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2011 ILARI Strategia della storia

Date post: 22-Jan-2023
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STRATEGIA DELLA STORIA di Virgilio Ilari 1. Storia della strategia. Storia e strategia sono concetti vaghi, oscuri, inflazionati e variamente associati. La combinazione più evidente è "storia della strategia", che può significare il tentativo di individuare e inseguire un concetto universale attraverso le molteplici forme in cui si è manifestato nei vari contesti linguistici e culturali. Ma anche, in senso più specifico, storia del particolare sostantivo, e del corrispondente genere letterario, in cui si è espressa e sviluppata la specifica cultura occidentale della guerra. In terzo luogo "storia della strategia", integrata da un aggettivo specificativo (ad esempio "giapponese", "nucleare", "contemporanea") può indicare la storia di una particolare concatenazione (nazionale, operativa, epocale) di percezioni e decisioni. Bisogna osservare che queste sarebbero ancora storie di primo livello, cioè meramente ricostruttive e narrative: una base necessaria, ma di per sé sola incapace di proporre interpretazioni e giudizi storici in senso compiuto. Per questo occorrerebbe un lavoro ulteriore, e cioè indagare in quale misura e in quale direzione una determinata idea generale della guerra possa condizionare la condotta strategica e stabilire col tempo costanti e
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STRATEGIA DELLA STORIAdi Virgilio Ilari

1. Storia della strategia. Storia e strategia sono concetti vaghi, oscuri,inflazionati e variamente associati. Lacombinazione più evidente è "storia dellastrategia", che può significare il tentativo diindividuare e inseguire un concetto universaleattraverso le molteplici forme in cui si èmanifestato nei vari contesti linguistici eculturali. Ma anche, in senso più specifico,storia del particolare sostantivo, e delcorrispondente genere letterario, in cui si èespressa e sviluppata la specifica culturaoccidentale della guerra. In terzo luogo "storiadella strategia", integrata da un aggettivospecificativo (ad esempio "giapponese","nucleare", "contemporanea") può indicare lastoria di una particolare concatenazione(nazionale, operativa, epocale) di percezioni edecisioni. Bisogna osservare che queste sarebbero ancorastorie di primo livello, cioè meramentericostruttive e narrative: una base necessaria,ma di per sé sola incapace di proporreinterpretazioni e giudizi storici in sensocompiuto. Per questo occorrerebbe un lavoroulteriore, e cioè indagare in quale misura e inquale direzione una determinata idea generaledella guerra possa condizionare la condottastrategica e stabilire col tempo costanti e

stili che predeterminano a loro volta lepercezioni e le decisioni. Pur coi meriti dei manuali delle università diPrinceton e di Cambridge curati dagli americaniPeter Paret (1924)1, Williamson Murray2 e VictorDavis Hanson (1953)3, la migliore storia delpensiero strategico resta certo quelladell'israeliano Azar Gat (1959)4, Interessante,specie per il metodo, è tuttavia pure il recentesaggio del belga Christophe Wasinski, il qualesi è proposto di indagare il modo in cui si ècostruito "il senso comune strategico", ossia laconvinzione sociale e transnazionale che lapolitica sia in grado di governare la guerra.Malgrado una certo sfoggio di erudizionesociologica e l'immancabile minestra riscaldatadi V. D. Hanson sulla falange oplitica, ilsaggio ricostruisce poi abbastanza bene lagenesi del pensiero strategico occidentale e isuoi rapporti con la storia militare e lageopolitica5.

1 Peter Paret and Felix Gilbert (Eds), Makers of modernstrategy: from Machiavelli to the nuclear age, Princeton UniversityPress, Princeton, 1986. 2 Williamson Murray, MacGregor Knox, Alvin Bernstein(Eds.), The Making of Strategy. Rulers, State, War, Cambridge,Cambridge U. P., 19943 Victor Davis Hanson (Ed.), Makers of ancient strategy:from the Persian wars to the fall of Rome, PrincetonUniversity Press, Princeton, 2010.4 Azar Gat, The development of military thought: the nineteenth century,Oxford University Press, Oxford, 1992. A history of militarythought: from the Enlightenment to the Cold War, Oxford UniversityPress, Oxford, 2001.5 Christophe Wasinski, Rendre la guerre possible. La construction dusens commun stratégique, Université Libre de Bruxelles.

Lo stile di guerra occidentale (militarista,soggettivo) è anche il prodotto di unaaccentuata autonomia istituzionale del militarerispetto al politico: ciò ha infatti spinto ilpensiero militare ad anteporre la riflessione("jominiana") sulla condotta delle operazioni(warfare) e dunque sull'officium e l'arte delcapitano generale [indicati dopo il 1771 colvocabolo greco "strategia"] alla riflessione("clausewitziana") sulla struttura oggettivadella guerra e dunque sul rapporto di polaritàtra gli avversari. Una prospettiva che pureavrebbe potuto essere sviluppata partendodall'idea di ratio belli ("misura", "rapporto") chericorre incidentalmente nella letteraturaclassica (specie in Cesare)6. 2. La reinterpretazione della storia civile da una prospettivastrategica

Storia e strategia possono inoltre venircombinate reciprocamente come aggettiviqualificativi l'uno dell'altro. In tal modo èpossibile mettere a fuoco e confrontare unavisione strategica oppure astrategica dellastoria e una visione storica oppure astoricadella strategia.

Bruxelles, 2010. Di un certo interesse pure l'antologia diotto scrittori militari "minori" dal 1548 al 1816 curatada Beatrice Hauser, The Strategy Makers: Thoughts on War and Societyfrom Machiavelli to Clausewitz, Praeger Security International,ABC Clio, Greenwood Publisher, 20106 V, Ilari, "Imitatio, Restitutio, Utopia: la storiamilitare antica nel pensiero strategico moderno", in MartaSordi (cur.), Guerra e diritto nel mondo greco e romano, Milano,Vita e Pensiero, 2002, p. 269-381. . [online su scribd].

La prima questione investe il grado diconsapevolezza, da parte dello storico, delpotenziale bellico della sua ricerca, anche severte su campi apparentemente lontanissimi dallaguerra, come la scienza, la religione, l'arte,la filosofia. Un possibile studio implicato daquesta particolare questione riguarda la genesidella letteratura militare e strategica comecostola della storiografia, e la gradualeconquista di un proprio statuto metodologico escientifico, anche in contrapposizione con lescienze storiche e in confronto col parallelosviluppo della geografia, della politica edell'economia. Altro aspetto sono le differenti deformazioniche la "storia civile" subisce a seconda che ilricercatore tenga conto o meno della latentedimensione strategica del suo oggetto di studio(un'epopea nazionale come un sistema economico,il progresso scientifico come una visioneartistica o religiosa). Prendiamo ad esempiol'interpretazione delle rivoluzioni nazionali edelle guerre di indipendenza e di liberazione:laddove la storia nazionale tende a riflettereil punto di vista delle nuove classi dirigenti ea interpretarle perciò come autobiografiacollettiva, la storia strategica tende aspostare l'enfasi sul contesto internazionale esui fattori e attori esterni7. Il colto lettoresentirà qui evocata la polemica sul concetto di"rivoluzione passiva" (coniato da Vincenzo Cuoco

7 Cfr. V. Ilari, v. "Esercito", in Luigi MascilliMigliorini (cur.), Italia napoleonica. Dizionario critico, UTET,Torino, 2011, pp. 231-32. Id., "La storiografia militaredell'Italia napoleonica", in Rivista Italiana di studi napoleonici(in corso di pubblicazione).

a proposito della Repubblica Napoletana del1799, instaurata dalle baionette francesi piùche dall'élite "patriottica"); oppurel'osservazione di John Robert Seeley (1834-95)che la grande storiografia whig (ma poi, in formediverse, anche la successiva storiografia liberal)riduceva la storia inglese alla storia delparlamentarismo e della legislazione, di fattoignorando il contemporaneo sviluppo dell’Imperobritannico8. Questioni ricorrenti, ad esempio,nell'attuale dibattito sull'atteggiamento chel'Occidente dovrebbe osservare di fronte allacosiddetta "primavera araba", dove chi guardaagli sviluppi interni caldeggia l'"apertura dicredito", mentre chi considera gli effettigeopolitici globali perora un attendismo ostilee pessimista.

3. La storia militare come "strategoteca" delle strategia. L'approccio storico alla strategia appare meno

problematico; ma solo prima facie. Più da vicino,infatti, mette in questione la natura, lo scopoe il valore cognitivo (euristico, predittivo)della storia in genere e della storia militarein particolare e l'incidenza che l'immagine delpassato (specie se rozza e viscerale) esercitasulla percezione e sulla decisione strategica.Ho affrontato questi temi in vari precedenti

8 R. Seeley, "Tendency in English History", in The Expansionof England, Two Courses of Lectures (1883), London, Macmillan andCo, 1911, pp. 1-18.

studi ai quali rinvio9, limitandomi qui arichiamare solo alcune riflessioni generali. Sul punto l'autore più originale, e più

interessante, è il maresciallo di Puységur(1655-1743), già capo di stato maggiore (maréchalgénéral des logis) del maresciallo di Luxembourg, ilquale teorizzò la tesi paradossale (ma vicinaall'intento pedagogico dell'Encyclopédie) diun’autosufficienza assoluta dello studio teorico,proponendosi di dimostrare che “sans guerre, sanstroupes, sans armée, sans être obligé de sortirde chez soi, par l’étude seule, avec un peu degéometrie et de géographie, on peut apprendretoute la théorie de la guerre de campagne”10.Considerando che un buon due terzi della

letteratura militare sono opera di pingui e(apparentemente) inoffensivi ecclesiastici o

9 V. Ilari, “La storiografia militare italiana:riflessioni critiche su strutture, ruolo e prospettive”,in La storiografia militare italiana negli ultimi venti anni, Atti delconvegno di Lucca, ottobre 1984, Centro interuniversitariodi studi e ricerche storico-militari, Milano, FrancoAngeli, 1985, pp. 158-76: ID., “Guerra e storiografia”, inCarlo Jean (cur.), La guerra nel pensiero politico, Milano, FrancoAngeli, 1987, pp. 223-258; Id., “La storia militare:disciplina specialistica o specifica?”, in Michele Nones(cur.), L’insegnamento della storia militare in Italia, Atti delseminario di Roma, 4 dicembre 1987, Società di storiamilitare, Genova, Compagnia dei Librai, 1989, pp. 77-94;ID., “Storia del pensiero, delle istituzioni e dellastoriografia militare”, in Piero Del Negro (cur.), Guidaalla storia militare italiana, Napoli, EdizioniScientifiche Italiane, 1997, pp. 7-16. "Epistemologiadella storia militare", in Acta del II convegno nazionale di storiamilitare, Roma, Centro Alti Studi Difesa, 28-29 ottobre 1999,Roma, Commissione Italiana di Storia Militare, 2001, pp.47-70. [online su scribd].10 Art de la guerre par principe et règles, Paris, 1748, I, p. 2

professori universitari, che le grandi epopeerivoluzionarie sono state provocate daautodidatti in borghese o in tonaca, e -soprattutto - che l'esperimento sul campodifferisce da quello scientifico perché non èreplicabile, o si da ragione a Puységur oppuresi mandano al macero intere biblioteche. Lasoluzione di compromesso, praticata dagli statimaggiori in tempo di pace, è di supplire allanon replicabilità degli esperimenti con la mediadelle esperienze, ricavata dallo studioprofessionale della storia militare, di cuifanno parte Übung, Kriegsspiele, staff ride e re-enactement11. La strategia, dice Clausewitz, non è scienza

deduttiva, ma induttiva; non trova i suoiprincipi "in astratto", ma li ricavadall'esperienza. E siccome non può esperire ilfuturo, esperisce il passato, ossia la storiamilitare12, attraverso la ricostruzione di eventie l'individuazione dei fattori qualificanti.Altrove Clausewitz sfuma o contraddice lafiducia sulla possibilità pratica di impararedalla storia: ma qui probabilmente stavapensando alla sua stessa esperienza (la Strategiedel 1804, basata sullo studio comparato dellecampagne) o forse alle memorie di stato maggioreche si redigevano all'epoca sua13. Jomini (autore11 David Ian Hall, "The Modern Model of the BattlefieldTour and Staff Ride: Post-1815 Prussian and GermanTraditions", in The Quarterly Journal, pp. 93-101. WilliamGlenn Robertson, The Staff Ride, Center of Military History,U. S. Army, Washington, 1987. [entrambi online]. 12 Vom Kriege, II, 2, 37. 13 V. Ilari, "La storia militare tra topografia e retorica:Gustav Wilhelm af Tibell (1772-1832) e Ugo Foscolo (1778-

di studi sulle campagne del 1792-1815 piùanalitici di quelli corrispondenti diClausewitz) assevera con enfatica superficialitàla funzione scientifica della storia militare.Simili banalità abbondano nella letteraturastrategica, dove la storia militare diventa unaghiotta "stratégothèque universelle"14, ignorandoil caveat clausewitziano sui pericoli degliexempla historica (II, 6). In realtà lo studio critico della storia, quale

che sia la specializzazione, non nasce ex ante, maex post: non dal successo, ma dalla sconfitta. Lacondizione, necessaria ma non sufficiente, per"learn the lesson", è aver perso. «Quando siparte il gioco della zara, colui che perde siriman dolente, repetendo le volte, e tristoimpara»15. Beninteso a condizione che lasconfitta non sia definitiva e senza appello:così si spiega perché dopo il 1945 l'Europaabbia smesso di studiare la storia militare16

mentre gli Stati Uniti l'hanno scoperta dopo ilVietnam, reagendo con una svolta epocale dellaloro cultura militare, in precedenza basatasulla tradizione jominiana e sulle teorie

1827)", rielaborazione (online su scribd) del capitolo 17della Storia Militare del Regno Italico 1801-1814, Roma, 2004, vol. I,tomo I, pp. 407-435.14 Lucien Poirier (Les voix de la stratégie, Paris, Fayard, 1985, pp. 26 ss.15 Dante, Purgatorio, VI, 1-3.16 Con l'eccezione forse della Gran Bretagna, a giudicareda uno studio citato da David Ian Hall (The Role of MilitaryHistory in Officer Education in Great Britain, the United States of America andGermany in Twentieth Century. Report commissioned by theMinistry of Defence, U. K., and produced by the Departmentof War Studies, King's College, London, October 1983-84).

manageriali (analoghe al "metodismo" eall'"elemento geometrico" di cui ai capitoli II,4 e III, 15 del Vom Kriege). La svolta si èconcretizzata nella creazione del Training andDoctrine Command di Fort Leavenworth e nei primifondamentali studi di storia comparata deifattori determinanti (logistica, comando,tecnologia) commissionati a Martin van Creveld(1946)17. 17 Nell'ambio dell'esercito americano lo studio el'insegnamento della storia militare è organizzato su trelivelli; per scopi generali, a Fort McNair, sede del chiefof military history dell'esercito; per scopi professionali(e non solo per la formazione degli ufficiali masoprattutto per l'elaborazione della dottrina tattica,organica e logistica) a Fort Leavenworth, sede del TRADOC;e per scopi strategici alle Carlisle Barracks, sede dellascuola di guerra. Manuali regolano le "military historyoperations" e le specifiche ricerche corrispondenti allevarie funzioni all'esercito. Speciali centri elaborano irapporti dal campo ("lessons learned") e la storia orale efanno rivivere, aggiornati e potenziati dalle nuovecapacità tecnologiche, i sistemi di studio inventati dallostato maggiore prussiano, i giochi di guerra e i viaggi distato maggiore sui campi di battaglia ("staff ride").Struttura sui generis, senza equivalenti negli esercitieuropei, a parte le sezioni dei reparti propagandapreposte alle commemorazioni ufficiali (larve tra lerovine di quelle fervide fucine della scienza militare chefurono il Dépôt de la guerre creato da Colbert e i suoianaloghi istituti europei). Il frutto di questa poderosamacchina per lo studio professionale e strategico dellastoria è un'imponente produzione editoriale (in notevoleparte accessibile gratuitamente online) che affronta itempi più scottanti, con militare franchezza, senzariguardi né reticenze. Colpisce ad esempio che l'esercitoabbia riassunto il suo punto di vista (assai critico eautocritico) sulle esperienze fatte in Iraq e Afghanistanchiamandole "The Long War" (ossia "La guerra di lungadurata"), senza curarsi che possa essere interpretata comeuna critica implicita al nome ideologico di "War on

4. Potenziale strategico della storia

In terzo luogo, la visione strategica dellastoria rende possibile valutarla come unacomponente delle "forze morali" (sotto forma ditradizione, memoria, identità, costruzione del"nemico"). La qualificazione legale ogiudiziaria di eventi passati, da cui derivanoresponsabilità, diritti soggettivi, limiti allalibertà di espressione, è sempre entrata tra lecause e le modalità delle guerre e tra gliarticoli dei trattati di pace. Il richiamo ai "diritti storici" in merito allecontroversie territoriali; la questione dellescuse ufficiali per i crimini di guerragiapponesi18; il riconoscimento formale da partedella Turchia, come condizione per la suaammissione nella Comunità Europea, del caratteredi genocidio dei massacri degli armeni; larepressione penale del negazionismo; lepolemiche sul revisionismo e sul caratteretendenzioso dei testi scolastici di storia; sonotutti esempi recenti e attuali del ruolopolitico e perfino militare che può essereattribuito alla rappresentazione del passato edel fatto che quest'ultima diventa in misuracrescente uno dei fronti principali delle guerrepotenziali.

Terror" scelto dalla Casa Bianca e ratificato dalCongresso.

18 Jane W. Yamazaki, Japanese Apologies for Word War II. A rhetoricalstudy, Routledge Comtemporary Japan series, New York,Routledge, 2006

Uno di questi fronti, vale a dire il contenziosoterritoriale tra Giappone e Corea del Sudrelativo all'antico regno di Koguryo, è statooggetto di un recente saggio di Terence Roherig,professore di National Security Affairs all'USNaval War College di Newport, che lo harubricato sotto il titolo "History as aStrategic Weapon"19. Polemizzando contro la teoria, ripresa nel 2006da John Mearsheimer e Steven Walt, che lapolitica estera americana sarebbe eccessivamenteinfluenzata dalla "lobby ebraica", una tesi didottorato presso la Naval Postgraduate School diMonterey considera invece la storia messianicadi Israele "as a strategic asset to the UnitedStates"20. Questo non significa certo che processicomplessi, controversi e di lungo termine comel'interpretazione escatologica della Shoa el'affermazione, nel diritto internazionale, deiprincipi di retroattività e non prescrittibilitàdei crimini di guerra e contro la pace,l'umanità e la democrazia possano in alcun modoessere interpretati come esempi di intenzionale"strategia della storia". Del resto non solo laRussia, ma neppure gli Stati Uniti hanno ancoraratificato il trattato di Roma del 17 luglio

19 Terence Roherig, "History as a Strategic Weapon. TheKorean and Chinese Struggle over Koguryo", in Seung HamYang, Yeon Sik Choi, and Jong Kun Choi (eds), Korean Studiesin the World: Democracy, Peace, Prosperity, and Culture, Seoul,Jimoondang, 2008.20 Keith R. Williams (Captain, U. S. Army), "Moral Support,Strategic Reasoning or Domestic Policy: America's continuaSupport to Israel", Thesis, Naval Postgraduate School,Monterey, California, december 2007, online.

1998 che istituisce la Corte penaleinternazionale, mentre Israele, come la Cina,non l'ha neppure firmato; segno che questainiziativa, pur essendo uno sviluppo deiprincipi giuridici di Norimberga, non assecondagli interessi americani e israeliani. Nondimenola corte penale internazionale, se da un latopone nuovi vincoli alla politica, dall'altrooffre un'opportunità alla strategia, comedimostra il caso dell'incriminazione diGheddafi, certo apprezzata da chi si oppone aduna soluzione negoziata della guerra civilelibica e teme lo sganciamento dei partnertrascinati loro malgrado ad un intervento noncondiviso e con ogni evidenza mal calcolatodagli stessi promotori.In definitiva il principio ispiratore dellacorte criminale dell'Aia è Fiat justitia, et pereatmundus, che esprime la ribellione idealistacontro il cinismo e il relativismo etico deirealisti. Ma la proclamazione di un nuovoprincipio etico è pur sempre, a suo modo, unastrategia di guerra. Non a caso la frase, ignotaal mondo classico, compare per la prima voltanei Loci communes di Filippo Melantone (1497-1560), stampati nel 1521, lo stesso annodell'Arte della guerra di Machiavelli. Processare idittatori21 e le guerre può soddisfare, oppureoffendere, questo o quel modo di intendere lagiustizia, ma non sopprime né la politica né lastrategia: al contrario offre all'una nuove

21 Sul tema v. un altro interessante contributo di T.

Roherig, The Prosecution of Former Military Leaders in Newly DemocraticNations: The Cases of Argentina, Greece, and South Korea, Jefferson, NC:McFarland Press, 2002.

opportunità e all'altra un nuovo ambienteoperativo. Portare la storia in tribunaletrasforma infatti persone ed eventi in iconemorali ben più efficacemente della "storiamonumentale"22. La serie virtualmente illimitatadi processi garantita dal sistema allestisce indefinitiva un catartico "teatro della memoria",costruito sul ricordo traumatico, per sua naturaresistente a ogni forma di significazione23. Cosìil passato dilaga nel presente; non già nelsenso critico del "passato-presente", ma inquello del "passato che non vuole passare"24, e

22 Interessante l'interpretazione della memoria della Shoanella categoria nicciana della "storia monumentale" fattada Stefano Levi della Torre, "La Shoa tra storia ememoria", in David Bidusso, Enrica Collotti Pischel eRaffaella Scardi (cur.), Identità e storia degli Ebrei, Milano,FrancoAngeli, 2000, pp. 154-55: "La memoria di ciò che èaccaduto ne sancisce l'immanenza, la possibilità che sirinnovi oggi, in ogni momento della vita e della storia.Qui vediamo la forma paradigmatica: ciò che è stato comeparadigma di ciò che può essere. E' quel tipo di memoriache F. Nietzsche in Sull'utilità e il danno della storia per la vitadesigna come 'storia monumentale' (...) La memoriaparadigmatica agisce per analogia; risponde alla domanda:di quale evento fondante (preso a paradigma) un eventoattuale è 'immagine e somiglianza'?" [Il riferimento è aVom Nutzen und Nachteil der Historie für das Leben, 1874, secondadelle Unzeitgemässe Betrachtungen]. Sulle contraddizioni nellafabbrica della memoria pubblica nell'Italia contemporanea,v. V. Ilari, Inventarsi una patria, Roma, Ideazione, 1997, eGiovanni de Luna, La Repubblica del Dolore, Milano, Feltrinelli,2011. 23 Jean François Lyotard (1924-1998), Le Postmoderne expliquéaux enfants, Paris, Galilée, 1986. 24 Questo il titolo dell'articolo pubblicato da Ernst Noltesulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 6 giugno 1986 e che detteorigine all'Historikerstreit del 1986-89 (Konrad H.Jarausch, "Removing the Nazi stain? The quarrel of the

che viene addirittura proclamato "il prezzodella colpa"25. E così, per parafrasare la famosaesclamazione di Marx, "il morto afferra ilvivo!"26.

5. La memoria pubblica come arma strategica

Howard Zinn (1922-2010) ha intitolato uno deisuoi ultimi libri History is A Weapon. Autore dellafamosa reinterpretazione della storia degliStati Uniti dal punto di vista delle masse edelle minoranze, e attivista della contestazioneuniversitaria, Zinn si riferiva ovviamente allastoria critica, che ha avuto un ruolo centralenelle grandi rivoluzioni sociali del Novecento.Considerata dal punto di vista del suo

historians", in German Studies Review, 1988 May, 11(2), pp.285-301; Hans-Ulrich Wehler, Entsorgung der deutschenVergangenheit? Ein polemischer Essay zum "Historikerstreit", Monaco, C.H.Beck, 1988). 25 Ian Buruma, Il prezzo della colpa. Germania e Giappone: il passato chenon passa, Milano, Garzanti, 1994.26 Si tratta di una massima di diritto successorio sancitada vari statuti medievali in Germania, in Francia e inparte anche in Italia ("mortuus sasit vivum", "Der Todteerbt den Lebendigen"; v. ad es. Le mort saisit le vif, hoc est detranslatione possessionis ex defuncto in superstitem, Venetiis, 1555 delmagistrato francese André Tiraqueau, 1488-1558). CarloMarx la cita, in francese, nella prefazione alla primaedizione tedesca del Capitale (1867), a chiusura del passosulle conseguenze politiche e sociali doppiamente soffertedall'Europa continentale rispetto all'Inghilterra, nonsolo per la rivoluzione capitalista ma pure per esserequesta ancora incompleta, e cioè per il persistere di modidi produzione obsoleti. L'espressione forma pure il titolodi due romanzi francesi, pubblicati nel 1925 da GeorgesLecomte (1867-1958) e nel 1942 da Henri Troyat (1911-2007)

potenziale strategico, la storia critica non èperò veramente un'arma o un modo di combattere asé stante, ma solo un tipo speciale di munizioneda propaganda (oltre tutto assai costoso,difficile da maneggiare e di dubbia efficacia). Esiste nondimeno un'"arma storica"27 vera epropria, distinta e autonoma dalla guerrapsicologica: è la memoria pubblica, che non soloproduce i suoi effetti ope legis, ma, a differenzadella propaganda, produce effetti permanenti edefinitivi, di modo che il suo impiego èirrevocabile e a doppio taglio, come quellodell'arma nucleare. La storia critica, come latragedia, guarda al passato per scatenare ilfuturo, e dunque ha per scopo di liberarsi daesso e dalla coazione a ripeterlo nell'unicomodo possibile, che è di rendergli ragione,ossia di superarlo spiegandolo. All'opposto, lamemoria pubblica, come il processo, guarda alpassato per controllare il futuro, e ha dunqueper scopo di mantenere il presente inchiodato alpassato.La differenza tra questi due tipi di storia nonsta tanto nel metodo, ma nelle necessitàcontrapposte dei due archetipi del progressostorico. Prometeo brandisce la critica, Urano lamemoria, affrontandosi nel perenne conflitto"tra il vecchio che non vuol morire e il nuovo chevuol vivere"28. Lotta disuguale anche sotto il

27 Espressione intraducibile in inglese perché"historic(al) warfare" e "historic weapon" indicanocorrentemente una periodizzazione, in contrapposizione a"pre-historic" e a "modern" (che significa "attuale,odierno"). 28 Antonio Gramsci,

profilo etico, tra la forza naturale e ildiritto positivo, tra la "critica delle armi"29 ela maledizione di Edipo. Parentis olim siquis impia manusenile guttur fregerit30; empia la mano parricida, diceOrazio meglio di Freud e di Pasolini.

6. Affinità retorica tra strategia e storiografia

Finora il tema dell'arma storica non è emersonella letteratura strategica. Certo, sulla retesi incontrano espressioni come "strategia dellastoria" e "uso strategico della storia", maoltre ad essere assai poco frequenti e quasisolo in inglese, si riferiscono per lo più allecontraddizioni della teodicea ("discharging Godfrom the strategy of history or reducing HisProvidence"), ad un particolare tipo di giochi(questo è praticamente l'unico significato incui ricorre la frase italiana "strategia dellastoria"), all'anamnesi medica ("strategy ofmedical history-taking") o alla raccoltastatistica di indicatori fisici perl'ottimizzazione delle riserve energetiche("history matching in reservoir simulation") ele ricerche di mercato ("history as a strategicmarketing tool", "strategy of history productionsimulation"). Per il resto troviamo solo"strategy of history writing / teaching",

29 "L'arma della critica non può certamente sostituire lacritica delle armi" (Carlo Marx, Introduzione a Per la criticadella filosofia del diritto di Hegel, 1844). 30 Quinto Orazio Flacco, Epodon, Ode III ad Moecenatem, vv . 1.2.

"stratégie de l'histoire de l'art"31 e infine iseminari di "Grand Strategy of History"organizzati dai "Nation Rebuilders". Questa magra incursione online ci ha un po'allontanato dall'accezione militare distrategia, non semplice teoria e prassidell'azione pianificata, ma pure metodo perimporre la propria volontà ad un avversario incondizione di contrapporsi e interagire. Setogliamo il riferimento alla "volontà avversa",e cioè il carattere di "polarità" individuato daClausewitz32, otteniamo infatti l'accezioneinflazionata di "strategia" che da alcunidecenni è entrata nel vocabolario delle scienzeaziendali ed economiche. Sarebbe utileestenderla per analogia pure alle scienzestoriche? Certamente no, perché la strategiadella ricerca storica è già ricompresa nellateoria del metodo storico e nella filosofiadella storia. Prima di far ritorno all'aspro campo di Marte,indugiamo però ancora un poco sotto le saggefronde di Clio. L'affinità tra strategia estoriografia discende nell'ovvia constatazioneche sono entrambe generi letterari: e pure

31 Titolo del Tomo 586, 1996, della Revue critique (fondata nel1946 da Georges Bataille). 32 Più precisamente, Clausewitz (Vom Kriege, II, 3, 3) faconsistere nella "soluzione sanguinosa" la specificitàdella guerra rispetto agli altri "conflitti di grandiinteressi" politici e commerciali. E fa consistere laspecificità dell'"arte della guerra" rispetto sia alle"arti meccaniche" che alle "arti liberali" nel fatto chenon opera su un oggetto "inerte" (come la "materia") oalmeno "passivo" (come lo "spirito" e i "sentimenti") , masu un oggetto "vivente e reagente", ossia l'Antagonista.

strettamente imparentati, se si considera lafunzione di incunabolo che la storiografia haavuto nei confronti della strategia, come delresto di tutte le altre scienze umane (diritto,politica, economia) che si sono man manocostituite in autonomi generi letterarianteriormente alla strategia (il cui statutoepistemologico resta tuttora indefinito, perchési è incagliato sulla futile quérelle tra "arte"o "scienza" e sulla questione, del tuttofuorviante, dei cosiddetti "principi dellaguerra"). In quanto generi letterari, tutte lescienze umane sono dunque analizzabili con lecategorie della retorica.Questo della retorica è, o almeno dovrebbeessere, un ambiente familiare per il pensierostrategico occidentale... Fu infatti venticinquesecoli fa, quando Victor Davis Hanson, oplitatra gli opliti, forgiava la democrazia aSalamina, che la locuzione con cui retori esofisti indicavano l'arte di disporre gliargomenti in un discorso (téchne taktiké) fu presain prestito per indicare l'arte di disporre gliopliti in falange e la falange sul terreno.E poi, come dimenticare quel Formione, ilperipatetico che pretendeva di dare lezioni deimperatoris officio et de omni re militari ad Annibale33 e il

33 Cicero, De oratore, II. 18.75-76 e II. 19.77, 254, 256.L'episodio di Formione è messo in bocca a Quinto LutazioCatulo Cesare (149-87 a. C.), che nel 102 fu console conMario, al quale dovette cedere la gloria della vittoria diVercelli (commemorata dal Tempio della Dea Fortuna oMonumentum Catuli, presso l'odierna Largo di TorreArgentina). Ricchissimo e di cultura greca, fu poeta,oratore e, pare, autore di una storia della sua campagnacontro i Cimbri scritta nello stile di Senofonte. Geloso

cui fantasma popolava i complessi di inferioritàdi Machiavelli34 e degli odierni armchairgenerals? Oppure il gesuita tolonese pèreJoseph-Marie Amiot (1718-1793), insignesinologo, astronomo, musicologo e filologo,morto di crepacuore alla notizia dell'esecuzionedi Luigi XVI, e autore, tra l'altro, della prima(e forse ancora la più affidabile) traduzioneoccidentale dei classici militari cinesi35?

di Mario e passato perciò con Sulla, già suo luogotenentenella campagna cimbrica, morì infine suicida comeAnnibale. 34 Nella lettera del 4 aprile 1526 a Guicciardini in cui,raccontandogli di esser stato richiesto dal papa ClementeVII di un parere sulle fortificazioni di Firenze,Machiavelli gli esprime il timore di far la figura di"quel Greco con Annibale". E proprio quel paragone èrichiamato da Matteo Bandello nella Novella I.40, in cui ilpovero Niccolò fallisce, sotto lo sguardo ironico diGiovanni delle Bande Nere, la dimostrazione praticadell'ordinanza teorizzata nell'Arte della Guerra. Cfr.Frédérique Verrier, "Machiavelli e Fabrizio Colonnanell'arte della guerra: il polemologo sdoppiato", in Jean-Jacques Marchand (cur.), Machiavelli politico, storico, letterato: Atti delConvegno di Losanna, 27-30 settembre 1995, Roma, Salerno Editrice,1996, p. 184. Robert Fredona, "Liberate diuturna curaItaliam. Hannibal in the Tought of Niccolò Machiavelli",in David S, Peterson with Daniel E. Bornstein (Eds),Florence and Beyond. Culture, Society and Politics in Renaissance Italy, Essaysin Honour of John M. Najemy, Centre for Reformation andRenaissance Studies, Victoria University in the Universityof Toronto, Toronto, Ontario, 2008, pp. 430-31. 35 Amiot scrisse in merito due opere. La prima, pubblicatanel 1772 col titolo L’Art militaire des chinois e inclusa come VIIvolume delle Mémoires concernant l’histoire, les sciences, les moeurs, lesusages &c. des chinois (par les missionnaires de Pékin, Paris,chez Nyon, 1776-91, 15 voll.), contiene la traduzione dei 4classici cinesi più antichi (Sun Zi, Wu Zi, Sima Fa e partedi Lu Tao) e di un’opera sulla condotta delle truppecommissionata dall’imperatore Yong Teheng. La seconda opera

De te fabula narratur. Retori e sofisti odierni(comunicatori, psicologi, sociologi, pagati apeso d'oro) non sbattono forse dietro lalavagna, con le orecchie d'asino, i loroscolaretti gallonati, ignari dei polverosi tomidi eloquenza militare, a cominciare dallaraccolta di Orationi Militari pubblicata a Venezia

è un Supplément (Mémoires, VIII) riccamente illustrato suordini di battaglia, castrametazione, macchine e navi daguerra. Il tenente generale di Puységur, figlio ed editorepostumo del maresciallo, criticò la traduzione di varitermini militari cinesi, proponendo emendamentirazionalizzanti che l’editore non volle apportare,difendendo il lavoro filologico di Amiot. Nel 1860 il SunziBingfa fu tradotto in russo (seconda edizione nel 1889). Nel1905 Calthorp stampò a Tokio la prima traduzione inglese.Seguì nel 1910 quella del sinologo Giles e nel 1911 latraduzione tedesca di Bruno Navarra (Das Buch vom Krieg. DerMilitaer Klassiker der Chinesen). Nel 1940 la traduzione di Giles fupubblicata negli Stati Uniti (a cura di Thomas R. Phillips,Roats of Strategy, Westport, Conn., Greenwood Press). Seguì nel1958 una terza traduzione russa e nel 1962 la Casa Cinesedi Edizioni di Shangai pubblicò un testo parziale, tradottoin italiano da Huang Jialin col titolo L’Arte della guerra di Sun Zicommentata dagli undici commentatori della Dinastia Song. Infine, nel1963 uscì la nuova inglese di Griffith con prefazione diLiddell Hart (trad. it. L’arte della guerra, Milano, Il Borghese,1965). Da incompetente, resto colpito dalla macroscopicadifferenza, al limite dell’irriconoscibilità, fraquest’ultima traduzione e quella diretta dal cinese (RenatoPadoan, L’arte della guerra. Tattiche e strategie nell’antica Cina, Milano,Sugarco, 1980). Sono comparse in italiano anche le edizionidi Thomas Cleary, The Art of War, Boston & Shaftesbury,Shambala, 1988 (L’arte della guerra, Roma, Ubaldini Editore,1990) e Ralph D. Sawyer, The Complete Art of War, Boulder,Colorado, Westview Press, 1996 (Sun Tzu - Sun Pin, L’arte dellaguerra e i metodi militari, Vicenza, Neri Pozza, 1999, con unsaggio introduttivo di Alessandro Corneli). Corneli avevain precedenza pubblicato una versione italiana dellatraduzione inglese di L. Giles (Sun Tzu on the Art of War,London, 1910) e di un saggio di Krzystof Gawlikowski

nel 1560 dal domenicano Remigio Nannini (1521-1581)? Non si tratta solo i discorsi e proclamialle truppe e ai civili, o i messaggi al nemico(come la troppo ambigua risposta giapponese alladistruzione di Hiroshima che provocò pure quelladi Nagasaki). Vi rientra infatti pure il modo(del resto oggetto di minuziose normative) diredigere gli ordini e i rapporti, che riguardanon solo gli effetti immediati, ma pure esoprattutto gli effetti postumi, che possonoessere anche di carattere giudiziario. A questoproposito Liddell Hart racconta, asserendol'autenticità dell'episodio, di un generalefrancese del 1918, che, avendo dato allostupefatto capo di stato maggiore l'ordinescritto di difendere la linea perduta il giornoprima, gli avrebbe spiegato a voce, con un

(riunite ne L’arte della guerra, Napoli, Alfredo Guida, 1988:ristampandolo nel 1998 l’editore sui è involontariamentedato la zappa sui piedi, sottolineando che era “il libropreferito di uomini politici come Massimo D’Alema”.Indubbiamente è stato l’ultimo Feldherr italiano nel bellumKosovaricum, ma nel trambusto preelettorale sul suo comodinodev’essersi verificata qualche confusione tra Sunzi e IChing). Nel 1995 l’USSME ha ristampato, con prefazione diRaimondo Luraghi e titolo abbreviato (Sun Zi, L’Arte dellaguerra), la traduzione di Huang Jialin (1962). La coevadiffusione francese si deve all’ISC e in particolare aValérie Niquet, eccellente traduttrice e acutacommentatrice dei classici cinesi e in particolare di SunZi (Paris, Economica, 1988, con introduzione di MauricePrestat). Ma un decisivo salto di qualitànell’interpretazione di Su Zi si deve a Michael I. Handel,Sun Tzu and Clausewitz: The Art of War and On War Compared, StrategicStudies Institute, U. S. Army War College, 1991.Sull’assunto della “contemporaneità” cronologica, GodfreyHutchinson lo confronta invece con Senofonte (Xenophon and theArt of Command, London, Greenhill Books - Pennsylvania,Stackpole Books, 2000).

sorriso d'intesa, che era "pour l'histoire",ossia per precostituirsi una pezza d'appoggio incaso di corte marziale36.

7. Trappole retoriche della letteratura strategica

Quello della retorica è davvero un campo minato.Gli intrepidi lettori che fossero giunti fino aquesto punto, sappiano che adesso faranno ungiro sulla ruota panoramica. La vista èsplendida, ma nella tasca del sedile anterioretroveranno il sacchetto per il mal di mare. Abbordare la retorica significa infatti oggidover fare i conti con la "metastoria" di HaydenWhite (1928), secondo la quale il discorsostorico è predeterminato dalla strutturaretorica, e riducibile a quattro modelliessenziali. Questi, esemplificati da quattrocoppie parallele di grandi storici e filosofidella storia, si ricavano dalle "affinitàelettive" fra cinque categorie della retorica,ossia i tropi (metafora, metonimia, sineddoche eironia), i modi, gli intrecci (romanzo,tragedia, commedia, satira), gli argomenti einfine le implicazioni ideologiche (anarchica,radicale, conservatrice, liberale)37.

Trope Mode Emplotment Argument Ideology Historia

nPhilosop

herMetaphor Representat Romance Formist Anarchist Michelet Nietzsch

36 nel suo saggio postumo, pubblicato dal figlio, Why dontwe learn from history,37 Hayden White, Metahistory: The Historical Imagination in Nineteenth-Century Europe, Johns Hopkins University, Baltimore, 1973.

ional e

Metonymy Reductionist Tragedy Mechanici

st Radical Tocqueville Marx

Synecdoche Integrative Comedy Organicis

tConservat

ive Ranke Hegel

Irony Negational Satire Contextualist Liberal Burckhar

dt Croce

Mi imbattei in Metahistory nel 1978, quando fupubblicato in italiano. Avevo trent'anni, ciscrissi sopra un saggio per Renovatio di Baget-Bozzo ("Tristi Tropi") e più tardi provai ariciclarlo in un grisbi della Banda Jean, ma ilgiovane e spietato curatore, Luciano Bozzo,tagliò la tabella che ora ho recuperato daWikipedia. Liberatomi faticosamente daltetraedro di Jung (Tipi psicologici) mi lasciairisucchiare in quello di White: ripudiai lacommedia conservatrice impressa da mio padresulla mia adolescenza e tuffai voluttuosamentela mia gioventù nel romance anarchico. Poi lamia pinguedine nella satira liberale e ora lamia canizie rancorosa nella tragedia radicale. Per quanto intellettualmente stimolante, latavola delle affinità elettive ha avuto pocafortuna non solo nella ricerca storica, ma purenella storia e nella teoria della storiografia.Con ogni probabilità ciascuna delle altrescienze umane reagirebbe con maggiore veemenzacontro un Procuste che pretendesse di friggerlesulla diabolica griglia di White. Sarebbe peròcerto possibile raffrontare quattro coppieparallele di strateghi e di scrittori distrategia, magari ripartendo dai celebriraffronti tra grandi capitani (Annibale,Scipione, Cesare e Alessandro...) o dalleanalogie col passato che condizionano l'auto-

rappresentazione della realtà (Schlieffen chestudia Canne, Liddell Hart che proietta suiBoches lo spettro di Napoleone, Hitler che pensaa Cartagine38, Patton che si sente lareincarnazione di Annibale, Vittorio EmanueleIII che nell'estate del 1943 riflette sulmutamento di fronte compiuto dai suoi antenatinel settembre 1703 ... e l'Occidentecontemporaneo in cerca di decenza tra Nuova Romae Nuovi Hitler). Sono le “historical traps for strategists”,esemplate dalla “Schlieffen’s obsession withHannibal’s tactics at the battle of Cannae”, ealle quali alludeva già Napoleone quando parlavadi "réminiscence"39. Nella sua magistralestroncatura di Liddell Hart, John Mearsheimer ledefinisce "omnipresent history"40, ossia una

38 Luigi Loreto, L'idea di Cartagine nel pensiero storico tedesco daWeimar allo "Jahr 0", in Studi Storici, 41, 2000, p. 104. Cfr.Id., La grande strategia di Roma nell'età della prima guerra punica (ca. 273-ca. 229 a.C.): l'inizio di un paradosso, Napoli, Jovene, 2007.39 Walter Emil Kaegi, Jr., “The Crisis in Military Historiography”, in Armed Forces and Society, Vol. 7, No. 2, Winter 1981, pp. 299-31640 John J. Mearsheimer, Liddell Hart and the Weight of History,Cornell University 1988, Oxford, Brassey’s DefencePublishers, 1988, pp. 218-219. Sull’influenza della storiamilitare sul pensiero strategico, per alcuni eccessiva enefasta, per altri insufficiente, v., oltre a Kaegi e aMearsheimer, la famosa lecture tenuta da Michael Howard il 18ottobre 1961 (“The Use and Abuse of Military History”, orain RUSI Journal, February 1993, pp. 26-30). Sul tema, v. ancheErnest R. May, “Lessons” of the Past: the Use and Misuse of History inAmerican Foreign Policy, New York, Oxford U. P., 1975; RussellF. Weigley (ed-), New Dimensions in Military History, San Rafael,California, Presidio Press, 1975; Robert Higham, Robin andJacob W. Kipp (eds.), International Commission for Military History: ActaNo. 2, The Washington Meeting, August 1975, Manhattan,

“forzatura del presente per conformarlo ad unadeterminata interpretazione del passato”; unadelle insidie peggiori, perché neppuresospettate, che condizionano negativamente ilprocesso decisionale, e specie nella sua fasefinale e di maggiore responsabilità.

8. Strategia del fine storia Oltre che una salutare lezionesull'attendibilità storica delle carte di statomaggiore, l'immersione della strategia nellaretorica è però anche un bagno di Sigfrido nelsangue di drago. Infatti la stessa strategiamilitare consiste in definitiva nellacostruzione di un discorso persuasivo odissuasivo, anche se questo risultato viene inguerra raggiunto attraverso una serie didimostrazioni di violenza e distruzione fisicarealmente o potenzialmente compulsivi. Ildestinatario del messaggio non è solo l'Altro(il nemico), ma anche e soprattutto il Terzo (lanazione o la coalizione che sostiene lo sforzobellico e i neutrali che osservano gli eventi in

Kansas, Military Affairs Aerospace Historian Publishing,1977; Jay Luvaas, “Military History: Is It StillPracticable?” (1982), in Parameters, Summer 1995, pp. 82-98;Manfred Messerschmidt, Klaus A. Maier, Werner Rahn e BrunoThoss (cur.), Militaergeschichte. Probleme-Thesen-Wege, Im Auftragdes Militaergeschictlichen Forschungsamtes aus Anlassseines 25jaehrigen Bestehens, Stuttgart, Deutsche Verlangs-Anstalt, 1982; Martin van Creveld, “Thoughts on MilitaryHistory”, in Journal of Contemporary History, Vol. 18 (1983), pp.549-566: Raimondo Luraghi, “Storia militare e strategiaglobale”, in Strategia globale, N. S., n. 2, 1984, pp. 235-242;Richard E. Neustadt, Thinking in Time: The Uses of History for Decision-Makers, New York Free Press, 1986.

funzione dei loro interessi). Come osserva LucioCaracciolo in America vs America 41, il doppioimpasse in cui si è impantanata la guerra alterrore intrapresa dagli Stati Uniti dopol'attacco delle Due Torri, ha dato creditoall'idea del generale Petreus che in definitivaciò che conta non è tanto vincere quantoconvincere di aver vinto. Raramente le guerre(almeno quelle degli ultimi sei secoli)finiscono infatti con una vittoria schiacciantee con la damnatio memoriae del vinto. Nellamaggior parte dei casi il risultato consente aentrambe le parti di proclamarsi vincitori, aipartner minori di una coalizione perdente dipassare tra i vincitori, agli sconfitti discrivere sui (propri) monumenti "mancò lafortuna, non il valore". Il caso di Petreus è però alquanto diverso,perché si riferisce alle guerre "asimmetriche".Queste (come scrive Carlo Jean in questo stessovolume), sono caratterizzate da un Davidedestinato necessariamente a vincere o perireperché si gioca tutto e da un Golia destinatoquasi certamente a perdere perché si gioca solola faccia. Essendo meno coinvolto, Golia ha incompenso il vantaggio di potersi sganciare intempo salvando, se non la faccia, almeno lamemoria e il giudizio. Non si tratta di unatriviale questione di propaganda, ma di produrrerealmente una sequenza complessa e coerente dieventi pensati in funzione del loro futuro epermanente effetto narrativo, tale da persisterenel tempo e radicare un giudizio storico

41 Lucio Caracciolo, America vs America, Roma-Bari, Laterza,2011.

oggettivo e condiviso. Non quindi una falsastoria, e nemmeno una storia virtuale, orevisionista, o una contro-storia dei vinti: mauna storia vera, equilibrata e obiettiva, in cuipersino una sconfitta definitiva che sia statalucidamente prevista e governata con generositàe lungimiranza davvero strategica può col tempoessere riconsiderata una vittoria morale. Adesempio la relazione tra Lady Edwina Mountbattene Jawaharlal Nehru giova paradossalmente allamemoria dell'Impero Britannico; infatti non acaso è stato il governo indiano a vietare unfilm sul famoso triangolo, che nella prospettivaindiana avrebbe infangato non l'ultimogovernatore generale inglese, ma il padre dellapatria42. Merita ogni onore il patriottico senso diresponsabilità e di rispetto della propriafunzione dimostrato dall'esercito americanopubblicando già nel 2011, mentre inizia ilcontroverso ritiro dall'Afghanistan, una seriedi studi sul modo in cui sono terminate leprecedenti guerre degli Stati Uniti e si cercadi por fine a quella in corso43.

42 Il film Indian Summer, tratto dal libro omonimo di Alexvon Tunzelmann (Indian Summer: The Secret History of The End of anEmpire, McClelland and Stewart, Toronto, Ontario, 2007 econ altri editori nel 2008, 2009 e 2011) e prodotto dallaUniversal, era stato affidato a Joe Wright, già regista diOrgoglio e Pregiudizio e Espiazione, il quale aveva voluto comeconsulente storico il biografo ufficiale di Nehru, MJAkbar, secondo il quale tra il Pandit e Lady Edwina visarebbe stata solo un'amicizia, di cui Lord Mountbattenera orgoglioso. 43 Col. Matthew Moten (Ed.), Between War and Peace. How AmericaEnds Its Wars, New York, Free Press, A Division of Simon &Schuster, 2011. Fra i contributi citiamo in particolare:

Il migliore, se non l'unico esempio di strategiavincente del fine storia è senza dubbio quellaattuata in Marocco dal generale alsaziano HubertLyautey (1854-1934). La ragione del successo fudi averla pensata e condotta fin dall'iniziodell'avventura. Nella sua visione delprotettorato non c’era posto per l’immigrazionefrancese, per l’amministrazione diretta, perl’esproprio e l’umiliazione dei marocchini, perle forzature reclamate dalla politica internafrancese. Considerava il protettorato “affairede générations”, non per assimilare imarocchini, ma per radicare, sulla prassiquotidiana dell’interesse comune, un’amiciziadurevole tra due popoli diversi destinati prestoo tardi a separarsi. Ragionava come MacArthur:non si trattava solo di “rispettare” leistituzioni religiose, sociali, e politiche, madi fondare proprio su di esse il consenso allapolitica dell’alto commissario (e in primo luogosul sultano, capo politico e religioso comel’imperatore del Giappone). «Quelli checombattevano ieri contro di noi – diceva Lyautey- sono oggi i fondamentali alleati nell’opera dipacificazione»44.

Conrad C. Crane, "Exerting Air Pressure and GlobalizingContainment: War Termination in Korea" (pp. 237-258); Col.Gian P. Gentile, "Ending rthe Lost War", (pp. 259-280);George C. Herring, "The Cold war: Ending by Inadvertence",(pp. 281-301); Andrew J. Bacevich, "United States in Iraq:Terminating an Interminable War", (pp. 302-322). Gli altriarticoli riguardano le vittorie di Yorktown, Plattsburg1814, guerra coi Seminole, col Messico, Civile, "300 yearsWar", Batangas Philippine war, Offensiva Mosa Argonne,fine guerra in Europa e in Asia

Non basta però capire l'importanza di costruirecoi fatti una memoria onorevole del fine storia,bisogna poterci riuscire. Nonostante lo spessoremorale e intellettuale e il profondopatriottismo del Generale de Gaulle, lastrategia del fine guerra algerino non hapreservato l'onore della Francia dalla perenneignominia della sua sconfitta. La ragione stavanel peccato originale (evitato in Marocco graziea Lyautey) di aver voluto colonizzare l'Algeria,fino a volerla trasformare in territoriometropolitano. Nel 2003, in vistadell'intervento in Iraq, l'esercito americanoristudiò le sue passate controguerriglie, daAguinaldo a Pancho Villa a Sandino, e organizzòcineforum sulla Battaglia di Algeri. Ma nessuno pensòdi studiare MacArthur e Lyautey. Questosignifica che, con tutta la retorica del nation-building, il retropensiero con cui siaccingevano a esportare la democrazia era quellodei pied-noirs e dei coup de torchon. La memoria del fine guerra è infatti laprosecuzione della guerra con altri mezzi, e quil'arma decisiva è l'arte, tanto quella oggettivadell'evento, quanto quella soggettiva della suarappresentazione. La vittoria di Golia puòsopravvivere, come quella di Tito e Vespasianosopravvisse per secoli a Masada grazie a FlavioGiuseppe; ma la vittoria di Davide buca legenerazioni attraverso capolavori come il PrimoLibro di Samuele o La Battaglia di Algeri. Come dice LucioCaracciolo, Petreus ha posto le condizionitattiche di un decente fine storia: per quelle

44 Gen. Durosoy, Lyautey 1854-1934, Maréchal de France, Paris,Lavauzelle, 1984.

strategiche ci vorrebbe un nuovo FlavioGiuseppe. Perché non scegliere un italiano,purché del calibro di Gillo Pontecorvo o dellamezza dozzina di geniali "avventurieri dellapenna" che nel tardo Seicento costruirono conraffinata abilità non solo le danze ma pure lastoria del Re Sole, ultima ratio regum più potente epermanente dell'artiglieria?

9. Strategia della storia speculativa E' dunque possibile una "strategia dellastoria"? E come negarlo? Forse che le guerre nonsi fanno per incidere sui processi storici,accelerandoli, frenandoli o modificandoli? Forseche non sono una combinazione di interpretazionidel presente e di previsioni e scommesseprobabilistiche sul futuro? E' di tutta evidenzache tutte le guerre sono "inutili stragi": ma èdi altrettanto irrefutabile evidenza checontribuiscono a determinare il "processostorico" - come abbiamo battezzato il segmento anoi più familiare dell'evoluzione biologica(cinquemila anni terrestri su tre miliardi, aquanto pare). Vi sono state e vi sono varieinterpretazioni sulla direzione di questoprocesso: religiose e scientifiche,apocalittiche e utopiche, ottimiste epessimiste, reazionarie e progressiste. Oggisono i bibliotecari a fregiarsi del titolo di"custodians of history": ma fu pure il titolo diun discorso, a suo tempo famoso, pronunciato il20 settembre 1962 da Adlai Stevenson (1900-1965)alle Nazioni Unite, per richiamarle alla

responsabilità di preservare la pace epromuovere la giustizia45. In polemica con Benedetto Croce, che [in una"Postilla" comparsa nella Critica del 20 marzo1933] s'indignava per la "vile" acquiescenzaalle presunte tendenze del mondo (che allorasembrava, come adesso, "andare a destra"),Antonio Gramsci fece un'osservazione più acuta,ossia che la formula "il mondo va verso ..." è"essenzialmente una formula politica, di azionepolitica" per "convincere della ineluttabilitàdella propria azione e ottenere il consensopassivo per la sua esplicazione". Sintomo di"demoralizzazione", la formula "in sé nonsignifica nulla" ma "intanto è comodal'espressione del mondo corpulento che va inqualche parte. Si tratta di una previsione chenon è altro che un giudizio sul presente,interpretato nel modo più facilonesco, perrafforzare un determinato programma d'azione conla suggestione degli imbecilli e dei pavidi"46. I rivoluzionari temono l'effetto tutt'altro cheenergetico, ma paralizzante che in genere vieneindotto dalla convinzione di conoscere ladirezione della storia. Se il destino èmanifesto, perché prendere d'assalto il cielo?E' così che le nazioni, come la gente, vivono laloro primavera e la loro estate, leggendodivertite, senza pensare che le riguardi,

45 Adlai Ewing Stevenson II (1900-1962), "Custodians ofHistory: Devotion to Peace and Justice", Speech at theUnited Nations, 20 September 1962. Vital Speeches of the Day;10/15/62, Vol. 29 Issue 1, p10. 46 Antonio Gramsci, Passato e presente, Einaudi, 1954, pp. 27-28.

l'agghiacciante lampo finale di Shakespeare eSanta Teresa di Lisieux sulla "favola senzasenso, raccontata da un idiota"47. Forse irivoluzionari sono appunto i pochi che siaccorgono in anticipo dell'insensatezza, in unastagione della vita in cui hanno ancora le forzevitali per reagire. Come reagire, allora, se nonforzando volontaristicamente la razionalitàdella storia e la "viltade" dei contemporanei?Se non col pari, la scommessa, la scala diGiacobbe, il superomismo, il titanismo,l'inferno qui e subito se non dev'essereparadiso? Se la storia è razionale oprovvidenziale, deve avere non solo un fine, mapure una fine. Per la generazione di Flavio Giuseppe il fine ela fine si incarnarono in Tito FlavioVespasiano. Conforme all'antica profezia, venivadalla Giudea, risanava i ciechi e gli storpi, edopo il quasi contemporaneo incendio delCampidoglio e del Tempio di Gerusalemme chiuseil Tempio di Giano. La generazione precedenteaveva visto con Virgilio che il fine e la finedelle guerre e della storia erano l'imperium sinefine, nello spazio come nel tempo48. Come dunquestupirsi se per i funesti trotzkisti delSessantotto americano, sciaguratamente arrivatial potere negli anni Novanta, il fine e la finehanno potuto incarnarsi in un "santo bevitore",

47 "It is a tale Told by an idiot, full of sound and fury,Signifying nothing". Shakespeare, Macbeth Atto V, Scena 5,vv. 19-28. 48 V. Ilari, s. v. "Imperium", in Enciclopedia Virgiliana,Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, 1991,pp. 927-28.

poi taumaturgo di sé stesso e "cristianorinato"? L'analogia tra i due imperatori del 69-79 e del2001-2008 è ovviamente solo un artificioletterario per trattenere l'annoiato lettore ecerto nulla toglie al ragionato scetticismo diLucio Caracciolo circa il preteso carattereimperiale della vittoria conseguita dallapotenza anglo-americana contro il suo ultimoantagonista globale dopo la Spagna, la Francia ela Germania. Inoltre, a differenza delle treprecedenti, la quarta vittoria non è statainclusiva del vinto e non è detto che possadiventarlo in futuro. Volendo però ancoraarpeggiare un momento sull'analogia tra Romani eAmericani, si può aggiungere che latrasformazione da impero territoriale e relativoa impero globale e universale è appena agliinizi e potrebbe essere arrestata se la Cinafosse infine costretta a trasformarsi, contro ilproprio interesse e la propria volontà, inennesimo antagonista globale dell'Occidente. D'altra parte l'implosione non basta da sola adeterminare la fine di un sistema, finché non cisono altri attori in grado di approfittarne. Seè per questo i dieci secoli di Roma sono statiuna serie di continue crisi e implosioni senzaalternative, rispetto alle quali la crisistrategica e finanziaria degli Stati Uniti paredavvero secondaria. Anzi, proprio la crisi puòdiventare un'assicurazione sulla vita. Comeinsegnano Paperino e la storia dell'Inghilterradal 1914 al 1947, il modo migliore in cui undebitore può costringere i creditori amantenerlo, è diventare il loro maggior debitore

insolvibile. Certo, se il creditore è unico epotente, come Zio Paperone o Zio Sam, ildebitore insolvibile subisce l'esproprio (comeJohn Maynard Keynes previde fin dal 1916 aproposito della successione americananell'Impero britannico, esito inevitabile della"guerra civile" europea, "la plus monumentaleânerie que le monde ait jamais faite" comeLyautey la giudicava nel 1914). Però se icreditori sono una folla e il più grosso aldunque può essere preso a pugni (come è il casodella Cina), non sarà il debitore a trascorrerele sue notti rigirandosi nel letto. Quanto alle guerre, poi, pure i romani, vintequelle mondiali, non solo hanno intensificato lecivili, ma hanno perso la maggior parte delleregionali, insieme con un bel po' di aquile eperfino un paio d'imperatori, da Carre aTeutoburgo a Ctesifonte ad Adrianopoli. E, aparte il sale e le lacrime di Scipione sullerovine di Cartagine, non le hanno neppure chiusecon un fine storia decente, se nel Libro I deArmis Romanis (1599) Alberico Gentili (1552-1608)poteva esercitarsi a dimostrare che erano statetutte ingiuste (salvo confutarlo nel Libro II, deiustitia bellica Romanorum)49.

49 Alberici Gentilis J. C. Clarissimi, Professoris regii,De Armis Romanis libri duo, Nunc primum in lucem editi, adIllustrissimum Comitem Essexie, Archimaresciallum Angliae[discussione della "justitia" di ciascuna guerradell'Antica Roma, riunendo gli argomenti a favore e quellicontrari in due Actiones separate, corrispondenti ai duelibri dell'opera]. Hanoviae, apud Guilielmum Antonium,1599. Hanoviae, apud haeredes Guilielmi Antonii, 1612, in-8, pp. 284. [Ayala, p. 283. Cockle N. 586]. BenedictKingsbury, Benjamin Straumann and David Lupher, The Wars ofthe Romans: A Critical Edition and Translation of de Armis Romanis, Oxford

D'accordo, ma a che serve in pratica questalettura imperiale del destino americano se non adar modo allo scozzese Niall Ferguson (1964) dimontare in cattedra50? (ripetendo la lezioneimpartita nel 1898 da Rudyard Kipling quando,arrotando i denti, dette agli ex-Ribelli ilbenvenuto nel club dei portatori bianchi difardelli neri). Beh, l'analogia tra la pax Romanae la pax Americana qualche spunto di riflessionelo fornisce, se non altro sulla posizione e suldestino dell'Europa, che evoca sul pianopolitico il giudizio sallustiano sui Greci["essi nella loro patria perdettero la libertà;come possono dare precetti d’impero?"] e sulpiano militare la condizione giuridica dei Sociiitalici [quibus milites in terra Italia Romani imperaresolent]51. Come i soldati americani varcarono due voltel'Atlantico per liberare l'Europa dal giogo

U. P. 2011. Diego Panizza, "Alberico Gentili's de ArmisRomanis: the Roman Model of the Just Empire", in The RomanFoundations, cit., pp. 53-84. David Lupher, "The De ArmisRomanis and the Exemplum of Roman Imperialism", pp. 85-100. Il I libro è costituito dalla dissertazione De iniustitiabellica Romanorum actio, già pubblicata nel 1590(Oxonii,Josephus Barnesius Typographus, pp. 17)50 Niall Ferguson, Colossus: the price of America's empire, ThePenguin Press, New York, 2004, p. 301: "Americanneoimperialists like to quote Kipling's "White MansBurden," written in 1899 to encourage President McKinley'sempire-building efforts in the Philippines. But itslanguage — indeed the entire nineteenth- century lexiconof imperialism - is irrevocably the language of a bygoneage. Though I have warned against the dangers of imperialdenial, I do not mean to say that the existence of anAmerican empire should instead be proclaimed from therooftop of the Capitol (...) The United States has goodreasons to play the role of liberal empire".

tedesco e ci restarono per preservarla da quellosovietico, così i legionari romani varcarono duevolte lo Ionio per liberare la Grecia dal giogomacedone. Nel 196 a. C., durante i giochiistmici di Corinto dedicati a Poseidone, TitoQuinzio Flaminino, il filellenico vincitore diCinocefale, restituì solennemente la libertà aiGreci. Nel successivo mezzo secolo, fino alladistruzione di Corinto e alla trasformazione inprovincia romana (146), la Grecia dovettescegliere tra la strategia di Licorta, lostratega della Lega Achea che appoggiò ladisastrosa revanche macedone, e quella delfiglio Polibio, l'ipparco della Lega mandato inostaggio a Roma dopo la sconfitta di Pidna(168): il quale, spiegando ai Greci leistituzioni dei Romani, dette a questi ultimi,con concetti greci, la coscienza e l'ideologiadel loro sistema costituzionale e del loro ruologeopolitico. Forse la Grecia del 2011 non saràla Pidna dell'Euro, ma certo non basta un NiallFerguson a fare un Polibio. Davvero non si potràdire di noi Graecia capta ferum victorem cepit, et artesintulit agresti Latio (Orazio, Epist.. Il, 1, 156). In realtà le leggi del processo storico, letendenze del mondo, i destini manifesti e leanalogie coi Romani non riguardano la strategia,ma la filosofia della storia, o, per essere piùprecisi, la filosofia "speculativa" della

51 V. Ilari, Gli Italici nelle strutture militari romane, Milano,Giuffré, 1974. Id., "Debellare superbos", In Massimo deLeonardis (cur.), La NATO e le nuove sfide per la forza militare e ladiplomazia, Atti del convegno di Milano, 18-19 ottobre 2006,UCSC, Bologna, Monduzzi, 2007, ora in Debellare superbos,raccolta di scritti 2003-2008 online su scribd.

storia, che indaga l'eventuale significato dellastoria umana (e che si distingue dalla filosofia"critica" della storia, ossia la teoria dellastoriografia). Tuttavia la strategia è semprecondizionata dalla filosofia della storia.Quella sovietica, ad esempio, era dedotta"scientificamente" dai principi del marxismo-leninismo, e l'equivalente accade di fatto perle implicazioni militari del messianismoamericano. Lucio Caracciolo bolla come"astrategico" l'"uso della forza" da parte degliStati Uniti in quanto funzionale a "finipolitico-ideologici" anziché "strategico-geopolitici"52, ma questa distinzione nonpersuade, perché la strategia non può essere,per definizione, fine a sé se stessa e lageopolitica scientifica (come quella di Limes eHeartland, le riviste dirette da Caracciolo) non èmeno ideologica del marxismo-leninismo e delmessianismo. (Detto questo, l'unica idea su cuitutti gli europei concordano è che gli americanisembrano elefanti in un negozio di cristalleria;in ciò confermando di ragionare come i Grecirispetto ai Romani e come Venere rispetto aMarte).

10. Strategia della storia critica. L'altro aspetto comune alla strategia e allafilosofia della storia riguarda la predizionedel futuro. In definitiva cos'altro ciaspettiamo dall'esercizio di queste disciplinese non di farci conoscere quel che accadrà o chepotrebbe accadere per limitare i danni e

52 Caracciolo, America, cit., pp. 92 ss.

sfruttare i vantaggi? Il lettore più benevolo siè accorto fin dal secondo capoverso che tuttoquesto scritto è una futile passeggiata fra lenuvole: e nel caso improbabile che abbia avutola pazienza di arrivare fin qui, vede oraspalancarsi un abisso di quanti, superstringhe,orologi cosmici e frecce del tempo. Nella vanasperanza di trattenere il mio Dante, lo condurròsu un altro balcone, apparentemente più solido erassicurante, mostrandogli nell'infinitofirmamento di google i 2,2 milioni di citazioniche si ottengono cercando "forecasting methodsand applications", i 14,5 milioni corrispondentia "strategic forecasting" e i 23,3 evocati da"intelligence forecasting corp". D'accordo, saràil caso di restringere, e va meglio (64.500) con"forecasting theory": ma "historic forecasting","forecasting in history", "forecasting instrategy", "forecasting in intelligence"fruttano quattro miseri pugni di mosche(rispettivamente 260, 254, 35 e 27). La voce "Forecasting" di Wikipedia elencaventuno metodi o gruppi di metodi matematici diprevisione, di cui nove basati su statistichestoriche e sei su stime soggettive diprobabilità, che a loro volta riflettonol'esperienza storica di chi viene consultato. Lastrategia militare, come quella finanziaria,aziendale, ecc., non può prescindere dallaprevisione matematica, e quest'ultima si fondain misura crescente sull'interazione trainformatica e ricerca "storica", intesa comeraccolta statistica di dati seriali, inclusiquelli relativi al comportamento umano, oratracciabile e analizzabile in estensioniapparentemente illimitate.

Albert-László Barabási ha dedicato uno splendidolibro (Lampi)53 alla perdita della privacy e alPanopticon liberaldemocratico, che è anche un innoalla mancanza di prevedibilità su cui poggianoin definitiva la libertà e la responsabilitàumana. In filigrana Barabási racconta la grandejacquerie ungherese del 1514 scatenata dalladecisione di un papa italiano di bandire unacrociata per allontanare da Roma un pericolosorivale. Esito paradossale di una concatenazionecasuale e assolutamente imprevedibile; eppurepresagito da un saggio Laocoonte ungherese chesi era invano opposto alla pessima idea diriconquistare Costantinopoli con un esercitoreclutato tra le vittime dell'ingiustiziafeudale. Il discorso pronunciato da István Telegdi nelpalazzo reale di Buda il 24 marzo 1514, ricordail sonno, presago dell'imminente sconfitta,dell'eroe Kutusov mentre, la vigilia diAusterlitz, fingeva di ascoltare la brillanteesposizione del piano di battaglia fatto dalgenerale austriaco Kalkreuth. Anche questo,forse, soltanto un artificio letterario di chi,come Tolstoi e i grandi italiani che sicompiacquero di questo passo (Croce54 eSciascia55), ama contrapporre dimostrazione eintuizione. Sopprimere l'incertezza non è più ilsogno, ma il pomo luccicante ora alla portata

53 Albert-László Barabási, Lampi. La trama nascosta che guida lanostra vita, Einaudi,Torino, 2011.54 Croce, «Azione, successo e giudizio: note in margine al VomKriege», in Atti dell’Accademia di Scienze morali e politiche dellaSocietà reale di Napoli, LVI, 1934, pp. 152-163 (=Revue deMétaphysique et de Morale, XLII, 1935, pp. 247-258).55 Leonardo Sciascia, L'Affaire Moro, Sellerio, Palermo, 1978.

della strategia; il trionfo postumo e definitivodel barone Jomini sul would-be prussiano. Maassieme alle nebbie, svanisce il genio dellaguerra. Quanto più accuratamente pianifica ilfuturo, tanto più la strategia diviene rigida edimentica il dictum di von Moltke il vecchio(1800-1891), il vincitore di Sadowa e Sedan, che"nessun piano sopravvive al contatto col nemico"e "la strategia è un sistema di espedienti"56.Osservazione più profonda di quanto appaia.Sopprimere l'incertezza - in origine mediante lasola superiorità schiacciante dele forze, poimediante anche la contrazione dei tempicombinata con la previsione matematica -significa infatti sopprimere la guerra, perchéun nemico incapace di reagire e contrapporsi puòessere un reo oppure un capro espiatorio, ma noncerto un nemico. Se la guerra è collisione d'imperi, l'unico mododi sopprimerla è l'impero universale. Avrebbeuna sua logica che oggi, dopo cinque secoli dicollisioni, riappaiano in forme nuove e a scalaglobale Pax Augusta e Tōngtiān dìguó (CelesteImpero). Nel Proemio dello Strategikos (§. 4)Onasandro suggerisce che in tempo di paceimperiale discutere di arte del comando sia piùun passatempo per vecchi generali a riposo cheuna scuola per bravi comandanti57.

56 Helmuth Graf von Moltke, Militärische Werke. vol. 2, part2., pp. 33-40. Hughes, Daniel J. (ed.) Moltke on the Art of War:selected writings. (1993). Presidio Press: New York, New York,pp. 45-47.57 V. da ultimo l'ottima edizione con testo a fronte diCorrado Petrocelli, Il generale. Manuale per l'esercizio del comando,Bari, Edizioni Dedalo, 2008, p. 22-25.

Niente più guerra, niente più strategia, nientepiù soldati. Le parole restano, per tradizione eper inerzia, ma in contesto imperialesignificano altro: repressione, previsione,gendarmi. Di strategia, e non di semplicestatistica predittiva, ha bisogno chi si preparaad evocare e affrontare un vero nemico. Non chiteme l'imprevisto e l'incertezza, ma chi viconfida. Non chi ha occupato tutto lo spazio, machi l'ha ceduto per guadagnare tempo. Non chi havinto la posta, ma chi vuole rimetterla ingioco. Colui che decide davvero la guerra è indefinitiva chi si sente messo con le spalle almuro e, pur riluttante, sceglie di difendersi.Non è il caso di antiglobalismo efondamentalismo islamico, movimenti intra-imperiali di testimonianza identitaria omessianica, come lo furono verso Roma ilcristianesimo e le guerre giudaiche. L'unicocandidato virtuale al ruolo strategico didifensore resta la Cina. E' il virtualeantagonismo della Cina (ancora ben lontano peròdal diventare effettivamente potenziale) amantenere socchiusa la porta del Tempio diGiano, a giustificare una riflessione attualesulla strategia. Come abbiamo visto, una strategia della storiaspeculativa finisce per subordinarsi o meglioconfondersi con la filosofia della storia eridursi così a previsione statistica. Ilparadosso clausewitziano che la forma originariae più forte di guerra è la difesa, vale pure perla storia. La storia critica è infatti anzituttouna difesa e una liberazione dalla storiaspeculativa e dalle forme più pericolose edevastanti di storia, ossia l'archetipo, lo

stereotipo, la memoria. L'unica strategia dellastoria possibile è dunque non una profezia sulfuturo, ma sul passato, come matrice delpresente. E cioè un uso critico della storia nonper prevedere il futuro, ma per intendere ilpresente.


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