani by Leandro Bassano, Knight, «Record of the Art Museum Princeton University», XXII (1963), p. 32; Henning, in Gemäldegalerie cit., p. 51. Sulla proprietà Morosini del maniero si vedano: M. Tamaro, Le città e le castella dell ’Istria, 2 voll., Parenzo, Tipografia di Gaetano Coana, 1892-1893, II, pp. 658-660; A. da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano, A. Martello, 1960, p. 313.

1596) e poi proprietario della villa di Oriago, secondo la nota d’acquisto appuntata il 17 giugno 1598 dallo stesso Marino in un libro contabile18. Il registro riporta anche il pagamento a Domenico Tintoretto, tra il 9 e il 10 aprile 1600, di 20 ducati «per un retratto nostro in habito ducal e un piccolo per metter a Uriagho»19. L’inserimento nel dipinto di tale edificio, distrutto a fine Settecento, stabilisce pertanto un preciso termine post quem per la datazione e, oltre ad avvalorare l’ipotesi di una destinazione privata dell’effigie20, ne rende plausibile l’assimilazione al quadro «per metter a Uriagho». La residenza di delizia, quindi, spalanca un varco sulla vita intima del principe, alludendo alla pratica del villeggiare come sollievo dagli affanni dell’agone politico.

Se è celebre il ritratto di Morosina Morosini Grimani (Figg. 6-7) eseguito da Leandro a pendant del Serenissimo di Dresda, quasi sconosciuta, invece, è l’effigie della nobildonna di mano di Domenico rammentata da Ridolfi e oggi conservata a Lipsia (Fig. 8)21. Dal paragone fra le due tele, oltre alla simile impostazione mediata - come nel caso della figura maschile - dai paradigmi di Jacopo Tintoretto, affiora la diversa interpretazione della figura della sposa di Marino Grimani offerta dai due artisti, relazionabile al diverso momento di esecuzione dei ritratti.

La tela di Leandro è databile al 1595 circa, quindi restituisce l’immagine di una Morosina non ancora incoronata dogaressa. Da notare un particolare incisivo: la nobildonna non indossa il corno ducale. Nel ritratto

18 ASV, Archivio Grimani Barbarigo, b. 20, Notatorio, alle date. Sul riconoscimento della residenza si vedano: J.T. Spike, Italian Paintings in the Cincinnati Art Museum, Cincinnati, Cincinnati Art Museum, 1993, pp. 88-89; Rossi, I Bassano e i Tintoretto cit., pp. 56, 60 nota 61. 19 La nota contabile è stata trascritta in primis da M. Hochmann, Le mécénat de Marino Grimani. Tintoret, Palma le Jeune, Jacopo Bassano, Giulio del Moro et le décor du palais Grimani, Véronèse et Vittoria à San Giuseppe, «Revue de l’Art», XCV (1992), pp. 45, 51 nota 52.20 Rossi, I Bassano e i Tintoretto cit., p. 56.21 Domenico Tintoretto, Ritratto della dogaressa Morosina Morosini Grimani, Lipsia, Museum der Bildenden Künste, inv. 1436, olio su tela, cm 111 x 93,5, 1597 ca. Ridolfi, Le Maraviglie cit., [II, p. 260]. L’opera, proveniente dalla collezione di Marczell Nemes (Helbing, München, 2 novembre 1933, lotto 152), giunse al museo di Lipsia nel 1950; cfr. Katalog der Gemälde. Museum der Bildenden Künste Leipzig, a cura di D. Sander, Lipsia, Hatje, 1995, p. 193.

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la foggia dell’abito - è qualificabile come un rampollo dell’aristocrazia inglese e appare contrappuntato da uno scorcio della Piazzetta di San Marco identico a quello visibile nell’effigie dresdense del doge Grimani.

Una veduta del cuore cittadino, leggermente variata, accompagna anche l’immagine di un altro famoso suddito britannico, Henry Wotton (Fig. 10), ambasciatore di stanza a Venezia per tre volte fra il 1604 e il 1623, che, secondo la notizia fornita da Ridolfi, si era fatto immortalare da entrambi i nostri pittori29. Il rinvenimento di una riproduzione fotografica dell’effigie del diplomatico permette di esprimere alcune considerazioni in merito30. Che il personaggio raffigurato sia Henry Wotton sembra plausibile: il cappello posato sul tavolo è il tipico capotain in uso dalla fine del Cinquecento nel Nord Europa, copricapo pressoché identico a quello che affianca il ragazzo di pertinenza del Marchese di Anglesey; l’epigrafe «avt testimonivm / divinvm, avt demonstratio» esprime gli interessi filosofici del ritrattato, che nel 1624, al rientro in patria, divenne Provost dell’Eton College31. Un ulteriore riscontro in questo senso è addotto dall’iscrizione «philosophemvr» presente nella tela conservata a Eton (Fig. 11)32. Quest’ultima risulta utile dal punto di vista iconografico, sia per la similarità delle fattezze un poco più appesantite dal tempo sia per l’analogia della posa. La rassomiglianza diventa ancora più marcata se

cat. mostra Londra, Royal Academy of Arts, 2 gennaio-6 marzo 1960, [London], s.e., 1960, pp. 27-28, n. 32.29 Ridolfi, Le Maraviglie cit., [II, pp. 168, 260].30 La fotografia del Ritratto di Henry Wotton si conserva pressa la Witt Library di Londra. Del dipinto (cm 116,8 x 109,2) si è persa ogni traccia dopo il passaggio antiquariale presso Christie’s, Londra, 16 aprile 1948, lotto 56.31 L. Pearsall Smith, The Life and Letters of Sir Henry Wotton, 2 voll., Oxford, Clarendon Press, 1907, I, pp. 194, 199-201; M. Ord, Returning from Venice to England: Sir Henry Wotton as Diplomat, Pedagogue and Italian Cultural Connoisseur, in Borders and Travellers in Early Modern Europe, a cura di T. Betteridge, Aldershot, Ashgate, 2007, pp. 155-167. Sui rapporti con il mondo artistico veneziano dell’inglese si veda da ultimo, H. McBurney, Sir Henry Wotton: Collector and Patron, in The Image of Venice. Fialetti’s View and Sir Henry Wotton, a cura di D. Howard e H. McBurney, Londra, Paul Holberton Publishing, 2014, pp. 100-113.32 Pearsall Smith, The Life cit., p. 211. Una copia del ritratto di Eton si conserva presso la National Portrait Gallery di Londra; cfr. Complete Illustrated Catalogue. National Portrait Gallery, a cura di D. Saywell e J. Simon, Londra, Unicorn Press, 2004, p. 679.

Morosina Morosini Grimani. L’incoronazione della Serenissima24 viene evocata attraverso la finestra paesaggistica aperta sul Bacino di San Marco, spazio cerimoniale protagonista della ritualità del governo veneziano, da cui la nobildonna rinasce in qualità di dogaressa, accolta dalla città inneggiante come ideale Mater Reipublicae. L’immagine di Morosina eseguita da Domenico, quindi, presenta la sposa del doge che, rigettato l’ambito privato, viene assimilata nel dominio pubblico-istituzionale25. Il reperimento di un positivo del dipinto risalente al 192826 che lascia intravedere alcuni rami della rosa d’oro donata alla dogaressa dal pontefice (Fig. 9), oggi celati da una ridipintura, prova la decurtazione della tela, che in origine avrebbe potuto completarsi similmente all’esempio fornito da una versione di bottega apparsa più volte sul mercato antiquario27.

La scena marciana è l’immagine codificata di Venezia che si offre anche in alcuni ritratti di foresti. L’icona dello stato si presenta, in questo caso, come immagine mitica da non intendersi in senso ideologico, ma di acquisizione universale ricercata dagli stranieri già nei primi decenni del Seicento. In questo senso sono quasi anticipati il gusto e la consuetudine delle vedute a memoria degli ingressi degli ambasciatori di Carlevarijs e Canaletto. Si pensi, ad esempio, al Ritratto di giovane della collezione del Marchese di Anglesey firmato da Leandro28: il personaggio - lo denuncia

24 Una descrizione precisa dell’evento è offerta dal contemporaneo G. Rota, Lettera nella quale si descrive l ’ ingresso nel Palazzo Ducale della serenissima Morosina Morosini Grimani prencipessa di Vinetia, Vinetia, appresso Gio. Anto. Rampazetto, ad instantia dell’auttore, 1597.25 Sulla dimensione pubblica acquisita dalla dogaressa attraverso la cerimonia dell’incoronazione, si vedano B. Wilson, “ il bel sesso, e l’austero Senato”: The Coronation of Dogaressa Morosina Morosini Grimani, «Renaissance Quarterly», LII (1999), p. 76; A. Boholm, The Coronation of Female Death: The Dogaressa of Venice, «Man», XXVII (1992), pp. 91-104. 26 La riproduzione fotografica si conserva presso la Fototeca Berenson di Firenze.27 Bottega di Domenico Tintoretto, Ritratto di Morosina Morosini, (già) Londra, Sotheby’s, 7 dicembre 2004, lotto 401, olio su tela, cm 150 x 116,5; (già) Vienna, Dorotheum, 5 ottobre 2005, lotto 76; (già) Venezia, Semenzato, 19-20 aprile 2008, lotto 1031; (già) Colonia, Van Ham Kunstauktionen, 14 maggio 2010, lotto 107.28 Leandro Bassano, Ritratto di giovane, Plas Newydd, North Wales, collezione del Marchese di Anglesey, olio su tela, cm 195,6 x 124,5, 1615-1620, «leander a ponte bass.s / eqve f.». Si vedano Arslan, I Bassano cit., I, pp. 245, 257; Italian Art and Britain,

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confrontiamo il volto del nostro con il ritratto di recente affiorato a un’asta newyorkese che di Wotton realizzò nel 1620, firmandolo, il fiammingo Michiel Jansz. van Miereveldt (Fig. 12)33. La trama strutturale del nostro dipinto appare estremamente sofisticata, giacché la matrice tintorettesca si accompagna a reminiscenze del Moretto. L’artista, infatti, sembra declinare nella posa meditativa di Wotton, che adagia la testa nella mano, il modello malinconico-riflessivo offerto dal Ritratto di giovane uomo di Alessandro Bonvicino conservato a Londra34. La lucidità analitica con cui viene restituito il sembiante, il verismo delle mani e la sottile penetrazione psicologica sono stilemi perfettamente concordi con i modi di Leandro, cosicché l’attribuzione al Cavaliere sembra calzante; tuttavia, solo con l’esame della materia pittorica si potrà convalidare l’autografia del quadro, irreperibile da più di sessant’anni. L’aspetto anagrafico di Wotton sembra collocare la tela verosimilmente all’epoca del suo primo incarico diplomatico presso la Serenissima, tra il 1604 e il 1610. Bisogna, inoltre, tenere nella dovuta considerazione - malgrado la possibilità di una svista del biografo - la nota di Ridolfi che, ricordando i ritratti di «Henrico Vuotonio» di Leandro e di Domenico, precisa come il bassanese avesse immortalato l’ambasciatore «in piedi con zimarra rossa»35. Lo scarto temporale tra la stesura delle vite e i fatti narrati, del resto, può motivare uno scambio di opere.

33 Michiel Jansz. van Miereveldt, Ritratto di Henry Wotton, (già) New York, Sotheby’s, 18 maggio 2006, lotto 172, olio su tela, cm 111,8 x 82,5, 1620, «Aetatis 52 / Ao 1620» in alto a sinistra, «M. Miereveldt» in basso a destra. Nel catalogo dell’asta il personaggio non era correttamente identificato. Una replica del ritratto, priva della firma, si trova presso la Bodleian Library di Oxford, cfr. R. Lane Poole, Catalogue of Portraits in the Bodleian Library, Oxford, Bodleian Library, 2004, p. 342.34 Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Ritratto di giovane, Londra, The National Gallery, inv. NG299, olio su tela, cm 114 x 94,4, 1540-1545 ca. The National Gallery. Complete Illustrated Catalogue, a cura di C. Baker e T. Henry, London, National Gallery Publications, 1995, p. 474.35 Ridolfi, Le Maraviglie cit., [II, p. 168].

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Tavole

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Fig. 1. Leandro Bassano, Ritratto di letterato, Ubicazione ignota.

Fig. 2. Leandro Bassano, Ritratto di frate domenicano, Londra (già), Heim Gallery.

Fig. 3. Domenico Tintoretto, Ritratto di Leandro Bassano, San Pietroburgo, The Hermitage State Museum.

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Fig. 4. Leandro Bassano, Ritratto del doge Marino Grimani, Dresda, Gemäldegalerie.

Fig. 5. Domenico Tintoretto, Ritratto del doge Marino Grimani, Cincinnati (Ohio), Cincinnati Art Museum.

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Fig. 6. Leandro Bassano, Ritratto di Morosina Morosini Grimani, Dresda, Gemäldegalerie.

Fig. 7. Leandro Bassano, Ritratto di Morosina Morosini Grimani (part.), Dresda, Gemäldegalerie.

Fig. 8. Domenico Tintoretto, Ritratto della dogaressa

Morosina Morosini Grimani, Lipsia, Museum der Bildenden Künste.

Fig. 9. Domenico Tintoretto, Ritratto della dogaressa

Morosina Morosini Grimani (fotografia del 1928), Lipsia, Museum der

Bildenden Künste.

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Fig. 10. Leandro Bassano, Ritratto di Henry Wotton, Londra, (già) mercato antiquario.

Fig. 11. Anonimo, Ritratto di Henry Wotton,

Eton, Eton College.

Fig. 12. Michiel Jansz. van Miereveldt, Ritratto di Henry Wotton,

New York (già), mercato antiquario.


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