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Una mappa dimenticata dell’emissario del lago di Nemi, eseguita prima dei lavori del 1928

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5 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA n. 4 | aprile | 2011 di Donato Cioli, Marco Placidi, Giancarlo Antici Una mappa dimenticata dell’emissario del lago di Nemi, eseguita prima dei lavori del 1928 Un documento ritrovato chiarisce svariati interrogativi SUMMARY. A forgotten map of the Emissary of lake Nemi, drafted before the 1928 works. A major difficulty in the study of the ancient emissary of lake Nemi is due to the fact that in 1928 the canal underwent extensive rearrangements under the direction of engineer Guido Ucelli, in order to permit the drainage of the lake for the retrieval of ‘Caligula’s ships’. In the absence of adequate documentation on the emissary before such works, useful information can be obtained from a map that was drafted in 1926 by an ad hoc ministerial commission and that has hitherto escaped the attention of scholars. Such a map is not exempt from glaring mistakes and approximations, but it provides valuable details on the dimensions of the ancient artefact, its practicability, the existence of shafts, the chronology of some tunnel fillings. L emissario del lago di Nemi (Lazio, Italia) è una delle più straordinarie opere dell’ingegneria antica che si possano ancora ammirare, percor- rendo per più di 1,6 km la galleria sotterranea scavata probabilmente intorno al V-IV secolo a.C.. Oltre allo stupore che si prova ad entrare dal lato del lago, all’interno del cratere che lo accoglie, per ri- trovarsi alla fine del percorso nel paesaggio totalmen- te diverso della valle di Ariccia, l’emissario offre una serie di stimolanti considerazioni agli studiosi, anche per il fatto di essere stato scavato da due squadre par- tite dalle opposte estremità. Uno dei problemi che complicano lo studio dell’an- tico emissario è legato ai lavori di ristrutturazione che furono eseguiti nel 1928 sotto la guida dell’ing. Guido Ucelli per permettere il passaggio delle acque del lago, che veniva svuotato per recuperare le ‘navi di Caligola’ adagiate sul fondo. È quindi importante raccogliere tutte le informa- zioni che possano aiutarci a conoscere lo stato dell’e- missario prima di tali lavori, nelle condizioni quanto più possibile prossime a quelle in cui lo lasciarono gli antichi costruttori. Viene qui presentato quello che può considerarsi il più antico rilievo del percorso interno, un documento che –forse perché anonimo– era sin qui sfuggito all’at- tenzione degli studiosi e che, malgrado grossolani er- rori e limitazioni, ci fornisce tuttavia la più probabile descrizione del manufatto nelle sue condizioni origi- narie.
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5ARCHEOLOGIA SOTTERRANEAn. 4 | aprile | 2011

di Donato Cioli, Marco Placidi, Giancarlo Antici

Una mappa dimenticata dell’emissario del lago di Nemi, eseguita prima dei

lavori del 1928Un documento ritrovato chiarisce svariati interrogativi

SUMMARY. A forgotten map of the Emissary of lake Nemi, drafted before the 1928 works. A major difficulty in the study of the ancient emissary of lake Nemi is due to the fact that in 1928 the canal underwent extensive rearrangements under the direction of engineer Guido Ucelli, in order to permit the drainage of the lake for the retrieval of ‘Caligula’s ships’. In the absence of adequate documentation on the emissary before such works, useful information can be obtained from a map that was drafted in 1926 by an ad hoc ministerial commission and that has hitherto escaped the attention of scholars. Such a map is not exempt from glaring mistakes and approximations, but it provides valuable details on the dimensions of the ancient artefact, its practicability, the existence of shafts, the chronology of some tunnel fillings.

Lemissario del lago di Nemi (Lazio, Italia) è una delle più straordinarie opere dell’ingegneria antica che si possano ancora ammirare, percor-rendo per più di 1,6 km la galleria sotterranea

scavata probabilmente intorno al V-IV secolo a.C..Oltre allo stupore che si prova ad entrare dal lato

del lago, all’interno del cratere che lo accoglie, per ri-trovarsi alla fine del percorso nel paesaggio totalmen-te diverso della valle di Ariccia, l’emissario offre una serie di stimolanti considerazioni agli studiosi, anche per il fatto di essere stato scavato da due squadre par-tite dalle opposte estremità.

Uno dei problemi che complicano lo studio dell’an-tico emissario è legato ai lavori di ristrutturazione che furono eseguiti nel 1928 sotto la guida dell’ing. Guido

Ucelli per permettere il passaggio delle acque del lago, che veniva svuotato per recuperare le ‘navi di Caligola’ adagiate sul fondo.

È quindi importante raccogliere tutte le informa-zioni che possano aiutarci a conoscere lo stato dell’e-missario prima di tali lavori, nelle condizioni quanto più possibile prossime a quelle in cui lo lasciarono gli antichi costruttori.

Viene qui presentato quello che può considerarsi il più antico rilievo del percorso interno, un documento che –forse perché anonimo– era sin qui sfuggito all’at-tenzione degli studiosi e che, malgrado grossolani er-rori e limitazioni, ci fornisce tuttavia la più probabile descrizione del manufatto nelle sue condizioni origi-narie.

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Le fonti letterarie

Un’accurata rassegna delle fonti letterarie sull’emis-sario è stata fatta da Castellani e collaboratori in un fon-damentale articolo apparso nel 20031, a cui si rimanda per ulteriori dettagli.

A parte una breve menzione fatta dal geografo Strabone2 (che non vede emissari del lago all’interno del cratere, ma li ritrova all’esterno), non abbiamo altre te-stimonianze per almeno 15 secoli, fino ad un’altrettanto breve menzione di Francesco De Marchi nel 1599. Alcuni autori tra il XVII e il XIX secolo (Kircher 1669, Eschinardi 1750, Lucidi 1796, Fea 1820) trattano –spesso in modo vago o contraddittorio– del lago di Nemi e dell’emissa-rio3, ma nessuna notizia dettagliata viene fornita sulla struttura interna dell’opera.

Venendo alle testimonianze del primo ‘900, convie-ne descriverle seguendo uno schematico riassunto delle vicende che si susseguirono nel tempo per il recupero delle ‘navi di Nemi’.

Nel 1895 l’antiquario Eliseo Borghi –su incarico del principe Corsini che si attribuiva la proprietà del lago– aveva compiuto l’ultimo di quegli sciagurati interventi che erano stati iniziati da Leon Battista Alberti già nel XV secolo, proseguiti poi dal De Marchi nel secolo suc-cessivo e dal Fusconi nel 1827, sempre col risultato di strappare dalle navi qualche prezioso pezzo che finiva poi disperso nelle sedi più disparate.

Alla fine dello stesso anno 1895, il Governo Italiano decide di vietare simili interventi e dà incarico all’ing. Vittorio Malfatti di redigere una relazione sullo stato delle navi e di preparare un programma per il loro re-cupero.

Il Malfatti produce un accurato rilievo del fondo del lago e descrive esattamente la posizione delle due navi, suggerendo la costruzione di un nuovo cunicolo verso la valle di Ariccia, ad un livello di 22 metri inferiore a quello dell’antico emissario, in modo da svuotare parzialmente il lago fino a mettere in secco le navi, una delle quali giaceva appunto a tale profondità4.

Negli anni successivi vari autori continuano a tener viva la discussione sul recupero delle navi: tra questi vanno ricordati il pittore e pubblicista Carlo Montani e il prof. Emilio Giuria che scrisse numerosi articoli ed opu-scoli e nel 1902 presentò al Re Vittorio Emanuele III una

memoria sulle navi romane con un progetto tecnico per il loro recupero5.

Nelle discussioni sul modo migliore per riportare alla luce le navi, l’antico emissario assume spesso un ruolo importante e il dibattito non manca di soffermarsi sul-le sue effettive condizioni e sul suo possibile ruolo nei progetti di svuotamento del lago. Al fascino dell’impre-sa contribuisce anche l’atmosfera vagamente misteriosa connessa all’idea che il cunicolo sia rimasto inviolato nei secoli e che nessuno lo abbia interamente percorso dal tempo degli antichi costruttori.

Nella sua memoria presentata al Re5, il Giuria sostie-ne la strampalata proposta di usare direttamente l’intero emissario come un sifone con cui svuotare il lago, attac-cando una specie di grande tubo che pescasse nell’ac-qua all’entrata dell’emissario, avviando meccanicamen-te l’enorme sistema e illudendosi di poter ottenere una tenuta perfetta malgrado i molteplici punti di ingresso dell’aria (pozzi, discenderia, porosità del terreno, ecc.).

Il Giuria afferma che il cunicolo è stato percorso in tutta la sua lunghezza da un non meglio identificato “procuratore del principe Orsini”, oltre che da un bizzar-ro personaggio, il cav. Pedercini, il quale “non esitò ad indossare il pretto costume adamitico e, munito d’una sola lanterna, percorse l’intero emissario”.

Lo stesso cav. Pedercini raccontava anche di avere scoperto un secondo emissario a Sud del lago, una sco-perta che non ha mai trovato alcuna conferma nelle nu-merose ricerche fatte successivamente.

I lavori sull’emissario

Come spesso succede, per un quarto di secolo alle molte chiacchiere non seguì alcuna azione concreta, fino al 1926 quando il ministro della Pubblica Istruzione incaricò una commissione presieduta dal sen. Corrado Ricci di esaminare ancora una volta la questione delle navi e di presentare una proposta tecnica definitiva per il recupero.

La commissione prese in esame tre diverse possibilità per lo svuotamento del lago: sollevamento meccanico delle acque fino al vecchio emissario, scavo di un nuo-vo cunicolo verso Ariccia, scavo di un nuovo cunicolo verso il lago di Albano (più basso di quello di Nemi di circa 32 m)6.

1. Castellani et al. 2003. 2. Strabone, circa 10 d.C. Geographika. V, 3, 12 (239-240).3. Si rimanda a Castellani et al. 2003 per una descrizione di queste testimonianze. Una bibliografia ancora più completa sulle navi di Nemi

(comprensiva anche degli articoli sui giornali) si trova in Mariani 1942.4. Malfatti 1896.5. Giuria 1902.6. Il ricupero 1927

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La prima soluzione fu scartata perché ritenuta la più costosa e si suggerì di scavare un nuovo cunicolo verso il lago di Albano perché l’esistenza di questo se-condo invaso avrebbe permesso maggiori possibilità di regolazione e uno svuotamento più rapido.

Allegata alla relazione c’era una mappa schemati-ca dell’emissario, che è l’oggetto di questa nota e sulla quale torneremo tra poco.

Tuttavia i suggerimenti della commissione Ricci non furono seguìti, poiché –poco dopo la pubblicazio-ne della relazione– un consorzio di industriali privati si offrì di svuotare il lago mediante sollevamento dell’ac-qua con elettropompe e scarico a valle attraverso l’an-tico emissario.

Tale impegno veniva sancito il 3 gennaio 1928 con un atto ufficiale tra il governo e gli industriali e si dava subito inizio ai preparativi per l’impresa.

Ma non era stata sciolta l’incognita sull’adeguatez-za dell’emissario a smaltire la portata d’acqua previ-sta, dato che ancora nessuno aveva percorso l’intero cunicolo da un’estremità all’altra e restavano circa 800 metri totalmente inesplorati. “Il 12 aprile [1928] final-mente il mistero multisecolare della galleria veniva violato e ne fu compiuto il percorso ad opera di due animosi, il signor Augusto Anzil della Ditta Riva e il si-gnor Mafaldo Corese di Genzano” (Fig. 1), come ebbe a scrivere l’ing. Biagini, uno dei principali tecnici alla direzione dell’opera7.

L’impresa dei “due animosi” (che erano partiti da Valle Ariccia verso il lago) e qualche preliminare lavoro di adattamento aprirono la strada ai tecnici e agli ingegneri i quali si resero conto ben presto che la galleria presentava molte parti franose e una sezione estremamente ristretta in alcuni punti, per cui erano necessari importanti lavori di risistemazione prima di poterla usare per lo svaso del lago.

La convenzione troppo affrettatamente stipulata il 3 gennaio 1928 viene allora sciolta e il 15 giugno dello stesso anno si dà vita ad un nuovo “Comitato Indu-striale per lo Scoprimento delle Navi Nemorensi” che si impegna ad iniziare lo svuotamento entro i quattro mesi successivi.

E’ proprio in questo periodo che vengono compiu-ti, sotto la direzione dell’ing. Guido Ucelli, i lavori di si-stemazione che tanto avrebbero alterato la fisionomia dell’antico manufatto.

Nelle parole dello stesso ing. Ucelli “Tutti i mez-zi della tecnica moderna sono impiegati: dagli argani

elettrici alle perforatrici pneumatiche, agli esplosivi. In quattro mesi d’intenso lavoro ininterrotto giorno e notte, un centinaio di operai specializzati, consolidata la camera d’imbocco e ripristinato l’antico pozzo in-clinato d’attacco, estrae enormi quantità di materiali provenienti da frane e da sedimentazioni; ricostitui-sce, ove necessario, il primitivo tracciato; raddoppia la sezione nella roccia basaltica; costruisce tratti in mu-ratura; rinsalda le pareti; cementa le zone erodibili”.

Terminati rapidamente i lavori, nell’ottobre 1928 aveva finalmente inizio lo svuotamento del lago attra-verso l’emissario e il recupero delle navi poteva essere realizzato nel corso degli anni successivi.

La mappa del 1927

Torniamo adesso alla mappa allegata al rapporto della Commissione Ricci, redatta verosimilmente nel corso del 1926 e stampata8 l’anno dopo, ben prima quindi che iniziassero i lavori di ristrutturazione dell’e-missario (Fig. 2). Va detto subito che la mappa viene presentata senza pretese di rigorosa esattezza9, visto che la planimetria viene definita “schematica” e una porzione stimata a 839 metri viene semplicemente in-dicata come “tratto non esplorato”.

7. Biagini 1928, p. 9.8. Il frontespizio della relazione non riporta alcun autore, ma contiene in calce l’indicazione: Libreria del Provveditorato Generale dello Stato.9. L’ing. Ucelli, nel suo libro del 1950, (nota 6, p. 55) scriverà a proposito dell’emissario: “Il manufatto fu pure oggetto di studio superficiale da parte

della Commissione ministeriale del 1926 [nostro corsivo]”.

Fig. 1. “I due animosi” (da Ucelli 1950).

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Si tratta della parte che va dalla fine dell’incile fino al 1° bypass10, la zona, cioè, in cui il cunicolo attraver-sa strati relativamente friabili di terreno che, con il passaggio delle acque, avevano dato luogo a rilevanti erosioni alla base del condotto e ad una serie di crolli delle pareti, come ben documentato nelle foto prese prima dei lavori (Fig. 3).

La stessa zona, inoltre, era stata oggetto di un an-

tico sottoscavo del pavimento e l’abbassamento aveva evidentemente favorito il ristagno delle acque e la for-mazione di tratti melmosi di difficile attraversamento.

Ed è questa la zona che aveva opposto le maggiori dif-ficoltà ai “due animosi” che “procedendo nell’acqua che in certi tratti sale fino al collo, strisciando carponi fra massi crollati, affondando nella melma, rischiando pericoli ad ogni passo, riuscirono a percorrerla intera-mente, sboccando sul lago”11.

La tavola allegata alla relazione Ricci, oltre alla “planimetria schematica”, presenta una serie di altre

informazioni: il profilo di 14 sezioni del condotto (ol-tre all’ingresso e all’uscita) con le relative dimensioni in altezza e larghezza; il profilo altimetrico del condotto

10. L’incile è l’imboccatura all’inizio di una canalizzazione idrica, in questo caso la parte immediatamente adiacente al lago di Nemi. I bypass sono delle deviazioni dal primitivo tracciato rettilineo, verosimilmente causate da ostruzioni o altri ostacoli. Per quanto riguarda la nomenclatura e l’identificazione delle varie strutture dell’emissario (incile, bypass, punto d’incontro, pozzi, ecc.), si rimanda comunque al lavoro di Castellani et al. 2003.

11. Ucelli 1950, p. 55

Fig. 2. Tavola allegata al rapporto della Commissione Ricci del 1927.

Fig. 3. Erosioni e ostruzioni nella galleria prima dei lavori (da Ucelli 1950).

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con l’indicazione dei due pozzi prossimi alle estremi-tà e un accenno al profilo della collina sovrastante; le quote sul livello del mare in 8 punti; le distanze parzia-li tra ognuna delle 14 sezioni del condotto; le distanze orizzontali progressive dall’ingresso all’uscita.

Già ad un primo sguardo, salta all’occhio l’anoma-

la tortuosità della planimetria, che può essere spiega-ta solo postulando una serie sorprendente di banali errori nella restituzione del rilievo.

Senza tener conto delle comprensibili imprecisioni nel tratto non esplorato, si possono individuare alme-no tre punti critici in cui si è mancato di riportare la corretta angolazione del condotto.

Nella Fig. 4 abbiamo cercato di correggere la pla-nimetria agendo esclusivamente sui tre punti indicati con freccette rosse e abbiamo così ottenuto un trac-ciato sostanzialmente accettabile rispetto alla realtà.

In questa operazione di ricostruzione ci siamo avvalsi delle quote di livello e delle distanze parziali e pro-gressive riportate sulla mappa per individuare la posi-zione di cruciali punti di riferimento: i due bypass e il punto d’incontro degli opposti fronti di scavo.

Dal momento che le distanze progressive sono evi-

dentemente inaffidabili per l’esistenza del tratto non esplorato, abbiamo scelto la congiunzione tra i due scavi come il punto di allineamento più chiaramen-te individuabile ed abbiamo confrontato le distanze ricavate dalla mappa con quelle misurate da Biagini (1928) e Ucelli (1950).

Dalla tab. 1 si può concludere che, escludendo il tratto iniziale non esplorato, la nostra ricostruzione è abbastanza affidabile se si tiene conto delle impreci-sioni connesse con l’incerta collocazione dei vari punti di riferimento (bypass, inizio e fine del condotto).

Distanza dalla congiunzione (m)

Quota relativa allo sbocco (m)

Biagini-UcelliCommissione

RicciBiagini-Ucelli

Commissione Ricci

Inizio 1°bypassInizio 2°bypassCongiunzione

Fine CongiunzionePozzo AricciaUscita Ariccia

-546-249

0+17+293+337

-525-265

0+27+280+349

10,817,025,431,781,080,00

8,407,005,461,00n.d.0,00

Fig. 4. Proposta di correzioni da apportare alla planimetria della Commissione Ricci del 1927.

Tab. 1. Raffronto tra le distanze lineari (in metri) e le quote relative ricava-te dalla planimetria del-la Commissione Ricci con quelle misurate da Biagini e Ucelli.

10 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA

Nuovi apporti dalla mappa del 1927

Il punto d’incontroIl contributo più importante fornito dalla mappa

allegata alla relazione della Commissione Ricci del 1927 sta nel definitivo chiarimento di un quesito che aveva causato non poche perplessità negli studi più re-centi sull’emissario.

Nel suo libro del 194012, Ucelli aveva pubblicato una foto, presa prima dei lavori, del punto d’incontro dei due fronti di scavo (qui riprodotta in Fig. 5) dalla quale si ricava l’impressione che esistesse solo una pic-colissima apertura nel diaframma che separava le due parti del condotto.

Castellani13 così commentava tale foto: “Questa preziosa documentazione del punto d’incontro prima che si procedesse all’allargamento con mine a dinami-te (Biagini14) può far sorgere dubbi sulla percorribilità del condotto da parte di singole persone”.

Tali dubbi sono stati ripresi più recentemente nel quadro di una ipotesi che, escludendo la possibilità di accesso dal versante di Ariccia, postulava l’esistenza di

altri pozzi o discenderie per spiegare come lo scavo del 1° bypass fosse potuto avvenire in direzione del lago15.

La nostra mappa, redatta ben prima dei lavori, scioglie ogni dubbio, in quanto riporta chiaramente la sezione del punto d’incontro (sez. 9 in Fig. 2), specifi-candone le dimensioni in 60 cm di larghezza e 180 di altezza16; dimensioni certo anguste, secondo la defini-zione di Biagini17, ma non tali da impedire il passaggio di una persona.

D’altra parte la ben documentata impresa dei due animosi –e forse di altri– prima dell’inizio dei lavori aggiunge ulteriore evidenza alla percorribilità dell’in-tero emissario. Un riesame della foto di Ucelli (Fig. 5) mostra, col senno del poi, che la parte superiore dell’a-pertura non è in realtà visibile, ma è nascosta da una specie di cortina di pietra che sembra sovrapporsi sul davanti.

Numero dei pozziUn’ulteriore utile informazione fornita dalla nostra

mappa sta nel fatto che nella tavola della commissione Ricci sono disegnati solo i due pozzi vicini alle estremi-tà del condotto e che sono ancora oggi rilevabili.

Ciò aggiunge un elemento di evidenza negativa ad una vecchia questione sollevata dalla confusione che esiste in letteratura riguardo all’enumerazione dei pozzi degli emissari.

Il Giuria (1902) riporta ben 72 pozzi verticali per l’emissario di Albano e il Tomassetti (1920) dice che l’e-missario di Nemi “è arieggiato da 8 aperture”18.La stessa pubblicazione di Ucelli del 1950 desta qual-che perplessità, quando dice genericamente “vi sono vari pozzi verticali per l’aerazione e servizi, come in altre opere romane del genere [nostro corsivo]” e quando riproduce senza commenti nella sua Fig. 39 (nostra Fig. 6) il “Plastico costruito per la mostra della romanità, attualmente al museo di Roma sez. antica“ dove spiccano, oltre ai due pozzi delle estremità, altri due cospicui pozzi verticali che sembrano collocarsi, ri-spettivamente, all’inizio del primo bypass e alla fine del secondo19.

Anche nella pubblicazione del 1942, Ucelli sostiene che “lungo il percorso sono opportunamente distribui-

12. Ristampato con poche modifiche nel 1950: Ucelli 1950, p. 5013. Castellani et al. 2003, p. 2414. Biagini 1928, p. 1415. Placidi 2010, p. 516. La misura di 60 x180 cm pare addirittura eccessiva se confrontata con quella attuale (Tab. 2). Da notare comunque che, in aggiunta all’imprecisione

di tutta la mappa, le dimensioni delle sezioni sembrano ancora più approssimative, visto che sono arrotondate per lo più alla decina di centimetri, in contrasto con l’ostinato arrotondamento al centimetro di molte altre misure.

17. “tratto irregolarissimo ed angusto”, Biagini 1928, p. 1418. Tomassetti 1920, p. 26319. In realtà, osservando con attenzione il profilo altimetrico riportato da Ucelli 1950, si notano due accenni di stretti prolungamenti verticali del

soffitto alla fine del primo e del secondo bypass. È possibile che queste formazioni abbiano lasciato sospettare l’esistenza di veri e propri pozzi.

Fig. 5. Il punto di incontro nella foto Ucelli.

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ti vari pozzi verticali di aerazione”20.Lo stesso Castellani21, pur scettico a causa della no-

tevole profondità che simili pozzi avrebbero dovuto avere, aggiungeva: “può restare il dubbio che la base di tali pozzi sia rimasta obliterata dai lavori di conso-lidamento eseguiti nel 1928. In corrispondenza del 1° bypass esiste oggi una moderna galleria il cui rivesti-mento potrebbe nascondere lo sbocco di un pozzo. L’esauriente esplorazione dei condotti in prossimità del 2° bypass porta peraltro ad escludere in maniera categorica l’esistenza di un qualsiasi pozzo”.

Il pozzo in valle AricciaAltro elemento di interesse della nostra mappa è

costituito dalla chiara presenza, nel profilo verticale, del pozzo vicino all’uscita, pozzo che sembra prolun-garsi fino al livello del terreno della collina soprastan-te.

Assumendo che il disegno sia stato fatto in scala rispetto alle dimensioni reali e che il profilo della col-lina rispetti la reale inclinazione del terreno, si ottiene un’altezza di circa 11 m dal pavimento del condotto fino allo sbocco in superficie.

Dal momento che la distanza attualmente misura-

bile tra il pavimento del condotto e la tamponatura superiore del pozzo è di 10 m, si può prevedere che una disostruzione di circa un metro dovrebbe portare ad uno sbocco del pozzo all’esterno, salvo possibili ac-cumuli di terreno in superficie.

Il profilo della galleriaLe dimensioni di varie sezioni riportate nella map-

pa del 1927 (limitatamente a quelle che sono chiara-mente identificabili nel condotto attuale), permetto-no qualche altra considerazione sull’effettiva entità dei lavori del 1928.

Sempre basandoci sulle distanze lineari tra il pun-to d’incontro e i punti in cui sono state riportate le varie sezioni, abbiamo confrontato in Tab. 2 i dati at-tualmente misurabili (risultato dei lavori del 1928) con quelli riportati sulla mappa (probabilmente risultato del lavoro degli antichi costruttori).

Mentre si può riscontrare un’ottima concordanza per quanto riguarda le distanze lineari (ciò che confer-ma l’aggiornamento della mappa da noi proposto in Fig. 4), esistono variazioni più accentuate per quanto riguarda le dimensioni delle sezioni.

La maggior parte di tali discrepanze sono ovvia-

N° della sezione

nella mappa 1927

Distanza dal punto d’incontro (m)

Dimensioni sezione (cm)(l x h)

Mappa 1927 Nostri dati Mappa 1927 Nostri dati

7891011121314

-265-150

+27+187+230+253+280

-262,06-15,38

0+24,58+190,85+237,35+253,55+278,15

40x17590x18060x18070x18545x147110x120150x120200x80

109x201100x17057x16060x15464x182161x19698x177109x226

20. Ucelli 1942, p. 21321. Castellani 1998, p. 65

Fig. 6. Il plastico riportato da Ucelli con due pozzi nel tratto centrale (da Ucelli 1950).

Tab. 2. Raffronto tra le sezioni ricavate dalla planimetria della Com-missione Ricci con quelle attualmente esistenti.

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mente da attribuire ai lavori di ampliamento eseguiti da Ucelli, ma per alcune sezioni le dimensioni attuali risultano inferiori a quelle misurate nel 1927.

Queste ultime discrepanze sono probabilmente dovute in parte alla generale approssimazione della mappa che stiamo esaminando e in parte alla obietti-va difficoltà di individuare esattamente il punto in cui le misurazioni sono state effettuate.

Il 1° bypassUn quesito legittimo a proposito del 1° bypass è se

prima dei lavori di Ucelli l’acqua scorresse nel condot-to principale rettilineo oppure nella deviazione.Una soluzione in termini tentativi viene data da Ca-stellani et al. 2003 suggerendo che “l’acqua passasse attraverso la deviazione”, sulla base della descrizione dei lavori fatta da Biagini22.Nella nostra mappa del 1927, la presenza di varie tor-

tuosità in corrispondenza del 1° bypass e soprattutto la presenza della prima accentuata angolazione che abbiamo proposto di correggere in Fig. 4, dimostra-no che, prima dei lavori, il condotto non era affatto rettilineo in questa zona e permettono di concludere definitivamente che solo la deviazione era aperta allo scorrimento dell’acqua e al passaggio delle persone, come ipotizzato da Castellani et al. 2003.

Questa conclusione, del resto, trova conferma sia nella planimetria di Biagini (dove il condotto rettili-neo è del tutto assente), sia nella planimetria di Ucelli (dove il condotto rettilineo viene indicato solo a trat-teggio).

Sembra di poter concludere per una delle due al-ternative seguenti: o chi aveva rimosso l’ultima ostru-zione e ripristinato il canale rettilineo aveva anche con lungimiranza lasciato aperto il bypass (che sarebbe poi rimasto l’unico a funzionare a seguito di un ulteriore

22. Biagini 1928, p. 12: “È stato necessario di eliminare questa strozzatura che rendeva impossibile il passaggio da monte a valle dei materiali e dei mezzi d’opera occorrenti per i diversi lavori, e ciò mediante lo sgombero del materiale di frana ed il ripristino del tracciato originale”.

Fig. 7. Andamento schematico dei condotti al 2° bypass. L’ipotesi 1 presuppone che prima dei lavori l’acqua scor-resse nel primitivo tracciato lineare dell’emissario e l’intero bypass fosse inattivo. L’ipotesi 2 assume che il tratto curvilineo fosse funzionante prima dei lavori del 1928 e sia stato riempito durante gli stessi lavori. L’ipotesi 3, al contrario, presuppone che l’acqua scorresse nel tratto rettilineo già prima del 1928 e che la curva sia stata riem-pita in epoca antica. L’andamento previsto nell’ipotesi 3 appare il più somigliante al tracciato raddrizzato della Commissione Ricci (in alto nella figura) nella zona del 2° bypass.

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crollo); oppure la riparazione dell’ostruzione è avvenu-ta in epoca tarda, quando non esistevano più maestran-ze specializzate, come sembra suggerire la rozza fattu-ra del cunicolo alternativo e il negligente abbandono del canale principale.

Il 2° bypassUn altro dettaglio su cui la mappa che stiamo esa-

minando porta il suo contributo si riferisce ad un inter-rogativo già sollevato da Castellani circa la natura del riempimento attualmente presente nella curva esterna (‘ad uncino’) del 2° bypass23. Ci si chiedeva, cioè, se tale riempimento fosse di epoca antica (consistesse cioè in materiale di risulta dallo scavo stesso) oppure fosse sta-to accumulato durante i lavori del 1928. In altri termi-ni, ci si chiedeva se l’acqua –prima dei lavori– scorresse nella curva ‘ad uncino’ attualmente ostruita (ipotesi 2 in Fig. 7) oppure nel tratto rettilineo a tutt’oggi in fun-zione (ipotesi 3 in Fig. 7).Ci si poteva anche chiedere se

l’intero bypass fosse attivo prima dei lavori, se cioè fos-se stata una scelta di Ucelli l’abbandono del primitivo tracciato lineare del condotto (ipotesi 1 in Fig. 4). Dal momento che la forma generale del 2° bypass riporta-ta nella planimetria raddrizzata di Fig. 4 è molto più simile alla forma prevista dall’ipotesi 3, se ne può con-cludere che l’acqua –già prima dei lavori– scorreva nel tratto rettilineo. Ciò si accorda, del resto, con l’eviden-za ottenuta dallo stesso Castellani mediante datazio-ne al 14C di residui carboniosi presenti nel riempimento e che sono risultati di epoca antica (1950 anni fa)24.

Pur tenendo ben presenti i limiti di precisione e di affidabilità della mappa che abbiamo preso in esame, è possibile che – oltre ai punti qui considerati– altre utili informazioni possano essere ottenute analizzan-do in dettaglio altre questioni che possano di volta in volta presentarsi circa lo stato dell’emissario prima dei lavori.

23. Castellani 2003, p. 7324. Castellani 2003, p. 73

14 ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA

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