Date post: | 03-Dec-2023 |
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NUOVI CRITERI PROGETTUALI PER UNAPOLITICA DI SICUREZZA STRADALE
Sascia CanaleSalvatore LeonardiFrancesco Nicosia
1. PREMESSE.Il costo che la società italiana, da sola, paga
annualmente per gli incidenti stradali è di circa 7000
morti e 200000 feriti. Questi dati si inquadrano in un
contesto ancora più preoccupante, se si considera il
fatto che, percentualmente, il contributo più significativo
in termini di utenti coinvolti negli incidenti stradali, è dato
dai giovani e dalla popolazione attiva.
Impostare un'adeguata politica di verifica dellasicurezza stradale diventa quindi un'emergenzaprioritaria.E’ ormai universalmente appurato che la sicurezza
stradale sia determinata dai fattori uomo-veicolo-
ambiente, in cui interagiscono una serie di componenti,
fra cui:
♦ l'affidabilità e lo stato manutentivo del veicolo
(tipologia di sospensioni, caratteristiche di usura dei
pneumatici, affidabilità dei dispositivi di sicurezza,
ecc.);
♦ l'ambiente in cui avviene il moto (entità e
caratteristiche della corrente veicolare, condizioni
meteorologiche, ecc.);
♦ l'adeguatezza delle infrastrutture (conformazione
geometrica del tracciato viario, caratteristiche
superficiali del manto stradale, organizzazione della
segnaletica e dell’illuminazione, efficacia delle
barriere di sicurezza, ecc.);
♦ la guida in condizioni fisiche e psicologiche normali;
♦ l'educazione stradale.
In questo studio si vuole preliminarmente dissertare su
alcuni dei parametri che devono essere analizzati
criticamente ed adeguatamente rivisti al fine di
perseguire il raggiungimento dell'obiettivo-sicurezza.
In particolare si intende prendere in considerazione una
serie di problematiche legate ad un particolare aspetto:
♦ il contatto ruota-pavimentazione.
L'analisi critica del fenomeno dell'aderenza, fungerà da
pretesto per mettere in evidenza come un'impostazione
prettamente deterministica dei criteri progettuali inerenti
alla geometria dei tracciati, risulti oramai inadeguata a
descrivere in maniera attendibile le reali condizioni
"ambientali" delle aree in cui si deve progettare.
Obiettivo ultimo di questa ricerca è pertanto quello di
proporre l'introduzione di metodologie probabilistiche
come supporto alle procedure di progettazione.
2. PAVIMENTAZIONE STRADALE E PNEUMATICI:FATTORI DETERMINANTI PER LE MODALITA’ DIADERENZA.Si deve inizialmente rilevare come le questioni relative al
manifestarsi delle condizioni di aderenza, siano
determinanti nella definizione di molteplici elementi, tra
cui:
♦ la determinazione delle condizioni di sicurezza di
marcia (basti pensare, ad esempio, alla situazione
estrema di innesco del fenomeno di aquaplaning,
oppure alla criticità delle condizioni di moto in
presenza di pneumatici in pessime condizioni);
♦ l’impostazione dei criteri progettuali (ad es., la
metodologia di progettazione delle curve circolari
stradali);
♦ la reazione del mezzo stradale, in termini delle
effettive traiettorie assunte, alle sollecitazioni
longitudinali e trasversali (basti pensare, ad
esempio, all’insorgere delle forze centrifughe o delle
azioni trasversali dovute a raffiche di vento);
♦ la programmazione degli interventi manutentivi (le
caratteristiche di aderenza superficiale, insieme a
quelle di portanza e regolarità, sono prioritarie ai fini
dell’impostazione di un’adeguata pianificazione
della manutenzione).
L’analisi delle modalità attraverso cui si esplica il
fenomeno dell’aderenza fungerà da pretesto per mettere
in rilievo come le condizioni che si manifestano in
corrispondenza dell’interfaccia ruota-pavimentazione
risultano variabili aleatorie a loro volta funzione di
molteplici parametri.
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E’ noto che le caratteristiche di aderenza dipendono,
oltre che dalla velocità del mezzo stradale, anche da una
molteplicità di parametri associabili ai seguenti fattori:
1) fattori legati alle caratteristiche dei pneumatici;
2) fattori associati alle caratteristiche del manto
superficiale;
3) fattori relativi alle condizioni ambientali.
Fattori legati alle caratteristiche dei pneumatici
La ruota per “veicoli stradali” è composta da due parti: il
pneumatico, di gomma, che costituisce l’organo di
rotolamento ed il disco o cerchione, metallico, che ha la
funzione di supporto per il pneumatico e di attacco al
perno o all’asse.
Il pneumatico, tramite le caratteristiche elastiche e di
aderenza, ha il compito fondamentale di sviluppare forze
di reazione tangenziali sia longitudinalmente che
trasversalmente; deve inoltre svolgere i seguenti compiti:
♦ sopportare il peso del veicolo;
♦ assorbire le irregolarità del manto superficiale
stradale.
Il pneumatico (Fig. 1) ha una struttura toroidale elastica
di caucciù vulcanizzato, costituita dalla carcassa e dal
battistrada.
Fianco Battistrada
Cerchietto
Cerchione o disco
Tallone
Fig. 1 Elementi di un pneumatico.
La carcassa è formata da più tele sovrapposte e
realizzate con cordicelle di fibre come il raion ed il nylon.
Le due estremità del pneumatico destinate ad inserirsi
nel cerchione sono dette talloni; internamente ad essi
sono posti i cerchietti (ai quali vanno ad ancorarsi le
tele), composti da più fili in acciaio. I talloni hanno il
compito di incrementare la resistenza alle sollecitazioni
radiali, riducendone anche l’entità; i cerchietti
contribuiscono a mantenere la carcassa ben aderente al
cerchione.
Il battistrada è la parte del pneumatico che entra in
contatto con il suolo e consiste in un anello di gomma
compatta che avvolge la carcassa nella zona di
rotolamento; in esso sono ricavate particolari scolpiture
aventi il compito di ottimizzare determinate
caratteristiche (aderenza longitudinale e trasversale,
silenziosità, prestazioni alle alte velocità, ecc.).
L’area di contatto sul suolo ha generalmente forma
pseudo-ellittica e dimensioni abbastanza grandi e
variabili. Ad esempio, le dimensioni medie dell’orma
sono di cm 10 20× per una ruota di autovettura
(D ≅ 0 5. m ) e di cm 20 40× per quelle di un mezzo
pesante (D ≅ 1 m).
Come già osservato, la carcassa è ottenuta dalla
sovrapposizione di tele rese solidali tra loro a mezzo di
un processo di vulcanizzazione. In base all’orditura delle
tele sovrapposte, il pneumatico può essere di due tipi:
♦ convenzionale
♦ radiale
Il “convenzionale” (Fig. 2) è costituito da tele che si
estendono fra i due talloni e che sono sovrapposte ed
incrociate in modo da formare un angolo di circa 40°.
Battistrada
Fianco
Angolo di incrociodelle tele
40°
Tele incrociatesovrapposte
Talloni
Fig. 2 Caratteristiche costruttive di un pneumaticoconvenzionale.
Fianco di sole tele radiali
Tele incrociatesovrapposte
Battistrada
FiancoAngolo di incrociodelle tele
20°
Fig. 3 Caratteristiche costruttive di un pneumatico radiale.
3
Il tipo radiale (Fig. 3) è invece caratterizzato dal fatto che
alcune tele si estendono fra i due talloni con orditura
radiale; su questa prima orditura viene sovrapposta una
seconda, limitata alla sola zona corrispondente alla
fascia di rotolamento (che verrà poi coperta dal
battistrada) formata, analogamente al tipo
convenzionale, dalla sovrapposizione di tele ad orditura
incrociata ma con angolo di circa 20°.
I due tipi di pneumatici presentano le seguenti
caratteristiche:
⇒ Struttura convenzionale: maggiore resistenza ai
fianchi, maggiore rigidezza a flessione, minore
aderenza, maggiori pressioni sul terreno con minore
pressione di gonfiaggio.
⇒ Struttura radiale: minore resistenza ai fianchi,
maggiore flessibilità pur con maggiori pressioni
interne, maggiore aderenza a motivo della più
uniforme distribuzione delle pressioni sul suolo.
⇒ Qualche considerazione aggiuntiva merita la
“questione” della pressione di gonfiaggio.
Una delle caratteristiche particolari del pneumatico a
struttura radiale è la maggiore costanza dell'impronta a
terra (ma non la distribuzione delle pressioni a terra del
battistrada) indipendentemente dalla pressione di
gonfiaggio; questa costanza non è garantita dal
pneumatico convenzionale che tende, a causa
dell'elasticità della zona del battistrada, ad assumere
una forma tondeggiante della sezione all'aumentare
della pressione di gonfiaggio (Fig. 4).
Ricordiamo inoltre che la distribuzione delle pressioni a
terra influenza sia il comportamento dinamico (un
pneumatico sottogonfiato è soggetto a maggior deriva,
uno sovragonfiato a minore) sia la durata (un
pneumatico sottogonfiato è soggetto ad un consumo più
rapido delle spalle poiché esse esercitano una pressione
a terra maggiore rispetto al resto del battistrada, uno
sovragonfiato è soggetto, per lo stesso motivo a un
consumo più veloce della zona centrale del battistrada
(Fig. 5)).
L'unico caso in cui una riduzione della pressione di
gonfiaggio può avere come effetto una variazione
dell'impronta a terra del pneumatico (e cioè un
incremento della lunghezza della sezione che tocca il
terreno), è durante la marcia su terreni molto cedevoli
(neve, sabbia, fango); infatti in questi casi il notevole
abbassamento della pressione di gonfiaggio fa
aumentare la lunghezza dell'impronta a terra e la
deformazione del fianco del pneumatico che, affondando
nel terreno cedevole offre una maggiore impronta (Fig.
6).
Impronta a terra di unpneumatico a strutturaconvenzionale
Impronta a terra di unpneumatico a strutturaradiale
Fig. 4 Differenza tra le impronte di un pneumaticoconvenzionale e di uno radiale.
SOTTOGONFIAGGIO SOVRAGONFIAGGIO Usura ai bordi Usura al centro
Zona di usuraZona di usura Zona di usura
Fig. 5 Consumo anomalo di un pneumatico persottogonfiaggio o per sovragonfiaggio.
Fig. 6 Variazione dell’area d’impronta con la pressione digonfiaggio ed il terreno.
La marcia a pressione di gonfiaggio ridotta dovrebbe
essere assolutamente evitata, perché la notevole
deformazione a cui è soggetto il pneumatico fa
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aumentare la temperatura della gomma sino a
raggiungere valori talmente elevati da divenire causa
potenziale della disgregazione della carcassa.
A tal proposito, è stato verificato statisticamente che una
grande percentuale dei veicoli circola con scostamenti,
anche rilevanti, dal valore corretto della pressione di
gonfiaggio sia in eccesso (sovragonfiaggio) ma molto più
spesso in difetto (sottogonfiaggio).
Secondo una recente rilevazione, su un campione di
82000 pneumatici casualmente scelti, oltre il 50%
risultava avere una pressione di gonfiaggio non corretta.
In definitiva, il pneumatico, per possedere le necessarie
caratteristiche di elasticità, deve essere gonfiato con aria
ad una pressione che è quella indicata dalla Casa
costruttrice. Per motivi di tenuta, l’aria può essere
contenuta in un tubo di gomma sottile (camera d’aria)
alloggiato all’interno della carcassa ed aderente, in
pressione, alle pareti della stessa e del cerchio;
altrimenti la tenuta dell’aria può essere assicurata dalla
carcassa medesima combaciante strettamente col
cerchio mediante il tallone (pneumatici tubeless).
Fattori associati alle caratteristiche del manto
superficiale, e fattori relativi alle condizioni ambientali.
In primo luogo osserviamo che, nella trattazione che
segue, faremo riferimento ad uno studio congiunto dei
fattori associati alle caratteristiche superficiali e di quelli
relativi alle condizioni ambientali. Ciò è lecito in virtù
dello strettissimo legame presente tra i fattori suddetti;
del resto, come vedremo, anche le prestazioni dei
pneumatici sono condizionate dalle caratteristiche
superficiali (micro, macro, megatessitura ed altre
irregolarità) e dalle condizioni di esercizio del manto
stradale (presenza di acqua, di olii, ecc..).
E’ noto che, con il termine sovrastruttura (o
pavimentazione) stradale si intende quella struttura
idonea a garantire la transitabilità del traffico veicolare
secondo le previsioni progettuali. Essa ha tre compiti
fondamentali:
♦ garantire ai veicoli una superficie di rotolamento
regolare e poco deformabile;
♦ ripartire sul terreno sottostante le azioni dei veicoli,
in maniera tale da non indurre deformazioni sul
piano viabile particolarmente condizionanti per le
caratteristiche di sicurezza e di comfort;
♦ proteggere il terreno sottostante dagli agenti
atmosferici.
Ai fini degli studi sull’aderenza interessa porre la nostra
attenzione sugli strati superficiali i quali devono
fondamentalmente svolgere una triplice funzione:
• di protezione degli strati sottostanti della
sovrastruttura: l'impermeabilizzazione deve essere
conferita dall'esterno ed, in particolare, si deve
assolutamente evitare la penetrazione di acqua ed
agenti chimici;
• di sicurezza per l'utente: è pertanto necessario
fornire condizioni adeguate di aderenza con
qualunque tipo di pneumatico, specialmente in
presenza di acqua sulla superficie;
• di comfort per il guidatore: lo strato di usura deve
presentare caratteristiche di uniformità al fine di
evitare:
∗ brusche sollecitazioni alle ruote;
∗ accelerazioni verticali al veicolo (causa
potenziale di usura alle sospensioni);
∗ consumo dei pneumatici e vibrazioni ai sedili
che provocano affaticamento e quindi riducono
il grado di sicurezza;
∗ rumore da rotolamento e disturbo ai
passeggeri.
Le tecniche sviluppate negli ultimi vent'anni in merito al
confezionamento degli strati superficiali hanno
consentito di:
♦ ridurre lo spessore dello strato di usura; si
distinguono manti sottili di spessore pari a 4 cm,
manti molto sottili di spessore variabile tra 2 e 3 cm,
manti ultra-sottili di spessore compreso tra 1.5 e 2
cm;
♦ usare i leganti e gli additivi modificati che
conferiscono allo strato di usura maggiore sicurezza
e migliore adeguatezza a strade con traffico
pesante.
I vantaggi offerti dai manti sottili, molto sottili ed ultra-
sottili sono:
• buona macro-tessitura superficiale e quindi
resistenza all'attacco degli agenti esterni (clima e
traffico);
• livello di rumore da rotolamento inferiore a quello
del tradizionale trattamento superficiale;
• effetto impermeabilizzante adeguato alla protezione
degli strati inferiori del manufatto stradale;
• migliore uniformità;
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• migliore predisposizione agli interventi manutentori;
lo strato di usura diviene una sorta di "tappetino"
che deve essere periodicamente sostituito prima
ancora che si giunga al totale decadimento delle
sue proprietà.
Ci interessa, a questo punto, soffermarci sulle
caratteristiche di rugosità dello strato superficiale. A tale
scopo possiamo far riferimento ad una
schematizzazione basata sull’assimilazione del profilo
superficiale stradale ad un profilo ondulato di lunghezza
d’onda λ e di ampiezza h (Fig. 7). Proprio in base alla
suddetta schematizzazione, nel corso del XVIII
Congresso Mondiale di Strade (Bruxelles, 1987), il
Comitato Tecnico delle Caratteristiche Superficiali
dell'AIPCR ha proposto la classificazione delle
caratteristiche geometriche superficiali della
pavimentazione stradale riportata nella tabella 1.
λ
h
x
y
Fig. 7 Schematizzazione della geometria superficiale delmanto stradale.
INTERVALLO DI DIMENSIONI
DOMINIO ORIZZONTALE VERTICALE
MICROTESSITURA 0 - 0.5 mm 0 - 0.2 mm
MACROTESSITURA 0.5 - 50 mm 0.2 - 10 mm
MEGATESSITURA 50 - 500 mm 1 - 50 mm
REGOLARITA'ONDE CORTEONDE MEDIEONDE LUNGHE
0.5 - 5 m5 - 15 m
15 - 50 m
1 - 20 mm5 - 50 mm
10 - 200 mm
Tab. 1 Classificazione delle irregolarità superficiali di unapavimentazione stradale.
La macro-rugosità è la rugosità dovuta all'insieme delle
asperità superficiali intergranulari della pavimentazione;
la micro-rugosità, invece, è quella dovuta alla scabrezza
(ruvidezza) dei singoli elementi lapidei granulari
impiegati nello strato superficiale della pavimentazione
stradale (Fig. 8).
Microtessitura(Tessitura dell’inerte)
Macrotessitura(Tessitura complessiva dello strato d’usura)
Fig. 8 Micro e macro tessitura delle pavimentazionistradali.
Osserviamo che il ruolo della micro e dalla macro
rugosità è di fondamentale importanza nel caso di
pavimentazione bagnata; vediamo di analizzarne i
motivi.
Notiamo preliminarmente che il valore dell'aderenza fra
due superfici può essere espresso come somma di due
termini (Fig. 9):
1) adesione molecolare;
2) isteresi.
Fig. 9 Fattori di adesione ed isteresi influenzanti loscorrimento pneumatico-terreno.
La componente adesiva si sviluppa con il processo di
attacco e stacco a livello molecolare (stick-slip process),
dovuto alla maggiore morbidezza della gomma rispetto a
quella stradale. Lo slittamento della ruota procura un
distacco di questa adesione, quasi uno strappo.
E’ quindi necessario, affinché il meccanismo di adesione
molecolare possa esplicarsi, che, nei punti in cui le due
superfici sono a contatto, nel caso di pavimentazione
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bagnata, si debba eliminare lo strato d'acqua e si
debbano stabilire aree di contatto asciutte.
La componente di isteresi è dovuta invece al fatto che la
gomma, passando sopra un'asperità del manto stradale,
crea, in virtù delle sue proprietà di isteresi, una
distribuzione asimmetrica di pressioni, la cui
componente orizzontale si oppone allo slittamento.
Le deformazioni per isteresi sono pertanto causate dalle
irregolarità superficiali e, proprio per questo, possono
avvenire anche in presenza d'acqua senza che si venga
a stabilire un effettivo contatto asciutto tra le due
superfici.
Per valori di velocità fino ai 50 Km/h, la microtessitura
superficiale della pavimentazione è il fattore dominante
nel determinare i valori di aderenza; le componenti di
adesione molecolare sono prevalenti.
A velocità più elevate diviene sempre più difficile
penetrare il film d'acqua nel tempo disponibile;
l'aderenza dipende largamente dalla componente di
deformazione, e, le asperità presenti devono essere
sufficientemente grandi ed angolose da deformare il
pneumatico anche in presenza di uno strato d'acqua.
Alle basse velocità quindi la micro-rugosità della
superficie di una pavimentazione è il fattore principale
nel determinare i valori di aderenza impegnabile; alle
alte velocità la dimensione e la forma delle asperità
visibili, ovvero la macro-rugosità, diventano fattori
egualmente importanti se non i principali.
E' possibile schematizzare l'influenza dell'acqua
interposta fra pneumatico e pavimentazione
distinguendo nell'area di contatto tre zone (Fig. 10):
A) Zona di evacuazione: in questa zona i pneumatici
devono rompere lo strato d'acqua e ridurre il suo
spessore. La maggior parte dell'acqua è allontanata
attraverso il battistrada, ed inoltre la pendenza
longitudinale, trasversale (o il drenaggio della
pavimentazione nel caso di utilizzazione dei
conglomerati bituminosi aperti), ne favoriscono
l'evacuazione.
B) Zona di attrito: è la zona di rottura dello strato
d'acqua rimanente, dovuta alla macro-tessitura e
anche alla micro-tessitura dello strato superficiale. Il
dato caratteristico è il coefficiente di aderenza
longitudinale.
C) Zona di contatto: è l'area di contatto fra i pneumatici
e la superficie stradale, la sua efficienza dipende
dalla micro-tessitura.
Fig. 10 Zone individuabili nell'area di contatto ruota-suolo,nel caso di pavimentazione bagnata: A) Zona dievacuazione; B) Zona di attrito; C) Zona di contatto.
Qualora il velo d'acqua presente nella superficie di
contatto ruota-suolo non venga allontanato o penetrato,
le pressioni idrodinamiche di natura viscosa e dinamica
che si vengono a generare nel fluido possono arrivare a
valori tali da eguagliare quella di contatto pneumatico-
pavimentazione; in tal caso viene meno l'effettivo
contatto pneumatico-terreno e si genera il fenomeno che
va sotto il nome di aquaplaning (Fig. 11).
zona in aquaplaning
zona di contatto con il terreno
spessoredel velod’acqua
Fig. 11 Visualizzazione delle zone di contatto e delle zonein aquaplaning nel caso di pavimentazione bagnata.
A seconda del predominare, nell'area d'impronta, di un
tipo o dell'altro di pressioni idrodinamiche si possono
considerare due tipi di aquaplaning:
1) aquaplaning di natura dinamica (Fig. 12): si verifica
quando sia la velocità del veicolo che il velo d'acqua
presente sulla pavimentazione stradale superano un
certo valore critico. Lo spessore dello strato d'acqua
necessario ad innescare il fenomeno varia in
maniera notevole in funzione dello stato di usura del
battistrada e della rugosità della superficie della
pavimentazione; in ogni caso esso diventa critico
quando supera la profondità delle gole del
battistrada (1 cm di spessore mediamente);
2) aquaplaning di natura viscosa: si ha quando,
indipendentemente dalla velocità e dallo spessore
del velo idrico, sussista l'incapacità da parte del
pneumatico di forare e spostare il sottilissimo velo
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d'acqua rimasto sulla pavimentazione dopo che la
maggior parte del fluido è stata già spostata dal
pneumatico in movimento. Ciò può essere causato
dall'insufficienza di tessitura superficiale della
pavimentazione e/o dall'eccessivo grado di usura
del battistrada del pneumatico. Il fatto che il
fenomeno sussista anche a basse velocità lo rende
più insidioso dell'aquaplaning dinamico.
Fig. 12 Illustrazione dell'uso di tecniche fotografiche, amezzo di lastra di vetro, per lo studio delleprestazioni dei pneumatici e delle aree di contattonelle condizioni di aquaplaning dinamico ad elevatevelocità.
In figura 13 vengono rappresentate le sagomature dei
battistrada e le impronte dei pneumatici in caso di
aquaplaning viscoso alla velocità di 100 km/h.
Fig. 13 Diverse prestazioni, in condizioni di aquaplaningviscoso, di due pneumatici con diversa sagomaturadel battistrada.
Si può notare come i due battistrada presentino la
stessa quantità di scanalature, ciononostante si verifica
una notevole differenza tra le superfici di contatto; ciò è
da imputarsi principalmente ad una diversa
conformazione del disegno del battistrada ed alla
conseguente diversità dei flussi di fluido nelle
scanalature del battistrada.
Fig. 14 Visualizzazione di un pneumatico in aquaplaningparziale.
Al fine di comprendere meglio la pericolosità della
presenza del velo idrico sulle pavimentazioni stradali
occorre analizzare le due manovre critiche della marcia
su strada, che sono la sterzatura e la frenatura.
Per quanto riguarda la sterzatura, è noto che in curva è
applicata sulle ruote una forza trasversale, che, finché è
contrastata dall'aderenza trasversale fra ruota e suolo fa
deformare elasticamente la carcassa del pneumatico,
che subisce quindi un leggero slittamento nella sua parte
più esterna; dobbiamo però notare che la forza laterale,
che è quella che permette il controllo della traiettoria, è
proporzionale al valore del tasso di slittamento (ciò
accade per valori piccoli dello stesso) e raggiunge il
valore critico molto prima su bagnato che su asciutto .
Ad 80 km/h su strada bagnata la forza laterale si riduce
di circa il 25% rispetto alle condizioni di asciutto. A 140
km/h c'è una notevole ulteriore riduzione della forza
8
laterale tanto più quanto aumenta l'altezza del velo
d'acqua.
Questo rende conto della facile perdita di controllo
dell'autoveicolo per improvvise e brusche sterzature ad
elevata velocità su strada bagnata.
Per quanto riguarda la frenatura si evidenzia un
fenomeno estremamente insidioso: per bassi valori del
tasso di slittamento delle ruote, quali si riscontrano in
condizioni di marcia normali, non esiste praticamente
alcuna sostanziale differenza di comportamento fra le
condizioni di asciutto e bagnato.
Ciò fa sì che il guidatore medio si trovi impreparato ad
affrontare le ben diverse condizioni di frenatura che si
verificano all'aumentare del tasso di slittamento delle
ruote fino alla situazione drammaticamente diversa che
si verifica a ruote completamente bloccate.
Il vero problema della strada bagnata è pertanto legato
alla particolare condizione di esercizio che porta il
guidatore medio a percepire più facilmente le condizioni
di guida al limite di aderenza piuttosto che quelle,
altrettanto pericolose, di basso coefficiente di aderenza;
in definitiva il calo del livello di aderenza non viene
percepito in condizioni di marcia normale per cui il
guidatore non è indotto ad adottare quelle misure
precauzionali (riduzione della velocità, aumento della
distanza di sicurezza) che meglio predispongono al
controllo del veicolo in caso di manovra di frenatura o di
sterzatura.
In virtù di tali considerazioni, si evidenzia come
l'obiettivo dell'aumento della sicurezza in caso di pioggia
non può essere altro che quello di avvicinare le
prestazioni del veicolo alle aspettative del guidatore; ciò,
dal punto di vista, dell'ingegnere stradale, è perseguibile
attraverso l'aumento dell'offerta di aderenza in condizioni
di strada bagnata; in effetti, come si è già avuto modo di
far notare, le moderne tendenze costruttive si stanno
orientando verso una specializzazione degli strati
costituenti la pavimentazione, affidando la portanza agli
strati inferiori ed assegnando allo strato di usura (a
mezzo di nuove tecniche di confezionamento del
conglomerato bituminoso, tra le quali spicca il
conglomerato bituminoso drenante) il ruolo di garantire
le migliori condizioni di aderenza. Tornando a considerare la tabella 1, si deve prendere in
considerazione un’altra tipologia di tessitura; si tratta
della mega-tessitura che può presentarsi sotto forma di
degradazioni del rivestimento: fessurazioni a "pelle di
coccodrillo", piccole buche, desquamazioni, striature,
ecc..
Ma essa spesso può manifestarsi anche nel caso di
strati superficiali in buono stato o di moderna
realizzazione, come sottoprodotto del processo di
ottenimento della macro-tessitura: una spanditura
doppia di ghiaietto, un conglomerato bituminoso o
cementizio non ben dosato, possono offrire ai
pneumatici una superficie di contatto irregolare dovuta
ad una mancanza di omogeneità della macrotessitura.
La megatessitura può essere infine generata dalle
stesse tecniche di posa: si possono infatti talvolta
osservare, sulla superficie stradale realizzata in
conglomerato cementizio, delle piccole ondulazioni
trasversali o altri tipi di ondulazioni dovute
verosimilmente alle vibrazioni della macchina di posa,
all'azione della barra lisciatrice o ad altri fattori e
circostanze particolari.
Per quanto riguarda l’irregolarità superficiale,
osserviamo che lo studio di questa caratteristica è molto
importante al fine della sicurezza di un dato tratto
stradale.
Nelle irregolarità superficiali rientrano i difetti superficiali
"di ampia scala": avvallamenti, ondulazioni, dislivelli
(dovuti ad un adattamento topografico od a
un'evoluzione "patologica" degli strati di fondazione e/o
superficiali). Secondo la natura dei difetti superficiali, le
forze che si generano sul veicolo possono dar luogo a
moti parassiti (ad es. amplificazione del moto di rollio o
di beccheggio).
In curva, ad esempio, il veicolo è fortemente sollecitato,
e le irregolarità superficiali sono tanto più pericolose dal
momento che i moti generati danno luogo ad una
ripartizione irregolare degli sforzi sulle ruote causando
una destabilizzazione del veicolo e rendendo, di
conseguenza, la sua traiettoria più difficile da controllare.
E' pertanto necessario prendere ogni precauzione
tecnica possibile, affinché tali irregolarità superficiali non
si verifichino, o almeno siano ridotte al minimo.
Purtroppo, si nota frequentemente come manti
superficiali perfettamente rullati all'atto della loro
realizzazione, assoggettati ai carichi di traffico, dopo un
certo intervallo di tempo cominciano a presentare
ondulazioni sempre più marcate che alla fine
compromettono l'integrità del manto stradale.
Le cause di questi fenomeni hanno diversa origine, ad
esempio:
9
♦ cattivo comportamento delle fondazioni e/o degli
strati di base;
♦ scarsa omogeneità dello strato di conglomerato
posto in opera;
♦ uso di macchinari non dotati di tutte quelle
predisposizioni atte a dare, in opera, il manto finito
perfettamente omogeneo ed accuratamente
livellato.
Se in uno stesso manto stradale si presentano due zone
caratterizzate da conglomerati di caratteristiche e
composizioni diverse, è evidente che, sia l'operazione di
rullatura che il traffico agiranno su questi due campioni
di conglomerato, allo stesso modo solo all'inizio. In
realtà, nel tempo, la differenza di caratteristiche
intrinseche comporta, come conseguenza, la formazione
di un'onda che a sua volta induce sul traffico una
sollecitazione verticale alla quale segue, per reazione,
un impatto violento che provoca la formazione di nuove
ondulazioni, fessurazioni, ed il dissesto della strada.
Se facciamo riferimento alla schematizzazione riportata
in figura 7 e ci ricordiamo che la frequenza è data dal
rapporto tra la velocità del veicolo e la lunghezza d'onda
teorica del profilo stradale, possiamo valutare i livelli di
frequenza ai quali è soggetto il veicolo.
In funzione della loro importanza (altezza e lunghezza) e
della velocità del veicolo, le irregolarità superficiali
agiranno (messa in vibrazione) al livello di frequenza
della massa sospesa (scocca), influenzando il comfort di
marcia, al livello della massa non sospesa (sistema
ruote/sospensioni) o dei pneumatici, influenzando la
sicurezza a causa del deterioramento del contatto
pneumatico-pavimentazione (quest'ultimo livello di
risonanza, non essendo avvertito dall'utente, può essere
estremamente pericoloso).
Gli intervalli di frequenza da prendere in considerazione
sono: da 0.3 a 3 Hz sulla scocca dell'autoveicolo, da 3 a
6 Hz sull'insieme ruota-pavimentazione, valori maggiori
di 6 Hz sui pneumatici.
Osserviamo inoltre che nel corso del Simposio
Internazionale dal titolo "Sviluppo stradale e sicurezza"
tenutosi nel 1989 in Lussemburgo sono stati presentati i
risultati relativi alle differenti prestazioni dei rivestimenti
superficiali in funzione delle lunghezze d'onda critiche
delle irregolarità superficiali (Tab. 2).
Questo approccio, reso possibile dagli studi recenti -
che, grazie all'utilizzazione di metodi di misura
profilometrici moderni, hanno messo in evidenza il ruolo
della mega-tessitura, fino ad allora ignorato - permette di
risolvere gli apparenti conflitti tra certe questioni in
merito di aderenza ed altre relative invece alla qualità
del rotolamento (rumore, vibrazioni, resistenza al
rotolamento) che sembravano dover imporre delle
specificazioni contraddittorie in materia di
macrotessitura. In effetti, la tabella 2 , evidenzia come gli
effetti indesiderabili spesso imputati alla macrotessitura
sono, di fatto, dovuti alla megatessitura. In definitiva,
esistono due categorie di difetti superficiali; una la cui
presenza è necessaria (micro e macro tessitura), l'altra
la cui presenza è indesiderabile (megatessitura e difetti
di regolarità); la frontiera tra le due classi si situa intorno
ai 50 mm di lunghezza d'onda.
Anche il caso dei manti drenanti può essere incluso in
questo schema generale, a condizione che la funzione
della macrotessitura sia assolta dalla porosità
(assimilabile ad una macrotessitura inversa).
Tessitura
Micro Macro Mega
Regolarità
Superficiale
Resistenza alloslittamento
+ +
Tenuta di strada -Proiezione d'acqua +Riflessione +Carichi dinamici -Usura dei veicoli -Usura dei pneumatici -Resistenza alrotolamento
(-) - (-)
Vibrazioni (all'interno) (-) -Rumore (interno) -Rumore (esterno) + -
Tab. 2 Relazioni tra prestazioni e caratteristiche deirivestimenti. Le influenze favorevoli e quellesfavorevoli sono indicate rispettivamente con i segni+ e - . Le parentesi denotano influenze menoimportanti o controverse.
3. EFFETTI DELLA DERIVA DEI PNEUMATICI SULLAMARCIA CURVILINEA DEGLI AUTOVEICOLI.Un aspetto di particolare rilievo, direttamente connesso
al meccanismo di aderenza, è rappresentato da un
fenomeno, quello della deriva, determinante nella
descrizione del moto curvilineo dei veicoli.
Con riferimento ad una ruota in moto, quando essa è
sottoposta, oltre al carico verticale P, ad una forza
trasversale Fy, devierà dalla direzione originaria (x),
muovendosi secondo una direzione x’ inclinata rispetto
10
ad x di un angolo ε, detto angolo di deriva o
semplicemente deriva (Fig. 15).
La relazione fra angolo di deriva ε e forza trasversale Fy
è descritta dalle curve sperimentali di figura 16.
Fy Fy
Fy
Fy(ε)
x’ x
ε
Fig. 15 Fenomeno di deriva del pneumatico.
0 2° 4° 6° 8° 10° 12° 14° 16°
Fy
Fay
Limite di aderenza trasversale
Pneumatico convenzionale
Pneumatico radiale
ε
Fig. 16 Andamento schematico della forza Fy con l’angolo dideriva per un pneumatico radiale e per unoconvenzionale.
Si può notare come, fino ad un certo valore di ε
(dipendente dalle caratteristiche del pneumatico, dal
carico sulla ruota, dalla pressione di gonfiaggio, ecc.)
esista un rapporto di proporzionalità fra la forza
trasversale e l’angolo di deriva. Poi, raggiunto il valore
limite Fay, gli angoli di deriva crescono rapidamente fino
ad una condizione di slittamento totale (ε = 90°).
Fay si definisce limite di aderenza trasversale; il
coefficiente di aderenza trasversale (CAT) o Sideway
Force Coefficient (SFC) è dato da:
PF
f ayy = [1]
La differenza di comportamento, rilevata
sperimentalmente, tra pneumatici radiali e convenzionali
può essere così interpretata: i pneumatici radiali sono
più deformabili dei convenzionali, soprattutto sui fianchi;
a parità di forza laterale Fy hanno inizialmente una
deriva minore in quanto si adattano meglio al terreno,
ma, proprio a causa della minore rigidezza, raggiungono
più rapidamente la condizione limite; viceversa i
pneumatici convenzionali si adattano meno bene al
suolo e quindi presentano angoli di deriva maggiori in
relazione alla forza laterale applicata, ma raggiungono lo
slittamento per angoli più elevati.
Le modalità attraverso cui si esplica il meccanismo di
aderenza trasversale risultano analoghe a quelle relative
all’aderenza longitudinale: si parlerà di aderenza
trasversale fino a che sussiste la proporzionalità tra
forza ed angolo di deriva (fase stabile del fenomeno);
oltre, non si può più parlare di deriva, bensì di vero e
proprio slittamento laterale (fase instabile del fenomeno).
Per quanto riguarda il coefficiente di aderenza
trasversale (fy), esso dipende, ovviamente, dalle
caratteristiche sia del pneumatico sia della strada e
l’esperienza ha dimostrato che esso non si discosta di
molto (come ordine di grandezza) dal corrispondente
valore di fx ricavato nelle medesime condizioni;
rileviamo, a tal proposito come, dal confronto tra risultati
ricavati a mezzo di regressioni non lineari su numerose
misure sperimentali, sia stata recentemente ricavata la
seguente relazione sperimentale tra i coefficienti fx ed fy:
xy f925.0f ⋅= [2]
E' possibile inoltre ricorrere ad una rappresentazione
polare indicativa dell'andamento del coefficiente di
aderenza al variare della direzione della risultante delle
forze trasversali applicate alla ruota; ne nasce il
cosiddetto ellisse di aderenza (Fig 17) di equazione:
1fy
fx
2y
2
2x
2=+ [3]
Dove x ed y rappresentano i valori di aderenza
longitudinale e trasversale che è possibile impegnare.
11
Fig. 17 Ellisse di aderenza.
Se ad esempio si fosse a conoscenza che l'aderenza
impegnata in senso longitudinale è pari al 90 % di quella
potenzialmente impegnabile (x = 0.9 ⋅ fx), si potrebbe,
dalla [3] ricavare l'aliquota di aderenza trasversale
corrispondentemente impegnata, infatti si avrebbe:
( ) 1fy
ff9.0
2y
2
2x
2x =+
⋅
2y 9.01fy −⋅=
e quindi:
yf4.0y ⋅≅
Passiamo adesso a considerare l’influenza della deriva
sul moto dei veicoli lungo una traiettoria curvilinea.
Adottiamo la schematizzazione di un veicolo a due assi
con un avantreno sterzante A ed un retrotreno fisso R;
se ipotizziamo di sterzare l'assale anteriore di un angolo
α (Fig. 18) possiamo avere tre comportamenti diversi del
veicolo in funzione degli angoli di deriva assunti
rispettivamente dall'avantreno e dal retrotreno.
1° caso: deriva dell'avantreno uguale alla deriva del
retrotreno.
In questo caso, essendo εa = εr, si può dimostrare che il
centro di istantanea rotazione si sposta da O (centro di
istantanea rotazione nel caso di sterzatura cinematica,
cioè senza considerare gli effetti della deriva εa = εr = 0)
ad O' (centro di istantanea rotazione nel caso di
sterzatura dinamica, cioè considerando la deriva) lungo
l'arco di cerchio passante per A, P e O.
Se ipotizziamo raggi di curvatura molto ampi, si verifica
che L<<R ed O' è in posizione tale che R è all'incirca
pari ad R'.
Fig. 18 Effetto della deriva dei pneumatici scurvilinea di un autoveicolo.
La precedente osservazione è importa
evidenzia come il raggio di curvatura del veic
invariato in presenza o meno di deriva. In qu
dice che il veicolo ha un comportamento
19).
Traiettoria reale = Traiettoria impostata dallo
Ft
εa =
εa εr
COMPORTAMENTO NEUTRO
Fig. 19 Traiettorie di un veicolo con comportame
2° caso: deriva dell'avantreno maggiore dell
retrotreno.
Svolgendo considerazioni analoghe a quel
precedente, si può dimostrare che se εa
anche R'' > R.
In questo caso si dice che il veico
comportamento sottosterzante, cioè tende a
RA
ulla marcia
nte perché
olo rimanga
esto caso si
neutro (Fig.
sterzo
εr
nto neutro.
a deriva del
le del caso
> εr allora
lo ha un
percorrere
12
una traiettoria con raggio di curvatura maggiore di quello
impostato dallo sterzo (Fig. 20).
Traiettoria impostata dallo sterzo
Ft
εa > εr
εa εr
COMPORTAMENTO SOTTOSTERZANTE
Traiettoria reale
Fig. 20 Traiettorie di un veicolo con comportamentosottosterzante.
3° caso: deriva dell'avantreno minore della deriva del
retrotreno.
Si può dimostrare che se εa < εr, si verifica R''' < R.
In questo caso si dice che il veicolo ha un
comportamento sovrasterzante, cioè tende a stringere la
traiettoria impostata dallo sterzo (Fig. 21).
Traiettoria reale
Ft
εa < εr
εa εr
COMPORTAMENTO SOVRASTERZANTE
Traiettoriaimpostata dallosterzo
Fig. 21 Traiettorie di un veicolo con comportamentosovrasterzante.
Si deve osservare come, dei tre comportamenti
analizzati, quello sottosterzante sia considerato il più
sicuro; ciò essenzialmente per due motivi:
il veicolo sottosterzante si porta da solo su di una
traiettoria più larga che limita automaticamente la
forza centrifuga e l'angolo di deriva dei pneumatici
anteriori;
l'eventuale correzione del conducente è naturale ed
inconscia, consistendo semplicemente in un
incremento dell'angolo di sterzata.
Il sovrasterzo invece è considerato meno sicuro, infatti:
• il veicolo sovrasterzante, poiché tende a
percorrere una traiettoria con raggio di curvatura
minore di quello impostato dallo sterzo, è soggetto
ad un incremento della forza centrifuga e di
conseguenza del sovrasterzo, dato che i
pneumatici dell'assale posteriore raggiungono più
facilmente il loro limite massimo di aderenza;
• tale comportamento è generalmente più difficile da
controllare dal conducente medio, poiché in questa
situazione sono richieste delle manovre di
correzione non sempre naturali, facili e inconsce.
Queste osservazioni giustificano la considerazione del
sottosterzo come un fattore di sicurezza attiva e, quasi
tutte le vetture di serie sono progettate in maniera tale
da avere, in curva, questo comportamento.
Spesso anche vetture che potenzialmente avrebbero un
comportamento neutro sono costruite preferendo un
leggero sottosterzo.
Infatti, benché teoricamente il comportamento neutro si
presenti come il più sicuro, in pratica si è visto che un
veicolo con tale caratteristica se inizia a sbandare in
curva perde aderenza su tutte e quattro le ruote
contemporaneamente; se inoltre si considera la grande
difficoltà di ripresa con le normali manovre si comprende
facilmente come la neutralità di un veicolo in curva sia
un potenziale pericolo.
Si deve poi osservare, che le notevoli prestazioni dei
veicoli a comportamento neutro, portano a percorrere le
curve a velocità maggiori che non con un veicolo sotto o
sovrasterzante.
Non è inutile, infine, rilevare come gran parte degli
interventi mirati ad ottimizzare il comportamento in curva
del veicolo (aumentando, ad esempio, il comportamento
sottosterzante) si basano su modifiche del sistema
sospensivo (interventi sugli ammortizzatori, sulla rigidità
degli elementi elastici, sulla convergenza, sulla
campanatura, ecc.).
Non si deve però pensare che se un veicolo viene
progettato in maniera tale da presentare preferibilmente
un comportamento particolare in curva, esso rimanga
tale in tutte le situazioni; infatti, in realtà, può capitare
che se un veicolo presenta, per esempio, un
comportamento in curva tendenzialmente sottosterzante
può, in certe situazioni, diventare neutro o anche
sovrasterzante.
13
4. VALORI SPERIMENTALI DEI COEFFICIENTI DIADERENZA LONGITUDINALE E TRASVERSALE.I grafici di Fig. 22 e Fig. 23, relativi a strade asfaltate, ed
il grafico di Fig. 24, relativo a strade in cemento,
rappresentano l'andamento del coefficiente fx con lo
scorrimento, in diverse condizioni ambientali.
STRADA ASFALTATA
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0 0,25 0,5 0,75 1
Scorrimento
fx
Asciutto
Bagnato
Umido esporco
Fig. 22 Curve fx(s) in diverse condizioni ambientali.Strada in asfalto, pneumatici Dunlop C41, 5, 90-15,p = 1.6 kg/cm2, V= 30 km/h.
STRADA ASFALTATA
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0 0,25 0,5 0,75 1
Scorrimento
fx
Asciutto
0.2 mm di acqua
1 mm
2 mm
Fig. 23 Curve fx(s) in diverse condizioni ambientali.Strada in asfalto, pneumatici Dunlop C41, 5, 90-15,p = 1.6 kg/cm2, V= 30 km/h.
STRADA IN CEMENTO
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0 0,25 0,5 0,75 1
Scorrimento
fx
Asciutto
Bagnato
Neve
Ghiaccio
Fig. 24 Curve fx(s) in diverse condizioni ambientali.Strada in cemento, pneumatici Dunlop C41,5,90-15,p = 1.6 kg/cm2, V= 30 km/h.
Si evidenzia in particolare il notevole decadimento del
coefficiente di aderenza con il peggioramento delle
caratteristiche superficiali della pavimentazione, causato
dalla presenza di acqua.
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0 0,25 0,5 0,75 1
Scorrimento
fx
ASCIUTTO
BAGNATO
V = 10 - 40 km/h
V = 25 km/h
V = 40 km/h
V = 10 km/h
Fig. 25 Influenza della velocità sulle curve fx(s) su stradaasciutta e su strada bagnata.Pneumatici convenzionali e radiali 6.40 - 13 e 6.00-15, P = 375 kg
Nel grafico di Fig. 25 sono riportate delle curve
parametrate in funzione della velocità ed indicative
14
dell'andamento di fx con lo scorrimento. Si noti come i
valori di fx si mantengano pressoché costanti
nell'intervallo di velocità 10 - 40 km/h, nel caso di
assenza d'acqua sulla superficie stradale; è evidente
invece la riduzione del coefficiente di aderenza con la
velocità, non appena subentrino peggioramenti delle
condizioni superficiali.
Il diagramma di Fig. 26 rappresenta i vari domini di
variabilità di fx con la velocità, in funzione delle diverse
condizioni dello strato superficiale. Si evidenzia in
particolare la criticità delle situazioni legate a
pavimentazioni innevate o ghiacciate, anche per valori
non elevati di velocità.
Fig. 26 Stato della superficie stradale e coefficiente diaderenza. Esperienze condotte in Giappone.
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0 20 40 60 80 100 120
V (km/h)
fx
0.2 mm1.0 mm2.0 mm
A
B
VELO IDRICO
Fig. 27 Andamento del coefficiente fx con la velocità V sustrada bagnata.Pneumatico 5.60-15 con battistrada (curve A) esenza (curve B); P = 300 kg, p = 1.50 Kg/cm2
Il grafico riportato in Fig. 27 evidenzia l'andamento fx(V)
nel caso di pavimentazione bagnata, con riferimento a
tre possibili spessori del velo idrico; nel grafico sono
rappresentate due famiglie di curve: una relativa a
pneumatici muniti di battistrada, l'altra a pneumatici privi
di battistrada. E' interessante notare come, alle alte
velocità, il campo di variabilità del coefficiente di
aderenza risulti essere molto ristretto, nel senso che i
valori di fx, per valori molto elevati di velocità, sono
condizionati in misura minore (ma in maniera
determinante) dalla presenza d'acqua e dalle condizioni
del pneumatico.
Il grafico di Fig. 28 mette in risalto l'estrema importanza
della tessitura superficiale, nel caso di pavimentazione
bagnata. Si deve osservare come al peggiorare delle
caratteristiche di rugosità dello strato di usura, si
manifesti un netto decadimento dei valori di fx. Anche in
questo caso si deve ribadire il ruolo determinante svolto
dalla velocità.
Spessore del velo idrico = 2,5 mm
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
0 20 40 60 80 100 120
V (km/h)
fx
Profondità della tessitura = 8 mm
6 mm
4 mm2 mm1 mm
0 mm
Fig. 28 Curve fx(V) in funzione ddeellllaa pprrooffoonnddiittàà ddeellllaatteessssiittuurraa ssuuppeerrffiicciiaallee.. SSppeessssoorree ddeell ffiillmm iiddrriiccoo == 22..55mmmm.. ((EEssppeerriieennzzee ccoonnddoottttee iinn GGiiaappppoonnee))..
Le curve del diagramma di Fig. 29, parametrate in
funzione della velocità, evidenziano, per una superficie
caratterizzata da assenza d'acqua, l'influenza del tasso
di usura del pneumatico sul coefficiente di aderenza
longitudinale. Questo diagramma è interessante
soprattutto se confrontato con quello riportato in Fig. 30,
relativo ad un film d'acqua di 7.5 mm. Da questo
confronto si evince facilmente come il tasso di usura del
pneumatico svolga un ruolo maggiormente determinante
nel caso di presenza del velo idrico e per velocità medio-
alte. E' stato dimostrato che, nel caso di pavimentazione
interessata da un film idrico di 7.5 mm, nelle condizioni
di velocità di marcia pari a 80 km/h e nella situazione di
tasso di usura del copertone uguale al 60%, è molto
probabile il verificarsi del fenomeno di aquaplaning.
15
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0 20 40 60 80 100
Tasso di usura del pneumatico (%)
fx
V = 40 km/h
V = 60 km/h
V = 80 km/hV = 100 km/h
Fig. 29 Influenza del tasso di usura del pneumatico sulcoefficiente fx. Strada asciutta (Esperienze condottein Giappone).
Pavimentazione in cemento - Spessore del velo idrico pari a 7.5
0
0,1
0,2
0,3
0,4
60 70 80 90 100 110 120
V (km/h)
fx
0%20%60%80%100%
Tasso d'usura
Fig. 30 RReellaazziioonnee ttrraa iill ttaassssoo ddii uussuurraa ddeell ppnneeuummaattiiccoo eedd iillccooeeffffiicciieennttee ddii aaddeerreennzzaa.. SSppeessssoorree ddeell ffiillmm iiddrriiccoo ==77..55 mmmm,, ssttrraaddaa iinn cceemmeennttoo,, pprreessssiioonnee ddiiggoonnffiiaaggggiioo ddeell ppnneeuummaattiiccoo == 00..1177 MMPPaa.. ((EEssppeerriieennzzeeccoonnddoottttee iinn GGiiaappppoonnee))..
Il grafico di Fig. 31 mette in rilievo il ruolo della pressione
di gonfiaggio del pneumatico nel caso di velo idrico pari
a 7.5 mm e per un tasso di usura del pneumatico pari
all'80 %; anche in questo caso l'influenza della pressione
di gonfiaggio diventa importante per velocità superiori a
80 km/h.
Pavimentazione in cemento - Spessore del velo idrico pari a 7.5 mm
0
0,1
0,2
0,3
60 70 80 90 100 110 120
V (km/h)
fx
0.20 MPa
0.26 MPa
0.17 MPa
0.14 MPa
0.11 MPa
Pressione di gonfiaggio del pneumatico
Fig. 31 Relazione tra la pressione di gonfiaggio delpneumatico ed il coefficiente fx. Spessore del filmidrico = 7.5 mm, strada in cemento, tasso di usuradel pneumatico = 80%. (Esperienze condotte inGiappone).
Riferendoci alla variabile traffico, si riporta (Fig. 32) a
titolo di esempio una legge di decadimento del CAT
determinata sulla base delle misure raccolte su alcune
autostrade italiane. Sono state prese in considerazione
le misure effettuate dalla Società Autostrade dallo
SCRIM prima e dal SUMMS poi, in un intervallo di tempo
compreso tra il 1983 ed il 1988, su alcuni tratti
autostradali nei quali lo strato superficiale della
pavimentazione era costituito da una usura tradizionale.
La legge di decadimento del CAT è stata ricavata
utilizzando la tecnica delle “regressioni fuzzy“ (si tratta di
una metodologia di regressione matematica che
consente di collegare l'evoluzione nel tempo degli
indicatori al traffico passato o residuo mediante
opportune leggi matematiche che tengano presente
l'effetto che hanno, sia sui valori misurati degli indicatori,
sia sulla loro evoluzione nel tempo, variabili quali: la
temperatura di misura, le condizioni delle superfici al
momento della misura, le condizioni medie ambientali, la
tipologia dei materiali impiegati etc.).
In figura 32 è rappresentato l’andamento del CAT
relativamente alle condizioni suddette. In ordinata è
riportato il valore del coefficiente di aderenza
trasversale, mentre in ascissa è riportato il numero N di
passaggi di veicoli merci sulla carreggiata.
Fig. 32 Legge di decadimento del CAT ottenuta con latecnica dei "fuzzy sets".
Le leggi matematiche a cui fanno capo le curve
graficizzate sono:
Nlog21.1130.115ft ⋅−= (per i valori centrali)
( ) Nlog88.221.1130.115ft ⋅±−= (per i valori limiti)
Le leggi così ottenute, inglobando nei loro coefficienti
alcuni fattori, come la composizione del traffico, il
16
comportamento degli utenti, le condizioni ambientali,
risultano essere specifiche dei tronchi autostradali
analizzati. L'applicazione sistematica del metodo delle
regressioni fuzzy permetterà di ricavare, sfruttando
l'enorme massa di dati rilevati sull'intera rete, leggi di
decadimento del CAT specifiche per le situazioni tipiche
che potranno essere individuate sulla rete Autostrade.
Sempre con riferimento alle differenti quantificazioni del
coefficiente di aderenza, si è sperimentalmente
osservato come la difficoltà maggiore che emerge nella
valutazione del CAT è che tale valore risente di
variazioni cicliche della temperatura e di umidità sia di
breve che di lungo periodo, quali le variazioni stagionali.
Infatti, sono state riscontrate variazioni cicliche annuali
con valori della rugosità più elevati nel periodo inverno-
primavera rispetto al periodo autunno-estate, con la
sovrapposizione di ulteriori variazioni di breve periodo
attribuibili alle precipitazioni e/o alle variazioni climatiche
locali che si manifestano pressoché in tutte le tipologie di
pavimentazioni.
Il maggior numero di sperimentazioni a riguardo giunge
dal Pennsylvania Department of Transportation che ha
condotto un'approfondita raccolta di misurazioni dei
valori del CAT su numerose autostrade dello Stato. Tali
misure, confortate da molte altre fornite da altri stati al
Federal Highway of Transportation (Fhwa), mostrano la
presenza di una prima fase di stabilizzazione delle
caratteristiche superficiali, durante la quale la
pavimentazione è esposta al clima ed al traffico per un
arco di tempo compreso tra uno e due anni di esercizio;
successivamente la superficie comincia ad evidenziare
le suddette variazioni cicliche.
Possiamo pertanto pensare di configurare il valore di fy
attraverso la somma di tre termini:
fy = fy1 + fy2 + fy3, dove:
♦ fy1: è un valore di fy in un certo senso assoluto, cioè
indipendente dalle variazioni cicliche sia di breve
che di lungo periodo;
♦ fy2: rappresenta il valore della variazione ciclica di
breve periodo;
♦ fy3: rappresenta il valore della variazione ciclica di
lungo periodo.
Essendo l'ampiezza delle variazioni stagionali molto
variabile di anno in anno, il valore minimo raggiunto dal
CAT non solo varia da un anno all'altro, ma, pur se in
modo più contenuto, anche all'interno dello stesso
periodo di misura.
La figura 33, relativa ad alcuni rilevamenti eseguiti in
Inghilterra su strade sottoposte a controlli periodici e di
routine del SFC, confermano palesemente tale
fenomeno, mostrando un andamento sinusoidale
nell'anno, con un massimo in gennaio e con la presenza
di un forte calo tra giugno ed agosto.
Fig. 33 Variazione stagionale (stimata) del CAT(esperienze inglesi).
Con particolare riferimento al coefficiente di aderenza
trasversale, possiamo sinteticamente, osservare, in
primo luogo, come recenti osservazioni sperimentali
abbiano evidenziato, nel caso di buoni manti e di basse
velocità, valori del CAT compresi tra 0.5 e 0.8. Il
coefficiente fy scende a valori compresi tra 0.35 e 0.40
nel caso di velocità variabili tra 80 e 100 Km/h, fino a
ridursi a 0.3 per velocità ancora maggiori.
In definitiva, si può ragionevolmente affermare, senza
incorrere in semplificazioni eccessive, che il coefficiente
fy è esprimibile attraverso la seguente relazione implicita:
fy = f ( V, T°, a, t, i, w, b, c, N, g )
Ove le variabili indicate sono le seguenti :
V: rappresenta il valore della velocità, parametro
determinante relativamente alla natura del contatto
pneumatico-pavimentazione ed all'aderenza che si
sviluppa tra esse. Si può inoltre osservare, a conferma
della interdipendenza dei parametri in gioco, che la
diminuzione di fy, stimata in media di 0.01 unità per ogni
4 Km/h di aumento di V, risulta fortemente marcata nel
caso di pavimentazioni stradali caratterizzate da
rivestimenti con pessime condizioni di micro e macro
rugosità, e molto contenuta nel caso di rivestimenti con
migliori caratteristiche di tessitura. La relazione che lega
17
il CAT alla velocità può essere formulata nel seguente
modo:
V Vcon 01.04
VV)V(CAT)V(CAT &&&&&&
&&& >⋅−
−= [4]
dove:
♦ CAT(V) = valore del CAT associato alla velocità V;
♦ )V(CAT &&& = valore del CAT associato alla velocità V&&&
(valore noto).
T°: rappresenta la temperatura dell'aria e/o della
pavimentazione. Le variazioni di temperatura
influenzano le proprietà meccaniche del pneumatico (in
genere, ad un incremento di temperatura corrisponde un
aumento della tenacità propria del pneumatico ed una
diminuzione delle perdite per isteresi). Si è visto
sperimentalmente che ad ogni incremento di 1 °C di
temperatura, corrisponde una riduzione di circa 0.003
unità del valore di fy;
a: si riferisce alle proprietà dell'aggregato, il quale
contribuisce alle caratteristiche superficiali della
pavimentazione, mediante la sua forma, le dimensioni, la
durezza, la resistenza al gelo, oltre che con il valore
della micro-tessitura ossia la presenza di asperità sulla
superficie dell'aggregato. La micro-tessitura, o
scabrezza superficiale, funzione della natura
petrografica dell'inerte, influenza fortemente la tendenza
alla lucidatura della superficie stradale ovvero
dell'aggregato stesso, ed è generalmente espressa
attraverso il valore del PSV, Polished Stone Value
(Norme Bs 812). Tale valore quantifica non solo la
scabrezza dell'inerte ma anche il suo mantenimento nel
tempo, essendo noto che, a parità di traffico, per ogni
unità di cui varia il PSV, il valore del CAT varia di 0.01.
t : indica il valore della tessitura ed in particolare della
macro-tessitura anch'essa legata direttamente alle
caratteristiche dell'inerte. La macro-tessitura della
superficie stradale, definita come l'altezza media delle
irregolarità del piano viabile aventi lunghezza d'onda
compresa tra 0.5 mm e 50 mm, svolge un ruolo
fondamentale nell'influenzare la diminuzione dei valori di
aderenza, soprattutto all'aumentare della velocità.
i: si riferisce alla presenza di polveri, residui della
combustione o impurità in genere che attutiscono le
asperità sia dell'inerte che della superficie stradale;
w: si riferisce alla presenza di acqua sulla
pavimentazione; si è infatti visto sperimentalmente che
quando il velo d'acqua sulla strada è eccessivo (oltre 1-2
mm), l'aderenza diminuisce notevolmente, specialmente
con pneumatici lisci;
b: riassume le caratteristiche e la percentuale di bitume
presente nella miscela. E' importante che il bitume
utilizzato sia dosato in modo tale da soddisfare le reali
esigenze d'esercizio del manto stradale, in quanto un
eccesso di bitume e della pellicola che avvolge gli inerti,
avrebbe un effetto fortemente attenuante sui valori della
macro-tessitura mentre non porterebbe gravi
conseguenze sulla microtessitura, che, sotto traffico,
verrebbe rapidamente ripristinata;
c: indica l'influenza del clima e delle caratteristiche
pluviometriche del sito;
Gli ultimi due parametri (N e g) tengono conto della
variabile traffico, fattore che introduce il problema del
decadimento delle caratteristiche di aderenza nel tempo,
dovuto alle azioni tangenziali originate al contatto ruota
pavimentazione in seguito allo sforzo di trazione
esercitato prevalentemente dalle ruote motrici.
Pertanto il traffico non interviene direttamente nella
misura del valore di fy, ma è determinante nella
definizione delle condizioni di esercizio in cui un
prefissato valore di SFC deve risultare garantito.
Con riferimento ai succitati parametri, si ha che:
N: si riferisce alla natura del traffico di esercizio,
espresso, per esempio, dal valore del TGM di veicoli
pesanti, quale primo fattore che stabilisce la rapidità di
decadimento nel tempo delle caratteristiche di rugosità
del manto;
g: si riferisce al traffico cumulato, cioè al tempo
complessivo di esercizio in particolari condizioni di
traffico.
5. ELABORAZIONE DI UNA METODOLOGIA PER LAVALUTAZIONE DELLA PROBABILITA’ CHE SIVERIFICHINO SCARSE CONDIZIONI DI ADERENZA.I fenomeni che si susseguono durante l'avanzamento di
un veicolo sono caratterizzati da una natura non
deterministica (non esistendo la proporzionalità diretta
tra azione e reazione) ma di tipo probabilistico (potendo
ragionare soltanto in termini di probabilità che si presenti
un'azione e di probabilità che si manifesti una data
reazione).
Al fine di analizzare più specificatamente tali questioni,
verrà di seguito esposta una metodologia di natura
probabilistica finalizzata al calcolo della probabilità che,
18
in un dato ambiente, si verifichino certi “eventi” tali da
portare al degrado delle caratteristiche di aderenza.
Per rendere maggiormente completa e comprensibile la
procedura da noi ideata, ci appare opportuno,
preliminarmente, riportare alcuni concetti di analisi
probabilistica che verranno ampiamente utilizzati in
seguito.
5.1 Il concetto di probabilità.In base alla definizione classica di probabilità, se un
evento E può presentarsi in h modi su un totale di nugualmente probabili modi possibili, allora la probabilità
dell'avverarsi dell'evento (detta successo) è indicata con:
{ }nhEPp r == [5]
La probabilità del non-avverarsi dell'evento (detta
insuccesso) è data dalla seguente relazione:
{ } { }EP1p1nh1nonEPq r −=−=−== [6]
In definitiva: p + q = 1, ovvero Pr {E} + Pr {nonE} = 1.
Si deve notare che, in base alla definizione appena
fornita, la probabilità di un evento è un numero
compreso tra 0 e 1. Se un evento non può presentarsi,
la sua probabilità è 0; se si presenta necessariamente,
cioè è certo, la , sua probabilità è 1.
La precedente definizione di probabilità ha lo svantaggio
di basarsi su un concetto, quello di “evento ugualmente
probabile", estremamente vago. Per tale ragione, alcuni
studiosi hanno sostenuto una definizione statistica di
probabilità. Secondo tale definizione, la probabilità
stimata o probabilità empirica di un evento è data dalla
frequenza relativa del presentarsi dell'evento quando il
numero delle osservazioni è molto grande. La probabilità
è il limite della frequenza relativa quando il numero delle
osservazioni cresce indefinitamente.
La definizione statistica, benché utile nella pratica, pone
tuttavia delle difficoltà dal punto di vista matematico,
dato che nella realtà può non esistere un numero che
possa essere assunto come limite. Per questo motivo, la
moderna teoria della probabilità è stata sviluppata
assiomaticamente: la probabilità è un concetto indefinito,
come il punto e la retta sono indefiniti in geometria.
5.2 Probabilità condizionata. Eventi indipendenti edipendenti.Se E1 ed E2 sono due eventi, la probabilità che,
presentatosi E1 , si presenti anche E2, è indicata con
Pr{E2E1} oppure Pr{E2 dato E1} e viene detta
probabilità condizionata di E2, dato che E1 si è
presentato.
Se il presentarsi o il non-presentarsi di E1 non influisce
sulla probabilità del presentarsi di E2, allora Pr{E2E1}=
Pr{E2} e gli eventi E1 ed E2 si definiscono indipendenti;
in caso contrario, si dice che sono eventi dipendenti.
Se denotiamo con E1E2 l'evento che "si presentino sia E1
che E2”, detto evento composto, allora:
Pr{E1E2} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2E1} [7]
In particolare, nel caso di eventi indipendenti, si ha:
Pr{E1E2} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2} [8]
Per tre eventi E1, E2, E3, si ha che la probabilità del
presentarsi di E1, E2 ed E3 è uguale alla probabilità di E1
moltiplicata per la probabilità di E2 dato che E1 si è
presentato, moltiplicata ancora per la probabilità di E3
dato che sia E1 che E2 si sono presentati; cioè:
Pr{E1E2 E3} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2E1}⋅ Pr{E3E1 E2} [9]
Nel caso particolare di eventi indipendenti, si ha:
Pr{E1E2 E3} = Pr{E1} ⋅ Pr{E2}⋅ Pr{E3} [10]
In generale, se E1, E2, E3,…, En sono n eventi
indipendenti con rispettiva probabilità p1. p2. p3,…, pn,
allora la probabilità del presentarsi di E1, E2, E3,…,En è
data dal prodotto delle singole probabilità; cioè:
Pr{E1E2 E3…En} = p1 ⋅ p2 ⋅ p3 ⋅ …⋅ pn [11]
5.3 Eventi escludentisi a vicenda.Si dice che due o più eventi si escludono a vicenda se il
presentarsi di uno di essi esclude il presentarsi degli
altri. Così, se E1 ed E2 sono eventi escludentisi a
vicenda, si ha:
Pr{E1E2} = 0 [12]
Se E1 + E2 indica l'evento che dei due eventi E1 ed E2 "si
presentino o l'uno o l'altro o entrambi", allora:
Pr{E1 + E2} = Pr{E1} + Pr{E2} - Pr{E1E2} [13]
In particolare, nel caso di eventi escludentisi a vicenda,
si può scrivere:
Pr{E1 + E2} = Pr{E1} + Pr{E2} [14]
19
Estendendo questo concetto, se E1 , E2,…,En sono n
eventi escludentisi a vicenda a cui corrispondono
rispettivamente le probabilità p1. p2. p3,…, pn, allora la
probabilità del presentarsi di E1 o di E2 o di E3 …o di En
è data dalla somma delle singole probabilità; cioè:
Pr{E1 + E2 + E3 + … + En} = p1 + p2 + p3 + …+ pn [15]
5.4 Distribuzioni di probabilità.Se una variabile X può assumere un insieme discreto di
valori X1, X2, ..., Xk, rispettivamente con probabilità p1,
p2, …, pK, dove p1 + p2 + ...+ pk = 1, diciamo che è stata
definita per X una distribuzione di probabilità discreta. La
funzione p(X), che assume i valori p1, p2, …, pK
rispettivamente in corrispondenza di X = X1, X2, …, XK, è
detta funzione di probabilità di X. Poiché X può
assumere certi valori con date probabilità, viene spesso
detta variabile casuale discreta. Al posto della'
espressione "variabile casuale" si può anche usare
l'espressione variabile stocastica.
I concetti appena espressi possono essere estesi al
caso in cui la variabile X può assumere un insieme
continuo di valori. Il diagramma della distribuzione della
probabilità diventa, nel caso teorico di una popolazione,
cioè al limite, una curva continua, del tipo di quella
riportata in Fig. 34, la cui equazione è Y = p(X).
L'area totale compresa tra la curva e l'asse delle X è
uguale ad 1, e l'area sotto la curva compresa fra le linee
X = a ed X = b (area ombreggiata nella figura), dà la
probabilità che X cada tra a e b. Tale probabilità può
essere indicata con Pr{a < X < b}.
X
P(X)
a b
��������������������������������������������������������
Fig. 34 Esempio di funzione di densità di probabilità.
Possiamo chiamare p(X) funzione di densità di
probabilità, o, più brevemente, funzione di densità.
Quando tale funzione è data, si dice che è stata definita
la distribuzione continua di probabilità di X La variabile è
allora detta variabile casuale continua.
5.5 Correlazione tra la teoria della probabilità e lateoria degli insiemi.Nella moderna teoria della probabilità, tutti i possibili
risultati di un esperimento possono essere assimilati a
punti appartenenti ad uno spazio (che può essere a una,
due, tre, ecc. dimensioni), detto spazio campionario S.
Se S contiene solo un numero finito di punti, allora a
ciascun punto possiamo associare un numero non-
negativo, detto probabilità, tale che la somma di tutti i
numeri corrispondenti a tutti i punti di S vale uno. Un
evento è un insieme di punti di S, come indicato da E1 o
E2 nel diagramma di figura 35, detto diagramma di Venn
o di Eulero.
���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
���������������������������������E1
E2
S
Fig. 35 Diagramma di Venn (o di Eulero).
L'evento E1 + E2 è l'insieme dei punti che appartengono
a E1 o a E2 o ad entrambi (Fig. 36) mentre l'evento E1E2
è l'insieme dei punti comuni ad E1 ed E2 (Fig. 37).
������������������������������������������������������������������������������������������������������������
������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
���������������������������������E1
E2
SE1 + E2
Fig. 36 Rappresentazione dell’evento E1 + E2 in undiagramma di Eulero.
In definitiva, la probabilità dell'evento E1 è la somma
delle probabilità associate a tutti i punti contenuti
nell'insieme E1. Analogamente la probabilità di E1 + E2,
20
indicata con Pr{E1 + E2} è la somma delle probabilità
associate a tutti i punti contenuti nell'insieme E1 + E2.
Se E1 ed E2 non hanno punti in comune, cioè se gli
eventi si escludono a vicenda, allora Pr{E1 + E2} =
=Pr{E1} + Pr{E2}; se hanno invece punti in comune,
allora Pr{E1 + E2} = Pr{E1} + Pr{E2} - Pr{E1E2}.
����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
��������������������������������������������E1
E2
SE1E2
Fig. 37 Rappresentazione dell’evento E1E2 in un diagrammadi Eulero.
L'insieme E1 + E2 viene talvolta indicato con E1 ∪ E2 che
si dice unione dei due insiemi. L'insieme E1E2 viene
talvolta indicato con E1 ∩ E2 che si dice intersezione dei
due insiemi. I precedenti concetti si possono estendere a
più di due insiemi. Così, invece di E1 + E2 + E3 e E1E2E3,
possiamo scrivere rispettivamente E1 ∪ E2 ∪ E3 ed E1 ∩
E2 ∩ E3.
Per indicare un insieme privo di punti, si usa il simbolo φ,
e l'insieme viene detto insieme vuoto. La probabilità
associata ad un evento corrispondente a tale insieme è
nulla, cioè Pr{φ} = 0.
Se E1 ed E2 non hanno punti in comune, possiamo
scrivere E1E2 = φ; ciò significa che gli eventi in questione
si escludono a vicenda e Pr{E1E2} = 0.
Seguendo questo moderno approccio, una variabile
casuale è una funzione definita per ogni punto dello
spazio campionario. Nel caso in cui S sia composto da
un numero infinito di punti, si possono estendere i
precedenti concetti con strumenti matematici più
avanzati.
5.6 Valutazione della probabilità di avere scarsecondizioni di aderenza.Utilizzando i concetti probabilistici appena definiti, e
riferendoci ad i parametri influenzanti le modalità di
espletamento del meccanismo di aderenza, si vuole, in
questo paragrafo, valutare la probabilità che, in una
generica “situazione ambientale”, si manifestino scarse
condizioni di aderenza.
Svincolandoci momentaneamente dai condizionamenti
legati alla velocità veicolare, possiamo senz’altro
affermare che l’evento “condizioni scarse di aderenza”
(Ead,sc) si manifesta se si presentano “o l’uno o l’altro o
entrambi” i seguenti eventi (Fig. 38):
1) Epneum = condizioni scarse di aderenza per effetto
delle caratteristiche dei pneumatici.
2) Epavim = condizioni scarse di aderenza per effetto
delle caratteristiche della pavimentazione.
������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
���������������������������������Epneum
Epavim
SEad,sc
Fig. 38 Rappresentazione dell’evento “condizioni scarse diaderenza” in un diagramma di Eulero.
Gli eventi Epneum e Epavim sono indipendenti ma non si
escludono a vicenda (infatti possono presentarsi
contemporaneamente situazioni caratterizzate da
condizioni non ottimali sia dei pneumatici che dello strato
di usura), pertanto si può scrivere:
Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+ Pr{Epavim}+- Pr{EpneumEpavim} [16]
Occorre adesso analizzare gli eventi Epneum ed Epavim
dal punto di vista dei possibili ulteriori eventi in grado di
condizionare la probabilità di verificarsi di entrambi.
Osserviamo che la presenza di fluidi nell’interfaccia
ruota-pavimentazione (evento “presenza di fluidi
interposti”, Efluidi) condiziona sia le “prestazioni” del
pneumatico sia quelle della rugosità superficiale.
Nel caso specifico dei pneumatici, poi, si devono mettere
in conto le caratteristiche inerenti allo stato manutentivo
dei pneumatici medesimi; si deve cioè considerare
l’evento (Epn,non-ott) “condizioni non ottimali dei
pneumatici”.
21
Per quanto riguarda invece le caratteristiche di rugosità
dello strato di usura, occorre considerare l’evento
(Etex,non-ott) “tessitura non ottimale”. La probabilità che si
verifichi l’evento Etex,non-ott (Pr{Etex,non-ott}) rappresenta la
frequenza di sezioni con tessitura superficiale liscia, nel
caso in cui si stia esaminando un tratto stradale definito
in ogni sua sezione in termini di rugosità. Nel caso in cui
si stia analizzando una situazione di progetto, Pr{Etex,non-
ott} è la probabilità che durante la vita utile della
pavimentazione la tessitura possa degradare fino a
valori inaccettabili (il valore di tale probabilità dipende
dalle strategie di manutenzione che si prevede vengano
adottate, dalla soglia di allarme stabilita e dalla legge di
decadimento delle caratteristiche superficiali nel tempo).
Poiché gli eventi Efluidi/Epn,non-ott, Efluidi/Etex,non-ott, sono, a
due a due, indipendenti e mutuamente non esclusivi,
risultano valide le seguenti relazioni (Fig. 39, Fig. 40):
Pr{Epneum} = Pr{Efluidi + Epn,non-ott}= Pr{Efluidi}+ Pr{Epn,non-
ott}- Pr{EfluidiEpn,non-ott} [17]
Pr{Epavim} = Pr{Efluidi + Etex,non-ott}= Pr{Efluidi}+ Pr{Etex,non-
ott}- Pr{EfluidiEtex,non-ott} [18]
����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
���������������������������������
Epn,non-ott
Efluidi
SEpneum
Fig. 39 Rappresentazione dell’evento “condizioni scarse diaderenza per effetto delle caratteristiche deipneumatici” in un diagramma di Eulero.
Restano a questo punto da chiarire le definizioni degli
eventi Efluidi ed Epn,non-ott.
Riguardo l’evento “presenza di fluidi interposti” possiamo
considerarlo come associato ad una serie di tre eventi
che, con qualche approssimazione, si possono ritenere
indipendenti ed escludentisi a vicenda:
• presenza di acqua (EW);
• presenza di ghiaccio (EI)
• presenza di neve (ES)
��������������������������������������������������������������������������������������������������������
������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
��������������������������������������������
Etex,non-ott
Efluidi
SEpavim
Fig. 40 Rappresentazione dell’evento “condizioni scarse diaderenza per effetto delle caratteristiche dellapavimentazione” in un diagramma di Eulero.
In virtù di quanto detto, la probabilità di avere fluidi in
corrispondenza dell’area di contatto tra pavimentazione
e pneumatico è valutabile a mezzo della seguente
relazione (Fig. 41):
Pr{Efluidi} = Pr{EW}+ Pr{EI}+ Pr{ES} [19]
�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
EI
EW
S
Efluidi = Ew + EI + ES
����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
ES
Fig. 41 Rappresentazione dell’evento “presenza di fluidiinterposti” in un diagramma di Eulero.
Per quanto concerne, infine, il calcolo della probabilità
che si manifesti l’evento “condizioni non ottimali dei
pneumatici”, esso va riferito alla probabilità che si
verifichino “o l’uno o l’altro o entrambi” i seguenti eventi
(Fig. 42):
1) Epress = pressioni di gonfiaggio basse (o comunque
non adeguate).
2) Ebatt = battistrada liscio (o molto usurato).
Anche in questo caso si ha a che fare con eventi tra loro
indipendenti e mutuamente non esclusivi, per cui la
probabilità cercata vale:
Pr{Epn,non-ott}= Pr{Epress}+ Pr{Ebatt}- Pr{EpressEbatt} [20]
22
��������������������������������������������������������������������������������������������������������
������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������
��������������������������������������������
Ebatt
Epress
SEpn,non-ott
Fig. 42 Rappresentazione dell’evento “condizioni nonottimali dei pneumatici” in un diagramma di Eulero.
In definitiva, la valutazione della probabilità di avere
scarse condizioni di aderenza richiede che vengano
forniti come dati di “input” le seguenti probabilità:
• Pr{Etex,non-ott}= Probabilità che durante la vita utile
della pavimentazione la tessitura possa degradare
fino a valori inaccettabili;
• Pr{Epress}= Probabilità che i veicoli viaggino con
pneumatici caratterizzati da pressioni di gonfiaggio
diverse da quelle consigliate dalle case costruttrici
(tale probabilità è valutabile da un’indagine sulle
effettive caratteristiche del parco veicolare
circolante);
• Pr{Ebatt}= Probabilità che il battistrada dei pneumatici
dei veicoli circolanti sia consumato (anche in questo
caso si può far riferimento alle statistiche relative alle
condizioni del parco veicolare);
• Pr{EW}= Probabilità di avere presenza di acqua in
corrispondenza dell’interfaccia pneumatico-
pavimentazione (valutabile a mezzo degli annali
idrologici).
• Pr{EI}= Probabilità di avere presenza di ghiaccio
sulla pavimentazione (valutabile tramite il supporto
dei dati idrologici).
• Pr{ES}= Probabilità di avere presenza di neve sullo
strato superficiale della sovrastruttura stradale
(valutabile, anche in questo caso, tramite i dati
provenienti dagli annali idrologici).
6. APPLICAZIONE DEI CRITERI PROBABILISTICIALLE METODOLOGIE PROGETTUALI.Mediante la procedura esposta al paragrafo precedente,
si è arrivati a calcolare la probabilità che, in un
determinato contesto “ambientale”, si verifichino
condizioni scarse di aderenza.
All’inizio di questa memoria si è ricordato come le
caratteristiche di aderenza, o meglio i coefficienti di
aderenza, entrino in gioco nella definizione di alcune
metodologie progettuali. Si tratta, però, di coefficienti di
aderenza fissati a priori i quali, riflettendo le condizioni
potenzialmente peggiori, non tengono in conto le reali
risorse, in termini di aderenza, offerte dall’”ambiente” in
cui si va a progettare.
Svincolandoci da questo tipo di impostazione
(deterministica), si vuole di proporre un indirizzo
metodologico finalizzato all’adozione delle caratteristiche
di aderenza più probabili come parametri di progetto.
In particolare, verrà esposta una procedura di
correlazione tra la probabilità Pr{Ead,sc} e le leggi di
variabilità del coefficiente di aderenza trasversale. A
titolo di esempio, mediante tale procedura, si intende
rivisitare la metodologia di progettazione delle curve
circolari stradali proposta dal CNR nel 1980, e
sintetizzata nel paragrafo successivo.
7. METODOLOGIA DI PROGETTO DELLE CURVECIRCOLARI STRADALI (CNR – 1980).Consideriamo (Fig. 43) un veicolo a due assi che
percorre a velocità costante v (in m/s) una curva
circolare di raggio R, inclinata verso il centro di curvatura
di un angolo α.
Pa ⋅ cosα
Pa ⋅ sinα
Fc ⋅ cosα
Fc ⋅ sinαFc
Pa
Fc
α
G
Fig. 43 Equilibrio in curva dell'asse motore di un veicolo.
In queste condizioni il veicolo è soggetto
all’accelerazione centripeta (v2/R) diretta
orizzontalmente lungo il raggio e verso l'interno della
curva e quindi ad una forza centrifuga rivolta in senso
opposto pari a:
Rv
gPF
2
c ⋅=
23
dove P è il peso del veicolo (supposto a massa
concentrata nel baricentro) e g l'accelerazione di gravità.
Per assicurarci che la forza centrifuga non provochi lo
sbandamento del veicolo, studiamo l’equilibrio alla
traslazione dell'asse motore, in direzione parallela alla
piattaforma e normale all'asse stradale.
Le forze da considerare sono: il peso Pa gravante
sull’asse in esame (peso aderente), la forza centrifuga
Fc e la reazione Ft esplicata dalla strada sulle ruote.
Quest'ultima ha come valore limite l'aderenza disponibile
in senso trasversale; ossia, essendo il coefficiente di
aderenza trasversale (CAT), il valore limite di Ft è dato
dal prodotto tra il CAT e la risultante delle forze agenti
ortogonalmente alla piattaforma stradale.
Pertanto, quando risulta essere impegnata tutta
l'aderenza, si ha :
Ft = ft ⋅ (Pa ⋅ cosα + Fc ⋅ sinα)
La cercata condizione di equilibrio diviene quindi:
Fc ⋅ cosα − Pa ⋅ sinα = ft ⋅ (Pa ⋅ cosα + Fc ⋅ sinα)
da cui, introducendo l’espressione di Fc ed effettuando
alcuni semplici passaggi, si ottiene:
α⋅
⋅+⋅=α−
⋅tg
Rgv1ftg
Rgv 2
t
2
Se adesso trascuriamo il termine in tgα entro parentesi
rispetto all'unità, l'equazione di equilibrio dell'asse al
limite dello sbandamento, cioè quando tutta l'aderenza è
impegnata, si può scrivere:
( )t
2ftgg
Rv
+α⋅=
oppure, esprimendo la velocità V in km/h e sostituendo a
g il suo valore (≈ 9.81 m/s2):
( )t
2ftg127
RV
+α⋅=
ed ancora, ponendo q = tgα:
( )t
2fq127
RV
+⋅= [21]
E' evidente come dalla [21], adottando le pendenze
massime ed i valori limite di aderenza, si possa ricavare
l'espressione del raggio minimo:
( )tmax
2
min fq127VR
+⋅= [22]
Riguardo i valori limite di aderenza trasversale, le Norme
italiane fanno riferimento alla seguente tabella:
Velocità (km/h) 40 60 80 100 120 140
fy 0.24 0.17 0.13 0.11 0.10 0.09
Tab. 3 Valori del coefficiente di aderenza trasversaleproposti dalla Normativa CNR.
Per quel che riguarda invece la pendenza trasversale
massima (qmax), questa si ottiene attraverso un
compromesso tra la circolazione degli autoveicoli veloci
(V) e quella degli autoveicoli pesanti più lenti (V0),
essendo a priori il valore dell’insufficienza di pendenza qi
(massima frazione impegnabile dell’aderenza
trasversale ft) e dell’eccesso di pendenza qe (valore
ammissibile di aderenza negativa; in tal caso il veicolo è
soggetto ad un complesso di azioni la cui risultante è
diretta verso l’interno della curva, o meglio lungo la falda
nel verso delle quote crescenti).
Con riferimento alla [21], possiamo scrivere:
maxmin
2
i qR127
Vq −⋅
=
min
20
maxe R127V
qq⋅
−=
dove Rmin è il raggio minimo compatibile con V e qmax.
Dalle espressioni di qi e qe soprascritte si ricava:
min
20
2
ie R127VV
qq⋅−
=+ [23]
imin
2
max qR127
Vq −⋅
= [24]
Dalla [23] si ricava:
min
20
2
min R127VV
R⋅−
= [25]
Combinando la [24] e la [25] si ottiene:
i
ie
20
2
2
max q
1271
qqVV
127
Vq −
⋅
+−
⋅
=
24
e, semplificando:
( ) iie20
2
2
max qqqVV
Vq −+⋅−
= [26]
Se teniamo conto del fatto che qi rappresenta la
massima frazione impegnabile dell'aderenza trasversale,
possiamo scrivere: qi = ft (V), dove, per la dipendenza
dalla velocità, si fa riferimento alle citate norme del CNR.
Inoltre, come limite per l'aderenza negativa (eccesso di
pendenza) si può fissare un valore di 0.05 per V0 ≤ 80
km/h e di 0.04 per V0 > 80 km/h.
In virtù di queste considerazioni, è possibile esprimere la
[26] nel seguente modo:
( ) ( )[ ] ( )VfVfVq
VV
1
1q tt0e20
max −+⋅
−
= [27]
Se consideriamo l'andamento della funzione espressa
dalla [27], (Fig. 44), si ottiene una pendenza massima di
compromesso pari a 0.07.
In realtà, il grafico di figura 44 evidenzia il fatto che,
l'adozione di qmax pari a 0.05, sarebbe stata compatibile
per qualsiasi V con V0 > 0; tuttavia, se facciamo
riferimento al grafico di figura 45, relativo alla funzione
[22] combinata con la [27], possiamo notare che, per
qmax pari a 0.05, si avrebbero valori di Rmin sensibilmente
superiori a quelli che si hanno in corrispondenza di qmax
pari a 0.07, soprattutto per velocità superiori ai 100
km/h.
Da qui la scelta univoca di qmax = 0.07 da parte del CNR.
Fig. 44 Andamento di qmax in funzione del rapporto V0/V e diV.
Fig. 45 Andamento del raggio minimo in funzione delrapporto V0/V e di V.
Per quanto riguarda i raggi superiori a quello minimo, in
Italia si fa riferimento all'abaco del CNR (1980) riportato
in figura 46.
Fig. 46 Abaco del CNR (1980)
Le rette riportate nell'abaco (a velocità costante), che
esprimono il variare della pendenza trasversale al
variare del raggio, si ricavano attraverso la procedura
espressa di seguito.
Riferendoci ancora alla [21], si può porre:
1fVR127q
VR127 t22 =⋅⋅+⋅⋅
e, ponendo:
40 km/h
60 km/h
80 km/h100120
140 km/h
25
qVR127Z 2 ⋅⋅=
(aliquota dell’accelerazionetrasversale affidata alla pendenza)
t2 fVR127W ⋅⋅=
(aliquota dell’accelerazionetrasversale affidata all’aderenza
trasversale)
si può scrivere:
Z + W = 1
Le Norme italiane stabiliscono una relazione di questo
tipo:
Z = K ⋅ Rn 0 < n < 1
cioè impongono, all’aumentare del raggio, un aumento
relativo di Z rispetto a W, e quindi dell’accelerazione
compensata dalla pendenza trasversale rispetto a quella
compensata dall’aderenza.
Imponendo l’uguaglianza di Z con l’espressione del
CNR, si ottiene:
qVR127RK 2
n ⋅⋅=⋅ [28]
La [28], riportata nel piano bilogaritmico, rappresenta
una famiglia di rette a coefficiente angolare (n-1), aventi
l’equazione:
( ) Rlog1n127VlogKlogqlog
2⋅−++= [29]
Se esplicitiamo la [29] nei punti (R.min, qmaX) e (Rmax,
qmin), risulta :
min
max
max
min
RRlog
qqlog
1n =− [30]
Fissando nelle diverse normative i valori delle suddette
grandezze, risulta automaticamente fissato il valore di n.
Si noti come, essendo n-1 negativo, la [30] esprima
l'aumentare di R al decrescere di q e viceversa.
Osserviamo inoltre che la pendenza trasversale minima,
qmin, ubbidisce ad esigenze di allontanamento dell’acqua
superficiale ed è stata fissata nelle Norme CNR del 1980
pari a 0.025.
Per determinare il valore di K si considera la seguente
condizione:
max2minn
min qV
R127RK ⋅
⋅=⋅ [31]
Dalla [31] si evince:
max2
)n1(min q
VR127
K ⋅⋅
=−
[32]
Sostituendo nella [32] l’espressione [22], dopo semplici
passaggi, si ottiene:
( ) maxn1tmax
n2n q
fqV127K ⋅
+⋅=
−
⋅−
[33]
Come si vede, una volta stabilito il valore di n, K dipende
dalla relazione intercorrente tra V ed Rmin.
Di seguito sono riportati i dati relativi alle Norme italiane
del 1980.
Rmax = 5⋅Rmin; qmax = 0.07; qmin = 0.025; ( )( ) 786.1RZRZ
min
max =
n = 0.36; (n-1) = -0.64
I valori di K, ricavati dalla [33 ], sono:
V = 40 km/h Rmin = 41 m K = 0.059499
V = 60 km/h Rmin = 118 m K = 0.052344
V = 80 km/h Rmin = 252 m K = 0.047817
V = 100 km/h Rmin = 437 m K = 0.043561
V = 120 km/h Rmin = 667 m K = 0.039625
V = 140 km/h Rmin = 964 m K = 0.036865
Per il caso limite n = 1, n - 1 = 0, perde di significato la
costruzione dell'abaco.
8. REVISIONE CRITICA DELLA NORMATIVA CNR(1980) TRAMITE LA CORRELAZIONE TRA LA“PROBABILITA’ DI SCARSE CONDIZIONI DIADERENZA” E LA LEGGE DI VARIAZIONE DEL CAT.La metodologia di progetto proposta dal CNR si fonda
sulla scelta di una legge di variabilità del CAT
sintetizzata nella tabella 3. Si tratta di valori
sensibilmente bassi; ciò in funzione dello “spirito” della
Norma di far riferimento a valori critici al fine di garantire
lo stesso grado di sicurezza in tutte le possibili
condizioni di aderenza.
La critica che muoviamo a tale impostazione, è quella di
non fornire un ugual livello di sicurezza a quegli elementi
del tracciato ubicati in diverse realtà locali.
26
Occorre infatti ribadire che la qualità del parco veicolare
(tipologia, cilindrata, vetustà, stato manutentivo), le
caratteristiche dei pneumatici (tipo, stato di usura,
pressioni di gonfiaggio) e le condizioni ambientali (vento,
pioggia, ghiaccio, ecc.), sono tutti parametri dipendenti
dalle regioni in cui si opera; è pertanto necessario
procedere ad una verifica del livello di sicurezza delle
infrastrutture già in fase di progetto, valutando, in
funzione delle tipologie di elementi che si intende
progettare, i valori dei parametri condizionanti
caratterizzati dalla maggiore probabilità di verificarsi
nell'area in oggetto.
La metodologia che si intende pertanto proporre si
articola nei seguenti punti:
• valutazione della probabilità che si verifichi l’evento
“scarse condizioni di aderenza”, facendo riferimento
ai parametri inerenti alle reali caratteristiche del
luogo stato della pavimentazione, parco veicolare,
condizioni meteorologiche);
• confronto del valore di probabilità Pr{Ead,sc} con un
valore limite prefissato;
• reimpostazione della metodologia progettuale, nel
caso in cui la probabilità Pr{Ead,sc} attinga a valori
superiori al limite imposto; tale reimpostazione può
essere condotta su due "fronti":
"avvicinamento" delle condizioni di aderenza
verso "scenari probabilistici" più favorevoli;
riformulazione dei criteri progettuali delle curve
circolari stradali.
Per quanto riguarda la possibilità di "rientrare" nel range
di accettabilità delle “probabilità di avere scarse
condizioni di aderenza”, sono ipotizzabili le seguenti
soluzioni:
1) Impostazione di una politica “manutentoria” mirata
al mantenimento di adeguate condizioni di rugosità
superficiale;
2) Impostazione di una politica "sociale" indirizzata
verso il rinnovamento del parco veicolare (ad es.
incentivi alla rottamazione, campagne di
sensibilizzazione, ecc.).
Riguardo la rielaborazione dei criteri progettuali, è
possibile far riferimento al seguente iter procedurale:
1) scelta di una legge di variazione del coefficiente di
aderenza trasversale differente da quella del CNR;
la scelta di tale legge risulterà correlata alle
probabilità “parziali” legate agli eventi Epneum
(condizioni scarse di aderenza per effetto delle
caratteristiche dei pneumatici), ed Epavim (condizioni
scarse di aderenza per effetto delle caratteristiche
della pavimentazione);
2) “sostituzione” della legge di variazione del CAT
proposta dal CNR con quella ricavata mediante la
correlazione con la configurazione statisticamente
più probabile;
3) formulazione di un nuovo abaco per la
progettazione delle curve stradali.
Al fine di rendere maggiormente comprensibile il
meccanismo di funzionamento del metodo proposto,
vengono di seguito riportati alcuni esempi applicativi:
CASO N° 1Si fa riferimento ai seguenti parametri:
♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del
velo idrico superiore ad 1 mm = 40.
♦ Pr{EW}= 40/365 = 0.1096;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve
sulla pavimentazione stradale = 3.
♦ Pr{ES}= 0.0082;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di
ghiaccio = 5
♦ Pr{EI}= 0.0137;
♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.5
♦ Pr{Epress}= 0.5
♦ Pr{Ebatt}= 0.3
Fornendo tali dati come input alla procedura del calcolo
delle probabilità, si ottengono i seguenti valori:
• Pr{Epneum} = 0.696;
• Pr{Epavim} = 0.566;
• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+
+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.868.
In questo caso, dunque, l’evento “scarse condizioni di
aderenza” ha una probabilità elevata di verificarsi.
CASO N° 2Si fa riferimento ai seguenti parametri:
♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del
velo idrico superiore ad 1 mm = 15.
♦ Pr{EW}= 15/365 = 0.0411;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve
sulla pavimentazione stradale = 0.
♦ Pr{ES}= 0;
27
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di
ghiaccio = 0
♦ Pr{EI}= 0;
♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.1
♦ Pr{Epress}= 0.4
♦ Pr{Ebatt}= 0.2
Introducendo tali dati nella procedura del calcolo delle
probabilità, si ottengono i valori riportati di seguito:
• Pr{Epneum} = 0.540;
• Pr{Epavim} = 0.137;
• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+
+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.603.
In questo esempio, è da notare come il contributo più
significativo, in termini di probabilità di avere “scarsità di
aderenza”, sia quello legato alle condizioni non ottimali
del parco veicolare. Si può anzi rilevare come la
Pr{Epavim} rappresenti la “quota” dominante nel calcolo
complessivo di Pr{Ead,sc}.
CASO N° 3Consideriamo i seguenti parametri:
♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del
velo idrico superiore ad 1 mm = 30.
♦ Pr{EW}= 30/365 = 0.0822;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve
sulla pavimentazione stradale = 3.
♦ Pr{ES}= 0.0082;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di
ghiaccio = 5
♦ Pr{EI}= 0.0137;
♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.4
♦ Pr{Epress}= 0.1
♦ Pr{Ebatt}= 0.1
Fornendo tali dati come input alla procedura del calcolo
delle probabilità, si ottengono i seguenti valori:
• Pr{Epneum} = 0.274;
• Pr{Epavim} = 0.462;
• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+
+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.610.
Analogamente al caso precedente, si è riscontrata una
probabilità di verifica di “scarse condizioni di aderenza”
pari a circa il 60%. Tuttavia, rispetto al caso 2, il
contributo maggiormente significativo, in termini di
probabilità che si manifesti l’evento Ead,sc, è quello legato
alle caratteristiche non ottimali della pavimentazione.
CASO N° 4Si fa riferimento ai seguenti parametri:
♦ Giorni all’anno caratterizzati da uno spessore del
velo idrico superiore ad 1 mm = 10.
♦ Pr{EW}= 10/365 = 0.0274;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di neve
sulla pavimentazione stradale = 0.
♦ Pr{ES}= 0;
♦ Giorni all’anno caratterizzati dalla presenza di
ghiaccio = 0
♦ Pr{EI}= 0;
♦ Pr{Etex,non-ott}= 0.1
♦ Pr{Epress}= 0.07
♦ Pr{Ebatt}= 0.07
Una volta che tali dati vengono introdotti nella procedura
di calcolo delle probabilità, si ottengono i valori seguenti:
• Pr{Epneum} = 0.159;
• Pr{Epavim} = 0.125;
• Pr{Ead,sc} = Pr{Epneum + Epavim}= Pr{Epneum}+
+Pr{Epavim}- Pr{EpneumEpavim} = 0.264.
E’ evidente che, in questo caso, la “configurazione delle
caratteristiche di aderenza” statisticamente più frequente
è quella in cui i valori del CAT risentono in minima parte
delle condizioni non ottimali dei pneumatici e della
pavimentazione.
Sarebbe anzi più opportuno considerare la probabilità
del non-evento, cioè:
q = 1 - Pr{Ead,sc} = 0.736
Gli esempi appena riportati sono stati scelti “ad hoc” per
mettere in risalto alcuni aspetti particolarmente
interessanti.
In primo luogo osserviamo come i 4 casi possano essere
assimilati, ad esempio, a 4 aree interessate da uno
stesso “programma di sviluppo” . Ciò vuol dire ipotizzare
uno scenario in cui l’ente che investe sui progetti
infrastrutturali delle quattro regioni si trova di fronte a
realtà socio-ambientali differenti: si passa infatti,
attraverso scenari intermedi, da una situazione
sfavorevole sia dal punto di vista delle condizioni
atmosferiche che da quello delle caratteristiche del
28
parco veicolare (caso 1) ad una situazione
sostanzialmente opposta (caso 4).
Nell’ambito di una politica di sicurezza stradale, l’ente
preposto all’organizzazione dei piani di sviluppo delle
aree in esame dovrebbe tener conto della situazione che
gli si prospetta; a tal uopo, la metodologia da noi
elaborata, dovrebbe costituire un valido strumento
decisionale.
In particolare, i vari valori delle probabilità Pr{Ead,sc}
possono essere disposti (in ordine decrescente) e
rappresentati in un grafico del tipo di quello riportato in
figura 47. In tale diagramma deve essere inoltre
individuato il valore limite di probabilità accettabile
(osserviamo che una procedura metodologica come
“l’analisi degli scenari” risulta particolarmente adeguata
per ricavare una quantificazione attendibile del limite
accettabile; nel nostro esempio si è scelto un valore
indicativo pari a 0.7).
Fig. 47 Classificazione delle “aree d’indagine” in funzionedella probabilità che si verifichino “scarse condizionidi aderenza”.
La definizione del limite di accettabilità consente di
suddividere il grafico in due aree: una caratterizzata da
un livello di sicurezza accettabile ed un’altra interessata
da condizioni inaccettabili di sicurezza.
E’ pertanto necessario, se si vuole che la progettazione
delle curve stradali ricada, per tutte le aree interessate,
nell’ambito delle condizioni di sicurezza accettabili,
adottare le politiche di intervento suggerite
precedentemente.
Con riferimento ai “4 casi” ipotizzati, si può notare come
la sola configurazione associata al “CASO 1” sia quella
ricadente nell’area critica dal punto di vista del livello di
sicurezza. Trattandosi di una configurazione interessata
da elevate probabilità che si manifestino situazioni
critiche sotto diversi aspetti, risulta necessario ponderare
diversi scenari, tra cui:
• la realizzazione di strati superficiali di tipo drenante;
• un‘efficace pianificazione degli interventi di ripristino
delle condizioni di rugosità ottimali (anche nel caso
eventuale di rugosità “inversa” dovuta agli strati
fonoassorbenti);
• l’avvio di campagne di sensibilizzazione
accompagnate da incentivi finanziari, per favorire il
rinnovamento del parco veicolare;
• una combinazione multipla in cui vengono coinvolti
due o più scenari precedenti.
Nel caso in cui si volesse scegliere l’alternativa legata
all’“adattamento” delle norme progettuali alle condizioni
di aderenza statisticamente più probabili per l'area in
esame, si dovrebbero attentamente valutare i coefficienti
di aderenza da “sostituire” a quelli della tabella 3.
A titolo puramente esemplificativo, si è scelto di
adottare, nel caso in esame, una legge di variazione del
CAT descritta dai valori riportati nella tabella 4. Si tratta
di una legge di variabilità lineare del CAT (secondo la
[4]) che implica, ad elevate velocità, maggiori
condizionamenti progettuali rispetto alle indicazioni del
CNR.
Velocità (km/h) 40 60 80 100 120 140
fy 0.26 0.21 0.16 0.11 0.06 0.01
Tab. 4 Valori del coefficiente di aderenza trasversaleassociati alla configurazione più probabile (caso 1).
Una volta nota la legge di variabilità del CAT associata
alle condizioni di aderenza statisticamente più probabili
è possibile procedere alla elaborazione di un nuovo
abaco per la progettazione delle curve planimetriche
circolari (Fig. 48).
Si osservi, come del resto era facilmente intuibile, che la
scelta di rielaborare criticamente l’abaco del CNR si
traduca, in pratica, nella adozione di raggi planimetrici
più elevati rispetto a quelli proposti dalla Normativa CNR
(1980).
Non è pertanto inopportuno mettere in evidenza, alla fine
di questa trattazione, come il perseguimento
dell’obiettivo della sicurezza stradale si traduca sempre
nella necessità di valutare economicamente e
finanziariamente diversi scenari alternativi caratterizzati
dagli stessi potenziali benefici dal punto di vista della
sicurezza ma diversificati in funzione dei costi e degli
altri possibili benefici.
Fig. 48 Abac“riforpiù p
9. CONCLUSIl fenomeno
nella caratter
legate alla pr
ed aeroportua
(con particola
scelta delle
caratteristiche
problema del
Inoltre il fe
determinante
interessato,
degli autoveic
E' inoltre im
considerazion
più ampio, c
infrastrutture
Proprio nell’a
le argomenta
infatti, parten
dell’aderenza
ed indirettamente collegati ad esso, si è messo in luce
come le condizioni di sicurezza di marcia degli
autoveicoli possano essere pregiudicate dal decadere
dei “valori” dei parametri che intervengono nella
definizione del meccanismo medesimo.
Anche gli estensori delle attuali Norme progettuali hanno
voluto tener conto dell’importanza, in termini del
mantenimento delle condizioni di sicurezza di viaggio,
del fenomeno dell’aderenza; tuttavia l’impostazione dei
criteri progettuali si è sempre risolta nella presa in
6
8 h
1
120 km/h
140 km/h
0 km/
00 km/h
29
o per la progettazione delle curve circolarimulato” in funzione delle condizioni di aderenzarobabili (caso 1).
IONIdell’aderenza risulta essere fondamentale
izzazione di gran parte delle problematiche
ogettazione stradale (ma anche ferroviaria
le): dall'organizzazione della sovrastruttura
re riferimento agli strati superficiali), alla
pendenze trasversali, dallo studio delle
prestazionali e di sicurezza dei veicoli, al
la soprelevazione in curva.
nomeno dell'aderenza è, in maniera
, connesso al continuo progresso che ha
in questi ultimi anni, tanto la meccanica
oli, quanto la tecnologia dei pneumatici.
portante osservare che le precedenti
i si inquadrano tutte nell'ottica di un quadro
he è proprio quello della sicurezza delle
viarie.
mbito della sicurezza stradale si collocano
zioni prodotte nella presente memoria;
do da un’indagine critica del fenomeno
e di gran parte degli aspetti direttamente
considerazione, prettamente deterministica, di valori fissi
dei coefficienti di aderenza, indicativi delle peggiori
condizioni potenzialmente verificabili nell’area di contatto
pneumatico-pavimentazione.
Si è pertanto elaborata una metodologia di stampo
probabilistico per la valutazione del verificarsi dell’evento
“scarse condizioni di aderenza”. Tale procedura,
utilizzata, a titolo di esempio, come strumento di
revisione dei criteri progettuali delle curve circolari
stradali (CNR – 1980), costituisce, a nostro avviso, un
primo indirizzo metodologico mirato a “slegare” i criteri di
progettazione dalla loro impostazione deterministica, e,
contemporaneamente ad orientarli verso procedure
basate sulla probabilità statistica di accadimento degli
eventi condizionanti.
Si è avuto infine modo di osservare come, in ogni caso,
la scelta di affidarsi ad un'indagine probabilistica
orientata al perseguimento delle condizioni migliori di
sicurezza si traduca in una serie scenari di intervento tra
loro alternativi ma equivalenti dal punto di vista del grado
di sicurezza fornito.
Occorre pertanto valutare attentamente i vari "scenari"
mediante metodologie economico-finanziarie; in questo
contesto si inquadrano la procedura "classica"
dell'analisi costi-benefici e quelle innovative dell'analisi
multi-criteria e dell'analisi degli scenari. Proprio le
problematiche inerenti alla valutazione economica-
finanziaria delle infrastrutture di trasporto sono,
attualmente, oggetto di studio ed approfondimenti da
parte di questo stesso gruppo di ricerca.
10. BIBLIOGRAFIA.[1] CNR. Istruzioni per la redazione di progetti di
strade – Bollettino Ufficiale N. 77 – 1980.[2] CNR. Norme sulle caratteristiche
geometriche delle strade extraurbane –Bollettino Ufficiale N. 78 – 1980.
[3] Nuovo Codice della Strada - Ed. Simone –1993.
40 km/h
0 km/h
30
[4] Atti del Simposio Internazionale: Roaddevelopment and safety - Lussemburgo -1989.
[5] AA. VV. Manutenzione e sicurezza.Monitoraggio delle caratteristiche diaderenza e opportunità della ripetizioneannuale delle misure – Riv. Le Strade - n. 1293- Maggio 1993.
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[9] C. Benedetto. Le esigenze della sicurezza peruna revisione delle norme geometriche diprogettazione stradale - Atti della Giornata diStudio sul tema: La sicurezza intrinseca delleinfrastrutture stradali - Roma 20/21 Febbraio1997.
[10] G. Camomilla. La sicurezza autostradale - Attidella Giornata di Studio sul tema: La sicurezzaintrinseca delle infrastrutture stradali - Roma20/21 Febbraio 1997.
[11] S. Canale, S. Leonardi, F. Nicosia. Analisicritica del fenomeno dell'aderenza in campostradale e ferroviario - Quaderno N. 88 -Istituto di Strade Ferrovie ed Aeroporti - Catania- Settembre 1996.
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[18] L. Domenichini, F. La Torre. Valutazione dellasicurezza attraverso l’analisi del rapporto traaderenza, caratteristiche superficiali edintensità di pioggia - Atti della Giornata diStudio sul tema: La sicurezza intrinseca delleinfrastrutture stradali - Roma 20/21 Febbraio1997.
[19] P. Ferrari, F. Giannini. Ingegneria stradale -Geometria e progetto di strade - Ed. ISEDI -1991.
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[24] F. La Camera. Il calcolo del progetto stradale -MASSON Editoriale SEA - 1992.
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[27] F. Salvatore. Classificazione e cause degliincidenti. Un impiego delle metodologiestatistiche multivariate – Riv. Autostrade –Aprile 1993.
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