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Emilia De Simoni, “Le mani... le feste. Sguardi e riflessioni sul Molise”, VOCI, n. doppio,...

Date post: 24-Feb-2023
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LE MANI… LE FESTE SGUARDI E RIFLESSIONI SUL MOLISE EMILIA DE SIMONI In verità, sono pochi coloro che sanno dell'esistenza di un piccolo cervello in ciascuna delle dita della mano, in qualche punto tra falange, falangina e falangetta. Quell'altro organo che chiamiamo cervello, quello con cui veniamo al mondo, quello che trasportiamo nel cranio e che trasporta noi affinché noi trasportiamo lui, non è mai riuscito a produrre altro che intenzioni vaghe, generiche, diffuse, e soprattutto poco variate, riguardo a ciò che le mani e le dita dovranno fare. José Saramago, La caverna, 2000 Ricorro al visionario sfondo di José Saramago, al suo suggestivo elogio delle mani, per introdurre questo percorso di immagini sul Molise, percorso che ha, come tema centrale, l’uso delle mani nelle feste, operoso e devozionale, sui corpi e sulle cose. Non soltanto mani che agiscono, ma anche mani venerate, agite dai gesti umani. Si potrebbe parlare di una sorta di handling della festa (utilizzando un termine che, nell’accezione di Donald W. Winnicot 1 , definisce il maneggiamento amorevole ed empatico nel rapporto madre-bambino), un handling di elementi significativi per la costruzione, la rappresentazione e l’espressione delle emozioni nel rapporto comunità-festa. Un maneggiamento dunque di oggetti culturali, appreso e rinnovato - nelle caratteristiche e nella creatività dell’individuo in quanto parte del gruppo - come manifestazione di quella intelligenza sociale 2 ben espressa dall’agire delle mani. Nel romanzo La caverna 3 Saramago sottolinea la differenza tra il vasaio Cipriano e l’umanità alienata del Centro 4 , luogo emblematico dell’omologazione e della mercificazione, e si sofferma ampiamente nel descrivere l’utilizzo sapiente e creativo delle mani: “Per ore e ore [...] il vasaio fece e disfece e rifece statuine di infermiere e di mandarini, di buffoni e di assiri, [...] che acquistavano poi forma e senso a mano a mano che le dita cominciarono a interpretare per conto proprio e in accordo con le proprie leggi le istruzioni che arrivavano loro dalla testa” 5 . 1 Donald W. Winnicot , Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 1970. Con il concetto di handling Winnicot sottolinea come l’esperienza del toccare e dell'essere toccati, nella relazione madre-bambino, sia fondamentale per la costruzione e lo sviluppo del sé. 2 Cfr.: Daniel Goleman, Intelligenza sociale, Rizzoli, Milano, 2006. 3 José Saramago, La caverna, Einaudi, Torino 2004 (I ed. 2000). 4 Il vasaio Cipriano Algor produce nella sua fornace oggetti da vendere al Centro, una struttura organizzata e isolata che si trova nella città. Nel Centro la gente abita, lavora, consuma, vive l'intera vita e muore. Il centro commerciale dunque come abnorme spazio di strumentalizzazione dell'essere umano, tanto vasto da essere percepito da Cipriano come più grande della città stessa che lo contiene. 5 José Saramago, op.cit., pag. 73.
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LE MANI… LE FESTE

SGUARDI E RIFLESSIONI SUL MOLISE

EMILIA DE SIMONI

In verità, sono pochi coloro che sanno dell'esistenza di un piccolo cervello in ciascuna delle dita della mano,

in qualche punto tra falange, falangina e falangetta. Quell'altro organo che chiamiamo cervello, quello con

cui veniamo al mondo, quello che trasportiamo nel cranio e che trasporta noi affinché noi trasportiamo lui,

non è mai riuscito a produrre altro che intenzioni vaghe, generiche, diffuse, e soprattutto poco variate,

riguardo a ciò che le mani e le dita dovranno fare.

José Saramago, La caverna, 2000

Ricorro al visionario sfondo di José Saramago, al suo suggestivo elogio delle mani, per

introdurre questo percorso di immagini sul Molise, percorso che ha, come tema centrale, l’uso delle

mani nelle feste, operoso e devozionale, sui corpi e sulle cose. Non soltanto mani che agiscono, ma

anche mani venerate, agite dai gesti umani. Si potrebbe parlare di una sorta di handling della festa

(utilizzando un termine che, nell’accezione di Donald W. Winnicot1, definisce il maneggiamento

amorevole ed empatico nel rapporto madre-bambino), un handling di elementi significativi per la

costruzione, la rappresentazione e l’espressione delle emozioni nel rapporto comunità-festa. Un

maneggiamento dunque di oggetti culturali, appreso e rinnovato - nelle caratteristiche e nella

creatività dell’individuo in quanto parte del gruppo - come manifestazione di quella intelligenza

sociale2 ben espressa dall’agire delle mani.

Nel romanzo La caverna3 Saramago sottolinea la differenza tra il vasaio Cipriano e l’umanità

alienata del Centro4, luogo emblematico dell’omologazione e della mercificazione, e si sofferma

ampiamente nel descrivere l’utilizzo sapiente e creativo delle mani: “Per ore e ore [...] il vasaio fece

e disfece e rifece statuine di infermiere e di mandarini, di buffoni e di assiri, [...] che acquistavano

poi forma e senso a mano a mano che le dita cominciarono a interpretare per conto proprio e in

accordo con le proprie leggi le istruzioni che arrivavano loro dalla testa”5.

1 Donald W. Winnicot , Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 1970. Con il concetto di handling Winnicot

sottolinea come l’esperienza del toccare e dell'essere toccati, nella relazione madre-bambino, sia fondamentale per la

costruzione e lo sviluppo del sé. 2 Cfr.: Daniel Goleman, Intelligenza sociale, Rizzoli, Milano, 2006.

3 José Saramago, La caverna, Einaudi, Torino 2004 (I ed. 2000).

4 Il vasaio Cipriano Algor produce nella sua fornace oggetti da vendere al Centro, una struttura organizzata e isolata che

si trova nella città. Nel Centro la gente abita, lavora, consuma, vive l'intera vita e muore. Il centro commerciale dunque

come abnorme spazio di strumentalizzazione dell'essere umano, tanto vasto da essere percepito da Cipriano come più

grande della città stessa che lo contiene. 5 José Saramago, op.cit., pag. 73.

Mani intelligenti

L’uomo non è dotato di una saggezza maggiore di quella di altri esseri […] l’uomo è incorso in una sorte

migliore avendo avuto il dono della mano

Giordano Bruno, De monade, numero et figura, 1590

Il neurofisiologo Giacomo Rizzolatti e il filosofo Corrado Sinigaglia, nel loro libro So quel

che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, dimostrano come dalla nostra abilità manuale nel

maneggiare oggetti e comunicare attraverso i gesti dipenda una buona parte della “cognizione”

umana: “È in questi atti, in quanto atti e non meri movimenti, che prende corpo la nostra esperienza

dell’ambiente che ci circonda e che le cose assumono per noi immediatamente significato”6.

La scoperta dei neuroni specchio7 (mirror neurons) ad opera di Rizzolatti e dei suoi

collaboratori all’Università di Parma, a metà del 1990, apre indubbiamente nuove ipotesi di ricerca

che possono influire su ambiti disciplinari diversi, ad esempio la psicologia e la linguistica, ma

anche l’antropologia. Secondo Rizzolatti i neuroni specchio dimostrano che il riconoscimento degli

altri, delle loro azioni e delle loro intenzioni dipende dal nostro patrimonio motorio.

La capacità di agire come soggetti individuali ma anche, e soprattutto, sociali è direttamente

correlata al sistema dei neuroni specchio. All’attivazione di specifici circuiti specchio corrispondono

diverse forme di imitazione, apprendimento, comunicazione gestuale e verbale. Questi circuiti

determinano inoltre la possibilità di cogliere le reazioni emotive degli altri, hanno dunque

implicazioni relazionali: “Ciò dimostra quanto radicato e profondo sia il legame che ci unisce agli

altri, ovvero quanto bizzarro sia concepire un io senza un noi”8.

In questa prospettiva la suggestiva narrazione di Saramago sembra risuonare come una

formulazione letteraria dei risultati delle neuroscienze: la rinvenuta intelligenza delle mani viene

rappresentata, nel romanzo, dalla figura di Cipriano Algor, l’ultimo vasaio. Queste considerazioni ci

ricollegano a certe profetiche intuizioni di Pier Paolo Pasolini: nel 1963, quando gli viene proposta la

realizzazione di un film sugli eventi dell'ultimo decennio (La rabbia), Pasolini afferma che in

quest'opera vorrebbe esprimere “l'idea di una nuova preistoria [...] il mondo borghese, il mondo della

tecnologia, il mondo neocapitalistico va verso una nuova preistoria. […] Quando il mondo classico

6 Giacomo Rizzolatti e Corrado Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello

Cortina, Milano, 2006, pag. 3. 7 Si intende con il termine neurone il tipo cellulare che, con le cellule gliali, costituisce il sistema nervoso. Il neurone

specchio è un particolare tipo di neurone che si attiva nel compiere un'azione o nell'osservare un'azione compiuta da

altri. I neuroni specchio, nell'uomo, si trovano nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore del cervello. 8 Giacomo Rizzolatti e Corrado Sinigaglia, op. cit., pag. 4.

sarà esaurito, quando saranno morti tutti i contadini e tutti gli artigiani, quando l'industria avrà reso

inarrestabile il ciclo della produzione, allora la nostra storia sarà finita”9.

Il saper fare con le mani, sopraffatto dall’industrializzazione e dalla tecnologia, in generale

dalla sempre maggiore tendenza a un risparmio del corpo “poietico”, sembra riacquistare dignità per

merito delle neuroscienze che, con le loro teorie, prospettano una soluzione al dualismo cartesiano

tra res cogitans e res extensa, tormento del mondo occidentale. L’uso della mano modella il cervello,

di conseguenza il linguaggio e la cultura, dunque la manualità ha anche un valore “intellettuale”.

Ovviamente, come spiega il neuroscienziato Vittorio Gallese: “I neuroni specchio non spiegano e

non possono spiegare tutto. […] Non possiamo ridurre ontologicamente il libero arbitrio ai

costituenti sub-personali dell'individuo.”10

Possiamo tuttavia tener conto, osservando determinate

fasi di eventi d’interesse antropologico, del valore comunicativo e relazionale di azioni dipendenti

dal sistema mirror, per la funzione che esercita nella costruzione del senso di identità sociale.

Così Saramago descrive l’origine dell’uomo: “Si narra che anticamente ci fu un dio che

decise di modellare un uomo con l'argilla della terra che prima aveva creato […] Alcuni spiriti

contumaci e negativi insegnano a denti stretti […] che, dopo quell'atto creativo supremo, il famoso

dio non tornò mai più a dedicarsi alle arti della ceramica, una maniera contorta di denunciarlo per

avere, semplicemente, smesso di lavorare”11

. In un certo senso oggi l’uomo, almeno l’uomo

tecnologico, al pari del dio creatore, sembra semplicemente aver “smesso di lavorare”, con il rischio

che l’umiliazione della manualità si accompagni a una umiliazione del cervello e a un maggiore

distacco tra noi e il mondo, ma anche tra noi e gli altri.

Sequenze di mani

Sul tombolo il merletto fiorisce per una specie di sortilegio, per questo moto musicale aereo delle dita e il

sorriso savio delle bocche mute.

Francesco Jovine, Viaggio nel Molise, 1968

Le immagini che seguono12

, selezionate da un fondo relativo a 30 feste documentate in varie

località del Molise, vengono proposte come un esempio di handling, di corpi e oggetti, finalizzato

alla preparazione e alla rappresentazione della festa. Nell’osservare queste mani, operose e devote, si

potrebbe dire che è la festa stessa ad essere manipolata e curata, in una sorta di rassicurazione

9 Angela Molteni e Massimiliano Valente, Pier Paolo Pasolini. L'ideologia, consultabile in:

http://www.pasolini.net/ideologia04.htm. 10

Felice Cimatti, Nei neuroni-specchio il riflesso sociale della natura umana, intervista a Vittorio Gallese, “Il

manifesto”, 22 giugno 2005. 11

José Saramago, op. cit., pag. 170. 12

Le fotografie originali, a colori, scattate con FUJIFILM FinePix S5500, vengono qui riprodotte in bianco e nero per

esigenze editoriali.

reciproca tra la comunità che agisce e la tradizione, accudita come creatura propria, in quanto

strumento di riconferma e di rinnovamento. La dimensione della festa diviene quindi spazio di

valorizzazione del sé, individuale, nella creatività e nella interpretazione, e collettivo,

nell’espressione di gesti e azioni appartenenti a un sistema culturale condiviso.

Le fotografie sono state realizzate nell’ambito di una indagine di etnografia visiva sui beni

etnoantropologici del Molise, avviata nel 2005 sulla base di un accordo tra la Direzione Regionale

per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise e il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari.

L’obiettivo delle due istituzioni - la prima rappresentata da Ruggero Martines sino alla fine del 2006

e attualmente da Francesco Scoppola, la seconda da Stefania Massari - è la verifica, sul territorio,

delle tradizioni festive delle diverse realtà locali, per la conoscenza e la valorizzazione del

patrimonio etnoantropologico molisano, in particolare attraverso la documentazione fotografica e

filmica.

Nel corso della ricerca, che ho condotto con la collaborazione di Donato D'Alessandro,

fotografo e operatore della Soprintendenza per i Beni Architettonici del Molise, sono stati presi in

esame, da maggio 2005 a dicembre 2006, i seguenti eventi:

Acquaviva d'Isernia - Focata d’inverno (Sant'Anastasio)

Agnone - 'Ndocciata (Immacolata)

Campobasso - Pace tra crociati e trinitari; Misteri (Corpus Domini); Infiorata (Madonna del Monte)

Casacalenda - Tavole di San Giuseppe

Castellino del Biferno - Pizzicantò (Sant'Antonio da Padova)

Castelnuovo al Volturno - Uomo Cervo (carnevale)

Colle d’Anchise - Festa del maiale

Fossalto - Pagliara maje maje

Gambatesa - Festa dell'uva (Madonna del Rosario)

Guardiaregia - Festa di San Nicola

Isernia - Altarini di Sant'Antonio da Padova; Festa dei Santi Cosma e Damiano

Jelsi - Festa del grano (Sant’Anna)

Larino - Sfilata dei carri (San Pardo)

Pietracatella - Festa di San Giovanni Battista

Riccia - Festa dell’uva (Madonna del Rosario)

San Martino in Pensilis - Festa di San Biagio; Altari di San Giuseppe; Carrese (San Leo)

Scapoli - Festival della zampogna

Sepino - Festa di Santa Cristina

Termoli - Festa di San Basso; Vètare di San Giuseppe

Tufara - Diavoli (carnevale); Festa del Beato Giovanni Eremita

Vastogirardi - Volo dell'angelo (Madonna delle Grazie); Festa di San Nicola

Venafro - Favòr di San Giuseppe

La documentazione audiovisiva (per un totale di circa 8000 fotografie e 50 ore di riprese

video in digitale) è conservata a Campobasso presso la Direzione Regionale, e a Roma negli archivi

del Museo. Tutti i materiali sono stati schedati e riversati su hard disk e dvd. È in corso il montaggio

di un primo film, relativo al ciclo festivo stagionale, ed è prevista la produzione di documentari

tematici sulle singole feste. Si sta inoltre provvedendo alla pubblicazione di un numero monografico

della rivista “Conoscenze”13

, dedicato ai beni etnoantropologici del Molise.

Riflessioni su una regione “inedita”

Salviamoci dalla confusione, diamo la nota inedita nel coro delle regioni.

Eugenio Cirese, Umanità del Molise

Nel 1952, in una comunicazione inviata al I Convegno per la Valorizzazione

Cinematografica del Molise, Eugenio Cirese scrive: “In ciò sta la fortuna della sua condizione:

nell’essere una voce non ancora udita, un timbro non abituale in un mondo in cui ormai tutto appare

logoro e sfruttato. La valorizzazione cinematografica del nostro patrimonio potrà così, se saremo

saggi, avere realmente e naturalmente quel sapore di scoperta di un nuovo orizzonte che tanto

inutilmente si cerca attraverso artifici e trovate”14

. Lo studioso molisano contrappone alla

mistificazione - già in atto in quel periodo - delle tradizioni regionali, restitutite spesso in chiave

folkloristica e spettacolarizzata, la possibilità di un’attenzione diversa, che renda dignità alle culture

locali. La valorizzazione cinematografica del Molise diviene dunque un mezzo per “notificare al

mondo” la sua presenza, la sua particolarità.

Quando nel 2005, come si è detto, si è presentata la possibilità di una indagine sui beni

etnoantropologici molisani, abbiamo scelto il percorso dell’etnografia visiva, partendo da un primo

elenco di feste individuate nelle due province, oltre l’ottica delle cosiddette “eccellenze”.

Naturalmente è stata attuata una verifica della documentazione esistente negli archivi museali: da

13

“Conoscenze”, rivista semestrale della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise. 14

Eugenio Cirese, Umanità del Molise, comunicazione inviata al I Convegno per la Valorizzazione Cinematografica del

Molise, Campobasso, 17-19 aprile 1952. Pubblicata nel numero speciale de “La Lapa”, dedicato al Molise, anno III, n.

1-2, 1955, pag. 3.

questa ricerca, iniziata su alcune testimonianze di Tullio Tentori15

(già direttore del Museo), sono

scaturite significative indicazioni di studio. Sono da segnalare inoltre i materiali conservati

nell’Archivio Storico, relativi al carteggio tra Lamberto Loria e i suoi collaboratori, incaricati di

individuare, nelle varie regioni italiane, gli oggetti che avrebbero dovuto far parte della Mostra di

Etnografia Italiana del 1911.

Come ben ci illustra Renato Cavallaro, autore di una ricerca compiuta sui manoscritti16

, nei

primi anni del XX secolo l’itinerario in Molise dei raccoglitori, Athos Foco Mainardi e in parte

Guglielmo Berner, non fu privo di difficoltà e sorprese. Nelle descrizioni dei collaboratori di Loria il

territorio appare impervio e l’approccio con le popolazioni locali è ostacolato non soltanto da

diffidenze e problemi di comunicazione, ma anche dall’atteggiamento di “superiorità” e di

incomprensione dei raccoglitori, che si ritrovano in un mondo d’imprevista “arcaicità”, difficile da

decodificare. Cavallaro, agli inizi del 1970, intende dunque partire da una indagine storico-

etnografica per verificare successivamente lo stato del patrimonio tradizionale, alla luce dei

mutamenti sociali e culturali causati dall’industrializzazione. Il nostro fine potrebbe essere analogo,

sia pure nello scenario reso ancor più problematico dall’attuale omologazione.

Tuttavia nella prospettiva di uscire dai limiti di un conteggio delle sopravvivenze e di una

valutazione del loro grado di “purezza” demologica, l’indagine sino ad oggi condotta, mirata

essenzialmente alla produzione di documenti audiovisivi, ci ha consentito di sperimentare, nelle

diverse realtà territoriali, interessanti modalità di mantenimento e di ricostruzione della memoria

collettiva, per quanto riguarda gli eventi festivi, e di strategie di coesione sociale volte al

rinsaldamento della propria cultura di comunità, spesso confrontata in maniera interattiva e aperta

con esperienze di altre regioni, ad esempio nel caso di “gemellaggi” tra feste17

.

In ogni progetto di ripresa abbiamo dato ampio spazio alle fasi di preparazione dell’evento,

alle considerazioni individuali e di gruppo, ponendo in primo piano le testimonianze delle diverse

generazioni e il vissuto della festa dall’interno. Abbiamo cercato, nei limiti del possibile, di

esercitare un approccio cauto e non invasivo, senza dimenticare tuttavia che il lavoro antropologico è

frutto di interazione e occasione per manifestare istanze di riconoscimento. L’analisi dei documenti

visivi, compiuta nelle fasi successive ai sopralluoghi, è stata essenziale per un avvicinamento alla

comprensione delle “ragioni” della festa e delle dinamiche di partecipazione dei protagonisti.

Abbiamo tentato, sulla scia di Eugenio Cirese, di ritrovare quella “nota inedita nel coro delle

15

Tullio Tentori, Il pensiero è come il vento. Storia di un antropologo, Studium, Roma, 2004. Devo a Luciana Mariotti

preziosi suggerimenti per l’individuazione di alcuni materiali relativi a questo argomento. 16

Renato Cavallaro, Folklore e tradizioni del Molise nella Mostra di Etnografia Italiana del 1911, 1973. 17

Segnalo, sul problema del rapporto identità-tradizione in Molise, l’interessante contributo di Nicola Gasbarro,

Identità in dispersione… futuro in prospettiva, in: “il Bene Comune”, a. IV, settembre 2004, n. 9.

regioni”, sperimentando il Molise come terra d’unione esemplare tra generazioni, culture, dialetti, in

una sorta di geografia di luoghi d’affezione che va oltre i confini reali.

Ricorrendo ancora a Pasolini, possiamo affermare che in questa giovane regione vi sono tante

“piccole Italie” locali, spopolate dall’emigrazione, che oggi ritrovano respiro nel rimando di legami

e scambi con le “piccole Italie” all’estero. Il Molise, valicando i limiti regionali si colloca dove

vivono i suoi emigrati, in una delocalizzazione che conserva la volontà di mantenere il proprio axis

mundi, non solo nello spazio della memoria ma soprattutto del presente, come dimostrano le feste

d’origine riproposte in alcune terre d’approdo.

È interessante notare l’attenzione manifestata dal poeta di Casarsa verso l’opera di Eugenio

Cirese, come ci illustra il figlio Alberto nel suo intenso saggio “Il Canzoniere italiano: Pasolini

studioso di poesia popolare”18

. Avendo ricevuto il primo volume della raccolta di Canti popolari del

Molise19

, Pasolini ringrazia lo studioso con queste parole: “Gentile Cirese, ho avuto, e subito letto

con grandissimo interesse, il suo volume di Canti popolari. Ne parlerò diffusamente su «Il Giovedì».

Poiché adesso dovrò fare per Guanda una Antologia della poesia popolare italiana, il Suo lavoro mi

interessa in modo speciale”. Dopo la lettura del secondo volume dei Canti, il 29 marzo del 1953

Pasolini scrive: “Gentile Cirese, grazie per i nuovi canti molisani: comincerò dunque la mia scelta

proprio dal Molise, e spero che Lei e la sua terra mi portino fortuna”. Alberto M. Cirese sottolinea

quindi quanto Pasolini sia stato sollecitato dai Canti popolari nella stesura del Canzoniere italiano20

:

“Né fu frase di circostanza: l’accennato scritto sui canti molisani […] in effetti costituisce il primo

saggio, se non addirittura il primo impianto, di quell’ampio discorso storico-critico con cui due anni

dopo si aprirà il Canzoniere italiano”.

In conclusione ricordiamo che nel 1955, in un intervento sulla rivista La Lapa, Pasolini

afferma con grande sensibilità come Eugenio Cirese, nelle sue raccolte, esprima una concezione

“moderna” del popolo, che va ben oltre l’interesse letterario-filologico e si colloca in una visione

affettiva per la propria terra, restituendo tuttavia un “reale Molise, che si presenta in così completa

organicità di superfici interne”21

.

Ringraziamenti

Sono molto grata a Giuseppe Moccia, psichiatra e psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, per aver discusso

con me sul tema delle neuroscienze.

Ringrazio tutti i protagonisti delle feste che mi hanno consentito di realizzare queste fotografie, in particolare quanti ho

ritratto nell’espressione di gesti devozionali, la cui privatezza ho tentato di rispettare, durante le riprese e nella selezione

delle immagini.

18

Alberto M. Cirese, in Lezioni su Pasolini, a cura di Tullio De Mauro e Francesco Ferri, Sestante, Ripatransone, 1997,

pp. 133-166. 19

Eugenio Cirese, Canti popolari del Molise, vol. I, Nobili, Rieti, 1953. 20

Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare, a cura di Pier Paolo Pasolini, Guanda, Parma, 1955. 21

Op. cit., pag .64.

1. Campobasso 29-5-2005. Processione dei misteri per il Corpus Domini, preparazione.

2. Vastogirardi 2-7-2006. Festa della Madonna delle Grazie, svestizione dopo il volo dell’angelo.

3. Tufara 28-2-2006. Carnevale dei diavoli, vestizione.

4. Castelnuovo al Volturno 26-2-2006. Carnevale dell’uomo cervo, preparativi.

5. Jelsi 8-7-2005. Festa del grano per Sant’Anna, intrecciatura delle spighe per l’allestimento dei carri e delle traglie.

6. Riccia 10-9-2005. Festa dell’uva per la Madonna del Rosario, preparazione dei carri.

7. Campobasso 31-5-2006. Infiorata per la festa della Madonna del Monte, preparazione.

8. Fossalto 30-4-2005. Festa della pagliara maje maje, raccolta dei fiori per l’allestimento della pagliara.

9. Castellino del Biferno 12-6-2005. Festa del pizzicantò per Sant’Antonio da Padova, preparazione delle sagnitelle.

10. Colle d’Anchise 21-1-2006. Festa del maiale.

11. Acquaviva d’Isernia 21-1-2006. Focata d’inverno per la festa di Sant’Anastasio, allestimento dei fuochi pirotecnici.

12. Sepino 9-1-2006. Festa di Santa Cristina, suonata manuale delle campane.

13. Fossalto 1-5-2005. Festa della pagliara maje maje.

14. Riccia 11-9-2005. Festa dell’uva per la Madonna del Rosario.

15. Castelpetroso 24-9-2005. Festa del santuario della Vergine Addolorata.

.

16. Scapoli 29-7-2006. Festival della zampogna.

17. Agnone 8-12-2006. ‘Ndocciata per la festa dell’Immacolata, in attesa dell’accensione.

18. Isernia 14-4-2006. Venerdi Santo, in attesa della processione.

19. Vastogirardi 1-7-2006. Festa della Madonna delle Grazie, prove del volo dell’angelo.

20. Campobasso 18-6-2006. Processione dei misteri per il Corpus Domini, un diavolo sul mistero di San Michele.

21. Isernia 14-4-2006. Venerdi Santo, devozione alla Mater Dolorosa.

22. Pietracatella 28-8-2006. Festa di San Giovanni Battista, devozione.

23. Tufara 28-8-2006. Festa del Beato Giovanni Eremita, devozione.

24. Sepino 9-1-2006. Festa di Santa Cristina, devozione

25. Sepino 9-1-2006. Festa di Santa Cristina, devozione

26. Isernia 25-9-2006. Festa dei Santi Cosma e Damiano, devozione.

27. Larino 25-5-2006. Festa di San Pardo, devozione.

28. Guardiaregia 6-12-2005. Festa di San Nicola, svestizione della statua.

29. Termoli 3-8-2005. Festa di San Basso, portatori.

30. Gambatesa 1-10-2006. Festa dell’uva per la Madonna del Rosario, portatori.

31. San Martino in Pensilis 30-4-2006. Festa di San Leo, i vincitori della carrese.

32. Campobasso 18-6-2006. Processione dei misteri per il Corpus Domini, portatori.


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