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Sistemi progettuali ed esecutivi nei cantieri pittorici di Gregorio XIII

Date post: 11-Nov-2023
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unità E FRAMMENTI DI modernità arte e scienza nella roma di gregorio xiii boncompagni (1572-1585) a cura di claudia cieri via · ingrid d. rowland marco ruffini PISA · ROMA FABRIZIO SERRA EDITORE MMXII
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unitàE FRAMMENTI

DI modernitàarte e scienza nella roma

di gregorio xiii boncompagni

(1572-1585)

a cura di

claudia cieri via · ingrid d. rowland

marco ruffini

PISA · ROMA

FABRIZIO SERRA EDITORE

MMXII

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isbn 978-88-6227-065-6isbn elettronico 978-88-6227-352-70

SOMMARIO

Introduzione 9

le decorazioni gregoriane in vaticano

Alessandra Rodolfo, Le Sale dei Paramenti in Vaticano: documenti e icono-grafia 17

Maria Pia Di Marco, Le Sale dei Foconi in Vaticano 37Maria Grazia Bernardini, La politica artistica di Gregorio XIII 57Alessandro Zuccari, Sistemi progettuali ed esecutivi nei cantieri pittorici di

Gregorio XIII 71Gianni Pittiglio, La traslazione di S. Gregorio di Nazianzo tra urbanistica e

opere di misericordia 89

arte, scienza e collezionismo

Marco Ruffini, Un drago per il papa. Emblematica e politica alla corte di Gregorio XIII 113

Alessandro De Lillo, L’emblematica gregoriana nelle Allusioni di Principio Fabrizi 131

Irene Baldriga, Il divertimento del Leviathan. Paesaggi marini e creature degli abissi sotto il pontificato di Gregorio XIII 151

Kaspar Zollikofer, Rappresentazioni della natura fra scienza e poesia. Im-magini ornitologiche nel Palazzo Vaticano di Gregorio XIII 161

Giuseppe Antonio Guazzelli, L’immagine del Christianus Orbis nelle prime edizioni del Martyrologium Romanum 179

Barbara Furlotti, Collezionare antichità al tempo di Gregorio XIII: il caso di Paolo Giordano I Orsini 197

pubblico e privato. la committenza boncompagni

Giovanna Perini, Pittura e scultura a paragone nella Bologna di Gregorio XIII 219Francesca Cappelletti, Il fregio a paesi: dai palazzi del papa alla commit-

tenza privata all’epoca di Gregorio XIII 231Claudia Cieri Via, Giuseppina Micheli, La committenza Boncompagni

nel territorio romano: il palazzo di Isola del Liri 243Stefano Pierguidi, Un cantiere ‘gregoriano’ fuori dal Vaticano: l’oratorio del

SS. Crocifisso 265Patrizia Tosini, Girolamo Muziano e Gregorio XIII: un rapporto privilegiato 277Angela Caiati, La cappella del Salvatore nella Basilica di Santa Maria degli

Angeli in Roma 299

SISTEMI PROGETTUALI ED ESECUTIVINEI CANTIERI PITTORICI DI GREGORIO XIII

Alessandro Zuccari

Nell’affrontare un argomento tanto arduo quanto avaro di elementi certi, come quello dell’organizzazione e delle procedure adottate nei cantieri pit-

torici di papa Boncompagni, vorrei proporre alcune linee guida di una ricerca in corso.1 Resta molto da chiarire riguardo a quei sistemi di lavoro collettivo che hanno caratterizzato la pittura del Cinquecento romano, e non solo romano, a cui lo stesso Gregorio XIII ha dato notevole impulso. È noto, infatti, che i documenti non sono prodighi di informazioni e che le fonti risultano spesso lacunose o imprecise. Per questo motivo ritengo indispensabile lo studio dei disegni preparatori, che possono fornire dati omessi dai rimandi testuali.

La mia indagine, partita dai cantieri pittorici di Sisto V, si è necessariamente estesa a quelli di Gregorio XIII per la notevole dipendenza che gli uni hanno dagli altri : ho infatti riscontrato nei cicli decorativi dei due pontificati fattori di continuità più consistenti di quanto fosse prevedibile, non solo in relazione al sistema della program-mazione iconografica, ma anche per ciò che riguarda i procedimenti esecutivi messi in atto. Per il momento, le acquisizioni raggiunte intorno alle imprese sistine sono piut-tosto rilevanti, mentre più esigue sono quelle relative all’età gregoriana.2 Nel rinviare ad altra sede l’esame dei risultati raggiunti in queste ricerche, mi limito a presentare alcuni esempi relativi al pontificato gregoriano.3

Il primo caso riguarda la Sala dei Brevi, più nota come Sala Bologna per le due mappe geografiche che riproducono la città felsinea, che ha dato i natali a Ugo Bon-compagni, e il suo contado. Il completamento degli interventi decorativi è databile al 1575 : lo suggerisce un’iscrizione inserita nel pavimento di quest’ambiente.4 Le note Memorie sulle pitture et fabriche di Gregorio XIII – pubblicate dal Pastor – indicano il bolognese Lorenzo Sabatini come responsabile di tutta la decorazione e assegnano a Giovan Antonio Vanosino da Varese i « 12 segni celesti », cioè la mappa delle costel-lazioni dipinta nell’ovale al centro della volta.5 Inoltre, nel commento a Le due regole della prospettiva pratica del Vignola, Egnazio Danti loda la raffigurazione prospettica realizzata dal Sabatini (Fig. 1), e aggiunge che « la qual Prospettiva in una volta à schifo fu condotta politamente, e molto giusta da Ottaviano Mascherini ».6

1 Questo contributo corrisponde in sostanza all’intervento presentato al convegno : al momento della pubbli-cazione non ho potuto compiere tutti gli aggiornamenti necessari. Alcuni dati della mia ricerca sui disegni dei cantieri pittorici del secondo Cinquecento romano furono anticipati al Convegno internazionale Studi di figura nelle botteghe italiane e neerlandesi, Istituto Universitario Olandese di Firenze, 7-8 giugno, 1996.

2 Cfr. Alessandro Zuccari, Ideazione ed esecuzione nei cicli pittorici di Gregorio XIII e Sisto V, in Il tardo Manierismo a Roma negli anni 1560-1580, Giornata di Studio promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano e la Bibliotheca Hertziana-Istituto Max Planck, Roma 12 dicembre, 2003, «Bollettino d’Arte», 132, 2005, pp. 1-22; Idem, I disegni per gli affreschi della Scala Santa. Nebbia, Guerra, Fenzoni, Bril e le strategie progettuali di un cantiere sistino, in En blanc et noir. Studi in onore di Silvana Macchioni, a cura di F. Sorce, Roma, 2007, pp. 29-46.

3 Tra i vari contributi su questo periodo sono fondamentali : i commenti alle prime tre ‘Giornate’ in Giovan-ni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII del 1572. In fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, i-iii, a cura di Jacob Hess e Herwarth Röttgen, Città del Vaticano, 1995 ; Lucio Gambi, Antonio Pinelli, La Galleria delle Carte geografiche in Vaticano, Modena, 1994, ed. consultata 1997.

4 Cfr. il contributo di Maria Serlupi Crescenzi, in Il Palazzo Apostolico Vaticano, a cura di Carlo Pietran-geli, Firenze, 1992, pp. 154-155.

5 Ludwig von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo, vol. ix, ed. 1955, pp. 916-917.6 Le due regole della prospettiva pratica di M. Jacopo Barozzi da Vignola con i commentari del R.P.M. Egnatio

alessandro zuccari72

Tale notizia risulta ora confermata attraverso l’iden-tificazione di un disegno preparatorio appartenuto a padre Resta. Si tratta di una porzione della volta, illusio-nisticamente trasformata in un loggiato sorretto da cop-pie di colonne e aperto su pergolati, la cui assegnazione al Mascarino è stata avanzata da Simonetta Prosperi Va-lenti.1 L’ardito scorcio, con-dotto con notevole perizia tecnica, mostra il carattere tutto bolognese di questa de-corazione prospettica, che dà

seguito alla grande tradizione impersonata al sommo grado dallo stesso Vignola.La Sala Bologna è, dunque, l’esempio di un’attenta e qualificata suddivisione del

lavoro, condotta con l’impiego di veri e propri specialisti di differenti discipline : l’impresario pittore, Lorenzo Sabatini ; l’esperto in mappe geografiche e vedute ic-noscenografiche, Antonio Vanosino (forse coadiuvato dalla perizia cartografica di Danti)2 e il prospettico e quadraturista Mascarino.

Probabilmente Sabatini, che dal 1573 soprintende alle decorazioni promosse da Gregorio XIII, si serve dell’opera di aiuti, ma è difficile stabilire in quale misura per la difficoltà di accesso alla sala. Tuttavia, è stato chiarito che Lorenzo redige i disegni delle parti figurative e certamente ne esegue varie di sua mano. Lucia Ma-rinig, nel pubblicare due disegni del Museo di Darmstadt, ha infatti dimostrato che la tibaldesca figura di Atlas e la più ‘vasariana’ figura di Theut corrispondono alle consuete tipologie fisionomiche e stilistiche di Sabatini.3 I due personaggi, rap-presentati di scorcio, fanno parte della serie di dieci astronomi dell’antichità che siedono sulla balaustra del loggiato illusionistico. È interessante notare che la loro traduzione a fresco ha una notevole aderenza al relativo modello grafico : lievi diffe-renze compaiono nell’accentuazione dello scorcio e nell’aggiunta di una fascia posta in diagonale sulla schiena di Theut.4

Questi dati permettono di chiarire, con buona approssimazione, sia la ripartizione del lavoro, sia le procedure esecutive del cantiere della Sala Bologna. Ma si tratta di un caso particolare, facilitato dalla unitarietà della decorazione e dall’estensione relativamente circoscritta delle sue superfici.

Se ci si sposta alla seconda Loggia di Gregorio XIII (Fig. 2), le cose si rivelano decisamente più complesse. Secondo le iscrizioni apposte sulle volte, la decorazione viene eseguita tra il 1576 e il 1577, nel quinto anno del pontificato di Ugo Boncom-

Danti, Roma, 1583, cit. in Lucia Marinig, Due disegni di Lorenzo Sabatini per gli affreschi della sala Bologna in Vaticano, in Scritti di storia dell’arte in onore di Jürgen Winkelmann, Napoli, 1999, pp. 185-195, 186.

1 Codice Resta della Biblioteca Comunale di Palermo, vol. xxiii H 38, segnalatomi da Simonetta Prosperi Va-lenti e ora pubblicato in S. Prosperi Valenti Rodinò, I disegni del Codice Resta di Palermo, Cinisello Balsamo, 2007, pp. 92-93.

2 Cfr. il commento di Hess a Giovanni Baglione, op. cit., ii, p. 451. Altre informazioni e riferimenti biblio-grafici sulla sala sono in ibidem, pp. 180-181.

3 Lucia Marinig, op. cit., pp. 185, 187, 190 nn., figg. 1-4.4 Röttgen (in Giovanni Baglione, op. cit., ii, p. 181) segnala l’esistenza di un disegno relativo alla figura

della Pace, in possesso di Pierre Rosemberg, a Parigi, già attribuito al Cavalier d’Arpino.

Fig. 1.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 73

pagni. Lorenzo Sabatini ne è il responsabile, ma la sua morte, sopraggiunta il 2 agosto del 1576, fa sì che la supervisione dei lavori pas-si al figlio Mario, al quale sono intestati i pagamenti dall’agosto 1576 al 29 set-tembre del 1577.1

Va registrata, inoltre, l’indicazione di Baglione che vede in Marco da Faen-za il direttore di tutta l’or-namentazione a grottesche, sia nella seconda Loggia sia nelle sale che in quel momento sono in via di decorazione.2 La notizia di Baglione è credibile, anche perché Marco Marchetti ha acquisito una notevole esperienza in questo campo sin dal tempo della sua collaborazione con Vasari a Firenze, in Palazzo Vecchio. È indubbio che il pitto-re faentino non abbia potuto assolvere in prima per-sona al compito di ornare superfici tanto vaste, ma è verosimile che sia stato lui a fornire i disegni e che abbia seguito l’esecuzione degli ornati a fresco. Röt-tgen ha rintracciato alla Städelsche Kunstsammlung di Francoforte uno schizzo a penna per un particolare dei pilastri del secondo piano delle Logge gregoriane, riconducendolo alla mano di Marchetti.3 Tra i nume-rosi progetti ornamentali a lui riconducibili, anche un foglio conservato agli Uffizi potrebbe appartenere alla progettazione delle medesime paraste (Fig. 3).4

Sappiamo che Lorenzo Sabatini ha diretto i lavori fino al luglio del 1576, seguendo la realizzazione delle 44 scene evangeliche sulle volte. Una verifica dei suoi interventi è stata di recente compiuta da Ilaria Pulcini : in un’accurata ricerca sul ciclo pittorico della seconda Loggia gregoriana, la giovane studiosa ha rintracciato la presenza di almeno ventidue mani, riconoscibili at-traverso differenti conduzioni tecniche e stilistiche.5

1 Cfr. le informazioni in ibidem, pp. 176, 180 ; Maria Serlupi Cre-scenzi, op. cit., pp. 152-153. Ancora utili sono i pionieristici contributi di Hess, ma non poche delle attribuzioni proposte vanno riviste alla luce delle successive acquisizioni : Jacob Hess, Le Logge di Gregorio XIII : l’architettura ed i caratteri della decorazione, « L’illustrazione Vaticana », vi, 1935, 23, pp. 1270-1275 ; Idem, Le Logge di Gregorio XIII nel Pa-lazzo del Vaticano : i pittori, « L’illustrazione Vaticana », vii, 1936, 4, pp. 161-166.

2 Cfr. Giovanni Baglione, op. cit., i, p. 22, ii, pp. 218-219.3 Ivi, p. 219.4 Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. n. 4, mm.

350x115. I motivi ornamentali sono affini a quelli della parte superiore di alcune paraste della parete interna della seconda Loggia.

5 Ilaria Pulcini, La decorazione della seconda loggia di Gregorio

Fig. 2.

Fig. 3.

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L’elevato numero di frescan-ti, più o meno giovani, prelude al vasto sistema di ingaggio adottato nella Galleria delle Carte geogra-fiche e, successivamente, nelle im-prese di Sisto V.

Appartengono probabilmente a Sabatini, almeno a livello pro-gettuale, varie scene della settima, ottava, nona e undicesima campa-ta. Pulcini suggerisce la paternità diretta di Lorenzo per otto scene della seconda Loggia, ma la diversa qualità di esecuzione pone qualche dubbio sulla loro totale autografia. Pur essendo evidente l’impronta sa-batiniana di questo gruppo di dipin-ti, le scene più aderenti alla cifra del pittore bolognese, indicativamente confrontabili con la Disputa di santa Caterina d’Alessandria della Pina-coteca Nazionale di Bologna, sono Cristo e l’adultera,1 Cristo e la donna Cananea, la Guarigione del giovane epilettico (Fig. 4) e la cosiddetta Consegna delle chiavi a san Pietro.2

Questi dati conducono a ipotiz-zare che il lavoro sia stato avviato da Lorenzo Sabatini non dalla prima campata – quella attigua alla loggia di Raffaello – ma dall’undicesima. Come verrà precisato in seguito, il cantiere si è probabilmente svolto in due momenti : iniziato dal lato esterno della loggia fino alla zona centrale (dall’xi alla vi campata), si sarebbe concluso con la decorazio-ne delle cinque volticelle rimanen-ti.3 Non è un caso che l’Angelo con

la sferza (Fig. 5), al colmo dell’undicesima campata, allusivo a uno dei quattro padri della Chiesa, mostri lo stile sciolto e la cromia luminosa di Sabatini : è possibile che il direttore dell’impresa abbia riservato per sé il riquadro più visibile della zona di partenza del ciclo, il primo degli undici previsti, quasi per apporvi la sua firma.

XIII, tesi di laurea discussa con chi scrive, Università di Roma “La Sapienza”, a. a. 2002-2003, pp. 55-57 e sg. Desidero ringraziare Ilaria Pulcini per aver messo a mia disposizione i fotocolor degli affreschi della Loggia gregoriana e altro materiale fotografico.

1 Cfr. Jacob Hess, op. cit., 1936, fig. 12.2 Cfr. Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 58-62. Le altre quattro scene sono : Pietro cammina sulle acque, I Giudei

tentano di lapidare Gesù, La guarigione del lebbroso, La parabola dei bambini.Per la Disputa di santa Caterina cfr. La Pinacoteca Nazionale di Bologna, a cura di Andrea Emiliani, con

una prefazione di Cesare Gnudi, Bologna, 1967, p. 260, fig. 159.3 Non è dato di sapere quale estensione avesse il ponteggio, ma è probabile che fosse allestito per più di una

campata alla volta, così da permettere l’intervento contemporaneo di più pittori. Non è improbabile che fosse allestito fino alla campata di centro, la sesta, per essere poi rimontato nella parte restante.

Fig. 4.

Fig. 5.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 75

Nella medesima volticella Lorenzo si è fatto affiancare dal migliore dei suoi colla-boratori, Raffaellino Motta da Reggio : a lui Baglione assegna, correttamente, i due episodi che raffigurano La cena in casa di Simone e Gesù lava i piedi agli apo-stoli (Fig. 6).1 Per quest’ul-timo dipinto esiste un di-segno di Francoforte (Fig. 7), identificato da Pouncey e da Oberhuber, che finora risulta l’unico studio prepa-ratorio certamente ricondu-cibile alla serie delle scene evangeliche della seconda Loggia gregoriana.2 Si trat-ta di un progetto rifinito che attesta una sostanziale aderenza dell’affresco al suo modello grafico : eseguito a penna e inchiostro bruno acquerellato, è caratterizza-to dal tratto disinvolto ed elegante di Raffaellino. La sicura paternità di questo disegno dimostra che Saba-tini ha lasciato agli artisti di maggior talento la possibili-tà di progettare in proprio le scene loro affidate e induce a supporre che Motta abbia svolto il ruolo di disegnato-re anche per altri soggetti di questo ciclo. Il giovane ta-lento è ormai all’apice della sua carriera e lo separano soltanto due anni dalla mor-te prematura. D’altra parte, è stata segnalata una sua attività di progettista nella decorazione della seconda Sala dei Paramenti.3

1 Cfr. Giovanni Baglione, op. cit., i, p. 26. Il primo dei due dipinti è riprodotto in Jacob Hess, op. cit., 1936, fig. 6.

2 Städelsches Kunstinstitut, inv. n° 608. Cfr. Carel van Tuyll, The Italian Drawings of the Fifteenth and Sixteenth Centuries in the Teylers Museum, Harlem, 2000, p. 291 ; Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 109-110.

3 Un disegno per l’Istituzione dei sette diaconi è stato pubblicato in Mostra dei disegni degli Zuccari : Taddeo, Federico e Raffaellino da Reggio, a cura di John Gere, Françoise Pouncey Chiarini, Firenze, 1966, n. 79, fig. 54.

Fig. 7.

Fig. 6.

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Nel Museo di Haarlem si trova un disegno che corri-sponde alla Cena in casa di Simone, ma è stato avanzato il dubbio che si tratti di una copia eseguita dall’affresco o da un progetto grafico non ancora rintracciato.1 Va inoltre ricordato che esisto-no altre copie di questi di-pinti : ad esempio al Museo di Lille è conservato uno studio che riproduce la La-vanda dei piedi, di mano de-cisamente più modesta. Tali copie dimostrano che tra Cinque e Seicento i giovani apprendisti si esercitavano anche sulle pitture della se-conda Loggia gregoriana.

Baglione attribuisce a Raffaellino anche l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme rap-

presentato nella decima volticella, ma il dipinto è mal giudicabile perché danneggia-to e ridipinto. È invece da ritenere del pittore reggiano la raffinata figura angelica nel riquadro centrale della sesta campata (Fig. 8). Si tratta di un’Allegoria dell’evange-lista Luca, le cui fattezze sono facilmente accostabili a quelle dei personaggi raffigu-rati nel celebre Tobiolo e l’angelo della Galleria Borghese.2

Assieme a Raffaellino, Lorenzo Sabatini ha coinvolto nella decima volticella an-che il giovane romano Paris Nogari, a cui Baglione assegna La cacciata dei mercanti dal tempio : è probabile che sia suo anche l’episodio parallelo con Cristo in casa di Zaccheo.3 La stretta contiguità di questi interventi giustifica la dipendenza del pit-tore romano dal dinamico e raffinato internazionalismo del maestro reggiano.4 Lo stesso Motta può aver fornito i disegni o dato suggerimenti al giovane Paris. È signi-ficativo, inoltre, che la mano di Nogari riemerga soltanto nella sesta campata : è suo l’episodio di Cristo nella sinagoga di Nazareth, situato proprio a fianco dell’Allegoria dell’evangelista Luca, che rivela l’inconfondibile cifra di Raffaellino. L’attribuzione del Cristo in casa di Zaccheo può essere confermata dal confronto con il San France-sco di Paola tiene in mano i tizzoni ardenti e le altre tre storie del chiostro di Trinità dei Monti che Gaspare Celio attribuisce a Nogari.5 Vi si riscontrano, infatti, la stes-

1 Carel van Tuyll, op. cit., p. 291 ; un parere a riguardo potrà essere espresso solo con la visione dell’ori-ginale. Per l’esame di questo foglio e di alcune copie di disegni da Raffaellino cfr. Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 110-114.

2 Cfr. Paolo Moreno, Chiara Stefani, Galleria Borghese, Touring Club Italiano, Milano, 2000, p. 335, fig. 17.

3 Cfr. Giovanni Baglione, op. cit., i, p. 87 ; Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 80-83. Jacob Hess, op. cit., 1936, figg. 3 e 4. Hess (p. 164) assegna impropriamente il secondo dipinto a Cristoforo Roncalli.

4 Per recenti contributi su Nogari cfr. Alessandro Zuccari, I pittori di Sisto V, Roma, 1992, pp. 40, 86-87, 133-134 ; Tiziana Litteri, Paris Nogari, pittore manierista romano, « Storia dell’arte », 99, 2000, pp. 23-54.

5 Cfr. Gaspare Celio, Memoria delli nomi dell’artefici delle pitture che sono in alcune chiese, facciate e palazzi di Roma, introduzione e commento critico a cura di Emma Zocca, Milano, 1967, p. 32 (99). Un disegno di Nogari per la Predicazione di un francescano contro san Francesco di Paola è pubblicato in Isabelle Balsamo, La Trinité-des-Monts à Rome : les décors du cloître (1580-1620), « Histoire de l’Art », 8, 1989, pp. 25-38, fig. 3. Sulle lunette di Nogari cfr. p. 32 e la nota 27.

Fig. 8.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 77

sa tipologia di personaggi e quel tipico rigonfiamento dei panneggi derivato dal maestro di Reggio.

Per la quarta scena evan-gelica dipinta nella decima campata, la Resurrezione di Lazzaro (Fig. 9), si può avanzare un’ipotesi a favo-re di Pasquale Cati da Iesi attraverso due possibili raffronti : la zona inferiore del Martirio di san Lorenzo della chiesa romana di San Lorenzo in Panisperna, vir-tuosisticamente impegnata nella resa delle anatomie ; l’Adorazione dei pastori nella tornita e luminosa pittura del suo capolavoro, la decorazione della Cappella Altemps in Santa Maria in Tra-stevere.1

Tralascio per brevità l’esame della nona, ottava e settima volticella, sostanzial-mente riferibili alla direzione di Lorenzo Sabatini, e mi soffermo sulla sesta, nel-la quale sono accertabili l’Allegoria dell’evangelista Luca di Raffaellino, Gesù nella sinagoga di Nazareth di Nogari e la Resurrezione del figlio della vedova di Nain che Baglione assegna al poco conosciuto Jacopo Sementa da Bologna.2

A mio avviso, potrebbe terminare qui la conduzione dell’impresa da parte di Lo-renzo. Dalla sesta campata, infatti, non sono rintracciabili suoi interventi ed escono di scena sia Raffaellino che Nogari. Il maestro di Reggio, probabilmente, non ha accettato di essere alle dipendenze di un pittore di scarso talento, qual è Mario Sabatini, ma che ha fatto notevoli pressioni per subentrare in qualità di erede nelle imprese paterne.3

Dalla quinta volticella compaiono nuovi pittori, tra i quali il lucchese Girolamo Massei e il bolognese Baldassarre Croce. Al poco conosciuto Massei ho già ricon-dotto sia la Guarigione dell’uomo dalla mano inaridita, sia la Guarigione della figlia di Giairo. In entrambi i dipinti si ravvisa un rigido estratto di elementi manieristici di matrice toscana, riconoscibili anche nelle figure arcaizzanti del catino absidale dei Santi Nereo e Achilleo e nel Cristo davanti a Caifa della navata di Santa Prassede.4 Riguardo a Croce è possibile notare le espressioni lievemente caricaturali della sua fase giovanile nella Vocazione di san Matteo (Fig. 10). Lo conferma il raffronto con un affresco della Biblioteca di Sisto V, in Vaticano, che raffigura la Biblioteca di Ce-sarea di Palestina : è soprattutto evidente il rapporto tra la fisionomia del san Matteo e quella dello scrivano che nel dipinto sistino compare sulla destra.5

La quarta volticella (Fig. 11) – il cui impianto prospettico va probabilmente

1 Cfr. Tommaso Strinati, Pasquale Cati a Santa Maria in Trastevere e un probabile ritratto di Michelangelo, « Studi di Storia dell’Arte », 9, 1998, pp. 115-154, e figg. 1, 33.

2 Cfr. Jacob Hess, op. cit., 1936, fig. 8 ; Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 74-75. Tra le altre ipotesi attributive, la Pulcini argomenta in modo circostanziato l’assegnazione ad Antonio Tempesta della Trasfigurazione, nell’ottava volticella, pp. 76-77.

3 Cfr. Giovanni Baglione, op. cit., ii, pp. 176, 180, 185. Jacob Hess, op. cit., 1936, fig. 8.4 Cfr. Alessandro Zuccari, La politica culturale dell’Oratorio romano nelle imprese artistiche promosse da

Cesare Baronio, « Storia dell’arte », 42, 1981, pp. 171-193, 182, figg. 26, 32, 35, 37-38.5 Cfr. Alessandro Zuccari, op. cit., 1992, p. 87 e tav. xviii ; Idem, Cesare Baronio, le immagini gli artisti,

in La regola e la fama. San Filippo Neri e l’arte, catalogo della mostra di Palazzo Venezia, Milano, 1995, pp. 80-97, 86-87.

Fig. 9.

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ascritto a Mascarino – contempla forse un secondo intervento di Ja-copo Sementa : alla Tempesta seda-ta, posta ai piedi dell’Allegoria di san Matteo, potrebbe alludere Ba-glione nella sua biografia.1 Accanto a quest’ultimo si registra l’inseri-mento di due pittori marchigiani : Giovan Battista Lombardelli, nelle due scene laterali, e Giorgio Picchi, in quella alla testa del riquadro cen-trale. Lo stile di Lombardelli, qui segnato dall’influsso di Raffaellino, sembra caratterizzare l’Incontro di Cristo e la Samaritana, che a tito-lo indicativo si pone in rapporto alle allegorie della Fedeltà, della Speranza, della Vigilanza e della Pazienza, eseguite nel 1583 nella Sala vecchia degli Svizzeri.2 Nella Liberazione del giovane indemoniato (Fig. 12) lo stile sembra invece più vicino ai pacati stilemi di Nicolò Circignani, quelli che riaffiorano in opere successive di Lombardel-li, come la Consegna delle chiavi di San Pietro a Perugia.3

La partecipazione di Giorgio Picchi al ciclo della seconda Loggia gregoriana meriterebbe un discorso più approfondito, soprattutto dopo le nuove acquisizioni documentarie

raggiunte da Massimo Moretti, tuttavia mi limito a segnalare le attribuzioni suggerite per la Guarigione del paralitico e per una scena della terza campata, la Guarigione della suocera di Pietro.4 I caratteri stilistici di quest’ultima consentono di attribuire a Picchi anche i Due angeli con i simboli di Mosè ed Elia, al culmine della prima volticella : basti confrontare la testa stempiata della prima figura angelica con quella del giovane fulvo sul margine destro della Guarigione della suocera di Pietro (Figg. 13-14).

La volta della terza campata, oltre al dipinto di Picchi ora citato, contiene la Pre-dica di Gesù dalla barca, riconducibile a Girolamo Massei, e Le nozze di Cana asse-gnato a Ottaviano Mascarino da Giovanni Baglione.5 Qui Mascarino rivela di aver

1 Cfr. Giovanni Baglione, op. cit., i, p. 17. Un disegno di Massei per la Morte di san Francesco di Paola nel chiostro di Trinità dei Monti è pubblicato in Isabelle Balsamo, op. cit., fig. 7 e p. 33.

2 Cfr. Jacob Hess, Gli affreschi della Sala Vecchia degli Svizzeri al Palazzo Vaticano, « L’Illustrazione Vati-cana », vi, 1935, 13, pp. 713-718, figg. 4-7.

3 Cfr. Giovanna Sapori, Notizie su Giovan Battista Lombardelli, « Storia dell’arte », 38-40, 1980, pp. 277-283, fig. 1.

4 Cfr. Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 90-92 ; Massimo Moretti, Giorgio Picchi da Casteldurante dal vasielaro pittore, tesi di laurea discussa con chi scrive, Università di Roma “La Sapienza”, a. a. 2000-2001; Idem, Giorgio Picchi da Casteldurante (1555-1605), in Nel segno di Barocci. Allievi, seguaci tra Marche, Umbria, Siena, a cura di A. M. Ambrosini e M. Cellini, Milano, 2005, pp. 201, p. 215, n. 14; Idem, Artisti e committenze roveresche nella Casteldurante di Francesco Maria II, in I Della Rovere. Piero della Francesca, Raffaello, Tiziano, a cura di P. dal Poggetto, Milano, 2004, p. 195.

5 Cfr. Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 66-70, 78-79. Per le Nozze di Cana cfr. Jacob Hess, op. cit., 1936, fig. 10.

Fig. 10.

Fig. 11.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 79

maturato un talento da pittore di storia e mostra un avanzamento ri-spetto ai dipinti allegorici esegui-ti nell’Archiginnasio di Bologna. Credo che a lui si debba attribuire anche l’Angelo con i simboli del pro-feta Ezechiele (Fig. 15), che cam-peggia al centro della medesima volticella.

La seconda e penultima campa-ta1 vedrebbe un nuovo intervento di Giorgio Picchi, la Chiamata dei primi discepoli, e uno dello stesso Mascarino : Andrea conduce Pie-tro da Gesù (rispettivamente al di sotto e alla destra dell’Angelo con il simbolo di Giona) ; mentre l’epi-sodio delle Tentazioni di Gesù non sembrerebbe lontano dai modi giovanili di Antonio Tempesta.2

Nella prima volticella,3 confi-nante con la Loggia di Raffaello, si deve forse a Mario Sabatini la Di-sputa di Gesù con i dottori del tempio (alla destra del riquadro centrale) : l’ipotesi attributiva – suggerita dal-la Pulcini – si avvale del raffronto con gli affreschi della sala maggio-re del Palazzo del Commendatore di Santo Spirito.4 La qualità mo-desta del dipinto fa supporre che il figlio di Lorenzo, nel guidare il cantiere, conceda larga autonomia ai pittori più dotati.

Le quattro scene della prima volticella – secondo Baglione – sarebbero ‘formate’ da Marco Marchetti da Faenza : « Fece molte historiette si nella Galleria, come nella loggia di Gregorio XIII, e vi formò le prime quattro, tra le quali è particolarmente la Strage degli Innocenti di sua mano operata ».5 Il confronto tra questo dinamico affresco (Fig. 16) e le restanti due scene della prima campata, la Fuga in Egitto (Fig. 17) e la Predica del Battista, sembra suggerire un qualche scarto stilistico. C’è da chiedersi se ciò è dovuto al noto ‘camaleontismo’ di Marchetti – che muta lo stile a seconda dei soggetti e della committenza – o se invece si tratta di due mani diverse. La seconda ipotesi sembrerebbe confer-mata dal fatto che le altre due storiette si distinguono dal dinamismo della Stra-ge degli Innocenti e rivelano una conduzione più semplificata.6 A complicare le

1 La riproduzione della seconda volticella è in Jacob Hess, op. cit., 1935, p. 1272.2 Tali ipotesi attributive saranno discusse più approfonditamente in altra sede. 3 Per l’immagine della prima volticella cfr. Jacob Hess, op. cit., 1935, p. 1273.4 Cfr. Ilaria Pulcini, op. cit., pp. 62-64 ; si rinvia a questo studio per le scene qui tralasciate.5 Cfr. Giovanni Baglione, op. cit., i, p. 22.6 Una soluzione al problema potrebbe venire dall’ipotesi che la Strage degli Innocenti sia stata solo progettata

da Marchetti e non eseguita di persona.

Fig. 12.

Fig. 13.

alessandro zuccari80

cose è un’altra notizia di Baglione che assegna allo stesso Marchetti sei lunette del chiostro di Trinità dei Monti, decisa-mente più affini alla Predica del Battista e alla Fuga in Egitto che alla Strage degli Innocenti : ad esempio, le fisionomie e i panneggi della Professione religiosa di san Francesco di Paola presentano una con-duzione analoga a quelli dei primi due dipinti (Figg. 17-18).1 Lasciando aperta l’ipotesi di un intervento del faentino nell’esecuzione pittorica, si può sup-porre che egli abbia ‘formato’ le quattro scene solo in fase progettuale.2

Il ruolo di comprimario ricoperto nella seconda Loggia gregoriana da Marco Marchetti (e probabilmente da Ma-scarino) ha ragion d’essere anche per la debole personalità artistica di Mario Sabatini. Quest’ultimo, infatti, potrebbe aver svolto una mansione di tipo am-ministrativo, in qualità di ‘impresario’, più che quella di vero e proprio direttore dei lavori.3 Forse è questo uno dei motivi che, attorno al 1578, determina un

1 La Balsamo propone di risolvere il problema dell’intervento di Marco Marchetti nel chiostro di Trinità dei Monti ipotizzando che egli abbia lasciato gran parte della commissione a lui affidata « à l’élève plus jeune, Giovan Battista Lombardelli ». Cfr. Isabelle Balsamo, op. cit., pp. 31-32. D’altro verso Moretti assegna a Pic-chi le lunette già riferite a Marchetti e due disegni, ora ricondotti al durantino, confermerebbero la sua attività nel medesimo chiostro. Cfr. Massimo Moretti, Giorgio Picchi..., cit., p. 200; Denis Morganti, Disegni di Giorgio Picchi nella collezione Ubaldini della Biblioteca Comunae di Urbania, in La “libraria” di Francesco Maria II Della Rovere a Casteldurante, Urbino, Quattro Venti, pp. 133-141.

2 Queste osservazioni costituiscono solo una traccia per il chiarimento delle varie presenze nella seconda Loggia gregoriana. Va ancora approfondita la stretta relazione di questo ciclo con le lunette del chiostro di Tri-nità dei Monti : anch’esse attendono uno studio aggiornato al loro recente restauro.

3 Una conduzione analoga può aver avuto il cantiere pittorico delle Sale di Paramenti, per il quale Mario Sa-batini percepì i compensi tra il 9 novembre 1576 e il 21 dicembre 1577. Rinviando per questo ciclo all’intervento di Alessandra Rodolfo, Le sale dei Paramenti in Vaticano : documenti e iconografia, si ricorda che Raffaellino ebbe un ruolo di un certo peso, realizzando disegni per dipinti non eseguiti in prima persona. Sulla base di elementi più circostanziati si potrà chiarire se Motta abbia davvero lasciato il cantiere della seconda Loggia gregoriana e se lo abbia fatto per dedicarsi a quello delle Sale dei Paramenti.

Fig. 14. Fig. 15.

Fig. 16.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 81

1 Sulle Sale dei Foconi cfr. Il contributo di Guido Cornini, Anna Maria De Strobel, Maria Serlupi Crescenzi, in Il Palazzo Apostolico Vaticano, cit., pp. 155-156.

2 Cfr. Rhoda Eitel-Porter, Cesare Nebbia and the Vatican. ‘The Sale dei Foconi’, « Apollo », novembre 1995, pp. 19-24, figg. 7-8.

3 Il disegno preparatorio per questa scena è pubblicato ivi, fig. 5.4 Cfr. Alessandro Zuccari, Ideazione..., cit., 2005, p. 6. 5 Cfr. Antonio Pinelli, Il programma iconografico della volta, in Lucio Gambi, Antonio Pinelli, op. cit.,

pp. 207-222, 214-215, figg. 2-9 ; Rhoda Eitel-Porter, 1995, op. cit., pp. 19-20, figg. 1-2.

cambiamento nei ruoli direttivi di alcuni cantieri pittorici di Gregorio XIII. Non a caso, le decorazioni della prima e della seconda Sala dei Foconi, almeno a livello di ideazione, sono condotte da un nuovo responsabile : l’orvietano Ce-sare Nebbia, allievo e fedele collaboratore di Girolamo Muziano.1 Nella prima Sala dei Foconi, infatti, i cinque episodi relativi alla vita di Gregorio Magno sono eseguiti (da diversi frescanti) su progetti grafici di Nebbia : lo ha dimostrato Rhoda Eitel-Porter pubblicando alcuni disegni preparatori di evidente cifra nebbiesca. Tra questi, uno studio del Musée des Beaux-Arts di Bruxelles per la scena che rappre-senta San Gregorio mette in fuga i demoni mentre consacra la chiesa di Sant’Agata, e un altro di collezione privata londinese, relativo al San Gregorio distribuisce il pane ai poveri durante la carestia.2 Va osservato che nel secondo caso si registrano delle va-rianti sia nel fondale architettonico sia nelle figure della zona di destra : può trattarsi di semplici adattamenti formali, ma non è escluso che tali cambiamenti derivino da una richiesta avanzata dall’estensore del piano iconografico.

La medesima distinzione di competenze tra chi progetta le immagini e coloro che ne curano l’esecuzione a fresco è registrabile nella seconda Sala dei Foconi. Tutta-via, è possibile che Nebbia abbia realizzato in prima persona anche qualche dipinto. Ne fornisce un possibile indizio la scena che raffigura I romani scoprono san Gregorio nel suo nascondiglio al momento della sua elezione al pontificato (Fig. 19), che nel fon-dere il cromatismo di Muziano ai modi di Federico Zuccari si approssima allo stile del pittore orvietano.3

Nelle Sale dei Foconi, dunque, Cesare Nebbia sembra assumere il ruolo di pro-gettista dei soggetti di storia. È il procedimento messo in atto su larga scala tra il 1580 e il 1581 per un ciclo ben più vasto, quello che orna la volta della Galleria delle Carte geografiche ; ciclo che costituisce, a mio avviso, il modello organizzativo e procedurale dei cantieri pittorici commissionati da Sisto V.4

Sono stati finora identificati tredici disegni preparatori per questa impresa de-corativa, otto dei quali pubblicati da Antonio Pinelli e due da Rhoda Eitel-Porter.5 Mi soffermo soltanto su quelli relativi ad uno dei riquadri laterali : L’imperatore Co-stantino fonda la basilica di San Pietro. Uno studio preliminare per questo sogget-

Fig. 17. Fig. 18.

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1 Cfr. ivi, p. 20, fig. 2. Tale dipinto è collocato nella porzione iniziale della volta della galleria : cfr. Antonio Pinelli, op. cit., tav. 198.

2 Cfr. ivi, p. 214, fig. 2. Il progetto definitivo è nel disegno n° 5134 del Louvre.3 Non è possibile in questa sede affrontare la questione relativa all’intervento dei programmatori iconografici

nel corso della fase progettuale. Oltre alla puntuale osservazione di Pinelli (pp. 214-215) circa le differenze tra il disegno e il dipinto con San Martino di Tour e l’imperatore Massimo, si vedano alcuni spunti sui cantieri pittorici di Sisto V in Alessandro Zuccari, 1992, op. cit., passim ; Idem, 1585, 1590. I Giubilei di Sisto V, in Arte a Roma. Pittura, scultura, architettura nella storia dei Giubilei, a cura di Maurizio Calvesi, con la collaborazione di Lorenzo Canova, Milano 1999, pp. 104-113, 112-113 ; Idem, La Roma di Orazio Gentileschi, in Orazio e Artemisia Gentileschi, catalogo della mostra di Roma-New York- Saint Louis, a cura di Keith Christiansen, Judith W. Mann, Milano, 2001, pp. 39-47, 39-40 e fig. 30, 2003, op. cit.

4 Inv. n° MA 434 ; mm. 445 x 1066. In basso a destra c’è un’antica numerazione ‘117’ ; in alto c’è la traccia di una scritta purtroppo illeggibile.

Ringrazio la dott.ssa Hélène Lorblanchet, Conservateur du Musée Atger, per la disponibilità mostratami nel corso del mio sopralluogo.

5 Dessins du Musée Atger conservés à la Bibliotéque de la Faculté de Médecine de Montpellier. lvie exposition du Cabinet des Dessins, Musée du Louvre 25 octobre 1974-20 janvier 1975, Paris 1974, pp. 34-35, tav. xxvi, scheda n. 55, con bibliografia precedente.

6 Il secondo riquadro della parete (« vano fra una finestra e l’altra ») prevede una larghezza di 23 palmi ; dei ri-quadri mistilinei della volta, riportati in modo impreciso nel catalogo della mostra del 1974, è indicata la misura in palmi (da sinistra) : 18⅓ x 13½ ; 3 x 7 ; 16 x 11½ ; 4½ x 7 ; 18½ x 10½.

Un palmo romano corrisponde a cm. 22, 34, pertanto larghezza di una specchiatura dovrebbe essere di cm. 514 circa : nei 23 palmi sono probabilmente inclusi anche gli spessori laterali della cornice, perché le carte geo-grafiche tra le finestre sono larghe cm. 425. Cfr. Lucio Gambi, Antonio Pinelli, op. cit., p. 11.

to – rintracciato dalla Eitel-Porter nella Biblioteca degli Intronati di Siena1 – pre-senta in termini più essenziali la stessa scena del progetto definitivo.2 L’esistenza di due diversi studi per un unico dipin-to offre una conferma della cura dedicata all’elaborazione delle varie immagini e un indizio sulla probabile verifica delle composizioni da parte di un dotto consi-gliere del papa, preposto a sorvegliare la loro corretta formulazione.3

Grande interesse riveste un altro di-segno, conservato al Musée Atger di Montpellier, che potrebbe corrispondere ad una prima e differente ipotesi per la decorazione della Galleria delle Carte ge-ografiche.4 Si tratta di un grande foglio (Fig. 20) (Figg. 21-22 particolari) che reca sulla sinistra un’antica attribuzione : « Perin del Vague fecit/ pour la Galerie du Palais Vatican ». Ma un’altra scritta sul margine inferiore, che è stata ricondotta alla mano di Mariette, dichiara :

«Disegno per la volta della galleria del Palazzo Vaticano, fatta fare da Gregorio XIII, fatto da Gio. Battista, della Marca».

Tale attribuzione al Lombardelli è stata riproposta nel catalogo della mostra di disegni del Musée Atger tenutasi al Louvre nel 1974-1975.5

Le vaste proporzioni dell’ambiente, indicate anche dalle misure annotate in calce, non possono di certo corrispondere a quelle della cosiddetta Galleriola, attigua alle Sale dei Paramenti.6 Potrebbe, invece, trattarsi della Galleria delle Carte geografi-che o di una simile struttura, che prende luce da finestre rettangolari, ritmicamente

Fig. 19.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 83

Fig. 20.

Fig. 21.

Fig. 22.

collocate nell’unica parete visibile.1 Non è riportata la completa estensione dell’am-biente ; tuttavia, dall’indicazione apposta sulla destra del foglio – « finestra del me-

1 Nel progetto è descritta parzialmente una sola delle due pareti maggiori, ma nulla conduce ad escludere una piena corrispondenza strutturale e ornamentale della parete opposta.

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1 Ringrazio Antonio Pinelli per avermi segnalato il documento reperito dalla Battisti.

dio » – si evince che il progetto riguarda una porzione dell’apparato ornamentale relativo al lato di sinistra. Lo stemma di Gregorio XIII, che campeggia in un otta-gono con il drago Boncompagni, scioglie ogni dubbio sulla datazione del progetto al pontificato gregoriano e rende possibile una diretta committenza di quel papa. Alcune parti del disegno (il medesimo stemma e le figure di ignudi che sorreggono i festoni all’imposta della volta) sono connotate da un forte chiaroscuro : la marcata ombreggiatura intende certamente evidenziare gli elementi a rilievo da realizzare in stucco.

All’interno della ricca trama decorativa sono riconoscibili tre busti virili, incorni-ciati da raffinate edicole di forma composita : da sinistra, una figura di re, un uomo dal copricapo piumato e un giovane con turbante coronato. A una prima osserva-zione questi ‘ritratti’ sembrano corrispondere a personaggi biblici, come Davide, Giosuè e Salomone, ma si chiarirà in seguito che si tratta di ‘uomini illustri’ che hanno esercitato un ruolo nella promozione della cultura.

Alternati alle edicole contenenti i tre busti, compaiono altrettanti riquadri di mi-nori dimensioni : nel primo è disegnato, tra due file di colonne, un papa genuflesso e orante (Gregorio Magno o Gregorio XIII) ; nel secondo, una levatrice che lava un bambino appena nato, è riproposta un’iconografia tipica della natività di Maria o del Battista (la nascita di Ugo Boncompagni ?) ; nel terzo campeggia un drago venerato da due figure in ginocchio (araldica allusione a Gregorio XIII). Quest’ultimo moti-vo è presentato in altri termini ai lati del ‘papa in preghiera’ (qui il drago è sostituito da un serpente) e della scena di ‘nascita’. Una profusione di girali classicheggianti e di grottesche, di cariatidi e di putti, di conchiglie e di vegetali, di cartelle e di cor-nici mistilinee, ricolmano gli spazi ripartiti da elementi geometrici dall’andamento ortogonale.

Alcuni chiarimenti circa la destinazione di questo progetto decorativo sono of-ferti da una lettera, rintracciata da Simona Battisti nel fondo Boncompagni della Biblioteca Vaticana, che risale agli anni di Gregorio XIII.1 L’anonimo estensore

Fig. 23.

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 85

1 Lettera riportata in Simona Battisti, L’Italia sacra di Gregorio XIII. La volta della Galleria delle Carte geografiche in Vaticano, tesi di laurea discussa con Claudia Cieri Via all’Università di Roma “La Sapienza”, a. a. 1993-1994, pp. 227-229. Desidero ringraziare Simona Battisti per avermi consentito di pubblicare uno stralcio del documento da lei rintracciato.

2 Sulla rappresentazione delle ‘gesta’ di papa Boncompagni ed altre interessanti notizie sugli ispiratori dei programmi figurativi gregoriani cfr. Eadem, Gregorio XIII e la Galleria delle Carte geografiche in Vaticano : nuovi spunti, « Ricerche di Storia dell’arte », 70, 1999, pp. 70-80, 76-80.

soffermandosi sulla « meravigliosa Fabrica della nuova Galleria », da poco terminata, propone che questa venga utilizzata come biblioteca. Il fatto che preveda « una libre-ria sotto la galleria » potrebbe far pensare che si tratti di un ambiente sottostante la Galleria delle Carte geografiche ; tuttavia, l’esame del testo permette di chiarire che il termine ‘galleria’ sta ad indicare la volta a botte che ricopre la struttura architetto-nica : lo spazio di quest’ultima, infatti, è definito ‘corridore’ e per citare l’insieme si usa ‘Galleria’ con l’iniziale maiuscola. Dopo aver suggerito le modalità di conserva-zione dei manoscritti e dei libri a stampa, distinti per materie, l’estensore accenna a una decorazione adatta a quell’uso :

Potrebbesi ne gli spatij, che sono nel muro sopra gli armarij, et le scaffé [scansie] dipinger per ordine tutti i Dottori celebri, et che nella volta si mostrassero anco in pittura gli istitutori di tutte l’Academie famose et di tutte le librerie, che sono state raccolte da diverse parti del mondo.1

Queste informazioni sembrano in sostanza collimare con quelle fornite dal disegno di Montpellier : le più rilevanti tra le immagini progettate per la volta rappresen-tano tre ‘uomini illustri’, facilmente identificabili con i « Dottori celebri » o con gli « istitutori » di famose accademie e biblioteche. Anche i richiami al papa committente possono adattarsi senza difficoltà ad un programma teso alla celebrazione dei pro-motori di grandi istituzioni culturali.2 Forse non è casuale nemmeno la convergenza riscontrabile tra la sommarietà delle indicazioni iconografiche della lettera e la ri-dotta esemplificazione dei soggetti nel progetto grafico : probabilmente l’ideatore ha dovuto lasciare vuoti i riquadri più ampi per mancanza di indicazioni. È verosimile, infatti, che il disegno sia stato eseguito per valutare una possibile soluzione orna-

Fig. 24.

alessandro zuccari86

1 È noto che la Biblioteca di Sisto V è ornata da vari cicli figurativi dedicati alle imprese di papa Peretti, alle biblioteche dell’antichità, ai concili ecumenici e agli ideatori degli alfabeti.

2 La rapidità della pubblicazione non mi ha consentito di compiere un’accurata verifica dei disegni certi di Lombardelli, per confermare la paternità del disegno di Montpellier.

3 Inv. nn. 335/ 8 (40) e 335/ 8 (41) ; in. 9½ x 16⅝. Ho esaminato alla Witt Library di Londra le riproduzioni fotografiche dei due disegni, ma non gli originali. Il foglio è stato esposto nel 1964 al Courtauld Institute di Londra : la scheda n. 33 del catalogo assegna i due studi a scuola romana del tempo di Gregorio XIII, senza chiarirne la destinazione, e riporta solo tre delle numerose scritte che vi sono apposte : « G. XIII P.M : », « oro » e « stuco ».

4 Non è possibile pronunciarsi in merito all’attribuzione sulla base delle sole fotografie. Interessanti informa-zioni sui soggetti previsti saranno offerte dalla lettura delle varie scritte tracciate nel primo studio.

5 Va verificata l’eventuale relazione tra la ‘libreria’ prevista nella galleria gregoriana e la nuova Biblioteca Sistina ; tuttavia, si può constatare che, ancora una volta, Sisto V ha messo in atto un progetto già formulato nel pontificato precedente.

6 Alessandro Zuccari, “Rhetorica Christiana” e pittura : il cardinal Rusticucci e gli interventi di Cesare

mentale in un momento in cui si stava decidendo l’utilizzo del grandioso ambiente ; in tal caso, si tratterebbe di un foglio di studio più che di un vero e proprio progetto realizzato sulla scorta di un dettagliato piano figurativo.

Nessun elemento, per ora, induce a supporre che le grandi specchiature delle pareti fossero già destinate alle carte geografiche : considerando il tema proposto dall’anonimo estensore e i soggetti presenti nel disegno, non è impossibile che si pensasse di collocare in quegli spazi delle rappresentazioni simili a quelle poi dipin-te nel salone della nuova biblioteca realizzata da Sisto V.1

In attesa di nuovi dati in proposito si può osservare che il disegno di Montpellier non sembra appartenere né a Muziano né a Nebbia, rispettivamente impresario e progettista incaricati di ornare la volta della Galleria delle Carte geografiche. L’as-segnazione a Lombardelli – meritevole di una più circostanziata conferma – può indicare l’utilizzo provvisorio di un valente pittore, già presente nei cantieri grego-riani, senza che fosse formalizzato a suo favore l’incarico della futura decorazione.2

Al progetto grafico di Montpellier è possibile collegare due disegni della Colle-zione di Anthony Blunt (figg. 21-22).3 Si tratta di proposte, tracciate in modo som-mario sulle facce di uno stesso foglio, per una decorazione di analogo tenore : una di esse contiene l’arma di papa Boncompagni e l’iscrizione « G. XIII P.M. », l’altra presenta uno stemma pontificio privo di indicazioni araldiche, ma reca sul margine un’antica scritta : « Raffaellino del Reggio (Gregorio XIII) ».4

A questi dati va correlata la stretta parentela dei due schizzi con il progetto at-tribuito a Lombardelli. Il primo sembra essere uno studio preliminare, dedicato soprattutto a diverse ipotesi di “edicole” contenenti gli uomini illustri. Il secondo articola meglio l’impianto generale dell’ornamento e rivela maggiori affinità con il disegno di Montpellier : coincidono, infatti, la posizione dei busti virili in cor-rispondenza dei vani delle finestre, le figure di ignudi che sostengono i festoni alla base della volta e alcuni riquadri mistilinei della fascia di centro. È possibile che quest’ultimo sia l’abbozzo poi tradotto in forma più compiuta per essere presentato al vaglio del papa o di un suo fiduciario.

Restano da chiarire vari aspetti di questa prima ipotesi di decorazione della gran-de galleria, tuttavia, gli elementi raccolti permettono di conoscere un progetto gre-goriano finora rimasto in ombra. Tale progetto riveste un certo interesse non solo perché getta nuova luce sulla genesi dell’apparato ornamentale (e sulle proposte di utilizzo) della Galleria delle Carte geografiche, ma anche per il peso che può aver avuto nelle scelte compiute da Sisto V e dai suoi consiglieri nella realizzazione della nuova biblioteca.5

Per concludere, vorrei soffermarmi su due studi preparatori – da me recentemen-te pubblicati – relativi al Trionfo della fede sugli idoli pagani, il riquadro centrale della volta della Sala di Costantino in Vaticano.6 Quest’affresco, forse il più celebre

progetti nei cantieri pittorici di gregorio xiii 87

Nebbia, Tommaso Laureti e Baldassarre Croce nel presbiterio di S. Susanna, « Storia dell’arte », 107 (n.s. 7), 2004, pp. 37-80, 45-46, figg. 17-19.

1 Cfr. la rilettura congiunta dei due testi in ibidem.2 Memorie sulle pitture et fabriche [di Gregorio XIII] in Ludwig von Pastor, op. cit., p. 918.3 Le considerazioni fin qui proposte sulle procedure adottate nei cantieri gregoriani non sono di certo esau-

stive : forse hanno aperto più interrogativi di quanti ne abbiano risolti ; tuttavia, allo stato attuale degli studi, credo che i dati e le ipotesi avanzate possano offrire un’utile pista di ricerca.

di Tommaso Laureti, fu eseguito subito dopo l’elezione di Sisto V, nella seconda metà del 1585 : è noto che papa Peretti impose al pittore dei limiti al completamento di un’impresa decorativa la cui esecuzione, in gran parte avvenuta durante il ponti-ficato gregoriano, fu da lui giudicata troppo lenta e dispendiosa. Tali vicende sono ricostruibili attraverso le informazioni fornite dalle Memorie sulle pitture et fabriche di Gregorio XIII e dalla biografia che Baglione dedica a Laureti.1

Una coppia di disegni, conservati a Stoccolma, presenta due ipotesi affini per il dipinto della Sala di Costantino. Il foglio di sinistra contiene una metà del progetto esecutivo corrispondente al fondale architettonico proposto nell’affresco ; quello di destra mostra la metà restante dell’immagine, formulata però in modo più ricco e articolato : tali elementi inducono a riconoscervi una fase avanzata, ma incompleta, del progetto elaborato per Gregorio XIII. Come ho chiarito in altra sede, nel foglio di destra si registrano, infatti, sia le tracce di figure (riguardanti la distruzione de-gli idoli pagani per ordine di Costantino) poi eliminate per volontà di Sisto V, sia l’accurata rifinitura delle parti architettoniche che Laureti avrebbe « con maggiore studio condotte » e che « fu forzato ad abbreviare ».

La fretta del nuovo committente, probabilmente congiunta a intenti di chiarezza espressiva, obbligarono il pittore a semplificare l’immagine nel modo in cui appare nell’altra prova grafica e nella sua traduzione a fresco. Pertanto, il Trionfo della fede sugli idoli pagani, non può essere considerato una caratteristica creazione dell’età di Sisto V – come più volte si è sostenuto – ma il frutto di un compromesso che indica, in modo significativo, il passaggio tra l’età gregoriana e quella sistina.

È evidente che Felice Peretti abbia voluto riformulare in chiave simbolica il sog-getto ‘storico’ scelto da Ugo Boncompagni : accettandone l’impianto architettonico (« una prospettiva di un tempio »), preferì a una scena « adorna di figure » la più scarna rappresentazione di « un altare con un crocifisso, e per terra una statua di Mercu-rio fracassata ».2 Se è vero che i due soggetti « significano la medesima intenzione », le modalità rappresentative risultano divergenti. In definitiva, il medesimo tema è stato letto in un’ottica differente.

Sisto V, meno interessato di Gregorio XIII alle risultanze estetiche delle imprese decorative, rielaborò in chiave eminentemente didattica le scelte formali adottate dal predecessore e, soprattutto, seppe raccogliere l’eredità organizzativa e procedu-rale messa a punto in alcuni cantieri collettivi di quel pontificato. Va riconosciuto, infatti, che la rapidità esecutiva dei cicli pittorici sistini – costantemente ribadita sia dalla fonti sia dagli studi più recenti – non sarebbe stata possibile senza le premesse solidamente poste da papa Boncompagni.3


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