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Ludovico II e le istituzioni ecclesiastiche del marchesato

Date post: 03-Feb-2023
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Ludovico II e le istituzioni ecclesiastiche del marchesato ELISABETTA CANOBBIO Le indagini che nell’ultimo trentennio hanno descritto le relazioni tra istituzio- ni ecclesiastiche e poteri civili nel tardo medioevo italiano non hanno mancato di ri- marcare l’intraprendenza delle realtà signorili minori nei confronti delle strutture delle Chiese locali 1 . Dalla dotazione di comunità religiose al sostegno assicurato al- le Osservanze, dall’acquisto di diritti di patronato alla tutela del culto, dal persegui- mento di un’autonoma politica beneficiaria fino alla sovrapposizione tra geografia ecclesiastica e geografia politica di un dominio, tale rapporto fu declinato in forme estremamente varie, ma tutte condizionate da un intreccio di analoghi interessi: il disciplinamento degli istituti della Chiesa entro gli assetti dello stato, il rafforza- mento del consenso attorno al dominus attraverso l’esaltazione del suo fervore reli- gioso, l’impiego delle risorse delle chiese per sostenere le esigenze finanziarie dei go- verni e per consolidare le clientele che attorno ad essi si coordinavano 2 . ABBREVIAZIONI UTILIZZATE: ASDS = Archivio Storico della Diocesi di Saluzzo; Codex = Codex ac- torum capitularium ecclesiae collegiatae Sanctae Mariae Salutiarum ab anno 1486 ad annum 1517; ASMi = Archivio di Stato di Milano; RM = Registri delle Missive; PE = Potenze estere; ASMo = Archivio di Sta- to di Modena; CPE = Cancelleria, Carteggio Principi Esteri; ASTo = Archivio di Stato di Torino; ASV = Archivio Segreto Vaticano; Reg. Suppl. = Registra Supplicationum; Reg. Lat. = Registra Lateranensia; Reg. Vat. = Registra Vaticana; Cam. Ap. = Camera Apostolica; Oblig. et Sol. = Obligationes et Solutio- nes; Arch. Concist. = Archivio Concistoriale; « BSBS » = Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino; BSSS = Biblioteca della Società Storica Subalpina; « BSSSAA Cuneo » = Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo; DBI = Dizionario Biografico degli Italiani. Molte suggestioni utili all’elaborazione di questo saggio mi sono pervenute dal confronto con Rinaldo Comba e con Beatrice Del Bo: a loro va il mio ringraziamento più sentito. 1 Sull’aspirazione di tali formazioni a perseguire una politica che « per antichità e completezza po- teva ben dirsi ecclesiastica » si vedano, in riferimento al Parmense, G. CHITTOLINI, Il particolarismo si- gnorile e feudale in Emilia fra Quattro e Cinquecento, in Il Rinascimento e le corti padane. Società e cul- tura, Bari 1977, pp. 23- 52, in particolare pp. 40-43 e G. BATTIONI, La diocesi parmense durante l’episco- pato di Sacramoro da Rimini (1476-1482), in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma. Strutture e pratiche beneficiarie nel ducato di Milano (1450-1535), a cura di G. CHITTOLINI, Napoli 1989, pp. 115- 213, pp. 140-184 (la citazione che apre questa nota è a p. 144); per il ducato estense A. PROSPERI, Le isti- tuzioni ecclesiastiche e le idee religiose, in Il Rinascimento nelle corti padane. Società e cultura, a cura di P. ROSSI, Bari 1977, pp. 125-163; per Carpi, G. ZARRI, La proprietà ecclesiastica a Carpi fra Quattrocento e Cinquecento, in Società, politica e cultura a Carpi ai tempi di Alberto III Pio, Atti del convegno interna- zionale (Carpi, 19-21 maggio 1978), Padova 1981, I-II, II, pp. 503-559; sul ducato di Urbino, EAD., Le istituzioni ecclesiastiche nel Ducato di Urbino nell’età di Federico da Montefeltro, in Federico di Montefel- tro. Lo stato, le arti, la cultura, a cura di G. CERBONI BAIARDI, G. CHITTOLINI,P.FLORIANI, Roma 1986, I-III, I, pp. 121-175. Per quanto riguarda l’area subalpina, di particolare interesse, per le analogie con le aspirazioni dei Saluzzo, A. A. SETTIA, « Fare Casale ciptà »: prestigio principesco e ambizioni familiari nel- la nascita di una diocesi tardomedievale, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo (At- ti del VII convegno di storia della Chiesa in Italia, Brescia, 21-25 settembre 1987), a cura di G. DE SAN- DRE GASPARINI, A. RIGON,F.TROLESE e G. M. VARANINI, Roma 1990, I-II, II, pp. 675-715. 2 Sul significato della politica ecclesiastica delle formazioni signorili italiane si vedano almeno G. 57
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Ludovico II e le istituzioni ecclesiastiche del marchesato

ELISABETTA CANOBBIO

Le indagini che nell’ultimo trentennio hanno descritto le relazioni tra istituzio-ni ecclesiastiche e poteri civili nel tardo medioevo italiano non hanno mancato di ri-marcare l’intraprendenza delle realtà signorili minori nei confronti delle strutturedelle Chiese locali 1. Dalla dotazione di comunità religiose al sostegno assicurato al-le Osservanze, dall’acquisto di diritti di patronato alla tutela del culto, dal persegui-mento di un’autonoma politica beneficiaria fino alla sovrapposizione tra geografiaecclesiastica e geografia politica di un dominio, tale rapporto fu declinato in formeestremamente varie, ma tutte condizionate da un intreccio di analoghi interessi: ildisciplinamento degli istituti della Chiesa entro gli assetti dello stato, il rafforza-mento del consenso attorno al dominus attraverso l’esaltazione del suo fervore reli-gioso, l’impiego delle risorse delle chiese per sostenere le esigenze finanziarie dei go-verni e per consolidare le clientele che attorno ad essi si coordinavano 2.

ABBREVIAZIONI UTILIZZATE: ASDS = Archivio Storico della Diocesi di Saluzzo; Codex = Codex ac-torum capitularium ecclesiae collegiatae Sanctae Mariae Salutiarum ab anno 1486 ad annum 1517; ASMi =Archivio di Stato di Milano; RM = Registri delle Missive; PE = Potenze estere; ASMo = Archivio di Sta-to di Modena; CPE = Cancelleria, Carteggio Principi Esteri; ASTo = Archivio di Stato di Torino; ASV= Archivio Segreto Vaticano; Reg. Suppl. = Registra Supplicationum; Reg. Lat. = Registra Lateranensia;Reg. Vat. = Registra Vaticana; Cam. Ap. = Camera Apostolica; Oblig. et Sol. = Obligationes et Solutio-nes; Arch. Concist. = Archivio Concistoriale; «BSBS» = Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino; BSSS= Biblioteca della Società Storica Subalpina; «BSSSAA Cuneo» = Bollettino della Società per gli StudiStorici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo; DBI = Dizionario Biografico degli Italiani.Molte suggestioni utili all’elaborazione di questo saggio mi sono pervenute dal confronto con RinaldoComba e con Beatrice Del Bo: a loro va il mio ringraziamento più sentito.

1 Sull’aspirazione di tali formazioni a perseguire una politica che «per antichità e completezza po-teva ben dirsi ecclesiastica » si vedano, in riferimento al Parmense, G. CHITTOLINI, Il particolarismo si-gnorile e feudale in Emilia fra Quattro e Cinquecento, in Il Rinascimento e le corti padane. Società e cul-tura, Bari 1977, pp. 23- 52, in particolare pp. 40-43 e G. BATTIONI, La diocesi parmense durante l’episco-pato di Sacramoro da Rimini (1476-1482), in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma. Strutture epratiche beneficiarie nel ducato di Milano (1450-1535), a cura di G. CHITTOLINI, Napoli 1989, pp. 115-213, pp. 140-184 (la citazione che apre questa nota è a p. 144); per il ducato estense A. PROSPERI, Le isti-tuzioni ecclesiastiche e le idee religiose, in Il Rinascimento nelle corti padane. Società e cultura, a cura di P.ROSSI, Bari 1977, pp. 125-163; per Carpi, G. ZARRI, La proprietà ecclesiastica a Carpi fra Quattrocento eCinquecento, in Società, politica e cultura a Carpi ai tempi di Alberto III Pio, Atti del convegno interna-zionale (Carpi, 19-21 maggio 1978), Padova 1981, I-II, II, pp. 503-559; sul ducato di Urbino, EAD., Leistituzioni ecclesiastiche nel Ducato di Urbino nell’età di Federico da Montefeltro, in Federico di Montefel-tro. Lo stato, le arti, la cultura, a cura di G. CERBONI BAIARDI, G. CHITTOLINI, P. FLORIANI, Roma 1986,I-III, I, pp. 121-175. Per quanto riguarda l’area subalpina, di particolare interesse, per le analogie con leaspirazioni dei Saluzzo, A. A. SETTIA, «Fare Casale ciptà »: prestigio principesco e ambizioni familiari nel-la nascita di una diocesi tardomedievale, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo (At-ti del VII convegno di storia della Chiesa in Italia, Brescia, 21-25 settembre 1987), a cura di G. DE SAN-DRE GASPARINI, A. RIGON, F. TROLESE e G. M. VARANINI, Roma 1990, I-II, II, pp. 675-715.

2 Sul significato della politica ecclesiastica delle formazioni signorili italiane si vedano almeno G.

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Anche le relazioni intrattenute da Ludovico II con chiese e monasteri del suodominio o, almeno, quanto di esse emerge da una situazione documentaria alquan-to frammentaria 3 sembra rispondere ad una progettualità di segno non diverso, fi-nalizzata – come si cercherà di evidenziare in queste note – ad irrobustire assetti digoverno talora ancora labili mediante il potenziamento del raccordo con referentiecclesiastici privilegiati avviato dalla dinastia nella prima metà del Quattrocento.

1. Nel segno della continuità

Nel quadro del longevo tessuto di relazioni tra i Saluzzo e le strutture eccle-siastiche della regione – una consuetudine funzionale a sostenere il radicamento del-la stirpe soprattutto attraverso la promozione di innovative esperienze di vita rego-lare 4 – la politica di consolidamento del potere marchionale avviata dai primi de-cenni del Quattrocento segnò indubbiamente una svolta, per l’attitudine del princi-pe a farsi promotore in ambito ecclesiastico di iniziative di ampio respiro, nelle qua-

CHITTOLINI, Stati regionali e istituzioni ecclesiastiche nell’Italia centrosettentrionale del Quattrocento, in LaChiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. CHITTOLINI e G. MICCOLI, To-rino 1986, (Storia d’Italia, Annali 9), A. PROSPERI, «Dominus beneficiorum»: il conferimento dei beneficiecclesiastici tra prassi curiale e ragioni politiche negli stati italiani tra ’400 e ’500, in Strutture ecclesiastichein Italia e in Germania prima della Riforma, a cura di P. PRODI e P. JOHANEK, Bologna 1984, pp. 51-86,R. BIZZOCCHI, Chiesa, religione, Stato agli inizi dell’età moderna, in Origini dello Stato. Processi di forma-zione statale in Italia fra medioevo ed età moderna, a cura di G. CHITTOLINI, A. MOHLO, P. SCHIERA, Bo-logna 1994 (Annali dell’Istituto storico italo-germanico. Quaderno 39), pp. 493-529.

3 Per lo studio delle istituzioni ecclesiastiche del Saluzzese è a tutt’oggi imprescindibile il ricorsoa quanto prodotto dalla robusta erudizione locale. In particolare cfr. Memorie storico-diplomatiche appar-tenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo raccolte dall’avvocato Delfino Muletti saluzzese e pubblicate conaddizioni e note da CARLO MULETTI, I-VI (d’ora in poi MULETTI, Memorie), V, Saluzzo 1831, pp. 161-420;G. MANUEL DI SAN GIOVANNI, Dei marchesi del Vasto e degli antichi monasteri de’ SS. Vittore e Costanzoe di S. Antonio nel Marchesato di Saluzzo. Studi e notizie storico-critiche, Torino 1858; R. MENOCHIO, Me-morie storiche della città di Carmagnola. Ristampa anastatica della prima edizione, arricchita da saggiorientativi e bibliografici, a cura di G. G. FISSORE, Cavallermaggiore 1993; E. DAO, La Chiesa nel Saluz-zese fino alla costituzione della diocesi di Saluzzo (1511), Saluzzo 1965. La ricca documentazione quattro-centesca riguardante il marchesato di Saluzzo è attualmente oggetto di un vasto progetto di valorizzazio-ne sul quale cfr. R. COMBA, Un programma di ricerca e un convegno, in Ludovico I marchese di Saluzzo.Un principe tra Francia e Italia (1416-1475), a cura di R. COMBA. Relazioni al convegno. Saluzzo, 6-8 di-cembre 2003, Cuneo 2003, pp. 11-14; primi esiti dell’iniziativa sono «Lucea talvolta la luna ». I processialle «masche » di Rifreddo e Gambasca del 1495, Introduzione di G. G. MERLO, edizione critica di R.COMBA e A. NICOLINI, Cuneo 2004, e Le carte dei frati Predicatori di San Giovanni di Saluzzo (1305-1505), a cura di T. MANGIONE, Cuneo 2005 (MSM, Fonti, III).

4 Sul ruolo della dinastia marchionale nella fondazione di Staffarda – promossa tra il 1127 e il1138 dai figli di Bonifacio del Vasto con una donazione di beni fondiari – cfr. L. PROVERO, Dai marchesiDel Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (secoli XI-XII), Torino 1992(BSSS, 209), pp. 237-241, ID., Staffarda, i marchesi e l’aristocrazia locale (secoli XII-XIII), in L’abbazia diStaffarda e l’irradiazione cistercense nel Piemonte meridionale, a cura di R. COMBA e G. G. MERLO, Cuneo1999 (Storia e storiografia, XXI), pp. 83-100, R. COMBA, Da Tiglieto a Staffarda: gli esordi cistercensi nel-la regione ligure-subalpina, ibid., pp. 65-81. Indiretta fu invece la partecipazione della stirpe alla fonda-zione dell’abbazia di Casanova, promossa da Tiglieto e la cui dotazione patrimoniale comprendeva anchealcuni terreni nel territorio di Carmagnola, ceduti dai marchesi al Tiglieto nel 1142: PROVERO, Dai mar-chesi cit., pp. 239-241. Sull’insediamento delle sorores dei frati Predicatori in Revello, sollecitato sulloscorcio del Duecento da Tommaso I di Saluzzo, si vedano invece G. G. MERLO, Fondazioni monastichefemminili della stirpe marchionale di Saluzzo, in ID., Forme di religiosità nell’Italia occidentale dei secoliXII e XIII, Cuneo - Vercelli 1997 (Storia e storiografia, XI), pp. 147-175, pp. 164-168; ID., Iniziative mo-nastiche femminili della stirpe marchionale di Saluzzo nel Duecento, in Saluzzese medievale e moderno. Di-mensioni storico-artistiche di una terra di confine, in «BSSSAA Cuneo», 113 (1995), pp. 69-88, pp. 78-84.

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li le strategie dinastiche si coniugavano con l’irrobustimento del dominio e con lacelebrazione del dominus 5.

È possibile in particolare – per richiamare solo alcuni aspetti della politica diLudovico I – che all’esigenza di instaurare rapporti diretti con la corte pontificiafossero connessi gli esordi ecclesiastici di Federico di Saluzzo, figlio cadetto delmarchese: sostenuta da benefici racimolati tra il 1458 e il 1459 6 e approdata al pro-tonotariato 7, attorno alla metà del secolo la carriera del giovane principe sembravaproiettata verso Roma, forse per assicurare al piccolo marchesato una rappresentan-za stabile presso quello che, dopo il superamento della crisi conciliare, era referen-te ineludibile per la trattazione di questioni legate alle pratiche beneficiarie, agli in-terventi disciplinari, alla fiscalità pontificia 8. Fallito, nel 1466, il tentativo di accede-re alla cattedra episcopale di Novara 9, nel 1472 Federico ottenne in amministrazio-ne il vescovato di Carpentras 10, ma non divenne mai uno dei « cardinali di fami-glia » cui molte dinastie italiane delegarono la rappresentanza dei propri interessipresso la curia romana 11: mentre la carriera del protonotario ripiegava entro il Sa-

5 T. MANGIONE, Ludovico I e i benefici ecclesiastici del marchesato: aspetti di una strategia, in Lu-dovico I cit., pp. 105-117.

6 Nel 1459, in particolare, il diciassettenne Federico – a questa data già qualificato come proto-notario apostolico – ottenne dispense ex defectu etatis per occupare benefici incompatibili – l’arcipreturanella chiesa di Mondovì, un canonicato nel duomo di Torino e uno nella chiesa di Losanna – e per te-nerli in commenda fino al conseguimento dell’età legittima e quindi in titulum: ASV, Reg. Suppl. 513, f.69r, 1459 ottobre 14; Reg. Suppl. 515, f. 293, 1458 dicembre 17.

7 Il titolo, generalmente punto di partenza di una carriera con ambizioni curiali (CHITTOLINI, Ilparticolarismo cit., p. 40) fu impetrato per Federico da Ludovico di Savoia signore di Romagnano: ASV,Reg. Suppl. 525, f. 210, 1459 dicembre 7.

8 Una stabile rappresentanza presso la sede apostolica, ad esempio, era stata istituita da Ludovicodi Savoia nel 1462 con la nomina di Eusebio Margaria, arcidiacono di Vercelli e protonotario apostolico,ad ambaxiatorem continuum: F. SARACENO, Documenti inediti del Regno di Ludovico duca di Savoia trattidai protocolli dei segretari ducali, Torino 1876, pp. 61-63. Sulla ricerca di un raccordo diretto con la cor-te papale anche da parte dei principati quattrocenteschi minori, cfr. in generale CHITTOLINI, Il particola-rismo cit., p. 40; BATTIONI, La diocesi cit., pp. 193-200, mentre per le ambizioni curiali delle grandi di-nastie principesche cfr. G. CHITTOLINI, Alcune ragioni per un convegno, in Roma capitale (1447-1527), acura di S. GENSINI, Pisa 1994, (Centro di Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo, San Miniato. Collanadi Studi e Ricerche, 5), pp. 1-14 e M. ANSANI, «Curiales » lombardi nel secondo ’400: appunti su carrieree benefici, ibid., pp. 414-471. Sul consolidamento della monarchia papale dopo la ricomposizione delloscisma e il superamento della crisi conciliare si vedano almeno P. PRODI, Il sovrano pontefice. Un corpo edue anime. La monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1982, A. PROSPERI, «Dominus benefi-ciorum» cit., e, da ultimo, G. CHITTOLINI, Papato, corte di Roma e stati italiani dal tramonto del movi-mento conciliarista agli inizi del Cinquecento, in Il Papato e l’Europa, a cura di G. DE ROSA e G. CRAC-CO, Soveria Mannelli 2001, pp. 191-217.

9 Per propiziare il conseguimento del beneficio, Ludovico I richiese l’appoggio di Bianca MariaSforza: A. BARBERO, La dipendenza politica del marchesato di Saluzzo nei confronti delle potenze vicine altempo di Ludovico I, in Ludovico I cit., pp. 191-206, p. 204.

10 Per il conferimento della cattedra francese si faccia riferimento alla datazione di C. EUBEL, Hie-rarchia catholica medii et recentioris aevi, II, Monasterii 1914, p. 119, più attendibile delle ipotesi discussedal MULETTI, Memorie cit., p. 149.

11 Sulla figura del cardinale di famiglia bastino le note esemplificazioni riguardanti Sforza e Gon-zaga: M. PELLEGRINI, Ascanio Maria Sforza: la creazione di un cardinale « di famiglia », in Gli Sforza cit.,pp. 215-289, ID., Ascanio Maria Sforza. La parabola politica di un cardinale-principe del Rinascimento, Ro-ma 2002 (Nuovi studi storici, 60); D. S. CHAMBERS, A Defence of Non-Residence in the Later FifteenthCentury: Cardinal Francesco Gonzaga and the Mantuan Clergy, in «The Journal of Ecclesiastical History »,36 (1985), pp. 605-633; ID., A Renaissance Cardinal and his Worldly Goods: the Will and Inventory ofFrancesco Gonzaga (1444-1483), London 1992, specialmente pp. 4-12.

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luzzese 12 – ove, peraltro, egli sarebbe divenuto l’alter ego di Ludovico II nel gover-no del principato 13 – i marchesi delegavano le proprie istanze di natura ecclesiasti-ca alla mediazione di potenti alleati 14 o ad ecclesiastici verosimilmente dotati di par-ticolare credito 15.

Nel segno della continuità col governo paterno si collocano anche i prodromidella politica di ampliamento del patronato signorile che negli anni Ottanta delQuattrocento avrebbe consentito a Ludovico II di orientare la provvista delle digni-tà istituite presso le chiese dei maggiori centri del principato. L’esigenza di sostene-re la carriera degli ecclesiastici « di famiglia » attraverso l’esercizio di tali diritti fuperò coniugata da Ludovico I con opportunità di buon governo, come esemplifica-to dalla rivendicazione dello ius patronatus indirizzata verso la metà del secolo suSan Lorenzo di Saluzzo: una delibera dei canonici del 1449 riconobbe infatti verisi-mile la pertinenza di tali prerogative « ad dictum dominum», il cui favore parve aimonaci la miglior tutela dei possessi della chiesa, fondata dai marchesi nel XII se-colo e successivamente donata alla prepositura d’Oulx 16. Considerazioni connesse

12 Sul conferimento della commenda di Santa Maria di Saluzzo e di Santa Maria di Staffarda a Fe-derico si vedano i paragrafi successivi.

13 Basti in proposito il rinvio a MULETTI, Memorie cit., e ai saggi politico-istituzionali di questo vo-lume.

14 Oltre all’esempio accennato supra, nota 9 si vedano le missive menzionate oltre, note 36, 70,74, 100.

15 Tra i nomi tramandati dalla documentazione emerge con evidenza quello del frate PredicatoreMichele de Madeis: originario di Saluzzo secondo il Muletti, o di Felizzano, nella diocesi di Milano, se-condo il Savio (C. F. SAVIO, Saluzzo e i suoi vescovi: 1475-1601, Saluzzo 1901, p. 113), il de Madeis eradottore in teologia e decretalista. Padre provinciale della provincia domenicana di Lombardia, è attestatocome priore del convento saluzzese di San Giovanni almeno dal 1477: T. MANGIONE, Dinamiche devozio-nali a Saluzzo fra XIV e XV secolo: il caso della chiesa domenicana di San Giovanni Battista, in La pietà deilaici. Fra religiosità, prestigio familiare e pratiche devozionali: il Piemonte sud-occidentale dal Tre al Sette-cento. Sulle tracce di Mons. Alfonso Maria Riberi. Atti delle giornate di studio Demonte - Villafalletto, 28-29 settembre 2002, a cura di G. COMINO, Cuneo 2002 (Storia e storiografia, XXXVII), pp. 225-269, p.247. Confessore e consigliere di Ludovico II, rappresentò il marchese in delicate incombenze: presentò laprima richiesta di giuspatronato sull’abbazia di Casanova nel 1479 (cfr. infra, testo corrispondente allanota 83), curò l’erezione della pieve di Saluzzo in collegiata presso la curia pontificia (nel documento dierezione della stessa è definito «prefati Ludovici marchionis orator apud nos »: SAVIO, Saluzzo cit., p. 54),presenziò quale commissario marchionale al processo alle «masche » di Rifreddo (si vedano i verbali de-gli interrogatori in «Lucea talvolta la luna » cit., e, sulla figura del frate, p. 33). Sugli incarichi delegatiglida Carlo Domenico di Saluzzo nel governo delle chiese dipendenti dall’abbazia di Villar San Costanzo, dicui fu nominato cappellano nel 1492 (cfr. infra, nota 90) si veda invece il paragrafo 4. Nel 1496 ottennedai canonici di Santa Maria di Saluzzo la prepositura di San Lorenzo di Saluzzo e le chiese di Papò e diVerzuolo, unite alla collegiata (ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. 81v, 1496 aprile 2). Avrebbe scrit-to una genealogia della casa di Saluzzo, oggi non più reperibile. Morì prima del 16 agosto 1500 (SAVIO,Saluzzo cit., p. 113, nota 2). Su di lui è attualmente in fase di redazione una biografia, a cura di MicheleTavuzzi, ma si vedano anche, in questo stesso volume, i cenni nel saggio di Paolo Grillo. Sul legame trail convento dei frati Predicatori di Saluzzo e la dinastia marchionale cfr. Le carte cit., G. G. MERLO, Pre-senza politica e proposta religiosa degli Ordini mendicanti in area subalpina in ID., Tra eremo e città. Studisul francescanesimo medievale, Assisi 1991, pp. 173-202, p. 178, L. LOSITO, Saluzzo fra Medioevo e Rina-scimento. Il paesaggio urbano, Cuneo 1998 (Storia e storiografia, XVII), pp. 150-156, MANGIONE, Dina-miche devozionali cit., pp. 249-251, S. PIRETTA, La cappella marchionale in San Giovanni a Saluzzo: daTommaso III a Ludovico I, in Ludovico I cit., pp. 297-307 e ora, della stessa, il contributo in questo vo-lume. In generale, sull’intrinsichezza dei poteri signorili italiani con il mondo dei Mendicanti si vedano G.CHITTOLINI, Introduzione a Ordini religiosi e società politica in Italia e Germania nei secoli XIV e XV, acura di G. CHITTOLINI e K. ELM, Bologna 2001, pp. 14-16 e le esemplificazioni d’area padana di G. AN-DENNA, Aspetti politici della presenza degli Osservanti in Lombardia in età sforzesca, ibid., pp. 331-371.

16 LOSITO, Saluzzo cit., p. 18, MANGIONE, Ludovico I e i benefici cit., pp. 107-109 e l’edizione del-

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alla valorizzazione di un patrimonio compromesso da incuria e negligenze guidaro-no anche l’accordo concluso dallo stesso marchese nel 1466 con l’abate di VillarSan Costanzo: in virtù di esso il principe si impegnava a favorire la bonifica dei dueterzi dell’intera proprietà monastica, sollecitando il ripopolamento della zona e il re-stauro delle strutture materiali dell’abbazia, in cambio di un censo annuo corrispo-sto dalla comunità di Villar, premessa dell’acquisizione della piena giurisdizione sul-la zona, perfezionata, come si vedrà, da Ludovico II 17.

L’attitudine di Ludovico I e del suo successore a consolidare gli assetti di go-verno attraverso le chiese è però particolarmente evidente nell’iter che sfociò nellaistituzione di una collegiata a Carmagnola, borgo eminente del dominio sul quale ilcontrollo marchionale era reso precario dalla dialettica fra nobili e populares non-ché, sul fronte esterno, dalle persistenti ambizioni sabaude 18. È noto infatti che nel1474 il progetto della comunità locale di ottenere l’erezione in collegiata della par-rocchiale dei Santi Pietro e Paolo si innestò proficuamente sulle ambizioni di Lu-dovico I, che aveva fatto leva anche sulla rafforzata alleanza con Galeazzo MariaSforza per impetrare presso il pontefice «de fare uno colegio de canonici ... cumunione de certe chiesie che sonno in el territorio d’esso loco » 19.

2. Ludovico II e le collegiate del marchesato

Alla chiesa di un centro eminente del marchesato – la pieve di Santa Maria diSaluzzo – si riferiscono anche le prime attestazioni riguardanti la politica ecclesiasti-ca di Ludovico II.

Analogamente a San Lorenzo di Saluzzo e alla parrocchiale di Carmagnola, an-che Santa Maria 20 era stata attratta nell’orbita signorile durante il governo di Ludo-

la concessione in D. CHIATTONE, La costruzione della cattedrale di Saluzzo, in Miscellanea saluzzese di F.GABOTTO - C. F. SAVIO - C. PATRUCCO - E. DURANDO - D. CHIATTONE, Pinerolo 1902 (BSSS, XV), pp.159-257, pp. 207-210 e in MANGIONE, Ludovico I e i benefici cit., pp. 116-117.

17 Ibid., pp. 111-113; G. GULLINO, Ludovico I e l’agricoltura, in Ludovico I cit., pp. 271-281, pp.279-281.

18 P. GRILLO, Comunità e signori nel Saluzzese nell’età di Ludovico I, in Ludovico I cit., pp. 207-233, p. 212.

19 ASMi, Sforzesco PE (Monferrato), cart. 467, 1474 ottobre 6, Ludovico Saluzzo a Galeazzo Ma-ria Sforza; ibid., 1474 ottobre 7, Ludovico I a Galeazzo Maria Sforza. Il 15 ottobre da Pavia lo Sforza in-formò Ludovico Saluzzo di aver presentato la richiesta « in bona e gagliarda forma» all’oratore in RomaGirolamo Riario: ASMi, RM 117, c. 251v, 1474 ottobre 15 (ringrazio Nadia Covini per la segnalazione diquest’ultimo documento). La corrispondenza tra i Saluzzo e la corte sforzesca conferma il sostegno ac-cordato dal marchese all’iniziativa della comunità di Carmagnola ed evocato nella bolla di erezione dellacollegiata (MENOCHIO, Memorie storiche cit., pp. 234-235; G. B. MORIONDO, Monumenta Aquensia. Parssecunda, Taurini MDCCXC, coll. 513-514), ma del quale non fa cenno F. CURLO, Il Memoriale Quadri-partitum di fra Gabriele Bucci da Carmagnola, Pinerolo 1911 (BSSS, 63), pp. 50-51. Sulla promozione del-la chiesa cfr. inoltre MULETTI, Memorie cit., p. 138; MENOCHIO, Memorie storiche cit., pp. 94-95; La chie-sa collegiata di Carmagnola nel cinquecentesimo anniversario della sua fondazione e il culto dell’Immacola-ta concezione, Carmagnola 1992, pp. 13-14; MANGIONE, Ludovico I e i benefici cit., pp. 110-111. Sull’av-vicinamento dei marchesi a Galeazzo Maria Sforza, suggellato nel 1468 dal conferimento di una condot-ta a Ludovico Monsignore e sul ricorso allo Sforza anche per gratificare le ambizioni ecclesiastiche diesponenti della dinastia marchionale, si veda infine BARBERO, La dipendenza politica cit., pp. 203-206.

20 La centralità di questa chiesa nell’ambito della cura animarum del Saluzzese è documentatadalla metà del XII secolo, cui risalgono le prime attestazioni del suo clero, dipendente dalla prevosturadi Santa Maria di Testona, poi Moncalieri: SAVIO, Saluzzo cit., pp. 38-40 e G. CASIRAGHI, La diocesi di

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vico I che nel 1461, forse intervenendo nelle frizioni che l’istituzione del pievano in-nescava sovente tra l’ordinario diocesano e i canonici di Moncalieri 21, aveva ottenu-to da questi la rinuncia al patronato sulla chiesa e il suo conferimento in commen-da perpetua al figlio Federico 22. Pur funzionale, come già accennato, a sostenere ladotazione beneficiaria del figlio poco meno che ventenne, l’iniziativa del marcheseera verosimilmente mossa dal più ambizioso intento di affermare sulla pieve un con-trollo che travalicasse la mera logica dello sfruttamento patrimoniale. Elementi indi-cativi in tal senso provengono dall’atto col quale, nel 1464, Giovanni Arnulfi, prio-re di Santa Maria di Becetto e vicario del commendatario, affittò per cinque anni lachiesa e le sue possessioni ad Antonio Baroni, abitante a Villanovetta presso Ver-zuolo 23. Per l’ingente pensione annua di 600 fiorini il massaro si impegnava a tene-re «mondata et ornata » la chiesa, a lavorarne le proprietà e, soprattutto, a curareche essa fosse officiata « cum acurata solecitudine » da quattro preti idonei e suffi-cientes, affiancati da due chierici la cui scelta era affidata allo stesso Baroni; prov-vedimenti anche disciplinari riguardanti i quattro preti erano invece subordinati albeneplacito « illustris domini nostri marchionis Saluciarum» 24. Dagli anni Sessantadel Quattrocento, dunque, il regime commendatario consentiva ai Saluzzo di eserci-tare de facto prerogative patronali sulla pieve: prerogative che, se da un lato confi-guravano Santa Maria come un beneficio di cui avvalersi, all’occasione, per gratifi-care le istanze beneficiali di famigliari o per consolidare clientele ed alleanze 25, dal-l’altro non mancavano di ammantarsi di motivazioni di natura religiosa, connesse, sidiceva, all’esigenza di tutelare la decorosa officiatura del tempio da parte di un cle-ro adeguato alle esigenze spirituali di una popolazione in espansione 26.

Le ambizioni marchionali si concretizzarono un ventennio più tardi, allorché il13 agosto 1481 Sisto IV, accogliendo una richiesta avanzata da Ludovico II e dalla

Torino nel Medioevo, Torino 1979 (BSSS, 196), pp. 129-133. Sul rilievo della chiesa nell’ambito del tes-suto sociale ed economico del borgo, si vedano inoltre CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 172-173, LO-SITO, Saluzzo cit., pp. 19-20.

21 Nel 1435, in particolare, il candidato dei canonici di Moncalieri Matteo Panizzera, originario diMoncalieri, aveva avuto la peggio sul saluzzese Andrea Ellioni, professore in diritto canonico eletto dalvescovo Aimone (ASDS, Archivio del Capitolo, fasc. 8, « 1435. Institutio seu collatio plebanie », 1435agosto 15 - trascrizione sec. XX; MULETTI, Memorie cit., p. 53-54; CHIATTONE, La costruzione cit., pp.181-182), come pure avvenne nel 1458, quando il candidato episcopale Pietro Vacheri prevalse sul cano-nico di Moncalieri Michele di Cavoretto: MULETTI, Memorie cit., p. 87. La nomina del pievano di SantaMaria era occasione di contese tra la chiesa di Moncalieri e i vescovi torinesi almeno dal XIII secolo: sivedano i documenti editi da V. ANSALDI, Cartario della chiesa di Santa Maria di Testona (1194-1300), inCartari minori, II, Pinerolo 1911 (BSSS, 43), pp. 156-157, n. 156 (1290); pp. 171-175, n. 64 (1295).

22 L’istituzione della commenda fu sostenuta da una convenzione coi canonici di Moncalieri, aiquali Ludovico I riconobbe un censo annuo di tredici fiorini: MULETTI, Memorie cit., p. 105; SAVIO, Sa-luzzo cit., p. 46; CHIATTONE, La costruzione cit., p. 182; DAO, La Chiesa cit., p. 239; MANGIONE, Ludovi-co I e i benefici cit., p. 105.

23 ASDS, Archivio del Capitolo, n. 14, 1464 dicembre 31.24 Lo stesso Arnulfi provvide a nominare contestaulmente in « rectores, gubernatores et admini-

stratores » della chiesa Pietro Vacheri, Giovanni Durandi, e Giovanni Novelli, ai quali verosimilmente de-ve essere aggiunto lo stesso priore di Santa Maria. Allo stesso massaro, inoltre, spettava garantire vitto eadeguato salario ai due chierici che avrebbero affiancato i rectores: ibid.

25 Ci si riferisce al conferimento del decanato a Teodoro di Monferrato, sul quale cfr. infra, no-ta 49.

26 Si veda infra, nota 42. Sulla « polifunzionalità » dei patronati privati per le élites italiane tra XVe XVI secolo cfr. le considerazioni di C. WEBER, Familienkanonikate und Patronatbistümer. Ein Beitragzur Geschichte von Adel und Klerus im neuzeitlichen Italien, Berlin 1988.

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«universitas oppidi Saluciarum», eresse Santa Maria in collegiata e vi istituì un ca-pitolo articolato in sette dignità e dodici canonicati, cui destinò i redditi di alcunechiese del Saluzzese che sarebbero state soppresse 27. Adempiuti, una settimana do-po l’emanazione del provvedimento sistino, gli obblighi per il pagamento delle tas-se camerali sul decanato e sui canonicati 28, il 16 febbraio 1482 il vescovo di TorinoGiovanni di Compey e Federico e Tommaso di Saluzzo convennero che il diritto dipatronato spettasse al marchese e che l’istituzione dei dignitari e dei canonici fosseprerogativa dell’ordinario 29; la resignazione del priorato di San Lorenzo di Saluzzo,rinunciato da Costanzone di San Damiano il 10 agosto 1482 in esecuzione alla bol-la pontificia, perfezionò l’iter 30. Il 26 settembre 1482 tuttavia la concessione fu re-vocata su istanza di Filiberto di Savoia e dello stesso vescovo torinese, in quanto ri-sultata pregiudizievole sia per gli interessi del duca – che « in dicto loco Salucia-rum» si riteneva dominus – sia per la giurisdizione dell’ordinario diocesano, intac-cata in merito al diritto di collazione dei benefici 31. Non è dato di conoscere le cir-costanze che condussero alla conclusione della vicenda 32; il 21 gennaio 1483, in ognicaso, il nuovo vescovo di Torino Domenico Della Rovere diede esecuzione all’ere-zione della collegiata 33, rinnovando l’assegnazione ad essa dei redditi della cappelladi San Lorenzo di Saluzzo e della chiesa di Papò, della prepositura di Sant’Eusebio« in finibus Salutiarum», di Santa Maria di Manta, della chiesa campestre di San Vi-tale di Mattone e dei relativi diritti di decima, per una somma complessiva di 300fiorini camerali. Come già stabilito nella bolla del 1481, tale dotazione avrebbe so-stenuto un collegio di dodici canonici, sottoposti all’autorità di un decano, di un ar-

27 Il tenore della concessione è ricordato con ampiezza nella successiva bolla di revoca, in ASDS,Archivio del Capitolo, fasc. 343, n. 64, 1482 settembre 26. Si vedano inoltre SAVIO, Saluzzo cit., pp. 54-55; CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 183-184; WEBER, Familienkanonikate cit., pp. 52-53.

28 Il 21 agosto 1481 Michele de Madeis, Andrea de Murris e Agostino de Montilio, commendata-rio del priorato agostiniano di San Pietro de Podineo, procuratori di Federico di Saluzzo e del capitolodi Santa Maria, si impegnarono a versare alla camera apostolica le annatae sui rispettivi benefici: questeammontavano a 300 fiorini per il decanato occupato da Federico, somma che gli stessi promisero di ver-sare per quindici anni a titolo di annata anche per la chiesa qualora avessa avuto esecuzione l’unione al-la mensa capitolare dei redditi delle chiese soppresse. Una terza obbligazione, infine, riguardò il paga-mento delle annate sui priorati di San Lorenzo (60 fiorini), di Papò e di Verzuolo (100 fiorini), dellachiesa sine cura di San Vitale di Mattone (24 fiorini) e su diritti di decima spettanti a quest’ultima, an-nata che pure ammontava a 24 fiorini (ASV, Cam. Ap., Annatae XXX, f. 58r, 1481 agosto 21).

29 Il contenuto delle convenzioni è parzialmente trascritto in MULETTI, Memorie cit., p. 256; si ve-dano inoltre G. B. SEMERIA, Storia della chiesa metropolitana di Torino, Torino 1840, p. 217 e CHIATTO-NE, La costruzione cit., p. 184.

30 Secondo la bolla papale i redditi di questo beneficio sarebbero infatti confluiti nella mensa ca-pitolare: ASDS, Archivio del Capitolo, fasc. 343, n. 64, 1482 settembre 26.

31 Ibid.32 Sulla scorta del Savio, la locale erudizione ha generalmente posto in relazione la revoca del

provvedimento del 1481 con le strette relazioni tra Filiberto di Savoia e il vescovo Jean de Compey (sul-le quali si veda F. CH. UGINET, Compey, Jean de, in DBI, 27, Roma 1982, pp. 596-599), attribuendo in-vece l’esito positivo della vicenda al conferimento della cattedra torinese a Domenico Della Rovere, car-dinal nipote di Sisto IV e quindi fedele esecutore della politica papale, in questo caso incline ad asse-condare le ambizioni di Ludovico II: cfr. SAVIO, Saluzzo cit., pp. 57-58; DAO, La Chiesa cit., p. 243. SulDella Rovere e sulla sua attività quale legato pontificio nel ducato di Savoia, cfr. F. CH. UGINET, DellaRovere, Domenico, in DBI, 37, Roma 1989.

33 Si veda la copia della bolla di erezione in ASDS, Archivio del Capitolo, fasc. 343, n. 64, 1483gennaio 21, edita da CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 210-216, con commento alle pp. 184-185. Cfr.inoltre MULETTI, Memorie cit., pp. 266-267; SAVIO, Saluzzo cit., pp. 57-58; DAO, La Chiesa cit., pp. 243-244; SEMERIA, Storia cit., pp. 218-219.

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cidiacono, di un preposito, di un arciprete, di un cantore, di un precentor e di untesoriere; al marchese e ai suoi successori, deputati dal vescovo «defensores et pro-tectores » della chiesa e del suo patrimonio, fu riservato lo ius patronatus sul deca-nato e sull’arcidiaconato, mentre l’elezione degli altri dignitari e dei canonici fu at-tribuita al decano e al capitolo per un decennio, e, successivamente, al vescovo diTorino.

L’istituzione della collegiata saluzzese presenta non poche analogie con l’ini-ziativa che nello stesso torno di tempo Ludovico II andava avviando a favore dellaparrocchiale di Santa Maria di Revello, borgo legato a peculiari scelte devozionalidella dinastia signorile dalla fine del Duecento 34, oggetto di un consistente rinnova-mento edilizio durante il governo di Ludovico I e rapidamente divenuto centro dirilievo entro la gerarchia insediativa del marchesato 35. Anche nei confronti di questachiesa l’interesse del marchese fu precoce, come attestato da una missiva indirizzataad Ercole d’Este che informa che sin dal 1477 Giorgio de Regibus, coadiutore delvescovo di Torino e vescovo di Sebastopoli, aveva ricevuto da Ludovico II l’incari-co di impetrare presso il pontefice l’istituzione di una « ghiesia collegiata nel locomio di Revello » 36. Le istanze del principe non ebbero però seguito immediato, poi-ché solo alla fine del 1483 Sisto IV dispose che le funzioni di cura animarum sinoad allora esercitate dalle parrocchiali di Santa Maria e di San Giovanni Battista fos-sero traslate presso una chiesa più capace, sufficiente ad assicurare i servizi religiosial borgo in espansione. Alla promozione del tempio corrispose quella del clero giàresponsabile dei servizi pastorali: i sette preti cui almeno dal XII secolo la canonicad’Oulx demandava l’organizzazione della cura d’anime nel territorio furono incardi-nati in un collegio capitolare, articolato in sei canonicati e una prepositura, il cuipatronato fu conferito a Ludovico e ai suoi successori e al quale furono assegnate lerendite delle chiese soppresse e della cappella di Santa Maria della Spina 37.

3. «Pro parte dilectorum filiorum nobilis viri Ludovici marchionis Salutiarum ac po-puli oppidi »: politica ecclesiastica, assetti di governo, élites locali

L’istituzione del capitolo canonicale di Revello suggellò il processo di promo-zione ecclesiastica dei maggiori centri del marchesato che era stato inaugurato da

34 Sul sostegno accordato da Tommaso di Saluzzo all’insediamento presso il borgo di una comu-nità di sorores dei frati Predicatori si veda la bibliografia indicata supra, nota 4.

35 Cfr. GRILLO, Comunità cit., p. 209 e S. BELTRAMO, La committenza di Ludovico I, in Ludovico Icit., pp. 309-327, pp. 311-319.

36 ASMo, Cancelleria, CPE, Saluzzo 1438/41, 1477 maggio 1, Ludovico II a Ercole I d’Este. De-vo la conoscenza di questa e delle altre missive del carteggio con gli Estensi menzionate nel testo alla dis-ponibilità di Rinaldo Comba, che ringrazio.

37 Non è dato di conoscere se il provvedimento pontificio, emanato il 27 novembre 1483, solleci-tó la reazione del clero della canonica d’Oulx: l’unione di San Giovanni alla collegiata fu infatti confer-mata da Alessandro VI il 24 maggio 1495, mentre i canonici dell’antica Santa Maria in cacumine preseropossesso dei suoi redditi solo nel 1497: D. CRAVERI, Breve sunto storico della collegiata parrocchiale di Re-vello ossia argomenti e ragioni documentate per dimostrare che essa ha cura d’anime, Torino, 1857, pp. 8-13. Sulla fondazione della collegiata di Revello cfr. MULETTI, Memorie cit., pp. 269 e 339, e DAO, LaChiesa cit., p. 258; sugli sforzi profusi dalla comunità di Revello nella decorazione della chiesa collegiata,cfr. T. G. MANGIONE, Hans Clemer a Saluzzo: frammenti di un’esistenza, in «BSSSAA Cuneo», 114(1996), pp. 165-183 e N. GOZZANO, La fortuna critica di Hans Clemer e i suoi riferimenti a Josse Liefe-rinxe, in Saluzzese cit., pp. 135-151, pp. 137-139.

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Ludovico I a Carmagnola e che, entro la fine del secolo, avrebbe assunto anche evi-denza monumentale con i grandiosi cantieri delle nuove chiese 38. La cronologia del-le concessioni sistine e le clausole riguardanti la dotazione patrimoniale e la struttu-ra dei nuovi capitoli canonicali suggeriscono però che l’intervento marchionale – o,per rifarsi al formulario delle lettere papali, il concorso offerto dal marchese alleistanze delle universitates che avevano sollecitato la grazia papale – era mosso dauna progettualità più ampia, suscettibile di incidere proficuamente e in profondità amolteplici livelli del contesto locale.

L’erezione della collegiata saluzzese sollecitò in primo luogo un riassetto nonmodesto della geografia ecclesiastica del marchesato: assegnando ai canonici i reddi-ti di San Lorenzo di Saluzzo e di Papò, facenti capo alla canonica d’Oulx pur es-sendo di patronato dei Saluzzo, di Sant’Eusebio « in finibus Salutiarum», di perti-nenza di Santa Maria di Cavour, di Santa Maria di Manta, dipendenza del mona-stero di San Dalmazzo di Pedona (diocesi di Mondovì), la dotazione dell’antica pie-ve comportò infatti l’eliminazione delle prerogative di enti religiosi estranei al do-minio di Ludovico II. Tale semplificazione avrebbe favorito il potenziamento deiprivilegi di Santa Maria, sostenendone la progressiva affermazione quale matrix ec-clesia di un territorio che avrebbe potuto fondatamente aspirare a promozioni ulte-riori, come avvenne nel 1511, con l’istituzione della diocesi e il conseguente innal-zamento di Saluzzo al rango urbano 39. L’istituzione di una collegiata in Saluzzo, inaltre parole, fu la premessa del formale riconoscimento alla capitale del marchesatodi alcuni connotati politico-istituzionali ed economici di tipo urbano che il governodi Ludovico I e del figlio aveva reso pienamente visibili 40.

Non esiste memoria delle istruzioni che verosimilmente il marchese affidò alfrate Predicatore Michele de Madeis e ad Andrea Murri, delegati a seguire l’iter del-la richiesta presso la curia romana 41, ma utili indicatori della concretezza di tali pro-spettive sono offerti dagli stessi documenti pontifici: la supplica presentata presso lacuria papale nel 1481, in particolare, non mancò di rivendicare la centralità ammini-strativa e il rilievo demografico di Saluzzo entro il dominio 42, mentre la consapevo-

38 Sull’argomento si rinvia alla bibliografia più volte citata in queste pagine: per Revello, si vedala nota precedente, per Carmagnola infra, nota 69; per Saluzzo cfr. soprattutto MULETTI, Memorie cit.,pp. 321-322, SAVIO, Saluzzo cit., pp. 102-106, CHIATTONE, La costruzione cit.

39 Come d’altronde osservato da quanti si sono occupati dell’argomento: cfr. in particolare MU-LETTI, Memorie cit., p. 369, DAO, La Chiesa cit., p. 241, MERLO, La diocesi cit. Sul rilievo del conferi-mento del titolo di civitas agli insediamenti semiurbani nell’Italia padana cfr. almeno G. CHITTOLINI,«Quasi città ». Borghi e terre in area lombarda nel tardo Medioevo, in « Società e storia », 13 (1990), pp.3-26, ora in ID., Città, comunità e feudi negli stati dell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Mila-no 1996, pp. 85-104; ID., Il nome di ‘città’. La denominazione dei centri urbani d’oltralpe in alcune scrit-ture italiane del primo Cinquecento, in Italia et Germania. Liber amicorum Arnold Esch, herausgegebenvon H. KELLER, W. PARAVICINI und W. SCHIDER, Tübingen 2001, pp. 489-501; un esempio per certi ver-si analogo a quello saluzzese, infine, è offerto dal vicino borgo di Casale Monferrato, eretto in diocesi nel1474, sul quale si veda SETTIA, «Fare Casale ciptà » cit.

40 Su questi aspetti, si veda la bibliografia citata oltre, note 42 e 45-47.41 SAVIO, Saluzzo cit., p. 54; DAO, La Chiesa cit., p. 241. Sul de Madeis cfr. supra, nota 15. La qua-

lifica del Murri, « dicti Ludovici marchionis in Romana curia procuratori et negotiorum eiusdem promo-tori », è menzionata nella stessa concessione sistina, con la quale gli fu provvista la tesoreria della nuovacollegiata: SAVIO, Saluzzo cit., p. 54, nota 3.

42 Nel testo della bolla Saluzzo fu qualificato « caput marchionatus » e « oppidum insigne admo-dum et populosum»: ASDS, Archivio del Capitolo, fasc. 343, n. 64. Sull’intenso flusso migratorio che, apartire dal principato di Ludovico I, interessò il borgo, cfr. LOSITO, Saluzzo cit., pp. 116-122 e B. DEL

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lezza nutrita dai vertici del governo diocesano circa i possibili esiti del provvedi-mento è avvalorata dalla difesa dei diritti vescovili in merito alla collazione dei be-nefici, che nel 1482 motivò la revoca della prima bolla di istituzione; premesse diuna futura evoluzione istituzionale in senso diocesano, infine, sono state opportuna-mente ravvisate nelle prerogative simboliche – diritto di portare mitra, anello e guan-ti – riconosciute all’arcidiacono di Santa Maria nella bolla di erezione del 1483 43.

Proiettato verso la sovrapposizione dei confini ecclesiastici della regione conquelli del dominio politico, il sostegno garantito da Ludovico II alla promozionedella pieve di Saluzzo fu dunque funzionale all’irrobustimento dell’organizzazioneterritoriale mediante l’eliminazione di giurisdizioni ecclesiastiche estranee e, in pro-spettiva, attraverso la localizzazione di funzioni amministrative essenziali anche pergli assetti del governo signorile quali le prerogative esercitate dal foro ecclesiastico,dal 1511 trasferito dalla giurisdizione dell’ordinario torinese a quella del vescovo diSaluzzo 44.

Al tempo stesso, l’erezione delle collegiate di Carmagnola, Saluzzo e Revello,conferì spessore all’avallo offerto dal marchese alle istanze di promozione sociale deiceti eminenti dei borghi, dando impulso all’aggregazione dei sudditi attorno al do-minus. Ottenuto il riconoscimento delle aspirazioni di governo attraverso la confer-ma di franchigie e di privilegi 45, sostenuto il dinamismo economico attraverso prov-vedimenti di natura fiscale 46, riconosciute le ambizioni di affermazione sociale attra-verso il meccanismo della nobilitazione 47, dagli anni Ottanta del secolo le inquietesocietà borghigiane trovarono infatti nuove possibilità di consacrazione delle lorofortune attraverso l’accesso a folti ed articolati capitoli canonicali.

Mentre, in assenza di studi prosopografici circa la composizione del capitolodei Santi Pietro e Paolo, per quanto riguarda Carmagnola è possibile rifarsi solo aun’osservazione del Bucci, che motivò l’istituzione del collegio canonicale con l’esi-genza di porre fine all’invadenza di extranei nel locale sistema della provvista deibenefici 48, nel caso di Saluzzo il rilievo assunto dal collegio capitolare nei meccani-smi di riconoscimento sociale è avvalorato dalle modalità con cui i marchesi si av-valsero dello ius patronatus loro riconosciuto nel 1483.

BO, Presenze forestiere nella Saluzzo di Ludovico I, in Ludovico I cit., pp. 253-270. Un esempio delle pos-sibilità di radicamento offerto dal capoluogo marchionale in MANGIONE, Hans Clemer cit.

43 MERLO, Le origini cit., p. 91.44 Assai significativa, in tal senso, l’attribuzione di responsabilità connesse al governo ecclesiastico

agli arcidiaconi Bernardino e Antonio Vacca: cfr. infra, note 53 e 56.45 La conferma di franchigie, privilegi e convenzioni stipulate dai precedenti marchesi con la co-

munità di Saluzzo data al 1476, poco dopo la successione di Ludovico II al padre: cfr. MULETTI, Memo-rie cit., p. 182. Il 3 gennaio 1480, inoltre, Ludovico II rinnovò alla comunità la facoltà di proporre unaterna di candidati all’officio di podestà, approvò gli statuti comunitari, confermò la divisione del boscodi Saluzzo e gli ordinamenta emanati in materia fiscale: ibid., pp. 200-221. Sul rilievo delle concessioni si-gnorili per la localizzazione delle infrastrutture economiche del borgo cfr. anche LOSITO, Saluzzo cit., pp.80-96.

46 Si veda ad esempio l’esenzione dall’obbligo di alloggiare i famigliari e gli officiali del marchese,concessa a Saluzzo dal marchese nel 1480: MULETTI, Memorie cit., pp. 200-201.

47 Sul decreto che nel 1460 riconobbe le ambizioni di promozione del ceto dirigente saluzzese cfr.L. C. GENTILE, Ludovico I e il processo di definizione e chiusura dell’aristocrazia saluzzese. Note a marginedel decreto del 20 agosto 1460, in Ludovico I cit., pp. 165-187 e, per le sue ricadute sul tessuto ediliziodel borgo LOSITO, Saluzzo cit., pp. 107-116.

48 CURLO, Il Memoriale cit., p. 50.

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La successione dei decani, in particolare, evoca un uso alquanto accorto di ta-li prerogative, esercitate a favore degli ecclesiastici di famiglia solo nei primi anniOttanta, in significativa consonanza con il travagliato riconoscimento del nuovo sta-tus della collegiata di Santa Maria. Dopo il breve decanato di Teodoro Paleologo, lacui elezione nel 1481 dovette essere con tutta probabilità funzionale al consolida-mento delle relazioni con i marchesi di Monferrato 49, nel 1482 il primo stallo delcollegio capitolare fu occupato da Federico di Saluzzo 50 e quindi, dal 1483 al 1484– probabilmente stornato l’accaparramento del beneficio da parte del potente fami-liaris pontificio nonché vescovo di Parma Gian Giacomo Schiaffenati 51 – dall’altrofratello del marchese, il protonotario Carlo Domenico 52. Nel 1484, invece, con lanomina di Bernardino Vacca la prima dignità del capitolo passò all’esponente di unafamiglia eminente entro i quadri istituzionali di Saluzzo, le cui ambizioni avevanotrovato formale riconoscimento nel 1460 con la nobilitazione di Giovanni, padre delmedesimo decano 53; più ampiamente, l’accesso in capitolo di Bernardino consolidòle relazioni dei Vacca con la chiesa – dalla metà del secolo la famiglia esercitava di-ritti di patronato sulla cappellania di San Michele 54 – avviando quella che secondole fonti sembra divenire una vera e propria consuetudine: oltre a Costanzo ed Ema-nuele, attestati entro le file dei canonici almeno tra il 1505 e il 1512 55, vale la penasottolineare il succedersi nella dignità arcipretale di Bartolomeo e di Antonio 56, fra-

49 Come ipotizzato in questo stesso volume da B. DEL BO, «Presente lo marchese di Salucia »: leambizioni di governo di Ludovico II sul Monferrato, testo corrispondente alla nota 103. L’erudizione lo-cale data al 1481 il conferimento del decanato al cardinale di San Teodoro, presumibilmente sulla scortadella seconda bolla di erezione della collegiata, nella quale il beneficio è detto vacante per obitum di Teo-doro, dato però contrastante con altre fonti, che datano al 1484 la morte del cardinale (si veda ad esem-pio ASMi, Sforzesco, PE (Monferrato), 1484 febbraio 6, ora edito da Beatrice Del Bo nel saggio citatoin questa stessa nota, Appendice, doc. n. 3). Per entrambe le questioni cfr. CHIATTONE, La costruzionecit., pp. 183-184 e 201, MULETTI, Memorie cit., p. 245 e 256.

50 Ibid., p. 256.51 Lo Schiaffenati si obbligò al pagamento dell’annata sul beneficio vacante per obitum di Federi-

co il 18 settembre 1483, quando contrasse lo stesso impegno anche per il versamento della tassa sul prio-rato di Calvenzano, in diocesi di Milano, provvistogli in seguito alla morte di Amedeo di Romagnano:ASV, Cam. Ap., Annatae, 31, f. 138, 1483 settembre 18.

52 DAO, La Chiesa cit., p. 244. Sulla dotazione beneficiaria di Carlo Domenico si veda anche ilparagrafo successivo.

53 Il Vacca, canonico d’Oulx, fu eletto decano il 13 settembre 1484 in seguito alla resignazione diCarlo Domenico Saluzzo e su impetrazione dello stesso Ludovico II, « asserens eundem Bernardinum di-lectum suum fore » (ASV, Reg. Lat. 840, f. 1, 1484 ottobre 18); MULETTI, Memorie cit., p. 273; DAO, LaChiesa cit., p. 244). Creato vescovo di Ascalona nel 1489 (ASV, Reg. Lat. 875, f. 110v, 1489 novembre27 e EUBEL, Hierarchia cit., p. 96), egli ottenne dal papa facoltà di conservare il decanato in commenda,del valore di 100 ducati di camera, affinché potesse «de alicuius subventionis auxilio providere » (ASV,Reg. Lat. 875, f. 111r, 1489 novembre 27); da questa data – e almeno fino al 1492 – agì per qualche tem-po come suffraganeo e vicario generale del vescovo di Torino: MERLO, Le origini cit., pp. 91-92. Sulla no-bilitazione della famiglia cfr. GENTILE, Ludovico I cit., pp. 165-187, p. 178 e MANGIONE, Dinamiche de-vozionali cit., pp. 236-237.

54 I diritti di patronato furono riconosciuti a Domenico e Giacomo Vacca nel 1448: CHIATTONE,La costruzione cit., p. 176 e MANGIONE, Dinamiche devozionali cit., p. 238. Sul rilievo assunto dalla fa-miglia presso gli enti ecclesiastici del marchesato ed entro le file dell’officialità marchionale si veda ora ilcontributo di Luisa Gentile in questo stesso volume.

55 Si veda infra, nota 60.56 Bartolomeo ottenne l’arcipretura nel 1483 e la occupò fino alla morte, avvenuta il 20 febbraio

1490. Gli succedette il fratello Antonio, canonico a Rivoli (CHIATTONE, La costruzione cit., p. 229), mo-naco di Staffarda (ASV, Reg. Lat. 953, f. 112v, 1493 aprile 5) e titolare della cappella di San Michele,nella stessa collegiata, che resignò il 31 luglio 1494. La preparazione giuridica – è definito come canonum

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telli del decano già menzionato, e, agli inizi del Cinquecento, la provvista dell’arci-diaconato a Ludovico 57. La presenza di un Vacca nella cronotassi degli arcidiaconidi Saluzzo consente altresì di ipotizzare un parsimonioso esercizio dei diritti mar-chionali anche nei confronti della seconda dignità capitolare: alla cerchia signorile èinfatti immediatamente riconducibile solo la personalità di Pietro di Saluzzo, proto-notario apostolico documentato quale arcidiacono nel 1498 58 e probabile successoredel decretorum doctor Costanzone de Sancto Damiano, altro esempio di fortune lo-cali che nel raccordo più o meno immediato con il principe trovarono occasione dipromozione e di consacrazione 59.

È plausibile, infine, che un’indagine prosopografica sugli ecclesiastici che si av-vicendarono nel coro di Santa Maria di Saluzzo avvalorerebbe una tendenza nondissimile anche per i benefici canonicali della chiesa. Gli scarni ragguagli disponibi-li sin d’ora sembrano infatti indicare che il capitolo della collegiata fu, in primo luo-go, ambito di affermazione per famiglie che entro la società del Saluzzese si distin-guevano per solide fortune mercantili o per una profonda intrinsichezza con le ma-gistrature locali 60 e che talora, grazie alla presenza di un proprio esponente in capi-

professor – gli valse verosimilmente i numerosi incarichi testimoniati nell’ambito del governo diocesano:attestato quale vicario del vescovo di Torino in Saluzzo almeno dal 1495 al 1512 (Le carte dei frati, 1495giugno 6 e MERLO, Le origini cit., p. 92), ottenne il vescovato di Nicomedia nel 1511 e nell’aprile 1512,dopo la soppressione dell’arcipretura in seguito all’erezione della collegiata in cattedrale, fu nominato vi-cario generale del vescovo di Saluzzo (MERLO, Le origini cit., p. 92). Il 9 febbraio 1503, inoltre, era sta-to investito dall’arcivescovo di Torino delle decime di tutto il marchesato (DAO, La Chiesa cit., p. 254).Morì nel 1522 (Memoriale di Gio. Andrea Saluzzo di Castellar dal 1482 al 1528 edito da VINCENZO PRO-MIS, in «Miscellanea di storia italiana », t. VIII, 1869, p. 433).

57 Ludovico Vacca è attestato quale arcidiacono il 12 luglio 1503, quando ottenne la chiesa cura-ta di San Giovanni Battista di Celle, vacante per morte di Francesco Fornerio (DAO, La Chiesa cit., p.261) e conservò il beneficio almeno fino al 1517 (MANGIONE, Dinamiche devozionali cit., p. 237, nota 62).

58 Con questa qualifica Pietro è menzionato quale testimone alla stesura del testamento di Ludo-vico II: MULETTI, Memorie cit., pp. 360-365, p. 360. Probabilmente si tratta del chierico della diocesi diTorino cui nel 1492 Alessandro VI conferì la cappella della beata Vergine extra muros di Revello – « ca-pella castri nuncupata » – vacante per resignazione di Biagio de Belonis, canonico d’Oulx: ASV, Reg. Lat.925, f. 94v, 1492 agosto 26 e f. 96r, 1492 agosto 26. Era rettore della parrocchiale dei Santi Giovanni edEusebio di Melle, nella diocesi di Torino, nel 1495, quando gli fu provvista la cappella di San Lorenzo aSaluzzo, di patronato dei marchesi e vacante per morte di Giovanni Antonio Bolleri, in seguito alla pre-sentazione in suo favore fatta da Ludovico II: ASV, Reg. Lat. 962, f. 127r, 1495 giugno 20.

59 Priore di San Lorenzo nel 1478 (ASTo, Corte, Marchesato di Saluzzo, Protocolli dei notai mar-chionali, Pietro Milanesio, III, ff. 45r-46r, 1478 luglio 23), arcidiacono di Santa Maria almeno dal 1482(Le carte dei frati cit., 1482 marzo 15-18), vicedecano nel 1490 (CHIATTONE, La costruzione cit., p. 229)nel 1487 Costanzone presenziò alla stesura del testamento di Amedea di Saluzzo, sorella del marchese(Le carte dei frati cit., 1487 giugno 30). Sulla famiglia si veda inoltre D. OCCELLI - R. OLIVERO, I « deSancto Damiano » tra radicamento territoriale ed orizzonti sovraregionali, in Ludovico I cit., pp. 121-130.

60 Pare utile supportare queste considerazioni con l’elenco di prevosti e di canonici che occupa-rono benefici in capitolo fino al primo ventennio del Cinquecento; gli estremi cronologici si riferisconoalle presenze in capitolo, quali emergono dalla documentazione considerata. Prepositi: Giacomo de Be-chutis (1492-1503: CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 233, 249), Eusebio Gastaudi (1507-1512: ibid., pp.254, 256), Pietro Vacherii (1483-1486: ibid., p. 213; ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. E). Canoni-ci: Abelli (1492-1494: CHIATTONE, La costruzione cit., p. 233; ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. 64),Bernardino Aymarii (1497-1512: CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 242, 256), Cristoforo de Bonacossis(1483-1492: ibid., p. 213; DAO, La Chiesa cit., p. 236); Raimondino de Bonellis (1483-1513: CHIATTONE,La costruzione cit., p. 213; MANGIONE, Dinamiche devozionali cit., p. 238), Gerolamo (1492: CHIATTONE,La costruzione cit., p. 234), Giovanni Candianus (+1490: ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. 24v),Gian Pietro ex dominis de Costigliolis (14 novembre 1496 - +1496 ante dicembre 4: CHIATTONE, La co-struzione cit., p. 191; ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. 87v), Giorgio de Costigliolibus (1486-1494:ibid., f. E; CHIATTONE, La costruzione cit., p. 235), Giovanni de Facis (1496 dicembre 4 - 1500: ASDS,

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tolo – valgano gli esempi di Raimondino Bonelli 61, dei fratelli Marchiotto e OgerioTapparelli 62, di Matteo Sabena 63, di Pietro e Matteo Vacheri 64, di Stefano Fasoli 65 –ebbero modo di trasporre tale preminenza anche sul prestigioso «palcoscenico de-vozionale » 66 della cattedrale, accedendo all’articolato sistema di benefici privati deltempio.

Anche in virtù del sostegno alle ambizioni dei sudditi, Ludovico II potevaquindi fondatamente atteggiarsi a supremo interprete delle più varie istanze presen-tate dalle universitates locali ai massimi referenti del governo ecclesiastico.

Nel 1481, in particolare, il marchese e l’ « universitas opidi Saluciarum» impe-trarono da Sisto IV licenza di far costruire un ospedale più idoneo di quello esi-stente «pro pauperibus recipiendis et allis caritatis operibus exercendis », alienandogli edifici dell’ospedale già attivo – evidentemente ritenuto inadeguato alle esigenzedella popolazione – « in usus et commoditates noviter construendi hospitalis con-vertendi » 67. Non pare che la licenza accordata dal pontefice abbia mai trovato ese-cuzione – agli albori dell’età moderna funzioni assistenziali nel borgo erano ancoraassolte dall’ospedale situato presso l’omonima porta e da quello ubicato nel cuoredella villa 68 – ma è comunque significativo il congiunto ricorso al pontefice da par-

Archivio del Capitolo, Codex, f. 87v; CHIATTONE, La costruzione cit., p. 248) Stefano de Faxolis (1483 -ante 1512: ibid., pp. 213, 255), Domenico Ferreri (1497: ibid., p. 242), Gian Pietro Ferrerii (1489: ibid.,p. 227), Giovanni Antonio Gastaudi (1486: ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. E), Antonio Ghetii(1494-1498: CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 235, 243), Costanzo Gosmarii (1486 - 1500: ASDS, Ar-chivio del Capitolo, Codex, f. E; CHIATTONE, La costruzione cit., p. 248), Giovanni de Lama (1498: ibid.,p. 247), Manuele de Marandolis (1483-1512: ibid., pp. 213, 256), Gabriele Mellica (1483: ibid., p. 213),Michele Michelandii (1490-1492: ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. 24v; CHIATTONE, La costruzionecit., p. 234), Andrea de Murris (1483 - + ante 1512: ibid., pp. 213, 255), Giovannino de Novellis (1483-1489: ibid., pp. 213, 228), Giacomo Payani (1503-1512: ibid., pp. 249, 256), Lorenzo Petri (1483: ibid.,p. 213), Domenico de Ripolis (1492: ibid., p. 234), Antonio Rolandi (1483: ibid., p. 213), Matteo Sabena(1490 luglio 10 - + ante 1512: ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. 29r; CHIATTONE, La costruzionecit., p. 255), Lancillotto de Saluciis (1483-1486: ibid., pp. 213, ASDS, Archivio del Capitolo, Codex, f. E),Pietro Andrea de Santo Sixto (1483-1512: CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 213, 256), Agostino Stan-gha (1505-1512: ibid., pp. 253, 256), Marchiotto Tapparelli (1483-1512: ibid., pp. 213, 256), Ogerio Ta-parelli (1489-1512: ibid., pp. 227, 256), Costanzo Vacha (1505-1512: ibid., pp. 253, 256), Emanuele Vacha(1505-1512: ibid., pp. 253, 256), Giorgio Rogerii Vacherii (1483 - +1490: ibid., p. 213; ASDS, Archiviodel Capitolo, Codex, f. 29r), Matteo Vacherii (1483-1512: CHIATTONE, La costruzione cit., pp. 213, 256),Giovanni Antonio Violi (1483-1507: ibid., pp. 213, 254).

61 Nel testamento del 1513 Raimondino destinò un lascito alla dotazione di arredi e alla celebra-zione di messe presso la cappella del Santo Sepolcro, assegnatagli dal capitolo nel 1507: MANGIONE, Di-namiche devozionali cit., p. 238, nota 66.

62 Nel 1508 Marchiotto, cantore della collegiata, ottenne il patronato sulla cappella di Santa Ma-ria e San Lorenzo, mentre non è nota la dedicazione della cappella assegnata ad Ogerio: ibid., p. 238 no-ta 67.

63 Alla richiesta di Matteo Sabena di esservi sepolto, si deve verosimilmente l’origine del patrona-to della famiglia sulla cappella dei Santi Cosma e Damiano, cui nel 1603 si aggiunse anche quello sul-l’altare del Presepio: ibid., p. 238.

64 I Vacheri furono sepolti presso la cappella di San Pietro: ibid., p. 239.65 I Fasoli detenevano diritti di patronato sull’altare all’inizio del Seicento dedicato a Santa Maria

del Popolo: ibid., p. 239.66 Mutuo l’efficace espressione da MANGIONE, Dinamiche devozionali cit., p. 236 cui rinvio anche

per le considerazioni sulla concorrenza tra duomo e chiesa di San Giovanni quali spazi di affermazionedelle istanze devozionali delle famiglie eminenti della società saluzzese.

67 ASV, Reg. Lat. 808B, f. 292, 1481 luglio 7.68 LOSITO, Saluzzo cit., pp. 34-36.

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te del potere signorile e della comunità locale affinché fosse accolta una richiesta diparticolare delicatezza per l’ordine sociale di Saluzzo quale un riassetto dell’assi-stenza pro pauperibus.

Il memoriale di Gabriele Bucci, infine, informa che nello stesso torno di anniuna posizione non dissimile fu assunta da Ludovico II nel corso delle frizioni inne-scate a Carmagnola dalla concorrenza tra i frati di Sant’Agostino e il clero secolaredella collegiata dei Santi Pietro e Paolo, di cui nel 1483 Sisto IV aveva disposto iltrasferimento presso lo stesso convento agostiniano. Oppostosi al provvedimentopontificio, il marchese ne ottenne in breve la revoca, accolse le istanze del consigliocittadino ostile all’officiatura congiunta della chiesa conventuale da parte di canoni-ci e frati e, successivamente, avallò i provvedimenti di natura fiscale disposti dalconsiglio cittadino per sostenere la costruzione di un nuovo tempio adatto alle esi-genze del capitolo canonicale 69.

4. Ludovico II e le abbazie del Marchesato

Il 27 ottobre 1490 Ludovico II sollecitò la mediazione di Ercole d’Este affin-ché Alessandro VI ratificasse l’elezione degli abati di Staffarda e di Casanova, « lequale importeno troppo al stato mio, per esser l’una a la porta de Salucio et l’altradi Carmagnola »; la conferma pontificia avrebbe sancito un’elezione fatta dal mar-chese in virtù di diritti di patronato esercitati vigore fondationis, per cui alla perso-na dello scrivente sarebbe stato recato torto grandissimo qualora il Borgia avesse dis-posto diversamente 70.

La missiva esemplifica efficacemente che, a oltre trecento anni dalla fondazio-ne, i marchesi attribuivano ancora ai due monasteri un rilievo non modesto, in vir-tù della loro ubicazione e della funzione legittimante che essi avevano per la dina-stia; eppure, nonostante le orgogliose rivendicazioni di Ludovico II, per tutta la me-tà del Quattrocento le iniziative signorili volte ad assicurarsi la disponibilità dei duecenobi soffrirono il confronto con ambizioni di segno analogo, fossero esse connes-se all’intraprendenza sabauda o alle esigenze beneficiali di concorrenti provvisti dimaggior credito.

Il controllo della dinastia sull’abbazia cistercense di Staffarda – sin dalla fon-dazione sottoposta al patronato dei Saluzzo – si allentò dal 1482, quando dopo laresignazione di Federico di Saluzzo, abate commendatario dal 1462 71, Sisto IV con-ferì il monastero a Giovanni Ludovico di Savoia 72. Alla morte di questi, avvenuta lo

69 La fonte primaria per la ricostruzione della complessa vicenda è CURLO, Il Memoriale cit., pp.153-160, ma si vedano anche MENOCHIO, Memorie storiche cit., pp. 94-101; G. G. MERLO, Gli inizi del-l’Osservanza minoritica nella regione subalpina, in Frate Angelo Carletti osservante nel V centenario dellamorte (1495-1995). Atti del convegno, Cuneo, 7 dicembre 1996 - Chivasso, 8 dicembre 1996, a cura diO. CAPITANI, R. COMBA, M. C. DE MATTEIS, G. G. MERLO, 1998 («BSSSAA Cuneo», n. 118), pp. 19-41,37-38; BELTRAMO, L’architettura cit., pp. 326-327.

70 ASMo, Cancelleria, CPE, 1490 ottobre 27, Ludovico di Saluzzo a Giacomo de Trottis.71 Per la cronotassi degli abati nel Quattrocento cfr. C. F. SAVIO, L’abazia di Staffarda (1135-1802),

Torino 1932, pp. 167-170; MULETTI, Memorie cit., IV, p. 371 e V, pp. 105 e 149; T. MANGIONE, All’om-bra dell’abbazia: affari della famiglia marchionale e del suo entourage ai tempi della commenda (XV-XVIsecolo), in L’abbazia di Staffarda cit., pp. 307-337.

72 Nato nel 1447 da Ludovico di Savoia e da Anna di Lusignano, nel 1451 Giovanni Ludovicoaveva ottenuto i benefici di Nantua, Romainmôtier, Payerne e di San Benigno di Fruttuaria. Protonota-

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stesso anno, la labilità del controllo esercitato dai patroni sull’ente divenne eviden-te: la provvista apostolica gratificò piuttosto Francesco di Savoia, fratello del com-mendatario defunto 73, vanificando le sollecitazioni avanzate da Ludovico II sul ducadi Ferrara affinché propiziasse una provvista favorevole al fratello Carlo Domenicoche avrebbe recato sollievo alla « desolata casa di Saluzzo, sbattuta in uno anno dasì acerbi e diversi casi » 74. I registri della camera apostolica informano che la com-menda di Staffarda non fu l’unico beneficio che rimpinguò le rendite del Savoia.Tra il 17 ottobre e il 25 novembre 1483, infatti, un procuratore di Francesco si im-pegnò a versare alla camera e al collegio cardinalizio i communia servitia per la com-menda subalpina 75, per l’arcivescovato di Auch, per il monastero di Sant’Andrea diVercelli, per la commenda di Santa Maria d’Abondance 76, per la commenda clunia-cense di Santa Maria di Payerne 77: un cospicuo pacchetto di rendite col quale pro-babilmente il pontefice intendeva contenere le ambizioni di Francesco, che in que-sto stesso torno di anni contendeva il vescovato di Ginevra a Giovanni di Compey,eletto dallo stesso Sisto IV, e a Urbano de Chevron, candidato del capitolo catte-drale cittadino 78.

Rivelatasi peraltro inefficace a blandire il Savoia 79, la perdita di Staffarda – cuiforse Carlo Domenico tentò in qualche modo di opporsi 80 – fu però compensata dalriconoscimento ai Saluzzo dei diritti di patronato sull’abbazia di Casanova. Il ceno-bio cistercense – complice la presumibile evanescenza del governo di Agostino Li-gnana, commendatario dell’ente dal 1442 81 – era entrato nell’orbita marchionale sin

rio apostolico, fu nominato amministratore del vescovato di Tarantasia nel 1456 e di quello di Ginevranel 1460, benefici ai quali si aggiunsero via via le abbazie di Staffarda, d’Ambronay, di Saint-Claude, ipriorati d’Aulps e di Contamine-sur-Arve, le prepositure di Sant’Antonio e di San Pancrazio di Torino.Morì nel 1482: Die Cluniazenser in der Schweiz, redigiert von H. - J. GILOMEN unter Mitarbeit von E.GILOMEN-SCHENKEL, Basel und Frankfurt am Main 1991 (Helvetia Sacra III/ 2), pp. 454- 455.

73 Nato attorno al 1454, Francesco era protonotario apostolico. Prevosto del Gran San Bernardodal 1459, nel 1482 succedette al fratello Giovanni Ludovico quale priore di Romainmôtier e di Santa Ma-ria di Payerne. Nel maggio 1483 gli fu conferito il priorato di Saint Sulpice, che resignò nel settembredello stesso anno, quando gli fu provvisto l’arcivescovato d’Auch; conservò invece le abbazie di Staffar-da, di Santo Stefano di Vercelli, di Santa Maria d’Abondance e diverse pensioni. Era da qualche mese go-vernatore generale del ducato sabaudo quando morì il 3 ottobre 1490: Die Cluniazenser cit., pp. 456-457.

74 Come recita la missiva indirizzata a Ercole I, duca di Ferrara, da Tebaldo di Cella, oratore diLudovico II di Saluzzo presso la corte pontificia, parzialmente edita da F. GABOTTO, Lo stato sabaudo daAmedeo VIII ad Emanuele Filiberto, I-III, II, Torino - Roma 1892, p. 306.

75 ASV, Cam. Ap., Oblig. et Sol. 84A, f. 174v, 1483 ottobre 17.76 Ibid., f. 179v, 1483 novembre 25.77 ASV, Cam. Ap., Oblig. et Sol. 81, f. 34v, 1483 novembre 25. Succeduto al fratello Giovanni

Ludovico (sul quale cfr. supra, nota 72), Francesco riuscì ad ottenere il beneficio di Payerne solo nel1484, dopo aver riservato una pensione annua di 500 fiorini al suo concorrente Burkard Stör: Die Clu-niazenser cit., pp. 456-457.

78 Sulla vicenda cfr. GABOTTO, Lo stato sabaudo cit., pp. 306-311.79 L’anno successivo infatti Francesco prese possesso della cattedra ginevrina, ottenendo anche di

conservare l’arcivescovato di Auch: ibid., pp. 306-311; Le Diocèse de Genève, l’archidiocèse de Vienne enDauphiné, par L. BINZ, J. EMERY et C. SANTSCHI, rédaction J.-P. RENARD, Berne 1980 (Helvetia Sacra, I /3), pp. 107-108.

80 Un’annotazione a margine della registrazione riguardante i communia servitia per Staffarda in-forma infatti che il pagamento avrebbe avuto luogo entro sei mesi dopo la presa di possesso della com-menda, al momento occupata da un intrusus: ASV, Cam. Ap., Oblig. et sol. 81, f. 34v, 1483 novembre25.

81 G. SCHARF, Un ‘artigiano’ della diplomazia nell’epoca dell’arte: Agostino Corradi di Lignana, aba-te di Casanova, relazione presentata al convegno Santa Maria di Casanova. Un’abbazia cistercense fra i

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dagli esordi del governo di Ludovico, se nel 1478 l’abate riferiva di averlo affittatoal principe in virtù della sua «dependentia da quel marchesato » 82; al controllo del-le risorse materiali dell’ente non faceva però riscontro la facoltà di disporre libera-mente della commenda, riservata – come si vedrà tra breve – alla provvista del col-legio cardinalizio.

Una certa consuetudine della comunità monastica di Casanova con i Saluzzo èperaltro avvalorata da una richiesta di giuspatronato a favore del marchese che nel1479 essa presentò presso la curia romana tramite Michele de Madeis, confessore econsigliere di Ludovico 83. Nella supplica i religiosi non mancarono di lamentare ladecadenza delle strutture dell’abbazia – imputabile al succedersi di abati forestieried avversi allo stato – e di osservare che tale debolezza avrebbe costituito un fatto-re di precarietà per il marchesato «propter insigne opidum loci Carmagnolie et aliafortalicia circumvicina »; a tale situazione avrebbe posto efficacemente rimedio laprotezione connessa al patronato marchionale, che avrebbe comportato un aumentodelle rendite annuali del cenobio a 200 fiorini d’oro e la diretta assunzione da par-te di Ludovico degli oneri per le riparazioni degli edifici. L’istanza dei monaci tut-tavia non ebbe seguito, poiché solo il 15 maggio 1484, in considerazione dello zelomostrato nei confronti dell’ente, dotato « cum edificiis amplis et magnificis » e nonsenza ingenti esborsi dai predecessori del marchese, Sisto IV accondiscese a unasupplica di segno analogo avanzata dal Saluzzo, accordandogli la facoltà di presen-tare il commendatario qualora l’abbazia si fosse resa vacante 84. Come già per Staf-farda, tuttavia, i meccanismi della provvista ritardarono l’esecuzione della concessio-ne papale: ratificata la rinuncia fattane dal Lignana, nell’aprile del 1489 la commen-da infatti fu assegnata in concistoro a Guglielmo, nipote del resignatario 85 e solo nel1490 – forse al termine di una vertenza presso i tribunali curiali – riuscì a Ludovi-co di avvalersi dello ius patronatus per conferirla al fratello Carlo Domenico 86, pre-vosto di Verzuolo, dal 1486 priore di San Michele di Papò e di San Pietro di Pagno– altro beneficio gravitante nell’orbita marchionale 87 – e finalmente, dal 1490, com-mendatario di Staffarda 88.

marchesi di Saluzzo e il mondo dei comuni, Abbazia di Casanova - Carmagnola, 11-12 ottobre 2003. Rin-grazio l’Autore per avermi permesso di disporre del saggio prima della sua pubblicazione.

82 Il commendatario aveva ceduto il monastero a Ludovico II temendo di esserne privato per unavertenza di natura beneficiaria col vescovo di Ginevra: E. COLOMBO, Iolanda duchessa di Savoia (1465-1478), in «Miscellanea di Storia Italiana », 31 (s. II, t. 16) 1894, p. 209 e SCHARF, Un «artigiano » cit.

83 MENOCHIO, Memorie storiche cit., p. 96. La vicenda è stata dettagliatamente ricostruita da T.MANGIONE, All’ombra di Ludovico II di Saluzzo: Casanova ai tempi della commenda (XV-XVI secolo), re-lazione presentata al convegno ricordato nella nota precedente. Di tale relazione mi sono avvalsa conprofitto grazie alla cortesia dell’Autrice, che ringrazio.

84 Copia della bolla in ASV, Reg. Vat. 650, f. 249r, 1484 maggio 15; edizione in MENOCHIO, Me-morie storiche cit., pp. 235-236.

85 ASV, Arch. Concist., Acta camerarii, 1, f. 3r, 1489 aprile 6.86 Sulla vicenda cfr. MANGIONE, Ludovico II e l’acquisizione cit.87 MULETTI, Memorie cit., V, p. 153 e DAO, La Chiesa cit., p. 217. Le strette relazioni tra il prio-

rato di San Pietro e i marchesi di Saluzzo sono attestate dal 1313, quando Manfredo IV investì il prioredi prerogative giurisdizionali sulla comunità: DAO, La Chiesa cit., pp. 216-217.

88 Nel 1490, l’elezione di un personaggio originario del marchesato – Giovanni Luciani – qualesuccessore del defunto Francesco Savoia dovette agevolare l’esercizio delle prerogative patronali di Lu-dovico su Staffarda: è plausibile infatti che il marchese non fosse estraneo alla rinuncia del Luciani che,secondo la cronotassi del Savio, resignò la commenda subito dopo essere stato eletto dalla comunità mo-nastica: cfr. SAVIO, L’abazia cit., p. 169 e, per l’elezione del Luciani da parte dei monaci, MANGIONE, Al-l’ombra cit., p. 308, nota 8.

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Nello stesso torno di anni, infine, il patronato marchionale si estese all’abbaziadi Villar San Costanzo. In questo caso, l’iniziativa signorile si sviluppò dalla giuri-sdizione de facto esercitata dai Saluzzo sulla comunità locale, che appellandosi adessa aveva avuto buon gioco nel rivendicare autonomi spazi politici già durante ilgoverno di Ludovico I 89. Sulla scorta di tale preminenza, nel 1482 Ludovico II ri-vendicò il patronato sull’ente per nominare Michele de Madeis a cappellano di SanCostanzo 90, e quindi, nel 1484, per conferire l’abbazia a Carlo Domenico. Come giàaccaduto per Staffarda, gli interessi dei Saluzzo dovettero però fare i conti con l’in-traprendenza di altri concorrenti: una lunga vertenza con il cameriere papale Ber-nardino Gamberia, cui Innocenzo VIII aveva conferito il beneficio, si concluse in-fatti solo nel 1499, quando Alessandro VI rinnovò la protezione della sede aposto-lica al monastero, confermandone privilegi e beni, e Carlo Domenico poté prende-re possesso della commenda 91.

Per quanto effimera – già dal 1493 la nomina dell’abate di Staffarda fu di fat-to sottratta alla controllo marchionale 92 –, la concentrazione delle abbazie del domi-nio nelle mani del protonotario di Saluzzo segnò l’approdo sostanzialmente positivodella politica di Ludovico II nei confronti delle commende del marchesato, assicu-rando alla dinastia cospicue quote di reddito per propri esponenti avviati alla car-riera ecclesiastica, nonché un ulteriore strumento di controllo di aree di particolarerilievo per posizione strategica e per l’intraprendenza delle comunità locali. Laframmentarietà della documentazione, tuttavia, non apre che squarci minimi sugliesiti che il patronato signorile ebbe sull’organizzazione degli enti: elementi comun-que non sufficientemente significativi per ipotizzare modalità amministrative sostan-zialmente disinteressate alla valorizzazione dei patrimoni abbaziali 93. Mentre non esi-

89 Nel 1473, in particolare, il commendatario Stefano Nardini ottenne dagli homines il giuramen-to di fedeltà con riserva dei diritti dei marchesi e nel 1480 confermò ad essi privilegi e franchigie: cfr.MANUEL DI SAN GIOVANNI, Dei marchesi del Vasto cit., p. 254 e MANGIONE, Ludovico I cit., pp. 111-113.

90 Il beneficio era vacante per morte del monaco Melano de’ Pairani. Il de Madeis ne prese pos-sesso il 18 marzo 1483 da Paolo de Leonzini di Prato, vicario del Nardini: MANUEL DI SAN GIOVANNI,Dei marchesi del Vasto cit., p. 255.

91 Ibid., pp. 256-260 e DAO, La Chiesa cit., p. 215.92 Secondo la cronotassi proposta dal Savio, infatti, a un triennio di governo di Carlo Domenico

fece seguito il secondo abbaziato di Giovanni Luciani, cui succedettero Lorenzo Cibo (1496-1500), Gio-vanni Ferrero (1500-1505) e, nuovamente, il Luciani (1505-1510). Solo dal 1510 l’intraprendente politicaecclesiastica di Margherita di Foix si concretizzò in proficue provviste che gratificarono Giovanni Ludo-vico di Saluzzo e, dal 1538, il fratello Gabriele: SAVIO, L’abazia cit., pp. 169-170; MANUEL DI SAN GIO-VANNI, Dei marchesi del Vasto cit., p. 269 e, con particolare riferimento all’amministrazione del patrimo-nio abbaziale durante il governo di Giovanni Ludovico, MANGIONE, All’ombra dell’abbazia cit., special-mente pp. 308-312 e 329-332.

93 È noto che, in linea di massima, l’accondiscendenza dei poteri signorili allo sfruttamento delleproprietà ecclesiastiche da parte di familiari o clientele fu compensata dalla consapevolezza dell’opportu-nità di salvaguardare i possessi delle chiese, nella più ampia prospettiva di tutela dell’ordine interno: cfr.in merito CHITTOLINI, Stati regionali cit., pp. 172-173; ID., Un problema aperto. La crisi della proprietà ec-clesiastica tra Quattro e Cinquecento. Locazioni novennali, spese di migliorie ed investiture perpetue nellapianura lombarda, in «Rivista storica italiana » a. 85, f. 2 (1973), pp. 353-393. Per alcuni esempi in talsenso in un’area non lontana dal Saluzzese cfr. E. CANOBBIO, Aspetti della presenza certosina e cistercensenel dominio visconteo-sforzesco, in Certosini e Cistercensi in Italia (secoli XII-XV), a cura di R. COMBA eG. G. MERLO, Cuneo 2000 (Storia e storiografia, XXVI), pp. 475-505, pp. 492-499, mentre sul nesso traspoliazione dei patrimoni ecclesiastici e consolidamento del consenso alla Chiesa cattolica si veda A. PIZ-ZATI, Commende e politica ecclesiastica nella Repubblica di Venezia tra ’500 e ’600, Venezia 1997 (Istitutoveneto di scienze, lettere ed arti. Memorie. Classe di scienze morali, lettere ed arti, 70), p. 13.

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stono attestazioni circa la conduzione dei possessi di Casanova – a quanto pare, co-me si diceva, sotto il diretto controllo di Ludovico almeno dal 1478 – recenti inda-gini sulla gestione di Staffarda hanno evidenziato che l’istituzione del regime com-mendatario assicurò alla famiglia marchionale la larga disponibilità dei redditi delcenobio attraverso la costituzione di una modesta mensa conventuale 94, cui si ag-giunse una somma che Federico Saluzzo si impegnò a versare per sostenere la ma-nutenzione della chiesa monastica e della dotazione di arredi sacri 95. Dagli anni Set-tanta del Quattrocento, di fatto, il patrimonio dell’ente ricadde sotto il controllo deimarchesi probabilmente nella sua totalità, grazie a una concessione enfiteutica a fa-vore del futuro marchese Ludovico, che nel 1474 e nel 1475 destinò il canone d’af-fitto – pari a 5000 fiorini – a rifondere il prestito di 2000 ducati contratto sullepiazze di Roma e di Avignone per ottenere il conferimento del vescovato di Car-pentras al fratello Federico. Le ricerche del Savio consentono di ipotizzare che lapartecipazione dei patroni ai redditi dell’abbazia – verosimilmente una sorta di com-pensazione degli oneri affrontati per sostenere la carriera dell’ecclesiastico «di fami-glia » 96 – continuò proficuamente durante il marchesato di Ludovico II, se nel 1482l’abate Federico ottenne da Innocenzo VIII l’autorizzazione a concludere la vantag-giosa cessione della grangia della Morra al fratello Tommaso in cambio di un cano-ne perpetuo di 375 fiorini di Savoia 97.

5. «Ad maiorem Dei gloriam et suorum subditorum beneficium»: spunti per una ri-forma del principe?

Sostenute da una pluralità di interessi – ambizioni beneficiali di ecclesiasticidella stirpe, irrobustimento degli assetti istituzionali del dominio, rafforzamento delconsenso – le relazioni tra Ludovico II e le Chiese del marchesato non mancano pe-raltro di presentare alcuni elementi che, nonostante la rapsodicità delle attestazioni,sembrano indicare una discreta attenzione del principe e del suo entourage per ladimensione più propriamente religiosa delle strutture ecclesiastiche del marchesato,che talora si tradusse in interventi di disciplinamento e di risanamento delle chiese,verosimilmente nell’intento di meglio connotare la figura del dominus anche dalpunto di vista del fervore religioso 98.

94 Sulla sperequazione tra la mensa abbaziale e il patrimonio destinato da Pio II alla comunitàmonastica, pari a 500 ducati, cfr. MANGIONE, All’ombra dell’abbazia cit., pp. 313-314.

95 L’introduzione della commenda fu formalizzata da una concordia tra Federico Saluzzo e la co-munità monastica, alla quale il vescovo di Carpentras concesse il diritto di pascolo e di raccogliere legnapresso le grange di Torriana e di Moretta e sui possessi di Revello e di Cardè, i cui redditi ammontava-no a 553 ducati sabaudi; dal canto suo, il commendatario assumeva gli oneri di manutenzione delle strut-ture materiali della chiesa e della sua suppellettile per una somma di duecento ducati, come ricordatonella bolla che delegò all’abate di San Bartolomeo extra muros di Asti la ratifica dell’accordo: ASV, Reg.Lat. 725, f. 235r, 1473 aprile 21.

96 Sugli interessi famigliari sottesi alle commende di patronato privato si vedano le considerazionidi PIZZATI, Commende cit., pp. 7-84 e 100.

97 SAVIO, L’abazia cit., pp. 127-128; R. COMBA, Metamorfosi di un paesaggio rurale. Uomini e luo-ghi del Piemonte sud-occidentale fra X e XVI secolo, Torino 1983, pp. 171-172. Sulla diffusione dell’inve-stitura perpetua quale criterio di conduzione dei patrimoni ecclesiastici alla fine del Medioevo e sulle sueconseguenze per gli assetti del possesso, derivanti in primo luogo dalla rapida svalutazione dei canonimonetari, basti il rinvio a CHITTOLINI, Un problema cit., specialmente pp. 362-384.

98 Sulla « riforma dei principi » cfr. CHITTOLINI, Stati regionali cit., pp. 177-180.

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La disponibilità dei possessi dell’abbazia di Staffarda cui si è accennato po-c’anzi, in particolare, non dovette andare disgiunta dall’esercizio di una certa tutelasul tono della vita religiosa della comunità, ridotta a uno sparuto gruppo di religio-si e verosimilmente non poco condizionata dal riassetto delle risorse che aveva pre-ceduto l’introduzione della commenda 99. Una lettera che nel 1498 Ludovico II indi-rizzò ad Ippolito d’Este, in particolare, informa della consapevolezza del principecirca « il pocho regimento » dell’ente e di un intervento di riforma che egli inten-deva promuovere attraverso l’operoso esempio di « homini de bona vita et conver-satione ». A tale scopo, si sollecitavano i buoni uffici dell’Este presso il pontefice,affinché tal Grasselino, religioso da bene oriundo del dominio, « informatissimo dele cose d’epsa abbatia », ricevesse licenza di lasciare il monastero milanese ove almomento risiedeva per attendere a « tale opera laudabile et meritoria » con un com-pagno e due conversi 100.

Un’attenzione di segno analogo è ravvisabile anche nella sporadica documen-tazione che informa delle vicende di San Costanzo durante l’abbaziato di Carlo Do-menico di Saluzzo: la lunga controversia circa il riconoscimento delle proprie pre-rogative non esentò il protonotario dall’avvalersi degli strumenti del governo eccle-siastico per verificare le condizioni delle chiese dipendenti dall’abbazia, come sug-gerito dalla consacrazione della chiesa di Santa Maria Maddalena a Costigliole, com-piuta nel 1492 da Bernardino Vacca, delegato del commendatario 101 e dall’ispezionedella stessa parrocchia compiuta dieci anni dopo da Michele de Madeis su incaricodell’abate 102.

Sulla propensione signorile a tutelare le varie manifestazioni della vita religio-sa, infine, si innestò verosimilmente quel dinamismo degli ordini mendicanti che siintravede nella fondazione di nuove domus entro i confini del marchesato ma delquale non si possono dare che pochi cenni sulla base della locale erudizione 103.

Radicatosi entro il marchesato col favore di Ludovico I 104, nell’ultimo decenniodel secolo l’ordine dei frati Minori riconobbe un nuovo convento osservante di do-dici religiosi « aliquantulum distans ab oppido Carmaniole », confermato da Ales-sandro VI nel 1493 – pressoché contemporaneamente alla analoga ma meno ambi-ziosa fondazione iniziativa promossa dai Savoia presso Vigone 105 –, mentre i Predi-

99 Sulla contrazione della popolazione del cenobio, nel corso del Quattrocento oscillante tra sei enove monaci, cfr. MANGIONE, All’ombra dell’abbazia cit., p. 306.

100 ASMo, Cancelleria, CPE, Saluzzo, 1498 settembre 5, Ludovico II a Ippolito d’Este.101 MANUEL DI SAN GIOVANNI, Dei marchesi del Vasto cit., p. 256.102 Ibid., p. 265.103 Sulla convergenza cui furono improntati i rapporti tra Mendicanti, società urbane e potere po-

litico in area subalpina cfr. G. G. MERLO, Presenza politica e proposta religiosa degli Ordini mendicanti inarea subalpina, in ID., Tra eremo e città. Studi sul francescanesimo medievale, Assisi 1991, pp. 173-202 e,dello stesso, Gli inizi cit.

104 Sulla fondazione della domus di San Bernardino presso Saluzzo nel 1471 cfr. MERLO, La dioce-si cit., p. 93, ID., Gli inizi cit., pp. 35-36 e BELTRAMO, L’architettura cit., p. 325 e bibliografia ivi indicata.

105 Che ospitava cinque frati: su di essa e sulla fondazione di Carmagnola cfr. Annales Minorumseu trium ordinum a sancto Francisco institutorum, auctore A. R. P. LUCA WADDINGO HIBERNO, t. XV(1492-1515), prope Florentiam 1933, p. 59. Sull’insediamento degli Osservanti a Carmagnola, sollecitatodai canonici della collegiata nel corso dei già ricordati contrasti con gli Agostiniani, cfr. inoltre MERLO,Gli inizi cit., pp. 37-38. Tra il 1490 e il 1493 fu formalizzata anche l’istituzione di una domus francesca-na dedicata a Santa Maria degli Angeli presso Busca, situata nei domini sabaudi, ma dal 1513 parte del-la diocesi di Saluzzo: Annales Minorum cit., p. 59 e DAO, La Chiesa cit., p. 259.

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catori annoverarono una comunità femminile, istituita presso la capitale del marche-sato da Agnese degli Isnardi di Sanfré nel 1491 106; gli Agostiniani infine – insediati-si a Carmagnola dal 1397 107 – consolidarono la loro presenza nel dominio con le do-mus istituite nel 1491 a Barge 108 e, dieci anni più tardi, a Saluzzo.

In attesa di auspicabili approfondimenti sulle circostanze che sostennero l’e-spansione dei Minori e dei Predicatori durante il governo di Ludovico II, è certoche fu il diretto intervento del marchese a sollecitare quest’ultimo insediamento: po-sta la prima pietra del convento il 3 febbraio 1500 « in burgo vetere Sancti Marti-ni », Ludovico si accollò buona parte degli oneri del cantiere e sollecitò l’affida-mento della nuova fondazione agli Agostiniani della provincia lombarda 109.

Voluta « ad maiorem Dei gloriam et suorum subditorum beneficium», integra-zione dell’iniziativa di un saluzzese – quel Giovanni Andrea Castellar che nel suoCharneto non mancò di ricordare orgogliosamente il prestigioso partner del proget-to 110 –, ma, al contempo, estremo monumento alla pietas del principe – effigiato sul-le monete poste nelle fondazioni del cenobio e oggetto delle incessanti preghiere deifrati 111 – la fondazione della domus agostiniana può essere considerata una sintesisuggestiva della politica ecclesiastica di Ludovico II di Saluzzo. Politica estrema-mente ambiziosa, essa risentì certamente della atavica fragilità del dominio ma ap-prodò egualmente a esiti proficui, che durante la reggenza di Margherita di Foix sisarebbero tradotti in maniera per certi versi eclatante nell’istituzione della diocesisaluzzese e nella promozione della capitale del marchesato a città. Tali successi do-vettero molto, appunto, alla capacità di Ludovico II di captare e di farsi promotoredelle istanze locali, si trattasse di sostenere le aspirazioni di promozione sociale del-le élites borghigiane o di avallare iniziative dei ceti dirigenti a tutela delle tradizio-nali istituzioni ecclesiastiche o, ancora, di salvaguardare prerogative di antica datanon pregiudizievoli per l’egemonia marchionale 112. In tal modo, le relazioni tra Lu-dovico II e le chiese del dominio intesero configurarsi nel segno di un più ampiocoordinamento e di raccordo delle sollecitazioni di natura non esclusivamente reli-giosa provenienti dai corpi locali. Per questo, credo, pur conservando stretti legamicon la collegiata della capitale del marchesato – si veda il concorso di Ludovico IIal cantiere del futuro duomo113 –, la casa marchionale continuò ad avere altrove illuogo consacrato alla celebrazione del proprio potere sacrale, come ben esemplifi-cato dalla sintetica narrazione delle esequie del marchese:

106 Sul convento dell’Annunciata cfr. MULETTI, Memorie cit., p. 321.107 CURLO, Il Memoriale cit., pp. 35-42; MENOCHIO, Memorie storiche cit., pp. 73 e 74.108 DAO, La Chiesa cit., p. 258.109 Cfr. l’atto di fondazione del convento in MULETTI, Memorie cit., pp. 369-370, ma si vedano an-

che i cenni in Memoriale cit., p. 447, entrambi ripresi da SAVIO, Saluzzo cit., p. 107 e da DAO, La Chie-sa cit., p. 256.

110 Memoriale cit., p. 447.111 Come promesso dal priore Nicola da Cremona nell’instrumentum di fondazione: MULETTI, Me-

morie cit., p. 370.112 Un esempio in tal senso è offerto dalla dichiarazione con la quale il 27 febbraio 1492 Ludovi-

co II riconobbe le prerogative delle monache di Rifreddo sulle comunità di Rifreddo e di Gambasca, chepure ricadevano sotto la giurisdizione del marchese: MULETTI, Memorie cit., p. 329, con testo della di-chiarazione; DAO, La Chiesa cit., p. 219.

113 Sulla partecipazione del marchese alla ricostruzione della chiesa, avviata nel 1491 e sostenutasoprattutto dalla comunità, cfr. MULETTI, Memorie cit., pp. 321-322 e 359, SAVIO, Saluzzo cit., pp. 102-106, CHIATTONE, La costruzione cit., p. 194.

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« ...et estesemo circha octo iorni a venire de Gienoa a Saluce, et arivasemo circha l’AveMaria de la sera et portasemo ala Pieve dito chorpo et fo riceputo per lo vescho con tuti lireligiosi de Saluce honorevomente et stete per quela note in dita giesia. Lo indomane si por-tò solenamente dito chorpo in santo Domeni donda è la sepultura antiqua deli marchissi etgli fo fato uno grandissimo honore » 114.

114 Memoriale cit., p. 456.

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