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Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano Riflessioni...

Date post: 01-Apr-2023
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Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano Riflessioni metodologiche e casi studio G. Pizziolo, L. Sarti, N. Volante Sommario. Il contributo presenta alcune riflessioni metodologiche sull’analisi del popolamento preistorico nel territorio toscano prendendo in esame alcuni casi studio. In primo luogo si discutono le difficoltà interpretative legate alla natura e distribuzione delle informazioni a disposizione. Mai come in questo caso le caratteristiche della ricerca sul campo sono determinanti per poter valutare trend e organizzazione del popolamento nel passato. Ri- cordiamo infatti che l’analisi del popolamento preistorico conduce a letture cartografiche di sintesi che riguardano le attestazioni delle diverse fasi culturali nel territorio; tuttavia per ciò che concerne lo sviluppo di interpretazioni sulle modalità del popolamento, occorre valutare i dati in modo complesso, considerando la presenza di bias e svi- luppando indagini a scala integrata, che sulla base della distribuzione dei fenomeni culturali si calino nel dettaglio di ciascuna realtà territoriale al fine di comprendere le singole modalità insediative. Solo in un futuro sarà possibile ricomporre il dato a scala regionale. 1 Introduzione: la distribuzione spaziale degli assetti demografici in preistoria In questa introduzione vogliamo accogliere l’invito proposto dagli organizzatori del convegno a riflettere sul- le analisi degli assetti demografici condotte nell’ambi- to delle varie discipline proponendo qui alcune riflessio- ni sulle problematiche relative all’archeologia preistori- ca. Per ciò che concerne gli studi sul popolamento pre- istorico riteniamo infatti che sia opportuno evidenziare alcune specificità legate alla natura dei fenomeni analiz- zati – relativi ad aspetti culturali che abbracciano am- pi lassi temporali – e alle fonti (esclusivamente archeo- logiche) che abbiamo a disposizione per individuarne caratteristiche e limiti geografici. Gli studi sulla distribuzione del popolamento in am- bito preistorico hanno da sempre evidenziato l’importan- za di una lettura territoriale della dislocazione di facies e culture al fine di indagare contatti e trasformazioni del- la società resi espliciti attraverso la cultura materiale. La contestualizzazione geografica del dato archeologico infat- ti può rendere evidenti alcune relazioni intercorse fra le co- munità umane che risultano utili per la comprensione del processo storico-culturale nel suo complesso. È noto come attraverso le rappresentazioni cartografiche a piccola scala si siano approfonditi aspetti importanti sulla diffusione e sull’evoluzione delle culture preistoriche europee; inoltre la contestualizzazione geografica ha permesso di analizza- re il rapporto fra le popolazioni e territorio, cominciando ad evidenziare il nesso fra scelte insediative e sfruttamen- to delle risorse. Le carte distributive hanno messo in luce modelli e strategie di occupazione territoriale connesse – come risulta evidente nelle fasi più remote della preistoria – con i cambiamenti climatici e le caratteristiche paleoam- bientali. Queste letture sono state sviluppate per diversi ambiti cronologici e alle varie scale d’indagine: dalla re- gionale a quella europea. Solo a titolo di esempio voglia- mo riferirci alla tradizione degli studi sulla diffusione delle culture neolitiche o quelli sull’Età del Rame, in particola- re sul fenomeno campaniforme. In questo caso la realiz- zazione di carte tematiche ha condotto ad interpretazioni sui processi di diffusione di queste culture a livello euro- peo ipotizzando contatti fra popolazioni diverse o suppo- nendo spostamenti demografici. In questo senso dunque le analisi sulla distribuzione dei fenomeni culturali di età preistorica trovano un efficace strumento di ricerca nel- la rappresentazione cartografica degli assetti demografici. Indubbiamente però non è possibile fermarsi al concetto di evoluzione demografica e diffusione di aspetti cultura- li quando si affronta il tema del popolamento. L’aspetto più rilevante riguarda piuttosto il rapporto fra comunità e territorio, le analisi sugli insediamenti e l’organizzazione delle società – in termini spaziali ed economici – correla- te alle ricostruzioni del paesaggio preistorico in modo da far emergere ed esplorare le dinamiche di interazione fra uomo e ambiente nel passato. Tuttavia, se si passa ad un’analisi di dettaglio del popo- lamento antico lo sviluppo dell’indagine incontra numero- se difficoltà. La prima è dettata dal fatto che in preistoria il concetto di contemporaneità subisce una forte dilatazione in termini temporali che non si addice ad analisi demogra- fiche che adottano scansioni ravvicinate e ben definibili. Le datazioni in preistoria ci obbligano ad avere un approccio alla cronologia che tenga conto dei metodi di calibrazio- ne e di altri fattori che possono definire in modo variabile un intervallo temporale di riferimento; basti pensare che per ogni datazione i programmi di calibrazione (a titolo esemplificativo si vedano le procedure esplicitate dai labo- ratori di Oxford ) possono prendere in considerazione molteplici fattori fra cui la va- lutazione dell’incertezza, della curva di distribuzione, del- la correlazione con altre datazioni o con la stratigrafia del campionamento. Quindi la scala temporale e la gestione 215
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Geografia del popolamento durantela preistoria recente nel territorio toscano

Riflessioni metodologiche e casi studio

G. Pizziolo, L. Sarti, N. Volante

Sommario. Il contributo presenta alcune riflessioni metodologiche sull’analisi del popolamento preistorico nelterritorio toscano prendendo in esame alcuni casi studio. In primo luogo si discutono le difficoltà interpretativelegate alla natura e distribuzione delle informazioni a disposizione. Mai come in questo caso le caratteristiche dellaricerca sul campo sono determinanti per poter valutare trend e organizzazione del popolamento nel passato. Ri-cordiamo infatti che l’analisi del popolamento preistorico conduce a letture cartografiche di sintesi che riguardanole attestazioni delle diverse fasi culturali nel territorio; tuttavia per ciò che concerne lo sviluppo di interpretazionisulle modalità del popolamento, occorre valutare i dati in modo complesso, considerando la presenza di bias e svi-luppando indagini a scala integrata, che sulla base della distribuzione dei fenomeni culturali si calino nel dettagliodi ciascuna realtà territoriale al fine di comprendere le singole modalità insediative. Solo in un futuro sarà possibilericomporre il dato a scala regionale.

1 Introduzione: la distribuzione spazialedegli assetti demografici in preistoria

In questa introduzione vogliamo accogliere l’invitoproposto dagli organizzatori del convegno a riflettere sul-le analisi degli assetti demografici condotte nell’ambi-to delle varie discipline proponendo qui alcune riflessio-ni sulle problematiche relative all’archeologia preistori-ca. Per ciò che concerne gli studi sul popolamento pre-istorico riteniamo infatti che sia opportuno evidenziarealcune specificità legate alla natura dei fenomeni analiz-zati – relativi ad aspetti culturali che abbracciano am-pi lassi temporali – e alle fonti (esclusivamente archeo-logiche) che abbiamo a disposizione per individuarnecaratteristiche e limiti geografici.

Gli studi sulla distribuzione del popolamento in am-bito preistorico hanno da sempre evidenziato l’importan-za di una lettura territoriale della dislocazione di facies eculture al fine di indagare contatti e trasformazioni del-la società resi espliciti attraverso la cultura materiale. Lacontestualizzazione geografica del dato archeologico infat-ti può rendere evidenti alcune relazioni intercorse fra le co-munità umane che risultano utili per la comprensione delprocesso storico-culturale nel suo complesso. È noto comeattraverso le rappresentazioni cartografiche a piccola scalasi siano approfonditi aspetti importanti sulla diffusione esull’evoluzione delle culture preistoriche europee; inoltrela contestualizzazione geografica ha permesso di analizza-re il rapporto fra le popolazioni e territorio, cominciandoad evidenziare il nesso fra scelte insediative e sfruttamen-to delle risorse. Le carte distributive hanno messo in lucemodelli e strategie di occupazione territoriale connesse –come risulta evidente nelle fasi più remote della preistoria– con i cambiamenti climatici e le caratteristiche paleoam-bientali. Queste letture sono state sviluppate per diversiambiti cronologici e alle varie scale d’indagine: dalla re-gionale a quella europea. Solo a titolo di esempio voglia-

mo riferirci alla tradizione degli studi sulla diffusione delleculture neolitiche o quelli sull’Età del Rame, in particola-re sul fenomeno campaniforme. In questo caso la realiz-zazione di carte tematiche ha condotto ad interpretazionisui processi di diffusione di queste culture a livello euro-peo ipotizzando contatti fra popolazioni diverse o suppo-nendo spostamenti demografici. In questo senso dunquele analisi sulla distribuzione dei fenomeni culturali di etàpreistorica trovano un efficace strumento di ricerca nel-la rappresentazione cartografica degli assetti demografici.Indubbiamente però non è possibile fermarsi al concettodi evoluzione demografica e diffusione di aspetti cultura-li quando si affronta il tema del popolamento. L’aspettopiù rilevante riguarda piuttosto il rapporto fra comunità eterritorio, le analisi sugli insediamenti e l’organizzazionedelle società – in termini spaziali ed economici – correla-te alle ricostruzioni del paesaggio preistorico in modo dafar emergere ed esplorare le dinamiche di interazione frauomo e ambiente nel passato.

Tuttavia, se si passa ad un’analisi di dettaglio del popo-lamento antico lo sviluppo dell’indagine incontra numero-se difficoltà. La prima è dettata dal fatto che in preistoria ilconcetto di contemporaneità subisce una forte dilatazionein termini temporali che non si addice ad analisi demogra-fiche che adottano scansioni ravvicinate e ben definibili. Ledatazioni in preistoria ci obbligano ad avere un approccioalla cronologia che tenga conto dei metodi di calibrazio-ne e di altri fattori che possono definire in modo variabileun intervallo temporale di riferimento; basti pensare cheper ogni datazione i programmi di calibrazione (a titoloesemplificativo si vedano le procedure esplicitate dai labo-ratori di Oxford http://www.rlaha.ox.ac.uk) possonoprendere in considerazione molteplici fattori fra cui la va-lutazione dell’incertezza, della curva di distribuzione, del-la correlazione con altre datazioni o con la stratigrafia delcampionamento. Quindi la scala temporale e la gestione

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Geografie del Popolamento: casi di studio, metodi e teorie

della variabile tempo negli studi preistorici non può segui-re gli stessi criteri della scansione temporale storica; tuttociò influenza chiaramente anche le modalità di rappresen-tazione ed analisi demografica e la creazione di carte delpopolamento. Un’altra difficoltà riguarda il trattamentodei dati nei momenti di passaggio fra fasi culturali in cui icaratteri di attardamento o la permanenza di un substratoartigianale, legato alla cultura locale o a quella precedente,rende difficile individuare cesure e limiti spazio temporali.L’individuazione di continuità e cambiamento nel susse-guirsi delle diverse culture e nelle modalità insediative at-tuate sul territorio risulta infatti un tema fondamentale diricerca anche per gli studi preistorici sul popolamento.

Sarebbe inoltre interessante approfondire la distribu-zione spaziale degli assetti demografici e cercare interpre-tazioni qualitative e quantitative che descrivano o offranonuove informazioni alla nostra prospettiva di indagine, cheresta comunque storica. Tuttavia i dati necessari per lo svi-luppo di queste analisi ovvero i dati archeologici a disposi-zione per le fasi più antiche del popolamento se osservati ascala regionale sono spesso incompleti sotto diversi aspet-ti. Nel caso della Toscana, come in altre regioni della peni-sola, le evidenze preistoriche sono infatti caratterizzate dauna eterogeneità informativa che riguarda soprattutto laloro distribuzione spaziale e la modalità di rinvenimento.

Una distribuzione dei siti preistorici toscani riporta-ti in carta sotto forma di punti non rappresenta la real-tà del popolamento preistorico perché il dato è viziato dauna serie di fattori principalmente correlati alla storia del-le ricerche e all’evoluzione geomorfologica del territorio.Tuttavia il primo passo per una comprensione del fenome-no del popolamento parte dal censimento delle evidenze ela messa in carta dei dati acquisiti. Questa consapevolezzaha caratterizzato, fin dagli anni novanta del secolo scor-so, i progetti di carta archeologica portati avanti in To-scana (FRANCOVICH et alii 2001) e per quanto riguardal’ambito preistorico ha condotto all’approfondimento del-le indagini in alcuni territori specifici. L’importanza di uncensimento capillare di tutte le informazioni, frutto di ri-cerche recenti o storiche, edite o conservate negli archividelle Soprintendenze, ha stimolato infatti la realizzazionedi alcuni progetti a carattere nazionale in cui la schedaturadei siti non poteva prescindere da un loro posizionamen-to geografico (FUGAZZOLA et alii 2005) e, successivamen-te, dalla realizzazione di carte tematiche (MARTINI 2006)sviluppate su base GIS.

G.P.

2 Il popolamento toscano durantela preistoria recente

Le carenze informative sugli abitati emerse nei lavoridi sintesi sul popolamento preistorico toscano (GRIFONICREMONESI et alii 2001a; 2001b; SARTI, VOLANTE 2001;FUGAZZOLA et alii 2003) sono state negli ultimi anni par-zialmente colmate dal proseguire delle ricerche talvolta le-gate al verificarsi di interventi archeologici di emergenzanati in occasione della realizzazione di edifici e delle gran-di infrastrutture (MARTINI et alii 2007); tali importantinovità testimoniano ora la presenza di insediamenti anchein aree considerate prive di antiche frequentazioni. Come

vedremo in seguito infatti la storia del popolamento pre-istorico risente profondamente delle difficoltà legate allavisibilità del record archeologico.

In questa sede tuttavia non intendiamo, per caren-za di spazio, presentare un quadro di dettaglio delle cul-ture che hanno caratterizzato la preistoria recente maproponiamo solo una breve sintesi delle dinamiche delpopolamento toscano.

Alla fine dell’ultima glaciazione (circa 10.000 anni or-sono) il miglioramento climatico che segna l’inizio del Me-solitico porta ad una risalita delle zone glacializzate e quin-di alla possibilità per le comunità degli ultimi cacciatori-raccoglitori di espandersi in zone di altura prima inac-cessibili: ciò avviene nelle aree appenniniche, soprattut-to in Garfagnana e nei vicini rilievi, sulle alture dell’a-rea pistoiese, nell’Alto Mugello e nei rilievi circostantil’area fiorentina.

La Toscana appare un’area importante anche nel suc-cessivo periodo del Neolitico (da 7.000 anni orsono ) al-l’interno di quel complesso movimento culturale e socio-economico col quale l’Uomo si trasforma da predatore aproduttore delle risorse alimentari attraverso l’addomesti-cazione delle piante e degli animali. Documentazioni neo-litiche sono note un po’ ovunque nella regione, anche se ta-lune evidenze assumono un rilievo particolare (GRIFONICREMONESI ET ALII 2001; FUGAZZOLA et alii 2003). Èil caso dei siti scoperti nell’arcipelago toscano, legati allerotte di attraversamento dell’alto Tirreno e agli scambi conSardegna, Corsica, area ligure e provenzale (TOZZI, WEISS2000) e dei siti costieri del grossetano e livornese (VOLAN-TE 2007); nelle zone interne del senese è significativo il ca-so anche dell’abitato di Cava Barbieri a Pienza con una po-tente stratigrafia (CALVI REZIA et alii 2005). Gran partedella nostra regione è interessata dal fenomeno di neoli-tizzazione più continentale che collega la zona emilianae ligure con le aree del pisano e quelle interne fiorentine(SARTI et alii 2005). Si tratta sia di strutture abitative lega-te a soggiorni stagionali che a insediamenti più stabili contracce di attività produttive anche specializzate; questo èpiù diffusamente documentato nel momento evoluto del-le culture neolitiche nel IV millennio quando attestazioniimportanti sono note anche in zone interne lungo le prin-cipali vie fluviali di diffusione lungo la valle dell’Arno edel Tevere con frequentazioni soprattutto di siti all’aper-to. Durante il Neolitico più recente gli artigianati metto-no in evidenza una rete di relazioni fra le comunità dei dueversanti adriatico e tirreno relazioni che affiancano quelleattestate con l’Italia settentrionale (VOLANTE et alii, c.s.).

Anche nelle successive età dei Metalli (età del Rame edetà del Bronzo, a partire dalla fine del IV millennio) la To-scana (COCCHI GENICK, GRIFONI CREMONESI 1985;COCCHI GENICK, SARTI 2001) resta una zona di for-te frequentazione, in virtù sia della posizione geograficache la pone su una sorta di frontiera tra le culture centro-meridionali, collegate all’area mediterranea, e quelle set-tentrionali che hanno più strette connessioni con l’Europacontinentale, sia della presenza di affioramenti importantidi materie prime (NEGRONI CATACCHIO, MIARI 1991-92; NEGRONI CATACCHIO 1993). In quest’ambito alcu-ne aree della regione hanno restituito testimonianze par-ticolarmente rilevanti. Il territorio di Sesto Fiorentino si

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Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano

è rivelato, soprattutto nell’ultimo decennio, un compren-sorio di grande interesse per l’età del Rame e del Bronzo,anche se la sua frequentazione si ha a partire dal primoNeolitico (SARTI, MARTINI 2000). La zona umida appareinteressata da una ampia frequentazione con insediamen-ti estesi forse dovuti anche a ripetute soste stagionali, lafrequentazione rivela un incremento alla fine del III mil-lennio con il Campaniforme, una cultura internazionalediffusa in gran parte d’Europa e che nell’area fiorentina hauno sviluppo particolare fino ai primi secoli del II millen-nio contribuendo alla formazione degli aspetti della primaetà del Bronzo (SARTI, MARTINI 2002; SARTI, LEONINI2006). Recenti ricerche ancora in corso stanno riportandoin luce testimonianze significative dell’età del Rame e delBronzo anche nelle zone interne della Valtiberina e dell’a-retino (MORONI, RONCHITELLI 1992; GUIDI, MORONI2001). L’area del Senese con i rinvenimenti del Monte Ce-tona costituisce un centro importante legato anche all’usocultuale delle cavità. La frequentazione dell’area montanaè documentata soprattutto durante l’età del Bronzo me-dio e recente – testimoniando lo sfruttamento delle risorsesilvo-pastorali offerte da tale ambiente- anche se iniziatagià nell’età del Rame (CUDA, SARTI 1991-92; CUDA et alii2001). L’area mostra contatti significativi soprattutto congli aspetti meridionali della penisola.

Nella Maremma grossetana le più antiche attestazioniriferite all’Olocene sono sporadiche.

L.S.

3 L’area costiera centro-meridionale:un esempio delle problematiche interpretativesul popolamento preistorico

La presenza dell’Uomo nella provincia nelle fasi anti-che del Neolitico viene testimoniata indirettamente dai ri-trovamenti all’Isola del Giglio (BRANDAGLIA 2002) ed èdocumentata da sporadici frammenti di ceramica cardialemessi in luce, in un non chiaro contesto stratigrafico, inrecenti campagne di recupero effettuate alla Grotta delloScoglietto (CAVANNA 2007). La presenza dei primi neoli-tici sul territorio potrebbe essere connessa ai facili punti diapprodo che l’antica morfologia di questo tratto di costapoteva offrire. Le testimonianze archeologiche per questoperiodo sono comunque troppo poche per una qualsiasiinterpretazione e valutazione dei dati e le attività di sur-vey, mirate al riconoscimento delle evidenze neolitiche so-no appena avviate. Spordiche permangono le evidenze an-tropiche anche nei successivi periodi del Neolitico esclusi iresti sepolcrali di due individui alla Grotta del Fontino ri-feriti alla cultura di Fiorano. Con la succesiva età del Rametutto il grossetano sembra oggetto di un forte incrementodemografico forse per apporti dall’esterno ma anche perun probabile mutamento nelle condizioni socio-culturalied economiche locali. Tale incremento, testimoniato nondal moltiplicarsi dei centri abitati – praticamente scono-sciuti per questo periodo – ma dall’ingente numero dei ri-trovamenti a carattere funerario, viene spiegato come con-seguenza della ricchezza mineraria della regione che avreb-be attratto numerosi gruppi umani. La presunta vocazio-ne mineraria della zona non sembra però avere effettivo

riscontro nella realtà archeologica che si mostra particolar-mente carente proprio di reperti in metallo di rame. Man-cano inoltre ancora oggi riferimenti puntuali su possibiliaree di sfruttamento minerario. Il sito di Spaccasasso, nelParco Regionale della Maremma, sulle propaggini internedella dorsale dei Monti dell’Uccellina, è probabilmente l’u-nico sito attualmente noto nel Grossetano che testimoniattività estrattive di minerali. Si tratta di una coltivazio-ne particolare connessa all’estrazione del cinabro, raro mi-nerale, colorante contenente mercurio. Tornando alle evi-denze funerarie, queste sono state oggetto di ricerche, an-che prolungate, in anni più o meno lontani nel tempo; inaltri casi i siti sono stati oggetto di ricerche recenti o ancorain corso. Si tratta in genere di necropoli riferite alla cultu-ra di Rinaldone o “delle grotticelle artificiali” che sembra-no insistere nei territori principalmente a sud di Grosse-to. Nei territori più settentrionali della provincia e subitoa sud del capoluogo ricorrono complessi funerari allesti-ti in cavità naturali legate alla pratica del seppellimentocollettivo, in taluni casi secondario. Queste evidenze so-no comunemente indicate con la denominazione genericadi “Gruppo Grossetano”, denominazione che al momentoattuale non sembra essere identificativa di una effettiva en-tità culturale e cultuale, racchiudendo, piuttosto, pratichefunerarie diversificate il cui unico comune denominatoresembra l’ambientazione dei riti funebri in cavità o riparinaturali (per la bibliografia di dettaglio si veda VOLANTE2007). L’utilizzo di ambienti naturali per le pratiche fune-rarie rimarrà in uso, nel Grossetano come altrove, ancheper tutta la prima età del Bronzo. Proprio con l’età delBronzo sembra di assistere ad un rinato interesse abitati-vo per il territorio soprattutto a partire dalle fasi medie diquesto periodo con un crescendo nei momenti recenti e fi-nali. A questi periodi sono riferibili scelte insediative chepreludono ai modelli di età protostorica per cui gli abitativengono impiantati in luoghi naturalmente difesi e talvol-ta espressamente muniti di strutture difensive; oltre a ciòin più centri vengono messe in luce evidenze relative a spe-cifiche attività produttive. Nel Bronzo finale e nella primaetà del Ferro, si osserva l’impianto di numerosi piccoli cen-tri abitati, come accade nel territorio limitrofo alla futuraRoselle. Un’altra concentrazione attestata da ritrovamentisporadici appare in prossimità del corso del fiume Bruna,nel territorio che diverrà di competenza di Vetulonia. Sem-bra che in questa fase prenda avvio il popolamento di areea bassa quota, presso vie di transito e comunque facilmenteraggiungibili (BALDUCCI 2007).

Numerose frequentazioni nella zona del livornese at-testano una discreta antropizzazione del territorio dellaprovincia. Di particolare interesse risultano la fascia co-stiera a nord del promontorio di Piombino e l’area umi-da tra Piombino e Campiglia Marittima: in queste zonel’attività di survey della locale Associazione ArcheologicaPiombinese ha evidenziato una complessa realtà archeolo-gica, con presenze antropiche dal Neolitico più antico finoall’età dei Metalli. La ceramica cardiale tirrenica attestatanel comprensorio di S. Vincenzo porta l’attenzione sullavocazione marittima di questo tratto di costa che avreb-be offerto punti di approdo alle rotte tirreniche. Ulterio-ri ritrovamenti riferibili al Neolitico recente evidenzianoun forte legame con il midi francese a seguito di contatti

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Geografie del Popolamento: casi di studio, metodi e teorie

Figura 1. La distribuzione delle evidenze neolitiche in Toscana (fonte: FUGAZZOLA et alii 2005; georeferenziazione punti a cura diGiaco L. e Marzario A).

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Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano

che al momento si ritengono avvenuti per via terra, ipo-tizzando quale via di comunicazione possibile il corridoioligure-provenzale (VOLANTE 2006). Un discreto numerodi segnalazioni provenienti dall’attuale area paludosa, inte-ressata in parte dalla bonifica di età storica e ubicata subitoa sud e nell’entroterra di Piombino, testimonia l’impor-tanza dell’area pericostiera circostante il golfo piombine-se in periodi relativamente più recenti (FEDELI 1983, pp.65-90), forse in parte sempre in relazione ai traffici fra l’en-troterra e il mar Tirreno. Oltre a ciò il ritrovamento diparticolari materie prime come la pietra verde alpina allostato di semi lavorato o di prodotto finito e dell’ossidianadel Mediterraneo, individua in questi siti probabili impor-tanti centri di smistamento e di prima lavorazione di ma-terie prime pregiate. Nel periodo di passaggio all’età deimetalli il sito plurifase di Affitti Gotti, che dalle attività disurvey ha restituito una discreta quantità di scorie di rame,utensili per la pratica della metallurgia e prodotti in ramefiniti, potrebbe risultare connesso al primo sfruttamentodei giacimenti cupriferi delle retrostanti colline di Campi-glia. Le indagini stratigrafiche da poco intraprese, hannomesso in risalto una successione dal Neolitico recente allaprima età dei metalli ma non è ancora possibile valutare laportata e il significato del sito sia dal punto di vista pretta-mente abitativo, commerciale o minerario (FEDELI 2000a;2000b; 2002; dati inediti).

N.V.

4 Potenzialità e problematiche delle analisidistributive sul popolamento preistorico:la scala regionale

Come abbiamo visto lo stato delle conoscenze sul po-polamento preistorico toscano è fortemente influenzatoda alcune difficoltà interpretative che si basano principal-mente sulla natura e distribuzione delle informazioni cheabbiamo a disposizione. Una prima distinzione va ovvia-mente fatta fra le informazioni che derivano da scavi edinterventi puntuali sul territorio rispetto alle “segnalazio-ni generiche” in cui è difficile dare una caratterizzazionecronologica o culturale, individuare la consistenza archeo-logica o risalire ad un’accurata posizione geografica del-le evidenze. L’insieme di dati classificabile come segnala-zioni generiche per quanto riguarda la preistoria è mol-to consistente specialmente se rapportato al numero del-le segnalazioni puntuali, dunque non è possibile ignora-re totalmente queste informazioni. Per sviluppare le no-stre osservazioni scegliamo come campione di riferimen-to i dati dell’archivio sul Neolitico in Italia (FUGAZZOLAet alii 2005) che riporta un totale di 190 evidenze censi-te nel territorio toscano dove si isolano 156 segnalazionigeneriche. In questo caso la realizzazione di carte temati-che in cui la simbologia distingue i “siti” dalle evidenzesporadiche ridimensiona indubbiamente il problema inter-pretativo dando il giusto peso alle informazioni visualizza-te su carta ma rende comunque esplicito uno iato infor-mativo con il quale è necessario confrontarci. Come ela-boriamo in termini di analisi del popolamento questi da-ti? Quali attività ci testimoniano quelle segnalazioni? A

quale lasso temporale sono riferibili? (cfr. CHERRY 1979;BINTLIFF 2002) L’analisi cartografica mette in luce quan-to alcuni territori siano privi di evidenze mentre in altri sinotano interessanti concentrazioni.

Di alcune aree conosciamo meglio la realtà archeolo-gica perché oggetto di specifiche ricerche e attività di ri-cognizione, in alcuni casi svolte o coordinate da studio-si della preistoria. Informazioni preziose, come abbiamogià accennato, provengono dalle zone come l’arcipelago, lacosta pisana o l’area orientale della piana fiorentina. Que-ste zone sono oggetto da anni delle ricerche svolte dalleUniversità di Pisa, Siena e Firenze attraverso ricognizio-ni, scavi sistematici ed interventi di emergenza che hannopermesso di individuare numerose frequentazioni preisto-riche. Al contrario le aree interne delle Colline Metallife-re, il Chianti fiorentino, il Casentino e Pratomagno risul-tano poveri di evidenze per problemi legati in parte allastoria delle ricerche ma anche alla scarsa visibilità a terradel record archeologico. Per questo aspetto, oltre a riman-dare ad alcune riflessioni note in letteratura (CHERRY etalii 1991; TERRENATO, AMMERMAN 1996; VAN LEU-SEN 1996; 2001; TERRENATO 2000a; 2000b; FRANCO-VICH, PATTERSON 2000), si propongono delle semplicielaborazioni al fine di evidenziare alcune specificità lega-te all’individuazione del record preistorico. Si presentanodunque delle analisi distributive dei censimenti relativi alNeolitico (FUGAZZOLA et alii 2005) e al Bronzo Finale.Si utilizza in questo caso un censimento di siti (96) edi-ti (RESTIVO 2008). Abbiamo confrontato momenti moltodistanti all’interno del nostro intervallo cronologico e ca-ratterizzati da scelte insediative e strutture sociali ed eco-nomiche diverse, al fine di analizzare ad un macro livelloeventuali associazioni spaziali fra distribuzione dei siti, usodel suolo e visibilità del record preistorico.

Le elaborazioni, a scala regionale, hanno visto il con-fronto tra la carta della copertura del suolo (Corine LandCover) e la distribuzione dei siti. Si è pertanto riorganiz-zato le classi di copertura della nomenclatura CORINE(http://www.centrointerregionale-gis.it/) in basealla nostra finalità, ovvero l’analisi dell’effetto dell’uso delsuolo sulla visibilità archeologica. Di conseguenza sonostate mantenute accorpate in un’unica classe tutte le atti-vità antropiche di disturbo, i territori modificati artificial-mente e ad alto impatto sulla superficie del piano di cam-pagna (ovvero sulla superficie archeologica convenziona-le; LEONARDI 1992, p. 41) quali le aree urbane, le infra-strutture, le discariche, le aree industriali e commerciali,i cantieri; sono stati accorpati i vari tipi di seminativo –sono colture annuali con un ciclo di trasformazione no-to che possono riservare un alto grado di visibilità – ; lecolture arboree con simile impatto sul terreno ovvero vi-gneto, oliveto e frutteto; i sistemi complessi in cui si frap-pongono aree coltivate ad aree naturali – dunque con unfattore di visibilità variabile ma che include anche attivitàdi aratura o fresatura del terreno; i prati; i boschi; le areea vegetazione bassa o rada; le aree prive di vegetazione –spiagge, rocce affioramenti; le aree umide e palustri; le ac-que e infine una categoria a parte è stata isolata per le areepercorse da incendi – caratterizzate da una buona visibili-tà dall’alto ma anche da molti fattori di disturbo visivo sulpiano di campagna.

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Geografie del Popolamento: casi di studio, metodi e teorie

Figura 2. Distribuzione delle evidenze del Neolitico e del Bronzo Finale rispetto alle classi di copertura del suolo.

Figura 3. Distribuzione dei “siti” e delle “segnalazioni generiche” del Neolitico rispetto alle classi di copertura del suolo.

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Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano

La distribuzione delle evidenze dei due periodi sul-la nostra carta della copertura del suolo ci permette difare alcune osservazioni che diventano più accurate seesaminiamo il dato quantitativo.

Il grafico (figura 2) mostra quanto la distribuzione del-le evidenze neolitiche e del Bronzo Finale (espresse in per-centuale) siano simili fra loro per ogni classe di copertu-ra del suolo; per rendere il dato apprezzabile si riportanonel grafico le percentuali di superficie occupata dalle classidi copertura del suolo calcolate rispetto alla nostra area diindagine ovvero la regione Toscana.

Se le evidenze preistoriche fossero normalmente distri-buite in tutte le classi di copertura del suolo allora ci at-tenderemo che le percentuali dei siti presenti in ciascunacategoria fossero vicine alle percentuali delle superfici co-perte da ciascuna categoria. Non intendiamo in questa se-de proporre un’analisi statistica approfondita (data anchela rappresentatività del campione; sono solo i dati editi)ma risulta comunque interessante notare in quali catego-rie di uso del suolo tali valori si distaccano tra loro mag-giormente: i contesti antropici e i boschi. Nel primo casoabbiamo la conferma di quanto l’individuazione delle evi-denze preistoriche sia legata ai contesti urbani e alla realiz-zazione di cantieri o trasformazioni artificiali; nel secondocaso di quanto le aree forestate nonostante costituiscanoun grosso limite per la visibilità a terra abbiano comun-que permesso l’individuazione di evidenze. Tali analogiefra periodi caratterizzati da strategie insediative e sistemieconomico-sociali diversi non sono interpretabili con mo-tivazioni culturali ma possono essere spiegate dal fatto chequesti dati territoriali sono accomunati dalla stessa storiadelle ricerche e da alcune caratteristiche legate alla visibilitàe riconoscimento del dato preistorico durante le indaginisul campo.

Per approfondire tali osservazioni scindiamo tipo-logicamente le evidenze del Neolitico in “segnalazionigeneriche” e “siti”.

Nel grafico (figura 3) possiamo comprendere infatti irapporti fra la distribuzione dei siti neolitici e delle segna-lazioni generiche (espresse in percentuale relativa) presentirispettivamente nelle classi di copertura del suolo; risul-ta interessante notare che le percentuali delle segnalazionisono circa equivalenti nel caso dei contesti urbani, dei se-minativi, dei sistemi complessi e dei boschi anche se le re-lative superfici hanno un’estensione diversa. Al contrariola distribuzione dei siti mostra una maggiore variazione edi valori più alti sono registrati nei seminativi e nei boschi(intorno al 30%) e a seguire nelle aree ad impatto antropi-co (12%). Se leggiamo questo dato in base alla storia dellericerche e consideriamo anche la geomorfologia del terri-torio si confermano le osservazioni fatte in precedenza: l’e-spansione delle aree urbanizzate che si sviluppa spesso incontesti di pianura alluvionale rende possibile attraverso isondaggi stratigrafici e la messa in luce di trincee e strati-grafie correlate ai cantieri edili l’individuazione di contestipreistorici altrimenti non visibili in superficie; tuttavia inaltri ambiti quali le sommità collinari, i terrazzi fluviali elungo la fascia costiera i siti sono maggiormente individua-bili soprattutto in colture a seminativo; infine per quantoriguarda le zone con copertura arborea dobbiamo associar-le ai contesti montani o di alta collina che possono anche

offrire ripari, grotte e anfratti. Tali contesti, che hanno ca-ratteristiche di visibilità e conservazione completamentediverse dai siti all’aperto considerati fin’ora, possono esserestati frequentati durante la preistoria specialmente per atti-vità funerarie o cultuali (si veda ad esempio CUDA, SARTI1992).

Le elaborazioni che abbiamo presentato non propon-gono certamente della chiavi di lettura a livello regionalesul popolamento preistorico ma costituiscono un ulterio-re invito a sviluppare con cautela interpretazioni a questascala sul popolamento preistorico basandosi su questo ti-po di dati. A questa riflessione si aggiunga il fatto che nonconosciamo la reale estensione delle aree indagate nel no-stro territorio né le modalità di indagine adottate. Il no-stro campione è pertanto non affidabile per ricostruzionistoriche precise e circostanziate su scala regionale dal mo-mento che è affetto da numerosi fattori che ne influenzanola rappresentatività.

G.P.

5 I bias della ricerca preistorica nelle indagini sulpopolamento

Le problematiche legate allo studio delle dinamiche in-sediative della preistoria recente in territorio toscano sononumerose e in parte riconducibili alle problematiche gene-rali inerenti le indagini sul campo in ambito preistorico.Non è questa la sede per esaminare in dettaglio i fattoriche influenzano la ricerca, ovvero i fattori di bias, e riman-diamo agli atti (in corso di pubblicazione) del convegnointernazionale tenutosi all’Università di Siena nello scorsomaggio 2007 dal titolo Hidden Landscapes of MediterraneanEurope. Cultural and methodological biases in pre- and proto-historic landscape studies per conoscere lo stato dell’arte suquesto argomento; tuttavia vorremmo sintetizzare alcunedelle problematiche emerse fin dagli anni ’90 e orientarcisu quelle che possiamo individuare come le linee program-matiche della ricerca preistorica. Il forte interesse per que-sto tema nasce dal fatto che il record archeologico preisto-rico risente maggiormente di alcuni elementi di bias tantoche in taluni casi possiamo parlare di paesaggio preistori-co nascosto (BINTLIFF et alii 1999). Effettivamente l’espe-rienza di Bintliff nel Boeotia Survey ha reso esplicite alcunedelle caratteristiche che influenzano fortemente la possibi-lità che le attività di ricognizione archeologica condottein base ai criteri dell’archeologia classica ed in particolareil field survey individuino i segni lasciati nel paesaggio dalpopolamento preistorico.

Un primo problema riguarda il riconoscimento deimateriali che per valori di densità e per caratteristiche in-trinseche hanno minor visibilità rispetto alle evidenze la-sciate da altre fasi del popolamento: spesso infatti la cera-mica d’uso preistorica si distingue con incertezza rispettoallo sfondo del terreno ed ha una limitata conservazioneuna volta che viene esposta sul piano di campagna; l’indu-stria litica realizzata su materiale locale si individua conmaggior difficoltà dal materiale lapideo disperso normal-mente in superficie ed il debris si delimita solo se ha un’al-ta concentrazione (BINTLIFF et alii 1999). A questo si ag-giunga il fatto che per scoprire questo tipo di manufatti

221

Geografie del Popolamento: casi di studio, metodi e teorie

occorre camminare adagio e il ricognitore deve sviluppa-re una certa sensibilità visiva all’indentificazione dell’in-dustria litica che in taluni casi si presenta di dimensionimolto ridotte. Se l’individuazione dei siti passa attraversoil riconoscimento del materiale ceramico e litico di super-ficie possiamo dire che in un certo modo l’“invisibilità”dei siti preistorici è maggiore rispetto a quella degli altriperiodi. In questo senso occorre anche riflettere sul con-cetto di densità dei manufatti necessari per individuare l’u-nità topografica. Senza voler entrare, in questa sede, nellaproblematica dei non-site survey consideriamo comunqueimportante sapere quanto e come può variare ciò che de-finisce una concentrazione anomala di manufatti rispettoal background. Citiamo a questo proposito ancora Bintliff(1999, pp. 207-208) che indica il numero di 1-2 manufatticome quantità sufficiente per segnalare una frequentazio-ne preistorica o la testimonianza di qualche tipo di atti-vità. Partendo da questi presupposti diventa chiaro che lastrategia di indagine del field walking dovrebbe adeguarsia queste necessità proponendo distanze molto ravvicinatefra i ricognitori. Inoltre il record preistorico è spesso ca-ratterizzato da evidenze strutturali a basso impatto visivo:non sempre infatti si riscontrano elementi costruttivi conelevati in pietra o strutture negative di grandi dimensioniben visibili in superficie (quali ad esempio i segni evidentinei contesti padani o del Tavoliere); più frequenti – special-mente in territorio toscano – sono le evidenze a basso im-patto visivo caratterizzate da elementi di minori dimensio-ni che non trovano un sicuro riscontro nelle note tecnichedi individuazione in superficie delle tracce archeologicheattraverso soilmarks, dumpmarks e cropmarks.

Queste osservazioni ci inducono a considerare in mo-do articolato i possibili elementi di bias che hanno effettosulla ricostruzione del paesaggio preistorico. Seguendo ilsuggerimento di Van Leusen (2001; 2002) dovremmo pen-sare a soluzioni diverse a seconda delle scale di interven-to e di analisi: come abbiamo visto ad esempio la scalaregionale non ci consente di fare elaborazioni di dati cheriveli maglie insediative proprio per l’eterogeneità e l’in-completezza dei dati archeologici a disposizione ma ancheper l’impossibilità di trattare approfonditamente le pro-blematiche di formazione del paesaggio a tale scala. Infat-ti uno dei fattori che influenzano maggiormente l’indivi-duazione del record preistorico in superficie è relativo aimutamenti geomorfologici.

L’importanza di una efficace integrazione fra geomor-fologia, geoarcheologia e indagini archeologiche sia a livel-lo di pianificazione della ricerca sul campo che di inter-pretazione dei dati è nota e in letteratura (a titolo esem-plificativo si veda BARKER 1995a e BARKER 1995b conriferimenti bibliografici; BARKER, BINTLIFF 1999) e benanalizzata nelle sue implicazioni metodologiche fin daglianni novanta anche su contesti italiani (LEONARDI 1992;DE GUIO et alii 1989; CREMASCHI 1990; TERRENA-TO, AMMERMAN 1996, TERRENATO 2000b) dando luo-go a momenti di confronto utilissimi su scala mediterranea(LEVEAU et alii 1999, BINTLIFF et alii 2000). Gli effettidell’erosione e dell’accumulo sono stati analizzati in det-taglio per alcuni contesti preistorici e hanno restituito let-ture del paesaggio di estremo interesse (BERNABÒ BREAet alii 1997; LEONARDI, BALISTA 2003) talvolta correla-

te alla realizzazione di carte geomorfologiche di dettaglio(si veda ad esempio FONTANA 2006). Vogliamo citare adesempio i casi studio dell’area laziale ed in particolare lazona compresa fra il Tevere e i margini dell’apparato vulca-nico dei Colli Albani. Gli interventi archeologici puntualia cui si sono accompagnate indagini geologiche e geomor-fologiche ha permesso di ricostruire le ultime attività delvulcano laziale e le sue relazioni con il popolamento pre-istorico (ANZIDEI, ZARATTINI 2007): il lahar ha sepoltoo compromesso le evidenze del Neolitico Antico e al con-tempo ha restituito suolo fertile per le attività agricole del-le fasi preistoriche successive. La mappatura delle trasfor-mazioni geomorfologiche ha consentito una lettura cor-retta della distribuzione delle testimonianze della frequen-tazione fra Neolitico ed Eneolitico dell’area (ARNOLDUSHUYZENDVELD et alii 2007) suggerendo nuove chiavi in-terpretative e strategie insediative. Se da un punto di vi-sta teorico e metodologico non si discute sull’utilità di taliapprocci multidisciplinari tuttavia sul piano pratico nonsempre si riescono ad attivare tali sinergie e spesso nonsono comunque disponibili dati di dettaglio. Resta quindidifficile in una lettura analitica e poi sintetica del territo-rio passare ad esempio dalle informazioni puntuali delloscavo sistematico a quelle generali della carta geologica apiccola scala senza poter avere termini di confronto ter-ritoriali a media scala. La carenza di queste informazioniinfluenza pesantemente la ricognizione e l’interpretazionedel dato preistorico.

Oltre a quanto già detto e ai problemi di visibilità lega-ti alla copertura del suolo dobbiamo aggiungere le difficol-tà di indagine legate all’accessibilità o conservazione dellepaleosuperfici da investigare. Nel caso dei contesti monta-ni – soprattutto di alta quota – infatti i problemi relativialla ricognizione di superficie sono numerosi data la scar-sa profondità dei suoli che risentono degli effetti dell’ero-sione e degli agenti atmosferici; tuttavia un forte bias è daimputare alla storia delle ricerche che registra una tenden-za delle indagini a fermarsi alla fascia della bassa montagna(DELLA CASA, WALSH 2007). Nondimeno numerosi pro-getti di ricerca svelano, ed hanno svelato, l’alto potenzialearcheologico di un ambiente che, seppur di nicchia, è statofrequentato – spesso stagionalmente – dall’uomo preisto-rico (per l’ambito toscano si veda TOZZI 1995) e che inalcune situazioni risulta molto conservativo.

Dal lato opposto, i contesti di piana alluvionale so-no da considerare nella loro complessità stratigrafica, ca-ratterizzata da una forte dinamica di formazione, che la-scia le evidenze preistoriche tendenzialmente ben al di sot-to del piano di campagna e dello strato di suolo mossodalle attività agricole. Questo tipo di bias riduce sensibil-mente la visibilità del record preistorico e inficia pesante-mente i dati sul popolamento se non si procede con altrestrategie d’indagine.

G.P.

6 Proposte metodologiche

Le riflessioni metodologiche e le elaborazioni che ab-biamo proposto confermano quanto, allo stato dell’arte,non sia possibile procedere ad analisi sul popolamento pre-istorico a scala regionale poiché i dati che abbiamo a dispo-

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Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano

sizione sono essenzialmente eterogenei, spazialmente di-scontinui e spesso privi di metadati sulla loro provenienza.Non ha quindi senso, almeno per il territorio toscano, ana-lizzare la maglia insediativa ed elaborare dati sulla densitàdemografica delle fasi preistoriche. Lasciamo queste analisial prossimo futuro quando saranno completate le indaginisul territorio e – grazie ad una registrazione dei metodi diacquisizione sul campo – sarà forse possibile, con l’ausiliodelle elaborazioni GIS (la cui implicazione nelle attività diricerca è ben esemplificata da GILLINGS 2000), azzardareuna valutazione quali-quantitativa dei bias cercando di mi-tigarne gli effetti. Oggi, lo stato delle ricerche invece, ciinduce a promuovere altre forme di analisi dei dati effet-tuando un doveroso cambio di scala. Come abbiamo sot-tolineato infatti la comprensione del paesaggio preistoricoe delle sue modalità insediative passa attraverso una rico-struzione degli assetti geomorfologici ed ambientali e delleloro relazioni con la comunità preistorica che sono perse-guibili se si lavora a scala locale. Crediamo sia importanteanalizzare le informazioni seguendo le unità di paesaggioe non semplicemente i limiti amministrativi. In questa di-rezione di ricerca si sono mossi alcuni progetti che seppurdi ampio respiro hanno scelto di elaborare i dati per am-biti geografici definiti (si veda ad esempio il progetto IIPP“Adriatico e Tirreno a confronto: dinamiche di formazio-ne culturale dal neolitico all’ Età del Rame in alcune areecampione dell’Italia centrale” su www.iipp.it) scegliendoi bacini idrografici come unità di riferimento. In tal mo-do è possibile effettuare più facilmente una rilettura deidati editi attribuendo le informazioni geomorfologiche epalaoambientali anche ai casi in cui queste non sono stateregistrate. L’acquisizione e georeferenziazione del dato pre-gresso ci permette quindi di controllare la topografia e lerelazioni con altri tematismi, instaurando cioè un processodi validazione delle segnalazioni storiche di archivio (DESILVA, PIZZIOLO 2006). La finalità è quella di andare oltrela distribuzione di punti su una carta, e attraverso l’utiliz-zo del GIS esplorare le relazioni topografiche fra le traccearcheologiche, i dati di ricognizione e le informazioni didettaglio che emergono dagli interventi di scavo; lo scopoè quello di sfruttare al meglio tutte le fonti a disposizione,non ultime le analisi derivanti da accurati Modelli Digitalidel Terreno fra le quali ricordiamo le simulazioni di inon-dazione ed erosione (GILLINGS 2000 con bibliografia) dicontesti del paleo paesaggio.

Il recupero del pregresso, che in alcuni casi passa an-che dalla revisione di dati non preistorici (DI GENNARO,STODDART 1982) mira anche a riposizionare materialeutile per la ricostruzione delle evidenze off site che a questascala di indagine sono fondamentali per ricostruire la ma-glia insediativa del popolamento preistorico. Gli elementidi off site permettono infatti di ipotizzare aree di attività aldi fuori degli insediamenti e, come abbiamo già accennato,queste possono essere testimoniate -per le fasi della preisto-ria olocenica- anche da pochi manufatti (BINTLIFF 1999).Tali testimonianze sono inoltre piccoli elementi di connes-sione su cui costruire la rete dei collegamenti e dei percor-si fra aree insediative e produttive o fra aree di approvvi-gionamento delle risorse (PIZZIOLO 1999). Questo tipo ditraccia, rispetto alle strutture di abitato, è ancora più labileperché difficilmente può presentare caratteri di continui-

tà (a titolo di esempio CHERRY et alii 1991) che talvoltapermettono di identificare più facilmente le testimonianzepreistoriche. La ricerca delle evidenze della frequentazionepreistorica si svolge quindi ad ampio raggio partendo dallarevisione dei dati editi e di archivio per effettuare la verifi-ca e il controllo sul campo mentre al contempo si procedealla acquisizione della geomorfologia del territorio e deglielementi paleoambientali senza escludere le indagini sulletrasformazioni storiche del paesaggio. In questo senso l’u-tilizzo della cartografia storica risulta molto utile perchéoltre a permettere la ricostruzione degli assetti del passato,spesso contiene informazioni riferibili anche alle fasi pre-cedenti alla sua realizzazione (DE SILVA, PIZZIOLO 2004).Dunque anche per gli studi preistorici risulta importantepoter disporre di queste fonti sia in fase di pianificazionedella ricerca sul campo che in fase di interpretazione deidati. L’analisi cartografica storica, ed in particolare dei cata-sti, permette infatti di confermare ipotesi sulle forme dellamaglia particellare offrendo buoni spunti per l’individua-zione di elementi geomorfologici. Nel caso della Toscanala cartografia geologica in scala 1:10.000 resa disponibiledalla Regione permette di costruire un’utile base di con-fronto per le ricostruzioni del paesaggio. L’interazione frai vari set di dati permetterà di definire per i singoli am-biti territoriali un quadro degli assetti del passato con cuianalizzare le dinamiche del popolamento; tali ricostruzio-ni devono essere messe in relazione però con le altre areesubregionali al fine di evidenziare i contatti tra le diversecomunità e il loro rapporto con il territorio.

G.P.

7 Alcune applicazioni nel territorio toscano

Seguendo questo approccio agli studi sul paesaggio pre-istorico proponiamo alcune problematiche relative alle sueapplicazioni nel territorio toscano sviluppate dalla sezio-ne di Preistoria del nostro Dipartimento e dal Laboratoriodi Preistoria della sede dell’Università di Siena a Grosse-to. In particolare vorremmo concentrarci sulla difficoltàad operare in contesti alluvionali – quali la piana fiorentinae quella grossetana – caratterizzati da un ambiente dinami-co in cui la successione di erosione e accumulo create daicanali, dai loro riempimenti e dagli episodi alluvionali ren-de, come abbiamo detto, i piani di frequentazione preisto-rica poco visibili in superficie. Spesso, inoltre, le stratigra-fie risultano poco leggibili a causa della pedogenesi e delleerosioni che spesso tagliano i piani preistorici compromet-tendone la conservazione (GHINASSI, TANGOCCI 2008).Su tali sistemi dinamici spesso si sovrappongono le attivi-tà di bonifica riconducibili alle successive fasi storiche (DESILVA, PIZZIOLO 2004) che impediscono definitivamentel’apparire dei manufatti preistorici in superficie. Nel casodella piana fiorentina dunque solo le attività di diagnosticapreventiva effettuate attraverso sondaggi sistematici nellearee interessate dai cantieri edili hanno reso possibile perla prima volta l’identificazione delle evidenze preistorichenella piana (MARTINI, SARTI 1993; MARTINI et alii 1999).Il susseguirsi degli interventi di emergenza dal 1982 ad oggiha dato luogo ad oltre 50 aree di scavo con evidenze prei-storiche che vanno dal Neolitico all’Età del Bronzo: senzadubbio la zona di Sesto Fiorentino rappresenta nel quadro

223

Geografie del Popolamento: casi di studio, metodi e teorie

delle analisi insediative un’area di studio di straordinaria ri-levanza, data la concentrazione dei ritrovamenti preistori-ci in un territorio di estensione limitata, area che non trovaconfronti con altre regioni limitrofe. Le analisi distributi-ve di tali evidenze mostrano che rispetto alla totalità dellearee indagate alcune zone hanno esercitato una maggior at-trazione catalizzando in modo ripetuto le scelte insediati-ve in corrispondenza di certi areali. Il proseguimento delleelaborazioni geomorfologiche in corso potrà fornire im-portanti dati sulla presenza di “alti” morfologici, utili nelladefinizione delle “costanti strutturali” nelle analisi del pae-saggio preistorico a scala locale (PIZZIOLO, SARTI 2005).Numerose sono le questioni aperte quando si indagano icontesti preistorici in aree alluvionali che mostrano conti-nuità insediativa (cfr. GOJDA 2004 pp.117-120): nel nostrocaso le principali problematiche riguardano la ricomposi-zione da un punto di vista spaziale – stratigrafico e topo-grafico (PIZZIOLO, VITI c.s.) – , cronologico e culturaledi contesti che emergono in modo parziale e frammenta-to e che probabilmente appartengono ad un unico sistemainsediativo in cui il concetto di frequentazione continuao ripetuta gioca un ruolo importante. Il primo obiettivoè l’esplorazione delle relazioni topografiche fra le nostreevidenze al fine di comprendere le caratteristiche degli abi-tati e degli off site per definire le diverse “unità insediati-ve” (PIZZIOLO, SARTI 2008). Senza dubbio la difficoltàconsiste nel poter tratteggiare l’estensione dell’abitato nonavendo a disposizione chiari riferimenti – infossati o ele-vati -che possano delimitarlo o strutture interne che possa-no caratterizzarlo fortemente; senza una chiara definizionedell’abitato non si possono sviluppare elaborazioni di tipodemografico. Un’altra direzione di ricerca consisterà nelcapire le relazioni con altri contesti simili situati ai margi-ni della piana fiorentina (VOLANTE et alii c.s.; ARANGU-REN, PERAZZI 2007) per esplorare le analogie cronologi-che, culturali e insediative con le tracce lasciate da questecomunità preistoriche e comprendere il loro rapporto conl’ambiente. Non si deve dimenticare infatti quanto sia im-portante definire gli assetti paleoambientali di queste areeumide per contestualizzare i regimi economici del passatoe interpretare correttamente la presenza e assenza di evi-denze preistoriche. In questo senso l’area grossetana costi-tuisce un ottimo caso di studio offrendo l’opportunità diindagare un territorio che durante la preistoria aveva unassetto ben diverso dall’attuale e probabilmente presenta-va risorse che potevano costituire una forte attrattiva per lecomunità. Date le problematiche archeologiche di parten-za (cfr paragrafo 3) ovvero l’interesse esercitato dalle areeumide e pericostiere durante la preistoria recente e al con-tempo l’incompletezza dei dati riferibile alle fasi neoliticheed eneolitiche, occorre innanzitutto cercare di ricostruirequella che poteva essere la morfologia del territorio duran-te quelle fasi al fine di mirare le attività di ricognizione inaree che non hanno subito forti trasformazioni e possonoquindi conservare ancora il record preistorico. I mutamen-ti maggiori riguardano gli assetti paleoidrografici e la tra-sformazione dell’attuale piana grossetana da golfo aperto –durante le fasi preistoriche – a laguna in graduale restrin-gimento nelle fasi storiche (ARNOLDUS-HUYZENDVELD2007 con riferimenti bibliografici) fino alle trasformazio-ni recenti segnate dagli interventi di bonifica. Per questo

l’organizzazione dei dati cartografici di partenza ha vistol’acquisizione all’interno del GIS (INNOCENTI 2007) ol-tre alla cartografia di base, alla cartografia geologica e aidati archeologici, degli schemi ricostruttivi (BELLOTTI etalii 2004, p. 86) delle fasi di trasformazione dell’area – oggioccupata dalla piana grossetana – in sei scansioni tempo-rali dal 10.000 BP al 200 BP. La finalità di questo primoapproccio è quella di individuare le aree con un probabi-le potenziale archeologico ancora riscontrabile per le fasidella preistoria recente, da verificare successivamente attra-verso le indagini sul campo. Il lavoro si è sviluppato utiliz-zando non solo il set di dati menzionato ma elaborandoun DEM che consentisse – al di là dei mutamenti recenti– di evidenziare le aree a pendenza lieve o nulla, riferibilialle morfologie presenti sul piano di campagna durante lapreistoria recente; in particolare l’interesse si è focalizzatosui lembi di terrazzo riferibile al Pleistocene superiore chepotevano costituire le rive della laguna. Attraverso opera-zioni di overlay si sono selezionate aree che ad una pri-ma verifica hanno restituito manufatti litici confermandola lettura del paesaggio preistorico ipotizzata attraverso leelaborazioni GIS. Questa indagine, seppur molto limitata,costituisce il punto di partenza per ampliare le conoscen-ze sul popolamento preistorico fra Neolitico ed Eneoliticonell’area grossetana.

Si sottolinea quindi quanto la buona conoscenza dellageomorfologia della zona sia fondamentale quando si lavo-ra in contesti che hanno subito trasformazioni tali da com-promettere la conservazione delle antiche forme del pae-saggio preistorico. Oltre all’area grossetana un altro pro-getto di ricognizione, in corso nel territorio del Comunedi Montevarchi (AR), si è articolato attraverso ricostru-zioni del paesaggio preistorico. Anche in questo caso al-cune unità che caratterizzano la carta geologica regionalein scala 1:10.000 (foglio 287, sez. 070) sono state utilizza-te per individuare lembi di quelle morfologie frequenta-te durante la preistoria recente talvolta sottoposte ad unforte processo di erosione. Infatti, seguendo le indicazio-ni del Dott. Geol. M. Magi che da anni, in collaborazio-ne con l’Università di Firenze, porta avanti le ricerche inquel territorio, abbiamo individuato una corrispondenzafra le unità delle sabbie della Loccaia e di Latereto e Piandi Tegna e la presenza in superficie di manufatti litici inparte attribuibili alla fase olocenica. Anche in questo casosi individuano le superfici che sono rimaste relativamen-te indisturbate dai tempi della frequentazione preistorica.I manufatti litici sono probabilmente interpretabili comeevidenze off site, forse sono elementi di raccordo all’inter-no della maglia insediativa collegata con le evidenze piùconsistenti che si individuano sui terrazzi fluviali del vici-no Torrente Ambra (com.pers. M. Magi). Anche in questocaso l’analisi del DEM ha consentito di evidenziare le areea maggior erosione comparando la carta geologica con lefotografie aeree e la topografia storica. Una revisione del-la carta dell’uso del suolo ha permesso inoltre di valutarecorrettamente il potenziale archeologico delle aree ricogni-te e, in ultima analisi, di offrire un nuovo contributo perla storia del popolamento preistorico di quel territorio.

I casi applicativi che abbiamo proposto evidenzianodiversi aspetti metodologici che ci inducono a considera-re l’approccio a scala integrata come l’unica modalità che

224

Geografia del popolamento durante la preistoria recente nel territorio toscano

abbiamo a disposizione per studiare il popolamento prei-storico in chiave territoriale. L’acquisizione e le analisi deidati si devono svolgere a scala locale contestualizzando almassimo le informazioni raccolte: la ricerca intensiva suambiti geografici limitati riesce a dare buoni risultati cheauspicabilmente confronteremo fra loro in un prossimofuturo. L’integrazione dei contesti che emergono a scalalocale in un ambito di analisi a media scala e in seguitoa scala regionale potranno offrire un set di dati utile allacostruzione di letture di ampio respiro in cui gli aspetti de-mografici potranno essere analizzati così come si potrannoesplorare i contatti fra le comunità antiche. Consapevolidella eterogenità informativa proveniente dalle ricerche lo-cali (cfr TERRENATO 2004), per adesso vorremmo sottoli-neare l’importanza della registrazione delle metodologie diindagine utilizzate sul campo e la segnalazione dei relativibias presenti in ogni ricerca al fine di permettere un corret-to confronto e magari una fusione in un unico sistema deidati provenienti dai diversi progetti in corso.

G.P.

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