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Invitato da Arnaldo Marcone a tenere una relazione su «Theodor Mommsen, l’I-talia e l’epigrafia» al Convegno di Udine/San Daniele del Friuli il 6 e 7 ottobre 2006,1

in uno degli intervalli delle sessioni mi chiedevo se si sarebbe potuto mai avviare uncensimento, con la conseguente e naturale edizione, delle lettere che Mommsenscrisse agli italiani; anche perché, dopo il mio lavoro del 2003 sull’epistolario diMommsen conservato alla Biblioteca Vaticana (oltre duecento lettere),2 avevo pazien-temente raccolto quanto nei decenni precedenti era stato pubblicato sull’argomento;avevo costituito un discreto schedario, e, suggestionato inoltre da importanti mono-grafie riservate all’edizione delle lettere di Mommsen ad alcune personalità delmondo scientifico, soprattutto tedesco,3 mi andavo sempre più convincendo che an-che l’Italia avrebbe dovuto disporre di simili repertori. Ne parlai a Cividale del Friulicon Marcone e poi con Oliviero Diliberto prospettandogli il mio desiderio. Da en-trambi ebbi un caloroso assenso. Non solo: proprio a conclusione dei lavori di quel-l’incontro Gino Bandelli nella relazione finale dava conto di questo progetto.4 Dopo

1 M. Buonocore, Theodor Mommsen, l’Italia e l’epigrafia, in A. Buonopane - M. Buora - A. Marcone(a cura di), La ricerca epigrafica e antiquaria nelle Venezie dall’Età Napoleonica all’Unità. Atti del Convegnodi Studi. Udine - San Daniele, 6-7 ottobre 2006, Varese 2007, 18-52.

2 M. Buonocore, Theodor Mommsen e gli studi sul mondo antico. Dalle sue lettere conservate nella Biblio-teca Apostolica Vaticana (Università di Roma «La Sapienza». Pubblicazioni dell’Istituto di Diritto Ro-mano e dei Diritti dell’Oriente Mediterraneo 69), Napoli 2003.

3 In particolare vd. Fr. Hiller von Gaertringen - D. Hiller von Gaertringen, Mommsen und Wila-mowitz: Briefwechsel 1872-1903, Berlin 1935; L. Wickert, Theodor Mommsen - Otto Jahn: Briefwechsel 1842-1868, Frankfurt am Main 1962; H.-E. Teitge, Theodor Storms Briefwechsel mit Theodor Mommsen. Mit ei-nem Anhang: Theodor Storms Korrespondenzen für die Schleswig-Holsteinische Zeitung 1848 (Schätze aus derDeutschen Staatsbibliothek), Weimar 1966; I. Sthalmann, Friedrich Carl von Savigny und Theodor Momm-sen. Ihr Briefwechsel zwischen 1844 und 1856, in P. Kneissl - V. Losemann (Hrsg.), Alte Geschichte und Wis-senschaftsgeschichte. Festschrift Karl Christ zum 65. Geburstag, Darmstadt 1988, 465-501; St. Rebenich, Theo-dor Mommsen und Adolph Harnack: Wissenschaft und Politik im Berlin des ausgehenden 19. Jahrhunderts.Anhang: Edition und Kommentierung des Briefwechsels, Berlin 1997. Ed ora St. Rebenich - G. Franke(Hrsg.), Theodor Mommsen und Friedrich Althoff. Briefwechsel 1882-1903 (Deutsche Geschichtsquellen des19. und 20. Jahrhunderts, 67), München 2012. Per la Francia vd. É. Gran-Aymerich, Theodor Mommsen(1817-1903) et ses correspondants français: la «fabrique» internationale de la science, JS 1, 2008, 177-229.

4 G. Bandelli, Conclusioni, in La ricerca epigrafica e antiquaria, cit., 377-378.

PER UNA EDIZIONE DELLE LETTERE DI THEODOR MOMMSEN AGLI ITALIANI

Marco Buonocore

«mediterraneo antico», xvi, 1, 2013, 11-38

alcune riunioni preliminari, in data 29 gennaio 2007, con Diliberto, Marcone e chiscrive (e viene sempre e spontaneo da pensare a quel «triumvirato pacifico sempree laborioso» come Mommsen amava definire quello da lui formato con Henzen ede Rossi per la realizzazione dei vari volumi del CIL) si è costituito a Roma il ‘Co-mitato Nazionale per l’Edizione delle lettere di Theodor Mommsen agli Italiani’,coinvolgendo nel consiglio scientifico numerosi studiosi italiani e stranieri nonchédando in diverse riviste internazionali il necessario annuncio5 con la creazione an-che di un sito informatico curato dal dott. Daniele Fusi. Quale sede legale del Co-mitato fu scelta la Sezione di Diritto Romano del Dipartimento di Scienze giuridi-che, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi «La Sapienza»; una sceltanon casuale ma profondamente congruente: non solo perché Mommsen, come sisa, è stato innanzitutto un grandissimo storico del diritto romano (non per nulla alterzo piano di quella Facoltà si conserva un suo ritratto donato da Otto Gra-denwitz), ma anche perché quel mio libro del 2003 appena evocato venne ospitatonella collana della Sapienza ‘Pubblicazioni dell’Istituto di Diritto Romano e dei Di-ritti dell’Oriente Mediterraneo’ per i tipi di Jovene Editore. La scelta, quindi, è sem-brata quasi naturale ed ineludibile. L’intero progetto ha avuto un finanziamentodall’Università della Tuscia di Viterbo, per gentile volontà del suo Magnifico Ret-tore, il prof. Marco Mancini, e del prof. Gaetano Platania, Preside della Facoltà diLingue e Letterature straniere afferente al Dipartimento di Scienze Umane del me-desimo Ateneo. A loro ancora una volta un sentito grazie per il prezioso contributoe la sensibilità dimostrata.

Quali sono le finalità di questo progetto?Dopo i suoi primi viaggi in Italia tra il novembre 1844 ed il maggio del 1847 per

la costruzione dei volumi V, IX e X del CIL, e non solo ovviamente (Mommsen nonmancò mai di etichettare il CIL – che potremmo definire un vero e proprio antesi-gnano ‘progetto europeo’ – «torre di Babele», «prigione epigrafica», «penitenziarionon infruttuoso»), Mommsen più volte vi dovette tornare, esplorando ed ispezio-nando luoghi già noti o aree su cui mai prima di allora aveva posto attenzione. Lotroveremo in Italia ancora nell’aprile del 1896, quando a Roma, presso la BibliotecaVaticana, gli fu concessa la possibilità di consultare personalmente il ms. 490 dellaBiblioteca Capitolare del Duomo di Lucca, appositamente per lui fatto pervenirenell’istituzione pontificia, in vista dell’edizione che stava curando del Liber Pontifi-calis per i Monumenta Germaniae Historica.6

Numerosi furono, dunque, questi suoi ritorni nell’amata Italia, che aveva potutoconoscere per oltre mezzo secolo con i suoi pregi ed i suoi difetti come scrivevanella ben nota lettera di risposta trasmessa il 24 giugno 1873 al conte Gian Carlo Co-

MARCO BUONOCORE12

5 «Athenaeum» 95, 2007, 554-555; «Epigraphica» 69, 2007, 470; QS 33, 2007, in terza di copertina;SDHI 63, 2007, 635; ZRG 124, 2007, 743; «Iura» 56, 2006-2007 (2008), 450-451.

6 Chr. M. Grafinger, Theodor Mommsens. Studien an der Vatikanischen Bibliothek, «Miscellanea Bi-bliothecae Apostolicae Vaticanae» 10, 2003, 131-135.

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nestabile della Staffa, il quale chiedeva suggerimenti in merito al futuro dell’inse-gnamento della scienza dell’Antichità in Italia:

Egregio signor Conte,Se durante il mio soggiorno costì non ho potuto rispondere alla carissima sua lettera del 4del mese passato, m’affretto di farlo dopo il mio ritorno alla relativa quiete del mio tavolinodomestico. Né lo faccio soltanto per ringraziarla della cortesia, con cui parla di me nell’im-portante articolo testè da lei pubblicato;7 anzi quest’è ben secondario motivo per me. Cor-tesia troviamo dappertutto in Italia; ma alleati pochi, pochissimi che, come lei, capiscano esentano, quant’è grave fra le piaghe d’Italia quel quotidiano deperimento degli studii clas-sici ed archeologici che pur per voi sono anche patrii, e quanto questo deperimento impo-verisce l’intelligenza della vostra nazione, creata larga e grande, come chi togliesse all’uomomaturo i ricordi della casa paterna e della bella sua gioventù. Ed io che conosco l’Italia datrent’anni e che l’amo come era e come è con tutti i suoi difetti, non posso nascondermiche, se sotto quasi tutti gli altri rapporti vi vedo un bel progresso, gli studii classici fannoun’eccezione assai triste e che nell’Italia del 1873, nell’Italia felicemente risorta noi altri po-veri pedanti pur cerchiamo invano, non già l’Italia del 1843, ma bensì l’Italia dell’Avellino,8

del Furlanetto,9 del Cavedoni,10 del Borghesi.11

Quanto alla sostanza del suo articolo mi associo pienamente tanto alle sue lagnanze, quantoalle sue proposte, e voglio sperare, che la sua voce autorevole possa spingere quei chestanno al timone a far ragione a domande così giuste e di cui l’esecuzione tanto più si ren-derà difficile, quanto più si differirà. È ben vero che il nome delle così dette antichità, da-tando da un’epoca, in cui sotto questo si trattava alla rinfusa di tutto ciò che non è né stret-tamente filologia, né stret/tamente storia, generalmente genera confusione ed anzi apponoi ora non si adopera, se non con un determinativo che toglie l’equivoco. Io non faccio,com’ella dice, un corso di antichità romane, ma di antichità dello stato romano (Staatsalterthü-mer), che è ben altra cosa, ed il mio compendio corrispondente anzi è intitolato RömischesStaatsrecht (jus publicum), nome che non metto nell’indice delle lezioni, perché potrebbe farcredere ad alcuni che si trattasse di un corso giuridico.Parmi che nelle vostre università, ad esempio delle nostre, si dovrebbe assolutamente evi-tare il così detto corso di antichità, annunciandosi invece sia un corso di archeologia, avendopreso questa parola oramai il significato ben determinato di antichità figurate e storia del-l’arte, sia un corso d’antichità statistiche, antichità militari, antichità private e via via.Sarebbe un grave errore il far entrare sia l’archeologia, sia un corso qualsiasi d’antichità nel-l’istruzione secondaria come oggetto separato d’insegnamento: ma io m’associo piena-mente al suo desiderio, che nell’interpretazione dei classici questi argomenti debbano trat-tarsi largamente, ed anzi so, che i migliori professori dei vostri licei con grande vantaggiogià si giovano dei materiali che l’Italia offre quasi dappertutto per questo fine ai giovani stu-diosi e che noi non abbiamo. Nei corsi universitarii senza dubbio l’archeologia ossia la sto-ria dell’arte antica deve avere il suo posto accanto alla filologia classica. Più difficile è lascelta di quel campo che nell’immenso territorio delle antichità si vorrà assegnare agli stu-

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7 Cf. G. Conestabile, Sull’insegnamento della scienza delle antichità in Italia, RFIC 1, 1873, 541-551.8 Francesco Maria Avellino (1788-1850).9 Giuseppe Furlanetto (1775-1848).10 Venanzio Celestino Cavedoni (1795-1865).11 Bartolomeo Borghesi (1781-1860).

dii universitarii, essendo affatto impossibile coltivarlo ivi intieramente. Nelle nostre univer-sità questa scelta è piuttosto determinata dalla individualità dei professori che da qualche re-gola generale, e questo è forse il miglior modo: si cerca, oltre al professore che dà l’inse-gnamento prettamente filologico, un altro che inclini agli studii così detti reali e si lascia poia lui piena libertà di fare un corso di storia antica o di antichità o d’epigrafia e via dicendo,come crede meglio. Però, generalmente parlando, prevalgono le antichità statistiche, comediciamo noi, cioè l’esposizione degli ordinamenti politici delle repubbliche di Roma e d’A-tene, e ciò per buone ragioni. Il corso di storia antica per ciò non basta e la conoscenza deimagistrati romani e greci od in generale delle istituzioni di quegli stati è di ben altra im-portanza per i giovani studiosi, che non lo sia l’epigrafia, la numismatica e tant’altre disci-pline, importantissime sì, ma sempre secondarie. Parmi ch’Ella dia a questi studii più im-portanza, che loro non spetti nell’insegnamento. La numismatica non ha mai fatta buonaprova nei corsi universitarii e l’epigrafia anch’essa è di second’ordine, tanto più che neglistudii romani essa ci porta quasi esclusivamente nell’epoca imperatoria, la quale è bene cheabbia ripreso il suo posto quasi perduto nell’istoria, ma nello insegnamento universitarionon può né deve primeggiare. È la forte epoca de’ consoli della repubblica romana, a cuideve iniziarsi la vostra gioventù, non la decrepita de’ legati degli Augusti. A me parrebbe /ben fatto, che i corsi delle antichità statistiche romane e greche si facessero obbligatorii dap-pertutto e che il resto si lasciasse all’individualità de’ professori e degli studenti. Non negoperò, che per le università più grandi sarebbe utile lo stabilire oltracciò una cattedra appo-sita per l’epigrafia romana, legata com’essa è alla storia dell’Italia in generale e di ogni cittàdella penisola in particolare.Berlino, 24 giugno 1873.Suo devot(issi)mo ed obbligat(issi)moTeodoro Mommsen.12

Un’Italia che considerava la sua «seconda patria» come ancora confidava a Pa-squale Villari il 30 gennaio 1903:

Theodor MommsenCharlottenburgMarch-Strasse 8.Illustre Signore,Ella mi onora invitandomi a partecipare al Congresso internazionale storico romano13 conparole troppo lusinghieri; ma insieme mi fa sentire che la mia vita è vissuta, e che nondebbo domandare altro di essa che di finirla tranquillamente e senza / vedere scoppiare lenuvole che oscurano il cielo tanto politico che letterario. Speriamo che l’Italia, la quale èstata per me una seconda patria, si goda un bel secolo di felicità e di progresso, e che il con-

MARCO BUONOCORE14

12 Pubblicata in: G. Conestabile, Sull’insegnamento della scienza dell’antichità in Italia, RFIC 2, 1874, 74-77. Su cui vd. ora M. Mazza, «Das Rasiermesser»: (brevi) note su Theodor Mommsen, la Altertumswissen-schaft tedesca e l’antiquaria italiana nell’Ottocento, in F. Mannino - M. Mannino - D.F. Maras (a cura di),Theodor Mommsen e il Lazio antico. Giornata di Studi in memoria dell’illustre storico, epigrafista e giu-rista, Terracina, Sala Valadier, 3 aprile 2004 (Studia archaeologica 172), Roma 2009, 14-15.

13 Il Congresso Internazionale di scienze storiche, presieduto da Villari, si svolgerà a Roma dal 1 al9 aprile 1903.

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gresso futuro l’inauguri degnamente. Siccome Ella ne terrà il timone, la gentilezza italianavi presidierà ed il cambio delle opinioni non arriverà a contese nazionali e personali14

Suo obbl(igatissi)moMommsenCharlottenburgGenn(aio) 30. 1903.15

Un’Italia in cui con dispiacere confessò di non essersi potuto definitivamente sta-bilire dopo le tristi personali vicende subìte ed in cui riconosceva quei tratti di cor-tesia, di gentilezza e di tolleranza del tutto assenti nel popolo tedesco: «Gentilezzaund Toleranz sind deutsche Lehnwörter und nicht bei uns erfunden» spesso ripe-teva.

Ma questa Italia fu clamorosamente assente al suo funerale svoltosi a Berlino il6 novembre 1903, nonostante l’alto encomio che Vittorio Scialoja ebbe a pronun-ciare in una pubblica seduta tenuta il 22 novembre ai Lincei, di cui Mommsen erastato socio corrispondente16 (l’unica presenza italiana ai funerali si riassunse in unacorona di alloro trasmessa proprio dall’Accademia dei Lincei). Forse perché quell’I-talia scientifica, che pur gli riconosceva nobiltà di pensiero e forza d’animo, valorinon meno preziosi dei contributi culturali, degli studi severi, delle numerosissimepubblicazioni, manteneva in alcune frange un senso di fastidio e di riluttanza neiconfronti della sua persona e del suo atteggiamento più volte critico verso deter-minati settori della cultura italiana.17

E dell’Italia seguì sempre le varie fasi storico-politiche soprattutto dopo la presadi Roma (da qui le ormai classiche parole rivolte a Quintino Sella: «ma che cosa in-tendete fare a Roma? Questo ci inquieta tutti; a Roma non ci si sta senza avere deipropositi cosmopoliti»18). E proprio pochi giorni prima di quel 20 settembre chesancì l’annessione di Roma al Regno d’Italia, decretando la fine dello Stato Pontifi-cio e del potere temporale dei Papi,19 e dopo Sedan (1 settembre 1870), l’homo poli-ticus Mommsen scriveva questa lettera a Clemente Maraini (1838-1905), un inge-

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14 Vd. il discorso pronunciato da Villari all’apertura del Congresso pubblicato nella rivista «NuovaAntologia» 38, 1903, 3-11. Mommsen, pur assente, sarà nominato tra i presidenti onorari del Congresso.

15 Roma - Biblioteca Apostolica Vaticana, Carteggi Villari 33 ff. 377r-378v. Edizione in: Buonocore,Theodor Mommsen, cit., 289 nr. 166; A.M. Voci, Un anello ideale fra Germania e Italia. Corrispondenze di Pa-squale Villari con storici tedeschi (Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Biblioteca scientifica,ser. 2, 94), Roma 2006, 431 nr. 17.

16 RAL s. 5°, 12, 1903, 447-459.17 Si confronti, a sedici anni dalla sua morte, ancora il polemico articolo di G. Pansa, I monumenti

epigrafici dell’Abruzzo e la malafede critica dei tedeschi, «Rivista Abruzzese» 29, 1919, 193-213.18 Sull’argomento rimando essenzialmente a V. Vidotto (a cura di), Roma capitale (Storia di Roma

dall’antichità a oggi), Bari 2002. Vd. anche M. Barbanera, L’archeologia degli italiani. Storia, metodi eorientamenti dell’archeologia classica in Italia, Roma 1998, 34-39; C. Lanza, Il Nobel a Mommsen, SDHI 68,2002, 514.

19 Su cui vd. ora S. Marotta, L’occupazione di Roma e della città leonina: rapporti tra santa Sede e auto-rità italiane dal 20 settembre alla vigilia del plebiscito del 2 ottobre 1870, CS 31, 2010, 33-77.

gnere luganese che aveva preso parte alle campagne risorgimentali e che a Napolinel 1860 era stato segretario nel gabinetto civile di Garibaldi; vicino ad esponentidella Sinistra storica come Cesare Correnti e Agostino Depretis, fu direttore delgiornale «Il Diritto», che si ispirava a tale corrente politica, dal 1871 al 1880, prima aFirenze poi a Roma (nel 1870 ne era il direttore politico). Si occupò anche di im-prese finanziarie e bancarie: fu tra i fondatori della Banca della Svizzera Italiana, fi-duciario della Banca Generale e rappresentante della Banca Commerciale a Roma.20

Signore,21

Ricevei la sua gentilissima lettera del 12 ed insieme i numeri del suo giornale22 colla ristampadelle mie osservazioni23 e cogli articoli che Ella ha voluto aggiungervi.24

Gradisca i miei sinceri ringraziamenti; non per vanità personale – in questa grande epoca,dove le nazioni e la fatalità parlano, l’individuo si sente contar per nulla – ma perché vedoche abbiamo uno scopo comune: l’avvicinamento delle due nazioni; e credo, che coi nostrisforzi deboli, ma uniti, vi abbiamo contribuito entrambi.Se continuo la discussione, lo faccio perché siamo d’accordo in molti punti ed importantis-simi, dimodoché anche per ciò che resta controverso v’è speranza, non dico di persuadercil’uno l’altro, ma certamente di rischiarare la quistione e vieppiù restringere le diversità delparere. È l’equivoco che fa nascere le passioni non il dissenso.Il diritto domanda, se la nazione tedesca alla vittoria vuol far seguire la conquista, e par /che chieda, come prova infallibile che non lo vuole, che l’annessione delle provincie tede-sche ora unite alla Francia si sottoponga al suffragio degli abitanti.Per quanto io vedo, la parte migliore e più assennata non vuole conquista, né sotto unaforma, né sotto un’altra; e parmi averlo detto esplicitamente abbastanza. Però non nego chevi è pericolo sotto questo rapporto e che abbiamo da resistere ad una pressione e ad unapassione, le quali vorrebbero oltrepassare i termini del giusto e del necessario.Non è l’ambizione che agisce in questo. La nazione non ha né questo genio, né ha, direiquasi, il tempo per l’ambizione; abbiamo troppo da fare in casa, e la politica interna, parti-colarmente dei liberali opposti al militarismo, l’esclude direttamente. Poi il terribile inse-gnamento dell’Austria, rovinata sotto gli occhi nostri in conseguenza della sua mancanza dirispetto alla nazionalità, per noi non è stato perduto. Sotto questo rapporto, chi conosce laGermania non può sbagliare; il fatto è troppo evidente.Ma vi sono due conquiste, quella dell’ambizione e quella della paura; ed è questa che è datemere e che combattiamo per quanto è possibile. Da secoli abbiamo dovuto soggiacere alle

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20 Su Maraini cfr. G. Negro, Maraini, Clemente, in Dizionario Storico della Svizzera 8, Locarno 2009, 143.21 In testa alla copia dattiloscritta si trova: «Lettera scritta dal Prof. Teodoro Mommsen al Sig. Cle-

mente Maraini, Direttore politico del Giornale Il Diritto a Firenze (17 Settembre 1870) Copia». 22 Si tratta del quotidiano «Il Diritto», nato a Torino nel 1854, spostatosi a Firenze nel 1865 e a Roma

dal 2 novembre 1871. Su di esso cfr. la voce Giornale, in EI 17, 1933, 194; V. Castronovo, Per la storia dellastampa italiana (1870-1890), NRS 47, 1963, 124-127; Id., La stampa italiana dall’Unità al Fascismo, Bari 1970,29-31; P. Ciampi, Firenze e i suoi giornali. Storia dei quotidiani fiorentini dal 700 ad oggi, Firenze 2002,206, 248.

23 Th. Mommsen, La Pace. Lettera di Teodoro Mommsen, «Il Diritto» 17, nr. 254 (domenica 11 settem-bre 1870).

24 [C. Maraini], La Pace. Risposta alla lettera di T. Mommsen. I, «Il Diritto» 17, nr. 258 (lunedì 12 set-tembre 1870); [Id.], La Pace. Risposta alla lettera di T. Mommsen. II, ibid., 17, nr. 256 (martedì 13 settem-bre 1870).

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invasioni fran/cesi e, ciò che è peggio, alle continue minaccie di cotali invasioni. La nostrastoria di 300 anni non ha altro argomento. Il nostro commercio, la nostra industria se ne ri-sentono. Potrei citarvi molti grandi fabbricanti e banchieri che salutarono la catastrofe at-tuale come salvamento da uno stato d’a[s]pettazione inquieta, più disastrosa assai dellarealtà. Il nostro militarismo, che continua a disestare il budget e far patire tutti gli altri inte-ressi, è nato da questi germi e vi trova ben altro che un pretesto. È ben naturale, anzi finoad un certo punto è giusto e ragionevole, che la Germania sia ora portata a ciò che io ap-pello la conquista della paura, che domanda una Francia indebolita, anzi annichilita, come ipiù chauvins addirittura la vogliono. Di là partono quei non dico progetti, ma sogni che par-lano della separazione della Francia nella langue d’oc et la langue d’oui, del rifare l’antica Lo-taringia, dello stendere i confini del Belgio fino alle porte di Parigi e così via – sogni, dico,che non contano in politica se non come criteri della situazione e delle passioni popolari.Infatti siamo in una crisi simile a quella dell’Italia dopo la sconfitta di Annibale, dacché i no-stri Catoni censent Carthaginem esse delendam; e / se la fede Punica giustificava in certo modoun chauvinismo de’ vostri anziani, credete pure, che quella civiltà francese brillante nel sa-lone, ma che fa difetto nel campo di onore, e che infatti è poco più di una barbaria superfi-cialmente verniciata, fornisce appoggi purtroppo forti ai nostri arrabbiati.È facile dimostrare che cotali idee sono false e perniciose. Le nazioni, comunque ree, nonsi giustiziano né s’imprigionano come i malfattori; e guai a chi lo tenta. Sono persuaso chenon ripeteremo i malvagi errori commessi dalla Francia verso la Germania, dell’Austriaverso l’Italia; che non ci faremo i carcerieri di una Francia smembrata ed avvilita; che anziriconosceremo, perfino in questa grandissima catastrofe, la necessità di una Francia liberaed indipendente e provvista di quella αὐτάρκεια (non so parola moderna che spieghi benequesta greca) la quale è l’essenza di ogni libertà. È impossibile ciò che domandano ora tantie tanti; fare che la Francia non possa più offenderci; per arrivarvi se ne dovrebbe rovinarel’indipendenza; e la storia, specialmente quella di Roma, insegna, che tale rovina dei viciniè la pura e pretta conquista, e che finisce sempre anche se è fortunata, con la rovina dellapropria libertà e della propria nazionalità. Ma per potere op/porci ragionevolmente a quellepassioni bisogna soddisfare a ciò che vi ha di giusto e di possibile: e perciò dico e ripeto, chel’unico salvamento è attenersi ai santi principii della nazionalità, riunire i distretti di nazio-nalità tedesca alla Germania cioè alla Prussia, ma non oltrepassare i limiti così indicati.È probabile che ciò si farà, almeno che non saranno oltrepassati di molto. La quistione piùdifficile riguarda Metz, città tutta francese e di 50 mila uomini, che non mai si germanizzerà.E essa porta principalmente in noi quella paura, che per difendersi vorrebbe far conquiste.Però pubblicisti molto autorevoli, come per esempio il Prof(essor) Wagner25 di Friburgo dicui vi raccomando lo scritto sulla Alsazia e sulla Lorena,26 dice, come dico io, che sarà unasciagura nazionale se i nostri militari chiederanno Metz come indispensabile per la difesa deiconfini. Il contegno della Nazione francese, quando si tratterà seriamente della pace, sic-come pure quello degli stranieri, potrà contribuire molto alla decisione di questa quistione;la quale benché paia una quistione particolare certamente è di grave importanza.Ma per i dipartimenti tedeschi della Francia, come vi dissi, in Germania vi è unanimità diparere, e se fosse possibile che il possesso loro di/pendesse da una seconda guerra, non v’ènessuno che esiterebbe a preferire questa ad una pace come furono quelle del 1814 e 1815.Una ragione fortissima è questa. Motivo potentissimo della cupidigia francese era ed è che

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25 Adolph Heinrich Gotthilf Wagner (1835-1917).26 A. Wagner, Elsass und Lothringen und ihre Wiedergewinnung für Deutschland. Ein Capitel aus der An-

nexions- und Nationalitäts-Statistik und -Politik, Leipzig 1870.

si trova limitrofi gli Stati della Germania meridionale, piccoli ed incapaci di diffendersi conle proprie forze, mentre che comparativamente si rispettano da lei i pali che portano i co-lori prussiani. Se è a desiderare che i francesi pel futuro si facciano amanti della pace, cer-tamente noi non abbiamo né il diritto né la volontà d’incaricarci di cotale educazione; masarà un potente invito ad essi di tenersi più tranquilli, se lungo tutta la frontiera troverannola bandiera istessa di quello Stato tedesco, che se non temono almeno rispettano. E dall’al-tra parte, la concordia attuale nella Germania, che è senza parallelo e che dobbiamo a S(ua)M(aestà) di Wilhelmshöhe,27 durerà; ma se ricominceranno le solite dispute, almeno non sa-ranno più pel futuro rese velenose per l’intervento sia effettivo sia ideale degli stranieri.Ma, domanda il diritto, se l’annessione dei Tedeschi ora appartenenti alla Francia sarà sot-toposta al suffragio di essi: ed anzi chiede tale suffragio.Questa richiesta la respingiamo.Anch’io, siccome tutti i liberali che non / portano questo nome come mera decorazione, ri-conosco che in teoria e in pratica non v’ha altro sovrano che la nazione, ed alla sua volontàognuno ha da inchinarsi.Ma in teoria cosa ne segue? Ne segue, se è sovrano il popolo, che la minorità ha da rispet-tare la volontà della maggioranza; cioè che non è sovrano né paese né distretto; anzi che an-ch’essi hanno da inchinarsi a ciò che vuole l’immensa maggioranza. Se v’ha da essere ple-biscito, che si ammettano a suffragio tutti i tedeschi; allora riconosco anch’io la volontàdella nazione; ma nazione Alsaziana io non conosco.Il diritto chiama l’Italia figlia dei plebisciti. Mi perdoni, la nascita dell’Italia data da epoca as-sai anteriore e di volontà assai più autorevole. Il plebiscito, invenzione dell’impero francesecaduto, poteva tollerarsi in Italia, perché la volontà nazionale era prima già apertissima e co-nosciutissima, e come dimostrazione politica poteva avere un certo valore; ma in sé stesso,adoperato alle particelle della nazione, è falsificazione della sovranità di essa, che è impre-scindibile ed eterna come essa stessa.Se ne faccia l’applicazione.I Romani, molti dicono, per la grande maggioranza sono neri e preferiscono la memoria delPapato / e del Cardinalato alla libertà italiana […] Penso, che queste accuse sono ingiuste;ma finora ho sempre risposto a chi mi tenne tali proposte, che fossero pure vere, non menoperò gli italiani hanno il diritto di chiedere Roma per capitale. Ho detto forse male?Bisogna dire all’onore degli Italiani, che comunque tutti si lagnino de’ guai inevitabili ed evi-tabili della loro attuale politica, nessuno, almeno di quei con cui ho parlato io, mai mi haesternato il desiderio di separarsi di nuovo dalla nazione. Ma ponghiamo il caso che un belgiorno i Siciliani costituiscano una repubblica Sicula, gl’Italiani ricorreranno ai suffragi oallo armi? Se facessero quello, bisognarebbe dire che non v’ha nazione italiana. Ma non lofaranno.Noi rivendichiamo i Tedeschi dell’Alsazia e della Lorena perché sono Tedeschi, e perché oral’immensa maggioranza della nazione Tedesca vuol riunirgli alla comune patria; e pensoche in ciò siano buoni democrati.Tanto più quindi, siccome anche i democrati non rinunzieranno a fare una politica praticaed eseguibile, riflettano un poco alle circostanze.Conosco poco i distretti, di cui si tratta e poco anche se ne sa statisticamente. È noto che laFrancia si oppose al Congresso internazionale di Lon/dra, che si formulasse la quistione del

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27 Nel Castello di Wilhelmshöhe sovrastante la città di Kassel venne inviato in prigionia il 6 set-tembre 1870 Napoleone III dopo la sconfitta di Sedan.

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linguaggio pei rilevamenti statistici: «nous n’admettons pas – disse M(onsieur) Legoyth28 –,qu’en France on ne parle pas français». È noto pure che il numero dei protestanti viventi inFrancia era un segreto di Stato e che il gesuitismo imperiale ne stampava dati contradittoriied impossibili. Comunque sia, voglio ammettere, che attualmente la maggioranza degli abi-tanti preferirebbe di rimanere sotto il governo francese. Se così è, certamente rende assai dif-ficile il compito nostro; ma non deve né potrà cambiarlo.La maggioranza di quei distretti non è altro che quella per mezzo della quale è caduto l’u-nico governo francese che, fra quelli che io ho conosciuto, dava speranza di essere vitale edi rendersi degno della sua grande impresa, il Governo di Cavaignac;29 è l’istessa maggio-ranza da cui è sorto il secondo impero; è la maggioranza dei paesani e dei preti. Chiunqueritenga la democrazia non vana parola, ammetterà che la nazione non può né deve arre-starsi in faccia di cotale difficoltà, comunque grande sia.Poi un tal plebiscito anche se fosse desiderabile, come effettuarlo?Si deve sospendere forse la trattazione della pace, mentre che si raccolgono i suffragi? Ed al-lora, se mai si facesse, si potrà credere che il protestante Tedesco dell’Alsazia, sapendo chesorte l’a[s]petta se l’Alsazia resta francese, abbia il voto libero?O volete, che si rappresenti un’altra volta la triste commedia di Nizza? È vero che il SignorPietri30 è ora in disponibilità e che a chi vuole non mancano i bolli31. Ma questa indegnitàera forse buona per il Governo francese caduto; una nazione che si rispetta non mai vi ac-consentirà.La pace sarà sotto ogni rapporto difficilissima. È impossibile con un imperatore prigioniero.E parmi che chi attribuisce al Bismark32 un tal progetto gli fa torto: abile politico com’è, sa-prà, che né l’alleanza né la pace si può fare con un cadavere. La repubblica attuale, che rap-presenta non la Francia, ma Parigi esclusivamente, e che fra tutte le prove è la più forte e lapiù terribile dell’incredibile dispotismo della capitale sulla Nazione, certamente ispira poca fi-ducia, anche se fosse pronta a trattative, ciò che per ora non pare. Non nego che pel nostrogoverno vi entra anche un poco di quel santo brivido da cui i legittimisti vengono presiquando si parla loro di repubblica; però credo che quando si verrà alle strette, non ricuse-ranno di trattare con essa, purché sia consolidata e generalmente nella Francia riconosciuta. / Ma comunque sia, non bisogna aumentare le difficoltà della pace, già purtroppo grandi, fa-cendovi entrare un elemento non ammissibile né in teoria né praticamente. La stampaestera ed imparziale ha da adempiere in tutto ciò una grande e grave missione; badi perciòa non fare proposizioni senza spiegarsi bene sulla maniera di effettuarle.Ho scritto in tanta fretta che sento aver bisogno di molta indulgenza. Ma siamo alleati epenso lo resteremo.Mi credaSuo Dev(otissi)moMommsenBerlino, Schoneberger(strasse) 1017 settembre 1870.33

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28 Alfred Legoyt (1815-1888).29 Louis Eugène Cavaignac (1802-1857).30 Si tratta probabilmente di Joseph-Marie Piétri (o Joachim; 1820-1902), ancora vivente nel 1870, o

forse del fratello Pierre Marie Piétri (1809-1864).31 Nel testo stampato in «Il Diritto»: «voti».32 Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen (1815-1898).33 Milano - Intesa San Paolo - Archivio Storico, patrimonio Banca Commerciale Italiana (ASI-BCI),

Insomma, a questa sua Italia rimase sempre profondamente legato, fino agli ul-timi istanti del percorso terreno. Infatti uno dei ultimi suoi scritti venne dedicato aBenevento, città che aveva visitato la prima volta poco più che ventenne e dove ri-tornò sempre con quella innata curiositas che rimase in lui sempre viva e vitale.

Il 3 settembre 1903, due mesi prima della sua morte, in occasione del 43° anni-versario della proclamazione del Regno d’Italia e della conseguente estensione delloStatuto Albertino, Mommsen non volle mancare all’appuntamento; nella pubblica-zione allestita per la ricorrenza34 è registrato, infatti, il suo telegramma: «Saluti daun vecchio che ha conosciuto Benevento prima papalina e poi italiana». Certamenteil documento conferma, ancora una volta, proprio per la natura dell’occasione, lasua ideologia liberale, storicistica e fondamentalmente anticattolica con la conse-guente insofferenza sempre dimostrata nei confronti dei pontefici; si pensi alle suecritiche mosse all’incontro avvenuto a Roma tra il nuovo imperatore Guglielmo IIe Leone XIII; ne scriveva a Giovanni Battista de Rossi il 23 maggio 1881, dimo-strando quanto fosse informato sui cattolici e liberali durante la trasformazione deipartiti e sulla ‘Questione Romana’:

[…] All’ultima lettera vostra non ho risposto.35 Forse avrete sentito perché no. Dovete sa-perlo e sentirlo, che io con ogni fibra del mio cuore rispetto la fede anche non mia, e che

MARCO BUONOCORE20

Fondo PJ, cart. 11, fasc. 9 (copia dattiloscritta). Pubblicata in: Th. Mommsen, Le condizioni della pace.Lettera del Signor T. Mommsen alla Direzione del Diritto, «Il Diritto» 17, nr. 265 (giovedì 22 settembre 1870).

34 III Settembre. Benevento nel XLIII anniversario della liberazione dall’oscurantismo pontificio, Benevento1903.

35 Il riferimento è alle seguenti parole di de Rossi presenti nella lettera del 12 febbraio 1881, nellaquale si consideravano positivi i risultati ottenuti dall’azione di Leone XIII in Germania, dove i con-tatti avviati con Bismarck nel 1878 e negli anni seguenti avrebbero portato alla fine del Kulturkampf(cosa che permise la visita del nuovo imperatore Guglielmo II al papa il 12 ottobre 1888; in generale sipuò vedere E. Schmidt, Bismarcks Kampf mit dem politischen Katholizismus. Teil I: Pius der IX. und die Zeitder Rüstung 1848-1870, Hamburg 1942): «Perdonatemi se nella nostra vera amicizia non posso celarvi unpensiero che mi affligge e mi torna spesso alla mente. Come mai Voi tanto liberale e tollerante versotutti, anche verso gli Ebrei [su questo aspetto si può vedere J. Malitz, Mommsen, Caesar und die Juden,in H. Cancik - H. Lichtenberger - P. Schäfer (a cura di), Geschichte - Tradition - Reflexion. Festschrift fürMartin Hengel zum 70. Geburtstag, II, Tübingen 1996, 371-286], siete tanto duro verso i cattolici, la cui po-sizione per equità, e per spirito anche di buona politica dovrebbe essere migliorata? Capisco bene cheai Vostri occhi la colpa è tutta del Vaticano: se credete un minimum alla mia sincerità siate persuasoche le correzioni non possono venire tutte dal Vaticano ed alcune sono impossibili. Ma se la vera tol-leranza e la giustizia vi ispireranno qualche passo anche piccolo verso la pace sincera, Leone XIII nonsarà lento a fare passi da parte sua. Io lo vedo pochissimo, perché è di difficilissimo accesso; ma mi ba-sta averci parlato poche volte per conoscere con certezza il sincero desiderio che ha della pace. Pen-sateci; e non confermate il Bennigsen [Karl Wilhelm Rudolf von Bennigsen, 1824-1902; notizie in H.

Herzfeld, Bennigsen, Karl Wilhelm Rudolf von, in NDB II, Berlin 1955, 50-52] nella campagna di intolle-ranza religiosa, che è il fondo del suo altissimo discorso. Se questo mio sfogo currenti calamo vi di-spiace, o vi pare che non ci possiamo intendere, non mi rispondete. Ma Voi stesso mi diceste nel prin-cipio del Kulturkampf, che si doveva venire ad una transazione od accomodamento … P(ost) S(crip-tum). Rileggendo la mia lettera scritta con molta ingenuità e senza veruna deleberazione, mi avveggoche potete credere il papa avermi parlato di queste faccende e del suo desiderio della pace etc. Io parlodelle sue intenzioni generiche bene a me note ed a quanti lo conoscono da vicino, ma niuna comuni-

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giudico la più grande sventura nostra di dover combattere con quei che combattono sottoquesto drappello ed in {grossa} gran parte combattono in buona coscienza e per un senti-mento di santo dover. Ma lotta qui la fede colla fede. La mia / fede politica non è menosanta che la fede religiosa, e quest’è la disgrazia che il partito cattolico è la rovina della no-stra costituzione, e come pare del nostro avvenire liberale. Voi, che appartenete ad un altranazione ed ad un altro partito, avete però l’indole troppo alta e troppo liberale per non ca-pire la fatalità di questo dissenso. Ora pare che sarete vittoriosi fra noi; e la conseguenzasarà, che l’avvenire del partito liberale s’innesta colla rovina del governo papale nella Ger-mania. Avvenire funesto, che noi non vedremo, ma che rimarrà ai nostri poveri bam-bini […].36

A proposito di Leone XIII non posso non ricordare il famoso aneddoto relativoalla nota concentrazione di Mommsen che non ammetteva distrazioni (di questotratto singolare si è occupato di recente anche il compianto e caro amico GiulianoCrifò37). L’episodio fu descritto per la prima volta da Pierre de Nolhac: veniamo asapere che Mommsen non volle distogliere lo sguardo da un manoscritto che stavaispezionando allorché nella sala del Salone Sistino della Biblioteca Vaticana, doveappunto stava studiando, fece improvvisamente la comparsa addirittura il ponteficeLeone XIII; si datava questo episodio tra l’autunno del 1882 e l’inverno del 1883.38

Ma grazie ad una lettera di Mommsen del 12 maggio 1885 a tutti sfuggita (ma nonora all’attenta ricerca di Antonio Cernecca), lettera pubblicata sul quotidiano«L’Eco di Bergamo» di sabato 16 maggio 1885, possiamo collocare cronologica-mente l’episodio ai primi giorni del mese di maggio del 1885:

Egregio Sig(nor) Direttore,39

Alcuni giorni fa il Papa passava per la Biblioteca Vaticana ad ora insolita per lui, ad un’orach’è data agli studii dei manoscritti. Mi trovavo lì; ed essendo occupato nei miei lavori, mialzai per fare il mio saluto, un po’ più tardi degli altri frequentanti la Biblioteca. Da questofatto i giornali cattolici tedeschi – che io non amo e che mi rendono la pari – hanno voluto

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cazione ho avuto che m’abbia ispirato questa lettera; e dal mese di Aprile (in circa) 1880 non ho par-lato con Leone XIII. Gli ho chiesto un’udienza da cinque mesi e non l’ho avuta». Ed ancora nella letteradel 7 settembre 1881: «Delle cose politiche è inutile scrivere. Pare dai giornali che le trattative col Va-ticano siano in buoni termini; e spero che Leone XIII darà soddisfazione alla fede (come voi la chia-mate) nazionale; e che si cercherà il modo d’una pace onorata per tutti e durativa». In generale si puòconsultare L. Gall - D. Langewiesche (a cura di), Liberalismus und Region: zur Geschichte des deutschen Li-beralismus im 19. Jahrhundert, München 1995; A. Ciampani, Cattolici e liberali durante la trasformazione deipartiti: la «questione di Roma» tra politica nazionale e progetti vaticani (1876-1883) (Istituto per la Storia delRisorgimento Italiano. Biblioteca scientifica. Serie II. Memorie 44), Roma 2000. Altra letteratura an-che in St. Rebenich, Theodor Mommsen. Eine Biographie, München 2002, 256-258.

36 Roma - Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14265 ff. 298r-299v nr. 95. Edizione in: Buonocore,Theodor Mommsen, cit., 191-193 nr. 95.

37 G. Crifò, Qualcosa su Mommsen, in Theodor Mommsen e il Lazio antico, cit., 46.38 P. Vian, Leone XIII e Theodor Mommsen: un incontro mancato in Biblioteca Vaticana, «Strenna dei Ro-

manisti», 2005, 765-779.39 Il Direttore era Michele Torraca (1840-1906), fratello del critico Francesco, giornalista e deputato

di origine lucana, direttore per vari anni della testata «Il Diritto» e poi de «La Rassegna» (considerato‘il giornale del trasformismo’).

fare apparire da parte mia una mancanza di riverenza al sovrano de’ cattolici, di cui in quelmomento ero ospite, non meno ridicola che indegna. Quelli articoli li ho lasciati correre. InGermania si sa quanto valgono; e non avrei creduto, non essendo io affatto sconosciuto inItalia, che sarebbero stati riprodotti qui. Ora però, siccome questo è avvenuto, prego la vo-stra signoria di dar pubblicità a questa mia, non protesta, che non occorre, ma preghiera, af-finché cotesti articoli non si ristampino ancora senza accennare alla fonte impura da cuivengono. Questo basta.40

La lettera di Mommsen sfuma non poco i contorni dell’episodio: il ritardo nelsaluto era stato interpretato come un vero atto di scortesia con tutte le ricadute po-litiche; un accaduto di cui Mommsen, comunque, in qualche modo ebbe l’accor-tezza di volersi pubblicamente scusare.

Torniamo a Benevento. In quella Benevento da lui visitata prima del 1860 nonaveva mancato di riconoscere quanto lo Stato Pontificio era stato, tra gli altri, mo-tivo del depauperamento delle antichità.41 Di contro evidenzia il suo amore verso lanuova Italia, identificando proprio con Benevento questa nuova stagione degli studiche sembra confermare a tutto tondo quanto cinquant’anni prima aveva scritto aBartolomeo Borghesi: «Ex tenebris lux facta est et desperationem successus exce-pit».42 Credo che poche città italiane gli rimasero sempre nel cuore come Benevento.

Questa e tante altre sono conferme chiare ed evidenti di come Mommsen avessecompreso la realtà italiana di quel tempo con cui di persona, anche sulla base delleproprie convinzioni politiche, si era inevitabilmente dovuto confrontare e scon-trare. Solo pochi esempi: elogi vengono fatti a Quintino Sella; condivide la propo-sta, avanzata dal neo ministro della Pubblica Istruzione Ruggero Bonghi, nominatonell’ultimo governo di Destra retto da Minghetti, di chiamare il suo grande amicoWilhelm Paul Corssen all’Università di Roma come professore di grammatica la-tina; sottolinea la difficile situazione venutasi a creare con il Vaticano a séguito dellascomparsa di Fréderic-François-Xavier Ghislain de Mérode, che era stato dal 1860 al1865 Pro-Ministro delle Armi dello Stato Pontificio; nel 1881 non si esentava dal cri-ticare la «macchina parlamentare» d’Italia e la situazione venutasi a creare tra Sella,allora malato e depresso, e Minghetti ed in genere tutta la Destra Storica; rimanepoco convinto della Sinistra che aveva accolto gli scontenti e gli esclusi della Destra.

Nel 1872 scrive al bresciano Pietro da Ponte (1832-1918) – erudito, bibliofilo, sto-rico e studioso dell’arte, bibliotecario della Queriniana dal 1874 al 188743 – per com-mentare il libro Degli scavi da fare in Italia, dissertazione e proposta, Venezia 1872, di

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40 Nel passaggio «Quelli articoli li ho lasciati correre …» il riferimento in particolare è al giornale«Moniteur de Rome», cui rispondeva il «Journal de Rome» (G. Grabinski, Leone XIII e la stampa catto-lica, Firenze 1885, 86). Echi di questi articoli si ebbero anche sul quotidiano «L’Osservatore Romano»del 14 maggio 1885.

41 In generale vd. A. Pasqualini, La scienza antiquaria e il recupero del patrimonio epigrafico di Beneven-tum, «Epigraphica» 48, 1986, 147-173; C. Ferone - I.M. Iasiello, Garrucci a Benevento. Temi e modi di unoscontro intellettuale alle origini della riscoperta archeologica di Benevento (Collezione storica 4), Roma 2008.

42 CIL IX-X, xvii.43 Su di lui cf. CIL V, 439; A. Sorbelli, Pietro da Ponte, «Atti e Memorie della Regia Deputazione di

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Luigi Torelli (1810-1887), patriota e uomo politico di origine tiranese, senatore e mi-nistro, nonché studioso di problemi storici ed economici.44 Mommsen dimostra diconoscere assai bene la situazione archeologica dell’Italia (ed in particolare di Veleia)e offre la propria mediazione con la Germania per una eventuale collaborazione:

Caro amico,Ebbi l’opuscolo del senatore Torelli ed anzi pochi giorni fa il principe Clary45 mi domandòanch’esso il mio parere sopra quel progetto gigantesco. A parlare schiettamente, ho granpaura che così per voler troppo non si arrivi a nulla. Sono belle idee e generose parole, maparmi che il sistema di generalizzare qui si trasporti dall’amministrazione, a cui sta bene, al-l’archeologia a cui mal si adatta. Come mai sarebbe possibile di trovare i mezzi, gli ingegni,l’entusiasmo richiesti per una impresa così svariata e gigantesca? Fra siti, che per la loro an-tica condizione paiono adatti a scavi sistematici, forse uno o due soli si prestano veramentead una tale impresa, come nell’Italia superiore Velleia.46

Se si vuole fare qualche cosa, sarebbe d’uopo in primo luogo di centralizzarsi sopra Velleiaper esempio, di cui i ritrovamenti godono già di una certa fama. Allora si potrà vedere, sesarebbe possibile d’associarsi qui fino ad un certo punto a questa impresa. Molto qui non sifarà. L’idea ora in voga da noi sono gli scavi dell’Asia minore, né può negarsi, che promet-tono tesori d’arte più ricchi e che, se l’Italia civilizzata come è, a buon diritto vorrà riser-barsi ciò che trova di vera importanza, Alicarnasso ed Efeso potranno o vorranno aumen-tare i nostri pur troppo poveri musei. Però non dispererei, se si attiva qualche scavo che pro-metta buoni risultati, che il nostro governo per mezzo dell’Istituto di Roma, vi cooperi,forse riserbandosi non già la proprietà di ciò che si troverà, ma certe facilitazioni per la pub-blicazione. Così gli scavi nel luogo degli Arvali si sono fatti a spese nostre, restando a noi ildiritto di pubblicare le lapidi47 ed ai proprietari del suolo la proprietà di esse. In ogni casoparmi, che il signor Torelli dovrebbe mettersi in relazione coll’Istituto, se pensa a far entraregli Oltramontani nei suoi progetti, i quali, maturati e praticamente migliorati, certamentepotranno fruttare assai. La voce di un uomo di questa tempra non si sarà alzata invano. Ionel suo luogo scriverei ai segretari dell’Istituto e domanderei il loro parere. Questi poi po-tranno chiedere l’avviso e l’aiuto della Direzione di Berlino, cioè dell’Accademia, di cui que-sta Direzione fa parte, e così arrivare all’istesso Governo. I privati non faranno cosa chevalga la pena.

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Storia Patria per le province di Romagna» 8, 1918, 146; F. Glissenti, «Commentari dell’Ateneo di Bre-scia», 1918, 181-194; C. Frati, Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX,Firenze 1933, 191; M. Ducos, «Commentari dell’Ateneo di Brescia», 1951, 10; A. Fappani, in EnciclopediaBresciana 3, 1978, 112.

44 A. Monti, Il conte Luigi Torelli. Il Risorgimento italiano studiato attraverso una nobile vita, Milano 1931;S.B. Galli, Il pensiero politico dell’«Anonimo Lombardo»: Luigi Torelli e il progetto delle «tre Italie», in G. LaRosa (a cura di), La vita culturale e politica a Como tra Rivoluzione, Restaurazione e Risorgimento, Varese2008, 339-367. Degli scavi da fare in Italia, dissertazione e proposta, Venezia 1872.

45 Edmund Clary und Aldringen (1813-1894).46 Su cui vd. recentemente N. Criniti (a cura di), Veleiates. Uomini, luoghi e memoriae dell’Appennino

piacentino-parmense, Parma 2007.47 G. [= W.] Henzen, Acta fratrum Arvalium quae supersunt. Accedunt fragmenta fastorum in luco Arva-

lium effossa, Berolini 1874. Sull’argomento non si prescinda, ora, dai lavori di J. Scheid, tra cui segnaloalmeno il monumentale Recherches archéologiques à la Magliana. Commentarii fratrum arvalium qui super-sunt. Les copies épigraphiques des protocoles annuels de la confrérie arvale (21 av.-304 ap. J.-C.). Avec la colla-boration de P. Tassini et J. Rüpke (Roma antica 4), Roma 1998.

Esce in questo mese la parte I del volume V del Corpus, contenente le iscrizioni dell’Italiasuperiore dall’Istria fino e compresivi Brescia e Trento. Mancheranno però le miliarie, le fi-gline e naturalmente gl’Indici, che verranno coll’ultima parte. Anche il terzo volume si pub-blicherà in un paio di mesi. […]48

La prego di continuarmi i suoi favori: non ho corrispondente nell’Italia così diligente comeLei, e ne siamo grati tutti, dico la bri gata epigrafica ora abbastanza numerosa qui.Ha veduto la nostra Ephemeris? Se no, la manderò. Suo devotissimo ed obb(ligatissi)moMommsen.Berlino, 9 maggio 1872.49

La sua ormai affermata notorietà scientifica era pienamente riconosciuta in ogniambiente culturale della penisola, che venne sempre incontro alle sue esigenze diricerca. Tutti conoscono ormai nelle pieghe più intime, grazie alle incisive ricerchecondotte da Oliviero Diliberto, la tragedia scientifica provocata dall’incendio avve-nuto nella notte fra i giorni 11 e 12 luglio 1880 che aveva colpito la sua «casa infelice»di Charlottenburg con la perdita di gran parte della sua biblioteca.50 Si cercò da ogniparte di fare dono a Mommsen di molti dei volumi andati bruciati: la mobilitazionedell’Italia, grazie all’interessamento di Giuseppe Fiorelli (con la circolare trasmessaappena un mese dopo il funesto episodio51), si dimostrò verso quel ‘sommo uomo’(così lo si definiva nella circolare) veramente senza pari. Di questo concorsoMommsen fece ricordo nella bellissima lettera inviata all’Ateneo di Brescia e lì lettanella seduta del 24 aprile 1881. Questo l’incipit del documento:

Seppi dalla lettera sua52 e dal volume stampato de’ Commentari53 il nobile decreto di code-

MARCO BUONOCORE24

48 F. Glissenti, Adunanza del 24 aprile [Teodoro Mommsen e Brescia], «Commentari dell’Ateneo di Bre-scia», 1904, 77, riferisce che, nella chiusa della lettera, Mommsen asserisce «di avere spogliato l’Ave-roldo, e consultato il Brunati sul lapidario benacense».

49 Edita in: G. Lumbroso, Lettere inedite o disperse di Teodoro Mommsen, «Rivista di Roma» 25, 1921,272-273.

50 O. Diliberto, Storia di un libro, Cagliari 1995; Id., La biblioteca stregata. Tracce dei libri di TheodorMommsen in Italia, «L’Esopo» 31-32, 1997, 15-30; Id., La biblioteca stregata, Milano-Roma 1999; R. Chillemi,Mommsen e la biblioteca incendiata, «Capys» 33, 2000, 95-98; O. Diliberto, Nuovi documenti sulla bibliotecastregata di Theodor Mommsen, «L’Esopo», 41-42, 2000, 31-36. W. Sühlo, Handwerkszeug und Mythos. Überdas Schicksal der Bibliothek von Th. Mommsen, in Die besondere Bibliothek oder die Faszination von Bücher-sammlungen, München 2002, 205-228; O. Diliberto, La biblioteca stregata. Nuove tessere di un mosaico infi-nito, Roma 2003.

51 Sulla circolare: A. Massi Secondari, Theodor Mommsen e le iscrizioni romane di Tolentino, Urbisaglia,Colmurano, Belforte del Chienti. Alcune precisazioni, «Picus» 21, 2002, 174; A. Mastino - R. Mara - E. Pittau,Il viaggio di Theodor Mommsen e dei suoi collaboratori in Sardegna per il Corpus Inscriptionum Latinarum, inTheodor Mommsen e l’Italia. Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 3-4 novembre 2003 (Atti dei Con-vegni Lincei 207), Roma 2004, 289-291.

52 La lettera risulta essere indirizzata al Segretario dell’Ateneo di Brescia.53 «Commentari dell’Ateneo di Brescia», 1880, 292 (adunanza del 15 agosto; nell’indice: «Dimostra-

zione a Teodoro Mommsen»): «Il segretario ricorda gli obblighi speciali che ha l’Ateneo con TeodoroMommsen. Stima superfluo, nel disastro che lo colpì, condolersi con lui singolarmente di quello di cui

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sto Ateneo, di cui mi terrò sempre onorato: e ricevetti poi il bel regalo che mi fu destinatoe che certamente non avrei mai avuto il coraggio di chiedere. Ho ricuperato così quasi tuttociò che andò distrutto, e parecchie pubblicazioni pregevoli che non possedevo.54

Tutti gli studiosi, dunque, e non solo italiani, concorsero alla renovatio della bi-blioteca mommseniana. Posso in questa sede presentare un inedito documento chene riassume inediti contorni. Si tratta di una lettera di Henzen trasmessa a de Rossiil 19 luglio del 1880, appena una settimana dopo l’incendio. Henzen, in partenza perla località montana altoatesina di Klobenstein (Collalbo), dopo aver chiesto infor-mazioni sulla salute di de Rossi e di sua moglie, la contessa Costanza TornafortBruno di San Giorgio Scarampi, riferisce come in Germania all’indomani della ‘di-sgrazia di Mommsen’ ognuno si fosse già attivato per venire incontro come megliopossibile alle esigenze dell’illustre studioso. Ma si preoccupa principalmente che so-prattutto l’Italia mettesse a disposizione le proprie forze intellettuali affinché gli ve-nissero trasmesse copie di libri ‘italiani’ di non facile reperibilità in Germania. Oltrea Luigi Fiorelli, che già si stava adoperando come abbiamo sopra notato, Henzeninforma di essersi rivolto alla contessa Ersilia Caetani Lovatelli e a Rodolfo Lan-ciani, e prega de Rossi stesso di attivarsi presso amici italiani per il desiderato ri-scontro:

Roma, li 19.7.80Gentil(issi)mo Amico!Le scrivo quasi nel momento della partenza, giacché spero di fuggir domani da questa for-nace di Roma, più calda, mi pare, de’ altri anni. Le auguro una buona villeggiatura, ma nonLe nascondo che l’aria albana mi sembra non bastare a fortificarla. Perché non va piuttostoin qualche luogo alpestre! Ve ne sono tanti anche d’altezza moderata, dove l’aria non sa-rebbe certo troppo fina per la Sua Signora? Ci pensi un poco seriamente.La disgrazia di Mommsen ci ha tutti occupati moltissimo. In / Germania si pensa a formarun comitato per restituirgli alla meglio la biblioteca, invitando tutti i dotti che gli hanno re-galato le loro opere, di ripetere quella donazione. Ma il più urgente si è di procurargli leopere italiane, difficili ad avere fuori del paese. Qui il Fiorelli, sempre fedelissimo amico delM(ommsen), al quale ne parlai, ha preso l’iniziativa con una circolare a tutti i suoi ispettori,invitandoli di mandar le opere proprie e tutto quel che possono trovar nel loro paese: s’in-carica poi di procurar da Napoli quel che potrà trovare e vuol dar libri della propria sua bi-blioteca. Ieri mi ha già mandato un esemplare delle Notizie. Ne scrissi anche a D(onna) Er-silia che ha tante relazioni fra gli archeologhi, / e vuol tanto bene al M(ommsen), e pregaiLanciani d’adoprarsi presso la commissione per rinnovargli il dono del Bull(ettino). In quantoa Lei, è inutile che Le faccia simile domanda, sapendo bene che farà quanto potrà; ma forse

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la condolenza è universale: ma se fosse in noi facoltà di restituirgli alcuna delle cose perdute, e venir-gli a sollievo, sia pure in grado minimo, di tanta iattura, a chi non parrebbe grande fortuna? Questosentimento è uguale in tutti, e se può alcun effetto uscirne, ciò unanimemente raccomanda alla pre-sidenza».

54 Edita in: «Commentari dell’Ateneo di Brescia», 1881, 106-107; Lumbroso, Lettere inedite, cit., 561-562.

potrebbe anche Lei far qualche passo presso i Suoi amici, e forse di concerto con D(onna)Ersilia. Gliene parli una volta.Rosina55 riverisce con me la Sua Signora ed io resto sempre di cuoreSuo aff(ezionatissi)moW(ilhelm) Henzenindirizzo: Klobensteinpresso Bozen.All’Instituto resta il fedele Dressel.56

L’Italia volle ricordarlo anche pubblicamente con lapidi in suo onore. Volle eter-nare sulla pietra la sua visita di Cefalù del 1878 Carlo Ortolani barone di Bordonaroe principe di Torremuzza con una iscrizione attualmente murata sulla facciata di unpalazzo in via Mandralisca 64 (e a questa visita si riferisce la lettera di Mommsen aGabriele Lancillotto Castelli principe di Torremuzza, nipote dell’omonimo eruditosettecentesco e cognato del Carlo Ortolani di Bordonaro che aveva ospitatoMommsen). Un’altra testimonianza epigrafica si trova a Civitanova Marche, nel Pa-lazzo Donati (ora Ripari Averardi): sull’architrave di una porta è fissata la targa «Quifu Mommsen». Un laconico ricordo, ma pieno di significato culturale. Dal diario diviaggio degli anni 1844-1845 scritto da Mommsen stesso, non viene citata Civita-nova; verosimilmente questa tappa marchigiana, come è chiaramente indicato dalladata, si riferisce al viaggio di ritorno che Mommsen fece nel 1847 per rientrare inGermania. Sappiamo che il 12 aprile di quell’anno Mommsen ancora si trovava aRoma, poi cominciò a risalire la penisola fermandosi ancora una volta a San Ma-rino, poi a Ravenna, Padova, Venezia, Trieste, per raggiungere Vienna e di là en-trare in Germania. Non escluderei, pertanto che la permanenza di Mommsen a Pa-lazzo Donati (fu ospite dell’allora sindaco Serafino Donati) avvenne nella primaveradel 1847, forse alla fine del mese di aprile o ai primi di maggio. Si narra che fu pro-prio questa iscrizione a fermare i tedeschi dal compiere distruzioni quando entra-rono nella città durante la seconda guerra mondiale.

Ed anche quando ormai gli anni e la salute non consentirono più a Mommsendi potersi spostare da Berlino, rimase sempre vivo ed attuale il ricordo per l’Italiae soprattutto per Roma, considerata la sua ‘seconda patria’ (si ricordi il passaggiodella lettera inviata a Villari in data 30 gennaio 1903) addirittura già nel 1850, all’in-domani della destituzione dalla cattedra di Lipsia ed il suo trasferimento a Zu-rigo,57 e poi il 10 agosto dell’anno successivo, come scrisse al suo de Rossi: «[…] Se-riamente parlando, i miei affari privati probabilmente m’indurranno a lasciare lapatria ed a fissarmi definitivamente a Roma, purché io possa starvi tranquillo

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55 Rosina von Kopf, la famosa ‘zia Rosina’, la fedele direttrice di casa Henzen quando quest’ultimoera rimasto vedovo.

56 Roma - Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14263 ff. 481r-482v nr. 380.57 Il 4 febbraio 2012, all’Università di Zurigo, si è svolto il Convegno Theodor Mommsen in Zürich, con

relazioni di U. Eigler - Chr. Marek (Theodor Mommsen und die Universität Zürich) e di St. Rebenich (Theo-dor Mommsen. Wissenschaft und Politik im 19. Jahrhundert).

PER UNA EDIZIONE DELLE LETTERE DI THEODOR MOMMSEN

come spero […]».58 A tale proposito rammento questo particolare, forse non a tuttinoto. Nel 1900 volle essere presente nella Strena Helbigiana offerta per i sessan-tant’anni di Wolfgang Helbig; presentò il testo di una iscrizione urbana, iscrizioneche proprio Helbig gli aveva segnalato su un foglietto volante tredici anni prima.59

Questo breve contributo, di appena due pagine, è una perla di raffinatezza e distile veramente toccanti, propri di quel Mommsen che lentamente si stava distac-cando dalla vita terrena, cosí come testimoniano numerosi passaggi delle sue ul-time lettere private. Mommsen in questo breve articolo esordisce affermando diaver trovato tra le sue carte un foglio con una scheda epigrafica trasmessogli ge-nerosamente da una ‘mano amica’ (cioè quella di Helbig). Ne trascrive il testo, neoffre un breve ma essenziale commento. Poi così conclude:

In die befreundete Hand, die jenes Blatt geschrieben hat, lege ich es heute zurück. Es sollerinnern an die litterarischen, artistischen, epigraphischen Kleinfreuden des römischenVerkehrs, wie der Geber und der Empfänger sie oftmals mit einander getheilt haben, wie ni-cht minder im Ernst und Scherz einige schwere und manche gute Stunden. Das Glück derrömischen Zeiten, die Anmuth, die Sorglosigkeit, die Heiterkeit, die Fülle des römischenLebens und Zusammenlebens knüpft alle diejenigen, welche an die Fontana Trevi60 gelangtsind, nicht bloß an die ewige Stadt, sondern verknüpft sie auch unter einander zu dauern-der Gemeinschaft. Sie aber, lieber Freund, und die Ihrigen sind mit mir und meinem Hausenoch in anderer Weise verknüpft durch alte Liebe und gute Treue. Ihr altes und Ihr neuesgastliches Heim mit dem Ausblick einst vom Capitol, jetzt vom Ianiculum, gehören zu demschönen in der Erinnerung ewig sich erneuernden Lebensschatz.

Mi pare che non ci sia nulla da commentare, se non ulteriormente annotare chel’Italia con Roma in Mommsen rimase effettivamente la sua seconda patria.

Tanti altri possono essere gli esempi che dimostrano quanto Mommsen avesse acuore le sorti della realtà italiana e come ne seguisse i traguardi che lentamente enon senza difficoltà stava raggiungendo. Ad esempio, ebbe sensibilità non comuneverso le biblioteche e la loro gestione (non per nulla Mommsen venne presceltoquale Presidente d’onore per la Conferenza Internazionale sul restauro dei mano-scritti e libri antichi promossa da Franz Ehrle e tenuta a San Gallo in Svizzera, tra

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58 Roma - Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14238 ff. 337r-338v nr. 36. Edita in: Buonocore, Theo-dor Mommsen, cit., 81-86 nr. 16.

59 Th. Mommsen, Gatta und Arista, in Strena Helbigiana sexagenario obtulerunt amici A.D. III non. febr.1899, Lipsiae 1900, 198-199; vd. anche M. Buonocore, Helbig e Mommsen: dal Nachlaβ Mommsen presso laStaatsbibliothek zu Berlin Preussischer Kulturbesitz, in S. Örmä - K. Sandberg (a cura di), Wolfgang Helbige la scienza dell’antichità del suo tempo. Atti del Convegno Internazionale in occasione del 170° com-pleanno di Wolfgang Helbig (Institutum Romanum Finlandiae 2.2.2009) (Acta Instituti Romani Fin-landiae, 37), Roma 2011, 101-102.

60 ll riferimento alla Fontana di Trevi ha una ben precisa spiegazione: i giovani borsisti tedeschi, omeglio prussiani, denominati ‘adulescentuli Capitolini’ amavano infatti riunirsi presso la Fontana diTrevi. Non a caso Richard Wünsch, sempre nella Strena, dedicherà il suo contributo alla Fontana diTrevi: Der Abschied von Rom an der Fontana Trevi, 341-346.

il 30 settembre e l’1 ottobre 189861). Il 19 settembre 1867 così scrive ad AlessandroCarlotti (1809-1867), che nel biennio 1866-1867 (morì il 3 novembre del 1867) fu se-natore del Regno d’Italia e primo sindaco di Verona62:

Illustre sig(nor) Marchese,Lasciando adesso codesta città, in cui ebbi la buona fortuna di trovare egregi sussidii per glistudii miei, e somma cortesia e sollecito aiuto, parmi quasi un dovere il dire a Lei, che at-tualmente la governa, il mio parere sulla Biblioteca Municipale, tanto più che, se non m’in-ganno, il pubblico Veronese non apprezza, come deve apprezzarsi, la savia ed energica am-ministrazione di essa. lo che per le mie ricerche ho fatto conoscenza di quasi tutte le Bi-blioteche pubbliche del Lombardo-Veneto, forse sono più nel caso di poter dare un giudiziobasato sul confronto degli Instituti simili, che molti dei Veronesi istessi, e questo lo possodire in buona coscienza, che non conosco in queste parti veruna Biblioteca così ben direttacome lo è la Veronese. Cinque anni fa fui qui e la vidi allora così che posso anche almenoper certe partì giudicare del lavoro progressivo. Allora gran parte dei codici era ancora fuoridei cataloghi; oggi questi sono compiti ed ogni cosa, anche i libriccini e le carte sciolte, sitrova ottimamente in regola. Lo sgombro dei doppi, che ingombrano quasi tutte le Biblio-teche pubbliche dell’Italia, è quasi finito ed ha recato un doppio vantaggio alla Biblioteca,levando ciò che inutilmente ne empiva gli scaffali e procurandole un sussidio straordinario.Gli acquisti per quanto ho veduto io, si fanno con molta cura ed intelligenza; ho prolungatoio il mio soggiorno a Verona, perché vi trovava relativamente più dei libri che mi occorre-vano per i miei lavori, specialmente storici, che in altre città pure da me visitate, e poi per-ché ogni libro che si domanda, si trova al suo posto, e si trova subito. Comunque sienotroppo scarsi i fondi, di cui la Biblioteca è provvista, essa basta, per quanto ne ho veduto io,per studii serii ed estesi, e chi non si mostra soddisfatto, temo molto che sia se non mala vo-glia, certo ignoranza. Vale per tutto, ma tanto più per le Biblioteche, che non vi è critico piùsevero che chi non ne sa niente.Saranno forse che troveranno in queste mie parole soverchia ingerenza di un forestiere; e loso anch’io, che la parte più colta dei Veronesi non abbisogna del mio parere per stimare de-bitamente i meriti di D(on) Cesare Cavattoni63 e dei suoi aiutanti. Ma se mai è possibile chela mia opinione sotto questo rapporto sia tenuta di qualche peso, tanto più che le Bibliote-che pubbliche sono un po’ per tutti, me ne gode l’animo e La prego, se a Lei parrà utile, difar ogni uso, anche pubblicamente, di questa mia lettera.Gradisca la testimonianza della somma stima, e della riconoscenza, che mi reste ranno sem-pre per Lei, e mi credaSuo devotissimoMommsenVerona, 19 Settembre 1867.Al Nobile Signor marchese CarlottiSenatore del Regno e Sindaco di Verona.64

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61 M. Buonocore, Theodor Mommsen a San Gallo, MediterrAnt 13, 2010, 73-120.62 V. Colombo, Cronache politiche veronesi, 1866-1900, Verona 1900, 15; F. Grassi Orsini - E. Campo-

chiaro (a cura di), Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia liberale I, Napoli 2009, 923-924.63 Cesare Cavattoni (1806-1872). Fu bibliotecario della Biblioteca Comunale dal 1835 al 1872; cf. G. Bia-

dego, Storia della Biblioteca Comunale di Verona con documenti e tavole statistiche, Verona 1892, 59, 69, 73.64 La lettera è pubblicata nel quotidiano «L’Adige», 2 ottobre 1867; ora anche in A. Buonopane,

PER UNA EDIZIONE DELLE LETTERE DI THEODOR MOMMSEN

Due anni dopo Mommsen si interesserà ad un altro problema tutto ‘italiano‘,quello della scuola archeologica di Pompei fondata nel 1866 da Luigi Fiorelli e chenel 1869 proprio nell’ambiente accademico napoletano aveva dato origine a mal-contenti e riserve. Il problema nasceva dal fatto che Fiorelli voleva considerarePompei come una vera e propria palestra atta ad indirizzare i giovani universitariverso l’archeologia e formarli in questo settore; viceversa, come anche Pasquale Vil-lari sosteneva, per formare gli archeologi bisognava «metter Pompei al servizio del-l’Università» rendendo in questo modo Pompei «più efficacemente utile all’istru-zione». Proprio su questo delicato problema Mommsen scrive così a Villari il 20 set-tembre 1869:

Illustre Signore,Ella mi fa l’onore di domandarmi il mio avviso sopra una quistione delicata ed importante.Le confesso, che non so troppo bene, se non dovrei risponderle semplicemente, che misento incompetente. Sono venti anni che manco da Napoli; il governo, i tempi, le personenel frattempo si sono cambiate; pensieri per se verissimi possono essere se non falsi, almenoinfruttuosi ed anzi nocivi adattati alle circostanze, che reggono ora, assai eccezionali; unconsiglio dato così parmi quasi una temerità. Ma rifletto, che parlo ad un uomo savio e pra-tico, che non potrà perdere di vista ciò che accennai e che appella alla mia buona volontàed al mio amore per l’Italia tanto più vero, che non l’ho mai adulata.Per Pompei al mio avviso bisogna ben distinguere due cose assai diverse. Pompei è l’unicoluogo del al mondo, dove esiste l’antichità ancora vivente e quasi spirante e dove è possibiledi capirne l’attualità, purché se ne faccia l’o[s]/servazione nel momento istesso della scava-zione rilevandone tutte le particolarità con un occhio insieme pratico ed erudito. È incredi-bile il tesoro di notizie preziosissime sulla vita domestica e privata, che è stato scialacquatodalla trascurataggine Borbonesca, specialmente perché vi mancano persone erudite per laprima ed immediata ispezione de’ ritrovamenti. A questo sommo difetto l’istituzione dellacosì detta scuola Pompeiana ha rimediato fin ad un certo punto, e se non fa tutto ciò chedovrebbe fare, la ragione ne è il difetto la mancanza di persone più valenti – difetto tristis-simo, ma per cui per ora non vi è rimedio. Tanto posso dire, anche senza avere conoscenzaesatta dei giovani archeologi, che ora trovansi a Napoli; è facile di farne la critica; ma badibene, che un relatore filologo non del tutto sufficiente vale meglio assai che un conto di mu-ratore o zappatore; e che bisogna fabbricare coi materiali esistenti.L’altra parte della istituzione Fiorelliana, se l’ho ben capita, di fondare a Fiorelli Pompei unaspecie di seminario teoretico-pratico per l’archeologia, a dir vero, non l’ho mai approvata.La vera scuola dell’archeologo futuro è la filologia, cioè l’università; l’isolazione, in cui si /vive necessariamente a Pompei, e la mancanza di libri, di istruzione, di spinta e di quella so-cialità degli studj, in cui sta la vita universitaria, faranno certamente, che giammai un buonarcheologo non vi si potrà esservi formato. Tutto al più diventeranno una specie di uominipratici, archéologues de routine, che forse giudicheranno saviamente delle chiavi e de’ musiviantichi, ma che non sono mai stati scossi intimamente dalla grande storia e dalla grande artee poesia de’ vostri maggiori. Sono anch’io persuaso, che per l’istruzione de’ giovani ar-cheologi ogni gran centro degli studj in Italia sarà più adatto che non lo è Pompei. Fate pro-

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Theodor Mommsen e la cultura antiquaria veronese: da Giovan Gerolamo Orti Manara a Carlo Cipolla, in Laricerca epigrafica e antiquaria, cit., 276-277 nr. 5.

fessore per esempio il Conestabile65 a Pisa o dovunque sia, e se poi egli con un numero ri-stretto de’ migliori allievi farà ogni anno o ogni biennio una escursione a Pompei, che vi sitrattenga per quindici giorni, avrete uno stabilimento, che per l’ideazione non avrà del parinel mondo. Se poi giovi o no, dipende dalle persone e da quelle circostanze, che né un Mi-nistro né un Segretario generale66 può governare; ma più o meno certamente gioverà. /Ecco quello che penso io. Forse sarà poco adatto alle circostanze, ma in somma le sotto-metto, come Ella lo chiede, i miei pensieri con tutta schiettezza.Aggiungo due cose. Una è, che la prego istantemente di essere cautissimo, quando si trattadi distruggere, specialmente in un epoca, che ha il triste merito di aver assai più rovesciatoche non arriverà a fabbricare. Il nome di scuola Pompeiana è forse mal scelto; ma l’istitu-zione in se stessa almeno in gran parte è ben ideata e fa onore al Fiorelli, che da vero Ita-liano ad un sommo talento letterario unisce destrezza pratica assai rara. – L’altra mia os-servazione è, che forse sarebbe buono avere il parere di un giovane mio amico, archeologodi gran senno e che ha passate parecchi mesi negli ultimi anni a Pompei, dico il ProfessoreRicardo Schoene67 a Halle, il quale certamente le potrà dar un ragguaglio assai più autore-vole del mio. Se non lo conosce di persona, m’incarichi di scrivergli e sarà servito.Ella può mostrare questa mia risposta a chi le pare utile; non ho motivo veruno per tenerlasegreta e sono persuaso, che nessuno de’ veri patrioti ne sarà offeso.68

Ma quando si parla di Italia e di Mommsen il pensiero sempre corre alla sua rac-colta delle iscrizioni latine: il Corpus Inscriptionum Latinarum. I volumi sulla epigra-fia latina dell’Italia certamente poterono costruirsi grazie alla disponibilità cheMommsen ricevette dalla cultura nazionale dell’epoca, ufficiale e non; mai questivolumi si sarebbero potuti impiantare senza quella silenziosa ‘cultura locale’, laquale, quantunque da Mommsen fosse talvolta criticata per la sua socordia od ha-riolatio (soprattutto quell’«antiquaria dei preti» già evidenziata da Massimo D’Aze-glio), ebbe modo in varie occasioni di segnalare a lui ed ai suoi più stretti e fidaticollaboratori tedeschi testi altrimenti ignoti. Sono quei plurimi viri litterarum stu-diosi, i quali quae reppererunt vel excogitaverunt, liberaliter permiserunt edenda; sonoquei sodales, quei benivoli adiutores con cui era solito trascorrere ore felici: insomma,sono tutti quegli amici e fautores dell’opera, talvolta incuriositi e colpiti dinanzi aquesto studioso disceso dal Nord Europa (Mommsen era nato a Garding, un pic-colo centro dello Schleswig-Holstein allora danese). I volumi si animano così dinomi italiani il più delle volte sconosciuti alla letteratura di riferimento e raramenterecuperabili in itinerari bibliografici particolari, i quali non mancarono di agevolareil conseguimento dell’ardua impresa. Mommsen fece anche in modo che numerosidi costoro fossero annoverati tra i Soci dell’Instituto di Corrispondenza Archeolo-gica di Roma non solo per gratificarli ma, soprattutto, per farli continuare nella ri-cerca sul territorio.

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65 Giancarlo Conestabile della Staffa (1824-1877), a cui si rivolgerà nel 1873 (vd. supra).66 Pasquale Villari era allora, appunto, segretario generale del Ministro della Pubblica Istruzione.67 Richard Schöne (1840-1922).68 Roma - Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. Gen. AA.BB.AA.

- I Versamento (1860-1890), busta 167, fasc. 343/1. Pubblicata in: Voci, Un anello ideale, cit., 419-421 nr. 5.

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Ecco che già raccogliendo tutte quelle sparse coordinate presenti nei vari cospec-tus auctorum, nelle numerose praefationes alle città, od anche in alcuni commenti adeterminati tituli, avremo modo di tracciare una storia ‘minore’ della cultura ita-liana del nostro Ottocento: una storia animata da scrupolose ed oneste personalitàle quali, quantunque come detto non sempre ritenute meritevoli di essere registratenei più accreditati percorsi biobibliografici, non devono essere dimenticate a mo-tivo della loro proficua attività di ricerca.

Ogni qual volta poté farlo Mommsen lodò in molti di questi personaggi anche laloro attenzione rivolta alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio epigrafico fina-lizzate all’istituzione di entità museali pubbliche o private che avrebbero miglioratogli studi; così come, di contro, non esitò a criticare l’incuria di determinati perso-naggi, una incuria che aveva causato danni irreparabili ai vestigia antiquitatum. Que-sta della conservazione del materiale lapideo, fu un’esigenza sempre presente in lui:si adoperò fin dove possibile a sensibilizzare le autorità locali nel recupero e nellacorretta valorizzazione delle loro res patriae: ecco perché, proprio nella praefatiocongiunta dei due volumi IX e X del CIL, volle dedicare un intero paragrafo alla si-tuazione italiana che, una volta cambiata in meglio, agevolò la sua ulteriore ricerca,rispetto a quella che sul finire della metà dell’Ottocento aveva dovuto sconsolata-mente constatare:

Status Italiae inferioris inter priorem editionem et hanc universus mutatus et recreatus huicalteri operis mei recensioni omnifariam profuit. Iam enim ubivis bibliothecae patefactaesunt, musea aut reformata aut condita, curatores rerum antiquarum per oppida provincias -que dispositi, nuntii rerum recens repertarum instituti. Iam in his quoque partibus ut exterilibenter admittuntur, ita suam esse suarum vetustatis reliquiarum explorationem indigenaenusquam diffitentur. Ipsa itinera brevia facta sunt ceditque vel in remotis partibus antiquaferitas communi humanitati. His rebus quid effectum sit, praeter alia graviora mei quoquelibri testes erunt.69

Come abbiamo già ricordato, tra il novembre del 1844 ed il maggio del 1847

Mommsen effettuò i suoi primi viaggi in Italia (memorabile risultò la prima visitaa Bartolomeo Borghesi nell’estate del 1845; successivamente Mommsen tornò a SanMarino nel mese di maggio del 1847)70. Arrivato a Napoli trovò la lettera di Henzen

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69 CIL IX-X, xviii.70 Su questi viaggi ‘italiani’ vd. principalmente: L. Wickert, Theodor Mommsen in Italien, in L.

Wickert (Hrsg.), Drei Vorträge über Theodor Mommsen, Frankfurt a. M. 1970, 62-86; R. Tesch, TheodorMommsen in Pisa, Vicenza und Genua, «Humanismus und Technik» 19, 1975, 83-94; G. Walser - B. Wal-ser, Tagebuch der französisch-italienischen Reise 1844-1845, Bern-Frankfurt/M. 1976; G. Susini, Mommsen el’Italia: il diario del viaggio 1844-45, «Epigraphica» 39, 1977, 125-129; Id., «Loro costano poco i denari». Momm-sen a Bologna e nelle Romagne, «Il Carrobbio» 3, 1977, 423-433 [= Bononia / Bologna (Studi di Storia 7), Bo-logna 2001, 315-322]; A. Verrecchia (a cura di), Theodor Mommsen. Il viaggio in Italia. 1844-1845, Torino1980; H. Wagner, Theodor Mommsen und Sizilien, in Studi in onore di Cesare Sanfilippo (Pubblicazionidella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania 96), I, Milano 1982, 691-711; G. Bandelli, Theo-dor Mommsen e l’Istria. I. 1854-1873, «Quaderni Giuliani di Storia» 26, 2005, 146-148; A. Cernecca, Momm-sen in Istria: i viaggi epigrafici del 1857, 1862 e 1866, «Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno» 38,

datata agosto 1845 con la quale gli si raccomandava di muoversi con cautela, dal mo-mento che il suo progetto delle «Iscrizioni del Regno di Napoli» avrebbe potuto ur-tare la suscettibilità degli studiosi locali. Nonostante avesse sperimentato l’ostilità dideterminati circoli letterari specie partenopei, cercò sempre di superare questa bar-riera proponendo – a Giulio Minervini prima e poi a Giuseppe Fiorelli – interessantiforme di collaborazione con la scuola tedesca, necessari per l’avanzamento scienti-fico dell’epigrafia meridionale, cercando, anche, di recuperare sempre i legami divicendevole rispetto con personalità di quella cultura, per il progresso scientificodella res epigraphica. Se, pertanto, determinati ambienti culturali, e non solo ‘napo-letani’, gelosi custodi della res patria, dimostrarono la loro ottusità scientifica neiconfronti di un ‘iperboreo’ che era andato a frugare tra le loro campagne e biblio-teche, ben diversa – leggendo soprattutto i vari capitoli delle singole città – si di-mostrò essere l’operosa e dinamica cultura locale (non quella specifica di determi-nati salotti borghesi ed aristocratici), la quale accolse Mommsen il più delle voltecon rispetto ed amicizia, offrendo generosamente la propria collaborazione. Per cuigià da tutte queste sparse e talvolta esili annotazioni che lo studioso tedesco co-stantemente segnalò, possiamo disporre di un quadro generale alquanto rispon-dente alla reale situazione ambientale che egli aveva avuto modo di incontrare.

Ma, per determinare ancor meglio e con rigorosa attendibilità questa situazione,fondamento insostituibile sono le lettere inviate costantemente da Mommsen atutti quegli italiani che gli erano stati d’aiuto nella ricerca, nelle quali il più dellevolte traspare qualche segno di gratitudine e di riconoscenza. Non devono esserevalutate unicamente come lettere ‘diplomatiche’, buone per conservare saldi queinecessari rapporti di vicendevole utilità futura, ma devono essere considerate so-prattutto come vere e proprie testimonianze di una corretta e sincera partecipa-zione, ciascuna da posizionare in quel variegato mosaico culturale che Mommsenaveva pienamente capito, soprattutto quando l’ospitalità richiesta ma non dovuta siera dimostrata di alto spessore. Testimoniano, insomma, in un momento crucialeper la storia dell’Europa, una fervida collaborazione internazionale e sentimenti distima e di amicizia con un consistente gruppo di studiosi.

Con vero piacere constato che molte di queste personalità stanno riemergendoda un incomprensibile oblio, grazie alla cure di numerosi studiosi, i quali, recupe-rando il loro epistolario intercorso con Mommsen, sono riusciti a consegnarci seg-menti della loro attività altrimenti ignota e posizionarne l’operato nel variegatomosaico culturale italiano.71

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2008, 181-199; L. Calvelli, Il viaggio in Italia di Theodor Mommsen nel 1867, «MDCCC-1800» 1, 2012, 103-120;F. Muscolino, Theodor Mommsen in Sicilia, c.s.

71 Ne offro un primo aggiornamento bibliografico ordinato cronologicamente senza la pretesa dicompletezza (vd. anche i già citati Buonocore, Theodor Mommsen; Voci, Un anello ideale, 415-431. Stralcidi lettere si recuperano anche nel sempre fondamentale L. Wickert, Theodor Mommsen. Eine Biographie,Frankfurt am Main 1959-1980 (Bd. 1. Lehrjahre, 1817-1844 [1959]; Bd. 2.Wanderjahre: Frankreich und Italien[1964]; Bd. 3. Wanderjahre; Leipzig, Zürich, Breslau, Berlin [1969]; Bd. 4. Grosse und Grenzen [1980]). Da ri-cordare, infine, che molte lettere di Mommsen indirizzate a vari studiosi italiani ebbero forma di veri

PER UNA EDIZIONE DELLE LETTERE DI THEODOR MOMMSEN

L’edizione di queste lettere, circa ottocento fino ad ora censite, di cui abbiamoofferto alcuni primi assaggi, disperse in istituzioni pubbliche e private, sicuramente

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e propri articoli, per cui si rimanda a Theodor Mommsen als Schriftsteller. Ein Verzeichnis seiner Schriftenvon Karl Zangemeister. Im Auftrage der Königlichen Bibliothek bearbeitet und fortgesetzt von Emil Jacobs. Neubearbeitet von S. Rebenich, Hildesheim 2000): G. Antonelli, Dichiarazione del can. Giuseppe Antonelli sul-l’opera ‘Appendice alla Gennarina’ del m.r. signor arciprete Giovanni Fei, Ferrara 1867; G. Finazzi, Di PudenteGrammatico Romano e dell’epitafio postogli in Bergamo da un filologo suo discepolo, «Rivista Universale» 7,1868, 28-42; Conestabile, Sull’insegnamento, cit. (1874); G. Finazzi, Le antiche lapidi di Bergamo descritte edillustrate, Bergamo 1876; Id., Sepolcreto di Concordia, NSA, 1877, 21-48; D. Bertolini, Pro Strabone, «Ate-neo Veneto» s. 8°, 1, 1884, 183-186; Id., Iscrizioni romane, «Atti e Memorie della Società Istriana di Ar-cheologia e Storia Patria» 1, 1884, 35-45; E. Pais, L’Ottantaduesimo anniversario di Teodoro Mommsen, Mes-sina 1899; G.B. Curto, Notizie storiche sulla distrutta città di Atinum Lucana dai tempi incerti fino al secoloXIX, Sala Consilina 1901, 114-115; E. Ciccotti, Due lettere inedite di Theodor Mommsen, «Napoli nobilis-sima» 12, 1903, 163-165; Glissenti, Adunanza, cit.; E. Costa, Theodor Mommsen, Bologna 1904, 43-44, 73-90;E. Pais, Perché fui esonerato dalla Direzione del Museo Nazionale di Napoli?, Napoli 1905; F. Ageno, L’Ap-pendix Mazochii Ticinensis. I. Teodoro Mommsen a Pavia, «Bollettino della Società Pavese di Storia Patria»16, 1916, 53-90; Lumbroso, Lettere inedite, cit., 1-26, 208-213, 266-273, 358-367, 431-440, 555-564; C. Zaghi,Lettere inedite di Teodoro Mommsen intorno ad epigrafi ferraresi, «Civiltà moderna» 3, 1931, 1182-1185; A. Vi-glio, Alcune lettere di T. Mommsen su epigrafi romane dell’agro novarese, «Reale Deputazione Subalpina diStoria Patria. Bollettino della Sezione di Novara» 29, 1936, 366-375; F. Loddo-Canepa, Un collaboratore diTheodor Mommsen: Filippo Nissardi, «Epigraphica» 13, 1951 (1953), 33-49; L.Ch. Pickert, Relazioni fra ar-cheologici italiani e tedeschi nell’Ottocento, RAL s. 8°, 18, 1963, 373-408; S. Calabrese, Agostino Gervasio e glistudi umanistici a Napoli nel primo Ottocento, Napoli-Foggia-Bari 1964, 115-123; M.R. Calabrese De Feo, Diuna antica corrispondenza epigrafica tra Theodor Mommsen e Andrea Calabrese, PP 30, 1975, 288-291; Tesch,Theodor Mommsen, cit.; A. Albertini, La pubblicazione del secondo volume del Museo Bresciano Illustrato(1874), in Id., Romanità di Brescia antica. Cenni di storia di Brescia nell’età repubblicana e altri scritti (Sup-plemento ai Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1978), Brescia 1978, 151; A. Liberati, Letteredi Mommsen a studiosi pugliesi, QS 8, 1978, 337-354; U. Laffi, Asculum II. Ricerche antiquarie e falsificazioniad Ascoli Piceno nel secondo Ottocento (Biblioteca di studi antichi 31, 2), Pisa 1981, 104-107; A. 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Russi (a curadi), Il germanesimo culturale negli studi di antichità del Mezzogiorno d’Italia nel secolo XIX, [Foggia 1999, 1-38; estratto anticipato] 2001; A.F. Bellezza, Teodoro Mommsen: inedita, minima, varia, in S. Bianchetti (acura di), Poikilma. Studi in onore di Michele R. Cataudella in occasione del 60° compleanno I, La Spezia 2001,

potrà farci addivenire ad un quadro più attendibile di quello che fu l’atteggiamentomommseniano verso la cultura italiana della seconda metà dell’Ottocento, la quale,fatte rare eccezioni, si era dimostrata, l’abbiamo già sottolineato, nei confrontidello studioso tedesco non affatto prevenuta, anzi ben disposta nel sostegno scien-tifico secondo le proprie possibilità. È noto, infatti, come Mommsen ne avesse piùvolte sottolineate la comitas e la liberalitas, cercando sempre di rispondere con parialtruismo sia sul piano culturale sia su quello umano. Molte di queste lettere sono,infatti, vere e proprie risposte a problematiche che gli venivano sottoposte su let-

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129-144; A. Buonopane - L. Santagiuliana, Due lettere inedite di Theodor Mommsen a Giovanni da Schio,AARov s. 8°, 2A, 252, 2002, 7-24; Massi Secondari, Theodor Mommsen, cit., 151-184; L. Calvelli, Due auto-grafi «dell’illustre Mommsen» a Venezia e a Verona, AN 73, 2002, 449-476; A. Cernecca, Theodor Mommsene Tomaso Luciani. Carteggio inedito (1867-1890), «Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno» 32, 2002,9-130; O. Diliberto, Una lettera inedita di Theodor Mommsen, «Athenaeum» 91, 2003, 545-550; S. Volpato,La biblioteca privata di Giuseppe Domenico Della Bona (1790-1864). I libri, la collezione numismatica, il carteg-gio. Saggi sull’officina storico-antiquaria ed edizione critica del carteggio a cura di Lidia Da Lio, Udine 2003;M. Buonocore, Inediti di Theodor Mommsen nel fondo Autografi Patetta, «Miscellanea Bibliothecae Apo-stolicae Vaticanae» 11, 2004, 209-240; A. Cernecca, Una lettera di Theodor Mommsen a Tomaso Luciani, «Si-leno» 30, 2004, 57-65; M. Buonocore, ‘Più col cuore che colla penna’. Theodor Mommsen y Giuseppe d’Errico:una página inédita de collaboración científica con la cultura del Reino de Nápoles en 1846, in J. Martínez-Pinna(a cura di), En el Centenario de Theodor Mommsen (1817-1903). Homenaje desde la Universidad Española, Má-laga-Madrid 2005, 25-36; G. de Petra, Memorie storiche di una famiglia meridionale. Fonti, documenti, ragio-namenti. Ricorrendo l’ottantesimo anniversario della scomparsa di Giulio de Petra, Roma 2005, 50-51; P. Fer-racuti, Due lettere inedite di Mommsen su un’epigrafe fermana, «Picus» 25, 2005, 119-127; A. Russi, La pole-mica fra il Mommsen e gli studiosi di antichità classiche del Regno delle Due Sicilie dopo la pubblicazione delleInscriptiones Reagni Neapolitani Latine (1852), in Saggi di storia della storiografia meridionale, Roma 2004,105-146; Mastino - Mara - Pittau, Il viaggio di Theodor Mommsen, cit., 239-274; A. Mattone, Theodor Momm-sen e le Carte d’Arborea. Falsi, passioni, filologia vecchia e nuova tra l’Accademia delle Scienze di Torino e quelladi Berlino, in Theodor Mommsen e l’Italia, cit., 345-411; A. Buonopane, Theodor Mommsen e la cultura anti-quaria, cit.; V. La Monaca, Lettere inedite di Theodor Mommsen a Giovan Battista Giuliari, in La ricerca epi-grafica, cit., 309-335; E. Pettenò, Theodor Mommsen, Dario Bertolini e la fertile stagione dell’archeologia con-cordiese, ibid., 213-236; A. Scuor, Mommsen, Giulio Porro Lambertenghi e i manoscritti di Gian Domenico Bar-toli, ibid., 352-372; V. La Monaca, Aggiornamenti epigrafici e tradizioni carducciane in una lettera inedita diTheodor Mommsen a Pietro Sgulmero, in M. Allegri (a cura di), Studi in memoria di Adriano Rigotti, Rove-reto 2006, 83-95; R. Faoro, Carteggio Francesco Pellegrini – Theodor Mommsen, «Archivio Storico di Bel-luno, Feltre e Cadore» 88, 2007, 49-54; E. Zerbinati, Una lettera inedita di Theodor Mommsen nella biblio-teca dell’Accademia dei Concordi, «Acta Concordium» 3, 2007, 25-44; Ferone - Iasiello, Garrucci a Bene-vento, cit., 29-31, 38, 199-200, 294, 313; E. Zerbinati, Il miliario della via Popillia: una lettera inedita di Theo-dor Mommsen, in P. Basso - A. Buonopane - A. Cavarzere - S. Pesavento Mattioli (a cura di), Est enim illeflos Italiae. Vita economica e sociale nella Cisalpina romana, Atti delle giornate di studi in onore di EzioBuchi. Verona, 30 novembre - 1 dicembre 2006, Verona 2008, 599-617; G. Asdrubale Pentiti, Le lettere diTheodor Mommsen al perugino Ariodante Fabretti, «Epigraphica» 70, 2008, 352-357; V. La Monaca, Un «sec-catore mattinale» a Palazzo Giuliari: Theodor Mommsen e il suo soggiorno a Verona nel 1867, in L. Olivato -G.M. Varanini (a cura di), Palazzo Giuliari a Verona. Da residenza patrizia a sede universitaria, Somma-campagna (VR) 2009, 209-213; A. Buonopane, «Ogni lavoro sopra di esso è proprio buttato». Theodor Momm-sen, Carlo Cipolla e l’Historia di Alessandro di Canobbio, in A. Brugnoli - G.M. Varanini (a cura di), MagnaVerona vale. Studi in onore di Pierpaolo Brugnoli, Verona 2008, 3-16; A. Cernecca, Theodor Mommsen e Pie-tro Kandler, «Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno» 40, 2010, 805-830; L. Carta, GiovanniSpano e i suoi corrispondenti, c.s.; F. Muscolino,Michele Amari e Theodor Mommsen, «Athenaeum», c.s.; Id.,Mommsen, Bardt, Hernandez di Carrera e l’iscrizione degli Apronii di Erice (CIL X 7257), «Epigraphica», c.s.

PER UNA EDIZIONE DELLE LETTERE DI THEODOR MOMMSEN

ture ed esegesi interpretative di determinate iscrizioni inedite generosamente se-gnalate, le cui conclusioni i mittenti non di rado avrebbero fatto proprie (in altretrasmesse a personalità che sentiva a lui profondamente legate, si evincono parti-colari assai interessanti relativi sia alla sua vita privata sia alla situazione storico-po-litica contingente). Costituiscono un vero e proprio spaccato della società di deter-minate aree geografiche italiane; sono fonte preziosa per determinare con ricchezzadi particolari del tutto inediti la storia culturale, il tessuto sociale ed umano dellanostra Italia di pieno Ottocento; ci consentono di calarci con sensibilità e rispettonelle pieghe della storia locale, dialogando con i fatti, antichi e recenti, e di model-lare una scandita e precisa ricostruzione storica; ci prendono per mano, insomma,con la finalità di riannodare il filo della memoria, il filo continuo della nostra sto-ria, una storia, è vero, ‘minore‘, ma non per questo non meritevole di essere ricor-data e studiata. Ed è questo il magnifico scenario che l’epistolario mommsenianopotrà svelarci: rendendo ora sistematicamente accessibile tale quantità di docu-menti in gran parte inediti e poco conosciuti, gli studiosi potranno disporre di tuttequelle acquisizioni eruibili da questo raccolto, lo potranno interrogare, con loro po-tranno agevolmente confrontarsi e dialogare, ciascuno privilegiando il proprio spe-cifico settore di ricerca, così come hanno fatto analoghe imprese editoriali.

Disponendo di tutto questo enorme posseduto documentario possiamo precisarenel dettaglio i suoi itinera difficillima et fructuosissima, esaminare in filigrana quei no-minativi che gli furono di valida assistenza nella ricerca, e si rimane sempre im-pressionati di come Mommsen padroneggiasse e raccordasse – frutto indubbia-mente di memoria non comune – le occorrenze letterarie ed antiquarie.

Dallo studio di questo epistolario si potrà inoltre facilmente recuperare il modusoperandi di Mommsen; gli esempi sono numerosi, ma su tutti vorrei almeno ripor-tare il seguente: è ben nota l’espressione «ante omnia emendandum et continuan-dum» presente nella sua praefatio dei volumi CIL IX-X: siamo nel 1883 (Mommsenfaceva riferimento alla sua edizione congiunta dei due volumi del Corpus che ap-pena pubblicata si sarebbe dovuta correggere e continuare). Ebbene, nella letteratrasmessa al suo de Rossi il 7 febbraio 1857 lo invitava a completare un lavoro su Ci-riaco d’Ancona e che invece de Rossi riteneva non ancora pronto per la stampa:

Ella mi conosce e saprà, che io non corro dietro alla vana gloria, e che ho imparato la pa-zienza di aspettare il frutto degli studj, quando sarà maturo; ma rifletta, la prego, alle milleeventualità, che minacciano giornalmente la rovina alla nostra impresa,72 all’impazienza diquei che comandano e pagano, ed al dovere – almeno così sembra a me – di far oggi quelche può farsi, perché l’indomani non sta nelle nostre mani. Così pensai, quando pubblicai leiscrizioni Napoletane. La raccolta è assai imperfetta, come Ella lo sa ed io pure lo so; manon mai mi sono pentito di aver ritardato la pubblicazione. Questa, caro amico, è la miafretta, fretta, se non m’inganno, non di giovine, ma di uomo prudente».73

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72 Cioè il CIL.73 Roma - Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14240 ff. 437r-438v nr. 30. Edita in: Buonocore,

Theodor Mommsen, cit., 111-112 nr. 25.

D’altronde io sempre ripeto: melius opus utile condere quam perfectum somniare.L’edizione prevede la pubblicazione di tutte queste lettere suddivise in ordine

cronologico con essenziali note di commento ed alcune appendici nelle quali sa-ranno riassunti i principali dati bio-bibliografici dei destinatari e di tutti quei nomi-nativi citati da Mommsen nelle lettere. Il lavoro di trascrizione è quasi ultimato(sarà mia intenzione riproporre anche la famosa lettera di Mommsen a Borghesipremessa alla Iscrizioni del Regno Napoli, così come le due prefazioni a CIL V e aCIL IX-X intese come un vero e proprio monitum epistolare): un lavoro, è facile im-maginare, difficile, paziente, direi ‘sisifeo’ per riprendere un termine caro al Nostro.Ma ancora più difficile è stato il lavoro di recupero di questa enorme massa docu-mentaria; sono stati, è vero, scandagliati istituzioni, biblioteche, archivi; alcuni pri-vati hanno segnalato lettere in loro possesso; per i documenti non rintracciabili si èfatto ricorso alle edizioni precedenti. A questo lavoro hanno dato il loro contributonumerosi studiosi, di cui rimarrà la paternità scientifica della trascrizione74, ma dame sempre verificata e controllata e talvolta anche integrata con note e commentisempre essenziali. Sarà mia intenzione, sempre come appendice al volume, elencaretutti quegli italiani registrati nel «Nachlass Mommsen» conservato alla Staatsbi-bliothek zu Berlin Preussischer Kulturbesitz: credo cosa importante farla non soloperché si potrà approfondire, per chi avrà la necessaria pazienza, il rapporto intes-suto con queste personalità e capire meglio le modalità di ogni singolo Briefwech-sel, ma anche perché potranno essere registrati altri nominativi che inevitabilmentesaranno assenti nella edizone. Infatti, quantunque le nostre ricerche abbiano cer-cato di essere le più capillari possibile, inevitabili mancanze ci saranno: sono sicuroche appena sarà uscita questa edizione, riemergeranno quasi d’incanto altre lettereconservate presso privati o istituzioni pubbliche (e si potrà allora pensare eventual-mente ad un contributo di aggiornamento). Ad esempio lo scorso anno mi ero in-teressato a Domenico de Guidobaldi75 (personaggio di un certa notorietà nell’am-biente teramano), il quale ebbe rapporti epistolari con Mommsen: nel «NachlassMommsen» di Berlino sono conservate cinque lettere di de Guidobaldi trasmesse aMommsen tra il gennaio del 1865 e l’8 novembre 1882 (evidenti risposte a domandeche Mommsen gli aveva posto), ma non ho reperito le lettere di Mommsen a deGuidobaldi. Dove si trovano? Nel 1904, appena due anni dopo la morte di de Gui-dobaldi, avvenne la triste e dolorosa vicenda della dispersione del suo archivio e

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74 Anche in questa sede il mio grazie più sincero a tutti coloro che fino a questo momento hannoeseguito la trascrizione con commento di quelle lettere di Mommsen da loro rintracciate: Simona An-tolini, Giovanna Asdrubali Pentiti, Alfredo Buonopane, Riccardo Cataldi, Lorenzo Calvelli, AntonioCernecca, Elena Cimarosti, Katiuscia Di Rocco, Angela Donati, Silvia Giorcelli Bersani, GiuseppeGuadagno, Italo M. Iasiello, Agnese Massi Secondari, Attilio Mastino, Giovanni Mennella, FrancescoMuscolino, Anna Maria Nieddu, Rita Peca Conti, Valentina Emanuela Pistarino, Cristina Pepe, MilenaRicci, Michela Sanfelice. Eleonora de Longis mi aiuta nella redazione finale.

75 Domenico de Guidobaldi tra Giovanni Battista de Rossi e Theodor Mommsen: trent’anni (1853-1883) di sco-perte archeologiche ed epigrafiche, in La figura e l’opera di Domenico de Guidobaldi dai Borboni ai Savoia aduecento anni dalla nascita (1812-2012). Atti del Convegno, Teramo-Nereto, 7-8 ottobre 2011, c.s.

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della sua biblioteca a seguito dell’accordo di vendita sottoscritto tra gli eredi delloscomparso e la Libreria Francesco Perrella di Napoli. Si potranno mai recuperare?E così per altre personalità. D’altronde Giacomo Lumbroso nel 1921, allorquandopubblicava nella «Rivista di Roma» 53 lettere di Mommsen a numerosi italiani, si do-mandava dove si trovassero numerose altre, e pregava che gli si indicasse il luogo;per le lettere a de Rossi e a Carlo Promis non recuperate da Lumbroso ora pos-siamo dire dove si conservano.

Quando uscirà questa edizione? Nel 2013 spero di ultimarne la costruzione; poiseguirà la stampa, che verrà quasi certamente accolta nelle collane editoriali dellaBiblioteca Apostolica Vaticana. La motivazione di questa scelta è data dalla circo-stanza che tra i destinatari compare la figura di Giovanni Battista de Rossi (scriptorLatinus della Vaticana), a cui Mommsen inviò 138 lettere tra gli anni 1847 e 1893 edora conservate nelle collezioni vaticane. Sempre nelle collezioni della Biblioteca Va-ticana si sono potute reperire altre 94 lettere trasmesse a personalità di grande spes-sore scientifico tra cui emergono figure di primo piano legate alla ‘storia’ dellastessa Biblioteca (Luigi Maria Bruzza, Giuseppe d’Errico, Nerino Ferri, GiuseppeFiorelli, Giulio Gabrielli, Gaspare Gorresio, Rodolfo Amedeo Lanciani, GiovanniMercati, Giulio Minervini, Joseph Müller, Federico Odorici, Matteo Ricci Petroc-chini, Enrico Stevenson iunior, Pasquale Villari). La sola Biblioteca Vaticana pos-siede, pertanto, 232 lettere mommseniane, quasi un terzo di tutto l’epistolario finoad ora censito.

Mi auguro che entro il 2015 questa impresa possa vedere finalmente il suo sospi-rato traguardo. Si potrà disporre, pertanto, a ridosso del 2017, bicentenario della na-scita di Theodor Mommsen, di uno strumento assai utile per tracciare a tutto tondola sua presenza in Italia, il suo interesse verso questa nostra Italia, le sue prioritàscientifiche che scaturivano dallo studio delle irripetibili bellezze storiche e artisti-che che il suolo nazionale generosamente gli concedeva. Di converso verrà offertaa tutti noi di seguire con maggiori dettagli quelle personalità italiane che hanno ani-mato, ciascuno con il proprio spessore, il dibattito culturale della seconda metà del-l’Ottocento.

Biblioteca Apostolica [email protected]

Abstract

Theodor Mommsen ebbe un rapporto privilegiato con l’Italia, che non ha esitato sempre adefinire la sua «seconda patria». La visitò la prima volta nel novembre 1844 per la raccoltadelle iscrizioni latine del Regno di Napoli, e l’ultima volta nell’aprile del 1896. Dell’Italia – edegli italiani – riconobbe pregi e difetti e ne seguì sempre con attenzione le vicende politi-che ed i traguardi che lentamente e non senza difficoltà stava raggiungendo soprattuttodopo l’Unità. Ma quando si parla di Italia e di Mommsen il pensiero sempre corre alla suaraccolta delle iscrizioni latine, il Corpus Inscriptionum Latinarum, e a tutta quella schiera diitaliani che gli furono di valido aiuto nella ricerca. Per determinare meglio e con rigorosa

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attendibilità questa situazione, fondamento insostituibile sono le lettere inviate costante-mente da Mommsen a tutti quegli italiani, che in questi anni si stanno raccogliendo in vistadi loro complessiva edizione. Si potrà disporre, pertanto, a ridosso del 2017, bicentenariodella nascita di Mommsen, di uno strumento assai utile per tracciare a tutto tondo la suapresenza in Italia, il suo interesse verso l’Italia, le sue priorità scientifiche che scaturivanodallo studio delle bellezze storiche e artistiche che il suolo nazionale generosamente gli con-cedeva. Di converso verrà offerta a tutti la possibilità di seguire con maggiori dettagli quellepersonalità italiane che hanno animato il dibattito culturale della seconda metà dell’Otto-cento.

Parole-chiave: Theodor Mommsen, Italia, epigrafia, lettere

Theodor Mommsen had a privileged relationship with Italy, which he always defined as his«second homeland». He first visited Italy in November 1844, in order to collect Latin in-scriptions of the Kingdom of Naples, and for the last time in April 1896. He recognisedItaly’s – and Italians’ – virtues and flaws, and followed its political events and the goals it wasachieving, often with difficulty, especially after the Italian Unification. When talking aboutMommsen and Italy, however, we must refer to his collections of Latin inscriptions, the Cor-pus Inscriptionum Latinarum, and to all the Italians who assisted him during the research. Theletters Mommsen wrote to those Italians, which are currently being collected in pursuit ofa comprehensive edition, provide an essential ground on which this situation has been de-termined rigorously and reliably. By 2017, the bicentenary of his birth, we will be able to usethese letters as a valuable instrument to better trace his presence in Italy, his interest to-wards Italy, as well as his scientific priorities originated from the study of Italian artistic andhistoric beauty. Conversely, everyone will have the chance to have more details about theItalian personalities who spur the cultural debate of the second half of the nineteenth cen-tury.

Key-words: Theodor Mommsen, Italy, epigraphy, letters

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