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Giustina Selvelli

Paper per il Seminario dottorale di Anglistica tenuto dalla Prof. Enrica Villari

George Eliot, Gregory Bateson e “l'antropologia che connette”: un confronto fra il pensiero di

due personalità al di là del loro tempo.

Lo scopo di questo paper è quello di presentare una riflessione riguardo all'importanza

epistemologica dell'elemento relazionale ed empatico, attraverso il confronto fra il pensiero di

George Eliot, scrittrice, poetessa e critico letterario e quello di Gregory Bateson, antropologo,

biologo, psichiatra e cibernetico. Il percorso intende approfondire il significato ed il valore

conoscitivo dell'emozione e della metafora, valutandone il possibile ruolo per un rinnovamento

metodologico dell'antropologia odierna. Dal confronto fra due personalità provenienti da ambiti

apparentemente diversi si vuole far risaltare l'interesse antropologico comune e l'orientamento

profondamente interdisciplinare dei loro studi, nonché la straordinaria modernità delle loro

intuizioni.

La strada indicata da George Eliot e Gregory Bateson può essere interpretata a livello

epistemologico ampio come un'ispirazione verso una nuova “antropologia delle emozioni” che

combini lo studio dell'uomo inteso in senso unitario interno a quello delle sue condizioni ambientali

esterne, inseguendo un paradigma etico ed estetico innovativo che esplichi anche nella sua scrittura

etnografica. Questo equilibrio dinamico sembra infatti costituire il substrato per un'antropologia

“critica” rappresentata dalle riflessioni post-moderne su soggettività ed oggettività emerse da autori

recenti come il gruppo di Writing Culture1.

Nell'analizzare i comuni collegamenti con il mondo della scienza ed attraverso l'applicazione di

principi biologici allo studio dei sistemi sociali e culturali emerge come il mondo della scienza si

apra a recepire elementi apparentemente “disturbanti”, i quali contribuiscono a scardinare il

dualismo presente da lungo tempo alla sua base. Il senso di questa ricerca è infatti quello di superare

le separazioni rigide fra scienze naturali e scienze umane, individuando le caratteristiche di un

“pensiero che unisce”, che costituisca un compromesso valido fra generale e particolare, soggettivo

1 Un esempio fondamentale è quello rappresentato dall'esperimento interdisciplinare fra antropologia e critica letteraria confluito nel libro Writing culture: The Poetics and Politics of Etnography, (trad. it. Scrivere le Culture. a cura di James Clifford e George E. Marcus) Non a caso, fra gli autori le cui opere sono viste come possibile ispirazione per un nuovo modello di scrittura etnografica risalta Dickens, che può essere considerato un altro esponente di un approccio che sia compromesso fra generale e particolare e che porti avanti un dialogo polifonico fra diverse visioni del mondo.

ed oggettivo.

Tale soluzione è a mio avviso quella espressa da George Eliot, la quale, attraverso il riconoscimento

di analogie su base empatica e la considerazione di leggi sia collettive che individuali, giunge a

stabilire delle connessioni gravide di conseguenze per la formazione di una specifica modalità del

conoscere.

La chiave di volta su cui si reggono le concezioni comuni degli studiosi è incarnata dalle

implicazioni del concetto di relazionalità, corrispondente al pensiero che Bateson sviluppò grazie al

contatto con la cibernetica e che, secondo la tesi di questa ricerca, la stessa Eliot anticipò di molti

decenni attraverso le proprie opere, rendendolo evidente soprattutto nel complesso sistema di

analogie multiple (definito da Gillian Beer come «web of affinities»2) presente in Middlemarch

(1871-72).

Il mio discorso si innesta sul quadro di riferimento teorico dell' Ecologia culturale3, secondo un

approccio che valuta l'elemento ecologico come paradigma epistemologico applicabile non solo alle

scienze naturali ed umane, ma anche agli studi culturali. Si tratta di una visione che, come spiega il

teorico della conoscenza e culturologo Peter Finke nel suo Die Ökologie des Wissens4, considera la

sfera della cultura umana connessa ai processi del mondo naturale, ed opera nel tentativo di

combinare insieme diverse conoscenze sviluppatesi nel corso della storia, che sono state

ingiustamente separate dalle settorializzazioni disciplinari nonché dalle implicazioni della scienza

moderna5.

Gregory Bateson è considerato fra i più grandi pionieri di questa visione unificatrice, soprattutto

grazie alla sua opera Towards an Ecology of the Mind (1972) la quale traccia analogie fra cultura e

natura secondo il paradigma cibernetico della conoscenza. Lo studioso giunse a sostenere (anche un

po' provocatoriamente) che non esiste separazione tra le discipline, così come nemmeno tra scienza

e poesia, criticando il sistema dicotomico della cultura occidentale il quale separa ragione ed

emozioni, individuo e società, e, inevitabilmente, umanità e natura. L’errata interpretazione

derivava secondo lui da una sopravvalutazione dell'elemento della coscienza, la quale seleziona il

contenuto della mente in base ad un criterio di esclusiva finalità, ignorando il vasto sistema

2 Gillian Beer, Darwin's Plots. Evolutionary Narrative in Darwin, George Eliot and Nineteenth-Century Fiction, London, Ark, 1983, pag. 19

3 E' una branca delle discipline demoetnoantropologiche che investiga le relazioni tra gli aspetti socio-culturali dei gruppi umani e l'ambiente in cui vivono, teorizzata per la prima volta nel 1955 dall'antropologo Julian Steward nel testo Theory of Culture Change; The Methodology of Multilinear Evolution.

4 “L'ecologia della conoscenza”: Peter Finke, Die Ökologie des Wissens, Freiburg im Breisgau, Alber, 20055 E' un modo di rilevare la presenza della 'natura' nella 'cultura', tracciarne l'influenza sotto forma di somiglianze nel

processo di evoluzione, visto in entrambi i casi caratterizzato da uno scambio di informazioni ed una comunicazione essenziali per l'esistenza.

“individuo-società-ecosistema”.6

Io semplicemente non credo che l'origine dei principi fondamentali della scienza si trovi nell'induzione dall'esperienza, e propongo che nella ricerca di una testa di ponte tra i principi fondamentali si risalga ai primordi del pensiero scientifico e filosofico; certamente a un periodo anteriore alla scissione di scienza, filosofia e religione in attività distinte, separatamente coltivate da specialisti di discipline separate.7

Per questo, mi sembra opportuno nonché interessante esplorare l'impatto e i possibili effetti

esercitati da una visione ecologica sulle sfere della cultura. In questa visione, l'interdisciplinarità si

pone come presupposto metodologico essenziale e condizione necessaria a dare vigore e senso agli

studi culturali intesi in senso ampio.

I due studiosi

Gregory Bateson, nato a Cambridge nel 1904 e morto a San Francisco nel 1980, fu antropologo,

etologo, cibernetico, innovatore nel campo della psichiatria, studioso delle forme di comunicazione

e della morfologia del mondo vivente. Suo padre era William Bateson, uno dei fondatori della

genetica nonché il primo scienziato a coniare tale termine disciplinare.

Una volta intrapresi gli studi scientifici, Bateson figlio si trovò in aspro conflitto con il rigido

ambiente accademico inglese di inizio '900 e, a dispetto dei propositi paterni che lo volevano

biologo devoto rinchiuso nei laboratori a fare esperimenti, preferì ribellarsi e tentare l'avventura

dall'esito incerto della ricerca antropologica.

Dalla fine degli anni '20 fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Gregory Bateson si

dedicò dunque alla ricerca sul campo studiando alcune popolazioni della Nuova Guinea e di Bali; i

suoi primi scritti su questo soggetto vennero però giudicati deludenti in quanto non sufficientemente

densi di dati ed informazioni “oggettive” come pretendeva il metodo scientifico classico.

Ad ogni modo fu proprio grazie all'antropologia ed in particolare con lo studio del rituale Naven in

Nuova Guinea che Bateson iniziò a sviluppare le sue teorie riguardanti l'ecologia delle idee, che lo

avrebbe portato ad avvicinarsi al mondo della cibernetica.

Nell'introdurre le basi del suo pensiero antropologico8, Bateson riconobbe l'influenza datagli dal

padre genetista, con la sua considerazione dei problemi di simmetria, segmentazione, e morfologia

animale. Egli aveva dunque ereditato l'impostazione scientifica naturalistica paterna

6 Gregory Bateson, Verso un Ecologia della Mente, Milano, Adelphi, 1977, p. 4857 Ibid. pag. 278 Verso un'ecologia della mente, p. 109

“riappropriandosene” però secondo una personale propensione alle relazioni e alle forme con cui

iniziò a concepire una visione olistica dell'organismo vivente e delle società umane.

Acquisii il vago sentimento mistico secondo cui dobbiamo cercare gli stessi tipi di processi in tutti i campi dei fenomeni naturali; dobbiamo aspettarci di scoprire in azione gli stessi tipi di leggi sia nella struttura di un cristallo sia nella struttura della società (...) 9

Il contatto di Bateson con il campo sperimentale della cibernetica10 risale agli anni '40, nel contesto

della sua partecipazione alle cosiddette Macy Conferences, una serie di incontri fra studiosi

provenienti da diversi ambiti di ricerca che si tennero a New York dal 1946 al 1953. Lo scopo

principale di questi confronti disciplinari era quello di gettare le basi per una scienza generale che si

occupasse in senso ampio dei processi della mente umana e creasse le premesse per un approccio

interdisciplinare alla conoscenza, combinando elementi provenienti dalla teoria dei sistemi con altri

presi dal mondo delle scienze naturali ed umane. Questo esperimento avrebbe successivamente

trovato la denominazione ufficiale di “scienze cognitive”.

Grazie al contatto con il mondo della cibernetica, Bateson iniziò a vedere la cultura sempre più

come un fenomeno di tipo sistemico e si pose perciò l'obiettivo di formulare un'epistemologia nuova

in grado di codificare mappe cognitive “ecologicamente” valide: per troppo tempo l'antropologia

aveva trattato i fenomeni culturali secondo un punto di vista insiemistico che escludeva le

connessioni profonde alla base della loro esistenza.11

Per via dell'ampiezza dei suoi interessi, Bateson venne nel corso della sua vita spesso frainteso, non

riuscendo ad emergere come figura di spicco in nessuna delle discipline da lui studiate: è per questo

motivo che la presenza del suo pensiero nella scrittura antropologica odierna è ancora piuttosto

limitata. Ciononostante, il suo lavoro sulla cibernetica stia ricevendo l'attenzione degli studi

culturali che si confrontano con la teoria dei sistemi e nel campo della scienza i suoi contributi

vengono progressivamente riconosciuti. In merito a ciò, davvero significativa è la descrizione che

fece di lui il fisico di origini austriache Fritjof Capra:

9 Ibid.10 La cibernetica è stata fondata negli anni '40 come approccio interdisciplinare che esplora i sistemi di regolazione, i

loro meccanismi, le loro strutture e possibilità. Essa venne considerata rilevante allo studio di sistemi meccanici, fisici, biologici, cognitivi e, grazie al contributo di personalità come Bateson, poté poi essere applicata anche al campo dei sistemi sociali, all'antropologia e alla psicologia. La parola cibernetica deriva dal greco, κυβερνητική, ovvero tutto ciò che è pertinente con il verbo κυβερνώ, che significa 'guidare', 'navigare', 'governare'.

11 Cfr. le riflessioni di Antonia Bertocchi e la sua “ecoantropologia”. http://www.ecoantropologia.net/

He made significant contributions to several sciences — anthropology, cybernetics, psychiatry, and, most important of all, to the new interdisciplinary field of cognitive science, which he pioneered. But perhaps even more important is the fact that he championed a new way of thinking, which is extremely relevant to our time — thinking in terms of relationships, connections, patterns, and context. As we replace the Newtonian metaphor of the world as a machine with the metaphor of the network, and as complexity becomes a principal focus in science, the kind of systemic thinking that Bateson advocated is becoming crucial.12

Similmente a Bateson, l'ambito di interessi coltivato da George Eliot nell'arco della sua vita (1819-

1880) fu piuttosto variopinto: oltre ad essere scrittrice e poetessa e critico letterario, ella mostrò una

forte propensione verso l'opera scientifica dei suoi contemporanei, anche grazie al contatto con

colui che sarebbe diventato il suo compagno, lo scrittore e scienziato George Henry Lewes. Come è

stato fatto notare13, ciò che Comte e Spencer avevano insegnato nel nome della filosofia e Tyndall

and Haeckel in quello della scienza, George Eliot lo applicò alla vita e ai suoi problemi: attraverso i

personaggi dei suoi libri, la scrittrice inglese riuscì a dare rappresentazione alle idee filosofiche e

scientifiche della sua epoca storica.

Aiutata dalla collaborazione con Lewes e dall'osservazione dei suoi esperimenti fisiologici

incentrati su questioni di forma e funzione, la Eliot giunse ad elaborare una visione interdisciplinare

della conoscenza che viene forse espressa al meglio nel suo capolavoro Middlemarch, pubblicato

nel 1872. Combinando mezzi letterari a riferimenti scientifici, storici e culturali in senso ampio, la

Eliot riesce a creare una struttura organizzativa con cui supporta l'idea di collegare l'uomo al suo

ambiente naturale e sociale, guardando all'organicità dell'essere umano nella sua globalità interiore

e nelle sue dinamiche esterne.

George Eliot fu certamente influenzata dall'idea positivistica comtiana riguardante lo studio

scientifico dell'uomo nella società, ma il suo pensiero si spinse ben oltre l'impostazione dualistica e

deterministica alla sua base, avvicinandosi a concezioni organicistiche sull'essere umano che si

legavano ad altre che potremmo definire come “cibernetiche” ante-litteram. Queste sottolineavano

infatti l'importanza di considerare l'essere umano in termini di relazionalità, anticipando così

Bateson nella cosiddetta cosiddetta “ecologia delle idee”, ovvero il tentativo di comprendere i fatti

della vita organica nel mondo.

Thus, the human organism comprises things as diverse as the finger-nails and toothache as the nervous stimolous of muscle manifested in a shout, and the discernment of a red spot in a field of snow. But all its different elements of parts of experience are bound together in a mere necessary wholeness or mere

12 http://internationaltimes.it/gregory-bateson/13 George Willis Cooke, George Eliot: a Critical Study of her Life, Writings, and Philosophy, 1884, p. 139 (ebook)

inseparable goup of common conditions that can be in any other existence known to us14

Le somiglianze fra l'impostazione di ricerca della Eliot e quello di Bateson sono rintracciabili in

numerosi aspetti, fra cui, come accennato, il carattere interdisciplinare degli studi, con il

perseguimento di una conoscenza che coprisse l'ampio spettro delle tendenze scientifico-culturali a

loro contemporanee. La Eliot si occupava di temi di letteratura, arte, musica, filosofia, religione,

scienza e politica, dimostrandosi una pensatrice dalla mente straordinariamente feconda, grazie

soprattutto all'uso del principio dell'analogia nella sua ricerca15. Questo elemento connettivo la

portò infatti a sviluppare una rapidità di pensiero ed una capacità di comparazione notevoli, facendo

riferimento alla sua ampia conoscenza per dare forma al senso profondo delle interazioni umane.

Nella sua attività letteraria, il nodo cruciale di questa impresa è rappresentato dalla struttura della

narrazione, vista come una possibilità di tradurre in modo vitale il sistema complesso delle

relazioni, inscrivendole in un livello più ampio di significati.

L'importanza di tali elemento connettivi appare evidente sia da i suoi saggi che dai suoi romanzi

tardivi, in particolare in Middlemarch, dove l'analogia multipla si impone come principio

strutturante la narrazione, secondo il definirsi di una sorta di «web of interconnections».16 La Eliot

si serve di questa particolare costruzione per esprimere le sue concezioni riguardo alla vastità e

pluralità dei mondi, enfatizzando la concordanza fra i vari livelli dell'immaginazione, nonché fra il

compito dello scrittore e quello dello scienziato, imprese ugualmente ispirate da una sorta di

«preveggenza».17.

Organizzato in termini di variabilità e pluralità, Middlemarch sembra perciò presentarsi come un

campo sperimentale che si pone in contrasto con la soggettività isolata del punto di vista singolo:

sono le relazioni, o meglio la relazionalità a fungere da principio organizzativo di tutta la vita

descritta, fatto che esclude dal gioco qualsiasi ricerca di un'origine prima. Il narratore del romanzo

può essere così paragonato ad un antropologo che, come un biologo sociale, studia la struttura della

società, ricercando la relazione fra l'organismo individuale ed il suo ambiente circostante.

L'intrusione del narratore stesso nell'azione, inoltre può essere vista come riflesso della crescente

consapevolezza riguardo all'importanza della partecipazione del testimone all'osservazione

empirica. Tale principio “autopoietico”18 è proprio ciò che anche Bateson avrebbe sviluppato a suo

14 George Eliot, Notes on Form in Art. In: Rosemary Ashton (ed.), Selected Critical Essays, Oxford Paperbacks, 2000, p. 356

15 Ibid. p. IX16 Cfr. Gillian Beer, cit. p.15417 Ibid, p. 15118 Cfr. le riflessioni dei biologi, filosofi ed epistemologi Humberto Maturana e Francisco Varela, in: Maturana, Varela,

modo parecchie decine di anni dopo, ed è ciò che l'antropologia solo più recente ha iniziato a tenere

in considerazione: come il punto di vista dell'osservatore modifichi il campo dell'osservato.

Chiave antropologica “critica” del loro lavoro

Quando Bateson decise di passare dallo studio della biologia a quello dell'antropologia, si trattò per

lui di abbandonare una scienza «comune e impersonale»19 a favore di un ramo della scienza dove

sentiva di poter mettere radice, ed in cui la soggettività potesse trovare luogo.20 Lo studioso intuì

infatti la possibilità di giungere ad un compromesso capace di risolvere la contrapposizione interna

alla disciplina fra oggettività dello scritto e soggettività dell'esperienza vissuta sul campo.

In realtà, già verso la fine degli anni '20, l'antropologo Bronisław Malinowski aveva formulato la

teoria della cosiddetta participant observation21, una concezione di lavoro sul campo che tentava di

rinsaldare il divario fra distacco descrittivo e partecipazione appassionata che corrispondeva in un

certo senso a quello fra “pensiero razionale” ed “emozione”.

Bateson si dedicò alla disciplina antropologica per alcuni anni, riscontrando però pochi

apprezzamenti da parte del mondo accademico del tempo, ovvero quello di Radcliff-Brown

caratterizzato da impostazioni struttural-funzionaliste.

In questo ambito, lo studioso cominciò a criticare l'antropologia dall'interno, rilevandone

l'etnocentrismo alla sua base nonché l'incapacità di strutturarsi come disciplina seria rispetto alle

scienze naturali, essendo essa ancora composta da un dedalo di concetti definiti con scarsa

precisione22. Secondo Bateson, i tentativi di Malinowski (da lui definito come «un pessimo

antropologo»23) si erano rivelati inutili, e così la disciplina rimaneva imprescindibilmente legata a

vecchie concezioni di oggettività della conoscenza che incoraggiavano una separazione fra

osservatore ed osservato, in contrasto con la sua promessa di incarnare un approccio riflessivo e

critico verso i fenomeni culturali.

Già ai tempi della sua prima ricerca sul campo, Bateson aveva potuto constatare quali fossero i

limiti dell'antropologia del suo tempo. La ricerca si era svolta presso la tribù degli Iatmul in Nuova

L'albero della Conoscenza, Milano, Garzanti, 1987, pp. 44-4519 Mary Catherine Bateson, Con occhi di figlia, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 16120 Ibid.21 Cfr: Branislaw Malinowski, Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, Torino, Bollati Bolinghieri, 201322 Verso un'ecologia della Mente, pag.11023 Alberto Sobrero, L'Antropologia dopo l'antropologia, Roma, Meltemi, 1999 pag. 10

Guinea e, in particolare, egli si era concentrato sullo studio del Naven, un importante rituale di

passaggio verso l'età adulta a cui prendevano parte tutti i membri del clan. Esso consisteva in un

travestimento collettivo che fungeva da importante collante sociale per l'interazione di due gruppi

distinti: quello degli uomini e quello delle donne.

L'approccio del suo professore Radcliff-Brown si dimostrò inadeguato alla comprensione

dell’aspetto emotivo del fenomeno, elemento centrale nella cerimonia; Bateson lo giudicò di grande

rilevanza e cercò di identificare le modalità a livello affettivo in cui si esprimevano le relazioni fra i

protagonisti del rituale. Successivamente, incoraggiato dai risultati della ricerca, giunse ad esaltare

tale aspetto al punto da affermare che «il retroterra emotivo è una causa attiva della cultura»24,

approfondendo l’aspetto emotivo dell’unità e contribuendo a consolidare una visione cruciale per la

comprensione antropologica della cultura in termini di tutti i suoi rapporti umani:

Quando studiamo la cultura da questo punto di vista, c'interessa mostrare in tutti i particolari del comportamento la base emotiva. Vedremo tutto il complesso del comportamento come un meccanismo accordato e orientato verso la soddisfazione e l'insoddisfazione emotiva degli individui25.

Il suo studio sul Naven venne scritto nel più assoluto rifiuto di ogni spiegazione teleologica, «in

quanto la conclusione non può mai essere invocata come spiegazione del processo»26 : sono

piuttosto le emozioni ad essere viste alla base delle posizioni occupate dai membri all'interno di una

comunità intesa anche in termini di gerarchia sociale. Infatti, il significato del rito è emotivo e

permette lo stabilirsi di legami fra le persone, andando a costituire il contesto che può dar senso a

ciascun atto comune, legittimandolo.

Attraverso l'esercizio di un'antropologia critica verso le impostazioni disciplinari dell'epoca,

Bateson aspirava a delineare «l'operante impalcatura della vita» 27, quella vita che, nel suo senso più

ampio, abbraccia l'intero pianeta vivente nell'arco della sua evoluzione. Ciò che la sua prima opera

compieva di importante per il nostro discorso era il gettare le fondamenta per una nuova

epistemologia antropologica che valutasse l'importanza dell'elemento emotivo nella costruzione

della relazionalità nelle società.

Distaccandosi dai suoi contemporanei, Bateson si imponeva come innovatore della sua disciplina,

attribuendo alla scienza antropologica stessa uno scopo profondo e filosofico e delineando la

24 Gregory Bateson, Naven. Un rituale di travestimento in Nuova Guinea, Torino, Einaudi, 1988, p. 825 Verso un'Ecologia della Mente, p. 10026 Deriu M., Introduzione, in: Gregory Bateson, Milano, Mondadori, 2000, p.3127 Gregory Bateson e Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano. Verso un'epistemologia del sacro, Milano,

Adelphi, 1989, p. 19

proposta di una nuova accezione dell’osservatore e del suo ruolo, la cui presenza non poteva più

essere considerata oggettiva.

Qualche anno più tardi, Bateson scrisse:

Noi studiosi delle scienze sociali faremmo bene a tenere a freno la nostra brama di controllare questo mondo che comprendiamo in nodo così imperfetto. I nostri studi dovrebbero essere invece ispirati a un principio più antico ma oggi poco onorato: la curiosità per il mondo di cui facciamo parte. Il premio di questo impegno non è il potere, ma la bellezza. 28

In merito a queste riflessioni, Bateson iniziò a sviluppare una teoria dei sistemi che sottolineasse,

con inevitabile riferimento all’osservatore, l’irriducibile molteplicità delle prospettive, spostando

l’accento dal problema del controllo a quello della interconnessione reciproca tra sistemi. La sua

convinzione era di poter trovare una soluzione ai problemi dell'antropologia attraverso gli studi

sulla relazionalità e sulla struttura ecologica dei sistemi sociali, secondo una visione innovativa e

fortemente interdisciplinare che ispirasse una riformulazione interna della disciplina. Enfatizzando

l'importanza delle emozioni come strumento conoscitivo dal valore relazionale-empatico, egli

tentava di trovare un percorso epistemologico in grado di ricomporre la frattura fra scienze naturali

e scienze umane.29

Vedremo meglio come anche in Middlemarch ed in alcuni suoi saggi George Eliot confermi il ruolo

delle emozioni in senso epistemologico ed estetico; in questo caso, il modo in cui esse sono inserite

nel romanzo ci rivela la loro integrazione in un sistema di conoscenza ecologico e la loro funzione

essenziale nel strutturare la società descritta.

Il passo successivo e necessario per Bateson fu quello che dall’antropologia lo avvicinò alla

cibernetica, attraverso la definizione progressiva di un paradigma unitario fondato su un

presupposto decisamente innovativo: il mondo del vivente è, prima di ogni altra cosa, il mondo

della comunicazione. Il rito del Naven, con la sua componente emotiva, assume nella cultura Iatmul

il ruolo di ciò che Bateson chiamerà, nelle sue ultime opere, “the pattern which connects”.30

28 Verso un'Ecologia della Mente, pag. 31529 La quale, secondo Eichner, era stata creata all'epoca romanticismo. Cfr. Eichner, The Rise of Modern Science and

the Genesis of Romanticism. In: PMLA, Vol. 97, No. 1 (Jan., 1982) pp. 8-2030 Interessante da metter in relazione con il personaggio chiave di Lydgate in Middlemarch: “Of this sequence of

Bichat's work (...) Lydgate was enamoured; he longed to demonstrate the most intimate relations of livng structure” (George Eliot, Middlemarch, Wordsworth Editions, 1993, capitolo XV, p. 123)

La critica di Eliot a Tylor e la modernità della sua visione antropologica

George Eliot nutriva un profondo interesse per l'antropologia, la cui presenza ed influsso sono

rintracciabili in molti dei suoi romanzi e saggi31; il modo in cui i suoi scritti rispondono alla

disciplina si pone però spesso, similmente a Bateson, in netto contrasto con la linea programmatica

del tempo, mettendo in evidenza un pensiero più avanzato, moderno e dal taglio decisamente più

critico. Ciò che ad ogni modo la accomuna agli antropologi a lei contemporanei è sicuramente

l'interesse a comprendere l'uomo e la società in senso organico, ispirato dal punto di vista della

storia naturale. Una delle figure con cui la Eliot si confrontò maggiormente fu Edward Tylor, niente

di meno che il cosiddetto “padre dell'antropologia”. A lui si deve una delle prime formulazioni del

concetto antropologico di cultura, espresso secondo i seguenti termini:

La cultura o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’ insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società32

Di significativo per il nostro discorso in tale formulazione è il fatto che essa rivela in una certa

misura la percezione della complessità della cultura sulla base di osservazioni della società in

relazione con il suo ambiente. Al di là di ciò, però, l'antropologia di Tylor si rivelava

ineluttabilmente limitata a causa del giudizio che esprimeva verso altre culture, proiettando su di

esse le sue considerazioni sulla civiltà occidentale quale forma più elevata di sviluppo umano,

idealizzata secondo un'ideologia unilineare e monogenetica dell'evoluzione culturale.

È questo l'aspetto che maggiormente si discosta dalla visione pluralistica ed organicistica di Eliot e

Bateson.

La Eliot viveva in un'epoca in cui importanti scoperte scientifiche avevano luogo ed in cui nuovi

ambiti di studio cominciavano ad emergere, uno di questi per appunto l'antropologia; fu così che il

contatto con il fermento della conoscenza a lei contemporaneo le permise di elaborare una sorta di

linguaggio comune fra prosa scientifica e letteraria. Un principio di grande impatto sull'esperienza

formativa della scrittrice fu senz'altro quello incarnato dalla visione evoluzionistica ed organicistica

di Darwin, in particolare per la sua focalizzazione sulla molteplicità e sulle relazioni.33

31 Oltre ai vari saggi, ricordiamo anche i romanzi Adam Bede (1859), Daniel Deronda (1876), The Spanish Gypsy (1865).

32 Edward Burnett Tylor, Primitive Culture, Cambridge University Press, 2010 (ed. or. 1871), p. 133 Inoltre, il concetto di “Multivocity” e diversificazione è cruciale nel discorso di Darwin e lo sarà anche per Eliot.

Cfr. Gillian Beer, p. 89

Darwin sapeva bene (anticipando in questo visioni “cibernetiche”) che il concetto di “ambiente”

deve includere anche quello di osservatore, avendo per esempio tenuto in considerazione l'impatto

della conquista spagnola sulle popolazioni native del Sud America34. Inoltre, nel suo analizzare

comportamento, struttura e discendenza nell'evolversi delle specie si trovò immediatamente

coinvolto in riferimenti sociologici; fu in questo punto che la Eliot si inserì, riprendendo e rivelando

tali connessioni attraverso le pagine di molte sue opere.

Secondo questa visione di impostazione darwiniana, individuo e società sono legati assieme

attraverso una molteplicità di nessi: la società è un tutto vivente, composto ed articolato secondo

unità differenziate, ciascuna delle quali espleta una particolare funzione per la collettività più

grande. Di conseguenza, l'individuo non è separabile dalla collettività, così come l'insieme sociale è

dipendente da ogni singolo individuo che contribuisce a formare la sua vita comune.

In Middlemarch questo concetto sembra venir espresso con particolare enfasi, assieme alla

negazione di ogni possibilità di accesso a presunti schemi di ascendenza e discendenza unilineare,

rappresentata forse dalla «key to all mythologies»35: ciò che conta non è infatti l'origine prima ma

piuttosto la gamma laterale di interconnessioni e la vita multiforme che in essa si esprime.

La Eliot si contraddistingueva per la sua capacità di rendere proprio il pensiero delle personalità che

l'influenzavano, sviluppandolo a sua volta grazie alla sua abilità di combinare arte e scienza in

modo raffinato e fruttifero, da intellettuale votata ad indagare i risvolti sia etici che epistemologici

ed estetici del pensiero della sua epoca. In questo contesto è importante ricordare come, anche dal

suo punto di vista di donna, la scrittrice criticasse l'antropologia di Edward Tylor per la sua

concezione di progresso legata in modo esclusivo alla civiltà inglese-occidentale.

Tale critica appare ben evidente nell'opera Middlemarch, attraverso la quale la scrittrice contribuisce

a decostruire l'idea che il “patriarcato dal volto civile” della società inglese sia una condizione dai

risvolti benefici per le donne36, e con vari riferimenti presenti nel romanzo contribuisce a portare

avanti una sorta di “smascheramento culturale”. L'esempio più lampante è forse quello della

dinamica di potere fra Dorothea e Casaubon, che ci viene resa in termini che rievocano modelli

patriarcali antichi. Così facendo, la Eliot dimostra come il potere oppressivo maschile sulle donne,

individuato dagli antropologi quale caratteristica di società primitive, in realtà continuasse ad

esistere “barbaramente” all'interno di un paese “civilizzato” quale l'Inghilterra.

34 Gillian Beer, cit. p. 5635 Middlemarch, pp. 51 e 69, riferita all'ossessiva e sterile ricerca del personaggio di Casaubon.36 Mary Agnes Noble, Primitive Marriage: Anthropology and Nineteenth-Century Fiction, Doctoral Thesis at

Princeton University, 2010. p. 54

Un esempio di questo è ravvisabile nella descrizione dei vestiti di lutto che Dorothea è costretta ad

indossare “secondo la tradizione”. Nel Capitolo LV di Middlemarch infatti, la sorella di Dorothea,

Celia, si chiede come debba sentirsi la giovane vedova nei suoi pesanti abiti scuri e con il cappello

da lutto. Così, insiste per levare alla sorella almeno il copricapo e liberare la sua testa e i suoi capelli

da una tale oppressione. In quel momento il marito di Celia nota con piacere l'avvenuto

cambiamento. Celia così dice al marito:

'It was I who did it, James' (…) 'Dodo need not make such a slavery of her mourning; she need not wear a cap anymore among her friends.'

Ma quel punto interviene Lady Chettam, una vicina, la quale rimprovera Celia dicendo:

'a widow must wear her mourning at least a year'.37

George Eliot non intende dunque denigrare le cosiddette “culture primitive”, bensì piuttosto mettere

in crisi la dialettica etnocentrica del “civilizzato” contrapposto al “selvaggio” assunta dagli

antropologi del tempo. Così facendo compie un'azione di enorme portata e di grandissima

modernità per la disciplina, riappropriandosi delle categorie elaborate dagli antropologi per

descrivere “società inferiori” con lo scopo di criticare invece la sua cultura stessa. La Eliot anticipa

di più di un secolo la critica antropologica a noi più recente con i suoi esperimenti di

“autoetnografia”, dimostrando di esser riuscita a penetrare il senso più vivo ed utile, la lezione più

importante di questa disciplina che era allora solo ai suoi albori.

Il mito, le metafore e il “pensiero primitivo”

Un altro punto di discordanza del pensiero della Eliot rispetto all'antropologia a lei contemporanea

riguarda l'aspetto del mito, visto da lei come mezzo dal valore epistemologico utile ad arricchire il

prezioso concetto di “relazioni”; è interessante dunque tracciare le analogie fra il suo pensiero e

quello di Bateson anche in questo ambito.

L'antropologia evoluzionistica del periodo contemporaneo alla Eliot guardava al mito come ad una

forma di conoscenza “infantile”, prodotto di una civiltà rimasta ad uno stadio primordiale di

sviluppo, secondo una visione prettamente eurocentrica della storia e della cultura che non

riconosceva alcun modello culturalmente valido al di fuori di quello occidentale. Questa disciplina

37 George Eliot, Middlemarch, p. 450

faceva però affidamento sul mito stesso per tentare di comprendere le dinamiche alla base di quelle

“credenze primitive” che venivano minimizzate, rilevandovi delle caratteristiche comuni con un

tipo di pensiero corrispondente a quello poetico. Tylor infatti, nella sua opera Primitive Culture,

giunse a collegare e mito e poesia, metafora e “pensiero primitivo”:

A poet of our own day has still much in common with the minds of uncultured tribes in the mythological stage of thought38

Ed ancora:

It thus appears that early ethnology is habitually expressed in a metaphorical language, in which lands and nations are personified, and their relations indicated by terms of personal kinship. 39

L'opera Primitive Culture è pervasa dall'idea che l'animismo, il mito, la personificazione e la

metafora siano concezioni di tipo poetico, combaciando quasi con la poesia stessa. Questi elementi

venivano trattati con una certa riluttanza da Tylor, il quale prevedeva (e si augurava) il loro declino

all'interno della società moderna, considerando un bene la loro sostituzione da parte della scienza,

come passo necessario alla naturale evoluzione della civiltà. Mito e scienza infatti erano per lui del

tutto incompatibili, in quanto il primo portava avanti una concezione della realtà basata

sull'intervento di forze particolari (divine, animali o anche umane), mentre la seconda spiegava il

mondo in base a delle leggi meccaniche generali, in una visione secondo cui gli uomini si appellano

al mito finché non scoprono la scienza.

La visione di George Eliot si distaccava nettamente da quella di Tylor proprio su questo aspetto: la

scrittrice infatti riconosceva nel mito40, così come nell'elemento poetico, un grande potenziale

epistemologico, esaltandone il valore nel processo associativo delle metafore e posizionandosi in

questo senso più vicino al pensiero romantico che a quello vittoriano al riguardo.41 Middlemarch ci

suggerisce che nei miti è presente una verità calata nella vita stessa e che il valore di questi non è

dovuto agli eventuali fatti storici contenuti, bensì al loro deposito e potenziale in termini metaforici

e relazionali. In virtù di questo, sarebbe inopportuno studiarli con mezzi prettamente teorici, in

modo arido e scisso dalla realtà contemporanea; George Eliot esprime bene la negatività di tale

38 Tylor, Primitive Culture, cit. p. 28439 Ibid. p. 36540 Similmente a quanto afferma John Ruskin in The Queen of the Air. Being a Study of the Greek Myths of Cloud and

Stor, BiblioBazaar, 200641 A questo riguardo è importante ricordare ad esempio la grande valorizzazione del mito e delle leggende popolari nel

Romanticismo tedesco.Cfr: Ladislao Mittner, Storia della Letteratura Tedesca II, tomo primo, Torino, Einaudi, 2002

posizione attraverso la figura di Casaubon, incarnazione dello studioso alienato dal mondo e cieco

alla vita. Così facendo la scrittrice ci comunica che, a dispetto delle idee di Tylor il mito non è

destinato a scomparire, bensì rappresenta un mezzo prezioso con cui le società moderne possono

trovare forme di ispirazione narrativa e mantenere attiva quella capacità di vedere “oltre le cose”e

collegarle ad un universo più grande. A differenza del famoso antropologo, la Eliot non escludeva

l'accostamento di mito e scienza. Questa posizione era già emersa nel suo saggio su Mackay, in cui

la Eliot aveva commentato l'opera The Progress of the Intellect.

Mackay considerava il mito una sorta di «hypothetical objectivity»42 che ha luogo in tutti i tipi di

attività mentali come procedimento per connettere il noto ed il non noto. Fra i passaggi scelti dalla

Eliot, uno rilevante è il seguente:

A remnant of the mythical lurks in the very sanctuary of science. Forms of theory ever fall short of nature, though they are ever tending to reach a position above nature, and may often be found to include more than the maker of them at the time knew.43

Le posizioni assunte nei confronti del mito e di Tylor portano alla luce ancora una volta le modalità

secondo cui il suo pensiero si opponeva alle scale gerarchiche dell'antropologia evoluzionista,

appropriandosi dei suoi temi di studio per sostenere una tesi tutta sua, ovvero quella dell'universalità

delle esperienze e del valore relazionale del mito in senso epistemologico. Fu attraverso i suoi

ultimi romanzi, secondo la fusione di elementi poetici, antropologici e sociali, che questo venne

portato maggiormente a compimento, soprattutto grazie all'impiego massiccio della metafora.

Questa, esattamente come il mito, risulta dall'abilità della mente di catturare (secondo un

immaginario poetico) la realtà sottostante il ciclo degli eventi, per merito di un riconoscimento

fondato su termini relazionali. E così in Middlemarch si ha l'impressione che anche i fatti più

comuni della vita descritta possano acquisire un significato mitico ulteriore e che i riferimenti

all'antropologia puntino agli aspetti di una natura umana comune, sopravvissuta nel corso

dell'immensa catena dell'evoluzione e non riducibile ad alcuna scala di superiorità od inferiorità.

Se l'antropologia vittoriana esprimeva una tendenza a distanziare la civiltà occidentale da quella

“primitiva” designandola come il suo Altro, assoggettandola ad un'analisi scientifica che la rendeva

puro oggetto e la posizionava in una posizione subordinata culturalmente, la Eliot era invece incline

a valorizzare la diversità in termini di arricchimento per un'epistemologia relazionale. Ciò

corrispondeva alla ricerca di un' etica della molteplicità che tendesse all'unità organica di tutte le

specie viventi, ispirata in questo come vedremo fra poco proprio dal pensiero di Charles Darwin.

42 George Eliot, Selected Critical Writings cit. pag. 2443 Ibid. pag. 35

Romanticismo e “Romantic Materialism”.

Come abbiamo appena visto, l'elemento mitico così come quello metaforico assumono grande

rilevanza nello sviluppo del particolare pensiero alla base della costruzione di Middlemarch,; essi

non sarebbero però comprensibili se non si tenesse conto di quella specifica forma di «Romantic

Materialism» 44 che, secondo Gillian Beer, Charles Darwin esplicitava nel suo desiderio di dare

sostanza concreta alla metafora. Si trattava per lui di convertire l'analogia in reale affinità, attraverso

l'individuazione di una serie di collegamenti laterali nello sviluppo delle specie, un pensiero che

«profoundly unsettled the received relationships between fiction, metaphor, and the material

world»45.

E' importante ricordare come Darwin fosse un avido lettore di poesia e letteratura, prediligendo

Wordsworth per la sua abilità di dare artisticamente vita alle relazioni fra il mondo vivente e di

esprimere la metafora della vita come organismo. Wordsworth aveva incarnato un ideale

rappresentante di quelle aspirazioni romantiche ad una reciproca apertura fra cultura e natura: la sua

poesia tendeva ad un ricongiungimento fra mente e corpo, in una prospettiva olistica secondo cui

l'intera natura veniva vista come animata:

An 'active' Principle: -howe'er removed From sense and observation, it subsists In all things, in all natures; in the stars Of azure heaven, the unenduring clouds, In flower and tree, in every pebbly stone That paves the brooks, the stationary rocks, The moving waters, and the invisible air. Whate'er exists hath properties that spread Beyond itself, communicating good A simple blessing, or with evil mixed; Spirit that knows no insulated spot, No chasm, no solitude; from link to link It circulates, the Soul of all the worlds. This is the freedom of the universe;46

Wordsworth stabiliva una relazione fra “Io” e “mondo” fondata sulla capacità delle cose di

significare qualcos'altro, di acquisire valore non come segni arbitrari, ma sulla base della relazione

44 'Romantic materialism' è un'espressione che Gillian Beer nel suo libro Darwin's Plots applica a Charles Darwin quando esamina la sua volontà di dare sostanza alla metafora. “Materialism was not simply an abstraction. Its emphasis upon natural forms and upon organisms could comfort as well as disturb. The palpable, the particular, became not only evidence, but ideal.”in: Gillian Beer. cit. p. 42

45 Gillian Beer, p. 3146 Wordsworth, 'The Excursion' poem. In : Wordsworth, The Major Works, Oxford World's Classics, 2008, p. 676

partecipante ed attiva fra soggetto ed oggetto. Hubert Zapf, teorico della cosiddetta Ecologia

culturale alla quale abbiamo già accennato, afferma come nell'opera programmatica di Wordsworth

The Daffodils le analogie metaforiche

are drawn not only between different natural phenomena like the daffodils, waves and stars, but also between these and the interior world of the poetic self, who from the memory of his intensive experience of nature derives therapeutic power and poetic inspiration by identifying himself with the dancing daffodils47

E così facendo traccia anche un'importante corrispondenza con Bateson: «Poets are dancing

daffodils, in Wordsworth's version of Bateson's formula»48

Per Wordsworth le affinità sembrano esplicarsi nella vita universale comune, nella rete di

connessioni che legano uomo e natura, in una sorta di unificazione fra mente e universo il cui

risultato sembra essere una sorta di «lyrical materialism»49 da cui quello romantico parte, in cui si

possono riconoscere le somiglianze straordinarie insite all'ordinario.

How exquisitely the individual mind(And the progressive powers perhaps no less Of the whole species) to the external worldIs fitted; - and how exquisitely, too, Theme this but little heard among men, The external world is fitted to the mind.50

Ispirato anche da Wordsworth, il pensiero evoluzionista darwiniano così come il suo organicismo

descrivevano il mondo come soggetto a delle modificazioni irreversibili e la vita stessa come

cambiamento. Così, per riuscire a cogliere meglio le connessioni interne all'unità della natura in cui

l'uomo stesso era coinvolto, l'enfasi doveva essere posta sulla relazione51 fra gli organismi stessi e

l'ambiente.

Le teorie di Darwin scossero per varie ragioni i principi organizzativi di maggior parte del pensiero

vittoriano; il suo focalizzarsi sulle relazioni strutturali, nell'ottica di ricongiungere organismi fino a

prima considerati lontani e non correlati fra loro, rappresentava sicuramente qualcosa di

“perturbante” per la cultura etnocentrica dell'epoca. Nella catena che legava insieme le varie

47 Hubert Zapf, The State of Ecocriticism and the Function of Literature as Cultural Ecology, in: (ed.) Catrin Gersdorf, Sylvia Mayer, Nature in Literary and Cultural Studies: Transatlantic Conversations on Ecocriticism, Amsterdam, Rodopi, 2006, p. 58

48 Hubert Zapf, ibid.49 Gillian Beer, p. 4950 Wordsworth, Home at Grasmere, in: Wordsworth Major Works, cit. p. 19851 Gillian Beer, p. 45

generazioni dei viventi si esplicavano secondo Darwin sia il senso di discendenza che quello di

diversificazione, ragione per cui diverse forme di essere si rivelavano interdipendenti nel sistema

più grande della vita. Così, l'idea secondo cui il mondo dei viventi era una rete di connessioni

alimentava negli studiosi la volontà di scoprirle, stimolando personalità come la Eliot ad esplorarle

e dar loro vita anche nella letteratura. Si trattava di in una sorta di obiettivo comune fra scienza ed

arte, entrambe caratterizzate dalla ricerca del livello superiore di integrazione degli organismi

viventi nel contesto naturale o sociale. Tale principio organicista si distingueva dunque anche per il

fatto di essere “cibernetico” ante-litteram, andando a costituire un principio metaforico-relazionale

che si prestava ad essere applicato a diversi ambiti.

Bateson avrebbe ripreso questo stesso elemento molti anni più tardi, dedicandosi a stabilire affinità

fra processi organici e poetici, valorizzandone il contenuto in termini conoscitivi e mostrandoci

quale può essere il ruolo della letteratura per la promozione di un tipo di epistemologia cibernetica.

Rilevando le somiglianze fra i processi della vita organica caratterizzati da relazioni, ridondanze ed

analogie strutturali e le varie forme di espressione artistica, lo studioso giunse a porre un accento

particolare sulla forma basilare del discorso poetico, ovvero la metafora. Egli affermava infatti

come il proprio pensiero ecologico si basasse su un principio metaforico piuttosto che classico o

logico e come la sua mente funzionasse in modo simile alla mente di un poeta. Il suo pensiero non

seguiva la logica generalizzante ed “incasellante” del dualismo cartesiano, ma piuttosto quella più

libera delle analogie fra differenti sfere e fenomeni della vita.52

Il pensiero relazionale risulta infatti più vicino all'associazione metaforica che al ragionamento

sillogistico, e corrisponde perciò secondo Bateson ai principi sui quali è costruito il mondo

biologico e su cui può orientarsi un'ecologia della mente. Questa procedura metaforica, che sulla

base di principi comuni unisce aree separate da tradizionali categorie di pensiero, è più vicina ai

processi della vita naturale caratterizzati da una serie di somiglianze strutturali: pensare per

metafore corrisponde di conseguenza a pensare in modo ecologico e cibernetico.

52 Verso un'Ecologia della Mente, pp. 460-461

Organicismo e metafore in Middlemarch

Così come la diversificazione delle specie e la loro unione per mezzo delle stesse leggi

organicistiche53 costituivano la base degli studi di Darwin, la variazione e la ripetizione sembrano

porsi come principi organizzativi all'interno della struttura narrativa di Middlemarch.

Scienza, mitologia e riferimenti al pensiero del tempo creano infatti all'interno dell'opera dei circuiti

di comunicazione che ci guidano ben oltre le singole vicende, collegandole abilmente ad una rete

più ampia. Grazie alle sue proprietà associative e metaforiche, la conoscenza in questione si rivela

anche profondamente creativa e dinamica, andando in un certo senso a coincidere con la sfera

d'azione dell'investigazione antropologica. Non sono solamente le esistenze individuali ad

interessare infatti la scrittrice, ma anche il sé collettivo e sociale, che verrà chiaramente descritto e

posizionato nel corso del romanzo, testimoniando l'interesse della Eliot per visioni di unità capaci di

inglobare la straordinaria diversità del mondo in una struttura unitaria più grande.

In questo contesto, la Eliot impiega la metafora della rete come elemento atto a sottintendere

contemporaneamente origine e relazioni fra esperienze razionali, fisiologiche ed emotive aventi

luogo all'interno della società oggetto del suo sguardo: tutti questi aspetti vengono dipanati nel

romanzo attraverso i percorsi diversificati dei personaggi più vari.

Fra le personalità che assumono maggior rilievo riconosciamo l'esempio umano e scientifico di

Lydgate: nel capitolo XV ci viene detto che il suo lavoro consiste nel dimostrare «the more intimate

relations of living structure»54 ed infatti il suo ruolo sarà proprio quello di mantenere saldi i principi

generali e particolari alla base della struttura vivente, incarnando la possibilità esistente in grado di

portare avanti questo delicato compromesso.

Attraverso la struttura polifonica del romanzo, la Eliot riesce a suscitare nel lettore un senso allo

stesso tempo di integrazione ed estensione, somigliante in una certa misura al principio di

funzionamento del cuore: è questa forse la metafora per qualcosa che va al di là di Middlemarch.

Lydgate afferma che «in ogni indagine ci devono essere una sistole e una diastole»55, e che «la

mente dell'uomo si deve espandere e restringere continuamente fra l'intero orizzonte umano e

53 'Web of affinities' era un'espressione usata da Darwin come metafora nel suo The Origin of Species:“We can clearly see how it is that all living and extinct forms can be grouped together in one great system; and how the several members of each class are connected together by the most complex and radiating lines of affinities. We shall never, probably, disentangle the inextricable web of affinities between the members of any one class” in: Gillian, Beer, cit. p. 156

54 Middlemarch, capitolo XV, p. 12355 Middlemarch, p. 526

l'orizzonte di una lente di microscopio»56. Seguendo questo principio, il senso di molteplicità viene

sviluppato non solo attraverso le diverse vicende dei personaggi ma anche attraverso la relazione

aperta creata fra narratore e lettore, la partecipazione ai mondi e pensieri altrui, in una sorta di

simultaneità dell'esperienza che si rifà appunto al principio metaforico. Questo aspetto arricchisce il

romanzo di un senso di relazioni molteplici e latenti che attendono il momento e la modalità giusti

per svelarsi.

E così Gillian Beer ci fa notare: «In Middlemarh the narrator weaves into commentary, dialogue,

and metaphor, allusions to a great number of mythological systems. But if we explore the context,

the allusions always yield insights into the accord between any individual's experience and the lived

world of remote others.» 57

In questo modo, Middlemarch compie proprio quello in cui Casaubon fallisce: come abbiamo già

visto, l'intero riferimento alla mitologia come possibilità di estendere il campo di relazioni

concettuali si rivela essere totalmente incompresa da lui. La sua mente non è in grado di individuare

queste connessioni, lui è solo un gelido studioso che non riesce a comprenderne la base essenziale

della disciplina che studia, il suo essere calata nella realtà. Egli non è in grado di esperire o produrre

alcuna conoscenza “ecologica” in cui si possa sviluppare la relazione fra il suo oggetto di studio ed

il mondo reale, in quanto il suo metodo è puramente acquisitivo, accumulativo ed anti-relazionale, e

gli fa vedere il mondo come una serie di «box-life partitions without vital connections».58

Questo tipo di pensiero è lo stesso che la Eliot critica in uno dei suoi saggi, The Progress of the

Intellect:

It may be doubted, whether a mind which has no susceptibility to the pleasure of changing its point of view, of mastering a remote form of thought, of perceiving identity of nature under variety of manifestation – a perception which resembles an expansion of one's own being, a pre-existence in the past- can possess the flexibility, the ready sympathy, or the tolerance, which characterizes a truly philosophical culture (…) 59

La varietà di miti, motivi e riferimenti all'interno del libro abbraccia un mondo aperto e flessibile di

combinazioni non casuali e di significati che vanno al di là della portata di una coscienza come

quella di Casaubon, anti-mitologica, anti-metaforica e perciò antivitale per eccellenza. Inoltre, nella

56 Middlemarch, ibid.57 Gillian Beer, p. 16358 Bellissima metafora in Middlemarch, p. 17659 George Eliot, The Progress of the Intellect, in: Selected Critical Writings, cit. p. 19

sua ossessione per la cosiddetta «key of all mythologies»60 (altra metafora significativa), si

cristallizza la sua incapacità di capire la natura vitale del mito che è irriducibile ad un singolo

elemento, avendo bisogno di essere contestualizzato per acquisire senso. Il cambiamento, la forma

della vita vanno irrimediabilmente al di là delle sua capacità concettuali, motivo per cui ogni

mitologia rimarrà per lui solo materia morta. La sua intelligenza non è relazionale, così come la sua

unità di individuo è mancante nelle parti cruciali che collegano le emozioni e i pensieri razionali

alla conoscenza, contrariamente alla sua giovane moglie.

Accostando elementi culturali, storici e scientifici, la Eliot riesce a riprodurre lo spirito del

momento che descrive, non isolandolo affatto in una spiegazione essenzialista, bensì mostrandone

piuttosto gli aspetti di pluralità, sincronicità che le relazioni vanno a costruire. Middlemarch sembra

volerci suggerire che ogni interpretazione singola, esclusiva ed isolata dall'esperienza ci condurrà

verso l'errore, perché ogni cosa, per essere valida e realmente compresa, deve essere vista come una

pars pro toto. Ciò non implica che il frammento di una vita, per quanto tipico, sia la

rappresentazione, il campione di una rete regolare61: l'importanza sta tutta nel suo relazionarsi a

qualcos'altro.

Miti, sogni e metafore in Bateson

Nel pensiero ecologico di Bateson il mito, assieme alla metafora, acquista un'importanza chiave a

livello epistemologico. Lo studioso collega inoltre il discorso mitologico a quello del sogno, e così

facendo introduce la categoria delle metafore e cerca di spiegare il loro paradigma quale elemento

relazionale:

Un codice interessante, intermedio tra il codice iconico degli animali e il codice verbale della parola umana, può essere ritrovato nei sogni e nei miti degli uomini. (…) I sogni, verbali o no, devono essere considerati come proposizioni metaforiche, cioè i referenti dei sogni sono relazioni che il sognatore, consciamente o inconsciamente, percepisce nel mondo della veglia. Come in ogni metafora, i termini della relazione non sono menzionati, e al loro posto compaiono altri elementi (...) 62

Bateson ci tiene a ricordare come, presentandosi come punti di una relazione, gli aspetti metaforici

del sogno e del mito vedano rispecchiato il loro valore soprattutto nell'arte e nel teatro, campi in cui

60 Middlemarch, pp. 51 e 6961 'For the fragment of a life, however typical, is not the sample of an even web' Finale di Middlemarch, p. 68362 Verso un'Ecologia della Mente, pp. 459-460

la logica (metaforica) del sogno è stata abilmente elaborata. Dal momento che in questi processi gli

elementi (persone e cose) normalmente non vengono identificati, essendo il discorso è concentrato

sulle "relazioni" che sussistono tra di essi, e non sugli oggetti stessi, il discorso si pone come

sostanzialmente metaforico.63 Non vi sono segni indicanti alla mente conscia che il materiale del

messaggio è associativo, e così esso deve venire scoperto dal ruolo attivo del lettore o del

“ricettore” della metafora.

In questo contesto, l'arte viene vista come la ricerca della soluzione ad un problema di integrazione

delle diverse parti della mente e affinché la si possa conseguire è necessario che le ragioni del cuore

siano integrate con le ragioni della ragione64. Secondo Bateson, sarebbe una nobile impresa quella

di mettere insieme i sogni, la creatività artistico-poetica così come il meglio della religione, essendo

queste attività in cui è impegnato l’individuo intero. L’uomo nella creazione sente sé stesso come un

modello cibernetico65 ed infatti ciò che la coscienza non potrà mai apprezzare senza aiuto dell'arte,

dei sogni e simili è proprio la natura sistemica della mente. Ciò comporta che la pura razionalità

finalizzata, senza l'aiuto di questi fenomeni, senza l'aiuto del pensiero ecologico e cibernetico, può

essere dannosa e distruttrice di vita. Ecco come Mary Catherine Bateson, figlia di Gregory, descrive

tale processo, costituente la base dell'ecologia della mente e delle idee, nel suo libro Con occhi di

figlia:

La cibernetica, pare, fa di noi dei poeti, così come qualsiasi sistema formale che permetta il riconoscimento della somiglianza all'interno della diversità. Se si guarda oltre la rigidità di una albero fino a vederlo vivo, lo si percepirà più simile a una donna che a un palo del telefono, [...]. La cibernetica è una metafora: si presta a un’analisi formale e consente di cogliere l’esistenza degli stessi modelli nella vita di un gruppo, di una cellula o di una barriera corallina 66.

Il modo in cui Bateson descrive questo pensiero metaforico si traduce nel «pensare per storie»67,

allenando la mente a ragionare in modo da collegare elementi, traendo spunto dal mondo della

natura che è pervaso dalla stessa logica.

La lezione di Gregory Bateson, analogamente a quella espressa dalla Eliot in Middlemarch, sembra

volerci suggerire di “imparare e conoscere” o meglio di «imparare ad imparare»68 lasciandosi

63 Verso un'Ecologia della Mente, p. 45964 Ibid. p. 16765 Ibid. p. 47866 Mary Catherine Bateson, Con occhi di figlia, Milano, Feltrinelli, 1985, pp. 183-184. Cfr con Wordsworth, Preface

to Lyrical Ballads: 'the Poet binds together by passion and knowledge the vast empire of human society, as it is spread over the whole earth, and over all time. The remotest discoveries of the Chemist, the Botanist, or Mineralogist, will be as proper objects of the Poet’s art as any upon which it can be employed, if the time should ever come when these things shall be familiar to us, and the relations under which they are contemplated by the followers of these respective sciences shall be manifestly and palpably material to us as enjoying and suffering beings.' In: The Major Works, cit. p. 606

67 Verso un'ecologia della mente, p. 48768 Verso un'ecologia della mente, pp. 338-9

attirare e guidare dalla complessa trama interattiva fatta di biologia, conoscenza, emozioni,

relazioni, società. Seguendo la concezione di ecologia culturale applicata alla letteratura, la logica

del pensiero concettuale con le sue generalizzazioni e classificazioni gerarchiche e divisorie viene

trasformata in un campo di energia dinamica in cui possono avvenire continui attraversamenti di

confine, in cui sfere tenute tradizionalmente separate possono riuscire a comunicare, come ad

esempio attraverso l'interazione di personaggi ad incarnarne i diversi principi.69 Questo è

esattamente ciò che sembra avvenire in Middlemarch: assistiamo all'apertura di un sistema di

pensiero che ha come valore la multiformità dei processi della vita, e alla base del quale si colloca

l'empatia, a rappresentare una dinamica relazionale e conoscitiva indispensabile.

L'impiego massiccio dei cosiddetti metaloghi70, poesie e metafore, evidente nell'opera Verso

un'ecologia della mente di Bateson, unito alla sua particolarissima scrittura, sembra essere la

caratteristica di un linguaggio maggiormente vicino al mondo dell'organismo vivente, in grado di

riprodurre i movimenti della «danza di parti interagenti»a71 della vita senza troppo snaturarla. Le

“storie” in questo senso sono una metafora dell'esistenza, un procedimento che la Eliot avrebbe

probabilmente condiviso. A questo proposito è importante ricordare la posizione di quest'ultima

rispetto l'eventuale creazione di un linguaggio universale su base razionale: commentando tale fatto,

la scrittrice affermava72 quanto esso sarebbe stato lontano dalla vita vera, aggiungendo che nessuna

conoscenza o scienza sono possibili senza il legame con essa. Per le stesse ragioni lei apprezzava il

discorso di Darwin, visto come una maniera di «esprimere la vita»73, in opposizione all'eventualità,

disdegnata da entrambi, di instaurare un

Patent de-odorized and non-resonant language, which effects the purpose of communication as perfectly and rapidly as algebric signs.74

Se si fosse ipoteticamente riuscito a creare questo linguaggio perfettamente razionale ed ordinato,

qualcosa di molto rilevante andrebbe infatti perduto:

69 Catrin Gersdorf, Sylvia Mayer, Introduction. In: Nature in Literary and Cultural Studies: Transatlantic Conversations on Ecocriticism, Amsterdam, Rodopi, 2006

70 Il 'metalogo' è definito nel modo seguente da Bateson: 'una conversazione su un argomento problematico. Questa conversazione dovrebbe essere tale da rendere rilevanti non solo gli interventi dei partecipanti, ma la struttura stesa dell'intero dibattito (…) E' da notare che la storia della teoria evoluzionistica è inevitabilmente un metalogo tra uomo e natura, in cui la creazione e l'interazione delle idee devono necessariamente esemplificare il processo evoluzionistico.' In: Verso un'ecologia della Mente, p. 32

71 Definizione data da Bateson in: Mente e natura, un'unità necessaria, Milano, Adelphi, 1984, p. 2772 George Eliot, The Natural History of German Life, in: Selected Critical Writings, cit. p. 28373 Ibid.74 Ibid.

Your language be a perfect medium of expression to science, but will never express life, which is a great deal more than science.75

Sympathy in Eliot

Come abbiamo già accennato, la Eliot, proprio come un'antropologa contemporanea, punta non solo

a descrivere il mondo da lei osservato, ma anche ad essere coinvolta emotivamente con i suoi

abitanti, analizzando ed esprimendo i pensieri, i sentimenti e le motivazioni dei soggetti che

attraverso le loro azioni ed interazioni complesse compongono quel particolare mondo sociale che è

Middlemarch. Così, sono i poteri della mente intesa in senso ampio, ad interessare e ad andare a

definire l'impresa dello scienziato umano e romanziere. Riecheggiando l'attività del narratore e

dell'artista, questa introduzione ad una vita sociale più ampia presuppone la capacità di riconoscere

le differenze e di fare di conseguenza le connessioni necessarie, quelle che i personaggi spesso non

riescono a vedere. Secondo la Eliot, la separazione e la differenza precedono necessariamente

qualsiasi l'unità, dal momento che ciò che non differisce non può nemmeno venire unito. Ciò vale

sia per la vita che per l'arte, ed è così che per lei ogni differenza diventa forma.76

La Eliot comunica ai suoi lettori una sorta di imperativo morale che si traduce nella necessità della

duplice azione della differenziazione e dell'unificazione, corrispondente all'empatia da una parte e

all' espressione di sé dall'altra. Dorothea Brooke impara finalmente ad ascoltare il suo cuore, e solo

attraverso la conoscenza derivata da ciò può iniziare ad occupare il suo posto nel mondo: è il

proprio ego inteso in maniera completa, unito nei suoi aspetti di mente e cuore oltre che corpo, ad

incarnare il requisito necessario all'empatia per prendere vita e manifestarsi verso gli altri. Dorothea

lotta fra i suoi errori per acquistare una chiarezza di visione nelle sue relazioni deludenti con il

marito e così il narratore stesso sembra chiedere al lettore di dirigere la propria empatia anche verso

il personaggio di Casaubon, prototipo dello studioso arido ed egoista. La sensibilità creativa infatti

porta con sé la responsabilità non solo percettiva ma anche quella connettiva. In Dorothea,

conoscenza ed emozione generano attivamente l'un l'altra: è così che lei impara, mentre Casaubon

rimane costantemente indietro, fossilizzato in una conoscenza morta.

A differenza dell'isolamento privato dell'ego romantico, ciò che la Eliot ricerca sono le intuizioni

comuni, seguendo in una certa misura anche la lezione del pensiero di Feuerbach, (di cui aveva

75 Ibid.76 George Eliot, Notes on Form on art, in: Selected Critical Writings, cit. pp. 355-356

scritto una recensione nel 1854), il quale portando la religione direttamente nel campo

dell'antropologia e della psicologia, aveva letto il Cristianesimo come un fenomeno essenzialmente

umano. Secondo lui la sua essenza era infatti l'essenza stessa dell'emozione umana, quella che lega

l'uomo al suo ambiente, e solo attraverso di essa era possibile superare quella forma di

legittimazione del dominio dell'uomo sulla natura insita al Cristianesimo 77 che lo aveva alienato dal

suo mondo. Inoltre, già nella sua recensione di The Progress of the intellect di Mackay (1851) 78, la

Eliot aveva descritto la rivelazione divina come qualcosa che va continuamente realizzandosi nel

vissuto umano, secondo una chiave di lettura per cui mondo materiale e mondo morale sono uniti

dalle stesse basi. Ciò rendeva religione e filosofia sovrapposte una all'altra, condividendo le stesse

leggi e dando luogo alla dinamica ricerca di un'integrazione possibile.

Per questo motivo, l'empatia viene concepita come un sentimento che unisce agli uomini e come

una ricerca di affinità avente ripercussioni anche sull'arte, in quanto la vita è arte così come l'arte è

vita per lei. É una questione di forma, di ordine o struttura, che reca con sé ripercussioni estetiche

ed epistemologiche. L'empatia è dunque il sentimento sociale per eccellenza: è la capacità e la forza

di entrare negli stati mentali di altre persone e condividerli, comunicando, e assume un'importanza

enorme nel rendersi forza di legami sociale. Ed è per questo che

The greatest benefit we owe to the artist, whether painter, poet or novelist, is the extension of our sympathies79

E ancora, facendo riferimento a Dickens e ai suoi personaggi:

If he could give us their psychological character – their conceptions of life, and their emotions – with the same truth as their idiom and manners, his book would be the greatest contribution Art has ever made to the awakening of social sympathies.80

L'empatia e la vita morale sono entrambe cruciali per l'attività estetica, ma tutte e tre – empatia, vita

morale ed attività estetica – dipendono da quella abilità di fare le connessioni necessarie, che deriva

dalla capacità di fare distinzioni, di percepire la differenza 81: in questo consiste pure la base di

qualsiasi pensiero “ecologico”.

77 'Only by uniting man with Nature can we conquer the supra-naturalistic egoism of Christianity'. George Eliot, From the Translation of Feuerbach's the Essence of Christianity, in: Selected Critical Writings, cit. p.69

78 George Eliot, The Progress of the Intellect, in: Selected Critical Writings, cit. pp. 20-2379 George Eliot, The Natural History of German Life, cit. p. 26380 Ibid.81 Elizabeth Deeds Ermath, George Eliot's conception of Sympathy (1985) in: Nineteenth-Century Fiction, Vol. 40,

no. 1 (June), p. 42.

Emozioni e conoscenza

Attraverso le riflessioni su empatia, metafora e relazionalità si può giungere a comprendere meglio

come in Middlemarch si espliciti la necessità di abbandonare quella sorta di retorica del controllo82

costituente il punto di vista dell'epistemologia dominante sia al tempo della Eliot che al tempo di

Bateson (come ancora adesso), imperniata sulla credenza che le emozioni disturbino la conoscenza

del mondo circostante. Il risultato è il delinearsi di una necessaria “coscienza emotiva”, la quale

rappresenta il punto di vista opposto: le emozioni sono preziose e fondamentali per la conoscenza

del mondo culturale e sociale di cui siamo parte. É questo lo stesso motivo per cui secondo Bateson

lo studio del vivente non può sottrarsi all’empatia con esso. Ciò non implica l'impossibilità di una

rappresentazione obiettiva o razionale, ma solo la rinuncia ad inseguire ossessivamente la

descrizione unica ed univoca, favorendo l’adozione di un criterio di doppia descrizione, così come

la chiama Bateson.83 Una descrizione che prende corpo simultaneamente dall’esterno e dall’interno,

senza mai appiattire una delle due modalità sull’altra. L'unità di mente e natura, così come quella di

razionalità ed emozioni, va a soddisfare un'esigenza epistemologica legata al rifiuto del dualismo e

a qualsiasi affermazione di identità assoluta. Bateson sposta dunque l'asse del problema: l'unità

comporta la differenza, senza cui non è possibile neppure accedere alla possibilità della

comunicazione e all'idea della struttura che connette .

Questa concezione ha immediate ripercussioni etiche che sono le stesse che portano Bateson a

muovere una profonda critica alla cultura occidentale. L’errore di questa, come abbiamo già visto,

consiste nel suo carattere dicotomico che separa la ragione dalle emozioni, l’individuo dalla società

e l’umanità dalla natura. L’uomo distrugge il proprio ambiente senza accorgersi di distruggere anche

se stesso, e qualcosa di analogo accade a livello della mente individuale. L’io cosciente si separa dal

mondo inconscio delle emozioni ritenute irrazionali, che invece in realtà operano secondo propri

algoritmi, e quindi hanno una propria logica, che è però diversa da quella del linguaggio, e quindi

della coscienza.

Agli anglosassoni che trovano molesta l'idea che i sentimenti e le emozioni siano i segni esterni di algoritmi precisi e complessi, si deve di solito dire che queste faccende, cioè la relazione tra l'io e gli altri e tra l'io e l'ambiente, sono, in realtà, il contenuto di quelli che sono chiamati 'sentimenti' 84

82 Catherine Lutz, Geoffrey M. White, The Anthropology of Emotions, in: Annual Review of Anthropology, Vol. 15. (1986), p. 409

83 Mente e Natura, cit. pp. 92-12284 Verso un'ecologia della Mente, pag. 179

E' interessante confrontare questo passaggio con uno dei momenti salienti del romanzo della Eliot,

in cui Will Ladislaw si incontra da solo con Dorothea e pronuncia le seguenti parole:

To be a poet is to have a soul so quick to discern that no shade of quality escapes it, and so quick to feel that discernment is but a hand playing with finely ordered variety on the chords of emotion—a soul in which knowledge passes instantaneously into feeling, and feeling flashes back as a new organ of knowledge. 85

Dunque, nell'epistemologia della Eliot così come in quella di Bateson, le emozioni assumono un

ruolo fondamentale e insostituibile, e così accade che queste, che possiamo considerare come

un'eredità del romanticismo, emerse preponderantemente grazie ad un pensiero romantico che era

“anti-scientifico”, si rivelino ironicamente incluse in un pensiero scientifico nuovo, quello

cibernetico, legittimandolo. Bateson afferma:

È il tentativo di separare l'intelletto dall'emozione che è mostruoso, e secondo me è altrettanto mostruoso (e pericoloso) tentare di separare la mente esterna da quella interna, o la mente dal corpo.86

A questa tradizione Bateson contrappone l’ecologia delle idee, ossia la riflessione sulle relazioni tra

l’uomo e il sistema in cui vive. Essa mira ad ottenere la saggezza87, intesa come la conoscenza

profonda del sistema cibernetico. Per raggiungere questo stato è necessario ricongiungere la

coscienza con l’inconscio, la mente individuale con la più vasta mente dell’ecosistema, evitando di

cadere nell’errore opposto, ossia nell’abbandono totale della ragione. I mezzi per ottenere questa

connessione sono numerosi, e riguardano le attività in cui vengono utilizzati il maggior numero

possibile di livelli della mente. Come abbiamo già visto, esempi di queste attività sono dati dall’arte

in tutte le sue varie forme, dalla religione, dalla musica, dal contatto con la natura, dall'empatia e

anche dall’amore. In questa concezione, l’unità di sopravvivenza è l’individuo e l’ambiente. È in

questa ricerca della saggezza e della grazia che si esplica il carattere etico dell’ecologia di Bateson.

Analogamente, nell'etica e nell'epistemologia di Middlemarch, ciò che preoccupa lo scienziato

sociale e narratore non è la fine di un mondo, bensì le relazioni dell'individuo con la società. Come

viene rimarcato nel finale: «(…)there is no creature whose inward being is so strong that it is not

greatly determined by what lies outside of it».88 Queste relazioni sono sempre caratterizzate da un

contenuto emotivo, che viene reso evidente attraverso l'esercizio dell'empatia, considerata da Eliot

uno dei valori più importanti nella società, probabilmente la base stessa della vita sociale.

85 Middlemarch, Capitolo XXII, pag. 18686 Verso un'Ecologia della Mente, pag. 50587 Ibid. p. 53188 Middlemarch, Finale, pag. 688

La struttura più grande, il generale e il particolare in Middlemarch

Fra le varie metafore di cui George Eliot si serve in Middlemarch, di particolare rilievo sono quelle

ottiche del microscopio e del telescopio89, due mezzi potenti che avevano reso realizzabile la

pluralità dei mondi, delle dimensioni ed esistenze al di là dei limiti dei nostri sensi. Si tratta di

strumenti scientifici che avevano esteso le possibilità dell'indagine verso l'infinitamente piccolo e

l'infinitamente grande, il generale ed il particolare ma che allo stesso tempo rappresentavano i

possibili “pericoli epistemologici” della scienza applicata allo studio della vita sociale dell'uomo: un

eccesso di particolarità ed uno di generalità conducevano entrambi ad un errore di scienza ideale

lontana dalla realtà della vita vera.

Ad esempio, nei personaggi di Casaubon e Lydgate, il polo di ricerca rivolto agli universali si rivela

ben saldo per entrambi (darwiniani in questo), ma la differenza sta nella loro capacità di attenzione

ai particolari. Il fatto che Casaubon abbia espunto dalla sua coscienza il dato riguardante la

recensione sfavorevole sul suo saggio condanna la sua ricerca alla sterilità. Lydgate, al contrario

vuole fare un “piccolo lavoro” per Middlemarch ma allo stesso tempo un “grande lavoro” per il

mondo, e nel suo caso, se un dato mette in crisi le sue ipotesi generali, lui non lo insabbia.

Il particolare e l'emozione hanno il potere non solo di disarmare, ma anche di far ripartire una

riflessione con un governo della mente nuovo che deve tenerne conto. In questo senso, il

personaggio di Lydgate (che sembra seguire lo stesso principio di ricerca del romanzo) incarna una

sorta di vitale compromesso fra l'estetica classica degli universali (applicata al relativo modello

scientifico) e la nuova estetica romantica fondata da una parte sul particolare storico, individuale e

dall'altra sulle emozioni. Il suo metodo tiene saldi due poli opposti, reca in sé infinitamente piccolo

e infinitamente grande, proprio come nella metafora del cuore, in cui avviene espansione e

restringimento attraverso le sistole e le diastole.90

In Middlemarch la lezione “scientifica” si traduce in uno stimolo verso la ripetizione e la

comparazione nello studio dei processi umani e delle loro relazioni. Ciò che ne deriva è perciò la

89 Per esempio in Middlemarch: 'In this way, metaphorically speaking, a strong lens applied to Mrs Cadwallader's matchmaking will show a play of minute causes producing what may be called thought and speech vortices to bring her the sort of food she needed'. Middlemarch, p. 48

90 'A systole and diastole in all inquiry' in: Middlemarch, p. 526 il cui scopo è di 'continually expanding and shrinking between the whole human horizon and the horizon of an object-glass'; da una visione telescopica, ad una microscopica, fino a quella 'inaccessible by a any sort of lens.' in: Middlemarch, p. 137. cfr. questa visione inoltre con: Enrica Villari, Scott, la genesi del romanzo storico e l’eredità del romanticismo: l'emozione e il particolare nei processi conoscitivi, in: P. Tortonese, a cura di, C'è del metodo in questa follia. L'irrazionale nella letteratura romantica, Roma, Bulzoni, in corso di stampa.

constatazione che non c'è un «primitive tissue»91 per Lydgate, così come non c'è una «key to all

mythologies» per Casaubon. Il pensiero di George H. Lewes, che ebbe enorme influenza sulla Eliot,

si differenziava dalla storia vista da Darwin per un unico punto fondamentale: l'idea del singolo

progenitore. La sua focalizzazione, come quella di Middlemarch, è sulla pluralità piuttosto che la

singolarità, o meglio sulle varie singolarità nella e della pluralità; ed è questo l'argomento cruciale

nello sviluppo del romanzo, un'opera che attira l'attenzione sulla propria stessa organizzazione.92

Il messaggio del romanzo sembra riguardare l'epistemologia stessa, similmente alla maniera in cui

l'opera di Gregory Bateson focalizza l'attenzione sui processi del conoscere, che è la base

fondamentale per ogni studio antropologico. I personaggi che compongono la storia di

Middlemarch si conformano alla tassonomia degli eventi ma allo stesso tempo ci dimostrano quante

modalità diverse esistano di sentire e di pensare. Come fa notare Gillian Beer:

For Dorothea and Casaubon waiting for death means something very different from what it means for Mary Garth and Featherstone. The relations are different. The distances between people are different.93

Nell'epistemologia di Bateson i fenomeni sono considerati sotto il loro profilo della loro

interrelazione, fatto che rende qualsiasi campo d'azione una sorta di “spazio di comunicazione”.

Questo fatto porta allo stabilirsi di una gerarchia di contesti che spingono l'antropologo e lo

scienziato a cercare la spiegazione in unità sempre più grandi, senza perdere però di vista la

struttura del singolo organismo94. Analogamente, Middlemarch si occupa della cosiddetta “rete di

affinità” posizionando le relazioni in uno spazio e tempo ben determinati, il che sembra voler

comunicare il senso che tutto può essere conosciuto se si sanno fare i giusti collegamenti.

'I at least have so much to do in unravelling certain human lots, and seeing how they were woven and interwoven, that all the light I can command must be concentrated on this particular web'95

E ancora una volta, questo sembra confermarci come sia la figura di Lydgate ad essere forse quella

più rilevante, dal momento che le sue ambizioni appaiono sovrapporsi a quelle del romanzo, nel suo

sforzo di dimostrare le più intime relazioni della struttura vivente. Egli racconta di come sia stato

segnato precocemente da un interesse per la struttura, e di come sia questo a costituire precisamente

l'oggetto d'indagine della sua professione.

91 Middlemarch, pp. 123 e 22592 Gillian Beer, cit. pag. 15493 Ibid.94 Secondo Bateson, contrariamente alla fisica, dove la spiegazione del macroscopico va ricercata nel microscopico,

per la cibernetica di solito è vero il contrario: senza contesto non c'è relazione e dunque qualsiasi comunicazione è irrealizzabile. In: Verso un'Ecologia della Mente

95 Middlemarch, pag.117

Goerge Eliot riuscì a renderle proprie il pensiero e le pratiche scientifiche della cultura del suo

tempo, percependone la portata e le implicazioni in termini concettuali ed emotivi ed estendendone

il valore attraverso la loro applicazione ad una forma particolare di letteratura. I metodi dello

scienziato divennero così gli stessi metodi di cui servirsi per strutturare le trame nel romanzo, e i

fondamenti teorici della scienza diedero impulso ad una nuova organizzazione della narrativa.

La costruzione della trama, focalizzata sia sul particolare che sul generale, sembra rappresentare

una presa di posizione verso una forma di interpretazione radicale della realtà in termini relazionali,

un modo di far comunicare fenomeni diversi esplicitato anche dall'uso della metafora, proprio come

avrebbe fatto la cibernetica di Bateson molti anni più tardi.

Conoscenza e totalità: la forma e la differenza

Se Bateson rappresenta l'espansione della conoscenza attraverso dei processi alterni di separazione

e combinazione96, la Eliot descrive la forma come legata ad un processo di individuazione e di

accrescimento simultanei di differenze, a cui segue un riconoscimento di somiglianze a livello più

alto, fino ad arrivare alla concezione di totalità. Forma e totalità sono in questo senso legate, in

quanto quest'ultima è

(...)composed of parts more and more multiplied and highly differenced, yet more and more absolutely bound together by various conditions of common likeness or mutual dependence97.

La Eliot utilizza la parola consensus98 per descrivere le relazioni di mutua dipendenza fra le parti di

cui l'intero è composto:in un organismo complesso nessuna parte può subire aumento o diminuzione

senza la partecipazione di tutte le altre parti negli effetti così prodotti e la conseguente

modificazione dell'organismo come intero'99 Questa spiegazione sembra anticipare l'idea cibernetica

di sistema:

And as knowledge continues to grow by its alternating processes of distinction and combination, seeing smaller and smaller unlikenesses and grouping or associating these under a common likeness, it arrives at the conception of whole composed of parts more and more multiplied and hightly differenced, yet more and more absolutely bound together by various conditions of common likeness or mutual dependence.

96 Esemplificato dal caso della 'schismogenesi' che verrà fra poco accennata.97 George Eliot, Notes on Form in Art, cit. p. 35698 Ibid. pag. 35899 Ibid. Da notare come Bateson affermi che mente e forma, in quanto principi esplicativi che più di tutti richiedevano

indagine, furono estromesse dal pensiero biologico nelle teorie evoluzionistiche di Darwin e Huxley. In: Verso un'ecologia della Mente, p.490

And the fullest example of such a whole is the highest example of form.100

Il dato interessante qui è che la spiegazione della Eliot riguardo al funzionamento delle parti in una

totalità viene sviluppata all'interno di un suo saggio sulla forma in arte: ciò conferma la sua

tendenza a stabilire collegamenti fra discipline diverse e a vedere l'organicità nella produzione

artistica. Secondo questa visione, la forma può essere denominata superiore od inferiore solo in base

allo stesso principio per cui applichiamo queste parole agli organismi, ovvero in relazione alla

complessità delle parti unite insieme in un intero indissolubile. E come abbiamo già visto, un

criterio fondamentale per il raggiungimento di una complessità all'interno dell'unità nella sua

letteratura è la coincidenza dell'elemento relazionale con quello emotivo-empatetico.

Bateson si occupa analogamente di stabilire i criteri costitutivi alla base dei processi di unificazione

delle parti nell'arte:

Blake osservò che 'una lacrima è una cosa intellettuale', e Pascal affermava che 'Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce'. I ragionamenti del cuore (…) riguardano questioni che sono vitali per i mammiferi, cioè questioni di relazione, e intendo dire amore, odio.101

Egli aggiunge inoltre che vi sono dei chiari collegamenti fra l'uno e l'altro tipo di pensiero e che

sono gli artisti ed i poeti ad occuparsene in modo specifico: l'arte, contrariamente alle visioni

riduttive comuni, non è una “mera espressione dell'inconscio”, ma si occupa piuttosto del rapporto

tra i livelli del processo mentale. E così l'abilità artistica è quella di riuscire a combinare molti

livelli mentali- inconsci, consci ed esterni per affermarne la relazione: vederne la differenza e poi

trovare il legame. Proprio come affermava la Eliot nel suo saggio Notes on Form in Art (1868).

Secondo lei, la forma, come elemento dell'esperienza umana e come distinta dalla pura impressione,

deve innanzitutto dipendere dalla separazione, ovvero dalla capacità di distinzione di quelli che

sono gli insiemi, e dopodiché delle singole parti a comporre questi insiemi: solo così sarà possibile

inserire questo insieme in un contesto più ampio. Questo è esattamente ciò che Bateson considera

come il principio e la base epistemologica della teoria dell'informazione:

L'unità d'informazione è la differenza, anzi, l'unità d'ingresso psicologico è la differenza.102

Nello stesso saggio, la Eliot conferma la sua aderenza a visioni di unità organica dell'opera

100 George Eliot, Notes On Form in Art, cit. p. 356101 Verso un'Ecologia della Mente, pag. 505102 Verso un'ecologia della mente, p. 524

letteraria, secondo il principio che lega le emozioni e la forma, combinando nel suo modo

particolare l'eredità romantica della letteratura e della poesia come sistema vivente e l'insistenza

scientifica al dettaglio dell'osservazione, della ripetizione e dell'analogia:

Poetic form was not begotten by thinking it out or framing it as a shell which should hold emotional expression, anymore than the shell of an animal arises before the living nature; but emotion, by its tendency to repetition (…) creates a form by the recurrence of its elements in adjustment with certain given conditions of sound, language, action, or environment. Just as the beautiful expanding curves of a bivalve shell are not first made for the reception of the unstable inhabitant, but grow and are limited by the simple rhythmic conditions of its growing life.103

Insomma il crearsi di una conchiglia per l'animale marino dipende da condizioni esterne ed interne a

lui: si tratta di una serie di relazioni determinanti, che produrranno la forma, come opera d'arte in

cui il soggetto (animale, o umano, ad ogni modo organico) si troverà a vivere. Questa sembra essere

una bellissima spiegazione ecologica dell'arte e del suo rapporto con l'emozione, che si rivela come

elemento energetico, relazionale, un atto fra l'io e il mondo che è premessa di ogni conoscenza e che

per George Eliot costituiva essenza stessa dell'arte. E' il principio estetico dell'empatia per cui

l'elemento emotivo e conoscitivo coincidono.

Secondo Bateson, se si vuole spiegare o capire qualcosa nel comportamento umano, si ha sempre a

che fare con circuiti totali, completi: questo è il pensiero cibernetico elementare. In questa visione,

il sistema agisce su e con le differenze: l'interazione tra le parti della mente è attivata dalla

differenza; l'individuo è parte di una dinamica e, così, anche la sua azione. Non solo, la sua azione

può avere un significato soltanto se interpretata all'interno delle cornici relazionali di cui è parte, in

altre parole, del suo contesto.

Il concetto di separazione e combinazione applicato allo studio della società in antropologia si

collega in modo interessante alla visione epistemologica di Bateson chiamata schismogenesi. Nel

tentativo di formulare una cornice epistemologica con cui riuscire a comprendere e studiare altre

culture, Bateson giunge ad esplorare la questione che concerne il rapporto fra l'interezza e singolo.

Essa è motivata dalla necessità di descrivere i caratteri comuni nei termini relazionali tra le sezioni

differenziate di una comunità-società104. La cosiddetta schismogenesi , ovvero la creazione di

differenze comportamentali all'interno di una società, deriva per Bateson da un insieme di

interazioni cumulative tra individui, in conseguenza delle reazioni di certi individui alle reazioni di

103 George Eliot, Notes on Form in Art, pp. 258-9 104 Verso un'ecologia della mente, pag.128

altri. Secondo lui, ogni azione può essere letta come una risposta ad un certo tipo di input di azione

sociale, secondo uno schema che fa relazionare gli individui in modo inestricabile uno con l'altro.

Questo principio Bateson lo vede in atto già nel primo caso antropologico da lui studiato come

quello del rito del Naven. Il suo concentrarsi su casi particolari come questo viene completato

sempre dalla sua esigenza di ricavare una conoscenza in più su come è integrato l'universo tutto, su

larga scala, a livello della cosiddetta “struttura che connette”, la più ampia possibile.

Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e lo schizofrenico dall’altra?105

La risposta a questo sta proprio nella ricerca delle connessioni, nell'abilità di intrecciare campi, contesti e conoscenze: 'la matematica, la storia naturale, l’estetica e anche la gioia di vivere e di amare.106

In questo senso, Bateson esplicita la sua concezione più complessa e completa di epistemologia,

come di una scienza il cui metodo di ricerca è il confronto, e la cui differenza con il mondo

newtoniano è che essa si pone l'obiettivo di integrare non solo il contesto, ma anche il contesto del

del contesto prendendo in esame le meta-relazioni.107 Infatti, la regola fondamentale della teoria dei

sistemi e delle comunicazioni è che se si vuole capire un fenomeno lo si deve considerare nel

contesto di tutti i circuiti completi ad esso pertinenti.

Mente ed ecologia

Seguendo il ragionamento di Bateson, le cui basi abbiamo riconosciuto nel pensiero della Eliot, la

conoscenza viene definita come una sorta di “dinamica ecologica”. I processi cognitivi (in senso

ampio, includendo anche quelli emotivi) avvengono, infatti, all'interno dei sistemi viventi e i sistemi

viventi sono innanzitutto sistemi cognitivi nei quali vivere e conoscere: da questa idea si muove una

radicale svolta epistemologica.

Bateson afferma come fino a Lamarck fosse stata la mente a costituire la spiegazione del mondo

biologico: si riteneva ovvero che il mondo organico, il mondo vivente, possedesse una struttura

gerarchica, con la mente al vertice. La teoria evoluzionistica di Lamarck, da lui definita come la

prima teoria organica dell'evoluzione, fu costruita sulla base di una «curiosa tradizione storica»108:

105 Ibid. pag. 134106 Gregory Bateson e Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano. Verso un'epistemologia del sacro. Adelphi,

Milano, 1989, pag. 135107 Verso un'ecologia della mente, pag. 295108 Bateson cita Lovejoy ed il suo “The Great Chain of Being”, in: Verso un'Ecologia della Mente, pag. 489

ciò che Lamarck fece fu di capovolgere quella catena, facendo sì che ciò che era stata la

spiegazione, cioè la mente al vertice della scala, divenisse ciò che si doveva spiegare; fu così che si

aprì la questione della Mente. Per Bateson, alla base della soluzione sta proprio il riconoscimento di

una circolarità e interdipendenza fra processi cognitivi e sistemi viventi, secondo cui è il mondo

biologico a poter costituire la spiegazione della mente. Essa non è qualcosa di soprannaturale, ma

nemmeno qualcosa di solo materiale: è qualcosa di vivente, di ecologico. Da qui Bateson parte per

costruire la sua definizione mentale del biologico e biologica del mentale, ovvero la sua ecologia

delle idee. Non possiamo descrivere ciò che accade negli organismi, nelle società o negli ecosistemi

senza pensare in termini di comunicazione, di organizzazione, di reazioni a differenze, vale a dire in

termini di tutti quei fenomeni descritti come mentali, che sono però anche parte di un sistema

evolutivo più ampio, sottosistema di una mente più vasta. Secondo lui, questa Mente più ampia

(…) è forse ciò che alcuni intendono per ‘Dio’, ma essa è ancora immanente nel sistema sociale totale interconnesso e nell’ecologia planetaria. […] Si rivela opportuna una certa dose di umiltà, temperata dalla dignità o dalla gioia di far parte di qualcosa di assai più grande: parte, se si vuole, di Dio109

In questo è rintracciabile una concezione di Dio simile a quella di Feuerbach, condivisa ampiamente

dalla Eliot.

Per tornare a lei, quest'ultima scrisse Middlemarch nello stesso tempo in cui il suo compagno Lewes

si occupava di elaborare teorie sull'importanza dei mezzi sociali nella costruzione della soggettività.

In questo egli si differenziava dalla visione tradizionale dello psicologo, abituato a considerare la

mente come qualcosa di separato dall'organismo, individuale o collettivo che fosse.

Le teorie della Eliot e di Lewes si distinguevano da quelle vittoriane che riproducevano la

separazione cartesiana fra mente e corpo, grande questione aperta della cultura inglese. Esaltando

l'interconnessione di pensiero e sentimento nel suo Problems of Life and Mind, Lewes indicava

invece il ruolo dell'emozione come forma di intelligenza, suggerendone il potenziale nello sviluppo

psicologico e sociale. Ragionare sul piano della separazione totale fra mente e cuore implica

ritenere che le emozioni distruggono la ragione. Ma, come afferma Pascal, ci sono due ragioni, che

non sono in contrapposizione una con l'altra: ed entrambe hanno un ruolo nei processi conoscitivi.

Lewes descriveva sentimento ed emozioni come fondamentali alla vita interiore e come parte

intrinseca della costante attività dell'organismo, riguardante le sue condizioni biologiche,

psicologiche e sociali, e fu così che egli giunse ad insistere su una sorta di identità essenziale di tutti

109 Verso un'ecologia della mente, pag. 502

i fenomeni fisici, affermando che «Feeling and Thought are indissolubly interwoven»110. Una delle

implicazioni di tutto questo è la visione che la mente umana è in larga misura sociale, e che

analogamente la società è in larga misura mentale, essendo entrambi sono aspetti differenti dello

stesso sistema.

Society, therefore, largely consists in communications among individuals (…) and can be described as a system of relations between or among personal ideas. 111

Allo stesso modo, per Bateson, dal punto di vista cibernetico una parola contenuta in una frase così

come una lettera contenuta in una parola, l'anatomia di un organo entro un organismo o il

comportamento di un membro all'interno di una famiglia, devono essere tutti spiegati mediante

un'analisi dei vincoli.112

Secondo la visione della Eliot, la mente è parte integrale della vita dell'organismo e deve essere

aperta ad accogliere l'influenza sia dei processi fisici esterni che dei suoi meccanismi interni, delle

condizioni ambientali e e delle interazioni con altri organismi. La scrittrice mette in risalto la

connessione fra mente e fisicità e si potrebbe quasi dire che Middlemarch rappresenti un sistema di

livello superiore in cui i poteri della mente, razionali, sensoriali, emotivi ed immaginativi, si

pongono come il motore alla base delle imprese dello scienziato umano e scrittore.

L'eterno nodo fra soggettività ed oggettività

La problematicità del nesso tra soggettività, emozione e scrittura deriva da un'impostazione

dualistica che vincola il corpo e la mente in unità separate e su cui si sono fondati la nascita e lo

sviluppo della cultura scientifica europea. Questa visione, come abbiamo visto, ha banalizzato la

natura complessa delle emozioni escludendole per lungo tempo dall'ambito di ricerca delle scienze

sociali; anche nell'antropologia queste sono state ignorate nel loro essere strumenti di conoscenza o

marginalizzati come tema da diari di campo. Secondo James Buzard,113 sia la Eliot che Dickens (ma

anche Walter Scott), attraverso la loro particolare scrittura caratterizzata dall'essere una «interrupted

110 Michael Davis cita Lewes in: George Eliot and 19th Century Psychology. Exploring the Unmapped Country, Aldershot, Ashgate, 2006, p. 13

111 Ibid. p. 19112 Verso un'ecologia della mente, pag. 438113 James Buzard, Disorienting Fiction. The autoethnographic Work of Nineteenth-Century British Novels, New Jersey,

Princeton University Press, 2005

fiction», comportante la partecipazione del narratore agli eventi, si rendono “participant observers”

della propria cultura britannica114 così come lo saranno gli antropologi a partire dalla lezione di

Malinowski dagli anni'30 del '900, fino a un certo punto all'interno ma alla fine anche all'esterno del

campo che studiano. Nell'opera di Dickens e della Eliot, l'alterazione strutturata di prospettive

diventa un elemento cruciale non nella resa non dell'altro, bensì dell'identità inglese stessa.

A position of relative distance from their cultures, not a stance of cosmopolitan exteriority to culture tout court. Throught their movements, the outside of (a) culture becomes “culturally relative”, reserved for the exercise of a particular insider's outsideness .115

Questo discorso ci ricollega in parte ad una delle grandi fasi inaugurate in antropologia nel corso

degli ultimi decenni di cui il pensiero della Eliot così come quello di Bateson possono essere

considerati precursori, ovvero il momento di Writing Culture. Si tratta di un esperimento

interdisciplinare che ebbe luogo nel 1984 a Santa Fe, in New Mexico, e che unì studiosi di Cultural

Studies, antropologi, storici delle idee e critici letterari in un confronto interdisciplinare in cui

vennero messi in gioco strumenti analitici e orientamenti teorici nuovi per l'antropologia, presi in

prestito soprattutto dalla critica letteraria e culturale. Il raduno incoraggiò gli antropologi a ripensare

ai processi di storicizzazione e del ruolo della disciplina in essi, e a filtrarli attraverso l'esperienza

personale di chi la vive in prima persona così come attraverso quella di chi viene “osservato”,

ponendo soprattutto l'accento sul ruolo delle emozioni. L'esperienza e la scrittura dell'antropologo

vennero quindi problematizzate in modo innovativo, cercando di trovare delle risposte che

potessero salvare la disciplina da una crisi che sembrava permearla da tempo. In particolare,

l'antropologo Renato Rosaldo portò alla ribalta tale questione116 attraverso la formulazione di una

sorta di empatia etnografica nuova, in riferimento alla possibilità dell'uso delle emozioni come

risorsa conoscitiva all'interno di un'impresa scientifica. Così facendo, Rosaldo tentava di riportare al

centro il problema della soggettività del ricercatore, particolarmente scottante nelle scienze

dell'uomo. Ma l'esperienza sul campo degli etnologi ci mostra sempre più che è possibile, e anzi

auspicabile, fare ricerca “con le emozioni”. Le riflessioni scaturite da ciò hanno contribuito ad

orientare l'antropologia in senso critico, per consentirle di spingersi oltre la polarità fra punto di

vista del “nativo” e quello del ricercatore, e tentare di risollevare una disciplina avente al cuore

della sua epistemologia proprio il valore dell'empatia.

114 James Buzard, Ethnography as Interruption: "News from Nowhere," Narrative, and the Modern Romance of Authority, Victorian Studies, Vol. 40 No. 3 (Spring, 1997) pp. 448-449

115 James Buzard, Disorienting Fiction. The autoethnographic Work of Nineteenth-Century British Novels, New Jersey, Princeton University Press, 2005 p. 42

116 Renato Rosaldo, Cultura e Verità, Roma, Meltemi, 2001

Rosaldo, in Cultura e Verità esplora la forza emotiva della morte non solo attraverso le pratiche dei

nativi, ma anche nell'analisi sociale stessa e per mezzo della sua scrittura, sulla base dell'esperienza

tragica derivata dalla perdita della moglie Michelle, nota antropologa, durante un incidente sul

campo. Da questo suo trauma del tutto personale riparte per affermare un'epistemologia etnografica

basata sull'importanza delle emozioni per la comprensione delle culture. Oltretutto, proprio gli

scritti di sua moglie, Michelle Rosaldo, sono fra le fonti di ispirazione degli incoraggianti studi

prodotti dalla cosiddetta scuola di “Antropologia delle emozioni”, di cui Catherine Lutz e Geoffrey

White scrissero per la prima volta nell'importante articolo “Anthropology of Emotions” nel 1986. Il

punto di vista della Rosaldo viene in esso esaltato come esempio di un atteggiamento volto a

spezzare le categorie dualistiche del pensiero occidentale:

Challenging theoretical divisions which split the cultural and ideational from the individual and affective, M. Rosaldo argues that emotions are not things opposed to thought so much as embodied thoughts, thoughts seeped with the apprehension that 'I am involved'.117

Tornando alla scuola di Writing Culture, è da rimarcare come essa abbia avuto il grande merito,

importante per il nostro tema, di inaugurare un nuovo dialogo fra letteratura ed antropologia,

mostrando come entrambe avessero da imparare una dall'altra. Nel suo intervento all'interno del

libro, Clifford fa un rilevante riferimento allo stile di scrittura di Dickens, presentandola come

esempio di spazio polifonico che può fungere da modello per una nuova scrittura etnografica con

cui gli antropologi possono imparare a gestire la questione dell'intersoggettività.118 Egli afferma

infatti come Dickens, l'attore, il narratore, il polifonico, si contrapponga a Flaubert, il maestro del

controllo d'autore, che si erge, come una divinità onnipotente, sopra i pensieri e i sentimenti dei suoi

personaggi. Perciò, l'antropologo, con atteggiamento analogo a quello di Dickens, dovrebbe lasciare

spazio ad una scrittura aperta al dialogo e promuovere il più possibile la molteplicità dei punti di

vista,119 su cui si riflette il principio per cui la disciplina antropologica non può essere oggettiva:

(...) nei Cultural Studies sappiamo che non possiamo più conoscere tutta la verità.(...) Ma non è una liberazione riconoscere che nessuno può scrivere di altri come se fossero testi od oggetti separati? E la visione di un'etnografia complessa, problematica e parziale, può forse portare a forme più raffinate, concrete, di scrivere e di leggere...?120

117 Catherine Lutz, Geoffrey M. White, Anthropology of Emotions, cit. p. 430118 Writing Culture, p. 330119 Cfr. a questo proposito con la cosiddetta visione “poligonale” di John Ruskin: 'Mostly, matters of any consequence

are three-sided, or four-sided or polygonal' e ancora: 'For myself, I am never satisfied that I have handled a subject properly till I have contradicted myself at least three times'. Cit. in: Villari, Enrica, Strategies of Contradiction in 'Fiction Fair and Foul' in J.Clegg e P. Tucker (a cura di), The Dominion of Daedalus, London, Brentham Press, 1994, p. 146

120 Writing Culture p. 54

La mia opinione è che attraverso “l'esperimento” di Middlemarch, la Eliot realizzi con successo la

stessa linea programmatica che combina in modo raffinato romanzo ed analisi sociale scientifica:

così facendo enfatizza anche il ruolo del romanzo come mezzo eccezionale che può fondere la

poesia del soggetto con la lente interpretativa dell'antropologo121. La forma del romanzo di

Middlemarch si distingue effettivamente per la sua complessa tessitura di trame ma anche per i suoi

riferimenti alla cultura, scienza e filosofia del tempo: un romanzo su vari livelli, in cui il narratore

stesso è incluso in una partecipazione attiva coi suoi personaggi. Similmente, nella sua opera

principale Verso un'ecologia della mente, di un secolo successiva, Bateson inserisce narrazioni

personali, “metaloghi”, poesie, a creare una struttura polimorfica, unita però nell'intento superiore

di dare una spiegazione alla mente. Così facendo, contribuisce a consolidare una disciplina che non

è solo l'antropologia o la scienza degli eventi fisici, bensì è l'ecologia, la cibernetica, qualcosa di

più.

Come emerso in Writing Culture, l'antropologia può imparare molto dalla letteratura, specialmente

se si tratta di un'antropologia di stampo “ecologico”. Così come l'ecologia tratta gli organismi nella

loro interrelazione con gli altri e con l'ambiente infatti, la letteratura si relaziona infatti ad altri

discorsi ed alla cultura in modo organico, funzionando come una forza ecologica all'interno il

sistema dei discorsi culturali. Sulla base dell'analisi che può essere fatta fra i processi ecologici e

quelli estetici, la letteratura appare come una “sonda” in grado di captare le mancanze e gli squilibri

della cultura più ampia, e allo stesso tempo come il sito della costante rinnovazione della creatività

culturale. La letteratura ha l'abilità di riconnettere122 e, spezzando quelli che sono i circuiti chiusi di

visioni del mondo dogmatiche e affermazioni di verità esclusive in favore di prospettive plurali,

significati multipli ed interrelazioni dinamiche, diventa il sito di un costante rinnovamento di

linguaggio, percezione, comunicazione ed immaginazione. Come forma di testualità

“metadiscorsiva”, essa ristruttura il materiale della lingua e dei sistemi di segni culturali prevalenti

in modo tale che le sue forme di auto-organizzazione richiamino i processi in cui, in una visione

ecologica, la vita stessa si organizza. Allo stesso modo, l’applicazione dell’epistemologia

cibernetica alla critica antropologica è estremamente attuale e preziosa per aiutarci a superare una

valutazione di cultura che risulta ancora oggi estremamente riduttiva, considerata non come un

sistema, ma il più delle volte come un “insieme di conoscenze”. Il risultato epistemologico viene

121 Mary Agnes Noble, Primitive Marriage: Anthropology and Nineteenth-Century Fiction, Doctoral Thesis at Princeton University, 2010. p. 207

122 Hubert Zapf, Nature in Literary and Cultural Studies, cit. p. 49

così dedotto dalla combinazione di elementi di comprensione offerti dal confronto fra prospettive

molteplici, discipline distinte e culture lontane, che rinnovano la nostra visione spesso limitata dal

controllo di una coscienza eccessivamente isolata.

Significativa a tal proposito è la frase estratta da una lettera di William Blake citata da Gregory

Bateson:

May God us keep / from single vision and Newton's sleep

La relazionalità su cui questo discorso ha tanto insistito è ciò che tiene assieme tutto, come risposta

dinamica, aperta alla vita e alle emozioni. Applicata alla letteratura, essa è stata d'ispirazione per

esperimenti di scrittura innovativa come quelli di Middlemarch, e combinata all'antropologia ha

sollecitato la necessità di un superamento dei limiti strutturali della disciplina. In entrambi i casi

emerge come questo principio, una volta adottato, si traduca nell'impegno a rappresentare la

completezza dei punti di vista come riconoscimento il più fedele possibile della realtà con cui ci si

confronta. Così come ricorda Bateson, siamo sempre in relazione con qualcosa, e per questo ogni

nostra risposta sarà sempre contemporaneamente interna ed esterna a noi: ciò che possiamo fare è

sforzarci di seguire il dipanarsi del filo, da una parte all'altra del capo, avventurandoci nei tanti

percorsi possibili e contigui che si intersecano nella rete di affinità del mondo.

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