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Questioni di fiduciarietà: la tesaurizzazione del nummo e le riforme monetarie del bronzo da...

Date post: 19-Nov-2023
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NUMISMATICA PATAVINA (12) Collana diretta da Giovanni Gorini
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NUMISMATICA PATAVINA(12)

Collana diretta da Giovanni Gorini

I RITROVAMENTI MONETALIE I PROCESSI STORICO-ECONOMICI NEL MONDO ANTICO

a cura diMichele Asolati Giovanni Gorini

Questo volume è stato pubblicato con il contributo del MIUR (Fondi 40%) 2008-2012 nell’ambito del progetto “I ritrovamenti monetali come strumento di conoscenza e di

verifica dei fenomeni di rafforzamento e rivalutazione della moneta antica e medievale”, coordinato dal prof. Giovanni Gorini

In copertina: disegni di Silvia Tinazzo

© 2012 by Esedra editrice s.r.l.via Palestro, 8 - 35138 PadovaTel e fax 049/723602e-mail: [email protected]

SOMMARIO

Premessa 7

Peter van AlfenXenophon Poroi 3.2 and Athenian “owls” in Aegean-Near Eastern long distance trade 11

Catharine C. LorberEgyptian hoards relating to the abandonment of the Attic standard by Ptolemy I 33

Selene PsomaRoyal bronze coinages versus civic bronze coinages. The tale of two stories for Greek history 49

Giovanni GoriniRipostigli e multipli della moneta corrente in Grecia 65

Mariusz MielczarekOn the coin circulation and coin hoards in Greek Nikonion 79

Giuseppe SarcinelliAnalisi delle dinamiche di contatto tra poleis greche ed ethne indigeni nell’area della Siritide attraverso lo studio dei rinvenimenti monetali 87

Rosa VitalePresenza monetaria e contesti archeologici a Pompei: l’età sannitica 119

Francisca Chaves TristánPlata, guerra y sociedad: Iberia, finales del siglo III a.C.-inicios II a.C. 151

Marina Taliercio MensitieriRitrovamenti monetali, contesti archeologici, processi storici e socio-economici nel comprensorio vesuviano: il caso di Oplontis 191

Adriano Savio, Stefania MarsuraNuove considerazioni sulla circolazione della monetazione alessandrina extra Aegyptum 217

Cristina CrisafulliLa riforma di Aureliano e la successiva circolazione monetale in Italia 255

Michele AsolatiQuestioni di fiduciarietà: la tesaurizzazione del nummo e le riforme monetarie del bronzo da Anastasio a Giustiniano I 283

Andrea Gariboldi Un ripostiglio di monete dei Bukharkhudat da Sandžar-šach (Tagikistan) 327

Aleksander BurscheRecording ancient coin finds in Poland: current status 347

Michele Asolati

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE DEL BRONZO DA ANASTASIO A GIUSTINIANO I

Questo contributo nasce come naturale prosecuzione di quello sviluppato da chi scrive per il Convegno su I ritrovamenti monetali e la legge di Gresham del 20051, poiché estende l’analisi della tesaurizzazione del bronzo, in special modo del nummo, alle fasi finali del V e alla prima metà del VI secolo d.C. nel Mediterraneo centro-orientale.

Come già nel corso del V sec. d.C., anche in queste frazioni cronologiche più recen-ti la presenza di gruzzoli di nummi rimane uno dei fattori più evidenti nell’uso della moneta enea e della moneta in generale.

Prima di addentrarci nella discussione sembra opportuno ritornare sul termine nummus e su quale moneta del sistema tardo romano e bizantino potesse essere identi-ficata con esso. Ovviamente certezze non sussistono se non nei riguardi delle monete bizantine con segno di valore A emesse da Giustino I e da Giustiniano I2. L’ipotesi più comune è che in esso si possa riconoscere il cosiddetto AE43, ma non sfugge come in questa interpretazione vi sia una larga componente di arbitrarietà, sottolineata in varie sedi4 e dovuta essenzialmente dall’estrema variabilità del peso dell’AE4 nel corso del V secolo, in particolare della prima metà5. Tuttavia, è certamente significativo, o per lo meno non casuale, che la lettura integrata delle due fonti del periodo riguardanti esplicitamente il valore del solido in bronzo o in unità di conto che fanno riferimento al bronzo (CTh, XI, 21, 26 del 396 d.C. e Novella XVI di Valentiniano III7 del 445 d.C.) diano come risultato un peso pari allo scrupolo che grosso modo corrisponde a quello dell’AE4 delle stesse fasi cronologiche8; in secondo luogo, non si può non notare come nelle fonti, in particolare giuridiche, si cominci ad affermare l’uso di questo termine per individuare un specifica unità di conto a partire dall’ultimo quarto del IV secolo ossia in concomitanza con l’attuazione di un mutamento del sistema monetario eneo

1 Asolati 2006.2 Cfr. infra, note 84-93 e testo corrispondente.3 Per questa identificazione cfr. innanzi tutto Grierson 1954, p. 70; Grierson 1959, p. 77; Grierson

1961, pp. 431-432. Per altri studiosi schieratisi in favore di tale ipotesi rinviamo a Carlà 2009, pp. 437-439 e alla bibliografia ivi citata.

4 Cfr. per esempio Reece 1975, p. 304. V. anche la bibliografia segnalata alla nota seguente.5 RIC, X, p. 18; Carlà 2009, pp. 437-438.6 «Impp. Arcadius et Honorius aa. Hilario. Aeris pretia, quae a provincialibus postulantur, ita exigi vo-

lumus, ut pro viginti quinque libris aeris solidus a possessore reddatur. Dat. V kal. ian. Mediolano Arcadio IIII et Honorio III aa. conss».

7 «Quo praecepto etiam illud in perpetuum volumus contineri, ne umquam intra septem milia num-morum solidus distrahatur emptus a collectario septem milibus ducentis». In questo caso il prezzo di 7000 nummi va inteso come un prezzo di favore accordato ai collectarii.

8 Adelson, Kustas 1960, pp. 150-155; Adelson, Kustas 1962, pp. 25-27; Adelson, Kustas 1964, p. 171; MacIsaac 1972, pp. 61-62; Callu 1978, pp. 123-124; RIC, IX, pp. xxxi-xxxii; RIC, X, p. 18; Delmaire 1983, p. 172; Reece 2003, p. 308.

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che comporta l’adozione dell’AE4 del peso di uno scrupolo circa9. D’altra parte la pur estrema variabilità ponderale dell’AE4 nel corso della prima metà del V secolo espri-me comunque una tendenza inequivocabile che mantiene la più piccola tra le monete di bronzo allora coniate al di sotto di g 1,30. Se è corretto ammettere che anche la moneta di bronzo delle fasi finali del IV e poi del V secolo ebbe un corso fiduciario10, è inevitabile ritenere che lo scrupolo, inteso quale standard di riferimento del nummo, sia il limite ponderale massimo per tale nominale11. Come dimostrano analisi archeo-metriche svolte nel passato12 e ancora di recente13, parte del peso dell’AE4 è costituito da stagno (soprattutto in Occidente) e da piombo, che talvolta assommano a più del 25/30%14. In questa prospettiva è possibile constatare come il rame non superi mai la soglia di g 1,13, ossia dello scrupolo, per cui se, come è probabile, le fonti giuridiche (in particolare CTh, XI, 21, 2) alludono all’impiego unicamente di questo metallo, po-tremmo ragionevolmente concludere come non vi siano ostacoli sostanziali all’identi-ficazione dell’AE4 con il termine nummus 15. In questa sede, dunque, useremo questi due termini come sinomini.

Tornando a quanto accennavamo sopra, nel corso degli anni ’90 del V secolo, si collocano le riforme del bronzo che creano, nell’Italia ostrogota e quindi nell’Africa vandala e a Bisanzio, nuovi sistemi di nominali in questo metallo16 e che, nella tradizio-

9 Carlà 2007, pp. 185-186.10 In tal senso Adelson, Kustas 1962, p. 29; Arslan 1998a, p. 408.11 Carlà 2009, p. 439.12 Cfr. RIC, X, pp. 19-22 con bibliografia precedente.13 Asolati 2012, pp. 223-225, Tabella 8.14 L’uso di questi metalli unitamente al rame sembrerebbe essere stato funzionale a necessità tecnico-

produttive (v. Canovaro et alii 2011 e Canovaro et alii c.s.) più che dettato dalla volontà di manifestare la sopravvalutazione del nummo, come prospettato in Morrisson 1996, p. 192, nota 27.

15 Si vedano comunque le riserve giustificabili espresse in Carlà 2007, pp. 185-186 e Carlà 2009, pp. 439-441.

16 Non vi è accordo in letteratura sulla datazione delle serie ostrogote e vandale multiple del nummo e sulla priorità cronologica delle une o delle altre. Gli unici elementi relativamente sicuri sono la data-zione ad quem dell’emissione da 40 nummi a nome di Zenone, certamente collocabile entro il 491 d.C., e il fatto che le monete anonime ostrogote e vandale precedano la riforma di Anastasio del 498 d.C. Quanto alla cronologia dei bronzi di Zenone la critica è divisa tra coloro che sostengono una datazione al 489-491 d.C. (Kent 1959, p. 97; Kent 1971, pp. 72-74; Kent 1990, p. 508; Metcalf D.M. 1969, pp. 8-9; LRBC, p. 44; PCR, III, n. 1643; Hendy 1985, pp. 488-489; Hendy 1995, p. 158; Arslan 1989b, p. 23; Gorini 1992, p. 217; RIC, X, pp. 218-219) e coloro che al contrario propendono per il 477 d.C. (Kraus 1928, pp. 60-62, n. 11; Grierson 1961, pp. 432-433; MEC, 1, pp. 31-32; Hahn 1986, p. 177; Hahn 1988, p. 355; Grierson, Mays 1992, pp. 186-187; Clover 1991, pp. 122-125). Chiaramente nel primo caso si trat-terebbe di un’emissione ostrogota, mentre nel secondo sarebbe stata coniata da Odoacre. Di recente in termini completamente differenti si è espresso Michael Matzke, ritenendo che l’emissione difficilmente potrebbe anticipare di molto le riforme di Anastasio del 498 o del 512 d.C. e ipotizzando che il riferimen-to a Zenone espresso al dritto potrebbe essere stato un richiamo anacronistico all’imperatore dal quale Teodorico aveva avuto mandato di portare la guerra ad Odoacre: Matzke 2011, p. 215. Questa idea è supportata dall’affermazione che «metrologicamente e tipologicamente questo follis» di Zenone «sta tra i folles pesanti con invicta roma e il follis di Teodato». Per quanto tale ipotesi sia suggestiva, nel complesso le argomentazioni addotte non ci sembrano convincenti: cfr. Asolati 2012, p. 66, nota 97. Quanto alle serie vandale le opinioni divergono molto: Wroth 1911, propone una datazione post 439 per il tipo guerriero/protome equina e l’età di Unerico (477-484 d.C.) per il tipo Tyche di Cartagine/segno di valore; MIB, I colloca nelle fasi finali del regno vandalo entrambe le serie: ascrive a Ilderico (523-530 d.C.) la seconda, basando la propria attribuzione anche sulla corrispondenza del tipo con i rovesci sugli argenti di questa

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ne degli studi sull’argomento, sono considerate come un rafforzamento della moneta-zione bronzea, destinata in questa nuova forma a soppiantare il nummo17.

Tuttavia, se osserviamo gli sviluppi della produzione monetaria enea e della circo-lazione dei nominali bronzei grosso modo nel mezzo secolo successivo a queste tra-sformazioni, possiamo constatare come di fatto l’introduzione dei nuovi nominali non comporti affatto l’abolizione del nummo18 e come effettivamente e in maniera piutto-sto sorprendente la tesaurizzazione del bronzo continui a concentrarsi in larghissima misura su tale numerario.

Dunque, se nel V secolo erano essenzialmente ragioni di ordine fiscale a stimolare l’accaparramento del nummo, essendo improbabile che questo entrasse in competi-zione con il solido, per il periodo connesso con queste riforme e per i decenni a queste successivi tali circostanze sembrerebbero indurre a ipotizzare che fossero intervenute condizioni che avrebbero potuto innescare la legge di Gresham.

Scendendo nel dettaglio, è stata presa in considerazione la documentazione relativa ai ripostigli bronzei il cui interramento si possa ragionevolmente datare tra l’ultimo de-cennio del V secolo e le riforme di Giustiniano I del 538-542 d.C., le quali segnarono il mutamento più marcato nella produzione del bronzo bizantino dopo il nuovo ordina-mento imposto da Anastasio. Inoltre abbiamo esteso l’indagine per confronto anche ai ventenni precedente e successivo a questi termini cronologici, comprendendo i nuclei nascosti tra l’età di Leone I (470 d.C. circa) e la morte di Giustiniano I (565 d.C.).

Il quadro che possiamo proporre relativamente ai gruzzoli di nummi è illustrato nella Tabella finale, dove sono elencati ben 150 esempi: peraltro va considerato come da questo computo siano stati esclusi vari altri gruzzoli composti da nummi, a causa delle datazioni d’interramento proposte dagli editori19, dei dubbi su alcune compo-nenti, della scarsità di dati sull’esatta data di chiusura20.

La grande maggioranza dei nuclei individuati possono definirsi certamente come ripostigli, ma non pochi casi vanno interpretati dubitativamente o certamente in modo

autorità, e assegna la prima a Gelimero (530-533 d.C.); questa ipotesi, però, prevede che l’emissione dei bronzi alto-imperiali contromarcati XLII e LXXXIII sia vandala e vada collocata prima del 523, eventua-lità quest’ultima che sembra oramai assai improbabile (cfr. Asolati 2012, pp. 113-132). Hendy 1995, p. 158 data le “silique” con l’indicazione dell’anno IIII e V (cfr. Clover 1986, pp. 2-3 e figg. 3a-b) all’epoca di Guntamundo e dunque al 480-481 e al 481-482 d.C.: nelle stesse circostanze pone anche la prima serie di bronzi anonimi che con quelle monete d’argento condividono il tipo della Tyche di Cartagine.

17 Cfr. Grierson 1982, pp. 59-61; Gorini 1989, p. 171.18 Cfr. infra, note 79 e 106.19 Per esempio si veda il gruzzolo di Sardi C, il cui nascondimento è stato fissati agli inizi del VII sec.

d.C., pur essendo l’ultima moneta databile ad Anastasio: Bates 1971, p. 151; Trésors 2006, n. 294.20 Si vedano i ripostigli Kalenderhane Camii, Hoard F e I, ciascuno con 7 nummi (per entrambi cfr.

Hendy 2007, p. 272), Megalopolis, con 50 nummi (Trésors 2006, n. 162), Agrosykia, con 654 nummi (Tré-sors 2006, n. 85), Paleochori, con diverse centinaia di minimi (Trésors 2006, n. 172), Samiko, con 8985 minimi (Trésors 2006, n. 185), Tebe 1994 I, con 36 minimi illeggibili probabilmente di VI secolo (Trésors 2006, n. 201), Tebe 1994 II, con 14 minimi illeggibili probabilmente di VI secolo (Trésors 2006, n. 202), Tebe 1994 III, con 5 minimi illeggibili probabilmente di VI secolo e un bronzetto greco (?) (Trésors 2006, n. 203). Analoghe considerazioni per i gruzzoli di Sardi P, Sardi Q, rispettivamente con 5 e 25 monete di bronzo (Bates 1971, p. 153), e Beyrut Hoard 8 e Hoard 11, rispettivamente con 6 e 122 (Butcher 2003, pp. 286-289), perché di fatto illeggibili e dunque difficilmente databili (comunque composti da monete piccole). I gruzzoli di Érsekújvar, con 74 nummi (RIC, X, p. cxl), e di Plumbuiţa, 33 nummi, 1 M e 1 I (Trésors 2006, n. 360), sono esclusi perché fuori dai confini imperiali.

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differente, essendo per esempio evidente il loro impiego come depositi funerari, come nei casi di Albano Laziale o di Messene, oppure come depositi di fondazione, come nel caso delle monete del deposito della Casa dei Capitelli Ionici di Hierapolis21. In parti-colare il grosso nucleo di monete della sinagoga di Cafarnao, la cui data di chiusura è ancora dibattuta22, è inteso in modo alquanto diverso a seconda dei commentatori23.

Ad ogni modo, si tratta comunque di cumuli di piccole monete di bronzo, che solo raramente comprendono anche altri nominali di valore superiore al nummo: nella maggior parte dei casi tali monete differenti sono pezzi da 4 nummi vandali24 o da 5 nummi bizantini25 che per modulo e peso potevano essere confusi con nummi di V sec., presenti in quantità in questi ripostigli. Più raramente si tratta di valori superio-ri. Un caso risulta del tutto anomalo perché comprende, oltre ai nummi, numerose monete auree: si tratta del tesoretto di Sessa Aurunca, databile attorno alla metà del VI sec. d.C.

La distribuzione cronologica, certamente approssimativa, è sintetizzata nello sche-ma seguente suddiviso per probabili date d’interramento:

interramento 470 480 490 500 510 520 530 540 550/560

n. ripostigli 17 6 17 31 2 10 4 3 60

I maggiori addensamenti si hanno tra 490 e 500 d.C. e attorno a/poco dopo la metà del VI secolo. Geograficamente, la distribuzione, pur non essendo del tutto omoge-nea, abbraccia gran parte delle aree del Mediterraneo centro-orientale.

Considerando le testimonianze relative ai gruzzoli di monete bronzee di valore supe-

21 Nel 2002 lo scrivente e Cristina Crisafulli avevano catalogato questo materiale, proponendo tale interpretazione alla responsabile dello scavo, la prof.ssa Annapaola Zaccaria Ruggiu: cfr. Asolati 2003a, part. p. 30, nota 17. In seguito la nostra interpretazione è stata ripresa da chi ha effettivamente pubblicato le schede delle monete: Camilleri 2010, pp. 58-61.

22 Cfr. infra, nota 166.23 Cfr. Callegher 2007, pp. 54-56 e da ultimo Arslan 2011.24 Per quanto concerne l’ambito italiano cfr. Tabella 1, nn. 7 (Cagliari), 9 (Sassari I), 20 (Castro dei

Volsci), 21 (Cuma-Antro della Sibilla), 24 (Monte Roduni) e 26 (Sessa Aurunca). Altri esempi del genere si contano anche al di fuori della nostra penisola: si vedano a tal proposito il gruzzolo cosiddetto Egitto 6, contenente ca. 1300 nummi di tipo non determinato e un esemplare da quattro nummi vandalo (RIC, X, p. cxxxix), e il ripostiglio di provenienza incerta (Libano o Siria) comprendente nummi e pentanummi fino a Giustino I ed un esemplare vandalo anonimo del tipo N / IIII (Tabella 1, n. 122).

25 Si vedono a questo proposito i ripostigli di Megara (Tabella 1, n. 82), Cipro (Tabella 1, n. 123) e Leptis Magna (Tabella 1, n. 149): il primo contiene nummi romani imperiali da Teodosio II a Zenone, bizantini di Anastasio e di Giustiniano I, minimi vandali, nonché un pentanummo di Giustino I; il secon-do comprende 240 nummi e 2 pentanumi di Giustino II/Giustiniano I; il terzo, infine, oltre a nummi teodosiani o imitativi, comprende bronzi di Leone, Zenone, Anastasio e Giustiniano I e due pentanummi di Anastasio. Cfr. anche il gruzzolo di Thasos (Tabella 1, n. 66), costituito da 59 monete di cui 56 nummi e due pentanummi rispettivamente di Anastasio e di Giustino I, e quello di Patrasso, Odeon 1938 (Tabel-la 1, n. 85), con 11984 monete in maggioranza nummi di V-VI secolo e pentanummi di Giustiniano I. Il fenomeno continua anche più tardi: cfr. per esempio il ripostiglio di Corinto 1965 (Trésors 2006, n. 144) che contiene nummi fino a Giustiniano I unitamente a un pentanummo di autorità non determinata e a un decanummo di Giustino II della zecca di Nicomedia (MIBE, II, n. 48) che fissa la data d’interramento verso il 565/566 d.C.

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riore al nummo, si nota, al contrario, una certa disomogeneità prima di tutto in termini cronologici, con l’individuazione di una data che fa da spartiacque tra due fasi: il 538 d.C. in cui si colloca la riforma di Giustiniano I che porta a ca. 22 grammi il peso del follis.

Prima di questo termine di fatto i ripostigli di questo tipo sono estremamente rari. Va precisato che un numero piuttosto consistente di gruzzoli termina con emissioni precedenti, chiudendo comunque con emissioni degli anni ’30 del VI secolo, e si loca-lizza geograficamente in ambito balcanico. Si tratta dei ripostigli di:

Petrochori 1997 (Trésors 2006, n. 6a) con 51 folles da Anastasio a Giustiniano I, l’ultimo di poco ante-riore alla riforma del 538 d.C. (MIB 131)Pomorie 1980 (Trésors 2006, n. 39) con 1 follis di Anastasio e 5 folles di Giustiniano I, l’ultimo di poco anteriore alla riforma del 538 d.C. (MIB 85)Osenovo (Trésors 2006, n. 48) con 9 folles, di cui 2 di Anastasio e 7 di Giustiniano I, emessi al più tardi nel 532Zlatni Piasaci (Trésors 2006, n. 62) con 24 AE di valore superiore al nummo, di cui 5 di Anastasio, 8 di Giustino I e 11 di Giustiniano I, gli ultimi databili al 532-537 (DOC 28d)Simitli I 1936 (Trésors 2006, n. 96) con 5 folles di Giustiniano I datati entro la riforma del 538 (MIB 85 e 131)Oreše 1953 (Trésors 2006, n. 109) con 50+ folles e mezzi folles da Anastasio a Giustiniano I, gli ultimi datati al 537/538 (MIB 85)Pernik (Trésors 2006, n. 224) con 7 folles di Giustino ISadovik 1946 (Trésors 2006, n. 226) con 5 folles di Giustiniano I, l’ultimo del ca. 537/538Prahovo (Trésors 2006, n. 237) con 602 folles e mezzi folles da Anastasio a Giustiniano I, gli ultimi anteriori alla riforma del 538Sekulica A 1966 (Trésors 2006, n. 256) con 217+ AE da Anastasio a Giustiniano I, l’ultimo databile prima della riforma del 538.

Tutti questi sono stati messi in relazione con le invasioni della Penisola balcanica da parte della popolazione dei Cutriguri avvenuta tra il 539 e il 540 d.C.26, assieme ai ripostigli di bronzi multipli del nummo contenenti esemplari databili dopo il 538 d.C. di Radingrad (Trésors 2006, n. 53) e Gjegjovë 1987 (Trésors 2006, n. 208a) e ad altri tesori di monete auree bizantine. Va osservato come sia impossibile stabilire quanti di questi siano stati effettivamente accumulati e interrati strettamente a causa delle incursioni e se vi siano tra questi gruzzoli nascosti per motivi differenti e mai recupe-rati a causa delle incursioni, ma d’altro canto va evidenziato come l’insieme di questi ripostigli definisca un fenomeno assolutamente regionale che non ha confronti in altre aree dell’impero, per cui è ragionevole pensare che la larga maggioranza di essi sia effettivamente il sintomo di quella particolare serie di eventi: queste circostanze permetterebbero di datarne l’interramento in un momento successivo al nuovo asset-to monetario di Giustiniano I.

Un caso simile negli effetti, ma differente nelle premesse è quello relativo ai gruz-zoli rinvenuti negli scavi di Beirut. Almeno tre, conosciuti con differenti gradi di det-taglio, terminano con emissioni di Anastasio anteriori al 512 d.C.: Beirut 627, Beirut 728 e Beirut con più di 60 folles di Anastasio29; assimilabile a questi ultimi per data di

26 Trésors 2006, p. 161.27 Butcher 2003, pp. 283-286.28 Butcher 2003, p. 286.29 Nöske 2005, p. 315 e nota 8; cfr. Butcher 2003, p. 283.

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chiusura è un numero imprecisato di altri ripostigli enei30, mentre il tesoretto di Beirut 199431 finisce con emissioni databili al 527-538 d.C. La circolazione monetaria locale, però, dimostra la forte presenza proprio di folles anastasiani di modulo piccolo, men-tre evidenzia la portata scarsa delle monete successive al 512 d. C. Tale situazione, che si ripete anche in altri siti dell’area32, ha fatto ritenere che queste monete, a fronte di uno scarso approvvigionamento di monete successive, siano rimaste lungamente presenti sul mercato locale e che quei ripostigli vadano connessi con il terremoto che investì Berytus nel 551 d.C.33.

Se escludiamo i gruzzoli sin qui enumerati, dunque, precederebbero la riforma giustinianea del 538 d.C. solo i ripostigli di:

Sarepta, Sarafand (Libano) con 223 folles e mezzi folles di Anastasio ante 512 d.C.34

Pernik 1979 (Trésors 2006, n. 223) con 5 monete di Anastasio (ca. 520 d.C.)Rakovski 1950 (Trésors 2006, n. 30) con 10 monete di bronzo, l’ultima di Giustino I (ca. 525 d.C.)Sofia 1929 (Trésors 2006, n. 227) con 20 monete di Anastasio e Giustino I (ca. 525 d.C.)Alişar (Cappadocia) 1930 (Trésors 2006, n. 337) con 3 folles di Giustino I (ca. 525 d.C.)Pella (Sheedy et alii 2001, p. 156, Hoard 4) con 5 folles e un mezzo folles di Giustino I e Giustiniano I (ante 538).

Peraltro, per quelli di Sarepta e di Pella potrebbero valere le stesse considerazioni espresse riguardo a quelli di Beirut, mentre, d’altro canto, a questa breve lista potrem-mo assommare il gruzzolo di Cudalbi 1931, situabile però nel Barbaricum (Trésors 2006, n. 351), con 28 tra folles, mezzi folles e pentanummi di Giustiniano I: anche questo comunque sarebbe stato interrato tra il 527 e il 533 d.C.

Aggiungiamo che nelle aree controllate prima dai Vandali e quindi dai Bizantini non sono documentati ripostigli bronzei composti da nominali superiori al num-mo. Analogamente nelle regioni europee sotto il controllo del regno ostrogoto e quindi dell’impero orientale, si segnalano unicamente gruzzoli di nummi, con qualche intrusione di altri nominali di valore poco superiore, fatta eccezione per il gruzzolo di Pisa, Piazza dei Cavalieri, contenente venticinque pezzi da 10 nummi di Vitige35.

In modo piuttosto differente si configura il quadro che possiamo delineare dopo il 538 d.C. e fino alla morte di Giustiniano I, che rappresenta il limite cronologico che in precedenza ci siamo posti. In questa frazione i tesoretti di monete enee mul-tiple del nummo si fanno più frequenti36, ma ancora una volta i gruzzoli di nummi rappresentano, in termini strettamente numerici, una quota notevole, specie nella fase attorno alla metà del VI secolo. Oltre ai ripostigli di Beirut già menzionati e ai gruzzoli balcanici su ricordati, interrati in seguito alla calata dei Cutriguri del

30 Butcher 2003, p. 283.31 Nöske 2005. Qui peraltro si sagnala a p. 318 anche il ripostiglio di Djebel Rassa (cfr. anche Nöske

2000, pp. 630-631), sulla cui data di chiusura però (538?) non si è certi.32 Per esempio a Cafarnao: cfr. Callegher 2007.33 Butcher 2003, pp. 105, 115-116. Cfr. anche Nöske 2005.34 Nöske 2000, pp. 530-531: l’unico ripostiglio entro il 538 segnalato in questo volume che oltre

all’Egitto si occupa anche dell’Oriente in genere: Siria, Libano, Palestina.35 Repertorio 2005, n. 7770.36 Cfr. Callegher 2006, part. p. 141, tab. 3.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 289

539/540 d.C., possiamo ricordare altri 29 casi composti essenzialmente da monete di valore superiore al nummo, databili tra il 544 e il 56537.

Grnčar (Trésors 2006, n. 253) 89 M + 1 tre AV verso 544Klinonac (Trésors 2006, n. 254) 22 M + 1 K verso 544Suva Reka (Trésors 2006, n. 258) 39 M + 1 K + verso 539/540 o 544Dobra (Trésors 2006, n. 261) 17 M + 2 K verso 544Constanţa 1929 (Trésors 2006, n. 66) 100 M + 25 K +1 I + 4 Є + 1 B + + 252 n verso 546/547Goce Delčev (Trésors 2006, n. 5) 5 M + 2 K verso 548Blageovgrad 1890 (Trésors 2006, n. 87) 44 M + 11 IS verso 548Katunci 1949 (Trésors 2006, n. 92) 40 M + 3 IS verso 548Osikovo (Trésors 2006, n. 236) 84 M verso 548Godiačevo 1974 (Trésors 2006, n. 89) 24 M verso 548/549Černomorec 1973 (Trésors 2006, n. 35) 5 M verso 550Smoljan 1971 (Trésors 2006, n. 31) 14 M + verso 550-551Selce 1929 (Trésors 2006, n. 110) 210 M + 3 K verso 551Garmen 1985 (Trésors 2006, n. 220) 5 M verso 554Pavelsko 1971-1972 (Trésors 2006, n. 29) 5 M verso 558-559Rjahovec 1984 (Trésors 2006, n. 54) 8 M verso 558/559Zelenigrad 1997 (Trésors 2006, n. 231) 82 M + 10 K + 1 IS + verso 558/559Malo Golubinje (Trésors 2006, n. 235) 3 M verso 558/559Tyana38 7 M + 1 K verso 559/560Adam Zagliveriou (Trésors 2006, n. 84) 34 IS + 1 I ante 562Beozia 1993 (Trésors 2006, n. 113) 64 IS + 2 H + 79 n.i. ante 562Atene 1969 (Trésors 2006, n. 134) 8 IS + ante 562Teteven (Trésors 2006, n. 250) 8 M + 32 AE? post 563Carinčin Grad F 1976 (Trésors 2006, n. 212) 2 M + 3 K verso 563/564Niš 1959 (Trésors 2006, n. 222) 3 M + 4 K + 3 IS + 1 I verso 563/564Carea (Torbatov 2002-2003) 3 M + 2 K + 27 I + 4 Є verso 563/564Čiovo (Marović 1986) 58 K + 53 I + 57 n.i. + verso 563-564Kaštel Stari (Mirnik 1975) 22 K verso 563-564 (?)Barovo (Trésors 2006, n. 252) 22 M + 1 IS + 2 n.i. verso 556-565

Va ricordato che queste valutazioni, specie per quanto concerne il numero di ri-postigli di nominali superiori al nummo, sono effettuate in base a recenti lavori di

37 In questo elenco non sono compresi ripostigli la cui moneta più tarda si può datare genericamente al 527-565 d.C.: cfr. Trésors 2006, nn. 12, 13, 16, 18, 28, 32, 33, 49, 58, 78, 88, 97, 108, 164, 219; v. inoltre i gruzzoli di Kalenderhane Camii, Hoard L e O: Hendy 2007, p. 273; si aggiungano anche un ripostiglio da Cartagine, con più di 50 nummi i più tardi dei quali illeggibili (Reece, Hurst 1994, p. 259, Hoard 6), e uno di Butrinto 5364/3136a-l (Moorhead 2007, p. 300) con 12 esemplari di cui certamente almeno un follis di Giustiniano I del 541-542 d.C., che dà la data di chiusura del gruzzolo, ma senza dettagli sulle altre monete.

38 Rinvenuto nel 2008 nell’ambito dell’US 8170, durante gli scavi condotti dalla Missione Archeologi-ca Italiana dell’Università degli Studi di Padova presso l’antico centro della Cappadocia, esso è composto nel modo seguente: Giustino I, 20 nummi, 518-527 d.C., zecca di Constantinopolis (cfr. MIBE, I, p. 97, n. 18); Giustiniano I, 40 nummi, zecca di Constantinopolis: 541-542 d.C. (MIBE, I, p. 129, n. 40, anno 15, Γ), 542-543 d.C. (MIBE, I, p. 129, anno 16, Є), 543-544 d.C. (MIBE, I, p. 129, n. 40, anno 17, B); zecca di Nicomedia, 544-545 d.C. (MIBE, I, p. 136, n. 113a, anno 18, A); zecca di Cyzicus, 545-546 d.C. (MIBE, I, p. 139, n. 120a, anno 17, B); zecca di Antiochia, 547-548 d.C. (MIBE, I, p. 146, n. 145a, anno 21, Γ), 559-560 d.C. (MIBE, I, p. 148, n. 147a, anno 33, Γ). Il materiale numismatico raccolto a Tyana è in corso di studio da parte dello scrivente e di Cristina Crisafulli. Un sentito ringraziamento va espresso a Guido Rosada, Direttore della Missione Archeologica presso l’antico centro della Cappadocia, per aver consentito di segnalare il gruzzolo in questa sede.

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sintesi che concernono, però, esclusivamente alcune aree del Mediterraneo39, per cui probabilmente una parte dei dati ci sfugge, perché editi in sedi di non facile accesso o perché non ancora editi in maniera completa40.

Ad ogni modo, i dati disponibili esprimono alcune tendenze assai indicative ai fini della nostra indagine. Innanzi tutto, come detto, è evidente una netta sproporzione nella distribuzione dei gruzzoli di monete superiori al nummo: se entro il quaranten-nio precedente il 538 d.C. possiamo collocare quattro esempi, o al più sei o forse dieci (considerando quelli di Beirut), nel trentennio successivo a questa data vanno colloca-ti 42 casi, o forse 46 (considerando quelli di Beirut), con una sproporzione superiore a 1:7 tra prima e dopo. È a nostro giudizio assai significativo che in aree fortemente ca-ratterizzate da tesaurizzazione enea nel corso del V e del VI secolo d.C., come l’Italia e la Grecia, di fatto siano assenti i gruzzoli di monete enee di valore superiore al nummo prima di quel momento. Nel quadro generale della tesaurizzazione del bronzo tra la fine del V e gli anni ’60 del VI secolo, dunque, il 538 d.C. ha certamente un significato particolare la cui relazione con la riforma del bronzo di Giustiniano I non può che es-sere evidente. In secondo luogo, un’ulteriore tendenza emerge piuttosto chiaramen-te, grazie anche alla sintesi prospettata nel Diagramma 1: questo illustra l’andamento delle tesaurizzazione bronzea nel Mediterraneo tra la fine del V secolo e il 565 d.C., indicando da un lato il numero di gruzzoli composti da nummi o da nominali multipli e dall’altro il loro valore in nummi. Ebbene il nummo rimane protagonista sulla scena bizantina ben dopo il 538: se è netto il calo del numero dei ripostigli di nummi e degli esemplari in essi contenuti dopo quest’ultimo termine, attorno alla metà del secolo questi due valori tornano a salire in modo straordinario, superando abbondantemen-te in valore il livello della tesaurizzazione bronzea attuata per mezzo dei multipli.

Anzi si può notare come il nummo continui a essere accumulato, spesso assieme ad altri nominali bronzei, anche dopo l’età giustinianea e fino alla fine del VI secolo e oltre, sebbene in quantità che si fanno via via meno marcate: in particolare tra l’età di Giustino II e di Tiberio II possiamo collocare numerosi gruzzoli composti da ampie quote di nummi cui si assommano quantità variabili di nominali superiori, localizzabili principalmente in Grecia41 e in ambito balcanico42, ma presenti anche a Roma43 e a Cartagine44.

Se questa tendenza rimane visibile nei Balcani almeno fino agli anni ’80 del VI se-colo, nel caso specifico di Bisanzio è documentata fino alla metà del VII secolo circa45.

39 Morrisson 1980; Morrisson 2001; Deloum 1990; Duncan 1993; RIC, X; Nöske 2000; Nöske 2005; Suntagma 2002; Callegher 2006; Trésors 2006.

40 Cfr. per esempio, Butcher 2003, p. 283, che indica la presenza di altri gruzzoli di bronzi bizantini non ancora studiati dagli scavi di Beirut.

41 Cfr. in particolare Touratsoglou 2010, pp. 40-41, tab. II, con bibliografia precedente.42 Trésors 2006, n. 6 (Nicopolis ad Nestum).43 Cfr. Molinari 2002; Molinari 2004. Al ripostiglio romano pubblicato in questi contributi, possia-

mo aggiungere il gruzzolo dalla tomba 103 della catacomba di San Senatore di Albano Laziale (Marto-relli 1992), il quale contiene nummi e pentanummi fino a Giustino II, e quello dal Basso Lazio (Picozzi 1972), che, oltre a tre tremissi, 60 frazioni argentee e 189 pentanummi, comprende anche quattro num-mi di Giustiniano I e Baduila.

44 Reece, Hurst 1994, p. 258, Hoard 3.45 Hendy 2007, p. 274, Hoards P, Q, T.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 291

Inoltre, secondo i contesti archeologici indagati a Sardi46 e alcune evidenze dagli scavi di Hierapolis47, se ne può osservare la persistenza almeno fino agli inizi del VII in Asia Minore; ancora più recenti sono le testimonianze in Palestina, per esempio nel depo-sito del Tunnel of the Spring a Ḥorvat ‘Eleq della metà del VII secolo48, e a Cartagine49, dove nummi di V secolo sono tesaurizzati ancora all’epoca di Costante II (642-668 d.C.).

Diagramma 1. Distribuzione dei ripostigli di nummi e di multipli di nummo tra l’età di Anastasio e l’età di Giustiniano I: oltre al numero di gruzzoli sono espresse valutazioni sul numero presunto di nummi (in migliaia di pezzi), considerando nei ripostigli di nummi le monete prive di indicazioni di valore e quelle con segno A come equivalenti a una unità, compresi gli esemplari di III e di IV-V sec. (non sono considerati i nominali bronzei di valore superiore al nummo); per i gruzzoli di multipli la valutazione in nummi è formulata tenendo conto del valore facciale delle singole monete contenute. I dati riguardanti i gruzzoli dell’età di Zenone sono stati inseriti unicamente per fornire un termine di paragone con la fase precedente la riforma de Anastasio del 498 d.C.

Uno degli esiti più interessanti dell’analisi sin qui condotta implica che negli ambiti in cui si diede vita a riforme monetarie volte alla creazione di un sistema di multipli del nummo, grosso modo nel corso dell’ultimo decennio del V secolo d.C., la tesau-rizzazione bronzea si espresse proprio attraverso il nummo in modo prevalente, se non esclusivo, per lo meno per i primi quarant’anni successivi, e anche più a lungo nell’Africa vandala e poi bizantina e in Italia. L’interesse all’accaparramento del num-

46 Bates 1971, pp. 151-155.47 Camilleri 2010, pp. 61-63: deposito da una tomba della necropoli settentrionale.48 Barkay 2000.49 Reece, Hurst 1994, pp. 258-259, Hoard 2, Hoard 4 e 5.

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mo piuttosto che di altre forme di monetazione enea, certamente più facili da maneg-giare e in apparenza più chiaramente garantite dal valore facciale apposto, è un evi-dente indicatore di una differente considerazione di questo nominale rispetto ai suoi multipli almeno fino al 538 d.C.: la rilevanza di questo fenomeno è talmente ampia da avere implicite conseguenze sulla riflessione circa la natura dei nuovi ordinamenti monetari che coinvolgono il bronzo in questo periodo, offrendo spunti interessanti per discriminare tra qualità fiduciaria oppure metallica degli stessi.

È opinione prevalente che le riforme della moneta bronzea della fine del V secolo e dei primi decenni di quello successivo fossero fondate sul valore metallico dei nuovi nominali in rapporto alla valuta aurea, in particolar modo di quello da 40 nummi. Tale impostazione ha impegnato alcuni studiosi nel tentativo di creare complessi sistemi di conto e rapporti di cambio su base metallica tra monetazione aurea e monetazione bronzea, differenziati a seconda del variare nel tempo del peso del follis50, i quali tutta-via risultano ricostruiti unicamente su basi deduttive51. L’eventualità di un passaggio da una monetazione enea puramente nominale a una puramente metallica nel 512 d.C., in corrispondenza della seconda riforma di Anastasio, è stata sviluppata traendo spunto da queste ultime riflessioni52, ma anch’essa manca di prove documentarie pur trattan-dosi di una trasformazione che avrebbe avuto delle enormi conseguenze sui detentori di monete bronzee, oppure sullo Stato nell’irrealistica eventualità che si fosse assunto l’onere di un cambio alla pari tra vecchi nominali sopravvalutati e nuovi di valore pieno.

La possibilità appena illustrata, comunque, è alla base delle ipotesi ricostruttive for-mulate recentemente da Zuckermann che ripercorre lo svolgimento di questi eventi con nuove argomentazioni, definendo un quadro differente delle riforme che avreb-bero interessato la moneta di bronzo bizantina dopo il 498 d.C.53. L’Autore, che pren-de in considerazione il periodo tra quest’ultima data e il 565, presume che «1 sol. vaut 16 livres de cuivre monnayé»54 e che questo valore rimanga stabile in tutto il periodo. Nel 512 Anastasio avrebbe riportato la moneta di bronzo al valore metallico, secondo un’equivalenza 1 solido = 288 folles, determinatasi di fatto nella seconda metà del V secolo55, che si sarebbe poi mantenuta sostanzialmente invariata per lo meno fino alla morte di Giustiniano I; le variazioni intercorse tra 538 e 550 sarebbero state causate, oltre che da eventi contingenti, come la peste del 542 che avrebbe influenzato l’ag-giustamento del peso del follis in quell’anno, da un abbassamento del valore dell’oro,

50 Cfr. MIB, I, pp. 19-27.51 In tal senso cfr. Morelli 1994, p. 492.52 Per la natura fiduciaria della prima riforma di Anastasio propende Hahn in MIBE, I, pp. 14-15 che

ritiene il follis posteriore alla riforma del 512 di valore pieno rispetto al solido.53 Zuckermann 2004, pp. 79-85.54 Zuckermann 2004, p. 84.55 Adelson Kustas 1962, p. 30; Morrisson 1989, p. 241; Zuckermann 2004, pp. 62-63. Questa inter-

pretazione basata sull’equazione 7200 nummi : 25 lb AE = 288 andrebbe d’accordo con una delle inter-pretazioni della tariffa di Abydos secondo la quale un keration d’AV equivarrebbe a 12 folles, per cui un solido corrisponderebbe a 288 folles (Callu 1982; cfr. anche Zuckermann 2004, pp. 82-84). La datazione del documento e l’identificazione del follis citato nel testo sono però soggette a interpretazioni molto differenti (cfr. MIB, III, pp. 36-39; Morrisson 1989, p. 245 con bibliografia precedente; Carlà 2009, pp. 340-346 e 401 con bibliografia precedente), per cui si è preferito in questa sede escludere tale fonte dalla discussione sul valore del follis.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 293

documentato anche dal noto passo di Procopio (Historia Arcana, 25, 11-12)56 che ricor-da il variare del valore del solido da 216 a 18057 folles presumibilmente nel 538 d.C.58. Peraltro con questi ultimi valori Procopio non avrebbe fatto riferimento «à la valeur nominale (“faciale”) du solidus» ma al «valeur nette au change» in folles con una de-trazione del 25%, per cui quei valori sarebbero corrisposti rispettivamente a 288 e a 240 folles59: dunque, queste due ultime indicazioni sono utilizzate da Zuckerman per elaborare lo schema dello sviluppo della monetazione bronzea in riferimento al solido tra le date indicate. Ancora secondo questa ricostruzione, la ratio 1 solido:20 libbre AE espressa in CJ, XI, 29, 1 andrebbe intesa come riferibile al cambio del solido contro «cuivre brut» e si applicherebbe «au cuivre non réformé qui continue à circuler mas-sivement, notamment en Egypt, encore dans les années 520»60.

Anche questo impianto però, malgrado l’interesse suscitato61, lascia numerose que-stioni irrisolte e presenta alcune contraddizioni che lo rendono in definitiva poco credibile62.

56 «Ἃ δὲ καὶ ἐς τὰ κέρματα τοῖς βασιλεῦσιν εἴργασται, οὔ μοι παριτέον οἴομαι εἶναι. τῶν γὰρ ἀργυραμοιβῶν πρότερον δέκα καὶ διακοσίους ὀβολοὺς, οὓς φόλλεις καλοῦσιν, ὑπὲρ ἑνὸς στατῆρος χρυσοῦ προΐεσθαι τοῖς ξυμβάλλουσιν εἰωθότων, αὐτοὶ ἐπιτεχνώμενοι κέρδη οἰκεῖα ὀγδοήκοντα καὶ ἑκατὸν μόνους ὑπὲρ τοῦ στατῆρος δίδοσθαι τοὺς ὀβολοὺς διετάξαντο. ταύτῃ δὲ νομίσματος ἑκάστου χρυσοῦ ἕκτην ἀπέτεμον μοῖραν *** πάντων ἀνθρώπων» (Ritengo di non dover tralasciare anche ciò che fecero i sovrani riguardo alla moneta divisio-nale. Infatti, mentre prima negli scambi i cambiavalute erano soliti dare duecentodieci oboli, detti folles, per un solido d’oro, essi, cercando di procacciarsi un guadagno personale, prescrissero che fossero dati solo centottanta oboli per il solido. E così tagliarono la sesta parte di ciascuna moneta d’oro *** di tutti gli uomini).

57 Sull’interpretazione del passo e i vari emendamenti proposti cfr. infra, note 139-141 e testo corri-spondente.

58 L’Autore data a quest’anno la riduzione stigmatizzata da Procopio, anche se va precisato come ci sia un solo elemento certo per fissarne la datazione, ossia la morte di Teodora (548 d.C.) che rappresen-ta dunque solo un termine ante quem. A tal proposito va aggiunto che non tutti gli studiosi concordano con tale datazione del passo, per la quale personalmente propendiamo: in favore di questa si esprimono Grierson 1959, pp. 78-79 Grierson 1961, p. 438 (in entrambi i casi, però l’Autore propone l’inizio del 539 d.C., comunque in relazione all’introduzione del follis datato); Metcalf D.M. 1960, pp. 215-216; Pankiewicz 1989, p. 99; Callegher 2006, pp. 130-131; Carlà 2009, p. 403. Per un collegamento con la diminuzione del peso del follis del 542 d.C. si schierano MIB, I, p. 25; Pottier 1983, p. 250; Morrisson 1986, p. 115; Morrisson 1989, p. 246; MIBE, I, p. 16; Banaji 2001, p. 68.

59 Zuckermann 2004, p. 81.60 Zuckermann 2004, p. 63.61 Cfr. Callu 2005. Si veda anche Morrisson, Ivanišević 2006, p. 51 che riprende lo schema elabora-

to da Zuckermann per quanto attiene al periodo 512-565 d.C.62 Già la premessa che prevede un’equivalenza solido = 288 folles appare tutt’altro che fondata per

l’età anastasiana e giustinianea: cfr. Carlà 2009, p. 401. Ad ogni modo, se il sistema elaborato da Zucker-mann prevede un cambio fisso del solido per 16 libbre di bronzo monetato, ma le monete prodotte dopo il 512 d.C. sono delle Wertmünzen il cui valore è determinato interamente dal contenuto metallico (pp. 82-84), risulta inspiegabile come due fonti ufficiali, quali CJ, X, 29, 1 e l’Editto XI di Giustiniano I, stabilisse-ro da una lato il prezzo del solido pari a 20 libbre di rame grezzo per lo meno a partire dal 534 d.C. (p. 63) e dall’altro imponessero nel 559 che la moneta di bronzo fosse scambiata a numero (pp. 100 e 112); né è credibile che la costituzione di Giustiniano I si applicasse unicamente alle monete precedenti la riforma di Anastasio (pp. 63, 66), tacendo di questo il testo di legge. In ogni caso sembra cogliersi un uso ambi-guo delle locuzioni “bronzo monetato” e “bronzo grezzo”, dando loro apparentemente significati distinti, ma applicando la prima a un sistema di valore metallico (p. 66). In secondo luogo, non è chiaro perché, nel momento in cui il solido si svaluterebbe nei confronti del bronzo (pp. 66, 83), il numero di libbre di bronzo non diminuisca in proporzione, ma rimanga sempre pari a 16: infatti, le uniche alternative pos-

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Ipotesi precedenti, enunciate nel medesimo segno, erano state proposte a partire dal citato passo di Procopio, giungendo a ricostruire a ritroso una linea evolutiva che, a partire dal peso del follis di Giustiniano I introdotto nel 538, ripercorre le fasi an-tecedenti fino ad Anastasio. In quell’occasione, Giustiniano I diede vita a un nuovo taglio da 40 nummi del peso di g 22. Poiché il follis precedente quella data valeva 1/210 di solido e pesava g 18, si è supposto che il follis della riforma di Anastasio del 498, pesando soltanto g 9, valesse 1/420 del solido, ossia che quest’ultimo si potesse cambiare con 16.800 nummi. Tale ricostruzione parte dalla considerazione di come sia inconcepibile che queste due ultime monete «one double the weight of the other, should have circulated at the same value simply because each bore a mark certifying that it was worth 40 nummi»63. Il raddoppiamento del peso del follis avrebbe compor-tato un dimezzamento del valore nominale delle monete più leggere che in questo modo sarebbero rimaste in circolazione. Tuttavia, se è pienamente condivisibile l’idea che il raddoppiamento del peso impedisse che monete leggere e pesanti potessero circolare con lo stesso valore64 e che i pezzi precedenti il 512 fossero tariffati alla metà dell’indicazione su di essi impressa65, del tutto ipotetica rimane l’eventualità del rad-doppiamento del valore del solido in termini nominali rispetto al follis.

L’approccio fondato sul valore metallico della moneta, peraltro, ha tratto conforto dalle interpretazioni correnti di una delle rare fonti tardo antiche che concernono usi monetari, ossia la seconda delle Tablettes Albertini 66: tali interpretazioni che hanno

sibili in queste circostanze avrebbero comportato la diminuzione del peso del solido, rimanendo fisso il numero di libbre di bronzo, oppure la diminuzione del numero di libbre enee in cambio del solido, ossia semplicemente una diminuzione del numero di folles, però pesanti quanto quelli della fase precedente; in nessun caso si sarebbe reso indispensabile un aumento del peso del follis, come in effetti fu. In terza istanza, se la moneta di bronzo ha valore fiduciario nel 498-512 e 1 solido equivale a 16 libbre, e se poi dal 512 ha valore metallico rimanendo invariato il numero di libbre, dovremmo ammettere implicitamente un apprezzamento del bronzo sul solido che lo stesso Autore non indica e che non sembrerebbe essere documentato. Inoltre, pare poco credibile che nel 538 sia stata realizzata una moneta sottovalutata solo per facilitarne l’accettazione (p. 84): una moneta di bronzo di valore nominale inferiore a quello del metallo contenuto probabilmente sarebbe stata utilizzata effettivamente per il suo valore reale oppure sarebbe stata fusa e rivenduta come metallo grezzo, forse allo stesso Stato emittente. Infine, l’interpre-tazione del passo di Procopio, per quanto suggestiva, appare fin troppo sofisticata e prevede comunque una correzione del testo, mentre, come cercheremo di dimostrare, è possibile un’interpretazione senza alcuna correzione.

63 Grierson 1959, pp. 79-80; Hendy 1985, pp. 477-478. Concorda con questa ipotesi Harl 1996, pp. 178, 192-193 e tav. 8.1 a p. 197.

64 Ricordiamo tuttavia che in età giustinianea differenti standard monetari enei convivevano contem-poraneamente: si pensi allo standard salonitano (1/36 lb) e a quello italico delle fasi avanzate del regno di Giustiniano I in confronto a quello costantinopolitano per le cui evoluzioni rinviamo alla bibliografia citata infra: su questi temi cfr. Callegher c.s. e Callegher, Morrisson c.s.

65 Sembra comunque strano che tale eventualità non abbia generato alcun fenomeno, ufficiale o per iniziativa privata, volto a rendere palese questo cambiamento di valore, come per esempio l’apposizione di contromarche o di contrassegni simili. Va tuttavia notato come proprio sui nominali da 40 nummi del-le serie leggere di Anastasio compaiano con una certa frequenza delle contromarche, le quali però non indicano chiaramente una ritariffazione degli esemplari: si tratta per lo più di crescenti, cerchi, croci o fiori. A tal proposito v. Metcalf D.M. 1969, pp. 91-93. Il fenomeno è stato notato anche in ritrovamenti recenti: Beliën 2005, pp. 314-315.

66 Tablettes Albertini 1952, II, 2b, in particolare dove si testimonia il prezzo di un giovane schiavo ma-schio ceduto in cambio di «auri solidum unum et folles septingentos aureos obbrediacos ponderi plenos

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 295

condotto all’elaborazione di un sistema di conto e monetario in ambiente vandalo ba-sato su una ratio solido:nummo pari a 1:1120067 o 1:1440068 alla fine del V sec. d.C.69. In realtà, non sussistono prove incontrovertibili di sviluppi simili nelle fonti antiche70 e d’altro canto la seconda tavola Albertini è compatibile con una lettura del tutto differente da quelle tradizionali, recentemente elaborata in stretta coerenza con una nuova formulazione del sistema monetario vandalo: secondo tali elementi anche in questo contesto geografico, ancora poco prima della fine del V secolo, sarebbe valsa una ratio solido:nummo pari a quella indicata dalla XIV Novella di Valentiniano III (445 d.C.), ossia di 1:720071.

Tale impostazione generale, comunque, ha spesso comportato anche l’idea che il più piccolo nominale bronzeo del sistema, l’unico a non essere sistematicamente contraddistinto da indicazioni esplicite di valore72, non costituisse l’unità, ma, proprio perché valutato sulla base del rapporto tra valore facciale e peso del follis, rappresen-tasse il multiplo di un nummo ideale, del valore di 2½73, 3 nummi74. Nel medesimo segno, tale approccio ha comportato anche un’ipotetica moltiplicazione dei nominali nell’ambito della monetazione ostrogota, benché in assenza di espliciti segni di valore, con l’inserimento di multipli del nummo che non trovano confronti nella pur variega-

numero unum semis».67 Tablettes Albertini 1952, pp. 204-205; Guey 1965; Morrisson 1976, in particolare pp. 464-467; Mor-

risson 1989, pp. 245-246; Morrisson 2001, p. 152.68 Grierson 1959; Metcalf D.M. 1969, p. 12; MIB, I, p. 24 e MIBE, I, p. 15; MEC, 1, p. 19; Hendy

1985, p. 480.69 Questi valori sono stati visti come strettamente affini a quelli del solido bizantino ipotizzati da Grier-

son in relazione all’entrata in vigore della riforma di Anastasio del 498 d.C.: cfr. supra, nota 63 e testo corrispondente.

70 Un rialzo così consistente del prezzo del solido in nummi non sembra trovare riscontri né nell’an-damento della produzione monetaria occidentale della seconda metà del V sec. d.C., che non evidenzia sviluppi abnormi nell’offerta di moneta di bronzo tale da giustificare una spinta inflazionistica a scapito del nummo, né nello sviluppo dei rapporti di cambio tra oro e bronzo in questo stesso periodo (si vedano da ultimi Banaji 2001, pp. 223-224, tabella 1 e Carlà 2009, pp. 27-28, tabella 1. I due Autori propongono sostanzialmente la stessa documentazione con alcune differenze nella datazione di taluni documenti), né infine nel generale andamento dei prezzi che caratterizza il V secolo e soprattutto le sue fasi finali. Considerando alcuni generi alimentari si può constatare come il loro prezzo nel corso del V secolo non solo rimanga stabile, ma talvolta tenda persino a scendere. In merito a questo punto si rinvia a Ruggini 1995, pp. 360-406 e, in modo particolare, alle sintesi, elaborate in forma di diagrammi alle pp. 365-367, relative ai prezzi in oro del modio di grano, della libbra di caro porcina e dell’anfora di vino comune; si veda inoltre Lo Cascio 1993, p. 182; Lo Cascio 1997, pp. 167, 172, nonché le tabelle elaborate alle pp. 176-177 (le quali ripropongono i dati editi nel precedente articolo alle pp. 183-184) riguardanti i prezzi in oro dell’artaba di grano, dell’artaba di orzo e del keramion di vino; Depeyrot 2005, p. 213. Cfr. inoltre Foraboschi 1999, p. 199 in merito all’abbassamento del prezzo in talenti del sestario di olio nel V sec. rispetto alle fasi finali del IV. L’impressione di una sostanziale stabilità dei prezzi dei principali beni di consumo durante il V sec. d. C. si coglie anche in Pankiewicz 1989, pp. 105-106.

71 Asolati 2012, pp. 147-172.72 Uniche eccezioni in tal senso sono le emissioni giustinianee prodotte a Cartagine e a Thessalonica

che recano il numerale A al rovescio: cfr. MIBE, I, nn. 179, 192-193.73 MIB, I, p. 24; MIBE, I, pp. 14-15, 18 (in quest’ultimo lavoro, però, la questione è stemperata nel

catalogo con l’uso diffuso del temine minimus); Arslan 1983; Arslan 1989a, p. 42.74 Arslan 2001; Arslan 2011, p. 373. Peraltro, nel primo di tali lavori, quest’Autore teorizza l’esi-

stenza anche di un nummo effettivo di Teodorico, con monogramma, formulando considerazioni sullo standard ponderale basate su esemplari da scavo.

MICHELE ASOLATI296

ta produzione bizantina della prima metà del VI secolo75. Considerate nel complesso le ipotesi ricostruttive “bullioniste”, oltre a delineare li-

nee di sviluppo assai più complesse di quanto le fonti documentarie effettivamente te-stimonino e a prospettare problematiche estensioni dei sistemi monetari noti, poten-zialmente moltiplicabili in relazione alle necessità interpretative, sembrerebbero non essere del tutto plausibili in relazione alle modalità di accaparramento della moneta di bronzo dal 498, o per lo meno dal 512, fino al 538 d.C. La preferenza accordata a un taglio specifico rispetto agli altri risulta di difficile spiegazione in un regime monetario in cui tutti i nominali disponibili conserverebbero un valore metallico proporzionale a quello nominale, pur considerando possibili differenze nella disponibilità dei tagli stessi. Anche in questa eventualità, peraltro, la moneta di bronzo di valore più basso (si consideri come nummo, 2½ o 3 nummi) sembra essere stata molto più presente su tutti i mercati di quanto non lo fossero i tagli intermedi (I e Є/V) e talvolta, si vedano i casi vandalo e ostrogoto, anche dei tagli superiori (M/XL, K/XX): la percezione del suo valore ne avrebbe dovuto risentire al ribasso più di qualunque altro nominale co-niato. Non si può escludere comunque che, stante la vischiosità dei fenomeni moneta-ri, questo andamento potesse derivare almeno in parte dalla consuetudine di ricorrere al nummo per scopi fiscali, come probabilmente era stato nel periodo precedente all’introduzione dei tagli multipli76, ma questa possibilità, se può essere valutata favo-revolmente per i primi decenni dopo la riforma di Anastasio, sembra poco verisimile molto dopo il 512 d.C. quando la disponibilità del follis, per lo meno a Bisanzio, dove-va essere notevole e basata su uno standard ponderale destinato a una lunga stabilità.

In altre parole, l’evidenza materiale sembrerebbe indirizzarci in una direzione dif-ferente, nel senso di un’interpretazione “nominalista”. In questo contesto sembra as-sai plausibile ricorrere all’ipotesi di un differente grado di sopravvalutazione dei nomi-nali maggiori, e in particolare del follis, in paragone al nummo e dunque concludere che le riforme del bronzo su ricordate abbiano dato vita a sistemi monetari bronzei di valore fiduciario, con articolazioni differenti nel tempo e nello spazio, ma tutti in qualche misura impostati su una unità monetata bronzea non sopravvalutata o meno sopravvalutata dei multipli ad essa connessi: il nummo.

Questa eventualità, a nostro giudizio, è confermata dall’imposizione stessa del se-gno di valore su tutti i multipli, la quale, in relazione soprattutto alle fasi iniziali di queste nuove esperienze monetarie, è di per sé l’evidente indicazione di una valutazio-ne fiduciaria di questi nominali. Alcuni studiosi si sono espressi strettamente in questi termini77, mentre altri si sono schierati a favore della natura fiduciaria delle riforme di

75 Arslan 1988, pp. 235-236; Arslan 1989a, p. 36. Cfr. anche Arslan 2011, p. 374: del tutto superflua è l’affermazione che chiude la nota 79 di questa pagina, riferita a una «apodittica confutazione» di tale ipotesi che avremmo formulato in Asolati 2008, p. 535, nota 42: in quella nostra nota, infatti, non era in discussione la natura del nominale ostrogoto quanto la proclamata, ma di fatto non perseguita, “neutra-lità” dell’Autore rispetto alle fonti nel riportare le notizie in Repertorio 2005.

76 Asolati 2006.77 Per il sistema bizantino cfr. Morrisson 1979, p. 615; Carlà 2009, pp. 336-338. Chiaramente a favore

della natura fiduciaria delle riforme di Anastasio anche Pottier 1983, pp. 228-230; Pankiewicz 1989, p. 99; Morrisson, Ivanišević 2006, pp. 49-50. Cfr. anche Adelson 1957, p. 105 che ritiene che «bronze coins were purely fiduciary in the Byzantine Empire, and their size and their weight were determined by other factors than the intrinsic value of the metal». Anche Grierson 1982, p. 60 definisce «token coins»

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 297

Anastasio, spiegando il variare del peso del follis bizantino nel 512 con il tentativo di ridurre il divario tra valutazione nominale e metallica in rapporto all’oro, ossia di as-sottigliare il grado di sopravvalutazione dei tagli bronzei multipli del nummo78. D’altro canto, in taluni casi si è continuato a ritenere che il nominale più piccolo corrispondes-se all’unità79, ammettendo implicitamente la sopravvalutazione dei nominali maggiori.

In questo quadro, pienamente condivisibili sono le osservazioni di Oscar Ulrich-Bansa circa le implicazioni della Novella XLVII di Giustiniano I (31 agosto 537)80 e la conseguente adozione della data sulle monete di rame, «le quali pertanto venivano ad assumere un carattere che formalmente le distingueva da quelle d’oro e d’argento»81. Queste indicazioni sono state sviluppate in seguito da Philip Grierson, secondo il qua-le «the terms of the Novel did not apply to the whole coinage, but only to that part of it which was analogous to legal documents the sense that its worth was not intrinsic, but resided in the fact that it represented something else. This meant, in effect, the token coinage of bronze, the value of which was indicated in terms of a normal fraction of the gold solidus and did not depend on the actual metallic content of each coin. The imposition of marks of validation (date, denomination, and place of issue) gave the nominal value a legal guarantee throughout the empire, however great the variation in weight from coin to coin might be. The only exception was Egypt, the coinage of which was never dated»82.

le monete di grosso modulo della riforma di Giustiniano I del 538 e, sebbene non sia egualmente esplicito nei riguardi di quelle delle fasi precedenti, sembra improbabile non intendesse allo stesso modo anche queste ultime. Per il sistema ostrogoto v. COI, p. 65, che però poi propende per un valore di 2 ½ nummi del più piccolo nominale bronzeo ostrogoto, e Callegher c.s.

78 Pottier 1983, p. 228; Carlà 2009, p. 403.79 Hendy 1985, p. 477; MEC, 1, p. 38. L’ipotesi che la riforma di Anastasio avesse comportato la ces-

sazione della coniazione del nummo è considerata da vari studiosi per i quali rinviamo alla bibliografia citata in Adelson, Kustas 1964, p. 170, nota 22. Questa è stata poi rigettata in seguito alla pubblicazione del ripostiglio di Zacha e quest’ultima prospettiva è stata poi diffusamente accettata: cfr. Hendy in questa stessa nota e infra, nota 106. Cfr. anche Grierson 1961, p. 433 e nota 66 dove si ritiene che Anastasio abbia continuato a coniare nummi benché «theese were less important now». Ciononostante Grierson 1982, p. 59 ritiene che con la riforma i vecchi nummi fossero rimpiazzati dai nuovi tagli multipli e propo-ne che questo numerario sia stato reitrodotto con Giustiniano I «if not earlier» (p. 61).

80 Il testo di legge propone il seguente proemium: «Illud omnium esse honestius putandum documen-tum et gesta et quod omnino pro temporis memoria hominibus adinventum est, quod ipsa quoque com-memoratione ornatur imperii. Consules etenim et indictiones et quodquod indicium temporum omnino est apud nos, sunt quidem forsan et haec significativa horum quae volunt, non tamen nos aliquid horum perimimus, sed maiorem adiectionem eis inponimus, ut ex maioribus et perfectioribus eis temporum designetur cursus. Si quis enim respexerit ad vetustissima omnium et antiqua reipublicae, Aeneas nobis Troianus rex reipublicae princeps est nosque Aeneadae ab illo vocamur….. Erit ergo absurdum in docu-mentis et his quae in iudiciis aguntur et absolute in omnibus, in quibus memoria quaedam fit temporum, non imperium his praeponi». Perciò Giustiniano I decreta nel caput I: «Unde sancimus et eos quicumque gestis ministrant, sive in iudiciis sive ubicumque conficiuntur acta, et tabelliones qui omnino qualibet forma documenta conscribunt <sive> in hac magna civitate sive in aliis gentibus, quibus nos praesidere dedit deus, hoc modo incipere in documentis: “Imperii illius sacratissimi Augusti et imperatoris anno toto”, et post illa inferre consulis appellationem qui illo anno est, et tertio loco indictionem, mensem et diem. Sic enim per omnia tempus servabitur, et pro imperii memoria atque consulatus ordine et reliqua observatione interposita documentis inadulterata haec valde constituuntur».

81 Ulrich-Bansa 1936, p. 76.82 Grierson 1950, p. 50.

MICHELE ASOLATI298

Inoltre, conferma esplicita che le monete di bronzo fossero scambiate a numero nel cuore dell’impero bizantino, contrariamente ad alcuni usi particolari, comuni in Egitto, è espressa nell’XI Editto di Giustiniano I risalente al 559 d.C.83.

Riprova ulteriore di tale ipotesi viene dal peso dell’unico nummo bizantino con-trassegnato dall’indicazione del valore “1”, per il quale si disponga di un numero si-gnificativo di esemplari, ossia il nummo con A di coniazione cartaginese. L’emissione, databile certamente prima del 538 a.C., è indicata come frazione da 1/720 della libbra in MIBE, I, p. 160, n. 193, quindi ipotizzando un peso teorico pari a g 0,45. Tuttavia, stando ai valori ponderali degli esemplari da ripostiglio84 e da collezione85, essa si atte-sta effettivamente su un valore medio di g 0,5486: la valutazione di Hahn è certamente sottostimata e apparentemente dettata dal proposito di far collimare questo peso con quello del corrispondente follis cartaginese da 1/18 di libbra87; partendo da quel peso effettivo, invece, è possibile ipotizzare uno standard teorico pari a tre scrupoli, ossia a g 0,567, o più probabilmente a quattro scrupoli, cioè a g 0,756 o a 1/432 di libra88. In entrambi i casi, moltiplicando questi valori per quaranta, si ottiene un follis assai più pesante di quello allora in corso e prodotto anche dalla zecca cartaginese, sovra-stimato del 20% circa nel primo caso (0,57x40=22,7) e del 40% circa nel secondo (0,76x40=30,2). Peraltro, va considerato come sotto il profilo ponderale il bronzetto con la A non si discosti dalle ultime emissioni vandale89 e da quelli delle altre coniazio-ni di nummi giustinianei battuti a Cartagine, precedenti e anche seguenti il 538 d.C.90: in particolare quelle degli anni XIII e XIIII, pur essendo note in quantità minori del nummo con A, individuano un andamento ponderale che si può di fatto sovrapporre

83 Nell’interpretazione proposta in Zuckermann 2004, pp. 97-112, part. pp. 99 e 112. Il testo dell’Edit-to XI è pubblicato integralmente in questo lavoro alle pp. 99-102; il passo che farebbe riferimento a questi usi monetari è parte del caput I: «Ἀλλὰ καὶ τὸ κατ’Αἴγυπτον πολιτευόμενον χρυσίον οὕτως ἐν τοῖς συναλλάγμασι συλλογίζεσθαι, ὡς τὸ κατὰ ταύτης τὴν μεγάλην χαραττόμενον πόλιν, παραφυλαττομένου τούτου κινδύνῳ τοῦ τε κατὰ καιρὸν παρὰ Ἀλεξανδρεῦσιν αὐγουσταλίου καὶ τῶν ὑπηρετουμένων αὐτῷ τάξεων» (In effetti, il numerario che circola in Egitto dev’essere contato durante le transazioni nello stesso modo impiegato per quello coniato in questa grande città (di Costantinopoli), essendo l’augustale in carica presso gli Alessandrini e gli uffici che gli sono sottoposti responsabili dell’osservanza di queste regole). Per ipotesi interpretative differenti cfr. Hendy 1985, p. 354 e da ultimo Filocamo 2010, p. 204 con bibliografia precedente.

84 Si fa riferimento in particolare ai pesi degli esemplari appartenenti al gruzzolo di Zacha (Adelson, Kustas 1964) e a quelli di provenienza incerta editi in Pottier 1983 e in Hahn 1980.

85 In particolare sono stati considerati gli esemplari della Bibliothèque Nationale de Paris editi in Morrisson 1970, I, quelli pubblicati in DOC, I e quelli elencati sul sito web dell’American Numismatic Society.

86 Tale valutazione è formulata su 85 esemplari presenti in collezioni internazionali. In ogni caso cfr. Morrisson 1996, p. 188. Differente è la media di queste monete dagli scavi di Cartagine, dove sono mol-to frequenti (g 0,44; cfr. ibidem): tale media è però evidentemente alterata al ribasso dalle condizioni di giacitura. Quest’ultima è impiegata in Arslan 2001, p. 8, per definire il peso del nummo di Giustiniano I ed è ripresa da Carlà 2009, p. 441, nota 174 a sostegno della compatibilità del peso del nummo con quello del follis coevo.

87 Infatti, l’Autore è costretto ad aggiungere alla scheda della moneta «with tendency to higher weights».88 A una stima simile si giunge in Adelson, Kustas 1964, p. 172 per i nummi con monogramma di

Anastasio considerando un peso medio di partenza pari a g 0,61.89 Morisson 1996, p. 191.90 Si vedano in particolare gli esemplari dei gruzzoli citati supra, alla nota 84 e si veda inoltre Morris-

son 1996.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 299

a quello del bronzetto con l’indicazione di valore. In queste circostanze è improbabile che solo per questa emissione quel peso rispondesse a quel valore nominale, mentre per le altre prodotte immediatamente prima e immediatamente dopo lo stesso peso individuasse un valore più che doppio senza che questo fosse debitamente segnalato sulle monete stesse.

Analogamente il nummo per Cartagine con indicazione di valore tra tre stelle, in passato ascritto a Giustiniano I91 e ora assegnato a Giustino II92, presenta un anda-mento ponderale identico a quello del nummo precedente con A93: qualunque sia la collocazione cronologica, è evidente uno scarto ponderale rispetto al nummo deter-minabile sul peso del follis coevo.

Questa condizione differente del più piccolo nominale bronzeo del sistema bizan-tino, già notata in passato94, è indice del ruolo del tutto particolare che dovette avere nell’ambito delle riforme del bronzo a partire dal decennio finale del V secolo. Condi-zione che probabilmente dovette condividere con quelli emessi nell’ambito delle altre monetazioni con multipli, ossia con il minimo ostrogoto95 e con il minimo vandalo. Infatti, non è improbabile che, proprio a causa di questo particolare statuto, il num-mo, e solo il nummo tra le coniazioni bronzee in ambiente ostrogoto, conservasse al dritto l’indicazione del nome dell’imperatore d’Oriente, al pari delle emissioni auree e argentee. Probabilmente per lo stesso motivo nell’Africa vandala il nummo, e solo questo tra i nominali enei ivi coniati, si fregiò del nome del re, al pari delle coniazioni argentee.

Quale fosse il reale portato di tale ruolo è difficile dire, ma, alla luce soprattutto di quanto documentato dai ripostigli, sembrerebbe verisimile che al nummo, più che agli altri nominali, fosse demandato il compito di garantire la convertibilità dei valori bronzei in oro. Chiaramente questo non significa necessariamente che con questo nominale si rispettasse del tutto il rapporto metallico tra oro e bronzo, ma con ogni probabilità che, in virtù di una maggiore prossimità al rispetto della reale ratio AV:AE,

91 DOC, I, p. 170, n. 310; MIB, I, n. 213; Morrisson 1996, p. 188. In questi testi il nummo apparterreb-be alle fasi avanzate del regno di Giustiniano I.

92 MIBE, II, p. 31. L’attribuzione qui è basata sulla presenza delle tre stelle al rovescio, le quali sareb-bero disposte agli angoli come compaiono disposte le stelle su di un quarto di “siliqua” di Giustino II di Cartagine (MIBE, II, n. V34), nonché sulle modalità con cui è tracciata l’asta mediana della A in queste monete ( o ), la quale risponderebbe a un modo di delineare tale segno alfabetico osservabile su alcuni solidi cartaginesi di Giustino II. In realtà l’uso decorativo delle stelle è tipico dei nummi cartaginesi di età giustinianea, anche se al dritto (cfr. MIBE, I, nn. 208a-b), mentre quel modo di eseguire la lettera A prende piede già sulle emissioni di quell’atelier di Giustiniano I, che spesso lo utilizza in tutti e tre i me-talli e anche con l’asta mediana che si abbassa verso destra: cfr. DOC, I, pp. 158-168, part. p. 162 e MIBE, I, tav. 30, n. 184a2.

93 Anche questa valutazione è elaborata a partire da 38 esemplari in collezioni o in ripostigli (cfr. supra, nota 84). Una media differente risulta dall’analisi dei pesi dei pezzi rinvenuti negli scavi di Cartagine (g 0,46; cfr. Morrisson 1996, p. 188), ma, come detto sopra, questa non può essere ritenuta attendibile, perché certamente sottostimata.

94 Morrisson 1996, pp. 191-192; peraltro la stessa Autrice nel caso dei “nummi” ostrogoti ammette come plausibile l’interpretazione che potessero valere 2½ nummi (p. 192).

95 Nel mondo ostrogoto l’eventuale esistenza di un sistema monetario bronzeo su base fiduciaria sembrerebbe confermato anche dalla possibile interpretazione del fenomeno della contromarcatura dei bronzi alto imperiali con le cifre XLII e LXXXIII: si veda a tal proposito Asolati 2012, pp. 113-132.

MICHELE ASOLATI300

lo Stato romano e i suoi epigoni cercassero di controllarne il prezzo soprattutto trami-te provvedimenti di carattere fiscale96. Dunque, i nominali maggiori, che non rispetta-vano questo rapporto di valore essendo ancor più sopravvalutati, plausibilmente non erano immediatamente convertibili in oro, bensì teoricamente in nummi, a loro volta convertibili in oro secondo valutazioni stabilite dalla legge.

Questa lettura concorda con le fonti disponibili che trattano delle riforme di Ana-stasio e in particolare con Marcellinus Comes97 e la placibilis plebi commutatio secondo questi proposta da tale imperatore: il cambio, del tutto teorico, con il solido era certa-mente vantaggioso per la plebe che in questo modo vedeva garantito un potere d’ac-quisto maggiore di quello che permetteva l’uso del nummo. Anche Malalas si sofferma sulla nascita del follis e sulla conversione in questo di tutte le piccole monete prece-denti98, alludendo probabilmente a una convertibilità a numero estendibile a tutti i nummi allora in circolazione e non al ritiro forzoso delle monete presenti sul mercato.

In questa chiave, rimane da intendere il significato delle riforme monetarie che seguirono le prime sia nei due regni romano-germanici, sia nell’impero bizantino, nella fattispecie la seconda di Anastasio e quella di Giustiniano I del 538 d.C. A questo scopo sarebbe utile conoscere se vi siano stati de cambiamenti nei rapporti di valore tra solido e follis/nummus tra la fine del V e la prima metà del VI secolo d.C., ma, intendendo la natura di tali riforme in termini fiduciari, ci priviamo di fatto di alcu-ne delle già non molto ampie possibilità informative che riguardano questo tema e questo periodo. Né possono essere d’aiuto in questo senso, come abbiamo detto, le ipotesi che traggono spunto dalla II delle Tablettes Albertini o le supposizioni inerenti le riforme di Anastasio basate sul già ricordato passo di Procopio (Historia Arcana, 25, 11-12). Rimangono pertanto soltanto alcuni punti fermi, tutti ben noti e ampiamente discussi in letteratura:1) la Novella XVI di Valentiniano III del 445 d.C. che documenta il cambio del solido per un valore massimo di 7200 nummi;2) il passo di Procopio che allude al mutamento del valore del solido, presumibilmen-te nel 538 d.C., da 210 folles (oppure 216=8400 nummi oppure 864099) a 180 (=7200 nummi).

A questi fattori, potremmo aggiungere una differente interpretazione del sistema monetario vandalo connessa proprio all’introduzione dei nominali multipli del num-mo, secondo la quale questo si baserebbe su di una ratio solido:nummo ancora una volta pari a 1:7200.

96 Morrisson, Ivanišević 2006, p. 49.97 Marcellinus Comes, MGH, AA, XI, 2, ad annum 498: «Nummis quos Romani terentianos (teruntia-

nos) vocant, Graeci follares, Anastasius princeps suo nomine figuratis placibilem plebi commutationem distraxit».

98 Ioannes Malalas, Chronographia, in Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, Bonnae 1831, p. 400: «Ὁ δὲ αὐτὸς βασιλεὺς προεχειρίσατο κόμητα λαργιτιώνων ἐν Κωνσταντινουπόλει τὸν ἀπὸ ὑπάτων Ἰωάννην τὸν Παφλαγόνα τὸν λεγόμενον Καϊάφαν· ὅστις ἅπαν τὸ προχωρὸν κέρμα τὸ λεπτὸν ἐποίησε φολλερὰ προχωρεῖν εἰς πᾶσαν τήν Ῥωμαϊκήν κατάστασιν ἔκτοτε» (L’imperatore nominò comes largitionum a Costantinopoli l’ex-console Giovanni il Paflagone, detto Caiafas; questi fece correre tutte le piccole monete divisionali in folles in tutta l’estensione del dominio romano).

99 In merito all’interpretazione di questo passo e dei valori indicati cfr. infra, note 139-141 e testo corrispondente.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 301

Com’è facile constatare, in questo quadro sussiste una ratio (1:7200) che ritorna con maggiore frequenza a partire dalla metà del V secolo fino al 538 d.C. e che è ripro-posta anche in alcuni documenti papiracei del VI secolo100, introducendo una linea di continuità che non trova sostanziali interruzioni se non nel passo di Procopio. In questa potremmo riconoscere forse anche l’ἀρχαίον ἔθος che Malalas ricorda ristabilito ancora nel 553 in merito al valore della moneta di bronzo (τοῦ κέρματος)101.

Tornando ad Anastasio, dunque, non è improbabile che questo rapporto legale fosse ancora in vigore alla vigilia della riforma del 498 d.C., forse alterato in termini di mercato dall’alleggerimento del nummo orientale che si cominciò a registrare proba-bilmente con Basilisco102 e certamente con Zenone103 e Anastasio stesso104: oggi è piut-tosto diffusa l’opinione che la produzione di questo nominale non sia stata interrotta in corrispondenza di quella data105 e in effetti sembra difficile comprimere entro il 491-498 d.C. una produzione ampia come quella di Anastasio106, attestata in numerosi gruzzoli e in quantità notevoli in molti contesti di scavo nel Mediterraneo.

Il nuovo ordinamento monetario proposto da questo imperatore, dunque, compre-se anche l’emissione del nummo e, consentendo il corso dei nominali maggiori molto sopravvalutati assieme a questo meno sopravvalutato, potrebbe avere modificato (o contribuito a modificare ulteriormente) tale rapporto. Il successivo intervento del 512 d.C. potrebbe essere stato un tentativo di ristabilire la fiducia nei nuovi nominali per ripristinare la ratio suddetta: l’aumento del peso del follis da g 9 a g 18 si potrebbe appunto spiegare con la finalità di ridurre il divario ponderale tra multipli, in partico-lare quello più elevato, e nummo e quindi le tensioni speculative sul prezzo del solido in moneta enea.

La stabilità del peso del follis fino al 538 potrebbe essere un indizio della riuscita della seconda riforma anastasiana, ma come spiegare allora il nuovo provvedimento di Giustiniano I che innalzò nuovamente il peso teorico del follis fino a oltre g 22 di media ponderale (g 25,14 ca. teorici)? A nostro parere, non sembra inverosimile che la riforma giustinianea andasse nello stesso senso di quella di Anastasio, però con un

100 Cfr. Morrisson 1986, p. 114 che non specifica a quali fonti si riferisce; Burnett 1987, p. 151; Gori-ni 1989, p. 169 entrambi questi ultimi con particolare riferimento a P.Oxy. 2195 e 1917. Del tutto differente è però l’interpretazione di questi papiri proposta in Banaji 2001, p. 222, tav. 1 e in Carlà 2009, p. 28.

101 Ioannes Malalas, Chronographia, in Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, Bonnae 1831, p. 486: «Μηνὶ μαρτίῳ ἰνδικτιῶνος α’ ἐγένετο διαστροφὴ τοῦ κέρματος· καὶ ἐκ τῶν πτωχῶν στάσεως γενομένης καὶ θορύβου ἀνηνέχθη τῷ αὐτῷ βασιλεῖ· καὶ ἐκέλευσε τὴν κατάστασιν τοῦ κέρματος κρατῆσαι κατὰ τὸ ἀρχαῖον ἔθος» (Nel mese di marzo della prima indizione (553) ebbe luogo una modifica della moneta divisionale. Si susse-guirono una rivolta di poveri e una sommossa che furono comunicate all’imperatore. E questi ordinò che il valore ufficiale della moneta divisionale fosse conforme all’antico costume). Cfr. anche Morrisson 1986, p. 115.

102 Adelson, Kustas 1962, p. 26; Metcalf D.M. 1969, p. 11.103 Sul calo del peso del nummo di queste due autorità emittenti si veda Adelson, Kustas 1962, pp.

26-27; Grierson, Mays 1992, pp. 45-46. Il processo fu meno accentuato in Occidente almeno fino a tutto il regno di Odoacre, quando ancora il nummo sfiorava mediamente il grammo: cfr. Asolati 2005, pp. 56-63.

104 Morrisson 1996, p. 188.105 Cfr. supra, nota 79 e v. anche nota successiva.106 In tal senso Morrisson 1970, I, p. 16 che riprende un’affermazione di Grierson 1961, p. 433, nota

66.

MICHELE ASOLATI302

ulteriore scopo oltre a quello di ristabilire il rapporto 1:7200, come documenta Proco-pio: a quest’ultimo però arriveremo tra poco.

Prima va rilevato come l’alterazione che questa fonte ha testimoniato prima del 538 potrebbe non avere avuto radici molto addietro nel tempo, come è stato da molti supposto107, ma avrebbe potuto dipendere dall’andamento produttivo eneo proprio dell’età di Giustiniano I. Abbiamo visto che la coniazione del nummo di Anastasio fu piuttosto intensa e articolata in varie zecche108; inoltre, è noto che anche Giustino I produsse nummi con il proprio monogramma a scatola109, ma recentemente si è potu-ta ampliare la gamma delle coniazioni di questo nominale in seguito all’attribuzione a quest’autorità di una emissione con monogramma a croce, precedentemente ascritta a Giustino II110, e di una con A111 (fig. 1.9-10). Al contrario, Giustiniano I negli atelier dislocati in Oriente non diede corso ad alcuna emissione di nummi, fatta eccezione per quella ascrivibile alla zecca di Thessalonica112, emessa dopo il 538 d.C., nota in un unico esemplare e comunque collocabile nell’ambito di un sistema di valori enei differente da quello canonico113. Ricordiamo, peraltro, come recentemente sia stato ascritto a questa autorità un nummo con monogramma114 che, però, va più corretta-mente attribuito ad Anastasio: si tratta di un insieme di lettere che potrebbe di per sé corrispondere a entrambe le autorità emittenti, ma con una caratteristica particolare che lo differenzia dai monogrammi più tipici di Anastasio, ossia con una A le cui aste più lunghe sono molto divaricate e con il tratto orizzontale spezzato. Questa particola-rità, documentata in due esemplari appartenuti alla Collezione Ravazzano e pubblicati in MIBE 115 (figg. 7-8), ha forse indotto Hahn a formulare tale ipotesi attributiva. Oggi nella Collezione Ravazzano, confluita recentemente nelle raccolte del Museo Bottacin di Padova116, non risultano più presenti quei due pezzi, ma sono conservati altri esem-plari con la medesima peculiarità117 (figg. 1-2, 4-5); uno di questi (fig. 2) reca al dritto un’impronta in cui difficilmente si riconosce una testa imperiale, la quale, però, è stata prodotta con la medesima matrice di un altro esemplare della stessa raccolta118 (fig. 3) che presenta al rovescio un monogramma certamente di Anastasio119. Questi materia-

107 Cfr. supra, nota 63 e testo corrispondente.108 Cfr. MIBE, I, p. 90, n. 40 (Constantinopolis) e n. N39 (Thessalonica), p. 92, n. 55a (Nicomedia), p.

93, n. 64 (Antiochia).109 Cfr. MIBE, I, p. 99, n. 34 (Constantinopolis), p. 105, n. N67 (Antiochia).110 Cfr. MIBE, I, p. 105, n. NN67 (Antiochia). L’attribuzione a Giustino I è basata sull’evidenza di alcu-

ni ripostigli: cfr. da ultimo Asolati 2012, pp. 36-37.111 Cfr. MIBE, I, p. 106, n. NN75 (Thessalonica).112 Cfr. MIBE, I, p. 157, n. 179.113 Cfr. MIBE, I, pp. 64-65.114 MIBE, I, n. NN163.115 MIBE, I, tav. 27, nn. N163 e NN163, quest’ultimo con dritto e rovescio speculari rispetto al primo

esemplare.116 [Callegher B.] 2000.117 Museo Bottacin di Padova, Collezione Ravazzano, inv. 1.1/1050, e 1.4/1143: rispettivamente g 0,49

e 0,76. Un sentito ringraziamento va indirizzato a Valeria Vettorato, funzionario culturale presso detto Museo, che ha consentito lo studio e la pubblicazione di questi materiali.

118 Museo Bottacin di Padova, Collezione Ravazzano, inv. 1.1/1049: g 0,66.119 Peraltro, stante la scarsa qualità incisoria delle monete del Museo Bottacin, nonché di quelle edite

in MIBE, I, non si può escludere che possano essere ricondotte a emissioni imitative.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 303

li, e probabilmente anche quelli editi in MIBE, sono riconducibili a un ripostiglio di nummi che è stato ed è parte della Collezione Ravazzano, il quale è costituito da esem-plari principalmente di Anastasio stesso e comprende anche un numero imprecisato di autorità precedenti120: questa circostanza conferma la correttezza dell’attribuzione a quest’ultimo imperatore.

In ambito occidentale Giustiniano I iniziò a coniare nummi a Cartagine dopo il 533 e in Italia dopo il 536 d.C. In queste ultime aree la produzione di nummi fu piuttosto cospicua e variata tipologicamente, ma fu accompagnata da una produzione molto contenuta di tagli superiori, in particolare di folles, evidentemente non paragonabile in termini quantitativi con quella orientale, soprattutto in Africa e soprattutto dopo il 538 d.C.121. Questo andamento che lasciò, spazio a tagli intermedi da 20 e 10 nummi e che in Italia sembrerebbe preludere all’impiego di uno standard differente da quello in uso in Oriente122, parrebbe dipendere da un adattamento tipico della produzione monetaria a un differente livello dei prezzi in queste aree123.

In tali circostanze, se è corretta la nostra lettura, il sistema monetario, privato di uno dei suoi sostegni, avrebbe potuto alterarsi profondamente a scapito del bronzo, come testimonierebbe la più alta delle due valutazioni del solido in folles espressa appunto da Procopio (210), ma la situazione potrebbe essersi aggravata in seguito a un altro provvedimento di Giustiniano I, ossia la costituzione promulgata nel 534 d.C. che prevedeva una nuova proporzione nello scambio AV:AE, pari a 1 solido per 20 libbre di rame (CJ, X, 29, 1) in luogo di quella pari a 1:25 proposta nel 396 d.C. in CTh, XI, 21, 2124. Questa soluzione, comunemente interpretata come una rivalutazio-ne del bronzo sull’oro, andrebbe forse più opportunamente intesa, cercheremo di spiegare tra poco, come una svalutazione del nummo di conto: tuttavia, non essendo accompagnata immediatamente da interventi adeguati anche sull’oro, avrebbe potuto comportare un’ulteriore destabilizzazione del sistema.

La reazione di Giustiniano I fu più ampia e articolata di quanto non lo fosse stata quella di Anastasio a giudicare dagli interventi legislativi e sulle monete. A nostro giu-dizio, tre sono gli elementi che vanno tenuti in considerazione in queste circostanze, oltre all’indicazione di Procopio circa il ripristino della ratio solido:follis pari a 1:180 (Historia Arcana, 25, 11-12): 1) la rinuncia alla produzione del nummo in Oriente125; 2)

120 Purtroppo non è più possibile risalire con certezza alla consistenza originaria di tale gruzzolo poi-ché le monete sono state suddivise per autorità e mescolate con esemplari di altra provenienza. In ogni caso non si può fare a meno di notare una presenza quasi esclusiva di nummi a partire da Teodosio II, rappresentato con esemplari del tipo con croce in corona. Le autorità emittenti presumibilmente parte del tesoretto sono: Marciano (monogrammi, croce in corona), Leone I (Verina, imperatore e prigionie-ro, monogrammi – alcuni di tipo greco, leone accucciato retrospiciente, leone stante retrospiciente), Ba-silisco e Marco (1 es. monogramma), Zenone (monogrammi), alcune imitazioni (Vota, croce in corona, Vittoria), Anastasio (monogramma), per un ammontare complessivo di ca. 170 ess.

121 Cfr. MIBE, I, pp. 65-70.122 Callegher c.s.; Callegher, Morrisson c.s.123 Morrisson 2003, p. 75; Morrisson 2011, p. 417.124 Di fatto si tratta di una riscrittura della precedente costituzione romana che prevedeva la cancel-

lazione del numerale quinque: «Aeris pretia, quae a provincialibus postulantur, ita exigi volumus, ut pro viginti libris aeris solidus a possessore reddatur».

125 Questa scelta, in modo a nostro giudizio assai significativo, fu perpetuata anche dai successori di Giustiniano I con la sola eccezione di Maurizio Tiberio che comunque diede vita a una sola emissione

MICHELE ASOLATI304

l’aumento del peso e delle dimensioni del follis nel 538 d.C.; 3) il provvedimento che portò il cambio del solido contro venti libbre di rame (CJ, X, 29, 1).

I primi due sembrerebbero essere complementari e indicare la volontà di trasferire il rapporto monetario AV:AE in modo definitivo sul follis anziché sul nummo come sembrerebbe essere stato fino ad allora. Quanto al terzo, che interviene approssimativa-mente nel 534 d.C., delineando le direttrici dei successivi interventi sulla monetazione bronzea, va letto unitamente alla notazione procopiana, sulla cui base questo definisce un nuovo standard ponderale del nummo. Il fatto che sia anticipato rispetto alla rifor-ma del follis del 538, lungi dall’essere accidentale, sembra delineare una programma-zione articolata in tappe, entro la quale si possono spiegare anche altri provvedimenti, come vedremo tra poco. Benché la costituzione sia intesa pressoché universalmente come indicazione del cambio del solido contro metallo grezzo126, in essa invece va rico-nosciuta la prescrizione del cambio contro una quantità massima di rame da cui si può trarre un numero di monete divisionali il cui valore complessivo assomma a quello del solido: chiaramente solo attraverso la definizione del numero di monete divisionali se ne stabilisce lo standard teorico ed è questo il senso del passo di Procopio.

Come dicevamo sopra, confrontando il testo della Novella XIV di Valentiniano del 445 d.C. con quello della costituzione di Arcadio e Onorio del 396 d.C. (CTh, XI, 21, 2), che stabiliva il valore del solido contro 25 libbre di bronzo (da intendersi ovviamente nel senso appena indicato), da più parti si è riconosciuto il valore del nummo in termini ponderali bronzei pari a g 1,13, equivalente probabilmente a 6 silique, ossia un peso molto simile a quello del nummo occidentale della prima metà del V secolo127. Ricavan-do analogamente il valore del nummo dal paragone tra CJ, X, 29,1 e la valutazione più bassa tra le due indicate nel passo procopiano, otteniamo un’indicazione di g 0,91, pro-

di nummi, comunque non in Oriente, ma a Cartagine: MIBE, II, n. 135 (cfr. fig. 1.11). Le emissioni di nummi ascritte a Giustino II e le altre attribuite a Maurizio Tiberio in MIBE, II, rispettivamente a p. 109, n. 213 e n. 212=241 e alle pp. 168-169, nn. V135, 134a-b, 133a-b riteniamo debbano continuare a essere assegnate a Giustiniano I, in particolare sulla base della lettura classica del ripostiglio di Zacha (cfr. Tabel-la 1, n. 91), che le contiene in gran parte. La differente collocazione cronologica di questo gruzzolo, evi-dentemente proposta da Hahn, implicherebbe che questo sia di fatto l’unico altro gruzzolo di soli nummi interrato all’epoca di Maurizio Tiberio in tutto il Mediterraneo, però privo di nummi con monogramma di questa autorità emittente: l’altro, che invece comprende un solo nummo di questo imperatore del tipo con monogramma cruciforme, proviene non a caso da Cartagine (Metcalf W.E. 1982, pp. 65-67). Co-munque tale eventualità di fatto non è impossibile, ma appare piuttosto anomala. Per l’inquadramento, a nostro giudizio più corretto, di queste emissioni rinviamo a Morrisson 1988a; Morrisson 1988b. Più specificamente, per la collocazione cronologica del nummo con il palmizio si vedano Asolati 1994 e Asolati 2012, pp. 303-320 dove si propende per un’attribuzione vandala; in ogni caso, cfr. anche Bijow-ski 2011, che riafferma la possibilità che si trattasse di un’emissione giustinianea.

126 Tuttavia non si possono escludere interpretazioni differenti, com’è stato talvolta ipotizzato: cfr. MIBE, I, p. 11, dove Hahn sostiene che in questo caso non si tratti di rame grezzo, ma di rame monetato, oppure Maresch 1994, pp. 149-150 che identifica in alcune unità, tradizionalmente intese in termini strettamente ponderali, quantità di divisionale eneo. Tali ipotesi, va aggiunto però, sembrano non trovare altri sostenitori in letteratura, sia tra gli storici sia tra i numismatici, i quali generalmente ammettono che questa costituzione riguardi il valore del rame grezzo: in questo senso si veda da ultimo Carlà 2009, pp. 328, 398, 409. Si veda inoltre Morrisson 1989, p. 246, nota 35 che riporta un’ipotesi di Jean Lafaurie se-condo cui le 20 libbre della costituzione di Giustiniano I «corrisponderebbero al prezzo in denari fissato per la più bassa qualità di rame nell’Editto di Diocleziano».

127 Cfr. supra, note 6-8 e testo corrispondente.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 305

128 Riguardo al peso del nummo ostrogoto si veda Morrisson 1996, p. 189 che riprende i dati da Arslan 1989a, p. 35. Cfr. anche Arslan 2001, p. 12 in particolare per il peso del nummo di Atalarico. Va aggiunto che in Occidente il peso del nummo era rimasto piuttosto elevato almeno fino all’età di Odoa-cre: cfr. supra, nota 103. Quanto al calo del peso di questo nominale con Zenone e successore cfr. supra, note 102-104 e testo corrispondente.

129 Morrisson 1970, I, p. 61 indica 1/12. L’Autrice è tornata a più riprese sulla questione inerente quale fosse il taglio della libbra del follis di Giustiniano I della riforma del 538 d.C., proponendo 1/13 e ¼ (Morrisson 1986, p. 114 riprendendo l’ipotesi di MIB, I, p. 27) e 1/14 (Morrisson 1989, p. 248). Ancora più recentemente e in relazione alle ipotesi sviluppate in Zuckermann 2004, p. 83, Morrisson, Ivanišević 2006, p. 51 hanno proposto un taglio pari a 1/15 della libbra (tale ipotesi è recepita anche in Callegher 2006, p. 131): va tuttavia rilevato come questi Autori, pur ritenendo il sistema bronzeo bizan-tino fondamentalmente fiduciario (p. 49), facciano proprie le ipotesi di quello studioso che invece sono basate sull’eventualità che fosse di valore metallico. L’eventualità di 1/15 ci sembra però non del tutto verisimile, poiché prevede una sottovalutazione del follis più pesante di Giustiniano I: v. supra, nota 62. Per altre ipotesi che prevedono un taglio superiore a 1/13 lb rinviamo alla discussione e alla bibliografia ricordata nel passo già citato di Zuckermann. Gran parte di queste ipotesi traggono spunto dalla conside-razione che il sistema monetale eneo bizantino fosse in questo periodo di valore metallico; al contrario, preferendo l’ipotesi di un sistema fiduciario, propendiamo in questa sede per un peso teorico più elevato.

130 Va evidenziato in questo contesto come di fatto la moneta di rame si rivalutasse in termini stretta-mente ponderali, se si ritiene, come è nostra opinione, che l’introduzione del follis pesante sia coincisa con la nuova valutazione del solido a 180 folles. Infatti 210 x g 18 dà g 3780, mentre 180 x g 22 dà g 3960 con uno scarto di g 180, corrispondente a circa otto folles pesanti, ossia a un numero di esemplari da 40 nummi paragonabile al contenuto di molti ripostigli bronzei di multipli, databili tra la riforma di Anasta-sio e la morte di Giustiniano I.

babilmente corrispondente a g 0,94 ossia a 5 silique: in questi termini lo scarto pondera-le teorico nei confronti del precedente è pari al 17%. Questo è un peso che, a differenza dello standard da 6 silique durante il tardo IV-prima metà V sec., non ha rispondenza esatta in alcuna delle emissioni occidentali di nummi di Giustiniano I, tutte più legge-re: tuttavia, va considerato come questo dovesse essere il valore teorico di un nummo sopravvalutato e comunque non destinato a essere coniato effettivamente, in maniera del tutto simile a quanto era accaduto a questa moneta nel corso del V secolo. Ad ogni modo, non va dimenticato che questo valore rispondeva pressoché esattamente a quello del più pesante nummo allora in circolazione, ossia quello ostrogoto, che da Atalarico a Baduila si mantenne attorno a quel peso: non è da escludere che si fosse tenuto come punto di riferimento il valore maggiore allora effettivamente coniato, peraltro rispon-dente al peso del nummo orientale precedente le svalutazioni di Zenone e Anastasio128.

Tantomeno il follis della riforma del 538 rispettava quelle indicazioni ponderali. Tuttavia, con un peso medio di poco più di g 22 è probabile che rispondesse a uno standard di 1/13 o di 1/12 di libbra129, ossia più probabilmente a 133 oppure a 144 silique. In ciascuno dei due casi (ossia 1/13 lb = standard g 25,14 ca. oppure 1/12 lb = standard g 27,22 ca.) lo scarto tra peso del nummo ideale e quello del “nummo di follis” veniva ridotto drasticamente, assottigliando la quota di sopravvalutazione del nuovo follis in un modo che non aveva confronti nelle fasi precedenti: il tentativo di aumentare la fiducia del pubblico verso questa moneta, dunque, non sarebbe sta-to attuato attraverso un semplice incremento dello standard ponderale del pezzo da quaranta130, ma anche grazie a un parallelo abbassamento del valore del nummo. La prossimità così ottenuta sarebbe stata sfruttata da Giustiniano I per staccare in modo definitivo il sistema di rapporti AV:AE dal nummo e per passare a una convertibilità

MICHELE ASOLATI306

diretta con il follis. Tale cambiamento sostanziale sarebbe stato sancito con l’introdu-zione di una nuova forma di garanzia apposta sul follis e su molti altri tagli enei, ossia della data, la cui importanza abbiamo già ricordato sopra.

Questa evoluzione avrebbe reso più appetibile per la tesaurizzazione il nominale maggiore e le sue frazioni, come dimostra, da un lato, in modo piuttosto eclatante il numero crescente di ripostigli enei costituti da folles interrati proprio a partire dal 538131 e dall’altro l’attenzione riservata in questi gruzzoli ai folles più pesanti tra quel-li emessi sulla base delle riforme giustinianee del bronzo132. Peraltro, a causa della naturale vischiosità dei fenomeni monetari e del ruolo fino ad allora riconosciuto al nummo, quest’ultimo, che continuò a coprire una quota importante del mercato mo-netario e a essere prodotto in Occidente, non smise di essere tesaurizzato, da solo o in gruzzoli con altri tagli maggiori.

Un’operazione del genere, però, avrebbe comunque comportato di fatto una svalu-tazione del solido per il quale sarebbe stata necessaria teoricamente la stessa quantità di nummi però più leggeri, ovvero un minore numero di folles effettivi, sebbene più pesanti133. In termini generali, l’eventualità che l’oro si svalutasse in rapporto al bron-zo non sembra probabile, ma in queste circostanze cronologiche lo sviluppo appena descritto sembrerebbe spiegabile secondo due percorsi distinti, che peraltro potreb-bero essere stati complementari.

La spiegazione più semplice è che, come da taluni ipotizzato, vi fosse stato effet-tivamente un abbassamento del prezzo dell’oro in seguito a un periodo di stabilità durante buona parte del V secolo e a un possibile trend negativo per questo metallo a partire dall’età di Anastasio134, accentuato da un consistente afflusso verso il centro dell’impero in seguito alla conquista del regno vandalo135. Giustiniano I avrebbe al-lora potuto approfittare di questa condizione particolare del mercato per svalutare il nummo e passare alla convertibilità diretta solido:follis, equilibrando in questo modo il sistema monetario in riferimento all’andamento reciproco dei due metalli.

Una seconda spiegazione risulta più complessa e assai più suggestiva e qualifiche-rebbe Giustiniano I come una sorta di rifondatore della monetazione bizantina. Que-sti, infatti, avrebbe potuto svalutare l’intero sistema e istituire un nuovo solido sulla cui valutazione in folles però non abbiamo indizi. Paragonando il vecchio nummo del Codice Teodosiano e della Novella di Valentiniano III (25 lb/7200 nummi) e quello nuovo del Codice Giustinianeo e del passo di Procopio (20 lb/7200 munni) lo scarto è pari al 20%, ma abbiamo visto che questo probabilmente corrispondeva in effetti al 17%. Ebbene, tra i vari provvedimenti monetari di questo imperatore ne contiamo uno inerente l’oro, che prevede l’emissione di solidi da 20 kt136. Rispetto al solido tradizionale quello da 20 kt comporta uno scarto ponderale in termini percentuali sostanzialmente identico a quello visto per il bronzo, rispondendo effettivamente al

131 V. supra, note 26-40 e testo corrispondente.132 Callegher 2006.133 Cfr. Morrisson 1989, p. 247.134 Zuckermann 2004, p. 66; Carlà 2009, p. 398 con bibliografia precedente.135 Per questa interessante ipotesi si vedano Morrisson 1989, p. 247 e Callegher 2006, p. 131.136 Si veda per esempio MIBE, I, p. 12. Questa rientra in una serie di solidi di peso leggero tra i quali

quello da 20 silique rappresenta comunque quello più comune: cfr. Grierson 1982, p. 52.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 307

17%, ma, quand’anche quello relativo al bronzo fosse stato del 20%, la differenza sarebbe stata giustificabile in favore dell’oro. Con l’introduzione di questa nuova mo-neta, dunque, Giustiniano I avrebbe creato un parallelo aureo del nummo svalutato e fatto slittare verso il basso l’intero sistema monetario, mantenendo eventualmente un leggero aggio per l’oro137. La datazione di questo provvedimento è discussa, ma alcuni studiosi ritengono che l’emissione sia iniziata nel 538 d.C.138, in coincidenza con la riforma del bronzo. Il vecchio solido da 24 kt, rimasto in produzione, in quelle circostanze sarebbe stato rivalutato di conseguenza, ma in termini che difficilmente possono essere ricostruiti con certezza stante la carenza di fonti.

Una spiegazione di questo tipo potrebbe rendere più facilmente comprensibile la parte finale del più volte citato passo di Procopio senza la necessità di emendamenti testuali: in questa parte si ricorda che con quel cambiamento Giustiniano I (e Teodo-ra) «tagliarono la sesta parte di ciascuna moneta d’oro».

Considerato nel complesso il testo presenterebbe un’incongruenza poiché il pas-saggio da 210 a 180 folles non corrisponde alla riduzione di un sesto, ma di un set-timo139, per cui nell’edizione di J. Haury il sesto (ἕκτην) è stato emendato in settimo (ἑβδόμην)140. Tale soluzione, che di fatto è stata largamente accolta, è stata conside-rata eccessiva da taluni commentatori che hanno preferito emendare 210 (δέκα καὶ διακοσίους) in 216 (δεκαὲξ καὶ διακοσίους)141 conservando il sesto142. Chiaramente en-trambe queste interpretazioni partono dalla considerazione che l’ultima parte del testo alluda a un solido da 24 kt ritariffato, per cui senza correzioni risulta effettiva-mente incoerente. Tuttavia, se rileggiamo il testo nella chiave che abbiamo proposto poc’anzi, individuando nel solido diminuito di un sesto un solido da 20 kt, anziché un solido da 24 kt che viene svalutato in termini di conto, è possibile evitare entrambi gli emendamenti: in questo modo Procopio alluderebbe agli aspetti più eclatanti di una complessa riforma della moneta, illustrando da un lato il decremento del valore di conto del follis e dall’altra l’adeguamento del solido tramite l’istituzione di un pezzo diminuito di un sesto in carati, e il testo diverrebbe assolutamente coerente.

137 Cfr. in questo senso Adelson 1957, p. 107. Contra Morrisson 1970, I, p. 62, nota 5. In realtà lo scopo dell’introduzione dei solidi leggeri è molto controversa e a tal proposito rinviamo a MIBE, I, p. 12, part. nota 62 e bibliografia citata; si veda inoltre Callegher 2006, p. 133 e nota 25.

138 Cfr. ibidem, ma in MIB, I, viene proposta una datazione leggermente più alta. Inoltre v. DOC, I, p. 133-134; Morrisson 1970, I, p. 62; Morrisson 1989, p. 246; Callegher 2006, p. 133. Molti tra questi studiosi basano tale datazione su di un passo di Procopio (Historia Arcana, 25, 11-12) secondo il quale fu Pietro Barsime a introdurre il solido leggero quando fu comes sacrarum largitionum dal 538 al 543 oppure dal 547 al 560. In realtà il primo termine cronologico non sembrerebbe essere esatto, come parrebbe dimostrare la documentazione richiamata in Zuckermann 2004, p. 83, nota 72, per cui Pietro Barsime sarebbe entrato in carica nel 542: l’introduzione dei solidi leggeri sarebbe dunque databile a partire da quest’ultimo anno. Tuttavia, il fenomeno dei solidi leggeri in età giustinianea è alquanto variegato e vi sono delle evidenze numismatiche che lascerebbero comunque propendere per il 538 almeno riguardo all’introduzione di quelli da 20 kt: v. Callegher 2006, p. 133.

139 210-(210:6)=175 contro 210-(210:7)=180.140 Procopius Caesariensis, Opera Omnia, recognovit Jakob Haury, editio stereotypa correctior addenda

e corrigenda adiecit Gerhard Wirth, III, Lipsiae 1963, p. 155.141 216-(216:6)=180.142 Maresch 1994, p. 52. Concordano con tale soluzione MIBE, I, p. 16; Zuchermann 2004, p. 80.

Possibilista in questo senso anche Carlà 2009, pp. 396-398.

MICHELE ASOLATI308

Ci rendiamo conto che la ricostruzione sin qui proposta per il mondo bizantino soffre per certi aspetti delle medesime carenze documentarie che abbiamo imputato ad altre ipotesi, ma va ricordato come oltre a considerare le principali fonti sul tema, trae conforto in modo sostanziale dall’analisi della tesaurizzazione della moneta bronzea tra fine V e anni ’60 del VI secolo nel Mediterraneo. Inoltre, va riconosciuto come essa interessi essenzialmente il mondo orientale, mentre di andamenti simili non abbiamo nozione sicura nell’Italia ostrogota e nell’Africa vandala, stante l’assenza di fonti para-gonabili a quelle tardo imperiali e bizantine. Tuttavia, oltre all’andamento ancora una volta della tesaurizzazione enea che, come abbiamo visto, sembra essere assolutamente significativo, un ulteriore fattore potrebbe essere utilizzato a riprova per lo meno della fiduciarietà dei sistemi monetari locali prima della conquista bizantina: lo sviluppo di imitazioni di peso leggerissimo. Nel regno vandalo il fenomeno è documentato soprat-tutto attraverso una serie di ripostigli, talvolta composti di sole imitazioni con il tipo del-la Vittoria simile a quella del re Trasamundo143, le quali possono dunque essere datate e localizzate in modo piuttosto puntuale. Mentre i nummi ufficiali tendono a mantenersi attorno a uno standard di mezzo grammo o superiore144, queste monete imitative si ag-girano in larga maggioranza su pesi tra i due e i tre decimi di grammo. Tale differenza che potrebbe essere intesa semplicemente in termini speculativi, come in altri casi do-cumentati per esempio in Italia nella seconda metà del V secolo145, in questo specifico frangente potrebbe essere interpretata in termini più ampi. I nummi regali, infatti, dovevano adeguarsi a uno standard ufficiale che, se è corretta la nostra interpretazione, faceva da garanzia al sistema monetario e di conto. Le imitazioni, invece, non avevano ovviamente vincoli di questo genere e perciò avrebbero potuto adeguarsi ponderalmen-te al peso del nummo desunto dal peso del follis. Considerando le due serie vandale multiple del nummo, in questo modo ricaviamo per quella con la personificazione di Cartagine un nummo che oscilla tra g 0,27 e 0,42, a seconda che si consideri il peso del pezzo da XLII oppure del pezzo da XXI, mentre per quella con il Guerriero e la testa equina otteniamo un nummo il cui peso varia tra g 0,24 e 0,36, anche in questo caso tenendo conto del maggiore oppure del minore tra gli omologhi nominali146. Ebbene la maggioranza delle imitazioni vandale con Vittoria tipo Trasamundo si collocano pro-prio entro questi valori ponderali e dunque la loro coniazione potrebbe essere intesa come un adattamento al peso del nummo più conveniente da imitare in quelle circo-stanze, ossia quello più sopravvalutato che in realtà non esisteva ufficialmente, ma il cui peso si poteva ricavare da quello del follis e del mezzo follis vandali.

Per l’Italia ostrogota non si dispone di esempi analoghi che abbiano una collo-cazione cronologica sufficientemente assodata come quella delle imitazioni vandale appena citate: contraffazioni di tipi ostrogoti sono molto rari147 e non lasciano presu-mere l’esistenza di un fenomeno così ampio come quello africano. Tuttavia, crediamo che alcuni reperti monetali da rinvenimento italiano possano ricadere in una casistica

143 Morrisson 1980.144 Cfr. Morrisson 1996, p. 191. Per il nummo con D in corona si veda anche Asolati 2012, pp. 162-

163.145 Asolati 2005; Asolati 2006.146 Cfr. Morrisson 1996, p. 190.147 Asolati 2012, p. 448.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 309

simile a quella vandala. Innanzi tutto il gruppo di pezzi, attualmente conservato presso il Museo di Biassono e inteso come un gruzzolo raccolto nell’area di Brescello: assieme a un numero assolutamente minoritario di materiali di III-V sec. d.C. è composto an-che da una grande quantità di esemplari il cui peso oscilla tra tre e quattro decimi di grammo148. L’editore del nucleo ha ritenuto di poter datare tali monete alla seconda metà del VI sec. d.C., ma, non ritenendo le sue argomentazioni del tutto condivisibili, avevamo già ipotizzato di poterle ricondurre alla fasi finali del V secolo, in parte su basi tipologiche, ma in parte ricorrendo a un parallelismo proprio con la monetazione imitativa vandala149. Ora, l’eventualità prospettata per quest’ultima categoria di mone-te bronzee potrebbe essere estesa, confermando la nostra ipotesi cronologica, anche agli esemplari imitativi del ripostiglio di Brescello, ovviamente con gli adattamenti ne-cessari al sistema monetario ostrogoto: in realtà il peso del nummo ricavato da quello dei multipli italiani non è molto differente da quello vandalo e si aggira tra g 0,24 e 0,39150. Anche queste monetine, dunque, potrebbero aver rappresentato l’adattamen-to del mercato al peso di un nummo immaginario individuabile dal peso dei multi-pli, più conveniente da produrre di quello reale, proprio perché più sopravvalutato. Letto in questa chiave il fenomeno, potrebbe permetterci d’interpretare nello stesso modo, probabilmente più correttamente, una serie di altri nuclei contenenti monete imitative molto leggere, prevalentemente con il tipo della croce in corona, rinvenuti a Concordia151, a Padova-Canton del Gallo152, a Quistello153, oppure molti materiali ana-loghi, raccolti frequentemente negli scavi lombardi154, oppure con minor frequenza a Trento155, a Verona156, nel vicentino157 e ad Altino158.

In qualche misura, pertanto, anche gli ambiti occidentali in cui si diede corso a rifor-me mirate a istituire multipli del nummo offrono spunti a favore di un’interpretazione fiduciaria di queste evoluzioni, dimostrando una connessione con il mondo bizantino di per sé già immaginabile. In definitiva, l’oro rimane in tutte queste realtà l’unico pun-to di riferimento comune e inderogabile, ma in questo modo lo sviluppo delle mone-tazioni enee, differente in termini reali secondo le circostanze geografiche, diviene lo strumento che assicura margini di autonomia monetaria, pur entro limiti assai ristretti. Sintomatica in questo senso è l’assenza de nome dell’imperatore sulle monete bronzee ostrogote di valore superiore al nummo (o del nome del re sulle omologhe vandale), la

148 Arslan 2010.149 Asolati 2012, pp. 450-452.150 Cfr. Morrisson 1996, p. 190.151 Asolati 2002.152 Rinaldi 2000.153 Bonomi 1988-1989, p. 156; Biondani 1995, p. 76; Arslan 1998b, p. 304, nota 13. Tale gruzzolo

analizzato nuovamente dallo scrivente ha evidenziato la presenza di un esemplare di difficile lettura che sembrerebbe presentare al rovescio il tipo della croce; inoltre, vari esemplari del gruppo, pur integri, hanno dato pesi molto esigui tra g 0,30 e 0,10.

154 Per un quadro aggiornato di questi rinvenimenti rinviamo ad Arslan 2010, pp. 17-19 e alla biblio-grafia ivi citata.

155 Cavada, Pavoni 2008, p. 452.156 Arzone 2008, pp. 545-546.157 Dato inedito da rinvenimento sporadico: si tratta di alcuni nummi di cui uno con figura con asta su

una faccia e croce in cerchio sull’altra.158 RMRVe, VI/1, 53(Ad)/1174-1775.

MICHELE ASOLATI310

quale se da un lato può essere colta come sintomo di autonomia in materia monetaria e spazio di manovra per l’autorappresentazione e la legittimazione del potere goto159, dall’altro va intesa come un modo di derogare ai vincoli imperiali e di rendere il si-stema monetario più duttile, adattandolo alle esigenze locali entro una struttura che dunque risulta più facilmente comprensibile in una chiave di lettura fiduciaria.

Tabella 1. Ripostigli di nummi nel Mediterraneo tra l’età di Leone I e di Giustiniano I.

N. ripostiglio n. ess. note data bibliografia

ItalIa

1. Falerri Novi 1780 470 Asolati 2005

2. Fornace di Classe 138 + 15 fram. 470 Ercolani Cocchi 1988

3. Lipari 1745 470 RIC, X, p. cxlix

4. Roma, Via Cassia 1170 470 RIC, X, p. clvi

5. Valli di Comacchio 145 470 Asolati 2003b

6. Capua 42 470 Arthur 1987, pp. 520-523

7. Cagliari 100 ca. 490 Vivanet 1897; Perantoni Satta 1954, pp. 87-88

8. Ordona 188 490 RIC, X, p. cliv

9. Sassari I 1269 490 Mostecky 1993

10. Mezzocamino 107 + 500 RIC, X, p. clii

11. Brescello 293 +? composto di sole imitazioni

500160 Arslan 2010

12. Albano Laziale t. A 104 3a 223 + 1 decanummo di Ravenna

510 Martorelli 1992, p. 94

13. Massafra 289 510 RIC, X, pp. cli-clii

14. S. Giusto I 1053 + 2 exagia 530 Siciliano 1998; Asolati 2001-2002

15. Messina Museo Regionale 71 530 Mastelloni 1991, pp. 660-661

16. Albano Laziale t. A. 105 1 227 + 8 folles 550 Martorelli 1992, pp. 91-93

17. Albano Laziale t. A 104 3b 110 + decanummo di Ravenna

550 Martorelli 1992, pp. 94-95

18. Arpaia 300 ca. 550 Stazio 1955, p. 191

19. Castell’Azzara 13 AE ostrogoti 550? Arslan 2002, p. 102, n. 477

20. Castro dei Volsci 1462 550 RIC, X, p. cxxxiv

21. Cuma161 213 550 Miraglia 1986

159 Asolati 2012, pp. 53-111.160 L’Autore propone una datazione all’ultimo quarto del VI, ma qui proponiamo una cronologia

più alta (ca. 500 d.C.) sulla base di considerazioni che abbiamo formulato in Asolati 2012, pp. 450-452.161 Da Cuma provengono sei ripostigli apparentemente omogenei sotto il profilo cronologico, dei

quali uno solo è noto nel dettaglio.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 311

22. Fontana Liri 125 550 RIC, X, p. cxli

23. Montelibretti nummi molti dal III sec. d.C. a Giustiniano I + vari bronzi con contromarca XLII

550 Morisson 1983, p. 105 nota 20; MEC, 1, p. 30; Clover 1991, p. 120 nota 24; Cfr. RIC, X, nota a n. 3502

24. Monte Roduni 1000 + (solo 63 de-scritti)

550 RIC, X, p. cliii

25. Pievetorina 30 kg ca. 550 RIC, X, p. clv

26. Sessa Aurunca 310 + 2000 AE illeg-gibili + solidi e tremissi

550 Levi 1919, p. 94

27. Sicilia 32 + 550 Asolati 2007

28. Taurasi 338 550 Stazio 1956, p. 220

29. Italia 1 200 +? 550 Gnecchi 1897, p. 22

30. Italia 2 nummi vari esemplari 550 Sambon 1912, p. 15

31. Italia 3162 57 +? 550 Metlich 2004

32. Italia 4 100 ca. +?163 550 Asolati 2012, pp. 453-455

BalcanI esclusa GrecIa+

33. Dalmazia 2197 470 RIC, X, p. cxxxvii

34. Mircea Vodӑ 87 470 RIC, X, p. cliii

35. Yale 515 470 RIC, X, p. clxix

36. Butrinto 5403 14 500 Moorhead 2007, p. 300

37. Butrinto ? 1300/461a-n 42 500 Moorhead 2007, p. 300

38. Butrinto 1300/460a-zz 52 500 Moorhead 2007, p. 300

39. Butrinto ? context/450a-j 10 500 Moorhead 2007, p. 300

40. Gamzigrad 41 500 RIC, X, p. cxli; Trésors 2006, n. 233

41. Histria I 16 500 Trésors 2006, n. 69

42. Izvoarele 300 500 RIC, X, p. cxlv

43. Jugoslavia 34 500 RIC, X, p. cxlvi

44. Romuliana 50 500 Ivanišević, Stamenković 2011

45. Histria II 16 + 11 di Giusti-niano I

540 ?? Trésors 2006, n. 70

46. Anadolchioi 253 550 RIC, X, p. cxxix

162 Sambon 1912, p. 15: «Ebbi un ripostiglio composto di varie piccole frazioni di follaro dei Goti, del valore di due o tre nummi al più; una aveva il monogr. d’Ildebaldo, molte erano del regno di Baduela ed offrivano al rovescio il tipo del leone o un monogramma. Alcune avevano un busto con legenda pseudo-bizantina e al rovescio la iniziale A».

163 Forse il medesimo del precedente.

MICHELE ASOLATI312

47. Budva 57 550 RIC, X, p. cxxii

48. Histria II 16 + 11 di Giusti-niano I

550 Trésors 2006, n. 70

GrecIa

49. Corinto I 426 + 1 Giustiniano I intruso

470 RIC, X, p. cxxxv-cxxxvi

50. Messene tomba 18 79 470 Sidiropoulos 2002, pp. 102-103, 115-116

51. Volo 1064 480 RIC, X, p. clxvi-clxvii

52. Tebe 1995 I 8 490-510 Trésors 2006, n. 196

53. Aigion 70 ca. 500 Callegher 2005, p. 231

54. Atene Agorà 244 ultime monete identificate: 8 bronzi di Ana-stasio

500164 Trésors 2006, n. 126

55. Corinto III 169 500 RIC, X, p. cxxxvi

56. Eleusi 3 500 Trésors 2006, n. 149

57. Ghiannota Elassonos 10 500 Suntagma 2002, n. 1; Trésors 2006, n. 114

58. Kalenderhane Camii, Hoard E

38 500 Hendy 2007, p. 272

59. Tegea 50 500 Suntagma 2002, n. 30; Trésors 2006, n. 195

60. Corinto 1960 85 + fr. 500 o 520

Trésors 2006, n. 137

61. Tebe 1995 II 15 500 o 520

Trésors 2006, n. 197

62. Kalenderhane Camii, Hoard J

1 + 1 Є Giustino I + fr.

520 Hendy 2007, p. 273

63. Porto Rafti 1981 31 520 Trésors 2006, n. 181

64. Spetsai I 9 520 Trésors 2006, n. 189

65. Porto Rafti 1979 18 530 Trésors 2006, n. 182

66. Thasos 57 + 1 Є di Ana-stasio e 1 Є di Giustino I

530 Trésors 2006, n. 98

67. Corinto II 1971 626 540 RIC, X, p. cxxxvi; Suntagma 2002, n. 2; Trésors 2006, n. 138

68. Agosykia 654 550 Trésors 2006, n. 85

69. Ano Voula 36 + 41 fr. 550 Trésors 2006, n. 116

164 Il primo editore (Shear 1973, p. 396 e nota 75) malgrado indichi come le ultime monete siano otto bronzi di Anastasio, propone su basi stratigrafiche una data d’interramento attorno al 580 d.C. Mancano notizie precise sui nominali presenti, ma si specifica che circa la metà degli esemplari sono di IV e V sec. d.C.

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 313

70. Arétha 150 ca. 550 Callegher 2005, p. 231

71. Argo, Heraion 72 + 1 nummo di Giustino I, già attribuito a Giu-stino II, detto però pentanm-mo in Trésors

550 Suntagma 2002, n. 16165; Trésors 2006, n. 118

72. Atene “Blue Cigarette Box Hoard”

225 550 RIC, X, p. cxlii; Trésors 2006, n. 116

73. Atene, Accademia 154 550 Suntagma 2002, n. 8; Trésors 2006, n. 116

74. Chersonissos 1786 550 Trésors 2006, n. 208

75. Corinto 35 + 1 Є nummi (Anastasio/Giu-stiniano I)

550 Trésors 2006, n. 143

76. Corinto ante 1930 478 in prevalenza nummi; non è nota la compo-sizione esatta; ultima moneta di Giustiniano I

550 Trésors 2006, n. 140

77. Corinto 1930 742 550 Trésors 2006, n. 139

78. Corinto 1933 874 + 4 Є di Anasta-sio, 1 M e 11 I di Giustino I, 26 Є e 11 I di Giustiniano I

550 Trésors 2006, n. 141

79. Corinto 1937 387 550 Trésors 2006, n. 142

80. Kalenderhane Camii, Hoard K

8 + 1 Є + 5 n.i. 550 Hendy 2007, p. 273

81. Kalenderhane Camii, Hoard O

43 + 3 Є + 3 n.i. + fr.

550 Hendy 2007, p. 273

82. Megara 1884 18 + 1 Є di Giusti-no I

550 Suntagma 2002, n. 4; Trésors 2006, n. 163

83. Messene tomba 17 1415 550? Sidiropoulos 2002, pp. 103, 117-119

84. Olimpia 9270 550 Trésors 2006, n. 262; Touratsoglou 2010, tab. II

85. Patrasso 1938 11984 + 754 fr. di cui almeno alcuni V nummi di Giustiniano I

550 Trésors 2006, n. 173

86. Patrasso, Vironos 300 ca. 550 Callegher 2005, p. 231

87. Patrasso stadio di Pana-kahïkis

100 + 550 Callegher 2005, p. 231

88. Tebe ante 1994 69 550 Trésors 2006, n. 200

165 Dato a Giustino II, ma il monogramma è di Giustino I: v. supra, nota 110 e bibliografia citata.

MICHELE ASOLATI314

89. Thera 144 + 11 fr. 550 Suntagma 2002, n. 6; Trésors 2006, n. 325

90. Trypi Lakonias 1935 76 + 6 fr. 550 Suntagma 2002, n. 3; Trésors 2006, n. 205

91. Zacha 1179 550 RIC, X, p. clii; Trésors 2006, n. 142

92. Grecia n.i. VIII 113 550 Suntagma 2002, n. 7; Trésors 2006, n. 271

93. Grecia n.i. IV 351 550 Suntagma 2002, n. 9; Trésors 2006, n. 272

94. Grecia n.i. II 102 550 Suntagma 2002, n. 10; Trésors 2006, n. 270

95. Balcani o Grecia I 2968 + 875 fr. 550 Suntagma 2002, n. 32; Trésors 2006, n. 268

96. Balcani o Grecia II 4167 + 602 fr. di cui un B di Giusti-niano I

550 Suntagma 2002, n. 33; Trésors 2006, n. 272

97. Grecia n.i. III 125 560 Suntagma 2002, n. 11; Trésors 2006, n. 272

98. Kalenderhane Camii, Hoard M

1 + 1 Є + 10 n.i. 550/560 Hendy 2007, p. 273

99. Kalenderhane Camii, Hoard N

2 + 1 Є + fr. 550/560 Hendy 2007, p. 273

asIa MInore

100. Sardi 1970 420 ca. 470 Buttrey et alii 1981, pp. 123-124

101. Sardi 1986 83 470 Burrell 2007, pp. 239-240

102. Turchia I 83 470 RIC, X, p. clxiii

103. Efeso 1 248 490 Karwiese 2005, pp. 186-187; Bur-rell 2007, p. 245

104. Efeso 2 305 490 Karwiese 2005, pp. 187-188; Bur-rell 2007, p. 245

105. Sardi 1991 71 490 Burrell 2007, p. 240

106. Hierapolis, Santuario di Apollo

53 500 Burrell 2007, p. 240

107. Sardi E 5 500 Trésors 2006, n. 277

108. Sardi 1982 695 520 Burrell 2007

109. Sardi D 120 520 Burrell 2007, p. 240; Trésors 2006, n. 278

110. Sardi H 36 + 1 M di Ana-stasio o di Giu-stino I e 1 Є di Giustino I

520 Trésors 2006, n. 279

111. Hierapolis, Casa dei Capi-telli Ionici

111 550 Camilleri 2010, pp. 58-61

112. Sardi K 11 + 1 K e 1 I di Giustiniano I

550 Trésors 2006, n. 281

113. Sardi L 13 + 1 I di Giusti-niano I

550 Trésors 2006, n. 280

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 315

VIcIno orIente

114. Beirut 4 8 470 Butcher 2003, p. 281

115. Hama 904 470 RIC, X, p. cxliii

116. Beirut 2377 490 RIC, X, p. cxxxi

117. Cafarnao Sala della Preghiera

2292 490 RIC, X, p. xxxiii; Arslan 1997, p. 246

118. Libano 9530 490 RIC, X, p. cxlviii

119. Beirut 5 32 500 Butcher 2003, pp. 281-282

120. Cafarnao Trincee XII, XIV

23245 500166 RIC, X, p. cxxxiii; Arslan 1997, Cal-legher 2007, pp. 52-57

121. Incerto 170 +? 500 Coll. Ravazzano, Museo Bottacin Padova

122. Libano 1992 476 + 520 Phillips, Tyler-Smith 1998

123. Cipro 242 540 Asolati 2012, pp. 303-320

124. Baalbek 199 550 RIC, X, p. cxxx

125. Gush Halav 1953 550 Bijovski 1998

126. Israele 19 + 550 Asolati 2012, pp. 40-43

eGItto

127. Egitto 2 43 480 RIC, X, p. cxxxviii

128. Egitto 3 943 480 RIC, X, p. cxxxviii

129. Egitto 4 339 480 RIC, X, pp. cxxxviii-cxxxix

130. Qau el-Kebir 2741 490 Milne 1926

131. Hawara 1300 ca. 500 Morisson 2001, p. 166

afrIca settentrIonale

132. Cartagine (Algeri) 769 470 Mostecky 1997, Morisson 2001, p. 166

133. Bou Lilate 108 ess. x g 30,48

108 minimi anoni-mi con Vittoria

480 Deloum 1990, p. 969; Morisson 1980, p. 245; Morisson 2001, p. 166

134. Byrsa media 0,38 705 minimi anoni-mi con Vittoria

480 Morisson 1980, p. 245; Deloum 1990, p. 969

135. Aïn Merane 305 490 RIC, X, p. cxxix; Morisson 2001, p. 166

136. Nador 1131 490 Salama 1989; Morisson 2001, p. 167

137. Tipasa Villa des Frescques C 1558 490 RIC, X, p. clxii; Morisson 2001, p. 167

138. Tipasa Trésor A 140 490 Turcan 1984, pp. 13-20

166 In Arslan 1997 il deposito viene datato al regno di Zenone. Una recente revisione del materiale da questi contesti, però, sposta la cronologia di chiusura all’età di Anastasio: per questi nuovi dati, ancora inediti, ringraziamo sentitamente Bruno Callegher che li sta elaborando in funzione di una prossima pubblicazione.

MICHELE ASOLATI316

139. Tipasa Trésor B 123 490 Turcan 1984, pp. 14-26

140. Gargaresh 400 ca. 490 Asolati 2012, pp. 283-302

141. Cartagine (Museo di Car-tagine)

3418 500 Morisson 1980, p. 243; Deloum 1990, p. 964

142. Douamès 100 ca. 500 Morisson 1980, p. 244; Morisson 2001, p. 166; Deloum 1990, p. 964

143. M’Sila 14844 500? Deloum 1990, RIC, X, p. cliii; Moris-son 2001, p. 166

144. Orléansville 600 + 500 Morisson 1980, p. 244; Morisson 2001, p. 167; Deloum 1990, p. 963

145. Sidi Aïch 873 minimi anoni-mi con Vittoria

500 Morisson 1980, p. 245; Morisson 2001, p. 167; Deloum 1990, p. 969

146. Aïn Kelba 1252 520 Morisson 1980; Morisson 2001, p. 166; Deloum 1990, p. 967

147. Le Hamma 1668 520 Morisson 1980, p. 240; Morisson 2001, p. 166; Deloum 1990, p. 967

148. Negrine 2200 ca. 520 Deloum 1990, p. 963

149. Leptis Magna 1671 550 Goodchild 1976, pp. 116-117

150. Tiddis 690 + 2 AE di Era-clio intrusive

550 Morisson 1980, p. 244; Morisson 2001

QUESTIONI DI FIDUCIARIETÀ: LA TESAURIZZAZIONE DEL NUMMO E LE RIFORME MONETARIE 317

Fig. 1. 1-6) Nummi di Anastasio della Raccolta Ravazzano conservati presso il Museo Bottacin di Padova; 7-8) nummi di Anastasio, già ascritti a Giustiniano I (da MIBE, I, tav. 27, nn. N63 e NN63); 9-10) nummi di Giustino I (Classical Numismatic Group, Electronic Auction 246, 15 December 2010, lotto n. 494; Classical Numismatic Group, Electronic Auction 243, 27 October 2010, lotto n. 534); 11) nummo di Maurizio Tiberio della zecca di Cartagine (Classical Numismatic Group, Electronic Auction 147, 6 September 2006, lotto n. 490).

1 2 3

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