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Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia? in Luciani F., Maratini...

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5 – Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente – Università Ca’ Foscari Venezia TEMPORALIA ITINERARI NEL TEMPO E SUL TEMPO Contributi della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche Indirizzo in Storia antica e Archeologia a cura di FRANCO LUCIANI, CHIARA MARATINI, ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria Padova 2009
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5 – Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente – Università Ca’ Foscari Venezia

TEMPORALIA ITINERARI NEL TEMPO E SUL TEMPO

Contributi della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche Indirizzo in Storia antica e Archeologia

a cura di FRANCO LUCIANI, CHIARA MARATINI, ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU

–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria

Padova 2009

Il volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente

Università Ca’ Foscari Venezia

© S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria

Via Induno 18b I-35134 Padova [email protected]

I edizione Padova, Dicembre 2009 Proprietà letteraria riservata

ISBN 978-88-95672-06-9 4227-204540

DISTRIBUZIONE HERDER Editrice e Libreria, Piazza Montecitorio 117-120, 00186 Roma

http://www.herder.it

CASALINI Libri S.p.A. Via B. da Maiano 3 50014 FIESOLE - Firenze http://www.casalini.it

Stampa a cura di Centro Copia Stecchini

Via S. Sofia 58 I-35100 Padova

Tel. 049-8752328

INDICE

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU Presentazione .................................................................................................................p. I SIGLE E ABBREVIAZIONI ..............................................................................................p. III NICLA DE ZORZI La scansione del tempo nelle lettere di Mari: usi retorici e prassi amministrativa ......p. 1 JULIE PATRIER Temps et alimentation au Proche-Orient ancien: conservation et stockage des denrées alimentaires ............................................................................................p. 41 ALESSANDRA BARCARO Augusto e i Fasti Praenestini: il tempo del princeps .................................................p. 71 ALBERTO ELLERO Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia?.................p. 95 FRANCO LUCIANI Ultimi minuti di vita: le suddivisioni dell’hora nelle epigrafi funerarie latine ........p. 121 CHIARA MARATINI Pulvis et umbra: richiami al memento mori (I a.C. - I d.C.).....................................p. 145 FRANCESCA RAPONE I mercati periodici nell’Alto Medioevo....................................................................p. 169 MARGHERITA FERRI Nature morte: considerazioni sulla vita degli oggetti ceramici ................................p. 179

PRESENTAZIONE

Annapaola Zaccaria Ruggiu

Il Volume Temporalia, inserito nella serie dei Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente, rappresenta un contributo della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche dell’Università di Venezia e in particolare di quel settore della Scuola costituito dal Dottorato in Storia Antica e Archeologia, Storia dell’arte.

Per la verità si tratta non del primo, ma del secondo Contributo del nostro Dottorato, preceduto infatti dalla pubblicazione avvenuta nel 2007 sul tema del banchetto nel mondo antico dal titolo Alimentazione e Banchetto. Forme e valori della commensalità dalla preistoria alla tarda antichità, a cura di R. Bortolin e di A. Pistellato, edito dall’Ateneo di Venezia. Le due pubblicazioni hanno un grande significato per il Dottorato, testimonianza del dinamismo e della pluralità di formazione di questo, e prova tangibile delle capacità degli allievi di misurarsi con l’esterno.

La decisione del collegio dei docenti di affrontare ad ogni ciclo un argomento particolare che coinvolgesse dottorandi, docenti e specialisti esterni al dottorato intorno a temi di carattere interdisciplinare, ha dato finora buoni risultati, costituendo il motore di altre indagini scientifiche, che ampliano e arricchiscono la formazione degli studenti che si sono confrontati con un tema differente rispetto al personale progetto di ricerca.

Si scrive e si parla molto del carattere multidisciplinare del Dottorato, della oppor-tunità di aprire la ricerca a interessi diversi e correlati tra loro, a studiosi ed allievi stranieri, a discussioni critiche che costituiscano occasioni di dibattiti autenticamente interdisciplinari, di aperture verso nuovi orizzonti, più consapevoli della necessità per la ricerca di misurarsi con altre aree scientifiche che si presumono di solito troppo distanti e lontane, che smuovano anche le nostre abitudini e consuetudini scientifiche per promuovere negli allievi interessi, curiosità, rapporti di scambio culturale anche nei confronti di settori disciplinari diversi.

Questo libro sul Tempo – composto da contributi prodotti esclusivamente dai dottorandi e dai dottorandi in cotutela, come il precedente – raccoglie articoli che spa-ziano dalla concezione del tempo in Mesopotamia attraverso una lettura delle lettere di Mari (Nicla De Zorzi, La scansione del tempo nelle lettere di Mari: usi retorici e prassi amministrativa) e dalla scansione dei tempi dell’alimentazione e dello stoccaggio delle merci nel Vicino Oriente (Julie Patrier, Temps et alimentation au Proche-Orient ancien: conservation et stockage des denrées alimentaires), alla periodizzazione dei mercati nell’Altomedioevo (Francesca Rapone, I mercati periodici nell’Alto Medioevo), alla durata di vita degli oggetti ceramici nel Medioevo (Margherita Ferri, Nature morte:

Annapaola Zaccaria Ruggiu

II

considerazioni sulla vita degli oggetti). Nel mezzo, tra queste “parentesi” cronologiche estreme, si collocano gli altri articoli che si inseriscono tutti nell’età romana. Si tratta degli interventi di Alessandra Barcaro sul ruolo politico dell’uso del calendario (Augusto e i Fasti Praenestini), di Alberto Ellero sui sistemi di datazione di tipo epigrafico e dei sistemi locali di conteggio delle ère con tutte le varianti locali che davano frequentemente adito a indicazioni cronologiche equivoche (Sulle ere locali e collegiali; due magistratus eponimi a Julia Concordia), di Franco Luciani che esplora le iscrizioni funerarie che riportano la data di morte con estrema esattezza comprendente anche l’ora che tiene conto delle frazioni di tempo più piccole, come la mezz’ora e l’oncia e un dodicesimo dell’ora attestate prevalentemente su epigrafi funerarie di bambini, per i quali la registrazione puntigliosa del tempo trascorso in vita poteva rappresentare la fugacità stessa del tempo e della vita umana e sottolineava così il rimpianto per la persona cara scomparsa (Ultimi minuti di vita: le suddivisioni dell’hora nelle epigrafi funerarie latine). Sul tema della fugacità dell’esistenza si sofferma anche Chiara Maratini nell’articolo che chiude il volume (Pulvis et umbra: richiami al memento mori (I a.C.-I d.C.). L’autrice, nell’esaminare gemme, ceramiche e mosaici che rappresentano scheletri, teschi, scheletri a banchetto, anche in formulazioni parodistiche, inserisce questi oggetti nel quadro delle produzioni connesse con la speculazione stoica ed epicurea.

Questo volume miscellaneo ci presenta un panorama molto vario di studi sul tempo: durata di vita di uomini e cose, tempi del lavoro dell’uomo, calcoli e strumenti per misurare il passare del tempo, fugacità del tempo e riflessioni teoriche sullo scorrere ineluttabile di questo. Alla fine rimane il senso dell’inafferrabilità del concetto di tempo, malgrado i tentativi di coglierlo nei momenti opportuni, di misurarlo, di rinchiuderlo in un sistema ordinato che ci permetta di organizzare la vita, il lavoro, le relazioni umane. Quanto più lo si indaga in profondità tanto più ci sfugge e ne emergono le complessità e le contraddizioni, le percezioni diverse elaborate secondo culture, epoche, civiltà differenti.

Annapaola Zaccaria Ruggiu Coordinatore del Dottorato in Storia antica e Archeologia, Storia dell’Arte

Università degli Studi Ca’ Foscari, Venezia

Venezia 27-11-2009

SIGLE E ABBREVIAZIONI*

AbB Altbabylonische Briefe in Umschrift und Übersetzung, Leiden 1964- AbB VI R. FRANKENA, Briefe aus dem Berliner Museum, Leiden 1974 AE L’Année Èpigraphique, Paris 1888- AG A. FÜRTWANGLER, Die antiken Gemmen, Berlin 1900 AGD Antiken Gemmen in Deutschen Sammlungen, München 1970- AGD I E. SCHMIDT (Hrsg.), Antiken Gemmen in Deutschen Sammlungen, BAND I

Teil 2, Staatliche Münzsammlung München, München 1970 AGD II E. ZWIERLEIN-DIEHL (Hrsg.), Antiken Gemmen in Deutschen Sammlungen,

BAND II, Staatliche Museen Preuβischer Kulturbesitz, Antiken-abteilung Berlin, München 1970

AGD IV P. ZAZOFF (Hrsg.), Antiken Gemmen in Deutschen Sammlungen, BAND IV, Hannover Kestner-Museum, Hamburg Museum fur Künst und Gewerbe, Wiesbaden 1975

AHw W. VON SODEN, Akkadisches Handwörterbuch, Wiesbaden 1959-1981 ARM Archives Royales de Mari. Planches, Paris 1946- ARM I G. DOSSIN, Archives Royales de Mari I: Lettres, Paris 1946 ARM IX M. BIROT, Textes administratifs de la Salle 5 du Palais, Paris 1960 ARM X G. DOSSIN, Archives Royales de Mari X: La correspondence feminine, Paris

1967 ARM XXI J.-M. DURAND, Textes administratifs des salles 134 et 160 du palais de Mari,

Paris 1983 ARMT Archives Royales de Mari, Paris 1950- ARMT I G. DOSSIN, Correspondance de &am^i-Addu, Paris 1950 ARMT II C.-F. JEAN, Lettres diverses, Paris 1950 ARMT III J.-R. KUPPER, Correspondance de Kibri-Dagan, Paris 1950 ARMT IV G. DOSSIN, Correspondance de &am^i-Addu, Paris 1951 ARMT V G. DOSSIN, Correspondance de Yasma~-Addu, Paris 1952 ARMT VI J.-R. KUPPER, Correspondance de Ba~di-Lim, Paris 1954 ARMT X G. DOSSIN, La correspondance féminine, Paris 1978 ARMT XI M. BURKE, Textes administratifs de la salle 111 du palais, Paris 1963 ARMT XII M. BIROT, Textes administratifs de la Salle 5 du Palais, 2e partie, Paris 1964 ARMT XIII G. DOSSIN – J. BOTTERO – M. BIROT – M. L. BURKE – J.-R. KUPPER – A.

FINET, Textes divers offerts à André Parrot à l’occasion du XXXe anniversaire de la découverte de Mari, Paris 1964

ARMT XIV M. BIROT, Lettres de Yaqqim-Addu, gouverneur de Sagarâtum, Paris 1974 ARMT XVIII O. ROUAULT, Mukanni^um: l’administation et l’économie palatiales à Mari,

Paris 1977 ARMT XXI J.-M. DURAND, Textes administratifs des salles 134 et 160 du palais de Mari

transcrits, traduits et commentés, Paris 1983 ARMT XXIII G. BARDET, Archives administratives de Mari I, Paris 1984 ARMT XXVI/1 J.-M. DURAND, Archives épistolaires de Mari I/1, Paris 1988 ARMT XXVI/2 D. CHARPIN – F. JOANNES – S. LACKENBACHER – B. LAFONT, Archives

épistolaires de Mari I/2, Paris 1988 ARMT XXVII M. BIROT, Correspondance des gouverneurs de Qa\\unân, Paris 1993 ARMT XXVIII J.-R. KUPPER, Lettres royales du temps de Zimri-Lim, Paris 1998

* Le riviste citate all’interno dei contributi sono abbreviate secondo l’Archäologische Bibliographie.

Sigle e abbreviazioni

IV

ASV Archivio di Stato di Venezia CAD The Assyrian Dictionary of the University of Chicago, Chicago 1956- CCT Cuneiform Texts from Cappadocian Tablets in the British Museum, London

1921- CCT 3 Cuneiform Texts from Cappadocian Tablets in the British Museum, 3,

London 1931 CCT 5 Cuneiform Texts from Cappadocian Tablets in the British Museum, 5,

London 1956 CFA J. SCHEID, Commentarii Fratrum Arvalium qui supersunt. Les copies

épigraphiques des protocoles annuels de la confrérie Arvale (21 av.-304 ap. J.C.), Roma 1998

Chronica Permensia L. BARBIERI, Chronica Permensia seculo XI ad exitum seculi XIV, Parma 1858

CIL Corpus Inscriptionum Latinarum, consilio et auctoritate Academiae litterarum regiae Borussicae editum, Berolini 1863-

CIMRM M. J. VERMASEREN, Corpus Inscriptionum et Monumentorum Religionis Mithriacae, I-II, Den Haag 1956-1960

Codex diplomaticus langobardiae

G. PORRO LAMBERTENGHI, Codex diplomaticus Langobardiae, Torino 1873

Codice diplomatico del monastero di Bobbio

C. CIPOLLA – G. BUZZI (a cura di), Codice diplomatico del monastero di Bobbio fino all’anno MCCVIII, Roma, 1919

CT Cuneiform Texts from Babylonian Tablets in the British Museum, London 1896-

CT 41 Cuneiform Texts from Babylonian Tablets in the British Museum, 38-41, London 1925

DA C. DAREMBERG – E. SAGLIO (édd.), Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, Paris 1877-1919

DE Dizionario Epigrafico di Antichità Romane, Roma 1895- DKP W. SONTHEIMER – K. ZIEGLER (Hrsgg.), Der kleine Pauly. Lexikon der

Grundlage von Pauly’s Realencyclopädie der klassischen Altertumswissenschaft unter Mitwirkung zahlreicher Fachgelehrter, Stuttgart 1964-1975

DNP H. CANCIK – H. SCHNEIDER (Hrsgg.), Der neue Pauly. Encyclopädie der Antike, Stuttgart-Weimar 1996-2003

FM Florilegium Marianum, Paris 1992- FM I J.-M. DURAND (éd.), Florilegium Marianum I. Recueil d’études en l’honneur

de Michel Fleury, Paris 1992 FM II D. CHARPIN – J.-M. DURAND (édd.), Florilegium marianum II. Recueil

d’Etudes à la Mémoire de Maurice Birot, Paris 1994 FM III D. CHARPIN – J.-M. DURAND (édd.), Florilegium Marianum III. Recueil

d’Etudes à la Mémoire de Marie-Thérèse Barrelet, Paris 1997 FM V D. CHARPIN – N. ZIEGLER, Florilegium Marianum V. Mari et le Proche-

Orient à l’époque amorrite. Essai d’histoire politique, Paris 2003 FM VI D. CHARPIN – J.-M. DURAND (édd.), Florilegium Marianum VI. Recueil

d’études à la mémoire d’André Parrot, a cura di Paris 2002 FM VII J.-M. DURAND, Florilegium Marianum VII. Le Culte du Dieu de l’Orage

d’Alep et l’affaire d’Alahtum, Paris 2002 FM VIII J.-M. DURAND, Florilegium Marianum VIII. Le Culte des pierre set le

monuments commémoratifs en Syrie amorrite, Paris 2005 Hep Hispania Epigraphica, Madrid 1989-

Sigle e abbreviazioni

V

I diplomi di Berengario I

L. SCHIPARELLI (a cura di), I diplomi di Berengario I, Roma 1903

IAM Inscriptions antiques du Maroc 2. Inscriptions latines, Paris 1982 ICUR I. B. DE ROSSI, Inscriptiones Christianae urbis Romae septimo saeculo

antiquiores, Romae 1857-1915 ILAlg Inscriptions latines d’Algérie, Paris 1922- ILCV E. DIEHL (cur.), Inscriptiones latinae christianae veteres, I-III, Dublin -

Zürich 19703; J. MOREAU – H.I. MARROU (curr.), IV, Supplementum, Dublin - Zürich 1967

ILJug. A. ŠAŠEL – J. ŠAŠEL, Inscriptiones Latinae quae in Jugoslavia inter annos MCMLX et MCMLXX repertae et editae sunt, Ljubljana 1978

ILLRP A. DEGRASSI (cur.), Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae, Firenze 1957-1963

ILMN G. CAMODECA – H. SOLIN (a cura di), Catalogo delle iscrizioni latine del Museo Nazionale di Napoli, I. Roma e Latium, Napoli 2000

ILS H. DESSAU, Inscriptiones Latinae Selectae, Berolini 1892-1916 ILTun Inscriptions Latines de la Tunisie, Paris 1944 IMC K. KORHONEN, Le iscrizioni del museo civico di Catania, Helsinki 2004 InscrAq G. B. BRUSIN, Inscriptiones Aquileiae, Udine 1991 InscrIt Inscriptiones Italiae, Roma 1931- IRL F. ARIAS VILAS – P. Le ROUX – A. TRANOY, Inscriptions romaines de la

province de Lugo, Paris 1979 LexTL E. FORCELLINI – G. FURLANETTO – F. CORRADINI – G. PERIN, Lexicon Totius

Latinitatis, Patavii 1864-19264 Lex. Top. E.M. STEINBY (cur.), Lexicon Topographicum Urbis Romae, Roma 1993- MGH Monumenta Germaniae Historica, Hannover 1883- MGH 1883 A. BORETIUS (cur.), MGH, Legum sectio II, I, Capitularia regum francorum,

Hannover 1883 MGH 1897 A. BORETIUS (cur.), MGH, Legum sectio II, II, Capitularia regum francorum,

Hannover 1897 MGH 1900-1903 H. BRESSLAU (cur.), MGH, Diplomatum regum et imperatorum germaniae

III, Heinrici II et Arduini diplomata, Hannover 1900-1903 MGH 1903 A. DOPSCH (cur.), MGH, Diplomata Karolina, I, Pipini, Carlomanni, Caroli

Magni diplomata, Hannover 1903; H. BRESSLAU (cur.), II diplomata, Hannover - Leipzig 1903

MGH 1909 MGH, Diplomatum regum et imperatorum germaniae, II, Conradi Hannover-Leipzig 1909

MSR F. HULTSCH, Metrologicorum scriptorum reliquiae, I-II, Lipsiae 1864-66 OBTCB P. TALON, Old Babylonian Texts from Chagar Bazar, Akkadica

Supplementum X, Fondation Assyriologique Georges Dossin, Bruxelles 1997 OBTR S. DALLEY – C. B. F. WALKER – J. D. HAWKINKS, The Old Babylonian

Tablets from Tell al Rimah, The British School of Archaeology in Iraq, Hertford 1976

Pais E. PAIS, Corporis Inscriptionum Latinarum Supplementa Italica, Roma 1884 PPM I. BRAGANTINI – M. DE VOS – F. PARISE BADONI, Pitture e Mosaici in

Pompei, Repertorio fotografico dell’ICCD, Roma 1991-1993 RE A. PAULY – G. WISSOWA – W. KROLL (Hrsgg.), Real-Encyclopädie der

klassischen Altertumswissenwschaft, Stuttgart 1893-1978 RHP B. LÖRINCZ, Die römischen Hilfstruppen in Pannonien während der

Prinzipatszeit. I. Die Inschriften, Wien 2001

Sigle e abbreviazioni

VI

RICIS L. BRICAULT, Receuil des inscriptions concernant les cultes isiaques (RICIS), Paris 2005

Roberti Stephani ThLL

R. ESTIENNE, Roberti Stephani lexicographorum principis Thesaurus linguae latinae : in 4. tomus divisus, Basilae 1740-1743

SIRIS L. VIDMAN, Sylloge inscriptionum religionis Isiacae et Sarapiacae, Berlin 1969

SupplIt Supplementa Italica. Nuova serie, Roma 1981- ThLL Thesaurus Linguae Latinae, Leipzig 1900-

SULLE ÈRE LOCALI E COLLEGIALI: DUE MAGISTRATUS EPONIMI A IULIA CONCORDIA?*

Alberto Ellero

Racconta Tacito che nel 22 d.C. l’imperatore Tiberio inviò una lettera al Senato per sollecitare l’elezione del figlio Druso Minore a tribuno della plebe; la richiesta fu accolta con viva partecipazione dal consesso senatoriale che in cambio pensò di omaggiare la domus Augusta sia erigendo statue dei principes, altari in onore degli dei, templi, archi ed “altri soliti onori” sia proponendo, su iniziativa del consolare Marco Silano, la modificazione del sistema di datazione dei documenti pubblici e privati, per i quali non si sarebbe più utilizzata la consueta coppia consolare eponima ma si sarebbe fatto uso dei titolari della tribunicia potestas1. Di tale iniziativa avrebbe beneficiato nell’immediato lo stesso Druso Minore, il cui nome avrebbe così conosciuto un deciso incremento di pubblicizzazione nel medium epigrafico. In realtà, la proposta non trovò concreta applicazione, forse perché intrisa agli occhi dell’imperatore di un eccessivo servilismo, tale da gareggiare con la “foedissima adulatio” del “deridiculus” console Decimo Aterio Agrippa il quale voleva eternare le deliberazioni senatorie con lettere d’oro da affiggere nella curia; non si può escludere, inoltre, che il nuovo sistema fosse considerato di scarsa praticità d’uso, dato che in seguito, al momento della selezione dei tribuni eponimi, la scelta sarebbe caduta quasi certamente sull’unico vero detentore delle funzioni tribunizie dal 23 a.C., l’imperatore, la cui titolatura si sarebbe però rivelata eccessivamente estesa nella pratica scrittoria2.

Per quanto vagamente aneddotica, la notizia tacitiana ha però il merito di fornire una patente d’ufficialità al sistema di datazione consolare, tanto che la proposta di una sua

* Un particolare ringraziamento va alla Dott.ssa Elena Pettenò che ha accolto con favore e agevolato la

pubblicazione delle due laminette concordiesi qui analizzate. 1 Vd. Tac. ann. 3, 57, 1: “Praeceperant animis orationem patres; quo quaesitior adulatio fuit. Nec

tamen repertum nisi ut effigies principum, aras deum, templa et arcus aliaque solita censerent, nisi quod M. Silanus ex contumelia consulatus honorem principibus petivit dixitque pro sententia ut publicis privatisve monimentis ad memoriam temporum non consulum nomina praescriberentur sed eorum qui tribuniciam potestatem gererent”.

2 Sulla datazione per mezzo della tribunicia potestas si veda Francisco OLMOS 2001, 47; FRANCISCO OLMOS 2003, 49-57. Bisogna a questo proposito rilevare che se da un lato la tribunicia potestas dell’imperatore permette, come noto, di datare le iscrizioni di età imperiale e, in tale funzione, poteva essere intesa dal lettore antico, dall’altro essa non risulta essere stata adottata come sistema di datazione a sé stante. Cfr., comunque, SALOMIES 1995, 269, n. 2.

Alberto Ellero

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modifica era oggetto di discussione da parte dei senatori e doveva passare al vaglio dell’imperatore.

Benché non documentata con frequenza nei testi epigrafici3, la coppia consolare, espressa solitamente all’ablativo accanto a consulibus, talvolta al genitivo plurale con le forme anno consulum e consolatu, rappresenta il sistema di datazione più utilizzato del mondo romano.

Sotto il profilo pratico, appare evidente che la menzione dei consoli, ordinarii e talvolta suffecti4, garantiva un’immediata comprensione della data solo se fruita in un arco cronologico non troppo esteso rispetto al momento del rivestimento delle cariche. Al contrario, in caso di lettura eccessivamente differita dal punto di vista temporale, per un sicuro riconoscimento avrebbe necessitato dell’ausilio dei fasti consulares, le liste dei magistrati accessibili di solito pubblicamente, per mezzo delle lastre lapidee ubicate nelle aree forensi (stando a Livio, la prima esposizione urbana risalirebbe al 304 a.C. per opera dell’edile curule Cneo Flavio), o privatamente, attraverso i codicilli fastorum, che riproducevano i medesimi fasti su scala ridotta in modo da agevolarne una più rapida consultazione5.

Le modalità di diffusione epigrafica della coppia consolare testimoniano tuttavia di una decisa complessità d’interpretazione dei criteri che sottendono la volontà e l’occa-sionalità di esplicitazione dell’anno. Frutto talvolta di una scelta personale, come nel caso delle iscrizioni funerarie, essa rispondeva ad esigenze giuridiche, laddove si produceva la necessità di datare atti ufficiali (diplomi militari, tabulae patronatus o hospitales, leges, edicta, senatus consulta)6, controlli monetari e fiscali (è il caso dei consoli menzionati rispettivamente nelle tessere nummularie e nella sezione d dei tituli picti delle anfore Dressel 20)7, o documenti attestanti negotia privati, che certificavano rapporti interpersonali di natura economico-finanziaria (si vedano a tal proposito le tabulae cerate puteolane e pompeiane degli archivi dei Sulpicii e di Lucio Cecilio Giocondo)8. Inoltre, l’eponimia dei consoli veniva utilizzata anche in ambito produttivo e distributivo con finalità pratiche ed eterogenee, come opportunamente esemplificato dai graffiti con i nomi dei due magistrati in alcuni contenitori vinarî, destinati presu-

3 Per un’analisi generale della frequenza dei consoli eponimi nei repertori epigrafici lapidei vd.

SALOMIES 1995, 271. 4 Sulla datazione consolare in ambito epigrafico e sulle specifiche modalità di espressione (console

unico, serie onomastiche accorciate, utilizzo di consoli ordinarii e suffecti) si consultino, in particolare, DE RUGGIERO 1900, 701-712; ECK 1991, 15-44; SALOMIES 1993, 103-112 e SALOMIES 1995, 271-292. Per la Spagna vd., anche, ABASCAL 2002, part. 275-281.

5 Sulla prima pubblicazione dei fasti nell’area circa forum vd. Liv. 9, 46, 5. Di codicilli fastorum parla Tito Pomponio Attico, celebre amicus e corrispondente di Cicerone, in Cic. Att. 4, 8a, 2.

6 Per l’uso della coppia consolare in documenti ufficiali vd. ECK 1991, 18-33. 7 Sulle tessere nummularie vd. ANDREAU 1999, 80-89. Sulle modalità di espressione della coppia

consolare nei tituli picti delle anfore Dressel 20 e sui possibili sviluppi nell’epigrafia urbana vd. RODRÍGUEZ ALMEIDA 1998, 321-322.

8 Per la frequenza della datazione consolare nelle tabulae Sulpiciorum vd. CAMODECA 1999, part. 20, 289-291. Per le tavolette cerate dell’archivio di L. Cecilio Giocondo si rinvia all’edizione di riferimento curata da K. Zangemeister in CIL IV Suppl. I, part. pp. 418, 435-436 (vd. anche infra, n. 17).

Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia?

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mibilmente al conteggio degli anni di invecchiamento del vino trasportato9, o dai bolli sui laterizi, e più raramente sulle anfore e sulle fistule, forse finalizzati al controllo del ciclo di produzione o alla certificazione della qualità dei materiali10.

La coppia consolare, tuttavia, non rappresenta l’unica modalità di datazione in ambito epigrafico. È noto che l’erudito Varrone aveva individuato nel 753 a.C. l’anno di fondazione di Roma il quale era stato adottato come terminus per l’inizio dell’èra dell’Urbe nonché come parametro di riferimento basilare per la datazione, venendo utilizzato assai saltuariamente nella documentazione epigrafica, dove risulta introdotto dalle forme anno post Romam conditam e anno Urbis conditae, e con maggiore fre-quenza nella produzione storiografica e letteraria11.

Tuttavia, il conteggio degli anni doveva aver acquisito una dimensione prettamente fisica e visiva già nell’età antica, quando si diffuse l’usanza di affiggere con cadenza annuale, solitamente alle idi di settembre, un chiodo sul muro dell’edicola di Minerva, posta all’interno del tempio di Giove Capitolino. La tradizione, che dovette poi essere abbandonata tra la media e la tarda età repubblicana, fu in seguito recuperata nel corso del principato augusteo, quando il tempio di Marte Ultore divenne la nuova sede della cerimonia12.

Almeno a partire dalla tarda età repubblicana, però, a queste tipologie generali di datazione si affiancano diversi sistemi di computo degli anni che, mutando i parametri di riferimento e facendo coincidere l’anno iniziale per lo più con un atto fondativo o con un particolare evento, vengono applicati in un contesto geografico-politico maggior-mente ristretto (provincia, colonia, municipio, pagus, vicus, collegio), tanto da dar vita a delle vere e proprie ère ‘provinciali’, ‘locali’ e ‘collegiali’. In relazione a ciò, alla pari del mondo greco, pur con tutti i distinguo del caso, vengono ridefinite le magistrature eponime, le quali sono ora desunte dagli organi amministrativi e dalle strutture sociali, per quanto esse non raramente risultino fonte di potenziali equivoci interpretativi, data l’ambiguità d’impiego13.

Di certo, l’asimmetrica concentrazione di rinvenimenti epigrafici (nuclei più con-sistenti di iscrizioni provengono da un ridotto numero di città o regioni) non con- 9 Tra le iscrizioni consolari graffite su materiale anforario vd., ad esempio, CIL XV 4582 (36 d.C.),

edita con relativo commento e precedente bibliografia in TCHERNIA 1986, 132 e da inquadrare sulla base di ulteriori elementi testuali nel contesto di invecchiamento del vino contenuto; vd. anche BUCHI 2003, 140, che però interpreta la menzione della coppia consolare del 46 a.C. su un’anfora Lamboglia 2 nel quadro della commercializzazione del prodotto. Per altri esempi vd. NONNIS 1999, 75.

10 Sulla datazione consolare nei laterizi vd. MANACORDA 1993, 47-51 e MANACORDA 2000, 129-131. 11 Sulla cronografia del mondo greco-romano vd., tra gli altri, SUSINI 1976, 24-28 = 1997, 175-180 e

BICKERMANN 19802, 63-79; per la diffusione epigrafica dell’anno ab Urbe condita vd. DE RUGGIERO 1895, 487-488 e PANCIERA 2003, 188, n. 12.

12 Sulla pratica di affiggere un chiodo nella cella di Minerva, all’interno del tempio di Giove Capitolino vd. Liv. 7, 3, 5-9; per il recupero dell’usanza e per il suo trasferimento nel tempio di Marte Ultore vd. Dio 55, 10, 4.

13 Non sono qui oggetto di analisi le cosiddette ‘ère provinciali’ (definizione talvolta controversa, per l’uso ambiguo invalso nella critica), per le quali vd. KALETSCH 1975, coll. 1487-1489; LESCHHORN 1993; LESCHHORN 1996, coll. 192-196 e LAFFI 1996, part. 268-269. Sull’eponimia nel mondo greco (anche nella fase di romanizzazione) si veda lo studio condotto da Sherk e pubblicato in cinque parti nella ZPE tra il 1990 e il 1993 (rispettivamente nei nrr. 83, 84, 88, 93, 96 della rivista).

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tribuisce a comprendere le motivazioni dell’impiego di tali sistemi cronografici alterna-tivi. Sicuramente dovevano rispondere ad esigenze e sensibilità diverse in cui prevalente era l’elemento politico, da intendersi in linea generale nella duplice accezione sia di memoria dell’atto fondativo di una particolare struttura amministrativa (ad esempio, una provincia o una colonia) e della concessione di un determinato status giuridico ad una specifica comunità (ad esempio lo ius Latii, la municipalità), sia, proprio per la sua dimensione localistica, di espressione di un più o meno esplicito “orgoglio municipale”, figlio di una propensione autonomistica. Ad esso doveva sommarsi una più o meno velata volontà di recupero antiquario, testimoniato anche dalla non rara esistenza di un profondo solco temporale tra la documentazione tràdita rispetto al momento iniziale dell’èra14.

L’esempio cittadino più significativo, sia per la sua arcaicità sia perché esem-plificativo dell’esistenza e dell’uso di sistemi paralleli di datazione, è rappresentato dalla praescriptio della cosiddetta lex parieti faciundo di Puteoli. Giuntaci in una copia dell’età augustea, la legge risale al 105 a.C., data che nell’occasione viene espressa, oltre che dai due consoli in carica (Publius Rutilius e Cnaeus Mallius), dall’anno ab colonia condita (il 90°) e dalla coppia duovirale composta da Numerius Fufidius e Marcus Pullius15. Questi due ultimi sistemi di datazione locale conoscono un discreto impiego nel mondo romano: la coppia di duoviri (o, più raramente, quattuorviri gius-dicenti in qualità di eponimi) viene solitamente espressa sia nella forma anno duovirum/orum o duoviratu con il genitivo delle serie onomastiche dei magistrati in carica sia con quest’ultime e l’ablativo plurale duoviris (o quattuorviris), utilizzati a volte contestualmente alla coppia consolare, a volte in modo esclusivo16. L’impiego, peraltro, non risulta confinato a specifiche categorie documentarie e varia sotto il profilo tematico dalla produzione epigrafica sacrale ed onorifica ai negotia, come chiaramente 14 Sul valore politico delle ère, anche se specificatamente per l’Asia Minore e per le regioni settentrionali

del Mar Nero, si veda in generale l’opera di LESCHHORN 1993. Sulle implicazioni politiche vd., inoltre, TRAINA 1994, part. 90, 94 e GIARDINA 1997, part. 53-54.

15 Vd. CIL X 1781 = I2, 698, cfr. pp. 839, 936 = ILS 5317 = ILLRP 518. 16 Per la formula anno duovirorum vd., ad esempio, CIL X 451 = InscrIt III 1, 5 = AE 1989, 187, da

Eburum (Evoli), dove si ricorda l’erezione da parte del locale collegium dendrophorum di una statua in onore di Tito Flavio Silvano, che viene “…ded[ic]ata V Kal(endas) April(es) / [an]n[o duo]vir(orum) C(ai) Stlacci Va[- - -] / [- - - et] Cn(aei) Brinnii Steiani…”. Per la forma ablativale duoviratu vd., tra gli altri, AE 1972, 163 = GRANINO CECERE 1988, 169-170, nr. 35, da Trebula Suffenas, che fu “dedicata III Nonas Aug(ustas) / Q(uinto) Sossio Falconi (!) C(aio) Erucio Claro co(n)s(ulibus) / IIvir(atu) / Q(uinti) Fuficuleni Aproni{i}ani et / C(ai) Iuli Felicissimi”. Per l’intera formula ablativale plurale vd., a titolo esemplificativo, la dedica prenestina AE 1894, 129, che fu “dedicata XIIII K(alendas) Oct(obres) / Ti(berio) Claudio Attalo Mamiliano / T(ito) Salidio Sabino IIvir(is)”. Per analoghe espressioni dal territorio italico: AE 1984, 178 = GRANINO CECERE 1988, 166-168, nr. 33; CIL V 4201 = CIL V *429, 235 = ILS 4902 = InscrIt X 5, 7; CIL IX 4957; CIL IX 4970 = ILS 6559, cfr. p. 187; CIL IX 4972, cfr. p. 698; CIL IX 5363 = RHP 396 = ILS 2737; CIL IX 5365; CIL IX 5438 = ILS 5368 = AE 2001, 857 = CRISTOFORI 20042, 309-319; CIL X 6586; CIL XI 3780 = ILS 6580; CIL XI 3807 = ILS 6582b; CIL XIV 4148; CIL XIV 4091, 1 = CIL XV 2291. Per altri esempi dalle province: AE 1998, 777; CIL II 47 = ILS 6899; CIL II 2242 = CIL II2 7, 349; CIL II 5232 = ILS 6898; HEp 7, 589; CIL VIII 12377; ILJug II, 636 = AE 1964, 227 = AE 1966, 280 = AE 1989, 608; IAM 2, 1, 122. Cfr., in generale, SALOMIES 1995, 270, n. 4. Per le iscrizioni spagnole vd., più dettagliatamente, ABASCAL 2002, 283-286.

Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia?

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esemplificato in alcune tabulae pompeiane provenienti dall’archivio di Lucio Cecilio Giocondo dove, accanto alla data consolare finale dell’actum, era utilizzata la coppia duovirale eponima per esprimere l’anno di locazione di una fullonica17. Non si può escludere che la scelta del sistema eponimo coloniario trovasse qui motivazione proprio nella posizione di uno dei due soggetti coinvolti nell’operazione, cioè il servus pubblico Privatus, che agiva nell’occasione per conto dell’amministrazione della colonia.

La data di insediamento dei magistrati municipali o coloniari variava localmente anche se per lo più cadeva alle kalendae del primo e del settimo mese dell’anno solare (a titolo esemplificativo, si rammenta che ad Heraclea i magistrati entravano in carica il 1° gennaio mentre a Venosa ed a Pompei il 1° luglio), pur con qualche eccezione (ad Interamna Lirenas il 1° aprile)18. È pertanto evidente che l’anno magistratuale locale, pur prevedendo la medesima durata, non coincideva regolarmente con quello consolare, il cui inizio a partire dal 153 a.C. era stato ufficialmente fissato il 1° gennaio19.

Parallelamente, per la datazione locale, era utilizzato anche il sistema che adottava come riferimento temporale la fondazione coloniaria o municipale della città, soli-tamente espressa con le locuzioni anno coloniae/municipii o, più raramente, anno post [coloniam] conditam, seguite dal numerale. Esempi significativi sono noti sia in territorio provinciale, ad Augusta Emerita, in alcune dediche a Mitra e in diverse fistu-lae plumbee20, e nella dacica Apulum21, sia tra i confini della penisola, ad Interamna Nahars, in una dedica alla Salus Perpetua Augusta, alla Libertas Publica populi Romani ed al Genius municipi, facente più generalmente parte di un altare dedicato alla Provi-dentia di Tiberio22.

Alla luce dei risultati di un dibattito ormai più che decennale e nel novero delle modalità di espressione epigrafica delle ère locali, vanno inoltre ricordati alcuni docu-menti epigrafici nei quali compare, a fianco alla lettera N (spesso soprallineata), variamente sciolta con n(ostro anno), n(atali die) o più opportunamente con n(umerus), un indice numerico, di solito in evidente separazione dal testo principale. Fatta ecce-zione per alcune isolate attestazioni a Feltria (N 362), a Praeneste (N 20) e a Vicetia (N 295), il nucleo più consistente delle iscrizioni proviene da Patavium (complessivamente

17 Sulla presenza di entrambe le coppie, consolare e duovirale, vd. CIL IV Suppl. I, nrr. CXLI-CXLIV,

382-393 e il commento in ANDREAU 1974, 54-56. Relativamente all’eterogeneità della documentazione attestante magistrati locali in funzione eponima, va segnalato il pur problematico impiego nei laterizi, per il quale vd. MANACORDA 2000, 127-129, 132.

18 DEGRASSI 19592, 315 = 1971, 81. 19 PEDRONI 1998, 48. 20 Vd. AE 1915, 68; AE 1915, 96 = AE 1990, 515 = HEp 4, 167; AE 1919, 86; AE 1984, 492 = AE

2002, 684 = HEp 11, 56; ILS 9279 = AE 1905, 25 = AE 1905, 51 = AE 1915, 67 = AE 1956, 253 = CIMRM 1, 793; HEp 11, 52; HEp 11, 53.

21 Vd. CIL III 7805 = ILS 7145 = AE 1996, 1276: “…anno primo / [f]acti municipi(i)…”. 22 Vd. CIL XI 4170 = ILS 157 = AE 2000, 499 = ANDREANI – FORA 2002, 20-21, 48-49: “…anno post

Interamnam conditam DCCIIII…”; da notare che la parallela datazione consolare (“…ad Cn(aeum) Domitium / Ahenobarbum [L(ucium) Arruntium] / [Camillum Scribonianum] co(n)s(ules)…”) permette di ascrivere problematicamente al 673 a.C. l’ipotetico anno di fondazione della città. Sul contenuto dell’iscrizione vd. TRAINA 1994, 94; GIARDINA 1997, 54 e Bradley 2000, 13-15.

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undici epigrafi con numeri che variano da 225 a 428)23. Tuttora dibattuta dalla critica è la motivazione storico-politica, cui andrebbero associati, e pertanto ancorati cronologi-camente, i numeri espressi: da un lato si è propensi ad identificare nel 173 a.C. l’annus primus, motivandolo come conseguenza dell’intervento pacificatore del console Emilio Lepido nel corso dell’intestinum bellum precedentemente scoppiato a Patavium; dall’al-tro lato, valorizzando il nuovo status istituzionale, similmente a quanto già documentato con diverse modalità espressive in altri contesti geografici, si è individuato l’anno di inizio dell’èra locale o nell’89 a.C., in corrispondenza della concessione dello ius Latii alla popolazione cisalpina (lex Pompeia), o nel 49 a.C., quando le comunità transpadane avevano acquisito la piena cittadinanza e integrazione24.

Modalità alternative di datazione e di conteggio degli anni non risultano in realtà confinate unicamente ad organismi amministrativi cittadini dello stato romano e trovano larga diffusione anche in contesti comunitari di minore rilevanza nonché a livello collegiale25.

Un esempio piuttosto noto è rappresentato dai magistri vicorum di Roma che, nel quadro delle riforme di Augusto, amministravano le duecentosessantacinque circoscri-zioni minori nelle quali era stata ripartita la città con il compito di promuovere la figura dell’imperatore attraverso il culto dei Lares Augusti.

Come per i consoli e per le magistrature locali erano realizzate tavole di riferimento con i nomi dei magistrati in carica (varie copie dovevano essere conservate peraltro nei tabularia cittadini), anche per i magistri vicorum possediamo una copia di fasti (i cosiddetti fasti magistrorum vicorum)26 che rappresentano un unicum anche sotto il profilo contenutistico, dal momento che affiancano all’usuale suddivisione in dodici mesi del calendario romano, con le informazioni inerenti ogni singolo giorno estese su ambedue i lati, una duplice serie di liste di magistrati eponimi, più precisamente sul recto i consules ordinarî e suffecti alternatisi tra il 43 a.C., anno del primo consolato di Augusto, e il 3 d.C. e sul verso parziale registrazione dei nomi dei magistri succedutisi

23 Per il testo delle iscrizioni vd. AE 1908, 107 = ILS 9420 = AE 1947, 19 = LAZZARO 1989, 253-255 =

AE 1990, 396 = BASSIGNANO 2004, 251-252 (Feltria); CIL XIV 2974 = ILS 6250 = ABRAMENKO 1992, 156-157 (Praeneste); GHIOTTO 2005, coll. 177-188 (Vicetia) e per Patavium: CIL V 2787 = CIL V *429, 219 = ILS 5202 = AE 1994, 711; CIL V 2794; CIL V 2797 = SIRIS 621 = RICIS 2, 515/601; CIL V 2864 = CIL X *596 = ILS 5406; CIL V 2873; CIL V 2885; CIL V 2943 = AE 2003, 702 = AE 2003, 706; CIL V 3019; CIL V 3031 = CIL V *429, 231; GHISLANZONI 1926, 352; Pais 599 = ILS 5650.

24 Per le problematiche interpretative circa la formula N seguita da indice numerale si vedano, in particolare, SARTORI 1962-63, 61-73 = 1993, 163-174; SARTORI 1977-78, 217-222 = 1993, 176-180; HARRIS 1977, 283-293; LINDERSKI 1983, 227-232; PANCIERA 2003, 187-208 = 2006, 951-963; LIU 2007, 281-289; CRESCI MARRONE c.s.

25 Vd. Svet. Aug. 30,1; Plin. nat. 3, 66; Dio 55, 8, 5-7. 26 Sul compito spettante ai magistri vicorum (o vicomagistri) si veda CIL VI 10286, cfr. p. 3503 = CIL

VI 10287 = I2, cfr. pp. 68, 252 = InscrIt XIII 1, 20 = AE 1937, 62 = AE 1938, 66 = InscrIt XIII 2, 12, cfr. pp. 90-98: “…Imp(erator) Caesar August[us pontif(ex) maxim(us)] co(n)s(ul) XI, tribun(icia) potes[t(ate) X]VII / Lares Aug(ustos) mag(istris) vici dedit…”.

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nel vicus di provenienza dell’iscrizione a partire dal 7 a.C. fino al 21 d.C.27 I gruppi di magistri, introdotti dalla coppia consolare dell’anno, erano qualificati dal numero ordi-nale che ne evidenziava pertanto la scansione cronologica crescente su scala annuale (tale era la durata dell’incarico).

Una questione particolarmente controversa riguarda proprio il primo anno di insedia-mento dei magistri. Il 7 a.C., indicato dalla coppia consolare dei fasti dei vicomagistri, trova diverse conferme in ambito epigrafico e si giustificherebbe come momento finale di una riforma di gestazione pluriennale che, come suggerirebbero del resto le fonti letterarie28, sarebbe stata introdotta contemporaneamente per le magistrature dei vici urbani nonché, presumibilmente, anche per le circoscrizioni amministrative al di fuori dell’urbe29. In realtà, incrociando le notazioni cronologiche delle diverse iscrizioni menzionanti magistri vicorum, emerge in alcuni casi una non piena coincidenza sulla data fondativa, tanto che alcuni studiosi hanno ipotizzato una riorganizzazione graduale della magistratura, comunque circoscrivibile entro gli anni 12 e 6 a.C.30.

È certo che l’anno ‘vicano’ urbano non coincideva, almeno inizialmente, con quello ‘politico’ della riforma cesariana, dal momento che i magistri vicorum erano soliti en-trare in carica alle kalendae di agosto, giorno in cui si celebrava la presa di Alessandria da parte di Ottaviano e pertanto la definitiva sconfitta di Antonio31. Solo a partire dall’età di Tiberio l’incarico avrebbe avuto inizio il primo giorno di gennaio.

La quasi totalità delle iscrizioni dei magistri vicorum urbani afferisce all’ambito sacrale32: si tratta di dediche promosse in onore dei Lares Augusti nelle quali viene puntualmente esplicitato l’anno di carica dei magistri, secondo la modalità già attestata nei fasti (magistri primi, magistri secundi ecc.), seguito spesso dalle serie onomastiche dei medesimi nonché dall’esplicitazione del vicus e, meno frequentemente, della regio di appartenenza.

27 Proprio l’incompletezza della registrazione dei magistri vicorum, diminuendo la finalità prettamente

cronachistica del documento, spiegherebbe il significato essenzialmente propagandistico dei fasti. Cfr. RÜPKE 1998, 36-42.

28 Vd. Dio 55, 8, 7. 29 Così si dedurrebbe dall’iscrizione CIL X 924 = ILS 6381 che ricorda quattro schiavi ministri pagi

Augusti Felicis Suburbani, dell’agro di Pompei, che primi posierunt nell’anno del consolato di Tiberio Claudio Nerone (carica già rivestita precedentemente) e di Cneo Calpurnio Pisone (7 a.C.).

30 Sulle problematiche cronologiche delle ère dei magistri vicorum vd., in particolare, TARPIN 2002, 137-139; FRASCHETTI 20052, 239-242 e FRASCHETTI 2008, 158-162. Al 12 a.C. risalirebbe l’èra del vicus Iovis Fagutalis (CIL VI 452, con datazione consolare interna al 109 d.C., corrispondente al 121° anno dell’èra vicana), al 9 a.C. quella del vicus Honoris et Virtutis (CIL VI 449, datata per via consolare all’anno 83 d.C., corrispondente al 92° anno dell’èra vicana) e al 6/5 a.C. (tre iscrizioni pubblicate per la prima volta da MORETTI 1958, 231-234).

31 Magistri vici qui Kalendis Augustis primi inierunt è l’espressione che ricorre in almeno sei iscrizioni urbane. Si tratta di quattro dediche ai Lares Augusti (CIL VI 445, cfr. p. 3756 = ILS 3613; CIL VI 446, cfr. pp. 3005, 3756 = ILS 3612; CIL VI 447, cfr. pp. 3005, 3756 = ILS 3612a; PANCIERA 1987, 66); di una dedica a Mercurio Augusto (CIL VI 283, cfr. p. 3004 = AE 2004, 183) e di un’iscrizione piuttosto lacunosa (MANCINI 1935, 78, nr. 2). Per le iscrizioni vd., più diffusamente, TARPIN 2002, 166-168. Per l’insediamento alle kalendae di agosto vd. FRASCHETTI 2008, 157-158.

32 Una rassegna completa delle iscrizioni di magistri vicorum urbani è in TARPIN 2002, 307-322.

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Medesima pratica era diffusa a livello collegiale sia all’interno che al di fuori dell’Urbe, talvolta con alcune particolari varianti nella scansione e nella cronolo-gizzazione del tempo. A Roma, ad Ostia ed a Portus erano attivi localmente diversi collegia professionali, a capo dei quali erano eletti uno o più magistri quinquennales33. Le cariche duravano un lustrum34, vale a dire un periodo di cinque anni, che diveniva un parametro di riferimento per la scansione temporale della vita amministrativa del collegio, tanto da essere utilizzato talvolta per l’espressione di coordinate cronologi-che35.

La coincidenza temporale della riforma dei magistri vicorum e della (ri)fondazione del collegium fabrum tignariorum urbano, ascrivibile al 7 a.C.36, non esime dal ricor-dare che probabilmente lo stesso Augusto aveva in precedenza provveduto a sciogliere i collegia, con l’eccezione per quelli antiqua et legitima37. Le nuove associazioni, che nasceranno o saranno rifondate in seguito, daranno vita a vere e proprie ère collegiali sulla base dell’anno della propria fondazione, sulla falsariga di quanto si verifica per le colonie, i municipi e i magistri vicorum urbani38.

Quattro iscrizioni provenienti da Mediolanum e dintorni, ad esempio, utilizzano il computo annuale degli anni dalla fondazione del collegio per fornire un’indicazione cronologica dello svolgimento della carica. In tre documenti la menzione dell’annus è associata alla carica di curator dell’arca Titiana, la cassa del collegio, di alcuni rappre-sentanti del collegio milanese dei fabri e dei centonarii: si tratta di Caius Atilius Tertullinus, pontefice e curator nel 70° anno; di Bericricenion(i)us Valentinus, Marcus Macrinus Valerianus, Salvus Vitalis Secundus, curatores nel 137° anno e di Magius Germanus Stator Marsianus che rivestì la carica nel 151° anno dalla fondazione del sodalizio39. Ad un altro collegio, invece, va ascritta un’ulteriore iscrizione milanese che ricorda due generici curatores del 40° anno40. 33 Vd. ROYDEN 1988, 14. 34 Dei fabri tignarii possediamo un buon numero sia di fasti che ci tramandano i nomina dei magistri in

un esteso periodo di tempo, sia di alba che, come noto, ci testimoniano i quadri dirigenziali del collegio in un determinato anno o lustro. Si vedano, più diffusamente, WALTZING 1896, II, 117-122; PANCIERA 1981, part. 271, n. 3 per la bibliografia precedente, e ROYDEN 1988, 17-18. Sul lustrum quale espressione temporale vd. ROSSI 1983, 2255-2257.

35 Vd. CIL VI 422; 30765, cfr. pp. 3005, 3756, 3763 = CIL X *1089, 5 = ILS 4292 = IMC 371: I(ovi) O(ptimo) M(aximo) H(eliopolitano) Aug(usto) / sacr(um) / Genio forinarum / et cultoribus huius / loci Terentia Nice / cum Terentio Damari/one filio sacerdote et / Terentio Damarione Iun(iore) / et Fonteio Onesimo filio / sacrorum signum et basim / voto suscepto de suo posuit / lustro eiusdem Damario/nis.

36 Vd. PANCIERA 1981, 271 = 2006, 307. 37 Per un quadro essenziale delle vicende storico-politiche dei collegia vd. ROYDEN 1988, 3-9; TRAN

2006, 15-21. 38 Vd. WALTZING 1895, I, 117, 362-3; PANCIERA 2003, 189 = 2006, 952-953. 39 Si vedano rispettivamente: CIL V 5738, cfr. p. 1085 = ILS 7250 = BOSCOLO 2002-03, 380-384, da

Caponago (MI), ll. 2-6: “…C(aius) Atilius C(ai) f(ilius) Ouf(entina) / Tertulli[n]us / pon[tif(ex)] et c[u]rat(or) / arc(ae) coll(egii) fabr(um) / et cent(onariorum) m(unicipii) M(ediolanensis) ann(i) / LXX…”; CIL V 5612 = BOSCOLO 2002-03, 370-377, da Castelseprio (VA), ll. 10-12: “…curatorib(us) ar[k(ae) T]i[t(ianae)] / coll(egii) fabr(um) et centon(ariorum) / c(oloniae) A(eliae) vel A(ureliae) vel A(ntoninianae) A(ugustae) [M(ediolaniensium)] ann(i) CXXXVII…” e CIL V 5869 = ILS 6730 = BOSCOLO 2002-03, 384-389, ll. 2-7: Gen(io) et Hon(ori) / Magi Germani Statori(s) / Marsiani

Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia?

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Allo stesso modo, il primo anno di un’èra collegiale è ricordato in una dedica proveniente dai dintorni di Como e promossa da una centuria del collegio dei cento-narii, dei dolabrarii e degli scalarii locali in onore di L. Apicius Bruttidius Soterichus, che fu per l’appunto quaestor anni primi, e in un’epigrafe patavina di un collegium fabrum, in parte problematica per via della lacunosità del documento41. Dopo la mencio-ne del quaestor e del magister, posti incolonnati nella metà superiore della fronte del blocco, il testo si sofferma sulla esplicita volontà da parte dei collegiati (“ex voluntate collegii fabrum”) di fondare l’associazione il cui primo anno (anni primi) corrispon-derebbe, stando alla coppia consolare, al 97 d.C.

Tuttavia la duplice modalità di conteggio del tempo, per lustra e per annos, era uti-lizzata non solo dai collegi professionali ma anche da quelli religiosi. Un buon numero di iscrizioni provenienti per la quasi totalità dall’Africa Proconsularis menziona sacerdotes e magistri sacrorum destinati al culto delle Cereres tra gli anni 68 e 276 del locale collegio, il cui inizio sarebbe da ascrivere, stando agli scarsi indicatori testuali presenti, tra il 44 e il 39 a.C.42. Da Rocca d’Arce, località del Frusinate, proviene invece un’epigrafe funeraria, datata al terzo lustro del collegium venatorum sacerdotium Dianae43.

Se dunque la pratica di contare gli anni dalla fondazione era particolarmente sentita tra i membri dei collegi, pari diffusione conosceva anche l’usanza di servirsi del magis-ter o dei magistri in carica durante l’anno per esprimere l’eponimia44. A ben vedere, la comprensione delle modalità di scelta e di impiego di uno o più magistri per l’espressio-ne dell’eponimia è complicata da una non sempre uniforme menzione (talvolta compare un magister e/o quinquennalis; altre volte i magistri eponimi sono due o più, senza che peraltro si produca perfetta coincidenza con il numero di componenti dei quadri dirigenziali del collegio, che poteva raggiungere anche la decina di individui), dall’eterogeneità delle cariche magistratuali nonché dalla genericità dell’espressione ablativale che, in determinati contesti testuali esclusivi (ma il discorso potrebbe essere

eq(uitis) R(omani) eq(uo) p(ublico) dec(urionis) dec(uriae) V / ex ((centuria)) IIII coll(egii) fabr(um) et centon(ariorum) / curator(is) ark(ae) Titianae coll(egii) s(upra) s(cripti) / anni CLI colon(iae) G(allienianae?) A(ugustae?) F(elicis?) Med(iolanium).

40 Vd. CIL V 5578 = AE 1972, 223 = AE 1996, 769 = BOSCOLO 2004, 336-338. Si veda anche AE 1915, 97 = AE 1923, 57 = AE 1927, 97, dedica al Genius degli horrea Agrippiana che fu “Posit(um) dedic(atum) V Idus Iun(ias) / Cn(aeo) Cossutio Eustropho / [L(ucio)] Manlio Philadelpho // Cur(atoribus) ann(i) III”.

41 Vd. CIL V 5446 = ILS 7252 = BOSCOLO 2002, 91-95. Vd., inoltre, CIL V 5447 = ILS 7253 = BOSCOLO 2002, 96-98 (epigrafe, probabilmente funeraria, promossa per sé e per i familiari da T. Tadius Catianus, questore del collegio dei centonarii nell’anno quo curia dedicata est). Per l’iscrizione patavina vd. AE 1976, 235 = SARTORI 1977, 406-414 (AE 1977, 267) = 1993, 208-209. Il testo è così restituito da Sartori: “[.] Rutilius / [Re]gillus / [q]uaest(or), // L(ucius) Porcius / Germanus / magist(er) // [- - -]I? ex voluntat(e) colleg(ii) fabr(um) / [const]itution(e) facta ann(i) prim(i), / Ka[l(endis) Ia]nuar(iis) Imp(eratore) Nerva Cae[s(are)] / Aug(usto) III [L(ucio)] Verginio Rufo III [co(n)s(ulibus)]…”.

42 Sulle epigrafi attestanti l’èra del collegio delle Cereres vd. GASCOU 1987, 95-128. 43 Vd. CIL X 5671: D(is) M(anibus) / C(aio) Iulio So/tericho f(ilio) / C(ai) n(ostri) lib(erti) et /

colleg(ium) ven/ator(um) sacer(dotum) / Dean[e] / lustri III. 44 Vd. WALTZING 1895, I, 399; REDAZIONE 1992, 246.

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allargato anche alle magistrature cittadine), si potrebbe ricondurre, secondo alcuni studiosi, più ad una forma di garanzia o deliberazione amministrativa che ad una reale volontà di datare il documento, sebbene i limiti semantici delle due sfere risultino non raramente sfumati45.

In realtà, l’esame delle occorrenze testuali dei termini magister, quinquennalis, nonché del sostantivo astratto magisterium, corrispondente all’ufficio del magister46, permette di constatare non raramente l’uso di tale espressione con preciso significato eponimo. È il caso, ad esempio, di alcune dediche urbane, datate per mezzo dei titolari della massima responsabilità amministrativa del collegio (spesso un unico soggetto) oltre che attraverso la più puntuale indicazione del giorno, del mese e dell’anno, quest’ultimo esplicitato dalla coppia consolare47. Particolarmente significativa, quanto-meno per la continuità di attestazioni, appare l’usanza di indicare l’anno negli acta dei Fratres Arvales sia con la coppia consolare sia con il nome al genitivo del magister, eletto annualmente tra i dodici componenti del collegio sacerdotale, preceduto dal termine magisterio48. Anche in questo caso non doveva registrarsi piena sovrappo-sizione tra anno consolare ed anno di carica del magister arvale dal momento che quest’ultimo si insediava pochi giorni prima delle kalendae di gennaio, nel corso dei Saturnalia.

Una coppia di magistri viene utilizzata inoltre per la datazione di iscrizioni realizzate nei vici, nei castelli e presumibilmente anche nei collegi. Due iscrizioni di Iulium Carnicum, relative alla realizzazione di due templi in onore rispettivamente di Beleno e di Ercole, vengono infatti datate grazie alla coppia di magistri in carica nel locale vicus49. Sempre una coppia di magistri figura nella notazione finale di una tessera hospitalis proveniente dalla Galizia50. La medesima pratica doveva essere inoltre diffusa 45 Se non esplicitamente riferite ad altri contesti (quali, ad esempio, la realizzazione di un monumento

nella locuzione cura(m) agente/ibus o curantibus), le forme ablativali delle magistrature collegiali e cittadine sono per lo più considerate dagli studiosi come datazioni eponime. Sulle problematiche interpretative vd., ad esempio, TARPIN 2002, 276-277 e CRISTOFORI 20042, 317-318. Sulla questione dei veri e falsi eponimi nel mondo greco si vedano le considerazioni esposte in SHERK 1990, 255-256.

46 Vd. FORA 1994, 291-294. 47 Vd. CIL VI 85, cfr. pp. 3003, 3755 = ILS 3399, ll. 9-12: L(ucio) Faenio Fidele / q(uin)q(uennali) II /

dedic(ata) XV Kal(endas) Iun(ias) / Saturnino et Gallo co(n)s(ulibus) o, meglio, CIL VI 1054, cfr. pp. 3071, 4320 = CIL VI *744: “…dedic(ata) pr(idie) Non(as) April(es), / Ti(berio) Claudio Severo C(aio) Aufidio Victorino co(n)s(ulibus), / q(uin)q(uennalibus) C(aio) Praecilio Sereno II Ti(berio) Cl(audio) Titiano”.

48 A titolo esemplificativo, si riproduce CIL VI 2056, cfr. pp. 864, 3261 = CIL VI 32362 = AE 1898, 141 = ILS 5027 = CFA 44, ll. 1-4: L(ucio) Ceionio Commodo / D(ecimo) Novio Prisco co(n)s(ulibus), / III Non(as) Ian(uarias), / magisterio C(ai) Matidi Patruini, promagistro L(ucio) Veratio Quadrato.

49 Vd. CIL V 1829, cfr. p. 1053 = ILS 5443 = MAINARDIS 2008, 85-88, nr. 1, ll. 5-7: [P(ublio)] Erbonio P(ubli) l(iberto) Principe / [Se]x(to) [V]otticio Sex(ti) l(iberto) Argentillo / mag(istris) vic(i); CIL V 1830, cfr. p. 1053 = MAINARDIS 2008, 93-96, nr. 7, ll. 12-14: [Se]x(to) Erbonio Sex(ti) l(iberto) Diphilo / [M(arco)] Quinctilio M(arci) l(iberto) Donato / mag(istris) vici. Sui magistri vici di Iulium Carnicum come coppia eponima vd. MAINARDIS 1994, 98-99, GREGORI 2001, 160 e MAINARDIS 2008, 86, 94. Contra vd. TARPIN 2002, 276-277. Per altri esempi vd. LETTA 1993, 40-41.

50 AE 1961, 96 = AE 1973, 289 = IRL 55 = HEp 8, 334 = AE 2000, 748 = AE 2002, 765 da Folgoso del Caurel, Lugo: Appio Iunio Silano P(ublio) Silio / Nerva co(n)s(ulibus) / Tillegus Ambati f(ilius) Susarrus / c(astello) Aiobrigiaeco hospitium / fecit cum Lougeis castellanis / Toletensibus sibi uxori

Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia?

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anche nelle societates publicanorum, come sembra evincersi da una iscrizione lacunosa proveniente dall’agro di Iliberri Florentia e relativa all’offerta di una statua da parte dei socii della quinquagesima attivi nell’annus in cui era magister Tenatus Silvinus51.

All’interno dunque di un sistema cronografico cittadino e collegiale decisamente eterogeneo, che vede la coesistenza di numerose ère parallele e di una pluralità lessicale per l’espressione dell’eponimia, particolare interesse ha destato una formula espressiva (gentilizio affiancato dal termine magistrato), attestata in due etichette plumbee rinve-nute a Iulia Concordia da interpretare, pur ipoteticamente, data l’assenza di precisi con-fronti, proprio come un’espressione di eponimia.

Comunemente realizzate a sgraffio e vergate in capitale corsiva, le laminette plum-bee si rivelano una fonte molto utile, sebbene spesso problematica, per la conoscenza della vita economica del mondo romano, e contano una discreta quantità di rinvenimenti anche nella Venetia, in particolare ad Altinum52, a Feltria53, e ad Iulia Concordia54. Se per i due municipi i dati raccolti rinviano inequivocabilmente alle pratiche produttive e distributive del settore laniero, più articolato si rivela il quadro contenutistico ricavabile dalle dieci laminette concordiesi, databili in via generale tra la seconda metà del I secolo d.C. e il II secolo d.C.55

Provenienti forse entrambi dal fondo Frattina, più precisamente dal canale-decumano che attraversava in direzione est-ovest la colonia concordiese56, i due documenti evi-denziano, pur nella problematicità di lettura, un comune impianto testuale che, sulla base delle residue tracce ancora intuibili delle precedenti fasi di scrittura, presenta tratti di continuità nel tempo.

libe/ris posterisque suis eumq/ue uxorem liberosque eius / in fidem clientelamque sua/m suorumque in perpetuo cas/tellanei Toletensis receperunt / egit Tillegus Ambati (filius) ipse / mag(istris/isterio?) Latino Ari et Aio Temari. La difficoltà di comprensione delle serie onomastiche indigene esprimenti l’eponimia ha permesso di ipotizzare un possibile scioglimento alternativo con mag(isterio) seguito dal genitivo dei due magistrati. Cfr. FORA 1994, 291-292.

51 Vd. CIL II 5064 = ILS 1462 = CIL II2 5, 654: Socii / quinquagen(simae) / anni / Tenati Silvini / d(onum) d(ant). Per l’uso dell’eponimia nelle societates publicanorum vd., inoltre, CIMMA 1981, 134-135.

52 Vd. BUONOPANE 2003, 285-297 e BIZZARINI 2005, 121-135. 53 Vd. BUCHI 1995, 86-87; BUCHI – RIGONI 2002, 260-263 e BUCHI – BUONOPANE 2005, 42-47. 54 La notizia del rinvenimento delle laminette si deve a Dario Bertolini (FIORELLI 1880, 420-421, tav.

XIII e FIORELLI 1882, 430), fondatore del Museo Concordiese di Portogruaro e figura di spicco nell’Ottocento nel campo della tutela e della valorizzazione dell’archeologia locale. Editate da E. Pais nel Supplementum epigrafico al V volume del CIL (PAIS 1090, 1-10), le laminette vennero successivamente rianalizzate negli anni ’70 del secolo scorso da H. Solin (SOLIN 1977, coll. 145-164), che ne mise in luce più dettagliatamente le problematiche interpretative. Alcuni documenti sono editi anche in AKEO 2002. È in corso di pubblicazione un’edizione aggiornata del corpus a cura di E. Pettenò e G. Cresci Marrone.

55 Si tratta di due defixiones (SOLIN 1977, coll. 147-151, nrr. 1-2; BUONOPANE – CROCE DA VILLA 2002, 245-246, nrr. 64-65), di sei documenti con più o meno evidenti indicazioni dei prodotti ai quali erano legate (SOLIN 1977, coll. 154-160, nrr. 4-9, una delle quali è anche in BUONOPANE – CROCE DA VILLA 2002, 259, nr. 80) e, infine, della coppia di etichette qui analizzate.

56 Per il contesto di rinvenimento nel fondo Frattina vd., ora, VIGONI 2006, 463-465. Se il luogo di rinvenimento è certo per la laminetta A, è da considerarsi molto probabile anche per l’esemplare B, che tuttavia venne pubblicato separatamente senza precise informazioni sulla provenienza.

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Queste le letture proposte per entrambi gli esemplari. La prima laminetta (A) presenta sul recto la seguente dicitura (fig. 1): L(ucio)? Âulenio? Lo(- - -)? / argen-ti[[os]]/fici? ((denarios)) LV. // Aûrifi/ci ((denarios)) XV e sul verso (figg. 3, 5): Armoni(o) magi(s)/t(r)ato VI k(alendas) Se(pte)m(bres) / III n(onas) D(ecemb)re(s). Similmente, nel secondo documento (B) è leggibile sul lato principale (fig. 2) [- - -]+liario / Cassiano / ((denarios)) III ((milia))? mentre, su quello opposto, la sovrap-posizione di due fasi di scrittura (ma un terzo momento, anteriore cronologicamente ai due menzionati, è in parte rilevabile da isolate tracce di lettere superstiti) permette una duplice restituzione: Aufidio / magist(r)ato / III k(alendas) April(es) / Idi(bus)? Iun(iis)? [- - -]?. (figg. 4, 6), nel testo in primo piano, e Au[fi]dio V? / mag[is]t(r)ato / III?X n(onas)? [I]anu[arias] / N? [- - -] A?, in quello sottostante.

Proprio per le analogie testuali evincibili, si richiede un’analisi parallela più puntuale del recto e del verso dei due documenti.

Sul lato frontale della prima laminetta (A)57 sono individuabili i simboli del denarius (solitamente una X con un ulteriore tratto orizzontale, che risulta qui in realtà piuttosto verticalizzante) e le somme leggibili nella metà inferiore a sinistra e a destra, equivalenti rispettivamente a 55 e 15 denarii. La duplice cifra doveva corrispondere presumibil-mente ad una coppia di destinatari. Trattasi nel primo caso quasi certamente di un au-rifex, termine che, declinato al dativo e separato dalla parte restante del testo da un tratto obliquo, è leggibile in duplice riga sulla porzione inferiore destra della laminetta; esso presenta dal punto di vista paleografico una F corsiva con il tratto più corto antecedente l’asta lunga e non risulta nell’occasione associabile ad alcun elemento onomastico. Più problematica è la lettura del secondo destinatario, il cui nome potrebbe essere espresso nella prima riga, dove una decina di lettere, apparentemente di agile lettura, potrebbe alludere ad una serie onomastica in parte abbreviata: L(ucio) Aulenio Lo(- - -). La terminazione ricondurrebbe dunque ad un dativo singolare, seguito, in seconda e terza riga, da un altro vocabolo (o due?), del quale è certamente comprensibile la parte iniziale (ARGENT). La lettura argentifici, che escluderebbe un gruppo di lettere della seconda riga (OS, forse appartenente ad una fase di scrittura precedente, stando anche a quanto rilevato da Solin), recuperando però parte della terza (le ultime tre lettere figurerebbero in nesso), conoscerebbe qui la sua unica attestazione. Costruito morfo-logicamente in analogia ad aurifex, secondo l’erudito Varrone il termine non sarebbe in uso nella lingua latina58, sebbene rinvii semanticamente ad una professione, l’artigiano specializzato nella lavorazione dell’argento, attestata con altre modalità lessicali (argentarius vasclarius) anche nella X Regio59.

57 Vd. FIORELLI 1880, 420-421; PAIS 1090, 2 e SOLIN 1977, coll. 151-153, nr. 3 (= AE 1977, 307), che

così legge il testo: ARMONIMAGI / TATOVIKSIINS / .IINDRIK sul recto, LAILIILIOLO / ARGIINTIOS / AVRIFI / CLVIKICI ж XV sul verso. La laminetta è attualmente conservata nel Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro (IG 755).

58 Varro ling. 8, 62. Vd., inoltre, LexTL, I, s.v. argentifex, 315 e ThLL, II, 1900-1906, s.v. argentifex, col. 519.

59 Vd. CIL V 3428 = ILS 7702, da Verona, in cui il liberto e seviro Soterichus (unico elemento onomastico conservatoci) è ricordato per l’appunto come argent(arius) vasclarius.

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Il secondo documento (B)60, forse anch’esso proveniente dalle adiacenze del canale interno concordiese, presenta sul recto una lettura più agevole, sebbene non scevra da talune problematiche interpretative. Una coppia di vocaboli, entrambi al caso dativo, rinvia rispettivamente al presunto gentilizio [- - -]iliarius61 e al cognome Cassianus, che gode di un buon numero di occorrenze nella Venetia62. In terza riga, è riportata la somma spettante, tre denarii (un tratto orizzontale superiore, iscritto anteriormente alle aste della cifra, permetterebbe di moltiplicare in via ipotetica il valore nelle migliaia corrispondenti).

Per quanto riguarda il retro, entrambi gli esemplari presentano una coppia di date, espresse con i consueti riferimenti calendariali fissi (kalendae, nonae, idus). Le date sono precedute da un gentilizio (Aufidio e Armonio) e da una serie di lettere, per le quali si è proposta, previa opportuna integrazione63, la lettura magistrato, variante di magis-tratu, forma ablativale di magistratus64 (è da scartare una declinazione al dativo per la concorrente presenza del medesimo caso sul lato opposto della laminetta).

Diffusamente utilizzato nell’epigrafia giuridica, magistratus è termine tecnico ma sotto il profilo semantico generico, che si presta in linea teorica a molteplici inter-pretazioni, dovute sia ad una tendenziale ambiguità intrinseca (potendosi intendere sia la persona fisica, il magistrato, che la carica astratta, la magistratura) sia alla difficoltà di comprensione, su scala gerarchica, dell’effettivo incarico cui si allude nel documento65. Gli stessi eruditi del mondo antico, che si sono cimentati in una più precisa definizione del vocabolo, ci tramandano opinioni divergenti circa significato ed impiego. Da un lato si tende a valorizzare l’elemento etimologico, legando il vocabolo al sostantivo magister (“ipsi magistratus per derivationem a magistris cognominantur”, sostiene il giureconsulto Paolo66) e al verbo magisterare, in base ai quali i magistratus si sarebbero distinti dai comuni cittadini grazie agli incarichi ottenuti (“magistratus, qui per imperia

60 Vd. FIORELLI 1882, 430; PAIS 1090, 3 e SOLIN 1977, coll. 161-162, nr. 13 [= AE 1977, 313], la cui

lettura del testo è la seguente: Aufidio / Magrino / III K. Apr. / NSINN --- sul recto e Alliario / Cassiano / ж? III sul verso. Va rilevato che la lettura MAGISTATO era già stata proposta precedentemente in FIORELLI 1882. La laminetta è attualmente conservata nel Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro (I.G. 762).

61 Ipoteticamente condivisibile, anche se non pienamente aderente ai segni leggibili, la lettura Alliarius, proposta da Solin e motivata dal fatto che sarebbe l’unico gentilizio compatibile con la terminazione –liarius. Vd. SOLIN – SALOMIES 1988, 261.

62 Cfr., ad esempio, CIL V Indices, p. 1137. 63 Si noti che, a parte l’aggiunta integrativa di una “S” nella laminetta B, in entrambi i casi si ometta la

scrittura della “R”, particolare che non inficia la lettura proposta del termine, dal momento che la medesima lettera non risulta talvolta espressa neppure nell’epigrafia lapidaria. A questo proposito si vedano i testi delle iscrizioni concordiesi AE 1890, 145, 149, 150; AE 1976, 248; CIL V 8738 = ILCV 476 = ILS 8257; CIL V 8740 = ILCV 503 = ILS 2798; CIL V 8775 = ILCV 716. Bisogna inoltre aggiungere che proprio l’essenzialità e la brevità del messaggio iscritto sulle laminette, nonché la parziale alfabetizzazione degli scriventi, giustificano potenziali errori ed omissioni nella scrittura. Vd. PACI 1995, 32.

64 Per le varianti nelle terminazioni del vocabolo, vd. ThLL, VIII, 1936-1966, s.v. magistratus, col. 92. 65 Per una disamina più puntuale del termine magistratus, del suo significato e delle sue occorrenze si

rinvia alla esauriente trattazione di MALAVOLTA 1995b, 303-346. 66 Dig. 50, 16, 57.

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potentiores sunt quam privati”, è il parere del grammatico Festo67), in un’accezione pertanto allargata del termine che a partire dai reges di età arcaica68 raccoglieva magistrati statali, municipali nonché i magistri di circoscrizioni amministrative minori (vici, pagi, canabae), di collegia e di societates. Dall’altro lato, in una visione più strin-gente, la contrapposizione è tra cariche di maggiore o minore responsabilità, come so-stengono sia Varrone (“reliqui [magister equitum e il magister populi], quod minore quam hi magistri dicti magistratus”69) sia il più tardo Isidoro (“principales dicti, quod primi sint magistratibus. Magistrati, vero, quod maiores sunt reliquis officiis”70). Se a livello teorico dunque non sembra emergere una communis opinio sull’effettivo valore del termine, le modalità d’impiego, epigrafiche e letterarie, evidenziano una maggiore propensione all’uso sinonimico al posto delle magistrature statali e municipali, sebbene non in maniera esclusiva71.

Analizzando dunque comparativamente i testi delle due laminette, appare evidente che uno o più individui (il cui nome e/o mestiere è esplicitato sul recto) figurano come destinatari di una somma di denaro, di per sé non particolarmente elevata. Tale denaro, del resto, va contestualizzato alla luce della coppia di date espresse sul verso e potrebbe spiegarsi come promemoria o di un pagamento dilazionato nel tempo o di un debito (o prestito, a seconda del punto di vista del possessore della laminetta) in un primo momento contratto e successivamente saldato, in un lasso temporale di settantacinque giorni nel caso della laminetta B (compresi tra il 30 marzo e il 13 giugno) e di novantotto giorni per l’esemplare A (dal 27 agosto al 3 dicembre)72.

Per quanto riguarda il supporto, è possibile che, al pari di analoghi esemplari forati e alludenti a somme di denaro73 ed a datazioni74 ma non a specifici prodotti, le etichette concordiesi potessero essere legate tramite un filo metallico ad un sacchetto o ad un arca o, ancora, in una dimensione maggiormente privata, fossero agganciate ad un particolare indumento (la cintura?), costituendo pertanto una sorta di ‘archivio mobile’ personale.

Tuttavia, né l’associazione con l’arca né l’ipotesi di un prestito/debito risultano dirimenti ai fini della comprensione del possibile orizzonte istituzionale e sociale dei magistratus menzionati, dal momento che in entrambi casi vi potevano essere coinvolti rappresentanti non solo municipali e coloniali ma anche collegiali75. A questo proposito, appare comunque improbabile l’identificazione di qualsivoglia individuo citato nelle

67 Fest. 113 L. 68 Si veda, a tal proposito, l’opinione espressa da Pomponio in Dig. 1, 2, 2, 14: “quod ad magistratus

attinet, initio civitatis huius constat reges omnem potestatem habuisse”. 69 Varro Ling. 5, 82. 70 Isid. Orig. 9, 4, 26. 71 In questo senso, si vedano le riflessioni di MALAVOLTA 1995a, 302; MALAVOLTA 1995b, 303. 72 Di particolare rilevanza è la datazione alle idi di marzo leggibile, pur con qualche difficoltà,

nell’ultima riga del verso dell’esemplare B e corrispondente ad uno dei due giorni (kalendae e idus del mese), nei quali avvenivano solitamente i pagamenti (e, tra questi, anche i saldamenti dei debiti). Cfr. ANDREAU 1999, 83.

73 Vd. MANGANARO 1989, 193-195. 74 Vd. CIL XIII 10029, 325, laminetta plumbea “olim arcae ut videtur adfixa”. 75 Vd. AUBERT 1999, 64-69.

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laminette (non solo i magistratus ma anche i destinatari delle somme) con potenziali gestori finanziari (actores, dispensatores, arcarii, vilici), i quali sarebbero stati molto probabilmente esplicitati in quanto tali. Bisogna inoltre rammentare che tali mansioni erano solitamente svolte da operatori di estrazione servile, condizione qui non attribui-bile ad alcuno dei personaggi ricordati76. Per contro, comparendo nelle quattro serie onomastiche almeno il gentilizio, non si può escludere un loro status libertino ed una potenziale associazione con la carica di curator arcae, altrove rivestita da personale ingenuo o manomesso77. L’attestazione di uno dei due gentilizi nell’ambito del sevirato concordiese78, pur nella episodicità della documentazione epigrafica giunta ai giorni nostri, legittimerebbe tuttavia la possibile identificazione del magistratus delle laminette con il magister di un collegio locale, il quale doveva accogliere figure professionali affi-ni, data la compresenza in un caso di un aurifex, mestiere che doveva essere abbastanza diffuso nel comprensorio della Venetia costiera79, e di un argentifex80. Maggiormente stringente si rivelerebbe, invece, la presenza di un unico elemento onomastico in funzione eponima che, come si è avuto modo di evidenziare nel corso dell’analisi dei sistemi di datazione, ricondurrebbe preferibilmente ad un ambito più collegiale che cittadino, dal momento che in quest’ultimo caso era la coppia duovirale o quattuorvirale giusdicente ad essere usualmente utilizzata.

In definitiva, la menzione della carica completerebbe le coordinate temporali con l’indicazione del magistrato collegiale sotto il quale sarebbero avvenuti i passaggi di denaro, acquisendo dunque un evidente valore eponimo e venendo evidentemente considerato di maggiore praticità nelle operazioni testimoniate. Allo stesso modo di quanto sottolineato in precedenza, non si può escludere che dietro la medesima espres-sione si celi contestualmente una sorta di garanzia amministrativa, la quale però non doveva essere ritenuta né obbligatoria né necessaria per le laminette plumbee, docu-menti che, a differenza ad esempio delle tabulae cerate con particolare formulario pro-batorio, esulavano, per il contesto d’impiego e per l’estemporaneità del messaggio, dalla prassi giuridica, esaurendo nella praticità d’uso il loro significato intrinseco.

76 Vd. SILVESTRINI 2005, part. 541, 552; SUDI-GUIRAL 2008, 405-417. 77 Si rinvia, a questo proposito, alle iscrizioni milanesi trattate supra, n. 39. 78 Vd. CIL V 1884, cfr. p. 1053 = ILS 6689 = BROILO 1980, 86-88, nr. 37: M(arco) Armonio / M(arci)

l(iberto) Asturae / patrono sevir(o) Foro / Corneli et sexvir(o) Iulia / Concordia / M(arco) Armon(i)o M(arci) l(iberto) Aucto / Opponiai C(ai) l(iberto) Tertiai / M(arcus) Armonius M(arci) l(ibertus) Salvius / sexvir Iulia Concordia / testamento fieri iussit. Inoltre, Marcus Armonius Narcissus, liberto concordiese di buona condizione economica, è ricordato in AE 1976, 244 = BROILO 1984, 48-49, nr. 91. Sulla gens Aufidia ad Iulia Concordia vd. CIL V 8678 = BROILO 1980, 134-135, nr. 67 = ILS 8319 e CIL V 8679 = BROILO 1980, 134-136, nr. 67a = ILS 8319a. Per le implicazioni politiche, economiche e religiose della gens Aufidia vd., più in generale, MATHIEU 1999.

79 Il mestiere è attestato in CIL V 1982 (proveniente da Oderzo); CIL V 2308, cfr. pp. 1072, 1086 (rinvenuta a Chioggia); CIL V 8834 = Pais 597 = GHEDINI – BUCHI 1993, 139-140 (forse proveniente dall’agro patavino, l’iscrizione è oggi conservata nel Museo Provinciale di Torcello). Un collegio di aurifices è conosciuto in AE 1981, 387 = AE 2003, 654, da Modena.

80 Per la lavorazione dei metalli e per i mestieri connessi nella X Regio vd. BUCHI 1987, 140-142.

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Fig. 1. Il recto della laminetta A. Foto di G. Cresci Marrone.

Fig. 2. Il recto della laminetta B. Foto di G. Cresci Marrone.

Sulle ère locali e collegiali: due magistratus eponimi a Iulia Concordia?

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Fig. 3. Il verso della laminetta A. Foto di G. Cresci Marrone.

Fig. 4. Il verso della laminetta B. Foto di G. Cresci Marrone.

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Fig. 5. Il verso della laminetta A: ultima fase di scrittura. Apografo di A. Ellero.

Fig. 6. Il verso della laminetta B: ultima fase di scrittura. Apografo di A. Ellero.


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