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Iacopo di Ranuccio da Castelbuono OP testimone dell’“alia lectura fratris Thome”, «Memorie...

Date post: 06-Mar-2023
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Iacopo di Ranuccio da Castelbuono OP testimone dell’“alia lectura fratris Thome”, «Memorie domenicane» 19 (1988) 369-95. 1 Oxford, Lincoln College lat. 95 | In I Sent. di Tommaso d’Aq | Frater Iacobbus Ray. perusinus 3 Biografia di fra Iacopo di Ranuccio da Castelbuono (Perugia) 2 Talune questioni sollevate dall’alia lectura fratris Thome | magister legge le Sentenze? | sermones prologales 4 Episcopato fiorentino 28.V.1286, capitolo dei canonici | Bullettone | entrata 30.VI.1286, decesso 13.VIII.1286 documenti I Cronica di Perugia IX Firenze, Santa Reparata 8.VI.1286 II Firenze SMN 31.I.1245 X Firenze 30.VI - 4.VII.1286 II I Roma, Santa Sabina 1273 XI Firenze 30.VII.1286 IV Città di Castello 11.V.1274 XI I Firenze SMN 12.VIII.1286 V Firenze 1281 XI II Firenze 13.VIII.1286 VI Siena, San Domenico 26.X.1282 XI V Onorío IV, Roma 29.XII.1286 VI I Onorio IV, Roma 28.V e 9.VI.1286 XV Firenze 1274-1341 VI II Onorio IV, Roma 28.V.1286 1. Oxford, Lincoln College lat. 95
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Iacopo di Ranuccio da Castelbuono OP testimone dell’“alia lectura fratris Thome”,

«Memorie domenicane» 19 (1988) 369-95.

1

Oxford, Lincoln College lat. 95  | In I Sent. di Tommaso d’Aq | Frater Iacobbus Ray. perusinus

3Biografia di fra Iacopo di Ranuccio da Castelbuono (Perugia)

2

Talune questioni sollevate dall’alia lectura fratris Thome  | magister legge le Sentenze? | sermones prologales

4

Episcopato fiorentino 28.V.1286, capitolo dei canonici | Bullettone | entrata 30.VI.1286, decesso 13.VIII.1286

  documenti

I Cronica di Perugia IX Firenze, Santa Reparata 8.VI.1286

II Firenze SMN 31.I.1245 X Firenze 30.VI - 4.VII.1286III

Roma, Santa Sabina 1273 XI Firenze 30.VII.1286

IV Città di Castello 11.V.1274

XII Firenze SMN 12.VIII.1286

V Firenze 1281 XIII Firenze 13.VIII.1286

VI Siena, San Domenico 26.X.1282

XIV Onorío IV, Roma  29.XII.1286

VII

Onorio IV, Roma 28.V e9.VI.1286 XV Firenze 1274-1341

VIII

Onorio IV, Roma 28.V.1286   

     

1. Oxford, Lincoln College lat. 95

Nella Historia ecclesiastica nova, portata a termine tra 1313 e 1316, Tolomeo da Lucca, dopo aver dato la lista degli opuscoli e un breve sommario d’altre opere di Tommaso d’Aquino, annota che costui aveva scritto un secondo commentario al I libro delle Sentenze quando, già maestro in teologia, risedeva in Roma; ne esisteva un esemplare in Lucca; ma Tolomeo, partitosi dalla città natale, non ebbe più modo di vederne copia altrove.

Historia ecclesiastica nova XXIII, 15: «Scripsit etiam eo tempore quo fuit Rome, de quo dictum est supra, iam magister existens, primum super Sententias, quem ego vidi Luce sed inde subtractus nusquam ulterius vidi» (ed. A. Dondaine in «Arch. Fr. Praed.» 1961, 155); in XXII, 21 aveva menzionato il commentario parigino ai quattro libri delle Sentenze, «infra magisterium» (ib. p. 150).■ Dal 1287 al 1307 la presenza di fr. Tolomeo in San Romano di Lucca, salvo il priorato fiorentino (luglio 1300 - luglio 1302), è abbondantemente documentata neifondi archivistici di Lucca; dal 1309 Tolomeo risulta essere in Avignone fino al 1318; nominato vescovo di Torcello in marzo 1318, è in Torcello almeno da novembre 1319, dove muore tra marzo e giugno 1327.Recentemente è stata data notizia del codice di Oxford,

Lincoln College lat. 95 (fine XIII s.), che in margine all’In I Sententiarum parigino di Tommaso baccelliere, dà un centinaio d’articoli d’un secondo commentario al libro I, nel corso del quale si rinvia più volte all’«alia lectura fr. Thome» (al commentario parigino, per il copista del commentario marginale). Si è di fronte ad una reportatio dell’insegnamento romano (1265-68) di Tommaso sul I libro delle Sentenze di cui parlava fr. Tolomeo? Le prime analisicondotte sul testo del commentario marginale, sua interdipendenza redazionale col commentario parigino, branicomuni con altre opere di Tommaso, dottrina e stile tomasiani, fanno credere di sì.

■ H.-T. DONDAINE, Alia lectura fratris Thome? (Super I  Sent.), «Mediaeval Studies» 42 (1980) 308-36, da integrare conL.E. BOYLE, Alia lectura fratris Tbome, ib. 45 (1983) 418-29. H.V. SHOONER, Codices manuscripti operum Thomae de Aquino III, Montréal-Paris (Vrin) 1985, 128-29.A f. 2r del codice oxoniense, in uno dei due fogli di

guardia che precedono il testo del commentario parigino, c’è una nota di possesso erasa, leggibile solo in parte conl’ausilio della lampada di Wood:

Frater Iacobbus Ray. perusinus debet recipere de fratre <Nicola de Mediolano> xlij. sol. pro isto libro. Et pro predicta pecunia predictus frater <Nicola promisit>... (secondo lettura di BOYLE, Alia lectura 428; in corsivo laparte erasa che ha risposto alla lampada di Wood, tra parentesi acute le parole di lettura incerta; il resto(...) è del tutto illeggibile)

Iacopo di Ranuccio, frate domenicano del convento di Perugia, della medesima provincia religiosa di Tommaso, muore nel 1286. Era stato possessore del codice prima di venderlo a fr.

Niccolò da Milano, anch’egli domenícano. Il caso si fa appassionante. Il nome di Iacopo vale un marchio d’autenticità tomasiana sul commentario marginale di Oxford? Iacopo era stato uditore di Tommaso in Santa Sabina(1265-68)? Capitolo provinciale Anagni 1265: «Fr. Thome de Aquino iniungimus in remissionem peccatorum quod teneat studium Rome, et volumus quod fratribus qui stant secum ad studendum provideatur in necessariis vestimentis a conventibus de quorum predícatíone traxerunt originem. Si autem illi studentes inventi fuerint negligentes in studio,damus potestatem fr. Thome quod ad conventus suos possit eos remittere» (ACP 32)[1]. Aveva raccolto la lettura romanadel maestro sul I libro delle Sentenze? Ne aveva trascrittoparte ai margini del suo codice, che già conteneva il commentario parigino di Tommaso al I libro?

Sono le questioni che il codice oxoniense solleva. I contributi di H.-F. Dondaíne e di L.E. Boyle, oltreché presentare il caso, hanno abbozzato talune risposte. Gli editori di Tommaso riprenderanno a suo tempo le questioni, specie quelle attinenti all’autenticità tomasiana del commentario marginale del codice oxoniense e all’identità di esso con la lettura romana di Tommaso sul I libro delle Sentenze di cui fa parola Tolomeo da Lucca. Ma la persona di fr. Iacopo, com’è facile intravedere, acquista un ruolo,seppur non decisivo, di notevole importanza. Il presente contributo è strettamente confinato alla biografia di Iacopo. Perché se è stato giustamente messo in risalto l’importanza del frate perugino per trarre in chiaro i misteri del codice di Oxford, ci si è scontrati con la frammentarietà dei dati biografici di Iacopo e con la loro interpretazione: il lettorato di Città di Castello nel 1273tramandato dagli Atti dei capitoli provinciali fu il primo lettorato assoluto della carriera di Iacopo? fu un lettorato sentenziario? fu l’occasione per Iacopo di trascrivere la lettura romana di Tommaso ai margini delle carte che contenevano quella parigina? la nota di possesso è anteriore al 1281, anno in cui Iacopo fu nominato predicatore generale? la vendita del codice a fr. Niccolò cade fra 1281 e 1283?[2]

S’impone una recensione sistematica delle notizie sul frate perugino, un vaglio delle fonti che le trasmettono e della loro attendibilità. I risultati qui presentati non sono entusiasmanti. Ma permettono di fissare qualche caposaldo cronologico, d’eliminare errori pervenuti fino aimoderni repertori; d’intravedere molteplici passaggi della carriera accademíca; d’utilízzare con più attendibílità i dati disponibili. La scarsità dei risultati presenta il vantaggio della perentorietà. Ulteriori ritrovamenti potranno inserirsi senza contendere con tradizioni sospette. L’interpretazione potrà controllare se stessa a confronto con i dati certi.

■ Abbreviazione (oltre le comuni):  Necr. can. fior. = Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata.[1] A proposito si veda l’eccellente contributo di L.E. BOYLE, The Setting of the «Summa tbeologiae» of Saint Thomas, Toronto 1982.

I capitolari demandano a Tommaso d’organizzare a sua discrezione lo studio romano in Santa Sabina; non a suo piacimento, ché bisogna supporre restassero salvaguardate le strutture didattiche di base acquisite dagli studi della provincia e le condizioni affinché gli studenti meritevoli potessero accedere all’universitàparigina. In definitiva l’unica competenza delegata a Tommaso è dipoter rispedire ai propri conventi gli studenti che non avessero dato prova di profitto scolastico. Non pare esatto denominare talestudio uno studium personale di Tommaso (BOYLE, The Setting... p. 9; Alia lectura.. p. 422 r. 3); esso resta uno studio istituzionale, di diritto pubblico, appartenente cioè ed emanante dalle pubbliche istituzioni della provincia, la quale ne conserva in radice la competenza giuridica. Similmente nel 1272 il capitolo definisce lacompetenza: delega a Tommaso autorità in materia di luogo, personee numero degli studenti (ACP 39 rr. 28-29). Quando nel 1308 talunilettori osarono sostituire la Somma di Tommaso al libro di testo che erano le Sentenze del Lombardo, il capitolo provinciale bloccòla cosa sul nascere (ACP 169/ 5-6); non era competenza del lettoremutare il libro di testo; probabilmente i capitolari non lo ritenevano nemmeno di propria competenza. L’istituzione  -  qualsiasi istituzione  -  non mette facilmente da parte se stessa,la propria forza e la propria storia, di fronte all’índividuo; neppure di fronte all’individuo di genio.[2] BOYLE, Alia lectura 427-29 su fr. lacopo. Annoto soltanto che la sede fiorentina ottenne il titolo arcivescovile nel 1419: cf. La chiesa fiorentina, Firenze (Curia Arcivescovile) 1970, 10: note storiche a firma di C.C. Calzolai.

Il riallaccio di fr. Iacopo al casato «de Alexiis», ignoto alle fonti coeve, lo si ritrova in elaborazioni tardive dei cronografi del convento perugino: AGOP XIV lib. C, II, p. 978 (relazione settecentesca): «Il P.F. Giacomo di Rannuccio Perugino fu Vescovo di Firenze...»; al margine superiore dopo Rannuccio scrive Alessi, lo cancella e poi lo riscrive di nuovo; dopo Perugino segue aggiunto in margine: «da altri detto da Castelbuono». Ai margini della Cronica perugina è riscontrabile la medesima tendenza a mettere i frati sotto il nome d’illustri casati.

2. Talune questioni sollevate dall’alia lectura fratris ThomePrima di passare alla biografia di Iacopo, qualche nota

periferica ai problemi sollevati dal codice di Oxford.All’interpellazione se la scrittura della nota di

possesso fosse della stessa mano del commentario marginale,L. Boyle mi comunicò che a suo giudizio la cosa non poteva esser stabilita con certezza a motivo sia della brevità della nota che della degradazione grafica dovuta all’erasione. Il che, a rigore, lascia irrisolto un punto importante: il codice posseduto da fr. Iacopo conteneva, quando venduto a fr. Niccolò da Milano, anche il commentario marginale o soltanto quello parigino del testo in scrittura base?

Il brano n° XIII [= dist. 9.2] del commentario marginaledi Oxford, secondo la numerazione dell’editore Dondaine, annuncia il titolo dell’arficolo («Hic queritur utrum filius possit dici alius a patre secundum aliam lec. f. t. ») e richiama concisamente la formulazione delle obiezioni rinviando con etc. all’alia lectura fr. Thome, cioè al commentario parigino, che risponde perfettamente al rimando(DONDAINE, Alia lectura 329-30; BOYLE, Alia lectura 424; Lectura romana..., ed. Toronto 2006, 152-53). La seconda obiezione dice: «Preterea. Sicut dicit Priscianus, alius est relatiuum diuersitatis etc.». La corrispondente obiezione in In I Sententiarum d. 9, q. 1, a. 1, ob. 1 ha:

«Alius enim, secundum Priscianum, est relativum diversitatis substantiae. Sed Pater et Filius sunt uniussubstantiae. Ergo Filius non potest dici alius a Patre».L’edizione rinvia in nota alle Institutiones grammaticae II,

c. De pronomine[3]. Ma niente in II, 5 delle Institutiones di Prisciano rende ragione della citazione (Institutiones grammaticae II, 5, 23-24, ed. M. Hertz in Grammatici latini II, Leipzig 1855, 57-58). «Priscianus: non invenimus», scrive in nota l’editore di brano XIII del commentario

marginale. In realtà sul pronome Prisciano ritorna in XVII,10. Qui dopo aver detto che «nominum positio est ad significationem qualitatum vel communium vel propriarum, quae sunt innumerabiles, ut “homo, Plato”...», definisce i pronomi «ea quae ad nihil aliud aspiciunt per demonstrationem nisi ad propriam aliquam substantiam et ad ei accidentes qualitates..., voce autem ipsa pronominis nonmanifestantur nisi substantiae» (Institutiones XVII, 10, 63-64, ib. III, Leipzig 1859, 145-46). Che potrebbe render ragione del ricorso di Tommaso all’autorità di Prisciano (non citazione letterale ma riformulazione essenziale delladefinizione di pronome e applicazione ad alius) se una fonteintermedia non offrisse più letterale riscontro alla citazione tomasiana. Pietro di Spagna, nei Tractatus (1230 ca.) VIII, 2, dopo aver citato espressamente Prisciano minore (libri XVII-XVIII delle Institutiones) distingue i relativi:

«Relativorum autem quedam sunt relativa substantie, ut qui, ille, alius; quedam relativa accidentis, ut talis, qualis, tantus, quantus. Relativum autem substantie est quod refert idem in numero cum suo antecedente, ut qui, ille. Item. Relativorum substantie quedam sunt relativa idemptitatis, ut qui, ille; quedam vero relativa diversitatis, ut alter, reliquus, et consimilia». E in XII, 11: «Hoc relativum alius est relativum diversitatis» (ed.L.M. De Rijk, Assen 1972, 185, 217).Il testo dei Tractatus esclude positivamente che Tommaso,

citando Prisciano, abbia fatto diretto ricorso alle Institutiones: queste né hanno il binomio relativum substantiae né la sua divisione in relativum idemptitatis e relativum diversitatis, che genera il relativum diversitatis substantiae di Tommaso; né inoltre introducono l’esempio di alius. È il diffuso manuale di logica del tempo, Tractatus di Pietro (o altra compilazione che trasmettesse le medesime formule in connessione col nome di Prisciano), che si frappone tra Institutiones e citazione di Tommaso. Talune disinvolte citazioni nel commentario marginale di Oxford obiettano contro la paternità tomasiana? Il caso di Prisciano

regredisce sul commentario parigino, d’indubbia autenticità. Le note in calce alle edizioni volgate fanno credere che citazioni esplicite siano fonti dirette. Auctoritates trasmesse oralmente e di comune proprietà nella tradizione di scuola, vaganti sotto il nome ora di questo ora di quell’altro autore, fonti raggiunte indirettamente tramite repertori, manuali, florilegi, ricorrono nelle pagine dei meno “grandi” così come dei “grandi”. Dante Alighieri si compiace di citare Tito Livio, ma legge Orosioo le Epitomae di L. Anneo Floro.

Tommaso, già maestro in teologia, legge le Sentenze? Se la normativa che regola la didattica universitaria vi si oppone, nessuna obiezione sollevano le consuetudini vigenti negli studi

regionali (uso quest’aggettivo per lasciar impregiudicate le qualifiche provinciale, particulare, generale) degli ordini mendicanti, se non altro perché del loro interno strutturarsi e della quotidiana prassi nell’attività didattica sappiamo ben poco. Il tentativo di ricostruirne segmenti sufficientemente significativi dagli Atti dei capitoli generali e provinciali  -  restii a rilasciare informazioni dalla lunga tenuta cronologica e geografica  -  risulta disperato. Il ricorso ad altre fonti potrebbe offrire contributi interessanti:

GIOVANNI DA SAN GIMIGNANO OP (1299-1333 estremi conosciuti), Sermones dominicales, sermone III della Pentecoste: «Paraclitus autem Spiritus sanctus, quem mictet Pater in nomine meo, ille vos docebit omnia. Io. 13 [ = 14, 27]. Consuetudo est in aliquibus generalibus studiis quod quando magister qui legit debet dimictere scolas et alius sibi magister succedere in eisdem, quod licentiando se a discipulis commendat eis et laudat suumsuccessorem qui eis legere debet» (Bibl. Naz. di Firenze, Conv. soppr. J.2.40, f. 177rb-va). Nel Prologus infine Sententiarum Remigio dei Girolami OP, licenziandosi dal baccellierato sentenziario in Parigi (1298-1300), presenta agli studenti il futuro lettore fr. Bernardo d’Auvergne OP e ne loda virtù e scienza

(ed. in Il «De subiecto theologie» di Remigio dei Girolami O.P., Milano 1982, 73-75).

Tra 1314 e 1316 il fiorentino fr. Remigio dei Girolami raccoglie in uno dei suoi codici 49 prologi o sermones prologales  -  allocuzioni inaugurative dell’anno accademico -  dei quali 5 altrui e 44 propri (Il Repertorio dello Schneyer..., MD 11 (1980) 636-41). Taluni rilasciano informazioni specifiche o sul libro letto a scuola o sulla quantità del programma annuale svolto; talvolta rinviano al prologo precedente costruendo incastri e sequenze. Se l’ordinamentofinale dei prologhi nel codice segue principalmente il criterio della successione dei libri biblici, il raccordo fra tutte le informazioni della serie prologale permette diristabilire l’ordine cronologico dell’insegnamento, l’intreccio annuale tra libro biblico e Sentenze, e di ricostruire almeno tre sequenze didattiche o cicli, il primo di 3, il secondo di 2, il terzo di 4 anni scolastici consecutivi.

■ nell'esemplare a stampa sopprimi i 4 righi di ripetizione che seguono, fino a Eccone il quadro incluso.Eccone il quadro. Dopo il numero seriale del prologo,

l’incipit del versetto tematico del prologo stesso; segueil libro letto a scuola.

Ciclo 1° anno

accademico sermo prologalis  liber textus

I

3.22  Quia postulasti (III Reg. 3,11) Ecclesiastes

3.23  Quia postulasti (III Reg. 3,11) I Sententiarum

3.24  Inmisit Dominus (Ps. 39,4) Cantica canticorum

II

3.18  Cum consumaverit homo (Eccli. 18,6) Prov. cc. 1-17

3.19  Cum consumaverit homo (Eccli. 18,6) II Sententiarum

III 3.20  In proverbiis presbiterorum (Eccli. 8,9) Prov. cc. 18-31

3.21  In proverbiis presbiterorum III Sententiarum

(Eccli. 8,9)

In 3.18 Remigio annuncia il libro proposto alla lettura annuale, i Proverbi, e dichiara che per motivi didattici (in definitiva, l’estensione materiale dei libri) lo ha posposto all’Ecclesiaste e ai Cantici (di questi ci è pervenuto il commentario integrale), letti ambedue l’anno precedente, benché nella bibbia preceda gli altri due librie nonostante che la tradizione esegetica destini i Proverbiai piccoli, l’Ecclesiaste ai maturi, i Cantici ai perfetti.In 3.19 ripropone il tema Cum consumaverit homo, servito ieri («altera die») all’inaugurazione delle lezioni «de textu», per dar inizio alle lezioni sul II libro delle Sentenze, visto che l’anno precedente («anno preterito») aveva letto libro I. In 3.20 precisa che avendo letto l’anno precedente 17 capitoli dei Proverbi, passa ora a commentare i restanti capitoli. In 3.21 annuncia il libro III delle Sentenze; non asserisce esplicitamente la concorrenza con la lettura di Prov. cc. 18-31, ma la ripresa del versetto tematico e l’insistenza a inizio prologo sul motivo della letteratura dei proverbi, non lascia dubbi che Prov. cc. 18-31 e III Sententiarum siano stati letti nel medesimo anno.

Mi dispenso dal giustificare in dettaglio la ricostruzione dei cicli 2° e 3°: i testi dei prologhi, gli abbinamenti dei versetti tematici, le stesse allusioni contenute in quest’ultimi, offrono simili spunti. Annoto soltanto che in ciclo 2° la lettura del III Sententiarum non è esplicitamente testimoniata in alcun prologo della nostra serie. Il relativo prologo nonè stato redatto? non è stato inserito nella collezione del codice? si nasconde sotto altri prologhi (3.6-3.10 e altri ancora) che non rilasciano informazioni sul contenuto della lettura annuale? Ma esso è chiaramente supposto da quanto si dice in 3.28: come ieri proponevamoil tema Opera tua perfice per la ripresa delle nostre lezioni su Luca iniziate l’anno precedente, così lo riproponiamo per la ripresa delle nostre lezioni («in

prosecutione lectionum nostrarum») sulle Sentenze. Qualcosa di simile giustifica l’inserimento Sententiae traparentesi quadre in ciclo 3°; dove peraltro non è discernibile il singolo libro commentato in ciascun anno (supposto che non si fosse già passati a leggere le intere Sentenze in un sol anno).

Ciclo 2° anno

accademico sermo prologalis  liber textus

I 3.26  Placebit Deo (Ps. 68,32) Luca cc. 1-15[III Sententiarum]

II

3.27  Opera tua perfice  (Eccli. 3,19) Luca cc. 16-24

3.28  Opera tua perfice  (Eccli. 3,19) IV Sententiarum

 Ciclo 3° 

anno accademico sermo prologalis  liber textus

I 3.31  Caput eius  (Cant. 5,15 ) ad Romanos cc. 1-63.32  Caput eius  (Cant. 5,15 ) Sententiae

II

3.34  Septimus angelus  (Apo. 11,15) ad Romanos cc. 7-16

3.35  Septimus angelus  (Apo. 11,15) Sententiae

III3.36  Exiit Demetrius  (I Mach. 7,1) I ad Corinthios

  [Sententiae] 

IV

3.37  Fundamentum secundum  (Apo. 21,19) II ad Corinthios

3.38  Fundamentum secundum  (Apo. 21,19) Sententiae

Non è possibile purtroppo datare i prologhi, se si eccettuano quelli legati alla lettura sentenziaria in Saint-Jacques di Parigi (tra 1297 e 1301) in ordine al magistero. Ma l’inizio della carriera professorale di Remigio, protrattasi per 40 anni e più, va fatto risalire agli anni 1274-76. Bisogna trovar posto, nei primi anni

d’insegnamento, anche per lettorati in corsi filosofici, non soltanto perché la carriera tipica dei lettori ricostruibile dagli Atti dei capitoli provinciali inizia negli studi di filosofia (in logica, in logica veteri, in logica nova, in naturis) per approdare a quelli teologici, ma perché i codici di Remigio conservano frutto d’insegnamento da rimettere ai corsi filosofici: Divisio scientie, Prologus super scientiam in generali (3.47), Prologus super librum Ethicorum (3.48). Né i prologhi, e l’insegnamento da essi supposto, possono esser tutti posposti al conseguimento del titolo magistrale(1303-04) o collocati in uno studio generale, poiché non troverebbero posto nella cronologia remigiana tra 1303-04 e1315, anno in cui Remigio cessa dall’insegnamento. Nell’insieme dunque una testimonianza di notevole importanza per contenuti, per estensione temporale, per la tradizione d’una didattica negli studi regionali della provincia Romana nella seconda metà del ’200. Che cosa se ne può ricavare?

Anzitutto, a differenza del curriculum professorale dell’università, uno stesso lettore aveva modo di commentare a scuola prima i libri di testo del corso filosofico e poi quelli del corso teologico. Si dava inoltre che il medesimo lettore leggesse nello studio teologico, e durante il medesimo anno, sia il libro biblicoche quello sentenziario. Come andavano le cose quando il lettore principale, per non parlare del magister, era affiancato da un baccelliere (con Remigio lector più volte èattestata la presenza d’un baccelliere o lector sententiarum):il primo si riservava la lettura biblica e lasciava le Sentenze al baccelliere? quest’ultimo leggeva cursorie le Sentenze e il primo le leggeva ordinarie? E le domande senza risposte attendibili si moltiplicherebbero a dismisura se replicate in rapporto allo statuto legale dei singoli studi: provinciale, generale, particularis theologie...

Almeno una lezione di metodo la si può trarre: trasferire normativa e prassi dalle facoltà universitarie, specie di quella parigina, agli studi regionali degli ordini mendicanti per coprire il vuoto documentario,

rischia di riprodurre l’immagine dell’inesistente. Già molto vi si oppone.

[3] TOMMASO D’AQUINO, In I Sent. d. 9, q. 1, a. 1 ob. 1 (ed. P. Mandonnet, Parigi 1929, 245). Dopo secundum Priscianum le edizioni scolastiche inseriscono le parole lib. II c. De pronomine, che non sono di Tommaso (comunicazione degli editori della Leonina).

3. Biografia di fra Iacopo di Ranuccio

E passiamo a fr. Iacopo.La Cronica di San Domenico di Perugia (doc. I) nel suo

blocco trecentesco (ff. 1-60, 82-89) è scritta per la maggior parte da un’unica mano (A), alla quale sopravvengono delle altre; di queste riterremo soltanto mano B, che succede immediatamente ad A, e C, che oltreché scrivere taluni articoli biografici intervíene a correggereerrori di A. Nella sezione iniziale (ff. 1-20) dedicata alla lista dei cardinali e dei maestri dell’ordine, il cronista A redige le notizie dei cardinali Niccolò da Pratoe Niccolò da Fréauville, dei quali dà l’anno di morte, rispettivamente 1321 e 1323 (di fatto 1325); di Guglielmo di Pietro Godin cardinale dal 1312 e di Matteo degli Orsinicardinale dal 1327, ambedue supposti ancora in vita; il primo muore nel 1336, il secondo nel 1341. La lista dei maestri dell’ordine arriva fino a Barnaba Lombardo, di cui è dato soltanto l’anno d’elezione 1324 (muore nel 1332). Lalista dei provinciali Romani è protratta da mano A fino a Tramo dei Monaldeschí da Orvieto (provinciale nel 1326-28);altre mani proseguono la lista. Nella sezione dei frati perugini, mano A scrive fino a f. 50r, che implica il 2 dicembre 1331 della notizia biografica immediatamente precedente. Mano B redige la notizia del maestro dell’ordine Ugo Vaucemain, cui assegna il 1340 quale anno

di morte (f. 22r) e nella sezione dei frati perugini riprende là dove cessa il lavoro di A, scrivendo articoli di frati deceduti dal 1327 a 1332. Mano C scrive articoli di frati morti nel 1334 e 1337. La sezione dei frati conversi (ff. 82r-89v), tutta di mano A, suppone il 20 dicembre 1331, penultima notizia biografica; l’ultima è sì avviata ma termina in tronco a fine carta (il codice è mutilo almeno di qualche foglio). Il cronista A, cui dobbiamo anche le notizie sui fr. Iacopo perugini (nostro doc. I), avvia dunque la Cronica tra 1327 e 1331, e in questi anni lavora alla sua compilazione.

Il breve scorcio critico sulla natura redazionale della Cronica di Perugia era necessario per valutarne la testimonianza. Se negli articoli dedicatí a frati deceduti intorno agli stessi anni di lavoro di mano A, il cronista dà notizie circostanziate, corredate da informazioni topiche e croniche, per frati deceduti anteriormente gli articoli biografici risultano vaghi; vi abbondano formularidi convenzione, ricorrenti indistintamente per questo o quel frate. Come dire che per i frati del XIII secolo la testimonianza del cronista non è coeva. Rarissime le date del decesso, che diventano sistematiche solo a partire dal 1326. La notizia sul nostro fr. Iacopo di Ranuccio (doc. I.12) è redatta a più di quarant’anni di distanza. La cautela s’impone. L’anno di morte, 1285, è errato. Ed errata è la durata («meno d’un mese») assegnata all’episcopato. Significa che va ritirato ogni credito allaCronica? indistintamente per tutte le notizie che fornisce? anche per quelle non confermate da altre fonti? Il cronistaconosce il nome del padre di fr. Iacopo, Ranuccio; ne conosce il lettorato in Città di Castello; sa che era priore in Santa Sabina quando fu nominato vescovo di Firenze; sa che papa Onorio dei Savelli risedeva allora nelpalazzo di famiglia presso Santa Sabina. Notizie esatte, confermate da fonti coeve e autorevolissime. Il cronista può aver raccolto notizie dai frati più anziani del convento. «Ut audivi a fratre antiquo» è un ritornello nelle compilazioni conventuali, nella letteratura degli

exempla e delle legendae. Non è così ancor oggi? Numeri e date sono nella fascia caduca della memoria. Ma altre informazioni potrebbero aver resistito alla corrosione del tempo. Né mancavano in Perugia frati che avessero conosciuto fr. Iacopo di persona e da presso. Il perugino fr. Bartolomeo di donna Sparviera (Cr Pg ff. 47r-48r) ad esempio, in religione dal 1265 e morto nel 1330, era stato cappellano di Guglielmo da Moerbeke OP arcivescovo di Corinto ed esecutore del suo testamento. Morto Guglielmo presso la curia romana poco prima di ottobre 1286, fr. Bartolomeo passò al servizio di Latino d’Angelo Malabranca OP, cardinale dal 1285, lo stesso che consacra vescovo fr. Iacopo[1]. Da ottobre 1284 ad aprile 1285 la curia risedettein Perugia. Né è da escludere l’utilizzazione degli Atti dei capitoli provinciali, di cui ogni convento doveva serbare copia. I mss pervenutici degli Atti delle province di Roma, Spagna e Provenza, fanno chiaramente intendere chei copisti nel trascrivere gli Atti non si comportavano comedavanti a un testo letterario ma selezionavano le notizie, troncavano o tralasciavano le liste di nomina, sorvolavano le ordinanzioni obsolete o legalmente non più vincolanti. Copie dunque che rispondevano principalmente all’uso e all’utilità del singolo convento. Notizie cadute nei mss a noi pervenuti non potrebbero esser state raccolte dai cronisti conventuali nell’esemplare locale degli Atti? La Cronica di Santa Caterína di Pisa, iniziata negli ultimissimi anni del Trecento, dichiara espressamente che per notizie su frati antichi si è servita anche degli Atti capitolari. E così è di fatto[2].

Secondo la Cronica di Perugía, fr. Iacopo di Ranuccio oltreché predicatore fu lettore nei conventi di Arezzo, Città di Castello, Lucca, Orvíeto, Perugia e Roma (Santa Sabina); vicario provinciale[3]; più volte definitore nei capitoli (provinciali); priore in Perugia e in Santa Sabína. Là dov’è sola a testimoniare, la Cronica non può vantare credito incondizionato, per le ragioni già dette; ma le notizie sulle cariche pubbliche di fr. Iacopo non possono essere scartate a cuor leggero, e meritano

attenzione. Lettorati e prioratí attribuiti dalla Cronica adaltri frati trovano spesso riscontro o negli Atti capitolari o in fonti diplomatiche. Il lettorato conventuale suppone l’istituzíone del convento formale; la prima attestazione del convento aretino risale al 1247. Dellettorato in Città di Castello, 1273, si dirà più in là. Sottolineiamo quello in Lucca; qui fr. Tolomeo aveva vedutoil commentario romano di Tommaso al I libro delle Sentenze.Il lettorato in Santa Sabína quando la curia rísedeva in Roma (è il caso del conventus curiae, studium curiae) va tenuto distinto, secondo la Cronica, dal priorato nel medesimo convento al tempo d’Onorío IV (1285-87). Difficile datarlo attendibilmente. Tenuto conto degli estremi cronologici di Iacopo, le residenze della curia papale nei decenni anteriori al pontificato d’Onorio IV fanno puntare gli occhi al triennio del papa Orsiní, Niccolò III (1277-80). In Viterbo in novembre-dicembre 1277 dov’era stato eletto, successivamente Niccolò risedette in Roma, salvo i mesi estivi trascorsi in Viterbo.

Compito del lettore, oltreché insegnare e disputare, eraanche predicare. «Gracíosus predicator», dice la Cronica. E predicatore generale fr. Iacopo vien nominato nel 1281 (doc. V). Ci sono pervenuti sermoni sotto il nome di «fr. Iacobus Perusinus OP». Di quale Iacopo si tratta? In doc. Isono dati, secondo il numero di successione nella Cronica, gli articoli biografici degli omonini perugini che potrebbero avanzare la propria candidatura. Soltanto uno spoglio sistematico dei sermoni e dei loro codici permetterebbe di raccogliere indicazioni cronologiche o d’altra natura, utili, a confronto con i fr. Iacopo della Cronica, a decidere della paternità.

■ SOPMÆ II, 334-35; IV, Roma 1993, 135; J.B. SCHNEYER,Repertorium der lateinischen Sermones des Mittelalters III, Münster Westf. 1971, 161; C. DELCORNO, La «Legenda» e la narrativa dei predicatori, in AA.VV., Jacopo da Varagine. Atti del I Convegno di Studi, Varazze 1987, 46-47. La rubrica inBibl. Com. dell’Archig. di Bologna A 212, in scrittura

libraria trecentesca (meglio, quattro-trecentesca), dice: «Sermones de sanctis domini Iacobi de Perusio ordinis Predicatorum eiusdem cívítatis episcopi et sunt sermones valde singulares» (f. 1r); segue vignetta di frate Predicatore con mitra vescovile. Timoteo Bottoni OP († 1591) negli Annali, Bibl. Com. Augusta di Perugia ms 1150, p. 94 (anno 1285), riassunto su Iacopo di Ranuccio quanto nella Cronica perugina, dà la notizia: «Io mi ricordo haver visto nel convento d’Imola un libro di carta pecora antico scritto in penna, il cui titolo è Sermones Fr. Iacobi de Perusia. Facil cosa è che sia questo ístesso »; a p. 95 (anno 1286) ritorna su fr. Iacopo attingendo dalfiorentino Vincenzo Borghini.Nessuna data cronica per fr. Iacopo di Brunaccio (doc.

I.11); ma suo fratello fr. Niccolò di Brunaccio, deceduto il 25 dicembre 1322, era entrato in religione nel 1255 (la Cronica gli attribuisce 67 anni di vita religiosa: ff. 37r-38v), e intorno a quell’anno muore fr. Iacopo, quando cioè suo fratello Niccolò era ancora novizio. Di fr. Monaldo, fratello uterino di fr. Iacopo da San Mariano (I.23), conosciamo il nome del padre, Bertramino (Cr Pg f. 35r-v). Nel 1291 Monaldo è assegnato studente delle Sentenze lette in Firenze da fr. Gíovanni da Spoleto (ACP 100 r. 6). Fr. Iacopo «Perusii» (da intendere come patronimico), i cui sermoni furono messi a disposizione del convento perugino (doc. I.36), il l° agosto 1310 testimonia a favore dell’indulgenza che Benedetto XI (1303-04) avrebbe concessoalla chiesa domenicana di Perugía: «fr. Iacobus Perusii» (ASPg, Corporaz. relig. soppresse, S. Domenico, pergam. n. 25 (1.VIII.1310). Perusius e Perusinus erano usati come antroponimi: RD Umbria II, 111 sub voce). Nessun dato su fr.Iacopo di Gigliuzzo dei Baglioní (I.64), mentre fr. Iacopo degli Scalzi è religioso dal 1318 e muore il 30 novembre 1326 (I.75). Fr. Iacopo da Santa Cristina, in religione dal1277, muore il 15 aprile 1330 (I.82). Studente di teologia in Firenze 1288; lettore in Arezzo 1293, in Perugia 1305,

in Arezzo 1311 (ACP 85 r. 8, 112 rr. 5-6, 154 r. 27, 181 rr. 18-19); anch’eglí attesta nel 1310 per l’índulgenza perugiana (ASPg, ib.: «fr. Iacobus de Sancta Cristena» [= xpena]).

La cronologia degli omonimi perugini (si noti l’ínserimento di fr. Iacopo dei Baglioni nella sequenza di articoli che rimandano agli ultimi anni del ’200) lascia aperte due possibilità all’identificazione del fr. Iacopo Perugino in Santa Maria Novella il 31 gennaio 1245 (doc. II): fr. Iacopo di Brunaccio e fr. Iacopo di Ranuccio. Il primo aveva un fratello la cui esistenza si protrae fino al1322; muore intorno al 1255; ragionevolmente quando ancora molto giovane. Con tutta verosimiglianza il fr. Iacopo Perugíno in Santa Maria Novella è il nostro fr. Iacopo di Ranuccio. Nessuna difficoltà e nessuna contraddizione che lo si dica Perugino. Il toponimo, specie in documenti esterni al luogo d’origine, rimanda alla predicazíone conventuale, vale a dire alla circoscrizione territoriale del convento di cui il frate è figlio nativo. Iacopo di Ranuccío, originario  -  come vedremo  -  di Castelbuono, èfiglio del convento perugino, e a questo titolo la Cronica di San Domenico di Perugia ne redige la notizia biografica;essa infatti intende far memoria di quei frati «qui de civitate et diocesi perusina necnon et eius predicatione traxerunt originem et in eodem ordine usque ad mortem perseveraverunt» (f. 9v). Quello del 1245 sarebbe il primo dato cronologico di fr. Iacopo di Ranuccio, se è lui  -  come riteniamo  -  a nascondersi sotto il fr. Iacopo Perugino. Poiché compare in un atto formale del capitolo, non era ospite o di passaggio in Firenze, ma assegnato al convento di Santa Maria Novella.

Nel 1270 il capitolo provinciale aveva accettato un locusin Città di Castello, assegnato dei frati e istituito il vicario fr. Ugolino da Montone (ACP 37 rr. 10-11). Nel 1273il capitolo provinciale, convocato per il 28 settembre (ACP40 rr. 14-15), costituisce il primitivo insediamento in convento formale. Priore è il fiorentino fr. Guarnieri dei Vecchietti (1246-1310) (Necr. I, 27, 257-59 n. 195),

lettore fr. Iacopo di Ranuccío. Il capitolo assegna anche altri frati al nuovo convento (12 è il numero minimo requisito per il convento formale), ma i copistí degli Attiaccennano la lista e la troncano con un etc. (doc. III). Fortunatamente l’atto capitolare di Città di Castello dell’11 maggio 1274 permette di dar nome all’etc. degli Atti capitolari (doc. IV); esso infatti precede il capitoloprovinciale dell’anno (convocato per il 14 settembre: ACP 43 rr. 12-13), che di regola disponeva dei trasferimenti del personale conventuale. Fr. Marco da Lucca, conventuale di Città di Castello, viene autorizzato a riscuotere la parte d’eredità che gli spetta. Il priore è assente. Il capitolo è presieduto dal sottopriore fr. Bendifende da Città della Pieve figlio del convento d’Orvieto[8]. Il fiorentino è Manetto del Piglio dei Filippi (1245-1304) (Necr. I, 24-25, 255 n. 186). L’Andrea da Perugia non è identificabile con certezza tra i molti omonimi della Cronica perugina. Guidotto, come Adamo, è originario di Città di Castello (ACP 71 r. 24: anno 1285). Il Datus di Simone può esser letto anche Dacus. Il fr. Iacopo che segue, il cui toponimico è illeggibile, è «de Perusio», cioè Iacopo di Ranuccío di doc. III. Mentre il fr. Iacopo Perugino in San Domenico in Camporegío di Siena il 26 ottobre 1282 (doc. VI) non può essere individuato tra gli omonimi del convento di Perugia.

Il capitolo generale Firenze 1281, convocato per la domenica tra l’ottava dell’Ascensione (che nel 1281 cadeva il 25 maggio) aveva assolto dalla carica tutti i predicatori generali della provincia Romana (MOPH III, 214/34; per la convocazione p. 210/29-31). Il capitolo provinciale dello stesso anno, che per tradizione si tenevaa ridosso di quello generale quando celebrato nella medesima città, nomina 29 nuovi predicatori generali, tra iquali Iacopo di Ranuccio (doc. V).

[1] Cf. Nuove testimonianze..., AFP 56 (1986) 50-51, 54-55.

[2] F. BONAINI, Chronica antiqua conventus Sanctae Catharinae de Pisis, «Archivio storico italiano» I serie, t. VI, pars II (1845) 401, 412, 417, 430, 437, 440, 480...[3] «in Tuscia provintialis vicarius» (doc. I.12): da intendere vicario provinciale d’una delle circoscrizioni territoriali della provincia Romana. Nel 1253 si ingíunge al provinciale fr. Giovannidei Colonna di provvedere frati «contra hereticos in patrimonio beati Petri in Tuscia» (ASV, Fondo Domenicani, pergam. 315: 2.IV.1253). Nel 1276 fr. Lorenzo da Todi è «vicarius priorís provintialis in conventibus eiusdem ordinis in Patrimonio constitutis» (ASL, Dipl. S. Romano 15.VII.1276). Circoscrizioni territoriali anche per visitatori e collette di contribuzioni: ACP65, 145, 148, 150-51...[8]Cr Ov ed. 71-72. Tra i capitolari del convento d’Orvieto in luglio 1276: «fratris Bendefendis de Castro Plebis» (ASL, Dipl. S. Romano 15.VII.1276). C’è anche un fr. Bendifende da Perugia (Cr Pg f. 83r), ma è converso; era stato sposato, e un suo figlio, fr. Ranieri, era entrato anch’egli in San Domenico di Perugia (ib. f. 30r).

4. Episcopato fiorentino e decesso di fra Iacopo di Ranuccio 1286

Il 28 maggio 1286 Onorio IV nomina fr. Iacopo di Ranuccio vescovo di Firenze (doc. VII.1). Si tratta d’una nomina in senso stretto, non d’una conferma d’elezione. Perché il discorde capitolo canonicale aveva espresso due elezioni, una nella persona di Schiatta degli Ubaldini e l’altra nella persona di Lottieri della Tosa. Il primo, delpotente casato ghibellino dalle antiche ascendenze feudali,figlio d’Ubaldino della Pila, nipote del cardinal Ottavianovescovo di Bologna (1240-95) e fratello di Ruggeri arcivescovo di Pisa (1278 ss.); succederà allo zio nella sede bolognese (1295-99). Il secondo, figlio di messer Odaldo della Tosa, famiglia di recente estrazione urbana, preminente tra la borghesia fiorentina di fede guelfa, in primo piano nelle competizioni politiche cittadine, spesso

intrigante e rissosa. Lottieri otterrà nel 1287 la sede di Faenza e a inizio 1302 sarà trasferito a quella di Firenze.La lunga vacanza della sede fiorentina e l’incapacità del capitolo canonicale di pervenire a un’intesa, riflettono leacute lotte intracittadine all’interno del gruppo dominantee il rafforzarsi in quei decenni del nuovo ceto mercantile che si emancipa dalla tutela a lungo esercitata in città e in contado dalle antiche signorie comitali.

■ L. MAGNA, Gli Ubaldini del Mugello: una signoria feudale nel contado fiorentino, in AA.VV., I ceti dirigenti dell’età comunale nei secoli XII e XIII, Pisa 1982, 13-65; DAVIDSOHN III, 397-99, 432-33; AA.VV., Ghibellini, guelfì e popolo grasso. I dententori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, Firenze 1978, 113, 12l. Il 26.II.1285 i consigli opportuni della repubblica fiorentina avevanoapprovato la proposta d’una ambasciata alla santa sedeche sollecitasse la soluzione del problema del vescovocittadino: «Item quod ambaxiatores mittantur pro episcopo habendo» (Le consulte della repubblica fiorentina I, ed. A. Gherardi, Firenze 1896, 170).Deferita la causa a Roma, entrambi i candidati declinano

ogni diritto che gli potesse venire dall’elezione. Il papa tronca la questione nominando una persona estranea alla concorrenza delle consorterie locali, fr. Iacopo. E mette fine nel contempo alla lunghissima vacanza episcopale che si trascinava del 31 dicembre 1274, data di morte del precedente vescovo fiorentino Giovanni dei Mangiadori. Dalla lettera di nomina si apprende che fr. Iacopo era priore in Santa Sabina quando nominato vescovo. La cancelleria papale redige sei lettere dal medesimo tenore, salve le congrue varianti previste dal formulario secondo idifferenti destinatari. In quella del 9 giugno (doc. VII.6)il papa comunica al clero fiorentino che nel frattempo il vescovo neoeletto ha ricevuto la consacrazione episcopale dalle mani del cardinal Latino d’Angelo Malabranca OP. Della lettera papale del 28 maggio 1286 diretta al clero fiorentino (VII.3) è conservato il diploma originale in

extenso nell’Archivio del Capitolo del Duomo di Firenze (doc. VIII).

In Firenze, l’8 giugno 1286 il priore conventuale di Santa Maria Novella fr. Ugo degli Ubertini, figlio nativo del convento d’Arezzo (verosimilmente lo stesso fr. UgolinoAretino in Città di Castello nel 1274: doc. IV) (cf. Priori diSMN..., MD 17 (1986) 273-74), presenta la lettera papale (doc. VIII) al capitolo canonicale e al clero fiorentino convocati nel coro di Santa Reparata. Il proposto Iacopo nedà pubblica lettura (doc. IX).

■ Per i canonici del tempo: S. SALVINI, Catalogo cronologico de’ canonici della chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1782. L’arciprete Lottieri è Lottieri della Tosa. Il proposto Iacopo, che secondo il Salvini è figlio di messer Abate di Rustico degli Abati, muore il 17.XII.1291 (Arch. dell’Opera di S. Maria del Fioredi Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata, f. 59v, sub xvikal. ianuarii); messer Abate di Rustico degli Abati era morto il 3. IV.1283 (ib., f. 16v, sub iii nonas apr.); «d. Uguiccione de Malespinis canonicus florentinus» muore il 29.VI.1286 (ib., f. 31r, sub iiikal. iulii).■ PAOLO ROSSO, Negli stalli del coro. I canonici del capitolo cattedrale di Torino (secoli XI-XV), Bologna (Ed. Il Mulino) 2014, pp. 700. Ricevuto in dono da Ed. Il Mulino, 14.VI.2014. Per quanto valutabile dall'indice (pp. 5-7), si tratta di articolata ricostruzione delle competenze del canonicato torinese; ma che potrebbe essere utile guida ad intendere funzioni e ruolo del canonciato anche di altre diocesi. Riassunto in quarta pagina di copertina: «Il volume ricostruisce la composizione sociale e i percorsi di formazione culturale dei canonici del capitolo cattedrale di Torino, chiamati a compiti di assistenzadel vescovo nella guida e nel disciplinamento dell'ampia diocesi, nella cura pastorale e nell'amministrazione temporale di un consistente

complesso patrimoniale. Il prestigio e le rendite economiche connessi alla carica suscitarono l'interesse delle più influenti famiglie della città. L'accesso agli stalli capitolari era però anche un'opportunità di studio in ambiti utili sia alla carriera ecclesiastica che all'esercizio di attività intellettuali come la docenza nella scuola capitolare e presso la facoltà giuridica dello Studio torinese: tracce di questi habitus culturali emergono dalle biblioteche personali dei canonici, qui ricostruite attraverso l'analisi di una documentazione in massima parte inedita. Lo studio dei ceti di appartenenza dei canonici ha permesso di cogliere le dinamiche instaurate tra le oligarchie che occuparono i vertici della società cittadina e l'affermazione di nuovi gruppi: gli aspetti peculiari delle strettissime relazioni tra la comunità canonicale e la società urbana trovarono importanti punti di raccordo proprio nella composizione del capitolo e nello scambio, talvolta molto proficuo, di saperi e di uomini di cultura».

Bullettone (docc. X e XV) è detto un voluminoso codice dell’Archivio della Curia Arcivescovile di Firenze, principalmente registro dei beni immobili della diocesi. Leprime 282 carte (e i primi due paragragi.di f. 283r) sono scritte da un’unica mano. Dopo la morte del vescovo Antoniodell’Orso († 1321), i visdomini o guardiani dei beni della diocesi e amministratori dei medesimi in tempo di vacanza vescovile  -  Visdomini, Tosinghi e Aliotti  -  riordinano le carte amministrative e ne redigono il regesto, il Bullettone appunto. Trascrive il tutto il notaio Giovanni delfu Arrighetto nel 1322 al tempo di papa Giovanni XXII, com’egli stesso dichiara; il notaio Giovanni di Tieri da Castelfiorentino conferma e sottoscrive (ff. 281v-282r). Sempre il notaio Giovanni di Arrighetto trascrive poi a f. 282v la lista delle vacanze episcopali (doc. XV) dal tempo del vescovo Giovanni dei Mangiadori († 1274) a Francesco da

Cingoli († 1341). In realtà nel prologo il compilatore dichiara l’intenzione di protrarre la lista fino al vescovoAntonio dell’Orso († 1321); di fatto il testo include ancheFrancesco da Cingoli. O che la lista, compilata poco dopo l’avvento di Francesco (1323; doc. XV.6), fosse trascritta nel Bullettone successivamente, o che l’articolo includente il 1341, anno di morte di Francesco (XV.7), venisse aggiunto posteriormente, la compilazione della lista delle vacanze suppone almeno il 1322. Ora questa pagina del Bullettone contiene gravi imprecisioni; nel caso di fr. Iacopo (XV.2) molti errori. Se l’anno di morte era digià stato corretto col ricorso ai registri papali, il giorno (da ritenersi errato, anch’esso) è ancora quello trasmesso ai moderni repertori.

L’entrata di fr. Iacopo a Firenze (30 giugno 1286) e la presa di possesso (1° luglio) sono anch’esse tramandate dalBullettone (doc. X); qui però il Bullettone non compila in proprio ma trascrive l’atto originale rogato dal notaio vescovile ser Grazia di Arrigo, lo stesso che redige e sottoscrive doc. IX. Del compilatore del Bullettone è solo ilcappello «Infrascriptus est modus... episcopi florentini» premesso a mo’ di rubrica e che riprende il protocollo del notaio ser Grazia. Il cerimoniale, ispirato alla metafora sponsale tra vescovo e sua chiesa, è noto agli studiosi di storia locale. Annoto soltanto che Porta San Pier Gattolino, all’estremo sud del sesto d’Oltrarno, dava accesso a chi provenisse dalla direttrice di Siena. Dei frati che a fine cerimonia porgono al vescovo il «mantellumsui habitus», fr. Iacopo da Monte Carelli OP (1264-89) è nativo del convento fiorentino; sconosciuto il converso fr.Angelo il Nero (Necr. I, 14 n. 144; lettore e predicatore generale è il viterbese fr. Angelo il Nero (ACP ad indicem)ma non può essere identificato con l’omonimo converso, supposto che costui fosse frate domenicano).

I guardiani della sede vacante hanno reso conto dell’amministrazione al nuovo vescovo. L’interessante documento volgare (doc. XI) non è un atto legale perché vi fanno difetto tutte le peculiarità diplomatiche dell’atto

rogato da un pubblico ufficiale. Fa parte invece del generedei Ricordi o Ricordanze, note e quaderni privati in cui i mercanti fiorentini tenevano memoria delle loro transazioni; e «ricordo» o «ricordanza» va sottinteso alla fine del primo paragrafo: «ricordanza chome i detti danari...». Il frammento d’amministrazione dev’essere statoscritto da un fratello di messer Lottieri del fu Rinuccino dei Visdomini (detto appunto «frate»)[17] non molto dopo il 30 luglio 1286 (giorno in cui Lottieri versa al vescovo Iacopo 496 lire di moneta argentea) e prima del 29 dicembredello stesso anno (data di nomina del vescovo Andrea dei Mozzi): le residue 700 lire di spettanza episcopale prestate ai Visdomini della Corte furono anticipate al nuovo vescovo Antonio dallo stesso Lottieri di Rinuccino; ma il ricordo di questo versamento è stato aggiunto in secondo tempo, in scrittura di piccolo modulo che sfrutta lo spazio interlineare precedente l’ultimo paragrafo. Lira e soldi erano monete di conto; il versamento di somme di tale entità era pertanto effettuato in fiorini d’oro, salvole rimanenze in denaro. Nel 1286 un fiorino d’oro scambiavacon circa 36 soldi (= lira 1,8). Lire 496 erano pari a fiorni 275,5; lire 700 a fiorini 388,8. Testi nell’atto di mutuo ai Visdomini della Corte sono ser Grazia d’Arrigo notaio vescovile, che già conosciamo, Migliore di Michele eChele di Corso (Bullettone f. 255v), rispettivamente camerario e familiare del vescovado, tutti presenti alla cerimonia d’accoglienza e presa di possesso del vescovo Iacopo. Messer Carmignano, altro mutuatario delle rendite dei beni diocesani, è della famiglia della Tosa o Tosinghi.Suo figlio Odaldo sarà familiare di Lottieri di Odaldo della Tosa durante l’episcopato faentino di costui; messer Carmignano risulta deceduto anteriormente al 16 febbraio 1291.

■ Il codice di Lottieri della Tosa, a c. di G. Lucchesi, Faenza1979, docc. 17, 41, 42, 68, 106, 108, 129, 218 (aa. 1288-92); in doc. 129 (16.II.1291) è detto per la prima volta «Odaldus quondam d. Carmingnani de la Tosa filius». Lo stesso registro vescovile attesta che

il padre del vescovo Lottieri era un messer Odaldo, già deceduto: «d. Lotterius Dei gratia faventinus episcopus, filius olim d. Odaldi de la Tosa » (ib. p. 19: 23.I.1289); messer Odaldo di messer Marsoppino delnostro doc. X? Un messer Odaldo della Tosa, senza patronimico, appare nelle fonti fiorentine relative alla battaglia di Montaperti (1260) e tra i guelfi risarciti (1269) dei danni subìti durante il governo ghibellino. «Acçucçius filius condam d. Odaldi d. Marsoppini» e «d. Odaldus condam d. Carmingnani de la Tosa» compaiono il 6 e il 9.XII.1301 in atto di nominadel rettore della chiesa San Michele dei Visdomini di Firenze, in cui intervengono molti Visdomini, Tosinghie Aliotti, titolari del patronato della chiesa (ASF, Riformagioni 6.XII.1301). Alla data 13 luglio, senz’indicazione di anno, Arch. dell’Opera di S. Mariadel Fiore di Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata, f. 33r, sub iii idus iulii, registra la morte di «domina Cilia uxor olim d. Carmigniani de Tosinghis».

La lista delle vacanze episcopali del Bullettone, compilata dopo il 1322, fa morire il vescovo fr. Iacopo il 16 agosto 1287 dopo «quaranta giorni» d’episcopato (doc. XV.2). L’anno è stato rettificato, come detto, sui registripapali; per il giorno di morte si è ancora debitori del Bullettone:

J. LAMI, Sanctae ecclesiae florentinae monumenta I, Firenze1758, 81. HC I, 250. DAVIDSOHN III, 402; VII, 20 n. 1.  S. DE SALANIACO - B. GUIDONIS, De quatuor in quibus…, ed.Th. Kaeppeli, Roma (MOPH XXII) 1949, 88 n. I. C.C. CALZOLAI, La chiesa fiorentina, Firenze 1970, 20. Per la cronologia dei vescovi fiorentini, di cui si dirà qui appresso, i repertori più pertinenti risultano insoddisfacenti più d’una volta; qualche precisazione cronologica era stata già apportata da R. Davidsohn.

Che valore ha la lista?

Per la morte di Giovanni dei Mangiadori, 31 dicembre 1274 (XV.1), l’autore della lista deve aver avuto a sua disposizione una buona fonte; la data è confermata dal Necrologio della canonica fiorentina, o meglio Obituario di Santa Reparata (XIII-XIV s.), registro necrologico del duomo di Firenze, redatto a mo’ di calendario, su cui si venivano scrivendo man mano i nomi dei deceduti sepolti nei recinti del duomo o ai quali era annesso l’obbligo dei suffragi anniversari (Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata, f. 61v, sub ii kal.ianuarii: «1274. dominus Iohannes venerabilis pater episcopus florentinus»). Nel caso di fr. Iacopo (XV.2) l’anno 1287 non è un errore di copia ma d’informazione; si è veramente scritto quel che s’intendeva. Sia perché la durata della vacanza è computata in 12 anni e 6 mesi, sia perché si prosegue dicendo: «vacavit ecclesia florentina usque ad mensem martii eiusdem anni», cioè 1287 come voleva l’anno fiorentino, coincidente col 1288 dello stile comune fino al 24 marzo. Il che trascina l’avvento del vescovo Andrea dei Mozzi a più d’un anno di ritardo, contro la perentoria conferma papale del 29 dicembre 1286 (doc. XIV).Francesco dei Monaldeschi da Bagnoregio è confermato vescovo di Firenze il 13 settembre 1295, dopo che Andrea dei Mozzi era stato trasferito («nuper») alla sede vicentina (Les registres de Boniface VIII, ed. M. Faucon - G. Digard, I, Paris 1907, n. 438 (13.IX.1295); il trasferimento d’Andrea dei Mozzi alla sede vicentina porta la stessa data 13.IX.1295 (ib. n. 406). Il Bullettone (XV.4) non sarebbe vistosamente in errore se computasse l’inizio dell’episcopato dalla presa di possesso; cosa non inverosimile, se si tien conto della natura del codice. È certamente in errore nella data di morte; Francesco morì il10 dicembre 1301:

Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata, f. 58r, sub iiii id. dec.: «1301. dominus Franciscus episcopus florentinus»; ASF, NA 2962 (già B 1948), f. 90r (10.XII.1301): «Certum est quod venerabilis condam pater d.

Francischus... episcopus florentinus licentiam exhibuit et concessit (...), prout in publico instrumento inde fatto et scripto per Francischum Neri de Barberino notarium supradicti condam episcopi florentini sub anniset indietione predictis, die kalendarum decembris (...).Hodie vero, silicet die decimo mensis decembris proxime suprascripto...». Il 5.XI.1301 il vescovo è in vita: VILLANI  IX, 49, 40.

Lottieri della Tosa (XV.5) è trasferito dalla sede di Faenza a quella di Firenze il 20 gennaio 1302 (Les registres deBoniface VIII, vol. III n. 4308 (20.1.1302); prende possesso il 24 febbario 1302; muore il 23 aprile 1309:

ASF, S. Pier Maggiore 24.II.1301 «Existente venerabili patre dno Locterio... episcopo florentino ad prandium indomibus monasterii Sancti Petri Maioris florentini primadie qua ipse intravit civitatem Forentie quando rediit aromana curia causa sue promotionis, ut moris est... ». Atti episcopali di Lottieri in ASF, Riformagioni 1.IV.1302; Mercatanti 7.V.1302. Il 5.II.1302 si dice: «d.Iohannes thesaurarius florentinus, vicarius capituli Florentie, sede florentina vacante» (ASF, Riformagioni 6.XII.1301, giunta del 5.II.1301/2; quest’ultima cifra indica l’anno dello stile comune); la notizia non era ancora pervenuta a Firenze? i notai fiorentini consideravano vacante la sede fino alla presa di possesso?■ Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata, f. 19v, sub viiii kal. maii: «1309. dominus Locterius episcopus florentinus ». È in vita secondo il notaio vescovile Lapo di Gianni: ASF, NA 11484 (L 76), f. 72r-v (7.II.1308/9),f. 73r (19.III.1308/9), f. 73r (25.III.1309); la sede è detta vacante il 4.V.1309 (f. 73v).I registri papali non forniscono la data del

trasferimento d’Antonio dell’Orso (XV.6) dalla sede di Fiesole a quella di Firenze; il 17 settembre 1309 la sede

fiorentina è ancora vacante; Antonio risulta vescovo fiorentino già in febbraio 1310:

Vacante la sede fiorentina è detta in ASF, NA 11484 (L 76), f. 75v (13.VIII.1309); AVF, XIV.III.A.13, f. 8r (29.VIII.1309); Regestum Clementis papae V, Roma 1885,nn. 4576 (17.IX.1309), 5076 (1.VIII.1309), 5077 (3.VIII.1309).AVF XIV.III.A.13, f. 3r (17.II.1309/10). Già in gennaio 1310?: cf. A. SAPORI, Studi di storia economica, Firenze 1955, 883-84. In XIV.III.A.13 a f. 9r inizia il Registrum epistolarum d’Antonio vescovo fiorentino colprotocollo: «anno 1309, indictione 8a, diebus et mensibus infrascriptis»; la prima data è 17.III.1309/10; l’avvio del registro è posteriore almeno al 24.IX.1309, giorno d’inizio della nuova indizione bedana in uso in Firenze.Il credito a lungo dato alla lista delle vacanze

episcopali del Bullettone è sproporzionato ai suoi meriti, specie per gli episcopati remoti dal tempo di composizione.Per fr. Iacopo una sola informazione risulta utile: che fosse originario «de Castrobono». Tra le nostre fonti il Bullettone è l’unico a testimoniarlo. Meno esposto delle datecroniche all’errore, il toponimo potrebb’essere stato trasmesso al compilatore da fonti preesistenti su cui elabora la lista. Il riscontro è soddisfacente. Castelbuono, pieve con titolo di Santo Stefano, era nel territorio nord-occidentale della diocesi di Spoleto (RD Umbria II, 37b, e carta topografica annessa). Molto prossima a Bevagna; dove però il convento fu formalmente istituito solo nel 1310 (MOPH XX, 177/24-25; 179/19; semplice locus 1301, 1307: ib. XX, 141/30-31; 167/15). Nessuna incongruenza dunque che fra Iacopo lo si dicesse Perusinus, ossia figlio del convento perugino.

■ S. NESSI, I Trinci signori di Foligno, Foligno (Associaz. Orfini) 2006, 302: "Castelbuono", nel territorio politico della signoria dei Trinci (1305-1439).

Iacopo muore in Firenze il 13 agosto 1286 (doc. XIII). Né fa difficoltà[18] doc. XII del giorno precedente: la cancelleria vescovile ha rilasciato il diploma con qualche giorno di ritardo rispetto alle istruzioni del vescovo? Iacopo è morto improvvisamente?

Nominato vescovo da Onorio IV per sottrarre la sede fiorentina alle consorterie cittadine, Iacopo durò in carica 78 giorni, se computiamo dalla nomina (28 maggio); 44 giorni, se computiamo dalla presa di possesso (10 luglio). Non lasciò traccia nella vita civile ed ecclesialedella città.

■ Nella Cronichetta fiorentina (XIV s.) edita da P. SANTINI, Quesiti e ricerche di storiografia fiorentina, rist. Roma 1972, 119, si legge: «MCCLXXXVI fu chiamato veschovo in Firenze uno frate predichatore, ch’avea nome messer Iacopo da Perugia; e menò seco tutti gli stadichi [= ostaggi] de’ ghibellini, e rendegli tutti.Venne lo primo dì di luglio e vivette XL dì». Nulla inGiovanni Villani e nelle Consulte della repubblica fiorentina, ed. A. Gherardi, 2 voll., Firenze 1896, 1898.Gli succedette un fiorentino, Andrea dei Mozzi (nominato

29.XII.1286), casato digià potente, dai vasti interessi commerciali e creditizi. Le fonti fiorentine gli rimproverano autoritarismo ed esosità.

[17] Duccio di Rinuccino dei Visdomini, che muore il 13.VIII.1300 (doc. XIII), è certamente un fratello di Lottieri di Rinuccino.[18] Il Davidsohn, che conosce il doc. del 12.VIII.1286 (solo dal regesto dell’Inveniario del fondo diplomatico?) dice che in questo giorno Iacopo «officiava» in Santa Maria Novella (Storia di Firenze III, 402 n. 1); cosa che doc. XII non permette d’inferire.FINESCHI, Memorie istoriche 185 n. 1: Iacopo «fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria Novella nella Cappella di S. Luca [= prima a destradell’altar maggiore] in un Deposito di marmo, il quale fu tolto, quando nel 1505, dalla Famiglia de’ Gondi se ne acquistò il Dominio».

 

DOCUMENTI

I.  Cronica di San Domenico di PerugiaBibl. Comunale Augusta di Perugia ms 1141 (ora vedi

anche ed. A. MAIARELLI, La Cronaca di S. Domenico di Perugia, Spoleto 1995)

[11] Frater Iacobus Brunatii sacerdos et predicator bonus, fuit dulcissime conversationis et sancte vite; quo mortuo visibiliter apparuit fratri Nicolao germano suo novicio, eo existente in oratione, et ait illi alacri vultuut perseveraret in ordine, et ipsum quam plurimum exortatusest ad observantias regulares. Qui quidem eodem modo matri sue apparuit, ipsam confortando eo quod tristis esset et desolata de obitu eius, dando ei spem de beata gloria eterne vite propter laudabilem vitam quam ducebat. Et quia verus frater fuit et sue religionis amator, ad ordinem traxit suum germanum fratrem Nicolaum.

[12] Frater Iacobus Raynucii sacerdos, fuit graciosus predicator et lector arectinus et castellanus, lucanus, urbevetanus, in Tuscia provintialis vicarius, et perusinus ac etiam romanus in Sancta Sabina tempore quo curia erat inUrbe. Qui et fuit in pluribus capitulis diffinitor, postmodum prior perusinus, demum factus prior in Sancta Sabina, per papam Honorium de Sabello residente ibidem, propter suam laudabilem viram et celebrem opinionem que de ipso erat in romana curia, factus est episcopus florentinus; qui et in sua episcopali sede modico tempore requiescens infra mensem migravit ad Dominum ac sepultus inecclesia suorum fratrum sub M°cc°lxxx°v° (f. 29r-v).

[23] Frater Iacobus uterinus cum fratre Monaldo de Sancto Mariano, fuit solide vite et religiose, qui etiam etcompositos mores habens, qui vitam suam tam[1] laudabilem quam innocentem duxit. Hic cum esset diaconatus officio functus et iuvenis in etate, nichilominus miro modo erat graciosus in verbo dum predicaret, et de ipso exibens salutare exemplum tam interius quam extra ita quod

fratribus et secularibus se redidit graciosum. Qui et obiitin Spoleto mira devocione in Domino. Apparuit autem post suum obitum fratri Raymundo dudum suo amico precipuo[2] in veste candida et facie relucenti, tenens in manu fasciculumdiversorum[3] florum, pandens et statum felicem et amenum quem habebat in celesti patria, et sibi predixit finem suumin brevi de hac vita, quod et verificatum est, quia frater Raymundus post triduum visionis prefate migravit ad Dominum(f. 33r-v).

[36] Frater Iacobus Perusii sacerdos, fuit magnus et graciosus predicator et bonus clericus. Qui et fecit sermones utiles et aceptos fratribus, quos conventus pro comuni utilitate ad catenam armarii apposuit. Qui fuit etiam prior et supprior necnon et lector in Perusio, et in sua conversatione plurimum gratus fratribus et secularibus,ex co quod erat homo boni et discreti solacii, qui et Perusii in pace quievit (f. 35r).

[64] Frater Iacobus Giliucii de Ballionibus sacerdos, fuit religiosus homo quam plurimum, omnem honestatem amplectens ci sue religionis amator et valde circa scientiam studiosus. Qui et Perusii in Domino requievit (f.40r).

[75] Frater Iacobus de Scaltiis antequam nostrum ordinemesset ingressus fuit homo caritate diffusus super pauperes Christi, pia gestans viscera, eis largas elimosinas imparciendo, necnon ad bospitalia leprosorum frequenter declinando, serviendo eisdem manibus propriis, compassione et pietate commotus. Qui fuit de primis ingredientibus fraternitatem disciplinatorum sancti Francisci, servans peromnia ordinationes fraternitatis predicte. Veniens autem adnostram religionem, peroptime servavit substantialia ordinis et effectus est magnus çelator circa bona preservanda nostri conventus. De bonis vero proprii patrimonii dedit nostro conventui de nova sacristia construenda novem centonaria usualis monete, et oralogium factum est sua bonitate et procuratione sollicita, pro parte dando peccuniam in antedicto opere. Et emit pro

utilitate comuni, congnati sui de propria peccunia, calicempreciosum et pulcrum expendendo in ipsum libras centum nostre monete. Qui etiam cellam fieri fecit in dormitorio, expendens in ipsam florenos xij, qui morte preventus non possedit eam completam. Inter fratres vero extitit grate conversationis[4] et fame. Qui in ordine vixit annis viij, in Domino requiescens in festo sancti Andree apostoli sub M°ccc°xx°vj° (f. 41r-v).

[82] Frater Iacobus de Sancta Christina perusinus, sacerdos et predicator gratiosus et bonus clericus. Fuit cursor[5] Sententiarum Florentie in studio generali[6], demum sacram theologiam legit annis xx in conventibus infrascriptis, scilicet tudertino, spoletano, reatino, castellano, arectino, pratensi, pistoriensi, quam etiam in nostro perusino conventu. Qui et laudabilem vitam duxit cumbona fama et oppinione preclara, gratus et carus propter sua merita probitatis tam fratribus sui ordinis quam etiam secularibus de Perusio. Et in signum huius intra consilium et parlamentum[7] priorum ac rectorum nostri comunis inpetravit quod postulavit ab eis: ut in festo beati Constancii perusini episcopi annualiter processio fieret a religiosis et clericis cum apparatu sollempni, videlicet cum candelis acensis ab eis, necnon a secularibus cum suis luminaribus, ut fieri consuevit in festo patris nostri beati Erchulani episcopi et martiris. Qui et fuit homo boniconsilii et grate conversationis[8] et precipue cum secularibus, eos edificando verbo et exemplo; et gratiam habens magnam in confessionibus audiensis. Qui existens Reate pro lectore talis casus illo in tempore accidit: nam homo quidam homicidium perpetravit quod a nemine scitum fuit, nichilominus ipse cum timore et tremore remansit semper dubitans ne veniret in publicum timens sententiam[9] capitalem. Qui quamvis homo peccator esset, ad Matrem Virginem pro misericordia inpetranda recursum habuit cum devocione nimia. Cui Domina nostra apparens taliter respondit: «Vade, fyli, ad locum fratrum Predicatorum et confitere sacramentaliter fratri Iacobo de Sancta Christinalectori conventus dicendo sibi ex parte mei quod te

absolvat ab omnibus peccatis tuis, et tu deinceps noli peccare ulterius». Quod et factum est, quia homo ille effectus est bonus, suam vitam corrigendo per penitentiam salutarem adsuntam a nostro fratre prefato. Qui et in ordine vixit annis quinquaginta tribus, qui in quibuscumqueadversis[10], quam etiam infirmitate longeva et abominabili nimium, pacientissimus fuit, et ex sui humilitate nolens abaliquo sibi serviri ut non esset in tedium ministrantibus ei, migrans ad Dominum in octavis resurrectionis dominice et die sequenti traditus est sepulture cum decentibus exequiis et presentibus omnibus militibus milicie beate Marie virginis, quorum pater spiritualis ipse erat, et rector et prior ipsorum, eos informando in eorum agendis secundum Deum et eorum regulam et ordinis istituta, sub annis Domini M°ccc°xxx° (ff. 45v-46v).

II.  Firenze, Santa Maria Novella 31 gennaio 1245

In nomine Domini, amen. Anno millesimo ducentesimo quadragesimo quarto, indictione tertia, die martis ultima mensis ianuarii.

Coadunato capitulo fratrum Predicatorum de Sancta Maria Novella more solito in capitulo dicte ecclesie, fr. Alexander prior fratrum ipsius ecclesie, consensu et parabola fr. Beni, fr. Recuperi, fr. Anbrosii, fr. Ugutionis, fr. Petri Urbevetani, fr. Diotisalvi, fr. Donati, fr. Iacobi, fr. Uguicionis, fr. Andree, fr. Pasqualis, fr. Silvestri, fr. Yordani, fr. Clementis, fr. Iacobi Peruscini et fr. Paganini fratrum, suo [consensu] et ipsi fratres cum eo constituerunt ordinaverunt et fecerunt fr. Niccolaum subpriorem, presentem et recipientem, eorum et dicte ecclesie sindicum ad recipiendas cartas emptium [sic] terrarum platee nunc de novo facte ante ipsam ecclesiam et ad promittendum et solvendum pretium terre sibi vendite et ad obligandum bona dicte ecclesie, promittentes observare et attendere totum id quod ab eo inde factum fuerit.

Actum in capitulo dicte ecclesie prope muros civitatis Florentie in burgo Sancte Marie Novelle. Testes rogati fuerunt Grillus filius olim Anghiolini et Guido filius Martini. 

(ASF, Dipl. S. Maria Novella 31.I.1244, una delle due pergamene sotto la medesima segnatura d’archivio).

III.  Roma, Santa Sabina 1273

Capitolo provinciale di Roma (Santa Sabina) 1273: «Ponimus conventum apud Castellum, ubi ponimus priorem fr. Guarnerium Florentinum, lectorem fr. Iacobum Raynutii, conventuales etc.» (ACP 43 rr. 4-5; il capitolo era stato convocato per il 28 settembre: ib. 40 rr. 14-15).

IV.  Città di Castello 11 maggio 1274

In Iesu Christi nomine, amen. Anno Domini millesimo ducentesimo septuagesimo quarto, indictione secunda, tempore domini Gregorii pape decimi, die veneris undecima mensis mai.

Fratres conventus castellani, videlicet fr. Bendefendi subprior dicti conventus, fr. Mainectus Florentinus, fr. Iohannes Spoletanus, fr. Andreas Perusinus, fr. Guidottus et fr. Adam de Castello, fr. Symon Datus, fr. Iacobus de [? ? ?], fr. Ugolinus Aretinus, fr. Loth de Castro Fiorentino, fr. Iohannes Pysanus et fr. Marcus Lucanus, omnes unanimiter nomine dicti conventus fecerunt constituerunt ac ordinaverunt Rusticum condam Rustici Romani de Luca, absentem tanquam presentem (...), numptium specialem ad petendum (...) quamcumque pecunie quantitatem et quidquid aliter idem fr. Mar[cus] filius condam Caçgnese Villane recipere debet de hereditate paterna (...).

[Act]um est in civitate Castelli in [? ?] dictorum fratrum (...).

(ASL, Dipl. S. Romano 11.V.1274; pergamena di piccolo formato, con lacerazioni al marg. sinistro, inchiostro qua e là evanito).

V.  Firenze 1281

Capitolo provinciale di Firenze 1281: «Facimus predicatores generales: fratres (...) Iacobum Rainucii» (ACP 57 rr. 20-21).

VI.  Siena, San Domenico in Camporegio 26 ottobre 1282

Anno Domini 1282, indictione 11a, die 7° kalendas novenbris.

Nos fr. Bartalomeus supprior fratrum Predicatorum de conventu senensi, gerens vicem prioris, de consilio et consensu capituli et fratrum dicti conventus, videlicet fratrum Ambrosii, Celestini, Ildibrandini de Chiuslino, Bindi de Malavoltis, Ugonis, Iacobi Perusini, Iacobi de Sciata, Insegne, Iacobi Florentini, Iohannis de Sciano, Iordani, Christiani, Filippi, Ricuperi, Dati, Beneditti, Ildibrandini de Papa, Ranerii Rubei, Ranerii de Ulterris, Mathei, Laurençii, Boni, Pauli, Iohannis de Bustis, Incontri, Nicholai, Gregorii et Guidonis presentium (...), constituimus (...) te Bindum Pieri, presentem et recipientem, nostrum sindicum et procuratorem et actorem adomnes lites quas habemus vel habere speramus pro domo Sancti Quirici relicta nobis a Bernardo de Querciagrossa etin omnibus bonis que habemus in Sancto Quirico et Chosona et corum districtibus (...).

Actum Senis apud locum fratrum Predicatorum de Camporegio coram Iacobino lohannis, Grappaldo Ubertini et Picchino Ranerii testibus.

(ASS, Patrimonio resti ecclesiastici, S. Domenico 26.X.1282).

VII.  Onorio IV, Roma, Santa Sabina 28 maggio e 9 giugno1286

<28 maggio 1286>[1] Dilecto filio fratri Iacobo de Perusio electo

florentino.Debitum officii nostri continua nos pulsat instantia ut,

inter sollicitudines alias quibus assidue premimur, circa

ecclesias sollertiam adhibentes ipsarum utilitatibus intendamus, in eo maxime ut viduatis de talium nostre diligentie studio provideatur substitutione pastorum, per quos spiritualiter et temporaliter auctore Deo optatum suscipiant incrementum. Ad hoc enim nostra tendit intentio,circa id cogitatio nostra versatur et ad hoc omnem quam possumus opem et operam adhibemus ut tales in partem sollicitudinis evocemus qui commissum sibi gregem dominicumsciant non solum doctrina verbi sed bonis operibus informare illumque prudenter regere studeant et in viam salubrium dirigere mandatorum, et qui subditis non preesse cupiant sed prodesse ac sibi commissas ecclesias in statu pacifico et tranquillo velint et valeant gubernare.

Sane dudum ecclesia florentina pastoris solatio destituta, capitulum ipsius ecclesie duas electiones, unam videlicet de Sclatta de Ubaldinis bononiensis, leodiensis, reliquam vero de Lotterio de la Tosa, dicte florentine ecclesiarum canonicis, in discordia celebrarunt. Negotio igitur electionum earundem per appellationes ad sedem apostolicam devoluto, post diversos processus apud sedem eandem habitos in eodem, Sclatta et Lotterius predicti omneius, quod eis ex electionibus huiusmodi competebat, sponte et libere in nostris manibus resignarunt. Nos autem resignationibus ipsis receptis, attendentes quod si predicte ecclesie florentine[11] provvisio differretur multissubiceretur periculis et gravia in spiritualibus et temporalibus detrimenta subiret, ac volentes propter hoc eide pastore ydoneo celeriter providere, ad personam tuam nostre mentis oculos duximus dirigendos, et considerantes quod cum sis vir licterarum[12] scientia preditus, morum honestate preclarus, consilio providus ac in spiritualibus et temporalibus circumspectus acceptusque nobis ac fratribus nostris tue merito probitatis, predicta ecclesia florentina[13] per te poterit divina cooperante gratia salubriter gubernari, te, tunc priorem fratrum PredicatorumSancte Sabine de Urbe, predicte ecclesie in episcopum et pastorem preficimus de fratrum eorundem consilio et apostolice plenitudine potestatis, tibique curam et

administrationem dicte ecelesie florentine[14] in spiritualibus et temporalibus duximus committendam, sperantes quod, tua circumspectione laudabili et providentia circumspecta, eadem ecclesia florentina tam circa spiritualia quam temporalia huiusmodi, gratis tribuente Domino, proficiet incrementis.

Volumus itaque ac discretioni tue per apostolica scriptamandamus quatinus ad eandem ecclesiam, de predicte sedis etnostro favore confisus, cum divine gratia benedictionis accedas et super gregem dominicum, in illa tibi commissum, noctis vigilias diligens sollicitusque custodi, ut liber invadendi aditus non pateat invarosi. Beatus siquidem eris si Dominus insuspicabili hora venturus te invenerit sic agentem, quia, cursu consumato, qui tuo labori proponitur et horum fide servata que tue sollicitudini committuntur, te immarcescibili corona iustitie decorabit.

Datum Rome apud Sanctam Sabinam v kalendas iunii anno secundo.

■ Cf. Les registres d’Honorius IV, ed. M. Prou, Paris 1886, n. 500, col. 355, solo regesto. Ed. parziale di VII.1 in F. UGHELLI, Italia sacra III, Venezia 1718, col. 128, che trascrive «apud S. Sebastiani» in luogo di «apud Sanctam Sabinam», ripreso da Bullarium OP II, Roma 1730, 13. [2] In eodem modo: Dilectis filiis ... preposito et

capitulo ecclesie florentine. Debitum officii nostri etcetera uti in proxima superiori, ver(bis) con(grue) mu(tatis) usque incrementis. Ideoque universitari vestre per apostolica scripta mandamus quatinus eundem electum, tamquam patrem et pastorem animarum vestrarum cum ad vos pervenerit devote suscipientes, obedientiam et reverentiam sibi debitam impendatis, ita quod ipse in vobis devotionis filios et vos consequenter in eo patrem invenisse benivolumgaudeatis. Alioquin sententiam quam idem propter hoc rite tulerit in rebelles, ratam habebimus etcetera usque observari. Datum ut supra.

[3] In eodem modo: Dilectis filiis clero florentine civitatis et diocesis.

[4] In eodem modo: Dilectis filiis populo florentine civitatis et diocesis etcetera usque devote suscipere studeatis, ipsius monitis et mandatis salubribus humiliter intendendo, ita quod ipse in vobis devotionis filios etcetera usque gaudeatis. Datum ut supra.

[5] In eodem modo: Dilectis filiis universis vassallis ecclesie florentine usque intendendo. Alioquin sententiam sive penam quam ipse spiritualiter et temporaliter rite tulerit sive statuerit in rebelles etcetera. Datum ut supra.

<9 giugno 1286>[6] In eodem modo: Dilectis filiis clero civitatis et

diocesis florentine. Debitum officii nostri etcetera ut in proxima superiori etcetera usque ad personam venerabilis fratris nostri Iacobi de Perusio episcopi florentini nostrementis oculos etcetera ver(bis) con(grue) mu(tatis) usque committendam. Per venerabilem fratrem nostrum L(atinum) ostiensem et velletrensem episcopum sibi fecimus munus consecrationis impendi. Sperantes etcetera usque incrementis. Ideoque universitati vestre mandamus quatinus predictum Iacobum episcopum, tamquam patrem et pastorem animarum vestrarum devote suscipientes, ei obedientiam et reverentiam, sibi debitam impendatis, ipsius monitis et mandatis salubribus humiliter intendendo, ita quod ipse in vobis [etcetera]. Alioquin sententiam etcetera.

Datum Rome apud Sanctam Sabinam v idus iunii anno secundo.

(ASV, Reg. Vat. 43, f. 133r-v; n. 6 è al marg. sin. di f. 133v all’altezza di fine n. 1 e inizio n. 2, senza segni di richiamo).

[1] tam ] ta cod.[2] precipuo]

[8] conversationis] converssationis cod.[9] sententiam ] sentiam cod.

precipio cod.[3] diversorum ] diverssorum cod.[4] conversationis]converssationis cod.[5] cursor ] curssor cod.[6] generali ] gnali cod.[7] parlamentum] parllamentum cod.

[10] adversis ] adverssis cod.[11] florentine add. interl.[12] licterarum add. interl.

[13] florentina add. interl.

[14] florentine add. mg. d.

VIII.  Onorio IV, Roma, Santa Sabina 28 maggio 1286

 Lettera in extenso di doc. VII.3, in Arch. del Capitolodel Duomo di Firenze, Pergamena 1017 (1286/B), cassa 23; ed. ILDELFONSO DI S. LUIGI, Delizie degli eruditi toscani X, Firenze 1778, 224-25, il quale trascrive anche la giunta notarile del doc. seguente con qualche minuta omissione.

IX.  Firenze, coro di Santa Reparata 8 giugno 1286

In Dei nomine, amen. Anno dominice incarnationis MCCLXXXVI, indictione XIIII, die VIII iunii. Actum in choromaioris ecclesie florentine presentibus testibus presbiteris Guidone et Albonecto et Lapo capellanis dicte ecclesie florentine et aliis.

Religiosus vir dominus frater Ugo prior fratrum ecclesieSancte Marie Novelle presentavit has litteras dominis Iacopo preposito, Locterio archidiacono, Uguictioni et Mainecto canonicis florentinis et etiam clero florentino ibidem ad hec ad sonum campane cleri more solito congregato; quas litteras dictus dominus prepositus

incontinenti reverenter in suis manibus recepit et alta voce legit ibidem coram clero predicto.

Ego Gratia Arrigi Gratie notarius scripsi.(Giunta di mano coeva, di scrittura minuscola

documentaria, in calce alla lettera di doc. VIII, Arch. delCapitolo del Duomo di Firenze, Pergamena 1017 (1286/B), cassa 23).

X.  Firenze 30 giugno - 4 luglio 1286

Rituale d’accoglienza e presa di possesso del nuovo vescovo (AAF, Bullettone ff. 255r-257r).

Infrascriptus est modus et forma servata per infrascriptos guardianos episcopatus Florentie in adventu venerabilis patris domini fratris Iacobi de Perusio ordinisPredicatorum episcopi florentini.

[30.VI.1286] In Dei nomine, amen. Anno dominice incarnationis millesimo ducentesimo octu[a]gesimo sexto, indictione quartadecima, die ultima mensis iunii, tempore nobilis militis d. Mathei de Folliano potestatis Florentie et d. Monaldi de Monaldeschis capitanei et defensoris artium et artificum civitatis Florentine. Hic est modus et forma servata et facta in adventu venerabilis patris dominifratris Iacobi de Perusio Predicatorum ordinis episcopi florentini ad civitatem Florentie.

Imprimis quidem die predicta cum intravit civitatem Florentie, domini potestas et capitaneus predicti eorum militibus et iudicibus sotiati et militibus et populo florentino iverunt obviam dicto domino episcopo cum tubis et cennamellis et aliis similibus instrumentis extra civitatem Florentie, et cum eodem domino episcopo venerunt usque ad plateam Beati Petri Maioris de Florentia. Item canonici ecclesie florentine cum toto clero civitatis Florentie et omnes fratres religiosi et etiam monaci cuiuslibet ordinis similiter iverunt obviam dicto domino episcopo cum crucibus et ad processionem usque extra civitatem Florentie, et cum eo et ante eum redierunt usque ad plateam Beati Petri predicti. Et in introitu civitatis

Florentie iuxta portam Sancti Petri Gattolini Vicedomini etTosinghi, qui sunt vicedomini episcopatus predicti, descenderunt de equis et ibi expectaverunt dictum dominum episcopum quilibet cum serto sive ghirlanda in capite, et quattuor ex eis cum paleo de drapo ornato cum quattuor bigordis dicto paleo ligatis; quod paleum tenuerunt et portaverunt supra caput dicti domini episcopi extensum, tunc parati ad modum episcopi cum mitra in capite et pluiali in dorso equester intrando civitatem Florentie. Et ceperunt tenere et portare dictum paleum modo predicto ibi in dicta ianua civitatis Florentie usque ad ecclesiam Sancti Petri Maioris. Portantes autem fuerunt hii: Guccius condam Oliveri, Teruccius filius Duccii de Vicedominis, Baldus filius d. Talani de la Tosa et Ticius condam d. Bindi Aliotti. Et ibidem in ianua civitatis duo ex dictis vicedominis ceperunt frenum equi quem equitabat dictus dominus episcopus et adestraverunt eum usque ad predictam ecclesiam Sancti Petri Maioris. Adestratores autem fuerunt d. Odaldus filius d. Marsoppini de la Tosa et d. Gherardus iudex filius Uberti de Vicedominis (...).

Accompagnato a San Pier Maggiore, il neovescovo raggiunge l’altare della chiesa, riposa nel letto preparato dalla badessa dell’omonimo monastero, prendeil pasto servito dal monastero (f. 255r-v).[1.VII.1286] Die autem sequenti, videlicet die

kalendarum iulii, vicedomini predicti redierunt in mane ad dictam cameram ubi erat dictus dominus episcopus ( ... ).

Preceduto dal clero, frati e monaci, il neovescovo è condotto in processione alla chiesa cattedrale di Santa Reparata, dove entra scalzo e sosta in preghiera dinanzi all’altare e reliquie di san Zanobi. Riposato alquanto in sagrestia, è condotto a cantare la prima messa, che per tradizione spettava alla chiesa San Giovanni, come fanno fede messer Lottieri del fu messer Rinuccino dei Visdomini e messer Bindo di Baschiera della Tosa (ff. 255v-256v). Accompagnato dai visdomini, entra nel palazzo episcopale sempre sotto il baldacchino. «Quod palcum et bigordos ser Migliore [Michelis] camerarius et custos predictus emit de

avere et pecunia episcopatus, ut moris erat; et ego Gratia Arrigi, notarius dicti episcopatus, scripsi inter expensas dicti episcopatus, presentibus testibus d. Iohanne priore ecclesie Sancti Petri Scheradii vicario dicti domini episcopi...». Nella cappella dell’episcopato il vescovo «extraxit sibi paramenta que habebat adhuc in dorso in presentia fratrum et aliorum ibi astantibus, silicet fratreIacobo de Monte Carello et fratre Angelo Nigro converso et aliis, et reposuerunt sibi ad dorsum quendam suum mantellumsui habitus». Sempre in cappella messer Lottieri dei Visdomini e Ciampi della Tosa consegnano al vescovo le chiavi dell’episcopato (f. 256v). 

256v-257r| [4.VII.1286] Il vescovo accompagnato dai visdomini si reca, secondo consuetudine, al monastero di San Miniato, dove canta la messa e trascorre la giornata con l’abate e i monaci. Presente il notaio Grazia di Arrigo.

XI.  Firenze 30 luglio 1286

Nel Mcclxxxvj die ij uscente luglo messer frate Lottierif(igliuolo) olim domini Rinuccini de Vicedominis si rappresentò e sì diede lb. cccclxxxxvi a messer frate Iacopo de l’ordine de’ frati Predichatori e vescovo di Firenze, i quali danari, con anche aliquanti danari, avea avuti per sua parte de’ frutti del predetto vescovado nel tempo di prima ch’elghi stette a la vardia del detto vescovado cho· messer Ciampi f (igliuolo) olim domini Nepoleone de la Tosa, chome i detti danari sì n’è charta per mano di ser Testa f(igliuolo) Giovanni da Chalenzano.

Restaro di rimanente lb. dcc di piccioli ne la chonpera de le chase che Visdomini de la Chorte chomunemente insiemechomperaro da Lapo filgliuolo Benvenuto Berretta nel popolodi Santa Maria in Champo, sechondo ch’è charta inprima per mano di ser Dato f(igliuolo) Iacopo da Charaia notaio nel Mcclxxxj lo sezzaio[15] die di lulglio [* * * *1 una altra charta di sua mano nel Mcclxxxiij die xii d’aprile; e dettidanari si prestaro a’ Visdomini de la Chorte per la volontà

e priegho che, in presenzia di ser Grazia Arrighi e di ser Melglore chastaldo e di Chele f(igliuolo) Chorso familglaridel vescovado, fecero tutti o la maggiore parte de’ Visdomini de la Chorte e Tosinghi e Aliotti de la Tosa visdomini al predetto messer Lottieri, insieme raunati in sul palagio vechio del vescovado predetto, che le sopradette lb. settecento elgli presti a’ predetti Visdomini de la Chorte; e messer Lottieri predetto chosì gli prestò loro. E perciò i Visdomini de la Chorte chomunemente sì deono dare le predette lb. dcc di piccioli al vescovado predetto.

Le sopradette lb. dcc pagoe e diede messer p(redetto) frate Lottieri de’ Visdomini di suo propio a messer Andrea vescovo e d[?]anne fine generale [? ?] carta per Testa [? ?].Anche messer Charmingnano, de la somma di lb. cento, che

messer Cianpi e messer Lottieri a llui prestaro de’ d(anari) del vescovado, dond’è charta per mano di ser Rinieri Vinci, sì ne dee ancora dare lb. 1 per la parte de la guardia del vescovado di messer Lottieri, per ciò ch’elgli reddeo a messer Cianpi per sua parte de la guardiadel vescovado lb. 1, sichome è charta per mano di ser Rinieri Vinci.

(ASF, Dipl. Strozziane-Uguccioni 30.VII.1286; il penultimo paragrafo, stampato rientrato, è stato inserito in secondo tempo).

XII.  Firenze, Santa Maria Novella 12 agosto 1286

Frater Iacobus de ordine Predicatorum, sola Dei et apostolica gratia florentinus episcopus, universis Christi fidelibus presentes lict[eras] inspecturis salutem in Domino sempiternam.

Quoniam, ut ait Apostolus, «omnes stabimus ante tribunalChristi recepturi prout in corpore gessimus sive bonum fuerit sive malum»[16], oportet nos diem messionis extreme operibus misericordie prevenire ac eternorum intuitu seminare in terris quod in celis reddente Domino cum

multiplicato fructu recolligere valeamus, firmam spem fiduciamque tenentes, quoniam «qui parce seminat parce emetet et qui seminat in benedictionibus emetet vitam eternam»[17]. Cum igitur dilecti in Christo filii prior et conventus fratrum Predicatorum de Florentia, qui spretis mundanis illecebris elegerunt famulari Domino occasione voluntarie paupertatis, opus grande inceperunt, videlicet ecclesiam construendam ad honorem gloriose virginis Dei genetricis Marie ac beati Dominici confessoris, nec ipsam, cum ipsi pro vivendi necessitate mendicent, complere possint nisi subventione Christi fidelium compleatur, universitatem vestram rogamus et hortamur in Domino in remissione vobis [pecca]minum iniungentes quatinus de bonisvobis collatis a Domino pias ad hoc opus elemosinas et grata subsidia [erogetis] ut per subventionem vestram opus inceptum consumari valeat, et vos per hoc et alia que Domino inspirante fece[ritis ad] eterna possitis gaudia pervenire. Nos vero, de omnipotentis Dei misericordia et beatorum Petri et Pauli apostolorum [eius auctoritate] confisi et gloriose Marie virginis ac beati Dominici confessoris meritis, omnibus vere penitentibus et confessis[qui ad predictam ecclesiam] manum porrexerint adiutricem, quadraginta diecs de iniuncta sibi penitentia misericorditer relaxamus. [In quorum] testimonium presenteslicteras fieri fecimus et nostro sigilli munimine roborari.

Datum Florentie apud Sanctam [Mariam] Novellam duodecimointrante agusto sub anno Domini millesimo ducentesimo octuagesimo sexto, indictione [quartadecima].

(ASF, Dipl. S. Maria Novella 12.VIII.1286).■ La pergamena è lacera da metà circa del lato destro per tutto il diploma; tra parentesi quadre i tentatividi restauro. Nota tergale di mano coeva o di poco posteriore: «indulgentia fratris Iacobi episcopi florentini pro opere ecclesie Sancte Marie Novelle quenoviter incepta erat; que carta fuit anno 1286, mensisagusti, die 12». Una trascrizione del documento, di mano di V. Fineschi (1758), in Roma (Santa Sabina), AGOP XIV lib. GGG, II, f. 493r-v; ed. parziale in

FINESCHI, Memorie istoriche 185, dalla cui collazione si ricava che la pergamena era già lacera al tempo del Fineschi, il quale pertanto non legge ma ripara per congettura là dove talvolta dà il testo delle parti cadute per lacerazione.

XIII.  Firenze 13 agosto 1286: morte del vescovo fr. Iacopo

ii idus [augusti] ...idibus [augusti] ... Bernardo f. Biancho de Cavalcantis.

Gianni albergatore Alberto suo f. //. 1286. frater Iacobus de Perusio episcopus florentinus. // 1300 Duccio f. di messer Rinuccino de’ Bisdomini.

xviii kalendas [septembris]...(Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze,

I.3.6, Obituario di Santa Reparata, f. 38v, sub idibus augusti).

XIV.  Onorio IV, Roma, Santa Sabina 29 dicembre 1286

«Florentina ecclesia per obitum bone memorie fratris Iacobi episcopi florentini pastoris solatio destituta», il papa conferma vescovo fiorentino Andrea, eletto dal capitolo canonicale convocato dal proposto Iacopo. «Datum Rome apud Sanctam Sabinam iiij kalendas ianuarii, pontificatus nostri anno secundo».

Les registres d’Honorius IV, ed. M. Prou, Paris 1886, n. 700, coll. 502-03; Arch. del Capitolo del Duomo di Firenze, Pergamena 1073 (1286/A), cassa 23.

XV.  Vacanze della sede episcopale fiorentina 1274-1341

AAF, Bullettone f. 282v; redazione decenni ’20-’40 del Trecento.

In Christi nomine, amen. Ad certitudinem presentium et memoriam futurorum infrascripte sunt vacationes et tempora vacationum script(a) per ordinem, quibus vacavit ecclesia florentina a tempore obitus bone memorie d. Iohannis de

Mangiatoribus de Sancto Miniate dudum episcopi florentini, qui decessit anno Domini millesimo ducentesimo septuagesimoquarto, die beati Silvestri ultima decembris, usque ad tempus quo vacavit dicta ecclesia florentina per obitum bone memorie d. Antonii dudum episcopi florentini inclusive, qui obiit anno Domini millesimo trecentesimo vigesimo primo, die decimanona iulii. Videlicet:

[1] Anno Domini millesimo ducentesimo septuagesimo quarto, die sancti Silvestri obiit d. Iohannes de Mangiatoribus episcopus florentinus, post cuius mortem vacavit ecclesia per duodecim annos et sex menses.

[2] Postea in millesimo ducentesimo ottuagesimo septimo frater Iacobus de Castrobono de ordine fratrum Predicatorumintravit possessionem episcopatus et vixit quadraginta diebus; obiit in anno Domini millesimo ducentesimo ottuagesimo septimo, die sexta decima augusti. Post cuius mortem vacavit ecclesia florentina usque ad mensem martii eiusdem anni; fuerunt octo menses.

[3] Anno Domini millesimo ducentesimo ottuagesimo septimo factus fuit episcopus florentinus d. Andreas de Macçis; qui translatus fuit ad ecclesiam vicentinam de mense iulii anno Domini millesimo ducentesimo nonagesimo quarto, post cuius translationem vacavit episcopatus per otto menses.

[4] Postea de mense martii circa finem anni factus fuit episcopus florentinus d. Franciscus de Balneoregio, qui decessit anno Domini millesimo trecentesimo primo de mense iulii. Vacavit ecclesia florentina post eius mortem per sexmenses.

[5] In anno Domini millesimo trecentesimo primo de mensefebruarii factus fuit episcopus d. Locterius della Tosa episcopus florentinus, qui obiit anno Domini millesimo trecentesimo nono. Post eius mortem vacavit ecclesia florentina per tempus quinque mensium.

[6] Anno Domini millesimo trecentesimo nono de mense septembris factus fuit d. Antonius episcopus florentinus, qui obiit anno Domini millesimo trecentesimo vigesimo primode mense iulii. Post cuius mortem vacavit ecclesia

florentina per duos annos, quo biennio revoluto, de mense iulii venit d. Franciscus de Cingulo episcopus florentinus ad ecclesiam florentinam.

[7] Anno Domini millesimo trecentesimo quadragesimo primo, indictione x, die xxi de mense ottobris decessit dictus d. Franciscus de Cingulo, post cuius mortem vacavit episcopatus.

[15] sezzaio = ultimo[16] Rom. 14,10 e II Cor. 5,10.

[ 17] Il Cor. 9,6.

fine di:

Iacopo di Ranuccio da Castelbuono OP testimone dell’“alia lecturafratris Thome”, MD 19 (1988) 369-95.

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THOMAS AQUINAS, Lectura romana in primum SententiarumPetri Lombardi. Edited by † Leonard E. Boyle, OP

and John F. Boyle. Toronto 2006.Mia breve esposizione. E. Panella, 2006

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THOMAS AQUINAS, Lectura romana in primum Sententiarum Petri Lombardi. Edited by † Leonard E. Boyle, OP and John F. Boyle. Toronto (Pontifical Institute of Mediaeval Studies, Studies and Texts 152) 2006, pp. X-222.

■ acquistato, ricevuto 27.XI.2006. Centrato sull'edizione del testo e raffronti testuali. Prezioso lavoro.- Difficile condividere la decisione editoriale di "normalizzare" (p. 56) il latino, vista la prossimità del testimone oxoniense alle lezioni sentenziarie da esso trasmesse: le ricadute del fonetismo volgare sul latino scolastico potrebbero contribuire a circoscriverela confinazione linguistica del lettore sentenziario, o meglio del suo reportator. Delude anche l'assenza di riproduzione fotografica di qualche carta del codice; decisiva testimonianza al testo, e sua interpretazione eattribuzione. - La prefazione informa che Leonard Boyle, prevenuto dalla morte († ott. 1999), non ha potuto portare a termine il progetto di revisione di Alia lectura fratris Tbome, «Mediaeval Studies» 45 (1983) 418-29. Contributoqui riprodotto (pp. 58-69) così com'era, «with the exception of minor corrections» (p. IX); ad una rapida collazione solo archbishop attribuito a Iacopo di Ranuccio viene corretto in bishop; sopravvive purtroppo ilcognome de Alexiis (p. 69 n. 8), indebitamente trasferito a fra Iacopo di Ranuccio da un fra Iacopo perugino secentesco, e che mette fuori strada nel descrivere lo stato sociale di Iacopo di (= figlio di) Ranuccio, originario di Castelbuono, píeve nel territorio nord-occidentale della diocesi di Spoleto. E sopravvive l'insostenibile "personal" attribuito allo studium diretto da Tommaso con competenze definite da incarico capitolare (p. 61).- Si notino le parole del prologo: «Sic igitur ista scientia versatur circa duo, scilicet circa contemplationem in altitudine veritatis et ostensione<m>verae beatitudinis. Et inde est quod Magister in duas

partes dividit librum istum sententiarum. In prima enim parte determinat de Deo et creaturis; in secunda vero deChristo, virtutibus, et sacramentis et beatitudine» (Lectura romana..., p. 74/54-58). Ma questi temi non sono distribuiti nelle Sententiae in quattro libri per dichiarata volontà dell'autore Pietro Lombardo (il Magister)? Il lettore sentenziario vuol dire altra cosa: che commenterà le intere Sententiae in soli due anni scolastici. Siamo dunque più prossimi ad un'aula scolastica che ad uno scrittoio.Restano senza risposte, anzi nemmeno propriamente formulati, taluni problemi critici a monte della tradizione del testo e dei suoi rapporti con l'attività scolastica di cui è frutto:a) tecniche e intreccio dei rinvii bilaterali tra commentario principale e quello marginale permettono di accertare la contemporaneità di trascrizione dei due commentari nel codice Oxford Lincoln College lat. 95?b) la famosa nota di possesso a f. 2 (Frater Iacobbus Ray. perusinus ...), in uno dei due fogli di guardia (non dunquenei fascicoli costitutivi) del codice oxoniense, è dellamedesima mano  -  oppure no  - che scrive ai margini la lectura sentenziaria o le sue integrazioni (mani B e C)?c) solo la risposta a queste domande (almeno alla seconda) permette di poter credibilmente procedere oltre, in fatto di cronologica e d'attribuzione: quando fra Iacopo di Ranuccio vende il manoscritto oxoniense a fra Nicola da Milano, la seconda lectura era già stata aggiunta nei margini?d) nel frattempo lasciamo cadere ipotesi alla seconda, che in questa fase di ricerca potrebbero dirottarci in vicoli chiusi: «as it [= il manoscritto] speaks of him simply as Friar Iacobus, with no mention of his post as preacher general, it was likely sold before 1281» (p. 4)(un frate che si sottoscrive non esibisce i propri titoli, e dunque l'argomento ex silentio non sostiene qui la conclusione); le nomine ai lettorati nei capitoli provinciali non sono complete e sistematiche negli atti

a noi pervenuti, soprattutto non mirano a descrivere l'intero curriculum scolastico d'un fratte: cosicché forzoso risulta argomentare successione e luoghi del curriculum scolastico conosciuto di Iacopo per stabilirecongruenze con la cosiddetta lectura romana (es. p. 68, tutto il § «Now, since ...  years 1281-1283»: scritto daLeonard, raccolto da John). La cronica fratrum perugina c'informa che  fra Iacopo fu lettore nei conventi Arezzo, Città di Castello, Lucca, Orvíeto, Perugia e Roma (Santa Sabina); negli gli atti dei capitoli provinciali riscontriamo solo quello castellano.

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ADRIANO OLIVA OPLettura critica di:

“Lectura romana fratris Thome in primum Sententiarum”

(Parigi 2.XII.2006)

Contributo di Adriano Oliva OP, presidente della Commissione Leonina (= comitato d'edizione critica delle operedi Tommaso d'Aquino). Tocca direttamente la materia di Iacopo di Ranuccio, specie §§ 1 e 2, e suo aggiornamento. Semplice bozza di testo, utilizzata per conferenza tenuta daOliva in Parigi, "Journée St. Thomas" sabato 2 dicembre 2006. Me ne invia copia l'autore, 7.XII.2006. Nessuna esplicita e formale titolazione.

«Allego una mia lettura (critica) della Lectura romana: sabato 2 dic. '06 ho presentato il libro [= THOMAS AQUINAS, Lectura romana in primum Sententiarum Petri Lombardi, ed. † Leonard E. Boyle OP and John F. Boyle, Toronto 2006]. Ciò che allego sono note, a partire dalle quali ho parlato a braccio: si tratta di un testo frammentario. A braccio, per esempio ho evocato il suo articolo su Ranuccio. Ma nel contesto volevo mettere in evidenza l'opinione di Leonard Boyle (che potremmo dire:il primo Leonard Boyle, a riguardo della alia lectura)».Minuscole correzioni inviatemi il 7.I.2007. Grazie.

Testo sintetico e tenore discorsivo di conferenza; intessuto tuttavia di minuziose valutazioni critiche. Capaceper lo meno di suscitare ulteriori analisi e riflessioni su un caso appassionante. Mia la formulazione del titolo, e la suddivisione del testo in sezioni numerate (facilita consultazione e rinvii).

Emilio Panella, Firenze genn. 2007  

1. En 1980, dans Mediaeval Studies, le P. Hyacinthe Dondaine – qui travaillait alors à l’édition du commentaire parisien de Thomas sur le Ier livre des Sentences – publia un article qui avait par titre

«‘Alia lectura fratris Thome’? (Super I Sent.)» avec point d’interrogation.

Au cours de l’article, il répondait à cette question parla négative: non. Leonard Boyle se trouvait alors au Pontifical Institute de Toronto. Ayant lu l’article et étant convaincu par Dondaine, il avait été remettre la revue à la Bibliothèque et était en train de rentrer dans sa chambre quand il eut une illumination qui le poussa à étudier la question et à écrire son propre article [Alia lectura fratris Thome, «Mediaeval Studies» 45 (1983) 418-29], dans lequel, à la question posée par Dondaine, il répondit par l’affirmative: oui.

Ce que je voudrais montrer aujourd’hui, c’est qu’il y a des motifs qui font qu’à la question «Y a-t-il une alia lectura fratris Thome?», je répondrais «sic et non». Ou, un peuplus précisément, mais non pas plus clairement, je dirais: peut-être oui et certainement non.

Et maintenant il me faut expliquer cette énigme. 

2. Il faut avant tout partir de la genèse du problème.Voici comment se présentent les choses. Le P. Bataillon,

travaillant en février 1958 dans la Bodleian Library, est tombé sur le Ms Lincoln College 95, contenant le Commentaire parisien de Thomas sur le Ier livre des

Sentences. Les marges de ce manuscrit ainsi que les gardes antérieures et postérieures, présentaient des nombreux passages d’autres textes, complémentaires du Commentaire parisien de Thomas.

Ce genre de phénomène se rencontre dans nombre d’autres manuscrits. Moi j’ai pu le constater en préparant la description des 76 manuscrits qui transmettent le commentaire de Thomas au Ier Livre. Le P. Bataillon m’a communiqué qu’il le constate habituellement dans les manuscrits de la Somme de théologie: on leur met des apparats.

Ce fait a une origine bien précise, que L. Boyle, dans son article de 1983, a bien indiquée: c’est le fait d’un clerc, qui, ayant à commenter les Sentences, se fournit d’uncommentaire préexistant, celui de Thomas dans notre cas, etpour ne pas le répéter mot à mot, le complète avec des textes du même auteur, mais tirés d’autres ouvrages, ou bien avec des textes d’autres auteurs.

Montrer les photos du ms de Oxford et de celui de Naples avec des notes d’autres auteurs.En cela, donc, le manuscrit d’Oxford, Lincoln College

95, n’a rien de particulier. Ce qui, en revanche, le séparede tous les autres manuscrits connus qui ont ces mêmes caractéristiques est le fait que certaines notes ne sont pas suivies du nom de leur auteur, comme on a vu le cas de Pierre de Tarantaise ou de Bonaventure, mais ces notes sontsuivie de l’indication (l’indiquer sur le tableau): «secundum aliam lec. fris. t.», «s. a. l. f. t.», qui a étélu par tout le monde jusqu’ici «secundum aliam lecturam fratris thome».

3. Cette indication, comme le montre le livre de Leonardet John Boyle [THOMAS AQUINAS, Lectura romana in primum Sententiarum Petri Lombardi, Toronto 2006], ne se trouve que 11fois dans ce manuscrit.

Cependant, ces deux auteurs se sont sentis obligés de les attribuer toutes (il y en a une centaine) à cette alia lectura.

Et ils ont appelé cette alia lectura, lectura romana, car leplus ancien des biographes de Thomas dit que celui-ci a commenté les Sentences à Rome, au début de son enseignement à Sainte-Sabine, avant d’entamer la rédaction de la Somme de théologie.

Or, je veux bien supposer que si ces passages étaient tirés d’une alia lectura, celle-ci pourrait être ce commentaire romain de Thomas, mais il faut admettre qu’il s’agit d’une pure conjecture: la liaison de ces deux éléments est purement hypothétique. Je trouve donc que c’est un peu forcer les données que d’intituler cet ouvrage: Thomas Aquinas, Lectura romana in primum Sententiarum Petri Lombardi.

4. Comme je viens de le dire, seulement 11 des textes ici édités sont mis en relation avec cette phrase: «secundum aliam lec.<turam?> fris. t.».

Mais cette phrase se réfère à ces textes de façon ambiguë.

La première attestation se trouve au f. 2vb: il s’agit d’une feuille de garde antérieure, sur laquelle sont écritsplusieurs articles, dont deux concernent la dist. II et à la suite de ces deux articles on lit:

«isti articuli possunt poni in distinctione secunda primi libri secundum aliam lec.<turam> fratris t.».C’est la phrase qui a fait retourner Leonard Boyle à la

Bibliothèque: en effet, Dondaine avait pensé que «alia lectura» devait se référer au texte du second commentaire (qu’on appelle dans ce livre «commentaire romain»), tandis que, dans cette phrase, il est clair que l’Anonyme qui écrit «alia lectura» veut indiquer le texte parisien, à l’intérieur duquel ces articles peuvent être inséré.

Il y a un second emploi de «alia lectura» dans ce sens, au f. 30v mg., en relation à la dist. 9.2.

Or dans tous les autres cas, cette indication abrégée «par apocope» (presque toujours «s. a. l. f. t.») est mise à la fin des textes auxquels elle se réfère et semble donc indiquer que ces passages copiés dans la marge proviennent

de l’«alia lectura» qui indiquerait dans ce cas le second commentaire, appelé romain.

Il y a en outre un cas, f. 123vb, où, au-dessus du titrede l’article est écrit: «D. ija. secundum aliam lecturam», ce qui est très ambigu, car cela peut indiquer les articlesqui suivent ou le texte parisien lui-même.

Cela a été relevé par Leonard et John Boyle, mais sans qu’ils en donnent une explication à notre avis satisfaisante.

J’ai analysé les textes auxquels ces 11 indications se réfèrent: ces passages ne sont pas recopié à partir d’autres ouvrages de Thomas. Ils ont des lieux parallèles dans la Somme ou dans le commentaire parisien des Sentences, mais ils ne sont pas recopiés d’autres ouvrages connus.

En revanche, plusieurs autres passages copiés dans les marges par ce même copiste, plusieurs, mais non tous, se trouvent identiques dans d’autres ouvrages de Thomas, le plus souvent contemporains de la période romaine de Thomas:le Compendium theologiae, le De uirtutibus, le De potentia, mais aussi le De ueritate, le Quodlibet VII.

C’est surtout à partir de cette constatation qu’Hyacinthe Dondaine avait terminé son article en disant: «il reste peu d’espoir de trouver appui dans le manuscrit d’Oxford pour l’hypothèse d’un second Commentaire thomiste du premier livre des Sentences».

5. La position de Leonard et John Boyle consiste en revanche à affirmer que tout ces passages sont tirés de la «alia lectura», et que donc Thomas aurait utilisé ce commentaire «romain» pour rédiger des articles d’autres ouvrages. Cela je ne le juge pas impossible. Mais il est loin d’être certain que tous ces passages copiés dans les marges soient tirés de l’«alia lectura».

Dans la marge d’un folio de garde (1v), sur lequel est écrit un article qui serait le quatrième de la dist. II de l’«alia lectura», le copiste qui écrit ces notes fait une

remarque. Dans le corpus de l’article il sépare avec un signe de paragraphe le texte qui précède de celui qui suit.Et dans la marge il écrit «preter quod dictum fuit a Thoma». John Boyle écrit que cela signifie: «ce que Thomas a dit à Rome est au-delà (preter) de ce que Thomas a dit à Paris», car la réponse de Rome est plus développée que le commentaire parisien.

Mais en vérité cela ne tient pas compte du signe de paragraphe inséré à l’intérieur du texte et qui indique le point où commence un passage qui est identique au texte du Compendium theologiae. Pour John Boyle cela n’est pas important, car, toute la suite de la responsio est identiqueà plusieurs passages du Compendium, mais le copiste anonymene les identifie pas un par un avec un signe de paragraphe.Donc cette observation doit se référer au commentaire.

Cette observation, en revanche, est très intéressante. D’une part, car les passages identiques ici et dans le Compendium, se suivent ici l’un l’autre, alors que dans le Compendium ils se trouvent parfois dans des chapitres différents et, en outre, il s’agit d’unités d’une ou deux lignes, dont l’écriture, en raison de ses contenus, n’aurait pas été très difficile par Thomas. Cela montre donc plutôt la dépendance de cet article 4 du Compendium que le contraire.

Et comment interpréter cette note «preter quod dictum fuit a thoma (outre cela, Thomas a dit)» sinon comme une introduction qui ajoute à une source, l’alia lectura (?), une autre source, le Compendium?

6. Je termine en observant qu’il n’y a pas d’élément pour affirmer que tous ces passages annotés dans les margesdu ms oxonien sont tiré de la alia lectura de Thomas, comme leproposent leurs éditeurs.

Dans se sens, donc, à la question «Y a-t-il une alialectura fratris Thome?», je répondrais «pour certains de ces texte marginaus peut-être oui; pour d’autres, certainement non».

Pour pouvoir parler de lectura romana, il faudrait pouvoir exclure d’autres hypothèses, car la liaison entre cette indication «secundum aliam lec. fratris thome» et le commentaire romain dont témoigne Ptolémée de Lucques n’est qu’une hypothèse.

Je trouve surtout que le prologue général par lequel s’ouvre cette édition et les quatre articles sur le statut de la théologie comme science, qui le suivent immédiatement, dépendent des textes et de la doctrine de Thomas, mais qu’ils s’en éloignent, et dans le plan et dansle style et dans les idées.

Déjà Gilles Emery aussi bien que J.P. Torrell avaient mis en doute que certains textes pourraient être attribués à Thomas, car ils manifesteraient une position qui s’opposeà celle des Sentences qui est reprise dans le De potentia, qui est de peu postérieur à l’enseignement romain de Thomas.

Je constate la même chose dans le plan des articles du prologue du commentaire des Sentences et le plan de la Somme.

Cette édition a le grand mérite de mettre à notre disposition l’intégrité des textes inédits de l’«alia lectura» qui, à mon avis, remontent vraisembablement à Thomas d’Aquin  – mais pas nécessairement à son enseignement romain.

Cette édition a un vice de fond, qui est celui de pousser le lecteur à considérer ces passages comme s’ils étaient des copies fidèles du texte du commentaire romain de Thomas, en oubliant complètement l’œuvre de compilation que fait celui qui s’apprête à commenter les sentences à l’aide du commentaire parisien de Thomas intégré de ces passages marginaux.

Ce livre utile résulte un peu malencontreux, car il prétend attribuer à Thomas d’Aquin l’œuvre de ce clerc anonyme qui s’apprêtait à commenter les Sentences (clerc que Leonard Boyle, dans son article de 1983, avait identifié avec Iacobus Raynucii da Castelbuono, qui a été

possesseur de ce manuscrit, qui a vécu à Sainte-Sabine dansles années 1280 et qui en 1273 avait été lecteur en Umbrie,à Città di Castello).

Je crois que c’est à ce clerc anonyme que revient l’œuvre de compilation de ces passages et surtout le prologue et les articles sur la théologie comme science.

Merci de votre attention.

ADRIANO OLIVA OP

finis

http://www.e-theca.net/emiliopanella/nomen1/iacopo.htmhttp://archivio.smn.it/emiliopanella/nomen1/iacopo.htm

http://www.e-theca.net/emiliopanella/nomen2/oliva20.htmhttp://archivio.smn.it/emiliopanella/nomen2/oliva20.htm


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