+ All Categories
Home > Documents > Nuovi criteri progettuali per una politica di sicurezza stradale

Nuovi criteri progettuali per una politica di sicurezza stradale

Date post: 03-Dec-2023
Category:
Upload: independent
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
30
1 NUOVI CRITERI PROGETTUALI PER UNA POLITICA DI SICUREZZA STRADALE Sascia Canale Salvatore Leonardi Francesco Nicosia 1. PREMESSE. Il costo che la società italiana, da sola, paga annualmente per gli incidenti stradali è di circa 7000 morti e 200000 feriti. Questi dati si inquadrano in un contesto ancora più preoccupante, se si considera il fatto che, percentualmente, il contributo più significativo in termini di utenti coinvolti negli incidenti stradali, è dato dai giovani e dalla popolazione attiva. Impostare un'adeguata politica di verifica della sicurezza stradale diventa quindi un'emergenza prioritaria. E’ ormai universalmente appurato che la sicurezza stradale sia determinata dai fattori uomo-veicolo- ambiente, in cui interagiscono una serie di componenti, fra cui: l'affidabilità e lo stato manutentivo del veicolo (tipologia di sospensioni, caratteristiche di usura dei pneumatici, affidabilità dei dispositivi di sicurezza, ecc.); l'ambiente in cui avviene il moto (entità e caratteristiche della corrente veicolare, condizioni meteorologiche, ecc.); l'adeguatezza delle infrastrutture (conformazione geometrica del tracciato viario, caratteristiche superficiali del manto stradale, organizzazione della segnaletica e dell’illuminazione, efficacia delle barriere di sicurezza, ecc.); la guida in condizioni fisiche e psicologiche normali; l'educazione stradale. In questo studio si vuole preliminarmente dissertare su alcuni dei parametri che devono essere analizzati criticamente ed adeguatamente rivisti al fine di perseguire il raggiungimento dell'obiettivo-sicurezza. In particolare si intende prendere in considerazione una serie di problematiche legate ad un particolare aspetto: il contatto ruota-pavimentazione. L'analisi critica del fenomeno dell'aderenza, fungerà da pretesto per mettere in evidenza come un'impostazione prettamente deterministica dei criteri progettuali inerenti alla geometria dei tracciati, risulti oramai inadeguata a descrivere in maniera attendibile le reali condizioni "ambientali" delle aree in cui si deve progettare. Obiettivo ultimo di questa ricerca è pertanto quello di proporre l'introduzione di metodologie probabilistiche come supporto alle procedure di progettazione. 2. PAVIMENTAZIONE STRADALE E PNEUMATICI: FATTORI DETERMINANTI PER LE MODALITA’ DI ADERENZA. Si deve inizialmente rilevare come le questioni relative al manifestarsi delle condizioni di aderenza, siano determinanti nella definizione di molteplici elementi, tra cui: la determinazione delle condizioni di sicurezza di marcia (basti pensare, ad esempio, alla situazione estrema di innesco del fenomeno di aquaplaning, oppure alla criticità delle condizioni di moto in presenza di pneumatici in pessime condizioni); l’impostazione dei criteri progettuali (ad es., la metodologia di progettazione delle curve circolari stradali); la reazione del mezzo stradale, in termini delle effettive traiettorie assunte, alle sollecitazioni longitudinali e trasversali (basti pensare, ad esempio, all’insorgere delle forze centrifughe o delle azioni trasversali dovute a raffiche di vento); la programmazione degli interventi manutentivi (le caratteristiche di aderenza superficiale, insieme a quelle di portanza e regolarità, sono prioritarie ai fini dell’impostazione di un’adeguata pianificazione della manutenzione). L’analisi delle modalità attraverso cui si esplica il fenomeno dell’aderenza fungerà da pretesto per mettere in rilievo come le condizioni che si manifestano in corrispondenza dell’interfaccia ruota-pavimentazione risultano variabili aleatorie a loro volta funzione di molteplici parametri.
Transcript

1

NUOVI CRITERI PROGETTUALI PER UNAPOLITICA DI SICUREZZA STRADALE

Sascia CanaleSalvatore LeonardiFrancesco Nicosia

1. PREMESSE.Il costo che la società italiana, da sola, paga

annualmente per gli incidenti stradali è di circa 7000

morti e 200000 feriti. Questi dati si inquadrano in un

contesto ancora più preoccupante, se si considera il

fatto che, percentualmente, il contributo più significativo

in termini di utenti coinvolti negli incidenti stradali, è dato

dai giovani e dalla popolazione attiva.

Impostare un'adeguata politica di verifica dellasicurezza stradale diventa quindi un'emergenzaprioritaria.E’ ormai universalmente appurato che la sicurezza

stradale sia determinata dai fattori uomo-veicolo-

ambiente, in cui interagiscono una serie di componenti,

fra cui:

♦ l'affidabilità e lo stato manutentivo del veicolo

(tipologia di sospensioni, caratteristiche di usura dei

pneumatici, affidabilità dei dispositivi di sicurezza,

ecc.);

♦ l'ambiente in cui avviene il moto (entità e

caratteristiche della corrente veicolare, condizioni

meteorologiche, ecc.);

♦ l'adeguatezza delle infrastrutture (conformazione

geometrica del tracciato viario, caratteristiche

superficiali del manto stradale, organizzazione della

segnaletica e dell’illuminazione, efficacia delle

barriere di sicurezza, ecc.);

♦ la guida in condizioni fisiche e psicologiche normali;

♦ l'educazione stradale.

In questo studio si vuole preliminarmente dissertare su

alcuni dei parametri che devono essere analizzati

criticamente ed adeguatamente rivisti al fine di

perseguire il raggiungimento dell'obiettivo-sicurezza.

In particolare si intende prendere in considerazione una

serie di problematiche legate ad un particolare aspetto:

♦ il contatto ruota-pavimentazione.

L'analisi critica del fenomeno dell'aderenza, fungerà da

pretesto per mettere in evidenza come un'impostazione

prettamente deterministica dei criteri progettuali inerenti

alla geometria dei tracciati, risulti oramai inadeguata a

descrivere in maniera attendibile le reali condizioni

"ambientali" delle aree in cui si deve progettare.

Obiettivo ultimo di questa ricerca è pertanto quello di

proporre l'introduzione di metodologie probabilistiche

come supporto alle procedure di progettazione.

2. PAVIMENTAZIONE STRADALE E PNEUMATICI:FATTORI DETERMINANTI PER LE MODALITA’ DIADERENZA.Si deve inizialmente rilevare come le questioni relative al

manifestarsi delle condizioni di aderenza, siano

determinanti nella definizione di molteplici elementi, tra

cui:

♦ la determinazione delle condizioni di sicurezza di

marcia (basti pensare, ad esempio, alla situazione

estrema di innesco del fenomeno di aquaplaning,

oppure alla criticità delle condizioni di moto in

presenza di pneumatici in pessime condizioni);

♦ l’impostazione dei criteri progettuali (ad es., la

metodologia di progettazione delle curve circolari

stradali);

♦ la reazione del mezzo stradale, in termini delle

effettive traiettorie assunte, alle sollecitazioni

longitudinali e trasversali (basti pensare, ad

esempio, all’insorgere delle forze centrifughe o delle

azioni trasversali dovute a raffiche di vento);

♦ la programmazione degli interventi manutentivi (le

caratteristiche di aderenza superficiale, insieme a

quelle di portanza e regolarità, sono prioritarie ai fini

dell’impostazione di un’adeguata pianificazione

della manutenzione).

L’analisi delle modalità attraverso cui si esplica il

fenomeno dell’aderenza fungerà da pretesto per mettere

in rilievo come le condizioni che si manifestano in

corrispondenza dell’interfaccia ruota-pavimentazione

risultano variabili aleatorie a loro volta funzione di

molteplici parametri.

2

E’ noto che le caratteristiche di aderenza dipendono,

oltre che dalla velocità del mezzo stradale, anche da una

molteplicità di parametri associabili ai seguenti fattori:

1) fattori legati alle caratteristiche dei pneumatici;

2) fattori associati alle caratteristiche del manto

superficiale;

3) fattori relativi alle condizioni ambientali.

Fattori legati alle caratteristiche dei pneumatici

La ruota per “veicoli stradali” è composta da due parti: il

pneumatico, di gomma, che costituisce l’organo di

rotolamento ed il disco o cerchione, metallico, che ha la

funzione di supporto per il pneumatico e di attacco al

perno o all’asse.

Il pneumatico, tramite le caratteristiche elastiche e di

aderenza, ha il compito fondamentale di sviluppare forze

di reazione tangenziali sia longitudinalmente che

trasversalmente; deve inoltre svolgere i seguenti compiti:

♦ sopportare il peso del veicolo;

♦ assorbire le irregolarità del manto superficiale

stradale.

Il pneumatico (Fig. 1) ha una struttura toroidale elastica

di caucciù vulcanizzato, costituita dalla carcassa e dal

battistrada.

Fianco Battistrada

Cerchietto

Cerchione o disco

Tallone

Fig. 1 Elementi di un pneumatico.

La carcassa è formata da più tele sovrapposte e

realizzate con cordicelle di fibre come il raion ed il nylon.

Le due estremità del pneumatico destinate ad inserirsi

nel cerchione sono dette talloni; internamente ad essi

sono posti i cerchietti (ai quali vanno ad ancorarsi le

tele), composti da più fili in acciaio. I talloni hanno il

compito di incrementare la resistenza alle sollecitazioni

radiali, riducendone anche l’entità; i cerchietti

contribuiscono a mantenere la carcassa ben aderente al

cerchione.

Il battistrada è la parte del pneumatico che entra in

contatto con il suolo e consiste in un anello di gomma

compatta che avvolge la carcassa nella zona di

rotolamento; in esso sono ricavate particolari scolpiture

aventi il compito di ottimizzare determinate

caratteristiche (aderenza longitudinale e trasversale,

silenziosità, prestazioni alle alte velocità, ecc.).

L’area di contatto sul suolo ha generalmente forma

pseudo-ellittica e dimensioni abbastanza grandi e

variabili. Ad esempio, le dimensioni medie dell’orma

sono di cm 10 20× per una ruota di autovettura

(D ≅ 0 5. m ) e di cm 20 40× per quelle di un mezzo

pesante (D ≅ 1 m).

Come già osservato, la carcassa è ottenuta dalla

sovrapposizione di tele rese solidali tra loro a mezzo di

un processo di vulcanizzazione. In base all’orditura delle

tele sovrapposte, il pneumatico può essere di due tipi:

♦ convenzionale

♦ radiale

Il “convenzionale” (Fig. 2) è costituito da tele che si

estendono fra i due talloni e che sono sovrapposte ed

incrociate in modo da formare un angolo di circa 40°.

Battistrada

Fianco

Angolo di incrociodelle tele

40°

Tele incrociatesovrapposte

Talloni

Fig. 2 Caratteristiche costruttive di un pneumaticoconvenzionale.

Fianco di sole tele radiali

Tele incrociatesovrapposte

Battistrada

FiancoAngolo di incrociodelle tele

20°

Fig. 3 Caratteristiche costruttive di un pneumatico radiale.

3

Il tipo radiale (Fig. 3) è invece caratterizzato dal fatto che

alcune tele si estendono fra i due talloni con orditura

radiale; su questa prima orditura viene sovrapposta una

seconda, limitata alla sola zona corrispondente alla

fascia di rotolamento (che verrà poi coperta dal

battistrada) formata, analogamente al tipo

convenzionale, dalla sovrapposizione di tele ad orditura

incrociata ma con angolo di circa 20°.

I due tipi di pneumatici presentano le seguenti

caratteristiche:

⇒ Struttura convenzionale: maggiore resistenza ai

fianchi, maggiore rigidezza a flessione, minore

aderenza, maggiori pressioni sul terreno con minore

pressione di gonfiaggio.

⇒ Struttura radiale: minore resistenza ai fianchi,

maggiore flessibilità pur con maggiori pressioni

interne, maggiore aderenza a motivo della più

uniforme distribuzione delle pressioni sul suolo.

⇒ Qualche considerazione aggiuntiva merita la

“questione” della pressione di gonfiaggio.

Una delle caratteristiche particolari del pneumatico a

struttura radiale è la maggiore costanza dell'impronta a

terra (ma non la distribuzione delle pressioni a terra del

battistrada) indipendentemente dalla pressione di

gonfiaggio; questa costanza non è garantita dal

pneumatico convenzionale che tende, a causa

dell'elasticità della zona del battistrada, ad assumere

una forma tondeggiante della sezione all'aumentare

della pressione di gonfiaggio (Fig. 4).

Ricordiamo inoltre che la distribuzione delle pressioni a

terra influenza sia il comportamento dinamico (un

pneumatico sottogonfiato è soggetto a maggior deriva,

uno sovragonfiato a minore) sia la durata (un

pneumatico sottogonfiato è soggetto ad un consumo più

rapido delle spalle poiché esse esercitano una pressione

a terra maggiore rispetto al resto del battistrada, uno

sovragonfiato è soggetto, per lo stesso motivo a un

consumo più veloce della zona centrale del battistrada

(Fig. 5)).

L'unico caso in cui una riduzione della pressione di

gonfiaggio può avere come effetto una variazione

dell'impronta a terra del pneumatico (e cioè un

incremento della lunghezza della sezione che tocca il

terreno), è durante la marcia su terreni molto cedevoli

(neve, sabbia, fango); infatti in questi casi il notevole

abbassamento della pressione di gonfiaggio fa

aumentare la lunghezza dell'impronta a terra e la

deformazione del fianco del pneumatico che, affondando

nel terreno cedevole offre una maggiore impronta (Fig.

6).

Impronta a terra di unpneumatico a strutturaconvenzionale

Impronta a terra di unpneumatico a strutturaradiale

Fig. 4 Differenza tra le impronte di un pneumaticoconvenzionale e di uno radiale.

SOTTOGONFIAGGIO SOVRAGONFIAGGIO Usura ai bordi Usura al centro

Zona di usuraZona di usura Zona di usura

Fig. 5 Consumo anomalo di un pneumatico persottogonfiaggio o per sovragonfiaggio.

Fig. 6 Variazione dell’area d’impronta con la pressione digonfiaggio ed il terreno.

La marcia a pressione di gonfiaggio ridotta dovrebbe

essere assolutamente evitata, perché la notevole

deformazione a cui è soggetto il pneumatico fa

4

aumentare la temperatura della gomma sino a

raggiungere valori talmente elevati da divenire causa

potenziale della disgregazione della carcassa.

A tal proposito, è stato verificato statisticamente che una

grande percentuale dei veicoli circola con scostamenti,

anche rilevanti, dal valore corretto della pressione di

gonfiaggio sia in eccesso (sovragonfiaggio) ma molto più

spesso in difetto (sottogonfiaggio).

Secondo una recente rilevazione, su un campione di

82000 pneumatici casualmente scelti, oltre il 50%

risultava avere una pressione di gonfiaggio non corretta.

In definitiva, il pneumatico, per possedere le necessarie

caratteristiche di elasticità, deve essere gonfiato con aria

ad una pressione che è quella indicata dalla Casa

costruttrice. Per motivi di tenuta, l’aria può essere

contenuta in un tubo di gomma sottile (camera d’aria)

alloggiato all’interno della carcassa ed aderente, in

pressione, alle pareti della stessa e del cerchio;

altrimenti la tenuta dell’aria può essere assicurata dalla

carcassa medesima combaciante strettamente col

cerchio mediante il tallone (pneumatici tubeless).

Fattori associati alle caratteristiche del manto

superficiale, e fattori relativi alle condizioni ambientali.

In primo luogo osserviamo che, nella trattazione che

segue, faremo riferimento ad uno studio congiunto dei

fattori associati alle caratteristiche superficiali e di quelli

relativi alle condizioni ambientali. Ciò è lecito in virtù

dello strettissimo legame presente tra i fattori suddetti;

del resto, come vedremo, anche le prestazioni dei

pneumatici sono condizionate dalle caratteristiche

superficiali (micro, macro, megatessitura ed altre

irregolarità) e dalle condizioni di esercizio del manto

stradale (presenza di acqua, di olii, ecc..).

E’ noto che, con il termine sovrastruttura (o

pavimentazione) stradale si intende quella struttura

idonea a garantire la transitabilità del traffico veicolare

secondo le previsioni progettuali. Essa ha tre compiti

fondamentali:

♦ garantire ai veicoli una superficie di rotolamento

regolare e poco deformabile;

♦ ripartire sul terreno sottostante le azioni dei veicoli,

in maniera tale da non indurre deformazioni sul

piano viabile particolarmente condizionanti per le

caratteristiche di sicurezza e di comfort;

♦ proteggere il terreno sottostante dagli agenti

atmosferici.

Ai fini degli studi sull’aderenza interessa porre la nostra

attenzione sugli strati superficiali i quali devono

fondamentalmente svolgere una triplice funzione:

• di protezione degli strati sottostanti della

sovrastruttura: l'impermeabilizzazione deve essere

conferita dall'esterno ed, in particolare, si deve

assolutamente evitare la penetrazione di acqua ed

agenti chimici;

• di sicurezza per l'utente: è pertanto necessario

fornire condizioni adeguate di aderenza con

qualunque tipo di pneumatico, specialmente in

presenza di acqua sulla superficie;

• di comfort per il guidatore: lo strato di usura deve

presentare caratteristiche di uniformità al fine di

evitare:

∗ brusche sollecitazioni alle ruote;

∗ accelerazioni verticali al veicolo (causa

potenziale di usura alle sospensioni);

∗ consumo dei pneumatici e vibrazioni ai sedili

che provocano affaticamento e quindi riducono

il grado di sicurezza;

∗ rumore da rotolamento e disturbo ai

passeggeri.

Le tecniche sviluppate negli ultimi vent'anni in merito al

confezionamento degli strati superficiali hanno

consentito di:

♦ ridurre lo spessore dello strato di usura; si

distinguono manti sottili di spessore pari a 4 cm,

manti molto sottili di spessore variabile tra 2 e 3 cm,

manti ultra-sottili di spessore compreso tra 1.5 e 2

cm;

♦ usare i leganti e gli additivi modificati che

conferiscono allo strato di usura maggiore sicurezza

e migliore adeguatezza a strade con traffico

pesante.

I vantaggi offerti dai manti sottili, molto sottili ed ultra-

sottili sono:

• buona macro-tessitura superficiale e quindi

resistenza all'attacco degli agenti esterni (clima e

traffico);

• livello di rumore da rotolamento inferiore a quello

del tradizionale trattamento superficiale;

• effetto impermeabilizzante adeguato alla protezione

degli strati inferiori del manufatto stradale;

• migliore uniformità;

5

• migliore predisposizione agli interventi manutentori;

lo strato di usura diviene una sorta di "tappetino"

che deve essere periodicamente sostituito prima

ancora che si giunga al totale decadimento delle

sue proprietà.

Ci interessa, a questo punto, soffermarci sulle

caratteristiche di rugosità dello strato superficiale. A tale

scopo possiamo far riferimento ad una

schematizzazione basata sull’assimilazione del profilo

superficiale stradale ad un profilo ondulato di lunghezza

d’onda λ e di ampiezza h (Fig. 7). Proprio in base alla

suddetta schematizzazione, nel corso del XVIII

Congresso Mondiale di Strade (Bruxelles, 1987), il

Comitato Tecnico delle Caratteristiche Superficiali

dell'AIPCR ha proposto la classificazione delle

caratteristiche geometriche superficiali della

pavimentazione stradale riportata nella tabella 1.

λ

h

x

y

Fig. 7 Schematizzazione della geometria superficiale delmanto stradale.

INTERVALLO DI DIMENSIONI

DOMINIO ORIZZONTALE VERTICALE

MICROTESSITURA 0 - 0.5 mm 0 - 0.2 mm

MACROTESSITURA 0.5 - 50 mm 0.2 - 10 mm

MEGATESSITURA 50 - 500 mm 1 - 50 mm

REGOLARITA'ONDE CORTEONDE MEDIEONDE LUNGHE

0.5 - 5 m5 - 15 m

15 - 50 m

1 - 20 mm5 - 50 mm

10 - 200 mm

Tab. 1 Classificazione delle irregolarità superficiali di unapavimentazione stradale.

La macro-rugosità è la rugosità dovuta all'insieme delle

asperità superficiali intergranulari della pavimentazione;

la micro-rugosità, invece, è quella dovuta alla scabrezza

(ruvidezza) dei singoli elementi lapidei granulari

impiegati nello strato superficiale della pavimentazione

stradale (Fig. 8).

Microtessitura(Tessitura dell’inerte)

Macrotessitura(Tessitura complessiva dello strato d’usura)

Fig. 8 Micro e macro tessitura delle pavimentazionistradali.

Osserviamo che il ruolo della micro e dalla macro

rugosità è di fondamentale importanza nel caso di

pavimentazione bagnata; vediamo di analizzarne i

motivi.

Notiamo preliminarmente che il valore dell'aderenza fra

due superfici può essere espresso come somma di due

termini (Fig. 9):

1) adesione molecolare;

2) isteresi.

Fig. 9 Fattori di adesione ed isteresi influenzanti loscorrimento pneumatico-terreno.

La componente adesiva si sviluppa con il processo di

attacco e stacco a livello molecolare (stick-slip process),

dovuto alla maggiore morbidezza della gomma rispetto a

quella stradale. Lo slittamento della ruota procura un

distacco di questa adesione, quasi uno strappo.

E’ quindi necessario, affinché il meccanismo di adesione

molecolare possa esplicarsi, che, nei punti in cui le due

superfici sono a contatto, nel caso di pavimentazione

6

bagnata, si debba eliminare lo strato d'acqua e si

debbano stabilire aree di contatto asciutte.

La componente di isteresi è dovuta invece al fatto che la

gomma, passando sopra un'asperità del manto stradale,

crea, in virtù delle sue proprietà di isteresi, una

distribuzione asimmetrica di pressioni, la cui

componente orizzontale si oppone allo slittamento.

Le deformazioni per isteresi sono pertanto causate dalle

irregolarità superficiali e, proprio per questo, possono

avvenire anche in presenza d'acqua senza che si venga

a stabilire un effettivo contatto asciutto tra le due

superfici.

Per valori di velocità fino ai 50 Km/h, la microtessitura

superficiale della pavimentazione è il fattore dominante

nel determinare i valori di aderenza; le componenti di

adesione molecolare sono prevalenti.

A velocità più elevate diviene sempre più difficile

penetrare il film d'acqua nel tempo disponibile;

l'aderenza dipende largamente dalla componente di

deformazione, e, le asperità presenti devono essere

sufficientemente grandi ed angolose da deformare il

pneumatico anche in presenza di uno strato d'acqua.

Alle basse velocità quindi la micro-rugosità della

superficie di una pavimentazione è il fattore principale

nel determinare i valori di aderenza impegnabile; alle

alte velocità la dimensione e la forma delle asperità

visibili, ovvero la macro-rugosità, diventano fattori

egualmente importanti se non i principali.

E' possibile schematizzare l'influenza dell'acqua

interposta fra pneumatico e pavimentazione

distinguendo nell'area di contatto tre zone (Fig. 10):

A) Zona di evacuazione: in questa zona i pneumatici

devono rompere lo strato d'acqua e ridurre il suo

spessore. La maggior parte dell'acqua è allontanata

attraverso il battistrada, ed inoltre la pendenza

longitudinale, trasversale (o il drenaggio della

pavimentazione nel caso di utilizzazione dei

conglomerati bituminosi aperti), ne favoriscono

l'evacuazione.

B) Zona di attrito: è la zona di rottura dello strato

d'acqua rimanente, dovuta alla macro-tessitura e

anche alla micro-tessitura dello strato superficiale. Il

dato caratteristico è il coefficiente di aderenza

longitudinale.

C) Zona di contatto: è l'area di contatto fra i pneumatici

e la superficie stradale, la sua efficienza dipende

dalla micro-tessitura.

Fig. 10 Zone individuabili nell'area di contatto ruota-suolo,nel caso di pavimentazione bagnata: A) Zona dievacuazione; B) Zona di attrito; C) Zona di contatto.

Qualora il velo d'acqua presente nella superficie di

contatto ruota-suolo non venga allontanato o penetrato,

le pressioni idrodinamiche di natura viscosa e dinamica

che si vengono a generare nel fluido possono arrivare a

valori tali da eguagliare quella di contatto pneumatico-

pavimentazione; in tal caso viene meno l'effettivo

contatto pneumatico-terreno e si genera il fenomeno che

va sotto il nome di aquaplaning (Fig. 11).

zona in aquaplaning

zona di contatto con il terreno

spessoredel velod’acqua

Fig. 11 Visualizzazione delle zone di contatto e delle zonein aquaplaning nel caso di pavimentazione bagnata.

A seconda del predominare, nell'area d'impronta, di un

tipo o dell'altro di pressioni idrodinamiche si possono

considerare due tipi di aquaplaning:

1) aquaplaning di natura dinamica (Fig. 12): si verifica

quando sia la velocità del veicolo che il velo d'acqua

presente sulla pavimentazione stradale superano un

certo valore critico. Lo spessore dello strato d'acqua

necessario ad innescare il fenomeno varia in

maniera notevole in funzione dello stato di usura del

battistrada e della rugosità della superficie della

pavimentazione; in ogni caso esso diventa critico

quando supera la profondità delle gole del

battistrada (1 cm di spessore mediamente);

2) aquaplaning di natura viscosa: si ha quando,

indipendentemente dalla velocità e dallo spessore

del velo idrico, sussista l'incapacità da parte del

pneumatico di forare e spostare il sottilissimo velo

7

d'acqua rimasto sulla pavimentazione dopo che la

maggior parte del fluido è stata già spostata dal

pneumatico in movimento. Ciò può essere causato

dall'insufficienza di tessitura superficiale della

pavimentazione e/o dall'eccessivo grado di usura

del battistrada del pneumatico. Il fatto che il

fenomeno sussista anche a basse velocità lo rende

più insidioso dell'aquaplaning dinamico.

Fig. 12 Illustrazione dell'uso di tecniche fotografiche, amezzo di lastra di vetro, per lo studio delleprestazioni dei pneumatici e delle aree di contattonelle condizioni di aquaplaning dinamico ad elevatevelocità.

In figura 13 vengono rappresentate le sagomature dei

battistrada e le impronte dei pneumatici in caso di

aquaplaning viscoso alla velocità di 100 km/h.

Fig. 13 Diverse prestazioni, in condizioni di aquaplaningviscoso, di due pneumatici con diversa sagomaturadel battistrada.

Si può notare come i due battistrada presentino la

stessa quantità di scanalature, ciononostante si verifica

una notevole differenza tra le superfici di contatto; ciò è

da imputarsi principalmente ad una diversa

conformazione del disegno del battistrada ed alla

conseguente diversità dei flussi di fluido nelle

scanalature del battistrada.

Fig. 14 Visualizzazione di un pneumatico in aquaplaningparziale.

Al fine di comprendere meglio la pericolosità della

presenza del velo idrico sulle pavimentazioni stradali

occorre analizzare le due manovre critiche della marcia

su strada, che sono la sterzatura e la frenatura.

Per quanto riguarda la sterzatura, è noto che in curva è

applicata sulle ruote una forza trasversale, che, finché è

contrastata dall'aderenza trasversale fra ruota e suolo fa

deformare elasticamente la carcassa del pneumatico,

che subisce quindi un leggero slittamento nella sua parte

più esterna; dobbiamo però notare che la forza laterale,

che è quella che permette il controllo della traiettoria, è

proporzionale al valore del tasso di slittamento (ciò

accade per valori piccoli dello stesso) e raggiunge il

valore critico molto prima su bagnato che su asciutto .

Ad 80 km/h su strada bagnata la forza laterale si riduce

di circa il 25% rispetto alle condizioni di asciutto. A 140

km/h c'è una notevole ulteriore riduzione della forza

8

laterale tanto più quanto aumenta l'altezza del velo

d'acqua.

Questo rende conto della facile perdita di controllo

dell'autoveicolo per improvvise e brusche sterzature ad

elevata velocità su strada bagnata.

Per quanto riguarda la frenatura si evidenzia un

fenomeno estremamente insidioso: per bassi valori del

tasso di slittamento delle ruote, quali si riscontrano in

condizioni di marcia normali, non esiste praticamente

alcuna sostanziale differenza di comportamento fra le

condizioni di asciutto e bagnato.

Ciò fa sì che il guidatore medio si trovi impreparato ad

affrontare le ben diverse condizioni di frenatura che si

verificano all'aumentare del tasso di slittamento delle

ruote fino alla situazione drammaticamente diversa che

si verifica a ruote completamente bloccate.

Il vero problema della strada bagnata è pertanto legato

alla particolare condizione di esercizio che porta il

guidatore medio a percepire più facilmente le condizioni

di guida al limite di aderenza piuttosto che quelle,

altrettanto pericolose, di basso coefficiente di aderenza;

in definitiva il calo del livello di aderenza non viene

percepito in condizioni di marcia normale per cui il

guidatore non è indotto ad adottare quelle misure

precauzionali (riduzione della velocità, aumento della

distanza di sicurezza) che meglio predispongono al

controllo del veicolo in caso di manovra di frenatura o di

sterzatura.

In virtù di tali considerazioni, si evidenzia come

l'obiettivo dell'aumento della sicurezza in caso di pioggia

non può essere altro che quello di avvicinare le

prestazioni del veicolo alle aspettative del guidatore; ciò,

dal punto di vista, dell'ingegnere stradale, è perseguibile

attraverso l'aumento dell'offerta di aderenza in condizioni

di strada bagnata; in effetti, come si è già avuto modo di

far notare, le moderne tendenze costruttive si stanno

orientando verso una specializzazione degli strati

costituenti la pavimentazione, affidando la portanza agli

strati inferiori ed assegnando allo strato di usura (a

mezzo di nuove tecniche di confezionamento del

conglomerato bituminoso, tra le quali spicca il

conglomerato bituminoso drenante) il ruolo di garantire

le migliori condizioni di aderenza. Tornando a considerare la tabella 1, si deve prendere in

considerazione un’altra tipologia di tessitura; si tratta

della mega-tessitura che può presentarsi sotto forma di

degradazioni del rivestimento: fessurazioni a "pelle di

coccodrillo", piccole buche, desquamazioni, striature,

ecc..

Ma essa spesso può manifestarsi anche nel caso di

strati superficiali in buono stato o di moderna

realizzazione, come sottoprodotto del processo di

ottenimento della macro-tessitura: una spanditura

doppia di ghiaietto, un conglomerato bituminoso o

cementizio non ben dosato, possono offrire ai

pneumatici una superficie di contatto irregolare dovuta

ad una mancanza di omogeneità della macrotessitura.

La megatessitura può essere infine generata dalle

stesse tecniche di posa: si possono infatti talvolta

osservare, sulla superficie stradale realizzata in

conglomerato cementizio, delle piccole ondulazioni

trasversali o altri tipi di ondulazioni dovute

verosimilmente alle vibrazioni della macchina di posa,

all'azione della barra lisciatrice o ad altri fattori e

circostanze particolari.

Per quanto riguarda l’irregolarità superficiale,

osserviamo che lo studio di questa caratteristica è molto

importante al fine della sicurezza di un dato tratto

stradale.

Nelle irregolarità superficiali rientrano i difetti superficiali

"di ampia scala": avvallamenti, ondulazioni, dislivelli

(dovuti ad un adattamento topografico od a

un'evoluzione "patologica" degli strati di fondazione e/o

superficiali). Secondo la natura dei difetti superficiali, le

forze che si generano sul veicolo possono dar luogo a

moti parassiti (ad es. amplificazione del moto di rollio o

di beccheggio).

In curva, ad esempio, il veicolo è fortemente sollecitato,

e le irregolarità superficiali sono tanto più pericolose dal

momento che i moti generati danno luogo ad una

ripartizione irregolare degli sforzi sulle ruote causando

una destabilizzazione del veicolo e rendendo, di

conseguenza, la sua traiettoria più difficile da controllare.

E' pertanto necessario prendere ogni precauzione

tecnica possibile, affinché tali irregolarità superficiali non

si verifichino, o almeno siano ridotte al minimo.

Purtroppo, si nota frequentemente come manti

superficiali perfettamente rullati all'atto della loro

realizzazione, assoggettati ai carichi di traffico, dopo un

certo intervallo di tempo cominciano a presentare

ondulazioni sempre più marcate che alla fine

compromettono l'integrità del manto stradale.

Le cause di questi fenomeni hanno diversa origine, ad

esempio:

9

♦ cattivo comportamento delle fondazioni e/o degli

strati di base;

♦ scarsa omogeneità dello strato di conglomerato

posto in opera;

♦ uso di macchinari non dotati di tutte quelle

predisposizioni atte a dare, in opera, il manto finito

perfettamente omogeneo ed accuratamente

livellato.

Se in uno stesso manto stradale si presentano due zone

caratterizzate da conglomerati di caratteristiche e

composizioni diverse, è evidente che, sia l'operazione di

rullatura che il traffico agiranno su questi due campioni

di conglomerato, allo stesso modo solo all'inizio. In

realtà, nel tempo, la differenza di caratteristiche

intrinseche comporta, come conseguenza, la formazione

di un'onda che a sua volta induce sul traffico una

sollecitazione verticale alla quale segue, per reazione,

un impatto violento che provoca la formazione di nuove

ondulazioni, fessurazioni, ed il dissesto della strada.

Se facciamo riferimento alla schematizzazione riportata

in figura 7 e ci ricordiamo che la frequenza è data dal

rapporto tra la velocità del veicolo e la lunghezza d'onda

teorica del profilo stradale, possiamo valutare i livelli di

frequenza ai quali è soggetto il veicolo.

In funzione della loro importanza (altezza e lunghezza) e

della velocità del veicolo, le irregolarità superficiali

agiranno (messa in vibrazione) al livello di frequenza

della massa sospesa (scocca), influenzando il comfort di

marcia, al livello della massa non sospesa (sistema

ruote/sospensioni) o dei pneumatici, influenzando la

sicurezza a causa del deterioramento del contatto

pneumatico-pavimentazione (quest'ultimo livello di

risonanza, non essendo avvertito dall'utente, può essere

estremamente pericoloso).

Gli intervalli di frequenza da prendere in considerazione

sono: da 0.3 a 3 Hz sulla scocca dell'autoveicolo, da 3 a

6 Hz sull'insieme ruota-pavimentazione, valori maggiori

di 6 Hz sui pneumatici.

Osserviamo inoltre che nel corso del Simposio

Internazionale dal titolo "Sviluppo stradale e sicurezza"

tenutosi nel 1989 in Lussemburgo sono stati presentati i

risultati relativi alle differenti prestazioni dei rivestimenti

superficiali in funzione delle lunghezze d'onda critiche

delle irregolarità superficiali (Tab. 2).

Questo approccio, reso possibile dagli studi recenti -

che, grazie all'utilizzazione di metodi di misura

profilometrici moderni, hanno messo in evidenza il ruolo

della mega-tessitura, fino ad allora ignorato - permette di

risolvere gli apparenti conflitti tra certe questioni in

merito di aderenza ed altre relative invece alla qualità

del rotolamento (rumore, vibrazioni, resistenza al

rotolamento) che sembravano dover imporre delle

specificazioni contraddittorie in materia di

macrotessitura. In effetti, la tabella 2 , evidenzia come gli

effetti indesiderabili spesso imputati alla macrotessitura

sono, di fatto, dovuti alla megatessitura. In definitiva,

esistono due categorie di difetti superficiali; una la cui

presenza è necessaria (micro e macro tessitura), l'altra

la cui presenza è indesiderabile (megatessitura e difetti

di regolarità); la frontiera tra le due classi si situa intorno

ai 50 mm di lunghezza d'onda.

Anche il caso dei manti drenanti può essere incluso in

questo schema generale, a condizione che la funzione

della macrotessitura sia assolta dalla porosità

(assimilabile ad una macrotessitura inversa).

Tessitura

Micro Macro Mega

Regolarità

Superficiale

Resistenza alloslittamento

+ +

Tenuta di strada -Proiezione d'acqua +Riflessione +Carichi dinamici -Usura dei veicoli -Usura dei pneumatici -Resistenza alrotolamento

(-) - (-)

Vibrazioni (all'interno) (-) -Rumore (interno) -Rumore (esterno) + -

Tab. 2 Relazioni tra prestazioni e caratteristiche deirivestimenti. Le influenze favorevoli e quellesfavorevoli sono indicate rispettivamente con i segni+ e - . Le parentesi denotano influenze menoimportanti o controverse.

3. EFFETTI DELLA DERIVA DEI PNEUMATICI SULLAMARCIA CURVILINEA DEGLI AUTOVEICOLI.Un aspetto di particolare rilievo, direttamente connesso

al meccanismo di aderenza, è rappresentato da un

fenomeno, quello della deriva, determinante nella

descrizione del moto curvilineo dei veicoli.

Con riferimento ad una ruota in moto, quando essa è

sottoposta, oltre al carico verticale P, ad una forza

trasversale Fy, devierà dalla direzione originaria (x),

muovendosi secondo una direzione x’ inclinata rispetto

10

ad x di un angolo ε, detto angolo di deriva o

semplicemente deriva (Fig. 15).

La relazione fra angolo di deriva ε e forza trasversale Fy

è descritta dalle curve sperimentali di figura 16.

Fy Fy

Fy

Fy(ε)

x’ x

ε

Fig. 15 Fenomeno di deriva del pneumatico.

0 2° 4° 6° 8° 10° 12° 14° 16°

Fy

Fay

Limite di aderenza trasversale

Pneumatico convenzionale

Pneumatico radiale

ε

Fig. 16 Andamento schematico della forza Fy con l’angolo dideriva per un pneumatico radiale e per unoconvenzionale.

Si può notare come, fino ad un certo valore di ε

(dipendente dalle caratteristiche del pneumatico, dal

carico sulla ruota, dalla pressione di gonfiaggio, ecc.)

esista un rapporto di proporzionalità fra la forza

trasversale e l’angolo di deriva. Poi, raggiunto il valore

limite Fay, gli angoli di deriva crescono rapidamente fino

ad una condizione di slittamento totale (ε = 90°).

Fay si definisce limite di aderenza trasversale; il

coefficiente di aderenza trasversale (CAT) o Sideway

Force Coefficient (SFC) è dato da:

PF

f ayy = [1]

La differenza di comportamento, rilevata

sperimentalmente, tra pneumatici radiali e convenzionali

può essere così interpretata: i pneumatici radiali sono

più deformabili dei convenzionali, soprattutto sui fianchi;

a parità di forza laterale Fy hanno inizialmente una

deriva minore in quanto si adattano meglio al terreno,

ma, proprio a causa della minore rigidezza, raggiungono

più rapidamente la condizione limite; viceversa i

pneumatici convenzionali si adattano meno bene al

suolo e quindi presentano angoli di deriva maggiori in

relazione alla forza laterale applicata, ma raggiungono lo

slittamento per angoli più elevati.

Le modalità attraverso cui si esplica il meccanismo di

aderenza trasversale risultano analoghe a quelle relative

all’aderenza longitudinale: si parlerà di aderenza

trasversale fino a che sussiste la proporzionalità tra

forza ed angolo di deriva (fase stabile del fenomeno);

oltre, non si può più parlare di deriva, bensì di vero e

proprio slittamento laterale (fase instabile del fenomeno).

Per quanto riguarda il coefficiente di aderenza

trasversale (fy), esso dipende, ovviamente, dalle

caratteristiche sia del pneumatico sia della strada e

l’esperienza ha dimostrato che esso non si discosta di

molto (come ordine di grandezza) dal corrispondente

valore di fx ricavato nelle medesime condizioni;

rileviamo, a tal proposito come, dal confronto tra risultati

ricavati a mezzo di regressioni non lineari su numerose

misure sperimentali, sia stata recentemente ricavata la

seguente relazione sperimentale tra i coefficienti fx ed fy:

xy f925.0f ⋅= [2]

E' possibile inoltre ricorrere ad una rappresentazione

polare indicativa dell'andamento del coefficiente di

aderenza al variare della direzione della risultante delle

forze trasversali applicate alla ruota; ne nasce il

cosiddetto ellisse di aderenza (Fig 17) di equazione:

1fy

fx

2y

2

2x

2=+ [3]

Dove x ed y rappresentano i valori di aderenza

longitudinale e trasversale che è possibile impegnare.

11

Fig. 17 Ellisse di aderenza.

Se ad esempio si fosse a conoscenza che l'aderenza

impegnata in senso longitudinale è pari al 90 % di quella

potenzialmente impegnabile (x = 0.9 ⋅ fx), si potrebbe,

dalla [3] ricavare l'aliquota di aderenza trasversale

corrispondentemente impegnata, infatti si avrebbe:

( ) 1fy

ff9.0

2y

2

2x

2x =+

2y 9.01fy −⋅=

e quindi:

yf4.0y ⋅≅

Passiamo adesso a considerare l’influenza della deriva

sul moto dei veicoli lungo una traiettoria curvilinea.

Adottiamo la schematizzazione di un veicolo a due assi

con un avantreno sterzante A ed un retrotreno fisso R;

se ipotizziamo di sterzare l'assale anteriore di un angolo

α (Fig. 18) possiamo avere tre comportamenti diversi del

veicolo in funzione degli angoli di deriva assunti

rispettivamente dall'avantreno e dal retrotreno.

1° caso: deriva dell'avantreno uguale alla deriva del

retrotreno.

In questo caso, essendo εa = εr, si può dimostrare che il

centro di istantanea rotazione si sposta da O (centro di

istantanea rotazione nel caso di sterzatura cinematica,

cioè senza considerare gli effetti della deriva εa = εr = 0)

ad O' (centro di istantanea rotazione nel caso di

sterzatura dinamica, cioè considerando la deriva) lungo

l'arco di cerchio passante per A, P e O.

Se ipotizziamo raggi di curvatura molto ampi, si verifica

che L<<R ed O' è in posizione tale che R è all'incirca

pari ad R'.

Fig. 18 Effetto della deriva dei pneumatici scurvilinea di un autoveicolo.

La precedente osservazione è importa

evidenzia come il raggio di curvatura del veic

invariato in presenza o meno di deriva. In qu

dice che il veicolo ha un comportamento

19).

Traiettoria reale = Traiettoria impostata dallo

Ft

εa =

εa εr

COMPORTAMENTO NEUTRO

Fig. 19 Traiettorie di un veicolo con comportame

2° caso: deriva dell'avantreno maggiore dell

retrotreno.

Svolgendo considerazioni analoghe a quel

precedente, si può dimostrare che se εa

anche R'' > R.

In questo caso si dice che il veico

comportamento sottosterzante, cioè tende a

RA

ulla marcia

nte perché

olo rimanga

esto caso si

neutro (Fig.

sterzo

εr

nto neutro.

a deriva del

le del caso

> εr allora

lo ha un

percorrere

12

una traiettoria con raggio di curvatura maggiore di quello

impostato dallo sterzo (Fig. 20).

Traiettoria impostata dallo sterzo

Ft

εa > εr

εa εr

COMPORTAMENTO SOTTOSTERZANTE

Traiettoria reale

Fig. 20 Traiettorie di un veicolo con comportamentosottosterzante.

3° caso: deriva dell'avantreno minore della deriva del

retrotreno.

Si può dimostrare che se εa < εr, si verifica R''' < R.

In questo caso si dice che il veicolo ha un

comportamento sovrasterzante, cioè tende a stringere la

traiettoria impostata dallo sterzo (Fig. 21).

Traiettoria reale

Ft

εa < εr

εa εr

COMPORTAMENTO SOVRASTERZANTE

Traiettoriaimpostata dallosterzo

Fig. 21 Traiettorie di un veicolo con comportamentosovrasterzante.

Si deve osservare come, dei tre comportamenti

analizzati, quello sottosterzante sia considerato il più

sicuro; ciò essenzialmente per due motivi:

il veicolo sottosterzante si porta da solo su di una

traiettoria più larga che limita automaticamente la

forza centrifuga e l'angolo di deriva dei pneumatici

anteriori;

l'eventuale correzione del conducente è naturale ed

inconscia, consistendo semplicemente in un

incremento dell'angolo di sterzata.

Il sovrasterzo invece è considerato meno sicuro, infatti:

• il veicolo sovrasterzante, poiché tende a

percorrere una traiettoria con raggio di curvatura

minore di quello impostato dallo sterzo, è soggetto

ad un incremento della forza centrifuga e di

conseguenza del sovrasterzo, dato che i

pneumatici dell'assale posteriore raggiungono più

facilmente il loro limite massimo di aderenza;

• tale comportamento è generalmente più difficile da

controllare dal conducente medio, poiché in questa

situazione sono richieste delle manovre di

correzione non sempre naturali, facili e inconsce.

Queste osservazioni giustificano la considerazione del

sottosterzo come un fattore di sicurezza attiva e, quasi

tutte le vetture di serie sono progettate in maniera tale

da avere, in curva, questo comportamento.

Spesso anche vetture che potenzialmente avrebbero un

comportamento neutro sono costruite preferendo un

leggero sottosterzo.

Infatti, benché teoricamente il comportamento neutro si

presenti come il più sicuro, in pratica si è visto che un

veicolo con tale caratteristica se inizia a sbandare in

curva perde aderenza su tutte e quattro le ruote

contemporaneamente; se inoltre si considera la grande

difficoltà di ripresa con le normali manovre si comprende

facilmente come la neutralità di un veicolo in curva sia

un potenziale pericolo.

Si deve poi osservare, che le notevoli prestazioni dei

veicoli a comportamento neutro, portano a percorrere le

curve a velocità maggiori che non con un veicolo sotto o

sovrasterzante.

Non è inutile, infine, rilevare come gran parte degli

interventi mirati ad ottimizzare il comportamento in curva

del veicolo (aumentando, ad esempio, il comportamento

sottosterzante) si basano su modifiche del sistema

sospensivo (interventi sugli ammortizzatori, sulla rigidità

degli elementi elastici, sulla convergenza, sulla

campanatura, ecc.).

Non si deve però pensare che se un veicolo viene

progettato in maniera tale da presentare preferibilmente

un comportamento particolare in curva, esso rimanga

tale in tutte le situazioni; infatti, in realtà, può capitare

che se un veicolo presenta, per esempio, un

comportamento in curva tendenzialmente sottosterzante

può, in certe situazioni, diventare neutro o anche

sovrasterzante.

13

4. VALORI SPERIMENTALI DEI COEFFICIENTI DIADERENZA LONGITUDINALE E TRASVERSALE.I grafici di Fig. 22 e Fig. 23, relativi a strade asfaltate, ed

il grafico di Fig. 24, relativo a strade in cemento,

rappresentano l'andamento del coefficiente fx con lo

scorrimento, in diverse condizioni ambientali.

STRADA ASFALTATA

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 0,25 0,5 0,75 1

Scorrimento

fx

Asciutto

Bagnato

Umido esporco

Fig. 22 Curve fx(s) in diverse condizioni ambientali.Strada in asfalto, pneumatici Dunlop C41, 5, 90-15,p = 1.6 kg/cm2, V= 30 km/h.

STRADA ASFALTATA

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 0,25 0,5 0,75 1

Scorrimento

fx

Asciutto

0.2 mm di acqua

1 mm

2 mm

Fig. 23 Curve fx(s) in diverse condizioni ambientali.Strada in asfalto, pneumatici Dunlop C41, 5, 90-15,p = 1.6 kg/cm2, V= 30 km/h.

STRADA IN CEMENTO

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 0,25 0,5 0,75 1

Scorrimento

fx

Asciutto

Bagnato

Neve

Ghiaccio

Fig. 24 Curve fx(s) in diverse condizioni ambientali.Strada in cemento, pneumatici Dunlop C41,5,90-15,p = 1.6 kg/cm2, V= 30 km/h.

Si evidenzia in particolare il notevole decadimento del

coefficiente di aderenza con il peggioramento delle

caratteristiche superficiali della pavimentazione, causato

dalla presenza di acqua.

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 0,25 0,5 0,75 1

Scorrimento

fx

ASCIUTTO

BAGNATO

V = 10 - 40 km/h

V = 25 km/h

V = 40 km/h

V = 10 km/h

Fig. 25 Influenza della velocità sulle curve fx(s) su stradaasciutta e su strada bagnata.Pneumatici convenzionali e radiali 6.40 - 13 e 6.00-15, P = 375 kg

Nel grafico di Fig. 25 sono riportate delle curve

parametrate in funzione della velocità ed indicative

14

dell'andamento di fx con lo scorrimento. Si noti come i

valori di fx si mantengano pressoché costanti

nell'intervallo di velocità 10 - 40 km/h, nel caso di

assenza d'acqua sulla superficie stradale; è evidente

invece la riduzione del coefficiente di aderenza con la

velocità, non appena subentrino peggioramenti delle

condizioni superficiali.

Il diagramma di Fig. 26 rappresenta i vari domini di

variabilità di fx con la velocità, in funzione delle diverse

condizioni dello strato superficiale. Si evidenzia in

particolare la criticità delle situazioni legate a

pavimentazioni innevate o ghiacciate, anche per valori

non elevati di velocità.

Fig. 26 Stato della superficie stradale e coefficiente diaderenza. Esperienze condotte in Giappone.

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0 20 40 60 80 100 120

V (km/h)

fx

0.2 mm1.0 mm2.0 mm

A

B

VELO IDRICO

Fig. 27 Andamento del coefficiente fx con la velocità V sustrada bagnata.Pneumatico 5.60-15 con battistrada (curve A) esenza (curve B); P = 300 kg, p = 1.50 Kg/cm2

Il grafico riportato in Fig. 27 evidenzia l'andamento fx(V)

nel caso di pavimentazione bagnata, con riferimento a

tre possibili spessori del velo idrico; nel grafico sono

rappresentate due famiglie di curve: una relativa a

pneumatici muniti di battistrada, l'altra a pneumatici privi

di battistrada. E' interessante notare come, alle alte

velocità, il campo di variabilità del coefficiente di

aderenza risulti essere molto ristretto, nel senso che i

valori di fx, per valori molto elevati di velocità, sono

condizionati in misura minore (ma in maniera

determinante) dalla presenza d'acqua e dalle condizioni

del pneumatico.

Il grafico di Fig. 28 mette in risalto l'estrema importanza

della tessitura superficiale, nel caso di pavimentazione

bagnata. Si deve osservare come al peggiorare delle

caratteristiche di rugosità dello strato di usura, si

manifesti un netto decadimento dei valori di fx. Anche in

questo caso si deve ribadire il ruolo determinante svolto

dalla velocità.

Spessore del velo idrico = 2,5 mm

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

0 20 40 60 80 100 120

V (km/h)

fx

Profondità della tessitura = 8 mm

6 mm

4 mm2 mm1 mm

0 mm

Fig. 28 Curve fx(V) in funzione ddeellllaa pprrooffoonnddiittàà ddeellllaatteessssiittuurraa ssuuppeerrffiicciiaallee.. SSppeessssoorree ddeell ffiillmm iiddrriiccoo == 22..55mmmm.. ((EEssppeerriieennzzee ccoonnddoottttee iinn GGiiaappppoonnee))..

Le curve del diagramma di Fig. 29, parametrate in

funzione della velocità, evidenziano, per una superficie

caratterizzata da assenza d'acqua, l'influenza del tasso

di usura del pneumatico sul coefficiente di aderenza

longitudinale. Questo diagramma è interessante

soprattutto se confrontato con quello riportato in Fig. 30,

relativo ad un film d'acqua di 7.5 mm. Da questo

confronto si evince facilmente come il tasso di usura del

pneumatico svolga un ruolo maggiormente determinante

nel caso di presenza del velo idrico e per velocità medio-

alte. E' stato dimostrato che, nel caso di pavimentazione

interessata da un film idrico di 7.5 mm, nelle condizioni

di velocità di marcia pari a 80 km/h e nella situazione di

tasso di usura del copertone uguale al 60%, è molto

probabile il verificarsi del fenomeno di aquaplaning.

15

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0 20 40 60 80 100

Tasso di usura del pneumatico (%)

fx

V = 40 km/h

V = 60 km/h

V = 80 km/hV = 100 km/h

Fig. 29 Influenza del tasso di usura del pneumatico sulcoefficiente fx. Strada asciutta (Esperienze condottein Giappone).

Pavimentazione in cemento - Spessore del velo idrico pari a 7.5

0

0,1

0,2

0,3

0,4

60 70 80 90 100 110 120

V (km/h)

fx

0%20%60%80%100%

Tasso d'usura

Fig. 30 RReellaazziioonnee ttrraa iill ttaassssoo ddii uussuurraa ddeell ppnneeuummaattiiccoo eedd iillccooeeffffiicciieennttee ddii aaddeerreennzzaa.. SSppeessssoorree ddeell ffiillmm iiddrriiccoo ==77..55 mmmm,, ssttrraaddaa iinn cceemmeennttoo,, pprreessssiioonnee ddiiggoonnffiiaaggggiioo ddeell ppnneeuummaattiiccoo == 00..1177 MMPPaa.. ((EEssppeerriieennzzeeccoonnddoottttee iinn GGiiaappppoonnee))..

Il grafico di Fig. 31 mette in rilievo il ruolo della pressione

di gonfiaggio del pneumatico nel caso di velo idrico pari

a 7.5 mm e per un tasso di usura del pneumatico pari

all'80 %; anche in questo caso l'influenza della pressione

di gonfiaggio diventa importante per velocità superiori a

80 km/h.

Pavimentazione in cemento - Spessore del velo idrico pari a 7.5 mm

0

0,1

0,2

0,3

60 70 80 90 100 110 120

V (km/h)

fx

0.20 MPa

0.26 MPa

0.17 MPa

0.14 MPa

0.11 MPa

Pressione di gonfiaggio del pneumatico

Fig. 31 Relazione tra la pressione di gonfiaggio delpneumatico ed il coefficiente fx. Spessore del filmidrico = 7.5 mm, strada in cemento, tasso di usuradel pneumatico = 80%. (Esperienze condotte inGiappone).

Riferendoci alla variabile traffico, si riporta (Fig. 32) a

titolo di esempio una legge di decadimento del CAT

determinata sulla base delle misure raccolte su alcune

autostrade italiane. Sono state prese in considerazione

le misure effettuate dalla Società Autostrade dallo

SCRIM prima e dal SUMMS poi, in un intervallo di tempo

compreso tra il 1983 ed il 1988, su alcuni tratti

autostradali nei quali lo strato superficiale della

pavimentazione era costituito da una usura tradizionale.

La legge di decadimento del CAT è stata ricavata

utilizzando la tecnica delle “regressioni fuzzy“ (si tratta di

una metodologia di regressione matematica che

consente di collegare l'evoluzione nel tempo degli

indicatori al traffico passato o residuo mediante

opportune leggi matematiche che tengano presente

l'effetto che hanno, sia sui valori misurati degli indicatori,

sia sulla loro evoluzione nel tempo, variabili quali: la

temperatura di misura, le condizioni delle superfici al

momento della misura, le condizioni medie ambientali, la

tipologia dei materiali impiegati etc.).

In figura 32 è rappresentato l’andamento del CAT

relativamente alle condizioni suddette. In ordinata è

riportato il valore del coefficiente di aderenza

trasversale, mentre in ascissa è riportato il numero N di

passaggi di veicoli merci sulla carreggiata.

Fig. 32 Legge di decadimento del CAT ottenuta con latecnica dei "fuzzy sets".

Le leggi matematiche a cui fanno capo le curve

graficizzate sono:

Nlog21.1130.115ft ⋅−= (per i valori centrali)

( ) Nlog88.221.1130.115ft ⋅±−= (per i valori limiti)

Le leggi così ottenute, inglobando nei loro coefficienti

alcuni fattori, come la composizione del traffico, il

16

comportamento degli utenti, le condizioni ambientali,

risultano essere specifiche dei tronchi autostradali

analizzati. L'applicazione sistematica del metodo delle

regressioni fuzzy permetterà di ricavare, sfruttando

l'enorme massa di dati rilevati sull'intera rete, leggi di

decadimento del CAT specifiche per le situazioni tipiche

che potranno essere individuate sulla rete Autostrade.

Sempre con riferimento alle differenti quantificazioni del

coefficiente di aderenza, si è sperimentalmente

osservato come la difficoltà maggiore che emerge nella

valutazione del CAT è che tale valore risente di

variazioni cicliche della temperatura e di umidità sia di

breve che di lungo periodo, quali le variazioni stagionali.

Infatti, sono state riscontrate variazioni cicliche annuali

con valori della rugosità più elevati nel periodo inverno-

primavera rispetto al periodo autunno-estate, con la

sovrapposizione di ulteriori variazioni di breve periodo

attribuibili alle precipitazioni e/o alle variazioni climatiche

locali che si manifestano pressoché in tutte le tipologie di

pavimentazioni.

Il maggior numero di sperimentazioni a riguardo giunge

dal Pennsylvania Department of Transportation che ha

condotto un'approfondita raccolta di misurazioni dei

valori del CAT su numerose autostrade dello Stato. Tali

misure, confortate da molte altre fornite da altri stati al

Federal Highway of Transportation (Fhwa), mostrano la

presenza di una prima fase di stabilizzazione delle

caratteristiche superficiali, durante la quale la

pavimentazione è esposta al clima ed al traffico per un

arco di tempo compreso tra uno e due anni di esercizio;

successivamente la superficie comincia ad evidenziare

le suddette variazioni cicliche.

Possiamo pertanto pensare di configurare il valore di fy

attraverso la somma di tre termini:

fy = fy1 + fy2 + fy3, dove:

♦ fy1: è un valore di fy in un certo senso assoluto, cioè

indipendente dalle variazioni cicliche sia di breve

che di lungo periodo;

♦ fy2: rappresenta il valore della variazione ciclica di

breve periodo;

♦ fy3: rappresenta il valore della variazione ciclica di

lungo periodo.

Essendo l'ampiezza delle variazioni stagionali molto

variabile di anno in anno, il valore minimo raggiunto dal

CAT non solo varia da un anno all'altro, ma, pur se in

modo più contenuto, anche all'interno dello stesso

periodo di misura.

La figura 33, relativa ad alcuni rilevamenti eseguiti in

Inghilterra su strade sottoposte a controlli periodici e di

routine del SFC, confermano palesemente tale

fenomeno, mostrando un andamento sinusoidale

nell'anno, con un massimo in gennaio e con la presenza

di un forte calo tra giugno ed agosto.

Fig. 33 Variazione stagionale (stimata) del CAT(esperienze inglesi).

Con particolare riferimento al coefficiente di aderenza

trasversale, possiamo sinteticamente, osservare, in

primo luogo, come recenti osservazioni sperimentali

abbiano evidenziato, nel caso di buoni manti e di basse

velocità, valori del CAT compresi tra 0.5 e 0.8. Il

coefficiente fy scende a valori compresi tra 0.35 e 0.40

nel caso di velocità variabili tra 80 e 100 Km/h, fino a

ridursi a 0.3 per velocità ancora maggiori.

In definitiva, si può ragionevolmente affermare, senza

incorrere in semplificazioni eccessive, che il coefficiente

fy è esprimibile attraverso la seguente relazione implicita:

fy = f ( V, T°, a, t, i, w, b, c, N, g )

Ove le variabili indicate sono le seguenti :

V: rappresenta il valore della velocità, parametro

determinante relativamente alla natura del contatto

pneumatico-pavimentazione ed all'aderenza che si

sviluppa tra esse. Si può inoltre osservare, a conferma

della interdipendenza dei parametri in gioco, che la

diminuzione di fy, stimata in media di 0.01 unità per ogni

4 Km/h di aumento di V, risulta fortemente marcata nel

caso di pavimentazioni stradali caratterizzate da

rivestimenti con pessime condizioni di micro e macro

rugosità, e molto contenuta nel caso di rivestimenti con

migliori caratteristiche di tessitura. La relazione che lega

17

il CAT alla velocità può essere formulata nel seguente

modo:

V Vcon 01.04

VV)V(CAT)V(CAT &&&&&&

&&& >⋅−

−= [4]

dove:

♦ CAT(V) = valore del CAT associato alla velocità V;

♦ )V(CAT &&& = valore del CAT associato alla velocità V&&&

(valore noto).

T°: rappresenta la temperatura dell'aria e/o della

pavimentazione. Le variazioni di temperatura

influenzano le proprietà meccaniche del pneumatico (in

genere, ad un incremento di temperatura corrisponde un

aumento della tenacità propria del pneumatico ed una

diminuzione delle perdite per isteresi). Si è visto

sperimentalmente che ad ogni incremento di 1 °C di

temperatura, corrisponde una riduzione di circa 0.003

unità del valore di fy;

a: si riferisce alle proprietà dell'aggregato, il quale

contribuisce alle caratteristiche superficiali della

pavimentazione, mediante la sua forma, le dimensioni, la

durezza, la resistenza al gelo, oltre che con il valore

della micro-tessitura ossia la presenza di asperità sulla

superficie dell'aggregato. La micro-tessitura, o

scabrezza superficiale, funzione della natura

petrografica dell'inerte, influenza fortemente la tendenza

alla lucidatura della superficie stradale ovvero

dell'aggregato stesso, ed è generalmente espressa

attraverso il valore del PSV, Polished Stone Value

(Norme Bs 812). Tale valore quantifica non solo la

scabrezza dell'inerte ma anche il suo mantenimento nel

tempo, essendo noto che, a parità di traffico, per ogni

unità di cui varia il PSV, il valore del CAT varia di 0.01.

t : indica il valore della tessitura ed in particolare della

macro-tessitura anch'essa legata direttamente alle

caratteristiche dell'inerte. La macro-tessitura della

superficie stradale, definita come l'altezza media delle

irregolarità del piano viabile aventi lunghezza d'onda

compresa tra 0.5 mm e 50 mm, svolge un ruolo

fondamentale nell'influenzare la diminuzione dei valori di

aderenza, soprattutto all'aumentare della velocità.

i: si riferisce alla presenza di polveri, residui della

combustione o impurità in genere che attutiscono le

asperità sia dell'inerte che della superficie stradale;

w: si riferisce alla presenza di acqua sulla

pavimentazione; si è infatti visto sperimentalmente che

quando il velo d'acqua sulla strada è eccessivo (oltre 1-2

mm), l'aderenza diminuisce notevolmente, specialmente

con pneumatici lisci;

b: riassume le caratteristiche e la percentuale di bitume

presente nella miscela. E' importante che il bitume

utilizzato sia dosato in modo tale da soddisfare le reali

esigenze d'esercizio del manto stradale, in quanto un

eccesso di bitume e della pellicola che avvolge gli inerti,

avrebbe un effetto fortemente attenuante sui valori della

macro-tessitura mentre non porterebbe gravi

conseguenze sulla microtessitura, che, sotto traffico,

verrebbe rapidamente ripristinata;

c: indica l'influenza del clima e delle caratteristiche

pluviometriche del sito;

Gli ultimi due parametri (N e g) tengono conto della

variabile traffico, fattore che introduce il problema del

decadimento delle caratteristiche di aderenza nel tempo,

dovuto alle azioni tangenziali originate al contatto ruota

pavimentazione in seguito allo sforzo di trazione

esercitato prevalentemente dalle ruote motrici.

Pertanto il traffico non interviene direttamente nella

misura del valore di fy, ma è determinante nella

definizione delle condizioni di esercizio in cui un

prefissato valore di SFC deve risultare garantito.

Con riferimento ai succitati parametri, si ha che:

N: si riferisce alla natura del traffico di esercizio,

espresso, per esempio, dal valore del TGM di veicoli

pesanti, quale primo fattore che stabilisce la rapidità di

decadimento nel tempo delle caratteristiche di rugosità

del manto;

g: si riferisce al traffico cumulato, cioè al tempo

complessivo di esercizio in particolari condizioni di

traffico.

5. ELABORAZIONE DI UNA METODOLOGIA PER LAVALUTAZIONE DELLA PROBABILITA’ CHE SIVERIFICHINO SCARSE CONDIZIONI DI ADERENZA.I fenomeni che si susseguono durante l'avanzamento di

un veicolo sono caratterizzati da una natura non

deterministica (non esistendo la proporzionalità diretta

tra azione e reazione) ma di tipo probabilistico (potendo

ragionare soltanto in termini di probabilità che si presenti

un'azione e di probabilità che si manifesti una data

reazione).

Al fine di analizzare più specificatamente tali questioni,

verrà di seguito esposta una metodologia di natura

probabilistica finalizzata al calcolo della probabilità che,

18

in un dato ambiente, si verifichino certi “eventi” tali da

portare al degrado delle caratteristiche di aderenza.

Per rendere maggiormente completa e comprensibile la

procedura da noi ideata, ci appare opportuno,

preliminarmente, riportare alcuni concetti di analisi

probabilistica che verranno ampiamente utilizzati in

seguito.

5.1 Il concetto di probabilità.In base alla definizione classica di probabilità, se un

evento E può presentarsi in h modi su un totale di nugualmente probabili modi possibili, allora la probabilità

dell'avverarsi dell'evento (detta successo) è indicata con:

{ }nhEPp r == [5]

La probabilità del non-avverarsi dell'evento (detta

insuccesso) è data dalla seguente relazione:

{ } { }EP1p1nh1nonEPq r −=−=−== [6]

In definitiva: p + q = 1, ovvero Pr {E} + Pr {nonE} = 1.

Si deve notare che, in base alla definizione appena

fornita, la probabilità di un evento è un numero

compreso tra 0 e 1. Se un evento non può presentarsi,

la sua probabilità è 0; se si presenta necessariamente,

cioè è certo, la , sua probabilità è 1.

La precedente definizione di probabilità ha lo svantaggio

di basarsi su un concetto, quello di “evento ugualmente

probabile", estremamente vago. Per tale ragione, alcuni

studiosi hanno sostenuto una definizione statistica di

probabilità. Secondo tale definizione, la probabilità

stimata o probabilità empirica di un evento è data dalla

frequenza relativa del presentarsi dell'evento quando il

numero delle osservazioni è molto grande. La probabilità

è il limite della frequenza relativa quando il numero delle

osservazioni cresce indefinitamente.

La definizione statistica, benché utile nella pratica, pone

tuttavia delle difficoltà dal punto di vista matematico,

dato che nella realtà può non esistere un numero che

possa essere assunto come limite. Per questo motivo, la

moderna teoria della probabilità è stata sviluppata

assiomaticamente: la probabilità è un concetto indefinito,

come il punto e la retta sono indefiniti in geometria.

5.2 Probabilità condizionata. Eventi indipendenti edipendenti.Se E1 ed E2 sono due eventi, la probabilità che,

presentatosi E1 , si presenti anche E2, è indicata con

Pr{E2E1} oppure Pr{E2 dato E1} e viene detta

probabilità condizionata di E2, dato che E1 si è

presentato.

Se il presentarsi o il non-presentarsi di E1 non influisce

sulla probabilità del presentarsi di E2, allora Pr{E2E1}=

Pr{E2} e gli eventi E1 ed E2 si definiscono indipendenti;

in caso contrario, si dice che sono eventi dipendenti.

Se denotiamo con E1E2 l'evento che "si presentino sia E1

che E2”, detto evento composto, allora:

Pr{E1E2} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2E1} [7]

In particolare, nel caso di eventi indipendenti, si ha:

Pr{E1E2} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2} [8]

Per tre eventi E1, E2, E3, si ha che la probabilità del

presentarsi di E1, E2 ed E3 è uguale alla probabilità di E1

moltiplicata per la probabilità di E2 dato che E1 si è

presentato, moltiplicata ancora per la probabilità di E3

dato che sia E1 che E2 si sono presentati; cioè:

Pr{E1E2 E3} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2E1}⋅ Pr{E3E1 E2} [9]

Nel caso particolare di eventi indipendenti, si ha:

Pr{E1E2 E3} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2}⋅ Pr{E3} [10]

In generale, se E1, E2, E3,…, En sono n eventi

indipendenti con rispettiva probabilità p1. p2. p3,…, pn,

allora la probabilità del presentarsi di E1, E2, E3,…,En è

data dal prodotto delle singole probabilità; cioè:

Pr{E1E2 E3…En} = p1 ⋅ p2 ⋅ p3 ⋅ …⋅ pn [11]

5.3 Eventi escludentisi a vicenda.Si dice che due o più eventi si escludono a vicenda se il

presentarsi di uno di essi esclude il presentarsi degli

altri. Così, se E1 ed E2 sono eventi escludentisi a

vicenda, si ha:

Pr{E1E2} = 0 [12]

Se E1 + E2 indica l'evento che dei due eventi E1 ed E2 "si

presentino o l'uno o l'altro o entrambi", allora:

Pr{E1 + E2} = Pr{E1} + Pr{E2} - Pr{E1E2} [13]

In particolare, nel caso di eventi escludentisi a vicenda,

si può scrivere:

Pr{E1 + E2} = Pr{E1} + Pr{E2} [14]

19

Estendendo questo concetto, se E1 , E2,…,En sono n

eventi escludentisi a vicenda a cui corrispondono

rispettivamente le probabilità p1. p2. p3,…, pn, allora la

probabilità del presentarsi di E1 o di E2 o di E3 …o di En

è data dalla somma delle singole probabilità; cioè:

Pr{E1 + E2 + E3 + … + En} = p1 + p2 + p3 + …+ pn [15]

5.4 Distribuzioni di probabilità.Se una variabile X può assumere un insieme discreto di

valori X1, X2, ..., Xk, rispettivamente con probabilità p1,

p2, …, pK, dove p1 + p2 + ...+ pk = 1, diciamo che è stata

definita per X una distribuzione di probabilità discreta. La

funzione p(X), che assume i valori p1, p2, …, pK

rispettivamente in corrispondenza di X = X1, X2, …, XK, è

detta funzione di probabilità di X. Poiché X può

assumere certi valori con date probabilità, viene spesso

detta variabile casuale discreta. Al posto della'

espressione "variabile casuale" si può anche usare

l'espressione variabile stocastica.

I concetti appena espressi possono essere estesi al

caso in cui la variabile X può assumere un insieme

continuo di valori. Il diagramma della distribuzione della

probabilità diventa, nel caso teorico di una popolazione,

cioè al limite, una curva continua, del tipo di quella

riportata in Fig. 34, la cui equazione è Y = p(X).

L'area totale compresa tra la curva e l'asse delle X è

uguale ad 1, e l'area sotto la curva compresa fra le linee

X = a ed X = b (area ombreggiata nella figura), dà la

probabilità che X cada tra a e b. Tale probabilità può

essere indicata con Pr{a < X < b}.

X

P(X)

a b

��������������������������������������������������������

Fig. 34 Esempio di funzione di densità di probabilità.

Possiamo chiamare p(X) funzione di densità di

probabilità, o, più brevemente, funzione di densità.

Quando tale funzione è data, si dice che è stata definita

la distribuzione continua di probabilità di X La variabile è

allora detta variabile casuale continua.

5.5 Correlazione tra la teoria della probabilità e lateoria degli insiemi.Nella moderna teoria della probabilità, tutti i possibili

risultati di un esperimento possono essere assimilati a

punti appartenenti ad uno spazio (che può essere a una,

due, tre, ecc. dimensioni), detto spazio campionario S.

Se S contiene solo un numero finito di punti, allora a

ciascun punto possiamo associare un numero non-

negativo, detto probabilità, tale che la somma di tutti i

numeri corrispondenti a tutti i punti di S vale uno. Un

evento è un insieme di punti di S, come indicato da E1 o

E2 nel diagramma di figura 35, detto diagramma di Venn

o di Eulero.

���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

���������������������������������E1

E2

S

Fig. 35 Diagramma di Venn (o di Eulero).

L'evento E1 + E2 è l'insieme dei punti che appartengono

a E1 o a E2 o ad entrambi (Fig. 36) mentre l'evento E1E2

è l'insieme dei punti comuni ad E1 ed E2 (Fig. 37).

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

���������������������������������E1

E2

SE1 + E2

Fig. 36 Rappresentazione dell’evento E1 + E2 in undiagramma di Eulero.

In definitiva, la probabilità dell'evento E1 è la somma

delle probabilità associate a tutti i punti contenuti

nell'insieme E1. Analogamente la probabilità di E1 + E2,

20

indicata con Pr{E1 + E2} è la somma delle probabilità

associate a tutti i punti contenuti nell'insieme E1 + E2.

Se E1 ed E2 non hanno punti in comune, cioè se gli

eventi si escludono a vicenda, allora Pr{E1 + E2} =

=Pr{E1} + Pr{E2}; se hanno invece punti in comune,

allora Pr{E1 + E2} = Pr{E1} + Pr{E2} - Pr{E1E2}.

����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

��������������������������������������������E1

E2

SE1E2

Fig. 37 Rappresentazione dell’evento E1E2 in un diagrammadi Eulero.

L'insieme E1 + E2 viene talvolta indicato con E1 ∪ E2 che

si dice unione dei due insiemi. L'insieme E1E2 viene

talvolta indicato con E1 ∩ E2 che si dice intersezione dei

due insiemi. I precedenti concetti si possono estendere a

più di due insiemi. Così, invece di E1 + E2 + E3 e E1E2E3,

possiamo scrivere rispettivamente E1 ∪ E2 ∪ E3 ed E1 ∩

E2 ∩ E3.

Per indicare un insieme privo di punti, si usa il simbolo φ,

e l'insieme viene detto insieme vuoto. La probabilità

associata ad un evento corrispondente a tale insieme è

nulla, cioè Pr{φ} = 0.

Se E1 ed E2 non hanno punti in comune, possiamo

scrivere E1E2 = φ; ciò significa che gli eventi in questione

si escludono a vicenda e Pr{E1E2} = 0.

Seguendo questo moderno approccio, una variabile

casuale è una funzione definita per ogni punto dello

spazio campionario. Nel caso in cui S sia composto da

un numero infinito di punti, si possono estendere i

precedenti concetti con strumenti matematici più

avanzati.

5.6 Valutazione della probabilità di avere scarsecondizioni di aderenza.Utilizzando i concetti probabilistici appena definiti, e

riferendoci ad i parametri influenzanti le modalità di

espletamento del meccanismo di aderenza, si vuole, in

questo paragrafo, valutare la probabilità che, in una

generica “situazione ambientale”, si manifestino scarse

condizioni di aderenza.

Svincolandoci momentaneamente dai condizionamenti

legati alla velocità veicolare, possiamo senz’altro

affermare che l’evento “condizioni scarse di aderenza”

(Ead,sc) si manifesta se si presentano “o l’uno o l’altro o

entrambi” i seguenti eventi (Fig. 38):

1) Epneum = condizioni scarse di aderenza per effetto

delle caratteristiche dei pneumatici.

2) Epavim = condizioni scarse di aderenza per effetto

delle caratteristiche della pavimentazione.

������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

���������������������������������Epneum

Epavim

SEad,sc

Fig. 38 Rappresentazione dell’evento “condizioni scarse diaderenza” in un diagramma di Eulero.

Gli eventi Epneum e Epavim sono indipendenti ma non si

escludono a vicenda (infatti possono presentarsi

contemporaneamente situazioni caratterizzate da

condizioni non ottimali sia dei pneumatici che dello strato

di usura), pertanto si può scrivere:

Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+ Pr{Epavim}+- Pr{EpneumEpavim} [16]

Occorre adesso analizzare gli eventi Epneum ed Epavim

dal punto di vista dei possibili ulteriori eventi in grado di

condizionare la probabilità di verificarsi di entrambi.

Osserviamo che la presenza di fluidi nell’interfaccia

ruota-pavimentazione (evento “presenza di fluidi

interposti”, Efluidi) condiziona sia le “prestazioni” del

pneumatico sia quelle della rugosità superficiale.

Nel caso specifico dei pneumatici, poi, si devono mettere

in conto le caratteristiche inerenti allo stato manutentivo

dei pneumatici medesimi; si deve cioè considerare

l’evento (Epn,non-ott) “condizioni non ottimali dei

pneumatici”.

21

Per quanto riguarda invece le caratteristiche di rugosità

dello strato di usura, occorre considerare l’evento

(Etex,non-ott) “tessitura non ottimale”. La probabilità che si

verifichi l’evento Etex,non-ott (Pr{Etex,non-ott}) rappresenta la

frequenza di sezioni con tessitura superficiale liscia, nel

caso in cui si stia esaminando un tratto stradale definito

in ogni sua sezione in termini di rugosità. Nel caso in cui

si stia analizzando una situazione di progetto, Pr{Etex,non-

ott} è la probabilità che durante la vita utile della

pavimentazione la tessitura possa degradare fino a

valori inaccettabili (il valore di tale probabilità dipende

dalle strategie di manutenzione che si prevede vengano

adottate, dalla soglia di allarme stabilita e dalla legge di

decadimento delle caratteristiche superficiali nel tempo).

Poiché gli eventi Efluidi/Epn,non-ott, Efluidi/Etex,non-ott, sono, a

due a due, indipendenti e mutuamente non esclusivi,

risultano valide le seguenti relazioni (Fig. 39, Fig. 40):

Pr{Epneum} = Pr{Efluidi + Epn,non-ott}= Pr{Efluidi}+ Pr{Epn,non-

ott}- Pr{EfluidiEpn,non-ott} [17]

Pr{Epavim} = Pr{Efluidi + Etex,non-ott}= Pr{Efluidi}+ Pr{Etex,non-

ott}- Pr{EfluidiEtex,non-ott} [18]

����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

���������������������������������

Epn,non-ott

Efluidi

SEpneum

Fig. 39 Rappresentazione dell’evento “condizioni scarse diaderenza per effetto delle caratteristiche deipneumatici” in un diagramma di Eulero.

Restano a questo punto da chiarire le definizioni degli

eventi Efluidi ed Epn,non-ott.

Riguardo l’evento “presenza di fluidi interposti” possiamo

considerarlo come associato ad una serie di tre eventi

che, con qualche approssimazione, si possono ritenere

indipendenti ed escludentisi a vicenda:

• presenza di acqua (EW);

• presenza di ghiaccio (EI)

• presenza di neve (ES)

��������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

��������������������������������������������

Etex,non-ott

Efluidi

SEpavim

Fig. 40 Rappresentazione dell’evento “condizioni scarse diaderenza per effetto delle caratteristiche dellapavimentazione” in un diagramma di Eulero.

In virtù di quanto detto, la probabilità di avere fluidi in

corrispondenza dell’area di contatto tra pavimentazione

e pneumatico è valutabile a mezzo della seguente

relazione (Fig. 41):

Pr{Efluidi} = Pr{EW}+ Pr{EI}+ Pr{ES} [19]

�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

EI

EW

S

Efluidi = Ew + EI + ES

����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

ES

Fig. 41 Rappresentazione dell’evento “presenza di fluidiinterposti” in un diagramma di Eulero.

Per quanto concerne, infine, il calcolo della probabilità

che si manifesti l’evento “condizioni non ottimali dei

pneumatici”, esso va riferito alla probabilità che si

verifichino “o l’uno o l’altro o entrambi” i seguenti eventi

(Fig. 42):

1) Epress = pressioni di gonfiaggio basse (o comunque

non adeguate).

2) Ebatt = battistrada liscio (o molto usurato).

Anche in questo caso si ha a che fare con eventi tra loro

indipendenti e mutuamente non esclusivi, per cui la

probabilità cercata vale:

Pr{Epn,non-ott}= Pr{Epress}+ Pr{Ebatt}- Pr{EpressEbatt} [20]

22

��������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������

��������������������������������������������

Ebatt

Epress

SEpn,non-ott

Fig. 42 Rappresentazione dell’evento “condizioni nonottimali dei pneumatici” in un diagramma di Eulero.

In definitiva, la valutazione della probabilità di avere

scarse condizioni di aderenza richiede che vengano

forniti come dati di “input” le seguenti probabilità:

• Pr{Etex,non-ott}= Probabilità che durante la vita utile

della pavimentazione la tessitura possa degradare

fino a valori inaccettabili;

• Pr{Epress}= Probabilità che i veicoli viaggino con

pneumatici caratterizzati da pressioni di gonfiaggio

diverse da quelle consigliate dalle case costruttrici

(tale probabilità è valutabile da un’indagine sulle

effettive caratteristiche del parco veicolare

circolante);

• Pr{Ebatt}= Probabilità che il battistrada dei pneumatici

dei veicoli circolanti sia consumato (anche in questo

caso si può far riferimento alle statistiche relative alle

condizioni del parco veicolare);

• Pr{EW}= Probabilità di avere presenza di acqua in

corrispondenza dell’interfaccia pneumatico-

pavimentazione (valutabile a mezzo degli annali

idrologici).

• Pr{EI}= Probabilità di avere presenza di ghiaccio

sulla pavimentazione (valutabile tramite il supporto

dei dati idrologici).

• Pr{ES}= Probabilità di avere presenza di neve sullo

strato superficiale della sovrastruttura stradale

(valutabile, anche in questo caso, tramite i dati

provenienti dagli annali idrologici).

6. APPLICAZIONE DEI CRITERI PROBABILISTICIALLE METODOLOGIE PROGETTUALI.Mediante la procedura esposta al paragrafo precedente,

si è arrivati a calcolare la probabilità che, in un

determinato contesto “ambientale”, si verifichino

condizioni scarse di aderenza.

All’inizio di questa memoria si è ricordato come le

caratteristiche di aderenza, o meglio i coefficienti di

aderenza, entrino in gioco nella definizione di alcune

metodologie progettuali. Si tratta, però, di coefficienti di

aderenza fissati a priori i quali, riflettendo le condizioni

potenzialmente peggiori, non tengono in conto le reali

risorse, in termini di aderenza, offerte dall’”ambiente” in

cui si va a progettare.

Svincolandoci da questo tipo di impostazione

(deterministica), si vuole di proporre un indirizzo

metodologico finalizzato all’adozione delle caratteristiche

di aderenza più probabili come parametri di progetto.

In particolare, verrà esposta una procedura di

correlazione tra la probabilità Pr{Ead,sc} e le leggi di

variabilità del coefficiente di aderenza trasversale. A

titolo di esempio, mediante tale procedura, si intende

rivisitare la metodologia di progettazione delle curve

circolari stradali proposta dal CNR nel 1980, e

sintetizzata nel paragrafo successivo.

7. METODOLOGIA DI PROGETTO DELLE CURVECIRCOLARI STRADALI (CNR – 1980).Consideriamo (Fig. 43) un veicolo a due assi che

percorre a velocità costante v (in m/s) una curva

circolare di raggio R, inclinata verso il centro di curvatura

di un angolo α.

Pa ⋅ cosα

Pa ⋅ sinα

Fc ⋅ cosα

Fc ⋅ sinαFc

Pa

Fc

α

G

Fig. 43 Equilibrio in curva dell'asse motore di un veicolo.

In queste condizioni il veicolo è soggetto

all’accelerazione centripeta (v2/R) diretta

orizzontalmente lungo il raggio e verso l'interno della

curva e quindi ad una forza centrifuga rivolta in senso

opposto pari a:

Rv

gPF

2

c ⋅=

23

dove P è il peso del veicolo (supposto a massa

concentrata nel baricentro) e g l'accelerazione di gravità.

Per assicurarci che la forza centrifuga non provochi lo

sbandamento del veicolo, studiamo l’equilibrio alla

traslazione dell'asse motore, in direzione parallela alla

piattaforma e normale all'asse stradale.

Le forze da considerare sono: il peso Pa gravante

sull’asse in esame (peso aderente), la forza centrifuga

Fc e la reazione Ft esplicata dalla strada sulle ruote.

Quest'ultima ha come valore limite l'aderenza disponibile

in senso trasversale; ossia, essendo il coefficiente di

aderenza trasversale (CAT), il valore limite di Ft è dato

dal prodotto tra il CAT e la risultante delle forze agenti

ortogonalmente alla piattaforma stradale.

Pertanto, quando risulta essere impegnata tutta

l'aderenza, si ha :

Ft = ft ⋅ (Pa ⋅ cosα + Fc ⋅ sinα)

La cercata condizione di equilibrio diviene quindi:

Fc ⋅ cosα − Pa ⋅ sinα = ft ⋅ (Pa ⋅ cosα + Fc ⋅ sinα)

da cui, introducendo l’espressione di Fc ed effettuando

alcuni semplici passaggi, si ottiene:

α⋅

⋅+⋅=α−

⋅tg

Rgv1ftg

Rgv 2

t

2

Se adesso trascuriamo il termine in tgα entro parentesi

rispetto all'unità, l'equazione di equilibrio dell'asse al

limite dello sbandamento, cioè quando tutta l'aderenza è

impegnata, si può scrivere:

( )t

2ftgg

Rv

+α⋅=

oppure, esprimendo la velocità V in km/h e sostituendo a

g il suo valore (≈ 9.81 m/s2):

( )t

2ftg127

RV

+α⋅=

ed ancora, ponendo q = tgα:

( )t

2fq127

RV

+⋅= [21]

E' evidente come dalla [21], adottando le pendenze

massime ed i valori limite di aderenza, si possa ricavare

l'espressione del raggio minimo:

( )tmax

2

min fq127VR

+⋅= [22]

Riguardo i valori limite di aderenza trasversale, le Norme

italiane fanno riferimento alla seguente tabella:

Velocità (km/h) 40 60 80 100 120 140

fy 0.24 0.17 0.13 0.11 0.10 0.09

Tab. 3 Valori del coefficiente di aderenza trasversaleproposti dalla Normativa CNR.

Per quel che riguarda invece la pendenza trasversale

massima (qmax), questa si ottiene attraverso un

compromesso tra la circolazione degli autoveicoli veloci

(V) e quella degli autoveicoli pesanti più lenti (V0),

essendo a priori il valore dell’insufficienza di pendenza qi

(massima frazione impegnabile dell’aderenza

trasversale ft) e dell’eccesso di pendenza qe (valore

ammissibile di aderenza negativa; in tal caso il veicolo è

soggetto ad un complesso di azioni la cui risultante è

diretta verso l’interno della curva, o meglio lungo la falda

nel verso delle quote crescenti).

Con riferimento alla [21], possiamo scrivere:

maxmin

2

i qR127

Vq −⋅

=

min

20

maxe R127V

qq⋅

−=

dove Rmin è il raggio minimo compatibile con V e qmax.

Dalle espressioni di qi e qe soprascritte si ricava:

min

20

2

ie R127VV

qq⋅−

=+ [23]

imin

2

max qR127

Vq −⋅

= [24]

Dalla [23] si ricava:

min

20

2

min R127VV

R⋅−

= [25]

Combinando la [24] e la [25] si ottiene:

i

ie

20

2

2

max q

1271

qqVV

127

Vq −

+−

=

24

e, semplificando:

( ) iie20

2

2

max qqqVV

Vq −+⋅−

= [26]

Se teniamo conto del fatto che qi rappresenta la

massima frazione impegnabile dell'aderenza trasversale,

possiamo scrivere: qi = ft (V), dove, per la dipendenza

dalla velocità, si fa riferimento alle citate norme del CNR.

Inoltre, come limite per l'aderenza negativa (eccesso di

pendenza) si può fissare un valore di 0.05 per V0 ≤ 80

km/h e di 0.04 per V0 > 80 km/h.

In virtù di queste considerazioni, è possibile esprimere la

[26] nel seguente modo:

( ) ( )[ ] ( )VfVfVq

VV

1

1q tt0e20

max −+⋅

= [27]

Se consideriamo l'andamento della funzione espressa

dalla [27], (Fig. 44), si ottiene una pendenza massima di

compromesso pari a 0.07.

In realtà, il grafico di figura 44 evidenzia il fatto che,

l'adozione di qmax pari a 0.05, sarebbe stata compatibile

per qualsiasi V con V0 > 0; tuttavia, se facciamo

riferimento al grafico di figura 45, relativo alla funzione

[22] combinata con la [27], possiamo notare che, per

qmax pari a 0.05, si avrebbero valori di Rmin sensibilmente

superiori a quelli che si hanno in corrispondenza di qmax

pari a 0.07, soprattutto per velocità superiori ai 100

km/h.

Da qui la scelta univoca di qmax = 0.07 da parte del CNR.

Fig. 44 Andamento di qmax in funzione del rapporto V0/V e diV.

Fig. 45 Andamento del raggio minimo in funzione delrapporto V0/V e di V.

Per quanto riguarda i raggi superiori a quello minimo, in

Italia si fa riferimento all'abaco del CNR (1980) riportato

in figura 46.

Fig. 46 Abaco del CNR (1980)

Le rette riportate nell'abaco (a velocità costante), che

esprimono il variare della pendenza trasversale al

variare del raggio, si ricavano attraverso la procedura

espressa di seguito.

Riferendoci ancora alla [21], si può porre:

1fVR127q

VR127 t22 =⋅⋅+⋅⋅

e, ponendo:

40 km/h

60 km/h

80 km/h100120

140 km/h

25

qVR127Z 2 ⋅⋅=

(aliquota dell’accelerazionetrasversale affidata alla pendenza)

t2 fVR127W ⋅⋅=

(aliquota dell’accelerazionetrasversale affidata all’aderenza

trasversale)

si può scrivere:

Z + W = 1

Le Norme italiane stabiliscono una relazione di questo

tipo:

Z = K ⋅ Rn 0 < n < 1

cioè impongono, all’aumentare del raggio, un aumento

relativo di Z rispetto a W, e quindi dell’accelerazione

compensata dalla pendenza trasversale rispetto a quella

compensata dall’aderenza.

Imponendo l’uguaglianza di Z con l’espressione del

CNR, si ottiene:

qVR127RK 2

n ⋅⋅=⋅ [28]

La [28], riportata nel piano bilogaritmico, rappresenta

una famiglia di rette a coefficiente angolare (n-1), aventi

l’equazione:

( ) Rlog1n127VlogKlogqlog

2⋅−++= [29]

Se esplicitiamo la [29] nei punti (R.min, qmaX) e (Rmax,

qmin), risulta :

min

max

max

min

RRlog

qqlog

1n =− [30]

Fissando nelle diverse normative i valori delle suddette

grandezze, risulta automaticamente fissato il valore di n.

Si noti come, essendo n-1 negativo, la [30] esprima

l'aumentare di R al decrescere di q e viceversa.

Osserviamo inoltre che la pendenza trasversale minima,

qmin, ubbidisce ad esigenze di allontanamento dell’acqua

superficiale ed è stata fissata nelle Norme CNR del 1980

pari a 0.025.

Per determinare il valore di K si considera la seguente

condizione:

max2minn

min qV

R127RK ⋅

⋅=⋅ [31]

Dalla [31] si evince:

max2

)n1(min q

VR127

K ⋅⋅

=−

[32]

Sostituendo nella [32] l’espressione [22], dopo semplici

passaggi, si ottiene:

( ) maxn1tmax

n2n q

fqV127K ⋅

+⋅=

⋅−

[33]

Come si vede, una volta stabilito il valore di n, K dipende

dalla relazione intercorrente tra V ed Rmin.

Di seguito sono riportati i dati relativi alle Norme italiane

del 1980.

Rmax = 5⋅Rmin; qmax = 0.07; qmin = 0.025; ( )( ) 786.1RZRZ

min

max =

n = 0.36; (n-1) = -0.64

I valori di K, ricavati dalla [33 ], sono:

V = 40 km/h Rmin = 41 m K = 0.059499

V = 60 km/h Rmin = 118 m K = 0.052344

V = 80 km/h Rmin = 252 m K = 0.047817

V = 100 km/h Rmin = 437 m K = 0.043561

V = 120 km/h Rmin = 667 m K = 0.039625

V = 140 km/h Rmin = 964 m K = 0.036865

Per il caso limite n = 1, n - 1 = 0, perde di significato la

costruzione dell'abaco.

8. REVISIONE CRITICA DELLA NORMATIVA CNR(1980) TRAMITE LA CORRELAZIONE TRA LA“PROBABILITA’ DI SCARSE CONDIZIONI DIADERENZA” E LA LEGGE DI VARIAZIONE DEL CAT.La metodologia di progetto proposta dal CNR si fonda

sulla scelta di una legge di variabilità del CAT

sintetizzata nella tabella 3. Si tratta di valori

sensibilmente bassi; ciò in funzione dello “spirito” della

Norma di far riferimento a valori critici al fine di garantire

lo stesso grado di sicurezza in tutte le possibili

condizioni di aderenza.

La critica che muoviamo a tale impostazione, è quella di

non fornire un ugual livello di sicurezza a quegli elementi

del tracciato ubicati in diverse realtà locali.

26

Occorre infatti ribadire che la qualità del parco veicolare

(tipologia, cilindrata, vetustà, stato manutentivo), le

caratteristiche dei pneumatici (tipo, stato di usura,

pressioni di gonfiaggio) e le condizioni ambientali (vento,

pioggia, ghiaccio, ecc.), sono tutti parametri dipendenti

dalle regioni in cui si opera; è pertanto necessario

procedere ad una verifica del livello di sicurezza delle

infrastrutture già in fase di progetto, valutando, in

funzione delle tipologie di elementi che si intende

progettare, i valori dei parametri condizionanti

caratterizzati dalla maggiore probabilità di verificarsi

nell'area in oggetto.

La metodologia che si intende pertanto proporre si

articola nei seguenti punti:

• valutazione della probabilità che si verifichi l’evento

“scarse condizioni di aderenza”, facendo riferimento

ai parametri inerenti alle reali caratteristiche del

luogo stato della pavimentazione, parco veicolare,

condizioni meteorologiche);

• confronto del valore di probabilità Pr{Ead,sc} con un

valore limite prefissato;

• reimpostazione della metodologia progettuale, nel

caso in cui la probabilità Pr{Ead,sc} attinga a valori

superiori al limite imposto; tale reimpostazione può

essere condotta su due "fronti":

"avvicinamento" delle condizioni di aderenza

verso "scenari probabilistici" più favorevoli;

riformulazione dei criteri progettuali delle curve

circolari stradali.

Per quanto riguarda la possibilità di "rientrare" nel range

di accettabilità delle “probabilità di avere scarse

condizioni di aderenza”, sono ipotizzabili le seguenti

soluzioni:

1) Impostazione di una politica “manutentoria” mirata

al mantenimento di adeguate condizioni di rugosità

superficiale;

2) Impostazione di una politica "sociale" indirizzata

verso il rinnovamento del parco veicolare (ad es.

incentivi alla rottamazione, campagne di

sensibilizzazione, ecc.).

Riguardo la rielaborazione dei criteri progettuali, è

possibile far riferimento al seguente iter procedurale:

1) scelta di una legge di variazione del coefficiente di

aderenza trasversale differente da quella del CNR;

la scelta di tale legge risulterà correlata alle

probabilità “parziali” legate agli eventi Epneum

(condizioni scarse di aderenza per effetto delle

caratteristiche dei pneumatici), ed Epavim (condizioni

scarse di aderenza per effetto delle caratteristiche

della pavimentazione);

2) “sostituzione” della legge di variazione del CAT

proposta dal CNR con quella ricavata mediante la

correlazione con la configurazione statisticamente

più probabile;

3) formulazione di un nuovo abaco per la

progettazione delle curve stradali.

Al fine di rendere maggiormente comprensibile il

meccanismo di funzionamento del metodo proposto,

vengono di seguito riportati alcuni esempi applicativi:

CASO N° 1Si fa riferimento ai seguenti parametri:

♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del

velo idrico superiore ad 1 mm = 40.

♦ Pr{EW}= 40/365 = 0.1096;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve

sulla pavimentazione stradale = 3.

♦ Pr{ES}= 0.0082;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di

ghiaccio = 5

♦ Pr{EI}= 0.0137;

♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.5

♦ Pr{Epress}= 0.5

♦ Pr{Ebatt}= 0.3

Fornendo tali dati come input alla procedura del calcolo

delle probabilità, si ottengono i seguenti valori:

• Pr{Epneum} = 0.696;

• Pr{Epavim} = 0.566;

• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+

+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.868.

In questo caso, dunque, l’evento “scarse condizioni di

aderenza” ha una probabilità elevata di verificarsi.

CASO N° 2Si fa riferimento ai seguenti parametri:

♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del

velo idrico superiore ad 1 mm = 15.

♦ Pr{EW}= 15/365 = 0.0411;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve

sulla pavimentazione stradale = 0.

♦ Pr{ES}= 0;

27

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di

ghiaccio = 0

♦ Pr{EI}= 0;

♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.1

♦ Pr{Epress}= 0.4

♦ Pr{Ebatt}= 0.2

Introducendo tali dati nella procedura del calcolo delle

probabilità, si ottengono i valori riportati di seguito:

• Pr{Epneum} = 0.540;

• Pr{Epavim} = 0.137;

• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+

+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.603.

In questo esempio, è da notare come il contributo più

significativo, in termini di probabilità di avere “scarsità di

aderenza”, sia quello legato alle condizioni non ottimali

del parco veicolare. Si può anzi rilevare come la

Pr{Epavim} rappresenti la “quota” dominante nel calcolo

complessivo di Pr{Ead,sc}.

CASO N° 3Consideriamo i seguenti parametri:

♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del

velo idrico superiore ad 1 mm = 30.

♦ Pr{EW}= 30/365 = 0.0822;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve

sulla pavimentazione stradale = 3.

♦ Pr{ES}= 0.0082;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di

ghiaccio = 5

♦ Pr{EI}= 0.0137;

♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.4

♦ Pr{Epress}= 0.1

♦ Pr{Ebatt}= 0.1

Fornendo tali dati come input alla procedura del calcolo

delle probabilità, si ottengono i seguenti valori:

• Pr{Epneum} = 0.274;

• Pr{Epavim} = 0.462;

• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+

+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.610.

Analogamente al caso precedente, si è riscontrata una

probabilità di verifica di “scarse condizioni di aderenza”

pari a circa il 60%. Tuttavia, rispetto al caso 2, il

contributo maggiormente significativo, in termini di

probabilità che si manifesti l’evento Ead,sc, è quello legato

alle caratteristiche non ottimali della pavimentazione.

CASO N° 4Si fa riferimento ai seguenti parametri:

♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del

velo idrico superiore ad 1 mm = 10.

♦ Pr{EW}= 10/365 = 0.0274;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve

sulla pavimentazione stradale = 0.

♦ Pr{ES}= 0;

♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di

ghiaccio = 0

♦ Pr{EI}= 0;

♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.1

♦ Pr{Epress}= 0.07

♦ Pr{Ebatt}= 0.07

Una volta che tali dati vengono introdotti nella procedura

di calcolo delle probabilità, si ottengono i valori seguenti:

• Pr{Epneum} = 0.159;

• Pr{Epavim} = 0.125;

• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+

+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.264.

E’ evidente che, in questo caso, la “configurazione delle

caratteristiche di aderenza” statisticamente più frequente

è quella in cui i valori del CAT risentono in minima parte

delle condizioni non ottimali dei pneumatici e della

pavimentazione.

Sarebbe anzi più opportuno considerare la probabilità

del non-evento, cioè:

q = 1 - Pr{Ead,sc} = 0.736

Gli esempi appena riportati sono stati scelti “ad hoc” per

mettere in risalto alcuni aspetti particolarmente

interessanti.

In primo luogo osserviamo come i 4 casi possano essere

assimilati, ad esempio, a 4 aree interessate da uno

stesso “programma di sviluppo” . Ciò vuol dire ipotizzare

uno scenario in cui l’ente che investe sui progetti

infrastrutturali delle quattro regioni si trova di fronte a

realtà socio-ambientali differenti: si passa infatti,

attraverso scenari intermedi, da una situazione

sfavorevole sia dal punto di vista delle condizioni

atmosferiche che da quello delle caratteristiche del

28

parco veicolare (caso 1) ad una situazione

sostanzialmente opposta (caso 4).

Nell’ambito di una politica di sicurezza stradale, l’ente

preposto all’organizzazione dei piani di sviluppo delle

aree in esame dovrebbe tener conto della situazione che

gli si prospetta; a tal uopo, la metodologia da noi

elaborata, dovrebbe costituire un valido strumento

decisionale.

In particolare, i vari valori delle probabilità Pr{Ead,sc}

possono essere disposti (in ordine decrescente) e

rappresentati in un grafico del tipo di quello riportato in

figura 47. In tale diagramma deve essere inoltre

individuato il valore limite di probabilità accettabile

(osserviamo che una procedura metodologica come

“l’analisi degli scenari” risulta particolarmente adeguata

per ricavare una quantificazione attendibile del limite

accettabile; nel nostro esempio si è scelto un valore

indicativo pari a 0.7).

Fig. 47 Classificazione delle “aree d’indagine” in funzionedella probabilità che si verifichino “scarse condizionidi aderenza”.

La definizione del limite di accettabilità consente di

suddividere il grafico in due aree: una caratterizzata da

un livello di sicurezza accettabile ed un’altra interessata

da condizioni inaccettabili di sicurezza.

E’ pertanto necessario, se si vuole che la progettazione

delle curve stradali ricada, per tutte le aree interessate,

nell’ambito delle condizioni di sicurezza accettabili,

adottare le politiche di intervento suggerite

precedentemente.

Con riferimento ai “4 casi” ipotizzati, si può notare come

la sola configurazione associata al “CASO 1” sia quella

ricadente nell’area critica dal punto di vista del livello di

sicurezza. Trattandosi di una configurazione interessata

da elevate probabilità che si manifestino situazioni

critiche sotto diversi aspetti, risulta necessario ponderare

diversi scenari, tra cui:

• la realizzazione di strati superficiali di tipo drenante;

• un‘efficace pianificazione degli interventi di ripristino

delle condizioni di rugosità ottimali (anche nel caso

eventuale di rugosità “inversa” dovuta agli strati

fonoassorbenti);

• l’avvio di campagne di sensibilizzazione

accompagnate da incentivi finanziari, per favorire il

rinnovamento del parco veicolare;

• una combinazione multipla in cui vengono coinvolti

due o più scenari precedenti.

Nel caso in cui si volesse scegliere l’alternativa legata

all’“adattamento” delle norme progettuali alle condizioni

di aderenza statisticamente più probabili per l'area in

esame, si dovrebbero attentamente valutare i coefficienti

di aderenza da “sostituire” a quelli della tabella 3.

A titolo puramente esemplificativo, si è scelto di

adottare, nel caso in esame, una legge di variazione del

CAT descritta dai valori riportati nella tabella 4. Si tratta

di una legge di variabilità lineare del CAT (secondo la

[4]) che implica, ad elevate velocità, maggiori

condizionamenti progettuali rispetto alle indicazioni del

CNR.

Velocità (km/h) 40 60 80 100 120 140

fy 0.26 0.21 0.16 0.11 0.06 0.01

Tab. 4 Valori del coefficiente di aderenza trasversaleassociati alla configurazione più probabile (caso 1).

Una volta nota la legge di variabilità del CAT associata

alle condizioni di aderenza statisticamente più probabili

è possibile procedere alla elaborazione di un nuovo

abaco per la progettazione delle curve planimetriche

circolari (Fig. 48).

Si osservi, come del resto era facilmente intuibile, che la

scelta di rielaborare criticamente l’abaco del CNR si

traduca, in pratica, nella adozione di raggi planimetrici

più elevati rispetto a quelli proposti dalla Normativa CNR

(1980).

Non è pertanto inopportuno mettere in evidenza, alla fine

di questa trattazione, come il perseguimento

dell’obiettivo della sicurezza stradale si traduca sempre

nella necessità di valutare economicamente e

finanziariamente diversi scenari alternativi caratterizzati

dagli stessi potenziali benefici dal punto di vista della

sicurezza ma diversificati in funzione dei costi e degli

altri possibili benefici.

Fig. 48 Abac“riforpiù p

9. CONCLUSIl fenomeno

nella caratter

legate alla pr

ed aeroportua

(con particola

scelta delle

caratteristiche

problema del

Inoltre il fe

determinante

interessato,

degli autoveic

E' inoltre im

considerazion

più ampio, c

infrastrutture

Proprio nell’a

le argomenta

infatti, parten

dell’aderenza

ed indirettamente collegati ad esso, si è messo in luce

come le condizioni di sicurezza di marcia degli

autoveicoli possano essere pregiudicate dal decadere

dei “valori” dei parametri che intervengono nella

definizione del meccanismo medesimo.

Anche gli estensori delle attuali Norme progettuali hanno

voluto tener conto dell’importanza, in termini del

mantenimento delle condizioni di sicurezza di viaggio,

del fenomeno dell’aderenza; tuttavia l’impostazione dei

criteri progettuali si è sempre risolta nella presa in

6

8 h

1

120 km/h

140 km/h

0 km/

00 km/h

29

o per la progettazione delle curve circolarimulato” in funzione delle condizioni di aderenzarobabili (caso 1).

IONIdell’aderenza risulta essere fondamentale

izzazione di gran parte delle problematiche

ogettazione stradale (ma anche ferroviaria

le): dall'organizzazione della sovrastruttura

re riferimento agli strati superficiali), alla

pendenze trasversali, dallo studio delle

prestazionali e di sicurezza dei veicoli, al

la soprelevazione in curva.

nomeno dell'aderenza è, in maniera

, connesso al continuo progresso che ha

in questi ultimi anni, tanto la meccanica

oli, quanto la tecnologia dei pneumatici.

portante osservare che le precedenti

i si inquadrano tutte nell'ottica di un quadro

he è proprio quello della sicurezza delle

viarie.

mbito della sicurezza stradale si collocano

zioni prodotte nella presente memoria;

do da un’indagine critica del fenomeno

e di gran parte degli aspetti direttamente

considerazione, prettamente deterministica, di valori fissi

dei coefficienti di aderenza, indicativi delle peggiori

condizioni potenzialmente verificabili nell’area di contatto

pneumatico-pavimentazione.

Si è pertanto elaborata una metodologia di stampo

probabilistico per la valutazione del verificarsi dell’evento

“scarse condizioni di aderenza”. Tale procedura,

utilizzata, a titolo di esempio, come strumento di

revisione dei criteri progettuali delle curve circolari

stradali (CNR – 1980), costituisce, a nostro avviso, un

primo indirizzo metodologico mirato a “slegare” i criteri di

progettazione dalla loro impostazione deterministica, e,

contemporaneamente ad orientarli verso procedure

basate sulla probabilità statistica di accadimento degli

eventi condizionanti.

Si è avuto infine modo di osservare come, in ogni caso,

la scelta di affidarsi ad un'indagine probabilistica

orientata al perseguimento delle condizioni migliori di

sicurezza si traduca in una serie scenari di intervento tra

loro alternativi ma equivalenti dal punto di vista del grado

di sicurezza fornito.

Occorre pertanto valutare attentamente i vari "scenari"

mediante metodologie economico-finanziarie; in questo

contesto si inquadrano la procedura "classica"

dell'analisi costi-benefici e quelle innovative dell'analisi

multi-criteria e dell'analisi degli scenari. Proprio le

problematiche inerenti alla valutazione economica-

finanziaria delle infrastrutture di trasporto sono,

attualmente, oggetto di studio ed approfondimenti da

parte di questo stesso gruppo di ricerca.

10. BIBLIOGRAFIA.[1] CNR. Istruzioni per la redazione di progetti di

strade – Bollettino Ufficiale N. 77 – 1980.[2] CNR. Norme sulle caratteristiche

geometriche delle strade extraurbane –Bollettino Ufficiale N. 78 – 1980.

[3] Nuovo Codice della Strada - Ed. Simone –1993.

40 km/h

0 km/h

30

[4] Atti del Simposio Internazionale: Roaddevelopment and safety - Lussemburgo -1989.

[5] AA. VV. Manutenzione e sicurezza.Monitoraggio delle caratteristiche diaderenza e opportunità della ripetizioneannuale delle misure – Riv. Le Strade - n. 1293- Maggio 1993.

[6] AA. VV. Sovrastrutture e pavimentazionistradali e aeroportuali - Ed. ESA - 1979.

[7] ISTAT. Statistica degli Incidenti Stradali –Istituto Nazionale di Statistica – Annuario n° 42 –1994.

[8] M. Agostinacchio, R. Bernetti, M. Diomedi.Analisi delle caratteristiche superficiali diaderenza e regolarità delle sovrastrutturestradali urbane mediante definizione di unindice di efficienza globale (I.E.G.) - Atti dellaGiornata di Studio sul tema: Sicurezza intrinsecadelle infrastrutture stradali - Roma – 20/21Febbraio 1997.

[9] C. Benedetto. Le esigenze della sicurezza peruna revisione delle norme geometriche diprogettazione stradale - Atti della Giornata diStudio sul tema: La sicurezza intrinseca delleinfrastrutture stradali - Roma 20/21 Febbraio1997.

[10] G. Camomilla. La sicurezza autostradale - Attidella Giornata di Studio sul tema: La sicurezzaintrinseca delle infrastrutture stradali - Roma20/21 Febbraio 1997.

[11] S. Canale, S. Leonardi, F. Nicosia. Analisicritica del fenomeno dell'aderenza in campostradale e ferroviario - Quaderno N. 88 -Istituto di Strade Ferrovie ed Aeroporti - Catania- Settembre 1996.

[12] S. Canale, F. Nicosia, S. Leonardi. Nuovi criteriprogettuali per le curve stradali – Riv.Autostrade - n. 3 - luglio/settembre 1995.

[13] M. G. Cavaliere. Caratteristiche del manto diusura – Riv. Le Strade – Maggio 1993.

[14] G. Dell'Aglio. Calcolo delle probabilità -Zanichelli - 1986.

[15] P. Di Mascio. Analisi del rischio di incidenteper aquaplaning - Atti della Giornata di Studiosul tema: La sicurezza intrinseca delleinfrastrutture stradali - Roma 20/21 Febbraio1997.

[16] P. Di Mascio. Incidentalità e caratteristichesuperficiali delle pavimentazioni stradali - Attidel XXII Convegno Nazionale Stradale AIPCR –Perugia - 1994.

[17] L. Domenichini. Il rischio di aquaplaning inzone di transizioni stradali – Università degliStudi di Roma “La Sapienza” - ProgettoFinalizzato Trasporti 2 – 1993.

[18] L. Domenichini, F. La Torre. Valutazione dellasicurezza attraverso l’analisi del rapporto traaderenza, caratteristiche superficiali edintensità di pioggia - Atti della Giornata diStudio sul tema: La sicurezza intrinseca delleinfrastrutture stradali - Roma 20/21 Febbraio1997.

[19] P. Ferrari, F. Giannini. Ingegneria stradale -Geometria e progetto di strade - Ed. ISEDI -1991.

[20] G. Genta. Meccanica dell'autoveicolo - Ed.Levrotto & Bella - 1993.

[21] F. Giannini, F. La Camera, A. Marchionna.Appunti di Costruzione di Strade Ferrovie edAeroporti - MASSON Editoriale SEA - 1993.

[22] D. W. Harwood, J. G. Viner, E. R. Russle.Procedure for developing truck accident andrelease rates for haznat routing – Journal ofTransportation Engineering – Vol. 119, n° 2 –March/April 1993.

[23] Gruppo di lavoro IRF. Contributo alla riduzionedel rumore da traffico – Riv. Le Strade - n.1294 - giugno 1993.

[24] F. La Camera. Il calcolo del progetto stradale -MASSON Editoriale SEA - 1992.

[25] S. Leonardi, A. Ranzo. Analisi critica dellemetodologie progettuali delle curveplanimetriche circolari e dei raccordi ditransizione stradali alla luce dei criteri disicurezza - CNR (Progetto Finalizzato Trasporti2) - Febbraio 1996.

[26] F. Mancosu. Interazione Pneumatico –Pavimentazione - Atti della Giornata di Studiosul tema: La sicurezza intrinseca delleinfrastrutture stradali - Roma 20/21 Febbraio1997.

[27] F. Salvatore. Classificazione e cause degliincidenti. Un impiego delle metodologiestatistiche multivariate – Riv. Autostrade –Aprile 1993.

[28] M.R. Spiegel. Statistica - collana Schaum - Ed.ETAS LIBRI – 1989.

[29] E. Stagni. Meccanica della locomozione - Ed.Pàtron - 1980.

[30] E. Zagatti, R. Zennaro, P. Pasqualetto,L'assetto dell'autoveicolo - Ed. Levrotto &Bella - 1994.


Recommended