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Il testo narrativo

Date post: 07-Jan-2023
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Il testo narrativo di Priscilla Cavalieri Riassunto del libro "Il testo narrativo" in cui l'autore, Fabio Vittorini, fa un'analisi dei fattori costitutivi del testo narrativo, esaminando le funzioni del linguaggio ed i vari interpreti dello schema comunicativo : emittente-narratore e destinatario-lettore Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) Esame: Letterature Comparate Docente: F. Vittorini Titolo del libro: Il testo narrativo Autore del libro: Fabio Vittorini Editore: Carrocci Anno pubblicazione: 2006
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Il testo narrativo

di Priscilla Cavalieri

Riassunto del libro "Il testo narrativo" in cui l'autore, Fabio Vittorini, fa un'analisi

dei fattori costitutivi del testo narrativo, esaminando le funzioni del linguaggio

ed i vari interpreti dello schema comunicativo : emittente-narratore e

destinatario-lettore

Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione

(IULM)Esame: Letterature Comparate

Docente: F. VittoriniTitolo del libro: Il testo narrativo

Autore del libro: Fabio VittoriniEditore: Carrocci

Anno pubblicazione: 2006

1. Comunicazione e atto narrativo Il discorso narrativo si basa su due caratteristiche principali: a) comunicativa b) narrativa in base a che cosa un atto comunicativo viene definito narrativo? Quando un testo (di qualsiasi genere) èpervaso da INTENZIONE COMUNICATIVA, si indirizza automaticamente verso un effetto determinatorazionale. Ogni atto comunicativo è dunque soggetto a trasformazioni, impresse dal comunicatore, che loportano ad assumere la forma voluta. L’atto comunicativo può avere funzione a) ideativa: diventa espressione dell’esperienza individuale b) interpersonale: strumento di espressione per chi parla o scrive e interagisce con gli altri nell’attocomunicativo c) testuale: permette di costruire un testo corretto basato su regole precise e coerenza interna Che differenza c’è quindi tra il narrativo e il non narrativo? Un atto diventa narrativo quando chi parla lo fanella piena coscienza di rendere un atto comunicativo, narrativo. Il passaggio da non narrativo a narrativocomporta l’osservanza di regole e convenzioni comprese da tutti, è il frutto di una scelta che trasformal’ordo naturalis (normale stato espressivo di pensieri e parole) in ordo artificialis, in un racconto unico,razionale e calcolato.

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2. Fattori costitutivi del testo narrativo 1) emittente 2) ricevente/destinatario 3) messaggio 4) referente 5) canale 6) codice Un soggetto trasmette ad un altro soggetto alcune informazioni relative a qualcosa servendosi di un mezzofisico di trasmissione e di un complesso di conoscenze linguistiche comuni a entrambi i soggetti che rendepossibile la comunicazione. Ad ogni elemento è legata una funzione specifica del linguaggio 1) funzione emotiva (emittente) 2) funzione conativa (ricevente) 3) funzione referenziale (referente) spiega chiarimenti e dettagli sul contenuto informativo del messaggio 4) funzione metalinguistica (codice) ne illustra le regole e i componenti 5) funzione fatica (canale) ne controlla il funzionamento 6) funzione poetica (messaggio) relativa alle corrispondenze tra significante e significato Quando un messaggio è dominato dalla funzione poetica, si arriva al testo letterario. La funzione poetica,evidenziando il rapporto tra significante e significato, invita il destinatario a rendersi conto del processo diformalizzazione dell’emittente e guida lo stesso alla scoperta di ulteriori significati secondi nonimmediatamente comprensibili. Un testo letterario, però, può essere caratterizzato anche da altre funzioni del linguaggio, non solo da quellapoetica. In ogni testo letterario sono presenti altri due circuiti di trasmissione delle informazioni, gli assiemittente-destinatario a) asse autore-lettore: guarda il testo come oggetto di scrittura (tipo di comunicazione extratestuale) e vedel’autore come la persona fisica che produce il testo e il lettore come il soggetto variabile che lo decodifica b) asse narratore-narratario: si riferisce al testo come racconto (comunicazione intratestuale) e vede ilnarratore come la voce interna che regola la trasmissione delle informazioni e il narratorio è la fonte ricettivainterna a cui il narratore si rivolge.

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3. Autore, Narratore, Lettore Il narratore quindi non deve essere confuso con l’autore. Nel caso della pseudonimia, a questadifferenziazione se ne aggiunge una terza: l’autore e l’uomo (persona fisica) diventano due entità distinte(italo Svevo è pseudonimo di Ettore Schmitz). Un autore lascia tracce nel suo testo narrativo? Nel caso de “la coscienza di Zeno” la non discriminazionetra menzogna e verità è una chiara pista autoriale che invita il lettore a chiedersi chi dei due mente, se Zenoo il dottor S, a cercare più piste interpretative. Come possiamo chiamare questa proiezione dell’autore? Chiscrive, l’autore reale lascia sempre nel testo la sua impronta sottoforma di autore implicito. L’autoreimplicito non va cmq confuso con il narratore ma è colui che ha inventato il narratore e ha disposto i fatti inun certo modo; l’autore implicito è privo di parola. Quando il narratore invece, parlando, si rivelainattendibile palesa un conflitto con l’autore implicito che gli nega la qualità che finge di possedere. Specularmente opposto all’autore implicito c’è il lettore implicito che è quindi in grado di procedere alladecodificazione del messaggio dell’autore implicito.

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4. Racconto, Storia, Narrazione Storia: successione degli avvenimenti narrati da un testo Racconto: enunciato narrativo, il discorso che assume la relazione degli avvenimenti, il testo nella suaconcretezza formale Narrazione: atto enunciativo-narrativo produttore del testo, nesso tra storia e racconto Definizione aristotelica di racconto: il racconto rappresenta la storia istituendo una serie di mediazioni,prima fra tutte la voce che assume su di sé la responsabilità dell’atto narrativo e della manipolazione dei fattidella storia. Un discorso narrativo diventa tale solo quando racconta una storia ed è narrato da qualcuno; a loro voltal’evento narrato (storia) e l’atto narrativo (narrazione) esistono solo grazie al discorso narrativo (racconto). Cosa vuol dire analizzare un racconto? Vuol dire esaminare il modo in cui formalizza la storia (il suo“oggetto di discussione”) e come la narrazione lasci tracce sulla sua superficie. La formalizzazione degli eventi può essere svolta secondo varie categorie a) del tempo: relazioni temporali tra storia e racconto, ordine, durata e frequenza degli eventi b) del modo: punto/i di vista che il racconto può assumere per rappresentare la storia c) della voce: posizioni assunte, spostamenti testuali dell’istanza narrativa.

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5. Il tempo nel racconto Esempio di “Orlando” (1929) di Virginia Woolf: “è lo spirito umano a elaborare stranamente la struttura deltempo. Un’ora può allungarsi di 50 o 100 volte la sua durata d’orologio…” Il tempo fittizio del racconto non è altro che una variante del tempo dello spirito. La temporalità nel raccontoè modulata su due livelli a) livello del testo come racconto: il tempo si sviluppa in modo logico secondo il principio di consecutività econseguenza b) livello del testo come messaggio: il tempo perde la sua logicità, consecutività e conseguenza siinfrangono dal capitolo VIII dei promessi sposi in poi, il tempo perde la sua cronologicità, diventa pendolare facendocontinua balzi in avanti e indietro per ricapitolare le vicende dei personaggi già entrati in scena o perpresentare la vita precedente di altri (cfr anche pagg. 23-24) perché è pressoché impossibile raccontare tuttigli eventi in successione lineare. Nei promessi sposi quindi si alternano momenti di flusso lineare, amomenti di flusso non lineare o addirittura di vuoto. Tutti questi cambiamenti cronologici sono messi in atto dal narratore per aumentare il senso di sorpresa giàregalatoci dall’intreccio. Per sapere tutto il possibile dello svolgersi della storia possiamo solo metterci nellemani del narratore che ci guida nel tempo e nello spazio. La scelta di collocare il racconto in un tempo e spazio precisi o indefiniti spetta solo al narratore: vedi anchei contrastanti incipit di Hugo in “Notre dame de Paris” e di Dickens ne “il nostro comune amico”. Tutti idettagli e le mancanze, le oscillazioni tra tempo della storia e tempo del racconto sono imputabiliesclusivamente al narratore che ha chiara funzione strutturale. Asimmetrie tra tempo della storia e tempo del racconto a) ordine: successione degli eventi nella storia e loro disposizione nel racconto b) durata: estensione temporale degli avvenimenti nella storia rispetto alla loro lunghezza nel testo (cioè allalunghezza concessagli nel racconto) c) frequenza: ripetizioni degli eventi nella storia e loro ripetizione nel racconto

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6. L'ordine del tempo Si dice ANACRONIA la discrepanza tra l’ordine degli eventi nel racconto e la loro successione nella storia,ipotizzando come grado zero il grado di perfetta corrispondenza temporale fra racconto e storia. Restaappunto solo un’ipotesi perché la linearità di sviluppo della scrittura rappresenta un limite allaconsequenzialità temporale. Compito del buon scrittore è trasformare questo limite in un valido strumentoper catturare l’attenzione del lettore e rendere il racconto più avvincente. L’ordine degli eventi può quindidiventare autonomo e riprodurre prima ciò che sarà dopo e viceversa. Cfr incipit di “cent’anni di solitudine”: molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnelloAureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto aconoscere il ghiaccio. Prolessi: raccontare in anticipo un evento ulteriore (anche flashforward) Analessi: evocazione di un evento anteriore al punto della storia in cui ci si trova (anche flashback) L’anacronia esiste in un tempo secondo rispetto al tempo primo del  presente narrativo, sta ad un altrolivello. Portata: distanza temporale a cui si spinge l’anacronia. Punto di portata: punto dell’anacronia più lontano da quello in cui il racconto si è fermato. Ampiezza: segmento di storia coperto dal tempo secondo dell’anacronia. Punto di ampiezza: punto terminale del tempo dell’anacronia. Un’anacronia può essere a) eterodiegetica: quando il suo contenuto è diverso da quello della narrazione prima (cfr capitolo che parladella storia della monaca di Monza) b) omodiegetica: quando il suo contenuto è inerente alla narrazione prima, i fatti e i personaggi ne sonointeressati. Un’anacronia può avere funzione a) completiva: quando colma una lacuna anteriore o posteriore del racconto b) ripetitiva: quando il racconto si riavvolge su se stesso per modificare il passato o per dare significato a ciòche prima non ne aveva.

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7. Tipologie di ANALESSI e PROLESSI Tipologie di ANALESSI (flashback) esterna: quando punto di portata e punto di ampiezza sono anteriori alpunto d’inizio del racconto e le due ampiezze (quella del racconto primo e dell’analessi) non si intersecano(racconto della monaca di Monza, comincia e finisce prima dell’inizio del racconto dei promessi) *  interna: quando punto di portata e punto di ampiezza sono posteriori al punto d’inizio del racconto eterminano nell’ampiezza del racconto primo *  mista: quando il punto di portata è anteriore all’inizio del racconto e il punto d’ampiezza incontra in partel’ampiezza del racconto primo (racconto del delitto Harmon da parte di Mortimer ne “Il nostro comuneamico”) Allo stesso modo possono essere classificate le PROLESSI (flashforward) *  esterna: quando punto di portata e punto di ampiezza sono posteriori al punto finale del racconto *  interna: quando punto di portata e di ampiezza sono compresi nell’estensione del racconto primo(esempio sopracitato di “cent’anni di solitudine”) *  mista: quando il punto di portata precede il punto finale del tempo primo del racconto mentre il suo puntoampiezza va oltre la fine del racconto.

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8. La durata del racconto L’unico modo per misurare la durata di un racconto è attraverso la misurazione del tempo che si impiega perleggerlo. Come le anacronie, anche le anisocronie (asimmetrie tra durata degli eventi della storia e lorodurata nel racconto) devono essere definite in base al grado zero, all’isocronia completa tra la durata dellastoria e durata del racconto. La velocità di un racconto può essere definita tramite il rapporto tra la durata della storia (espresso secondi,minuti…) e la lunghezza del testo espressa in pagine. V= t / n pagine Un racconto isocrono è un racconto in cui il rapporto tra durata della storia e lunghezza del testo è semprecostante: le anisocronie sono variazioni di questo rapporto intese come accelerazioni o decelerazioni delracconto. Partendo dal presupposto che tanto maggiore è il tempo del racconto, tanto minore è la sua velocità, leprincipali anisocronie sono a) pausa: in questo movimento il discorso narrativo non procede, quindi corrisponde ad una durata diegeticapari a zero, non è riferito cioè alcun evento. In questo caso la velocità del racconto è pari a zero(descrizioni). b) ellissi: con questo movimento ad una durata diegetica qualsiasi non corrisponde nessun segmentonarrativo. La velocità del racconto è infinita e si omettono fatti che nella storia sono accaduti. c) sommario: in questo movimento il tempo del racconto comprime il tempo della storia, la durata diegeticaè maggiore del tempo narrativo d) estensione: il tempo del racconto dilata il tempo della storia e la durata diegetica è minore del temponarrativo e) scena: con questo movimento si crea una sorta di equilibrio tra durata diegetica e tempo del racconto, untipico esempio sono i dialoghi. Ellissi e pausa corrispondono al massimo e al minimo della velocità del racconto. La scena rivela un certo equilibrio tra durata diegetica e tempo del racconto. Se il sommario è la misura variabile dell’accelerazione del racconto, l’estensione rappresenta la misuravariabile della decelerazione dello stesso.

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9. La frequenza degli enunciati narrativi Un evento, oltre che prodursi, può anche riprodursi e ripetersi. Gli enunciati narrativi non sono esenti daquesta legge: le possibili relazioni che si possono creare tra la capacità di ripetizione degli eventi narrati e lacapacità di ripetizione degli enunciati narrativi sono tre a) relazione singolativa: il racconto narra solo una volta ciò che nella storia è avvenuto una volta. Nellarelazione singolativa il numero degli enunciati narrativi corrisponde al numero degli eventi narrati. b) relazione ripetitiva: il racconto narra tot volte ciò che nella storia è avvenuto una volta sola. Questastrategia serve soprattutto ad analizzare i fatti sotto diversi punti di vista (cfr anche “Rapina a mano armata”) c) relazione iterativa: qui il racconto narra una sola volta ciò che nella storia avviene varie volte. Grazie aquesta relazione abbiamo la possibilità di riassumere la storia concentrandone gli elementi.

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10. La digressione Calvino, in “Lezioni americane”, definiva il tempo come una risorsa preziosa da usare e dosareattentamente. Tutta la letteratura del novecento (cfr antiromanzo) ha stravolto il concetto di tempo: lo harallentato, dilatato, ne ha distrutto la sua necessità, ha tentato di abolirlo (cfr tecniche introspettive edescrittive). Come dice Gide, la sfida di ogni scrittore è quella di riuscire a includere in un romanzo tutta la realtà. Pertentare di riuscirci, cosa alquanto impossibile, bisognerebbe aprire il romanzo ad ogni sollecitazione esterna,renderlo digressivo e dispersivo, sfibrare il tempo e la storia fino a renderli due entità marginali. Impresaimpossibile appunto perché il romanzo in quanto tale ha al suo interno un orologio, uno scorrere innegabilee ineliminabile. Un romanziere può usare qualsiasi trucco per non badarci ma deve seguirlo per forza, anchesolo con un filo sottilissimo. Il tempo non si può eliminare da un testo narrativo. Il suo scorrere è ciò checaratterizza il testo narrativo, senza il tempo un romanzo non sarebbe tale. Tra gli scrittori contemporanei,Marguerite Duras ha fatto molti tentativi per annullare il tempo ma all’altezza del 1987 si dichiara sconfitta:“il tempo, che avrebbe dovuto essere quello dell’infinita coesistenza, una sorta di proiezione temporaledell’ubiquità, non ha potuto che dissolversi, condannando il libro a restare”. Abolire il tempo, o al contrariorappresentarlo in tutto il suo fluire, significa quindi eliminare la possibilità di narrare. L’unica arte in gradodi rappresentare lo scorrere del tempo è la musica che trova la sua essenza nel divenire e nel fluire deltempo. Un possibile espediente usato dai romanzieri per “ingannare il tempo”, può essere quello di non procederesulla sua linea di sviluppo orizzontale ma attraversarlo perpendicolarmente, nel senso della profondità. Cosìfacendo, il tempo non è più quella catena di eventi a cui siamo abituati ma si configura come un insieme diindizi, di pennellate che trovano il loro senso solo attraverso una verifica più profonda. Queste divagazioni, fughe, rispetto al tempo sono chiamate DIGRESSIONI: ogni volta che in un romanzo ilracconto della storia principale viene sospeso e la serie dei fatti che lo compongono è interrotta per farespazio a una digressione (di solito analessi) al lettore viene chiesto uno sforzo: smettere di decodificare laprima catena di eventi per decodificarne un’altra, secondaria e più breve. Riordinare e integrare leinformazioni vecchie con le nuove in modo da creare un quadro completo. (Esempio nel testo delladigressione sulla Signora nel Fermo e Lucia di Manzoni.)

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11. La digressione della descrizione Esistono tre tipi principali di digressione: 1) narrativa 2) riflessiva 3) descrittiva, la più importante di tutte Cos’è una descrizione? A cosa serve? La descrizione è la congiunzione di uno o più personaggi con unacornice ambientale, un habitat, un paesaggio, un catalogo di oggetti. Tutte le unità descritte sono in relazionemetonimica tra loro, fanno cioè parte di un tutto, e sono accompagnata da predicati qualificativi o funzionali(cfr descrizione iniziale del giardino ne “il ritratto di dorian grey” o lunghissime descrizioni in“controcorrente”. La descrizione può avere inizio dall’azione o dalla visione del personaggio sull’oggetto inquestione: da qui il racconto della storia si arresta e comincia la descrizione. “ogni descrizione si presentacome un insieme lessicale metonimicamente omogeneo, e la sua ampiezza dipende dal vocabolario e non dalgrado di complessità della realtà descritta.” Il linguaggio descrittivo può essere a) idiolettico tecnico-professionale: difficile e oscuro, arricchito da espansioni predicative chiarificatrici b) semplice, leggibile e prevedibile, accompagnato da espansioni predicative metaforiche che arricchisconoil linguaggio troppo semplicistico. Oltre che a mettere in pausa il racconto, la descrizione serve anche a dotare il racconto di un significato piùampio attivabile subito oppure in seguito e a rendere la narrazione più distesa. NB: se ogni elemento della descrizione è in rapporto metonimico con tutti gli altri e con la descrizionestessa, questa è anche in rapporto metaforico con la totalità del racconto. La prima, ad inizio racconto, serve ad introdurre il lettore in un ambiente familiare, a significare che ilpaesaggio preesiste ed è immutabile al passare del tempo e delle azioni che vi si svolgono. La digressione-descrizione si trasforma in una INGRESSIONE. Nella descrizione di Proust, la digressione serve al narratore per preparare il terreno e immobilizzare ilpersonaggio in modo da inscenare la sua verità e catturare tutto il mondo del personaggio. La digressionediventa quindi un prolungamento del tempo, una sua funzione, è il tempo della ricerca del personaggio e delsuo mondo. Proust la definisce “una questione di visione. Esso è la rivelazione impossibile con mezzi diretti e coscienti,della differenza qualitativa che esiste nel modo come ci appare il mondo: differenza che, se non ci fossel’arte, resterebbe l’eterno segreto di ognuno. Solo grazie all’arte ci è dato uscire da noi stessi, sapere quelche un altro vede di un universo non identico al nostro e i cui paesaggi ci rimarrebbero altrimenti ignoticome quelli che possono esserci nella luna.”

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12. Il narratore Il racconto non è il fluire neutro e senza intoppi della storia perché è soggetto ad una miriade di interventi(digressioni, manipolazioni temporali, sfasamento dell’ordine degli eventi…) da parte del narratore che ècolui che ha il filo conduttore di tutta la narrazione, resoconto di una sua impressione come testimone più omeno implicato nei fatti. La posizione che il narratore assume rispetto alla storia non è univoca così comenon lo è quella con i fatti raccontati. Allo stesso modo possono variare la distanza tra i fatti e il racconto eanche il punto di vista (modo) che il narratore assume. Un chiaro esempio può essere ritrovato nelle “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, 1816. Schema comunicativo del romanzo: l’emittente-narratore (Lorenzo) invia a un destinatario-lettore (io cheleggo) un messaggio-racconto relativo a un referente-storia (vita di Jacopo), servendosi del canale fisico dellibro, di un codice linguistico (italiano letterario) e di un codice narrativo (genere epistolare). La particolarità del romanzo sta nel fatto che sovverte lo schema comunicativo tipico: esaminando ilmessaggio-racconto ci si rende conto che prima di “leggere” gli eventi della storia si attraversa un’altrastruttura narrativa (che vede Jacopo rivolgersi a Lorenzo)definita di secondo grado perché è racchiusa nellaprima (in cui Lorenzo ci mette al corrente dei fatti pubblicando le lettere dell’amico Jacopo dopo la suamorte). Lorenzo diventa al tempo stesso testimone che si rivolgerà a noi) e destinatario delle confidenze diJacopo: è il perno costante attorno al quale ruotano le due strutture narrative. La particolarità del romanzo epistolare è quella di presentare una moltiplicazione delle situazionicomunicative e la mescolanza di strategie discorsivo-allocutorie differenti, nel nostro caso le due strutturenarrative organizzate su un doppio livello 1) struttura di primo grado, più esterna: Lorenzo spiega perché ha deciso di pubblicare le lettere dell’amico enel corso del romanzo interviene per raccontare o integrare altri episodi 2) struttura di secondo grado, più interna: consiste nell’insieme delle lettere di Jacopo dirette a Lorenzo o aqualcun altro.

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13. La voce del narratore In quanto frutto di voci diverse che parlano con tempistiche differenti, l’azione raccontata nel romanzo deveessere sempre rapportata all’atto narrativo del racconto sotto vari punti di vista: a) la temporalità relativa: il racconto di Lorenzo è successivo sia alle lettere di Jacopo che ai fatti raccontati.Il racconto di Jacopo invece è successivo o contemporaneo alla sua storia b) rappresentazione all’interno del racconto: il romanzo non è altro che il racconto, da parte di Lorenzo(primo io), di una storia costituita dall’intermittente atto narrativo di Jacopo (secondo io) c) il soggetto: il soggetto non è solo colui che compie l’azione ma anche colui che la riferisce. Jacopo èpersonaggio e narratore, Lorenzo è narratario rispetto alle lettere di Jacopo e narratore per noi narratari. Le categorie che ci permettono di analizzare l’istanza narrativa, o voce, sono tre 1) il tempo della narrazione 2) il livello narrativo 3) il rapporto tra narratore e storia 1) è impossibile determinare in modo assoluto la temporalità dell’istanza narrativa. Una possibiledeterminazione può derivare dalla posizione dell’atto narrativo rispetto alla storia, che puòessere                          *  ulteriore: quando è successiva alla storia e il racconto è al passato (romanzo ottocentesco) *  anteriore: quando è precedente alla storia con utilizzo di verbi al futuro (racconto profetico) *  simultanea: contemporanea alla storia con racconto al presente (romanzo novecentesco) *  intercalata: quando storia e narrazione si alternano in modo che la narrazione agisce sulla storia(particolarità del romanzo epistolare) Nel caso dell’Ortis la narrazione procede su due fronti: Lorenzo dà voce a una narrazione ulteriore (narrafatti già accaduti), Jacopo dà voce a una narrazione ulteriore e spesso simultanea. Il romanzo quindi è allostesso tempo la narrazione di una storia e la storia di una narrazione. Le differenza tra il livello narrativo di Lorenzo e quello di Jacopo in "Le ultime" 2) Che differenza c’è tra il livello narrativo di Lorenzo e quello di Jacopo? Jacopo, narratore del secondolivello, è anche personaggio del primo livello. Jacopo è narratore in base ad un avvenimento raccontato daLorenzo, narratore del primo livello. Primo livello LIVELLO EXTRADIEGETICO, in quanto esterno agli eventi della storia narrata e non ne faparte come evento. Secondo livello LIVELLO INTRADIEGETICO, l’atto narrativo di Lorenzo crea un racconto: tutti glieventi narrativi in esso presenti, compresi gli atti narrativi di Jacopo, sono in questo livello. Terzo livello LIVELLO METADIEGETICO: è costituito dagli eventi riferiti dai racconti di Jacopo, chestanno al di là della storia. In mezzo a tutti questi livelli narrativi Lorenzo è un narratore extradiegetico, Jacopo è intradiegetico. Ma in che modo il racconto secondo, metadiegetico, si può intrecciare con il primo? Attraverso *  relazione esplicativa: quando la metadiegesi è causa diretta della diegesi e risponde alla domanda: “Qualiavvenimenti hanno portato a qs situazione?”. Nell’Ortis il frammento di Jacopo datato 5 Marzo ha questafunzione: “Ho dunque deliberato; non odio disperatamente me stesso; non odio i viventi. Cerco da molto

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tempo la pace; e la ragione mi addita sempre la tomba.” Lorenzo subito prima introduce il frammentodicendo che Jacopo aveva deciso in data 5 Marzo di morire. *  Relazione tematica: quando tra metadiegesi e diegesi non c’è alcun rapporto spazio-temporale ma solo uncontrasto/analogia riguardo il contenuto. Un esempio può essere il capitolo dei promessi sposi in cui si parladi Cecilia, la bimba morta di peste. Nell’Ortis può essere un esempio il frammento relativo alla storia diLauretta, incluso da Jacopo in una sua lettera. *  Nessuna relazione esplicita: quando l’atto di narrazione ha una funzione nella diegesi che può essere didistrazione e/o ostruzionismo.

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14. Livello narrativo in Ortis 3) Il primo livello narrativo e il secondo non si configurano subito all’inizio del romanzo: dalla prima letteracapiamo che Jacopo è l’istanza narrativa di un racconto primo (tutte le sue lettere), un’istanza extradiegetica.Jacopo entra a far parte del secondo livello dopo 60 pagg. circa dall’inizio del romanzo, quando Lorenzo,attraverso l’apostrofe “A CHI LEGGE”, si impadronisce del racconto primo e diventa istanza narrativaextradiegetica, facendo diventare Jacopo istanza narrativa intradiegetica. Pur stando a livelli diversi,Lorenzo e Jacopo sono cmq narratori che esistono nei loro racconti come persone ma, oltre ad esseresegnalati con il pronome “io”, Jacopo è segnalato da Lorenzo come “egli”, Lorenzo è segnalato da Jacopo,nelle sue lettere, come “tu”. Quindi, il narratore è presente o no nella storia che racconta? E se sì con quale grado di partecipazione? In base all’atto che genera il suo racconto un narratore può essere definito EXTRADIEGETICO oINTRADIEGETICO. In base al rapporto che il narratore ha con la storia raccontata può essere definito ETERODIEGETICO,OMODIEGETICO, AUTODIEGETICO. Si ottengono quindi sei tipi fondamentali di narratore *  Extradiegetico-eterodiegetico: la voce narrante, l’atto narrativo, è esterna alla diegesi e non èrappresentata nell’atto di narrare (extradiegetico); il soggetto non fa parte della diegesi e non è nemmeno unpersonaggio (eterodiegetico); il narratore si può muovere liberamente attorno e dentro la storia. *  Extradiegetico-omodiegetico: l’atto narrativo non è presentato nell’atto di narrare (extradiegetico); ilnarratore è stavolta presente nella diegesi come personaggio o testimone (omodiegetico); la sua presenza èlimitata a ciò che vede e fa. *  Extradiegetico-autodiegetico:la voce narrante non è presentata nell’atto di narrare (extradiegetico); ilnarratore è qui presente come protagonista della diegesi (autodiegetico), la pervasività della sua voce èlimitata dalla sua caratterizzazione antropomorfa. *  Intradiegetico-eterodiegetico: l’atto narrativo è rappresentato nel suo svolgersi (intradiegetico) ma la vocenarrante non è presente nella metadiegesi della storia raccontata come personaggio (eterodiegetico). È ilnarratore tipico dei racconti a cornice (Decameron, The Canterbury Tales, Le mille e una notte…) *  Intradiegetico-omodiegetico: l’istanza narrativa viene rappresentata nell’atto di narrare (intradiegetico); lavoce è inoltre presente nella metadiegesi che sta raccontando in qualità di personaggio testimone della storiadel protagonista (omodiegetico). *  Intradiegetico-autodiegetico: l’istanza narrativa è presente nella diegesi sotto forma di evento (come neidue casi precedenti); il narratore è inoltre presente nella metadiegesi come personaggio protagonista(autodiegetico). Questi “compartimenti narrativi” non sono stagni e chiusi in sé stessi, può accadere che un narratore cambilivello dall’esterno all’interno della diegesi, basta ricordare lo spostamento narrativo subito da Jacopo nelmomento in cui Lorenzo assume il comando della narrazione trasformando così il racconto epistolare inmetadiegesi. Allo stesso modo anche Lorenzo oscilla  dalll’eterodiegesi (quando racconta fatti a lui estranei)all’omodiegesi (quando racconta fatti di cui è testimone) all’autodiegesi (in brevissimi episodi in cui rientrala sua vicenda personale). Ciò che caratterizza ogni narratore è la quantità di informazioni che possiede, assembla e trasmette al lettore,seguendo una determinata strategia della scoperta della rivelazione. Secondo quali criteri? In che modo?

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15. Le modalità del racconto La trasmissione dell’informazione narrativa avviene gradualmente, con due possibilità: 1) il racconto, attraverso un narratore più o meno presente, fornisce al lettore una maggiore o minore qtà diinformazioni in modo da aumentare o diminuire la distanza dagli eventi che narra. 2) Il racconto può scegliere di dosare l’informazione modellandola attorno a un punto di vista, adottando unaprospettiva piuttosto che un’altra. 1) la distanza tra racconto e storia può essere calcolata attraverso - la quantità di informazioni che il racconto fornisce: questo parametro è in rapporto inversamenteproporzionale alla velocità del racconto (più veloce è il racconto, minore sarà la quantità di informazioni;più lento è il racconto maggiore sarà la quantità di informazioni) - la presenza più o meno visibile del narratore, grado di presenza dell’istanza narrativa      una variazione della distanza tra racconto e storia porta ad una variazione dell’illusione referenziale: ilmessaggio-racconto sembra tanto più realistico quanto meno vistosa è la presenza dell’emittenteinformatore. La distanza tra racconto e storia è minima quando massima è la quantità di informazioni trasmessa e minimaè la presenza dell’informatore. La modalità del racconto che massimizza l’effetto di realtà è la MODALITA’DEL MOSTRARE, attraverso il racconto mimetico. La distanza tra racconto e storia è massima quando minima è la quantità di informazioni e massima lapresenza dell’informatore. La modalità che segue questi principi è quella del NARRARE e sviluppa così unracconto diegetico.

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16. Il modo narrativo, il modo mimetico e il modo misto Già Platone, nella Repubblica, aveva classificato i generi in tre modi: il modo narrativo (ditirambo), il modomimetico (teatro) e un modo misto (epopea, romanzo moderno). Il racconto mimetico al 100% è di per sé inattualizzabile perché richiede un’oggettività a cui il racconto nonpuò arrivare. Il passaggio dal racconto mimetico al racconto narrativo avviene attraverso una gradualecrescita della presenza del narratore che tiene le redini del racconto. La differenza sostanziale tra il raccontomimetico e quello narrativo sta nella riproduzione degli enunciati dei personaggi: - la distanza tra racconto e storia è minima, con max grado di mimesi, quando il racconto inizia senzavirgolette con un personaggio che parla in prima persona dalla prima all’ultima pagine seguendo i suoipensieri: “E’ necessario che io vada in viaggio a Versailles…” un enunciato di questo tipo è definitodiscorso immediato (cfr anche flusso di coscienza che riproduce i pensieri di Molly Bloom). - attraverso l’utilizzo del discorso diretto (il re disse alla regina: “E’ necessario che io vada in viaggio aVersailles”), la distanza è ancora minima ma risulta chiara, nell’introduzione dichiarativa, la presenza di unnarratore, che riferisce il discorso appunto attraverso un discorso riferito. - quando l’enunciato viene riferito con un discorso indiretto, la distanza tra racconto e storia aumenta el’effetto mimetico si riduce. Questa tecnica si chiama del discorso trasposto e non garantisce nessunagaranzia di fedeltà alle parole del personaggio. Un’alternativa al discorso trasposto è quella del discorsoindiretto libero (“Il re si rivolse alla regina: era proprio necessario che andasse in viaggio a Versailles”): ci siconfonde tra discorso interiore e pronunciato e tra parole del personaggio e del narratore. - la distanza diventa massima, con minimo grado di mimesi, quando il narratore si appropria completamentedelle parole del personaggio riducendole ad un avvenimento indistinto dagli altri avvenimenti della storia (Ilre decise di andare in viaggio a Versailles) utilizzando la tecnica del discorso narrativizzato. Ovviamente, discorso mimetico e narrativo non si trovano quasi mai in forma pura ma sono sempremescolati fra di loro, usando la modalità del mostrare e quella del narrare oltre che i vari tipi di discorso.

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17. Variazioni narrative e variazioni di distanza tra racconto e

storia 2) anche le variazioni del punto di vista narrativo sono legate alle variazioni di distanza tra racconto e storiaperché il racconto non ci fornisce mai una percezione diretta degli avvenimenti della storia ma ci trasmettela percezione che di essi ha colui che li racconta. L’informazione narrativa quindi può essere dosata emodellata intorno al grado di percezione e conoscenza di uno o dell’altro personaggio assumendone il puntodi vista. L’adozione del punto di vista, detta anche focalizzazione, è determinata dalla posizione dell’occhiodel narratore rispetto a quello del personaggio, dai luoghi in cui si può muovere e dagli spazi in cui puòvedere. I regimi di focalizzazione sono tre: - focalizzazione interna: il narratore adotta il punto di vista di un personaggio, vedendo e conoscendo solociò che quel personaggio può sapere, è quindi limitato nel tempo e nello spazio. La focalizzazione internapuò essere: a) fissa: legata ad un unico personaggio b) variabile: se il personaggio focale cambia c) multipla: quando uno stesso segmento di storia viene raccontato sotto vari punti di vista appartenenti adiversi personaggi - focalizzazione zero: se l’occhio del narratore non si posa su nessuno in particolare, è capace di vedere tuttoe ovunque, attraverso qualsiasi superficie. Il narratore ha diretto accesso ai pensieri e alle idee deipersonaggi ed il lettore ne viene a conoscenza grazie a lui (narratore onnisciente). - focalizzazione esterna: l’occhio del narratore sta tra un personaggio e l’altro e non è in grado di vedercidentro, non attraversa il tempo e le superfici. Non si identifica con nessun personaggio e la sua conoscenza èminore di quella dei personaggi. La storia e i personaggi parlano da sé. Non è detto comunque che un grado di focalizzazione debba rimanere tale per tutta la narrazione, mapossono venire intercalati tra di loro. “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” sembra strutturato secondo focalizzazione interna variabile ma nonrimane tale per tutto il romanzo. Da questa focalizzazione infatti si passa ad un’altra di grado zero proprioperché Lorenzo parla di cose ha cui non ha potuto assistere. I tipi di infrazione possibili sono due: • parallissi: il racconto dà meno informazioni di quanto non sia necessario a comprendere la storia, ilnarratore, passando da un regime di focalizzazione zero a un regime di focalizzazione interna, non spiega glieventi • parallessi: il racconto da più informazioni di quelle permesse dal regime di focalizzazione, il narratore, èmesso in grado di raccontare e spiegare eventi a lui prima sconosciuti.

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18. Il personaggio Riguardo al personaggio Alexander Dumas dice: “io credo che non si possano creare personaggi se nonquando si sono studiati a fondo gli uomini, come non si può parlare una lingua che a patto di averla imparatasul serio.” Questa era l'introduzione a “La signora delle camelie”, 1848, in cui successivamente il narratoredichiara di avere sul conto di Margherita più informazioni di chiunque altro in modo sufficiente da inserirlein un racconto per creare un personaggio. Ogni personaggio prende forma nella mente del suo autore nello stesso modo in cui le persone realiprendono forma nella nostra mente quando le incontriamo nella realtà: raccogliamo frammenti fino a creareuna nuova immagine mentale. Allo stesso modo uno scrittore crea un nuovo personaggio attribuendogli deigruppi di parole, delle azioni a lui consone, dei discorsi tra virgolette, applicando, come Balzac, le leggidella fisiognomica. Il personaggio quindi, sia che sia composto da caratteristiche definite e compiute o chesia caratterizzato da segni flebili via via sempre più chiari, attraversa e permea tutto il testo come un insiemecoerente e coeso di funzioni e indizi manovrati apposta per raggiungere un obiettivo finale: il carattere. Molto spesso il personaggio nasce dalle esperienze precedenti del suo autore con la vita reale; questo perònon vuol dire che il personaggio debba essere confuso con una persona reale perché appartiene a un mondo,quello letterario, in cui chi racconta le vicende è lo stesso che le ha create e che quindi sa tutto di lui. La vitanascosta dei personaggi è visibile o potrebbe esserlo, la nostra vita nascosta è invisibile e tale rimarrà, questaè la differenza tra persone vere e personaggi. Il racconto è in grado di fornirci un compenso alla mancanza ditrasparenza della vita, ci illude di poterci mostrare il non mostrabile. Secondo Nietzsche però questocompenso è ingannevole perché “di un uomo vivo e reale noi capiamo piuttosto poco, e generalizziamomolto superficialmente attribuendogli questo o quel carattere: a questa nostra assai imperfetta posizionerispetto all'uomo si adegua il poeta, facendo diventare uomini abbozzi tanto superficiali, quanto superficialeè la nostra conoscenza dell'uomo. I caratteri creati dagli artisti non sono corposi prodotti della natura ma,alla stregua degli uomini dipinti, sono un po' troppo sottili, non sopportano di essere guardati da vicino. [...]l'arte figurativa vuol rendere visibile la superficie dei caratteri; l'arte della parola adopera questa per lo stessoscopo, dà forma al carattere nel suono.” Creare un personaggio significa, oltre che dotarlo di azioni, descrizioni e discorsi, creare un insiemeorganico e coerente in modo che tutte le sue caratteristiche si impongano al lettore come manifestazioneunitaria di una personalità ben precisa.

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19. Un'equazione parametrica del personaggio Aristotele dice che nell'epica e nella tragedia non si agisce per imitare i caratteri ma si creano caratteri epersonaggi per motivare le azioni perché mentre senza azioni non può esserci poesia e senza caratteri puòverificarsi lo stesso un racconto. Il racconto dunque è il fine della tragedia e dell'epica che si presentanocome imitazione di azioni e modi di vita, non come imitazione di uomini. Il personaggio è quindi composto da due elementi 1) primo elemento autonomo e necessario alla funzione narrativa L’AGENTE 2) secondo elemento accessorio e dipendente dal primo IL CARATTERE L’agente è in funzione del racconto, il carattere è subordinato alla funzionalità dell’agente. Il carattere deveessere sempre appropriato e coerente all’azione dell’agente e alla sua funzionalità in modo che ilpersonaggio risulti costruito secondo necessità e verosimiglianza. L’agente può essere corredato anche diPENSIERO e avere così la capacità di formulare idee attraverso il linguaggio. Nel corso della narratologia, la distinzione aristotelica tra agente e carattere ha conservato un valoreindiscutibile: per i formalisti russi, infatti, il personaggio è una marionetta nelle mani dello scrittore in gradodi risolvere e chiarire eventuali complicazioni dell’intreccio, ne semplifica il meccanismo concentrandol’attenzione (Sklovskij). È un sentiero che facilita l’attraversamento del lettore nel testo in quanto la storia può fare del tutto a menodell’eroe e della sua caratterizzazione, il personaggio è concepito come un mezzo per concatenare i motivi(Tomasevskij). Il personaggio diventa l’elemento motivante di connessione degli eventi perché solo se gli eventi narratisono prodotti e subiti da esseri antropomorfi acquistano senso e si organizzano in una serie temporalestrutturata (Bremond). Roland Barthes ha compiuto un ulteriore passo avanti attribuendo un significato aggiunto a tutti gli elementiche prima erano considerati satelliti appartenenti all’ordinabilità cronologico causale, relativi alla sferadinamica degli eventi e delle azioni ma a cui non si era in grado di dare una spiegazione: secondo lostrutturalista “nell’ordine del discorso ciò che è notato è per definizione notevole, quindi tutto ha senso”; seanche un dettaglio può sembrare irrilevante ad un primo livello, acquisterà sicuramente significato ad unsecondo livello (cfr anche struttura figurativa di “Underworld”). Il personaggio non è più somma tra agentee carattere ma deriva dall’integrazione degli indizi (funzionalità dell’essere) e dalla correlazione di questocon il sintagma delle funzioni (funzionalità del fare). Se le azioni (funzioni) sono ordinate cronologicamentein un serrato meccanismo di causa-effetto, gli indizi, privi di limitazioni crono-logiche, attraversano il testoe sono indistinti tra loro; il paradigma degli indizi si comporta come un’equazione parametrica: “definisce ilpersonaggio come un luogo testuale le cui coordinate sono espresse in funzione di variabili o parametriinstabili, gli indizi”. Secondo Hamon, bisognerebbe parlare di “effetto personaggio”: un effetto prodotto daun forte meccanismo ripetitivo e correlato di elementi posti a distanza variabile che rimandano ad unsignificato discontinuo quanto il suo significante. Nella mente del lettore, la figura del personaggio si creaquindi grazie ad una lunga “attività di memorizzazione e ricostruzione” da lui stesso operata. Il personaggioacquista significato mediante un processo cumulativo, lungo tutto il libro, caratterizzato da “pennellate” diindizi che creano un’immagine di vita, di movimento, un ritratto del personaggio, un diagramma. Funzioni del nome proprio nel testo narrativo: a) funzione economica: condensa i tratti e gli indizi che caratterizzano il personaggio in una sola unitànominale

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b) funzione mimetica: ci fa pensare al personaggio come se fosse una persona reale, come se avesseun’anima e un avvenire al di fuori del testo narrativo in cui vive c) contrassegno: il nome è la spia di un supplemento di indeterminato ed il personaggio non sembrariconducibile alla somma delle sue qualità o azioni.

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20. Attanti e attori Il significato del personaggio si costruisce per ripetizione e accumulo di indizi, a volte però i tratti di unpersonaggio possono essere contradditori ed entrare in conflitto tra loro al punto da annullarsi. Altre volte, itratti distintivi di un personaggio si trasferiscono su un altro: questa migrazione di significati avviene in unlivello di strutturazione molto profondo, che preesiste al personaggio stesso, formato da predicati nominali(qualità) o verbali (azioni) attorno ai quali gravitano i tratti semantici elementari del personaggio. Questomodello è rappresentato dal QUADRATO SEMIOTICO: ancor prima che il senso di un testo si compia, isuoi  tratti fondamentali sono ordinabili attraverso le relazioni base della logica • Contrarietà: un tratto ha un senso opposto a quello di un altro tratto • Contraddizione: il senso di un tratto nega quello di un altro tratto • Implicazione: il senso di un tratto presuppone il senso di un altro tratto Le istanze profonde del significato diventano tali solo quando si pongono le relazioni del quadrato semiotico(relazione di contrarietà, di contraddizione, di implicazione) come operazioni del fare umano: l’avaro devepoter esercitare la propria avarizia, il prodigo la propria prodigalità. Secondo Greimas le modalità del faresono tre: VOLERE, SAPERE, POTERE. L’avaro vuole accumulare beni, sa che quei beni sono l’oggettodella propria avarizia, trova e accumula (potere) i beni da solo o con l’aiuto/opposizione di altri. Ogni modalità del fare istituisce un asse di investimento semantico a) l’asse del volere sviluppa l’investimento semantico del desiderio b) sull’asse del sapere avviene l’investimento semantico della comunicazione c) nell’asse del potere si sviluppano relazioni in grado di favorire o intralciare gli investimenti dellacomunicazione e del desiderio su ogni asse nasce una di ruoli astratti complementari, chiamate ATTANTI, destinatore-aiutante, oggetto-soggetto, destinatario-oppositore: su questi elementi si basa la grammatica narrativa, da cui si passaall’enunciato narrativo gli attanti diventano attori, cioè personaggi come insieme di indizi e funzioni.Passando dal livello degli attanti a quello degli attori, il senso di un discorso narrativo può dar vita a diversifenomeni a) isomorfismo: ad un attante corrisponde un solo attore b) demoltiplicazione: a un attante corrispondono più attori c) sincretismo: un solo attore corrisponde a più attanti

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21. Il modello attanziale del personaggio Il modello attanziale riduce quindi il personaggio a elementi logici e funzionali, modello diametralmenteopposto è quello personalistico romantico che vede invece il personaggio come un insieme di trattipsicologici e sociali, come una persona, che va oltre il discorso narrativo. La strategia migliore è integrare idue modelli in un unico modello che considera il personaggio come un segno vuoto che si riempie graziealla progressiva formazione di un significante (contrassegni) e di un significato (carattere, senso, valore delpersonaggio) provvisori e intermittenti. Secondo questo modello i fattori che caratterizzano un personaggioall’interno del testo sono • il suo ruolo d’azione globale o attanziale:il personaggio ha la funzione di destinatore, destinatario,soggetto, oggetto, oppositore o aiutante • il suo ruolo come agente o paziente delle diverse azioni parziali in cui si articola la storia • la sua possibile classificazione come tipo o stereotipo: eroe puro, cattivo, donna fatale… • la sua posizione in quanto individuo nel mondo fittizio del racconto: il personaggio ha un nome e gode dicerti attributi sociali e personali • il suo rapporto con l’extratesto o con il mondo attuale: il nome di un personaggio può essere ricavato dallarealtà • il suo statuto intertestuale: funzioni, proprietà e ruoli ereditati da altri testi • il suo statuto pronominale: il personaggio può essere “tu”, diventare “egli” o “io” sempre in relazione adaltre fisionomie pronominali • il suo statuto retorico: siccome parla e racconta un personaggio entra in rapporto diretto con i suoiinterlocutori manifestando propri pensieri e un proprio stile

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22. Gli errori narrativi: il testo disordinato Ogni racconto è in insieme complesso di segni che conserva in superficie tutti gli stadi della sua evoluzione.Ogni testo implica per forza un controtesto, un significato opposto al testo, un controsenso costituito da tuttii passaggi di parole che lo hanno fatto nascere, fatto di lacune, ridondanze, errori, smagliature logiche enarrative che costituiscono in un certo senso il negativo del testo. Questo secondo senso opera e lavora oltreil senso cui il racconto rimanda, si sottrae al significato del racconto per crearne un altro. I punti di appoggiodel non-senso sono spesso dettagli che si impongono all’attenzione del lettore in quanto resistenti. Nei “Marginalia”, Poe dichiarava che nel racconto breve la costruzione deve essere curata molto più che nelromanzo appunto per il poco spazio che si ha disposizione per svilupparla: se in un romanzo un intreccioimperfetto può essere celato, in un racconto breve questo non è possibile. Molti scrittori, continua, scrivonosenza sapere come finirà un racconto col risultato che la fine non avrà niente a che fare con l’inizio. Perscongiurare il pericolo dell’intreccio imperfetto bisogna sempre avere presente il filo conduttore che unisceinizio e fine della storia: bisognerebbe iniziare dalla fine e proseguire al contrario. In questo modo tuttorisulterà coerente in una relazione di causa effetto che porta inevitabilmente alla fine designata ed il lettoresarà in grado, ripercorrendo il racconto al contrario, di trovare tutti gli indizi che avrebbero potuto condurloalla conclusione.

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Indice

1. Comunicazione e atto narrativo 1

2. Fattori costitutivi del testo narrativo 2

3. Autore, Narratore, Lettore 3

4. Racconto, Storia, Narrazione 4

5. Il tempo nel racconto 5

6. L'ordine del tempo 6

7. Tipologie di ANALESSI e PROLESSI 7

8. La durata del racconto 8

9. La frequenza degli enunciati narrativi 9

10. La digressione 10

11. La digressione della descrizione 11

12. Il narratore 12

13. La voce del narratore 13

14. Livello narrativo in Ortis 15

15. Le modalità del racconto 17

16. Il modo narrativo, il modo mimetico e il modo misto 18

17. Variazioni narrative e variazioni di distanza tra racconto e storia 19

18. Il personaggio 20

19. Un'equazione parametrica del personaggio 21

20. Attanti e attori 23

21. Il modello attanziale del personaggio 24

22. Gli errori narrativi: il testo disordinato 25


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