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L'edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912

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PETER BEHRENSmaestro di maestri

a cura di

Silvia Malcovati e Alessandra Moro

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PresentazioneSilvia Malcovati, Alessandra Moro

PrefazioneAlberto Ferlenga

Introduzione. Behrens e dintorniHartmut Frank

Torino 1902: dalla Secessione al Werkbund

Per un’estetica borghese 1902: l’Europa a Torino e l’ingorgo nietzschianoGianni Contessi

Stile, Potenza e BellezzaGuglielmo Bilancioni

Hagen: un laboratorioMarco Biraghi

architettura e industria

Se fosse un problema di storia?Carlo Olmo

Arte e tecnica nel progetto della fabbricaNon si tratterà di “fare di più” ma di “fare dell’altro”Rosa Tamborrino

La città, la fabbrica e i suoi operai. Scritti e progettiper le case operaie nei primi anni del NovecentoGiulia Mezzalama

Vom sparsamen BauenManlio Michieletto

La fabbrica di turbine fra costruzione e arteRaffaella Neri

idee di modernità

La giusta formaSilvia Malcovati

Legge e ordine. Possibili similitudini tra BehrensBerlage e altri architetti olandesiHerman van Bergeijk

Peter Behrens, Vienna e Adolf LoosIl monumentale nell’architettura del primo NovecentoMarco Pogacnik

Riflessioni su Peter BehrensInterviste con Ludwig Mies van der Rohe e Walter GropiusStanford Anderson

Le Corbusier di fronte all’“orso Behrens”Jean-Louis Cohen

Peter Behrens, Mies van der Rohe e la “grande forma”Fritz Neumeyer

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SOM

MA

RIO

composizione architettonica e urbana

Dal piano allo spazioHartmut Frank

Un’educazione a pensare per principîAlessandra Moro

L’edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-12. Tipo, tecnica, tradizione Silvia Malcovati

La Deutsche Botschaft di San Pietroburgo 1911-13Note su alcuni dettagli architettoniciLuka Skansi

Le proposte per i giardini dei Ministeri a Berlino 1927Michele Caja

Alexanderplatz 1928-32. Circulus LucidusGiacomo Calandra di Roccolino

Peter Behrens a Vienna / Peter Behrens e ViennaAdolph Stiller

storiografia e critica

Peter Behrens 1868-1940Vittorio Gregotti

Il linguaggio delle cosePaolo Portoghesi

Opposizioni nella modernità A proposito del “vecchio Behrens”Angelo Torricelli

biografia

Peter Behrens, mio nonnoJosefa Krause-Harder

nota biograficaKarin Lelonek, Katrin Peter-Bösenberg

Peter Behrens oggiGli edifici esistenti: alcuni casi studioKarin Lelonek, Katrin Peter-Bösenberg

Progetto e costruzione di modelli: uno strumento per la ricercaKai Niedereichholz, Katrin Peter-Bösenberg

bibliografia

Scritti di Peter Behrens

Bibliografia citata

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Questo scritto parlerà fondamentalmente di duecose: di un edificio e di un libro che lo spiega.Behrens cerca con questo primo progetto di edifi-cio amministrativo (1910-12) di costruire un tipo,cioè di individuare alcune caratteristiche dellastruttura formale della sua architettura, che pos-sano essere applicate ad altre situazioni analoghe,come farà egli stesso negli anni immediatamen-te successivi con i progetti per la Continental-Caoutchouc- und Gutta-Percha Compagnie (Con-tinental Gummi-Werke) ad Hannover (1911-14),per la Rombacher Hütte a Oberhausen (1920-21),per la Hoechst a Francoforte (1920-24) o per loStumm-Konzern sempre a Düsseldorf (1921 pro-getto non realizzato). Ma non si limita a questo: Behrens scrive un libro,che esce nel 19131, in cui la sua architettura è spie-gata certamente con un intento celebrativo e de-scrittivo (si tratta del discorso tenuto in occasionedell’inaugurazione), ma anche fondamentalmentecon un intento manualistico, con l’obiettivo cioè dicostruire una teoria della progettazione a partiredall’architettura costruita.Lo scritto di Behrens parla infatti di questo edifi-cio, ma anche del tema dell’edificio per uffici in ge-nerale, parla di un metodo di progettazione e delrapporto dell’architettura con la storia e con la città.Attraverso questo edificio Behrens affronta tutte lequestioni cruciali della sua architettura e dell’ar-chitettura moderna, e nelle pagine del libro ne re-stituisce la portata teorica, i particolare dal puntodi vista di tre questioni, sulle quali mi soffermerò:tipo, tecnica e tradizione.

Dove “tipo” riassume la componente distributivo-funzionale (e non solo), “tecnica” la componentecostruttiva e materiale, e “tradizione” la compo-nente storica ed evocativa, il carattere, in sostanzadell’edificio. [1-2]

TipoLa prima osservazione di Behrens, nel suo discorsoinaugurale riguarda la piena convergenza di obiet-tivi tra architetto e committenza, come una condi-zione necessaria alla realizzazione del progetto.Una condizione necessaria ma non sufficiente. Lacostruzione di una nuova tipologia architettonica,quella appunto dell’edificio per uffici, parte certa-mente dalle condizioni di realtà del progetto, manon in senso funzionalista: queste condizioni de-vono essere trasformate in problemi di architetturae risolte attraverso gli elementi dell’architettura.

Per la costruzione di un edificio per uffici per laMannesmann mi è sembrato che il compito fosseproprio quello di spiritualizzare lo scopo e le ne-cessità materiali dell’edificio attraverso i mezzi del-l’arte, cioè dunque di aspirare al carattere di unedificio per uffici, a definirne con tutte le intenzioniun tipo. Trovare il tipo è in tutte le arti, ma special-mente in architettura l’obiettivo più importante.

E aggiunge: Non può essere un caso che nelle epoche artisti-che antiche l’architettura tipica sia sorta attraversoil riconoscimento dei bisogni del momento e laloro traduzione in forme architettoniche2.

Se infatti Behrens prende le mosse dal concetto ditipo come standard, che compare per esempio nelcelebre saggio Kunst und Technik del 19093 o inAesthetik in der Industrie sempre del 19094 o ancorasuccessivamente negli scritti riferiti al Werkbund,in relazione al tema dell’industrializzazione e dellariproducibilità dell’opera d’arte5, in realtà approda

[1] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG

Düsseldorf 1910-12, disegno prospettico (Hoeber 1913, p. 167)

[2] P. Behrens, Zur Erinnerung an die Einweihung des Verwaltungsgebäudeder Mannesmannröhren-Werke in Düsseldorf. 10. Dezember 1912Düsseldorf 1913, copertina e frontespizio (Esemplare conservato nella biblioteca di Braunschweig)

L’edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-12Tipo, tecnica, tradizione

Silvia Malcovati | politecnico di torino

1 Behrens 1913, Zur Erinnerung an dieEinweihung des Verwaltungsgebäudes derMannesmannröhren-Werke in Düsseldorf. 10.Dezember 1912, Düsseldorf, 1913.2 Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 84.3 Behrens 1909, Kunst und Technik ("Zeit-geist").4 Behrens 1909, Prof. Peter Behrens überAesthetik, pp. 5-7.5 Behrens 1914, Muthesius, pp. 56-57.Behrens 1917, Neue Ziele der Baukunst,pp. 2-7.

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attraverso la pratica dell’architettura a una nozioneteorica più generale, soprattutto riferita al tema cru-ciale del suo tempo: l’architettura della grande città.

La grande città [scrive nel 1908] è diventata nellavita culturale ed economica del nostro tempo un fat-tore che non può essere semplicemente ignorato,in essa si è sviluppato un tipo, che è già un dato difatto e in questo senso appartiene alla storia6.

I temi architettonici posti dalla grande città – e traquesti hanno certamente un ruolo decisivo nel la-voro e nella riflessione di Behrens gli edifici indu-striali, quelli commerciali e quelli amministrativi –necessitano di nuove soluzioni tipologiche, destinate,secondo lui, a conferire “un carattere e una conce-zione stilistica unitaria” alla città contemporanea7.Per fare un esempio: “Berlino non ha fino ad ora unsimile carattere, anche se già 15 anni fa è stato co-struito un edificio commerciale che ha introdottoun tipo, il Wertheim di Messel”8. Il grande ma-gazzino Wertheim di Alfred Messel sulla LeipzigerPlatz è, secondo Behrens, con la sua scala metro-politana, controllata attraverso l’uso della ripeti-zione di un unico partito architettonico, il para-digma indiscusso di questa nuova architettura, cheha saputo trasformare la realtà socio-economicadell’epoca e le esigenze funzionali del progetto inelementi architettonici:

se lo scopo di tale un edificio [di un edificio com-merciale della grande città] che è definito dai re-quisiti essenziali del suo funzionamento (la mag-giore luminosità possibile degli spazi interni, la pos-sibilità di trasformazione nel tempo della loro gran-dezza e forma, una comunicazione senza impe-dimenti, la completa fruibilità delle superfici co-struite per spazi di lavoro), sarà considerato cometema artistico, allora anche in questo caso il prin-cipio ritmico [dove ritmo è insieme misura spazio-temporale della vita metropolitana e costruzione for-male dell’architettura] condurrà all’espressioneformale più nobile, che si ottiene attraverso l’uso

di una armoniosa proporzione. Ma contempora-neamente dal riconoscimento di questo motivo rit-mico di base sorgerà un’architettura tipica9. Se oggi [aggiunge pochi anni dopo] abbiamo rag-giunto le competenze necessarie per l’organizza-zione di un grande gruppo di lavoro, a partire daquesto riconoscimento troveremo anche il tipo ar-chitettonico per conferire una forma artistica allesue masse costruttive10.

La forma architettonica non deriva dunque mec-canicamente dalla funzione dell’edificio, ma ne habisogno come principio di realtà:

Nel caso del problema della forma di tutti gli in-sediamenti industriali, si tratta sempre di ricavareil loro carattere dall’essenza stessa delle cose a cuisi deve dar forma, di cercare di comprenderne iltipo. Tutte le grandi opere d’arte delle epoche pas-sate manifestano anche oggi, a uno sguardo re-trospettivo, la loro sublime grandezza proprioperché erano tipiche rispetto alla loro specifica de-stinazione. Questo non significa altro che pren-dere in considerazione tutte le condizioni che unprogetto pone con i mezzi dell’arte e della tecnica,sostenerle, anzi assumerle a principio e lasciareche questo principio diventi espressione visibile11.

All’interno di questa ricerca dei nuovi tipi architet-tonici per la grande città, il progetto per l’edificioper uffici diviene un momento centrale di speri-mentazione:

Per differenziare le masse costruite e caratteriz-zarle sia in funzione della loro posizione, sia infunzione della loro destinazione d’uso è stato por-tato alla piena espressione il principio della verti-calità con l’inserimento di elementi orizzontali. Inquesto modo è stato possibile sublimare la desti-nazione d’uso e le necessità materiali dell’edificioattraverso i mezzi dell’architettura, che significadunque aspirare al carattere di un edificio per uf-fici e a definirlo intenzionalmente come un tipo12.

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[3] P. Behrens, uf!ci della Continental-Caoutchouc- und Gutta-Percha Compagnie, Hannover 1911-14 (Cremers 1928, tav. 43); uf!ci della RombacherHütte, Oberhausen 1920-21 (Cremers 1928, tav. 51); palazzo per uf!ci Stumm-Konzern, Düsseldorf 1921 (Cremers 1928, tav. 49)

6 Behrens 1908, Die Gartenstadtbewegung.7 Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 85.8 Behrens 1912, Berlins dritte Dimension.9 Behrens 1914, Einfluss von Zeit- und Raum-ausnutzung, p. 9.10 Behrens 1917, Neue Ziele der Baukunst,p. 497.11 Behrens 1919, Der Fabrikneubau, p. 1295; ci-tazione identica in Behrens 1920, Werbendekünstlerische Werte, p. 270 e in Behrens1925, Industriebau und Stadtgestaltung,p. 97.12 Behrens 1929, Verwaltungsgebäude, p. 682;e Hegemann 1925, E. Fahrenkamp, p. 2.

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Behrens esplora l’uso dei tipi ma senza arrivaremai a una vera e propria ripetitività seriale, al con-trario cerca sempre di trovare un equilibrio tra tipoarchitettonico e senso del luogo, come si vede neiprogetti dei diversi edifici amministrativi, chehanno degli elementi comuni nella struttura for-male, ma si piegano facilmente alle diverse decli-nazioni stilistiche – e in questo senso in linea conla definizione di Quatremère de Quincy: [3]

Il modello, inteso secondo la esecuzione pratica del-l’arte, è un oggetto che si deve ripetere tal qual è;il tipo è, per lo contrario, un oggetto, secondo il qua-le ognuno può concepire delle opere, che non sirassomiglieranno punto fra loro. Tutto è preciso edato nel modello; tutto è più o men vago nel tipo13.

La prima questione di carattere compositivo cheemerge, infatti, e che rappresenta l’essenza del tipo– anche in questo vicina alla teoria illuminista –, èquella della modularità, e di conseguenza del con-trollo dimensionale dello spazio. Il “modulo spaziale”su cui si costruisce tutto il progetto è l’“ufficio tipo”,individuato nella “superficie minima sufficiente” di

3,90 x 7,00 m che costituisce “l’unità della casa, lacellula del corpo architettonico”14. Lo spazio è stu-diato nei minimi dettagli dal punto di vista dell’er-gonomia (dimensione di tavoli e sedie, spazio tra se-die e parete, distanza dalla finestra e dai radiatori col-locati sotto la finestra, tavoli di supporto per mac-china da scrivere e incartamenti, armadi per ar-chiviare il materiale, passaggio interno tra un uffi-cio e l’altro), ma soprattutto ha una stretta relazio-ne con il sistema costruttivo. [4-5]

Tecnica“Gli elementi portanti della costruzione – scrive in-fatti Behrens – definiscono i confini di questo spa-zio”15. Infatti il sistema costruttivo a pilastri di 40cm ha una campata di 3,90 m, ma la scansione rit-mica dello spazio, necessaria per la caratterizza-zione formale dell’edificio, prevede una campata“compositiva” più serrata, con un pilastro ogni 1,30m. L’ufficio tipo è definito da quattro campate mo-dulari, i cui pilastri in evidenza determinano la se-quenza delle finestre (tre nell’ufficio-tipo) e scan-discono lo spazio distributivo. La disposizione delle

[5] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann, Düsseldorf1910-12, uf!cio tipo (Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 47)

[4] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann, Düsseldorf1910-12, pianta uf!cio tipo (Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 71)

[6] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann, Düsseldorf 1910-12, pianta del secondo piano (Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 73)

[7] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann, Düsseldorf1910-12, uf!cio (Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 45)

13 Quatremère de Quincy 1832, ed. it. p.274.14 Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 70.15 Ivi.

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finestre è giustificata in termini estremamente fun-zionali, come la migliore disposizione possibile peravere una illuminazione uniforme su tutta la pro-fondità della stanza.La struttura puntiforme a pilastri ha però anchealtri vantaggi, e in particolare quello della piantalibera. Scrive Behrens:

E così si è definito il principio: invece di muri per-manenti, che delimitano stanze di determinate di-mensioni, concepire ciascun piano come unasuperficie libera da poter suddividere a piaci-mento. […] Per questo anche nella costruzione siè rinunciato ai muri portanti è si è costruita tuttala casa come un sistema di pilastri aperto16.

La struttura è in ferro, rivestita in pietra naturale suifronti esterni e in clinker su quelli interni alle corti.La pianta del secondo piano mostra infatti sul latosinistro la presenza di sale di grandi dimensioni al-ternate ad uffici tipo (quattro pilastri e tre finestre),mentre sul lato opposto sono visibili uffici conquattro finestre e studioli a due sole finestre. [6-7]I servizi sono concentrati come un elemento sta-bile sempre nella stessa posizione a tutti i piani alcentro dell’edificio e la distribuzione avviene tra-mite un corridoio di 2,20 m, sviluppato ad anelloattorno alle due corti, nella forma di una galleria fi-nestrata scandita dal ritmo dei pilastri.La pianta del piano terra mostra gli ingressi all’edi-ficio, quello principale, al centro del lato maggiore,verso il fiume, che si apre sul vestibolo, e quello la-terale per i dipendenti , che dà accesso alla zona di-stributiva di servizio. [8] L’ingresso principale è ca-ratterizzato da un portale dorico, con colonnescanalate senza base, tema tipico dell’architetturaneoclassica tedesca, ma anche di alcuni edifici con-temporanei, per esempio di Alfred Messel.Un particolare attenzione è stata data agli ambientidi rappresentanza, ma non dal punto di vista di

una maggiore decorazione, bensì attraverso gli ele-menti della composizione architettonica e il tratta-mento dei materiali. Scrive Behrens: “In tuttol’edificio l’intenzione era quella di cercare di otte-nere con materiali semplici e forme semplici unforte effetto artistico”17.Il tema dell’atrio è sviluppato da Behrens con unchiaro riferimento all’architettura antica, ma anchecertamente, ancora una volta, all’architettura neo-classica tedesca, e il carattere dello spazio è ricer-cato attraverso il trattamento plastico delle superficie la scelta dei materiali: “materiali semplici ma na-turali”, evitando “ogni lusso superfluo” (l’atrio e lascala sono in marmo di Unterberg)18.

La scala principale è il cuore dell’edificio e il vero eunico spazio di rappresentanza, ed è concepitacome un volume plastico, una scatola nella scatola,contraddistinta dal materiale prezioso e dalla curadei dettagli. Al sistema della scala appartengonoanche il ballatoio del primo piano – il volume del-l’atrio occupa una doppia altezza – e il vestibolo delsecondo piano. [9-11]Dall’ingresso laterale per gli impiegati si accede in-vece alle scale di servizio e ai paternoster, ancorapresenti anche se non più utilizzati e sostituiti daun ascensore collocato direttamente nel vestibolo.Sempre al piano terra si trovano la cucina e lamensa per impiegati e direttori. Sul lato della cu-cina il cortile presenta una copertura in vetro al-l’altezza del solaio del primo piano, così che sirealizza una grande sala, che può essere all’occor-renza utilizzata per eventi e manifestazioni.

[8] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann, Düsseldorf1910-12, pianta del piano terra (Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 77)

[9] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann, Düsseldorf1910-12, atrio (fotogra!a W. Klein, Düsseldorf) [10] F. Gilly, Pfeilerhalle, s.d. (Rietdorf 1940, p. 47)

16 Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 75.17 Ibidem, p. 83.18 Ivi.

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La copertura di questo spazio ha una struttura incemento armato e blocchetti di vetro, praticabile.La planimetria mostra come Behrens stessoavesse previsto la possibilità di un ampliamentodell’edificio, attraverso l’aggiunta di un volume,sempre destinato a spazi di lavoro, che crea unterzo cortile di dimensione doppia rispetto ai dueesistenti. L’ampliamento è cominciato nel 1938 daHans Väth, architetto capo dell’ufficio tecnicodella Mannesmann, con la consulenza di Behrens.Per questo l’edificio realizzato da Behrens pre-senta, fino a quella data, un insolito fronte poste-riore, composito, con una testata cieca e il corposcale in evidenza, e non è rivestito in pietra come ifronti principali, ma in mattoni ceramicati, comel’interno degli altri due cortili.

Tradizione“Il principio della semplicità è stato determinanteanche per la forma esterna”19.L’edificio, a cinque piani, presenta un’articolazioneprincipalmente orizzontale, tripartita: un pianoterra-zoccolo rustico in pietra calcarea che prose-gue in un basso piano intermedio, una parte cen-trale, e un coronamento superiore in tufo. Il pianointermedio tra zoccolo e parte centrale ha un passostrutturale più ampio, che denota il fatto che lastruttura cade ogni 3 campate rispetto alla più ser-rata suddivisione dei piani centrali. I due piani cen-trali sono tenuti insieme dal pilastro angolare diordine gigante. [12]Esempi indiscussi per la chiusura e la massività sono,secondo Behrens, i palazzi italiani del rinascimen-to, “nella loro semplicità indivisa”. Palazzo Strozziesempio insuperato di “monumentalità cubica”, oPalazzo Medici-Riccardi, “esempio di grandiosa sem-plicità” per la “delicata partitura orizzontale”, basatasul contrasto tra la muratura a rustico del basamentoe la pietra liscia dei piani superiori20. O ancora esem-pi di architettura nordeuropea come il Museo diNamur, il Municipio di Paderborn o quello diGand, in cui secondo Behrens, il trattamento dellafacciata, costruita secondo le regole della giusta pro-porzione, e la scansione delle aperture, ampie e re-golari, manifestano il carattere collettivo dell’edifi-cio e ne identificano la funzione di sede di una isti-tuzione o di una amministrazione. [13-18] Ma c’è un altro importante riferimento in questoprogetto, che Behrens non nomina in questo scrit-to apertamente, ma la cui lezione mette in praticaoperativamente ed è Karl Friedrich Schinkel. Sappiamo dai suoi scritti, in cui è ripetutamentecitato, che Behrens nutriva un grande rispetto peril suo lavoro, e sappiamo attraverso la testimo-

[11] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG, Düsseldorf1910-12, scala principale e vestibolo del secondo piano (fotogra!e S. Malcovati e M. Michieletto 2010)

19 Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 83.20 Ibidem, p. 84.

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[12] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG, Düsseldorf 1910-12, composizione della facciata: basamento, parte centrale, coronamento e schema del sistema strutturale(disegno e elaborazione gra!ca S. Malcovati e M. Michieletto)

[13-15] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG, Düsseldorf 1910-12 (fotogra!a S. Malcovati e M. Michieletto 2010); B. da Maiano (G. da Sangallo), Palazzo Strozzi, Firenze 1489-1538 (Lübke-Semrau 1908); Michelozzo, Palazzo Medici Riccardi, Firenze 1444-52 (fotogra!a 1865, archivio Alinari)[16-18] Museo Archeologico, Namur, Belgio XVI sec. (Anderson 2000, p. 2000); municipio di Paderborn, Germania 1613-20; municipio di Gent (Gand), Belgio 1600-22, ampliamento rinascimentale

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nianza di Gropius che studiava attentamente le suearchitetture.

Attrasse la mia attenzione sui segreti rapporti geo-metrici delle corporazioni medievali di costruttori,e sulla geometria degli architetti greci. Ci reca-vamo spesso insieme a Potsdam e nei dintorni avisitare gli edifici di Friedrich Schinkel, che egli ri-conosceva come il suo padre artistico21.

La passione di Schinkel per la sapienza costruttivamedievale non è un mistero, ma non è un misteroneppure la sua abitudine a lavorare per parti (nesono esempi celebri lo Schauspielhaus e l’AltesMuseum) e a trovare nella composizione i principîdella monumentalità in architettura22.In particolare Behrens riconosce in Schinkel quellaidea di monumentalità come condizione necessa-ria dell’architettura, che deriva dai problemi meto-dologici del progetto e da una precisa attenzione aitemi compositivi della costruzione, che in questianni è al centro delle sue riflessioni: una idea dimonumentalità non come intuizione di un nuovolinguaggio, ma come riconquista di una dimen-sione primigenia dell’architettura in cui è predo-minante l’aspetto costruttivo ed evocativo.Non è dunque un caso che, la prima volta cheBehrens nomina Schinkel nei suoi scritti, nel 1909,lo faccia in relazione al lavoro di Alfred Messel, e neparli come di un riferimento imprescindibile nellatradizione della buona architettura, tra cui annoveraproprio il già citato Wertheim-Bau, di cui dice:

Dell’edificio del Wertheim si potrebbe dire che è laprima espressione dell’arte monumentale moder-na. Moderna perché esso non manifesta una in-tenzione rappresentativa solo esteriore nel senso diuna falsa tradizione, ma nella grande ricchezza deidettagli e nella abbondanza di valori artistici, rico-nosce coraggiosamente le reali necessità del nostrotempo e le eleva a pensieri costitutivi della forma23.

Su cosa sia l’arte (e l’architettura) monumentaleBehrens si è espresso chiarmente un anno prima,nel 1908 nello scritto Was ist monumentale Kunst?,dove dice: “l’arte monumentale è l’espressione piùalta e autentica della cultura di un’epoca”24. L’artemonumentale è innanzitutto l’espressione del rap-porto tra un’arte e un tempo, tra i bisogni dell’unoe la capacità espressiva dell’altra. Il cimento degliarchitetti che aspirano all’arte monumentale sonodunque i temi nuovi del proprio tempo. Proprio questo aspetto lega fortemente Behrens aSchinkel, che ritroviamo infatti citato di nuovo nel1919 e poi in forma identica nel 1920, nel 1925 enel 1929:

Negli edifici che devono servire al maggior sfrut-tamento possibile di tutte le forze e mezzi dellaproduzione, non si tratta di praticare un qualchelusso, anche se senza dubbio c’è una giustifica-zione commerciale nel fatto di dare agli edifici in-dustriali l’aspetto che corrisponde alla grandezzae al significato della committenza. Né attraversola costruzione, né attraverso la scelta del materiale

[19] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG, Düsseldorf1910-12, soluzione d’angolo (fotogra!a S. Malcovati e M. Michieletto2010)

[20] K. F. Schinkel, Schauspielhaus, Berlino 1818-21soluzione d’angolo (fotogra!a S. Malcovati)

21 Walter Gropius, Una testimonianza di-retta, in Casabella 1960, p. 3.22 Riemann 1994, Asche 1986, Peschken1979.23 Behrens 1909, Alfred Messel.24 Behrens 1908, Was ist monumentaleKunst?, p. 46.

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deve essere praticato il benché minimo spreco, mase il significato di queste costruzioni sarà ricono-sciuto come un elemento costitutivo della culturadel nostro tempo, niente impedisce di dedicare adesse la necessaria cura e il ponderato lavoro spiri-tuale, attraverso i quali possono essere raggiuntivalori estetici. [...]Non è mai una questione di materiale a determi-nare il valore artistico. Vediamo che nelle epoche dicrisi, come a metà del secolo scorso, uno Schinkelrealizzava edifici che sono considerati come ma-nifestazioni vive dello stile di un’epoca, anche seegli doveva limitarsi al materiale più semplice. Èuna questione di abilità artistica. Anche con ma-teriali convenzionali, attraverso il modo di trattarli,attraverso la combinazione dei colori, attraversocontrasti, soprattutto attraverso il riconoscimentoe la sottolineatura del loro carattere naturale pos-sono essere raggiunte forti impressioni25.

In questo caso il tema è quello della sincerità co-struttiva e della capacità di creare valori artistici at-traverso l’uso dei materiali, la loro combinazione,il trattamento delle superfici: del rapporto, in so-stanza, tra arte e tecnica. E sempre nel 1919 – e conuna espressione quasi identica nel 1920 – ancoraSchinkel è chiamato in causa proprio rispetto aquesto tema centrale nel pensiero di Behrens, cioèla dialettica tra arte e tecnica, come esempio di unapersonalità artistica completa insieme nientemenoche a Leon Battista “Alberti, il filosofo estetico e ma-tematico della costruzione, a Leonardo, il pittore eingegnere, a Michelangelo, l’artista figurativo e co-struttore di fortificazioni, ai grandi ingegneri delXVIII secolo, come Neumann e altri”26.

E così anche i grandi architetti del Rinascimentoentrano a far parte della “famiglia spirituale” diBehrens, accanto a Schinkel, in un riferimento allatradizione, a una certa tradizione, dichiarato sco-pertamente e praticato appassionatamente nell’ar-chitettura, come l’edificio Mannesmann dimo-stra27. [19-21] Proprio nello scritto sulla Mannesmann Behrensaffronta infatti direttamente il tema della monu-mentalità, riprendendo alcuni passaggi fonda-mentali dello scritto del 1908:

Come ho cercato di mostrare, il sistema costruttivoè stato scelto a partire dalle condizioni della pianta.In questo modo si è costruito uno schema, che èstato il fondamento per l’architettura, una archi-tettura che doveva avere un carattere monumen-tale degno dell’importanza della società che lo hacommissionato. Ora, secondo la mia opinione, la monumentalitànon risiede solo nella articolazione di un edificio,ma piuttosto nella chiusura cubica e nella grandevolumetria, che possono essere raggiunte nonsolo attraverso una scomposizione ma anche at-traverso il tenere insieme, il comporre, e attra-verso la semplicità. Perciò anche una dissoluzionedel tetto in frontoni e torri, così come una scom-posizione della facciata con elementi angolari miè sembrata da evitare, e mi sono sembrati invecenecessari la realizzazione di superfici collegate e ilrispetto del motivo originario dell’allineamento edella disposizione in serie. La chiusura di una forma non deve essere semprecercata in ininterrotte superfici murarie piane. Sifonda, in ultima analisi, sulla unità, che può es-sere raggiunta anche attraverso il principio ritmico

[21] Mannesmann versus Schauspielhaus (elaborazione gra!ca S. Malcovati e M. Michieletto)

25 Behrens 1919, Der Fabrikneubau, p. 273;Behrens 1925, Seeking Aesthetic Worth,p. 478; Behrens 1929, Zur Ästhetik desFabrikbaus, p. 130.26 Behrens 1919, Reform der künstlerischenErziehung, p. 99 e Behrens 1920, DasEthos, p. 338.27 Il concetto di “famiglia spirituale” inrelazione ad una lettura formale dell’ar-chitettura è di Henri Focillon, in Focillon1934, ed. it. 1972, p. 82.

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dell’allineamento regolare. Anche da questopunto di vista la sequenza di pilastri che ho utiliz-zato mi è tornata utile.Un edificio per uffici ha bisogno di luce e quindidi grandi superfici vetrate. Grandi lastre tutte d’unpezzo hanno però l’effetto naturale di buchi e di-struggono l’unità della forma. I pilastri dispostipiù fitti, invece, conferiscono alla casa, come mo-stra la parte sinistra dell’immagine [fig. 40, n.d.r.],l’effetto di una parete muraria chiusa. […]Quandosihaunpuntod’osservazionechenonèesat-tamente in asse con la casa [...] le finestre non han-

no l’effetto di aperture, ma domina la muratura deipilastri che produce un effetto unitario di facciata28.

Come ha già sottolineato riferendosi agli esempistorici citati, un ruolo decisivo nella costruzionemonumentale dell’edificio è affidato da Behrensalla geometria, alla misura come sistema di con-trollo della composizione: “La proporzione è l’alfae l’omega di ogni creazione artistica!”29. La pro-porzione lega indissolubilmente le parti al tutto inuna concinnitas dove nulla può essere aggiunto,dove tutto è strettamente necessario. [22]

[22] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG, Düsseldorf 1910-12, costruzione geometrica della facciata e della pianta (disegno S. Malcovati e M. Michieletto)

28 Behrens 1913, Zur Erinnerung, pp. 83- 84.29 Ibidem, p. 85.

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Da ultimo Behrens affronta il tema della città, eprende posizione a favore della sua trasformazionein senso moderno:

Non c’è più alcun dubbio che nelle nostre città mo-derne le case d’abitazione per una vita sana e pia-cevole saranno sempre più localizzate all’esternodelle città e nei loro sobborghi ricchi di verde e che,con lo spostamento della residenza dal centro la cit-tà storica diverrà sempre più una città degli affari30.

Ma non si limita a questo, e si spinge fino a prefi-gurare questa città anche in senso formale:

Una città in senso urbanistico deve essere conce-pita come un’opera architettonica compiuta, e nonci si potrebbe immaginare niente di più sconvol-gente della realizzazione di un carattere unitario edi un’unica idea stilistica in un’intera città31.

Se pensiamo questa affermazione in rapporto aquelle precedenti, riferite all’autonomia volume-trica e formale degli edifici per uffici, non fac-ciamo fatica a immaginare l’ansa del RenoDüsseldorf costruita come quella della Sprea aBerlino, concepita da Schinkel. [23-24]

[23] K. F. Schinkel, Perspektivische Ansicht der neuen Packhofs-Gebäude von der Schloßbrücke gesehen, 1829-31 (Schinkel 1819-40, ed. 1866, tav. 115)

[24] Ein Düsseldorf-Capriccio (fotomontaggio S. Malcovati e M. Michieletto2010)

30 Behrens 1913, Zur Erinnerung, p. 84.31 Ibidem, p. 85; un concetto più tardi ri-preso in Behrens 1919, Der Fabrikneubau;poi in Behrens 1920, Werbende künstlerischeWerte e infine in Behrens 1925, Industriebauund Stadtgestaltung.

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