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Il sole, immagine e culto tra paganesimo e cristianità. Esempi dal Verbano Cusio Ossola

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FANA, AEDES, ECCLESIAE Forme e luoghi del culto nell’arco alpino occidentale dalla preistoria al medioevo Atti del Convegno in occasione del decennale del Civico Museo Archeologico di Mergozzo (Sabato 18 Ottobre 2014) a cura di Francesca Garanzini Elena Poletti Ecclesia MERGOZZO 2016
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Fana, aedes, ecclesiae

Forme e luoghi del culto nell’arco alpino occidentaledalla preistoria al medioevo

Atti del Convegno in occasione del decennale del Civico Museo Archeologico di Mergozzo

(Sabato 18 Ottobre 2014)

a cura di Francesca GaranziniElena Poletti Ecclesia

MERGOZZO2016

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il sOle, iMMagine e cUlTO TRa PaganesiMO e cRisTianiTà. eseMPi dal veRBanO cUsiO OssOla

FaBio coPiatti*

La recente segnalazione di una lastra sulla quale è scolpito in bassorilievo un

disco contenente un ‘sole’ a volto antropomorfo (corBelli et al. 2014, pp. 3-20) e

la presenza di ‘simboli solari’ incisi sulle rocce del territorio ossolano e verbanese

hanno stimolato questa rassegna di raffigurazioni del sole che vanno dalle incisioni

rupestri, alle epigrafi funerarie romane, per arrivare a lastre e architravi medievali e

postmedievali, raccolte sul territorio del Verbano Cusio Ossola, tentando di traccia-

re l’evoluzione dei modi di rappresentazione in parallelo all’evoluzione dei significati

simbolici legati alla sfera religiosa1.

il cErchio, simBolo solarE

Il cerchio è un motivo di forte valenza simbolica. Da sempre le rappresentazioni

grafiche più diffuse del sole e delle divinità solari sono il cerchio semplice, circonda-

to da raggi, con una coppella

centrale e la cosiddetta ‘ruota

solare’, ossia il cerchio suddi-

viso in quattro, sei, otto o più

parti (fig. 1; calderini - de giuli

1999, pp. 35-36).

Le figure a disposizione circolare o raggiata che potrebbero rappresentare il sole

sono presenti anche nel panorama delle incisioni rupestri del Vco. Il cerchio sempli-

ce compare più volte a contornare una coppella sulla Pietra del merler all’alpe Cama

Superiore di Antrona Schieranco (fig. 2; de giuli 1986, pp. 173-178), ma anche sul

masso dell’Alpe Prà (Cicogna di Cossogno) in Val Grande (Messaggi sulla pietra

2014, p. 202), e su una roccia nei pressi dell’alpe Blitz (Craveggia) in Valle Vigezzo2

(fig. 3); si trovano poi due circoliformi che inscrivono una croce e una croce raggiata

su una roccia di Pianzà (Malesco) e – sempre nella stessa località – si osserva una

croce con piedestallo triangolare inscritta in un cerchio, di cui vengono travalicati i

limiti dai bracci3.

* Parco Nazionale Valgrande1 Il presente testo raccoglie i primi risultati di una ricerca - ancora in corso - condotta con l’amica E. Poletti.2 Notizia inedita. Si ringrazia E. Magliulo per la segnalazione.3 Messaggi sulla pietra 2014, pp. 134, 139. Questo petroglifo è stato adottato come logo dell’Ecomuseo della pietra ollare di Malesco.

Fig. 1. Schema cerchio-ruota.

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L’associazione del cerchio e della croce, attestata ad esempio anche nei graffiti

d’ambito sacro medievale (trentin 2010-2011, p. 213), nel caso delle incisioni di

Pianzà si traduce in una ripartizione che richiama i quattro elementi, i due assi della

Croce rimandano ai punti cardinali, il cerchio alla ciclicità della manifestazione, il cen-

tro alla comunicazione tra i Mondi. Essa diventa una sintesi tra le antiche tradizioni

dei culti solari e il cristianesimo, presente anche sugli architravi litici medievali a pro-

tezione della soglia (calderini - de giuli 1999, pp. 57-60). Essa inoltre si lega al centro,

diventando simbolo della convergenza tra gli opposti e le direzioni, luogo di equilibrio.

La medesima valenza congiunta di antico simbolo solare e di simbolo cristiano,

in quanto Cristo è Luce del Mondo

(come indicato nei Vangeli: Giovanni 8,

12-20; Matteo 4, 16; Luca 2,32) si rav-

visa nei petroglifi raggiati, stelliformi e

soliformi anch’essi presenti su diverse

rocce dell’Ossola. Stelliformi, resi da un

vario numero di raggi che si dipartono

da un punto centrale, sono documen-

tati a Noccola e Sassoledo di Trontano

(Messaggi sulla pietra 2014, pp. 152,

154), e a Corte di Sopra di Beura Car-

dezza (fig. 4; Messaggi sulla pietra 2014,

pp. 129-130). Stelliformi simili sono pre-

senti tanto in incisioni preistoriche, ad

Fig. 2. Particolare della “Pietra del merler” con cer-

chio e coppella (foto Archivio Sitinet).

Fig. 3. Particolare della roccia dell’alpe Blitz con

cerchio e coppella (foto E. Magliulo).

Fig. 4. Particolare della roccia dell’alpe Noccola

con stelliforme.

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esempio nella Valle delle Meraviglie (de lumley 1996, p. 248, fig. 166) e in altri

contesti alpini (Priuli 1991, pp. 147-154 e 183-187), quanto nei graffiti cristiani me-

dievali e postmedievali, nei quali si riconosce il valore del simbolo sottolineato dalla

citazione delle stelle nelle Sacre Scritture come portatrici di luce nelle tenebre della

notte e come legate agli angeli e alla Vergine, capaci di fornire protezione all’uomo

e dunque anche dotate di valore apotropaico4. A Corte di Sopra, unitamente agli

stelliformi, sono presenti anche due soliformi, termine con il quale si indicano figure

composte da un cerchio dal quale si dipartono i raggi. Anche questa forma è di

tradizione antichissima (de lumley 1996, fig. 166, p. 246 e p. 255), mutuata nell’arte

cristiana con rimando al Cristo, come altri simboli solari sopra richiamati e secondo

soluzioni molto varie5; nel caso delle attestazioni nell’alpeggio di Beura Cardezza si

tratta di semplici raffigurazioni del sole in senso proprio e senza rimandi simbolici,

in un contesto di ingenuo disegno di ‘paesaggio’ con casa, di esecuzione piuttosto

recente.

Tornando all’impiego simbolico del sole raggiato come emblema della divinità,

si propone qui all’attenzione del lettore, la raffigurazione di un ostensorio incisa in

una complessa scena sulla roccia nell’alpeggio di Vigialla. L’ostensorio, proposto

al centro della scena, è reso da una figura costituita da tratto centrale a due dira-

mazioni verso l’alto e con piedestallo triangolare alla terminazione inferiore, attorno

all’asse centrale si dipartono raggi a tratti rettilinei o divergenti a V. Il riconoscimento

dell’ostensorio pare confermato dalle lettere S che compaiono al di sotto del pie-

destallo, forse richiamo abbreviato al SS. Sacramento. Benché si siano individuati

pochi confronti nell’arte rupestre (troletti 2013, pp. 113-120; 2015, pp. 311-318),

la raffigurazione richiama esempi reali di ostensori ai quali, a partire dal Concilio

di Trento, venne conferita la forma di soli raggiati con cui si diffusero ampiamente

nell’arredo liturgico a partire dal XV secolo (giorgi 2004, p. 48).

dal solE al fiorE dElla vita

Tra i simboli solari più conosciuti c’è sicuramente il cosiddetto ‘Sole delle Alpi’,

simbolo definito anche rosone, rosace, rosa celtica, fiore della vita. Tra le varie de-

finizioni la più corretta sembra l’ultima, in quanto non connotata geograficamente o

culturalmente, poiché il simbolo è in effetti universale e ampiamente diffuso. Si tratta

4 trentin 2010-2011, p. 202. Per la presenza di stelliformi tra i graffiti su cappelle cinquecentesche in territorio verba-nese e ossolano: Biganzoli - Pizzigoni 2007, p. 66 (cappella di Migiandone) e p. 77 (Cappella di Bienna, ove compaiono diverse stelle ad asterisco e stelle a cinque punte, di cui è data l’interpretazione in collegamento con le sacre scritture, confermata dalla dedicazione della cappella alla Vergine).5 Basti ricordare i richiami solari nei rosoni e nelle finestre degli edifici sacri o il sole raggiato entro il quale è generalmente inserito il trigramma IHS o JHS, nonché le stesse aureole raggiate di Cristo e dei santi (riferimenti anche in calderini - de giuli 1999, p. 35).

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di una composizione geometrica di cerchi multipli sovrapposti e composti in una

simmetria esagonale.

Il fiore della vita può essere ricondotto al più antico simbolo della ‘ruota solare’,

la quale – come abbiamo visto – a sua volta deriva dal cerchio con il centro eviden-

ziato da un punto o coppella. I raggi rappresentano il collegamento con il centro,

con il principio e fulcro della vita e, allo stesso tempo, servono per dare alla figura

l’idea della rotazione, simbolizzazione della ciclicità del mondo, dove tutto cambia

in continuazione e solo il centro rimane fisso e immutato.

I più antichi esempi in contesto europeo si trovano in territorio etrusco, su urne

e stele funerarie del VII secolo a.C.; il motivo, in zone a noi più prossime, è attestato

sovente in epoca romana su monumenti funerari, quali quello di Claro Fuenno a

Domodossola o altre stele da Novara, Cureggio,

Locarno (fig. 5; manni 2005, p. 66). Nelle sue ma-

nifestazioni più antiche viene considerato simbolo

solare e di rinascita, quindi di buon auspicio per la

vita oltremondana.

La diffusione prosegue anche in età medievale

e postmedievale con il suo uso in numerosi con-

testi della scultura architettonica romanica e

dell’arte sacra cristiana (fig. 6; Poletti ecclesia -

coPiatti 2013, pp. 31-53). Nella sua interpretazio-

ne cristiana il fiore della vita, composto di cerchi,

simboleggia l’infinito che tutto racchiude, cioè Dio

stesso. Figura per eccellenza della Geometria

Sacra, venne studiato approfonditamente da Le-

onardo Da Vinci, e adottato nelle dottrine esoteri-

che e misteriche in quanto ritenuto racchiudere la

‘formula’ del Creato6.

Il fiore della vita ha avuto una consistente diffu-

sione nell’arco alpino a partire dal XVII secolo su

oggetti d’uso quotidiano e nell’arte tradizionale.

Anche nella provincia del Verbano Cusio Ossola,

lo si ritrova ovunque, soprattutto sulle pareti delle

abitazioni in corrispondenza di porte e finestre ma

anche su mobili e oggetti vari, quali ad esempio

cassapanche e forme da burro.

6 Per un approfondimento sul fiore della vita presso numerosi popoli e culture, anche se l’opera non si presenta come intervento a carattere scientifico, ma piuttosto mistico-esoterico, si veda: drunvalo 1999 e 2000.

Fig. 5. Stele di Cureggio (NO).

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raffigurazionE dEl solE su architravi mEdioEvali

L’oratorio dei SS. Giacomo e Filippo di Levo (Stresa) risale all’XI secolo ma una

leggenda, perpetuata da alcune moderne iscrizioni, lo indica come antico tempio

del dio Sole consacrato alla religione cristiana dai santi Giulio e Giuliano (grassi -

manni 1990, p. 302). Sulla parete esterna opposta all’entrata vi è un antico portale

con a lato un’acquasantiera e inciso sull’architrave un volto in rilievo: sempre la

tradizione popolare vede erroneamente in questi la vasca sacrificale del tempio

pagano e la raffigurazione del dio Sole (fig. 7).

L’uso di incidere teste umane in bassorilievo su architravi o elementi litici è diffuso

nel decoro romanico e in genere nell’architettura medievale. In contesti a noi vicini si

ricordano, oltre al portale dell’oratorio di

Levo, un architrave a Groppallo di Arizzano con

serpentiforme, elemento fitomorfo e testa

(coPiatti - Poletti ecclesia 2015) e le nu-

merose ‘testine’ presenti nelle decora-

zioni di molte chiese romaniche (cusa

1993), ma anche il sole antropomorfo

scolpito su un concio conservato al Civi

co Museo Archeologico di Mergozzo (fig. 8).

Fig. 6. Lastra di Viggiona. Fig. 7. Portale di Levo.

Fig. 8. Concio da Mergozzo.

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Cerchi raggiati e altri simboli solari sono incisi anche su un architrave medievale

rinvenuto a Cimamulera (fig. 9) (Bertamini 2001, pp. 30-41).

la lastra di masEra

La lastra rinvenuta a Masera nel 2001, segnalata nel 2014 (corBelli et al. 2014,

pp. 3-20), vede la presenza in bassorilievo di un personaggio le cui braccia sorreg-

gono un disco su cui è raffigurato un sole antropomorfo; un secondo personaggio

– del quale è ancora leggibile una mano sul bordo del disco – era inciso sull’altro

lato, in posizione simmetrica. A contorno della scena è incisa un’epigrafe la cui data

– 15187 – potrebbe permetterci di collocare la lastra tra tardo Medioevo e Rinasci-

mento, e di interpretarla come l’ostensione del cerchio solare (fig. 10).

Tali rappresentazioni sono abbastanza comuni nella simbologia religiosa: signi-

7 La scritta si legge come “1518 mens[…] m[…] I die saba[…]”. corBelli et al. 2014, p. 10 ne propongono lo sciogli-mento come “1518 del mese di maggio, primo giorno sabato”.

Fig. 9. Architrave di Cimamulera.

Fig. 10. Lastra di Masera.

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ficativa è la presenza di un affresco, segnalato dagli stessi Corbelli, De Giuli e Priuli,

sopra il portale di un’abitazione in frazione Rogna, sempre a Masera e poco distan-

te dal luogo di rinvenimento della lastra, che vede due angeli che sorreggono un

disco solare al cui interno è dipinto il cristogramma JHS, Cristo-Luce-Vita (fig. 11).

La stessa rappresentazione è visibile su un architrave di Palazzo Fradelizio a

Trontano, portale proveniente dalla chiesa e convento dei Padri Serviti di Vogogna8

(fig. 12). Altro esempio è dato da un bassorilievo in marmo di Crevola con al centro

il monogramma JHS radiato trattenuto in alto da due angeli in volo e in basso da

altri due angeli inginocchiati; ai lati due figure inginocchiate, abbigliate con costumi

dell’epoca (Bian-

chetti 1977, pp.

114-115-117).

Il disco solare

con il cristogram-

ma JHS9 dipinto

o inciso è diffu-

so in un territo-

rio molto vasto

che comprende

anche l’Ossola10

8 Bertamini 1998, pp. 3-22. Il portale è datato ai primi decenni del XVI secolo e ricondotto alla bottega degli Arrigoni, famiglia di piccapietre ossolani che a cavallo fra il ’400 e il ’500 operarono a Pavia e in Ossola.9 Il monogramma JHS racchiuso nel disco raggiato è un simbolo introdotto da S. Bernardino da Siena, da lui stesso inventato e proposto quale sintesi del concetto cristocentrico che andava predicando a partire dal 1417.10 Gli esempi sarebbero molti, ci limitiamo a segnalarne alcuni: portale a Cardone (Montecrestese); elemento litico di

Fig. 11. Affresco di Masera.

Fig. 12. Architrave di Trontano.

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(figg. 13-14). Non va poi dimenticato che

il sole raggiante fu adottato come inse-

gna dai Visconti, la cosiddetta “razza”

viscontea.

Il fatto che a reggere il clipeo con il

sole raggiato siano due personaggi non

qualificati come angeli, unitamente al

reimpiego della lastra in contesto ru-

rale, fanno ritenere che il manufatto sia

stato realizzato con intenti celebrativi in

ambito civile, piuttosto che religioso.

Non sembra invece plausibile il col-

legamento ai culti solari celtici, proposto da Corbelli, De Giuli, Priuli11, che presup-

pone un’esecuzione non coeva del rilievo e dell’epigrafe con la data, sia perché

recupero murato nell’abside della chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore (fig. 13); dipinto all’interno della parrocchiale di Crevoladossola; affresco del XV secolo restaurato in anni recenti a Varzo (fig. 14); lapide in marmo di Crevola datata 1483 affissa nel cortile di Palazzo Silva a Domodossola.11 Gli autori suggeriscono un collegamento con il mondo celtico e più precisamente con la festa di Beltane, dedicata al dio Beleno, il dio celtico del Sole, festa che si celebrava proprio il primo giorno del mese di maggio. Corbelli, De Giuli e Priuli arrivano a ipotizzare che l’ignoto autore dell’incisione avesse nel 1518 piena conoscenza dei riti celebrativi dedicati al dio del sole e concludono affermando che la lastra di Masera potrebbe essere la “dimostrazione che le credenze e i riti pagani sopravvissero a lungo, soprattutto nelle aree periferiche dove il ciclo della stagioni, il rapporto con la natura e il rispetto delle sue manifestazioni erano molto sentiti da pastori e contadini” (corBelli et al. 2014, p. 18).

Fig. 13. Cerchio con cristogramma JHS dalla chie-

sa parrocchiale di S. Maria Maggiore.

Fig. 14. Affresco a carattere civile su un edificio privato a Varzo.

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l’iscrizione, perfettamente adattata

alla cornice della lastra ma sicura-

mente mutila nella sua parte con-

clusiva, appare contemporanea alla

raffigurazione, sia perché nel conte-

sto culturale celtico cui rimandano gli

autori non sono note raffigurazioni so-

lari antropomorfe con caratteristiche

analoghe a quella di Masera12.

Nell’arte celtica il tema solare è

piuttosto affidato a rappresentazioni

schematiche, mentre la figura uma-

na, anche laddove se ne ipotizzi un

impiego a rappresentare divinità sola-

ri, è tratteggiata secondo stilizzazioni differenti dall’esempio in esame. Per limitarci

all’ambito geografico più prossimo, è da ricordare il cosiddetto Mascherone di Dre-

sio, per il quale è stata proposta l’interpretazione come divinità solare e delle acque

salutari, Apollo/Belenus (gamBari 1999, pp. 37-54), che non presenta l’elemento del-

la chioma raggiata13.

Per trovare, per la prima volta, impiegato il modo di rappresentazione della divinità

solare come volto raggiato con tratti somatici naturalistici dobbiamo attendere la pie-

na età romana, quando però i raggi sono resi in forma di corona nelle raffigurazioni di

Sol Invictus e Mithra (rigon 1983, mercKelBach 1988). Tale modo di raffigurare il sole

persiste anche nell’iconografia cristiana dell’alto Medioevo14. È poi solo nel pieno Me-

dioevo che il sole rappresentato come volto interamente contornato da raggi prende

piede, sia a simboleggiare la divinità sia a indicare l’astro vero e proprio, ad esempio

come testimone nelle scene di crocifissione insieme alla luna (hautecourte 1921).

A conclusione di questo contributo è importante sottolineare che solo ulteriori

ricerche potranno confermare la venerazione di divinità solari da parte delle genti

che hanno abitato le nostre terre in epoca antica. La presenza di alcune incisioni

rupestri che richiamano la simbologia solare o le rappresentazioni del ‘fiore della

12 Anche le ‘teste raggiate’ di Bellino (CN) e di Buttogno (fig. 15, quest’ultima inedita, si ringrazia per la segnalazione il sig. E. Fusi) non è provato che siano da ricondurre a culti celtici.13 Il ‘mascherone’ di Dresio è datato alla seconda età del Ferro. Si tratta di un manufatto in serpentinite raffigurante una testa maschile le cui caratteristiche rimandano all’iconografia celtica raffigurante personaggi di sesso maschile comune-mente identificati con divinità legate alla natura (vegetazione, boschi e acque), forse al Dio silvestre Esus, a Cernunnos o a Belenus/Apollo (si veda anche Poletti ecclesia, infra).14 Per la notevole somiglianza dello schema iconografico proposto con quello della lastra di Masera, si segnala uno dei fregi scolpiti della cattedrale di Santa Maria a Quintanilla de las Viñas (Burgos) d’età visigota (VIII-IX secolo d.C.), in cui due figure alate reggono un clipeo con al centro una figura raggiata indicata dall’iscrizione come sol (arBeiter 1998).

Fig. 15. ‘Testa raggiata’ da Buttogno.

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vita’ in epoca romana, medievale e moderna o ancora il ‘sole antropomorfo’ di

Masera non ci permettono di affermare – allo stato attuale delle conoscenze – che

queste siano la testimonianza accertata di antichi culti solari.

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