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Monitorare e supportare le carriere universitarie. Un esempio di ricerca-azione

Date post: 08-Dec-2023
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75 Monitorare e supportare le carriere universitarie. Un esempio di ricerca-azione di Stefano Gonnella, Laura Occhini * Il presente contributo vuole essere sostanzialmente una presentazione delle azioni di monitoraggio e supporto delle carriere universitarie svolte nel corso dell’anno accademico 2014-2015 dal Dipartimento di Scienze della formazione, Scienze umane e della Comunicazione interculturale (DSFUCI), sede di Arezzo dell’Università degli Studi di Siena. Quadro di riferimento generale di tali azioni è stato il piano di programmazione trien- nale di Ateneo 2013-2015, richiesto a tutte le università statali italiane dal decreto ministeriale n° 827 del 15/10/2013, con il quale l’Università di Sie- na ha individuato quattro priorità strategiche, declinate in altrettanti pro- grammi: sviluppo sostenibile, occupabilità, internazionalizzazione e servizi agli studenti (UNISI, 2013 a ). Le iniziative del DSFUCI si sono pertanto configurate in accordo con le indicazioni del piano riguardanti il quarto in- dirizzo strategico, quello dei servizi agli studenti. Il programma Servizi per lo studente dell’Università di Siena ha fatto proprie a sua volta le linee ministeriali volte a promuovere le azioni di orientamento in ingresso, in itinere e in uscita dal percorso di studi, miranti a ridurre la dispersione studentesca e favorire un più agevole inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. Per coordinare e gestire in maniera otti- male gli interventi, il programma generale Servizi per lo studente è stato suddiviso in due macroprogetti, USiena Welcome e Santa Chiara Lab, a lo- ro volta articolati in molteplici e più specifici progetti. Le iniziative del DSFUCI per il monitoraggio e il supporto delle carriere universitarie si so- no collegate organicamente al progetto Tutorato e monitoraggio carriere * Il testo è frutto del lavoro e della riflessione comune dei due autori. In particolare, Ste- fano Gonnella ha curato i paragrafi 1-4, mentre Laura Occhini ha scritto i paragrafi 5-6. Educational Reflective Practices, 2/2015 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Content accessed by Università di Siena [IP address 193.205.6.111] on 04/07/2018
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Monitorare e supportare le carriere universitarie. Un esempio di ricerca-azione di Stefano Gonnella, Laura Occhini *

Il presente contributo vuole essere sostanzialmente una presentazione delle azioni di monitoraggio e supporto delle carriere universitarie svolte nel corso dell’anno accademico 2014-2015 dal Dipartimento di Scienze della formazione, Scienze umane e della Comunicazione interculturale (DSFUCI), sede di Arezzo dell’Università degli Studi di Siena. Quadro di riferimento generale di tali azioni è stato il piano di programmazione trien-nale di Ateneo 2013-2015, richiesto a tutte le università statali italiane dal decreto ministeriale n° 827 del 15/10/2013, con il quale l’Università di Sie-na ha individuato quattro priorità strategiche, declinate in altrettanti pro-grammi: sviluppo sostenibile, occupabilità, internazionalizzazione e servizi agli studenti (UNISI, 2013a). Le iniziative del DSFUCI si sono pertanto configurate in accordo con le indicazioni del piano riguardanti il quarto in-dirizzo strategico, quello dei servizi agli studenti.

Il programma Servizi per lo studente dell’Università di Siena ha fatto proprie a sua volta le linee ministeriali volte a promuovere le azioni di orientamento in ingresso, in itinere e in uscita dal percorso di studi, miranti a ridurre la dispersione studentesca e favorire un più agevole inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. Per coordinare e gestire in maniera otti-male gli interventi, il programma generale Servizi per lo studente è stato suddiviso in due macroprogetti, USiena Welcome e Santa Chiara Lab, a lo-ro volta articolati in molteplici e più specifici progetti. Le iniziative del DSFUCI per il monitoraggio e il supporto delle carriere universitarie si so-no collegate organicamente al progetto Tutorato e monitoraggio carriere

* Il testo è frutto del lavoro e della riflessione comune dei due autori. In particolare, Ste-

fano Gonnella ha curato i paragrafi 1-4, mentre Laura Occhini ha scritto i paragrafi 5-6.

Educational Reflective Practices, 2/2015

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universitarie, compreso nel macroprogetto USiena Welcome (UNISI, 2013b).

Presupposti generali degli interventi di supporto Negli ultimi anni i temi della dispersione universitaria e del ritardo

nell’acquisizione del titolo di studio sono stati più volte al centro del dibat-tito accademico. Nel documento elaborato al termine della sua adunanza del 7 novembre 2012, ad esempio, il Consiglio Universitario Nazionale ri-cordava che “la permanenza di studenti fuori corso nelle Università Italiane per un elevato numero di anni costituisce un fenomeno anomalo rispetto alla maggior parte dei sistemi della formazione superiore di altri paesi OCSE” (CUN, 2012). In quell’occasione, al fine di prevenire i condizio-namenti di eventuali politiche ministeriali che potessero risultare penaliz-zanti nei confronti degli Atenei con un alto numero di fuori corso, il CUN sollecitava l’elaborazione di opportuni “sistemi informativi delle carriere” (CUN, 2012), ovvero strumenti in grado di assicurare la necessaria omoge-neità dei dati disponibili, al fine di avviare efficaci interventi di monitorag-gio e sostegno delle carriere degli studenti universitari.

Raccogliere e soprattutto rendere commensurabili i dati di tutti gli iscrit-ti fuori corso, oltre a consentire di avere finalmente un quadro congruente del problema, permetterebbe di intraprendere quelle analisi più dettagliate che finora non è stato possibile sviluppare e che sarebbero invece necessa-rie per qualunque strategia di intervento, come segnalava già nel 2010 uno dei pochi articoli dedicati alla questione degli abbandoni e dei ritardi uni-versitari in Italia:

«The non existence of a reliable Italian national dataset with complete individual students records has limited for many years empirical analy-sis on the Italian experience.» (Belloc, et al., 2010, p. 129).

Di fatto, anche se implicitamente, l’intervento ufficiale del CUN non fa-

ceva che rimarcare l’assenza di una strategia complessiva di prevenzione del fenomeno dei fuori corso e dunque l’inefficacia dei servizi di supporto agli studenti offerti fino al termine del 2012 dalle università italiane.

In effetti, nell’anno accademico 2010/2011 il numero di coloro che non avevano completato il loro percorso di studi entro i tempi previsti aveva raggiunto il 34% circa del totale, per la precisione il 33,59%, ovvero 598.512 studenti su 1.781.786 iscritti. Ad aprile del 2012, il Decreto Mini-steriale n. 71 aveva contribuito ad alzare il tasso di incertezza e preoccupa-

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zione negli atenei italiani, e non solo tra gli studenti, prospettando in buona sostanza l’aumento delle tasse universitarie come soluzione principale per risolvere il problema dei fuori corso. Più precisamente, il DM n. 71 inter-veniva per la prima volta a modificare il meccanismo di calcolo delle entra-te che ogni ateneo può ricavare dalle tasse degli studenti. Le regole in vigo-re fino allora stabilivano che un ateneo non potesse ottenere dalle tasse uni-versitarie più del 20% di quanto ricevuto come FFO, fondo di finanziamen-to ordinario, dal MIUR, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il decreto invece, pur senza imporre direttamente nulla alle univer-sità, stabiliva che l’importo delle tasse pagate dagli studenti fuori corso fos-se scorporato dal conteggio della quota del 20%, dando così sostanzialmen-te via libera a ogni eventuale aumento che gli atenei d’ora in avanti avesse-ro ritenuto opportuno applicare a carico di costoro.

Questa logica si è poi consolidata nei criteri di assegnazione del FFO per il 2015, con l’inserimento del “costo studente” fra i parametri in base ai quali calcolare la ripartizione dei finanziamenti alle università e con l’introduzione della nozione di “iscritto entro la durata normale del corso di studio”, con la quale vengono esclusi i fuori corso dal conteggio dei costi che ogni ateneo deve sostenere per la sua attività didattica. In riferimento al costo standard, il Decreto interministeriale (MIUR e MEF) n. 893 del 9 di-cembre 2014, Art. 1, comma 1, ha stabilito quanto segue:

«Ai fini del presente decreto, il concetto di studente in corso è riferito alla condizione di studente iscritto entro la durata normale del corso di studi. A tal fine sono considerati esclusivamente gli studenti regolar-mente iscritti nell’Ateneo da un numero di anni complessivi non supe-riore alla durata normale del corso frequentato.»

La revisione delle procedure di finanziamento ordinario degli atenei do-

vrebbe essere dettata dall’esigenza di attribuire maggior peso ai tassi di re-golarità nei percorsi di studio. Tuttavia, l’idea di fondo, espressa in più sedi e più occasioni − e nel 2012 ribadita dall’allora ministro dell’Istruzione Profumo − è che gli studenti fuori corso siano sostanzialmente dei fannul-loni da sollecitare e incalzare (Santarpia, 2012; Piccolo, 2012). Il pungolo dell’aumento delle tasse, secondo questa visione, non sarebbe altro che un robusto incoraggiamento a non perdere tempo e a laurearsi entro la durata legale del proprio corso di laurea (Bruni, 2014, p. 51).

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Dati da interpretare Sorvolando per il momento sull’opportunità di questa valutazione e met-

tendo tra parentesi il luogo comune che l’Italia sia l’unico Paese in cui il sistema universitario contempla la possibilità del fuori corso, proviamo piuttosto a consultare i documenti e i dati disponibili. I rapporti sul Profilo dei Laureati che il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea fornisce ogni anno, ad esempio, sembrano rinviare un’immagine meno preoccupante, an-che se non mancano di segnalare il ritardo che il nostro Paese ha accumula-to nei confronti del contesto europeo e internazionale (AlmaLaurea, 2015).

Attenendoci dunque ai dati raccolti da AlmaLaurea, possiamo notare che dall’anno successivo a quello di applicazione della riforma universita-ria del “3+2” ad oggi, l’indice di ritardo alla laurea è sceso progressivamen-te di anno in anno, così come è calata l’età degli studenti al momento in cui conseguono la laurea. Più precisamente, dal 2003 al 2014 l’indice di ritardo è sceso in media da 2,9 anni a 1,3, mentre l’età alla laurea è passata da 27,9 anni a 26,9 (AlmaLaurea, 2015, p. 89). Un dato, quest’ultimo, che non ri-specchia adeguatamente la reale consistenza di questa positiva diminuzio-ne. Si dà il caso, infatti, che il miglioramento emerso da questi rilevamenti sia parzialmente occultato dal parallelo innalzamento dell’età della prima immatricolazione, che fa sì che l’età anagrafica dei laureati non sia più di-rettamente proporzionale al ritardo accumulato nel conseguire il titolo di studio.

«In precedenti edizioni del Rapporto sul Profilo dei Laureati AlmaLau-rea ha documentato come l’età alla laurea è diminuita in misura ap-prezzabile rispetto alla situazione pre-riforma se si tiene conto del fatto che il “3+2” – grazie all’accesso agli studi universitari di nuove fasce di popolazione – ha determinato il simultaneo elevarsi dell’età all’immatricolazione (...). Infatti, fra i laureati del 2014 quasi uno su cinque (23%) si è immatricolato con 2 o più anni di ritardo; fra i soli laureati di primo livello, l’incidenza di “ritardatari” all’immatrico-lazione è del 16% (...).» (Gasperoni, 2015, p. 21).

In altre e più semplici parole, il fatto che i laureati italiani conseguano il

loro titolo a un’età di circa ventisette anni, non significa che abbiano tra-scorso all’università più o meno otto anni della loro vita, perché molti di loro si sono iscritti dopo l’“età teorica attesa”, che in Italia è 19 anni.

«La regolarità nel concludere gli studi è vincolata alla durata effettiva degli studi, non all’età dei laureati, e costituisce un altro ambito in cui, come si è documentato in precedenti Rapporti, si è assistito a un mi-

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glioramento marcato. Il 45% del complesso dei laureati del 2014 ha concluso gli studi in corso, e un ulteriore 25% ha riportato un solo anno di ritardo. Solo il 12,5% termina gli studi 4 o più anni fuori corso. Con-tinua a diminuire, dunque, il ritardo alla laurea, cioè la durata degli stu-di in eccesso rispetto a quella legale, che è pari al 40% (...).» (Gaspero-ni, 2015, p. 21).

Il quadro offerto dal Profilo dei Laureati di AlmaLaurea, dunque, man-

tiene una tonalità positiva di fondo.

«Da questo punto di vista il miglioramento che si è verificato fra il 2002 e il 2014 è in ogni caso netto: i laureati in corso sono quasi qua-druplicati (dal 13 al 45%), mentre i laureati al terzo anno fuori corso e oltre sono scesi dal 51 al 19% (...). In media il ritardo alla laurea si è più che dimezzato, passando da 2,9 anni a 1,3.» (AlmaLaurea, 2015, p. 93).

I rilevamenti relativi all’ultimo decennio attestano un deciso migliora-

mento della situazione generale.

«L’indice di ritardo alla laurea, che rapporta il ritardo alla durata legale del corso, conferma pienamente il miglioramento avvenuto in termini di regolarità negli studi (...). Se i laureati nel 2002 avevano accumulato un ritardo corrispondente in media a quasi il 70% dell’intera durata del corso, nel 2014 l’indice è sceso al 40%, con evidenti differenze per tipo di corso di laurea (42% tra i triennali e 28% tra i magistrali e magistrali a ciclo unico).» (AlmaLaurea, 2015, p. 95).

Tuttavia, come non manca di segnalare puntualmente il Rapporto, siamo

ancora distanti da una condizione di stabile regolarità.

«Resta certamente ancora molto da fare, poiché il fatto che un anno di formazione “legale” comporti in media 1,40 anni di permanenza all’università non può essere considerato soddisfacente.» (AlmaLaurea, 2015, p. 95).

L’età del conseguimento della laurea appare ancora superiore a quella

congruente con la durata legale del corso di studio, dunque il problema del ritardo nelle carriere universitarie non è stato comunque risolto (AlmaLau-rea, 2015, p. 93).

Considerazioni alquanto simili, anche se non del tutto sovrapponibili, si possono ricavare dai dati ISTAT riguardanti l’istruzione universitaria. L’ultima edizione disponibile dell’Annuario Statistico Italiano è stata pub-

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blicata il 23 dicembre 2014 ed ha come periodo di riferimento l’anno 2013 (ISTAT, 2014a). Nella sezione dell’Annuario dedicata agli studi universita-ri, per quanto riguarda immatricolati, iscritti e laureati dei corsi di laurea di primo livello, l’anno accademico più recente preso in esame è il 2012/2013. Nella tabella riepilogativa (Tav. 7.6, p. 230) vengono confrontati i dati rela-tivi a cinque anni accademici, a partire dal 2008/2009, tuttavia per quanto riguarda i fuori corso, non ci sono numeri disponibili per l’ultimo anno 2012/2013, essendo cambiata la fonte statistica con l’implementazione del-l’Anagrafe degli Studenti. Ad ogni modo, per i quattro anni accademici consultabili, si registra una diminuzione degli studenti fuori corso, che pas-sano dal 34,3% del 2008/2009 al 32,5% del 2011/2012. Questo dato, tutta-via, si complica alquanto se lo confrontiamo con le percentuali dei laureati relative al medesimo arco di tempo. Qui si parte dal 54,3% di coloro che si sono laureati in condizione di fuori corso sul totale di tutti i laureati del 2008/2009, salendo poi al 57,2% del 2009/2010 e passando al 56,1% del 2010/2011, per attestarci infine al 55,5% del 2011/2012 (ISTAT, 2014a, p. 230).

Il Rapporto ANVUR 2013 conferma sostanzialmente i medesimi dati, anche se suddivisi per anno solare: nel 2009, il 57,2% dei laureati era fuori corso, nel 2010 il 56,2%, nel 2011 il 55,2% (ANVUR, 2014, p. 63).

Quello dei dati numerici è senz’altro un aspetto rilevante dell’intera questione, anche se, come appare da questa prima sommaria lettura, non sembra tanto facile avere un quadro omogeneo e congruente dell’intera si-tuazione (Checchi, 2014).

I dati quantitativi e statistici, oltre a non essere esaustivi e a richiedere accurate interpretazioni per essere eloquenti, andrebbero raccolti in maniera più articolata, ad esempio tenendo conto dell’estrema eterogeneità dei corsi di laurea all’interno del panorama universitario italiano (Sestito, 2010, p. 3). In altre parole, nella questione dei ritardi nella carriera universitaria en-trano in gioco più variabili, che per essere adeguatamente riconosciute ri-chiederebbero procedure di rilevamento più flessibili e integrazioni con strategie di analisi qualitativa anche di tipo sperimentale, non sempre prati-cate e condivise. Il caso di Unisi Arezzo

È innegabile che il fenomeno degli studenti fuori corso rappresenti una cartina al tornasole per la valutazione dell’efficienza didattica e organizza-tiva di un’università, ma è senz’altro discutibile l’idea che una penalizza-zione sul piano economico sia il modo migliore per risolvere la questione.

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Forse sarebbe il caso di concentrare l’attenzione su altri aspetti, mettendo a fuoco le motivazioni individuali e le radici sociali del ritardo universitario, cercando, anche qui, di raccogliere dati concreti e pertinenti, saltando a piè pari le banalizzazioni che qualificano gli studenti fuori corso come meri “svogliati” e fannulloni. In altre parole:

«Per trovare rimedi efficaci occorre conoscere e riconoscere le cause vere del fenomeno non solo italiano dei fuori corso, che non possono essere offensivamente definiti “sfigati”, se non altro perché rappresen-tano oltre un terzo degli studenti universitari e in alcuni grandi Atenei come La Sapienza e la Federico II o in quelli del Sud e delle Isole sono oltre il 40%» (Galliani, 2014, p. 9).

In pieno accordo con questa visione, che si fa carico della questione

senza sottovalutarne le molteplici implicazioni, nella prima metà del 2015 il DSFUCI ha intrapreso alcune iniziative per il monitoraggio e il supporto delle carriere universitarie, finalizzate a: diminuire il numero di abbandoni; diminuire il numero di studenti fuori corso; diminuire l’indice di ritardo, ovvero il rapporto tra i tempi di consegui-

mento della laurea e la durata legale del corso di studio. Nel mese di maggio 2015, ai corsi di laurea di laurea di primo e di se-

condo livello afferenti al nostro Dipartimento sono iscritti 220 studenti fuo-ri corso. La maggior parte di loro, l’89% circa del totale, è fuori corso da uno a tre anni. Si tratta di 196 studenti, di cui 113 fuori corso da un anno, 50 da due anni e 33 da tre anni (157 iscritti a corsi di laurea di primo livel-lo, 39 di secondo livello).

Già da una prima lettura di questi dati numerici, si ricava un’indicazione utile per pianificare gli interventi di sostegno e recupero. Il maggior nume-ro di fuori corso è infatti iscritto a due corsi di laurea triennali e in entrambi i corsi la quasi totalità degli studenti è fuori corso da un solo anno (il 97,5% a Lingue e il 97% a Studi Umanistici), mentre il numero degli iscritti fuori corso da due anni praticamente si azzera. Questa drastica riduzione rimanda ad una sorta di ritardo “fisiologico”, dovuto a difficoltà sicuramente supe-rabili con interventi di supporto mirato, ad esempio con l’offerta di didatti-ca integrativa per gli esami più difficili da superare e con un’assistenza più capillare per tutto ciò che riguarda la realizzazione dell’elaborato finale.

Per inquadrare la situazione del DSFUCI nel contesto generale dell’Ateneo, possiamo constatare che alla data del 17 maggio 2015 la per-centuale di fuori corso sul totale degli iscritti a tutti i corsi di laurea dei

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quindici Dipartimenti dell’Università di Siena è 28,7%, mentre la percen-tuale di fuori corso del nostro Dipartimento è 30,2%, dunque leggermente più alta della media. Tuttavia il DSFUCI, pur essendo quello con il mag-gior numero di studenti fra i quattro dipartimenti senesi di Area Umanisti-ca, nella speciale “graduatoria” dei ritardi nelle carriere è preceduto da altri due dipartimenti, in cui gli studenti fuori corso sono rispettivamente il 32,4% e il 40,7% degli iscritti.

A questa constatazione si può associare un ulteriore elemento positivo. Nella classifica compilata in base alla quota di iscritti fuori corso in tutte le università italiane, l’Università di Siena risulta al 48° posto tra i 65 Atenei Statali, a pari merito con l’Università dell’Insubria, con una percentuale di fuori corso del 34,4%, ben distante dagli Atenei ai vertici della graduatoria, che hanno il 53,3% dei loro iscritti fuori corso (ANVUR, 2014, pp. 120-121; Trovati, 2014). Quota che si è poi ulteriormente abbassata nel corrente anno accademico, come appena riportato, scendendo al 28,7% di studenti fuori corso nel mese di maggio 2015. Tuttavia, nonostante le condizioni si-curamente non allarmanti, il DSFUCI ha comunque deciso di non trascura-re il fenomeno e di intraprendere azioni di supporto e monitoraggio delle carriere.

Come già accennato, il mero dato numerico è solo un elemento parziale nella ricognizione delle carriere universitarie (Schizzerotto & Denti, 2005, p. 2). I dati ricavati da fonti amministrative, come mostrano alcune rilevanti esperienze in altri Atenei, vanno integrati con altri elementi, ricavabili solo attraverso indagini di tipo qualitativo (Zago, et al., 2014).

«Institutional data on the Italian university population, such as those provided by ISTAT or by similar institutions (...), may not include in-dividual explanatory factors potentially relevant on the drop-out proba-bility.» (Belloc, et al., 2010, p. 130).

In effetti, nonostante la presenza di alcune tipologie ricorrenti, il mosai-

co delle motivazioni personali che stanno alla base dei ritardi è più sfug-gente e indefinito di quanto si possa immaginare e non sarebbe saggio né opportuno sottovalutare la presenza di tali variabili, se si vogliono effetti-vamente aiutare gli studenti che hanno bisogno di un supporto. Ad esem-pio, la risposta al problema dei ritardi non può non implicare un ripensa-mento dell’offerta didattica e una riorganizzazione delle attività formative alla luce delle reali difficoltà incontrate dagli studenti (Galliani, 2014, p. 10). Soprattutto tenendo conto del fatto che tali difficoltà spesso non di-pendono esclusivamente dalle loro singole capacità o dai talenti personali, a volte male indirizzati da un mancato o insufficiente orientamento.

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«Prevenire abbandoni e ritardi significa evitare che gli studenti si iscri-vano a corsi di laurea di cui non conoscono le caratteristiche.» (Sestito, 2010, p. 4).

Invece,

«(…) troppo spesso le Università non sanno (e non si curano di sapere) se i propri studenti stiano o no perseguendo il percorso di studi teori-camente previsto, né si curano di aiutare lo studente a definire un per-corso di studi ragionevole, limitandosi, ben che vada, a fissare un regi-me di propedeuticità che impedisca percorsi palesemente irragionevo-li.» (Cipollone, et al., 2012, p. 32).

Ma questo è un altro tema, che non c’è spazio per affrontare in questa

sede. Basti solo ricordare che si tratta di una questione di cui è stata ribadita più volte la rilevanza, ad esempio dal CUN, nella adunanza dedicata al mo-dello del «costo standard» per studente nel calcolo dei trasferimenti alle Università, introdotto dal Decreto n. 893/2014, nel corso della quale veniva segnalato il fatto che:

«(…) il modello adottato esclude completamente gli studenti fuori cor-so e tale scelta potrebbe indurre gli Atenei a comportamenti non virtuo-si per ridurre il numero degli studenti fuori corso, effetto che dovrebbe, invece, essere ottenuto con altri metodi quali, principalmente, l’orientamento e l’organizzazione dei corsi di studio.» (CUN, 2015, p. 1).

Linee generali dell’intervento Il piano del Dipartimento, come detto all’inizio, si è affiancato al pro-

getto di Ateneo Monitoraggio e supporto della carriera universitaria, fina-lizzato a rilevare le particolari esigenze di alcune tipologie di studenti con ritardi nell’iter accademico, nella fattispecie studenti che avevano interrotto gli studi da almeno un anno o che non avevano mai iniziato la loro carriera, prendendo come riferimento l’anno solare 2013. A queste due tipologie di iscritti, il piano di intervento del DSFUCI ha aggiunto anche i suoi studenti fuori corso (da uno a tre anni) e quelli immatricolati nell’a.a. 2013/2014 che al termine del loro primo anno di corso non avevano ancora sostenuto alcun esame.

Una studentessa tutor selezionata per il Progetto di Ateneo è stata inca-ricata di contattare via e-mail e per telefono una prima coorte di 93 studen-

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ti, di cui 49 in corso e 44 fuori corso, iscritti a corsi di laurea di cui il nostro Dipartimento è titolare o contitolare assieme ad altri dipartimenti dell’Ateneo senese. Nei suoi contatti telefonici, la Tutor ha proposto agli studenti che accettavano il colloquio una breve intervista, seguendo la trac-cia di un questionario, per sondare le motivazioni che li avevano portati a sospendere l’impegno universitario e per offrire assistenza e supporto tuto-riale.

I primi dati emersi dalla ricognizione svolta dalla Tutor del Progetto di Ateneo si possono riepilogare come segue:

1. studenti interpellati e interessati ad attività di sostegno: 20; 2. studenti interpellati e non interessati ad attività di sostegno: 42; 3. studenti interpellati e intenzionati a rinunciare agli studi: 3; 4. studenti che non hanno mai risposto ai tentativi di contatto: 28.

Più di un quinto degli studenti contattati (21,5%) dunque, si è detto inte-

ressato alle eventuali iniziative di supporto ed ha segnalato, spesso detta-gliatamente, i problemi incontrati e i motivi del ritardo.

Tutti questi dati sono stati raccolti su un database e inoltrati dalla Tutor ai docenti referenti del Dipartimento, i quali hanno ricavato alcuni report essenziali, distribuendoli poi ai Comitati per la Didattica direttamente coin-volti, che a loro volta si sono attivati proponendo iniziative specifiche al fine di aiutare gli studenti a superare gli ostacoli che impedivano il comple-tamento del loro percorso di studio. La Tutor ha poi effettuato ulteriori in-terviste, seguendo il piano del Dipartimento e rivolgendosi anche agli stu-denti fuori corso che non rientravano nelle tipologie previste dal Progetto di Ateneo.

Il colloquio diretto, per quanto formalizzato dalla traccia del questiona-rio, si è confermato ancora una volta un utile strumento per attingere in-formazioni sulle motivazioni personali e le cause oggettive dei ritardi nel percorso universitario. Tutte le attività di monitoraggio e supporto sono sta-te svolte dai Docenti Tutor e dai Comitati per la Didattica, in coordinamen-to tra loro.

Nonostante la varietà dei casi e delle ragioni, per quanto riguarda ad esempio la situazione socioeconomica degli studenti, sono state individuate alcune tipologie ricorrenti, che è possibile descrivere riprendendo la con-sueta classificazione impiegata nei rapporti di AlmaLaurea, ovvero la di-stinzione tra studenti lavoratori, lavoratori studenti e studenti in difficoltà (Galliani, 2014, p. 9).

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a) Gli studenti lavoratori sono in genere giovani che si mantengono agli studi svolgendo attività lavorative spesso precarie o di basso li-vello, che non hanno alle spalle genitori in grado di sostenerli eco-nomicamente oppure hanno intrapreso il tentativo di rendersi indi-pendenti dalla famiglia di origine. A causa di questo ulteriore impe-gno, il loro iter universitario si svolge con tempi più lenti e dilatati rispetto quelli regolari.

b) I lavoratori studenti sono invece per la maggior parte studenti maturi già avviati in un percorso lavorativo più stabile e definito, che hanno spesso una famiglia propria e si sono iscritti all’università per acqui-sire un titolo utile ai fini della professione che svolgono o per colti-vare passioni e interessi culturali. Si tratta di studenti, a volte già in possesso di una prima laurea, che allungano volontariamente e con-sapevolmente i loro tempi di studio.

c) Gli studenti in difficoltà, infine, sono quegli studenti che non sem-brano avere giustificazioni oggettive per il loro ritardo negli studi, avendo a disposizione tutto il tempo necessario e il sostegno econo-mico delle famiglie. La loro condizione di fuori corso sembra essere quindi dovuta a irrisolte difficoltà di apprendimento, derivante preva-lentemente da metodi di studio scorretti e in molti casi dal fatto di aver intrapreso percorsi di laurea non idonei alle inclinazioni e atti-tudini personali (Galliani, 2014).

I primi interventi di sostegno sono stati organizzati tenendo conto anche

di queste distinzioni. Ad esempio, i docenti tutor del corso di laurea in Lin-gue, per consentire anche agli studenti lavoratori di ricevere un supporto individuale, hanno ampliato i loro orari di ricevimento assicurando una pre-senza pomeridiana ed hanno elaborato e messo a disposizione degli interes-sati appositi materiali didattici sulla piattaforma Moodle del Centro Lingui-stico di Ateneo. Inoltre, agli studenti che avevano segnalato particolari dif-ficoltà con gli esami di Inglese, sono stati offerti incontri individuali duran-te i quali analizzare assieme ai docenti gli errori fatti nelle prove scritte e la possibilità di concordare un piano di studio/ripasso personalizzato.

Ad aprile 2015 nella sede del DSFUCI è stata inaugurata la struttura po-livalente CampusLab, aperta alla frequentazione degli studenti e dotata di spazi per il lavoro seminariale e di gruppo, nonché di numerose stanze at-trezzate con materiali di studio per l’autoapprendimento e l’autoverifica. Nel settore dedicato alle Lingue all’interno di CampusLab, è stata organiz-zata una serie di incontri concepiti per gli studenti di lingua inglese fuori corso, in difficoltà o con debiti formativi in ingresso, con l’obiettivo di consolidare le loro competenze nella traduzione in vista degli esami scritti

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di mediazione inglese, soprattutto attraverso esercitazioni in piccoli gruppi con il supporto del docente.

Analoghe attività di coinvolgimento e rilevamento con i tradizionali strumenti di contatto − posta elettronica e telefono − hanno riguardato an-che gli studenti che al primo anno di corso non avevano ancora sostenuto alcun esame. Tuttavia, l’esperienza senz’altro più proficua e originale è sta-ta quella dell’utilizzo dei Social Network, in particolare FaceBook, nelle attività di supporto e tutorato svolte nella prima metà del 2015 dal DSFUCI. I Social Network: uno strumento informale per il recupero del ritardo nella carriera universitaria

Dal gruppo generale del campione sono stati estrapolati i 44 studenti del corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione che risul-tavano in ritardo con la carriera (da un minimo di 1 anno ad un massimo di 5 anni). Il campione è costituito da un 9% di soggetti maschili e un 91% di soggetti femminili (in congruenza con la suddivisione di genere degli iscrit-ti regolari al corso di laurea). L’età media è di 28,5 anni (min. 23 – max 62).

Si è provveduto a contattare ognuno di loro attraverso il profilo Fa-cebook di una docente del corso, disponibile a seguire successivamente l’evoluzione del contatto. La scelta di prediligere Facebook come strumen-to di contatto è basato sulle sue caratteristiche specifiche:

1) L’uso capillare e quotidiano fra i soggetti con età media simile a

quella del nostro campione (ISTAT, 2014b). 2) Informalità. Per sua intrinseca caratteristica Facebook (da ora FB) è

un luogo virtuale in cui la comunicazione è tipicamente informale. Essere raggiunti da una mail del docente assume connotazioni rela-zionali istituzionali che, invece, perdono il loro potere inibente nella chat di FB (Selwyn, 2012).

3) Immediatezza. Le comunicazioni FB sono immediate. Chi riceve un messaggio trova una notifica sullo schermo dello smartphone/tablet o appena ha accesso al PC. Questo garantisce che la comunicazione non subisca ritardi o impedimenti.

4) Disinibizione. La comunicazione virtuale facilita il passaggio di in-formazioni che può essere imbarazzante o difficile trasmettere in un colloquio vis-à-vis o in una conversazione telefonica (Suler, 2004).

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Appare evidente che non è consigliabile restare indifferenti agli aspetti negativi e a quelli critici dell’uso di un Social Network. È necessario, quin-di, tener conto di alcune fragilità del sistema quando si va a contattare uno studente per comunicargli dati sensibili sul suo conto:

1) Identità. Assicurarsi che il profilo appartenga realmente alla persona

che si intende raggiungere (controllare le informazioni di contatto, le amicizie comuni e la coerenza dei dati anagrafici con quelli di cui si è in possesso).

2) Privacy. Non contattare gli studenti in “gruppi di contatto” ma solo singolarmente. Inviare un messaggio comune significa rendere noto a tutti i partecipanti la presenza degli altri e le loro risposte.

3) Comfort Zone virtuale. Contattare lo studente senza chiederne l’amicizia (ossia senza aggiungerlo alla cerchia dei contatti virtuali), non commentare o valutare i contenuti che pubblica, non aderire alle pagine che frequenta. Un comportamento irrispettoso della Comfort Zone virtuale inficia il risultato che si vuole ottenere attraverso il contatto.

4) Competenze relazioni compatibili. La comunicazione attraverso un Social Network ha regole e usi non formali piuttosto rigidi a cui è necessario adattarsi. Una volta contattato lo studente e una volta ot-tenuta la sua risposta, il contatto deve essere mantenuto rispettando il principio di informalità e di immediatezza. È giocoforza accettarne i linguaggi e le forme disinibite (come l’uso delle emoticon al posto dei saluti formali o per comunicare particolari stati d’animo) ma è anche consigliato acquisirle come proprie (Chatfield, 2012).

La scelta di contattare gli studenti attraverso un social network, per

quanto apparentemente irrituale e informale, ha un supporto bibliografico che – pur se numericamente esiguo – confermerebbe che la strategia comu-nicativa può fornire dei buoni risultati laddove è consigliato un approccio relazione orientato al tutoring. Gli studi sistematici sull’e-tutoring nei luo-ghi di apprendimento (Vanin & Castelli, 2009; Bianchino, et al., 2012; Mattana, 2014) fino al suo utilizzo in ambiente clinico e psicologico (Biasi, et al., 2013; Veneroni, et al., 2014) sembrano confermare che la sua appli-cazione ha una funzione efficace nel prendere contatto e nel manifestare una disponibilità informale alla relazione, ma non riesce comunque a sosti-tuire efficacemente i rapporti interpersonali mirati alla modifica di un com-portamento.

Tutto ciò premesso, ci siamo apprestati a contattare gli studenti formu-lando una ipotesi di intervento così suddivisa:

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1) Ricerca dei profili FB degli studenti con ritardo nella carriera. 2) Invio di un messaggio di posta privata sul profilo in cui ci si rivol-

geva agli studenti con il loro nome di battesimo. Il messaggio, in-formale e diretto, forniva la disponibilità di un docente ad un in-contro ed un supporto:

«Cara o caro ________ sono la docente di (inserire la materia insegnata) presso il corso di laurea a cui lei è iscritta. La segreteria studenti mi ha segnalato che, ad oggi, lei risulta fuori corso. La contatto per sapere se posso in qualche modo esserle utile, se ha bisogno di una mano per riprende-re gli studi o se ci sono particolari problemi che parlando possiamo rimuovere. Mi farebbe molto piacere una sua risposta. Un caro salu-to».

3) Raccolta delle risposte e interruzione dei contatti con coloro che ri-spondono in maniera negativa all’offerta.

4) Raccolta dei contatti con chi richiede un incontro personalizzato.

Dalla prima fase si è potuto rilevare che il 2,3% del campione risulta non possedere un profilo personale in FB. Il dato – relativamente basso – non deve sorprendere, in quanto pienamente compatibile con i dati Censis (2013) e i dati ISTAT (2014b) rilevati negli ultimi due anni ed estrapolati sulla media d’età del campione prescelto. Il 4,5% (2), invece, ha impostato la privacy del profilo in modo tale che non è previsto l’invio di un messag-gio privato da chi non è direttamente iscritto alla cerchia di amici virtuali. Si potrebbe a questo punto essere tentati di chiedere l’amicizia allo studen-te; il comportamento violerebbe però il principio della Comfort Zone su esposto. Il messaggio del suo profilo è chiaro: lo studente ha scelto di inter-loquire virtualmente solo con persone cui è concessa l’autorizzazione a far-lo. Una forzatura sarebbe controproducente. Nei casi come questo si è pre-ferito ricorrere al tradizionale strumento del contatto telefonico da parte di uno studente tutor appositamente individuato dal consiglio di dipartimento e dai rispettivi comitati per la didattica.

Tab. 1 – Tabella riassuntiva dei risultati della 1ª e 2ª fase

Non hanno un profilo FB

Inaccessibilità del profilo

Non rispondono In prossimità della laurea

1 2,3% 2 4,5% 5 11,4% 9 20,4%

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L’11,4% (5) degli studenti contattati ha scelto di non rispondere al messaggio, pur avendolo letto1. Risulta assai difficoltoso interpretare questa scelta comunicativa dal momento che possono entrare in gioco molte varia-bili, ognuna delle quali resterebbe nell’ambito della spiegazione soggettiva non dimostrabile.

Circa 1/5 (9 studenti, il 20,4%) dei soggetti contattati ha risposto decli-nando l’offerta di aiuto dichiarando di essere in procinto di laurearsi entro l’ultima sessione dell’anno accademico in corso. Alcune risposte denotano un misto di sorpresa e piacere nel ricevere il messaggio di interessamento di un docente. Ne riportiamo una a titolo esemplificativo:

«La ringrazio per la sua disponibilità. In realtà a luglio mi laureo e la mia relatrice è la professoressa [omissis2]. Sono fuori corso perché lavo-ro a tempo pieno e ho avuto problemi di salute. Ho avuto un intervento al seno. Fortunatamente alla fine non si è rivelato nulla di troppo grave ma l’attesa e la paura mi hanno mandata fuori di testa! Io e il mio com-pagno adesso stiamo provando ad avere un figlio. In realtà ho già una laurea in media e giornalismo. Poi le circostanze della vita mi hanno portata a fare altro. Adesso le cose cominciano ad andare per il verso giusto!!!. Comunque sia mi ha fatto immenso piacere il suo messaggio. Non me lo sarei mai aspettato da nessun professore universitario! Le auguro una buona serata e la ringrazio ancora per avermi contattata.» Il primo dato significativo (e che colpisce anche in altre risposte) è il

ruolo che assume l’aspetto disinibitorio di FB nell’intera comunicazione. C’è da credere che, molto difficilmente, nel corso di una conversazione te-lefonica formale o nel corso di un colloquio vis-à-vis, le persone possano rivelare aspetti così intimi della propria esistenza o delle proprie difficoltà. La distanza prossemica, l’occultamento dell’identità fisica, permettono in questo caso di ricevere chiare motivazioni sul rallentamento degli studi senza che queste passino per il setaccio psicologico del “senso dell’op-portuno”.

Tra i 44 studenti contattati, quattro (9%) dichiarano una disabilità certi-ficata. Nonostante siano stati inclusi nel calcolo dei soggetti con ritardo nel-la carriera, ci sembra opportuno sottolineare che il campione in oggetto non dovrebbe essere valutato secondo parametri equivalenti a quelli degli altri studenti. Laddove sussista un dato clinico che inevitabilmente rallenta o

1 Lo strumento messaggistico di Facebook è dotato di un sistema di notifiche che per-mette al mittente di sapere quando il messaggio è stato consegnato, aperto e letto.

2 Abbiamo deciso di omettere, dai messaggi riportati per esteso, tutte quelle parti che po-trebbero rendere riconoscibile la persona che li ha scritti sostituendole con un [omissis] o, in caso di numeri, con degli asterischi (*).

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ostacola la performance del soggetto (quand’anche non si tratti di disturbi intellettivi o cognitivi) non è possibile valutare la stessa performance con i parametri applicati ai normodotati (legge 170/10; legge 104/92).

Tab. 2 – Tabella riassuntiva studenti con disabilità

Disabilità motoria

2 soggetti DSA 1 soggetto

Ipovisione acquisita 1 soggetto

1 disabilità congenita (regolarmente seguito dal Servizio Disabilità di di-partimento) 1 disabilità acquisita (il Servizio Disabilità non era mai stato contattato prima dell’incontro)

Regolarmente seguito dal Servizio Disabilità del Dipartimento

Il Servizio Disabilità non era mai stato contattato prima dell’incontro

Tutti e quattro gli studenti con disabilità hanno comunque accettato un

incontro con il docente in cui sono stati presi in considerazione i singoli piani di studio e le opportunità di facilitare il percorso universitario. Parti-colarmente utile si è rivelato l’incontro con gli studenti che non avevano mai avuto accesso al Servizio Disabilità del DSFUCI e che, in questa occa-sione, hanno potuto conoscere le opportunità che offre (anche da un punto di vista meramente burocratico).

La studentessa ipovedente ha richiesto un maggior livello di impegno re-lazionale dal momento che ha dichiarato notevoli difficoltà anche a livello familiare (il fratello minore con sindrome di Down, è in gran parte affidato alle sue cure). Le difficoltà di lettura sono state risolte, invece, in maniera agevole. Il Dipartimento, infatti, può farsi carico di comunicare ai docenti la necessità di trovare per la studentessa dei testi disponibili anche in versione e-book da scaricare in specifici supporti digitali con e-paper che favoriscono la lettura in soggetti con problemi di visione. In alternativa, e in maniera compatibile con le leggi sui diritti d’Autore, il docente può impegnarsi a ri-chiedere le versioni in PDF dei testi scelti da inserire negli e-reader di cui la studentessa è dotata. Ciò che colpisce, e su cui è giusto soffermare l’attenzione, è il fatto che la studentessa non abbia mai dichiarato questa dif-ficoltà (pagando poi lo scotto di un ritardo) se non attraverso un messaggio informale passato attraverso un social network altrettanto informale.

Dei 44 studenti contattati, 23 (52% sul totale), hanno risposto fornendo motivazioni, esprimendo la necessità di un colloquio o il bisogno di un so-stegno tutoriale vero e proprio.

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Tab. 3 – Tutoring agli studenti

Non richiedono sostegno

Senza docente per la tesi

Piano di studio da rivedere

5 22% 6 26% 12 52%

Cinque persone (22%), hanno motivato e dato giustificazione del loro ri-tardo ma non hanno chiesto espressamente un incontro con il docente tutor. A diretta offerta hanno declinato l’invito esplicitamente, come nel caso qui sotto:

«La ringrazio molto per il suo interessamento. Ho avuto dei problemi con la segreteria dell’università di [omissis] dove mi sono laureata nel 20** per la convalida dell’esame di inglese che poi non è stato possibile convalidare. Nella precedente carriera universitaria ho dato 2 esami di lingua inglese che però non possono essermi riconosciuti e quindi ho perso molto tempo per questa cosa. Adesso sto prendendo accordi per il tirocinio con la struttura dove farlo e mi sto preparando per fare il test di inglese. Grazie ancora per il suo interessamento è stata veramente gentile ma non ho bisogno di aiuto» In alcune risposte non si ottengono dei veri e propri rifiuti di un collo-

quio personale ma, pur evitando di accettare una qualsiasi forma di aiuto, lo studente utilizza il mezzo informale per motivare, definire o giustificare le proprie difficoltà:

«Gent.ma Prof.ssa [omissis], La ringrazio davvero per il Suo gentilis-simo messaggio e per il suo interessamento e mi scuso per il ritardo con il quale Le rispondo. Purtroppo i miei studi universitari rappresen-tano una questione irrisolta che provoca in me molto rammarico. Se quindi ha qualche minuto di tempo per leggere questo messaggio Le espongo la mia situazione. Subito dopo il diploma mi iscrissi alla Fa-coltà di [omissis] di [omissis] ma, dopo i primi due anni, venni assunta a tempo allora determinato presso le scuole dell’infanzia del Comune di [omissis]. Quel lavoro inizialmente giunto in maniera quasi inaspet-tata è poi diventato, in seguito a selezioni successive e ad un concorso, il mio lavoro stabile e tutt’oggi sono dipendente nello stesso comune in qualità di [omissis]. Tali impegni di lavoro mi hanno impedito di pro-seguire gli studi non riuscendo a trovare tempo e concentrazione ne-cessaria a garantire una preparazione adeguata a sostenere i vari esami. Tuttavia è sempre rimasto quel costante pensiero, quel dispia-cere per non aver portato avanti la mia carriera. Non ho mai saputo affrontare le cose con quel po’ di leggerezza necessaria cercando di

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trovare un compromesso tra studio e lavoro senza pretendere di fare entrambe le cose al meglio. Qualche anno fa decisi di ritentare iscri-vendomi al CdL in Scienze dell’educazione e della formazione di Arez-zo... ma gli anni passano, c’è il lavoro, la famiglia, un figlio e rita-gliarsi degli spazi è complicato. È come un filo che, stupidamente, non riesco né a recidere né a tessere. Mi scuso per essermi dilungata e La ringrazio ancora per avermi scritto. Forse un giorno la cercherò. Cor-diali saluti e buon lavoro.»

È inevitabile utilizzare una lente interpretativa psicologica per decodi-

ficare un messaggio che, spogliato del formalismo di una relazione top-down – e sostenuto da un mezzo che riduce le distanze di status – rileva il bisogno di condividere la propria esperienza emotiva legata ad un rallenta-mento vissuto come fallimento personale.

Sei studenti (26%) hanno invece dichiarato la loro difficoltà a farsi se-

guire da un docente per la redazione dell’elaborato finale pur non attri-buendo a questa motivazione la totale responsabilità del ritardo. Dobbiamo quindi prendere atto che, in questo specifico settore, il nostro Dipartimento manifesta una criticità che – al di là della soluzione temporanea – va elabo-rata e discussa in maniera organica ed istituzionale. Il contatto FB, in que-sto caso, ha permesso alle studentesse di manifestare l’esigenza di un in-contro risolutivo: più precisamente le studentesse che si sono presentate al colloquio lo hanno fatto chiedendo una soluzione in tempi rapidi. Ricono-scendo che l’esigenza non poteva che essere considerata legittima il docen-te tutor si è impegnato ad assegnare loro una docente disponibile. Al mo-mento, cinque di loro si sono laureate.

Per i dodici soggetti rimanenti (52%) i colloqui hanno coinvolto gli

aspetti puramente accademici (piani di studio, riassetto della carriera, valu-tazione ipotetica dei tempi per la conclusione, assegnazione ad una com-missione appositamente formata per quegli insegnamenti non più attivi nel corso di laurea, etc.) ma, in molti casi, anche una sorta di coaching motiva-zionale in cui non sono mancati momenti che hanno coinvolto gli aspetti emotivi, affettivi e familiari degli studenti. Sono state raccolte storie di dif-ficoltà familiari, di malattie che sono entrate prepotentemente nelle storie di vita e nelle speranze degli studenti. Storie di difficoltà economiche e storie di maternità inaspettate. Emozionante la risposta di una studentessa che in-via la foto di una neonata:

«Eccolo il motivo del perché ho rallentato negli studi. Si chiama [omissis] e ha 3 mesi. Cara professoressa che bello sentirla! Mi manca

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lei e mi manca la nostra facoltà. La gravidanza non era prevista e non è stata facile fisicamente. Mi dia un po’ di tempo per riprendere fiato, tanto io so che la troverò… la abbraccio e la ringrazio»

Abbiamo provato a quantificare le motivazioni fornite dai 23 soggetti

che hanno accettato di comunicarle attraverso i messaggi FB o che le hanno esplicitate nel corso degli incontri (vedi tab. 4). La suddivisione non è da considerarsi rigidamente esaustiva: molte studentesse, infatti, rientravano in più di una categoria motivazionale. La scelta di far rientrare un soggetto in un campione è stata fatta, quindi, definendo la significatività della motiva-zione sul ritardo secondo la soggettiva interpretazione dello studente inter-vistato.

I dati evidenziano che poco meno di un quarto degli studenti lamenta difficoltà con una disciplina (o più discipline specifiche). Di questi, la maggioranza (4 su 5), lamenta una difficoltà personale nel superare l’idoneità di lingua inglese. Solo in un caso il disagio è stato attribuito a una difficoltà relazionale con un docente ed anche qui l’influenza delle at-tribuzioni totalmente soggettive non permette di considerarlo come un pro-blema organizzativo o istituzionale.

Il secondo gruppo di studenti (6, il 26%) dimostra una difficoltà di con-ciliazione fra i tempi del lavoro e i tempi da dedicare allo studio e alla car-riera universitaria. Logicamente, quindi, sono anche coloro il cui riallinea-mento in tempi brevi è realisticamente irrealizzabile. Tab. 4 – Motivi del ritardo

Motivi legati a diffi-coltà disciplinari

Motivi familiari

Studente lavo-ratore

5 22% 12 52% 6 26% di cui per maternità

7 30%

C’è però un elemento al quale la letteratura ha dato negli ultimi decenni

ampio risalto e al quale un corso di laurea con prevalente presenza femmi-nile non può non concedere attenzione. Più della metà delle studentesse fuori corso attribuisce la causa del rallentamento della carriera a motivi prettamente legati a difficoltà familiari. Molte di loro, infatti, in momenti di crisi economiche, di difficoltà legate alla salute dei familiari più stretti o in caso di gravidanza, sono costrette a riformulare le proprie aspirazioni uni-versitarie e a ristrutturarle (spesso in negativo) per adattarle alle soprag-giunte modificazioni della qualità della vita. Se è ormai un dato di fatto che

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la nostra cultura lega al ruolo femminile anche il ruolo di cura, è anche plausibile che tale dato possa essere modificato mettendo in campo progetti e strumenti attuativi che non si limitino alla sensibilizzazione ma che pun-tino a ridurre significativamente la penalizzazione oggettiva. Conclusioni

Rispetto ai risultati ottenuti in questa prima fase, possiamo al momento dare alcune valutazioni positive che non possono essere intese come defini-tive, ma andranno integrate e consolidate con il proseguimento delle inizia-tive di supporto e monitoraggio anche nei prossimi anni accademici. Pos-siamo invece valutare come sicuramente positiva l’esperienza dell’uso di Facebook come strumento di contatto con gli studenti fuori corso. La rispo-sta positiva ha superato il 50% e ha permesso di portare alla luce alcune si-tuazioni e problematiche che – pur se intuibili – erano fino ad oggi rimaste sottaciute.

Facebook è uno strumento che presuppone un investimento di tempo da parte del docente tutor piuttosto alto, ma il risultato ottenuto è certamente gratificante e giustifica l’impegno. La sua applicazione necessita di una buona capacità tecnica nell’uso dello strumento e anche una competenza comunicativa che rispetti le regole implicite degli scambi virtuali.

L’uso di questo strumento ha permesso di agganciare lo studente anche da un punto di vista affettivo: la stragrande maggioranza delle risposte ini-zia con un ringraziamento e con una esplicita riconoscenza mista a sorpresa per l’interessamento riservato al proprio caso. Le testimonianze raccolte fanno rilevare che, nei casi di rallentamento della carriera, il contatto con lo studente tutor in una relazione peer-to-peer non è efficace quanto l’incontro con un docente tutor che offre il proprio sostegno. È ipotizzabile che il do-cente, in questo caso, venga vissuto come una figura più affidabile nel ga-rantire una risposta efficace per il riallineamento della carriera.

Un elemento di criticità per quanto riguarda il corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione consiste nella difficoltà degli studenti nel trovare docenti disponibili a seguire l’elaborato finale in tempi compa-tibili con la chiusura della carriera universitaria entro i tre anni. Un inter-vento organizzativo potrebbe stimolare la motivazione e l’attenzione a que-sto aspetto.

L’analisi dei dati mostra che la gran parte degli iscritti fuori corso ap-partenenti al corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione, appartiene al genere femminile. Più della metà di loro motiva il proprio ri-tardo con l’esigenza di sostenere la propria famiglia in momenti di partico-

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lare difficoltà esistenziale. Su tali motivazioni, probabilmente, è molto dif-ficile intervenire. A meno di non pensare alla costituzione di gruppi di sup-porto allo studio che coinvolgano anche i colleghi studenti attivi e in corso.

Degna di grande attenzione è la percentuale del 30% di studentesse in ri-tardo nella carriera dopo una gravidanza: in questo ambito l’intervento do-vrebbe correre su due fronti. Uno formale e istituzionale che preveda un in-tervento come il blocco della tassazione per l’anno accademico che coinvol-ge il periodo della gravidanza e dei primi mesi di vita del neonato. Il secondo intervento potrebbe essere invece strutturato appoggiandosi ai meccanismi tutoriali che il Dipartimento e l’Ateneo offrono, strutturando un progetto di intervento mirato al riallineamento della carriera per le studentesse madri. Bibliografia AlmaLaurea (2015), Profilo dei laureati 2014. Rapporto 2015. Disponibile su:

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