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2012. Spazio, memoria e ideologia. Analisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima Grappa

Date post: 15-Jan-2023
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Spazio, memoria e ideologia. Spazio, memoria e ideologia. Spazio, memoria e ideologia. Spazio, memoria e ideologia. Analisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima Grappa Analisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima Grappa Analisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima Grappa Analisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima Grappa Paola Sozzi „Il lavoro della produzione segnica scatena forze sociali e, anzi, rap- presenta una forza sociale in se stesso. Può produrre ideologia e criti- ca delle ideologie. Pertanto la semiotica (come teoria dei codici e del- la produzione segnica) costituisce anche una forma di critica sociale‰. Umberto Eco 1. 1. 1. 1. Introduzione Introduzione Introduzione Introduzione Lo scopo di questo lavoro è analizzare il cimitero monumentale del Monte Grappa, più comunemente chiamato sacrario, sorto per accogliere i corpi dei soldati dellÊesercito italiano e austro-ungarico morti durante gli scontri sul Grappa nel corso dellÊultimo anno della Prima guerra mondiale combattuto sul monte (ottobre 1917-novembre 1918). Il cimitero è stato costruito nel 1935 sotto il governo fascista, dopo anni di dibattiti, e tuttÊora è gestito dal Ministero dellÊInterno tramite il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti. Nel corso degli anni però il luogo ha subito numerose modifiche e quello che si incontra oggi sulla cima del Monte Grappa è un complesso sistema monumentale e museale, fatto di spazi risalenti al tempo della guerra, di monumenti maestosi, come lÊossario italiano e austro- ungarico e il monumento alla Resistenza, di luoghi di culto o di ristoro, pannelli informativi, piccoli cippi; sistema di cui proprio il sacrario è punto centrale. Quello che si vuole quindi svolgere in questo lavoro è solo una piccola porzione dellÊanalisi che il luogo nel suo intero richiederebbe. In particolare ci focalizzeremo sulla decifrazione del messaggio che il regime fascista è stato in grado di trasmettere con la costruzione del sacrario e sul messaggio che il luogo riesce invece ad elaborare oggi. Questo discorso può essere molto utile per trovare differenze e somiglianze tra la cultura, o forse sarebbe me- glio dire lÊideologia, che ha creato il sacrario e quella odierna, in particolare in relazione ai valori pa- triottici e identitari che sono centrali nel luogo in esame. La capacità dei gestori e dei fruitori odierni di comprendere e valorizzare il luogo sarà il mezzo tramite il quale vedremo di giungere a queste conclu- sioni. Parlare di cultura e identità italiana attraverso lÊanalisi di un luogo della memoria è possibile se si parte dal presupposto che „tali luoghi, che esternalizzano nello spazio la temporalità della storia passata, so- no luoghi topici cruciali nella costituzione delle identità collettive e che la loro analisi è una compo- nente essenziale per una semiotica delle identità culturali‰ (Violi 2009, p. 1). Se „solo ciò che è tradotto in segni può diventare patrimonio della memoria‰ (Lotman 1975, p. 31) e se il sacrario può essere vi-
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Spazio, memoria e ideologia. Spazio, memoria e ideologia. Spazio, memoria e ideologia. Spazio, memoria e ideologia. Analisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima GrappaAnalisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima GrappaAnalisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima GrappaAnalisi semiotica del Sacrario Monumentale di Cima Grappa Paola Sozzi

„Il lavoro della produzione segnica scatena forze sociali e, anzi, rap-presenta una forza sociale in se stesso. Può produrre ideologia e criti-ca delle ideologie. Pertanto la semiotica (come teoria dei codici e del-la produzione segnica) costituisce anche una forma di critica sociale‰.

Umberto Eco 1. 1. 1. 1. IntroduzioneIntroduzioneIntroduzioneIntroduzione

Lo scopo di questo lavoro è analizzare il cimitero monumentale del Monte Grappa, più comunemente chiamato sacrario, sorto per accogliere i corpi dei soldati dellÊesercito italiano e austro-ungarico morti durante gli scontri sul Grappa nel corso dellÊultimo anno della Prima guerra mondiale combattuto sul monte (ottobre 1917-novembre 1918). Il cimitero è stato costruito nel 1935 sotto il governo fascista, dopo anni di dibattiti, e tuttÊora è gestito dal Ministero dellÊInterno tramite il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti. Nel corso degli anni però il luogo ha subito numerose modifiche e quello che si incontra oggi sulla cima del Monte Grappa è un complesso sistema monumentale e museale, fatto di spazi risalenti al tempo della guerra, di monumenti maestosi, come lÊossario italiano e austro-ungarico e il monumento alla Resistenza, di luoghi di culto o di ristoro, pannelli informativi, piccoli cippi; sistema di cui proprio il sacrario è punto centrale. Quello che si vuole quindi svolgere in questo lavoro è solo una piccola porzione dellÊanalisi che il luogo nel suo intero richiederebbe. In particolare ci focalizzeremo sulla decifrazione del messaggio che il regime fascista è stato in grado di trasmettere con la costruzione del sacrario e sul messaggio che il luogo riesce invece ad elaborare oggi. Questo discorso può essere molto utile per trovare differenze e somiglianze tra la cultura, o forse sarebbe me-glio dire lÊideologia, che ha creato il sacrario e quella odierna, in particolare in relazione ai valori pa-triottici e identitari che sono centrali nel luogo in esame. La capacità dei gestori e dei fruitori odierni di comprendere e valorizzare il luogo sarà il mezzo tramite il quale vedremo di giungere a queste conclu-sioni. Parlare di cultura e identità italiana attraverso lÊanalisi di un luogo della memoria è possibile se si parte dal presupposto che „tali luoghi, che esternalizzano nello spazio la temporalità della storia passata, so-no luoghi topici cruciali nella costituzione delle identità collettive e che la loro analisi è una compo-nente essenziale per una semiotica delle identità culturali‰ (Violi 2009, p. 1). Se „solo ciò che è tradotto in segni può diventare patrimonio della memoria‰ (Lotman 1975, p. 31) e se il sacrario può essere vi-

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sto come un testo, sistema di segni, il fatto che sia stato scolpito nella pietra e realizzato in dimensioni imponenti ci fa ipotizzare che fosse ritenuta importante la sopravvivenza della memoria ad esso dele-gata. Quindi, oltre al fatto che la conservazione della memoria è fondamentale allÊinterno di ogni cul-tura perché „assicura al gruppo sociale la coscienza di esistere‰ (Lotman 2006, p.105) e favorisce la creazione di unÊidentità collettiva, ipotizziamo che la memoria in questione assumesse un valore ag-giuntivo per lÊapparato politico-istituzionale che ha creato il monumento. Ricorda infatti Demaria che la costruzione di unÊidentità collettiva „diviene lÊobiettivo di una strategia della memoria, sovente fun-zione di una struttura di potere‰ (2006, p. 45). Per questi motivi lo stato in cui il luogo versa ci permet-terà di valutare lÊimportanza che esso assume oggi. Accanto ad unÊanalisi sincronica, che renda conto del funzionamento del testo spaziale e della sua e-ventuale efficacia a trasmettere una certa interpretazione dellÊevento passato ricordato, svilupperemo quindi anche unÊanalisi diacronica per capire se le modifiche apportate al monumento nel corso degli anni e le nuove pratiche di gestione e di turismo di cui è teatro abbiano implicato una sua totale o parziale risemantizzazione. Sebbene infatti il luogo nasca, secondo la definizione di Edward T. Hall (1996), come spazio fortemente pre-ordinato, tuttavia è logico pensare che anchÊesso non sia potuto sfuggire allÊattualizzazione di quella possibilità virtuale, intrinseca a ogni luogo, di divenire spazio in-formale, modificabile e riscrivibile dai gestori e dagli utenti nel corso del tempo.

2. La storia del Monte Grappa e del Cimitero Monumentale2. La storia del Monte Grappa e del Cimitero Monumentale2. La storia del Monte Grappa e del Cimitero Monumentale2. La storia del Monte Grappa e del Cimitero Monumentale

2.1 2.1 2.1 2.1 La Grande Guerra, il mito del Grappa e il fascismoLa Grande Guerra, il mito del Grappa e il fascismoLa Grande Guerra, il mito del Grappa e il fascismoLa Grande Guerra, il mito del Grappa e il fascismo

Il Monte Grappa è stato luogo di aspre battaglie tra lÊesercito italiano, con i suoi alleati, e gli eserciti austro-ungarico e tedesco dal novembre 1917 allÊottobre 1918. Punto strategico per la linea di difesa italiana dopo la disfatta di Caporetto del 24 ottobre 1917, il Grappa ha accolto un esercito italiano di-strutto, ma consapevole dellÊimportanza di difendere il monte. Tre i periodi di battaglia principali (ar-resto, difesa e attacco), lÊultimo dei quali ha significato la riconquista definitiva del monte e la possibili-tà di impedire il rafforzamento delle linee austriache sul Piave, dove lÊesercito italiano stava tentando lo sfondamento. ˚ importante a proposito di questo anno di guerra comprendere quali immani difficoltà lÊesercito ita-liano abbia dovuto affrontare, visto che la narrazione dei fatti qui avvenuti prende da subito, a guerra ancora in corso, i toni mitici tipici di unÊimpresa eroica. I soldati che arrivano sul Grappa dal 10 al 14 novembre 1917 hanno perso una battaglia, compiuto una ritirata di due settimane, scalato il monte e si trovano ora a difendere posizioni in molti casi soltanto abbozzate. Dalla disfatta di Caporetto fino al 10 novembre lÊesercito italiano ha perso 22 divisioni, 650.000 uomini tra morti, feriti, dispersi e ammutina-ti, e oltre metà della propria artiglieria. ˚ inferiore allÊavversario in morale, uomini e armi. Il monte Grappa, quasi disabitato, non possiede né rete stradale, né fonti di acqua sorgiva e nemmeno linee di difesa vere e proprie. Soltanto dallÊestate 1916, su ordine premonitore del generale Cadorna, il Genio Militare ha iniziato a predisporre teleferiche, pompe dÊacqua e mulattiere, ma quando lÊesercito vi giunge nel 1917 i lavori non sono ancora terminati. Inoltre gli alleati dellÊesercito italiano, la Francia e lÊInghilterra, considerata la disfatta di Caporetto, decidono che „entreranno in linea solo dopo che lÊesercito italiano avrà dimostrato di essere in grado di opporre resistenza al nemico‰ (Meregalli 2003, p. 25). Considerate le pessime condizioni descritte, quando lÊesercito si schiera sul monte quasi nessu-no si aspetta che riesca veramente a resistere allÊattacco degli avversari austro-ungarici, aiutati dagli alleati tedeschi. Ma ci si deve presto ricredere, perché nonostante la perdita del versante settentrionale del monte, lÊesercito italiano blocca lÊavanzata nemica sul Grappa già dopo le prime due settimane di guerra, su un fronte che non cambierà mai sostanzialmente, se non dopo la vittoria finale. Rende bene lÊidea di come viene valutata quellÊimpresa la frase che il generale tedesco Kraft von Dellmensingen scrive anni dopo:

Così si arrestò, a breve distanza dal proprio obiettivo, lÊoffensiva ricca di speranze e il Monte Grappa divenne il „Monte Sacro‰ degli italiani, i quali, a buon diritto, possono andare fieri di

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averlo vittoriosamente difeso contro gli sforzi delle migliori truppe austro-ungariche e dei loro camerati tedeschi (citazione in Meregalli 2003, p. 114).

La capacità dellÊesercito italiano di bloccare, nonostante tutto, lÊavanzata degli austro-ungarici nella Battaglia dÊArresto è uno dei motivi che hanno contribuito a creare unÊaura mitica intorno al monte. Ma il processo di mitizzazione dello stesso comincia solo in parte da questo avvenimento, visto che è senzÊaltro importante in questa direzione anche un avvenimento precedente: nellÊagosto del 1901 a Cima Grappa viene costruito un santuario alla Madonna. ˚ stato voluto dai cardinali veneti, i quali nellÊambito di una operazione nazionale di consacrazione delle cime dei monti scelgono proprio il Grappa come monte sacro sul quale posare non una croce, bensì una statua della Madonna. Ogni 4 agosto a partire dal 1901, fino allÊentrata in guerra, folle di pellegrini giungono sul monte per onorare la Madonnina del Grappa. Essa diviene però famosa a livello nazionale soprattutto dopo che, nel 1918, una granata la fa cadere dal tetto del suo santuario provocandone una rottura. La Madonnina mutilata, che ha perso il braccio con cui sostiene Gesù bambino, viene trasportata a Bassano del Grappa e, divenuta così simile nelle sue ferite al soldato italiano, è fatta simbolo della protezione divi-na sullÊesercito. A guerra conclusa, la statua è portata in giro per lÊItalia fino a quando, nel 1921, torna sul monte dopo essere stata restaurata in modo che siano visibili i segni dellÊoffesa. Cronache di allora parlano della cerimonia per il ritorno della Madonnina sul Grappa come della più grande e più nu-merosa che si sia mai vista sul monte. ˚ dunque a questo primo appellativo di monte sacro nellÊaccezione cristiana che si poi va ad aggiun-gere, già a partire delle prime vicende di guerra qui combattuta, quello di „Monte Sacro‰ alla patria. Per quanto non ci sia stato possibile svolgere unÊattenta ricognizione a riguardo nella stampa dellÊepoca, tuttavia possiamo trovare tracce del processo di sacralizzazione laica del monte nella can-zone Monte Grappa tu sei la mia Patria o Canzone del Grappa scritta nellÊinverno del 1918. Arrivata alle autorità militari la voce che nel bellunese, in quel momento austriaco, la popolazione inneggia al Monte Grappa cantando „Monte Grappa tu sei la mia patria‰, il generale Giardino ordina di compor-re una canzone contenente queste parole. Una volta finita fa sì che sia diffusa in trincea e via radio in tutta Italia facendola passare come la vera canzone dei bellunesi, nonostante la grammatica e la metri-ca tradiscano la finzione della nascita popolare. Secondo Meregalli, essa fu „strumento efficace di na-zionalizzazione delle masse‰ e „avrebbe a lungo conteso alla ÂLeggenda del PiaveÊ di E. A. Mario il ruolo di canto-guida nella costruzione della memoria della prima guerra mondiale‰ (2003, p.50). Ciò che ci interessa sottolineare è che il testo compie una suggestiva personificazione del monte e unÊidentificazione tra questo e lÊinvitta patria, le cui terre „fur sempre vietate per il piè dellÊodiato stra-niero‰1. Appare inoltre esplicitamente lÊaggettivo ÂsacroÊ nel verso „O montagna per noi tu sei sacra‰, affiancato da termini che rimandano alla purezza e al candore (connessi con il possesso sempre italia-no del monte), alla gloria, al futuro, al desiderio, alla luce della vittoria e alla forza di „cotal baluardo‰ naturale difeso da „impavidi‰ „italici cuor‰. Sebbene continuare con lÊanalisi del testo sarebbe certa-mente interessante, questo basti a notare come la canzone possa essere considerata parte di una narra-zione delle vicende del Grappa di sicuro più mitica che storica, in linea con quello che sarà il processo di elaborazione e di ricordo della Grande Guerra. AnchÊessa quindi fa in modo che il Grappa diventi „oggetto, al pari del Piave, di un processo di mitizzazione‰2 nazionale. Altro fatto fondamentale che contribuisce grandemente alla creazione del mito del Grappa è la proclamazione di Cima Grappa come „Zona Monumentale del Regno dÊItalia‰ avvenuta nel 1922, insieme ad altre 7 cime teatro dei combattimenti. Inoltre il monte, come moltissimi altri luoghi del territorio Veneto, è meta dei pellegri-naggi dei famigliari dei caduti in guerra, ospitando più di una decina di piccoli e provvisori cimiteri sparsi sui suoi pendii. La compresenza di questi fattori (la fede per la Madonnina, la vittoria inattesa dellÊesercito italiano che ha favorito la nascita del mito del Grappa, con la relativa canzone, i cimiteri, la monumentalizzazione) disegna intorno al monte Grappa unÊaura sacra, religiosa e laica insieme. Essa è lÊesito di un più esteso

1 Stralcio della canzone Monte Grappa tu sei la mia patria. 2 Daniele Pisani, „La memoria di pietra. Le testimonianze monumentali della Grande Guerra in Veneto tra le due guerre‰, pagina http://circe.iuav.it/Venetotra2guerre/01/12.html

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comportamento collettivo di gestione del trauma, che appunto possiamo definire di mitizzazione della guerra stessa. Si ritiene che ciò sia conseguenza di quello spirito nazionalista che già agli inizi del seco-lo aveva infiammato gli italiani e favorito lÊentusiasmo delle successive religioni della politica, quali il fascismo:

Innanzitutto la Grande Guerra contribuì, contemporaneamente, sia alla politicizzazione delle reli-gioni storiche, che si schierarono, in quasi tutti i paesi, a servizio della nazione nella guerra santa contro lÊAnticristo, sia alla santificazione della patria [⁄]. Infine, lÊesperienza di morte di massa, vissuta per la prima volta da milioni di uomini, favorì il risveglio del sentimento religioso e generò nuove forme di religiosità laica legate allÊesperienza stessa della guerra. La simbologia della morte e della resurrezione, la dedizione alla nazione, la mistica del sangue e del sacrificio, il culto degli eroi e dei martiri (2007b, p. 49).

Questo porta alla diffusione del culto dei caduti sul territorio nazionale, che si materializza in quella che Enrico Janni, dalle pagine della rivista Emporium nel 1918, definisce „monumentomania‰. Piccoli centri urbani e grandi città sentono lÊesigenza di erigere monumenti, lapidi, cippi e statue „chiamati a commemorare i caduti e, in tal modo, a elaborare il lutto‰3. Tali interventi si moltiplicano in tutta Italia per iniziativa locale promossa da Comuni ed enti di vario genere, vista lÊassenza di una vera e propria pianificazione nazionale a riguardo. Infatti la preoccupazione primaria dello Stato è creare appositi organi statali e militari che si occupino di gestire la sepoltura delle migliaia di salme sparse lungo il fronte italiano, ancora sui campi di battaglia o divise in decine di piccoli cimiteri di guerra, cosa che rende difficoltosi i pellegrinaggi dei parenti e le pratiche commemorative. Per queste ragioni pratiche, per arginare il diffondersi di piccoli e modesti monumenti in tutta la na-zione, ma anche per dare adeguata rappresentazione „della riconoscenza dellÊItalia ai suoi Morti‰ (Fio-re 2007, p. 357) il regime fascista, dalla metà degli anni Venti, decide di avviare la costruzione di grandi ossari sulla linea del fronte italiano, „omaggi ai caduti [⁄] intesi, nel loro insieme, a cementare unÊunità patria costruita intorno a una mitizzazione della guerra (attraverso quella dei suoi eroi)‰4. In-tervenuto sulle diatribe circa la realizzazione del Monumento al Fante, che poi deciderà di non costru-ire, Mussolini afferma „una volta per tutte, che ciò che un monumento ai caduti deve comunicare non è [⁄] il senso di Âun olocausto o sacrificio tragico, immaneÊ, ma quello di ÂesaltazioneÊ e ÂglorificazioneÊ della Ânazione vittoriosaʉ5. ˚ per questi motivi che il regime stabilisce che ogni progetto di sacrario o ossario militare venga gestito dallo stato attraverso lÊorgano per la Cura e le Onoranze delle Salme dei Caduti in Guerra (COSCG), precedentemente istituito dal Ministero della Guerra, e dal 1927 chiede al commissario a capo del COSCG, il generale Faracovi, di predisporre un piano per la sistemazione delle salme dei militi. La prima generazione di ossari, realizzata secondo il piano Faracovi, si caratte-rizza per la presenza di una grossa torre commemorativa e una cripta contenente le salme dei soldati. Soluzione che non trova il favore del Duce, che dal 1933 sostituisce Faracovi con Ugo Cei affidandogli la gestione della costruzione del sacrario del Monte Grappa ed in seguito, nel 1935, nominandolo Commissario Generale Straordinario per la sistemazione di tutti i monumenti di guerra, in modo che egli possa evitare burocrazia e commissioni e velocizzarne la realizzazione. Sua sarà anche la respon-sabilità della costruzione del monumento di Redipuglia; il suo compito promuovere una serie di opere che, al contrario delle precedenti, non dovranno „suscitare sentimentalismi‰ (Fiore 2007, p. 361), ma incitare, come dicevamo, allÊesaltazione e iniziare a favorire il simbolico processo di sovrapposizione tra i martiri della Grande Guerra e i martiri fascisti. Secondo diversi studiosi, „il proprio inequivocabile segno nella commemorazione dei caduti il fasci-smo lo imprime grazie ai sacrari dei secondi anni trenta; che tra sacrari veri e propri, templi-ossari e sacrari situati allÊinterno di cimiteri civili ammontano a una quarantina‰6. Il regime, proponendosi co-me lÊerede di quello spirito nazionalista che aveva infiammato gli italiani nel corso del risorgimento e

3 Ivi, pagina http://circe.iuav.it/Venetotra2guerre/01/01.html 4 Ivi, pagina http://circe.iuav.it/Venetotra2guerre/01/02.html 5 Ivi, pagina http://circe.iuav.it/Venetotra2guerre/01/home.html 6 Ibidem.

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della Prima guerra mondiale, impose una precisa interpretazione della guerra e rimosse tutti quei mo-numenti ai caduti, di impronta pacifista o socialista, che non vedevano la guerra come unica igiene del mondo o via preferenziale per il paradiso, laico e cristiano, degli eroi della patria. Questi nuovi luoghi dal nome mitico, i sacrari, devono quindi configurarsi come luoghi della memoria non tanto del sacri-ficio e del dolore, ma piuttosto della vittoria, dellÊeroismo e della riconoscenza, da cui il cittadino rie-sca a trarre un esempio di condotta da seguire nella propria vita.

2.2. Le vicende di co2.2. Le vicende di co2.2. Le vicende di co2.2. Le vicende di costruzione del Cimitero Monumentalestruzione del Cimitero Monumentalestruzione del Cimitero Monumentalestruzione del Cimitero Monumentale

Cima Grappa, punto più alto del monte, restò pressoché vuota come quasi tutta la montagna fino al 1896, quando un gruppo di alpini bassanesi decise di costruirvi la piccola capanna Bassano, rifugio e punto di sosta. Nel 1901 venne eretto lì accanto, come dicevamo, il piccolo santuario dedicato alla Madonna, la cui statua con Gesù bambino in braccio svettava sul tetto. La Madonnina del Grappa divenne presto meta di pellegrinaggi religiosi, finché, durante la guerra, la cima si trovò ad essere un punto tattico fondamentale per la difesa italiana. Vi si costruirono caserme e, nellÊinverno del 1918, anche la galleria Vittorio Emanuele III: opera mirabile del genio militare, fu una grande arma per gli italiani. La galleria, di oltre 5 chilometri complessivi, comprendeva ricoveri per uomini e armi, infer-merie, piazzole per artiglierie e postazioni per mitragliatrici. In quello stesso inverno, in seguito allÊattacco nemico, la statua della Madonnina cadde dal tetto del sacello favorendo la nascita del mito della „Madonnina ferita‰, compagna dÊarmi dei soldati e loro protettrice, che tornò sul Grappa nel 1921, restaurata in modo che restassero visibili i segni delle „ferite‰. Questo culto religioso si andò quasi a fondere con quel processo di mitizzazione del monte di cui parlavamo prima, favorendo la creazione di una vera e propria aura sacra intorno al Grappa. Già dalla fine del 1918 nacque lÊidea di creare un ossario unico per tutti i morti del Grappa su questa cima. Le lunghe diatribe su quale fosse il progetto migliore dimostrano che fu chiaro fin dallÊinizio il valore simbolico che un monumento in questo luogo avrebbe assunto. Il Comitato dellÊOpera della Madonnina si interessò subito al progetto, ma dal 1923 si costituì il Comitato Nazionale Pro Cimitero Monumentale del Grappa al quale fu affidato lÊincarico di realizzare lÊopera. Il primo progetto preve-deva un grosso ossario ipogeo con punti esterni panoramici, un portale con scalinata dÊaccesso, il por-tale di Roma, e una via Sacra che lo collegasse al sacello della Madonnina, ai cui piedi Gaetano Giar-dino, generale della IV armata o Armata del Grappa, aveva fatto costruire una tomba per sé e la mo-glie. Il cimitero, che poteva accogliere solo 6.000 salme, fu inaugurato nel 1928, ma il Comitato Nazio-nale presentò allora un secondo progetto che proponeva la costruzione di una grossa torre sopra il cimitero, soluzione simile ad altri ossari. Ironicamente lÊOpera della Madonnina affibbiò al progetto lÊaggettivo „babilonese‰ e manifestò il proprio disappunto per la costruzione di una simile mole, che posta dietro il sacello avrebbe annullato il suo dominio sulla cima. Proprio a causa della difficoltà di mediare tra i due comitati nel 1932 Mussolini commissariò il Comitato Nazionale togliendogli la ge-stione del progetto, e la affidò a Ugo Cei. Egli, in circa 3 mesi, fece sì che lÊarchitetto Greppi e lo scul-tore Castiglioni progettassero un nuovo sacrario e avviò celermente i lavori in modo che il 22 settem-bre 1935 fu possibile inaugurarlo ufficialmente. Per far posto al nuovo mastodontico progetto, interamente in pietra del Grappa, vennero demoliti la capanna Bassano, il sacello della Madonna e la tomba di Giardino. Si costruì il nuovo e più grande rifugio Bassano ai piedi del monumento e si rifecero, in posizione centrale e dominante rispetto allÊossario, la tomba del generale ed il santuario, nel quale però la Madonnina fu spostata allÊinterno e venne sostituita sul tetto da una grossa croce in acciaio. Il vecchio portale di Roma venne chiuso e modificato in modo da potere ospitare al primo piano un piccolo museo e al secondo un osservatorio, nel punto più alto del monte. Tra il sacello e il portale, la via Sacra diventò via Eroica e al suo centro si pose la statua „Italia fascista‰, nella quale unÊenorme figura femminile, la patria, proteggeva un pic-colo fante ritto ai suoi piedi. Il cimitero ipogeo, sotterraneamente collegato alla galleria, restò privo di salme ma comunque visitabile e la base in cemento sopra di esso, sulla quale doveva ergersi la torre, rimase spoglia. Dietro al cimitero italiano si costruì anche un cimitero austro-ungarico, una piccola e dimessa riproduzione dellÊossario italiano. La statua „Italia fascista‰, che superava in altezza la croce

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del sacello e non aveva incontrato il favore di cittadini ed istituzioni, rimase sulla via Eroica per meno di un anno, sparendo nel 1936.

Fig. 1- LÊarea monumentale e museale di Cima Grappa vista dallÊalto oggi.

3. Breve descrizione del monumento3. Breve descrizione del monumento3. Breve descrizione del monumento3. Breve descrizione del monumento

LÊingresso ufficiale del Sacrario si trova nel piazzale della caserma Milano, dove una lapide posta sul muro dice: „Monumento ai Caduti del Monte Grappa. Regnando S.M. Vittorio Emanuele III Duce Benito Mussolini 24 Maggio 1934-22 Settembre 1935. XIII E. F.‰. Di fianco alla scritta due rami in bronzo con foglie coprono il segno lasciato dai preesistenti fasci littori. A sinistra la strada di accesso al sacrario, al cui inizio stanno due colonne in pietra culminanti lÊuna in una stella e lÊaltra in una croce, ci permette di giungere, dopo una breve passeggiata in salita, al piazzale antistante il cimitero dal qua-le è possibile vedere lÊossario italiano e il sacello7.

„Il corpo centrale del monumento, dove sono custoditi i Resti mortali di 12.615 caduti di cui 10.332 ignoti, è costituito da cinque gironi concentrici, degradanti a tronco di cono; ciascun girone è alto quattro metri e circoscritto da un ripiano circolare largo dieci. [⁄] I cinque gironi sono col-legati da unÊampia gradinata centrale a cinque rampe che, dalla base del monumento porta alla sommità dove sorge il sacello, Santuario della Madonnina del Grappa‰8.

Ai piedi di questo corpo centrale, due piazzole semicircolari delimitano la scala di accesso allÊossario; vi svettano due altissimi pennoni portabandiera, la cui base in bronzo istoriato porta i simboli di tutte le Armi che hanno combattuto sul Grappa, mentre ai loro lati sono posti due piccoli cannoni rivolti lÊuno verso lÊaltro. Altri due cannoni a fianco della scala del primo girone. Nei gironi trovano posto le

7 Si consiglia di seguire la descrizione del monumento osservando la Fig. 1 di pagina 5. 8 Opuscolo omaggio del Ministero della difesa, Commissariato Generale le Onoranze ai Caduti di Guerra, „Monte Grappa‰, edizione del 2004, p.1

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tombe individuali dei soldati noti, disposte in ordine alfabetico e chiuse da lastre di bronzo a colom-bario, intervallate da tombe comuni, in ciascuna delle quali stanno cento militi ignoti. Una serie di scale laterali permettere di compiere anche un percorso a zig zag per arrivare in cima. Tra il quarto e il quinto girone, in posizione centrale cÊè la tomba del generale Giardino, con la moglie, sopra la qua-le, scolpita nella roccia, domina la frase da lui stesso dettata „Gloria a voi soldati del Grappa‰.

Fig. 2 – LÊOssario Italiano, la scalinata centrale, la tomba di Giardino, la scritta e il Sacello infondo.

Prese le scale laterali alla sua tomba, al centro del quinto girone troviamo una fiaccola: tre angeli alati reggono una corona dÊalloro, tra di loro croci e cristogrammi e sopra le loro teste la frase ripetuta „Gloria Eis‰. Ulteriori scale laterali ci portano alla rotonda piazza del santuario, il quale ha struttura ottagonale, pareti in pietra, ferro e vetro, un basamento a doppio gradino tuttÊintorno a elevarne la struttura e una croce in alluminio di 6 metri sul tetto. AllÊinterno mosaici in oro sul soffitto, la statua della Madonnina in posizione centrale, un altare, sedie disposte a cerchio, un portacandele, fiori e in-fine sulle pareti lapidi, fotografie storiche e una preghiera per i caduti.

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Fig. 3 – Interno del Santuario

e statua della Madonna del Grappa

Dal sacello diparte la via Eroica, 300 metri di leggera in salita, alla cui destra e sinistra troviamo altri due pennoni portabandiera e due cannoni. Ai lati stanno 14 quadrati di prato, circondati da ghiaia, sui quali trovano posto 14 parallelepipedi in pietra: ognuno porta scolpito il nome di una località o di una cima tra le più importanti del monte durante la guerra. Dietro ogni cippo, rivolta verso le montagne, una panchina in pietra. Alla fine della via tre gradini conducono al piazzale antistante il portale di Roma, alla cui destra e sinistra due lastre di pietra riportano i nomi dei soldati che hanno ricevuto una Medaglia dÊOro allÊonore militare. Il portale in pietra e ferro, con due finestre e una porta al primo piano, ora chiuso, culmina nella grossa scritta „Monte Grappa tu sei la mia Patria‰. Salendo le scalina-te laterali si accede al retro del portale, dove due scale interne permettono di giungere a una terrazza panoramica. Un bassorilievo in bronzo riproduce lÊorografia del monte e la posizione delle antiche trincee.

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Fig. 4 – Via Eroica e portale di Roma

Scesi dal punto dÊosservazione, un cannone ci divide dalle porte ormai chiuse del cimitero ipogeo e costeggiandone il tetto in cemento arriviamo al cimitero austro-ungarico. Esso ospita i resti di 10.295 militi, di cui solo 295 noti, ed è costituito da due gironi semicircolari con tombe a colombario. Al cen-tro della struttura troviamo un altare, coperto da un timpano e sorretto da quattro colonne, adornato da un mosaico con croce in oro e al cui fianco stanno due tombe comuni da 5.000 salme di ignoti cia-scuna.

Fig. 5 – Altare del cimitero austro-ungarico

4. Analisi del piano d4. Analisi del piano d4. Analisi del piano d4. Analisi del piano dellÊespressioneellÊespressioneellÊespressioneellÊespressione

Nel corso dellÊanalisi del piano dellÊespressione ci risulterà impossibile scindere la morfologia del luo-go, gli oggetti in essa presenti e le pratiche previste. Il nostro metro di giudizio per definire grande il monumento o faticoso il suo attraversamento sarà un astratto soggetto umano percipiente, „un corpo situato, ossia dotato di progettualità, e capace di attribuire valori e disvalori‰ (Marrone 2001, p. 313) allo spazio che percorre. Inoltre, anticiperemo nel corso dellÊanalisi alcuni aspetti contenutistici correla-ti ai tratti dellÊespressione, ma lasceremo il loro inserimento in un discorso completo e unitario al capi-tolo successivo.

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4.1.Analisi plastica4.1.Analisi plastica4.1.Analisi plastica4.1.Analisi plastica

Nel monumento alla memoria in questione la dimensione topologica svolge un ruolo importante nel processo di significazione. In generale i monumenti alla memoria costruiti ex novo assumono un valo-re puramente simbolico, diventando segni arbitrari di una memoria prescelta. Discorso in parte valido per il sacrario del Grappa, che però assume anche le caratteristiche di un altro segno ovvero del segno indicale, vista la contiguità materiale, fisica tra la memoria delegata al monumento e i luoghi in cui si è svolta. Inoltre in questo caso sono presenti le salme dei soldati diventate tracce per la memoria dei posteri: non solo il luogo è allora teatro del trauma ricordato, ma è anche tomba di coloro che lÊhanno vissuto in prima persona. Questo tipo di scelta generalmente nasce dalla volontà di documentare lÊaccaduto e nello stesso tempo di stimolare una reazione emotiva forte nel fruitore, volontà di solito sbilanciata sul secondo aspetto e in questo caso confermata nella richiesta del Duce di creare un sacra-rio che stimolasse nel visitatore lÊesaltazione per la nazione vittoriosa, come abbiamo detto. Il sacrario si trova poi dentro una Zona Monumentale: un monumento nel monumento, un sacrario in zona sa-cra, una ridondanza che conferma lÊipotesi che il luogo fosse considerato dÊeccezionale importanza per la storia, la memoria e lÊidentità italiana. Dal punto di vista geografico, cima Grappa è la cima più alta di tutto il monte, la prima dellÊarco alpi-no rispetto alla pianura veneta sottostante, incastrata tra il fiume Brenta e il fiume Piave, a qualche cen-tinaio di chilometri dal mare. Tutto ciò è in qualche modo parte del senso del luogo, visto che il pae-saggio circostante è chiaramente visibile dal sacrario nelle giornate senza nuvole. Questo panorama infatti chiarifica a noi, come ai soldati centÊanni fa, il ruolo fondamentale della difesa del massiccio per le sorti della guerra. LÊorientamento dei cimiteri italiano e austro-ungarico conferma che la dimensio-ne geografica ha un suo ruolo nel senso complessivo: lÊossario italiano è rivolto verso la pianura italia-na, mentre quello del „nemico‰ ha un orientamento esattamente opposto, girato verso il confine au-striaco. Il monumento costruisce un qui e un altrove, due spazi che assumono senso nella loro relazio-ne reciproca e nel loro essere relativi a due culture diverse che la focalizzazione del monumento tra-duce in un Noi versus Loro. Per analizzare invece la topologia del sacrario, non nella sua relazione con il contesto spaziale, ma nel-le sue caratteristiche intrinseche, ci aiutiamo con le categorie topologiche proposte da Gianfranco Marrone in Corpi sociali (2001). Nel considerarle faremo attenzione ai simbolismi culturali ad esse collegate, ovvero a quei meccanismi che hanno cristallizzato su alcune di queste caratteristiche plasti-che dei precisi significati culturali, trasformandoli in formanti. „La prima categoria grazie alla quale lo spazio acquista una determinata significazione è senzÊaltro quella che oppone la percezione di unÊestensione (continua) alla percezione di una struttura (discontinua)‰ (Marrone 2001, p. 328, corsivo mio). Nel caso in esame, lo spazio è pensato come un percorso continuo, senza limiti o porte, eppure il fruitore lo percepisce in modo discontinuo. Infatti, nonostante sia disposto su un costone di roccia ascendente, il fruitore non ha la possibilità dal basso di percepire lo spazio tuttÊinsieme: al cominciare la salita verso lÊossario non sa cosa si troverà davanti. Arrivato al grande corpo ascendente del cimite-ro, con il sacello alla sommità, non può vedere la via Eroica e il portale, che diventeranno visibili solo una volta giunti in cima ai 5 gradoni. Ultima sorpresa per il visitatore sarà il cimitero austro-ungarico, nascosto dietro la montagna e leggermente più in basso, visibile solo percorrendo il breve tratto che lo divide dal portale di Roma. Si creano percettivamente quattro luoghi diversi (lÊingresso, il cimitero italiano, la via Eroica con il portale, il cimitero austro-ungarico) allÊinterno di uno spazio di per sé con-tinuo: una discontinuità visiva che accompagna una discontinuità funzionale. La salita dÊingresso con le sue colonne crea uno spazio divisorio tra mondo esterno e spazio sacro, una camera dÊaria che la-scia al visitatore il tempo per diventare consapevole del suo ingresso in una zona altra e non ordinaria. LÊossario italiano e quello austro-ungarico svolgono le funzioni di normali cimiteri, permettendo la ce-lebrazione di riti religiosi, la ricerca dei propri cari, la visita ai morti. Nel tratto via Eroica - portale di Roma la presenza delle panchine e dellÊosservatorio configura lo spazio come luogo dal quale guar-darsi intorno e apprendere informazioni storico-geografiche. Vedremo in seguito che a questa discon-tinuità funzionale non corrisponde una discontinuità valoriale.

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La seconda categoria è quella dellÊinterno/esterno, che per comodità analizziamo insieme alla successi-va, aperto/chiuso, per le quali è facile trovare nella nostra cultura una relazione simbolica, in questo caso resa pertinente, che lega spazi esterni e aperti alla dimensione pubblica e interni e chiusi alla pri-vata. Il monumento si presenta come spazio esterno e aperto, quindi pubblico. Il santuario della Ma-donnina sarebbe uno spazio chiuso in cui la dimensione interna è la più importante, ma la porta è sempre aperta e le colonne portanti sono inframmezzate da grosse vetrate. Non cÊè quindi una soglia che blocchi il percorso continuo del visitatore e la discontinuità spaziale è negata da quella visiva: il santuario risulta pertanto uno spazio ibrido, una sorta di interno aperto. Altro piccolo spazio chiuso è quello delle scale interne al portale di Roma che permettono di salire allÊosservatorio. Anche in questo caso però la porta dÊingresso aperta e lÊassenza di porte per entrare nellÊosservatorio lo rendono più un tunnel tra due spazi esterni che un vero e proprio interno. LÊunico luogo veramente interno, chiuso, inaccessibile è quello delle tombe dei soldati scavate nella roccia, spazi privati, sebbene in alcuni casi collettivi, che ci ricordano, soprattutto grazie al ricorso ai nomi propri dei soldati noti, la dimensione personale e individuale del grande trauma di massa che fu la Grande Guerra. Secondo la categoria centro/periferia troviamo nel sacrario i due cimiteri posti alla periferia, alle e-stremità del corpo monumentale, tra loro lontani e opposti, altro fatto che aiuta a cogliere la focalizza-zione del monumento con la costruzione di uno spazio per ciascun termine della relazione identitaria Noi - Loro. Al centro invece il santuario, la via Eroica e il portale. Se però consideriamo la discontinui-tà percettiva del luogo, possiamo trovare dei centri relativi a ciascuno dei „sotto-spazi‰. Il centro dellÊossario italiano è rappresentato, in ordine di salita, dalla scala, dalla tomba del generale, dalla scritta inneggiante alla gloria dei soldati e dal sacello della Madonnina. Al centro della piazza del sa-cello è posto appunto il sacello stesso, al cui centro sta la Madonnina, in una struttura che ricorda qua-si una matrioska e che connota lÊinterno come dimensione preziosa anche se, come detto, accessibile e semi-aperta. Il centro del seguente spazio (via Eroica – portale di Roma) può essere considerato il por-tale stesso, centrato rispetto alla via Eroica, sebbene posto in fondo ad essa, e circondato da due scale simmetriche. Al centro del cimitero austro-ungarico si trova lÊaltare con il mosaico e le due grosse tombe comuni. Si rivela quindi significativa anche lÊindagine dei vari centri relativi ai sottospazi, dato che notiamo che al centro stanno sempre simboli sacri: sacello, madonna, patria, altare. Ultima importante categoria è quella dellÊalto/basso, fortemente significante se si considera il simboli-smo culturale che associa lÊalto alla dimensione trascendente e religiosa dellÊesistenza, alla vita ultrater-rena, al Bene. Tutto il monumento prevede unÊascesa del visitatore dal basso allÊalto, una sorta di per-corso di purificazione. Proprio in basso, anche se non al livello delle colonne dÊingresso e della strada, troviamo il cimitero italiano. „UnÊascesa che si rispetti deve partire dagli inferi: ed è per questo che il percorso parte dai gironi [⁄] in cui sono custoditi i morti, per elevarsi quindi verso la resurrezione (dal punto di vista religioso) o verso la gloria (da quello laico)‰9. Gloria presente nella scritta di marmo, resurrezione richiamata da quella grande croce in acciaio che svetta sul cimitero. Dopo il sacello, la leggera salita della via Eroica e altre scale da percorrere che ci avvicinano al punto più alto del sacra-rio: quella scritta „Monte Grappa tu sei la mia patria‰ posta dietro lÊosservatorio panoramico del porta-le di Roma. Il colore preponderante dellÊintero monumento è il bianco-grigiastro della roccia. Su questo si innesta-no i colori metallici del bronzo e dellÊacciaio, che però non rubano del tutto la scena al candore della pietra. Essendo questa pietra la pietra del Grappa stesso, il colore del sacrario non esce di molto dalla gamma cromatica che un visitatore del monte incontra percorrendo la strada per arrivare fino a cima Grappa, essendo il verde dei prati molto spesso interrotto dalla pietra esplosa e sbriciolata nei terribili bombardamenti dellÊanno di guerra qui combattuto. Potremmo quindi dire che lÊeffetto cromatico complessivo e la materia di cui è composto il sacrario creano un certo senso di naturalità del monu-mento. Il contrasto poi del candore del grande corpo di pietra opposto al verde dellÊerba e dei monti e allÊazzurro del cielo fa risaltare ancora di più il monumento e gli da quella capacità di uscire in pri-mo piano nel campo visivo che nelle composizione visive planari si usa attribuire alla figura, opposta allo sfondo. Il sacrario per tutti questi motivi sembra uscire dalle viscere del monte.

9 Daniele Pisani, cit., pagina http://circe.iuav.it/Venetotra2guerre/01/12.html

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La caratteristica fondamentale del sacrario dal punto di vista eidetico è la semplicità. Grandi forme geometriche e regolari, simmetriche e prive di particolari vezzi ornamentali, tipiche dellÊarchitettura monumentale fascista della seconda metà degli anni Trenta. Infatti dopo i primi anni in cui lÊarchitettura fascista, che voleva essere nello stesso tempo moderna, essenziale e romana, aveva cedu-to „alla gratuita sovrapposizione e mescolanza delle insegne più disparate‰, fondendo il gusto per una monumentalità colossale al „revival di un turgido classicismo di epoca romana‰(Cresti 1986, p. 19), si procedette allÊelaborazione di uno stile imponente e asciutto secondo una „progressiva semplificazione del linguaggio architettonico‰ (Fiore 2007, p. 358). Le forme geometriche ricorrenti sono il cerchio e il parallelepipedo, piuttosto allungato. Infatti, cerchi e semicerchi costruiscono gli spazi dei due cimiteri, mentre i parallelepipedi e i rettangoli danno forma alle colonne del sacello, ai cippi sulla via Eroica, alla via stessa, al portale di Roma. Le forme circolari creano un senso di larghezza, vastità e imponen-za, ma la loro disposizione a scalare le rende nello stesso tempo ascendenti e quasi mobili. La verticali-tà domina infatti tutta la struttura ed è aiutata proprio dalle lunghe forme rettangolari, dalla via Eroica in salita e dalla scritta in cima al Portale di Roma, che esattamente come faceva la Croce, cattura lÊattenzione del visitatore e la dirige verso il cielo. Un altro effetto di senso dovuto alla conformazione eidetica degli spazi è riassumibile nel senso di for-za e di potenza che prende il visitatore alla vista del cimitero italiano. La struttura dei gironi infatti, creati con la tecnica del bugnato e disposti in modo concentrico, preceduti dalle due piazzole dei pennoni, che sembrano due masti, ricorda molto la forma di una fortezza, di una struttura difensiva asserragliata intorno al generale e al sacello, vigile sulla pianura patria. Non si può dire esattamente lo stesso del cimitero austro-ungarico, viste le sue dimensioni ridotte. É interessante notare a riguardo che, nonostante il numero dei caduti italiani e austro-ungarici sia quasi simile, nel discorso complessivo del monumento esso si posiziona a un livello gerarchico decisamente inferiore rispetto a quello italia-no. La scelta di dividere i soldati ignoti italiani in gruppi di 100 e i nemici in gruppi di 5000 rende la disposizione dei corpi, quasi fossero mattoni, uno strumento per creare forme più o meno grosse e dare quindi una rappresentazione della perdita dellÊesercito italiano di maggiore impatto e non pro-porzionale a quella dellÊesercito austro-ungarico. Il ripetersi delle forme, la simmetria della loro com-posizione, la pienezza dei solidi, tutto crea un forte senso di stabilità ed eternità.

4.2. Simboli, oggetti e scritte4.2. Simboli, oggetti e scritte4.2. Simboli, oggetti e scritte4.2. Simboli, oggetti e scritte

Forte è la presenza nel monumento di alcuni simboli che si organizzano in una struttura fatta di ripeti-zioni e rimandi. Siamo consapevoli che parlare di simboli nellÊanalisi del piano dellÊespressione po-trebbe sembrare errato, ma vogliamo riflettere in questo caso, in primo luogo, sulla presenza dei signi-ficanti di quei simboli sul monumento e, in secondo luogo, sul fatto che se considerati singolarmente, anche con il loro contenuto, i simboli non dicono molto sul senso complessivo del sacrario. Bisognerà prendere in considerazione la loro compresenza e la loro posizione per comprendere quale ruolo as-sumono nella creazione dellÊeffetto di senso del monumento. Di fianco allÊunica bandiera austriaca presente nel cimitero austro-ungarico, possiamo trovare fino a 5 bandiere italiane divise nei tre sotto-spazi italiani del monumento. Vi sono poi la stella militare a cin-que punte e la croce cristiana, le quali coesistono in moltissimi punti: sulle colonne dÊentrata una croce e una stella; sulle lapidi comuni di cento soldati la croce in alto e la stella in basso; sul primo girone dellÊossario italiano, ai lati delle scale, due croci dorate fanno rima con la grossa croce in alluminio del sacello. Croce alla quale viene fatta corrispondere unÊenorme stella che attira meno lÊattenzione, ma che è comunque presente e il cui contorno è disegnato con sampietrini bianchi sulla pavimentazione grigia della piazza del santuario, situato proprio al suo centro. Dentro il santuario vi sono 14 croci per le stazioni della via crucis e le lapidi di dedicazione presentano croci e stelle insieme. Una croce e una stella poi su ognuno dei 14 cippi in pietra lungo la via Eroica. Oltre a questi tre simboli, i più presenti, troviamo anche i simboli delle varie Armi dellÊesercito italiano che hanno combattuto sul Grappa im-pressi nella base in bronzo dei pennoni dÊingresso10.

10 Alcuni di questi simboli sono anche ripetuti nelle lapidi regalate dalle Armi ai loro morti sul Grappa.

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Bisogna notare che i simboli in esame appartengono a una classe di segni particolare allÊinterno della cultura a cui fanno riferimento. Infatti, la bandiera, la croce, la stella militare, nonché i simboli delle Armi per chi vi fa parte, assumono caratteristiche quasi sacrali, codificate spesso da regole che ne im-pediscono il vilipendio, dando unÊimportanza, insolita per altri segni, anche alla loro dimensione mate-riale. Tra gli oggetti più presenti, con sette elementi, troviamo i cannoni, di varie taglie e fogge. Non consideriamo il plastico di bronzo dellÊosservatorio un oggetto perché, accompagnato da frecce scolpi-te sulla balaustra cui è appoggiato, non avrebbe senso se non in questo punto, risultando quindi di-pendente dalla struttura del sacrario e non oggetto a sé stante. Cosa che non si può dire dei cannoni: non sappiamo quando furono inseriti, se in fase progettuale o in seguito, anche perché le guide del 1936 menzionano solo grandi fasci littori oggi assenti. ˚ presente anche qualche decina di vecchie gra-nate, a disegnare il perimetro della piazza antistante lÊossario italiano. La scelta di porre tali strumenti di morte affianco alle tombe dei militi potrebbe sembrare priva di qualsiasi tatto. Bisognerà elaborare unÊipotesi sul contenuto e sui valori iscritti nel luogo per giustificarne la presenza. Tutti gli altri oggetti presenti sono invece inseriti nel sacello. Alcuni di questi, come lÊaltare, le sedie, il portacandele, le croci della via crucis, rispondono a esigenze pratiche per lo svolgimento dei riti religiosi cristiani, che tuttÊora si svolgono tutte le domeniche da Maggio a Settembre, mentre altri ricordano la storia del luo-go. LÊoggetto di sicuro più importante è quellÊunica statua di tutto il sacrario, la Madonnina, tuttÊora venerata e la cui immagine è infinitamente riprodotta, più che quella del cimitero, nei souvenir vendu-ti sul luogo. Escludendo lÊapparato testuale del sacello, che al suo interno organizza un discorso indipendente, co-me si è visto anche con gli oggetti, le scritte presenti sul monumento sono di due tipi: i nomi e i gradi militari sulle tombe e le frasi incise nella roccia. La scelta di nominare singolarmente ogni milite noto è in linea con il culto dei caduti e degli eroi, che analizzeremo in seguito, permettendo di restituire a ciascuno di essi una dimensione personale e dignitosa dopo la morte e consentendo pratiche di com-memorazione famigliare. Le scritte nella roccia invece esplicitano parte del senso del luogo eviden-ziandone i valori fondamentali. La frase „Gloria a voi soldati del Grappa‰ può essere vista, se analizza-ta narrativamente, come la trascrizione di una sanzione positiva, ma lo vedremo meglio in seguito. La frase incisa sul portale di Roma invece si rifà alla celebre canzone Monte Grappa tu sei la mia Patria. La funzione della frase scolpita nella roccia è allora appunto ricordare il suggestivo parallelismo tra il monte e la patria, non solo perché da esso dipesero per un anno le sorti della nazione, ma anche e soprattutto per stimolare nel visitatore atti emulativi delle gloriose gesta dei soldati del Grappa. Come a dire che i soldati non morirono per salvare un monte, ma lÊItalia intera e questo è il motivo della dedicazione di un simile luogo e della gloria eterna che a loro va tributata.

5. Anali5. Anali5. Anali5. Analisi del monumento: il piano del si del monumento: il piano del si del monumento: il piano del si del monumento: il piano del CCCContenuontenuontenuontenutotototo

Affrontiamo lÊanalisi del piano del contenuto del sacrario partendo da un presupposto: questo monu-mento può essere considerato un discorso ideologico, secondo lÊaccezione del termine che ne dà Eco. Nel Trattato di Semiotica Generale del 1975 lÊautore definisce il concetto „semiotico‰ di ideologia, conia il termine discorso ideologico e definisce lÊapporto di una teoria dei codici allo studio di questi fenomeni. Secondo Eco possiamo parlare di ideologia come di „una visione del mondo organizzata‰ (1975, p. 359), la quale lavorando su alcuni campi semantici, secondo diverse selezioni circostanziali e contestuali, ne considera solo alcune proprietà predicabili e le dispone in argomentazioni non con-traddittorie, che nascondano la natura non lineare tipica di ogni campo semantico. UnÊideologia è in sostanza una valutazione che si sviluppa a partire da premesse assunte a priori e quindi non con me-todo scientifico, ovvero una „visione del mondo parziale e sconnessa: ignorando le multiple intercon-nessioni dellÊuniverso semantico essa cela anche le ragioni pratiche per cui certi segni sono stati pro-dotti insieme con i loro interpretanti. Così lÊoblio produce falsa coscienza‰ (1975, p. 369). La differenza tra ideologia e discorso ideologico sta nel fatto che possono esistere, anche se sono rari, discorsi sviluppati a partire da una precisa ideologia che esplicitano il loro essere parziali e basati su premesse assunte come sempre valide. Essi sono figli dellÊideologia ma non sono definiti dallÊautore

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discorsi ideologici, i quali invece evitano di esplicitare le proprie parziali premesse, e anzi le nascon-dono e si propongono come assoluti e inconfutabili. Dice Eco:

Il discorso ideologico invece occulta queste diverse opzioni e per riuscirvi si impegna in un gioco serrato di COMMUTAZIONI di codice e di ipocodifiche indiscutibili. [⁄] LÊasserto disturbante viene interpretato ideologicamente come sforzo maligno di minare Âla legge e lÊordineÊ che governano lÊuniverso semantico (privo di contraddizioni) di chi vive nella falsa coscienza (ivi, p. 368).

DÊora in poi, quando parleremo di ideologia, sarà in questa accezione semiotica, e non in quella „sto-rica‰ che è inevitabilmente più politicizzata. Analizzare il monumento in questÊottica vuol dire capire quale ideologia lo ha creato e quale senso ha voluto che esprimesse facendolo sembrare naturale e universale. Sapendo che i monumenti alla memoria sono sempre funzione di una costruzione identita-ria collettiva e che questa „altro non è [⁄] che la selezione e riorganizzazione narrativa e discorsiva di certi elementi del passato a scapito di altri‰ (Violi 2009a, p. 2), riteniamo che qualsiasi monumento alla memoria rischi di divenire un discorso ideologico, massimamente se concepito da una religione politi-ca, come il fascismo, e poi gestito da unÊorganizzazione istituzionale quale lÊesercito. Ci sembra che ciò avvenga in questo caso e che lo stesso corpo monumentale possieda alcune caratteristiche in linea con questa nostra visione complessiva. Se una delle caratteristiche del discorso ideologico è il suo essere occulto, farsi naturale e universale possiamo rivedere le caratteristiche eidetiche e cromatiche del sa-crario prima descritte come strumenti che lavorano in questa direzione. Infatti, sia per la scelta dei ma-teriali autoctoni, che per il colore, che era sì in grado di stagliare la grossa forma del sacrario sul pano-rama verde azzurro della montagna, ma senza uscire dalla gamma cromatica tipica del monte, aveva-mo osservato che il corpo architettonico sembrava uscire dalle viscere del monte. Esso si pone quindi non tanto come elemento artificiale e posticcio, ma quasi come un elemento del paesaggio. Per cercare di capire quale messaggio questo discorso ideologico trasmette, cercheremo di rintraccia-re, alla luce delle caratteristiche rinvenute nel piano del contenuto, il suo Programma Narrativo, le isotopie tematiche e infine i valori profondi da esso elaborati. Il sacrario si organizza al livello delle strutture narrative profonde secondo un Programma Narrativo principale allÊinterno del quale se ne innesta un altro. LÊorganizzazione attanziale di base prevede lÊingresso nella zona sacra di un Soggetto, lÊUtilizzatore Modello, che si reca sul posto o per trovare un proprio caro o per commemorare i solda-ti. Il monumento non si comporta però in modo prettamente oggettuale e passivo, ma diventa una sorta di Destinante, o meglio il simulacro del Destinante-Enunciatore, il cui scopo primario è inserire il Soggetto in un universo valoriale e modalizzarlo secondo un preciso volere. Il simulacro del Destinan-te racconta al Soggetto la storia dei soldati, ovvero il secondo programma narrativo di cui parlavamo: singoli attori riuniti in un collettivo attante Soggetto (lÊesercito) seguendo le istruzioni del Destinante (lo Stato) hanno portato a termine la loro performanza (morire difendendo la patria) e sono stati sanziona-ti positivamente (con il ricordo e la gloria). Quello che il monumento cerca di fare allora non è tanto passare al visitatore un sapere sulle vicende storiche, ma condurlo attraverso il percorso ascensionale previsto a cogliere la grandezza del sacrificio dei soldati e a volere servire la patria come loro, per po-tersi meritare una sanzione altrettanto positiva. Trasmette pertanto i valori fondamentali dellÊideologia che lo ha creato e lo fa sottoponendo alla percezione del Soggetto una serie di strutture spaziali che, messe tra loro in relazione, assumono un determinato senso. NellÊanalisi dei diversi livelli del piano dellÊespressione ci siamo accorti della ridondanza di alcune di queste strutture spaziali, raggruppabili secondo alcune isotopie tematiche. LÊisotopia forse più evidente è quella dellÊascesa: non solo il costone di roccia su cui poggia il sacrario è in pendenza, ma soprattut-to il percorso previsto, moltiplicato dalla presenza di numerose scale, va dal basso allÊalto. Parallela-mente vengono utilizzate alcune disposizioni topologiche che, grazie al simbolismo culturale di cui parlavamo, assiologizzano positivamente lÊalto e di conseguenza quel che vi si trova. CÊè poi lÊisotopia della difesa: a crearla concorre in primo luogo la struttura a fortezza dei cimiteri, in particolare di quel-lo italiano, alla quale si aggiunge in secondo luogo la presenza dei cannoni, strumenti di guerra, e infi-ne la posizione panoramica della cima, sottolineata chiaramente nellÊosservatorio, che è tipica caratte-ristica della posizione della vedetta. Altra isotopia presente è quella del sacrificio: notavamo infatti co-me il cimitero italiano abbia una dimensione immane, per rappresentare visivamente e percettivamen-

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te la grandezza del trauma. Inoltre le tombe dei soldati sono utilizzate come mattoni della composizio-ne, come gradini di questa scalinata, parti minuscole ma essenziali di una struttura più grossa. Questa soluzione architettonica richiama proprio il sacrificio dei soldati: anchÊessi hanno dato la loro vita per il raggiungimento di uno scopo comune. Inoltre, la pendenza del monumento chiede un piccolo sacrifi-cio anche al visitatore per percorrere lo spazio monumentale. Persino la Madonnina sembra essersi sacrificata portando ancora i segni delle sue ferite. Infine la presenza dei 14 cippi sulla via Eroica, cia-scuno con una panchina che invita alla sosta, non ci sembra casuale. Si parta col dire che la scelta dei quattordici luoghi da ricordare è puramente arbitraria: non tutti i posti qui menzionati hanno avuto uguale peso nelle sorti della guerra e altri mancano. Sembra quindi che il numero quattordici sia stato scelto a priori. Se ci rifacciamo alle due culture qua intessute in un dialogo costante, ovvero quella laica e patriottica e quella cristiana, ritroviamo il numero nel rito cattolico della via crucis di Cristo. A proposito il monumento non dice nulla di esplicito, ma se proviamo a considerarlo come una macchi-na pigra che chiede al visitatore di riempire i vuoti per trarre delle conclusioni circa il suo senso, ci sembra di rinvenire molti elementi comuni tra via Eroica e via crucis. Per prima cosa entrambe sono in salita; in secondo luogo, entrambe prevedono delle soste: le 14 panchine alle spalle dei cippi della via Eroica sembrano proprio invitare alla sosta, come nel rito della via crucis i fedeli si fermano in preghiera davanti alle 14 croci che la compongono. In terzo luogo, sui cippi è presente, insieme al nome dei luoghi di sacrificio dellÊesercito italiano e alla stella militare, una croce cristiana. Se seguiamo questo ragionamento si può dire che si instaura, quanto meno a un livello implicito, un parallelismo tra il sacrificio di Cristo e quello dei soldati: come Cristo attraverso tappe dolorose arriva a morire in croce per il bene dellÊumanità, per poi risorgere e salire in cielo, così i soldati sacrificatisi su quei mon-ti ricordati dai cippi sono morti per il bene della nazione, la quale rivolge a loro non solo la preghiera per la speranza della risurrezione (siamo infatti pur sempre in un cimitero cristiano), ma soprattutto tributa a loro la gloria e il ricordo dellÊintera nazione per gli anni a venire. Proprio per questi motivi rinveniamo anche lÊisotopia dellÊeternità. Come abbiamo appena detto, oltre alla presenza del concetto della resurrezione, non solo richiamato dalle molteplici croci, ma anche e-splicitato da una breve preghiera dÊintercessione per lÊanima dei militi italiani affissa nel santuario della Madonna, troviamo il concetto della gloria, scritto a lettere di pietra sopra le tombe dei soldati. Il ter-mine, non a caso entrato anche nel lessico cristiano, si collega non solo al campo semantico dellÊonore, ma anche a quello dellÊeternità. Ci sembra poi che la decisione di creare un simile masto-dontico monumento in pietra, visibile fin dalla valle, difficilmente deperibile e sottoposto al controllo e al mantenimento dellÊautorità statale, stia proprio ad esemplificare il desiderio del ricordo perpetuo, della continuità nel tempo della memoria in questione e dei valori ad essa delegati. Come spiega Gen-tile, „il fascismo ebbe il culto della monumentalità come espressione collettiva di una civiltà che vuole lasciare la sua impronta nella storia sfidando il tempo, conferendole per questo un significato simboli-co e sacrale‰ (2007a, p. 106). Tutte queste isotopie (ascesa, difesa, sacrificio, eternità) vengono a nostro parere utilizzate per elabora-re un discorso valoriale che fa coesistere termini semantici contrari. Prima di capire quali siano questi termini, rileviamo che si strutturano in modo molto simile al mito di Lèvi-Strauss. L'antropologo af-ferma che „lÊoggetto del mito consiste nel fornire un modello logico per risolvere una contraddizione‰ e che in esso „la ripetizione ha una funzione peculiare, che è quella di rendere manifesta la struttura del mito‰ (1964, p. 258). I miti in questione sarebbero quello della guerra benedetta da Dio e quello dellÊeroe, relativi forse non solo al monumento ma in generale allÊideologia fascista e rinvenibili pro-prio a partire da una riflessione sulle continue ripetizioni di alcune caratteristiche espressive. Compia-mo questo passaggio teorico sostenuti dall'affermazione di Lèvi-Strauss: „niente più dellÊideologia poli-tica assomiglia al pensiero mitico. Nelle nostre società contemporanee si può forse dire che la prima non ha fatto che sostituire la seconda‰ (ivi, 234-235)‰. Se poi consideriamo le tre caratteristiche che egli rinviene nel mito, troviamo corrispondenza con il linguaggio spaziale in analisi:

1) Se i miti hanno un senso non può consistere negli elementi isolati che entrano nella composi-zione, ma nella maniera in cui tali elementi sono combinati. 2) Il mito dipende dallÊordine del lin-guaggio, ne è parte integrante; tuttavia il linguaggio [⁄] manifesta proprietà specifiche. 3) Queste proprietà non possono essere cercate se non al di sotto del livello dellÊabituale espressione lingui-

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stica; in altri termini sono di natura più complessa di quelle che si incontrano in qualunque tipo di espressione linguistica (ivi, p. 236).

Il primo punto, presupposto di qualsiasi analisi strutturale, si rende evidente nel discorso sui simboli presenti nel monumento fatto pocanzi. Il secondo e il terzo punto si confermano nella difficoltà in sede dÊanalisi di capire di primo acchito il significato dei tratti espressivi. Inoltre, se torniamo alla citazione di Lèvi-Strauss relativa alla capacità delle ideologie politiche di rim-piazzare i miti, possiamo riflettere circa il carattere sacrale che i miti e le ideologie politiche sembrano condividere. ˚ infatti ormai parere condiviso che nella sfera politica, in alcune situazioni socio-politiche precise, si è andata riversando quellÊaura sacrale che secoli prima era appannaggio della sola religione e prima ancora dei miti. Questo concetto non è per niente nuovo: il primo a formularlo fu Jean-Jacques Rousseau in Contrait Sociale nel 176211, ma esso è tornato in auge a partire dallÊanalisi del 1967 di Robert Bellah sulla religione nella società americana12, la quale ha dato poi il via a una serie di studi ed analisi su diversi regimi politici novecenteschi. Proprio in questo filone si inserisce la riflessione di Emilio Gentile, il quale giunge a definire il fascismo una vera e propria religione politica secondo quanto sostenuto in Religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi (2007). Una reli-gione quindi, che in un contesto come quello italiano, ha la necessità di dialogare, o almeno di prova-re a farlo, con il grande potere della Chiesa Cattolica. Proprio in questÊottica crediamo siano stati for-mulati i due seguenti miti, che però, come vedremo, seguendo le caratteristiche tipiche della religione politica sembrano comunque voler stabilire una gerarchia tra i due assoluti che cercano di conciliare: la patria e il Dio cristiano. Il sacrario sarebbe allora uno dei luoghi sacri di questa nuova religione politica, che come tutte le reli-gioni ha bisogno dei suoi spazi di culto. A proposito, è interessante seguire il concetto di luogo sacro elaborato da Patrick Coppock (2008), visto che ci sembra di trovare nelle caratteristiche spaziali del luogo la giustificazione di quanto sostenuto finora, ovvero che il sacrario fu costruito per divenire luo-go di culto sia sulla base dei desideri del governo fascista, sia sulla base di quella aura sacrale che nei decenni successivi alla guerra si era andata creando intorno al monte, come ricordavamo nellÊintroduzione storica. Non deve stupire che si possa definire sacro un luogo dedicato alla memoria di fatti storici, anzi il fatto che luogo della memoria e luogo sacro siano fusi non è lÊeccezione, ma anzi la regola, secondo Coppock, il quale ritiene che un luogo sacro sia strettamente collegato ai processi identitari della cultura cui appartiene, salvaguardando il senso della tradizione e dellÊappartenenza. ˚ bene ricordare che lo statuto di sacralità di un luogo non è ad esso intrinseco, ma che anzi è il risultato di un processo culturale dÊinvestimento di senso ed è pertanto temporaneo, costruito e modificabile. Questo processo, secondo lÊautore, si costituisce di tre fasi: la denominazione del luogo come „sacro‰, la presenza di tracce o simboli riferentisi alla memoria del passato della società e il distacco dallo spa-zio quotidiano e dalla vita comune che permette un allontanamento dal profano. Se consideriamo le plurime descrizioni del Grappa come Âmonte sacroÊ, lo stesso termine ÂsacrarioÊ, la sua costituzione in Zona Monumentale nel 1922 possiamo ritenere soddisfatto il primo requisito, mentre la presenza di molteplici tracce della guerra (prime fra tutte le salme dei soldati) e la breve strada pedonale di acces-so al sacrario soddisfano rispettivamente il secondo e il terzo. Osserviamo allora che Cima Grappa possiede tutte e tre le caratteristiche tracciate da Coppock e questo equiparerebbe il suo statuto di sa-cralità, a tutti gli effetti, agli altri luoghi sacri della collettività, religiosi e non. Come anticipavamo nellÊintroduzione storica, qualsiasi nazione entrata in guerra nel 1914 credeva di avere la benedizione di Dio. Nel caso del Grappa la convinzione aumentò per la presenza della Ma-donnina sulla cima, che sembrava vegliare sui soldati e che si trovava proprio presso il punto di con-trollo italiano del Grappa. Quando cadde a causa di una granata nemica le autorità militari sfruttarono la credenza popolare che voleva vedere nellÊevento lÊappoggio delle divinità cristiane, sapendo che avrebbe portato voglia di vendetta e alzato il morale degli italiani. Questo è solo uno degli esempi che

11 Il concetto si trova nel capitolo V, pp. 221 – 235, di Jean-Jacques Rousseau, „Il contratto sociale‰, Feltrinelli, Milano 2003, trad. it.: „Du contrait sociale, ou principes su droit politique‰, 1762. 12 Robert N. Bellah, „La religione civile in America‰, Ed. Morcelliana, Brescia 1975; trad. it: „Civil religion in America‰, Deadalus, 1967.

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dimostrano come il popolo italiano si sentisse affiancato in questa guerra da Dio, in quanto convinto di essere sceso in campo per una giusta causa, sentimento che il nazionalismo dei primi anni Ê10 aveva fomentato. Il regime fascista non fece altro che soffiare sul fuoco dello spirito patriottico e la patria di-venne il valore supremo in nome del quale tutto era lecito: il cambiamento monumentale delle città, lÊeducazione delle nuove generazioni, i sacrifici economici e ovviamente anche la morte in guerra. Tuttavia, nei primi anni di governo, il fascismo si guardò bene dallÊopporre la propria entità sacra, lo Stato fascista stesso, al Dio cristiano. Anzi, nellÊottica di un comune interesse, Chiesa e Stato convissero per alcuni anni pacificamente. Dice Gentile:

La conciliazione tra Chiesa e regime era avvenuta [⁄] nella reciproca convinzione di essere alleati in una comune crociata contro la modernità perversa che aveva avuto origine dalla rivoluzione francese. Tale convinzione, tuttavia, poggiava sullÊequivoco di una reciproca strumentalizzazione: la Chiesa, pensando di avvalersi del regime fascista per riconquistare la sua totale egemonia sulla società; il regime fascista, pensando di avvalersi della Chiesa per consolidare nella medesima so-cietà il dominio della sua organizzazione (2007a, p. 138).

In questo discorso complessivo, come fu semplice benedire lÊaggressione in Etiopia „come una crocia-ta missionaria per lÊespansione del cattolicesimo‰(ibidem), altrettanto semplice fu guardare alla vittoria nel primo conflitto mondiale come il segno dellÊappoggio divino allo stato Italiano. Crediamo allora che la creazione del mito della guerra, e poi della nazione benedetta da Dio, sia servita a conciliare due assoluti, due istanze supreme che logicamente si escluderebbero a vicenda: la Patria e Dio. Nel linguaggio del sacrario questo si traduce nella proiezione del martirio di Cristo sul sacrificio dei soldati, come spiegavamo in precedenza. In secondo luogo nella compresenza ossessiva del simbolo divino e del simbolo militare, la croce e la stella a cinque punte. In terzo luogo in quella immagine suggestiva, creata dalla parola „gloria‰ posta proprio sotto la croce del santuario, nella quale è difficile distinguere il limite tra la gloria laica e la resurrezione cristiana. Eppure, quellÊultimo simbolo patrio, quel portale regalato dalla città di Roma e posto nel punto più alto di tutto il monumento, se relazio-nato alla posizione mediana del santuario, lascia intuire, anche se a un livello più implicito, che una gerarchia tra i due assoluti è stata creata: la Patria, al primo posto, e Dio al di sotto. Secondo Belli (2007), questo è uno degli elementi comuni a tutti i sacrari fascisti della seconda metà degli anni Tren-ta, ed infondo è in linea con quella visione strumentale della religione cattolica di cui parlava Gentile. Belli afferma, infatti, parlando della struttura comune alle diverse architetture realizzate:

Il regime cerca di non offuscare i simboli religiosi, dalla croce alla via sacra, utilizzandoli piuttosto per assimilare il sacrificio del combattente a quello di Cristo. Accanto a tali segni tuttavia giganteg-giano fasci littori e parole del regime (ivi, p. 385).

Strettamente legato a questo mito è il mito dellÊeroe: figura dellÊuomo che assurge a semidio dopo es-sere morto con coraggio e secondo i valori che la società impone. La ricompensa dopo la morte per il sacrificio in terra concilia la contraddittorietà insita nella considerazione del valore della vita umana del soldato. Da una parte infatti la nazione richiede al soldato di diventare un numero tra le proprie fila e di annullare la propria individualità per essere parte di un grande soggetto collettivo. Dimostra così di considerare la sua vita secondo quello che possiamo definire, utilizzando in modo non ortodos-so le categorie di Jean-Marie Floch (1990), un valore dÊuso. DÊaltra parte assicura però la ricompensa della gloria, e nel caso del sacrario anche quella della memoria, restituendo alla vita del singolo il va-lore esistenziale che gli era stato negato. Una valorizzazione pratica e una utopica della vita che si con-ciliano nel mito dellÊeroe. Mito che si esprime nel sacrario ancora una volta nel parallelismo tra Cristo e i soldati e poi nella cre-azione di uno spazio totalmente esterno e aperto che ponga bene in risalto quegli unici spazi chiusi e inaccessibili: le tombe. Spazi inviolabili, nominali e disposti in ordine alfabetico, perché gli eroi stanno tutti allo stesso livello, che si tratti di medaglie dÊoro, fanti semplici o tenenti. Il processo della nomina-zione restituisce al milite anche una dimensione privata e individuale che di fatto si oppone alla consi-derazione utilitaria della vita, tipica dellÊesercito. ˚ chiaro poi che questo mito si fonde con lÊaltro: proprio perché la guerra è stata combattuta per quei valori, la Patria e Dio, il soldato può ambire nello stesso tempo alla gloria e alla resurrezione, diventare eroe e santo. LÊorrore della guerra, quello che

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avrebbe potuto „suscitare sentimentalismi‰ (Fiore 2007, p. 361), viene negato e sostituito dallÊimmagine della guerra come redenzione e via dÊaccesso alla vita eterna dopo la morte. Come riassume Belli, „il Regime traduce la pietas funeraria nel mito della guerra, evento sacrificale e purificatore, espressione della volontà di un popolo che aspira ad un bene comune e supremo‰ (2007, p. 385). In entrambe i miti ci sembra allora che il regime tenda a recuperare molte delle immagini e delle idee tipiche del cristianesimo per fonderle, e inevitabilmente modificarle, insieme a figure e valori tipica-mente fascisti, come la patria, la guerra, lÊeroe, il sacrificio. Esattamente come nellÊanalisi del piano dellÊespressione avevamo notato la compresenza di alcuni simboli e spazi religiosi e laici, così a livello del contenuto valori della religione politica e della religione cristiana si mischiano. Non ci sembra az-zardata la nostra riflessione, se consideriamo quanto dice Emilio Gentile:

Rispetto alle religioni tradizionali, le religioni della politica risultano essere: a) mimetiche, perché, consapevolmente e/o inconsapevolmente, derivano dalle religioni tradiziona-li dominanti le modalità di elaborazione e di rappresentazione del loro sistema di credenze e di miti, la definizione della loro dogmatica e della loro etica, la struttura delle loro liturgie; b) sincretiche, perché incorporano tradizioni, miti e riti delle religioni storiche, trasformandoli e adattandoli al proprio universo mitico e simbolico (2007b, 210).

6. La visita al sacrario oggi: nuovi usi, riscritture e risemantizzazioni6. La visita al sacrario oggi: nuovi usi, riscritture e risemantizzazioni6. La visita al sacrario oggi: nuovi usi, riscritture e risemantizzazioni6. La visita al sacrario oggi: nuovi usi, riscritture e risemantizzazioni

Quello che abbiamo finora descritto è il grosso corpo del sacrario disegnato e costruito nel 1935 su volontà del governo fascista. Forse non si è ancora sottolineato a sufficienza che con questo grosso monumento si costituì un sistema tra diverse strutture spaziali, in modo che esse potessero dialogare e tramandare la memoria loro delegata. Il sacrario infatti univa non solo i due cimiteri e la cappellina della Madonna, ma anche un piccolo museo e un punto dÊosservazione nel portale di Roma, la galle-ria Vittorio Emanuele III e i cunicoli del precedente ossario ipogeo. LÊintervento si configurò quindi come una macro enunciazione di spazi vecchi e nuovi collegati in modo coerente, secondo una preci-sa ideologia, a formare un discorso coeso. Con il passare del tempo però lo spazio circostante il sacra-rio viene modificato in molti modi e da molti attori, tanto che ora quella struttura connettiva non comprenderebbe più tutti gli spazi esistenti e non sarebbe più nemmeno del tutto percorribile. Innan-zitutto dopo la caduta del regime fascista si è provveduto ad eliminare i fasci littori presenti sul luogo, quasi che lÊopera di defascistizzazione del grosso monumento si potesse completare con questo piccolo simbolico gesto. In seguito il museo ospitato al primo piano del portale è stato spostato nella caserma Milano, struttura risalente alla guerra e adiacente lÊentrata della galleria, più ampia e quindi più ca-piente, nonché dotata di una piccola sala proiezioni. Il museo quindi si stacca dal sacrario, non solo fisicamente, ma anche perché essendo ora una struttura a sé stante segue orari di apertura e chiusura che lo rendono molto meno accessibile del sacrario stesso. Il grosso monumento infatti è sempre aper-to e visitabile tutti i giorni dellÊanno, tranne quando è coperto dalla neve, mentre il museo, e con esso la sala proiezioni e la galleria, aprono per quattro – cinque ore solo nei giorni feriali e quindi non du-rante quelli che è logico pensare siano i periodi di maggiore afflusso di visitatori, come i sabati, le do-meniche e le festività. Per quanto riguarda poi la galleria essa è ora visitabile solo in parte e il cimitero ipogeo è chiuso al pubblico a causa delle instabili condizioni della roccia. Come dicevamo, nel corso degli anni non è stato modificato soltanto il sacrario, ma anche lo spazio circostante. Innanzitutto, il monte Grappa è stato teatro di uno degli episodi più sanguinosi della Resi-stenza italiana, visto che nel Settembre 1944 un terribile rastrellamento nazi-fascista ha ucciso centinaia di partigiani asserragliati sul monte. A guerra conclusa, „apparve subito chiaro che non sarebbe stato facile inserire armoniosamente la Resistenza nel contesto simbolico dellÊOssario di Cima Grappa, vo-luto dal Duce [⁄]. Occorreva perlomeno espungere dalla rappresentazione della resistenza lÊaspetto relativo alla guerra civile [⁄]‰ (Vanzetto-Manesso 2001, p. 41). Solo nel 1974 si inaugurò su cima Grappa un piccolo monumento alla Resistenza, costruito nel tentativo di dialogare, anche a livello pla-stico, con il grosso sacrario. Il monumento si trova giusto al di sotto della zona monumentale, è rag-giungibile a piedi e il suo attraversamento richiederebbe soltanto qualche minuto. Tuttavia nella zona monumentale e dentro al museo non si trovano cartelli o indicazioni che invitino il visitatore a rag-

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giungerlo e nemmeno che ricordino gli avvenimenti della Resistenza. Il monumento fu creato intorno a una grotta dove morirono alcuni partigiani e come il grosso sacrario si presenta come un percorso a cielo aperto diviso in alcuni sottospazi. Per esso valgono le considerazioni fatte prima per il sacrario: funziona come un segno indicale, vista la contiguità spaziale e la decisione di conservare la grotta, e nello stesso tempo come un segno simbolico, essendo un monumento realizzato ex novo. Sarebbe interessante a questo proposito sviluppare unÊanalisi comparativa tra i due monumenti in modo da capire i punti di contatto e le eventuali differenze, anche per cercare una motivazione al diverso risalto dato ai due luoghi, prima di tutto dalle scelte dei gestori della zona monumentale che non invitano alla visita del monumento alla Resistenza e che nemmeno hanno ritenuto necessario inserire informa-zioni a riguardo tramite pannelli o specifiche sezioni del museo. UnÊaltra modifica apportata al luogo negli ultimi decenni è stata la costruzione di un grosso piazzale-parcheggio alle spalle del Rifugio Bassano, a sua volta ampliato e oggi sede anche della Casa Armata del Grappa. Il piazzale è collegato al sacrario da una grossa scalinata che si conclude allÊaltezza del portale di Roma. Nel parcheggio il visitatore trova un piccolo pannello con una brevissima introdu-zione storica al luogo, che arriva fino agli anni del fascismo, scritto nelle quattro lingue degli eserciti che combatterono sul Grappa e un grosso insieme di cartelli ai piedi della scala. Scopo dei cartelli è chiedere al visitatore di mantenere un certo contegno durante la visita, proibire alcune azioni, ricor-dargli „che coloro che qui riposano si sono sacrificati anche per te‰ e collocarlo nello spazio grazie ad una mappa bidimensionale. AllÊimmagine di ciascun luogo sulla mappa è correlato un numero che corrisponde allÊordine suggerito per la visita. Se giustamente lÊitinerario viene fatto cominciare dal mu-seo della caserma Milano e dalla galleria, tuttavia poi si suggerisce di tornare al parcheggio, prendere la scala per il sacrario, visitare le postazioni per le mitragliatrici, sbocchi della galleria poste sotto il sacrario, e poi iniziare la visita partendo dal cimitero austro-ungarico e terminando allÊossario italiano. Come dicevamo, nella mappa non compare il monumento alla Resistenza situato pochi metri sotto la piazza della Caserma Milano. Nelle nostre osservazioni sul luogo abbiamo notato che molti visitatori effettuano il percorso proprio in questo modo. Come abbiamo visto però il sacrario è stato pensato per essere percorso in un solo modo: dal basso allÊalto, dalle colonne dÊingresso al cimitero austro-ungarico e si può quindi facilmente immaginare la difficoltà del fruitore che visiti il sacrario al contra-rio a comprenderne il messaggio. Accanto a queste strutture più grosse si è sviluppato nel corso degli anni un apparato di sei testi paralleli: i cippi. Alcuni riportano la data del loro posizionamento, altri no. Due stanno nella piazza antistante la galleria e il museo, uno di fianco alla via Eroica, gli altri lun-go la scalinata di collegamento al parcheggio. I cippi differiscono per data di collocazione (dal 1952 al 2005), foggia e materiali; sono stati posti da enti e soggetti diversi, ma tutti sembrano volere assolvere a una funzione, ovvero a quella di integrare qualche elemento alla narrazione dominante elaborata dal sacrario. Risulta forse chiaro solo ora come il luogo sia profondamente diverso rispetto a come appariva nel 1935. Una nutrita congerie di testi spaziali vecchi e nuovi si affastella in una superficie tutto sommato ristretta, portando a una stratificazione piuttosto complessa di saperi e soprattutto di memorie. Tanto più complessa se si considera che le indicazioni di percorso fornite dallÊente gestore portano il fruitore a compiere un percorso sbagliato e che le scarne informazioni sulla storia del monte e della sua cima si trovano nel museo e riguardano soltanto gli anni di guerra e le vicende di costruzione del sacrario. Se infatti durante la visita a cima Grappa il visitatore sentisse lÊesigenza di ricevere informazioni ag-giuntive sulla storia del luogo resterebbe insoddisfatto, visto che non esiste nessun punto in tutta lÊarea che assolva pienamente a queste esigenze. Fatta in parte eccezione per un piccolo opuscolo del Mini-stero della Difesa, che è possibile prendere gratuitamente nel museo e che nasce come supporto utile al visitatore per percorrere lÊarea, visto che è tranquillamente fruibile anche in movimento. Questo che potrebbe essere considerato uno degli strumenti più utili di lettura del luogo esclude però alcune componenti dellÊarea (si occupa solo delle strutture di guerra e del sacrario) ed è a disposizione soltan-to del visitatore che entri nel museo, quindi a seconda degli esigui orari dÊapertura della struttura. Alcune considerazioni di Violi, scritte in occasione di unÊanalisi museale, ci sembrano estremamente calzanti per parlare non solo del sacrario, ma di tutta la zona monumentale del Grappa. Scrive:

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LÊassenza di un adeguato apparato interpretativo rende il museo sprovvisto di quellÊintertesto interpretativo che solo può rendere un museo intellegibile in chiave storica e geopolitica: ciò che manca [⁄] è un vero e proprio dispositivo di mediazione semiotica e culturale. Senza tale sistema di traduzione semiotica, lo spettatore può solo avere un accesso diretto e immediato, di tipo impressionistico ed estesico, al luogo e ai materiali esposti, un accesso più basato sullÊesperienza sensoriale che su quella cognitiva (Violi 2010, p. 34).

Se però nel museo analizzato dallÊautrice il primato dellÊesperienza estesica e sensoriale del visitatore su quella cognitiva è lÊeffetto di una precisa strategia dÊallestimento, lo stesso non si può dire della ci-ma. Le strutture qui presenti non possono infatti essere ascritte a quella recente tipologia di musei e luoghi del trauma che pone il visitatore con il suo corpo e le sue emozioni al centro del meccanismo di scambio del senso, giocando non tanto sul sapere, ma sul sentire. Tutto ciò non è rintracciabile nel luogo in esame e con questo non intendiamo dire che il coinvolgimento senso-motorio del visitatore non sia essenziale, cosa che nel caso degli spazi è infatti necessaria, ma semplicemente che il luogo non è in grado di lavorare tanto a fondo sulla componente estesica e patemica del visitatore. Quello che può trarre in inganno e far pensare che anche il monumento studiato si possa ascrivere a questa tipologia di luoghi „emozionali‰ è lÊassenza di una vera e propria modalizzazione del fruitore secondo il sapere. Ma il semplice fatto che al visitatore non si fornisca una competenza cognitiva ade-guata non significa che allora gliene si fornisca una patemica-estesica. Il sacrario lavora infatti su en-trambe i livelli, ma in grado molto basso. Per esempio, durante il percorso il visitatore ha modo di acquisire qualche informazione: lÊanno di costruzione e il governo regnante, i nomi e i gradi militari delle vittime, i nomi dei monti più importanti delle battaglie sul massiccio, la conformazione morfolo-gica-geografica dei luoghi circostanti il massiccio. Parallelamente attraverso una stimolazione sensoriale legata ai colori, alla fatica fisica, alla carica emotiva collegata alla presenza delle salme dei soldati, il sacrario influisce anche sullo stato estesico-patemico del fruitore. Tuttavia ciò non influisce in modo completo ed esaustivo né sulla sua competenza cognitiva né su quella patemica tanto da poter dire che alla fine della visita il fruitore lasci lÊarea con un sapere articolato ed esaustivo, che prima non posse-deva, o con il ricordo di un esperienza fisico-emotiva forte o sconvolgente. Ciò che rischia di essere di ancora più difficile interpretazione rispetto al singolo monumento è il rap-porto che si crea tra di esso e gli altri. Può essere infatti complesso per il fruitore passare da una strut-tura allÊaltra senza che nessun dispositivo lo aiuti né nella lettura del singolo luogo né nella sua corre-lazione agli altri. Una difficoltà comune a tutti, anche ai più informati, conseguenza del fatto che ogni singola struttura funziona in modo diverso. Ogni punto del sistema richiede unÊoperazione interpreta-tiva nuova: in ogni luogo il visitatore deve intuire la differente regola di correlazione tra espressione e contenuto, il codice utilizzato, per poter afferrare un qualche barlume di senso. Dato che queste diffe-renze di codice tra i luoghi sono conseguenza non tanto delle diverse funzioni, ma più che altro dei diversi tempi di realizzazione e dei diversi enunciatori esse non sono cancellabili, ma anzi sono ciò che rende la cima tanto interessante. Manca, in sostanza, una nuova macro-enunciazione in grado di crea-re un discorso unitario che colleghi i diversi spazi esistenti, in modo da renderli un corpo omogeneo e intellegibile e non una congerie spezzata di architetture compresenti. Anche perché molte delle strut-ture costruite nellÊarea sono nate proprio per sopperire alle mancanze delle altre, per integrare pezzi di storia dimenticati dalle precedenti architetture, per renderle più esaustive o più comprensibili. Manca uno spazio di acquisizione di competenza. Manca forse anche una vera e propria comprensione, da parte del Commissariato per le Onoranze ai Caduti in Guerra, delle modalità di funzionamento e di significazione del sacrario stesso, visto che viene suggerita una visita al contrario. É inevitabile che queste profonde mancanze abbiano ripercussioni negative sulle potenzialità di significazione del sacra-rio avvicinandolo inesorabilmente al rischio della totale desemantizzazione.

7. Conclusioni7. Conclusioni7. Conclusioni7. Conclusioni

Se prendiamo in considerazione il grosso sacrario fascista, possiamo dire che esso rappresenta ciò che Lotman definirebbe unÊautodescrizione (2006, p. 152) della cultura nazionale italiana dellÊepoca, la quale utilizza il linguaggio spaziale. Linguaggio che, come è semplice comprendere ora al termine

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dellÊanalisi, è una semiotica vera e propria: „parla dÊaltro da sé, parla della società, è uno dei modi principali con cui la società si rappresenta, si dà a vedere come realtà significante‰ (Marrone 2001, p. 292). Se poi consideriamo la definizione lotmaniana di cultura, secondo la quale essa è lÊinsieme dellÊinformazione non ereditaria e dei mezzi per la sua organizzazione e trasmissione (Lotman-Uspenskij 1975, p. 30), possiamo vedere il sacrario come il mezzo per la trasmissione di una certa in-formazione, organizzata e valorizzata seguendo i dettami di una precisa ideologia. UnÊideologia che ha inscritto nel luogo due dei suoi miti caratterizzanti e che ha creato una struttura spaziale tanto impo-nente quanto era fondamentale allora esaltare la memoria ad essa delegata. Attualmente, come abbiamo visto, il sacrario è circondato da strutture che, nate per intrattenere un dialogo con esso, tuttavia difficilmente riescono a portarlo a termine o quanto meno a risultare signifi-canti per il fruitore, generalmente sprovvisto delle competenze necessarie allÊinterpretazione. LÊincomprensione dei meccanismi di funzionamento del luogo da parte di chi lo gestisce, la difficile accessibilità del museo (visti i suoi orari di apertura), la selezione delle informazioni da esso organizza-te (in un modo tra lÊaltro piuttosto confuso), nonché lÊassenza di un intervento sistematico sul luogo ci portano a prendere atto di un moto di disinteresse da parte dellÊistituzione gerente. Questo disinteresse verso possibili modifiche o miglioramenti del luogo significa per noi, in sostanza, due cose: da una parte, una continua adesione seppur meno calorosa ai valori che il sacrario elabora. Si consideri infatti che le varie strutture spaziali circostanti il sacrario, che cercano di modificare o di integrare la narra-zione principale, di fatto non riescono, o non vogliono, offuscarne lÊimportanza o sottoporre dubbi circa la gerarchia delle memorie e dei valori da esso portata avanti. Con la conseguenza che la figura quasi religiosa della patria e lÊonore da tributare agli eroi sono i valori tuttora elaborati dal luogo. DÊaltra parte, lÊassenza di modifiche al luogo ci porta a prendere atto della scarsa importanza che la memoria ad esso delegata assume oggi nel contesto identitario nazionale. Lo stesso mito del monte Grappa è quasi dimenticato, se non sconosciuto alle generazioni più giovani, forse perché rimpiazzato da nuove narrazioni e nuove immagini che svolgono il ruolo che esso svolgeva nel secolo scorso. ˚ chiaro però che questo dovrebbe portarci ad interrogarci quantomeno sulla necessità di vegliare sulla sopravvivenza della memoria dei fatti della Prima guerra mondiale. Essendo infatti trascorso un lasso di tempo che ha trasformato quella che qualche decennio fa era ancora una memoria diretta in me-moria indiretta, e quindi storica, culturale, è massimamente importante salvaguardare i supporti e i luoghi che la trasmettono, visto che anchÊessa si trova ora in balia dei meccanismi di selezione tipici delle culture, attraversate „da differenze interne e da processi costanti di organizzazione e di riorganiz-zazione, che per esempio forzano vecchie tradizioni o esigono nuove memorie‰ [Demaria 2006, p.35].

pubblicato in rete il 30 novembre 2012

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