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INTORNO AL TESTO

Date post: 22-Jan-2023
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INTORNO AL TESTO TIPOLOGIE DEL CORREDO ESEGETICO E SOLUZIONI EDITORIALI Atti del Convegno di Urbino 1-3 ottobre 2001 SALERNO EDITRICE ROMA
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INTORNO AL TESTOTIPOLOGIE DEL CORREDO ESEGETICO

E SOLUZIONI EDITORIALI

Atti del Convegno di Urbino1-3 ottobre 2001

SALERNO EDITRICEROMA

ISBN 88-8402-400-5

Tutti i diritti riservati - All rights reserved

Copyright © 2003 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietatila riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, perqualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il mi-crofilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazionescritta della Salerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.

Il volume è stato pubblicato con il contributo del MIUR erogatotramite il Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura dell’Università di Lecce

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Chiara Balbarini

« PER VERBA » E « PER IMAGINES »:UN COMMENTO ILLUSTRATO ALL’INFERNO

NEL MUSÉE CONDÉ DI CHANTILLY*

Il manoscritto di cui tratto apparteneva al Cabinet des livres diHenri d’Orléans, duca d’Aumale, nel castello di Chantilly doveancora il codice si conserva, presso il Musée Condé.1 Esso contie-ne, com’è noto, la prima cantica della Commedia di Dante (cc. 1-29v), seguita dalle Expositiones et Glose super Comediam Dantis factaeper Fratrem Guidonem Pisanum Ordinis Beatae Mariae de Monte Carmeload Nobilem virum Dominum Lucanum de Spinolis de Ianua (cc. 31r-

* Desidero rivolgere un ringraziamento speciale alla professoressa Lucia Bat-taglia Ricci, che ha stimolato con preziosi suggerimenti questo breve interven-to, in un ambito di studi distinto ma contiguo e, di necessità, complementare aquello di mia piú stretta competenza: è infatti dalle indagini incrociate sui fattifigurativi e su quelli filologici e critico-letterari, oltre che codicologici e paleo-grafici, che sono scaturiti gli esiti piú positivi di questa ricerca, peraltro ancoraagli inizi.

1. Ms. 597 – XX D (1) 4 –, d’ora in poi Cha, come figura nell’Edizione Nazio-nale della Commedia (Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, acura di G. Petrocchi, Milano, Mondadori, 1966-1967, p. 489, poi Firenze, LeLettere, 19942). Il codice proviene dalla collezione del marchese Archinto diMilano (cfr. P. Colomb De Batines, Bibliografia dantesca, vol. ii, Prato, Tip. Aldina,1846, p. 137 n. 256). Dispersa poi questa collezione, per molti decenni si perserole tracce del manoscritto, finché Edward Moore lo ritrovò nella Biblioteca delduca d’Aumale a Chantilly (E. Moore, Contributions to the Textual Criticism of the‘Divina Commedia’, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1889, pp. xvi-xvii n.).Per un riepilogo degli studi dedicati al manoscritto – dei quali si citeranno qui,per brevità, quelli piú strettamente inerenti ai problemi trattati – rimando allascheda bibliografica in M. Roddewig, Dante Alighieri. Die ‘Göttliche Komödie’.Vergleichende Bestandsaufnahme der ‘Commedia’-Handschriften, Stuttgart, Hiersemann,1984, pp. 31-32 n. 68, peraltro lacunosa soprattutto per quanto riguarda gli studistorico-artistici, per i quali si vedano qui le nn. 36-38, mentre per le questionifilologiche e storico-letterarie si veda P. Locatin, Una prima redazione del com-mento all’ ‘Inferno’ di Guido da Pisa e la sua fortuna (il ms. Laur. 40 2), in «Rivista diStudi danteschi», i 2001, 1 pp. 30-74, con bibliografia.

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234v), e dalla Declaratio in terza rima, in otto canti, con glosse la-tine (cc. 239r-243r), composta dallo stesso fra’ Guido e dedicataanch’essa allo Spinola.2

Il codice, contraddistinto da una preziosa veste editoriale – unin-folio in pergamena accuratamente levigata, scritto su due co-lonne con una grafia elegante e regolare –3 e riccamente illustra-to, è identificabile con la copia di dedica donata dallo stesso Gui-do a Lucano di Giorgio degli Spinola, illustre famiglia della riccaborghesia genovese, come confermano gli stemmi del casato e lascena della donazione dell’opera nella pagina incipitaria del com-mento.4

La mise en page del manoscritto rende immediatamente visibilela ramificata struttura del commento: ognuna delle sezioni in cui

2. Cfr. Guido da Pisa’s ‘Expositiones et Glose super Comediam Dantis’ or Com-mentary on Dante’s ‘Inferno’, ed. with Notes and an Introduction by V. Cioffari,Albany (N.Y.), State Univ. of New York Press, 1974; G. Billanovich, recensio-ne a Guido da Pisa’s ‘Expositiones’, cit., in «Studi Medioevali», s. iii, xvii 1976,pp. 254-65; V. Cioffari, Errata Corrige for Guido da Pisa’s ‘Expositiones et Glose’, in«Forum Italicum», xxii 1988, pp. 223-36; Guido da Pisa, Declaratio super ComediamDantis, ed. critica a cura di F. Mazzoni, Firenze, Società Dantesca Italiana, 1970.Tra gli studi piú ampi dedicati al commento guidiano si veda inoltre R. Abardo,Il testo della ‘Commedia’ nella ‘Expositio’ di Guido da Pisa, tesi di laurea, relatore F.Mazzoni, Univ. degli Studi di Firenze, a.a. 1976-1977, e A. Canal O. Carm., Ilmondo morale di Guido da Pisa interprete di Dante, Bologna, Pàtron, 1981.

3. Cfr. G. Pomaro, Codicologia dantesca, i. L’officina di Vat, in «Studi danteschi»,lviii 1986, pp. 343-57, la quale, sostenendo l’ipotesi che il manoscritto sia esem-plare di dedica, ha evidenziato la formazione grafica dotta del suo copista, checolloca in un’officina fiorentina, come già F. Mazzoni, “voce” Guido da Pisa, inEnciclopedia Dantesca, Roma, Ist. Enc. It., iii 1971, pp. 325-28.

4. Vd. oltre. Cfr. a proposito F.P. Luiso, Di un’opera inedita di frate Guido da Pisa,in Miscellanea di studi critici pubblicati in onore di Guido Mazzoni, Firenze, Tip.Galileiana, 1907, i pp. 90-93; M. Meiss, The smiling pages, in P. Brieger-M. Meiss-Ch.S. Singleton, Illuminated Manuscripts of the ‘Divine Comedy’, Princeton, PrincetonUniv. Press, 1969, p. 55; Guido da Pisa’s ‘Expositiones’, cit., pp. xvi-xvii; Billa-

novich, rec. cit., pp. 255-56. Su Lucano Spinola, documentato in atti dal 1323 al1347, si veda inoltre F. Roediger, Dichiarazione poetica dell’ ‘Inferno’ dantesco di frateGuido da Pisa, in «Il Propugnatore», n.s., i 1888, i pp. 339-40; F. Franceschini,Per la datazione tra il 1335 e il 1340 delle ‘Expositiones et glose’ di Guido da Pisa (condocumenti su Lucano Spinola), in «Rivista di studi danteschi», ii 2002, 1 pp. 64-103.

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sono suddivise le Expositiones su ciascun canto, cioè Prologo, Deductiotextus de vulgari in latinum, Expositio littere, Comparationes, Summa oNotabilia, è introdotta ed evidenziata da un diversificato corredodi elementi paratestuali: 151 iniziali miniate su foglia d’oro, di di-mensioni diverse a seconda della loro collocazione in ciascunasezione del commento, rubriche, numerosissimi segni paragrafalie sottolineature in rosso delle terzine di volta in volta commen-tate. Si ha quindi una precisa gerarchizzazione all’interno del te-sto, per fini didascalici, sul modello del libro scientifico univer-sitario come è stato osservato in altri manoscritti prestigiosi dicontenuto letterario: cito fra tutti il codice autografo del Decameron,ms. Hamilton 90 di Berlino.5

Per quanto riguarda l’illustrazione, costituita da tre iniziali fi-gurate e da cinquantaquattro disegni acquarellati disposti quasitutti nei margini delle carte contenenti il commento,6 l’esameravvicinato del manoscritto ha evidenziato alcuni elementi rela-tivi al suo allestimento materiale sui quali propongo delle ipotesi,che attendono peraltro piú ampie verifiche derivando da una ri-cerca ancora in fieri ed esulando in parte dalle mie competenzespecifiche.

Come già avevano osservato il Luiso e il Meiss,7 nel margineinferiore di alcuni fogli contenenti illustrazioni, in alcuni casi ta-gliate dalla rifilatura, in altri inserite nell’illustrazione stessa, sonovisibili lettere alfabetiche, maiuscole e minuscole, vergate ad in-chiostro nero. Le prime lettere visibili si trovano nei margini didue carte contigue, 96v-97r, contenenti figurazioni che illustrano,senza soluzione di continuità, un’unica sequenza di scena (Incontro

5. Si veda a proposito A. Rossi, Segni e archetipi nel ‘Decameron’, in G. Boccaccio,Il Decameron, ed. critica a cura di A. Rossi, Bologna, Cappelli, 1977, pp. xvi sgg.

6. Fanno eccezione le figurazioni nella pagina incipitaria dell’Inferno (c. 1r),cioè il fregio con i medaglioni raffiguranti le tre fiere, en bas de page, e gli stemmidello Spinola, nel margine esterno (oltre al capolettera raffigurante Dante alloscrittoio nella stessa carta), e la rappresentazione del Banchetto di Balthasar all’in-terno di un riquadro nel frontespizio del commento guidiano (c. 31r).

7. Luiso, Di un’opera inedita, cit., p. 10; Meiss, The smiling pages, cit., pp. 45-46.

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di Dante e Virgilio con i Centauri): a ridosso della rifilatura, in ciascu-na delle carte, si legge una f minuscola (tav. 1); piú avanti, alla c.114r, si intravede un’altra letterina frammentaria, in questo casonon facilmente riconoscibile; nella c. 120v, dove sono raffiguratiDante e Virgilio difronte agli Usurai, si legge chiaramente una n (tav.2); circa ottanta carte piú oltre, a partire dalla c. 199v, in ciascunadelle successive cinque carte contenenti illustrazioni, si leggonoaltrettante lettere maiuscole in sequenza: E (c. 199v, Dante e Virgi-lio osservano i falsatori di metalli, tav. 3), G (c. 205r, Maestro Adamo,Sinone e la moglie di Putifar, tav. 4), H, indifferentemente maiuscolao minuscola (c. 210r, Incontro con i giganti, tav. 5), I (c. 221r, Incontrocon Camicion de’ Pazzi e i traditori nel lago ghiacciato, tav. 6) e unalettera non ben distinguibile a causa della rifilatura (c. 223v).

È presumibile che negli altri disegni en bas de page le letteresiano state eliminate dalla rifilatura, che avrebbe dovuto obliterareanche quelle sopra evidenziate, cosí come venivano erase le lette-rine guida tracciate a uso del miniatore accanto ai capilettera. Ilfatto che le lettere si trovino in sequenze consecutive, la prima diminuscole, la seconda di maiuscole, nei margini delle carte riser-vate alle figurazioni, potrebbe suggerire l’ipotesi che tali letterefungessero da riferimento, per l’illustratore, a un menabò, doveera stato stilato, verosimilmente dallo stesso Guido – probabilesupervisore dell’allestimento del codice –8 il programma icono-grafico del prezioso esemplare di dedica. Tale abbozzo poteva con-tenere, oltre all’elenco dei soggetti da illustrare, forse anche le istru-zioni – scritte, e magari anche figurate sotto forma di schizzi – percome rappresentare tali soggetti, in maniera coerente, cioè, al testodi commento che esse dovevano accompagnare e “supportare”.9

8. L. Battaglia Ricci, Parole e immagini nella letteratura italiana medievale. Mate-riali e problemi, Pisa, Gei, 1994, pp. 41-51, rilevando come alcune figurazioni diCha forniscano una visualizzazione interpretativa della Commedia aderente alcommento di Guido, ha sostenuto il ruolo di quest’ultimo quale co-autore, com-mittente e al contempo donatore del manoscritto.

9. Si tenga presente, d’altronde, che negli anni in cui è presumibile che ilcodice sia stato allestito (la datazione di Cha oscilla tra il 1327 e il 1328: B. Sand-

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L’ipotesi presenterebbe quindi un caso analogo a quello offer-to dai due esemplari manoscritti dei Documenti d’Amore di France-sco da Barberino (Vat. Lat. 4077 e 4076), il primo corredato dei di-segni tracciati dall’autore del testo, il secondo illustrato da minia-tori professionisti sul modello di tali disegni autografi. Il caso diFrancesco, che si dichiara orgogliosamente «designator», illustra-tore della propria opera, attribuendo al disegno un’importanzafondamentale in ogni operazione umana10 – come ha evidenziatoDaniela Goldin Folena in questo stesso Convegno –11 è significa-

kühler, Die frühen Dantekommentare und ihr Verhältnis zur mittelalterlichen Kommen-tartradition, München, Hueber, 1967, pp. 155-92; L. Jenaro-MacLennan, The Datingof Guido da Pisa’s Commentary on the ‘Inferno’, in «Italian Studies», xxiii 1968, pp.19-54; M. Meiss, Notable Disturbances in the Classification of Tuscan Trecento Paintings,in «The Burlington Magazine», cxiii 1971, pp. 178-87, e, recentemente, P. Stirne-

mann, in Enluminures italiennes chefs-d’œuvre du Musée Condé [Chantilly, 27 septembre2000-1er janvier 2001], Paris, Somogy-Chantilly, Musée Condé, 2000, pp. 7-11 n. 1,e gli anni intorno al quarto-quinto decennio del secolo: F. Mazzoni, Guido daPisa interprete di Dante e la sua fortuna presso Boccaccio, in «Studi danteschi», xxxv

1958, pp. 29-128, Id., “voce” Guido da Pisa, cit., p. 327; Pomaro, Codicologia dantesca,cit., pp. 343-57; L. Battaglia Ricci, Testo e immagini in alcuni manoscritti illustratidella ‘Commedia’: le pagine d’apertura, in Studi offerti a Luigi Blasucci, a cura di L. Lu-

gnani, M. Santagata e A. Stussi, Lucca, Pacini Fazi, 1996, p. 32; Franceschini,Per la datazione, cit.), non solo non esisteva ancora una tradizione iconograficaconsolidata del poema dantesco, ma era acceso il dibattito critico-ideologicosulla sua interpretazione (cfr., in relazione alla funzione che le immagini assu-mono in questo contesto, finalizzate spesso, esse stesse, a «meglio intendere […]e in qualche modo classificare […] l’inusitata invenzione che dà vita al testo», L.Battaglia Ricci, Il commento illustrato alla ‘Commedia’: schede di iconografia trecentesca,in «Per correr miglior acque…». Bilanci e prospettive degli studi danteschi alle soglie delnuovo millennio. Atti del Convegno di Verona-Ravenna, 25-29 ottobre 1999, Roma,Salerno Editrice, 2001, pp. 601-39, dove la studiosa tratta anche dello specificocaso di Cha).

10. Cfr. F. Egidi, Le miniature dei codici barberiniani dei ‘Documenti d’Amore’, in«L’Arte», v 1902, pp. 3-5, il quale cita un passo significativo delle chiose barbe-riniane: «Hoc nedum in pictura sed in cuiuslibet rei fabrica magna pars primitusdesignare ac licet nobilibus propter colorum fastidia non videatur ars convenirepingendi attamen designandi nulli etiam principi videtur incongrua per quampingentibus intentiones suas facilius porrigunt […]».

11. Si veda peraltro, della stessa studiosa, Testo e immagine nei ‘Documenti d’Amo-re’ di Francesco da Barberino, in «Quaderni d’Italianistica», i 1980, 2 pp. 125-38.

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tivo dell’alta considerazione goduta dall’«ars designativa» negliambienti letterari del tempo: ciò rispecchia d’altronde una tradi-zione educativa antica attestata già da Aristotele e ripresa nei pri-mi trattati pedagogici dell’Umanesimo.12 L’attribuzione di unapratica simile a Guido da Pisa, di cui sono ben note le approfonditecompetenze “preumanistiche”,13 appare quindi, seppure in via ipo-tetica, del tutto plausibile.

Mi sembra utile segnalare, infine, un caso per il quale è stataipotizzata una situazione di produzione analoga a quella dei Do-cumenti d’Amore, e che contiene forse elementi di conferma allamia ipotesi su Cha: si tratta del celebre, lussuoso manoscritto lon-dinese dei Regia Carmina (Londra, British Museum, 6 E IX), sup-posto esemplare di dedica offerto a Roberto d’Angiò, nel qualetesto e illustrazioni si intrecciano, spesso sovrapponendosi, for-mando un’unità inscindibile.14 È presumibile che anche l’autoredi questo testo – probabilmente ser Convenevole da Prato – ab-bia realizzato un archetipo provvisto di disegni autografi, che co-stituí il modello per l’esemplare attualmente a Londra, miniatoda artisti professionisti.15 Sembra pertanto significativa, anche se

12. Cfr. M. Collareta, La scrittura “arte figurativa”: materiali per la storia di un’idea,in Visibile parlare. Le scritture esposte nei volgari italiani dal Medioevo al Rinascimento.Atti del Convegno internazionale di studi di Cassino-Montecassino, 26-28 otto-bre 1992, a cura di C. Ciociola, Napoli, Esi, 1997, pp. 135-45, dove lo studiosotraccia il percorso di tale tradizione, che, dall’viii libro della Politica di Aristotele,passa attraverso i traduttori e i commentatori di quest’ultimo, come Pietro d’Al-vernia, per ritrovarsi nel De ingenuis moribus di Pier Paolo Vergerio (1400-1402),in cui la graphikè aristotelica viene definita «designativa vero nunc in usu nonest pro liberali, nisi quantum forsitan ad scripturam attinet […]».

13. Cfr. S. Bellomo, Tradizione manoscritta e tradizione culturale delle ‘Expositiones’di Guido da Pisa (prime note e appunti), in «Lettere italiane», xxxi 1979, 2 pp. 153-75 (in partic. pp. 162-66); Canal, Il mondo morale, cit.; Locatin, Una prima reda-zione, cit., p. 74 n. 68.

14. Cfr. a questo proposito le osservazioni di G. Dalli Regoli, La miniatura, inStoria dell’arte italiana, iii/2. Grafica e immagine, Torino, Einaudi, 1980, pp. 136-37; M.Ciatti, Le miniature, in Convenevole da Prato, ‘Regia Carmina’ dedicati a Ro-berto d’Angiò re di Sicilia e di Gerusalemme, Cinisello Balsamo, Pizzi, 1982, pp. 15-16.

15. Ivi, pp. 19-20.

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limitata, la presenza in questo manoscritto di letterine vergate adinchiostro accanto a miniature tabellari – una a e una b, rispetti-vamente a lato di due riquadri disposti uno sopra l’altro a c. 6r –che forse servivano da riferimento, come in Cha, ad un progettografico precedentemente steso.16

Piú problematico sembra stabilire, nel nostro manoscritto, laconsequenzialità tra il lavoro del copista e quello dell’illustratore;anche se, infatti, di norma il miniatore interveniva dopo che ilcalligrafo aveva esaurito il suo compito,17 vi sono casi in cui que-st’ultimo sembra succedersi all’illustratore: ad esempio, nelle cc.123r, 127r e 107r, la scrittura si sovrappone in alcuni punti ai dise-gni acquarellati, mentre in altri le figurazioni si collocano a ridossodello specchio di scrittura (tavv. 7-8, 12); in altri casi poi, comenella c. 103r, l’illustrazione si insinua negli spazi lasciati liberi daltesto, presupponendo la sua già compiuta stesura (tav. 9).

È significativo che una situazione analoga si verifichi, come giàho accennato, nel manoscritto della British Library, dove l’illu-strazione invadente è tutt’uno con il testo.

L’ipotesi qui prospettata riguardo ad un presunto archetipo fi-gurato di Cha non fa altro che confermare, e anzi rafforzare, leconsiderazioni di Meiss, Brieger18 e, piú recentemente e appro-fonditamente, Battaglia Ricci,19 sullo stretto rapporto tra le Expo-sitiones guidiane e le illustrazioni che le corredano.

16. L’ipotesi è accolta favorevolmente da Ottavio Banti, al quale devo la se-gnalazione del caso del manoscritto londinese. Questa procedura di indicarecon lettere alfabetiche i soggetti che illustrano il testo non trova riscontro nellapiú nota letteratura tecnico-specialistica (vd. A. Petrucci, Breve storia della scrit-tura latina, Roma, Bagatto, 19922; J.J.G. Alexander, Medieval Illuminators and theirmethods of work, New Haven-London, Yale Univ. Press, 1992; De arte illuminandi,a cura di F. Brunello, Vicenza, Neri Pozza, 1992; M. Maniaci, Terminologia dellibro manoscritto, Roma, Ist. centrale per la patologia del libro, 1996).

17. Cfr. De arte illuminandi, cit., p. 178.18. P. Brieger, Pictorial commentaries to the ‘Commedia’, e Meiss, The smiling pa-

ges, cit., in Brieger-Meiss-Singleton, Illuminated Manuscripts, cit., pp. 3-9, 44-70, 85-88.

19. Battaglia Ricci, Parole e immagini, cit., pp. 41-51.

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A questo proposito vorrei richiamare l’attenzione sull’immagi-ne incipitaria del Prologo (c. 31r): le figurazioni contenute in que-sta pagina costituiscono infatti un sofisticato congegno di riman-di e corrispondenze – esplicitate del resto nel testo –20 tra il pro-feta Daniele, rappresentato nel frontespizio mentre svela al reBalthasar le criptiche parole scritte dalla mano sul muro, fra’ Gui-do, che si fa ritrarre nel capolettera in procinto di intraprendere ildifficile compito di interprete dell’«altissima e subtilissima» Com-media dantesca, e, nel bas de page, la già citata messa in scena, spe-culare a quella nel frontespizio, della donazione del codice daparte dello stesso Guido a Lucano Spinola, il cui prestigio socialeè dichiarato dalla veste, dalla spada e dalla presenza del paggioche trattiene il cavallo, oltreché degli stemmi della famiglia raf-figurati nel margine esterno della carta (tav. 10), dove peraltro èquest’ultimo, committente, a recarsi dall’autore – verosimilmen-te curatore dell’intero manufatto –, ribaltando l’iconografia con-venzionale del tema a favore dell’autorità del frate e della rive-renza che il giovane Lucano doveva nutrire nei suoi confronti.21

20. Cfr. Guido da Pisa’s ‘Expositiones’, cit., pp. 1-3: «Scribitur Danielis, quintocapitulo, quod cum Baltassar rex Babillonie sederet ad mensam, apparuit contraeum manus scribens in pariete: Mane, Thechel, Phares. Ista manus est nosternovus poeta Dantes, qui scripsit, idest composuit, istam altissimam et subtilissi-mam Comediam, que dividitur in tres partes: prima dicitur Infernus, secundaPurgatorium, tertia Paradisus. His tribus partibus correspondent illa tria que scriptasunt in pariete. Nam Mane correspondet Inferno; interpretatur enim Mane “nu-merus”; et iste poeta in prima parte sue Comedie numerat loca, penas et sceleradamnatorum. Thechel correspondet Purgatorio; interpretatur enim Thechel “ap-pensio” sive “ponderatio”; et in secunda parte sue Comedie appendit et pon-derat penitentias purgandorum. Phares autem correspondet Paradiso; interpretaturenim Phares “divisio”; et iste poeta in tertia parte sue Comedie dividit, idestdistinguit, ordines beatorum et angelicas ierarchias. Igitur manus, idest Dantes;nam per manum accipimus Dantem. […] Scripsit dico in pariete, idest in apertoet publico, ad utilitatem omnium […]. Ad istum certe poetam et ad suam Co-mediam potest referri illa visio, quam vidit Exechiel propheta; de qua visionesic scribit idem propheta: “Ecce manus missa ad me in qua erat liber scriptusintus et foris […]”».

21. Cfr. Stirnemann, in Enluminures italiennes, cit., p. 10.

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Vi è quindi una corrispondenza – non priva di intento autocele-brativo – tra il dotto carmelitano, commentatore del poemadantesco per conto dello Spinola, e il profeta Daniele, incaricatodal re Balthasar di interpretare la profezia scritta sul muro.22 Talefigurazione condensa ed esplicita, quindi, con esemplare pregnan-za, non solo i rapporti che legavano Guido da Pisa a Lucano Spi-nola, ma anche il significato dell’operazione compiuta dal dottocarmelitano nelle Expositiones: come è stato recentemente eviden-ziato da Paola Locatin, rielaborando le proprie precedenti chioseall’Inferno (testimoniate dal ms. Laur. 40 2), Guido si preoccupò dicostruire un commento organico in funzione del destinatario del-l’opera, cioè lo Spinola, arricchendo il testo originario di ampiedigressioni dottrinarie e di numerosissime nuove citazioni dallaBibbia e dagli autori latini classici, per fini didascalici, e sottopo-nendolo ad una rigorosa revisione formale.23 Nei numerosi passidel commento in cui il frate si rivolge a Lucano, quest’ultimo ap-pare d’altronde non semplice mercante esperto di navigazione,24

ma appassionato estimatore di Dante e degli auctores classici.25

22. A questo proposito si veda anche M. Meiss, An illuminated ‘Inferno’ andTrecento Painting in Pisa, in «The Art Bulletin», xlvii 1965, pp. 61-62 (l’articoloè un estratto anticipato del saggio uscito quattro anni piú tardi nel già citatoBrieger-Meiss-Singleton, Illuminated Manuscripts, pp. 33-80).

23. Locatin, Una prima redazione, cit., pp. 30-74, la quale rileva come Guidoriordini il materiale verbale del testo laurenziano per ottenere maggiore conci-sione e chiarezza, ottenendo una prosa dall’andamento piú classico; secondo lastudiosa, inoltre, Guido antepose all’esposizione di ciascun canto una parafrasilatina dei versi per ovviare forse alla scarsa dimestichezza dello Spinola con lalingua toscana.

24. Cfr. Guido da Pisa’s ‘Expositiones’, cit., pp. 114-15: « […] tu, Lucane, quimultotiens perambulas semitas maris […]».

25. Cfr. ivi, p. 48: «Ubi nota tu, devote Lucane, qui informari virtutibus con-cupiscis et gratiis protegi celestibus optas, quod Dante in se ipso assumit personamhominis penitentis […]»; pp. 84-85: «Et quia iste philosophus [Socrate] interomnes antiquos philosophos sapientior habetur, ideo quosdam flores dictorumsuorum tibi, Lucane, disposui describendos, quos quidem utiles in vivendoreperies si eos in memoria retinebis, et opere adimplebis», e soprattutto pp. 719-20: «La gran devotione el grande amore che tu dimostri, Spinola Lucano, inverlo gran maestro el grande autore [….]». Già il Roediger, Dichiarazione poetica

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L’immagine sopra commentata non è la sola in Cha che for-nisce «informazioni, piú o meno surrettizie, sulla sua composi-zione», orientando inoltre su «chiavi complessive di lettura» del-l’opera:26 l’intero programma iconografico del manoscritto rivelainfatti una cultura ben definita, gusti e modelli di riferimento dellacommittenza e/o di chi sovraintese all’allestimento del codice.

Uno degli elementi piú qualificanti di questo ricchissimo pro-gramma iconografico appare l’interesse per l’arte classica, con ungusto raffinatamente antiquario sul quale ha posto l’attenzione re-centemente Patricia Stirnemann.27 Al modello della statuaria ro-mana può essersi ispirata ad esempio la posa “eroica” di BrunettoLatini (c. 114r, tav. 11), nella quale il Meiss riconosceva quella co-dificata dell’oratoria, rilevando la singolarità della scelta dell’illu-stratore di dare una tale impostazione alla figura di un uomo nu-do, e richiamando l’atteggiamento di sfida che Brunetto mostra,nel passo dantesco, nei confronti della Fortuna.28

Ad uno schema frequentemente utilizzato nell’arte classica sem-bra improntata anche la figura di un altro sodomita nella stessascena: quello alla testa della schiera dei dannati, bloccato in unaposa di tensione, con il busto rivolto in avanti verso la gambapiegata e la testa ruotata indietro verso quella tesa.29

dell’ ‘Inferno’, cit., pp. 339-40, aveva rilevato che Guido si rivolge a Lucano comea un giovane discepolo. Gli interessi letterari di Lucano, che traspaiono nelleparole di Guido, sono stati evidenziati da Luiso, Di un’opera inedita, cit., pp. 90-93, e Canal, Il mondo morale, cit., p. 50.

26. Battaglia Ricci, Il commento illustrato, cit., p. 604 n. 7.27. Stirnemann, in Enluminures italiennes, cit., pp. 8-10.28. Inf., xv 93. Cfr. Meiss, The smiling pages, cit., p. 61. Stirnemann, in Enluminu-

res Italiennes, cit., p. 8, paragona la figura di profilo del Latini ad uno dei tanticammei antichi rappresentanti Mercurio o Perseo. Si osservi peraltro che la fi-gura di Brunetto, come la maggior parte dei nudi rappresentati in Cha, nonrispetta i canoni proporzionali classici e la resa anatomica.

29. L’impostazione di base della figura è quella dei Dioscuri del Quirinale(Monte Cavallo, appunto), tra le poche statue colossali antiche visibili a Romaper tutto il Medioevo (cfr. P.P. Bober-R.O. Rubinstein, Renaissance artists andantique sculpture. A handbook of sources, New York, Oxford Univ. Press, 1986, pp.158-61 n. 125). Lo stesso schema si riscontra inoltre, ad esempio, in alcune figure

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Simili schemi e modelli iconografici sono utilizzati inoltre, si-gnificativamente, per rappresentare personaggi dei poemi epicilatini o della Bibbia: Capaneo, uno dei sette re combattenti con-tro Tebe, di cui Dante e il nostro Guido leggevano le vicendenella Tebaide di Stazio (x 845-82),30 è rappresentato con lo scettroin mano, in posa statuaria31 (c. 107r, tav. 12); il Veglio di Creta, lacui fonte diretta è la descrizione della statua apparsa in sogno aNabucodonosor (Dan., ii 31-33), contaminata peraltro con fon-ti classiche tra cui la stessa Tebaide (viii 30) e l’Eneide di Virgilio(iii 104 e viii 324-25),32 è raffigurato come un atleta o, secondo ilMeiss, come un Bacco (c. 111r, tav. 13), prototipo anche di uncelebre disegno del Livre di Villard de Honnecourt;33 richiamoinfine l’attenzione su uno dei falsatori di parola, «illa muliereegyptiaca», come la definisce Guido,34 cioè la moglie di Putifar,

sul fronte di sarcofagi classici: si veda quella di un combattente nel Ratto diLeucippide (ivi, pp. 161-62 n. 126) e quella di un cacciatore, ipoteticamente iden-tificato con Polluce, presente, significativamente, in uno dei sarcofagi del Cam-posanto di Pisa (cfr. P.E. Arias-E. Cristiani-E. Gabba, Camposanto Monumentaledi Pisa. Le Antichità, Pisa, Pacini, 1977, p. 55 n. A 6).

30. Cfr. Bellomo, Tradizione manoscritta, cit., pp. 162-66: lo studioso, nell’ap-profondita indagine condotta sulle fonti utilizzate da fra’ Guido per le sue Ex-positiones, ha messo in evidenza l’attenzione che questi riserva ugualmente agliauctores classici, da un lato, e ai testi sacri e ai Padri della Chiesa dall’altro.

31. È forse significativo che anche questo personaggio, come Brunetto, sia unesempio di “magnanimità”, pure se accompagnata dal disprezzo degli dei chequi viene punito.

32. La Bibbia lascia indeterminato il luogo dove era collocata la statua: Dantesi rifà ai poeti latini e in particolare a Virgilio, collocando il Veglio, che dovevasimboleggiare l’umanità, nell’isola di Creta, considerata dagli antichi il centrodella Terra e sede della prima età umana. Da Stazio Dante ricava invece l’imma-gine dei fiumi « lacrimis atque igne tumentes», ben presente d’altronde nelleleggende medievali: cfr. G. Reggio, “voce” Veglio di Creta, in Enciclopedia Dantesca,cit., v 1976, pp. 901-3.

33. Meiss, An illuminated ‘Inferno’, cit., p. 29.34. Guido da Pisa’s ‘Expositiones’, cit., p. 619: « [autor] nunc intendit […] de

quibusdam aliis falsariis pertractare, et specialiter de magistro Adamo, qui adpetitionem quorundam comitum de Tuscia florenos auri falsificavit; et de illamuliere egyptiaca, que viro suo falsum retulit de Joseph».

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rappresentata – non a caso, forse – nella posa di una Venus Pudicadel tipo della Venere Medici (tav. 4).35 È da segnalare, peraltro,che le peculiari scelte rappresentative adottate per quest’ultima eper Capaneo risultano ancor piú significative in quanto non con-formi al testo dantesco, dove sia l’una che l’altro sono descritti co-me “giacenti” accanto agli altri dannati.36

Questi gli esempi piú significativi; ma anche altri elementi piúgenerici del linguaggio figurativo di questo raffinatissimo artistaconducono a una cultura con interessi antiquari: si veda ad esem-pio la galleria di torsi statuari dei tiranni affacciati alla sponda delFlegetonte, con i volti di profilo che sembrano tratti dalla numi-smatica romana e le armature “all’antica” (tav. 14).

Il programma illustrativo di Cha, studiata “veste iconografica”della sapiente costruzione guidiana delle Expositiones – dove, comesi è visto, i classici latini e greci hanno un ruolo di primo piano –risulta quindi espressione, a mio avviso, non solo della culturaerudita del frate carmelitano, ma anche dell’ambiente pisano conil quale egli aveva familiarità37 e in cui operava l’officina pittoricaalla quale, assai probabilmente, venne affidata l’esecuzione di taleprogramma. Sono ben noti, infatti, la ricchezza di antiquitates pre-senti a Pisa in età medievale, non solo nella Piazza del Duomo enel Camposanto, ma in tutta la città,38 e l’influsso che tali modelli

35. Nella figura rappresentata nel manoscritto le mani non coprono in realtàaffatto gli attributi sessuali, cosa piuttosto sorprendente a quest’altezza cronolo-gica: si potrebbe ipotizzare che si tratti di una voluta “citazione rovesciata” delprototipo iconografico classico per rappresentare « la falsa ch’accusò Gioseppo».

36. Inf., xxx 91-99 e xiv 46-48.37. Non si hanno notizie certe sulla biografia e sui luoghi di residenza di

Guido, la cui identificazione è resa difficile dai numerossimi casi di omonimiatra i frati carmelitani vissuti negli stessi anni (cfr. Billanovich, rec. cit., pp. 254-55). Peraltro, nelle Expositiones, egli si dichiara «oriundus ex ipsa [Pisa]» (c. 227v)e dimostra inoltre di seguire con partecipazione le vicende della città: cfr.Mazzoni, “voce” Guido da Pisa, cit., pp. 326-27 (con bibliografia), e F. France-

schini, Maometto e Niccolò V all’ ‘Inferno’. Affreschi del Camposanto e commenti danteschi,in Studi per Umberto Carpi. Un saluto da allievi e colleghi pisani, a cura di M. Santagata

e A. Stussi, Pisa, Ets, 2000, pp. 473-74.38. Sull’argomento, che ha avuto una vasta fortuna critica, si veda almeno S.

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esercitarono sugli artisti due-trecenteschi, soprattutto sugli scul-tori. Sembrano a questo proposito significativi, nelle illustrazionidi Cha, i riferimenti a sculture classiche presenti nel Camposanto– come quella indicata dal Meiss in rapporto alla figura di BrunettoLatini –39 e a riprese di esse in opere d’arte coeve, come la celebreTemperanza scolpita da Giovanni Pisano nel basamento dell’am-bone nel Duomo (tav. 15), che sembra rievocata dalla figura dellamoglie di Putifar già menzionata (tav. 4).

L’attribuzione dell’illustrazione di Cha al piú prestigioso pitto-re pisano della prima metà del Trecento, cioè Francesco di Traino,o comunque al suo entourage, sostenuta per la prima volta da MillardMeiss40 e successivamente da Bellosi, Caleca, Volpe, Chelazzi Di-ni e Alexander sulla scorta di raffronti stilistici con opere pitto-riche e miniatorie assegnate a questo artista e alla sua bottega41

Settis, Continuità, distanza, conoscenza. Tre usi dell’antico, in Memoria dell’antico, acura di S. Settis, to. iii. Dalla tradizione all’archeologia, Torino, Einaudi, 1986, pp.375-473, e inoltre i contributi piú recenti in Niveo de marmore. L’uso artistico delmarmo di Carrara dall’XI al XV secolo. Catalogo della Mostra (Sarzana 1992), a curadi E. Castelnuovo, Genova, Colombo, 1992, e Il Camposanto di Pisa, a cura di C.Baracchini e E. Castelnuovo, Torino, Einaudi, 1996.

39. Meiss, An illuminated ‘Inferno’, cit., p. 27.40. M. Meiss, Primitifs italiens à L’Orangerie, in «Revue des Arts», vi 1956, pp.

138-48, a p. 148, dove lo studioso definiva l’illustrazione «chef-d’œuvre d’enlu-minure trainesque», per poi affermare (Id., Notable disturbances, cit., pp. 178-84)l’autografia del maestro nelle figurazioni piú qualitative, rilevandovi analogiecon un trittico attribuibile al Traini in collezione privata fiorentina.

41. L. Bellosi, Buffalmacco e il ‘Trionfo della Morte’, Torino, Einaudi, 1974, p. 93,include le figurazioni di Cha in una sorta di «contesto trainiano», mentre piútardi (Id., Sur Francesco Traini, in «Revue de l’Art», 92 1991, pp. 9-19) si esprimea favore della loro attribuzione al Traini stesso. Anche Antonino Caleca, che inun primo tempo aveva riferito il manoscritto alla bottega del Traini (A. Caleca,Profilo dell’arte pisana del Trecento, in M. Burresi, Andrea, Nino, Tommaso scultoripisani, Milano, Electa, 1983, p. 14), ha sostenuto in seguito (vd. Id., Costruzione edecorazione dalle origini al secolo XV, in Il Camposanto, cit., pp. 21-24), come ancheC. Volpe, Il lungo percorso del Dipingere dolcissimo e tanto unito, in Storia dell’arteitaliana, Torino, Einaudi, ii/1 1983, p. 287 n., il diretto intervento del maestronell’illustrazione. G. Chelazzi Dini, I riflessi di Simone Martini nella pittura pisana,in Simone Martini. Atti del Convegno di Siena, 27-29 marzo 1985, a cura di L.Bellosi, Firenze, Centro Di, 1988, pp. 175-82, ha messo in evidenza, nelle figu-

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(tavv. 16-18), mi sembra confermata soprattutto da una comu-nanza di esiti espressivi tra queste opere e le illustrazioni dante-sche in questione. L’eccezionale novità del linguaggio trainesco,che Caleca ha messo in rapporto al fecondo scambio di esperien-ze tra il capobottega pisano (documentato a Pisa come maestrogià nel 1322, e poi fino al 1348) e Buffalmacco, durante il soggior-no di quest’ultimo a Pisa (1336), e soprattutto la «creazione dimodalità stilistiche differenziate rispetto a quelle dello stile piúelevato», con aperture al registro “comico” e straordinarie capa-cità di resa icastica,42 furono, a mio avviso, decisive per la sceltadel Traini quale illustratore della Commedia, inusitato insieme diregistri stilistici (tavv. 19-21). D’altra parte, lo stesso Caleca indivi-duava proprio nella Commedia il modello letterario illustre dellinguaggio del Traini e di Buffalmacco e rilevava inoltre le fre-quentissime citazioni e i riecheggiamenti del poema dantesconei cartigli raffigurati negli affreschi del Trionfo della Morte in Cam-posanto, considerando ciò un riflesso dell’attività esegetica com-piuta in quegli anni da Guido da Pisa.43 Del resto, che quest’ulti-

razioni di Cha, strette analogie stilistiche e tipologiche con il Trionfo di SanTommaso nella chiesa di Santa Caterina a Pisa – in cui è stato ipotizzato l’inter-vento del Traini – e con il Trittico di San Domenico nel Museo di San Matteo dellastessa città, unica opera firmata dal Traini. L’illustratore è viceversa ritenutosenese da Stirnemann, in Enluminures italiennes, cit., pp. 7-8, giudizio non condi-viso da J.J.G. Alexander, rec. a Enluminures italiennes, cit., in «Bulletin du biblio-phile», 1 2001, pp. 221-22, che ha ribadito la qualificazione trainesca sottolinean-do le analogie tra le illustrazioni di Cha e quelle di un Antifonario pisano oranella Liverpool University Library. Sui rapporti tra il Traini e la produzioneminiatoria pisana si veda inoltre G. Dalli Regoli, Miniatura pisana del Trecento,Vicenza, Neri Pozza, 1963, e C. Balbarini, Il “Maestro del Breviario Strozzi 11” e laproduzione miniatoria pisana della prima metà del XIV secolo, tesi, rel. G. Dalli Re-

goli, Univ. degli Studi di Pisa, a.a. 1998-1999, pp. 4-72, 121-22, 142-43, sintetizzatain Ead., Problemi di miniatura del Trecento a Pisa: gli Antifonari di San Francesco, in«Critica d’Arte», 7 2000, pp. 44-60, dove, partendo dal fondamentale studiodella Dalli Regoli, è stato ricostruito, con numerose aggiunte, un ampio corpusdi manoscritti miniati attribuibili all’officina pisana.

42. Caleca, Profilo dell’arte pisana, cit., p. 14, e Id., Costruzione e decorazione, cit.,pp. 21-24.

43. A. Caleca, I Novissimi, le storie dei Santi Padri e le storie evangeliche di Bonamico

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mo si sia rivolto, per illustrare la sua opera, alla piú prestigiosaofficina pittorica pisana, che riceveva negli stessi anni commissio-ni, oltre che dagli Anziani del Comune, dai frati dei Conventi diSan Francesco e di Santa Caterina, con i quali il carmelitano ave-va sicuramente rapporti, mi sembra l’ipotesi piú probabile.

La stessa officina era inoltre probabilmente nota anche alloSpinola, il cui influsso poté esercitarsi, forse, non solo sulla com-posizione del testo delle Expositiones, ma anche sull’allestimentodel manoscritto dell’opera a lui destinato. La famiglia Spinola (ge-novese) risulta infatti, negli anni Trenta del Trecento, strettamentelegata alle maggiori istituzioni pisane: nel 1333 Bonifacio dellaGherardesca, signore di Pisa, sposa in seconde nozze ContaldaSpinola, con solenne cerimonia in Duomo che suggella l’accordopolitico raggiunto tra le due città dopo i trascorsi di aspre conte-se;44 nel 1339, un figlio di Lucano, Tobia Giovanni, familiare adAvignone del cardinale Comminges, ottenne il canonicato nellacattedrale pisana, con riconferma nel 1342.45

La stupefacente spregiudicatezza con cui l’illustratore principa-le di Cha traduce le immagini dantesche, interpretando efficace-mente i passi del commento guidiano che forniscono peculiariletture del testo, è dimostrata dalla raffigurazione di Pluto: il de-mone, di cui Dante non dà una precisa descrizione,46 è rappresen-

Buffalmacco, in Pisa. Museo delle sinopie del Camposanto monumentale, Pisa, Operadella Primaziale pisana, 1979, pp. 55-57. Quanto alla questione dei rapporti tra leillustrazioni di Cha e gli affreschi del Camposanto, essa si intreccia con quelladella controversa datazione del manoscritto: alla vecchia ipotesi del Meiss (cfr.An illuminated ‘Inferno’, cit., p. 28), secondo cui l’esperienza maturata nell’illustra-zione del codice influenzò l’iconografia degli affreschi, è stata contrapposta quellache vede piuttosto il Trionfo precedere Cha, dipendendo da altri progetti icono-grafici o direttamente dal testo dantesco: cfr. L. Battaglia Ricci, Ragionare nelgiardino. Boccaccio e i cicli pittorici del ‘Trionfo della Morte’, Roma, Salerno Editrice,1987, p. 61 (nuova ed., ivi, id., 2000, p. 63).

44. Cfr. N. Toscanelli, I conti di Donoratico della Gherardesca, signori di Pisa,Pisa, Nistri Lischi, 1937, pp. 393-99.

45. Cfr. Luiso, Di un’opera inedita, cit., p. 93; Billanovich, rec. cit., pp. 255-56;su questi temi si veda inoltre Franceschini, Per la datazione, cit.

46. Cfr. Inf., vii 1-15.

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tato come «episcopum avarorum», secondo cioè la definizionedata da Guido nel commento,47 con una grottesca commistione diattributi vescovili (il faldistorio, il piviale e la mitria) e demoniaci(il raffio-pastorale, le lunghe orecchie di lepre, il muso di canidee il corpo peloso che richiamano la definizione dantesca di «fieracrudele», c. 70v, tav. 22).

Vi sono peraltro anche casi in cui le originali soluzioni figura-tive escogitate dall’artista sono prive di riscontri non solo nel te-sto di Dante, ma anche nel commento guidiano, e devono quindiattribuirsi interamente alla predisposizione sottilmente grottescadell’illustratore. Basti la strabiliante figura del demone che, comeun dio fluviale dell’antichità classica – quindi riprendendo il re-pertorio iconografico già visto – rovescia un otre pieno d’acquafangosa sui golosi (c. 67r, tav. 23), invenzione che non ha paralleliin nessuno dei manoscritti recensiti da Meiss, Brieger e Singleton.

L’artista mostra sempre, del resto, la tendenza a caricare le im-magini talvolta con aggiunte estravaganti rispetto al testo: con lastessa libertà con cui pone, come emblema dell’insegna dietroalla quale corrono i pusillanimi, lo stesso gufo maculato vistosulla torre della porta infernale,48 egli inserisce un altro elementovolto a caricare di drammaticità la rappresentazione: i dannatinon solo sono tormentati dagli insetti, ma devono anche sfuggireai diavoli – probabilmente «li angeli che non furon ribelli / néfur fedeli a Dio […]» –49 che cercano di agguantarli, e dalle cuifauci e orecchie escono fiamme sfavillanti (tav. 21).

Sembra quindi che proprio questa peculiare predisposizionedel Traini e della sua bottega per un linguaggio icastico, che quicontrappone drammaticamente i toni ironici al crudo realismodella raffigurazione delle pene dei dannati, abbia determinatol’affidamento all’artista pisano del complesso ciclo iconografico.

47. Guido da Pisa’s ‘Expositiones’, cit., p. 136.48. Battaglia Ricci, Parole e immagini, cit., pp. 42-43.49. Inf., iii 38-39.

1. Guido da Pisa, Expositiones et glose super Comediam, duodecimus cantus (vv. 55-72): In-contro di Dante e Virgilio con i Centauri. Chantilly, Musée Condé, Bibliothèque, ms. 597 -XX D (1) 4 -, cc. 96v-97r.

2. Ivi, septimus decimus cantus (vv. 59-73): Dante e Virgilio di fronte agli usurai,c. 120v.

3. Ivi, vigesimus nonus cantus (vv. 1-58): Dante e Virgilio osservano i falsatori dimetalli, c. 199v.

4. Ivi, trigesimus cantus (vv. 49-75): Maestro Adamo, Sinone e la moglie di Putifarre, c. 205r.

5. Ivi, trigesimus primus cantus (vv. 7-132): Incontro con i giganti; Anteo afferra Virgilio, c. 210r.

6. Ivi, trigesimus secundus cantus (vv. 37-69): Incontro con Camicionde’ Pazzi e i traditori nel lago ghiacciato, c. 221r.

7. Ivi, septimus decimus cantus (vv. 79-136): Dante e Virgilio in grop-pa a Gerione, c. 123r.

8. Ivi, duodevigesimus cantus (vv. 40-63): Dante parla con Venedico Cacciane-mico mentre un demonio sta per sferzare il dannato con la « scuriada », c. 127r.

9. Ivi, tertius decimus cantus (vv. 1-128): Dante coglie « un ramicel da un granpruno » carico di arpie; in basso la torma di « nere cagne » si avventa su Iacopo daSanto Andrea, c. 103r.

10. Ivi, prologus: Daniele indica al re Balthasar e ai suoi convitati la mano che scrive sul muro. Fra’Guido allo scrittoio. Lucano Spinola riceve da Guido il codice. Stemmi della famiglia Spinola, c.31r.

11. Ivi, quintus decimus cantus (vv. 22-96): Incontro con Brunetto Latini; la schiera dei sodomi-ti, cc. 113v-114r.

12. Ivi, quartus decimus cantus (vv. 1-72): Virgilio indica a Dante Capaneo; i dannati nella lan-da infuocata, c. 107v.

13. Ivi, quartus decimus cantus (vv. 94-120): Dante e Virgilio davanti al Veglio di Creta, c.111r.

14. Ivi, duodecimus cantus (vv. 100-39): I tiranni nella « proda del bollor vermiglio »; Dante eVirgilio si allontanano in groppa a Nesso, cc. 98v-99r.

15. Giovanni Pisano, La Temperanza. Pisa, Cattedrale, ambone(particolare del basamento).

16. Guido da Pisa, Expositiones et glose super Comediam, quartus cantus (vv.71-96): Incontro con i quattro poeti antichi. Chantilly, Musée Condé, Bi-bliothèque, ms. 597 - XX D (1) 4 -, c. 52v.

17. Francesco di Traino, Il profetaGeremia. Pisa, Museo Naziona-le di San Matteo, Trittico diSan Domenico (particolare diuna delle cuspidi).

18. Francesco di Traino, Miracolodei libri incombusti. Ivi (particola-re di una delle formelle laterali).

19. Francesco di Traino (?), Crocefissione. Pi-sa, Camposanto Monumentale (partic.).

21. Guido da Pisa, Expositiones et glose super Comediam, tertius cantus(vv. 22-69): I pusillanimi, « stimulati » da vespe e mosconi e tormentati daidiavoli, corrono dietro all’insegna. Chantilly, Musée Condé, Bibliothè-que, ms. 597 - XX D (1) 4 -, c. 49r.

20. Maestro del Breviario Strozzi

11 (bottega del Traini), Cattura diCristo. Pisa, Museo di San Matteo,Antifonario E, c. 219r (partic.).

22. Ivi, septimus cantus (vv. 1-12): Dante e Virgilio di fronte a Pluto, c. 70v.

23. Ivi, sextus cantus (vv. 1-33): Virgilio solleva una mano per gettare la terra a Cerbero; i golosigiacciono sommersi dalla pioggia fangosa, c. 67r.


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