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Riassunto completo libro Diritto dei Lavori - G Santoro Passerelli

Date post: 16-Jan-2023
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FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO Dopo la caduta dell’ordinamento fascista, i contratti collettivi i contratti collettivi corporativi sono stati sostituiti da quelli di diritto comune che non hanno più valore di atti normativi ma natura negoziale, e nonostante abbiano efficacia limitata tra le parti di tutti gli atti di autonomia privata, estendono i loro effetti anche al di là del loro ambito di applicazione soggettivo e sono comunque inderogabili dalla volontà delle parti del contratto individuale. La giurisprudenza ha sempre svolto una funzione suppletiva rispetto al legislatore, ed è quindi considerata alla stregua di una fonte del diritto del lavoro. Normativa internazionale in materia di lavoro Organizzazione internazionale del lavoro della quale fanno parte gli Stati membri dell’ONU, svolge un’attività normativa in materia di lavoro attraverso emanazione di raccomandazioni e la predisposizione di progetti di convenzioni. I suoi atti in materia di diritti sindacali, di tutela antidiscriminatoria, eguaglianza tra lavoratori ecc. hanno avuto un’influenza relativa sull’evoluzione del diritto del lavoro italiano. Influenza penetrate l’ha avuta invece la normativa comunitaria. Dopo l’Atto Unico Europeo e il Trattato di Maastricht è riconosciuta all’UE una competenza crescente e autonomia in materia di lavoro ed è previsto un coinvolgimento crescente delle parti sociali nei processi di formazione delle norme comunitarie. È assente un sistema compiuto di regole del diritto del lavoro europeo e ci sono varie divergenze sulle tecniche di regolazione tra coloro che privilegiano l’assetto di un’Europa sociale fondato su un sistema di regole rigide e vincolanti e coloro che auspicano il rafforzamento di soft law. Tra gli obiettivi del Trattato dell’UE c’è la promozione di un elevato livello di occupazione; l’art 151 indica come obiettivi della politica sociale comunitaria il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, promozione dell’occupazione, protezione sociale adeguata, dialogo sociale = avanzamento delle fonti comunitarie in materia sociale. L’occupazione e la tutela del lavoro sono diventati valori fondanti della Comunità. Gli atti emanati dall’UE dispiegano efficacia nell’ordinamento degli stati membri in diversa guisa. In particolare, i regolamenti, contenenti precetti generali e astratti, tendono a uniformare le legislazioni nazionali, mentre le decisioni sono riferite a situazioni specifiche; entrambi sono applicabili direttamente nei confronti degli stati e degli individui e prevalgono su norme di diritto interno eventualmente difformi. Le direttive invece devono essere recepite in
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FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORODopo la caduta dell’ordinamento fascista, i contratti collettivi i

contratti collettivi corporativi sono stati sostituiti da quelli di diritto comune che non hanno più valore di atti normativi ma natura negoziale, e nonostante abbiano efficacia limitata tra le parti di tutti gli atti di autonomia privata, estendono i loro effetti anche al di là del loro ambito di applicazione soggettivo e sono comunque inderogabili dalla volontà delle parti del contratto individuale.

La giurisprudenza ha sempre svolto una funzione suppletiva rispetto al legislatore, ed è quindi considerata alla stregua di una fonte del diritto del lavoro.

Normativa internazionale in materia di lavoro Organizzazione internazionale del lavoro della quale fanno parte gli Stati membri dell’ONU, svolge un’attività normativa in materia di lavoro attraverso emanazione di raccomandazioni e la predisposizione di progetti di convenzioni. I suoi atti in materia di diritti sindacali, di tutela antidiscriminatoria, eguaglianza tra lavoratori ecc. hanno avuto un’influenza relativa sull’evoluzione del diritto del lavoro italiano.

Influenza penetrate l’ha avuta invece la normativa comunitaria. Dopo l’Atto Unico Europeo e il Trattato di Maastricht è riconosciuta all’UE una competenza crescente e autonomia in materia di lavoro ed è previsto un coinvolgimento crescente delle parti sociali nei processi di formazione delle norme comunitarie. È assente un sistema compiuto di regole del diritto del lavoro europeo e ci sono varie divergenze sulle tecniche di regolazione tra coloro che privilegiano l’assetto di un’Europa sociale fondato su un sistema di regole rigide e vincolanti e coloro che auspicano il rafforzamento di soft law. Tra gli obiettivi del Trattato dell’UE c’è la promozione di un elevato livello di occupazione; l’art 151 indica come obiettivi della politica sociale comunitaria il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, promozione dell’occupazione, protezione sociale adeguata, dialogo sociale = avanzamento delle fonti comunitarie in materia sociale. L’occupazione e la tutela del lavoro sono diventati valori fondanti della Comunità.

Gli atti emanati dall’UE dispiegano efficacia nell’ordinamento degli stati membri in diversa guisa. In particolare, i regolamenti, contenenti precetti generali e astratti, tendono a uniformare le legislazioni nazionali, mentre le decisioni sono riferite a situazioni specifiche; entrambi sono applicabili direttamente nei confronti degli stati e degli individui e prevalgono su norme di diritto interno eventualmente difformi. Le direttive invece devono essere recepite in

atti interni dei Paesi membri; nel caso in cui lo Stato non provveda ad attuare la direttiva nei termini stabiliti, il privato cittadino ha diritto a risarcimento da parte dello Stato.

Norme costituzionali in materia di lavoro già nel primo articoloviene riconosciuto al lavoro un valore fondante della Repubblica e garantito un sistema di tutele. Nel 2001 ci sono state alcune modifiche tra cui la sostituzione dell’art. 117. Il nuovo testo, in materia di ripartizione delle materie tra Stato e Regioni, elenca tassativamente le materie soggette alla legislazione statale, includendovi l’ordinamento civile; si può ritenere ragionevolmente che tra i rapporti privatisi possono includere sicuramente la disciplina del rapporto individuale di lavoro e il diritto sindacale nella sua dimensione privata. Legislazione regionale affida alla legislazione concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro tutti i provvedimenti diretti a promuovere l’occupazione.

La disciplina del 1924 ha introdotto il diritto sindacale in azienda riconoscendo ad esso una serie di diritti e prerogative e ha innovato sensibilmente la disciplina codicistica del rapporto di lavoro.

Usi distinzione tra usi normativi e usi aziendali, che sono usinegoziali. Quest’ultimi si concretano nella concessione generalizzata di trattamenti non previsti da altre fonti e quindi integrano il contenuto del contratto individuale, potendo questo essere modificato solo con il consenso del lavoratore che ne è il destinatario. Secondo una recente giurisprudenza, gli usi aziendali farebbero sorgere in capo ai datori di lavoro un obbligo unilaterale di carattere collettivo produttivo di effetti giuridici sui singoli rapporti individuali di lavoro.

Fonti del rapporto di lavoro sono il contratto individuale, il contratto collettivo e la legge. Le ultime due assolvono a una funzione di integrazione , specificazione e miglioramento delle tutele previste dalla legge. Per il contratto individuale esiste limitazione dello spazio, ma in ogni caso al lavoratore viene riconosciuta la libertà do accettare o rifiutare la proposta di assunzione del datore.

I trattamenti più favorevoli pattuiti a livello individuale prevalgono sulle clausole del contratto collettivo.

I trattamenti collettivi possono essere invece modificati anche in senso peggiorativo da un contratto di livello inferiore(contratto aziendale rispetto al contratto nazionale).

Il contratto collettivo non può prevedere trattamenti meno favorevoli rispetto a quelli previsti dalla legge salvo che essa lo consenta; numerose disposizioni legislative hanno attribuito ai contratti

collettivi una funzione integrativa o di completamento del dettato legislativo.

DIRITTO SINDACALE ORIGINI E BASI DEL DIRITTO SINDACALE ITALIANOLa connessione tra attività sindacale e prestazione di lavoro si

realizza storicamente sul piano della fabbrica di tipo fordista. La fabbrica è il luogo dove si costituiscono i primi rapporti di lavoro tra gli operai e il padrone e gli interessi comuni degli operai favorisce la formazione delle prime coalizioni per ottenere migliori condizioni lavorative, andando contro interesse del padrone e arrivando così ai primi scioperi conclusi con la stipulazione dei primi accordi collettivi,denominati concordati di tariffa.

Le prime coalizioni occasionali si sono formate con un duplice scopo : escludere la concorrenza tra gli appartenenti al gruppo e neutralizzare il diverso e minore potere contrattuale che l’operaio come singolo ha di fronte al datore di lavoro. Avevano inoltre anche lo scopo di migliorare la retribuzione.

L’eliminazione della concorrenza al ribasso tra i lavoratori non può prescindere dal’inderogabilità del contratto collettivo. La prevalenza di quest’ultimo su quello individuale resta di tipo obbligatorio e non reale.

Il concordato di tariffa inoltre ha un’efficacia soggettiva limitata agli appartenenti alle coalizioni stipulanti secondo i principi generali in tema di efficacia del contratto. Ma sia le coalizioni che lo sciopero sono strumenti deboli e precari a difesa dei lavoratori. Lo sciopero rimane però una forma di inadempimento contrattuale e quindi possibile causa di licenziamento.

Verso la fine dell’800 le coalizioni tendono a trasformarsi in verie propri sindacati, associazioni di lavoratori che operano in un determinato ramo di industria. Il sindacato assume la forma giuridica dell’associazione quindi, ma si contraddistingue dalle altre forme perchéè portatore di interesse collettivo e non solo comune. Questo interesse collettivo è individuato di volta in volta dallo stesso sindacato. I sindacati sono associazioni volontarie di lavoratori dipendenti in cui gli stessi lavoratori decidono volontariamente di subordinare i loro interessi individuale all’interesse del gruppo.

Con la diffusione dei concordati di tariffa è istituita la magistratura dei probiviri, che decide le controversie di lavoro secondo equità. Questa magistratura predispose una serie di massime, di tutela

degli interessi dei lavoratori che costituiscono una sorta di disciplina applicabile a tutti i casi simili.

Per la prima volta venne istituita nel 1906 da un accordo sindacaletra Fiom e la fabbrica di automobili ITALA la Commissione interna, organismo non associativo interno alla fabbrica, di tutela dei lavoratori.

Le prime forme di regolazione dei diritti e degli obblighi dei lavoratori hanno avuto quindi origine nel contratto individuale e collettivo.

Nel periodo liberale vi fu una forte resistenza agli interventi legislativi, soprattutto perché non vi era consentita la formazione di istituzioni intermedie tra individuo e Stato. Solo con la promulgazione del codice penale Zanardelli venne depenalizzato lo sciopero che perciò si configura come atto penalmente lecito e tuttavia sul piano civile resta un inadempimento.

Nello stesso periodo intervengono le prime leggi di tutela del lavoro; nel 1892 nasce la prima centrale sindacale confederale, la CGIL di ispirazione socialista. Nel 1912 è sancito il principio del suffragio universale limitato ai soli uomini, qualche anno più tardi viene realizzato un primo abbozzo di legge sull’impiego privato e nel 1923 è approvata la legge sull’orario di lavoro.

Nello stato liberale quindi, nel primo periodo vige un regime di sostanziale intolleranza nei confronti dei fenomeni sindacali, mentre il periodo successivo (fino all’avvento del fascismo) è contrassegnato da unregime di relativa tolleranza e di liceità penale dello sciopero.

Con l’avvento del fascismo tutte le libertà vennero limitate. L’ordinamento corporativo fu istituito con la l. 563/1926, che

riconosceva formalmente la libertà sindacale, perché consentiva la costituzione di più sindacati, legittimava però il governo ad attribuire personalità giuridica di diritto pubblico ad un solo sindacato a condizione che raggruppasse il 10% della categoria di riferimento., categoria determinata dallo stesso governo autoritativamente; il sindacato riconosciuto aveva la rappresentanza legale di tutti gli appartenenti alla categoria iscritti e non iscritti al sindacato.

Alla fase sindacale seguì la creazione delle corporazioni, enti di diritto pubblico che riunivano al proprio interno le associazioni sindacali contrapposte e provvedevano, sotto controllo governativo, ad una regolamentazione dell’attività economica. Esse emettevano ordinanze corporative.

Il contratto collettivo corporativo stipulato dalle contrapposte associazioni sindacali di categoria riconosciute aveva efficacia erga

omnes. Le norme corporative erano considerate fonte di diritto dal Codicecivile del 1942. Il contratto collettivo era inderogabile in peius dalle pattuizioni individuali e aveva anche una funzione uniformante (le clausole potevano essere modificate da quelle del contratto individuale acondizione che contenessero speciali condizioni più favorevoli).

I conflitti non potevano essere risolti attraverso l’autotutela perché lo sciopero e la serrata erano considerati delitti contro l’economia pubblica , ma dovevano essere composti da una speciale magistratura del lavoro composta da magistrati ed esperti che giudicavanosecondo equità. Le sentenze corporative avevano efficacia nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria e non solo nei confronti degli iscritti.

L’ordinamento corporativo fu soppresso nel 1943 quando fu siglato il primo accordo sindacale che ricostruiva l’istituto della commissione interna. Vennero mantenute in vigore le norme contenute nei contratti collettivi salvo successive modifiche.

Con la Costituzione del 1948 nasce lo Stato sociale che riconosce spazio alle società intermedie, come i partiti, i sindacati. L’art. 39 stabilisce il principio di libertà sindacale come libertà tipica rispettoa quella associativa; esso inoltre è considerato il fondamento dell’autonomia collettiva di diritto comune tra libere e contrapposte organizzazioni sindacali di lavoratori e datori di lavoro.

L’ar. 40 Cost. ha introdotto lo sciopero., che non è più un inadempimento ma determina la sospensione di entrambe le obbligazioni: quella di lavorare e quella retributiva.

Anni 50 – dibattito sull’opportunità o meno di continuare a utilizzare le categorie pubblicistiche o privatistiche per interpretare il nuovo diritto sindacale. Prevalse la ricostruzione privatistica di Francesco Santoro Passarelli, che in quel momento costituì un’efficace barriera alle tendenze neocorporative e che corrispose in modo soddisfacente ai bisogni e alle aspettative di autoregolazione delle grandi centrali sindacali preoccupate di difendere la loro autonomia. Ebbe quindi scarso seguito la tesi di Calamandrei, della titolarità collettiva del diritto di sciopero.

Negli anni 60 un ruolo importante ebbe anche la teoria dell’ordinamento intersindacale di Gino Giugni che integrò quella privatistica e chiarì le peculiarità e le dinamiche interne dei rapporti sindacali.

Attualmente si è riacceso il dibattito sulla natura del contratto collettivo e sulla possibile collocazione di questo nel sistema delle fonti di diritto. La dottrina pubblicistica sostiene da tempo la natura

del contratto collettivo di diritto comune e la possibilità di inquadrarlo tra le fonti del diritto. Questa tesi viene argomentata sullabase del principio di effettività e del tasso di osservanza e di accettazione del contratto collettivo, nonché sull’opinio iuris volta a fondare l’obbligatorietà della sua applicazione anche ai non iscritti alle associazioni stipulanti. Tale tesi però è contestata da quella privatistica che ribadisce la natura privata degli interessi collettivi destinati a prevalere su quelli individuali ed osserva come la previsionedi sanzioni ed incentivi di una disciplina sindacale presupponga l’efficacia limitata del contratto collettivo.

Interesse collettivo si distingue secondo la dottrina privatistica da quello comune perché il primo è un interesse che supera etrascende quelli individuali e perché è indivisibile. Il limite di questaricostruzione sta nell’avere ipostatizzato questo interesse e avere ad esso riconosciuto un valore ontologico. L’interesse è collettivo se tale lo considera il gruppo.

L’interesse collettivo prevale su quelli individuali, quindi il contratto collettivo prevale su quello individuale e le clausole del primo non possono essere derogate in peius dalle clausole del secondo, incaso contrario sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, mentre prevalgono sul contratto collettivo solo quelle del contratto individuale che sono più favorevoli .

Accanto all’autonomia privata individuale il nostro ordinamento riconosce spazio all’autonomia privata collettiva diretta a regolare non già interessi individuali degli appartenenti all’organizzazione sindacalema l’interesse collettivo degli stessi. L’autonomia collettiva però non ricava la sua legittimazione dall’autonomia dei singoli che volontariamente subordinano i loro interessi a quello del gruppo ma direttamente dall’art. 39 cost, che sancisce la libertà di organizzazionesindacale.

Attualmente il diritto sindacale repubblicano è contrassegnato oltre che dal principio di autonomia privata collettiva, anche da quello dell’effettività sindacale.

Nel nostro ordinamento l’attività sindacale come lo sciopero è delimitata da una frontiera mobile che estende o restringe il proprio territorio in ragione di rappresentatività del sindacato in un determinato momento e contesto. Storicamente il sindacato è stato negoziatore di contratti e perciò l’attività negoziale rientra tra i compiti del sindacato e costituisce attività sindacale. Quest’ultima non si esaurisce nella proclamazione degli scioperi e nella stipulazione dei

contratti però, ogni altra attività può essere considerata sindacale se il sindacato ha il consenso e quindi la forza di farla valere come tale.

Dopo la caduta dell’ordinamento corporativo, solo lo sciopero economico o per fini contrattuali era considerato legittimo e solo successivamente è stato considerato tale lo sciopero di imposizione politico-economica (contro il Governo). Nessuno ha messo in discussione lo sciopero dei magistrati anche se ci sono dubbi sulla legittimità di questo perché la magistratura è uno dei poteri sovrani.

Nel diritto sindacale quindi è rilevante il principio di effettività dell’attività sindacale, in base al quale il sindacato esercita un potere di fatto cui è connessa una responsabilità politica e non giuridica su materie che le organizzazioni sindacali riescono ad acquisire in un determinato momento e contesto storico.

Nel sistema sindacale repubblicano il sindacato è configurato come associazione privata non riconosciuta mentre la categoria non preesiste al sindacato ma è determinata dalle parti e quindi è un posterius rispetto al sindacato. E di solito indica l’attività merceologica assuntadalle parti come parametro per determinare l’ambito di applicazione del contratto collettivo rispetto ad una medesima categoria intesa come attività merceologica possono esistere una pluralità di sindacati (di categoria).

Il pluralismo sindacale italiano ha diverse origini, prima delle quali la natura ideologica. La Cgil, dopo l’entrata in vigore della Costituzione si è scissa in Cisl e Uil. Il sindacalismo autonomo nel pubblico impiego ha dato nascita alla Cobas. Il sindacalismo italiano è di tipo competitivo, persegue quindi obiettivi non soltanto contrattuali ma anche di carattere sociale.

In Italia i sindacati confederali hanno preferito mantenere la loroidentità e non hanno mai operato in concreto. La Cisl ha la propensione avalorizzare il sindacato di associazione quindi gli iscritti mentre la Cigl il movimento e cioè i lavoratori indipendentemente dalla loro iscrizione; nel 1972 è stato stipulato un atto federativo tra Cgil, Cisl e Uil che individuava nei consigli di fabbrica l’istanza sindacale di base delle tre confederazioni . Negli ultimi anni però ci sono stati diversi conflitti tra i sindacati fino ad arrivare a forme di contrattazione separata a livello nazionale, con la stipula di un secondocontratto nazionale di categoria dei metalmeccanici nel 2009 siglato solodalla FimCisl e Uilm e non anche dalla Fiom Cigl e solo di recente sembrano essere stati superati i contrasti.

L’art. 46 cost. prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda. È una norma totalmente inattuata.

Le relazioni sindacali in Italia sono state e sono conflittuali. Esiste una profonda differenza tra cogestione, ossia partecipazione del sindacato negli organi di amministrazione della società e la concentrazione nella quale tutte le parti conservano comunque i loro ruoli in attività che talvolta sono giuridicamente vincolanti e l’informazione e la consultazione che non contraddicono il ruolo antagonista della parte sindacale.

Dopo gli anni 80 si è diffusa la pratica dei diritti di informazione e consultazione del sindacato. Il loro riconoscimento consente al sindacato di conoscere preventivamente nella fase dell’informazione le scelte imprenditoriali e di condizionarle o attraverso il ricorso allo sciopero o avviando con il datore di lavoro una fase di consultazione che può concludersi con accordi sindacali. Questi diritti hanno avuto un notevole riconoscimento e sviluppo nella normativa europea sia con riferimento ai contratti aziendali europei, siaalla disciplina della consultazione nella fase che precede la contrattazione a livello europeo.

LA LIBERTA’ SINDACALEIl diritto sindacale si fonda sul principio della libertà di

organizzazione sindacale. Fonti internazionali importanti sono le convenzioni Oil n. 87 e 98,

intitolate rispettivamente alla libertà sindacale e al diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva. Nella prima si stabilisce che i lavoratori e i datori di lavoro senza alcuna distinzione hanno diritto a costituire, senza autorizzazione preventiva da parte dello Stato, organizzazioni sindacali che non possono essere sciolte da provvedimenti autoritativi; nella seconda viene stabilito che i lavoratori hanno diritto di essere garantiti contro qualsiasi discriminazione con la quale il datore di lavoro tenti di compromettere la libertà sindacale.

In ambito europeo i diritti del lavoro hanno trovato progressivo riconoscimento negli ultimi atti normativi dell’UE. I diritti riconosciuti della Carta dei diritto fondamentali, così come quelli dei Trattati non possono essere intaccati dalla legislazione nazionale.

Tra le fonti interne la principale è la Costituzione che nell’art. 39 sancisce il diritto della libertà di organizzazione sindacale. Esso riconosce ad ogni cittadino lavoratore il diritto di svolgere attività sindacale e di costituire o aderire a strutture sindacali ; ai sindacati viene riconosciuto il diritto di organizzarsi con strutture che hanno diversa forma giuridica, associativa e non associativa e secondo criteri

di aggregazione diversi. La libertà sindacale rileva come libertà dell’organizzazione sindacale e ha una dimensione individuale e una collettiva.

L’art. 39 riconosce ai sindacati il potere di regolare da sé i propri interessi attraverso la stipula di contratti collettivi con il singolo datore di lavoro o con la contrapposta associazione di datori di lavoro.

Un terzo profilo della libertà sindacale è la libertà di inquadramento, determinata dagli stessi sindacati (categoria merceologica utilizzata come parametro per determinare il contratto collettivo da applicare).

La libertà sindacale vieta al datore di lavoro di compiere atti idonei a limitare l’esercizio della libertà sindacale dei lavoratori allesue dipendenze e all’interno del singolo rapporto di lavoro essa tutela ilavoratori contro le discriminazioni per ragioni sindacali da parte del datore di lavoro.

Statuto dei lavoratori rileva distinzione tra libertà e attività sindacale. L’art. 14 garantisce a tutti i lavoratori il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività all’interno dei luoghi di lavoro.

Differenza tra attività e atto sindacale: la prima è una sequenza di atti temporalmente collegati alla realizzazione di un obiettivo o di un risultato, mentre il secondo individua un segmento dell’attività ma può anche rappresentare il risultato dell’attività medesima.

Nel nostro ordinamento la garanzia della libertà sindacale si estende anche al lavoratore che non aderisce ad alcuna organizzazione sindacale e che non esercita alcuna attività sindacale. Sono titolari della libertà sindacale anche i lavoratori subordinati e i loro sindacatimentre si pone il problema della titolarità di tale libertà in capo ai lavoratori autonomi per due ragioni : non omogeneità degli interessi perseguiti dagli stessi lavoratori autonomi e per la scarsa propensione degli stessi a organizzarsi sindacalmente.

Ai dipendenti pubblici è ormai riconosciuta sia la titolarità dellalibertà sindacale che l’esercizio del diritto di sciopero. Ci sono alcunelimitazioni però nei confronti dei militari e degli appartenenti alla polizia. I primi non possono costituire associazioni sindacali o aderire ad altre associazioni sindacali e esercitare diritto di sciopero, militari di leva però possono rimanere iscritti nelle associazioni senza svolgere attività sindacale mentre sono in servizio. Essi hanno comunque organi rappresentativi. Per quanto riguarda gli appartenenti alla poliziadi Stato essi possono costituire sindacati, ma non possono unirsi in più

ampie organizzazioni sindacali e non possono esercitare diritto di sciopero.

Il principio della libertà sindacale è riferibile anche all’imprenditore e alle associazioni degli imprenditori.

A livello aziendale il datore di lavoro tratta le condizioni di lavoro dei proprio dipendenti direttamente con il sindacato dei lavoratori e soddisfa un interesse tipicamente individuale che è quello al profitto. I singoli lavoratori debbono necessariamente riunirsi in un gruppo per concludere un contratto collettivo e solo con la stipula di questo è soddisfatto da parte loro l’interesse collettivo.

LIBERTA’ SINDACALE COME LIBERTA’ DI ORGANIZZAZIONESINDACALE

SEZIONE II lavoratori sono liberi di costituire strutture sindacali

associative e non associative. Tra quelle associative la più importante èil sindacato; esistono strutture sindacali non associative, o perché carenti di stabilità o perché assunte da soggetti che vogliono mantenere la loro libertà di azione rispetto alle associazioni sindacali. Esempi del primo tipo sono le coalizioni operaie sorte per stipulare i concordati di tariffa e i comitati unitari di base, mentre del secondo tipo i Cobas dei macchinisti delle ferrovie.

Le associazioni sindacali sono regolate dal diritto comune quali leassociazioni non riconosciute. Il sindacato tuttavia ha una sua tipicitàin virtù della natura collettiva dell’interesse perseguitato, distinta dall’interesse comune che contraddistingue di norma il genus dell’associazione non riconosciuta. Quest’ultima è regolata solo per pochi aspetti dal codice civile. Si deve distinguere responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale delle associazioni nei rapporti individuali e nei rapporti collettivi. Rispetto ai primi si devono distinguere rapporti interni da quelli esterni. Riguardo i rapporti interni l’ordinamento interno e l’amministrazione sono regolati dagli accordi degli associati. I mezzi patrimoniali non costituiscono substrato necessario dell’organizzazione sindacale, e anchedove esistono il giudice non può sindacare in merito alle controversie sulla riscossione tra associati perché violerebbe la libertà di organizzazione sindacale. Rispetto ai rapporti individuali che il sindacato pone in essere nei confronti dei terzi è configurabile una responsabilità contrattuale del sindacato. Il contratto concluso dal

rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato produce direttamente effetti nei suoi confronti.

Il funzionamento interno dei sindacati è regolato dalle disposizioni contenute negli atti costitutivi e nei relativi statuti. Il lavoratore che si iscrive al sindacato si obbliga a osservare lo statuto,pagare i contributi e a uniformarsi alle deliberazioni sindacali. Il lavoratore iscritto esercita i suoi diritti da associato ed esiste sempreun’effettiva democrazia sindacale, dove le politiche sindacali sono decise dagli organi di vertice del sindacato ma approvate dagli iscritti.

Il diritto sindacale si occupa anche di certe forme di lavoro autonomo, in particolare nella disciplina sullo sciopero nei servizi essenziali.

Il sindacato si distingue dagli ordini professionali. Quest’ultimi sono organismi pubblici che tutelano lo status del professionista in quanto tale.

Le associazioni degli imprenditori, per resistere alle rivendicazioni sindacali, hanno delineato un’organizzazione di livello categoriale e intercategoriale e anche europeo. A livello intercategoriale le associazioni si aggregano secondo tre settori economici: industriale, agricolo e terziario Confindustria riunisce alproprio interno varie categorie come Federmeccanica (imprese metal meccaniche) o Federchimici. Essa ha come unità base l’associazione provinciale degli industriali. Associazioni simili sono la Confcommercio e Confesercenti.

Gli enti bilaterali sono enti di fatto istituiti dai contratti collettivi e costituiti dai sindacati dei lavoratori e dalle associazionidegli imprenditori che designano i rispettivi rappresentanti negli organidell’ente. Essi hanno la funzione di salvaguardare gli interessi degli uni e degli altri nella gestione e cura delle materie affidate all’ente bilaterale.

SEZIONE III grandi sindacati in Italia hanno una struttura confederale, sono

cioè associazioni intercategoriali che riuniscono a livello nazionale i rispettivi sindacati nazionali delle diverse categorie merceologiche.

I sindacati di categoria riuniscono i lavoratori per ramo di industria prendendo come riferimento organizzativo lo specifico settore produttivo in cui l’impresa opera. In tal modo quindi il sindacato organizza i lavoratori per categoria merceologica , a prescindere dai diversi mestieri e all’interno di ogni categoria possono essere presentipiù sindacati .

Nel sistema corporativo la categoria preesisteva al sindacato, nel sistema attuale il sindacato preesiste alla categoria. I sindacati nazionali delle diverse categorie riuniscono al proprio interno sindacatiregionali e questi a loro volta riuniscono quelli provinciali.

Esiste anche una struttura intercategoriale territoriale che riunisce i sindacati provinciali di diverse categorie merceologiche in ambito provinciale.

Il sindacato di mestiere tipico delle prime forme di associazionismo operaio ha come punto di riferimento l’attività lavorativa prestata dai singoli lavoratori. Il mestiere è stato il primo criterio di aggregazione del sindacato.

Il ramo di industria invece è un criterio di aggregazione che soddisfa solidarietà più ampie poiché raggruppa tutti i lavoratori di un determinato settore produttivo a prescindere dalle mansioni.

In Italia il sindacato esterno all’azienda ha avuto una struttura essenzialmente confederale e la struttura aziendale si forma su base elettorale, rappresentando tutti i lavoratori dell’azienda. La commissione interna rappresenta l’espressione più antica di questo tipo di rappresentanza; essa era un organismo sindacale di matrice aziendale costituito da un determinato numero di seggi commisurato al numero dei dipendenti dell’azienda. I seggi erano ripartiti tra le liste in misura proporzionale ai voti conseguiti. Nel periodo autunno caldo 1968-1969 la commissione interna non fu più in grado di raccogliere forte domanda di partecipazione dei lavoratori ed emersero due linee di politica sindacale: la prima (Cisl) favorevole a mantenere anche all’interno dell’azienda una struttura sindacale associativa e la seconda (Cgil), sosteneva l’apertura dei sindacato anche nei confronti dei lavoratori noniscritti. Tali tipi di struttura sindacale, che sostituirono la commissione interna erano i delegati e il consiglio dei delegati o di fabbrica. Il delegato rappresentava non tutti i dipendenti di un’azienda ma soltanto i lavoratori di un determinato gruppo omogeneo. Esso non doveva essere necessariamente iscritto al sindacato e l’insieme dei delegati dei reparti di un’azienda costituivano il consiglio dei delegati.

Rappresentanze sindacali aziendali art. 19 l. 300/1970: rappresentanze sindacali in azienda possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva. La forma giuridica delle r.s.a. non è regolata dall’art 19. Inoltre un’unica r.s.a può far capo a una pluralità di sindacati esterni.

L’iniziativa dei lavoratori deve essere effettiva e può essere, o preventiva, o può risolversi nell’approvazione o condivisione da parte dei dipendenti delle unità produttive interessate dalle scelte dell’organismo aziendale. L’autonomia collettiva può stabilire requisiti minimi per la valida costituzione delle r.s.a. In mancanza di tali indicazioni numeriche la Corte di Cassazione propende per la valida costituzione della r.s.a anche da parte di un solo lavoratore. Tuttavia la rappresentanza sindacale deve operare nell’ambito del sindacato .

L’unità produttiva deve essere individuata in ogni sede, stabilimento, filiale o ufficio o reparto autonomo che occupi più di 15 dipendenti o anche un numero inferiore ma a condizione che l’impresa occupi complessivamente più di 15 dipendenti nell’ambito dello stesso Comune.

L’accordo interconfederale del 1993 ha istituito le rappresentanze sindacali unitarie. Esso stabilisce che le organizzazioni sindacali firmatarie o che vi aderiscano successivamente acquistano il diritto di promuovere la costituzione delle Rappresentanze sindacali unitarie nonchéil diritto a partecipare alle elezioni, rinunciando formalmente all’istituzione di proprie rappresentanze sindacali. Questa struttura si distingue dal consiglio dei delegati perché anzitutto l’accordo ha accolto il principio della rappresentanza proporzionale ma ha previsto uncorrettivo introducendo rappresentatività bilanciata. Infatti 2/3 dei seggi devono essere ripartiti fra varie liste sindacali in proporzione alnumero dei voti conseguiti da ciascuna lista e il terzo residuo è assegnato obbligatoriamente alle liste presentate dai sindacati firmataridell’accordo interconfederale e del CCNL applicato nell’azienda e alla sua copertura mediante elezione o designazione in proporzione ai voti ricevuti. Questa disposizione serve a tutelare le ragioni del sindacato associazione. Le elezioni sono valide se ad esse partecipa il 50% più unodei lavoratori dell’azienda aventi diritto, tuttavia a seconda della questione da discutere il quorum può essere modificato.

La durata del mandato è triennale e non sono consentite proroghe. All’accordo possono aderire organizzazioni non affiliate alle confederazioni che hanno sottoscritto l’accordo all’origine e l’adesione costituisce titolo per partecipare alle elezioni presentando una propria lista a condizione che abbiano sottoscritto il contratto collettivo nazionale.

Le r.s.u. succedono alle r.s.a. nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali del titolo II dello St. lav. e nella titolarità dei poteri e delle funzioni.

I sindacati firmatari riservano a se una parte dei diritti sindacali al fine di essere presenti in azienda direttamente e non solo attraverso le r.s.u. per quanto attiene il diritto di indire l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro per 3 delle 10 ore annue retribuite spettante a ogni lavoratore; diritto ai permessi non retribuiti e al diritto di affissione.

Esistono due clausole nel contratto interconfederale. La prima prevede la riserva che indica la volontà dei sindacati firmatari di conservare a se medesimi una quota di diritti sindacali.

Differenze tra r.s.a. e r.s.u. diversa composizione= r.s.a. hannodirigenti nominati dalle organizzazioni sindacali mentre le r.s.u. sono eletti dai lavoratori nella misura dei 2/3. Il mandato elettorale non è assimilabile al mandato associativo; quest’ultimo evoca e suppone la rappresentanza dei dirigenti della r.s.a. al sindacato, mentre il mandato elettorale evoca rappresentanza politica e istituisce un collegamento tra componente eletto e lavoratori iscritti e non iscritti.

Natura della r.s.u.= collegiale. I componenti delle r.s.u. e non già la r.s.u., subentrano ai dirigenti delle r.s.a. nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali.

Possono essere costituite rappresentanze sindacali aziendali nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva. La sottoscrizione di un contratto collettivo anche solo aziendale abilita ilsindacato ad essere ambito di riferimento per la costituzione di una r.s.a.

Il testo originario dell’art. 19 l. 300/1970 prevedeva che le r.s.apotevano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale e delle associazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali o provinciali.

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle aziende fino a 15 dipendenti è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno; in quelle con numero di dipendenti maggiore di 15 egli deveessere eletto all’interno delle rappresentanze sindacali in azienda. Il contratto collettivo stabilisce il numero e le modalità di elezione, le funzioni e la retribuzione. Il rappresentante per la sicurezza ha dirittoa ricevere una formazione adeguata, elabora misure idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, riceve dalle aziende documentazione necessaria riguardante i rischi. Egli non può subire alcunpregiudizio per lo svolgimento delle sue funzioni e gode delle stesse tutele riconosciute alle rappresentanze sindacali aziendali.

SEZIONE II – RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITA’ AZIENDALE La rappresentatività indica l’idoneità del sindacato ad aggregare

consenso, a rappresentare in senso atecnico gli interessi di una collettività di lavoratori più ampia degli iscritti.

La rappresentanza invece è un istituto giuridico che assume precisisignificati e produce effetti precisi a seconda della sua qualificazione giuridica.

In Italia è sorta prima la rappresentanza sindacale intesa come potere del sindacato di compiere atti in nome e per conto degli associatie poi la rappresentatività, intesa come giudizio di valutare l’importanzadel sindacato in base a determinati parametri o indici per risolvere eventuali contrasti tra i sindacati.

Secondo l’art. 39 Cost., la rappresentatività del sindacato è misurata dal numero degli iscritti e ciascun sindacato ha un potere contrattuale proporzionato alla propria consistenza associativa.

La maggiore rappresentatività del vecchio art. 19 era riconosciuta in via presuntiva alle associazioni sindacali per il fatto stesso di essere aderenti alle Confederazioni maggiormente rappresentative; “maggiormente” indicava una soglia al di sopra della quale tutti i sindacati erano egualmente rappresentativi.

La maggiore rappresentatività entrò in crisi quando la crisi di rappresentatività del sindacato ha incrinato l’unità di azione delle confederazione Cgil, CIS, Uil; anche la crescita dei sindacati autonomi contribuì alla crisi della maggiore rappresentatività.

L’accordo interconfederale del 1993 ha introdotto il principio della rappresentatività effettiva e cioè proporzionale al numero dei voticonseguiti da ciascuna lista sindacale che partecipa alle elezioni delle rappresentanze sindacali in azienda. La rappresentatività dei sindacati confederali e nazionali è misurata in ciascuna azienda attraverso l’elezione delle rappresentanze sindacali unitarie (misurabile a livello aziendale e non nazionale).

Con il referendum del 1995 l’unico indice di riconoscimento della rappresentatività è direttamente indicato dal legislatore nella stipulazione del contratto collettivo. Ne consegue che i sindacati che non sottoscrivono il contratto non sono legittimati a costituire tali strutture e a esercitare i diritti derivanti.

Unità produttiva contratti destinati a regolare stabilmente una serie di rapporti di lavoro o a regolare un istituto del rapporto di lavoro (singoli reparti, filiali); i contratti applicati all’unità

produttiva non presuppongono necessariamente l’iscrizione del datore di lavoro all’associazione, ma che egli lo applichi.

La costituzione di una r.s.a. è l’effetto della stipula di un contratto collettivo di lavoro applicato nell’unità produttiva. Le parti,neppure di comune accordo, possono indicare ai fini della costituzione diuna r.s.a. un soggetto diverso da quello che ha sottoscritto il contrattocollettivo.

La sottoscrizione da parte del datore di lavoro del contratto collettivo non è un atto arbitrario del medesimo ma il più delle volte della rappresentatività dei sindacati dei lavoratori.

Nelle aziende in cui siano costituite r.s.u. con le quali il datoredi lavoro abbia già stipulato un contratto aziendale, i sindacati aziendali che non abbiano aderito all’accordo interconfederale del 1993 onon abbiano sottoscritto il contratto nazionale difficilmente potranno costituire nel proprio ambito r.s.a. perché il datore di lavoro non avrà interesse a stipulare con essi un contratto distinto e comunque più favorevole di quello stipulato con le r.s.u. .

L’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 sembra introduca una soglia di rappresentatività per essere ammessi alle trattative per la stipula del contratto nazionale. Le parti sociali hanno dichiarato nelle premesse dell’Accordo di voler definire pattiziamente le regole in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Secondo l’Accordo sono ammesse alle trattative le associazioni che abbiano nel settore una rappresentatività non inferiore al 5% considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo si calcola percentualmente rapportando ledeleghe conferite dai lavoratori ad ogni associazione al totale delle deleghe conferite nel settore; il dato elettorale invece si calcola percentualmente rapportando i voti ottenuti da ciascuna associazione sindacale nelle elezioni delle r.s.u. con il totale di voti espressi. La soglia di rappresentatività non inferiore al 5% per l’ammissione alle trattative si ottiene sommando i valori percentuali relativi al dato associativo e al dato elettorale e dividendo per due il risultato ottenuto.

Il “sindacato comparativamente più rappresentativo” servirebbe a selezionare non tanto i soggetti quanto il contratto, tra i più contratticollettivi stipulati nell’ambito della stessa categoria, al quale la legge riconosce determinati effetti legali.

SEZIONE IV

Art. 14 St. lavoratori riconosce a tutti i lavoratori il diritto disvolgere attività sindacale nei luoghi di lavoro mentre l’art. 19 individua i soggetti sindacali ai quali sono riconosciuti dalle norme successive dello Statuto una serie di diritti che contribuiscono a rendere effettivo l’esercizio dell’attività sindacale sia dei lavoratori che dei sindacati che abbiano certi requisiti. L’esercizio di questi diritti mette in risalto la distinzione concettuale che intercorre tra libertà e attività sindacale; può esistere la prima e non anche la seconda. I confini della liceità penale dell’attività sindacale coincidono con quelli indicati dalla Corte Costituzionale a proposito dello sciopero politico.

Legittimate ad indire l’assemblea sul luogo di lavoro sono le r.s.a. anche nella forma del consiglio di fabbrica e le r.s.u. costituitepresso le aziende in cui trova applicazione l’accordo interconfederale del 1993. Viene stabilito un termine minimo di preavviso, il cui mancato rispetto autorizza il datore di lavoro ad opporsi allo svolgimento dell’assemblea senza intercorrere in sanzioni. L’assemblea può essere generale o settoriale e può essere indetta congiuntamente o disgiuntamente dalle r.s.a. con l’obbligo di indicare al datore di lavorol’ordine del giorno, che deve riguardare materie di interesse sindacale edel lavoro. L’assemblea può svolgersi fuori o durante l’orario di lavoro,ma in quest’ultimo caso ciascun lavoratore ha diritto a un limite massimodi 10 ore annue retribuite.

La legittimazione ad indire l’assemblea spetta alle r.s.a. o alle r.s.u., quale soggetto collegiale che pertanto decide a maggioranza. Il sindacato che ha stipulato il contratto collettivo nazionale può indire assemblee nei limiti di tre ore annue. Il datore di lavoro ha l’obbligo di consentirne lo svolgimento all’interno dell’azienda e di mettere a disposizione un locale con i servizi necessari e inoltre, con il preavviso necessario, egli deve consentire l’accesso anche ai dirigenti del sindacato esterno che ha costituito la r.s.a.

Il referendum può essere indetto dalle r.s.a. solo congiuntamente esu materie di interesse sindacale e del lavoro e dovrà svolgersi fuori dall’orario di lavoro. Questo è uno strumento di consultazione dei lavoratori e non ha valore vincolante.

Una forma di garanzia particolarmente efficace è costituita dai permessi retribuiti e non retribuiti. Essi spettano, in ragione al numerodei dipendenti dell’azienda, ai dirigenti delle r.s.a. che sono considerati tali in quanto nominati secondo le procedure previste dallo statuto della struttura sindacale. Il diritto ai permessi è potestativo eil suo esercizio determina la sospensione dell’obbligazione lavorativa.

Il datore di lavoro non può sindacare l’uso dei permessi. Questi vengono riconosciuti ai dirigenti nazionali e provinciali dei sindacati maggiormente rappresentativi per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti o l’aspettativa non retribuita per la durata del mandato.

In assenza di limiti stabiliti dal contratto collettivo spetta al giudice quantificare l’entità dei permessi utilizzando come parametro di riferimento gli usi.

Beneficiari dei permessi sono i dirigenti appositamente indicati dalle r.s.a. i quali mantengono il diritto a usufruire per la durata dell’incarico salvo che intervenga la destituzione da parte dell’organizzazione sindacale nel cui ambito si è costituita la r.s.a. Tale destituzione non ha effetto nei confronti dei componenti eletti nella r.s.u., quindi tali lavoratori non decadono dal godimento dei diritti collegati alla qualifica.

L’art. 25 riconosce alle r.s.a. il diritto di affiggere comunicati testi e pubblicazioni di interesse sindacale e del lavoro. Il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre per ciascuna r.s.a., all’interno dell’unità produttiva, appositi spazi e bacheche destinati a questo scopo. Egli non ha il potere di sindacare il contenuto di questi comunicati e nemmeno di rimuoverli.

Nelle aziende con più di 200 dipendenti il datore di lavoro ha l’obbligo di mettere a disposizione delle r.s.a. un locale destinato all’esercizio della loro attività. Quando invece l’azienda ha meno di 200dipendenti, il datore deve mettere a disposizione un locale ogni volta ler.s.a. lo richiedano.

La raccolta di contributi e l’opera di proselitismo sono i diritti riconosciuti dall’art. 26 St. lav. ai lavoratori e alle loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale. In questo caso i diritti non sono riconosciuti solo alle r.s.a. e r.s.u. ma a tuttele organizzazioni sindacali senza compromettere il normale svolgimento dell’attività aziendale da intendersi in concreto con riferimento alla singola azienda e non in astratto. Il secondo e terzo comma dell’art. 26 sono stati abrogati con il referendum del 1995 e questo ha eliminato l’obbligo per il datore di lavoro di effettuare la trattenuta nella bustapaga corrispondente al contributo sindacale dovuto dal lavoratore al sindacato cui è iscritto. Obbligo che è diventato negoziale per i datori di lavoro che abbiano sottoscritto i contratti collettivi che continuano a prevedere questa modalità. Le Sezioni Unite hanno qualificato la cessione della retribuzione per il pagamento dei contributi sindacali come cessione del credito del lavoratore.

Diritti di informazione e consultazione il riconoscimento di tali diritti consente al sindacato di conoscere preventivamente nella fase dell’informazione le scelte imprenditoriali e di condizionarle o attraverso ricorso allo sciopero o avviando con il datore di lavoro una fase di consultazione che può concludersi con accordi sindacali diretti acomporre in via negoziale eventuali ricadute economiche giuridiche e sociali sui rapporti di lavoro derivanti dalle scelte imprenditoriali. L’esercizio di questi diritti non attribuisce un potere di controllo al sindacato ne tanto meno un potere di veto. Essi erano stati creati originariamente dalla contrattazione collettiva, successivamente però sono stati regolati anche dalla legge.

La qualificazione come condotta antisindacale dell’inosservanza da parte del datore di lavoro della procedura di informazione e consultazione sindacale e la conseguente irrogazione della sanzione hannouna duplice conseguenza: da un lato lasciano notevole spazio all’intervento del giudice ( che si ripercuote sull’attività sindacale), dall’altro impongono all’interprete di definire il contenuto della sanzione.

Lo statuto del lavoratori prevede un particolare apparato di tutelaper i dirigenti delle rappresentanze sindacali al fine di assicurare lo svolgimento della loro attività sindacale e garantirli contro eventuali ritorsioni del datore di lavoro. Questa tutela si concreta in una protezione specifica contro i licenziamenti e contro i trasferimenti e vale per un periodo di un anno successivo alla cessione dell’incarico. Sono beneficiari tutti coloro che hanno diritto ad usufruire dei permessisindacali e che possono essere qualificati come dirigenti sindacali. I soggetti tutelati possono essere trasferiti da un’unità produttiva ad un’altra solo previo nulla osta delle associazioni sindacali cui appartengono; senza nulla osta nell’ambito della stessa unità produttiva.

Viene prevista una particolare procedura cautelare per la reintegrazione nel posto di lavoro. Può infatti essere immediata quando elementi di prova portati dal datore di lavoro davanti al giudice siano irrilevanti o insufficienti e il datore che non procede alla reintegrazione va in contro ad una sanzione.

LIBERTA’ SINDACALE COME LIBERTA’ NEGOZIALE E COME LIBERTA’ DI INQUADRAMENTO SINDACALE

In un regime di libertà negoziale le parti sono libere di sceglierela controparte contrattuale; esiste il principio del reciproco accreditamento (mutuo riconoscimento tra le parti).

In caso di contratti collettivi comparativamente più rappresentativi il datore di lavoro è obbligato a convocare per le trattative i sindacati comparativamente più rappresentativi.

La previsione della condotta antisindacale non comporta per il datore di lavoro alcun obbligo a negoziare.

Con la caduta dell’ordinamento corporativo è scomparsa anche la categoria che di quell’ordinamento costituiva il fondamento. Le categorieerano autoritativamente individuate dalla legge, la quale riconosceva ad un unico sindacato la rappresentanza legale di tutti i lavoratori appartenenti ad una determinata categoria.

Nell’ordinamento attuale improntato sulla libertà sindacale il contratto collettivo determina il proprio ambito di applicazione, pertanto la categoria non preesiste giuridicamente al contratto ma è determinata dal contratto (= categoria contrattuale). Sono il datore di lavoro e i lavoratori a determinarne l’ambito di applicazione. L’iscrizione al sindacato però è il criterio che identifica la categoria sindacale, anche se questo non è sempre un dato sufficiente.

L’ambito di applicazione non deve essere confuso con il diverso aspetto dell’efficacia soggettiva del contratto collettivo. Mentre il primo indica l’area dei potenziali destinatari del contratto collettivo econseguentemente i confini entro i quali un determinato contratto collettivo è suscettibile di essere applicato , la seconda individua i lavoratori ai quali il trattamento economico e normativo previsto da un determinato contratto collettivo viene effettivamente applicato.

LIBERTA’ SINDACALE NEL RAPPORTO DI LAVOROLa rilevanza della libertà sindacale nel rapporto individuale di

lavoro impone al datore di lavoro l’obbligo di non discriminare il lavoratore in ragione dello svolgimento dell’attività aziendale.

L’art. 15 St. lav. sancisce la nullità degli atti discriminatori precisando che possono essere qualificati come tali tutti i patti o gli atti diretti a subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizioneche questo aderisca e non aderisca a una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte. Sono discriminatori anche tutti i patti o gli atti che determinano una disparità di trattamento del lavoratore rispetto ad un altro nell’assunzione o nella mancata assunzione, licenziamento trasferimenti ecc.

Le cause discriminatorie possono essere sindacale, politica, religiosa, ma anche sesso , razza, lingua, handicap, età, orientamento sessuale o convinzioni personali. La norma vieta sia la discriminazione privativa, cioè tutti gli atti che incidono negativamente sulla sfera

soggettiva del lavoratore discriminato, sia la discriminazione concessiva, cioè tutti gli atti che omettono di ampliare la sfera di diritti del lavoratore discriminato.

Mentre gli atti non vengono nominati e sono quindi un numerus clausus, i motivi discriminatori vengono catalogati e specificati sono quindi tipici e nominati. L’atto discriminatorio è nullo poiché è direttoa pregiudicare un lavoratore in ragione di una delle causali tipizzate dal legislatore.

Lo Statuto ha vietato oltre a discriminazioni che pregiudicano i diritti dei lavoratori altre disparità di trattamento che si concretano nella corresponsione di vantaggi e benefici ai datori di lavoro che tengano un certo comportamento.

L’art. 17 st. lav. vieta ai datori di lavoro e alle associazioni didatori di lavoro di costituire e sostenere organizzazioni sindacali dei lavoratori. La sanzione può comportare non tanto lo scioglimento di questi ma anche la cessazione del sostengo del datore di lavoro al sindacato medesimo

REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALEQuesta disposizione ha un ambito di applicazione amplissimo sia per

quanto riguarda i soggetti sia per quanto riguarda i comportamenti del datore di lavoro vietati.

L’art. 28 assicura la tutela; questa può essere giurisdizionale inibitoria e ripristinatoria dell’interesse sindacale leso, che è garanzia effettiva più efficace.

La scelta del legislatore di limitare la legittimazione a ricorrereai soli organismi locali dei sindacati nazionali è stata di grande equilibrio perché il sindacato quando promuove ricorso deve valutare anche le ricadute che possono derivare dalla propria credibilità.

La fattispecie della condotta antisindacale conferma la funzione dicontropotere al datore di lavoro riconosciuta dal legislatore al sindacato esterno in azienda e prefigura l’intervento del giudice in un’area riservata al rapporto tra le parti.

La condotta del datore di lavoro può essere definita antisindacale quando si oppone al conflitto e non quando si oppone alle pretese del sindacato.

L’art. 28 è una norma in bianco perché non definisce una fattispecie specifica; infatti non garantisce soltanto la tutela dei diritti previsti espressamente dallo Statuto ma in generale l’esercizio effettivo della libertà sindacale, dell’attività sindacale e del diritto di sciopero. I beni oggetto della tutela possono essere lesi da una

varietà di comportamenti e da una serie di modalità che non è possibile prevedere a priori.

Non è considerata condotta antisindacale la cessazione definitiva di un’attività mentre può esserlo il rifiuto ingiustificato di procedere su richiesta dei lavoratori alla trattenuta sullo stipendio dei contributi sindacali, violazione di clausole normative del contratto collettivo. Anche la sostituzione dei lavoratori in caso di sciopero viene considerata condotta antisindacale perché viola direttamente il diritto di sciopero, assunzione di altri lavoratori in luogo di quelli scioperanti.

Non è richiesta la prova dell’intenzionalità del comportamento del datore di lavoro mentre la condotta deve essere oggettivamente idonea a attuare e produrre il risultato vietato dalla legge e consistente nella lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero.

Il requisito dell’attualità della condotta indica l’attualità deglieffetti della condotta.

La condotta antisindacale può colpire l’interesse del sindacato in quanto associazione, l’interesse collettivo dei lavoratori del quale è sempre portatore il sindacato e l’interesse del lavoratore singolo che svolge attività sindacale.

Il comportamento del datore è definito plurioffensivo quando colpisce le prerogative del sindacato e quindi l’interesse sindacale attraverso la lesione dei diritti soggettivi dei singoli lavoratori. Questa condotta mette in evidenza come il sindacato e il singolo possano proporre due giudizi separati : quello per la repressione della condotta antisindacale e quello per la tutela dei diritti soggettivi del singolo lavoratore lesi dalla condotta. Tra le due azioni non c’è alcun nesso di pregiudizialità e possono concludersi diversamente senza che per questo possa configurarsi un contrasto tra i giudicanti.

L’art. 28 legittima solo gli organismi locali dei sindacati nazionali a instaurare il procedimento di repressione della condotta antisindacale. Si tratta di organismi territoriali di categoria a livelloprovinciale. Sono quindi esclusi le r.s.a. e r.s..u. in quanto organismi sindacali aziendali o strutture sindacali aziendali di rappresentanza deilavoratori.

Legittimato passivo è solo il datore di lavoro mentre viene esclusala legittimazione passiva delle associazioni imprenditoriali che abbiano posto in essere comportamenti lesivi. Questo procedimento si apre con unafase sommatoria davanti al giudice di primo grado del luogo in cui si è posto in essere il comportamento denunziato. Il giudice non può provvedere su ricorso del sindacato senza sentire l’altra parte ma deve

consentire un contraddittorio. In questa fase, denominata sommatoria, l’istruttoria non è svolta con l’espletamento degli ordinari mezzi di prova ma con l’assunzione di sommarie informazioni.

Il sindacato ricorrente non è obbligato a provare la sussistenza inconcreto del periculum in mora perche l’interesse sindacale è meritevole di siffatta tutela. La decisione della fase sommatoria avviene con decreto motivato immediatamente esecutivo. Pertanto se la domanda del sindacato è accolta, il datore di lavoro deve conformarsi subito all’ordine del giudice e protrarre tale ottemperanza anche durante le more dell’eventuale opposizione e sotto accoglimento di questa può revocare l’efficacia esecutiva del decreto fino a quel momento irrevocabile. La parte soccombente può proporre opposizione contro il decreto entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione di cancelleria davanti allo stesso giudice della fase sommatoria.

Il decreto passa in giudicato se la parte soccombente non esperisceopposizione nei termini. L’attivazione del procedimento impedisce al sindacato legittimato di esperire la procedura d’urgenza.

Nel decreto il giudice ordina al datore di lavoro la cessazione delcomportamento e la rimozione degli effetti.

L’art. 28 ha previsto l’irrogazione di una sanzione penale e cioè l’arresto del datore di lavoro fino a 3 mesi come tecnica per indurre lo stesso datore a eseguire l’ordine in caso di inottemperanza

CONTRATTO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

TIPOLOGIA DEI CONTRATTI COLLETTIVI E CONTRATTOCOLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE

L’art. 39 Cost. riconosce ai sindacati la legittimazione a stipulare contratti con efficacia per tutti gli appartenenti alla categoria attraverso la costituzione di una rappresentanza unitaria proporzionale al numero degli iscritti. Soluzione predisposta da questo articolo non è mai stata attuata dal legislatore ordinario per ragioni tecniche e politiche.

Con la legge 741/1959 il Governo era delegato a recepire in decretilegislativi il contenuto dei contratti collettivi in modo da attribuire agli stessi efficacia generale. La legge prevedeva un termine di un anno entro il quale i decreti dovevano essere emanati, successivamente prorogato; legge di proroga però venne dichiarata incostituzionale.

Inizialmente i contratti recepiti nel termine originariamente previsto dalla legge restarono in vigore, fino a quando la Corte costituzione li dichiarò illegittimi.

Nel periodo repubblicano si è sviluppata una copiosa fioritura di contratti a livello nazionale e dopo il 1962 anche un doppio livello di contrattazione costituito dal contratto aziendale e nazionale. Tali contratti non avevano tuttavia le caratteristiche del contratto corporativo e perciò furono denominato contratti collettivi di diritto comune.

Di recente è stato previsto e regolato un contratto aziendale con efficacia per tutti i dipendenti dell’azienda con funzione derogatoria non solo delle clausole del contratto nazionale ma anche delle norme di legge inderogabili, anche se tuttavia questo contratto non ha avuto ancora pratica attuazione perché assolve alla funzione di introdurre trattamenti peggiorativi rispetto alle previsioni di legge.

IL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNEIl contratto collettivo di diritto comune (area dell’autonomia

privata) è un contratto atipico in quanto soggetto alla disciplina dettata per i contatti in generale. La funzione caratteristica del contratto collettivo è quella normativa, ossia quella di predeterminare il contenuto dei contratti individuali e di stabilire i minimi di trattamento economico; esistono due livelli: nazionale e aziendale.

Il contratto collettivo nazionale ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale, mentreil contratto aziendale tende a far emergere esigenze proprie degli specifici contesti produttivi.

Peculiarità del contratto collettivo rispetto agli altri contratti:- Una delle parti, quella che rappresenta i lavoratori è

necessariamente il soggetto collettivo- Il contratto collettivo predetermina non solo il contenuto dei

futuri contratti individuali ma anche il contenuto di quelli in corso al momento della sua stipulazione sicché il contratto collettivo spiega un’efficacia diretta nei confronti dei singolilavoratori e dei datori di lavoro iscritti al sindacato stipulante o in virtù della clausola di rinvio contenuta nel contratto individuale tra lavoratore e datore.

I problemi aperti dalla natura privatistica del contratto collettivo sono quello dell’efficacia erga omnes, quello della sua inderogabilità e quello dell’interpretazione.

I sindacati vogliono preservare la natura negoziale del contratto collettivo perché desiderano regolare da sé i loro interessi e dall’altrohanno una vocazione egemonica a garantire a tutti i lavoratori appartenenti alla categoria un trattamento minimo comune. È forte quindi l’esigenza del sindacato di riconoscere al contratto collettivo l’efficacia generale.

L’efficacia soggettiva del contratto collettivo si estende anche airapporti di lavoro tra datori di lavoro iscritti alle organizzazioni imprenditoriali stipulanti e lavoratori non iscritti al sindacato, in questi casi il problema dell’efficacia si estende o con rimedi di dirittocomune o con accettazione espressa o tacita. Un altro modo di accettazione è la clausola di rinvio al contratto collettivo. Con essa leparti convengono di assoggettare il rapporto posto in essere alla regolamentazione dettata da un determinato contratto collettivo nazionaledi categoria e dalle successive modifiche, in modo che le condizioni economico- normative applicabili siano quelle del contratto nazionale di riferimento vigente. Questa clausola può funzionare solo se il rinvio si rivolge ad un unico contratto collettivo applicabile.

Quando il datore di lavoro non sia iscritto al sindacato oppure nonapplica livelli contributivi previsti dal contratto collettivo, il giudice ha il compito di determinare la retribuzione efficiente, ma non èobbligato ad adottare come parametro quella del contratto collettivo.

Nei casi in cui l’applicazione del nuovo contratto collettivo sia rifiutata dai lavoratori non iscritti ad alcun sindacato, o iscritti ad un sindacato dissenziente perché il contratto collettivo prevede trattamenti peggiorativi rispetto a quelli regolati dal contratto collettivo ormai scaduto, il lavoratore non può pretendere la conservazione del trattamento pregresso previsto dal contratto collettivoprecedente. I sindacati dissenzienti hanno la forza contrattuale di stipulare un diverso contratto collettivo, ovvero il singolo lavoratore ha la forza contrattuale di ottenere dal datore di lavoro un trattamento più favorevole a livello individuale.

Quando ci si trova davanti ad una pluralità di contratti collettivinel ambito dello stesso settore merceologico è sempre il giudice di merito a scegliere discrezionalmente come parametro di riferimento il contratto collettivo più adeguato a realizzare il precetto della retribuzione sufficiente, che può essere anche un contratto aziendale o territoriale, non necessariamente nazionale; il giudice di merito può considerare quindi sufficiente la determinazione della retribuzione pattuita in sede aziendale in misura inferiore rispetto a quella nazionale.

Tuttavia la Corte di Cassazione ha ritenuto che la determinazione giudiziale della retribuzione per un importo inferiore ai minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva non può essere motivata con il richiamo a condizioni ambientali o territoriali.

Art. 2077 cc regolava i rapporti tra contratto corporativo, qualificato atto normativo e contratto individuale. Tuttavia la giurisprudenza lo continua ad applicare anche al rapporto tra contratto individuale e contratto collettivo di diritto comune perché la sostituzione delle soluzioni peggiorative con quelle migliorative non sono garantite da nessuna norma.

Art. 2113 da per scontato che possono essere inderogabili le clausole del contratto collettivo; questa disposizione non ha la chiarezza dell’art. 2077.

Per la determinazione del trattamento più favorevole la posizione della giurisprudenza non è univoca : secondo una parte si deve procedere a un raffronto tra i trattamenti complessivi previsti dal contratto individuale e quelli previsti dal contratto collettivo.

- Criterio di conglobamento = applicare disciplina che risulta complessivamente più favorevole per il lavoratore.

- Criterio di cumulo = applicazione delle clausole più favorevoli dei due contratti.

- Criterio della comparazione tra discipline di diverse istituti Il contratto collettivo si divide di regola in una parte normativa

e in una parte obbligatoria. Le clausole normative sono così denominate perché vincolano direttamente i datori di lavoro e i lavoratori che rientrano nell’ambito di efficacia del contratto collettivo. Tali clausole regolano le diverse fasi del rapporto individuale di lavoro. La parte obbligatoria invece comprende le clausole che regolano i rapporti tra i soggetti collettivi che hanno sottoscritto il contratto collettivo e conseguentemente non spiegano efficacia nei confronti dei singoli.

Altre funzioni del contratto collettivo sono quella gestionale, quella autorizzatoria, quella regolamentare- delegata e quella derogatoria.

I contratti gestionali non spiegano efficacia direttamente sul rapporto di lavoro, ma costituiscono solo un momento del procedimento chel’imprenditore deve seguire per esercitare un proprio potere sul piano del rapporto individuale di lavoro; tali accordi sono previsti dalla legge. Esistono anche accordi gestionali che non rientrano tra quelli richiamati dalla legge e tuttavia contengono una serie di impegni come quello di riassumente un certo numero di lavoratori licenziati o quello di avviare nuove iniziative produttive o nuovi investimenti; in questi

casi è necessaria un’indagine del giudice per accertare se le parti abbiano effettivamente riconosciuto diritti imputabili ai singoli lavoratori individuati o individuabili dal contratto.

L’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 attribuisce espressamente al contratto collettivo aziendale la funzione derogatoria rispetto a quello nazionale.

I rapporti tra legge e contratto collettivo di diritto comune sono regolati sulla base del principio di gerarchia che vede norme inderogabili di legge sovraordinate all’autonomia privata, seppur collettiva.

Il contratto collettivo di diritto comune è sottordinato alla leggee ciò comporta l’inderogabilità in peius della norma di legge da parte del contratto collettivo e la nullità delle clausole del contratto difformi o peggiorative della norma legale. È ammessa la deroga in meius della disciplina legale da parte del contratto collettivo a meno che la stessa legge non preveda una inderogabilità assoluta.

Esistono una serie di integrazioni tra norma legale e collettiva, quando il contratto collettivo viene stipulato all’esito finale delle procedure di consultazione sindacale; questi contratti collettivi non producono direttamente effetti sui rapporti individuali di lavoro e non appartengono alla specie dei contratti normativi. L’efficacia di questo tipo di contratti si esplica solo nei confronti degli imprenditori stipulanti o del singolo imprenditore nel caso di accordo aziendale. Riconoscendo a tali accordi una funzione gestionale o regolamentare delegata e quindi escludendo la funzione normativa degli stessi accordi, si sono superati i problemi derivanti dall’efficacia soggettiva limitata agli iscritti. I singoli lavoratori sono legittimati ad impugnare gli atti del datore di lavoro non conformi alle procedure.

In altri casi il legislatore ha superato anche il tradizionale principio del favor in base al quale il contratto collettivo dovrebbe contenere clausole sempre più favorevoli rispetto alle norme di legge; illegislatore ha introdotto limiti massimi di trattamento dell’autonomia collettiva con riferimento a accordi futuri e presenti.

I livelli contrattuali sono principalmente quello aziendale e quello nazionale. Il contratto nazionale disciplina di solito alcune materie come la costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro, le diverse forme di assunzione, il periodo di prova, l’inquadramento in livelli professionali, le diverse indennità, orario di lavoro e ferie, tfr e parte relativa a regolamentazione delle relazioni sindacali. In questa parte l’associazione dei datori di lavoro e i sindacati nazionali di categoria regolano i loro reciproci rapporti, la struttura della

contrattazione, durata del contratto collettivo, i termini e le condizioni di rinnovo (= parte obbligatoria del contratto collettivo).

Anche il contratto aziendale in generale dovrebbe essere ritenuto valido solo nei confronti degli iscritti all’associazione sindacale che lo ha stipulato. L’accordo interconfederale del 1993 tuttavia prevedeva il principio della cd doppia titolarità negoziale( contratto stipulato daassociazioni territoriali firmatarie + rsu).

Efficacia soggettiva del contratto aziendale il problema dell’efficacia erga omnes del contratto aziendale non si è ,ai posta in concreto fino a quando detto contratto non si è posto come acquisitivo. Il problema del rifiuto degli effetti del contratto aziendale da parte dei lavoratori non iscritti ad alcun sindacato o iscritti a un sindacato dissenziente si è posto quando questo ha cominciato a introdurre deroghe al contratto nazionale e a stabilire trattamenti deteriori. È possibile individuare 3 orientamenti:

- Il contratto aziendale sarebbe efficace erga omnes per la sua oggettiva funzione di regolamentazione uniforme e per l’indivisibilità degli interessi collettivi della comunità aziendale

- 2° orientamento = il contratto sarebbe efficace esclusivamente nei confronti dei soggetti iscritti alle associazioni stipulanti;

- 3° orientamento = contratto aziendale avrebbe efficacia generalesalvo il dissenso sindacale.

L’efficacia soggettiva del contratto aziendale anche nei confronti dei lavoratori dissenzienti è regolata oggi dall’accordo interconfederaledel 2011.

Usi aziendali = concessione generalizzata, durevole e costante da parte del datore di lavoro di trattamenti non previsti da altre fonti; rilevando come usi negoziali, non sono modificabili dalla disciplina collettiva successiva, ma possono essere modificati con il consenso dei lavoratori.

Il contratto collettivo può essere a tempo indeterminato o a tempo determinato. A tempo indeterminato il contratto produce effetti fino a quando una delle parti non decide di recedere dal contratto stesso. Se invece è a tempo determinato, alla scadenza del termine cessa di produrreeffetti a meno che non sia presente una clausola di ultrattività o di rinnovo automatico.

La clausola di ultrattività opera alla scadenza del termine originariamente stabilito con l’effetto di trasformare il contratto collettivo scaduto in un contratto a tempo indeterminato, destinato a

produrre effetti fino alla rinegoziazione del contratto stesso. Laddove sia prevista una clausola di rinnovo automatico, alla scadenza del termine il contratto collettivo si rinnova tacitamente per un periodo pari a quello originariamente stabilito.

Il rinnovo tacito può essere evitato dalla disdetta, che può essereintimata da ciascuna delle parti prima della scadenza. Essa si differenzia dal recesso, che è l’atto con il quale una delle parti fa venir meno il rapporto giuridico di quel contratto ed è regolato dal c.c.; il recesso può essere esercitato solo laddove il contratto collettivo èa tempo indeterminato.

In caso di successione tra contratti collettivi dello stesso livello, le clausole del nuovo contratto si sostituiscono completamente aquello del vecchio, che siano meno o più favorevoli.

I diritti del lavoratore possono avere origine in norme inderogabili di legge, di contratto collettivo e in clausole del contratto individuale. I diritti che hanno la loro fonte in norme inderogabili di legge non possono essere modificati o eliminati dal contratto collettivo, neppure su mandato espresso del singolo lavoratore.I diritti che hanno origine i sono quantificati dal contratto collettivo sono modificabili anche in peius da un contratto successivo fino a quandonon siano acquisiti nel patrimonio del lavoratore. E infine i diritti riconosciuti dal contratto individuale non possono essere eliminati dal contratto collettivo successivo.

Quindi i diritti acquisiti definitivamente al patrimonio del lavoratore possono essere qualificati come situazioni esaurite e vanno distinte dalle pretese a conservare stabilmente il miglior trattamento previsto dal contratto collettivo precedente.

La giurisprudenza prevalente ha stabilito che in caso di contratti di diverso livello non fosse applicabile l’art. 2077 cc e neppure il criterio della gerarchia tra contratti collettivi. Solo per un certo periodo di tempo la giurisprudenza ha accolto quello cronologico, successivamente abbandonato perché presuppone che la regolamentazione provenga dalla stessa fonte mentre nel caso in esame è contenuta in fontidiverse. In seguito è stato accolto il criterio della specialità, ossia la prevalenza del contratto aziendale, anche se peggiorativo perché più vicino agli interessi da regolare, criterio temperato da quello della competenza e dell’autonomia , che trova applicazione soltanto nelle ipotesi in cui tale contratto sia stato siglato dalle articolazioni locali delle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo di ambitopiù esteso.

Il problema si pone quando il contratto aziendale peggiorativo sia sottoscritto da soggetti sindacali appartenenti a sigle diverse da quelleche hanno sottoscritto il contratto nazionale il contratto aziendale può intervenire sulle materie delegate da parte della legge e del contratto nazionale. L’accordo del 2011 ammette la possibilità del contratto aziendale di derogare quello nazionale. Tuttavia le clausole dell’accordo interconfederale hanno efficacia obbligatoria e non reale.

Il contratto aziendale può essere derogato in peius da un contrattonazionale successivo salvo che con questo non venga, nell’esercizio dell’autonomia delle stesse parti stipulanti, espressamente pattuito il mantenimento in vigore di una più favorevole disciplina.

Problema dell’interpretazione del contratto collettivo le clausole normative contengono precetti generali ed astratti diretti a destinatari diversi dai suoi autori. I rinnovi periodici del contratto collettivo possono comportare modifiche parziali, correttivi, adattamenti, bilanciamenti e compensazioni tra le parti, che non sostituiscono integralmente il testo del precedente contratto collettivo ma determinano varie discipline collettive.

Alla formula di una clausola contrattuale che pure rimanga inalterata può essere attribuito dalle parti un significato diverso da quello originario a seguito delle modifiche dell’ambiente sociale e del contesto sindacale in cui si inserisce il rinnovo contrattuale.

Per l’interpretazione dei contratti collettivi diventa irrilevante il comportamento delle parti durante le trattative se i verbali non sono pubblicati.

La conclusione avviene sulla base di un compenso già deciso nelle direttive delle assemblee e nei punti contrattuali; quindi l’unico parametro di riferimento rimane il testo contrattuale.

Quando oggetto dell’interpretazione non è il contratto collettivo con funzione normativa, ma quello con funzione paralegislativa, all’interprete è consentito di ricorrere ai criteri di interpretazione oggettiva, non soltanto in via sussidiaria ma anche in via alternativa rispetto ai criteri di interpretazione soggettiva.

Art. 420 bis c.p.c. facoltizza il giudice a sospendere il giudizio quando deve definire una controversia sulla validità efficacia ointerpretazione delle clausole di un contratto collettivo nazionale. La sospensione del processo ha lo scopo di consentire alle parti di addivenire ad un accordo sostanzialmente transattivo anche se si chiama interpretazione autentica. Si può riscontrare un processo di pubblicizzazione del lavoro privato inverso rispetto a quello di privatizzazione del lavoro pubblico.

Art. 360 n. 3 c.p.c. C. di Cassazione assolve alla funzione di nomofiliachia non soltanto rispetto alla legge ma anche ai contratti collettivi nazionali che disciplinano i rapporti alle dipendenze di datori di lavoro privati e pubblici.

I criteri oggettivi sono sussidiari e non alternativi a quelli soggettivi.

Il contratto collettivo rileva come fonte dell’ordinamento intersindacale mentre, sulla base del principio di legalità, resta un atto di autonomia privata nell’ordinamento statale.

CONTRATTAZIONE COLLETTIVAIl contratto collettivo è il risultato della contrattazione

collettiva. Questa, pur manifestandosi periodicamente con il rinnovo dei contratti, è in realtà un processo continuo quindi realizza un progressivo adattamento delle condizioni economiche e normative dei lavoratori al contesto produttivo e alle sue esigenze economiche e organizzative e tende alla realizzazione del principio di uguaglianza.

Le procedure di stipulazione del contratto nazionale non sono regolate da norme di legge, ma dagli stessi contratti.

Il protocollo interconfederale del 1993 prevede meccanismi di raffreddamento volti a prevenire azioni dirette durante le trattative, garantendo ai lavoratori uno specifico emolumento (indennità di vacanza contrattuale) al prolungarsi delle stesse oltre i limiti. In caso di mancato rinnovo del contratto collettivo sono spesso proclamati scioperi e può intervenire la mediazione di un soggetto pubblico. Ogni fase di mediazione non risulta formalizzata ossia non è regolata ne da norme ne dallo stesso protocollo.

Le trattative si chiudono con la sottoscrizione dell’ipotesi di accordo, il cui testo sintetizza le reciproche concessioni che le parti inevitabilmente si fanno durante la negoziazione. L’ipotesi di accordo non coincide mai con la piattaforma rivendicativa sulla quale si è iniziato a trattare. Prima della stipulazione del contratto, le ipotesi di accordo sono sottoposte all’approvazione dei lavoratori tramite assemblee oppure referendum, approvazione che ha più valore politico che giuridico.

Possono sorgere problemi quando più associazioni sindacali si dichiarano rappresentative di una stessa categoria o quando sussista un dissenso tra associazioni sindacali sull’ambito di applicazione del contratto collettivo.

La contrattazione collettiva si atteggia diversamente a seconda deimutevoli contesti socio economici in cui si colloca. L’evoluzione dei

contratti collettivi è contrassegnata da fasi alterne di centralizzazionee di decentramento contrattuale. La stessa contrattazione decentrata ha assunto diverse funzioni: da contrattazione acquisitiva, in periodi di espansione economica si è evoluta in contrattazione ablativa, finalizzataal contrario a introdurre condizioni peggiorative, in periodi di recessione.

Con la caduta dell’ordinamento corporativo nasce in Italia un sistema improntato all’autonomia delle relazioni sindacali incentrato su un solo livello di contrattazione = nazionale. Le confederazioni non sonocompetenti a stipulare contratti nazionali ma gli accordi interconfederali hanno perciò un ambito intercategoriale. Questi ultimi si distinguono dai contratti nazionali perché non regolano il contenuto dei rapporti di lavoro ma i singoli istituti o materie che interessano tutte le categorie merceologiche. Mentre sono le federazioni nazionali dicategoria le strutture legittimate a stipulare contratti nazionali che disciplinano i minimi di trattamento economico e normativo e le relazionisindacali tra i soggetti stipulanti.

Negli anni 60 le categorie dei sindacati metalmeccanici firmarono un accordo che stabiliva i principi del nuovo sistema contrattuale articolato su due livelli denominato di contrattazione articolata poi recepito dai diversi contratti nazionali di categoria. La contrattazione aziendale, in un periodo di boom economico, era essenzialmente acquisitiva, volta a introdurre trattamenti migliorativi. I miglioramentiintrodotti dalla contrattazione aziendale venivano generalmente riproposti nei successivi rinnovi e finivano per essere estesi ad un’ampia fascia di lavoratori.

Il contratto nazionale determinava le materie e gli istituti regolati dagli altri livelli contrattuali. Gli agenti contrattuali del livello territoriale erano di regola i sindacati provinciali ossia sindacati esterni all’azienda, per l’inesistenza all’epoca di strutture sindacali interne e perché la commissione interna non aveva competenza contrattuale.

La contrattazione articolata fu importante dal punto di vista del principio di decentramento. Gli imprenditori non accentrarono passivamente la contrattazione articolata ma ottennero quale contropartita la sottoscrizione da parte dei sindacati delle clausole di pace sindacale, finalizzate a non promuovere azioni o rivendicazioni intese a modificare, integrare, innovare quanto già accordato ai vari livelli di contrattazione nel periodo che intercorreva tra un rinnovo e l’altro. Gli imprenditori con queste clausole di pace sindacale

quantificavano preventivamente il costo del lavoro per l’intera vigenza del contratto.

Sul finire degli anni 60 iniziarono iniziative spontanee di lotta sindacale dei lavoratori attraverso la costituzione di comitati unitari di base (CUB) = organizzazioni di lavoratori che senza mediazione delle strutture sindacali avanzavano nuove rivendicazioni. La protesta dei lavoratori era diretta non solo contro la controparte imprenditoriale maanche contro il burocratismo e il verticismo delle organizzazioni sindacali.

Il contratto dei metalmeccanici del 1969 chiuse l’autunno sindacalecaldo e decretò anche la fine della contrattazione articolata, non conservando le competenze della contrattazione aziendale e delineando un sistema nuovamente centralizzato. Alla contrattazione articolata si sostituì la contrattazione non vincolata: un sistema di relazioni sindacali articolato ancora su due livelli nazionale e decentrato ma non più coordinati tra di loro. Conseguentemente il contratto aziendale finiva per regolare di nuovo tutte le materie già disciplinate dal contratto nazionale.

Il periodo di recessione economica determinato anche dalla prima crisi petrolifera determinò un aumento considerevole dei prezzi e un conseguente aumento salariale. Il meccanismo di contingenza fu considerato responsabile dell’aumento dell’inflazione e del valore nominale dei salari, tanto che l’accordo interconfederale del 1976 sterilizzò la contingenza dalla base di calcolo dell’indennità di anzianità. Con l’accentuarsi della crisi il contratto aziendale cominciò a introdurre clausole peggiorative rispetto a quelle del contratto nazionale.

Negli anni 80 ci fu il primo protocollo triangolare che aprì la stagione della concertazione.

Accordo interconfederale 1993 delinea nuovamente un sistema di contrattazione collettiva articolato in due livelli, quello nazionale(centrale) e quello territoriale e/o aziendale (decentrato) . Ilcontratto collettivo aveva durata quadriennale per la parte economica e biennale per quella retributiva. L’aumento delle retribuzioni in sede di rinnovo biennale era collegato al tasso di inflazione programmata. Il contratto decentrato doveva intervenire su materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli regolati dal contratto di primo livello.Le trattative dovevano aprirsi 3 mesi prima della scadenza del contratto.

Accordo interconfederale 2011 conferma la formalizzazione dei due livelli di contrattazione, nazionale e aziendale. Questo è stato in seguito integrato con una nota volta ad esprimere l’intenzione delle

parti di attuare compiutamente l’accordo interconfederale. Le principali aree di intervento dell’accordo erano la rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione nazionale(1), la struttura della contrattazionecollettiva e le competenze della contrattazione di secondo livello(2 e 3), l’efficacia generale del contratto collettivo aziendale, distinguendoa seconda che questo sia stipulato dalle rsu(4) o rsa(5), gli effetti delle clausole di tregua sindacale(6) e la possibilità del contratto aziendale di modificare in senso peggiorativo le regolamentazioni contenute nel contratto nazionale (7).

La prima clausola stabilisce che i requisiti di rappresentatività ai fini dell’ammissione alle trattative per il contratto nazionale prevedendo un meccanismo di misurazione matematica della soglia di rappresentatività richiesta. Sono prospettabili due interpretazioni: prima, la fissazione della soglia di rappresentatività minima indica soltanto la legittimazione reciproca che le parti firmatarie intendono riconoscersi ma non implica alcun obbligo a negoziare con i soggetti rappresentativi; la seconda, la fissazione di una soglia minima di rappresentatività potrebbe fondare un vero e proprio diritto dei soggettirappresentativi a essere convocati al tavolo delle trattative, ferma restando la necessità di procedere all’attuazione di quanto previsto dallo stesso accordo per misurare la rappresentatività di ciascuna organizzazione sindacale.

In caso di mancata convocazione si tratta con quali strumenti si possa far valere in giudizio. Non è utilizzabile l’art. 28 perché esso reprime la condotta antisindacale del datore di lavoro; si potrebbe pensare invece all’art 700 cpc al fine di ottenere un provvedimento d’urgenza.,

La contrattazione aziendale si esercita per le materie delegate dalcontratto nazionale e dalla legge. La delega presuppone che la materia non sia regolata da contratto nazionale o dalla legge e debba essere regolata dal contratto aziendale. Si deve ritenere pertanto che la contrattazione aziendale non possa riproporre questioni che siano già state negoziate in altri livelli di contrattazione. In assenza di una delega espressa a disciplinare una determinata materia, il contratto aziendale non potrà dettare alcuna regolamentazione.

L’accordo del 2011 realizza un equilibrio tra le confederazioni storiche con riferimento ai soggetti legittimati a stipulare il contrattoaziendale.

La legittimazione a stipulare il contratto aziendale è riconosciutaalle rsu o rsa e in entrambi i casi può avere efficacia generale. Nel caso di stipulazione da parte delle r.s.u. il contratto è efficace nei

confronti di tutto il personale e vincola tutte le associazioni sindacalifirmatarie dell’accordo interconfederale e approvate dalla maggioranza dei componenti della r.su. stessa.

Quando l’accordo stabilisce l’efficacia per tutto il personale in forza non può che vincolare in realtà i soli lavoratori iscritti alle associazioni sindacali espressione delle confederazioni firmatarie. Dettaefficacia è stabilita da un atto negoziale e non da un atto normativo.

Il riferimento al criterio della maggioranza conferma la natura di organo collegiale delle r.s.u. . Laddove le r.s.u. non fossero presenti, resta fermo il potere delle r.s.a. . Anche il contratto aziendale stipulato dalle r.s.a. può avere la medesima efficacia generale se le r.s.a. che lo sottoscrivono aggregano la maggioranza delle deleghe conferite dai lavoratori dell’azienda. È possibile verificare effettivamente il consenso che l’accordo incontra tra i lavoratori attraverso la promozione di un referendum volto a spingere l’intesa. L’equilibrio raggiunto dell’accordo interconfederale sta nell’aver bilanciato la competenza negoziale delle r.s.a. con lo strumento del referendum.

Le clausole di tregua sindacale disciplinano le modalità di sciopero. Secondo un’autorevole dottrina il dovere di pace sindacale sarebbe un effetto naturale del contratto collettivo e le clausole di tregua potrebbero vincolare non solo i soggetti collettivi ma anche i singoli lavoratori. Secondo un’altra opinione le clausole di tregua impegnerebbero i soli soggetti sindacali a non proclamare lo sciopero nell’arco di vigenza del contratto collettivo ma senza vincolare i singoli lavoratori, che resterebbero liberi di esercitare il diritto di sciopero anche in assenza di proclamazione. Il protocollo del 1993 aveva previsto in occasione del rinnovo del contratto collettivo un periodo di raffreddamento durante il quale le parti si impegnano a non assumere iniziative unilaterali ne a procedere ad azioni dirette tre mesi prima e un mese dopo la scadenza del contratto (il protocollo vincolava le parti collettive e non i singoli lavoratori). Anche l’accordo del 2011 esclude espressamente l’efficacia nei confronti dei singoli lavoratori delle clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva.

L’inadempimento della clausola di tregua obbligherebbe il sindacatoal risarcimento del danno nei confronti della controparte, ma di fatto ladifficoltà di determinare i danni risarcibili e di quantificarli non consente una concreta possibilità di tutela risarcitoria. Dovrebbero essere le stesse clausole di tregua a prevedere sanzioni alternative nei

confronti dei soggetti sindacali responsabili della loro violazione, ma sono pressoché inesistenti nel settore industriale.

L’accordo interconfederale regola anche le condizioni alle quali incontratto aziendale può modificare quanto previsto dal contratto nazionale, laddove il riferimento alle modifiche deve essere inteso in senso peggiorativo. L’accordo interconfederale distingue la disciplina a regime da quella transitoria. A regime, i contratti aziendali possono prevedere deroghe alla regolamentazioni contenute nei contratti nazionalinei limiti e secondo procedure previste dagli stessi contratti nazionali.

Differenza tra delega e deroga la delega attribuisce al contratto aziendale la competenza a regolare una materia che il contrattonazionale rinuncia a disciplinare o detta solo una regolamentazione di principio destinata ad essere attuata e integrata da quella di dettaglio affidata al contratto aziendale. Tra le due regolamentazioni, quella nazionale e quella aziendale non c’è nessun conflitto. In caso di deroga invece, il contratto aziendale interviene a regolare una materia stabilendo condizioni peggiorative rispetto a quella già prevista dal contratto nazionale (si verifica concorso/conflitto tra discipline pattizie i cui criteri di risoluzione sono però già predeterminati dal contratto nazionale).

In mancanza di un’espressa previsione del contratto nazionale, il contratto aziendale non sembra legittimato a intervenire in senso peggiorativo.

La seconda parte della clausola 7, in via transitoria, infatti, prende in considerazione l’ipotesi in cui la possibilità per il contrattoaziendale di prevedere deroghe peggiorative non sia ancora prevista dai contratti nazionali, in attesa dei rinnovi degli stessi deroghe peggiorative ammesse solo con riferimento agli istituti del contratto nazionale che disciplinano determinate materie seppure molto ampie ai soli fini di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi.

Nel 2011 la FIAT è uscita dal sistema confindustriale e non risultaulteriormente vincolata ad alcun accordo interconfederale e ha pertanto dato vita ad una propria contrattazione. Infatti esiste oggi un suo contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello, che garantisceai lavoratori alcuni aumenti retributivi, ma richiede nel contempo sacrifici. Inoltre la FIAT ha assunto diverso atteggiamento nei confrontidell’accordo del 2011 con riferimento alle clausole di tregua sindacale ela responsabilità per il loro inadempimento; sono previste anche sanzionidisciplinari nei confronti dei singoli lavoratori in caso di violazione delle clausole di tregua. Dette clausole inciderebbero in realtà su

comportamenti illeciti o di inadempimento dei singoli lavoratori, senza riguardare l’esercizio del diritto di sciopero.

Esistono dubbi sulla qualificazione del contratto FIAT come contratto di primo livello (categoria) il contratto di categoria infatti deve trascendere la singola azienda per quanto importante sul territorio nazionale; è importante perché assicura condizioni uguali a tutti i lavoratori presenti nello stesso settore merceologico. Questo contratto essendo l’unico applicato dalla FIAT, la mancata sottoscrizionedella Cgil esclude automaticamente la Fiom dalla possibilità di riconoscere proprie r.s.a. all’interno dell’azienda.

Il protocollo non sottoscritto dalla Fiom introduce modifiche al contratto nazionale principalmente in materia di orario di lavoro e maggiorazioni retributive per il lavoro straordinario, notturno e festivo.

L’art. 8 d.l.n. 138/2011 ha due effetti peculiari : efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati e la possibilità di derogare non solo ai contratti nazionali ma anche a norme di legge. La legge lascia alle parti l’iniziativa in ordine all’effettiva stipulazione di questi particolari contratti aziendali e la disposizione non ha avuto pressoché attuazione. L’efficacia erga omnes dei contratti ex art. 8 è una vera e propria efficacia generale perché è stabilita da un atto normativo, gli effetti quindi si producono nei confronti di tutti i lavoratori interessanti indipendentemente da ogni altra circostanza. L’art. 8 individua direttamente le materie sulle quali i contratti di prossimità sono abilitati ad intervenire con efficacia generale e/o derogatoria. Su queste materie si può intervenire a prescindere da eventuali deleghe da parte dei contratti negoziali.

L’efficacia derogatoria dei contratti ex art 8 si spinge fino alle norme di legge. questa mette in discussione l’impianto generale del diritto del lavoro fondato sulla inderogabilità della norma a tutela del contraente debole.

L’accordo del 2011 scardina il tradizionale rapporto tra rappresentatività e contrattazione anteponendo la prima alla seconda. La rappresentatività dipende dalla contrattazione: l’aver partecipato alle trattative era uno degli indici della maggiore rappresentatività, mentre al livello aziendale l’aver stipulato un contratto collettivo è l’unico requisito per costituire una r.s.a.

LA PARTECIPAZIONE DEL SINDACATO ALLA FUNZIONE PUBBLICA E LA CONCERTAZIONE

Il sindacato ha sempre assunto più vistosamente nel tempo il ruolo di negoziatore di riforme politiche e cioè diventa soggetto politico. La partecipazione al sindacato alla funzione pubblica si realizza in diverseforme. La prima è la designazione dei propri rappresentanti in organi di rilievo costituzionale come il CNEL, nei consigli degli enti previdenziali, nelle commissioni regionali per l’impiego o negli organi di certificazione. In secondo luogo, partecipa alle audizioni parlamentari per far valere le proprie istanze nell’iter parlamentare di approvazione della legge.

La partecipazione del sindacato alla funzione pubblica non ne altera la natura privata, ma supera la funzione tradizionale di autotutela e rappresenta interessi più ampli del proprio. Nello svolgimento di questa funzione, il soggetto sindacale che partecipi a tali organi ed attività resta comunque libero di continuare la propria azione di autotutela e non si impegna con l’autorità pubblica con alcun tipo di accordo.

A partire dagli anni 80 si avviò un nuovo e diverso metodo di consultazione da parte del governo delle parti sociali sulle scelte di politica economica nazionale, denominato di concertazione.

Il protocollo “Scotti” del 1983 fu in primo protocollo triangolare;patti di questo accordo furono non solo i sindacati dei lavoratori e le associazioni degli imprenditori ma anche il Governo. Questo accordo realizzava tra le parti un primo scambio politico: il governo compensava i costi sostenuti dalle parti sociali con benefici a carico della finanzapubblica in cambio del loro assenso alle linee di politica economica del governo sezione denominata concertazione sociale e si concreta in uno scambio politico che varia nelle diverse epoche.

I primi protocolli scambiano l’obiettivo del contenimento del costodel lavoro con la gestione e il controllo sindacale della flessibilità dei rapporti di lavoro.

I sindacati, mediante la sottoscrizione degli accordi triangolari, diedero vita a un sistema di relazioni sindacali che si differenziava siadall’esperienza della cogestione di matrice tedesca, sia da quella tipicamente conflittuale propria dell’esperienza sindacale italiana deglianni 70.

L’accordo del 1984 (di S. Valentino) fu siglato dalla Cisl e Uil manon dalla Cgil perché questa non ritenne adeguata la copertura delle retribuzioni dall’inflazione; in quella circostanza il governo decise di recepire in un decreto legge i principali contenuti dell’accordo, sancendo la rottura della concertazione e soprattutto determinando

un’invasione di campo della legge in una materia fino ad allora riservataalla contrattazione collettiva.

Luglio 1993 fu siglato un Patto nuovo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo. Questo protocollo conteneva clausole giuridicamente vincolanti per le parti sociali e ha favorito la riduzione delle spinte inflazionistiche spostando a livello aziendale la determinazione della retribuzione variabile.

Sono riconosciuti due livelli di contrattazione, nazionale e territoriale o aziendale con competenze coordinate e non sovrapposte soprattutto in materia di retribuzione.

Con il protocollo del 1993 la comparazione tra l’inflazione programmata e quella effettiva non comporta un aggiornamento automatico della retribuzione pregressa ma costituisce solo un parametro di riferimento per il negoziato. L’accordo trilaterale ha affidato al contratto nazionale la regolamentazione delle competenze del contratto decentrato attraverso le clausole di rinvio e al contratto aziendale la gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali quali le innovazioni tecnologiche, organizzative e i processi di ristrutturazione.

Accordi di concertazione a livello territoriale sono i patti territoriali e i contratti di area. Anche qui sono parti le pubbliche amministrazioni, ma mentre i primi perseguono obiettivi di prevalente sviluppo economico, i contratti di area sono specificamente finalizzati allo sviluppo dell’occupazione attraverso la concessione di agevolazioni fiscali. Il protocollo inoltre ha previsto procedure negoziali di raffreddamento dei conflitti e ha stabilito che la presentazione delle piattaforme deve avvenire in tempo utile per consentire l’apertura delle trattative tre mesi prima della scadenza dei contratti.

Con il protocollo del 1993 le parti sociali e il Governo si impegnarono a stabilire anche gli obiettivi della politica economica e sociale e inoltre si favorì una vera e propria delega di autorità e responsabilità statale alle parti sociali.

Gli accordi del periodo ’95 - ’98 istituzionalizzano il ruolo dellaconcertazione ed estendono il metodo concertativo a livello territoriale.La concertazione iniziò, inoltre, il quel contesto a svolgere una funzione di coordinamento tra legislazione e autonomia collettiva. Essa però funziona se tutte le parti coinvolte danno il loro assenso all’individuazione degli obiettivi e alla loro realizzazione per le partidi loro competenza. Mancando il consenso di una parte, la concertazione viene meno.

Nel periodo 2001-2006 la concertazione fu abolita e sostituita dal dialogo sociale, metodo che prevede la consultazione delle parti sociali da parte del governo ma non impegna quest’ultimo a subordinare la sua iniziativa al consenso di tutte le componenti sindacali più rappresentative.

L’ultima esperienza significativa di concertazione sindacale in senso proprio si è avuta con il Governo 2006-2008, concertazione di tipo classico triangolare, con alcuni iniziali risultati (protocollo sulla previdenza, lavoro e competitività per equità la crescita sostenibili).

Il governo Monti invece si è limitato a consultare le parti socialisu argomenti di grande rilevanza come la riforma del sistema pensionistico e quella del mercato di lavoro, mentre l’Accordo di produttività di novembre 2012 non è stato sottoscritto dalla Cgil e prevedeva che a fronte di una riduzione del prelievo fiscale e contributivo sul lavoro straordinario le parti sociali firmatarie si impegnano a:

- Creare un sistema di relazioni sindacali e contrattuali regolatoe armonizzato rispetto al nuovo accordo interconfederale di giugno 2011

- Favorire la formazione, misure di solidarietà intergenerazionale, la partecipazione dei lavoratori nell’impresa

- Salvaguardare un ruolo centrale della contrattazione collettiva nazionale nella determinazione dei trattamenti minimi economico – normativi nonché in materia di orario di lavoro, mansioni e controllo dei lavoratori

- Promuovere il contratto collettivo aziendale per la funzione di incentivo della produttività e di adattamento al contesto produttivo e si prevede che parte degli aumenti economici siano destinati alla retribuzione di produttività determinata dal contratto collettivo aziendale.

La concertazione è un metodo decisionale attraverso cui il governo e le parti sociali determinano di comune accordo gli obiettivi economico sociali da realizzare e si assumono la responsabilità politica di adoperarsi per la loro concreta realizzazione secondo le proprie competenze. L’oggetto della concertazione, oltre alla consultazione prevede anche la conclusione di un accordo trilaterale tra i sindacati, le associazioni imprenditoriali e il Governo. La concertazione sociale insenso proprio presuppone l’accordo di tutte le componenti delle tre partima nell’esperienza sindacale italiana l’organo politico non subordina la propria azione al consenso di tutte le parti sociali. La concertazione

ovviamente pone problemi di equilibrio costituzionale tra il potere sindacale e il potere politico del Governo, nonché tra quest’ultimo e la sovranità del parlamento. Questo accordo certamente non ha natura giuridica identica a quella di un contratto collettivo anzitutto perché accanto alla parte normativa vi è una parte contrassegnata dallo scambio politico tra una parte e le parti sociali e in secondo luogo per l’esistenza in capo al soggetto pubblico di risorse economiche da scambiare con le parti sociali.

Nel nostro ordinamento il potere sindacale ha un riconoscimento di rango costituzionale, ma rimane un potere privato, nel senso che la Costituzione ha riconosciuto la libertà di organizzazione sindacale ma non ha stabilito particolari responsabilità dei sindacati né previsto peressi determinate competenze, mentre il Governo ha competenze ben determinate dalla Costituzione. Presupponendo un accordo tra Governo e parti sociali sugli obiettivi di politica economica la concertazione infrangerebbe il rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo, limitando le prerogative costituzionali del Governo. La costituzione però ha ritenuto che questa non viola la Costituzione a condizione che la rappresentanza politica resti libera di valutare le proposte presentate dall’esecutivo e resti la sola legittimata ad interpretare la volontà popolare e a realizzare la sintesi degli interessi generali. Il giudice delle leggi ha affermato che gli accordi di concertazione differiscono dai contratti collettivi sul piano strutturale, perché sono trilaterali esul piano funzionale perché le parti sono protese a realizzare uno scambio non solo economico ma anche politico.

Si deve osservare che il contenuto di questi accordi trilaterali è eterogeneo. Vi sono infatti clausole che rientrano nella piena disponibilità delle parti sociali e riguardano istituti contrattuali o lestesse regole della contrattazione e vi sono clausole che hanno per oggetto impegni del governo e consistono nella predisposizione di atti amministrativi o di decreti legge o di disegni di legge.

La responsabilità delle organizzazioni sindacali di fronte agli impegni sottoscritti con il Governo e l’associazione degli imprenditori nell’attività di concertazione è eminentemente politica. Quindi gli accordi di concertazione non hanno natura negoziale in senso tecnico a meno che le parti che impegnano il Governo in campo legislativo o in sedeamministrativa con disegni di legge, decreti di legge o regolamenti; hanno natura programmatica perché corrispondono a un atto politico che non può essere oggetto di negoziazione giuridica vincolante. Inoltre nel nostro ordinamento l’attività sindacale è sicuramente ispirata al

principio di effettività e perciò può lambire a intersecare l’interesse generale.

La concertazione non può comportare che l’interesse collettivo prevalga sull’interesse generale.

L’AUTOTUTELA

LO SCIOPEROL’art. 40 cost. riconosce il diritto di sciopero e rinvia alla

legge ordinaria la regolamentazione delle sue modalità d’esercizio. Esistono tre ordini di problemi:- Qualificazione dello sciopero e la determinazione delle finalità

lecite- Titolarità dei diritti di sciopero privilegiata titolarità

individuale rispetto a quella collettiva- Modalità di esercizio dello scioperoLe norme del codice penale sardo sancivano il divieto di coalizione

e consideravano reato lo sciopero come la serrata.Nel codice penale del 1889 invece lo sciopero cessa di essere

considerato un reato ma resta un illecito civile (inadempimento = tale dagiustificare il licenziamento).

Il codice penale Rocco del 1930 ha sanzionato penalmente ogni formadi sciopero e di serrata.

Oltre allo sciopero per fini contrattuale, ossia quello diretto contro il o i datori di lavoro al fine di ottenere la modifica delle condizioni di lavoro stabilite nel contratto collettivo, è sanzionato anche lo sciopero per fini non contrattuali, ossia per fine politico o per costringere la pubblica autorità a emettere od omettere un provvedimento ovvero a influire sulle deliberazioni di essa o sciopero diprotesta o di solidarietà, nonché la serrata dei piccoli imprenditori senza dipendenti, in seguito qualificata come sciopero. Anche lo scioperodei pubblici dipendenti era sanzionato da vari articoli.

La molteplicità delle finalità di sciopero ha introdotto un’interpretazione creatrice della dottrina e della Corte costituzionale per l’individuazione di quelle legittime.

Una delle prime dottrine postcostituzionali aveva definito lo sciopero come astensione concertata dal lavoro per la tutela di un interesse economico professionale. In base a questa definizione fu qualificato come diritto soltanto lo sciopero per fini contrattuali mentre furono escluse dall’area della tutela le altre forme di sciopero. Con la promulgazione della Costituzione lo sciopero fu elevato a rango di

diritto costituzionale e fu qualificato dalla dottrina più risalente comediritto potestativo. Secondo tale ricostruzione l’esercizio del diritto potestativo legittima il lavoratore a sospendere la sua obbligazione e colloca il datore di lavoro in una posizione di soggezione in cui non puòevitare l’esercizio del diritto di sciopero.

Due effetti: consolidamento della tesi della titolarità individualedel diritto di sciopero e a scindere la titolarità dall’esercizio necessariamente collettivo dello stesso diritto e individuando il soggetto passivo del diritto di sciopero esclusivamente nel datore di lavoro portò a considerare legittimi soltanto gli scioperi contro di lui.

Lo sciopero successivamente fu qualificato come diritto assoluto della persona. Questa affermazione ha conseguito due obiettivi : ha individuato nello sciopero un mezzo per la realizzazione del principio diuguaglianza sostanziale e ha rafforzato la inscindibilità del binomio titolarità individuale -esercizio collettivo del diritto di sciopero favorendo in questo modo l’accantonamento della tesi della titolarità collettiva dello sciopero.

Nella fattispecie prevista dall’art. 40 viene ricompreso non solo lo sciopero per fini contrattuali, economico ma anche quello di imposizione politico economica = sciopero effettuato per rivendicazioni nei confronti dei pubblici poteri rispetto a beni che non sono nella disponibilità dei datori di lavoro ma che tuttavia trovano riconoscimentoe tutela nella disciplina dei rapporti economici. Sono considerati scioperi di imposizione politico economica lo sciopero per la riforma sanitaria, fiscale, occupazione ecc. il datore di lavoro subisce lo sciopero e quindi il relativo danno, pur non avendo nessuna responsabilità e nessun modo per evitarlo.

La legittimità dello sciopero di imposizione politico economica costituisce un indice inequivocabile della natura dello sciopero come diritto riconosciuto dall’ordinamento ai lavoratori per la realizzazionedel principio di uguaglianza sostanziale.

La corte successivamente ha affermato anche la legittimità dello sciopero politico in senso stretto o puro (contro gli atti di governo). Questo è uno strumento tipicamente democratico che consente al lavoratoreun’attiva partecipazione alla vita nazionale.

L’esercizio del diritto di sciopero produce la sospensione del rapporto di lavoro mentre l’esercizio della libertà di sciopero, pur legittima, deve essere considerata una forma di inadempimento del prestatore di lavoro e in quanto tale legittima il datore a prendere provvedimenti.

Lo sciopero politico, pur non essendo qualificato come diritto, è pur sempre una forma di esercizio di attività sindacale.

Lo sciopero di solidarietà è legittimo ogni qualvolta sussista un collegamento tra gli interessi economici del gruppo che si astiene e le pretese di un altro gruppo già in sciopero.

La distinzione tra titolarità individuale e esercizio collettivo può sollevare qualche perplessità perché lo sciopero può essere attuato solo per la difesa di un interesse collettivo. Il soggetto collettivo è il solo legittimato a concludere per i lavoratori il contratto collettivo, parimenti dovrebbe essere il soggetto collettivo a valutare l’opportunità di esercitare il diritto di sciopero.

La titolarità collettiva del diritto di sciopero presuppone che la proclamazione sia un requisito di legittimità dell’esercizio di tale diritto. Viceversa, la titolarità individuale del diritto di sciopero nonriconosce alcuna rilevanza alla proclamazione dello sciopero ai fini della legittimità dell’astensione dal lavoro e impone di considerare il diritto di sciopero come indisponibile.

Titolari del diritto di sciopero sono in primo luogo tutti i lavoratori subordinati in senso tecnico con le eccezioni dei militari, del personale della pubblica sicurezza, dei marittimi nel periodo di navigazione, mentre la legge pone limiti nei confronti degli addetti agliimpianti nucleari. La titolarità del diritto è stata riconosciuta anche ai lavoratori autonomi parasubordinati in quanto soggetti contrattualmente deboli nei confronti del committente e piccoli imprenditori che non abbiano alle proprie dipendenze lavoratori subordinati.

Quanto ai liberi professionisti, la corte costituzionale, ha escluso che l’astensione dal lavoro sia qualificabile come sciopero in senso tecnico e ha considerato tutte le azioni collettive svolte ai fini di protesta , rivendicazione o pressione , come manifestazione della libertà di associazione.

Secondo un’autorevole dottrina la titolarità del diritto di sciopero dovrebbe essere negata ai magistrati in quanto investiti di una funzione sovrana.

Tra le forme anomale di sciopero ci sono lo sciopero selvaggio o improvviso attuato senza preavviso, lo sciopero a singhiozzo e lo sciopero a scacchiera.

Il primo tipo ormai non è più considerato illegittimo, ma il preavviso è obbligatorio nei servizi pubblici obbligatori. Lo sciopero a singhiozzo è quello intermittente, esercitato alternando periodi di lavoro a periodi di pause, mentre quando non è attuato da tutto il

personale insieme ma dai reparti in vari momenti abbiamo lo sciopero a scacchiera.

Lo sciopero attuato con queste modalità arreca all’azienda un dannomaggiore di quello inferto con quello tradizionale e fu considerato illegittimo fino al 1980. Per stabilire se lo sciopero è legittimo non sideve avere riguardo alla maggiore o minore entità del danno provocato alla produzione ma si deve avere riguardo al danno arrecato alle persone e agli impianti e cioè alla produttività. In sostanza ai fini della legittimità – illegittimità dello sciopero, la giurisprudenza abbandona come criterio distintivo quello quantitativo dell’entità del danno e accoglie quello qualitativo.

Se la prestazione offerta dal prestatore di lavoro non arreca alcuna utilità al datore di lavoro questi è legittimato a rifiutarla.

Si dicono di tregua sindacale le clausole volte a regolare le modalità di esercizio di sciopero nel periodo di vigenza del contratto collettivo. Secondo una parte della dottrina tali clausole sarebbero addirittura pleonastiche perché dalla stipulazione di un contratto collettivo deriverebbe un implicito dovere di pace sindacale. Lo scioperonon potrebbe essere legittimamente proclamato se non quando sia scaduto il contratto collettivo o quando vi sia una notevole modificazione dello stato di fatto al momento della stipulazione. Altri autori contrastano questo assunto e rilevano che lo sciopero può essere esercitato anche prima della scadenza del contratto collettivo. Mentre altra dottrina sostiene che le modalità di esercizio di sciopero possono essere regolateda clausole espresse dal contratto collettivo, clausole introdotte negli anni ’60 e considerate rientranti nella parte obbligatoria.

Responsabilità per eventuale violazione della clausola di tregua inadempimento obbligherebbe il sindacato al risarcimento del danno nei confronti della controparte ma di fatto la difficoltà di determinare i danni risarcibili e di quantificarli non consente una concreta possibilità di tutela risarcitoria.

SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALIPrima dell’intervento normativo del 1990, lo sciopero dei servizi

pubblici essenziali era regolato da norme penali e amministrative e da codici di autoregolamentazione. Gli articoli 330 e 333 c.p. Rocco del 1990 prevedevano i reati di abbandono collettivo e individuale di un pubblico servizio. Queste norme sono state oggetto di alcune sentenze della Corte Costituzionale, che è arrivata ad individuare tra i servizi pubblici quelli essenziali perché di preminente interesse generale e

diretti a garantire valori fondamentali legati all’integrità della vita edella sicurezza.

È stato poi sottolineata l’esigenza di contemperare l’esercizio deldiritto di sciopero con l’esercizio di altri diritti di pari o superiore rango costituzionale ed è stato messo in evidenza che nell’ambito del servizio essenziale alcune prestazioni devono considerarsi indispensabilinel senso cioè che non possono essere assicurate agli utenti.

La legge 146/1990 ha accolto il principio elaborato dalla giurisprudenza costituzionale secondo il quale sono essenziali i servizi aventi carattere di preminente interesse generale ai sensi della Costituzione e diretti a garantire i diritti della persona di preminente rilievo costituzionale.

La lesione dei diritti dell’imprenditore non può essere sanzionata dalla legge n.146, ma resta affidata a principi e regole elaborate dalla giurisprudenza in cassazione in tema di sciopero che attenta alla produzione(legittimo) e/o che arreca danno alla produttività aziendale (illegittimo).

La legge elenca i diritti della persona che non possono essere sacrificati dall’esercizio di sciopero come il diritto alla vita, alla salute, alla sicurezza, all’assistenza ecc e i servizi funzionali alla loro soddisfazione. Distingue inoltre tra servizio essenziale e prestazioni indispensabili.

I servizi strumentali essenziali = funzionalmente collegati a quelli essenziali la cui sospensione può pregiudicare l’erogazione del servizio pubblico finale e di conseguenza gli utenti che ne sono fruitori. Il problema dei servizi strumentali non sta solo nell’individuazione del criterio di collegamento con il servizio principale ma soprattutto nella rappresentanza sindacale del servizio strumentale viene riconosciuto alla Commissione la competenza a formulare alle imprese che li erogano e alle rispettive organizzazioni sindacali una proposta intesa a rendere omogenei i regolamenti, tenuto conto delle esigenze del servizio nella sua globalità.

Nel 2000 il legislatore è intervenuto per integrare la legge 146/1990 con legge n. 83, sui punti critici. Le norme sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali non si applicano soltanto ai lavori subordinati ma anche ai lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. Le integrazioni apportate riguardano:

- Procedura di raffreddamento e conciliazione del conflitto che devono essere inserite obbligatoriamente negli accordi

- Procedura di proclamazione delle modalità e delle motivazioni dell’astensione collettiva valutabile dalla Commissione

- Rispetto degli intervalli da osservare tra l’effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo al fine di garantire la continuità del servizio pubblico

- Nozione di condotta sindacale sleale introdotta come rimedio alla pratica frequente della revoca tardiva di uno sciopero quando ne sia già stata fata informazione all’utenza

- Ampliamento e rafforzamento dei poteri della Commissione che diventa il vero garante della legittimità degli scioperi nei servizi pubblici essenziali

- Modifiche apportate all’apparato sanzionatorio e alla procedura di precettazione

- L’ambito di applicazione esteso a lavoratori autonomi , piccoli imprenditori e piccoli professionisti e la valorizzazione dei codici emanati dalle loro associazioni di categoria.

Le fonti di regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali sono di matrice legale ed extra – legale = contratto collettivo, regolamento di servizio emanato sulla base di accordo collettivo, codici di autoregolamentazione dei lavoratori autonomi, lodo della Commissione di Garanzia, potere di regolamentazione provvisoria della Commissione e l’ordinanza di precettazione.

Limiti all’esercizio di sciopero:- Preventivo esperimento delle procedure di raffreddamento e

conciliazione del conflitto- Obbligo di preavviso- Obbligo di comunicare per iscritto la data, durata, modalità e

motivazione sia al datore che all’autorità precettante- Divieto del effetto annuncio- Rarefazione oggettiva, ossia rispetto degli intervalli da

rispettare tra uno sciopero e la proclamazione del successivo- Rispetto di misure dirette a consentire l’esecuzione di

prestazioni indispensabili.Le procedure di raffreddamento e di conciliazione intervengono di

solito quando si è già in uno stato di agitazione e sono effettuate durante il periodo di preavviso al fino di differire lo sciopero o di scongiurarlo (funzione regolativa dello sciopero). La procedura di conciliazione in via amministrativa è possibile solo in caso di mancanza di accordo o per soggetti estranei alla contrattazione.

I soggetti che proclamano lo sciopero, hanno l’obbligo di comunicare per iscritto nel termine di preavviso minimo di 10 giorni la durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dell’astensione collettiva dal lavoro e destinatari della comunicazione sono le

amministrazioni o imprese che erogano il servizio e l’apposito ufficio costituito presso l’autorità tenuta ad adottare l’ordinanza di precettazione.

Anche le amministrazioni e le imprese erogatrici hanno l’obbligo dicomunicare modi e tempi di erogazione, misure per la riattivazione del servizio garantito e la riattivazione stessa.

Divieto del cd effetto annuncio al di fuori dei casi in cui sia intervenuto un accordo tra le parti ovvero vi sia stata una richiesta della Commissione di garanzia o dell’autorità competente ad emanare ordinanza di precettazione, la revoca spontanea dello sciopero già proclamato costituisce forma sleale di azione legale. La revoca ingiustificata può essere censurata non soltanto dalla Commissione di garanzia ma anche in sede in sede giudiziaria su iniziativa delle associazioni degli utenti.

Funzione del preavviso tutela dell’interesse degli utenti a utilizzare servizi alternativi o a programmare diversamente l’uso del servizio. Il preavviso consente all’amministrazione o all’ente erogatoredel servizio di predisporre di misure necessarie per l’esecuzione delle prestazioni indispensabili per favorire eventuali tentativi di composizione del conflitto.

Le norme sul preavviso non trovano applicazione nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e sicurezza dei lavoratori. La prima ipotesi riguarda lo sciopero politico, la seconda quello di protesta.

La legge stabilisce che devono essere garantite le prestazioni indispensabili durante lo sciopero e affida in primo luogo alle parti sociali il compito di individuarle; l’oggetto non è costituito esclusivamente dalle prestazioni dei lavoratori ma anche dall’attività diorganizzazione dell’imprenditore e dalla sua attività di cooperazione all’adempimento delle obbligazioni dei lavoratori. In mancanza di accordo tra le parti la legge riconosce alla Commissione di garanzia il potere di individuare le prestazioni indispensabili, stabilendo altresì ilimiti che devono essere rispettati dalla Commissione nell’esercizio del suddetto potere.

Deve essere assicurato il 50% delle prestazioni normalmente erogatee devono riguardare quote strettamente necessarie di personale non superiori mediamente al terzo del personale normalmente utilizzato per lapiena erogazione del servizio nel tempo interessato dello sciopero. Gli stessi limiti devono essere rispettati dalla Commissione di garanzia per

la valutazione dell’idoneità degli atti negoziali e di autoregolamentazione.

In caso di astensione da lavoro dei lavoratori autonomi, liberi professionisti e piccoli imprenditori, la disciplina delle prestazioni indispensabili è contenuta in codici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni che li rappresentano. Se tali codici mancano o non sono valutati idonei la commissione di garanzia adotta la provvisoria regolamentazione.

Rarefazione oggettiva contratti e accordi collettivi, oltre allemisure dirette a consentire erogazione delle prestazioni indispensabili devono indicare intervalli minimi da osservare tra l’effettuazione di unosciopero e la proclamazione dello successivo.

La legge assegna al contratto collettivo un ruolo centrale nel governo del conflitto. Infatti essa diventa fonte sia pure extra ordinem di disciplina dello sciopero. Il rinvio dalla legge ad altre fonti e in specie al contratto collettivo non può essere in bianco ma deve contenereindicazioni e orientamenti alle parti sociali.

Nella legge 146/1990 è riconosciuto ampio spazio ai codici di autoregolamentazione dello sciopero dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. Queste associazioni, diversamente dai sindacati dei lavoratori subordinati devono provvedere unilateralmente a limitare l’astensione dal lavoro dei loro iscritti attraverso l’adozioni di codici di autoregolamentazione per contemplare l’esercizio del diritto di sciopero con l’esercizio dei diritti della persona costituzionalmente garantiti.

L’obbligo di garantire l’esecuzione di prestazioni indispensabili incombe :

- Sui soggetti che promuovono lo sciopero o vi aderiscono- Sui lavoratori che esercitano il diritto di sciopero- Sulle amministrazioni e le imprese erogatrici dei servizi- Sulle associazioni dei lavoratori autonomi, professionisti e

piccoli imprenditoriSoggetti che promuovono lo sciopero = ogni struttura sindacale

anche non associativa e occasionale. La proclamazione dello sciopero è obbligatoria ed è effettuata in forma scritta con l’indicazione del preavviso, della durata e dalle modalità di attuazione e delle motivazioni dell’astensione. Le limitazioni procedurali alla proclamazione, intese come condizione di legittimità degli scioperi gravano non soltanto sulle organizzazioni dei lavoratori che proclamano lo sciopero o vi aderiscono ma anche sui singoli lavoratori, che non

possono legittimamente scioperare se non sono stati effettuati tali adempimenti.

I lavoratori che esercitano il diritto di sciopero sono obbligati agarantire, durante lo sciopero, le prestazioni indispensabili individuatepreventivamente dalla contrattazione collettiva. In assenza di accordi collettivi, i lavoratori devono attenersi alle modalità stabilite dalla provvisoria regolamentazione adottata dalla Commissione.

Anche le imprese e le amministrazioni erogatrici dei servizi sono obbligate a garantire le prestazioni indispensabili il cui oggetto non è costituito esclusivamente dalle prestazioni dei lavoratori ma anche dall’attività di organizzazione dell’imprenditore e dalla sua attività dicooperazione all’adempimento dell’obbligazione collettiva.

A carico degli enti erogatori di servizi pubblici essenziali sono previsti anche importanti obblighi di informazione a favore dell’utenza al fine di garantire la concreta attuazione degli scioperi indicati nellalegge. E’ espressamente stabilito l’obbligo, per le amministrazioni o le imprese erogatrici dei servizi, di informare gli utenti almeno cinque giorni prima dello sciopero e delle misure per la riattivazione degli stessi.

Analogo obbligo di informazione grava sul servizio pubblico radiotelevisivo il quale è tenuto a dare tempestiva e completa comunicazione sull’inizio,la durata , le misure e le modalità dello sciopero.

L’obbligo di comunicazione assume un contenuto più rigoroso per le amministrazioni e le imprese erogatrici dei servizi di trasporto le qualisono tenute a comunicare agli utenti l’elenco dei servizi che saranno garantiti comunque in caso di sciopero e i relativi orari.

Anche i lavoratori autonomi in solido con le loro associazioni sonotenuti a garantire l’esecuzione delle prestazioni indispensabili stabilite dai loro codici di autoregolamentazione o in mancanza dalla Commissione di Garanzia.

Commissione di Garanzia a giudizio di molti deve essere annoverata fra le autorità indipendenti (elevato grado di autonomia, in posizione di terzietà e neutralità rispetto agli interessi regolati dallap.a.); ha come principale funzione il controllo di legittimità dello sciopero. La commissione può essere considerata il terzo attore nella definizione delle regole e delle procedure che governano lo sciopero nei servizi pubblici; essa tende a creare con la sua giurisprudenza orientamenti e linee guida per le particolari parti sociali finendo per assolvere a quella funzione nomofilattica propria della Cassazione. La Commissione può, con un’apposita delibera, invitare i soggetti che hanno

proclamato lo sciopero a differire la data dell’astensione dal lavoro e invitare amministrazioni o imprese a desistere da comportamenti che possono determinare insorgenza o aggravamento di conflitti in corso.

Alla Commissione compete anche il potere di valutare positivamente o negativamente l’idoneità delle posizioni indispensabili e delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure individuate con accordo dalle parti sociali e dirette a realizzare il contemperamento del diritto di sciopero con i diritti costituzionalmente garantiti. Quando tali accordi manchino o non siano valutati idonei, la Commissione di Garanzia sottopone alle parti una proposta, ancora non vincolante sull’insieme delle prestazioni, procedure e misure considerateindispensabili. Se le parti non si pronunciano sulla proposta della commissione entro 15 giorni dalla notifica, quest’ultima esercita il potere di provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misuredi contemperamento, comunicandola alle parti interessate che sono tenute ad osservarla fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo.

Il riconoscimento del potere di regolamentazione provvisoria alla Commissione di Garanzia costituisce la norma di chiusura della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. La natura autoritativa dell’atto di provvisoria regolamentazione della Commissione e l’obbligo imposto a quest’ultima di motivare adeguatamente i casi particolari in cui si discosta dalle percentuali che devono contrassegnare lo svolgimento delle prestazioni indispensabili mettono in evidenza l’ulteriore problema del sindacato del giudice sugli atti di natura autoritativa della commissione.

La Commissione di Garanzia è inoltre titolare di un potere sanzionatorio che può comportare irrogazione di :

- Sanzioni individuali nei confronti dei singoli lavoratori- Sanzioni collettive nei confronti delle organizzazioni sindacali- Sanzioni nei confronti degli enti erogatori di servizi- Sanzioni nei confronti dei lavoratori autonomi e delle loro

associazioni.Sanzioni individuali la loro applicazione non costituisce

esercizio del potere disciplinare. La Commissione valuta il comportamentodei singoli lavoratori e se rileva violazioni o eventuali inadempienze degli obblighi legali o contrattuali sulle prestazioni indispensabili, delibera le sanzioni e prescrive al datore di lavoro di aprire il procedimento disciplinare nei confronti dei lavoratori che non abbiano posto in essere l’attività richiesta, applicando le relative sanzioni.

Sanzioni collettive nei confronti di organizzazioni sindacali consistono nella sospensione dei permessi sindacali retribuiti e/o dei contributi sindacali trattenuti sulla retribuzione per la durata dell’astensione stessa e nella esclusione delle trattative per un periododi due mesi dalla cessazione del comportamento. Le sanzioni sono deliberate e quantificate dalla Commissione di Garanzia ed applicate dal datore di lavoro, mentre sono previste sanzioni amministrative pecuniarienei confronti di quelle organizzazioni sindacali che non fruiscono dei benefici patrimoniali e non partecipino alle trattative.

Sanzioni amministrative nei confronti di enti erogatori di servizi quando questi non hanno osservato disposizioni o obblighi derivanti dalla regolamentazione provvisoria della Commissione di Garanzia

Precettazione = regolata dalla legge n. 146. Presupposti per emanare ordinanza sono:

- Fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti che potrebbe essere cagionato dall’interruzione o dalla alterazione del funzionamento dei servizi pubblici, conseguenti all’esercizio dello sciopero

- Attivazione del procedimento da parte della Commissione di garanzia che segnala all’autorità competente le situazioni nellequali dallo sciopero o dall’astensione collettiva possa derivareun imminente e fondato pericolo di pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente tutelati

Sono fatti salvi casi di necessità e urgenza.Contenuto dell’ordinanza di precettazione può essere:

- Differimento o riduzione della durata dell’astensione collettiva- Integrazione delle regole attraverso la prescrizione di misure

idonee a assicurare livelli di funzionamento dei servizi compatibili con la salvaguardia dei diritti costituzionalmente garantiti

- Supplenza = esercitabile nei settori in cui manca l’accordo, il regolamento o la proposta della Commissione.

L’ordinanza emanata in una fase antecedente la determinazione delleregole non è qualificabile come fonte di produzione normativa alla stregua di quelle esplicitamente indicate dalla legge n. 146 ma un provvedimento che riguarda lo specifico episodio di sciopero.

L’ordinanza della precettazione deve essere adottata non meno di 48ore prima dell’inizio dell’astensione collettiva e deve specificare il periodo di tempo durante il quale i provvedimenti dovranno essere osservati dalle parti e deve essere portata a conoscenza dei destinatari

mediante affissione nei luoghi di lavoro e altresì mediante notizie trasmesse dai telegiornali o dal servizio pubblico radiotelevisivo.

Deve contenere l’indicazione nominativa quando sia destinata ad operare fuori dal lavoro subordinato.

Contro l’ordinanza di precettazione può essere presentato ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, entro sette giorni dalla sua comunicazione o affissione nei luoghi di lavoro, da parte dei destinatari del provvedimento che ne abbiano interessi.

In tema di sanzioni per inottemperanza all’ordinanza di precettazione i singoli prestatori di lavoro, professionisti o piccoli imprenditori che non osservino le disposizioni contenute nell’ordinanza sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria per ogni giorno di mancata ottemperanza determinabile, con riguardo alla gravità dell’infrazione e alle condizioni economiche dell’agente.

I preposti al settore nell’ambito degli enti o delle imprese erogatrici di servizi sono sospese dall’incarico per un periodo non inferiore a trenta giorni e non superiore ad un anno.

Le sanzioni sono irrogate con decreto dalla stessa autorità che ha emanato l’ordinanza.

FORME DI LOTTA SINDACALE DIVERSE DALLO SCIOPERO

Attività di propaganda e organizzazione di cortei interni sono mezzi di lotta sindacale diversi dallo sciopero e non sono penalmente perseguibili.

Il picchettaggio, cioè l’azione di un gruppo di lavoratori scioperanti, che dinanzi al luogo di lavoro, impediscano l’accesso ai dipendenti non aderenti alla protesta è considerato legittimo a condizione che non si risolva in forme di violenza privata o minaccia neiconfronti dei lavoratori non scioperanti.

Sciopero delle mansioni il lavoratore non effettua solo alcune mansioni che rientrano nella sua qualifica (parziale adempimento = illegittima alterazione della qualità delle prestazioni)

Sciopero dello straordinario legittimo; consiste nel rifiuto dellavoratore di eseguire la prestazione oltre il normale orario di lavoro.

Sciopero a cottimo bisogna distinguere tra ipotesi in cui i cottimisti riducano il rendimento al minimo dovuto (comportamento illegittimo) e ipotesi in cui scendano sotto il minimo dovuto (sciopero equiparato al rallentamento concertato della produzione e non alla collaborazione)

Sciopero pignolo (ostruzionismo) consiste nell’applicazione pedantesca dei regolamenti e determina un rallentamento dei tempi e dellemodalità dell’attività lavorativa.

Sciopero bianco è la permanenza dei lavoratori sul luogo di lavoro senza eseguire prestazione e senza impedire l’ingresso di altri lavoratori.

L’occupazione di azienda rende impossibili le prestazioni offerte dai lavoratori non occupanti e quindi consente al datore di lavoro di rifiutarle legittimamente e di non retribuirle. I giudici costituzionali ed anche la giurisprudenza ordinaria richiedono la presenza del dolo specifico. Non è quindi invocabile la suddetta norma penale per mancanza del dolo specifico se lo svolgimento del lavoro sia già sospeso per una causa antecedente all’occupazione stessa e cioè per lo sciopero.

Nell’ipotesi in cui il lavoratore sia già sospeso per altre ragioni, residua comunque il reato grave di invasione di terreni ed edifici al fine di occuparli o trarre profitto.

Blocco delle merci in entrata e uscita non è reato di violenza privata purchè ai trasportatori non sia impedito l’accesso in fabbrica

Il blocco stradale e il disturbo della quiete pubblica è stato invece punito penalmente da qualche sentenza.

Sabotaggio sanzionato penalmente Boicottaggio la Corte Costituzionale ha dichiarato

costituzionalmente legittimo l’art. 507 c.p. perché i comportamenti incriminati non hanno nulla a che vedere con lo sciopero e comunque riguardano beni protetti dalla stessa Carta Costituzionale.

A questi strumenti di lotta sindacale, il datore può reagire sia adottando provvedimenti disciplinari fino al licenziamento, sia esperendoazioni possessorie o procedimenti di urgenza, sia rivolgendosi all’autorità di pubblica sicurezza.

LA SERRATA Consiste nella chiusura, totale o parziale, dei luoghi di lavoro da

parte del datore di lavoro e nella conseguente sospensione dell’attività lavorativa Il lavoratore mantiene il diritto alla retribuzione pur non effettuando la prestazione lavorativa perché l’impossibilità di lavorare è dovuta al datore.

La serrata non è un diritto di rango costituzionale come lo sciopero. Si deve accertare se sia una libertà di fatto C. Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 502 c.p. sia nella parte che incriminava il reato di sciopero per fini contrattuali sia

nella parte che incriminava il reato di serrata per fini contrattuali; per la parte relativa alla serrata la Corte afferma che questa costituivacomunque una manifestazione del principio di libertà sindacale garantito dall’art. 39 cost e pertanto non poteva essere considerato comportamento penalmente perseguibile.

Lo sciopero è riconosciuto come un diritto, secondo art. 40 cost., regolato direttamente dalla legge; la serrata, non è riconosciuta dal punto di vista costituzionale ma si presenta come un atto penalmente non vietato.

Forme di serrata: - Offensiva = tendente a conseguire una modificazione in danno dei

lavoratori di condizioni preesistenti- Difensiva = diretta a scoraggiare iniziative dei lavoratori

intese a conseguire condizioni più favorevoli- Di ritorsione = come reazione ai modi di conduzione della lotta

sindacale da parte dei lavoratori.La serrata per protesta e la serrata di solidarietà sono ancora considerate reati.Serrata per fini contrattuali sul piano civile integra un

inadempimento (mora del creditore). Quando l’imprenditore ricorre alla serrata cessa di cooperare all’adempimento dell’obbligazione del lavoratore, gli effetti si concretano nel risarcimento del danno derivante dalla mora credendi dello stesso imprenditore che serra l’azienda. Il risarcimento del danno sarebbe commisurato alle retribuzioni non corrisposte al lavoratore e tale risarcimento non tollera alcuna detrazione relativa a quanto il lavoratore abbia percepitolavorando altrove. Un secondo orientamento invece sostiene che l’obbligazione retributiva permane pur in presenza della situazione di mora credendi dell’imprenditore che serra l’azienda, con la conseguenza che le retribuzioni sono dovute come corrispettivo dell’obbligazione lavorativa e non come misura del risarcimento del danno.

È consentito all’imprenditore di rifiutare legittimamente la prestazione di lavoratori non scioperanti quando questa non sia proficuamente utilizzabile in concreto.

Serrata di ritorsione = risposta a uno sciopero articolato costituisce motivo legittimo che esclude la mora la sospensione dell’attività produttiva può essere civilmente lecita e cioè non impone al datore di lavoro l’obbligo del risarcimento del danno e quindi la corresponsione delle retribuzioni corrispondenti soltanto in caso di sciopero a singhiozzo (prestazione offerta parziale o comunque diversa da

quella pattuita) o di sciopero a scacchiera (astensione di gruppi di lavoratori di diversi reparti in momenti vari).

L’esclusione della mora non si verifica se lo sciopero a singhiozzoo a scacchiera non determina una situazione di oggettiva impossibilità o effettiva inutilità della prestazione lavoro. L’onere della prova grava sul datore di lavoro.

La serrata può rilevare come comportamento antisindacale, qualora l’azione del datore impedisca l’esercizio di diritti sindacali e in genere l’esercizio dell’attività sindacale. Il giudice, in caso di accettata condotta antisindacale ordina la sospensione della serrata e larimozione degli effetti.

DIRITTO SINDACALE E LAVORO PUBBLICO

LA PRIVATIZZAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO“Privatizzazione nel pubblico impiego “ indica il processo che ha

sottratto il rapporto di lavoro pubblico dall’area del diritto amministrativo e lo ha condotto in quella di diritto privato.

Legge quadro sul pubblico impiego n. 93/1983 pur disciplinando livelli, contenuti e procedure della contrattazione collettiva, lasciava alla competenza regolatrice della legge un elenco ampio di materie e non muniva la stessa contrattazione collettiva di efficacia diretta ma prevedeva obbligatoriamente la recezione del contratto nel decreto del presidente della repubblica.

Il contratto collettivo non aveva rilevanza autonoma ma costituiva una fase del procedimento amministrativo che doveva concludersi con un atto di natura regolamentare. Successivamente il legislatore ha assoggettato il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione alla normativa del Codice civile e delle altre leggi che regolano il rapporto privato di lavoro (1992-1993 e 1997-98).

Attualmente norme generali sull’ordinamento alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono contenute nel d.lgs. n 165/2001.

Il legislatore ha separato l’organizzazione e l’individuazione degli uffici della pubblica amministrazione che restano demandate alla competenza della legge, dalla disciplina del lavoro, rimessa alle norme del codice riforma che ha realizzato un equilibrato dosaggio di fonti regolatrici e cioè un impianto normativo che garantisce anche il valore dell’efficienza e del buon andamento della P.A. garantiti dall’art. 97 cost.

Il processo di privatizzazione è stato ampiamente sostenuto dalle grandi centrali sindacali perché la contrattualizzazione del rapporto ha favorito la sindacalizzazione da parte dei sindacati confederali. Tuttavia la privatizzazione non è riuscita a ridurre il divario tra alto costo e produttività piuttosto scarsa delle pubbliche amministrazioni, tantoché il legislatore è intervenuto con d.lgs. 150/2009 al fine di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e garantire maggior efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Oggi la possibilità del contratto collettivo di derogare a norme dilegge è stata ridimensionata.

Il legislatore vuole collegare alla nullità delle clausole dei contratti collettivi un meccanismo di sostituzione automatica della disciplina contrattuale dichiarata nulla con quella legale.

Sebbene la privatizzazione sia ormai un fatto compiuto, questo rapporto conserva un tasso di specialità perché il datore di lavoro, pur esercitando nel rapporto con il dipendente i poteri del privato, conservala natura del soggetto pubblico tenuto ad agire secondo criteri di imparzialità e buon andamento.

ORGANIZZAZIONE SINDACALE NEL LAVORO PUBBLICOIn ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa

vengono costituiti:a) Rappresentanze sindacali aziendali (art. 19 St. lav.) su

iniziativa delle organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi in proporzione alla rappresentatività conseguita. I diritti e le prerogative sindacali riconosciuti dallo Statuto dei lavoratori alle r.s.a. e ai loro dirigenti nel settore privato sono garantiti anche nel settore pubblico privatizzato

b) In ciascuna amministrazione che occupi più di 15 dipendenti viene stabilito che debba essere costituito un organismo di rappresentanza unitaria del personale, su iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali attraverso elezione garantita a tutti i lavoratori.

Le r.s.u sono interamente elettive, elette a suffragio universale e con voto segreto, la ripartizione dei seggi è rigorosamente proporzionale ai voti conseguiti dai sindacati ammessi alle trattative a livello nazionale e da altri sindacati a condizione che siano costituiti in associazione e con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli accordi. I componenti delle r.s.u. subentrano alle r.s.a. o ad analoghe strutture sindacali. Analogamente al settore privato, la r.s.u. assume

ogni decisione a maggioranza dei componenti e non per volontà dei singolicomponenti delle r.s.u. . Ad essa viene riconosciuta anche la titolarità dei diritti di informazione e consultazione.

Vengono ammesse alle trattative per il rinnovo del contratto nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano una rappresentatività non inferiore al 5% nel comparto o nell’area – considerando la media tra dato elettorale e dato associativo. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rilasciati nell’ambito considerato mentre il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale rispetto al totale dei voti espressi nell’ambito considerato.

Alle confederazioni è concessa una patente di rappresentatività peril solo fatto di affiliare sindacati rappresentativi in almeno due comparti o aree.

Condotta antisindacale giurisdizione del giudice del lavoro non solo per condotte antisindacali plurioffensive nei confronti dei pubblicidipendenti con rapporti di lavoro privatizzati ma anche con rapporti di lavoro non privatizzati.

LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL LAVORO PUBBLICO

Il contratto collettivo è un atto di autonomia privata che regola direttamente i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici allo stesso modo in cui il contratto collettivo di diritto comune regola i rapporti di lavoro privati.

La contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative alle relazioni sindacali.

Le parti e cioè l’ARAN e le confederazioni rappresentative definiscono attraverso accordi i comparti di contrattazione che riguardano settori omogenei o affini. I contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o applicabili a più comparti sono denominati accordi quadro.

In ogni comparto è stipulato il contratto nazionale di comparto. I dirigenti costituiscono un’area professionale autonoma relativa a uno o più comparti. La struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livellie la durata dei contratti nazionali e integrativi sono regolate dalla stessa contrattazione collettiva in modo che vi sia coincidenza tra la

vigenza della disciplina giuridica e di quella economica. Le P.A. possonoattivare autonomi livelli di contrattazione integrativa nel rispetto di una serie di vincoli. I limiti di spesa costituiscono un limite alla libertà di contrattazione. La contrattazione integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali dagli stessi stabiliti.

Qualora non si raggiunga l’accordo per la stipulazione di un contratto integrativo, l’amministrazione provvede in via provvisoria sinoalla successiva sottoscrizione.

Le P.A. non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti previstidai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate.

ARAN = agenzia per la rappresentanza negoziale delle P.A. ha personalità giuridica di diritto pubblico, il potere di organizzarsi autonomamente e rappresenta legalmente le pubbliche amministrazioni egli effetti della contrattazione collettiva nazionale. Essa esercita ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all’assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti stessi. L’agenzia è sottoposta al potere di indirizzo dei comitati di settore, organismi espressi dalle forme associative o rappresentative delle diverse amministrazioni.

L’attività di indirizzo dei comitati di settore ha carattere pubblicistico in quanto atto di indirizzo politico amministrativo e indica all’ARAN gli obiettivi che deve perseguire nel rispetto della sua competenza tecnica.

L’ARAN inoltre deve acquisire il parere favorevole del comitato di settore sull’ipotesi di accordo e il comitato di settore deve essere costantemente informato delle trattative dall’ARAN.

La gestione finanziaria dell’ARAN è sottoposto al controllo consuntivo e non preventivo della Corte dei Conti. L’ARAN non ha competenza propria sulla contrattazione integrativa, ma se richiesta, puòassistere le singole amministrazioni.

Il contratto collettivo può essere legittimamente stipulato quando sia sottoscritto dai sindacati che nel loro complesso realizzano un indice di rappresentatività pari al 51% come media tra dato elettorale e dato associativo. Il consenso non è espresso direttamente dai lavoratori come nel referendum ma dalle organizzazioni sindacali che complessivamente rappresentano la maggioranza dei lavoratori interessati,il consenso dei lavoratori non entra in quanto tale nella formazione

della volontà negoziale ma il numero di lavoratori nella media tra dato associativo e dato elettorale. I soggetti della contrattazione decentratasono le r.s.u. ma i contratti nazionali possono prevedere l’integrazione delle rappresentanze unitarie del personale con rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale di comparto.

Il legislatore si preoccupa della copertura finanziaria della contrattazione. La procedura di contrattazione è regolata dall’art. 47 d.lgs. 165/2001. I comitati di settore formulano gli atti di indirizzo nei confronti dell’ARAN; quest’ultima trasmette a sua volta ai detti comitatile ipotesi di accordo, al fine di ottenere un parere favorevole. Interviene poi il controllo della Corte dei Conti che certifica la compatibilità dei costi contrattuali con gli strumenti di programmazione e di bilancio. La C. dei Conti delibera entro 15 giorni, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. Certificazione positiva presidente ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo, altrimenti si riaprono trattative.

Il d.lgs. 150/2009 ha introdotto una particolare tutela retributivaper i dipendenti pubblici nelle more del rinnovo del contratto collettivonazionale consentendo, decorsi 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria che dispone in materie di rinnovi dei contratti collettivi, l’erogazione in via provvisoria degli incrementi previsti peril trattamento stipendiale.

La legge rimette ai contratti nazionali la determinazione di materie e delle procedure della contrattazione integrativa.

Alle P.A. viene imposto di adempiere gli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi e di assicurare l’osservanzadelle forme previste dai rispettivi ordinamento. A sostegno di questa efficacia generalizzata del contratto collettivo richiama la clausola di rinvio al contratto collettivo contenuta in tutti i contratti individualidi lavoro dei dipendenti pubblici che l lavoratore accetta nel momento uncui firma la lettera di assunzione. Il problema dell’efficacia del contratto collettivo nei confronti delle pubbliche amministrazioni datoridi lavoro può essere risolto osservando che l’ARAN ha rappresentanza legale di tute le P.A. interessate al contratto collettivo di guisa che gli effetti del contratto si producano nei confronti di tutte le amministrazioni rappresentate. Il trattamento economico è determinato esclusivamente dal contratto collettivo e le amministrazione sono tenute a garantire ai loro dipendenti parità di trattamento contrattuale.

Alcuni dati normativi che riflettono la natura giuridica del contratto collettivo sono l’inserimento obbligatorio di clausole che proroghino l’efficacia temporale del contratto, la previsione di una

norma che sancisce la nullità dei contratti integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti previsti dai contratti nazionali , la stipulazione di accordi di interpretazione autentica con effetto retroattivo e facoltà del giudice a sospendere il giudizio quando deve definire una controversia sulla validità efficacia o interpretazione delle clausole di un contratto.

Anche l’art. 420 bis c.p.c. prevede una procedura analoga sulla validità efficacia o interpretazione.

La Corte di Cassazione assolve la funzione di nomofilachia rispettonon soltanto alle legge ma anche ai contratti collettivi nazionali sottoscritti dall’ARAN e applicati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni e ai contratti collettivi nazionali che disciplinano i rapporti alle dipendenze dei datori di lavoro privati.

La forma scritta e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo dei contratti collettivi sono ulteriori elementi che insieme ai precedenti consentono di considerare questo come un contratto nominato.

Questo contratto allo stato attuale di legislazione presenta una duplice natura: di atto negoziale e di fonte extra ordiem. La legge salvaguarda il nocciolo duro dell’autonomia contrattuale quando garantisce alle parti di regolare da sé i loro interessi e dall’altra parte certe disposizioni, se non consentono di affermare efficacia generale in senso tecnico, comunque garantiscono un risultato simile se non identico (efficacia per iscritti e non).

La natura pubblica del soggetto datore di lavoro rileva come limiteesterno e non funzionale dell’autonomia contrattuale del soggetto pubblico allo stesso modo in cui rileva l’utilità sociale nell’art. 42 Cost. rispetto all’iniziativa economica privata.

DIRITTO SINDACALE E UNIONE EUROPEA

I COMITATI AZIENDALI EUROPEIDirettiva 94/95/CE istituito il comitato aziendale europeo (CAE)

o una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie trasfusa oggi nella direttiva 2009/38/CE.

Il CAE è il comitato istituito da ogni impresa o in ciascun gruppo di imprese di dimensioni comunitarie in conformità e secondo una procedura specificamente disciplinata dalle disposizioni della direttiva e del suo allegato, onde attuare l’informazione e la consultazione dei lavoratori.

La direttiva contiene la definizione di:- Impresa di dimensioni comunitarie : occupa almeno 1000

lavoratori e almeno 150 per Stato membro almeno in 2 stati membri

- Gruppo di imprese: costituito da un’impresa controllante e dalleimprese da questa controllate

- Gruppo di imprese di dimensioni comunitarie: occupa almeno 1000 lavoratori nell’intera Unione ed è composto da almeno due imprese situate in Stati membri diversi, ciascuna delle quali occupi almeno 150 lavoratori nello Stato in cui opera.

La direttiva del 2009 definisce le nozioni di informazione e consultazione. Informazione = trasmissione di dati da parte del datore dilavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentire a questi ultimi diprendere conoscenza della questione trattata e di esaminarla; deve avvenire secondo modalità e con un contenuto appropriati che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di procedere a una valutazione approfondita dell’eventuale impatto e di preparare la consultazione.

Per consultazione invece deve intendersi l’instaurazione di un dialogo e lo scambio di opinioni tra i rappresentanti dei lavoratori e ladirezione centrale o qualsiasi altro livello di direzione più appropriato, nei tempi, secondo modalità e con contenuti che consentano ai rappresentanti dei lavoratori di esprimere un parere in merito alle misure proposte.

Il compito di istituire per via negoziale il CAE viene affidato alle parti e a tal fine è individuata non solo la parte datoriale abilitata alla negoziazione ma anche la rappresentanza dei lavoratori denominata delegazione speciale di negoziazione.

Ai membri della delegazione speciale, a quelli del CAE e ai rappresentanti dei lavoratori che svolgono funzioni nell’ambito della procedura di informazione e consultazione, nell’esercizio delle loro funzioni, vengono riconosciuti a una protezione e delle garanzie analoghea quelle previste per i rappresentanti dei lavoratori dalla legislazione e/o dalle prassi vigenti nello stato in cui sono impiegati.

La delegazione speciale e la direzione centrale dell’impresa determinano per iscritto il campo di azione, la composizione, le attribuzioni e la durata del mandato o dei CAE.

Il legislatore comunitario da un lato ha riconosciuto alle parti notevole autonomia nell’istituzione del CAE e dall’altro non ha esitato acontenere questa autonomia nei confini delle prescrizioni accessorie quando le stesse parti non siano in grado di concludere un accordo sulle modalità di attuazione e informazione dei lavoratori.

CONTENUTI E FORME DEL DIALOGO SOCIALEIl dialogo sociale evoca un modello di relazioni industriali che

sostituisce al tradizionale bipolarismo conflittuale, proprio della contrattazione collettiva, il tripolarismo delle parti, proprio dell’esperienza concertativa, in ragione della presenza della Commissione. Tale tripolarismo si attua con ricorso a procedure formalizzate che tendono a istituzionalizzare sia l’attività di concertazione sia l’attività negoziale, prefigurando un modello di relazioni industriali distante dal nostro.

La Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento diun’azione dell’Unione e sull’eventuale proposta elaborata dalla Commissione. Le parti trasmettono alla Commissione un parere o una raccomandazione.

Nel corso della consultazione le parti sociali possono anche informare la Commissione della loro volontà di avviare trattative negoziali e queste sospendono l’iniziativa della Commissione per un periodo di 9 mesi o per un periodo più lungo concordato con la stessa.

L’art. 28 Carta dei diritti fondamentali dell’UE riconosce espressamente ai lavoratori, datori di lavoro e alle organizzazioni il diritto a negoziare e concludere contratti collettivi, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni o prassi internazionali.

L’art. 155 TFUE distingue 2 tipi di accordi : liberi e istituzionali. I primi non hanno un oggetto predeterminato e dovrebbero essere attuati secondo procedure e prassi proprie delle parti sociali e degli stati membri. I secondi possono intervenire solo nell’ambito dei settori contemplati dall’art. 152 TFUE ma a richiesta congiunta delle parti firmatarie possono essere attuati in base a una decisione del Consiglio su proposta della Commissione.

La libertà negoziale presuppone che le parti sociali abbiano una rappresentatività sufficiente a garantire un’omogenea applicazione nel territorio della comunità. Non è ipotizzabile la conclusione di un accordo libero e questo dipende dal fatto che non esiste un efficace raccordo tra strutture sindacali comunitarie e nazionali.

Lo statuto della confederazione europea dei sindacati non ammette iscrizione dei singoli lavoratori ma conta tra i propri affiliati unicamente associazioni sindacali; non è configurabile nemmeno un’efficacia diretta degli accordi della stessa conclusi sui rapporti individuali di lavoro.

La legittimazione dei sindacati a livello comunitario dipende da una scelta della Commissione piuttosto che da un’investitura dal basso.

Spetta all’iniziativa delle parti sociali europee stipulare l’accordo se ne hanno la forza contrattuale e se sono effettivamente rappresentative e alle parti nazionali di provvedere, spontaneamente ad attuare tale accordo.

La disomogeneità dei diversi sistemi nazionali costituisce un ulteriore ostacolo nell’inveramento del contratto collettivo comunitario libero.

Gli accordi istituzionali intervengono su materie predeterminate e acquistano rilevanza nell’ordinamento comunitario attraverso la recezionein un atto formale che rientra nel novero delle fonti comunitarie cioè inuna direttiva. Le disposizioni delle direttive non possono sortire alcun effetto nei confronti dei singoli rapporti individuali di lavoro. Viene prevista la possibilità dello Stato membro di affidare alle parti socialiil compito di attuare le direttive o le decisioni del Consiglio, in materia e di politica sociale, fermo restando l’obbligo per gli Stati di garantire risultati imposti dalla direttiva.

Nella vigenza del Trattato di Lisbona rimangono aperti problemi rilevanti in ordine alla natura degli accordi in parola = seri dubbi sulla riconducibilità al genus dell’autonomia collettiva. Limiti: facoltà di regolare soltanto le materie dell’art. 151; necessità di duplice passaggio legislativo (recezione della direttiva e legge di attuazione dello Stato); rischio di modifiche del testo da parte del Consiglio; controllo della Commissione sia nella fase preventiva che successiva alla stipulazione.

Alla commissione non si deve soltanto l’input della procedura ma anche un controllo sulla conformità del contenuto degli accordi al diritto comunitario.

Criteri di rappresentatività nella Comunicazione della Commissione del 1993 parti sociali devono:

- Essere interprofessionali, settoriali e organizzate a livello europeo;

- Essere composte da organizzazioni riconosciute come parte integrante delle strutture delle parti sociali degli Stati membri e avere la capacità di negoziare accordi

- Disporre di strutture adeguate che consentono loro di partecipare in modo efficace al processo di consultazione.

La commissione ha individuato 28 organizzazioni sindacali che devono essere consultate ma nessun criterio è stato individuato per la partecipazione alla fase negoziale vera e propria.

I requisiti per la consultazione indirettamente condizionano anche la stipulazione dell’accordo , nella misura in cui sono utilizzati ai fini dell’attuazione dell’accordo stesso mediante decisione del Consiglio.

La decisione del Consiglio che imponga l’attuazione a livello comunitario di un accordo collettivo è subordinata al fatto che tale accordo sia stato in precedenza sottoscritto dai sindacati complessivamente dotati di un grado sufficiente di rappresentatività-

È possibile quindi che il controllo di rappresentatività effettuatodalla Commissione si spinga oltre la fase di consultazione e investa indirettamente anche quella negoziale.

L’attuazione degli accordi raggiunti dalle parti sociali è avvenutaattraverso trasposizione in direttiva con la tecnica dell’allegato. La procedura potrebbe portare anche a risultato diverso da quello voluto inizialmente perché le clausole dell’accordo sono soggetto a duplice vaglio: Commissione prima di diventare direttiva e Stato che la attua.

Per attuazione delle direttive in materia sociale nell’ordinamento italiano esistono una serie di limiti evocati dalla dottrina e dalla Corte di giustizia. Tali limiti riguardano l’insussistenza di meccanismi legislativi e amministrativi di estensione dell’efficacia soggettiva dei contratti collettivi.

Tesi di Massimo d’Antona emanazione di provvedimenti legislativiè legittima e doverosa, in ragione degli impegni assunti con adesione all’UE.

La compatibilità della costruzione con l’assetto costituzionale sarebbe giustificata dalla circostanza che il contesto per valutare l’operato del legislatore non sarebbe quello interno della non conformitàdel provvedimento legislativo dell’art. 39 ma quello comunitario, che indica nell’abbinamento tra contrattazione collettiva traspositiva e il provvedimento statale di estensione dell’efficacia del contratto lo strumento normativo in grado di assicurare l’effetto utile dell disposizioni comunitarie.

Ove si ritenga che l’art. 39 Cost. non riconosce garantisce principi fondamentali dell’ordinamento, la Corte potrebbe escludere l’illegittimità costituzionale del provvedimento legislativo di estensione dell’efficacia dell’accordo traspositivo perché tale provvedimento garantisce l’effetto utile di una disciplina comunitaria.

Duplice natura giuridica: alla c.d. contrattazione istituzionale risulta piuttosto problematico riconoscere i connotati dell’autonomia collettiva se quest’ultima è qualificata come potere riconosciuto alle parti di autoregolamentare i loro interessi e la contrattazione

collettiva c.d. libera nei contenuti e nelle procedure risulta più agevolmente riconducibile all’autonomia collettiva.

SCIOPERO NELL’UEL’UE non ha competenza in materia di sciopero e serrata.Il diritto di negoziazione e di azioni collettive è però

espressamente riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che ha assunto lo stesso valore giuridico dei Trattati. Conseguentementeil diritto di sciopero si pone oggi sullo stesso piano delle libertà sancite dai Trattati.

Quadro normativo precedente il diritto di ricorrere ad azioni collettive era stato riconosciuto dalla Carta sociale europea del 1961, dalla successiva Carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 e dalla Carta dei diritti fondamentali Ue del 2000 – non avevanoefficacia giuridica vincolante dei Trattati e i diritti sociali dalle stesse riconosciuti.

Prima del Trattato di Lisbona l’effettivo riconoscimento del diritto di sciopero in ambito europeo ha tradizionalmente scontato i limiti derivanti dalla idoneità delle azioni collettive a limitare le libertà economiche garantite dal trattato.

RAPPORTI DI LAVOROIl lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato non è più

referente esclusivo della disciplina legale del diritto del lavoro. Si sono ormai diffusi rapporti di lavoro non subordinati in varia

origine e natura.Il rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato,

pur continuando a rimanere dal punto di vista statistico il rapporto più diffuso, è ormai contornato da una serie di rapporti di lavoro che sono subordinati ma temporanei e flessibili e anche da rapporti autonomi o associativi.

Nel corso del tempo la disciplina del lavoro subordinato a tempo indeterminato è stata oggetto di un irrigidimento progressivo delle tutele in materia di licenziamento del lavoratore con tre leggi: 604/1966, art. 18 St. lavoratori e 108/1990 sui licenziamenti individuali. Disposizioni queste che hanno introdotto l’obbligo per il datore di lavoro della motivazione del licenziamento e hanno previsto sanzioni (risarcimento o riassunzione) in caso di licenziamento

ingiustificato – fino a 15 dipendenti e sanzione della reintegrazione nelposto di lavoro –datori con più di 15 dipendenti.

L’intervento del Governo Monti, attraverso l. 92/2012 persegue l’obiettivo di ridurre la rigidità dell’apparato sanzionatorio contro il licenziamento ingiustificato nelle imprese rientranti nel campo di applicazione dell’art. 18 St. lavoratori.

Le ragioni della crisi del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato devono essere individuate nelle cause che hanno determinato la rilevante trasformazione della realtà industriale del Paese in cui è nato e sviluppato il lavoro subordinato, avvertendo che sitratta di un processo di trasformazione non ancora assestato.

Ragioni di carattere strutturale e internazionale nell’evoluzione del diritto del lavoro:

1. Internazionalizzazione dei mercati 2. Progresso tecnologico e mutamento nell’organizzazione

dell’impresa3. Mutamento della figura del lavoratore4. Processo di integrazione europea

IL LAVORO SUBORDINATO LE ORIGINI DEL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO

Codice civile 1865 non regolava contratto di lavoro. Art. 1570 prendeva in considerazione il contratto di locazione delle opere per cui una parte si obbliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede l’attività di lavoro veniva inquadrata nella locazione e venivadistinta la locatio operarum dalla locatio operis.

Il lavoro umano assume negli ordinamenti due forme: subordinato(dipendente) e autonomo(prestazione d’opera).

Locatio operarum = contratto di locazione delle opere; il prestatore di lavoro mette a disposizione del datore le proprie energie.

Locatio operis= contratto di locazione d’opera; oggetto è il compimento di un’opera e perciò adempimento istantaneo – nel momento in cui l’opera è compiuta è anche consegnata.

Con la nascita della grande industria in Italia la tutela assicurata dal codice civile attraverso il contratto di locazione delle opere, al lavoro degli operai di fabbrica risultò progressivamente inadeguata e insufficiente. Nacquero le c.d. leggi sociali come la legge sugli infortuni sul lavoro del 1898, sulle donne e fanciulli del 1902 che

erano interventi settoriali che miravano a assicurare garanzie minime al lavoro di fabbrica.

Un’altra forma di tutela agli operai delle fabbriche fu garantita dalla legge istitutiva dei collegi dei probiviri chiamati a risolvere secondo equità le controversie che insorgevano tra industriali e operai.

Nel 1901 Barassi (fondatore del diritto del lavoro in Italia) avevaconsiderato nella subordinazione del locator operarum il tratto identificativo della locatio operarum.

Gli indici di riconoscimento della subordinazione costituiti dall’assunzione del rischio e dall’accentramento della gestione da parte del conductor operarum non consentivano di considerare la stessa subordinazione come dato di qualificazione giuridica dell’obbligazione lavorativa.

Il diritto del lavoro in quanto diritto speciale prende atto che lalocatio operarum è un’astrazione.

Meriti e limiti dell’elaborazione di Barassi Merito è stato quello di trasformare il vincolo di dipendenza personale in vincolo di dipendenza funzionale, collegato all’esecuzione della prestazione lavorativa e non alla persona. Il limite è stato quello di non prendere atto che lo schema della locazione, se riferito allo svolgimento del lavoro, mal si presta a separare l’attività dalla persona del lavoratore,con il rischio di considerare quest’ultimo come oggetto.

Accanto alla tutela assicurata al lavoro in fabbrica dalle leggi sociali e dalla giurisprudenza probivirale fu diffusa anche l’applicazione delle norme raccolte dalle Camere di commercio che offrivano alle parti un contratto tipo o un regolamento parziale che non aveva valore legale.

Non esistevano clausole tipo predisposte dalle Camere di commercio e comunque variavano da zona a zona, che non eliminavano l’esigenza di unintervento legislativo anche perché la disciplina del rapporto rimaneva pur sempre affidata all’autonomia privata individuale.

Nel 1923 fu emanato un decreto che regolamentava l’orario di lavoroper operai e impiegati delle aziende industriali o commerciali mentre l’anno successivo la legge sull’impiego privato che regolava il lavoro intellettuale con esclusione del lavoro manuale. Nella legge non compare ancora la nozione di subordinazione come dato di qualificazione dell’obbligazione di lavorare dell’impiegato mentre con la formula “il contratto d’impiego privato è quello per una società o un privato, gestori di un’azienda, assumono al servizio dell’azienda stessa, attivitàprofessionale dell’altro contraente” viene confermato che l’oggetto del

contratto è costituito dall’attività professionale e viene affermata la rilevanza giuridica del contratto di impiego privato con l’azienda.

CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO NELL’IMPRESA ATEMPO PIENO ED INDETERMINATO

Art. 2094 c.c. definisce prestatore di lavoro subordinato. Questo articolo non ha disconosciuto l’origine contrattuale del rapporto e la natura del contratto a prestazioni corrispettive, quando la norma precisache è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione.

L’art. 2094 ha introdotto la nozione di subordinazione identificandola nella collaborazione del prestatore di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore quest’ultimo ha il potere di determinare al momento di costituzione del rapporto, di modificare unilateralmente in corso di rapporto le modalità di esecuzionedella prestazione di lavoro affinché la collaborazione alle dipendenze dello stesso imprenditore sia idonea a soddisfare l’interesse di quest’ultimo.

Il contratto di lavoro subordinato consente al datore di pianificare e coordinare, attraverso l’esercizio del potere direttivo, laprestazione di lavoro dedotta in contratto con le prestazioni rese da altri lavoratori in altrettanti contratti di lavoro.

Il coordinamento di uno o più contratti di lavoro con gli altri fattori della produzione consente all’imprenditore di realizzare il risultato produttivo, che non entra però nel contenuto del singolo contratto individuale di lavoro e tale risultato pur rimanendo estraneo all’oggetto dell’obbligazione assunta dal lavoratore diviene punto di riferimento per la determinazione del modo di essere della prestazione dovuta.

L’obbligo di collaborazione del lavoratore distingue il contratto di lavoro da altri contratti di scambio.

Non risulta completamente decisiva la soggezione del prestatore di lavoro alle direttive del datore; anche in determinate ipotesi di lavoro autonomo continuativo è agevole riscontrare lo stesso margine di autonomia non solo nell’esecuzione, ma anche nell’organizzazione della prestazione lavorativa.

La subordinazione non è stata esclusa quando l’artista restando soggetto alle direttive dell’imprenditore sul piano organizzativo si sia riservato il potere di controllo sulla sceneggiatura.

La giurisprudenza è molto oscillante sulla qualificazione autonoma o subordinata dell’attività di insegnamento nella scuola privata considerata autonoma la prestazione del docente che si sia obbligato a tenere un numero minimo di lezioni mentre è subordinato il rapporto che si svolge con modalità tali da comportare l’inoperosità dell’insegnante per alcune ore presso la scuola e l’inosservanza di un orario di lavoro predisposto dall’organizzazione scolastica.

Sebbene il riconoscimento delle direttive non sia sempre decisivo, esso resta comunque il criterio distintivo principale tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.

La distinzione tra obbligazione di mezzi o di attività, in base alla quale l’obbligato si impegna a svolgere un’attività di lavoro, e l’obbligazione di risultato, in base alla quale l’obbligato si impegna a svolgere un’attività qualificata come risultato, non sembra idonea a distinguere lavoro subordinato da quello autonomo.

Quando il lavoratore sia a disposizione dell’impresa, anche se la prestazione era richiesta al bisogno, il rapporto di lavoro è subordinato.

Il rischio ricade di norma sul lavoratore autonomo e non su quello subordinato.

La subordinazione socio – economica non può essere considerata elemento identificativo della subordinazione e distintivo del lavoro subordinato rispetto al lavoro autonomo perché nel nostro ordinamento i rapporti di lavoro non sono necessariamente subordinati.

L’esecuzione della prestazione nel lavoro autonomi non sarebbe necessariamente personale, mentre lo è nel lavoro subordinato. Anche nelle ipotesi in cui il prestatore d’opera si avvale di opera di terzi sidistingue adempimento diretto del terzo dall’adempimento a mezzo di terzi.

In caso di contrasto tra la dichiarazione e il comportamento delle parti, prevale quest’ultimo ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro subordinato.

Metodo tipologico il tipo normativo non individua un tipo legaledeterminato, ma solo alcune caratteristiche di un tipo legale, sicché l’applicazione del metodo tipologico consente al giudice di non sussumerela fattispecie concreta in quella astratta ma di ricondurre la prima al tipo normativo.

Disponibilità del tipo da parte del legislatore = compete al legislatore definire e regolare i tipi che sono denominati legali. La corte ha negato ripetutamente che il legislatore possa disporre del tipo di lavoro subordinato.

Art 34-35 Cost. sono riferibili esclusivamente al lavoro subordinato. L’ultimo prevedere l’impegno della Repubblica a tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e quindi smentisce interpretazione limitativa.

Art. 36 Cost. non impedisce al legislatore ordinario di determinare una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro eseguito ovvero non impedisce ad un ordinamento economico collettivo di determinare i minimi di trattamento economico.

Art. 37 cost. stabilisce parità di trattamento tra uomo e donna e il diritto dei minori, a parità di lavoro, alla parità di retribuzione e perciò prevede e regola diritti che possono essere fatti valere anche al di fuori del lavoro subordinato.

Art. 39 -40 Cost. norme riferite alla rappresentanza sindacale dei lavoratori e al diritto di sciopero.

CONTRATTO E RAPPORTO DI LAVOROL’età minima per ammissione al lavoro coincide con la cessazione

del periodo di istruzione obbligatoria e non deve essere comunque inferiore al 16° anno di età. Previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro e assenso dei genitori però è ammesso l’impiego dei minori in attività lavorative di tipo culturale, sportivo o nel settore dello spettacolo. È previsto un trattamento particolare con divieto di orario notturno.

Con il compimento del 18° anno di età il lavoratore acquista la capacità ci stipulare un contratto di lavoro.

Requisiti del contratto:- Accordo delle parti- Contratto a prestazioni corrispettive = scambio di lavoro contro

retribuzione- Forma contratto a tempo pieno ed indeterminato non ha alcun

tipo di forma. Invece quella scritta ad substantiam viene richiesta per alcune clausole o patti che accedono al contratto di lavoro

- Oggetto costituito dalle mansioni e dalla retribuzione- Onerosità perché la controprestazione è costituita dalla

retribuzione. Il contratto di lavoro gratuito è innominato e nonlecito. (il lavoro gratuito è lecito a condizione che realizzi un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico)

Il patto di prova deve risultare da atto scritto ad substantiam e il lavoratore in prova ha diritto di eseguire la prestazione di lavoro.

il periodo di prova non può superare i sei mesi durante i quali le parti possono recedere liberamente, senza obbligo di preavviso. L’assunzione diventa definitiva se nessuna delle parti esercita il recesso entro il termine della prova e in tal caso il lavoro già prestato è computato a tutti gli effetti nell’anzianità di servizio.

L’origine contrattuale del rapporto di lavoro non è messa in discussione neppure dalla rilevanza giuridica attribuita dal codice alla prestazione di fatto in quanto la norma presuppone pure sempre un contrato invalido si vuole garantire che la tutela dei diritti che il lavoratore avrebbe maturato nel corso dell’esecuzione del rapporto non sia pregiudicata dalla nullità o dall’annullamento del contratto. Al lavoratore spetta il diritto alla retribuzione quando il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del lavoratore.

Vecchia disciplina del collocamento riforma ha seguito due direttive differenti. Da una parte il d.lgs. 469/1997 ha eliminato il monopolio pubblico del collocamento e dall’altra l. 608/1996 ha introdotto il principio dell’assunzione diretta = Il datore di lavoro può procedere all’assunzione diretta di un lavoratore senza passare per l’intermediazione di un ufficio pubblico.

All’atto di assunzione il datore deve comunicare al lavoratore la qualifica e la categoria che gli sono state assegnate in relazione alle mansioni che deve svolgere e deve rilasciarli una coppia della comunicazione dell’instaurazione del rapporto.

L’assunzione del lavoratore determina il sorgere di un obbligo di comunicazione nei confronti del Centro per l’impiego territorialmente competente, al quale devono essere trasmessi i dati anagrafici del lavoratore, data di assunzione, data di cessazione qualora il rapporto sia a tempo determinato. La comunicazione deve essere effettuata entro ilgiorno antecedente a quello di inizio del rapporto.

Nuove regole sull’ingresso dei privati nel mercato di lavoro:- Istituzione di un albo delle agenzie per il lavoro agenzie di

intermediazione, agenzie di ricerca e selezione del personale, agenzie di supporto alla collocazione professionale

- Autorizzazione preventiva del Ministero del lavoro per poter svolgere attività da parte delle agenzie per il lavoro, le quali, per ottenerla, hanno bisogno di determinati requisiti finanziari, organizzativi e di onorabilità dei propri dirigenti e rappresentanti

- Regimi particolari di autorizzazione per particolari soggetti come le Università, camere di commercio ecc.

- Potere di accreditamento delle regioni nei confronti di operatori pubblici e privati

Per realizzare un sistema efficace di informazioni è stata istituita la borsa continua nazionale del lavoro che favorisce appunto l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Sono previste sanzioni penali nei confronti di coloro che svolgono attività di intermediazione, somministrazione di lavoro, ricerca del personale e ricollocazione professionale in assenza dell’autorizzazione.

Sanzioni amministrative sono previste in caso di violazione delle norme riguardanti le modalità di assunzione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro.

Già da tempo veniva previsto un collocamento obbligatorio che garantiva possibilità di occupazione per persone affette di menomazioni fisiche o intellettive in una determinata percentuale al numero dei lavoratori complessivamente occupati. La legge 68/1999 definisce il collocamento mirato come quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi dei posti di lavoro, forme di sostegno. La legge individua i soggetti disabili che devono essere iscritti in appositi elenchi e prevede criteri e procedure per i relativi accertamenti. L’obbligo di assunzione grava su tutti i datori in proporzione al numero dei dipendenti. L’assunzione dei disabili può avvenire o mediante richiesta da indirizzare agli uffici competenti entro 60 giorni dal momento in cui sorge l’obbligo di assumere il disabile ovvero mediante stipula di convenzioni. Sono previste anche assunzioni a tempo determinato con finalità formative. Periodicamente i datori di lavoro hanno l’obbligo diinviare un prospetto informativo sulla situazione dell’organico e l’inosservanza di quest’obbligo può far sorgere sanzioni amministrative.

Tra le misure dirette a promuovere l’occupazione di particolari categorie di soggetti a rischio di esclusione sociale è inclusa anche laformazione professionale necessaria per fronteggiare le esigenze formative sia delle nuove leve di lavoratori da immettere nei processi produttivi, sia i lavoratori da reintegrare.

La crisi del modello del lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato e le esigenze che sono alla base della nuova imprenditorialità sollecitano un’offerta formativa diversificata che ha spinto il lavoratore ad avviare una riforma che garantisce ai lavoratori una formazione continua durante la vita lavorativa.

Le regioni hanno compiti e funzioni in materia di politica attiva del lavoro con particolare riferimento all’incremento occupazionale.

Vengono dettate norme generali in materia di alternanza scuola – lavoro; sono state inoltre istituiti fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua per il finanziamento di piani formativi aziendali , settoriali, territoriali concordati tra le parti sociali.

Le leggi regionali si propongono l’obiettivo di realizzare l’inserimento lavorativo e l’occupazione di soggetti in condizioni di svantaggio sociale mediante l’attività di orientamento, formazione, formedi collocamento mirato attraverso convenzioni con strutture pubbliche o private. L’attività formativa può essere realizzata tenendo conto delle esigenze produttive delle imprese nelle quali i lavoratori sono chiamati a operare.

Con la sottoscrizione delle parti si conclude il contratto di lavoro con il quale si istaura il rapporto di lavoro che ha una struttura complessa, perché accanto alle due obbligazioni fondamentali gravitano una serie di oneri e obblighi strumentali o accessori corrispondenti pretese e potestà di predisposizione e corrispondenti soggezioni che concorrono a formare la posizione del prestatore e datore di lavoro.

I diritti del lavoratore sono tutelati anche in via amministrativa attraverso la funzione di vigilanza sulla corretta applicazione della normativa in materia di lavoro. Nell’attività di vigilanza rientrano il potere di accesso nei luoghi di lavoro, l’esame della documentazione aziendale, l’acquisizione delle dichiarazioni dei lavoratori e dei datoridi lavoro. La funzione di vigilanza è assicurata dal personale ispettivo del Ministero del Lavoro e dagli enti previdenziali e dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

Nell’esercizio della funzione di vigilanza gli ispettori operano inqualità di ufficiali di polizia giudiziaria e hanno un potere di accertamento delle eventuali infrazioni compiute dal datore di lavoro. delle infrazioni deve essere redatto un processo verbale che diventa fonte di prova; l’ispettore non ha il potere di costituire il rapporto, ma può solo diffidare il datore di lavoro ad inquadrare nella corretta tipologia contrattuale il dipendente irregolarmente occupato ed irrogare le relative sanzioni amministrative.

Le sanzioni amministrative vengono irrogate direttamente dal personale ispettivo, secondo procedure diverse a seconda che il tipo di infrazione rilevata consista in una inosservanza sanabile o insanabile. Nel primo caso gli ispettori diffidano il trasgressore alla regolarizzazione delle violazioni accertate – se il datore ottempera alladiffida è ammesso al pagamento di una sanzione ridotta o minima. Nel

secondo caso invece gli ispettori procedono alla contestazione dell’infrazione senza necessità di alcuna diffida preventiva – il datore di lavoro può estinguere il procedimento sanzionatorio attraverso il pagamento di una sanzione in misura ridotta.

Un’ulteriore potere attribuito agli organi ispettivi è la diffida accertativa per crediti patrimoniali. Qualora nell’attività di controllo sulla corretta applicazione dei contratti collettivi emerga un’inosservanza dalla quale scaturisca un credito pecuniario in favore diuno o più prestatori di lavoro, gli ispettori possono diffidare il datoredi lavoro e corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti.

Conciliazione monocratica esito positivo = non viene dato seguito ad una verifica ispettiva nei confronti del datore di lavoro. Nonè possibile ricorrervi quando sussistano irregolarità di diretta ed esclusiva rilevanza penale o che interessino altri lavoratori oltre il denunciante.

POTERI DEL DATORE DI LAVOROHanno fonte nel contratto di lavoro ma sono regolati dalla legge.L’iniziativa economica privata è libera, non può svolgersi in

contrasto con l’utilità sociale e in modo da recare danno alla sicurezza,libertà e dignità umana. L’utilità sociale non costituisce un limite funzionale ma un limite esterno rispetto all’iniziativa economica.

La legge e la contrattazione collettiva possono limitare progressivamente l’esercizio dei poteri dell’imprenditore ma mai funzionalizzare il loro esercizio all’utilità sociale.

L’imprenditore ha diritto di costituire l’impresa per perseguire unprofitto e la legge ordinaria non può imporgli di perseguire l’interesse pubblico o interessi diversi.

Primo dei poteri che spetta al datore di lavoro è il potere direttivo, attraverso il quale egli determina le disposizioni per l’esecuzione del lavoro. Con il potere direttivo il datore è legittimato a stabilire termini e modi in cui la prestazione lavorativa deve essere svolta affinchè la medesima risulti utile per la realizzazione del programma produttivo, ma è legittimato altresì a modificare unilateralmente le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Il datore di lavoro, inoltre, deve abilitare il lavoratore alle mansionipattuite.

In presenza di comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive, al datore di lavoro viene riconosciuto il potere di modificare unilateralmente il luogo di esecuzione della prestazione

lavorativa. Il trasferimento comporta un mutamento definitivo del luogo di lavoro.

Per trasferimento all’estero la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono necessario il consenso del lavoratore perché l’obbligo di collaborazione non copre un mutamento così radicale.

La trasferta invece determina un mutamento solo temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa.

Si distingue da questa il distacco, caso in cui il lavoratore vieneinviato dal datore a svolgere la sua prestazione presso un altro datore di lavoro temporaneamente e nell’interesse del distaccante. Esso è legittimo qualora sia temporaneo e disposto per soddisfare un interesse del distaccante. L’attività lavorativa da svolgere deve essere determinata. Il datore di lavoro distaccante mantiene durante il distaccola piena titolarità del rapporto e rimane responsabile del trattamento economico del lavoratore. Quando il distacco presuppone un mutamento delle mansioni è subordinato al consenso del lavoratore. Anche il periododi distacco deve essere predeterminato dall’inizio.

Potere di controllo datore può controllare:- Patrimonio aziendale attraverso le guardie giurate e visite del

personale di controllo- Svolgimento della prestazione lavorativa attraverso personale di

vigilanza- Personale in caso di malattia attraverso medici dei servizi

ispettiviIl potere di controllo è un’espressione del o comunque rientra nel

potere direttivo.L’art. 5 St. lavoratori consente accertamenti sanitari attraverso

il personale del sistema sanitario nazionale obbligo di reperibilità in determinate fasce orarie del personale in malattia, al fine di consentire la sottoposizione a visita medica e in assenza del lavoratore il medico lascia l’invito per la visita ambulatoriale. Il lavoratore che risulti assente alla visita senza giustificato motivo decade dal diritto al trattamento economico per l’intero periodo fino a 10 giorni e 50% per il periodo ulteriore.

Con la conclusione del contratto di lavoro subordinato il datore dilavoro è legittimato ad esercitare il potere disciplinare e procedimentalizzato. Si tratta di un potere tipico del contratto di lavoro subordinato che consente al datore di lavoro di punire la violazione degli obblighi di osservanza, di diligenza e di fedeltà che incombono al lavoratore senza compromettere la conservazione e la continuità del rapporto di lavoro.

L’esercizio del potere disciplinare, a fronte di un inadempimento, evita di ricorrere ai rimedi previsti dal diritto comune non solo nell’interesse del datore ma anche nell’interesse del lavoratore. Anche il licenziamento può configurarsi come sanzione disciplinare.

Limiti di questo esercizio sono contenuti nell’art 2106 c.c. = proporzionalità della sanzione all’infrazione.

Art. 7 St. lav. ha procedimentalizzato l’esercizio = ha introdotto principio di legalità stabilendo che il codice disciplinare aziendale debba indicare infrazioni e sanzioni corrispondenti. Il codice disciplinare deve essere portato alla conoscenza dei dipendenti mediante affissione. L’art. 7 ha introdotto inoltre anche il principio del contraddittorio che obbliga il datore di lavoro a contestare al lavoratore la sanzione e ad ascoltarlo a sua difesa prima di irrogare la sanzione.

Il lavoratore può chiedere entro 20 giorni la costituzione di un collegio di conciliazione i cui atti hanno natura negoziale. La sanzione resta quindi sospesa fino al lodo oppure fino alla definizione del giudizio. Essa diventa inefficace se il datore non provveda alla nomina del proprio arbitro entro 10 giorni. La sanzione della multa non può superare le 4 ore di retribuzione e la sospensione non può superare 10 giorni.

La sospensione cautelare è finalizzata ad assicurare lo svolgimentoordinario ed efficiente dell’attività aziendale in presenza di fatti talida rendere opportuno il temporaneo allontanamento di un dipendente dal servizio. Questa può essere disposta unilateralmente dal datore di lavoroanche in assenza di una specifica disciplina legale.

La sospensione cautelare si distingue dalla sospensione dell’art. 7St. lav. perché questa è un provvedimento disciplinare mentre la prima è una misura di carattere provvisorio e strumentale all’accertamento di possibili responsabilità penali, infatti non deve essere preceduta da formale contestazione di addebito e non trova nemmeno applicazione il limite di 10 giorni previsto per la sospensione quale provvedimento disciplinare. La sospensione cautelare inoltre non priva il lavoratore dal diritto di retribuzione, anche se il contratto collettivo può prevedere la sospensione dell’obbligazione retributiva.

Principio della non colpevolezza del lavoratore sorte dell’obbligazione retributiva condizionata dall’esito del procedimento disciplinare : qualora questo si concluda in senso sfavorevole con licenziamento, gli effetti del recesso retroagiscono al momento in cui era stata applicata la sospensione cautelare. Qualora invece venga applicata una sanzione conservativa e il processo si concluda in modo

favorevole, il lavoratore ha diritto alla piena retribuibilità del periodo di sospensione cautelare.

INQUADRAMENTO E OBBLIGHI DEL PRESTATORE DI LAVORO

L’assegnazione delle mansioni al lavoratore comporta l’inquadramento di questo nelle categorie legali, contrattuali o aree professionali.

Art. 2095 – quattro categorie di lavoratori subordinati : operai, impiegati, quadri e dirigenti. I criteri per determinare la categoria di appartenenza sono affidati al contratto collettivo.

Quadri = lavoratori che pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa. Essi non hanno una propria contrattazione collettiva.

Dirigenti = non esiste una vera e propria definizione, sono gli alter ego degli imprenditori. Dalla contrattazione collettiva deriva un dato significativo della natura dirigenziale che incide sulle scelte di politica aziendale e sugli obiettivi complessivi d’impresa che distingue il dirigente dall’impiegato direttivo. È superato l’atto di nomina al fine dell’inquadramento dei dirigenti in questa categoria, è lo svolgimento effettivo delle mansioni a dar luogo alla promozione.

L’art. 7 St. lav. non troverebbe applicazione in caso di licenziamento disciplinare di un dirigente poiché la natura fiduciaria del rapporto escluderebbe la stessa configurabilità del potere disciplinare del datore di lavoro, anche se non sono mancate pronunce in senso contrario. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione invece si sono pronunciate per l’applicabilità dell’art. 7 St. Lav..

In passato il contratto collettivo prevedeva due parti – una relativa agli impiegati e l’altra per gli operai. I primi erano suddivisiin diverse categorie, esistevano infatti impiegati d’ordine, di concetto,1° categoria e impiegati con funzioni direttive. Una dottrina autorevole distingueva gli operai dagli impiegati qualificando i primi come collaboratori all’impresa e i secondi come collaboratori nell’impresa.

Con il tempo è stato superata la distinzione e si è formato l’inquadramento in un medesimo livello retributivo del personale con qualifiche ex operaie e con qualifiche ex impiegatizie.

Il criterio più ampio nell’area professionale consente di considerare professionalmente equivalenti tutte le mansioni ricomprese nell’area.

La qualifica indica la serie di mansioni che il lavoratore assunto con quella determinata qualifica è tenuto a svolgere. Tra gli obblighi del datore di lavoro all’assunzione del lavoratore esiste anche la comunicazione a quest’ultimo della qualifica; questa assume quindi anche una funzione di inquadramento.

La qualifica derivante da un titolo di studio e non dalle mansioni viene considerata idonea da qualche contratto a determinare progressioni di carriera. In questi casi l’esecuzione del rapporto di lavoro procede in assenza di una perfetta consonanza tra la qualifica riconosciuta e le mansioni espletate.

Qualifica convenzionale = lavoratore continua a svolgere le mansioni contrattualmente concordate ma, per espressa pattuizione delle parti, ad esso viene attribuita una qualifica superiore che sarà presupposto necessario di una serie di posizioni giuridiche alle quali sifarà riferimento.

Qualifica non collegata alle mansioni il riconoscimento trascende ogni aspetto o diritto connesso al rapporto in atto e si sostanzia nell’interesse alla regolamentazione della propria progressionein carriera; l’aspetto tutelato è quello della professionalità del prestatore di lavoro.

Il contratto di lavoro è un contratto di scambio costituito dall’obbligazione di corrispondere una retribuzione alla prestazione del lavoratore, quindi allo svolgimento delle mansioni pattuite. Al lavoratore non possono essere richiesti compiti che esorbitano dalle mansioni assegnate. Il contratto di lavoro è contrassegnato dal caratterefiduciario (intuitus personae) che rileva non solo nello svolgimento della prestazione ma anche nella costituzione del rapporto; questo pone al contro del rapporto la persona del lavoratore e il carattere strettamente personale della prestazione lavorativa. La personalità dellaprestazione esclude che il prestatore possa avvalersi nello svolgimento della prestazione di sostituti o ausiliari. L’obbligo di eseguire la prestazione si traduce nell’obbligo di eseguire le mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto. Egli può essere spostato dal datore di lavoro unilateralmente a mansioni equivalenti.

Equivalenza sul piano della professionalità si considerano equivalenti le mansioni che richiedono l’utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal lavoratore inteso come bagaglio di esperienzee competenze maturate nello svolgimento di mansioni fino ad allora svolte. L’assegnazione a mansioni equivalenti non richiede consenso del lavoratore e non può comportare diminuzione della retribuzione. La conservazione della retribuzione non si estende però alle indennità

connesse a modalità estrinseche dello svolgimento del lavoro. la valutazione dell’equivalenza delle mansioni è affidata al giudice.Le clausole del contratto collettivo sono solo considerate un parametro di riferimento per la valutazione dell’equivalenza delle mansioni; tali clausole non saranno più soggette al controllo di validità da parte del giudice che non potrà più dichiarare la loro nullità.

Il vecchio art. 2103 c.c. prevedeva limiti e garanzie nei confrontidel lavoratore rispetto all’esercizio dello ius variandi in pejus del datore di lavoro. Questo limite era facilmente aggirato, perché il datoreera libero di recedere ad nutum e questo induceva il lavoratore ad accettare anche tacitamente di essere assegnato a mansioni inferiori. L’art. 2103, modificato, ha sancito la nullità di ogni patto contrario. In fatti la norma ha introdotto un più rigido regime della indisponibilità, anche se in realtà una parte della giurisprudenza accetta patti peggiorativi stipulati nell’interesse del lavoratore al fine di garantire la conservazione del posto di lavoro.

Se un lavoratore viene assegnato comunque a mansioni inferiori, egli potrebbe far valere l’eccezione di inadempimento, ossia una formula di autotutela.

Se queste mansioni vengono svolte per un periodo di tempo superiorea 10 anni, può essere fatta valere la nullità a meno di riconoscere l’autonoma rilevanza del diritto alla qualifica e ritenere legittimato ildatore ad eccepire la prescrizione per il decorso dei 10 anni.

Dall’assegnazione alle mansioni inferiori il lavoratore può subire sia una danno patrimoniale che non patrimoniale, consistente, quest’ultimo, in danno alla professionalità.

Quando il lavoratore viene adibito a mansioni superiori ha diritto al trattamento corrispondente, quindi aumento e l’assegnazione diventa definitiva se supera i 3 mesi, a meno che non sia intervenuta per sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto. Vale la regola della sommatoria per periodi di assegnazione ripetuti inferiori a tre mesi, in modo da evitare frodi alla legge.

Ai fini della promozione lo svolgimento delle mansioni deve essere effettivo e pieno.

Prevale sempre il diritto del lavoratore che abbia svolto mansioni superiori su quello del vincitore di concorso.

Nel lavoro pubblico l’esercizio di fatto di mansioni cono corrispondenti alla qualifica non ha effetti ai fini dell’inquadramento odell’assegnazione di incarichi di direzione. Solo in caso di vacanza in organico e per un periodo limitato o nel caso di sostituzione di un altrodipendente è ammessa l’assegnazione a mansioni superiori.

Obbligo di collaborazione nell’impresa = non significa comunione discopo. Tuttavia questo distingue il contratto di lavoro dagli altri contratti di scambio per la funzione organizzativa evidenziata dalla collaborazione cui è tenuto il prestatore. Il risultato produttivo dell’impresa diventa punto di riferimento per la determinazione del contenuto e del modo di essere della prestazione dovuta.

Art. 2104 c.c. – individua criteri di valutazione della diligenza del lavoratore nello svolgimento della prestazione. Egli deve possedere eimpiegare infatti determinate competenze e esperienze. La diligenza è la misura della qualità e della quantità della prestazione dovuta.

Lo scarso rendimento costituisce inadempimento se il datore di lavoro prova la negligenza e la colpa del lavoratore.

Il prestatore di lavoro ha inoltre l’obbligo di osservanza delle disposizioni della disciplina lavorativa e anche l’obbligo di fedeltà, che è la partecipazione del lavoratore all’utile voluto dal datore. Il divieto di concorrenza dura fino all’estinzione del rapporto di lavoro, èconsentito però anche un patto di non concorrenza che vieta al lavoratoredi svolgere attività concorrenti anche dopo la fine del rapporto lavorativo.

I DIRITTI DEL PRESTATORE DI LAVORO A CONTENUTOECONOMICO

La retribuzione costituisce il compenso al quale il lavoratore ha diritto in ragione dell’attività svolta alle dipendenze e sotto la direzione di un datore di lavoro.

Art. 36 cost. il compenso deve essere proporzionato alla qualitàe alla quantità del lavoro e comunque sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La proporzionalità e la sufficienza della retribuzione sono determinate dal contratto collettivo .

In omaggio al principio del favor verso il prestatore di lavoro sono fatte salve comunque le clausole più favorevoli del contratto individuale.

La funzione riconosciuta al contratto collettivo di determinazione della retribuzione incontra il limite dell’efficacia soggettiva ai soli iscritti ; problema superabile qualora le parti accettino il contratto collettivo di diritto comune. Qualora il datore non sia iscritto al sindacato stipulante e non voglia applicare livelli retributivi previsti dal contratto collettivo è il giudice ad avere il compito di determinare

la retribuzione sufficiente, che può, senza obbligo, adottare quella prevista dal contratto collettivo.

Anche un contratto collettivo di ambito più ristretto rispetto a quello nazionale può essere assunto come parametro retributivo di riferimento applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, purché il giudice motivi la sua decisione. La Corte di Cassazione ha sostenuto che la determinazione giudiziale della retribuzione con importi minori rispetto a quelli della contrattazione collettiva non può essere motivatacon richiamo a condizioni ambientali.

Il contratto collettivo nazionale di categoria stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi non ha efficacia generale.

La retribuzione è corrisposta normalmente in denaro e a cadenza mensile in base al principio della postnumerazione. Il pagamento è quindiposticipato rispetto all’esecuzione della prestazione. La retribuzione innatura può assolvere a una funzione integrativa della retribuzione in denaro.

Fringe benefits = provvidenze riconosciute sotto forma di risparmiodi spesa. Se hanno natura retributiva, il controvalore dei beni o serviziofferti al dipendente costituisce reddito imponibile a fini fiscali e deve essere computato ai fini delle competenze legali.

Indennità di mensa computata nella retribuzione mensile solo se questo viene previsto dal contratto collettivo.

Indennità di trasferta 50% natura risarcitoria e 50% natura retributiva.

Retribuzione ai fini fiscali e previdenziali costituiscono redditi da lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, il relazione al rapporto di lavoro salve le eccezioni tassativamente previste. La retribuzione ai fini fiscali è costituita soltanto da ciò che il lavoratore ha effettivamente percepito mentre la retribuzione imponibile ai fini previdenziali non può essere inferiore all’importo della retribuzione fissata a livello collettivo.

La retribuzione può essere corrisposta a tempo o a cottimo.Nel primo caso l’unità di misura è il decorso del tempo

indipendentemente dal risultato, anche se c’è pur sempre una verifica, mentre nel secondo caso è presupposto il calcolo del tempo occorrente al lavoratore di media diligenza per produrre un determinato pezzo del risultato finale. Il cottimo è vietato nel tirocinio mentre è obbligatorio nel lavoro a domicilio. Esso può essere individuale = relativo al singolo individuo o collettivo = relativo ad un gruppo di lavoratori. Al contratto collettivo spetta il compito di stabilire i

criteri per la formazione di tariffe per evitare abusi del datore di lavoro.

Alla retribuzione minima fissata a livello nazionale, la contrattazione aziendale aggiungeva una parte variabile collegata ad incrementi di produttività o redditività dell’impresa. Per incentivare ladiffusione di questi elementi, il legislatore ha previsto che il salario variabile di produttività previsto dai contratti di secondo livello (aziendali e territoriali) può essere escluso entro certi limiti a domanda delle imprese dalla base imponibile per il calcolo dei contributiprevidenziali e assistenziali.

Nel nostro ordinamento non esiste una nozione legale di retribuzione. Le parti possono prevedere solo ed esclusivamente miglioramenti ad personam rispetto al trattamento retributivo eventualmente pattuito in sede collettiva.

Le componenti della retribuzione inserite in busta paga sono numerose, tre delle quali sempre presenti . paga base, prevista dal contratto collettivo di riferimento; scatti di anzianità collegati all’anzianità di servizio maturata; contingenza ormai congelata nel suo ammontare, cioè somma corrispondente all’indennità di contingenza maturata. Il contratto collettivo di categoria prevede anche la corresponsione delle mensilità aggiuntive (13° e 14°) e l’attribuzione dipremio alla produzione, collegato all’andamento economico dell’impresa. Sono previsti anche altri emolumenti denominati indennità e collegati alle modalità topografiche di esecuzione della prestazione lavorativa o amodalità rischiose della prestazione.

Principio di omnicomprensività della retribuzione = principio secondo cui tutti i compensi dovessero essere compresi nella retribuzione da tempo la giurisprudenza ha aderito al principio secondo il quale ilcomputo o meno delle indennità nelle mensilità aggiuntive dipende da quanto stabilisce il contratto collettivo o dal comportamento anche tacito delle parti individuali. Il superamento del principio di omnicomprensività comporta un ampliamento dello spazio per la contrattazione collettiva.

Non hanno natura retributiva i rimborsi spese, normalmente anticipate dal lavoratore per conto del datore e inerenti alla prestazione lavorativa, premi e gratifiche .

È stata abolita l’indennità di contingenza. Essa era un emolumento che adeguava automaticamente la retribuzione all’aumento del costo della vita in base al meccanismo dei punti di contingenza che avevano un valorepredeterminato in misura uguale per tutti i lavoratori. Con il protocollodel 1993 venne abolita appunto la contingenza e riconosciuto ampio spazio

alla contrattazione collettiva; in sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali il negoziato tra le parti doveva avere come punto di riferimento la comparazione tra inflazione programmata e quella effettivaintervenuta nel biennio precedente. Qualora l’inflazione effettiva risultava superiore a quella programmata, erano individuati incrementi retributivi da corrispondere nel secondo biennio.

L’accordo del 22 gennaio 2009 ha introdotto un nuovo indice IPCA (dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo), che però è destinato a non registrare uno dei fattori principali dell’aumento dell’inflazione.

Ai sensi dell’Accordo interconfederale del 1993, nell’ipotesi di mancati rinnovo del contratto collettivo dopo tre mesi della sua scadenza, i lavoratori percepivano un incremento denominato di “vacanza contrattuale” equivalente al 30% del tasso di inflazione programmata ai minimi retributivi, a partire dal settimo mese la percentuale era 50%. Con l’accordo del 2009 sono i singoli contratti collettivi a stabilire unmeccanismo che riconosca, in caso di scadenza del contratto, una copertura economica a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungimento dell’accordo di rinnovo.

La parità di trattamento retributivo a parità di mansioni riguarda i trattamenti più favorevoli rispetto a quelli minimi stabiliti dal contratto collettivo.

L’art. 41 Cost. non introduce limiti funzionali ma solo esterni all’iniziativa economica privata che possono essere stabiliti solo dalla legge o dal contratto collettivo.

L’utilità sociale esprime un valore che rileva giuridicamente solo quando si concreti in un atto normativo.

La ragionevolezza è riferibile all’atto normativo e non all’atto diautonomia privata.

Le clausole generali e i principi costituzionali non sono costitutive di obbligazioni autonome e riguardano l’esecuzione del singolo contratto di lavoro.

Il principio di parità di trattamento non può fondarsi sull’art. 36Cost. che sancisce la proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità della prestazione svolta e comunque la sua sufficienza; questo principio si colloca in un’area sovrastante l’art. 36.

Esiste una diversità logico strutturale tra divieto di discriminazione e principio di parità di trattamento il primo ha la finalità di evitare la diversità di trattamento determinata da un requisito personale del discriminato, mentre la seconda comporta

attribuzione dello stesso trattamento retributivo a lavoratori che hanno identità di requisiti.

Ove si riconosca il fondamento normativo del principio della paritàdi trattamento, si dovrebbe arrivare alla conclusione che anche le clausole del contratto collettivo che stabiliscono disparità di trattamento potrebbero essere invalidate e sostituite dal potere correttivo del giudice.

In caso di malattia del lavoratore, in passato l’Inam, oltre ad erogare le prestazioni sanitarie doveva erogare anche quelle economiche. Attualmente quest’ultime si concretano nell’erogazione di prestazioni previdenziali quali l’indennità di malattia e di maternità erogate direttamente dall’Inps a determinate categorie di lavoratori. Quando manca la tutela previdenziale, il datore è obbligato a corrispondere la retribuzione nella misura e per il tempo stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.

Il Trattamento di Fine Rapporto è stato istituito con l. 297 del 1982 e sostituisce l’indennità di anzianità che aveva sostituito l’indennità di licenziamento. Si tratta di una somma di denaro corrisposta alla cessazione del rapporto di lavoro al lavoratore ed è un istituto che non ha corrispondenze in altri ordinamenti stranieri.

Calcolo del T.F.R. esso è una somma di quozienti; il quoziente rappresenta la somma accantonata virtualmente ogni anno che si ottiene dividendo la retribuzione annua per 13,5%, coefficiente che indica il punto di equilibrio tra 13 o 14 mensilità che sono corrisposte al lavoratore ogni anno. Le somme accantonate sono rivalutate ogni anno secondo indici, idonei a coprire una svalutazione del 60%.

L’indennità di anzianità era protetta da un meccanismo di doppia indicizzazione, cioè dalla dinamica delle retribuzioni contrattuali + contingenza. Per questo le organizzazioni sindacali consentirono la sterilizzazione dell’indennità di contingenza. Nel calcolo dell’indennitàdi anzianità potevano essere computate le anzianità convenzionali, cioè riconosciute indipendentemente dallo svolgimento del servizio effettivo.

Le somme accantonate di anno in anno per costituire il TFR sono virtuali e non reali e non sono oggetto di un distinto diritto del datoredi lavoro. il lavoratore ha tuttavia il diritto di richiedere l’accertamento giudiziale delle quote accantonate.

Mentre devono essere computati nella retribuzione annua emolumenti corrisposti al lavoratore anche in assenza di prestazione lavorativa, nondevono essere computati tutti quegli emolumenti soltanto occasionati dal rapporto di lavoro, come pure le somme di natura risarcitoria.

L’accertamento dell’occasionalità dovrebbe essere fatto a priori manella maggior parte dei casi è fatto a posteriori perché si ha riguardo alle modalità di esecuzione della prestazione.

La retribuzione annua non è quella corrisposta in via di fatto ma quella dovuta.

L’art. 2120 c.c. è derogabile dal contratto collettivo( c. 2) comma 3 elenca tassativamente le ipotesi di sospensione della prestazione lavorativa rispetto alle quali è prevista una retribuzione figurativa.

Il lavoratore ha diritto di richiedere anticipazioni per cause previste dalla legge come spese sanitarie, acquisto della prima casa ma soltanto da lavoratori che abbiano un’anzianità di servizio di 8 anni e per un importo non superiore al 70% del TFR maturato. Le richieste di anticipazione possono essere soddisfatte annualmente nel limite del 10% dei lavoratori che ne abbiano diritto e comunque entro il 4% del totale dei lavoratori occupati.

Il TFR conserva la natura di retribuzione differita con funzione previdenziale, che per tanto tempo non ha alterato la natura retributiva dell’istituto. L’orientamento del legislatore va nella direzione del progressivo assorbimento dell’istituto a vantaggio della previdenza complementare o nella direzione del mercato finanziario.

Il TFR diventa oggi lo strumento privilegiato di finanziamento forme pensionistiche complementari, non solo attraverso modalità di conferimento esplicite ma anche modalità tacite.

Gli accantonamenti di TFR possono considerarsi atti di previdenza in senso stretto nella misura in cui sono destinati ad alimentare i fondidi previdenza.

In caso di morte del lavoratore viene riconosciuto che l’indennità di mancato preavviso e il TFR siano devolute a soggetti indicati dall’art. 2122.

In una trattazione sul contratto di lavoro non è preso in esame il diritto del lavoratore alla posizione contributiva oggetto di studio della previdenza sociale perché attinente al rapporto avente ad oggetto l’obbligazione contributiva. Il rapporto contributivo pur avendo una propria identità non ha una sua vita autonoma ma è pur sempre l’effetto giuridico di una fattispecie di cui il soggetto obbligato è parte di un rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o anche familiare e svolge una determinata attività in relazione all’iscrizione all’albo professionale.

La posizione contributiva del lavoratore si configura come un bene giuridico produttivo di effetti economici la cui lesione determina un

danno certo attuale e suscettibile di immediato risarcimento. La parte previdenziale è una voce del costo del lavoro che assorbe il 33% della retribuzione lorda corrisposta al lavoratore.

La somma dei diversi importi annuali accantonati costituisce il montante contributivo individuale che, moltiplicato per un coefficiente determinato dalla legge e che varia in funzione dell’età di pensionamento, indica l’importo annuo della prestazione previdenziale.

Il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. le invenzioni possono essere risultato di un’attività inventiva prevista come oggetto del contratto o possono essere effettuate nell’esecuzione della prestazione lavorativa. Nella prima ipotesi il lavoratore non ha diritto ad alcun compenso aggiuntivo mentre nella seconda ha diritto ad un premio equo. Una terza ipotesi l’invenzione occasionale rientra nel campo di attività dell’azienda ma è realizzata dal dipendente per iniziativa propria al di fuori dello svolgimento del contratto di lavoro – il datore di lavoro ha il diritto di prelazione per l’uso esclusivo o meno dell’invenzione e per l’acquisto del brevetto verso il pagamento di un corrispettivo.

I DIRITTI PERSONALI DEL LAVORATORESono diritti del lavoratore in quanto persona, nell’esecuzione del

lavoro, a prescindere dal contenuto economico della prestazione. Tali diritti mancano di una sistemazione organica nel codice civile, anche se nel tempo ci sono stati interventi di legislazione speciale.

Le sanzioni previste dalla legge rispetto agli atti del datore di lavoro che ledano i diritti personali consistono nell’invalidità di tali atti, nel risarcimento del danno o nell’irrogazione di sanzioni amministrative o penali; queste ultime hanno lo scopo di indurre il datore a porre in esecuzione comportamenti che ripristinino la situazionepreesistente all’atto lesivo.

Esistono quattro species: diritti di libertà in senso proprio, diritti di tutela dell’integrità psico – fisica e della personalità morale, diritti di tutela contro le discriminazioni connessi alla gestione del tempo nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

SEZIONE I – DIRITTI DI LIBERTA’ DEL LAVORATORE - Diritto allo svolgimento delle mansioni pattuite difficoltà ad

individuare tale diritto in via generale, nei rapporti in cui non sussista un interesse del prestatore di lavoro oggettivamente giustificato dalla natura di lavoro

(un diritto all’esecuzione e utilizzazione della prestazione può essere riconosciuto all’interprete di opere drammatiche e musicali)

- Diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero diritto garantito anche attraverso il divieto di indagini sulle opinionipolitiche religiose e su ogni altro fatto non rilevante ai fini della valutazione dell’attitudine professionale e il divieto di atti discriminatori.

- Diritto alla riservatezza divieto di indagine deve essere inteso in senso ampio e impedisce non soltanto l’assunzione di informazioni dirette sulle opinioni dei lavoratori ma anche in via indiretta. Il datore può compiere indagini sul lavoratore solo quando queste sono rilevanti per la valutazione dell’attitudine professionale. Attualmente il divieto di indagini è stabilito dall’art. 8 St. lavoratori va coordinato con il codice della privacy. Per dato personale si intende qualsiasi informazione relativa ad una persona fisica o giuridica purché identificata o identificabile, mentre il trattamento del dato personale è qualsiasi operazione effettuatasu queste informazioni. Tra i dati personali si distinguono quelli sensibili rispetto a quelli generici – i primi rivelano origine razziale e etnica, religione, opinioni politiche.

Il datore non è tenuto a notificare alcuna notizia al Garante e neppure ad ottenere il consenso del lavoratore per quanto concerne il trattamentodei dati in materia di ordinaria gestione del personale quando il trattamento sia finalizzato all’adempimento di specifici obblighi previsti da legge nonché per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato. Per il trattamento dei dati sensibili invece occorre il consenso del lavoratore, preventivamente informato dal datore e previa autorizzazione del garante.

SEZIONE II – TUTELA DELL’INTEGRITA’ PSICO – FISICA E DELLA PERSONALITA’ MORALE DEL LAVORATORE

Art. 2087 c.c. –tutela l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, proteggendo la persona nello svolgimento della prestazione lavorativa.

Art. 32 cost. salute = fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività

Art. 35 cost. la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e tra sicurezza e organizzazione di lavoro c’è nessodiretto (libertà di iniziativa economica non può svolgersi in contrasto

con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e dignità umana)

L’art. 2087 istituisce l’obbligo di sicurezza da adempiersi attraverso una serie di comportamenti positivi volti ad assicurare che l’attività produttiva si eserciti senza pregiudizi per la vita e la salute psico – fisica del lavoratore. Tre parametri di misurazione : particolarità del lavoro, esperienza e tecnica. Il primo è riferito all’obbligo di adeguare le cautele ai rischi specifici che l’attività produttiva esercitata dal datore può presentare; il riferimento all’esperienza attiene a valutazioni basate sull’efficacia dei comportamenti già messi in campo e sui sinistri concretamente verificatisi mentre il riferimento alla tecnica impone al datore di adottare tutti gli accorgimenti progressivamente acquisiti dal patrimoniotecnico – scientifico e normalmente utilizzati nel settore di riferimento. Questi tre parametri operano in combinato disposto e rendonoelastico l’obbligo di sicurezza.

La violazione dell’obbligo si concreta sia nell’omissione di misuretassativamente previste dalla legge sia nell’omissione di misure di prevenzione con riferimento tanto alle caratteristiche oggettive dell’attività di lavoro quanto a quelle soggettive del singolo lavoratore.

La responsabilità civile che incombe sul datore di lavoro ex. art. 2087 ha natura contrattuale. Discendono diverse conseguenze : la prima = possibilità per il datore di rifiutare di svolgere la prestazione (eccezione di inadempimento) ; seconda = agevolazione probatoria; onere di prova del danno, della nocività dell’ambiente di lavoro e nesso causale tra essi; prescrizione decennale.

La responsabilità del datore di lavoro, basata anche sul dovere di controllo e di vigilanza del rispetto delle prescrizioni di sicurezza, non è esclusa dal concorso del lavoratore, a meno che la condotta dello stesso sia abnorme, divenendo unico elemento causale del fatto.

Sicurezza sul lavoro ripartizione a cascata degli obblighi prevenzionistici a cominciare dal primo soggetto obbligato ex art. 2087 ecioè il datore di lavoro.

La sicurezza ora è disciplinata dal d. lgs. 81/2008 che tende a garantire la prevenzione dei pericoli per la salute del lavoratore e il coinvolgimento dei lavoratori nella realizzazione della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il principale soggetto gravato dall’obbligo di sicurezza è il datore egli deve svolgere la valutazione, avvalendosi del Responsabiledel Servizio di Prevenzione e Protezione con il coinvolgimento del medico

competente e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza con particolare riguardo alle sostanze pericolose e all’esposizione del lavoratore ad agenti chimici, fisici o biologici.

Rischi da stress lavoro – correlato valutazione effettuata secondo indicazioni della Commissione Consultiva ; sono rischi immateriali che comprendono quella condizione che può essere accompagnatada disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale.

Programmazione della prevenzione mirata ad un complesso che integri in modo coerente le condizioni tecniche e produttive dell’azienda.

Ulteriori doveri di sicurezza del datore inerenti al rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione.

Un compito essenziale del datore di lavoro è quello del continuo aggiornamento delle misure di prevenzione in relazione a mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della sicurezza edella salute.

La normativa sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali prevedeva già da tempo l’obbligo per il datore di lavoro diassicurare i lavoratori manuali adibiti direttamente a macchine apparecchi a pressione, impianti elettrici, obbligo esteso dalla Corte costituzionale anche ai lavoratori intellettuali addetti all’uso delle macchine. Il d. lgs. 38/2000 ha esteso l’obbligo assicurativo ai dirigenti, agli sportivi, ai lavoratori parasubordinati e anche al infortunio in itinere (nel percorso verso un posto di lavoro tra due luoghi)

La normativa distingue tra infortuni sul lavoro e malattie professionali sancendo il principio dell’automaticità delle prestazioni, secondo il quale i lavoratori infortunati o affetti da malattia professionale hanno diritto alle prestazioni erogate dall’Inail anche se il datore non abbia adempiuto ai suoi obblighi.

L’art. 2087 tutela anche la personalità morale e la dignità del lavoratore non deve essere posto in essere un comportamento che violi il diritto all’integrità psico fisica del datore.

Mobbing= insieme delle molteplici e ripetitive condotte vessatorie o ostili poste in essere da colleghi , da superiori o sottoposti nei luoghi di lavoro per emarginare un collega.

Gli elementi indispensabili per qualificare un comportamento mobbizzato sono l’elemento oggettivo (intenzionalità della condotta), elemento temporale (reiterazione del comportamento) e elemento dannoso

(stato di disagio psicologico del lavoratore). In ogni caso deve essersi prodotto un danno, il lavoratore deve aver perso stima di se.

Straining = azione unica e non reiterata diretta a provocare uno stress di durata costante sul posto di lavoro.

Alla responsabilità contrattuale ex art 2087 consegue una possibilità per il lavoratore, a seguito dell’infortunio, di richiedere il risarcimento del danno che può essere patrimoniale per ridotta capacità di guadagno o non patrimoniale per la lesione dell’integrità psico – fisica. All’interno del danno patrimoniale si distinguono le categorie del danno emergente(attuale) e del lucro cessante (danni futuri).

Danno biologico = lesione all’integrità psicofisica del lavoratore suscettibile di valutazione medico legale. Esso viene liquidato con riferimento a due voci : invalidità temporanea e invalidità permanente. Il danno biologico si riferisce non solo a danni fisici ma anche a danni psichici.

Danno di demansionamento= deriva dal pregiudizio subito dal lavoratore a causa dell’ingiusta dequalificazione.

Danno morale soggettivo art. 2059 c.c. = danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.

Emersione del danno esistenziale Cassazione ha considerato dannosi tutti quei comportamenti che provocano un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica,senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p. danno esistenziale = titolo autonomi di danno.

Il danno non patrimoniale è fattispecie tipica rispetto all’atipicità del danno patrimoniale e non tollera la tripartizione in danno morale, danno biologico e danno esistenziale.

Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato.

SEZIONE III – DISCRIMINAZIONIDiscriminazione = ogni atto, patto o comportamento che,

direttamente o indirettamente, produca un effetto pregiudizievole nei confronti di un lavoratore in quanto appartenente a una categoria normativamente tipizzata. La discriminazione è vietata dagli art. 8 e 15 l. 300/1970; il primo vieta le indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale, anche ai fini dell’assunzione.

Alcune direttive europee garantiscono la parità di trattamento ai lavoratori e non subordinati privati e pubblici, senza distinzione di razza, origine etnica, religione ecc con riferimento alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro e all’accesso a tutti i tipi e i livelli di orientamento e formazione professionale.

Sono comunque escluse dal campo di applicazione dei decreti le differenze di trattamento basate sulla nazionalità.

Sia nell’ordinamento comunitario che in quello italiano, per quantosiano state incrementate le fattispecie discriminatorie vietate, non è ancora sancito un principio generale della non discriminazione.

Discriminazione diretta sussiste quando per le causali tipizzatedalla legge una persona è trattata meno favorevolmente d quanto sia statatrattata un’altra in una situazione analoga.

Discriminazione indiretta sussiste quando una disposizione, un criterio, un atto possono mettere le persone in situazione di particolaresvantaggio rispetto ad altre.

Sono ammesse eventuali differenze di trattamento giustificate in virtù della particolare natura dell’attività svolta o del contesto in cuiessa sia espletata, quando si tratti di caratteristiche essenziali ai fini dello svolgimento dell’attività medesima.

In relazione alla discriminazione di genere la discriminazione diretta si caratterizza

- Per l’onnicomprensività della previsione- Per l’adozione di una nozione di discriminazione in senso

oggettivo nella quale rileva esclusivamente il risultato concreto

La norma estende anche la nozione di discriminazione indiretta che concerne ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell’uno o dell’altro sesso e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa.

L. 183/2010 – “collegato lavoro” innovazioni in tema di pari opportunità.

Sia la Corte di giustizia che la Corte costituzionale hanno sottolineato l’opportunità che le azioni positive non si trasformino in discriminazioni alla rovescia favorendo una disparità di trattamento ingiustificata nei confronti del lavoratore uomo.

Discriminazione collettiva sussiste quando siano stati posti in essere atti, patti, comportamento che riguardino una pluralità di soggetti, anche quando non siano individuabili in modo diretto e immediato i singoli lavoratori lesi.

Il Codice delle pari opportunità detta anche una definizione delle molestie, che sono considerate fattispecie discriminatorie, insieme alle molestie sessuali. Molestie = comportamenti indesiderati adottati per motivi di razza o origine etnica, religione ecc allo scopo di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile degradante. Molestie sessuali = situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale espresso un forma fisica o verbale avente lo scopo di violare la dignità di tale persona.

Affinchè sia integrata la fattispecie della discriminazione è necessario provare l’elemento soggettivo specifico e cioè l’intento discriminatorio.

Grava sul lavoratore l’onere della prova.Il procedimento giurisdizionale di tutela contro le discriminazione

appare immediato e incisivo, mirato alla cessazione della discriminazionee alla predisposizione di strumenti volti a impedire la ripetizione e la rimozione degli effetti.

SEZIONE IV – TEMPO DELLA PRESTAZIONEArt. 36 Cost. rinvia alla legge la determinazione della durata

massima dell’orario di lavoro giornaliero e riconosce il diritto del lavoratore al riposo settimanale e alle ferie.

Sino a tempi recenti la materia dell’orario di lavoro e dei riposi è stata regolata dal Codice Civile e dalle leggi speciali, a formare un quadro normativo poi essenzialmente adattato dalla contrattazione collettiva ai mutamenti tecnologici, organizzativi, economici e sociali intervenuti nel corso di tale lungo arco di vigenza.

La revisione di un quadro normativo così datata è divenuta doverosadopo l’approvazione di una direttiva europea contenente alcune prescrizioni minime in materia di orario ai fini della protezione della sicurezza e salute dei lavoratori, poi integrate.

Il d. lgs. 66/ 2003 determina i limiti dell’orario normale e dell’orario massimo esclusivamente su base settimanale e non attraverso soglie massime bensì mediante l’indicazione di limiti medi. Per “limiti medi” si intende il fatto che i contratti collettivi possono riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno e che il rispetto dell’orario massimo viene valutato con riferimento alla durata media dell’orario di lavoro osservato entro un arco temporale di quattro mesi, elevabili dai contratti collettivi sino a sei mesi o 12 mesi.

L’orario normale settimanale di lavoro può avere una durata costante (entro 40 ore) o variabile. La durata massima giornaliera non

viene espressamente regolata ma si desume dalla fissazione di un numero minimo giornaliero di ore di riposo.

Lavoro straordinario = prestazione lavorativa svolta oltre l’orarionormale, le cui modalità di svolgimento e di remunerazione sono normalmente definite dai contratti collettivi. In assenza di contratto collettivo, lo straordinario è determinato dal contratto individuale nel limite di 250 ore annue. La determinazione del compenso aggiuntivo per illavoro straordinario è rimessa al contratto collettivo.

Lavoro notturno i lavoratori meritevoli di specifica protezione sono quelli normalmente impegnati per almeno tre ore al giorno nel periodo notturno, descritto come un periodo di sette ore comprensivo dell’intervallo tra al mezzanotte e le 5 del mattino oppure coloro che svolgono attività lavorativa in periodo notturno per almeno 80 giornate l’anno.

Per i lavoratori notturni sono previsti particolari trattamenti sotto diversi profili : sul fronte della protezione sanitaria ed infortunistica vengono imposti controlli medici preventivi e periodici oltre a misure protettive equivalenti a quelle adottate in orario diurno;il più rigoroso limite di orario è determinato in otto ore giornaliere, calcolabili anche come media su più giornate tranne che per le lavorazioni rischiose. Il controllo sindacale è garantito da un obbligo di consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali.

Limitazioni soggettive al lavoro notturno sono previste in forma didivieto nei confronti delle lavoratrici gestanti o delle lavoratrici madri fino ad un anno di età del bambino.

È stato previsto che i lavoratori a turni prestanti attività lavorativa in orario notturno possono accedere al trattamento pensionistico anticipato.

In caso di sopravvenuta inidoneità al lavoro notturno per ragioni di salute, il lavoratore potrà chiedere l’adibizione al lavoro diurno in mansioni equivalenti nei limiti della loro esistenza e disponibilità, rimanendo altrimenti impregiudicate, si deve ritenere, le alternative deldemansionamento conservativo del disabile oppure licenziamento per giustificato motivo.

La direttiva comunitaria e il decreto di attuazione non stabiliscono la durata massima della giornata lavorativa, ma solo l’intervallo tra una prestazione giornaliera e la successiva (almeno 11 ore consecutive)

La previsione legislativa di tutela del riposo giornaliero può essere derogata mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali

comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionale dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro.

Il lavoratore inoltre ha diritto ad un intervallo di pausa nel casoin cui l’orario giornaliero superi le sei ore.

Oltre ai riposi giornalieri, il lavoratore ha diritto anche al riposo settimanale, che deve avere una durata minima di trentacinque ore,con almeno 24 consecutive, da cumulare con le ore di riposo minimo giornaliero. Tale periodo va concesso di regola in coincidenza con la domenica.

Secondo un orientamento giurisprudenziale condiviso lo svolgimento del lavoro domenicale deve essere compensato con uno specifico aumento retributivo o con condizioni di trattamento più vantaggiose.

Un ulteriore trattamento migliorativo deve essere accordato ai lavoratori i quali, oltre a prestare abitualmente attività lavorativa nella giornata domenicale sono tenuti all’osservanza di un sistema di turni che determina il differimento del riposo compensativo oltre il settimo giorno.

Oltre alle domeniche, il pagamento della normale retribuzione vieneimposto anche per alcune festività religiose e civili anche in assenza diprestazione lavorativa.

Ferie annue periodo minimo è di 4 settimane, salvo condizioni dimiglior favore previste dai contratti collettivi; il diritto alle ferie matura gradualmente e progressivamente in misura proporzionale alle prestazioni lavorative svolte. Tale periodo deve essere goduto per almenodue settimane entro l’anno di maturazione e il periodo restante entro i 18 mesi successivi al termine della maturazione.

Anche i periodi di sospensione della prestazione lavorativa per malattia concorrono alla maturazione delle ferie spettanti ad ogni prestatore di lavoro.

L’individuazione del periodo feriale è individuato dal datore di lavoro, tenendo conto dell’interesse dell’impresa. La presenza di malattia durante il periodo di ferie determina la sospensione di queste ela ripresa dopo la fine del periodo di malattia – si deve trattare di malattia che abbia effettivamente pregiudicato il godimento del riposo.

In passato veniva pacificamente riconosciuto, in cado di mancato godimento delle ferie, il diritto del lavoratore ad una corrispondente indennità sostitutiva.

LA SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVOROIndica una situazione di conservazione temporanea del vincolo

contrattuale a fronte della sospensione dell’obbligazione di lavorare e

talvolta della sospensione retributiva; tuttavia la sospensione consente la maturazione dei diritti connessi all’anzianità di servizio.

Non costituiscono ipotesi di sospensione del rapporto ma inadempimento dell’obbligazione di lavorare i riposi e le ferie, mentre le ipotesi in cui la sospensione dipenda da un fatto del datore di lavorovanno ricondotte alla mora credendi.

Fattispecie tipiche di sospensione del rapporto sono: malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, servizio militare.

In particolare la malattia e la maternità sono riguardate anche dalpunto di vista della tutela del lavoratore e perciò sono considerate anche come diritti del lavoratore a contenuto economico.

In caso di infortunio e malattia che non consentano il normale svolgimento della prestazione di lavoro, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro e a tutela economica.

In ogni caso, il periodo di assenza dal lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio e ai fini del calcolo del TFR. La legge in casi particolari riconosce al lavoratore il diritto ad usufruiredi permessi retribuiti per cure termali.

La durata del periodo di conservazione del posto di lavoro e della corrispondente tutela economica è determinata dal contratto collettivo. La contrattazione collettiva prevede il comporto secco ossia l’ipotesi diuna malattia unica e ininterrotta ma anche il comporto per sommatoria. Inassenza di previsione del contratto collettivo sul comporto per sommatoria la giurisprudenza della Cassazione affida al giudice il computo del comporto, in mancanza di specifica previsione della contrattazione collettiva devono essere conteggiati sia i giorni non lavorativi che quelli non lavorati nell’azienda.

In caso di superamento del periodo di comporto viene riconosciuto al datore di lavoro la facoltà di recedere con preavviso. L’intervallo temporale dalla scadenza del comporto al licenziamento deve risultare ragionevolmente breve. Durante il periodo di comporto è precluso al datore di lavoro di licenziare il lavoratore per giustificato motivo.

Gravidanza e puerperio congedo di maternità = astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice. Il periodo di congedo inizia adecorrere due mesi prima della data del parto e cessa tre mesi dopo; essopuò essere richiesto anche nei casi di adozione o affidamento del bambinoed è fruito per 5 mesi nel primo periodo e 3 nel secondo. Le lavoratrici hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari al 80% della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maturità.

La legge prevede anche un congedo di paternità definito come astensione dal lavoro del lavoratore fruito in alternativa al congedo di

maturità. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi per tutta la duratadel congedo di maternità o per la parte residua in caso di morte o grave infermità della madre.

È previsto anche il congedo parentale definito come astensione facoltativa della lavoratrice o del lavoratore periodo continuo o frazionato di durata non superiore a 10 mesi del quale possono godere entrambi i genitori nei primi otto anni di vita del bambino; periodo computato nell’anzianità di servizio con esclusione degli effetti sulle ferie e sulle mensilità aggiuntive ed è dovuta un’indennità pari al 30% della retribuzione, fino al terzo anno di vita del bambino.

Congedo per la malattia del figlio = astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni.

La sospensione del servizio militare obbligatorio di leva e del servizio civile obbligatorio di leva ha determinato il venir meno del presupposto della sospensione del rapporto di lavoro già previsto per tali caratteristiche.

Per l’adempimento di funzioni pubbliche elettive o di cariche sindacali, nel pieno rispetto del principio costituzionale i lavoratori privati possono essere collocati in aspettativa, per la durata del mandato. Il periodo non è retribuito ma è considerato utile ai fini dellatutela pensionistica e contro le malattie. Anche i lavoratori nelle pubbliche amministrazioni hanno diritto alle stesse tutele.

I lavoratori pubblici e privati eletti alla carica di consigliere comunale e provinciale, che non si collochino in aspettativa, sono autorizzati ad assentarsi dal lavoro per il tempo strettamente necessarioall’espletamento del mandato senza alcuna decurtazione della retribuzione, ad eccezione dei sindaci o assessori comunali e provincialiche hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di 30 oremensili.

Permessi sindacali retribuiti sono riconosciuti ai lavoratori per riunirsi in assemblea nel limite di 10 ore annue e ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali per l’espletamento del loro mandato. Lo sciopero sospende l’adempimento di entrambe le obbligazioni delle parti.

Per motivi di studio, lo statuto dei lavoratori garantisce il diritto allo studio e prevede che i lavoratori studenti hanno diritto ad essere agevolati per la frequentazione dei corsi e la preparazione degli esami e per sostenere quest’ultimi hanno diritto a permessi lavorativi retribuiti.

Congedi formativi i lavoratori che abbiano almeno 5 anni di anzianità possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per un periodo non superiore a 11 mesi.

MODIFICAZIONI DEL RAPPORTO DI LAVOROLe modificazioni oggettive possono determinare la novazione

oggettiva del contratto, cioè l’estinzione del rapporto di lavoro e l’instaurazione di uno nuovo e diverso rispetto al primo.

Accanto alle modificazioni oggettive possono verificarsi anche modificazioni soggettive del contratto di lavoro.

Il lavoratore non può cedere ad altri il contratto di lavoro per ilcarattere personale della prestazione, mentre il datore può cedere il contratto e il cessionario succede nel rapporto di lavoro che continua senza soluzione di continuità- la cessione del contratto di lavoro da parte del datore di lavoro è riconducibile alla fattispecie della cessione e necessita del consenso del debitore ceduto (lavoratore).

Non viene riconosciuto al lavoratore il diritto di opposizione al trasferimento del suo rapporto di lavoro in occasione del trasferimento di azienda. Al lavoratore è riconosciuta soltanto la facoltà di rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa qualora le sue condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento.

In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua presso il datore di lavoro cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano .

Il prestatore di lavoro è legittimato a far valere i crediti maturati anteriormente al trasferimento anche nei confronti del cessionario, in forza di una regola di solidarietà sancita dalla legge a maggior garanzia della sua posizione creditizia. Il cessionario è tenuto a soddisfare i crediti del lavoratore anche se temporalmente imputabili al cedente, cioè maturati prima del trasferimento d’azienda, salvo il diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo

Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto sostituzione si produce soltanto tra contratti collettivi di medesimo livello.

Criteri di individuazione della disciplina applicabile:- L’applicazione effettiva da parte del cessionario del proprio

contratto collettivo determina la sostituzione automatica alla

data del trasferimento di questo a quello del cedente; il contratto collettivo del cedente si applicherebbe ai lavoratori trasferiti solo in assenza del contratto collettivo del cessionario

- In caso di trasferimento di azienda continuerebbe a trovare applicazione il contratto collettivo del cedente fino alla scadenza e la sostituzione del contratto collettivo del cedente con quello del cessionario non sarebbe automatica.

Tra le due interpretazioni, la seconda sembra più coerente col sistema perché consente di individuare la disciplina secondo criteri oggettivi e certi ma non rigidi.

Il trasferimento di azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento per giustificato motivo.

Nel caso in cui il cedente receda dal rapporto di lavoro e il momento estintivo si verifichi dopo il trasferimento, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente, che risponde anche dell’illegittimo licenziamento.

Non è preclusa al cedente la possibilità di procedere a licenziamenti per motivi economici, tecnici e organizzativi purché sussistano ragioni che siano giustificate autonomamente dal cedente a prescindere dalla vicenda traslativa.

Procedura di informazione e consultazione sindacale sull’oggetto del trasferimento può dar luogo anche alla conclusione di accordi con il sindacato e a questi può riconoscersi la stessa efficacia vincolante per i singoli lavoratori anche se non iscritti al sindacato.

Gli accordi sul trasferimento si limitano a stabilire i criteri di scelta dei lavoratori da non trasferire e perciò non dispongono di diritti degli stessi lavoratori.

L’inadempimento degli obblighi di informazione e consultazione costituisce condotta antisindacale.

L’oggetto del trasferimento non è più costituito dal complesso dei beni potenzialmente idonei all’esercizio dell’impresa ma dall’impresa intesa come organizzazione e attività-

I tratti di identificazione dell’articolazione funzionalmente autonoma sono costituiti dalla coesione organizzativa e funzionale dei beni e rapporti giuridici all’esercizio dell’attività economica organizzata. Tale coesione non identifica necessariamente il ramo di azienda.

Le articolazioni funzionalmente autonome indicano o meglio sono funzioni organizzate e identificabili, anche se strumentali o accessorie all’esercizio dell’impresa.

L’articolazione funzionalmente autonoma può ricomprendere un complesso di rapporti di lavoro e beni di modico valore coordinati allo svolgimento di un’attività che, pur non rientrando nel ciclo produttivo dell’impresa cedente, sia pur sempre accessoria e strumentale all’attività d’impresa dello stesso cedente.

Il trasferimento da parte dell’azienda può risolversi essenzialmente nel trasferimento dei rapporti di lavoro quando tali rapporti siano contrassegnati da un elevato contenuto professionale dellaprestazione lavorativa oggetto del trasferimento non si risolve soltanto nel complesso dei rapporti di lavoro ma è costituito anche da unbene immateriale quale il know –how ossia la competenza tecnica e professionale particolarmente qualificata dei lavoratori trasferiti.

Decreto 2001 – articolazione funzionalmente autonoma doveva preesistere al trasferimento e conservare nel trasferimento la propria identità.

La Cassazione ha escluso che un ramo di azienda possa essere disegnato e identificato solo al momento del trasferimento e in esclusivafunzione di esso.

Il cedente e il cessionario possono delimitare al momento del trasferimento l’ambito di articolazione funzionalmente autonoma oggetto del trasferimento e quindi individuare in quello stesso ambito beni e rapporti giuridici che restano presso il cedente e quelli che sono oggetto del trasferimento.

Sia la normativa comunitaria che la legislazione italiana non riconoscono il diritto di opposizione al trasferimento al lavoratore, ma il mero diritto alle dimissioni per giusta causa in caso di mutamento sostanziale delle condizioni lavorative.

ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVOROModo più diffuso = potere di recesso del datore di lavoro e del

lavoratore – denominati rispettivamente licenziamento e dimissioni entrambi negozi unilaterali recettizi.

Ulteriore modo = risoluzione consensuale o mutuo consenso.Il licenziamento individuale è stato disciplinato nel tempo:- Dalle norme del c.c. che regolano licenziamento at nutum

(libero, senza obbligo di motivazione) e licenziamento per giusta causa. Il primo può essere anche intimato oralmente e in ogni caso senza obbligo di motivazione, per quanto riguarda il secondo – la giusta causa è una causa che non consente la prosecuzione del rapporto.

- Legge 604/1966 principio di necessaria giustificazione del licenziamento, obbligo della forma scritta e giustificato motivo. Il licenziamento per giustificato motivo, con preavviso,è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo soggettivo) ovvero da ragioni inerenti alla produttività, organizzazione del lavoro (giustificato motivo oggettivo). È stata introdotta inoltre una sanzione per l’ipotesi di licenziamento privo di giustificato motivo e di giusta causa e cioè la riassunzione del lavoratore o il pagamento al medesimo di un’indennità da 2 a 6 mesi(TUTELA OBBLIGATORIA). Questa leggeha regolato anche alcune ipotesi di licenziamento discriminatorio

- Art. 18 St. lavoratori ha stabilito invalidità del licenziamentoillegittimo licenziamento annullabile se privo di giusta causao giustificato motivo, nullo a norma di legge stessa o inefficace per mancanza di forma scritta dell’intimazione. In caso di licenziamento illegittimo il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro (TUTELA REALE) oltre al risarcimento del danno mediante corresponsione di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto non inferiore a 5mensilità (questo fino alla legge Fornero che in alcuni casi ha previsto solamente il pagamento dell’indennità ma non la reintegrazione)

- Legge 108/1990 in caso di licenziamento ingiustificato da parte dei datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, conpiù di 15 dipendenti la norma prevedeva la tutela reale, con meno di 15 dipendenti la tutela obbligatoria.

- Legge 92/2012 (riforma Fornero) ha raggruppato le fattispecie di licenziamento illegittimo:

1- Licenziamento discriminatorio o altre ipotesi di licenziamento nullo

2- Licenziamento ingiustificato per mancanza di giusta causa ogiustificato motivo soggettivo

3- Licenziamento ingiustificato per mancanza di giustificato motivo oggettivo

Il suo scopo era l’eliminazione della sanzione di reintegrazione al di fuori dell’ipotesi di licenziamento nullo, anche se in realtà questa è stata prevista anche in alcuni casi di licenziamento privi di giusta causa o giustificato motivo (discrezionalità del giudice).

Licenziamento discriminatorio = licenziamento determinato da un motivo riconducibile a una delle ipotesi di discriminazione previste dalla legge. Cause tassative che sono alla base del divieto di discriminazione possono essere politiche, religiose, età, sesso, razza, lingua.

Nelle organizzazioni di tendenza, rispetto ai dipendenti che svolgono mansioni di tendenza, il licenziamento non è considerato discriminatorio ed è quindi ammesso quando il motivo coincida con l’ideologia politica o credo religioso perseguiti dalla stessa organizzazione.

Divieti di licenziamento pena la nullità (art. 18):- Licenziamenti intimati per causa di matrimonio- Licenziamenti intimati durante la gravidanza e fino al

compimento di un anno del bambino- Licenziamento determinato per un motivo illecito determinanteLa legge Fornero ha confermato la nullità del licenziamento

discriminatorio. La declaratoria della nullità del licenziamento comportala sanzione della reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro, a prescindere dal numero dei dipendenti in azienda e indipendentemente dal motivo formalmente addotto dal datore di lavoro. In aggiunta, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno che viene determinato mediante un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale ricevuta dal lavoratore e comunque non inferiore a 5 mensilità. L’onere della prova ricade sempre sul datore di lavoro che deve versare anche i contributi previdenziali e assistenziali.

Il lavoratore può richiedere, in luogo della reintegrazione e in aggiunta al risarcimento la risoluzione del rapporto di lavoro con pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Giusta causa prima tesi : g. causa è costituita esclusivamente da un inadempimento del lavoratore; seconda tesi = g. causa può essere costituita non solo da inadempimento del lavoratore ma anche da qualsiasiatto o fatto, pur non collegato direttamente con l’esecuzione lavorativa,è idoneo a far venir meno la fiducia tra le parti. Il licenziamento per giusta causa determina l’immediata cessione del rapporto di lavoro quindiesonera il datore dall’obbligo di preavviso.

Giustificato motivo soggettivo costituito da notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore e prevede obbligo di preavviso. La differenza tra questo e la giusta causa è costituita dalla diversa intensità dell’inadempimento e dal grado di colpa del lavoratore.

L’onere della prova circa la ricorrenza di una giusta causa o di giustificato motivo soggettivo di licenziamento è posto a carico del datore.

L’inadempimento del lavoratore è posto anche alla base del licenziamento disciplinare, che è qualsiasi licenziamento imputabile, a titolo di colpa al lavoratore copre l’area di giustificato motivo soggettivo e in parte quella di giusta causa.

Quando non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causao giustificato motivo soggettivo, la sanzione applicata varia in base al numero dei dipendenti : più di 15 – si applica tutela obbligatoria, il licenziamento ingiustificato è valido, ma illecito quindi monetizzabile; meno di 15- reg. dalla l. 92/2012, il giudice deve accertare preliminarmente se ricorrono o meno gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa e nel caso di accertamento negativo, dichiara illegittimità del licenziamento e applica sanzione di reintegrazione solo quando accerti insussistenza del fatto contestato o quando accerti che il fatto contestato, pur sussistente, rientra tra le condotte punibili con sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contrati collettivi quindi il giudice annulla il licenziamento e da diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro, condannando il datore alpagamento di un’indennità risarcitoria in misura non superiore a 12 mensilità.

In alternativa alla reintegrazione il lavoratore può optare per un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto, non soggetta però a contribuzione previdenziale.

Giustificato motivo oggettivo costituito dalle esigenze oggettive dell’azienda, ossia da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. L’onere della prova è posto a carico del datore di lavoro previsto controllo di legittimità, che ha come oggetto due elementi: decisione imprenditoriale, considerata nella sua effettiva sussistenza e non pretestuosità o arbitrarietà e il nesso di causalità tra la scelta imprenditoriale e il licenziamento. Il datore di lavoro deve dare anche prova dell’inevitabilità del licenziamento (obbligo non espressamente previsto).

Anche qui, nelle ipotesi in cui non ricorra il giustificato motivo oggettivo, la sanzione varia in base al numero dei dipendenti. Infatti nelle aziende con meno di 15 dipendenti si applica la tutela obbligatoria(licenziamento valido, ma ingiustificato quindi monetizzabile), mentre inquelle con più di 15 dipendenti esistono due ipotesi : prima – il giudicedichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto della data del

licenziamento e condanna il datore al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva tra 12 e 24 mensilità; seconda – “manifesta insussistenza del fatto posto” , il giudice può annullare licenziamento con condanna del datore alla reintegrazione del lavoratore e pagamento diindennità risarcitoria fino a 12 mensilità non deve solo sussistere lascelta organizzativa del datore di lavoro ma deve anche essere provato dal datore che la soppressione del posto di lavoro è la diretta conseguenza di tale scelta.

Casi di obbligo di reintegrazione nel giustificato motivo oggettivo:

- Licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica allo svolgimento della mansione per usura, inidoneità per infortunio o malattia, ma utilizzabile in mansioni differenti o inferiori

- Licenziamento intimato per preteso superamento, rivelatori insussistente, del periodo di comporto.

Ipotesi di licenziamenti ad nutum:1. Il licenziamento del dirigente per i dirigenti la disciplina

collettiva prevede un regime di stabilità convenzionale che rende più oneroso per il datore di lavoro il licenziamento del dirigente. Il datore infatti è tenuto a pagare al dirigente un’indennità supplementare commisurata all’età e all’anzianità di servizio qualora il collegio di conciliazione e arbitrato ravvisi che i licenziamento è privo di giustificatezza, ferma restando la validità del licenziamento.

2. Lavoratori in prova3. Utrasessantenni che abbiano maturato diritto alla pensione4. Lavoratori domestici5. Familiari 6. Atleti professionistiLa comunicazione del licenziamento deve avvenire per iscritto;

nell’ipotesi di intimazione in forma orale si applica la stessa sanzione del licenziamento discriminatorio, cioè condanna del datore di lavoro alla reintegrazione sul posto con risarcimento di almeno 5 mensilità della retribuzione globale di fatto. Il licenziamento intimato per iscritto deve contenere specifica motivazione.

Il licenziamento per giusta causa attinente all’esecuzione della prestazione e per giustificato motivo oggettivo deve garantire al lavoratore un contraddittorio con il datore di lavoro, in modo da consentire al primo di presentare proprie difese.

È stata introdotta la possibilità di ogni datore di revocare il licenziamento intimato al dipendente. La revoca può essere effettuata

entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione al datore dell’impugnazione del licenziamento; non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti in caso di illegittimità del licenziamento ed il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità.

Per i datori occupanti fino a 15 dipendenti il licenziamento intimato in violazione dell’obbligo di motivazione del licenziamento è inefficace, con diritto alla riammissione sul posto di lavoro e al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni non corrisposte, mentre la violazione delle garanzie procedurali previste per il licenziamento disciplinare comporta l’applicazione della tutela obbligatoria.

Per le imprese con più di 15 dipendenti, in materia di vizi formalie procedurali, la disciplina sanzionatoria è stata attenuata escludendo la reintegrazione situazioni nelle quali il lavoratore si limita a contestare la regolarità formale e procedurale dell’intimazione, a frontedi tre ipotesi diverse:

- Caso di licenziamento per colpa intimato in violazione del procedimento disciplinare

- Violazione dell’obbligo di comunicazione della motivazione nellalettera di licenziamento

- Inosservanza della procedura di conciliazione obbligatoria preventiva, in materia di licenziamento per motivo oggettivo

Il giudice, in presenza di uno di questi tre vizi formali condanna il datore di lavoro al pagamento solo di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva di entità minore, tra 6 e 12 mensilità.

Quando al vizio procedurale o formale si accompagna uno sostanziale si applica il più rigido regime sanzionatorio previsto per illicenziamento nullo o ingiustificato.

Procedura di conciliazione preventiva nel giustificato motivo oggettivo imprese con più di 15 dipendenti, il datore di lavoro che intenda procedere ad un licenziamento per motivo oggettivo deve preventivamente comunicare alla Direzione territoriale di lavoro i motividel licenziamento e le eventuali misure di outplacement offerte al lavoratore - si apre una procedura di conciliazione volta ad esaminare eventuali misure alternative al recesso.

In mancanza di una soluzione conservativa del rapporto si profilano due ipotesi: in caso di esito positivo della conciliazione, il rapporto di lavoro si risolve per mutuo consenso e il lavoratore potrà essere affidato a un’agenzia per il lavoro con il fine di trovare una migliore ricollocazione professionale, in caso di esito negativo, il datore di lavoro potrà comunicare il licenziamento che avrà effetto dal

giorno della comunicazione con il quale il procedimento di conciliazione è stato avviato.

Il licenziamento deve essere impugnato, pena la decadenza, e l’impugnazione deve essere notificata o comunicata al datore di lavoro, con impugnazione anche solo in via stragiudiziale ma comunque idonea a rendere nota la volontà di impugnare, nel termine di 60 giorni della ricezione della comunicazione del licenziamento. Un ulteriore termine di decadenza è di 180 giorni si applica a tute le ipotesi di illegittimità del licenziamento, con eccezione per i licenziamenti inefficaci perché intimati oralmente.

Dimissioni = costituiscono un negozio unilaterale recettizio che non necessita di accettazione da parte del datore di lavoro e al quale sono applicabili le disposizioni del codice civile in tema di annullamento del contratto per vizi della volontà e per incapacità naturale al momento di compiere l’atto. Sussiste solo l’obbligo del preavviso salvo giusta causa di risoluzione immediata del rapporto di lavoro.

Il contratto di lavoro può essere inoltre sciolto per mutuo consenso, o dissenso.

Problematica delle c.d. dimissioni in bianco = schermo per consentire al datore di lavoro di sottrarsi ai vincoli della disciplina sui licenziamenti individuali.

Viene previsto un meccanismo di convalida della volontà del lavoratore di dimettersi e di risolvere in maniera consensuale il rapporto. Il datore di lavoro entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione del lavoratore di dimettersi o di stipulare un negozio di risoluzione consensuale, deve invitare il prestatore a convalidare le dimissioni stesse presso la Direzione Territoriale del Lavoro o a sottoscrivere la conferma della scelta dimissioni sottoposte a una vera e propria condizione sospensiva: qualora il datore non recapiti l’invito alla convalida entro 30 giorni, le dimissioni o la risoluzione contrattuale saranno ineficaci.

SEZIONE II – LICENZIAMENTI COLLETTIVINon sono regolati dalla legge 604/1966 ma la nozione è stata

elaborata dalla giurisprudenza.Vengono previste due fattispecie di licenziamento collettivo:: per

messa in mobilità e per riduzione del personale. La principale differenzatra le due sta nel fatto che la prima è collegata strettamente alle vicende della cassa integrazione straordinaria precedentemente intervenuta, riguardo ai lavoratori che non possono essere reintegrati in

azienda al termine del programma di risanamento, la seconda invece prescinde dal ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria.

Messa in mobilità riguarda dipendenti delle imprese che, ammesse altrattamento straordinario di integrazione salariale, ritengano di non essere in gradi di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative. La procedura di mobilità interviene all’esito del programma di risanamento previsto per la cassa integrazione guadagni straordinaria. Le imprese che decidono di ricorrervi devono preventivamente comunicare alla r.s.a. e alle rispettive associazioni di categoria una serie di informazioni, la mancanza delle quali costituisce condotta antisindacale. È previsto inoltre un obbligo di esame congiunto tra le parti allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e in caso di mancato accordo l’esame continua davanti alla direzione provinciale del lavoro che propone alle parti soluzioni alternative = obblighi che favoriscono un accordo.

La legge favorisce ma non impone la conclusione dell’accordo nell’ambito della procedura di mobilità sicché, esaurita la procedura sindacale e quella amministrativa, con o senza accordo sindacale l’impresa può collocare in mobilità, cioè licenziare i lavoratori eccedenti con esclusione dei dirigenti. Soltanto una volta terminata la procedura di mobilità, il datore di lavoro può comunicare per iscritto e nel rispetto dei termini di preavviso il licenziamento a ciascuno dei lavoratori interessati e trasmettere all’ufficio regionale del lavoro e alle associazioni di categoria l’elenco dei lavoratori collocati in mobilità con indicazione delle modalità con cui sono stati applicati i criteri di scelta.

Licenziamento per riduzione del personale riguarda datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti. Il licenziamento è collettivo se riguarda più di 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni all’interno dellastessa unità produttiva. Tali licenziamenti possono dipendere da una riduzione di attività o trasformazione di essa. Ai lavoratori licenziati deve essere riconosciuta l’indennità di mobilità.

L’individuazione dei lavoratori da mettere in mobilità avviene in relazione alle esigenze tecnologiche e amministrative dell’impresa e secondo criteri stabiliti dal contratto collettivo, in mancanza dei qualisecondo criteri stabiliti dalla legge.

I licenziamenti intimati senza forma scritta, in violazione delle procedure e dei criteri di scelta dei lavoratori erano inefficaci fino al 2012 quando le diverse sanzioni sono state individuate secondo la gravità del vizio che caratterizza l’atto di recesso:

- Se il licenziamento è stato intimato senza forma scritta regime di reintegrazione + risarcimento

- Licenziamento viziato da violazione della procedura art. 4 licenziamento resta efficace, ma il datore deve pagare indennitàtra 12-14 mensilità

- Licenziamento intimato in violazione dei criteri di scelta dei lavoratori regime di reintegrazione, ma risarcimento non può superare 12 mensilità

SEZIONE III – AMMORTIZZATORI SOCIALIAmmortizzatori sociali = insieme di misure pubbliche di sostegno al

reddito del lavoratore, erogate in funzione indennitaria rispetto a situazioni di mancanza di retribuzione per assenza di lavoro.

- Ammortizzatori che presuppongono l’estinzione del rapporto di lavoro – si annoverano principalmente le indennità di disoccupazione e di mobilità.

- Ammortizzatori che presuppongono la sospensione dello stesso – cassa integrazione, contratti di solidarietà difensivi, fondi bilaterali.

Ammortizzatori sociali in deroga = trattamenti a sostengo del reddito del lavoratore, anche essi distinti in strumenti di tipo conservativo e di tutela contro la disoccupazione involontaria. Rispetto a questi trattamenti la legge riconosce la concessione anche in deroga alla legge = misure introdotte sulla base di norme eccezionali e di durata limitata in quanto basate su risorse finanziarie stanziate di volta in volta.

Cassa integrazione guadagni = istituto sorto a tutela degli operai dell’industria, in origine destinato ad intervenire nei casi di impossibilità oggettiva della prestazione, perciò non imputabile al datore di lavoro. Essa era finanziata con i contributi dello stato e delle imprese e gestita dall’Inps, assicurava l’integrazione della retribuzione nei casi di sospensione totale o parziale del lavoro per brevi periodi di tempo a causa di interventi non imputabili agli imprenditori ne agli operai e quando risultasse certa la loro riammissione nell’attività d’impresa. Con il tempo questo istituto ha assunto la funzione di sostegno anche dell’impresa, intervenendo anche incasi di semplice difficoltà della stessa e dalle imprese industriali è stato progressivamente esteso ad altri settori produttivi.

L. 223/1991 ha riordinato i diversi interventi della cassa integrazione prevedendo

- Garanzia di un sostegno all’impresa in occasione di crisi temporanee con esclusione di finalità assistenziali

- Previsione della mobilità come alternativa all’intervento della Cig straordinaria, quando sia venuta meno ogni prospettiva di ripresa dell’attività produttiva

La disciplina attuale prevede due gestioni della Cassa integrazioneuna ordinaria (Cigo) e una straordinaria (Cigs). La prima prevede due cause integrabili: situazioni aziendali dovute a eventi transitori non imputabili all’imprenditore ne agli operai e sospensioni determinate da situazioni temporanee di mercato; ha quindi la funzione di sostenere il reddito dei lavoratori nel caso di contrattazioni non volontarie dell’attività produttiva e la durata massima è di 3 mesi; sono esclusi dal trattamento apprendisti e lavoratori a domicilio.

La Cigs invece prevede come cause inderogabili sospensioni determinate da processi di ristrutturazione, riorganizzazione; crisi aziendale; riduzione dell’orario di lavoro stabilito con accordo sindacale al fine di evitare licenziamenti.

L’intervento della Cigs è disposto per sostenere il reddito dei lavoratori di fronte alle situazioni strutturali idonee a determinare unadurevole eccedenza del personale, diversamente dalla Cigo, che presupponela ripresa dell’attività e il mantenimento dell’organico.

Nell’ipotesi di ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale la durata massima del trattamento dell’integrazione salariale non può superare i due anni e l’impresa deve presentare un programma di risanamento. Sono ammesse due deroghe di 12 mesi ciascuna.

Cigo e Cigs in ogni caso non possono avere una durata superiore a 36 mesi nell’arco di 5 anni.

Il datore di lavoro non deve effettuare discriminazioni e deve essere attuata una rotazione in modo tale da ripartire il sacrificio della sospensione tra tutti i lavoratori.

Il datore di lavoro che abbia proposto domanda di ammissione all’intervento della cassa integrazione si trova in una situazione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo e la liberazione del’imprenditore dall’obbligo retributivo si perfeziona con il provvedimento amministrativo di ammissione al trattamento di integrazionesalariale. In caso di mancato accoglimento della domanda, o di riconosciuta illegittimità del provvedimento amministrativo il datore di lavoro resta obbligato al pagamento della retribuzione e al risarcimento del danno subito dal lavoratore per la sospensione senza trattamento, salvo patto contrario o impossibilità sopravvenuta della prestazione.

Di regola il datore corrisponde mensilmente il trattamento di integrazione salariale per Cigo o Cigs, sotto forma di anticipo Cig a carico Inps per poi beneficiare del conguaglio.

Una causa integrabile della cassa integrazione straordinaria è costituita dalle riduzioni di orario di lavoro tramite contratto di solidarietà interno. Questo viene stipulato tra imprenditore e sindacati maggiormente rappresentativi e prevede la riduzione dell’orario di lavoroe retribuzione dei dipendenti dell’impresa e la concessione da parte dell’inps dell’integrazione salariale per un periodo non superiore a 24 mesi ma prorogabile per la stessa durata, allo scopo di evitare licenziamenti.

Imprese situate in ambito Cigs integrazione salariale dei contratti, originariamente commisurata al 60% della retribuzione globale perduta per la riduzione dell’orario di lavoro è stata alzata al 80%; non sussiste alcun limite massimo legale al trattamento di integrazione.

Anche i lavoratori fuori dall’ambito di applicazione della Cigs possono beneficiare di contratti di solidarietà non solo in caso di licenziamento collettivo ma anche al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo.

Il contratto di solidarietà opera nei confronti di tutti i lavoratori, iscrivendosi in una fattispecie complessa e comprensiva del provvedimento ministeriale di ammissione all’integrazione salariale; non legittima la riduzione di orario e di retribuzione ove non segua l’effettiva concessione della cassa integrazione.

Il contratto di solidarietà interno non deve essere confuso con quello esterno, che impegna i datori di lavoro ad assumere nuovo personale a fronte della riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione dei lavoratori dipendenti della stessa impresa.

La l.92/2012 sostituisce l’indennità di mobilità, di disoccupazionenon agricola a requisiti normali e ridotti e l’indennità di disoccupazione edile con l’assicurazione sociale per l’impiego.

Indennità di disoccupazione spetta a lavoratori licenziati o dimessi per giusta causa. Il trattamento si interrompe con la cancellazione del lavoratore da tale elenco. L’indennità di disoccupazione ordinaria può essere richiesta con requisiti normali o ridotti. Nel primo caso l’assicurato può far valere almeno 2 anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio periodo di disoccupazione. Nel secondo caso invece l’anzianità di servizio richiesta è minore.

Dal 2013 L’assicurazione sociale per l’impiego (ASPI) sostituisce l’indennità di disoccupazione e sostituirà progressivamente anche

l’indennità di mobilità. Questa è prevista per tutti i lavoratori dipendenti ed è estesa anche agli apprendisti e ai soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito un rapporto di lavoro subordinati. L’ASPI verrà corrisposta anche a lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione; l’indennità mensile si riduce qualora il periodo di fruizione dell’ASPI superi una certa durata. Dal 2016 il trattamento avrà durata massima di 12 mesi per lavoratori di età inferiore a 55 anni e di 18 mesi per gli altri.

Mini- ASPI trattamento riservato a coloro che non hanno tutti i requisiti per accedere all’ASPI; assorbe l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Per usufruirne i soggetti devono avere lo stato didisoccupazione e 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi e la durata massima è pari alla metà delle settimane di contribuzione maturatenell’ultimo anno.

Fondi di solidarietà bilaterali = appositi fondi privi di personalità giuridica, che presentano una doppia natura: da un lato sono enti bilaterali costituiti mediante accordi collettivi e contratti collettivi, e dall’altro entro 3 mesi successivi devono essere istituiti come gestioni presso Inps con decreto ministeriale che ne determina non solo le aliquote di finanziamento ma anche l’ambito specifico di applicazione. La loro istituzione è obbligatoria per tutte le imprese escluse dalla Cassa integrazione che al contempo occupino più di 15 dipendenti.

TUTELA DEI DIRITTI DEL PRESTATORE DI LAVOROLe norme inderogabili limitano il potere del lavoratore di disporre

dei diritti riconosciuti dalle stesse norme al lavoratore il legislatore impedisce che il lavoratore disponga dei suoi diritti a vantaggio dello stesso datore di lavoro.

Esistono due regimi che regolano indisponibilità dei diritti del lavoratore: quello dell’indisponibilità assoluta, secondo al quale non possono formare oggetto di atti di disposizione i diritti attribuiti da norme di legge che vietano ogni atto e patto contrario e comunque stabiliscono espressamente la nullità e quello dell’indisponibilità relativa e anche qui la norma concerne diritti derivanti da norme inderogabili di legge e di contratto collettivo, di tal che non è sempre agevole distinguere i diritti assolutamente indisponibili da quelli relativamente indisponibili.

Art. 2113 considera meramente annullabili gli atti di disposizione dei relativi diritti perché impone al lavoratore l’onere di impugnarli entro un termine di decadenza di 6 mesi dalla data di cessazione del

rapporto il legislatore ha presunto che in costanza di rapporto il lavoratore avrebbe potuto rinunciare all’impugnazione. Se invece l’atto di disposizione è successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, il termine di sei mesi decorre dalla data in cui la rinuncia o la transazione è avvenuta.

La mancata impugnazione nel termine di decadenza determina l’inoppugnabilità dei suddetti atti di disposizione.

Il regime dell’annullabilità si applica agli atti di disposizione dei diritti esistenti e non gli atti di disposizione dei diritti futuri.

Il regime dell’indisponibilità relativa varrebbe anche per i diritti al risarcimento del danno derivante dalla violazione dei diritti assolutamente indisponibili. Il regime dell’indisponibilità relativa agliatti di disposizione indurrebbe a ritenere che i lavoratori non possono disporre dei loro diritti. In realtà così non è, perché a determinate conciliazioni non si applicano le disposizioni dei primi 3 commi dell’art. 2113 c.c. e cioè alle conciliazioni avvenute in sede giudizialedinanzi alle commissioni istituite presso la direzione provinciale del lavoro, in sede di arbitrato libero o presso le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative oppure dinanzi alle commissioni di certificazione.

L’osservanza di queste procedure serve a neutralizzare la posizionedi squilibrio del lavoratore di fronte al datore di lavoro.

Quietanze a saldo (liberatorie) = dichiarazioni con le quali il lavoratore riconosce di avere ricevuto quanto a lui spettante e di non avere nulla altro da pretendere dichiarazioni di scienza e carenti di volontà dispositiva.

Rinuncia tacita l’inerzia o l’acquiescenza del lavoratore rilevano come atti negoziali di disposizione del relativo diritto soltanto a seguito di un’indagine rigorosa del giudice ed in presenza della consapevolezza dell’esistenza del diritto di un’univoca volontà abdicativa del lavoratore titolare del diritto.

La prescrizione è un modo di estinzione del diritto determinato dall’inerzia del titolare del diritto per un determinato periodo di tempo. Essa determina l’estinzione del diritto quando il titolare non lo esercita per il tempo stabilito dalla legge e inizia a decorrere dal giorno in cui questo diritto può essere fatto valere. Essa, a differenza dalla rinuncia, non è un atto negoziale.

La giurisprudenza costituzionale successiva alle normative sui licenziamenti individuali stabilisce un diverso regime di prescrizione a seconda che il rapporto sia resistente o non resistente. Per i rapporti resistenti la prescrizione decorreva secondo la regola generale, ovvero

dal momento in cui il diritto poteva essere fatto valere, mentre per i rapporti non resistenti la prescrizione decorreva dalla cessazione del rapporto.

La prescrizione dei crediti retributivi è quinquennale, mentre per gli altri diritti decennale.

Accanto alle prescrizioni estintive vi sono anche quelle presuntive, che non determinano estinzione del diritto ma soltanto la presunzione legale che esso sia stato esercitato, determinando l’inversione dell’onere della prova, che ricade sul creditore.

La decadenza determina l’estinzione del diritto per il decorso oggettivo del tempo soltanto nei casi e nei tempi stabiliti dalla legge. una volta esercitata l’impugnazione, quindi evitata la decadenza, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione.

l.183/2010 richiede un termine di 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento e pone un termine di 180 giorni per il successivo deposito del ricorso o per la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, pena l’inefficacia. Questa nuova disposizione si applica anche al recesso del committente dai rapporti di collaborazione coordinata o a progetto, al trasferimento individuale, all’azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro e alla cessazione del contratto di lavoro.

E’ stato abolito il tentativo obbligatorio di conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro; laddove il tentativo sia esperito, il termine di decadenza per il deposito del ricorso resta sospeso.

La legge stabilisce particolari garanzie per i crediti da lavoro. Già in precedenza era stato istituito il fondo di garanzia TFR; attualmente ne è previsto uno per il pagamento dei crediti da lavoro non corrisposti in caso di insolvenza del datore di lavoro. Questo provvede al pagamento degli ultimi 3 mesi di rapporto rientranti nei 12 precedentialla data del provvedimento di apertura concorsuale. L’importo non può essere superiore ad una somma pari a tre volte la misura massima del trattamento di integrazione salariale straordinaria e non è cumulabile con il trattamento medesimo fruito nei 12 mesi precedenti. Al lavoratore viene attribuita una causa legittima di prelazione nel soddisfacimento sui beni mobili dell’ex datore di lavoro. In caso di appalto o di opera di servizio, è prevista l’azione diretta da parte del lavoratore dipendente dall’appaltatore nei confronti del committente per il soddisfacimento dei propri crediti e il committente è obbligato in solidocon l’appaltatore entro 2 anni dalla cessazione dell’appalto.

I crediti retributivi sono impignorabili, se non nella misura di 1/5 per i tributi dovuti allo Stato ed in uguale misura per ogni altro credito.

Può essere disposto il sequestro dei beni immobili , mobili o sommedovute al creditore (lavoratore) nei limiti previsti per il pignoramento.

I crediti dichiarati non impignorabili non sono compensabili e quindi nemmeno i crediti retributivi.

Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per crediti da lavoro, deve determinare, oltre agli interessi legali, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione del valore dal suo credito credito da lavoro resta un credito di valuta e il giudice applica l’indice dei prezzi calcolato dall’Istat per scala mobile per i lavoratori dell’industria. Non si richiede l’ulteriore messa in mora da parte del creditore, sicché la rivalutazione monetaria è pronunciata dal giudice contestualmente alla condanna del datore di lavoro debitore.

All’orientamento secondo il quale gli interessi devono esser computati sulla somma rivalutata si contrappone un altro secondo il qualegli interessi devono essere computati solo sulla sorte capitale senza temere conto della rivalutazione.

Le Sezioni unite hanno affermato il principio che gli interessi legali devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica dal momento dell’adempimento fino allo soddisfacimento del creditore.

Convenzione di arbitrato o patto commissorio = negozio giuridico attraverso cui le parti deferiscono a giudici privati la decisione di unao più controversie tra le stesse sorte o che potrebbero sorgere in relazione ad un determinato rapporto di diritto sostanziale.

Le forme di convenzione di arbitrato sono il compromesso, che è l’accordo stipulato tra le parti per deferire ad arbitri una o più controversie tra esse già insorte in relazione ad un determinato rapportogiuridico sostanziale, redatto in forma scritta; e la clausola compromissoria, che è il patto inserito dalle parti in un contratto, attraverso il quale si assoggettano ad arbitrato le controversie nascentiin un determinato rapporto sostanziale di natura contrattuale.

Sono previsti due tipi di arbitrato: rituale e irrituale. Il primo si ha quando le parti attribuiscono agli arbitri una funzione di decisione giurisdizionale, mentre il secondo si ha quando le parti conferiscono agli arbitri un mandato per risolvere una controversia mediante atto negoziale. Il secondo si differenzia dal primo per la

maggior libertà delle parti nella determinazione delle modalità di svolgimento.

Il lodo arbitrale irrituale del diritto del lavoro ha efficacia di titolo esecutivo.

TIPOLOGIA DEI RAPPORTI FLESSIBILIUn rapporto di lavoro subordinato è flessibile perché un requisito

della prestazione o del rapporto di lavoro determina l’applicazione di una disciplina che deroga quella del lavoro subordinato nell’impresa a tempo pieno e indeterminato con il duplice scopo di ridurre i costi per l’impresa e di attenuare il codice protettivo.

Le norme flessibili, pur derogando alla disciplina del tipo, non necompromettono l’unità e non sono costitutive di tipi legali distinti. rapporti flessibili sono sottotipi di lavoro subordinato nell’impresa, non lo sono invece i rapporti speciali. Ai rapporti flessibili si applicain via diretta e non in via analogica la disciplina del tipo legale per la parte non derogata dalla disciplina flessibile.

SEZIONE I – IL LAVORO A TEMPO DETERMINATOIl contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro

subordinato a cui il datore di lavoro e il lavoratore convengono di apporre un termine. Questo è consentito solamente in casi tipizzati dallalegge, al di fuori dei quali si reputava a tempo indeterminato.

L’introduzione progressiva di limiti al potere di recesso del datore di lavoro ha determinato un uso più frequente del contratto a tempo determinato.

Nel 1987 la legge ha affidato ai sindacati il potere di individuareulteriori ipotesi di apposizione del termine rispetto a quelle già previste. Inoltre con la direttiva 99/70/CE si sono aggiunti diversi obiettivi quali la garanzia del rispetto del principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato e la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di unasuccessione di rapporti di lavoro a tempo determinato.

La direttiva lasciava agli Stati ampia libertà di scelta in ordine all’introduzione di causali che legittimano l’apposizione del termine. Dal 2001 inoltre è consentita l’apposizione del termine alla durata del contratto a fronte di ragioni tecniche, produttive, organizzative e sostitutive, salvo ipotesi di divieto fattispecie generale; ragioni devono essere contraddistinte, se non dal requisito della eccezionalità ostraordinarietà, almeno dal requisito della temporaneità.

L. 247/2007 il contratto di lavoro subordinato è generalmente a tempo indeterminato.

2008 ammessa stipula del contratto a tempo determinato per ragioni riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.

L. 92/2012 allo scopo di favorire l’occupazione, permette la prima assunzione a tempo determinato anche in assenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo, ossia causali.

Non è chiaro se le ragioni devono essere connotate dalla temporaneità dell’esigenza di lavoro, o correlate ad occasioni di lavoro non ontologicamente temporanee, purché oggettive, ossia sussistenti in concreto e connesse in modo univoco alle esigenze aziendali. Quest’ultimainterpretazione sembra la più corretta che considera tra le condizioni oggettive idonee a determinare l’apposizione del termine al contratto di lavoro anche il raggiungimento di una certa data. Sarebbe quindi possibile assumere a termine anche a fronte di ragioni non ontologicamente temporanee. Non vi sarebbe una sostanziale differenza trale ragioni che consentono di assumere a tempo indeterminato e quelle poste alla base di un’assunzione a tempo determinato, salvo l’obbligo di specificare queste ultime per iscritto nel contratto.

Questa ricostruzione non è stata accolta dalla giurisprudenza maggioritaria, che opta per un’interpretazione restrittiva ed esige la temporaneità delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine.

Il problema delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine è destinato a perdere gran parte della sua rilevanza dopo la legge 92/2012. La stipula del contratto a tempo determinato è oggi consentita a prescindere dalla sussistenza di ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive, purché il contratto abbia duratamassima di 12 mesi e si tratti del primo rapporto a tempo determinato trale stesse parti.

Il contratto c.d. “acausale” non può essere prorogato ne rinnovato.Tale contratto è destinato a divenire la regola per le assunzioni a tempodeterminato, con il rischio di favorire un elevato tasso di rotazione tralavoratori, soprattutto quelli meno qualificati.

La clausola del termine è inefficacia in mancanza di forma scritta o qualora le ragioni siano indicate in modo generico, alternativo o mediante un mero rinvio alla normativa. Nel caso di insussistenza in concreto delle ragioni dettagliatamente indicate per iscritto nel contratto, la sanzione non è l’inefficacia, ma la nullità del termine.

In entrambe le ipotesi prospettate il lavoratore ha comunque diritto alla ricostruzione di un rapporto a tempo indeterminato.

La proroga è ammessa- Solo per contratti di durata iniziale inferiore a tre anni.

In ogni caso la durata iniziale del contratto sommata a quella della proroga non può eccedere i tre anni

- Una sola volta- A condizione che sia richiesta da ragioni oggettive- Purché si riferisca alla stessa attività lavorativa per la

quale il contratto è stipulato a tempo determinato.Se la proroga deve riferirsi alla stessa attività lavorativa per la

quale era stato stipulato il contratto dette ragioni devono essere identiche o simili a quelle che avevano determinato l’assunzione a termine.

Al datore di lavoro spetta l’onere della prova della obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano la proroga. In mancanza di tale prova, la proroga deve considerarsi ingiustificata.

Diversa della proroga è la continuazione di fatto del rapporto dopola scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato.È previsto un periodo di tolleranza durante il quale il lavoratore ha diritto a maggiorazioni retributive. Qualora il rapporto continui oltre tale periodo, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

Il rinnovo consiste invece nella stipula di un nuovo contrato a tempo determinato a seguito della scadenza del precedente vi è una successione di contratti a tempo determinato e le misure prese della direttiva 99/70 sono:

- Previsione di ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo

- Limite di durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi

- Limite al numero dei rinnovi.Il contratto può avvenire solo in presenza di ragioni tecniche,

sostitutive, organizzative, nonché nel rispetto di un periodo minimo di assenza di lavoro, tra la scadenza di un contratto e la stipula del successivo. La prima condizione deriva dalla generale previsione di ragioni giustificatrici di ogni contratto a termine, mentre la seconda è un retaggio della normativa previgente e non è attuativa della direttiva.

Un limite alla durata massima totale dei contratti a tempo determinato successivi è stato introdotto dal 2008 con la previsione di una tetto di 36 mesi, comprensivi di proroga e rinnovi, per i rapporti tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore ed aventi ad

oggetto mansioni equivalenti, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro.

Il meccanismo non si applica alla stipula di un unico contratto a termine non prorogato.

Il limite dei 36 mesi di durata massima complessiva dei contratti atempo determinato successivi può essere derogato dai contratti collettivistipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Detti contratti possono stabilire che i limiti alla successione di contratti a termine si applichino mediante individuazione di una durata massima superiore ai 36 mesi. Il lavoratore e il datore di lavoro possono superare il limite legale di 36 mesi o il diverso limite eventualmente stabilito dai contratti collettivi stipulando un ulteriore contratto a termine per una sola volta a condizione che le organizzazionisindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale abbiano previsto tale ipotesi, mediante l’indicazione della durata dell’ulteriore contratto a termine; la stipula dell’ulteriore contratto a tempo determinato avvenga presso ladirezione provinciale del lavoro competente per territorio; il lavoratoresia assistito da un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale alla quale lo stesso lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.

Con la prima assunzione le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative possono individuare, in luogo della previsione legislativa di libera apposizione del termine per una durata massima di dodici mesi, una diversa disciplina nell’ambito di specifici progressi organizzativi, nel limite di 6% del personale impiegato nell’unità produttiva. Le stesse organizzazioni possono determinare, mediante contratti collettivi nazionali, limiti quantitativi e cioè la percentuale massima di contratti a termine che possono essere conclusi inazienda.

I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono derogare alle disposizioni legali relative al diritto di precedenza nelleassunzioni a tempo indeterminato dei lavoratori a termine.

La clausola del non regresso è quella clausola dell’accordo quadro allegato alla direttiva 99/70 che impone un raffronto tra la normativa nazionale, previgente alla direttiva e quella successiva che ad essa dia attuazione e impedisce che la modifica si risolva in un peggioramento delle tutele del lavoratore a tempo determinato.

Per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle P.A. viene stabilitoche in presenza di esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni

pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa. Ne consegue che il contratto a termine, nel settore pubblico, sarà legittimo solo a fronte di esigenze temporanee ed eccezionali e non anche in presenza di ragioni di carattere meramente oggettivo.

SEZIONE II – GLI ALTRI RAPPORTI FLESSIBILIPer contratto di lavoro a tempo parziale si intende un contratto di

lavoro subordinato nel quale viene fissato un orario di lavoro inferiore rispetto al tempo pieno.

La riduzione dell’orario di lavoro rispetto al tempo pieno può avvenire secondo tre modelli: orizzontale( giornaliero) , verticale(tempopieno ma per alcuni giorni, settimane o mesi ) , misto.

Il contratto a tempo parziale deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, settimana, mese, anno. Sia la durata che la collocazione possono variare grazie alle clausole flessibili ( collocazione) e clausole elastiche (durata); anche queste subordinate alla forma scritta.

I contratti devono indicare anche le modalità e le condizioni attraverso le quali il prestatore di lavoro può richiedere l’eliminazioneo la modifica delle clausole elastiche e flessibili, fermo restando che il diritto al ripensamento può essere esercitato da particolari categoriedi lavoratori anche in assenza di disposizione pattizia.

Oltre alle clausole flessibili ed elastiche il datore di lavoro puòrichiedere lo svolgimento di lavoro supplementare, in aggiunta a quello normale di lavoro, sino al limite dell’orario a tempo pieno.

E’ ammesso altresì lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario, cioè eccedenti il normale svolgimento orario di lavoro.

In mancanza di forma scritta del contratto, richiesta solo ad probationem, il lavoratore può richiedere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a decorrere dall’accertamento giudiziale e con diritto alla retribuzione per le prestazioni rese nel periodo antecedente all’accertamento. La medesima disciplina si applica anche alle ipotesi di mancanza della indicazione scritta e della durata della prestazione.

Retribuzione deve essere proporzionata al ridotto orario di lavoro a tempo parziale, così come gli scatti di anzianità e il premio direndimento.

Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ai fini della determinazione dell’ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l’anzianità relativa ai periodi a tempo pieno e in modo proporzionale all’orario effettivamente svolto nel tempo parziale.

In caso di infortunio o malattia, la durata del periodo di conservazione del posto è equivalente a quella determinata per i lavoratori a tempo pieno, salva la facoltà per i contratti collettivi di quantificare una durata diversa per i lavoratori assunti con contratto part time di tipo verticale.

La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale deve avvenire mediante accordo delle parti individuali, risultante da atto scritto. Prima di effettuare assunzioni part – time, il datore è tenuto a darne informazione ai lavoratori a tempo pieno impiegati nello stesso ambito.

Lavoratori con particolari difficoltà oncologiche hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Per la trasformazione a tempo pieno da tempo parziale non sono necessari obblighi di forma.

Diritto di precedenza al tempo pieno – riconosciuto direttamente dalla legge ai lavoratori che abbinano trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale e in caso di violazione della precedenza da parte del datore di lavoro, il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza tra l’importo percepito e quello dovuto.

Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana del mese o dell’anno.

Questo contratto può essere concluso da soggetti con meno di 24 anni di età ovvero con più di 50 anni.

Il lavoro intermittente può articolarsi in due tipologie: la prima,il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro quando risponde alla chiamata; nella seconda c’è anche l’ulteriore obbligo di garantire la propria disponibilità per l’eventuale chiamata nei periodi in cui la prestazione non viene svolta.

In assenza delle giustificazioni oggettive e soggettive si applica la disciplina del lavoro subordinato.

È vietato il ricorso al lavoro intermittente in sostituzione dei lavoratori in sciopero, in caso di licenziamenti collettivi o sospensionedei rapporti o riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale nei confronti di lavoratori che svolgano mansioni identiche. Se il lavoratore intermittente si obbliga a rispondere alla chiamata, percepisce per questa disponibilità un’indennità che so aggiunge al trattamento economico spettante al lavoratore intermittente per i periodi di effettiva esecuzione della prestazione.

La misura dell’indennità deve essere pattuita nel contratto individuale e deve essere determinata dal contratto collettivo e comunquein misura non inferiore al minimo fissato per legge.

Anche per il lavoratore intermittente vale il principio della non discriminazione.

Il lavoratore che non risponde alla chiamata perché malato o oggettivamente impossibilitato è obbligato ad informare il datore di lavoro e l’indennità non è dovuta nel periodo di indisponibilità. Se il lavoratore non adempie tempestivamente all’obbligo di informazione, l’indennità non è dovuta per 15 giorni, indipendentemente dalla durata dell’impossibilità. Il rifiuto ingiustificato alla chiamata costituisce inadempimento e determina risoluzione del contratto e congruo risarcimento del danno.

Il lavoro ripartito è quel contratto mediante il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica e identica obbligazione lavorativa nella quale ogni lavoratore resta personalmente edirettamente responsabile dell’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa. Devono essere indicati tuttavia la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascun lavoratore. Le parti hannola possibilità di concordare in ogni momento modifiche e sostituzioni dell’orario di lavoro. In questo caso è prevista la traslazione del rischio dell’impossibilità della prestazione da un coobbligato ad un altro, allo scopo di garantire l’adempimento integrale e non parziale dell’unica obbligazione dedotta in contratto.

In caso di impedimento di entrambi i coobbligati trovano applicazione le norme generali in tema di impossibilità definitiva e temporanea.

Il rapporto si estingue in caso di licenziamento o dimissioni di uno dei due coobbligati.

TIPOLOGIA DEI RAPPORTI SPECIALI

Le discipline di questi rapporti alternano il vincolo di subordinazione o modificano la clausola del contratto di lavoro subordinato o, ancora, non sono inerenti all’esercizio di un’impresa.

Tra il rapporto di lavoro subordinato nell’impresa e i rapporti speciali non esiste una relazione di tipo – sottotipo, perché la specialità si determina negativamente in ragione all’assenza di un elemento tipico della fattispecie disegnata dall’art. 2094 c.c.

Questo articolo non individua un trattamento minimo uniforme, le discipline speciali identificano altrettanti tipi legali; la disciplina del lavoro subordinato nell’impresa si applica per analogia ai rapporti speciali.

SEZIONE I – CONTRATTI CON FINALITA’ NORMATIVEIl contratto di formazione è un contratto di lavoro subordinato a

tempo determinato contrassegnato dall’obbligo ulteriore del datore di lavoro di fornire una formazione al prestatore di lavoro. L’inadempimentodi tale obbligo determina la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato ex tunc.

Nel settore privato questo contratto è stato sostituito con il contratto di inserimento, tipologia contrattuale a sua volta eliminata dalla l. 92/2012.

Contratto di tirocinio specialità del rapporto deriva dalla coesistenza di due obbligazioni in capo al datore di lavoro, quella di corrispondere un compenso e quella finalizzata alla formazione dell’apprendista. Il tirocinio è tradizionalmente qualificato come contratto a causa mista, ma in realtà ha una sua causa specifica che coincide parzialmente con quella del lavoro subordinato nell’impresa. Al termine del tirocinio il lavoratore consegue gli ulteriori obiettivi connessi alla finalità formativa del rapporto.

Questo contratto ha quindi doppia finalità: formativa e occupazionale e la disciplina è contenuta nel Testo unico dell’apprendistato. L’obiettivo del T.U. è semplificare il quadro normativo di riferimento, rendere l’apprendistato il principale canale diingresso dei giovani nel mercato di lavoro.

Sono previste quattro tipologie di apprendistato:1. Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere è la

tipologia di apprendistato più importante e più utilizzata. Possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante soggetti tra i 18 e i 29 anni. La durata è stabilita dagli accordi interconfederali e dai contratti collettivi in ragione all’età dell’apprendista e del tipo di

qualificazione contrattuale da conseguire. La durata massima nonpuò essere superiore a 3 anni ovvero 5 per e figure professionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento. La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità dell’azienda, è indispensabile ed è solo integrata dall’offerta formativa, interna o esterna all’azienda,per non più di 120 ore nel triennio. Nel caso di attività stagionali, i contratti collettivi nazionali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative possono prevedere specifiche modalità di svolgimento dell’apprendistato professionalizzante, anche a tempo determinato

2. Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale rivolto a soggetti tra 15 e 25 anni, attraverso il quale può anche essere assolto l’obbligo di istruzione nell’ambito del piùgenerale sistema di istruzione e formazione professionale. A differenza del primo tipo, questo mira alla qualifica formale e non ad un’effettiva qualificazione professionale; la durata non può superare i 3 anni ovvero 4 in caso di diploma regionale.

3. L’apprendistato di alta formazione e di ricerca rivolto a soggetti tra 18 e 29 anni al fine di conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore, titoli di studio di alta formazione.

4. Apprendistato finalizzato alla qualificazione o riqualificazione professionale dei lavoratori in mobilità profili più importanti sono la forma scritta; la previsione di una durata minima del contratto non inferiore a sei mesi; le garanzie retributive degli apprendisti, con il divieto di retribuzione a cottimo e i limiti alla possibilità di sotto – inquadramento; garanzie volte a rendere effettiva la formazione;estensione agli apprendisti delle tutele previdenziali in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, malattia, invalidità e vecchiaia, maternità e assegno familiare;il particolare regime del recesso del datore di lavoro, collegato alla qualificazione dell’apprendistato come rapporto atempo indeterminato.

Trascorso il periodo di formazione il rapporto non si estingue se non attraverso un atto di recesso. In mancanza, esso continua a tempo indeterminato. Durante il periodo di formazione vige per le parti il divieto di recedere senza giusta causa o giustificato motivo.

Sono previste agevolazioni contributive per i datori di lavoro che assumono apprendisti e li mantengono in servizio, fermo restando il numero massimo complessivo di apprendisti, che non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate inservizio presso il medesimo datore di lavoro.

Le sanzioni previste sono di due tipi: per la violazione degli obblighi formativi, riprese dalla previgente normativa e quelle stabiliteper la violazione della clausole dei contratti collettivi che dettano disciplina generale. Nella prima ipotesi viene prevista una sanzione solamente economica in capo al datore di lavoro e solo alla duplice condizione che l’inadempimento nell’erogazione della formazione sia di esclusiva responsabilità di quest’ultimo e risulti tale da impedire la realizzazione delle finalità dell’apprendistato. Nella seconda ipotesi sono previste sanzioni amministrative pecuniarie.

I tirocini formativi o stage sono stati introdotti al fine di realizzare momenti di alternanza scuola lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro. Essi si distinguono dai contratti di apprendistato perché manca lo scambio traprestazione lavorativa e retribuzione e perché l’attività di tirocinio è svolta solo in funzione della formazione e dell’orientamento professionale. I tirocini si realizzano mediante l’intervento di tre soggetti: ente promotore, datore di lavoro ospitante e tirocinante. Il primo stipula la convenzione con il datore che si impegna ad inserire il tirocinante nella propria organizzazione al fine di consentire la maturazione dell’esperienza professionale; la convenzione deve essere corredata da un progetto formativo o di orientamento.

Il tirocinio può avere finalità curriculari, di inserimento ovvero di orientamento. I primi si caratterizzano per essere percorsi di formazione inclusi nei piani di studi delle università o di istituti scolastici ed hanno l’obiettivo di affinare l’apprendimento attraverso esperienze pratiche nei luoghi di lavoro. I tirocini di inserimento sono mirati invece ad agevolare l’ingresso o il reinserimento nel mondo del lavoro dei soggetti inoccupati o disoccupati e possono avere durata massima di sei mesi; il tirocinio di inserimento può riguardare anche soggetti svantaggiati e in questo caso non avrà durata superiore a 12 o 24 mesi. Infine, i tirocini di orientamento professionale sono diretti a realizzare momenti di contatto con il mondo lavorativo e possono avere una durata massima di 6 mesi, attivati anche in alternanza con i corsi distudio.

I soggetti promotori sono tenuti ad assicurare i tirocinanti controi rischi da infortunio sul lavoro e da responsabilità civile verso i

terzi, con una copertura estesa anche alle altre attività eventualmente svolta dal tirocinante fuori dall’azienda.

Nel 2012 sono state introdotte alcune novità quali la durata, che non può essere superiore a 18 mesi e una congrua indennità.

Tirocini estivi promossi durante le vacanze estive a favore di un adolescente o di un giovane, regolarmente iscritto ad un ciclo di studi presso l’Università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado, con fini orientativi e di addestramento pratico; ha durata massimadi 3 mesi ed è da svolgere tra la fine di un anno accademico o scolasticoe l’inizio del successivo.

SEZIONE III- IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVOROArt. 2227 c.c. vietava l’interposizione nel cottimo e cioè vietava

all’imprenditore di affidare a propri dipendenti lavori a cottimo da eseguirsi da prestatori di lavoro subordinato assunti e retribuiti direttamente dai dipendenti medesimi. La violazione di tale divieto imponeva all’imprenditore di rispondere direttamente nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente nei limiti delle obbligazioni da quest’ultimo assunte.

L. 1369/ 1960 vieta in modo rigoroso la dissociazione tra il soggetto che effettivamente utilizza la prestazione lavorativa e il soggetto che si limita ad assumere e a retribuire il lavoratore perché haesteso soggettivamente e oggettivamente la fattispecie interpositoria vietata e ha previsto sanzioni più incisive nel caso di violazione dei suddetti divieti. Infatti la sanzione determinava la costituzione del rapporto di lavoro dei lavoratori occupati in violazione dei divieti sanciti dalla legge con l’imprenditore che avesse effettivamente utilizzato le loro prestazioni.

Una deroga a questa legge è stata la l. 196/1997 che ha previsto illavoro interinale e consentiva alle imprese, in presenza di causali giustificative di natura temporanea, di provvedere al fabbisogno di lavoratori senza assumerli direttamente avvalendosi di agenzie di fornitura professionale di manodopera debitamente autorizzate. Ad esse l’utilizzatore poteva rivolgersi per acquisire, attraverso un contratto commerciale, la disponibilità della prestazione lavorativa per il tempo strettamente necessario alle esigenze della propria attività produttiva.

La nuova disciplina della somministrazione di lavoro è completata dalla nuova disciplina degli appalti e da quella del distacco e sostituisce nel lavoro privato la vigente normativa in materia di intermediazione e interposizione nei rapporti di lavoro. l’imprenditore può utilizzare una prestazione lavorativa senza stipulare il tipico

contrato di lavoro, concludendo un contratto commerciale, che può essere di somministrazione o di appalto.

La somministrazione di lavoro è esercitata esclusivamente da agenzie autorizzate e continua ad essere caratterizzata da un rapporto triangolare fondato su dure contratti, quello tra agenzia e utilizzatore (di somministrazione – commerciale) e quello tra lavoratore e agenzia (subordinato).

Esistono due tipi di somministrazione: quella a tempo determinato, che riproduce sostanzialmente il lavoro interinale, e quella a tempo indeterminato; entrambe possono essere effettuate anche a tempo parziale.La somministrazione a tempo indeterminato è ammessa solo in presenza di causali legittimanti la cui individuazione è affidata a una casistica legale e contrattuale.

Varie tipologie di attività: forme di consulenza informatica, direzionale, di marketing, gestione call center, pulizia, custodia, portineria, trasporto, esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona.

Somministrazione a termine ricorso consentito secondo una clausola aperta a fronte di ragioni oggettive di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore.

Vi sono una serie di casi in cui il ricorso alla somministrazione atermine non è soggetto alla sussistenza per ragioni oggettive come ad esempio per la prima missione di qualsiasi lavoratore per la durata massima di 12 mesi; per l’assunzione di particolari categorie di soggetti(lavoratori svantaggiati, soggetti precettori di ammortizzatori sociali);per ulteriori ipotesi individuate dai contratti nazionali di lavoro.

Il contratto di somministrazione deve essere stipulato per iscrittoe contenere 11 elementi di cui i primi 5 sono richiesti pena la nullità (estremi dell’autorizzazione, numero dei lavoratori, motivo del ricorso alla somministrazione, indicazione dei rischi per la salute, data di inizio e durata del contratto).

Circostanze la cui omessa indicazione è soggetta a sanzione amministrativa: mansioni di adibizione, luogo, orario, trattamento economico e normativo, obblighi reciproci. Tutto deve essere comunicato per iscritto.

Il contratto di lavoro tra dipendente e agenzia può essere a tempo termine o a tempo indeterminato. Non vi è corrispondenza tra la tipologiadi somministrazione e quella del contratto di lavoro.

I lavoratori somministrati svolgono la propria attività nell’interesse nonché sotto la direzione e il controllo

dell’utilizzatore. Il potere direttivo e organizzativo della prestazione,che è l’elemento qualificante del contratto di lavoro subordinato, compete all’utilizzatore in virtù del contratto commerciale. Se l’esercizio del potere direttivo compete all’utilizzatore, risulta notevolmente alterato il vincolo di subordinazione nel rapporto di lavoroche lega il lavoratore al somministratore. Quest’ultimo viene privato di uno dei poteri tipici che competono al datore di lavoro nel lavoro subordinato.

L’esercizio del potere direttivo e organizzativo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto è il criterio che distingue il contratto di appalto dal contratto di somministrazione.

Nel distacco, la dissociazione tra soggetto che figura formalmente come datore di lavoro e soggetto che esercita il potere direttivo è solo funzionale e temporanea e non genetica e definitiva come nella somministrazione di mano d’opera.

L’assegnazione del dipendente a mansioni diverse da quelle dedotte in contratto compete anche essa all’utilizzatore, sul quale grava un obbligo di tempestiva informazione scritta all’agenzia, inosservanza del quale ne comporta l’esclusiva responsabilità per le differenze retributive o per il risarcimento del danno dovuto al prestatore occupatoin mansioni superiori o inferiori.

Il potere disciplinare è riservato al somministratore. Il rischio dell’impossibilità temporanea grava sull’agenzia che deve sostituire il lavoratore impedito, al quale competeranno le ordinarie tutele previste per la generalità dei lavoratori in caso di sospensione. Nel caso in cui il prestatore di lavoro sia assunto con contratto a tempo indeterminato, nel medesimo è stabilita la misura dell’indennità mensile di disponibilità corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodinei quali il lavoratore stesso rimane in attesa di assegnazione.

Spetta all’agenzia ogni decisione sull’estinzione del rapporto con il lavoratore somministrato, ante tempus per giusta causa se assunto a termine o per giusta causa o per giustificato motivo, se assunto a tempo indeterminato.

La struttura tipica del contratto di lavoro subisce, nel caso dellasomministrazione, un’alterazione del vincolo di subordinazione tale da annoverarlo tra i contratti speciali.

Tutti gli obblighi retributivi e contributivi fanno capo all’agenzia di somministrazione, in qualità di titolare del contratto di lavoro, alla quale l’impresa utilizzatrice dovrà rimborsare le somme corrispondenti per i periodi di lavoro prestati a suo favore.

I lavoratori somministrati hanno inoltre diritto a condizioni di base di lavoro e di occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore.

Viene conservata la solidarietà dell’utilizzatore con il somministratore per il pagamento delle retribuzioni e per il versamento dei relativi contributi previdenziali non soddisfatti dal somministratore. La solidarietà non sussiste e l’utilizzatore risponde invia esclusiva quando adibisca il lavoratore a mansioni diverse da quelle contrattualmente stabilite senza averlo preventivamente comunicato al somministratore.

I lavoratori somministrati godono di una serie di garanzie a tuteladella salute e della sicurezza sul lavoro, possono esercitare preso l’utilizzatore i diritti sindacali e ad essi spettano tutele previdenziali. L’impresa utilizzatrice invece è l’unica responsabile nei confronti dei terzi per i danni ad essi arrecati dal lavoratore nell’esercizio delle sue mansioni.

L’inosservanza delle causali giustificative o degli elementi del contratto commerciale richiesti a pena di nullità integra l’ipotesi di somministrazione irregolare il lavoratore può chiedere la costituzioneex tunc del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, nella tipologia concretamente posta in essere dall’agenzia come conferma la precisazione che tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o perla gestione del rapporto si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione.

In caso di violazione dei requisiti soggettivi ed oggettivi del contratto di somministrazione, alla sanzione civile si aggiunge una sanzione amministrativa.

L’esercizio non autorizzato dell’attività di somministrazione, il ricorso a soggetti non autorizzati ovvero l’aver percepito compensi da parte del lavoratore in cambio di un’assunzione presso un utilizzatore ovvero in cambio della stipulazione di un contratto di lavoro o avvio di un rapporto di lavoro con l’utilizzatore dopo una missione presso quest’ultimo sono comportamenti penalmente sanzionati.

Le sanzioni previste confermano che l’attività di somministrazione di mano d’opera non è libera ma deve esser circondata da particolari cautele.

L’apparato sanzionatorio descritto non riguarda solo la somministrazione di manodopera ma anche l’appalto e il distacco i quali danno luogo a somministrazione irregolare.

Tutte le attività di lavoro prestate mediante il contratto di somministrazione possono essere fornite ricorrendo anche al contratto di

appalto di servizi. Il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione da parte del medesimo appaltatore, del rischio di impresa.

Codici di buone pratiche indicano un insieme di indici presuntivi che tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e dell’assunzione effettiva del rischio di impresa da parte dell’appaltatore e perciò dovrebbe fornire indicazioni eprefigurare situazioni che consentano di individuare più agevolmente i casi di interposizione illecita, e cioè di somministrazione irregolare, rispetto a quelli di appalto genuino.

In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi compreso il tfr, le ritenute fiscalie i contributi previdenziali dovuti. Resta escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

In caso di sostituzione di un appaltatore ad un altro, che espleti il medesimo servizio in virtù di un nuovo contratto di appalto, l’acquisizione da parte dell’appaltatore subentrante del personale già impegnato presso il primo appaltatore in forza di legge, di contrato collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto noncostituisce trasferimento d’azienda.

SEZIONE III – GLI ALTRI RAPPORTI SPECIALIIl rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti pubblici economici

è considerato da diversi decenni soggetto alle disposizioni del codice civile, perciò di natura privatistica, mentre il rapporto di lavoro dei dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici era regolato da una disciplina pubblicistica sul presupposto che il dipendente fosse in uno stato di soggezione e non di parità nei confronti della pubblica amministrazione.

In realtà il pubblico dipendente era legato all’amministrazione da un duplice rapporto: quello organico che gli attribuisce la titolarità delle funzioni amministrative e lo legittima ad esercitare i poteri connessi all’ufficio di cui lo stesso è titolare nell’interesse

dell’amministrazione e quello di servizio che regola i diritti e gli obblighi tra le parti.

Dopo la privatizzazione del pubblico impiego è stata riaffermata laprimazia delle disposizioni del codice e delle leggi speciali nonché della contrattazione collettiva e individuale come fonti di disciplina dei rapporti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sul presupposto ormai acquisito che la pubblica amministrazione come datore di lavoro si colloca in una posizione di parità con la controparte.

Le amministrazioni pubbliche operano con i poteri del privato datore di lavoro.

L’organizzazione degli uffici e dei rapporti di lavoro deve essere finalizzata ad accrescere l’efficienza dell’amministrazione, razionalizzare il costo del lavoro, realizzare migliore utilizzazione delle risorse umane. Le P.A. esercitano un potere di organizzazione a contenuto generale di nature regolamentare, di macro organizzazione secondo principi stabiliti dalla legge e da un altro lato un potere di micro organizzazione che si estrinseca nelle determinazioni di contenuto puntuale e specifico e si colloca in ambito esclusivamente contrattuale.

La potestà di autorganizzazione della pubblica amministrazione continua a prevalere sui poteri della stessa P.A. come datore di lavoro funzionalizzando il potere direttivo dello stesso e la prestazione di lavoro all’esercizio del servizio pubblico o della funzione pubblica.

Il rapporto organico viene in evidenza e quindi continua ad esser configurabile ogni qualvolta il dipendente sia investito di funzioni, mentre il rapporto di servizio si è trasformato in un rapporto di originecontrattuale.

La natura pubblica del datore di lavoro e degli interessi da questoperseguiti comportano deroghe rilevanti e numerose; le più importanti riguardano il sistema delle fonti, i dirigenti pubblici, il potere disciplinare, le mansioni, i rapporti flessibili.

Il trattamento economico è determinato dai contratti collettivi e l’amministrazione garantisce ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale principio di parità di trattamento retributivo a parità di mansioni vale nel lavoro pubblico, mentre non ha fondamento nel lavoroprivato.

La dirigenza pubblica è stata organicamente riformata dalla l. 145/2002 e dal decreto Brunetta; tra gli aspetti più importanti si segnalano il conferimento, la revoca degli incarichi dirigenziali e la particolare disciplina della responsabilità dirigenziale e il c.d. spoilssystem.

L’incarico di funzioni dirigenziali è conferito mediante un provvedimento amministrativo che ne definisce l’oggetto e la durata e fissa gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorità, ai pianie ai programmi definiti dall’organi di vertice nei propri atti di indirizzo. Si tiene conto delle attitudini e delle capacità del singolo dirigente che saranno valutate con riferimento agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli atti di indirizzo del Ministro.

La disciplina degli incarichi dirigenziali viene qualificata come inderogabile da parte dei contratti collettivi.

Per quanto riguarda la responsabilità dei dirigenti è stato riaffermato con forza il principio che affida ad essi soltanto la responsabilità di direzione amministrativa, distinta dalla responsabilitàdi indirizzo politiche che invece compete al ministro. I dirigenti di uffici dirigenziali generali sono responsabili del risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati, della gestione delle risorse umane e finanziarie loro assegnate. Il mancato raggiungimento degli obiettivi e l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano l’impossibilità del rinnovo dello stesso incarico dirigenziale e la revoca dell’incarico ovvero il recesso dal rapporto di lavoro.

Il decreto Brunetta ha introdotto la sanzione della decurtazione della retribuzione di risultato di una quota fino all’80% in caso di colpevole violazione da parte del dirigente del dovere di vigilanza sul rispetto degli standard qualitativi e quantitativi fissati dall’amministrazione.

Spoils system prima della riforma del 2002 prevedeva che gli incarichi di funzioni dirigenziali di livello apicale potessero essere confermati, modificati o rinnovati entro 90 giorni dal voto sulla fiduciaal Governo; in mancanza di provvedimento espresso, decorso il termine, gli incarichi si intendevano confermati fino alla loro naturale scadenza.L’attuale disciplina sposta un modello di spoils system più accentuato, prevedendo allo scadere dei 90 giorni, l’automatica cessazione degli incarichi di funzioni dirigenziali apicali.

La materia disciplinare è stata quasi integralmente riformata dal decreto Brunetta che ha introdotto importanti novità. Trova applicazione l’art. 2106 c.c. e la competenza a regolare la tipologia delle infrazionie delle relative sanzioni è demandata ai contratti collettivi. L’esercizio del potere disciplinare è considerato obbligatorio, salvo giustificato motivo, e l’inerzia o il ritardo da parte del dirigente responsabile viene a sua volta sanzionato disciplinarmente. È fatto

divieto alla contrattazione collettiva di istituire procedure di impugnazione delle sanzioni disciplinari.

Mansioni lavoratore può essere adibito a mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento. L’assegnazione a mansioni superiori è prevista in casi tassativi e non dà diritto alla promozione automatica ma soltanto al maggior trattamento retributivo.

Eccedenze del personale ultimata la procedura sindacale, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale non impiegato presso la stessa amministrazione ovvero non riallocato presso altra amministrazione, corrispondendogli un’indennità pari all’80% della retribuzione per un periodo massimo di 24 mesi.

Nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale le pubbliche amministrazioni potevano avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale.

Attualmente, le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’art. 35.

Il ricorso alle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa è ammesso solo per risponderea esigenze temporanee ed eccezionali e sempre nel rispetto delle procedure di reclutamento.

La violazione delle disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le pubblicheamministrazioni. Al diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative corrisponde l’obbligo delle amministrazioni di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può esere erogata la retribuzione di risultato.

Per le controversie di lavoro la giurisdizione appartiene al giudice ordinario e la competenza è devoluta al giudice del lavoro; rimane al giudice amministrativo la cognizione sulle controversie in materia di concorsi e relative al personale non contrattualizzato.

Valutazione della performance affidata agli organismi indipendenti di valutazione della performance che sostituiscono i servizidi controllo interno.

Anche il lavoro a domicilio è un contratto speciale e ad esso si applicano le norme che regolano il lavoro subordinato in quanto

compatibili con il particolare vincolo di subordinazione che contrassegnaquesto tipo di contratto.

Lo svolgimento della prestazione nel proprio domicilio libera il lavoratore dal vincolo di orario; la subordinazione è esclusa dalla saltuarietà e occasionalità delle prestazioni e non anche dal rifiuto di svolgere una commessa per l’impossibilità di eseguirla nei rigidi terminiindicati dal datore di lavoro. Non valgono ad escludere la subordinazionené l’iscrizione del prestatore di lavoro all’albo delle imprese artigiane, né l’emissione di fatture per il pagamento delle prestazioni lavorative eseguite. La subordinazione non è esclusa se il lavoratore a domicilio si avvalga dell’aiuto accessorio dei componenti della famiglia,ma non salariati e apprendisti.

Telelavoro = lavoro a distanza indica un’attività di lavoro svolta fuori dei locali dell’azienda attraverso l’uso di un’apparecchiatura telematica. Il telelavoratore si avvale di una posizione di lavoro nel proprio domicilio o mobile oppure in un luogo distante dalla sede dalla quale gerarchicamente dipende, o in centro di lavoro comune che ospita lavoratori che dipendono da imprese diverse. La posizione di lavoro è costituita da un computer, da una stampante e da una linea telefonica dedicata ed utilizzata dal lavoratore che opera su una base datti contenuta nella memoria di un computer interattivo e consente la trasmissione e la ricezione di dati dal computer centrale. I contatti possono essere anche meno intensi, cioè off – line.

Il telelavoro è disciplinato dalla contrattazione collettiva e limitatamente al settore pubblico, anche dalla legge. Esso costituisce una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa.

Il telelavoratore fruisce dello stesso trattamento economico/normativo, può esercitare i diritti sindacali e gode di specifiche tutele in materia di sicurezza e salute; ha una più flessibilegestione dell’orario di lavoro. Il telelavoratore è retribuito a tempo, se si tratta di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094; nel caso sia lavoro a domicilio, la retribuzione sarà a cottimo e solo in questo caso è considerato rapporto di lavoro speciale.

Lavoro domestico definito come lavoro prestato per il funzionamento della vita familiare con mansioni specifiche o generiche e con retribuzioni in danaro. Si tratta di un rapporto volto a soddisfare un bisogno personale del datore e non strumentale all’esercizio dell’attività professionale dello stesso.

Ai domestici non si applica la disciplina del collocamento ed è vietata la mediazione, ma è prevista una procedura semplificata per la dichiarazione di assunzione consistente nella comunicazione all’Inps. Il lavoratore ha diritto ad un conveniente periodo di riposo durante in giorno e a non meno 8 ore la notte, quando vive presso l’abitazione del proprio datore di lavoro; ha diritto ad un riposo settimanale e a un periodo di festa di diversa durata a seconda delle categorie impiegatiziao manuale e dell’anzianità di servizio. La retribuzione è parzialmente innatura per i lavoratori che vivono in famiglia. Al lavoratore domestico non si applica la normativa sui licenziamenti individuali e quindi può essere licenziato ad nutum, salvo preavviso.

Lavoro sportivo qualifica di professionista riconosciuta all’atleta della federazione nazionale competente e lo distingue dall’atleta dilettante. Il lavoro dell’atleta è autonomo quando l’attività sportiva sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione o di più manifestazioni; l’atleta non sia contrattualmente vincolato a partecipare alle sedute di allenamento o di preparazione; la prestazione non superi le 8 ore settimanali o 5 giorni al mese; negli altri casi il lavoro è subordinato.

Se il contratto è a tempo determinato il lavoratore con il suo consenso può essere ceduto ad altra società; se è a tempo indeterminato il lavoratore ha diritto a preavviso e non si applica normativa in materia di licenziamenti individuali.

Le federazioni nazionali possono prevedere il pagamento di un’indennità di preparazione, dovuta dalla società con la quale è cessatoil rapporto del professionista, alla società che lo ha costruito con lo stesso professionista un nuovo rapporto.

Rapporto di lavoro nautico normativa contenuta nel codice della navigazione. Il rapporto di lavoro subordinato o autonomo è preceduto da un’iscrizione in appositi albi o registri in base a determinati requisiti. Il conseguimento dell’iscrizione avviene al termine di un procedimento anche contenzioso, ma è esclusa ogni discrezionalità amministrativa, salvo il potere del ministro per la sospensione temporanea delle iscrizioni. La sospensione o la cancellazione degli albidanno luogo alla impossibilità temporanea o permanente della prestazione con le conseguenti questioni che sorgono quando lo svolgimento del rapporto di lavoro sia subordinato al conseguimento di un’autorizzazione amministrativa.

Il contratto di arruolamento è redatto nella forma dell’atto pubblico davanti all’autorità marittima, e per il personale di volo è redatto per atto scritto.

I datori che intendono assumere o trasferire all’estero lavoratori italiani devono presentare richiesta di autorizzazione al ministero del Lavoro e della previdenza sociale e il Ministero degli affari esteri ha l’obbligo di accertare che le condizioni di lavoro degli stati di destinazioni offrano idonee garanzie di sicurezza per il lavoratore.

I contributi dovuti per i lavoratori italiani operanti in Paesi extracomunitari non convenzionati sono calcolati su retribuzioni convenzionali determinate dal Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministro del Tesoro e quello delle finanze con riferimento e comunque in misura non inferiore ai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei.

I lavoratori italiani disponibili a svolgere attività all’estero sono tenuti ad iscriversi presso l’apposita lista di collocamento tenuta dall’ufficio regionale del lavoro del luogo di residenza che rilascerà ilnulla osta all’assunzione; il datore che intenda procedere all’assunzioneo al trasferimento del lavoratore all’estero deve presentare un’apposita richiesta al Ministero del Lavoro e della previdenza sociale e questo provvederà al rilascio entro 75 giorni.

In mancanza di scelta delle parti o nonostante la scelta di una legge meno favorevole al lavoratore, al contratto è applicabile la legge del paese in cui il lavoratore compie abitualmente il suo lavoro.

Per i lavoratori UE vige il principio di libera circolazione – art.39 Trattato CE; i lavoratori possono offrire la propria prestazione lavorativa in tutto il territorio dell’UE godendo dello stesso trattamento dei lavoratori presenti in quel determinato stato. I cittadini europei possono soggiornare in Italia per 3 mesi senza che venga loro richiesto alcun adempimento, salvo documento di identità valido, periodo nel quale possono concludere contrati di lavoro subordinati o avviare attività autonoma.

Oltre alla libertà di circolazione, viene stabilita la libertà di stabilimento e quella di libera prestazione dei servizi. La prima consiste nel diritto del cittadino di spostarsi in qualsiasi altro Stato membro al fine di svolgervi un’attività autonoma in modo stabile e continuativo alle condizioni definite dalle legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini; mentre la seconda attribuisce il diritto in via temporanea un’attività autonoma di carattere industriale, commerciale, artigianale e di libera professione, alle stesse condizioni imposte ai cittadini del paese ove la prestazione è fornita.

Il diritto alla libera circolazione è riconosciuto anche al familiare extracomunitario del lavoratore comunitario.

Lavoratori dei paesi neo comunitari assunzione effettuata secondo disciplina degli altri lavoratori comunitari.

La disciplina del lavoro da parte dei soggetti extracomunitari è contenuta nel testo unico dell’immigrazione. L’ingresso di lavoratori extracomunitari deve avvenire in modo regolato, mediante individuazione di anno in anno di quote di ingresso che tengano conto dell’effettiva richiesta di lavoro; il datore di lavoro deve far richiesta presso lo sportello unico per l’immigrazione, al quale verrà rilasciato un nulla osta alla stipula del contratto di lavoro che verrà comunicato all’ufficio consolare del paese di residenza del lavoratore per rilascio visto d’ingresso.

Per l’ottenimento del visto il lavoratore extracomunitario deve dimostrare di disporre di idonee risorse economiche e dei requisiti richiesti dalla legge italiana per lo svolgimento di ogni singola attività.

IL LAVORO AUTONOMO

IL CONTRATTO D’OPERA, IL CONTRATTO D’OPERA INTELLETTUALE

Il lavoro autonomo non è regolato dal codice civile come fattispecie, ma ad esso è dedicato il titolo III del libro V che contienela disciplina delle fattispecie del contratto d’opera e del contratto d’opera intellettuale.

Nello schema della locazione rilevano le operae o l’opus e quindi l’attività o il risultato che costituiscono l’oggetto dei rispettivi contrati di locazione, piuttosto che l’autore delle operae e dell’opus e cioè la persona del lavoratore.

La disciplina contenuta nel codice del 1942 prende atto che nel contratto di lavoro e nel contratto d’opera le opere e l’opus non sono separabili dalla persona del lavoratore e quindi avvia il processo che culminerà nel disegno solidale della Costituzione di riconoscimento dellaimplicazione della persona nei rapporti di lavoro.

Art. 35 Cost. autorizza il legislatore a riconoscere, rispettando il canone della ragionevolezza, i diritti costituzionalmente

garantiti, a tutela della dignità della persona, a ogni forma di lavoro personale indipendentemente dal fatto che il rapporto sia subordinato.

Le norme costituzionali in materia di lavoro individuano e garantiscono principi e valori e perciò non sono applicabili direttamentedal giudice alle fattispecie concrete di lavoro subordinato o di lavoro autonomo ma richiedono in entrambi i casi la mediazione legislativa.

La tutela del lavoratore autonomo, se si eccettua quella previdenziale, è rimasta per lungo tempo ferma alla disciplina civilistica del contrato d’opera, in realtà scarsamente applicata e povera di garanzie, e alla disciplina dei tipi di lavoro autonomo regolati dal libro IV delle obbligazioni, con poche norme di tutela del lavoro dei diversi prestatori ad eccezione del lavoro dell’agente, tutelato anche da una cospicua disciplina collettiva. Soltanto nel 2003 il legislatore, introducendo la fattispecie del lavoro a progetto ha previsto per i collaboratori autonomi alcune rilevanti tutele.

Il prestatore d’opera non è un imprenditore ma un piccolo imprenditore o lavoratore autonomo. Art. 2082 imprenditore = colui cheesercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.

Art. 2222 contratto d’opera; prestatore d’opera compie un’opera o un servizio con il lavoro prevalentemente proprio.

La professionalità, ossia lo svolgimento continuativo e prevalente di una determinata attività e l’organizzazione di beni e del lavoro altrui da parte dell’imprenditore sono i dati che distinguono quest’ultimo dal prestatore d’opera. Il prestatore d’opera è sempre una persona fisica, e la sua prestazione è contrassegnata dall’intuitus personae e dalla fiducia che riguarda l’esecuzione personale dell’obbligazione di facere del prestatore d’opera.

I requisiti del contratto d’opera sono la contestualità, l’onerosità, la commutatività e l’instantaneità dell’adempimento. Il contratto d’opera è un contratto consensuale ad effetti obbligatori: le parti si obbligano a compiere il servizio o l’opera e a pagare il corrispettivo. Esso è un contratto oneroso, a differenza dell’appalto peril quale si stabilisce che il corrispettivo deve essere in danaro, per questo sono ammissibili anche beni diversi dal danaro. La mancata determinazione del corrispettivo non determina la nullità del contratto d’opera né lo tramuta in altra fattispecie tipica perché in mancanza del corrispettivo suppliscono gli usi e le tariffe e in difetto il compenso èdeterminato dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro necessario per ottenerlo.

Il contratto d’opera è commutativo e non aleatorio sicché in caso di difficoltà o onerosità dell’esecuzione, in assenza di una disciplina specifica, tale contratto rimane soggetto alla disciplina generale prevista dall’art. 1467. Esso non è un contrato di durata, tuttavia quando l’opus sia ripetuto e quindi gli opera siano collegati da nesso dicontinuità, la ripetizione degli stessi finisce per soddisfare non più uninteresse istantaneo ma durevole del committente e quindi si è in presenza di un rapporto di durata.

L’oggetto del contratto d’opera consiste in un’opera o un servizio.Il termine “opera” generalmente si riferisce al risultato dell’obbligazione di facere consistente nella modificazione di una cosa, effettuata con il lavoro prevalentemente manuale o tecnico del prestatored’opera, distinguendosi in ciò il contratto d’opera da quello d’opera intellettuale. Il concetto di servizio si distingue da quello di opera perché pur presupponendo un’obbligazione di facere non comporta la trasformazione della materia.

Disciplina nel contratto d’opera il committente, pur avendo il potere di impartire istruzioni al prestatore d’opera e di controllare la conformità della prestazione alle condizioni stabilite dal contratto, nonha tuttavia la disponibilità dell’attività del prestatore. Egli, essendo tenuto ad eseguire l’opus a regola d’arte, può anche non accertare supinamente le istruzioni su modalità tecniche idonee al perseguimento del risultato per non intercorrere in possibili responsabilità verso il committente per i vizi o le difformità finali. Se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite nelcontratto e a regola d’arte, il committente, trascorso inutilmente il termine entro il quale il prestatore di opera deve uniformarsi alle condizioni stabilite del contratto, può recedere dallo stesso con effettoex tunc e fatto salvo l’obbligo del prestatore al risarcimento dei danni.

L’esercizio facoltativo del potere di recesso può considerarsi una forma di autotutela privata riconosciuta dalla legge al committente, al quale spetterà la restituzione del corrispettivo, se già versato e in aggiunta il risarcimento dei danni subiti.

Dal momento dell’accettazione dell’opera compiuta decorrono i termini di prescrizione del diritto al corrispettivo del prestatore d’opera e del diritto del committente alla consegna dell’opera. L’accettazione determina il trasferimento del rischio dal prestatore al committente e mentre libera il prestatore dalla responsabilità per difformità o vizi noti o facilmente riconoscibili dal committente, non lolibera quando egli stesso abbia occultato i vizi dell’opera altrimenti riconoscibili.

I diritti del committente, nel caso di difformità o vizi dell’opera, sono regolati come nel contratto di appalto, prevedendo in tal modo una disciplina, che in parte si discosta da quella generale. In caso di inesatto adempimento, il committente può chiedere l’esecuzione informa specifica anche da parte di un terzo a spese del prestatore d’operao una riduzione del corrispettivo, salvo il risarcimento in caso di colpadel prestatore d’opera.

Il risarcimento può essere rimedio concorrente con quelli precedentemente indicati in presenza di vizi eliminabili, o rimedio esclusivo se i vizi non siano eliminabili. E’ comunque stabilita la risoluzione del contratto nell’ipotesi in cui le difformità e i vizi dell’opera siano tali da renderla totalmente inidonea alla sua destinazione.

Recesso le parti possono recedere in corso di esecuzione, senza che per questo il recesso convenzionale o la risoluzione abbiano effetto sulle prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Il committente che receda ad esecuzione iniziata è obbligato a tenere indenne il prestatore d’opera dalle spese sostenute, dal lavoro eseguito e dal mancato guadagno.

Secondo la giurisprudenza il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato perché soddisfa l’esigenza di evitare la perpetuità del vicolo obbligatorio in sintonia con il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto.

Oltre al recesso e alla risoluzione è prevista dal codice un’ulteriore causa di estinzione del rapporto d’opera e cioè l’impossibilità sopravvenuta dell’esecuzione dell’opera non imputabile adalcuna delle parti.

Impossibilità parziale = riduzione della controprestazione e ancheil recesso, quando venga meno un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.

Art. 2228 obbliga il committente a corrispondere al prestatore d’opera il compenso per il lavoro svolto in relazione all’utilità della parte dell’opera compiuta. Se il lavoro svolto non presenta alcuna utilità per il committente, avuto riguardo alla parte dell’opera compiuta, lo stesso committente può recedere senza corrispondere alcun compenso. In caso di contrasto, sarà il giudice a valutare se il lavoro svolto abbia un’utilità per il committente.

Iscrizione in albi o elenchi art. 2231 indica che il prestatore non iscritto non ha azione per il pagamento della retribuzione, esclude che lo stesso prestatore possa promuovere un’azione di ingiustificato

arricchimento nei confronti del cliente, mentre ammette la soluti retentio.

L’esecuzione della prestazione intellettuale da parte del non iscritto ad apposito albo determina la nullità assoluta del rapporto per contrarietà a norme imperative, provando il contratto di qualsiasi effetto, ivi compenso per il prestatore.

Secondo la prevalente dottrina il contratto d’opera intellettuale stipulato da chi non è iscritto deve considerarsi invalido limitatamente allo svolgimento degli atti per i quali è necessaria l’iscrizione all’albo.

Art. 2232 consente che il prestatore d’opera si avvalga di sostituti o ausiliari, a meno che tale forma di collaborazione sia incompatibile con l’oggetto della prestazione.

Il carattere personale dell’adempimento non è escludo dall’adempimento a mezzo di terzi.

Il prestatore d’opera, avvalendosi dell’aiuto di terzi, risponde dei loro fatti dolosi o colposi.

Il professionista che si avvalga di sostituti nei casi in cui non èconsentito, è inadempiente; mentre il mandatario che si faccia sostituiresenza autorizzazione dal mandante risponde dell’operato di colui che lo sostituisce.

Con il decreto Bersani è stato abrogato definitivamente il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto sociale relativo all’attività libero – professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società do professionisti e che la specificaprestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti preventivamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

Alla responsabilità civile del prestatore d’opera intellettuale si aggiunge quella penale o disciplinare qualora il professionista nell’eseguire l’incarico commetta reati o violi norme proprie dell’ordineo collegio a cui appartiene.

La diligenza del professionista nell’esecuzione della prestazione di lavoro intellettuale deve essere valutata avendo riguardo alla natura dell’attività esercitata.

L’inadempimento del professionista sussiste nei limiti della colpa,tenuto conto della natura dell’attività esercitata, indipendentemente dalraggiungimento del risultato.

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il professionista risponde solo nei limiti del dolo o colpa grave.

Il professionista, come il cliente è tenuto a concludere e ad eseguire il contratto d’opera con correttezza e buona fede; è tenuto quindi già nella fase preliminare a informare il cliente del possibile esito negativo o positivo della prestazione professionale.

Il professionista è tenuto altresì a mantenere il segreto professionale e non deve assumere contemporaneamente la cura di interessicontrari a quelli del cliente; può trattenere i documenti per il tempo strettamente necessario alla tutela dei propri diritti secondo leggi professionali.

Al creditore/ cliente che affermi responsabilità contrattuale del professionista spetta la prova dell’obbligazione mentre a quest’ultimo spetta provare la sua assenza di colpa.

La corresponsione del compenso sostituisce l’obbligazione principale del cliente nei confronti del professionista; tale obbligo sorge quando la prestazione è ultimata. La misura del compenso deve essere adeguata all’importanza e al decoro della professione e previamente comunicata al cliente con un preventivo di massima e successivamente pattuita al momento del conferimento dell’incarico.

La disciplina del recesso dal contratto d’opera intellettuale non si limita a prevedere il recesso del cliente ma contempla anche quello per giusta causa del prestatore d’opera intellettuale. In caso di recessodel cliente, questi è tenuto al rimborso delle spese sostenute e al compenso per l’opera svolta, mentre nulla è dovuto per il mancato guadagno.

Art. 2237 c.c. ammette recesso per giusta causa del prestatore d’opera che si identifica con ogni fatto non attinente all’esecuzione della prestazione che alteri il rapporto fiduciario tra le parti. Qualorasussista una giusta causa il prestatore ha diritto al rimborso delle spese e al compenso dell’opera svolta, da determinarsi in rapporto con l’utile per il cliente, mentre è escluso l’obbligo del compenso per l’opera svolta quando non sia risultato utile. Se manca la giusta causa il prestatore recedente si rende inadempiente secondo principi legali. Anche in presenza di una giusta causa, il recesso deve essere esercitato osservando l’obbligo di correttezza in modo da non recare pregiudizio al cliente.

Il rapporto d’opera intellettuale si estingue per compimento dell’opera, scadenza del termine, mutuo dissenso, recesso di una delle parti, risoluzione del contratto.

La cancellazione dell’albo risolve il contratto in corso di esecuzione; in questo caso il prestatore d’opera ha diritto al rimborso delle spese incontrate e ad un compenso adeguato all’utilità del lavoro compiuto.

Professionista e impresa art. 2238 prevede 2 ipotesi: attività del professionista come elemento di un’organizzazione in forma di impresae ipotesi in cui il professionista assume la posizione di datore di lavoro non imprenditore nei confronti dei sostituti e collaboratori. Nell’ipotesi in cui l’attività professionale è organizzata in forma d’impresa individuale, l’imprenditore è commerciale e tra professionista e cliente possono instaurarsi due rapporti: uno avente ad oggetto i servizi resi dall’impresa e l’altro avente ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale del professionista non in qualità di imprenditore i rapporti rimangono perfettamente distinti e conservano la loro autonomia.

I RAPPORTI DI LAVORO AUTONOMO DI DURATANel contratto d’opera la prestazione non è individuata dal tempo,

subìto invece dalle parti. L’apposizione di un termine al contratto d’opera serve a stabilire la durata massima per l’esecuzione dell’opus, ela maggiore o minore durata della prestazione non comporta una variazionedella controprestazione che è invece commisurata al risultato.

Il prestatore d’opera è adempiente nel momento in cui consegna al committente l’opus perfectum la prestazione di lavoro nel contratto d’opera, pur richiedendo un lungo periodo di tempo, sia diretta a soddisfare un interesse durevole del committente; questo contratto non può essere annoverato tra i contratti di durata.

Nel codice civile non esiste la fattispecie del lavoro autonomo continuativo.

Contratto di agenzia disciplinato per la prima volta dal codice del 1942, come tipo legale; ha la sua origine nell’area del mandato commerciale. Esso è tutelato anche da una copiosa disciplina collettiva oltre che dal codice civile. L’iscrizione nel ruolo assolve ad una funzione di pubblicità e di accertamento dei requisiti di idoneità moralee tecnica degli agenti, anche in relazione al carattere fiduciario dell’attività svolta nell’interesse degli imprenditori preponenti. Le normative comunitarie e di attuazione non modificano lo schema del contratto di agenzia.

Lo schema di questo contratto, pur non confondendosi con quello delmandato, tuttavia presenta elementi a questo riconducibili che richiama per l’agente gli obblighi del commissionario.

Le istruzioni che il preponente o il mandante impartiscono all’agente o al mandatario non sono assimilabili alle direttive che il datore di lavoro impartisce al prestatore di lavoro subordinato perché inquest’ultime presuppongono la continuità della disponibilità da parte deldatore di lavoro del comportamento del lavoratore. Viceversa, nel contratto di agenzia le istruzioni presuppongono soltanto la continuità della prestazione dell’agente rivolta a soddisfare un interesse durevole del preponente e non implicano una forma di controllo del tempo di lavorodell’agente.

Quando l’attività dell’agente sia svolta in forma di piccola impresa, il rapporto tra agente e committente rientra tra quelli dell’art. 409 cc (carattere professionale). Quando invece l’attività è svolta in forma di impresa, cioè l’attività personale dell’agente non è prevalente rispetto all’organizzazione dallo stesso predisposta, il rapporto di agenzia che intercorre tra agente e preponente non è soggettoa rito del lavoro.

Sulla prestazione effettuata dall’agente non iscritto al ruolo esiste una giurisprudenza della Cassazione molto variegata. Gli albi possono soddisfare esigenze di carattere amministrativo, ma l’iscrizione ad essi non è considerato requisito di validità del contratto di agenzia perché non richiesto dalla direttiva europea. La Cassazione ha ritenuto tuttavia di adeguarsi alla tesi della Corte di Giustizia sostenendo la necessità di disapplicare la normativa nazionale interna sul ruolo degli agenti perché in contrasto con le disposizioni della direttiva.

Tratti fisionomici dei rapporti di collaborazione art. 409 c.c. sono continuità, coordinazione, carattere personale della prestazione lavorativa. Per quanto riguarda il primo, la prestazione d’opera continuativa può riferirsi sia all’esecuzione di un’attività, sia alla ripetizione di più risultati collegati da un nesso di continuità; in entrambi i casi la soddisfazione delle parti è durevole – primo caso, la continuità è riferita non solo all’esecuzione della prestazione ma anche all’adempimento della prestazione, nel secondo caso all’adempimento quindi raggiungimento di più risultati. Nel contratto d’opera,viceversa, la prestazione soddisfa l’interesse del committente nel momento in cui viene portata a termine, quindi non è riconducibile alla categoria dell’art. 409 cc. I rapporti di consulenza sono di durata la continuità della prestazione rileva non soltanto quando sia prevista dal programma negoziale ma anche quando sia stata di fatto continuativa.

Il requisito della coordinazione mette in evidenza il profilo organizzativo del rapporto di lavoro, nel senso che indica il collegamento funzionale tra l’attività del prestatore d’opera e quella

del committente, e postula che la prima sia svolta in connessione con la seconda per il raggiungimento della finalità alla quale mira il committente.

Mentre il collegamento funzionale nel lavoro subordinato si realizza attraverso l’esercizio del potere direttivo configurato come potere di conformazione della prestazione dovuta e potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, nel lavoro coordinato tale collegamento si realizza soltanto attraverso l’esercizio del potere di conformazione della prestazione dovuta o nella richiesta diadempimento dell’unica prestazione dedotta in contratto differenza di ordine qualitativo e non quantitativo tra il potere direttivo del datore di lavoro nel rapporto di lavoro subordinato e il potere di coordinamentodel committente, che si estrinseca soltanto nel potere di conformazione della prestazione convenuta con il lavoratore coordinato; quest’ultimo non deve stare a disposizione ma determinare anche da solo le modalità diesecuzione della prestazione nei limiti delle condizioni pattuite.

Carattere prevalentemente personale della prestazione costituisce il criterio principale secondo la giurisprudenza per deciderese un rapporto rientra nel novero di quelli indicati dall’art. 409 c.c. Il carattere prevalentemente personale va inteso nel senso che il prestatore d’opera può avvalersi di collaboratori, ma l’apporto degli stessi deve risultare suvvalente rispetto allo svolgimento personale della sua prestazione di lavoro. la valutazione del giudice deve tenere conto non solo del numero dei collaboratori ma anche della natura meramente esecutiva delle loro prestazioni.

Il principio della retribuzione sufficiente riguarda esclusivamenteil lavoratore subordinato e pertanto non può essere invocato in tema di compenso per prestazioni lavorative autonome. Se il corrispettivo non convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo tariffe, spetta al giudice la sua determinazione.

Presunzione relativa di continuità e coordinazione laddove ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:

- Che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore ad almeno otto mesi nell’arco dell’anno solare e per i due consecutivi

- Che il corrispettivo derivante da tale collaborazione costituisca più dell’80% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare per due anni consecutivi

- Che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro presso una delle sedi del committente.

La presunzione di coordinazione determina l’integrale applicazione della disciplina del lavoro a progetto. In presenza di almeno due requisiti il rapporto si presume autonomo salvo prova contraria, sennonché una volta presunta l’autonomia, lo stesso rapporto, evidentemente non riconducibile ad un progetto specifico, sarà immediatamente riqualificato ex lege in termini di subordinazione.

Lavoro parasubordinato o coordinato = non indica fattispecie tipica, ma modalità di svolgimento della prestazione di lavoro in una serie di rapporti che hanno natura e origine diverse.

La collaborazione deve avere per oggetto la prestazione di attivitàsenza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita comprende figureprofessionali che operano sia all’esterno dell’impresa che quelle espulsedal processo produttivo a seguito di processi di esternalizzazione.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa godevano prima di una tutela esclusivamente processuale ai soli fini dell’applicazione del nuovo rito di lavoro. risultavano privi di una disciplina sostanziale, con eccezione dell’art 2113 che comprende nel proprio campo di applicazione gli atti dispositivi di diritti derivanti da norme inderogabili della legge e di contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui art. 409 c.p.c. equiparando i collaboratoricontinuativi e coordinati ai lavoratori subordinati per l’applicazione delle tutele e delle garanzie. Nel tempo vi è stata una serie di interventi che coinvolgono al proprio interno collaborazioni continuativee coordinate e per questi rapporti è stata prevista una specifica contribuzione previdenziale istituendo un’apposita gestione dell’INPS ai fini dell’estensione. Ai lavoratori parasubordinati è stata estesa anche la tutela per gli infortuni e le malattie professionali seppur limitatamente a quei lavoratori che svolgano attività considerate dalla legge a rischio di infortunio o che esercitino le proprie mansioni in modo non occasionale su veicoli a motore condotti personalmente. La ripartizione dell’onere contributivo tra collaboratore e committente rimane fissata nella misura di un terzo e due terzi.

La finanziaria del 2001 ha previsto la totalizzazione dei periodi contributivi, al fine di garantire una più adeguata prestazione pensionistica ai collaboratori.

Ulteriori tutele sono state riconosciute alla fine degli anni 90 come gli assegni familiari, indennità di malattia e di maternità o paternità. È stato poi aggiunto il divieto di adibizione al lavoro della

collaboratrice coordinata nel periodo di gravidanza e post – partum con annesso diritto alla corresponsione di indennità di maternità.

In tema di ammortizzatori sociali, dal 2010 il legislatore ha disposto che anche i periodi di lavoro svolti esclusivamente mediante collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, possano essere computati ai fini della maturazione del diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola.

Il principio di automaticità delle prestazioni non è applicabile airapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Il collaboratore riceve tutte le tutele previste per la sicurezza sul lavoro e nella misura in cui svolga l’attività nei luoghi di lavoro del committente.

Prescrizione dei crediti da lavoro previsto termine di 5 anni per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi. Laddove il compenso sia corrisposto con tempi e modalità diversi, dovrebbe ritenersi applicabile il termine di prescrizione ordinaria decennale.

La nuova disciplina dei termini di impugnazione del licenziamento invalido nel lavoro subordinato è stata estesa a licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, ovvero alla legittimità del termine apposto a contratto; al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità di pagamento.

IL LAVORO A PROGETTOLegislatore 2003 ha preso atto dell’elevato numero di

collaborazioni continuative e coordinate fittizie e ha predisposto la disciplina del lavoro a progetto con l’obiettivo di eliminare le collaborazioni continuative e coordinate non genuine. La riforma ha introdotto una fattispecie inclusiva, cioè che ricalca quella dell’art 409 c.p.c. con aggiunte dell’apposizione del termine e del progetto; secondo un altro orientamento invece la fattispecie del lavoro a progettoè esclusiva e in coerenza con la ratio antifraudolenta della nuova disciplina, tendono a valorizzare i connotati del lavoro a progetto al fine di distinguerlo dalle collaborazioni continuative e coordinate esistenti.

Con la riforma del mercato del lavoro, il legislatore ha preso attodelle difficoltà interpretative sollevate degli art. 61 ss ed è intervenuto sulla disciplina del lavoro a progetto introducendo modificheche incidono sia sul versante della fattispecie che su quello sanzionatorio.

2012 nuova definizione del contratto di lavoro a progetto. In essa si prevede espressamente che il progetto sia funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale. Il progetto non può ridursiad una mera descrizione delle mansioni del collaboratore o ad una formuladel tutto indeterminata senza accennare gli obiettivi da raggiungere, infatti questi devono risultare per iscritto.

Il progetti continua ad essere caratterizzato dal requisito della specificità che conferma che la preventiva individuazione del risultato da realizzare deve avvenire in termini analitici e dettagliati, anche se non deve essere tale da pregiudicare l’autonomia del collaboratore nell’esecuzione della prestazione; il progetto non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente né comportare losvolgimento dei compiti meramente esecutivi o ripetitivi. L’esclusione diquest’ultimi sembra legificare l’opinione che esclude la legittimità del lavoro a progetto per lo svolgimento di attività semplici e ripetitive. Tale esclusione però non deve indurre a ritenere che il contratto a progetto sia compatibile unicamente con prestazioni che richiedono una professionalità elevata e una capacita specialistica elevata.

La facoltà dei contratti collettivi di individuare i compiti meramente esecutivi o ripetitivi non incide sull’applicabilità del precetto legislativo, nel senso che la preclusione legislativa a svolgeretali compiti mediante il contratto a progetti sussiste anche in assenza di un’elencazione dei contratti collettivi.

Il progetto costituisce l’oggetto del contratto e viene determinatodal committente; nonostante questo deve essere gestito autonomamente dal collaboratore. La gestione incontra un limite nel coordinamento con l’organizzazione del committente; il coordinamento conferma il collegamento funzionale del rapporto di collaborazione a progetto con l’organizzazione del committente.

Il coordinamento non sussiste nel contratto d’opera e si atteggia diversamente nel lavoro subordinato. Il prestatore di lavoro subordinato durante lo svolgimento del rapporto resta a disposizione del datore, mentre il collaboratore continuativo e coordinato si obbliga ad eseguire la prestazione convenuta su richiesta del committente secondo modalità diluogo e tempo pattuite al momento della conclusione del contratto o concordate di volta in volta.

Il contratto di lavoro a progetto può, a seconda dei casi, atteggiarsi sia come contratto di durata in senso tecnico, sia come contratto ad esecuzione istantanea. Nel primo caso si ha sia quando ha adoggetto lo svolgimento per il tempo stabilito dalle parti, di attività lavorativa sia quando ha ad oggetto la ripetizione, nel tempo stabilito

dalle parti, dello stesso opus o servizio. Quando invece ha ad oggetto larealizzazione di un unico opus o servizio allora si deve escludere la possibilità di qualificarlo come contratto di durata.

Il contrato di lavoro a progetto deve essere formulato in forma scritta e deve contenere la durata della prestazione di lavoro, la descrizione del progetto, il corrispettivo, i tempi e le modalità di pagamento, rimborso spese; le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sull’esecuzione della prestazione; le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore. La formanon scritta non determina la nullità, ma è rilevante sul piano della prova.

Il compenso del collaboratore deve tenere conto anche dei compensi corrisposti sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento,in mancanza di contrattazione specifica. Compenso = in proporzione alla quantità e qualità del lavoro eseguito.

Art. 2225 – nel contratto d’opera abilita il giudice a determinare il corrispettivo in relazione al risultato ottenuto e al lavoro necessario per ottenerlo, se non convenuto dalle parti; nel contratto d’opera il rischio grava sul prestatore d’opera, in ultima istanza (quando l’opera è ultimata).

Art. 36 Cost – lavoratore subordinato ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro.

In ogni caso il lavoro eseguito, per dare luogo ad un compenso proporzionato deve presentare un’utilità oggettiva per il committente.

Viene previsto l’obbligo di riservatezza e divieto di concorrenza, così come viene riconosciuto anche il diritto di invenzione del collaboratore a progetto.

Viene riconosciuto al solo lavoratore a progetto il diritto ad un periodo di sospensione del rapporto senza corrispettivo sia in caso di gravidanza, che di malattia o infortunio. Negli ultimi due casi però, quando la sospensione supera il sesto della durata stabilita nel contratto ( più di 30 giorni) il committente può recedere dal contratto. Malattia o infortunio non comportano una proroga del rapporto per il periodo di sospensione, mentre vi è prevista per la gravidanza per un periodo di 180 giorni.

La forma di estinzione propria del contratto a progetto è la realizzazione del progetto, al compimento dell’opus o servizio – l’estinzione si verifica anche prima della scadenza del termine apposto al contratto. Il contratto di lavoro a progetto è necessariamente a termine. È possibile recedere solo per giusta causa; il collaboratore puòrecedere anche secondo diverse causali o modalità, ma sempre con

preavviso (secondo regie pattizio). Le ipotesi di estinzione del rapportoquindi sonno:

- Realizzazione del progetto- Recesso ante tempus in presenza di giusta causa- Recesso del committente per inidoneità del collaboratore

impeditiva della realizzazione del progetto- Recesso ante tempus del collaboratore a progetto per causali

o con modalità stabilite nel contratto.L’indennità viene prevista per i collaboratori a progetto che, in

presenza di determinate condizioni contributive ed entro determinate soglie reddituali, hanno svolto attività in regime di mono – committenza con riferimento al rapporto cessato.

Nella riconduzione a un progetto, il programma di lavoro o fare di esso dei contratti, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie o tassazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

Tesi della presunzione legale assoluta la mancata individuazionedel progetto determina automaticamente la conversione del contratto in unrapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto, senza possibilità per il committente di sottrarsi a questa sanzione ( non accolte prestazioni prive del vincolo di subordinazione). Per superare dubbi di legittimità costituzionale è stata formulata una tesi della presunzione legale relativa, ammettendo la possibilità del committente di fornire prova contraria.

L’esistenza di un progetto non esclude la natura subordinata del rapporto se le modalità di esecuzione della prestazione sono effettivamente subordinate.

Al giudice è vietato sindacare nel merito delle scelte dell’imprenditore, non può precludergli di fare il suo mestiere, ossia qualificare il contrato avendo riguardo non solo all’esistenza del progetto ma anche al comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto.

Il requisito della coordinazione è per un verso un criterio debole e cedevole rispetto alla prorompente invadenza ed elasticità della subordinazione, la quale può sovrapporti alla prima.

IL LAVORO OCCASIONALE E IL LAVORO OCCASIONALE DI TIPO ACCESSORIO

Il lavoro occasionale è identificato da due parametri non omogenei costituiti dalla durata non superiore a 30 giorni e dal compenso percepito non superiore a euro 5000. Esso si distingue dal lavoro a progetto per la mancanza del progetto.

Il rapporto di lavoro accessorio per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo a compensi maggiori di euro 5000 nel corso dell’anno solare. Chi intende avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio deve acquistare appositi buoni orari, numerati e datati, con i quali retribuisce il prestatore che li presenterà poi all’incasso a determinati soggetti autorizzati dalla legge; il valore nominale del buono incorpora la contribuzione Inps e Inail per il prestatore e la commissione per costo gestione servizi.

I compensi derivanti da lavoro accessorio sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale, non incidono sullo stato di disoccupato e innocupatoe si computano ai fini della determinazione del reddito necessario per laconcessione del permesso di soggiorno. In assenza dei requisiti richiestiper legittimo ricorso al lavoro accessorio sarà applicabile la disciplinaalla quale è riconducibile il rapporto.

LA PRESTAZIONE DI LAVORO NEI CONTRATTI ASSOCIATIVI E NELLE ORGANIZZAZIONI NO PROFIT

I CONTRATTI ASSOCIATIVILa prestazione di lavoro può essere dedotta anche nei contratti

associativi. In quelli di tipo tecnico si rileva l’esercizio in comune diuna determinata attività destinata a soddisfare un comune interesse, una comunanza di scopo e una comune assunzione del rischio. I contratti di tipo atecnico (partecipativi) sono invece contraddistinti da una più generica partecipazione dei contraenti al risultato dell’attività economica.

Il risultato dell’attività economica è interno alla causa del contrato. Il socio o l’associato partecipano agli utili e alle perdite inragione dell’esercizio in comune dell’attività mentre la partecipazione agli utili del lavoratore subordinato è un criterio di commisurazione della retribuzione a lui dovuta come corrispettivo del lavoro prestato.

Nelle società di persone lo svolgimento della prestazione di lavorodel socio è oggetto di conferimento e il contratto sociale è la fonte di questo conferimento.

Il rapporto di lavoro subordinato tra socio e società di persone è ammesso qualora a prestazione non integri un conferimento e sia svolta sotto il controllo gerarchico di un altro socio. Non è ammissibile inveceil rapporto subordinato tra socio amministratore unico e società.

Nelle società di capitali è vietato il conferimento di prestazioni d’opera o di servizi poiché tali prestazioni, non essendo valutabili con esattezza non offrono sufficienti garanzie sulla corrispondenza tra capitale sottoscritto e capitale versato dal socio.

La nuova disciplina prevede l’emissione da parte della società per azioni, a fronte dell’apporto di soci o di terzi di opere o di servizi, di strumenti finanziari che attribuiscono ai loro possessori diritti patrimoniali o diritti di partecipazione alla gestione della società. Pertanto l’esecuzione di tali prestazioni consente la partecipazione del socio agli utili, nonché all’amministrazione della società, secondo modalità stabilite dallo statuto.

Per i soci delle società di capitali vale il principio della responsabilità limitata, in forza del quale il socio può essere contemporaneamente anche lavoratore subordinato della stessa società salvo il dubbio per il socio in posizione dominante. Tali rapporti sono soggetti alla disciplina del processo di lavoro, ma non comportano l’obbligo di iscrizione all’Inps.

La qualità di collaboratore nell’impresa riconosciuta all’amministratore non sembra sufficiente a ricondurre nella fattispecie del lavoro subordinato il rapporto di amministrazione. Sembra evidente invece l’analogia tra disciplina che regola le responsabilità del mandatario con quella che regola le responsabilità dell’amministratore.

La coesistenza di due rapporti, di lavoro subordinato e di amministrazione in capo alla stessa persona è ammissibile, a condizione che l’amministratore sia soltanto un componente del consiglio di amministrazione o abbia competenze determinate come amministratore delegato e sia pertanto soggetto alle direttive e al controllo dell’organo collegiale.

Contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresao di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto, che è acquisito al patrimonio dell’associante stesso. L’associazione in partecipazione non presuppone necessariamente l’esistenza di un’impresa. Inoltre, in mancanza di diversa pattuizione contrattuale, il diritto dell’associato di partecipare agli utili deve essere riferito non agli utili di bilancio, che potrebbero conglobare elementi patrimoniali non provenienti dall’attività di gestione, bensì agli utili d’esercizio, cioèquelli che emergono dai profitti. Il diritto agli utili ha carattere periodico e sorge indipendentemente dalla presentazione del rendiconto.

Nel contrato di associazione in partecipazione la posizione dell’associato che apporta lavoro si distingue nettamente da quella del lavoratore subordinato, anzitutto per le modalità di esecuzione della prestazione di lavoro; il potere dell’associante di impartire direttive all’associato è più generico del potere direttivo del datore di lavoro nei confronti del lavoratore subordinato perché l’associato non è a disposizione dell’associante.

Per il rischio economico dell’impresa, che grava sull’associato e non sul lavoratore subordinato, in caso di mancata percezione degli utili, al rischio di avere lavorato senza un corrispettivo.

La corresponsione di un fisso in favore dell’associato non esclude l’aleatorietà del contratto purché sia attribuita a titolo di acconto.

La partecipazione agli utili attribuiti ai prestatori di lavoro subordinato deve essere determinata in modo tale da escludere il rischio d’impresa. I tratti caratteristici dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro sono:

- Sussistenza in capo a chi assume le scelte di fondo nell’organizzazione dell’impresa, di un generico potere di impartire le direttive

- La presenza in capo al prestatore di lavoro dell’obbligo di apportare lavoro e di un potere di controllo sulla gestione economica dell’impresa che si risolve in particolare in un obbligo di rendiconto periodico da parte dell’associante

- La partecipazione agli utili e alle perditeLa distinzione tra fattispecie di lavoro subordinato e fattispecie

dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro, pur essendo chiara in linea astratta, nel concreto svolgimento del rapporto diventa più problematica perché la prestazione di lavoro dell’associato può essere eseguita in una situazione di dipendenza e di materiale assoggettamento alle direttive dell’associante.

La riforma del lavoro del 2012 cerca di porre un freno all’utilizzodell’associazione in partecipazione in frode al lavoro subordinato; vieneprevista una limitazione numerica dei rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro stipulabili. Il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre e nel caso in cui viene superato il rapporto si considera ope legis di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma con tutti gli associati il cui apporto consista anche in una prestazione di lavoro, e non soltanto con loro che siano stati assunti oltre tale soglia.

Nel caso in cui manchi un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, o sia omessa la consegna del rendiconto, si presume che sussista un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra associante e associato.

L’inversione dell’onere della prova è poi esclusa qualora l’apportodi lavoro dell’associato risulti connotato da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi.

Ai fini dell’applicazione del rito del lavoro, l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro, nella misura in cui sia contrassegnata dalla continuità e coordinazione e quindi dalla integrazione della prestazione lavorativa dell’associato nell’impresa dell’associante, è annoverabile tra i rapporti dell’art. 409 cpc.

Sono espressamente esclusi dall’obbligo contributivo gli associati in partecipazione iscritti in albi professionali, in quanto già soggetti ad altre forme di previdenza.

Le cooperative sono definite dalla legge società a capitale variabile con scopo mutualistico. Nelle cooperative di produzione e lavoro i soci, oltre ad essere titolati del diritto alle prestazioni mutualistiche concorrevano ad attuare lo scopo mutualistico proprio dell’impresa oltre che agli utili.

La cooperativa che intendeva procurarsi le prestazioni lavorative del proprio socio lavoratore doveva concludere con lui un ulteriore e distinto contratto di lavoro, autonomo o subordinato o parasubordinato. Dal 2003, pur conservando la duplicità dei rapporti che intercorrono tra socio lavoratore e cooperativa di lavoro, è stata sottolineata di nuovo la centralità del rapporto sociale.

In passato al socio lavoratore subordinato si applicava integralmente lo Statuto dei lavoratori con esclusione dell’art. 18 St. lav. e quindi anche la normativa sulla tutela obbligatoria contro i licenziamenti ingiustificati.

Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione delsocio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie. L’unitarietà

della posizione lavorativa del socio sembra riemergere prepotentemente fino ad eliminare la tutela obbligatoria dei licenziamenti individuali dei soci lavoratori.

La società cooperativa è obbligata a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti per le prestazioni analoghe dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine.

Le cooperative sono tenute a determinare, con regolamento interno approvato dall’assemblea, la tipologia dei rapporti da istaurare con i soci lavoratori e a indicare i contratti collettivi applicabili ai rapporti di lavoro subordinato.

Le disposizioni che derogano in peius le clausole del contratto collettivo sono nulle.

Risulta esclusa la disciplina del rito del lavoro alle controversieaventi per oggetto la prestazione mutualistica, idest la prestazione lavorativa nella società cooperativa di lavoro.

I diritti sindacali si esercitano in quanto compatibili con lo status del socio lavoratore; ai soci subordinati invece si applica lo statuto in modo parziale.

Lavoro familiare familiari sono il coniuge e i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. Il familiare per il lavoro svolto non ha soltanto diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia ma anche alla partecipazione agli utili e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda. Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e quelle sulla gestione sono adottate a maggioranza dai familiari partecipanti all’impresa. Il dirittodi partecipazione è intrasferibile, salvo che avvenga a favore di un familiare con il consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidatoin danaro alla cessazione della prestazione di lavoro, e in caso di alienazione dell’azienda.

Agricoltura unico rapporto rimasto in vigore è la soccida, nel quale il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse al fine di ripartire l’accrescimento di bestiame e altri prodotti che ne derivano.

LE ORGANIZZAZIONI NO PROFITI requisiti dell’attività di volontariato sono la personalità,

spontaneità e gratuità delle prestazioni svolte tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte senza fini di lucro anche indiretto ed

esclusivamente per fini di solidarietà. Le eventuali erogazioni patrimoniali corrisposte dall’organizzazione al volontario sono ammissibili soltanto nella veste di rimborsi delle spese effettivamente sostenute dallo stesso per lo svolgimento dell’attività.

Il rapporto che lega il volontario all’organizzazione può essere qualificato di lavoro gratuito, e in quanto regolato dalla legge è anche tipico.

Il volontario presta la sua opera non per conto proprio ma attraverso un’organizzazione, quindi la sua attività è soggetta alle direttive dell’organizzazione.

Il requisito della spontaneità riferito all’attività del volontariosignifica che l’adesione e permanenza nell’organizzazione non corrispondono all’adempimento di un obbligo, ma il volontario, dopo aver aderito, e prima di avere manifestato la volontà di recedere, è obbligatoa svolgere le prestazioni secondo le modalità previste dallo statuto o determinate dal preposto.

Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini.

Per svolgere le proprie attività, le cooperative sociali si avvalgono di soci volontari che prestano la loro opera gratuitamente comevolontari nelle organizzazioni di volontariato e di soci ordinari come i soci delle cooperative di produzione e lavoro.

I soci volontari non possono superare la metà del numero complessivo dei soci. Ad essi non si applicano contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato o autonomo, escluse quelle sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e ai soci volontari spettano solo i rimborsi spese.

Le persone svantaggiate sono soci ordinari e costituiscono almeno il 30% dei dipendenti.

Per agevolare l’inserimento lavorativo le cooperative sociali possono stipulare convenzioni quadro su base territoriale.

CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI DI LAVOROLa certificazione può avere ad oggetto tutti i contratti in cui sia

dedotta direttamente o indirettamente una prestazione di lavoro.La sua funzione principale è quella di ridurre il contenzioso in

materi a di lavoro e non soltanto in materia di qualificazione dei contratti di lavoro.

È considerata lo strumento per stabilire a quale tipologia negoziale le parti abbiano inteso far ricorso (esatta qualificazione del

rapporto di lavoro e del contratto) qualificazione tra autonomia e subordinazione.

Gli enti preposti sono individuati negli enti bilaterali, Direzioniprovinciali del lavoro, Province, Università registrate in apposito albo,Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le parti potranno liberamente scegliere tra questi , ferma restando la possibilità per i soggetti abilitati di costituire una commissione unitaria di certificazione.

Procedimento: l’inizio deve essere comunicato alla Direzione territoriale del lavoro che ne dà informazione alle autorità pubbliche interessate agli effetti della certificazione e deve concludersi entro 30giorni dal ricevimento dell’istanza.

L’atto di certificazione deve essere motivato con indicazione del termine e dell’autorità per l’impugnazione e deve indicare esplicitamentegli effetti.

La certificazione da luogo ad un accertamento di tipo amministrativo; effetti di questo permangono sia nei confronti delle parti sia verso i terzi interessati.

Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazionedelle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, salvo erronea qualificazione del contratto, vizi di consensoo difformità.

Nell’ipotesi di certificazione di contratti in corso di esecuzione gli effetti si producono al momento nell’inizio del contratto, solo nel caso in cui la commissione certificatrice abbia accertato che anche l’esecuzione in fase precedente si sia svolta correttamente.

Contratti non ancora sottoscritti effetti si producono quando leparti sottoscrivono i contratti.

L’atto può essere impugnato davanti al giudice ordinario per erronea qualificazione oppure difformità del programma negoziale certificato e successiva attuazione o vizi di consenso. È prevista impugnazione presso il TAR competente per territorio per l’annullamento dell’atto di certificazione per violazione del procedimento o eccesso di potere.


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