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GRUPPO EUROMOBIL, UN'IMPRESA DI DESIGN TRA ARTE ...

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GRUPPO EUROMOBIL, UN’IMPRESA DI DESIGN TRA ARTE E SPORT
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GRUPPO EUROMOBIL, UN’IMPRESA DI DESIGN TRA ARTE E SPORT

Gruppo Euromobil.Un’impresa di Design tra Arte e Sport

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Gruppo Euromobil.Un’impresa di Design tra Arte e Sport

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Gruppo Euromobil.Un’impresa di Design tra Arte e Sport

PresentazioneAndrea Zanzotto

PrefazionePhilippe Daverio

Testi diAldo ColonettiValentina CrociMarco GoldinGian Paolo OrmezzanoMauro PeccheninoIgnazio Roiter

Foto del territorioFulvio Roiter

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A papà Luigi e mamma Luigia

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Art director Gianfranco Marabelli

Coordinamento redazionaleEva Vanzella

RedazioneEmanuela Di Lallo

ImpaginazioneAlessandro Avi

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore

© 2009 Gruppo Euromobil© 2009 Skira editore, Milano© Pierre Bonnard, Julio Le Parc, Riccardo Licata e Mario Schifano by SIAE 2009 Tutti i diritti riservati

Finito di stampare nel mese di aprile 2009a cura di Skira, Ginevra-MilanoPrinted in Italy

www.skira.net

www.gruppoeuromobil.com

Contributi diAldo ColonettiValentina CrociPhilippe DaverioMarco GoldinGiovanni GranzottoDino MarangonGian Paolo OrmezzanoMauro PeccheninoIgnazio RoiterToni ToniatoAndrea e Marisa ZanzottoGiuseppe Zigaina

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PresentazionePrincipi fondamentali

Nel Veneto produttivoTerritorio e tradizioneImpresa e comunicazioneVenetalità

La famiglia LucchettaUna singolare storia imprenditorialeLa famiglia come azienda ante litteram

Il design come impresaDal prodotto al sistema: il ruolo del designAnni settanta: la nascita del GruppoEuromobilAnni ottanta: consolidamento e nuove strategie aziendaliAnni novanta: il decennio della svoltaIl contemporaneo: l’apertura al mercato globaleEuromobil cucineZalf mobiliDésirée divani e l’imbottito di designContract e professional

Un’impresa con l’arte nel cuoreEuromobil, la cultura e l’arte Gli artistiGli artisti del territorioNatalino AndolfattoPablo AtchugarrySaverio BarbaroAlberto BiasiGiorgio CelibertiCarlo CiussiEnnio FinziAttilio ForgioliPiero GuccioneJulio Le ParcRiccardo LicataClaudio OlivieriPaolo Patelli

Fabrizio PlessiVicente PimentelMario RacitiHoracio Garcia RossiPiero RuggeriGino SilvestriGuido StrazzaAlessandro VerdiClaudio VernaGiuseppe ZigainaCarmelo ZottiSpazialismo e cinetismoLa memoria di autori del passato:Virgilio Guidi e Arturo MartiniIl Gruppo Euromobil e le grandi mostreTrent’anni di editoria d’arteGiuseppe Zigaina su Pier Paolo PasoliniAndrea ZanzottoArte Fiera Bologna 2007, 2008 e 2009Trent’anni di mostre d’arte in tutto il mondo

Lo sport grande amoreTante storielle insieme fanno un romanzo d’amoreArte-sport-sponsor nel giardino dei sentieri incrociatiOtto campioni del mondo, e non solo…Lo sponsor, l’essere e soprattutto il non essereIl Veneto e i veneti ciclistici, ciclofili e ciclosiMimetizzare i sentimenti specie quando sono fortiCiclismo, grande amore e cara piovraanche per il giovane giornalistaTanti professionisti per il mondo del buon lavoro

Il futuro del Gruppo Euromobil: abitare il mondo

Biografie degli autori

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Sommario

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A questo bel volume auguriamo lunga vita e larga diffusione.

Non è solo il giusto riconoscimentopubblico di un grande gruppo industrialeche, restando compagine familiare, haconquistato i mercati mondiali, maracconta e documenta molto bene unesempio significativo della vicenda delnord-est, indicando come base del successodi un’industria tecnicamente avanzata, cheha conquistato presenza non solo europea,una linea morale di comportamentoche serve a monito e precetto per lefuture maestranze e dirigenze del gruppo.

Altri hanno ben evidenziato le tappe del lavoro e i meriti di una proprietà assennata e aperta alle prospettive “globali”; noi vogliamo,assieme ad altri “beneficiati” privati e pubblici, dare una testimonianza dellasensibilità e dell’avvedutezza, anche in campo culturale e artistico,delle famiglie Lucchetta.

Hanno saputo Antonio, Fiorenzo,Gaspare e Giancarlo, assieme allerispettive mogli, educar figli e nipoti alleprospettive etiche della vita, ad andarecontro corrente, se occorre, privilegiandol’essere all’apparire, a costruirsi un ruolodirigenziale secondo l’esempio dei migliorigruppi industriali ancora in mano“familiare”, partendo dal basso dellacarriera e studiando non solo tecnica ebusiness ma cogliendo i valori e l’evolversidella cultura, specialmente quella legataall’espressione artistica (pittura inparticolare), e dello sport, sanamentecompetitivo.

Andrea Zanzotto

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Principi fondamentali

1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondatasul lavoro.

4. …ogni cittadino ha il dovere di svolgere,secondo le proprie possibilità e la propria scelta,un’attività o una funzione che concorra alprogresso materiale o spirituale della società.

6. La Repubblica tutela con apposite normele minoranze linguistiche.

9. La Repubblica promuove lo sviluppo dellacultura e la ricerca scientifica e tecnica.

È utile talvolta rileggere il testo fondativo dellaCostituzione che ha generato l’Italia moderna el’attuale situazione di agio che permetterà quasi concertezza agli abitanti della penisola di superare latormenta che il mondo finanziario ha scatenato fragli uomini. Perché la Repubblica non è fondata,come potrebbe sembrare, sulla furbizia, ilsotterfugio o meglio ancora l’ipocrisia; è realmentebasata sulla capacità di lavoro dei suoi cittadini.I fratelli Lucchetta hanno passato la vita adimostrarlo. Ed è altrettanto vero che esiste un“dovere” di partecipazione alla vita della societàattraverso lo svolgimento d’una attività. In ciòconsiste uno dei tratti storici più importantidell’essere italiani, da quando fu scoperta ottosecoli fa in questa terra la virtù del lavoro, del suoconcentrato in risorse economiche e quindi delcapitalismo, nell’ambito operoso dei primi comuni,da Padova a Perugia, da Venezia a Siena e Firenzeo Milano. Nel Dugento, come lo si chiama per colpadei toscani, furono inventati i vizi e le virtù capitali.Fra i vizi ve n’era uno in modo particolare chepoteva spaventare solo chi lavorava e non chi sidava al mestiere delle armi e della guerra, ed eracosì specifico questo vizio da portare un nomeunico in Europa: ciò che gli altri chiamano pigriziafu da noi chiamato accidia perché corrispondevanon tanto alla voglia d’essere fannullone ma alcrimine di non partecipare con entusiasmo allavoro degli altri, dell’essere distratto, demotivato.

I soldati dell’Imperatore potevano essere superbi etemevano solo la codardia, loro vizio capitale. Nellebotteghe dell’Italia nascente era vietato ciò che siopponeva alla passione per il produrre. Lo hannocapito bene i padri fondatori che scrissero laCostituzione, lo hanno naturalmente intuito ifratelli Lucchetta, e lo hanno inteso continuandofra di loro a parlare il più colorato dei dialettiveneti. E poiché si sono trovati, i fratelli Lucchetta,a dovere costantemente innovare, per via del settoredove il destino e la scelta li avevano portati, quellodel mobile progettato, non quello imitato dalletradizioni o dal mercato, in parole più tecnichequello del design, la ricerca per la scienza deimateriali e della forma è diventata per loro praticaquotidiana. In parallelo, un po’ per conseguenza unpo’ per inclinazione d’un carattere già esistente, sisono messi a sostenere la cultura visiva del lorotempo, acquistando opere d’arte, contribuendo alfinanziamento di mostre e musei. Lafrequentazione degli artisti è stata assieme fortunae stimolo, confronto foriero d’idee e gioco dellasimpatia umana. Così è nato e si è sviluppatoil Gruppo Euromobil. È cresciuto ed è migliorato.

Antonio, Fiorenzo, Gaspare, Giancarlo… i fratelliLucchetta del Gruppo Euromobil.

29. La Repubblica riconosce i diritti dellafamiglia come società naturale…

Philippe Daverio, autunno 2008

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Nel Veneto produttivo

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Territorio e tradizione

Il paesaggio è ampio con strade strette,campagne che si perdono tra distese di verde eimprovvise scritte che richiamano alle aziende,numerose, che nel corso degli anni sono nate conun ritmo sempre più veloce. Siamo nel Veneto piùindustrializzato, dove le generazioni hanno vissutoin maniera adulta i cambiamenti e si sono passateil testimone, trasformando la capacità manualee la forza artigiana in una forma di gestione checerca di essere sempre più manageriale.

Siamo nella provincia di Treviso, dove accantoa una miriade di aziende di piccole dimensionisi sono aggiunte imprese medio-grandi creandoun distretto variegato e multiforme. Qui uno deiprotagonisti è il mobile, in tutte le sue sfaccettature.Nei nostri tempi, quando si parla di “mobileveneto”, ci si riferisce ormai a una griffe consolidataa livello nazionale e internazionale.

Da queste parti si lavora molto e l’azienda ècome una grande casa capace di accogliereoperosità, idee e innovazioni. Gli imprenditori diqueste zone non fanno una piega a trascorrere oree ore chini sui propri prodotti per cercare sempreil miglioramento di un risultato finale che è perloro orgoglio e tradizione, tempo impiegatointelligentemente ed esperienza da condividerein famiglia.

Alcuni studiosi del costume italiano sostengonoche il Veneto, e il trevigiano in particolare,rappresenti anche in questo secolo il cuore dellapiccola e media impresa italiana, l’ossatura realee duratura di una realtà imprenditoriale chesembra ancora non avere uguali in altre partid’Italia. In questa zona la storia delle imprese siinterseca con quella di numerose famiglie, fondatricie ispiratrici di tanti “percorsi imprenditoriali” checostituiscono un esempio per tutto il resto d’Italia.

Negli anni quaranta e cinquanta tutta l’areache oggi alcuni giornali ancora definiscono“il fenomeno nord-est” si trovava in una posizionedi arretratezza rispetto ad altre zone del Paese.

Da questo substrato culturale e dalla necessità,tipica delle campagne, di unire le forze attorno a un unico obiettivo, nasce infatti la concezione delvalore morale dell’atto lavorativo. Secondo questoconcetto, ogni familiare è chiamato a contribuire,quasi prima ancora che al proprio benesserepersonale, allo sviluppo dell’attività produttivadi famiglia; nel corso degli anni, questa modalitàha permesso a un gran numero di piccole e micro-imprese di accumulare risorse e capitali.

Tra le numerose storie che caratterizzano ilmondo imprenditoriale di questa zona, le vicendeche segnano il percorso umano e imprenditorialeche ha portato il Gruppo Euromobil ad essere unodei leader europei nel settore del mobile è moltoaffascinante. L’azienda infatti rappresenta unimportante case study e costituisce un modellopositivo di crescita aziendale che, partendo dallacreazione di una piccola impresa familiare, sisviluppa intorno ai propri punti di forza, artigianali,tecnici e morali, fino a diventare un grande eprospero gruppo industriale.

La famiglia, per l’impresa italiana, rappresentaun punto di riferimento che riesce a significare lasicurezza di una continuità che, generazione dopogenerazione, prosegue un percorso iniziato quasisempre da una sola persona – il più delle volte,il fondatore. Oltre a garantire un ben determinatocammino sul mercato, questa continuità assicurail proseguire di un certo tipo di passione che,dal punto di vista della comunicazione, costituiscela naturale maniera per far sì che l’aziendasi distingua sul mercato.

Nel corso degli ultimi quarant’anni il GruppoEuromobil non ha infatti mai smesso di cresceree confermare la sua natura di azienda dinamica,innovativa e innovatrice, senza perdere lo spiritooriginario che anima i fratelli Lucchetta.

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15 Nel Veneto produttivo

Impresa e comunicazione

Il Veneto costituisce una valida case historyper tutti gli studiosi di comunicazione d’impresa.

Dagli anni sessanta-settanta in avanti, in questazona d’Italia sono nate tantissime piccole aziendeche, nel corso del tempo, sono diventate anchedi medie e grandi dimensioni.

In realtà questa crescita in molti casi è maturatagrazie a ottimi prodotti e a una grande capacitàdi lavorare con forza e senza sosta, ma tralasciandoquasi sempre la componente comunicazione.

Non bisogna dimenticare che in un mercato concompetitività senza confini e barriere, come èquello attuale, è impossibile trascurare gliinvestimenti in comunicazione, in particolar modonella pubblicità e nelle relazioni pubbliche, conun occhio di riguardo al settore degli eventi.

Le aziende che non comunicano, che nonvogliono utilizzare la variabile comunicazione, sonodestinate nel breve volgere di qualche annoa perdere la propria sfida con la competitività.

L’azienda che crede di poter fare a meno dellacomunicazione tenta una sfida solitaria, perchénon ha la possibilità di confrontarsi con i propriconcorrenti, non ha la capacità di mettersi insintonia con i mercati che nel terzo millennio sonosempre più vari, mutevoli e pieni di sorprese.

Pensare di condurre un percorso da soli, insolitudine nel mercato, elimina lo spiritocompetitivo e lascia l’azienda in una dimensioneobsoleta, spesso troppo isolata, rispetto allaconcorrenza.

Senza il “sistema” della comunicazioned’impresa, composto da relazioni pubbliche,sponsorizzazioni, pubblicità, promozioni emarketing diretto, l’impresa si colloca in una zonad’ombra dalla quale è difficile uscire.

La comunicazione, in tutte le sue componenti,pone l’azienda al centro di un sistema che l’avvicinaai propri pubblici di riferimento come i clienti,i fornitori, la rete vendita, i rappresentanti dellapubblica amministrazione, la popolazione del

territorio dove l’azienda ha sede e, ovviamente,i concorrenti.

La comunicazione d’impresa è la variabiledi sicura affermazione per un’impresa moderna,la variabile che fa la differenza, che dà una marciain più, a prescindere dalla tipologia dei prodottie dalla loro collocazione sul mercato.

Il Gruppo Euromobil, con il trascorrere deglianni e con l’evolversi della propria esperienza suimercati, ha compreso che la comunicazione puòcostituire una variabile di successo.

L’approccio alla comunicazione ha privilegiatola pubblicità, le relazioni pubbliche e lesponsorizzazioni, gestite come una miscela che,a seconda dei periodi della sua storia e della storiadell’industria italiana, ha portato Euromobil adavvicinarsi allo sport e alla cultura, con l’arte comeprotagonista.

Le iniziative volute dal Gruppo Euromobil sonosempre di grande interesse e il Gruppo ha ormaitracciato una propria strada ben definita nelmondo della comunicazione: ha imposto un propriostile che alterna grandi eventi a eventi piùcircoscritti, ma sempre sostenuti dalla stessa vogliadi fare, coniugando tradizione e modernità, spiritoimprenditoriale italiano e una buona dosedi lungimiranza internazionale.

Mauro Pecchenino

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Venetalità

Sorta dal fango di una laguna ampia, irrequieta,infida e mirabile, trascinata al parto in ripetutegestazioni ora lente, ora disperate, ora avveduteed accorte da ortolani, pescatori, fuggiaschie mercanti astuti, Venezia ha consegnato alla terrada cui è separata la propria genitura. La versatilitàdelle genti chiamate “Veneti” è stata il vero semedella nascita di una città che per miracolod’invenzione non soggiace alla legge corrosivadel tempo, delle mode, dei gusti e dei giudizi.

È un mondo a sé e contiene molteplici audacie:civiltà del vivere, dimora degli uomini pereccellenza, orgoglio creativo, trina celestiale sospesatra acqua e cielo, inquilina irraggiungibile,insuperabile creatrice di mercati, favola dell’orientee sapienza dell’occidente compostamente mescolatesul saliscendi delle maree.

L’entroterra, proteso a guardare la maestà solitariaed esterrefatta di un luogo architettonico generatodal poetare con le pietre e i marmi, rimase contadinoper molti secoli. Il bifolco che scrutava i campanilie i solidi profili dalla soglia della propria veduta fu lostesso artefice che contribuì a idearli, volerli eportarli ai natali. Rimase al di qua delle onde, sullimitare di quest’unico e tremendo elemento cheriuscì a differenziare ciò che vide crescere esovrabbondare dal proprio suolo asciutto e bevutodalle streghe tanto era magro e avaro. Insediatasi nelventre della laguna, Venezia innalzò la propria forzae invase la creatività dei suoi artefici.

Il contadino restò, invece, con la zappa e ilbadile, con le masserizie povere, i legni e le casemalandate, malsane e malate, tra fatiche esalsedine, tra desideri e fame, tra atteseinterminabili e volontà di riscatto, sempre nellasofferenza e nell’incertezza con la propria madre.La ruralità capitolò di fronte alla magia e noncostituì se stessa se non come spalla al proprioprodigio. Fu uno sbarramento culturale invalicabilefra la madre terra e la figlia del mare.

Lucidando le scarpe logore e rotte di unacampagna molestata da carestie, miseria e panenero, Venezia diede compimento a un’urbanisticadi ville, di giardini, di parchi e di paesaggi cheancora oggi sfidano la sacralità di tanto talento.Rivestì d’oro gli spazi ideati per se stessa con tele,affreschi e sculture di eterna chiarità. Fece fiorire

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le stagioni della bellezza oltre la laguna, ma nonseppe o non volle offrire alla campagna un’identitàaltrettanto possente. Non fu un tradimento, quantol’impossibilità per essa di capire fino in fondo cosafosse il suolo fermo, il suo fermento, la sua gente,la stessa che al di là divenne Venezia. Fu unalontananza mentale. La maternità cadde inoperosaper altri, ambiti destini. Non sprecò risorse, uomini,fiato e leggi per governare la terraferma quanti nespese per controllare il mare e i fiumi e ammansirela laguna dalla quale dipesero l’incolumità e lapotenza di crescita. Trasformata, martoriata,accarezzata, tratta fuori da pericoli e congiurenaturali sempre imminenti, rimase il portento chesu di sé percepisce l’alitare sostenuto del destino.Venezia non è dunque la maternità fisica delVeneto – semmai il contrario – e costituisce, invece,l’emblema, l’opera testimone della “Venetalità”.Essa, infatti, riassume le qualità di un popolonei valori e nei difetti; manifesta una gens capacedi vivere e diversificare le esperienze creative,di correre attraverso la simultaneità e la novità,di mescolare molteplici vocazioni, di giocared’anticipo sull’incertezza, di bilanciarsi sui precipizidella storia, di prevedere per non essere punitadalla sorpresa. Il nerbo mentale separò i nostriprogenitori dalle alte dissipazioni, dai conflitti nonnecessari, dagli scontri non utili, dalle impresesciocche e istituì la tolleranza quale modo di viveree di agire e dentro la quale poter fare, alla fine,ciò che si vuole.

I Veneti si aggregano in isole sparse senza esseredispersi, si separano senza essere divisi, si tengonovicini ma a debita distanza. L’indole comune sifrange e s’interseca come la luce attraverso ilprisma. Rifiutano la grandeur. La sentono vana,pericolosa, ne temono i piedi d’argilla, la debolezzaintrinseca e i pericoli nascosti. Sentono lapesantezza e l’alienazione delle grandi città. L’areametropolitana è una definizione strategica eoperativa, non uno spazio urbano collassato diedifici. Non fanno clamore davanti alla potenza delmarmo e del bronzo. Impertinenti affabulatori,sono bugiardi solo nell’iperbole. Ingrandiscono edistorcono, ma quasi mai lasciano marcirevolutamente la sostanza. L’idioma, unificato nellacadenza, è riverberato in carature diversificate dapaese a paese, se non da borghi lontani appenaqualche chilometro. Odiano la retorica. Sanno

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deridere e prendersi gioco del prossimo, ma nonriescono ad affondare la spada dentro un pettogià aperto. Sono miti talora per pigrizia, manon coltivano l’ira con perseveranza. Preferisconola fiammata ai bollori sostenuti. Sono dispostia concludere una battaglia e mai ad intraprendereuna guerra. Odiano i monumenti. La Basilica disan Marco e il Palazzo Ducale tali non sembranotanto le forme armoniose e l’acume prospetticone riducono i volumi senza che nulla sia toltoalla loro grandezza. La ragione è semplice: peri Veneti tutto è famiglia, stabilità quale sodalizioaffettivo, economico e aziendale. Essa è e deverimanere la vera polla da cui germina e crescel’intuizione unica.

Non sono un popolo con attitudini generiche.S’ingegnano, piuttosto, fino alla testardaggineattorno a uno svago preferito, a un’energia natasenza essere chiamata e la trasformano in attivitàproduttiva e commerciale; indifferentementepossono indossare le vesti dell’operaio o delcontadino; coltivano il loro estro, che in questi annili ha lasciati correre e quasi irridere compiaciuti deimolteplici e diversificati ruoli, solo apparentementespecialistici. Dal lavoro stabile, post-bellico, accettatocon l’asciutta nostalgia dell’emigrante per fornire loscudo all’incertezza del pane quotidiano e attenuarela gravità del destino filiale, il Veneto ha fatto proprigli slogan del “voglio”, “mi piace”, “provo” e si èaffacciato sulle rive di un fiume di portataamazzonica: i mercati europeo e internazionale.

L’economia miracolosa è nata dopo la crisi dellagrande industria, del miraggio degli immensi poli,proprio nelle case dove la cantina involò l’acredinedelle salsicce e dei salami appesi. L’antico cellario sifornì di nuova legna per cuocere il cicciuto maialedelle invenzioni più impensabili e meno accreditate.Il contadino si mise il cilindro, divenne cuoco,mescolò gli ingredienti più semplici e avviòil sotterraneo ambiente all’irruzione sugli asfaltimondiali. Così la secreta, le mura umide e crasseaprirono l’aurora dell’epopea chiamata nord-est,e una strategia aziendale ancora seduta sulla terra,infantile, ma di ottimo vigore, cominciò a produrreleccornie economiche con la varietà e la fantasiaillimitate dei suoi inventori. Accanto allaproduzione divampò l’aspetto mercantile. Le dotidella stirpe che fece di Venezia la città delcommercio internazionale continuavano, dunque,

a essere trasmesse come silloge genetica. Dalsingolo inventore familiare, spesso donna, nacqueroimprese, aziende, industrie, molte delle qualirimasero a conduzione domestica. Fu tipicamenteveneto coniugare artigianato e industria in unaspecie di chimera economica. Loro non tagliarono ilegami filiali con la propria creatura e ne segnaronol’unicità anche quando la bottega s’inoltravarapidamente verso la produzione robotizzata el’alienazione della fabbrica si affacciava sull’anticocontadino. I segnali che annunciarono il miracolofurono le case nuove costruite accanto alle vecchiemagioni. Staccate, ma di poco. Erano dei figli,che abbandonavano la mentalità rurale e sibilanciavano tra salario e terra. In questagenerazione intermedia tra gli anni settanta enovanta fu prima scalfita, poi corrosa e infinerinnovata una secolare civiltà. Non fu un processodi defalcazione con il passato né uno spergiuro.Fu un trapasso inizialmente leale. La nuovagenerazione sviluppava imprese familiari mentrecontinuava a coltivare l’orto, gli animali da cortilee le vigne.

Un ragazzo della campagna di Zero Brancocostruiva per suo divertimento gabbietteper uccellini. Pochi anni dopo, da adulto, lavoravala terra, ma dal capannone vicino a casa esportavain Portogallo e in Brasile migliaia di voliere. Con unprocesso di reazione a catena, acceso dal comunecombustibile delle invenzioni e della perseveranzaal lavoro, i campi furono coltivati a capannoni ele vecchie strade medievali che attraversano tuttorai paesi si arroventarono di migliaia di motori.

La vecchia mentalità del contadino, il suo riposotra la zappa e il pane consumato all’ombra delpioppo trapassano nel diluvio gastronomico.Le lingue si accomodano in ristoranti esclusivi,in locali raffinati, in agriturismi e in eremitaggigastronomici. Il Veneto vuole accedere a una sintesitra vecchio e nuovo, tra sapori nostalgici e slanciinediti. Vuole stringere nello stesso involucroil pane nero e le tartine superfarcite, sgomita fra lecontraddizioni, stringe i desideri in spazi mentaliimpossibili da governare, con la sapienza che sferzala noia e la debolezza del pensiero uniforme.Il luogo tipico e riservato, la zona collinare tra iboschi è custodita come la fauna in via d’estinzione.Ciò che era semplicità è separato dalla memoriadelle fatiche. Il rustico convertito alla ricchezza è

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visibilmente meraviglioso e laddove una voltac’erano la stufa nera e il camino affumicato orafanno mostra di sé il poderoso spiedo e l’opulentagriglia che cuociono la chianina.

Il nord-est sta assiso sopra un crinale: da unaparte tiene a bada la forza corrosiva eprorompente del mondo contemporaneo edall’altra si volge all’antica pietas, che desiderasanare con le premure più trepidanti la propriacultura. Essa è, infatti, un lascito inalienabilee come tale è radice e perpetuazione della stessaidentità veneta. Non si tratta semplicemente diricordare (ri-mettere nel cuore), ma di dare unsignificato operante e un magistero autentico allamemoria. La necessità di cavalcare con destrezzalo sviluppo economico allunga fino allo stridorel’eco del passato, quasi un’invocazione della storiaa non essere dimenticata. La tortora non dovràcadere fra gli artigli del rapace. La famiglia èl’ambito ideale per far nascere e sviluppare senzaclamore anche il senso poetico della vita e ilrispetto che la tradizione reclama per continuarladegnamente. Se è fatale distruggere i campi perportare legioni di camion al di qua e al di là delleAlpi, si dovrà a maggior ragione custodire congrazia ineffabile ciò che è sottratto allamanomissione definitiva.

L’esilio irreversibile della campagna in areeaziendali, ipermercati, balli di rotonde, foscheedilizie di cemento, ha morsicato, dunque, l’idilliodella terra, su cui ora si posa il desiderio dirievocarne la purezza. Appena quarant’anni dopo,il Veneto sente il dovere di recuperare ed’imprimere stabilmente nella memoria quanto eradefinito fatica e incertezza. Coloro che non hannovisto e patito la brina sulle finestre invernali néhanno sentito scoppiettare le dita dal freddo e nonhanno torchiato il loro cuore ansante nei campiarroventati, sono attratti dalla prostrazione deinonni e dei padri. Da una galleria di ritratti,di mostre, di “eventi culturali” indicano con forzala necessità di chiamare a nuova vita la culturasepolta. L’occhio di chi, ancora vivo, porta incisala stanchezza non fu mai sazio delle estensionidi verde, anche se lo stomaco si stringeva neldesiderio di un pasto. Quegli anni difficili, ricchidi gente valorosa e senza gloria sono nascosti,ma non derelitti nel barbaglio irriverentedel Veneto contemporaneo.

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Il patrimonio paesaggistico residuale e artisticoè, infatti, esaltato dalla volontà della redenzione nelmomento stesso in cui è violato. I cosiddetti “luoghidella memoria” sono un argomento centralenell’educazione delle nuove generazioni, che amalapena sanno come nasca un uovo. Accanto allefebbri che puntuali s’alzano alle sette del mattino,un dolore acre di perdita sopravanza il benesserediffuso e l’alacrità amorevole con cui si produconoi più svariati e deliziosi manufatti, dal sempliceal complesso, dall’originale al consueto,dall’inventiva geniale al prodotto di routine.L’anima veneta è stretta dal bisogno di radicarsinuovamente, di programmare un futuro collettivostabile e di rinnovarsi come identità di popolo.

Per questo vorremmo sentire un armoniososuono di corde e vedere il fiume sulle cui rives’innalzano di nuovo i gigli dorati.

Gli alti pascoli di una volta sono ancora visibiliin quella gronda di terra spoglia di dolore che ardenell’Alta Marca tra le colline di Valdobbiadeneed è ora considerata e valorizzata quale patrimonioambientale, produttivo, gastronomico epaesaggistico di primaria grandezza. Da qui unavolta scendeva la transumanza e fioriva ilcommercio della lana. Qui gli uomini sepperoscegliersi e coltivare un nettare più fragrante d’ognifiore e più profumato di ogni essenza odorosa.Le colline del Prosecco e del Cartizze sono leggereai piedi: erme dai fianchi sinuosi, si aprono sullavalle del Piave e si chiudono le spalle con le piùalte rupi prealpine. Si ascende a queste terre,nel senso che leviamo via l’arroganza e gli erroridel presente e, senza rinnegare noi stessi, nutriamola calma conoscenza della tradizione, che operae ripone la vita in ampolle d’oro. Così la stradinabianca che sale sulle colline affiancando i vigneti,ordinati a spina di pesce, è l’incandescenza delcammino dell’uomo e una scia luminosa dentroun globo di colori autunnali, e mentre si addossail peso del lavoro nello stesso tempo lo adorna.Non sembrano terrazze coltivate a vigneti, magiardini sanati; una grazia quotidiana li fa crescere,dà loro il respiro delle stagioni e li guida, dopola vendemmia, fino ai sottili e neri disegni invernalidentro un cielo che parla d’immortalità. Nullasembra qui superfluo o inutile, perché tutto èsegnato dalla fedeltà e, dove essa regna, non vi èsudditanza. Fra le colline dell’Alta Marca fioriscono

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davvero anche le strade. Non diversa è l’opera nellefiliere squadrate che tagliano gli sguardi e reggonoaltri vigneti verso la Bassa del Piave, dove il fiumeè già ampiamente nella pianura. Il trattore rossonon raffredda la terra, ma nella forte immagineè il sodalizio che aggiorna la cultura contadina,ne mantiene il valore senza ghermirne la memoria.La cura dei campi radica nei Veneti l’amore perla famiglia, quale depositaria dei retaggi, deitramonti delle età e pungolo vigoroso alla propriarinascita. Un casolare isolato da una distesadi coltivazioni appare vicino al fiume sacro dovevivono il silenzio delle antiche battaglie el’imparziale serenità degli spazi aperti. Prosperal’attesa e i ritmi sono finalmente addolciti. Frale vigne allineate con la geometria che si affiancaal calcolo produttivo, il rispetto rendeconclusivamente affine il rapporto terra-uomoe l’uva, speranza del vino, matura con lamorbidezza che le mani trasmettono.

Da piccole strade chiuse un borgo ancora nellaluce si accoccola sul limite del bosco. È unglomerulo di famiglie, dalle quali sembra uscire unprotagonista delle favole. La sera imminente lo stachiudendo con la sua ala oscura e l’immaginazioneacquista un incalzante tono di attesa. La vita sembraappartarsi in una patria non consumata né offesa,il cuore opera nel profondo e il verde balena attornoal grumo candido delle dimore amiche. Da unaradura si affaccia possente il Cansiglio, un’armatad’alberi che l’autunno avanzato tempera di rugginementre gli alti fusti biancheggiano come colonnee si chiudono nelle chiome fitte e uniformi.Intangibile nella sua bellezza severa, comunicaquella stupefazione che irretì anche Venezia.Non per puro e solo calcolo economico il Cansiglioè sopravvissuto alle accette della Serenissima.Quella stirpe ebbe il coraggio e la grandezza d’animodi non abbattere né sciupare la foresta, verso laquale stese il braccio che custodì le isole e la laguna.

Una sorprendente familiarità ci morde il pettoquando osserviamo i natali di un orto in collina.Due persone, marito e moglie, sono unite nell’operacomune mentre dispongono uno scampolo di terraofferto al sole e lo convertono in una sorgentedi doni. È uno spazio d’inestinguibile armonia veneta,un’apparizione che alla nostra storia rivelae nuovamente imprime il segno della verità.In una briciola degna di riverenza e regale nella

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nel racconto storico e sotto nuovi scenari vedeancora le stesse stelle. Le tradizioni autenticamentesentite non si sono, dunque, dileguate, masopravvivono all’interno di una nostra categoria,così radicata da liberarsi ogni volta dal dente deldrago. Il contadino che mostra il cesto degli ortaggie stringe il radicchio è la silloge pregnante di questeriflessioni. Lui segna il patto con la terra, mentreil castello alle sue spalle sferza l’opera della storiae ci ricorda le nostre complessità e varietà, dacui siamo usciti in carne e spirito. Il nostro visogli appartiene, ne è la derivazione e dentro a quegliocchi corre bisbigliando un’anima comune.Lo sguardo e le braccia non sono incatenati nellafissità; il suo profilo non è curvato o deformatodalla nube moderna. Lui indica la forza dei nataliche ha sopportato, mantenuto e fatto crescere piùpersistenti e nobili della rocca, la cui maestà nonsarebbe così imperiosa senza quel sorriso donatodagli dei. I nostri testamenti fanno i conti con legiuste tracce della gloria che ci possiede ancora.Siano le statue della gipsoteca, il tempio delCanova a Possagno, il chiostro di Follina o lagemma di Asolo, il suo pungiglione ci sospinge alricordo attivo dovunque siamo, all’ombra delle viti,al riparo tra le colline, dentro il fragore delletangenziali o nell’imbambolato non-luogo degliipermercati. Ci comunica i valori inalienabili dellacreatività, della lotta avveduta, dell’individualismoche non si sottrae all’impasto sociale ed esultasull’ardente coppa della famiglia dove ogni misuraè vagliata e separata come il grano dalla crusca.I Veneti vogliono sentire l’erba sotto l’asfalto,sognare sulle annerite strade la collina segretasenza essere infelici visionari. Amano coricareil loro riposo fra le mura di un’abbazia che sigillicon l’olio di unzione ciò che santo forse non è più.Discostati dalla luce, ma ancora vicini ad essacontinuano ad essere emigranti: vivono i sognie sognano la realtà. Soffrono per un’età più bella,dove le virtù, affrancate dal pensiero omologato edall’indifferenza delle opinioni, siano di nuovooperanti. Vorrebbero sostare ed essere avvolti dallacalma limpida dove maturano i frutti, risplendonocome corone le mura antiche e nel focolaresi manifesta la dimora degli antenati, si consolidala gloria dei padri e si nutre il destino dei figli.

Ignazio Roiter

sua fiamma amorosa, la natura pensa ai giorni cheverranno e le mani toccano e si ricolmano del destino.

Il nitore e il silenzio di questi lembi lodanol’eredità di un popolo nella scaglia di membrasuperstiti, scrigni che si aprono davanti agli occhisensibili. Nello stesso tempo l’antica civiltà si ponedavanti al futuro come porta sacra che intonail canto della dovuta nostalgia e gli ridona il vigoredi un suono profondo e inestinto.

Le due donne, sorprese a dialogare nellasemplicità di un cammino fatto e rifatto ognigiorno, non ostentano nulla, ma rappresentano ciòche sopravvive a oltranza; la loro voce si fa intimoconsumo di memoria nella pausa del cammino,lasciato libero dalla lusinga della fretta. Gliingranaggi delle ore cessano. Una donna stringedue vasi, uno con dei fiori e l’altro con unarboscello, l’altra più anziana rimane alla distanzache non svilisce il dialogo, ma lo segna di decoro.Appoggia il bastone sull’acciottolato.Involontariamente segna la sua terra. Loro hannoin serbo la propria identità e la vagliano giornodopo giorno. Non vanno. Restano. Il tempo chetaglia e separa diventa il legame e la custodia dellepersone degne come loro di abitare la semplicitàe di voltarsi alla collina come alla soglia di casa.Queste verità catturate dal treno in corsa delVeneto sono doni ritrovati e lezioni quotidiane;guardando, possiamo solo tacere senza essereangosciati dalle difficoltà, ma dentro la gioia disapere ancora vivo ciò che umilmente si nasconde.Vi sono dunque filiazioni eredi di cure antiche,guardiane ancora fedeli dentro l’ambiguità el’incalzante cambiamento. Noi, gli ultimi, possiamoritornare da lontano e ancora spaesati sentire inquesti luoghi di privilegio calme e solide le paretidomestiche. Qui sul Cansiglio, sulle colline diConegliano o fra i campi lunghi verso l’orizzonte,possiamo far invecchiare la primavera e sentire dalontano dileguare il rumore delle acque. Nonandiamo dunque orfani per le strade sopraffattedall’ira economica. Un dio nascosto sfiora semprei luoghi dove il muschio e le macchie ombrose sonodegne della luce che si flette dai dirupi fino allecime e ci porta dove la rugiada non è velenosa. Èl’aspetto più rasserenante della nostra civiltà. L’apemiracolosa che sono le genti venete cinge i vignetidi cerchi amorosi, rinnova i patti e ripensa alleproprie usanze, riesce a ristabilire una continuità

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La famiglia Lucchetta

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Una singolare storiaimprenditoriale

A Falzè di Piave ha visto la luce una storia chenon facciamo fatica a definire unica, iniziata alcunidecenni fa e in costante e determinata crescita:la storia del Gruppo Euromobil.

Dall’originario Mobilificio Lucchetta Luigi &Figli nasce infatti, nel 1972, Euromobil, una realtàindustriale e produttiva di primo piano nellarealizzazione di cucine e soluzioni d’arredocomponibili. Da questa esperienza edall’acquisizione di sempre maggiore know howproduttivo, nel settore dell’industria del mobile,prendono corpo le importanti acquisizioni di Zalf(1974) e Désirée (1995) che costituiscono lastruttura portante di quello che nel frattempo èdiventato il Gruppo Euromobil, un autentico puntodi riferimento per l’intero settore del mobile.In questa azienda la tradizione e la cura tipiche dellavoro artigianale si sposano con le più avanzatetecnologie sperimentali, creando uno degli esempipiù significativi di sviluppo industriale coerente coni legami e la storia del territorio.

In termini di evoluzione, la storia imprenditorialedella famiglia Lucchetta vede la luce a metà delsecolo scorso, a Pieve di Soligo, nel cuore dellaMarca Trevigiana, a ridosso delle dolci colline doveverde, vino e buona cucina vanno costantementea braccetto.

Luigi Lucchetta lavora come falegname in ungrande mobilificio di proprietà del commendatorUgo Baseggio, dove rimane fino al 1963. Artigianodi talento, lavoratore perseverante e uomoinstancabile, nell’ambito della sua attività LuigiLucchetta è molto stimato e tutti conoscono ericonoscono i suoi sforzi per mantenere con decoroil suo numeroso nucleo che è composto dallamoglie, Luigia, e da ben nove figli, cinque maschie quattro femmine. Ma Luigi è uomo che guarda alfuturo, ama mettersi in gioco, sente l’aria nuovae decide di avviare un’attività lavorativa in proprio.Con l’aiuto del maggiore dei figli, Antonio, aprenel 1960 una piccola attività di produzione diinfissi in legno, che prende il nome di MobilificioLucchetta Luigi & Figli.

Una volta terminati i rispettivi studi, anche glialtri figli Giuseppe, Gaspare, Fiorenzo e Giancarloconfluiscono a turno nell’impresa, che diventa cosìla principale attività di famiglia e il centronevralgico della vita e delle aspettative dei fratelli.Per i Lucchetta, infatti, l’azienda rappresenta moltopiù di una mera risorsa economica, costituendola massima espressione dei sentimenti di onore eimpegno appresi dai genitori. L’azienda costituisce,per loro, il filo conduttore dell’esistenza stessa,una sorta di grande traguardo da tenere semprepresente e vivo, un punto di riferimento costante. In particolare, sviluppano una visione della vitaaziendale basata sulla centralità delruolo dell’imprenditore che non èmai un singolo, ma un gruppo,che parte dalla famiglia e si amplia a tuttii collaboratori, internied esterni.

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Valorizzare il lavoro di gruppo diventa così nonuna politica occasionale, ma il vero centro dellamission dell’azienda. Questo spirito di condivisionedei compiti fa da filo conduttore all’impresa venetache parte con un solo imprenditore-fondatore,allarga ai suoi eredi l’attività e, infine, inglobala collaborazione di tante persone. Peraltro, questomodello è stato trasmesso ad altre imprese natedall’impegno di un unico imprenditore, come èaccaduto, per esempio, in Emilia-Romagna e nelleMarche.

Inizialmente lo sviluppo dell’impresa si è basatosulla forza lavoro prodotta dai cinque fratelli, chehanno collegialmente rappresentato unaformidabile risorsa economica e produttiva;ma questo non ha impedito all’azienda di orientareil suo successivo percorso verso forme di gestionepiù moderne e integrate.

L’azienda, infatti, è cresciuta in conseguenza diun’evoluzione, anche culturale, del sistema dellagestione produttiva e imprenditoriale. È possibileriscontrare, fin dagli albori dell’attività delMobilificio Lucchetta Luigi & Figli, una spiccatasensibilità agli orientamenti di mercato unitaa un naturale intuito imprenditoriale che ha semprecaratterizzato i componenti la famiglia, facendo lafortuna dell’impresa. Dal punto di vista produttivo,per esempio, non si limitarono a ciò che più andavasul mercato ma rivolsero la loro attenzione atipologie di lavorazione giudicate più promettenti.Da qui prende corpo un’idea che si riveleràvincente, vale a dire quella di costruiree commercializzare cucine all’americana(o componibili) che all’epoca cominciano adapprodare sul mercato, riscuotendo da subitoincoraggianti consensi.

Ricordiamo che siamo negli anni sessanta,e questo è il periodo in cui il boom economico,unitamente a una politica fiscale a favore dellosviluppo delle cosiddette “aree depresse”, incentivala nascita di nuove attività produttive, stimolal’occupazione, aumenta il reddito e dà impulso alfenomeno dei consumi di massa.

Anche nel mercato del mobile la domanda crescerapidamente e i fratelli Lucchetta sviluppano laproduzione adottando sistemi e tecnologieinnovative, creando economie di scala che incidonosugli utili finali in maniera positiva e permettono diacquisire quote di mercato crescenti di anno in

anno. Verso la fine del primo decennio di attività, larapida fase di sviluppo dell’azienda crea impellentinecessità di ampliamento conseguenti all’utilizzodi macchinari a forte automazione. La crescitaviene però frenata dall’ubicazione del Mobilificio, alcentro del piccolo paese di Pieve di Soligo, dovemancano spazi adeguati alla costruzione di grandicomplessi industriali. L’unica soluzione possibile,anche a fronte delle prospettive di crescita future,è dunque un trasferimento dell’attività in unanuova sede.

L’occasione si presenta nel 1972, quando iLucchetta acquisiscono una nuova area di 20.000metri quadrati in località Falzè di Piave, nelcomune di Sernaglia della Battaglia, a pochichilometri da Pieve di Soligo. In questo luogo vieneedificato un fabbricato di 4000 metri quadrati,situato in una zona che ben si presta alle esigenzedistributive e commerciali dell’attività del mobile,sia per la sua vicinanza a importanti centri urbaniquali Treviso, Conegliano, Belluno, sia anche perla possibilità di ampliare progressivamente gli spazi produttivi.

Nasce così il nuovo complesso industrialee l’azienda prende il nome di Euromobil Srl.

Già in questi primi anni di attività è possibilericonoscere nella gestione imprenditoriale dei fratelliLucchetta quella propensione positivaal cambiamento che ha consentito di traghettarel’azienda da un’ottica di lavorazione artigianalea quella industriale, intraprendendo un camminoin cui molte altre imprese hanno fallito. Quellache emerge nell’esperienza dei primi lustridi Euromobil è, infatti, la filosofia di una nuovaborghesia industriale, in cui non esistono patrimonifondiari o eventuali titoli nobiliari. Si tratta di unavisione dell’impresa basata sui valori semplici delmondo rurale: il rispetto, la collaborazione, il piaceredi ritrovarsi e quello di costruire un bene che nonsia fine a se stesso, ma che sappia anche raccontareun pezzetto della storia di chi l’ha prodotto.

La storia di Euromobil è, quindi, una storia dipassione, unità, buoni ideali, una storia che da oltretrent’anni rappresenta un punto di riferimento peril mondo del mobile e dell’impresa in senso ampio.Nel 1974 i fratelli Lucchetta acquisiscono la Zalf,azienda specializzata nella produzione di mobilicomponibili, nella zona di Maser, non lontano daTreviso. Qui, grazie a una sapiente opera di

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Una rassegna distrumenti da lavoro: i ferri del mestiereper lavorare il legnosono gli strumentisimbolo dellatrasformazione dellegno da materiaprimordiale,evoluzione dell’albero,oltre che ricchezzaspontanea dellanatura, in oggetti diartigianato e poi, conl’avanzamento dellatecnica, in oggettidell’artigianato edell’industria. Questistrumenti sono ormaianche testimoni di unpassato prezioso eindimenticabile, dovel’uomo con la suaforza e intelligenzalavorava la materia ela trasformava a suogusto e inventiva.

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modernizzazione, la fabbrica viene rapidamentetrasformata per una produzione fortementeautomatizzata. Grazie all’utilizzo di macchinariin linea si ottiene una maggiore integrazione trai componenti del prodotto e si sfruttano economiedi scala crescenti. Ma è soprattutto nella gestionedelle logiche di produzione e di sell out che si trovala vera innovazione. Il Gruppo Euromobil è, infatti,una delle prime imprese in Italia ad adottareun sistema di contabilità industriale basatosu un centro di elaborazione dati interno, in gradodi gestire le commesse e il lancio della produzionein modo programmato. Il sistema è organizzato

intorno a una piattaforma che gestiscecompletamente i lotti di produzione inrelazione agli input provenienti dalla retedel marketing relazionale e dalleprevisioni di mercato. Si tratta del primoesempio di flessibilità applicataall’industria del mobile e rappresentaun vantaggio strategico così rilevante chei mobili componibili che escono dallelinee di produzione conquistano ilmercato nel giro di pochi anni. Oltre aun indubbio successo commerciale,questo rappresenta anche uninteressante esempio dell’applicazioneoperativa della filosofia di Euromobil,che vede, nella crescita culturale enell’innovazione, il primo strumento

strategico di competizione. Competenze di design, affiatamento dei partner

commerciali e un continuo miglioramento deiservizi, pre e post vendita, diventano i maggioripunti di forza del Gruppo, che inizia parallelamentea investire sulla propria immagine esterna, perrenderla coerente all’innalzarsi del posizionamentodi mercato.

Gli anni ottanta rappresentano per l’aziendauna stagione di grande espansione, orientata amiscelare congrui investimenti sulle risorse umanecon l’introduzione di tecnologie informatichedestinate al marketing, la pianificazione e ilcontrollo, così da spostare le aree di maggioresviluppo dalle capacità produttive alle risorseimmateriali e intangibili del patrimonio aziendale.In particolar modo, sono le risorse umane adessere coinvolte in maniera totale nelle operazionidi riassetto organizzativo, con una significativa

Una foto ricordo della fine dei lavoridel primo capannonedove i Lucchettaavrebbero prodotto le cucine componibili.C’è, in questaistantanea, una bellarappresentanza della famiglia. Siriconoscono mammaLuigia (la prima asinistra) e papà Luigi(l’ultimo a destra),con nell’ordine i figliGiancarlo, Fiorenzo,Gasperina, Antonio,Maria, Gaspare e Giuseppe. Nei lorovolti serenità e aspettativa per un futuro denso di soddisfazioni.

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azione di formazione. Questa ha lo scopo dipromuovere un processo di adeguamento dellecompetenze professionali di quadri e dipendenti,coerente con le crescenti esigenze delposizionamento aziendale.

L’idea centrale di queste azioni è che ilcambiamento può essere progettato solo a patto chele persone possiedano strumenti culturali eprofessionali in grado di comprendere e governarei mutamenti in corso. I Lucchetta intuiscono,infatti, che è necessario porre al centro delle finalitàorganizzative lo sviluppo degli uomini e dei

risultati attraverso un usoculturale e professionale deimezzi e delle conoscenzetecniche.

Un’ulteriore occasionedi espansione si presenta nel1995, quando viene rilevataa Tezze di Piave (Treviso)un’azienda di imbottiti,Désirée, che è sottopostaa un radicale pianodi ristrutturazionee ampliamento e lanciataverso un settore di qualitàmedio-alta, coerentementecon le consociate Euromobile Zalf. Si costituisce, così, ilterzo caposaldo del Gruppo,che usufruisce favorevolmentedelle esperienze e delleconoscenze tecniche e

culturali, del management e della rete deicollaboratori interni ed esterni, raggiungendoin breve un buon target di vendita.

Alle soglie del nuovo millennio, Euromobilcompleta la prima fase espansiva caratterizzata dagrandi acquisizioni per dedicarsi al consolidamentodelle quote di mercato e al progressivo ampliamentodelle strutture produttive delle consociate.

Il Gruppo Euromobil, oggi, è formato daEuromobil per le cucine, Zalf per le zone living,spazio ragazzi, armadi e uffici e da Désirée perdivani, poltrone e letti. A tutte queste societàsi affianca l’attività del Mobilificio Lucchetta Luigi& Figli che è proseguita negli anni orientandosisoprattutto alla fornitura delle altre aziendedi famiglia.

La famiglia come azienda ante litteram

Il Veneto terra di contadini ed emigranti è statoa lungo un’area depressa dominata da un sistemaeconomico di stampo rurale dove grandi famiglie,organizzate secondo il sistema del matriarcato,condividevano ogni aspetto della vita e del lavoro,secondo un modello etico basato sulla solidarietàreciproca e la comunione di ogni bene e risorsa.Spesso la figura centrale della famiglia, e poi

I coniugi Lucchetta,Luigia e Luigi, incompagnia di tre deiloro figli: da sinistraAntonio, Maria eAngelina, con gliocchioni attenti eaperti alla vita. Neidue genitori si scorgela fierezza di chi sache il futuro saràintenso e laborioso,grazie anche a queipiccolini in attesa diaffacciarsi al mondo.Alle spalle deigenitori e dei trebimbi sembra discorgere la sagomadelle colline venete,là sullo sfondo, oltrela finestra che siintravede appena.Forse è una visione dichi scrive, ma questoscenario costituiscele “quinte” di tutta lastoria familiare deiLucchetta.

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dell’impresa, era costituita dalla donna: una materfamilias con la capacità e il potere di tenere unitilavoro ed esigenze, mancanze e bisogni,collaborando con il pater familias che all’esterno,il più delle volte, si inventava un lavoro che inmolti casi ha dato vita a micro, piccole e medieimprese del futuro. Un modello funzionaleal lavoro agricolo, riscontrabile in molte societàcontadine, che è sopravvissuto fino a tempi recentinelle tradizioni e nella cultura veneta, tanto dacostituire un importante presupposto per le molteimprese che, negli ultimi quarant’anni, sono natee cresciute sviluppandosi in un processo quasidi osmosi con le famiglie dei propri fondatori.

La famiglia Lucchetta, appunto, nasce daquesti presupposti e con due forti protagonisti,Luigi e Luigia, un marito e una moglie, forti diben nove figli, diventati poi otto, cinque maschie quattro femmine – Angelina, Silvana (mancataa due anni) Maria e Gasperina – tutti in buonasalute, pronti ad ascoltare mamma e papà,pur nella loro esuberanza giovanile.

Luigia gestisce la casa, con dolcezza edeterminazione insieme, con polso fermo e conla consapevolezza che i soldi non sono molti,ma tutti devono mangiare per stare bene e crescere.C’è poi il problema del freddo, ma le coperte ea volte qualche tenero abbraccio possono risolvereo tamponare anche questo dato naturale.

I pranzi e le cene nella casa di Luigi e Luigianon sono luculliani, ma non manca mai qualcosadi buono e genuino. I ragazzi crescono e vedononel padre un grande punto di riferimento: Luigilavora da quando ha dieci anni, è un bimboprecoce, ma già un artigiano dalle mani d’oro.Quando afferra il legno non delude mai per leforme che sa realizzare e sagomare. Il suodesiderio è che i figli sappiano a loro voltacrearsi il proprio spazio, soprattutto da quandocon il maggiore, Antonio, inizia a creare qualcosain proprio.

Dalla prima piccola impresa, il MobilificioLucchetta Luigi & Figli, prende il via un’avventuraemozionante e incredibile che oggi è la realtàdel Gruppo Euromobil.

Dalle mani di Luigi, il legno diventa realtà etramite il lavoro di équipe dei fratelli la piccolaimpresa diventa, con il passare degli anni, una delleaziende più importanti del suo settore in Italia e in

parte d’Europa. Da quella casa piena di voci, daquelle tavolate dove il padre parla e gli altriascoltano è nato il fuoco di una passione che ha trasformato una piccola realtà in un’aziendache è uno dei punti di forza dell’operoso nord-est. Si può sostenere che già in questo nucleofamiliare si intravede una buona capacità dicomunicazione. I genitori fanno capire ai figli,più con i fatti che con le parole, quanto siaimportante darsi da fare, credere in qualcosa,avere una meta da raggiungere; e i ragazzi

intuiscono che il padre ha uno scopo: vuolelavorare il legno in modo da costruire un avvenireche potrebbe essere per tutti. Non esistono sabatie domeniche, la preghiera dà la giusta forza neigiorni di festa comandata; in grande armoniala famiglia Lucchetta costruisce, anno dopo anno,la propria storia, il proprio luminoso futuro.Una famiglia e una forza: in essa, infatti, si riversatutto l’impegno e la determinazione di unavocazione imprenditoriale che trova feliceespressione proprio nei fratelli, diversi per età,carattere e attitudini. Questi, nonostante le

Luigi Lucchetta è unmaestro nel lavorareil legno, ha gusto esa forgiare la materiacome pochi. Sotto lesue mani il legnoprende forma, diventaoggetto da ammirare.Inoltre, sa ancheorganizzare e avviarequella che saràl’azienda del futuro,con i figli checontinueranno il suocammino.

Luigia Lucchettagestisce la casa con mano sicura. Prepara i pasti,accudisce la suafamiglia numerosa e articolata. Sa dare forza efiducia, senza indugie tentennamenti. È una guida e unasicurezza per tutti.

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differenze, mantengono nel tempo la capacità di“fare squadra” e lavorare insieme, nondimenticando mai di coinvolgere i collaboratori e ilpersonale, per migliorare il trend dell’azienda e lapropria capacità nella gestione dell’importantebusiness da loro stessi creato e incrementato. Lacapacità di utilizzare le mani da parte del padre edei figli costituisce in embrione già una forma

d’arte che in seguito diventerà il motivoconduttore – la colonna sonora potremmo dire –di tutta la comunicazione del Gruppo. Questafamiglia veneta ha in qualche modo l’arte nelsangue e, da qui, nasce il desiderio di incontraregli artisti, i pittori e gli scultori, insieme aicampioni dello sport. Questa è l’impalcatura su cuicostruire una case history di comunicazione cheha pochi precedenti in Italia e nel resto d’Europa.Un numero sempre più vasto di artisticontemporanei trova nei Lucchetta un portosicuro per potersi esprimere ad alto livello, grazieal rispetto per l’arte che supera la puracommercializzazione. Anche per questo carattereunico, il caso Euromobil viene analizzato dastudiosi e addetti ai lavori ed è addirittura oggettodi tesi di laurea: dalla Ca’ Foscari di Venezia allaBocconi di Milano, alla IULM di Feltre.

Tradizione artigianale e sensibilitàartistica

La materia come realtà tangibile che può essereforgiata con le mani e adattata alle innovazionitecnologiche ha portato il Gruppo Euromobil ad

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avere un contatto sempre più stretto con l’arte e ildesign. I quattro fratelli Antonio, Gaspare, Fiorenzoe Giancarlo hanno, infatti, sempre avuto unapassione particolare per le opere d’arte, per lafrequentazione e il rapporto oltremodo familiarecon gli artisti. Il gusto per il colore, per le forme,per il design che diventa opera esclusivarappresenta per i componenti di questa famigliaun piacere quotidiano. Tutti e quattro i fratelli, in particolare Gaspare, dedicano una parte dellapropria esistenza alla visita e alla scoperta capillaredi artisti, inizialmente locali e successivamentenazionali e internazionali.

L’incontro e il colloquio con i pittori diventanegli anni un appuntamento quasi settimanalee permette loro di affinare la propria sensibilità,già naturalmente sviluppata, nei confrontidell’espressione artistica.

Questo binomio fra industria e arte è diventato,con il trascorrere del tempo, un marchio difabbrica che contraddistingue il GruppoEuromobil nel firmamento produttivo italianoe internazionale.

Da oltre vent’anni l’azienda veneta segue questasua strada caratterizzata da produzione, mostred’arte ed eventi da inaugurare in luoghi semprepiù lontani dalla sede storica di Falzè di Piave,senza dare troppo peso all’apparire, senza voler fartroppo sapere cosa sta accadendo. Tutto si svolgeal cospetto dei visitatori, ma senza compiacimento,facendo leva su un’attività di comunicazione chemetta in totale evidenza questa importantepartecipazione dell’azienda, che affianca allacultura anche lo sport vissuto sempre ad altolivello, come il ciclismo con la celebre ZalfEuromobil Désirée Fior, o la pallavolo femminilecon la squadra di A1 del Noventa o, ancora,con il grande calcio di serie B che ha vistoEuromobil per diverse stagioni sponsor principaledel Perugia Calcio.

Un impegno a tutto tondo quello del Gruppoche, ancora una volta, sottolinea il grandedinamismo e la passione per la cultura, in ognisua forma di espressione, che da sempre anima lafamiglia. Una famiglia, questa, che compie unpassaggio cruciale da un mondo artigianale a unoindustriale, senza mai scordare le proprie originie facendo sempre tesoro degli insegnamentie dell’esperienza maturata.

Una bella riunionedi famiglia, con Luigiae Luigi e i figli, inoccasione dellenozze d’argento deigenitori. Ancora unavolta la confermadi una famiglia unita,che si ritrova perstare insieme.Il tempo trascorre,ma per i Lucchettala famiglia rimaneun importante puntodi riferimento e diunione. Come spessoaccade, sullo sfondosi intravedonole colline, scenarionaturale e idealedella storia di questafamiglia. Da sinistraGaspare, Angelina,i genitori, Fiorenzo,Antonio, Giancarlo,Maria, Giuseppe,Gasperina.

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ad essere legati alla tradizione e all’innovazionenello stesso tempo. Il “caso” Euromobil stupisceanche per la costanza dell’impegno attraverso glianni: il coinvolgimento del gruppo in eventi einiziative di vasta portata non risponde infatti ainterventi sporadici, ma è saldamente inserito nellacultura aziendale. Gli oltre vent’anni di coerenzae di comunicazione attraverso l’arte e l’eventoculturale rappresentano i migliori testimonidell’unicità di questa avventura. Un impegno cheoggi è arrivato molto lontano ma che è partito da

vicino, da quelle terre del profondo nord-est chetanto hanno rappresentato nelle vicende umanee imprenditoriali dei protagonisti di questa storia.Proprio da Treviso sono cominciate le grandimostre di rilevanza internazionale, organizzate ecurate da Marco Goldin, con il focus sulleimmortali opere dei pittori impressionisti,ospitate nella cornice di Casa dei Carraresi.Un grande successo, il migliore trampolino dilancio per una serie di iniziative che sono andatevia via crescendo per frequenza e intensità.Dalle installazioni di Plessi, che ha letteralmenteinfiammato piazza San Marco con la sua operaWaterFire, fino alle mostre parigine di Leonardoal Louvre e dei dagherrotipi al Musée d’Orsay,l’impegno del Gruppo Euromobil continuae si rinnova costantemente con le ormai ben notegrandi mostre a Brescia dedicate a Monet,Van Gogh, Gauguin. Altri progetti, solo per citarnealcuni, riguardano iniziative presso l’Ermitagedi San Pietroburgo, il Guggenheim di Bilbaoe il Museo d’arte moderna di Mosca.

Mauro Pecchenino

Un impegno forte nella cultura

Oggi il Gruppo Euromobil affida le proprie forzea una sempre più intensa frequentazione del mondoartistico, che è diventata una caratteristicaindissolubile dell’azienda. Un connubio con l’arte,senza confini né restrizioni, che spazia dalle opereclassiche e senza tempo degli impressionisti finoai più moderni linguaggi in grado di mescolare artee tecnologia, espressione visiva e applicazione dellamateria, come le celebri installazioni di FabrizioPlessi. Il legame con l’arte si traduce, a livelloindustriale, in un’attenzione sempre maggiore aiprodotti e al design, con una spiccata propensionealle esigenze del cliente e una vocazione per il just-in-time. Si realizza, così, un prodotto sempre piùraffinato, che nasce e si sviluppa in sinergia con leinfluenze che arrivano dal mondo della cultura,sempre più attento ai desideri e ai gusti del nuovoconsumatore, ormai un vero e proprio partner inbusiness per l’azienda moderna, di qualsivoglialatitudine. Si viene così a creare un connubio assaiinsolito tra una produzione sempre più flessibile,integrata ed efficiente e dei contenuti estetici delprodotto valorizzati e consolidati dall’influenzaartistica.

Con questo libro il Gruppo Euromobil deponeuna sorta di prima pietra miliare della sua storia.Infatti, dopo oltre vent’anni di impegno nel mondodell’arte, del design e dello sport, racconta a tutti – ai clienti storici, attuali e potenziali, aifrequentatori degli eventi, agli artisti e a tutti coloroche hanno collaborato a questa storia aziendale – lapropria avventura, una case history emblematica siadal punto di vista imprenditoriale sia da quello dellacomunicazione e della cultura. Lo sviluppodell’azienda, infatti, e il suo passaggio attraverso lefasi dell’artigianato, della produzione aziendale finoalla realtà industriale nazionale e internazionalenon costituisce soltanto un caso emblematicorispetto al territorio del nord-est, ma rappresenta unpunto di riferimento per molte altre aziende chetrovano nel Gruppo un valido benchmark, grazieall’impegno e ai legami tra cultura e ambito sociale.

Oggi il Gruppo Euromobil è diventato partnerdell’arte internazionale, mantenendo sempre unlinguaggio e un profilo di comunicazione di grandecoerenza. Gli eventi e le mostre d’arte sono, infatti,parte integrante dell’universo culturale dell’aziendae un segno distintivo che porta i fratelli Lucchetta

Un’affollata riunione di famiglia. Un altrosimbolo di coesionefamiliare in occasionedel compleanno di Luigia. Ancora unavolta all’aperto, in mezzo alla natura,con il desiderio dicreare unione e stareinsieme.

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Il design come impresa

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Da decenni il Gruppo Euromobil opera nelcampo dell’arredo in Italia e nel mondo. Esso èanche, anzi soprattutto, un’esperienza di carattereprogettuale attraverso la quale transitano prodottie sistemi di arredo per la casa accomunati da unaserie di grandi valori che costituiscono il contestoculturale di riferimento, originale o comunque nonsempre rintracciabile in realtà industriali analoghe.

Il Gruppo si fonda su alcuni valori centralidel Made in Italy: una famiglia di imprenditori;un territorio che rappresenta, nel panoramainternazionale, un sistema irripetibile, dall’ideaal mercato, e che mantiene primaria la qualitàdel prodotto; un continuativo e lungimiranteinvestimento nelle tecnologie e negli stabilimentiproduttivi; per ultimo, non per importanza,l’apertura verso l’arte contemporanea cheè da ricondurre al gusto e alle scelte dei fratelliLucchetta. E l’arte è un patrimonio che interagisce,direttamente o indirettamente, con il modo difare impresa.

È come se, lo possiamo leggere nelle pagineseguenti dedicate all’evoluzione e alla presenzadel design nell’azienda, ritrovassimo inun’esperienza specifica e concreta quella modalitàprecipua che contraddistingue il fare designin Italia: la ricerca nelle tecnologie e una culturadi riferimento intesa non soltanto come strumentodi marketing, ma come cuore e mente cheguidano chi produce gli oggetti destinati alla vitae agli spazi del nostro privato. Ovvero abitareil mondo attraverso la propria casa.

Nella bottega rinascimentale si ritrovano tuttequeste componenti: il saper fare bene il propriomestiere guardando alla scienza, alla tecnologia,alla natura e all’arte. In sostanza, unaspecializzazione che non si autoalimenta, ma cheinvece cerca nei grandi modelli culturali, in primoluogo le arti, la libertà d’espressione. Tale libertàla ritroviamo all’interno del processo industrialein un oggetto come una sedia, una cucina, unarmadio, in tutto ciò che ci serve e che è in grado

Dal prodotto al sistema:il ruolo del design

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anche di esprimere un valore simboliconon esauribile nella soddisfazione della funzionedeputata.

La storia del Gruppo Euromobil daglianni settanta a oggi coincide anche con la storiae l’evoluzione del nostro Paese. È lo sviluppodi una società che, avendo alle spalle la grandetradizione contadina, procede verso unacultura d’impresa che non si separa mai dallesue radici, ma anzi fa delle proprie origini ragionedi identità e di orgoglio. Il Gruppo Euromobil siidentifica con il suo territorio e, soprattutto, conl’apertura nei riguardi della cultura visivacontemporanea, alla quale sono sempre daricondurre le ragioni ultime del design. La tipicitàdi quest’azienda è significativa in relazione auna serie di passaggi e trasformazioni che hannoaccompagnato il suo sviluppo produttivo e chene fanno, in generale, un modello per l’interosettore del Made in Italy e, in particolare, unriferimento per la produzione dei sistemi abitativi.

Gli anni settanta, il decennio nel quale ècollocabile l’origine dell’azienda, è un periodosignificativo per quelle trasformazioni checoinvolgono i grandi numeri del mercato: daun modello produttivo artigianale o, come nel casodi Euromobil cucine, da un tipo di produzionedestinata a singoli elementi d’arredo, si arrivaa una logica di sistema che mantiene due valorifondamentali per il design italiano: il controllodella qualità, esercitato direttamente all’internodell’azienda, e i concetti di flessibilità e variazione,ovvero la progettazione e la produzione ad hoc. Non è stato facile partire da infissi e serramenti inlegno e arrivare, nell’arco di pochi anni, a una logicadi collezione completa di sistemi abitativi, facilmenteadattabili alle diverse esigenze di spazio,mantenendo funzionalità e qualità estetica. Talerisultato è stato possibile grazie alla visioneprogrammatica dei fratelli Lucchetta, in grado diapprontare da un lato gli opportuni investimentinella produzione, dall’altro la crescita culturale e la conseguente trasformazione dell’immagine deiprodotti. Il processo è stato graduale, si è fondatoanche su collaborazioni continuative con maestranzee professionisti in tutta la filiera produttiva, e hacorrisposto a una precisa strategia per il futurointegrato dei tre marchi (Euromobil, Zalf e Désirée).

Il principio fondamentale del successo delGruppo Euromobil consiste nell’aver compreso chela cultura del design non si limita ad affrontareproblemi di forma o di linguaggi estetico-simboliciche tengano conto solo “dell’oscillazione del gusto”,come scrive Gillo Dorfles (Le oscillazioni del gusto,1966). Più profondamente, l’estetica è stata presentein tutte le fasi del processo produttivo, dai materiali,alle tecnologie, alla scelta di macchinari, allalogistica e organizzazione, comprendendo il ruolostrategico del design in tutte le fasi della culturaindustriale, e mettendo al centro la dialettica tra“costanti” e “variabili” estetiche e produttive. Daquesto punto di vista è particolarmente significativoil titolo del primo house organ del Gruppo, “LaPialla”: il ricordo di uno strumento che consente la“variabilità” di esecuzione (come se fosse fatto amano), insieme alla consapevolezza che perprodurre, rivolgendosi a un mercato in espansione,è fondamentale definire e mantenere una “costantequalità”. Solo modelli di comportamento chepossono essere serializzati consentono di progettaree produrre identità e caratteristiche originali.

Come scriveva un grande filosofo italiano, EnzoPaci, in occasione della prima riunione del nascenteCompasso d’Oro nel 1954, “il designer sta tra l’artee la società e inventa forme che non furono mairealizzate e che, nella loro organicità, esprimononuovi metodi di vita” (Enzo Paci, Documenticonvegno Compasso d’Oro, 1954). L’idea vincente delGruppo Euromobil sta proprio nella comprensionedel proprio tempo, utilizzando al meglio letradizioni artigianali ed essendo in gradocontemporaneamente di esprimere e di produrreoggetti necessari e desiderati dai nuovi modellidi vita e di organizzazione sociale presenti nelle varie epoche.

Il disegno industriale è un’attività creatrice chetende alla realizzazione di un ambiente materialecoerente, finalizzato a soddisfare in modo ottimalei bisogni materiali e spirituali dell’uomo. Talefondamentale finalità spinge verso una produzioneall’insegna della coerenza progettuale, nella qualecomunque la forma dei prodotti deve possedere unapropria specificità simbolica per distinguersi nelmercato. Sin dalle origini, il Gruppo Euromobil hasempre evidenziato una particolare attenzione neiriguardi della coerenza espressiva. Questa è anche il

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risultato di altrettanta conformità ai valoriindustriali. La forma dei prodotti, dallacomunicazione alle attività culturali, dai luoghidella produzione agli spazi del mercato edella distribuzione, corrisponde in un certo sensoal “volto” di coloro i quali sono alla guidadell’azienda, nel nostro caso i fratelli Lucchetta.

Come sottolinea uno dei più importanti studiosidi design, Tomás Maldonado, “per proprietà formalinon si devono intendere esclusivamente lecaratteristiche esteriori e superficiali, ma quellerelazioni strutturali che conferiscono a un sistemacoerenza funzionale e identità formale e che,contemporaneamente, contribuisconoall’incremento della produttività” (TomásMaldonado, Disegno industriale: un riesame, 1976).Già negli anni settanta, ma in modo più evidentenei decenni successivi, anche grazie all’acquisizionedei marchi che si aggiungono a Euromobil (Zalfnel 1974 e Désirée nel 1995), i fratelli Lucchettadimostrano concretamente che per loro il disegnoindustriale non svolge un ruolo esclusivamenteestetico; ha invece una finalità culturale, ovverola realizzazione di un mercato nel qualel’acquirente esprime, accanto alla scelta di gusto,un desiderio di consistenza tecnica, strutturalee funzionale. Ecco perché, secondo noi, progettarela forma di un oggetto qualsiasi, soprattutto sedestinato all’abitare, significa coordinare, integraree articolare tutti quei fattori che, in un modo onell’altro, partecipano al processo costitutivo dellaforma dei prodotti. La riconoscibilità degli oggettinon è affidata esclusivamente al singolo artefatto,appartiene piuttosto a un sistema di riferimento piùgenerale che coincide con la missione industrialedell’azienda: ricerca, innovazione, insediamento inun territorio specifico, design come presenzastrutturale nel processo produttivo e, nel caso deifratelli Lucchetta, un’esperienza culturaleparticolare, come l’amore e la passione da vericollezionisti nei riguardi dell’arte contemporanea.

Cosa significa andare oltre i propri orizzontiprofessionali e produttivi dedicando, in questo caso,tempo, passione e interesse all’arte contemporanea?Credo non sia soltanto l’espressione di sceltepersonali, ma il vero compimento della propriaattività, perché quando si ama la bellezza e la siricerca con impegno e assiduità nell’artecontemporanea, si svolge bene il proprio mestiere

e si è capaci di andare oltre la dimensione tecnica e commerciale del singolo prodotto.

Rispettare l’autore, nel design come nell’arte,vuol dire mettere al centro l’idea superandol’orizzonte dell’artefatto compiuto: come un quadro,anche un oggetto di uso quotidiano è in grado diesprimere significati che superano l’utilizzo e lafunzione pratica, proprio perché è manifestazionedi una volontà innovativa che cerca, attraverso il pensiero e le idee, di superare il confine dellamera realtà d’uso. L’attività di progettazione e diproduzione debbono avere al centro il desiderio di espandere gli orizzonti delle tipologie alla ricercadi oggetti in grado di parlare, oltre che alla ragione,anche al cuore. Il Gruppo Euromobil è un’aziendache non dimentica la centralità della dimensioneumana, poiché realizza prodotti che esprimono,oltre alla ragione pratica, il nostro desideriodi bellezza.

Aldo Colonetti

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Anni settanta: la nascita del Gruppo Euromobil

La produzione in serie e l’evoluzione della cucina in Italia

Il Mobilificio Lucchetta produceva infissi eserramenti in legno. Già dalla fine degli annisessanta l’azienda ha ipotizzato un cambiamentoda una produzione di tipo artigianale a una di tipoindustriale organizzata. Il primo esperimento inquesto senso sono state delle camere da letto, di cuifurono realizzati una cinquantina di esemplari, mapoiché l’investimento iniziale in quel settore eratroppo alto da sostenere, per le linee di verniciaturae i macchinari appositi, i fratelli Lucchetta deciserodi investire nell’ambito delle cucine, in quantosettore agli inizi e con enormi potenzialità disviluppo. Era l’anno 1967.

Il cambiamento di rotta del Mobilificio si collocain un’epoca particolare per il design italiano che siera appropriato delle tradizioni artigianali e delle

culture produttive autoctone, costituendo un nuovorinascimento delle arti applicate, spinto dalleintuizioni della piccola e media industria e dallastrutturazione delle logiche produttive in serie. Illivello tecnologico e industriale raggiunto negli annisessanta e settanta permise la nascita di nuovetipologie di oggetti e la progressiva trasformazionesia delle abitudini degli italiani, sia delle loromodalità di abitare gli spazi della casa.

Non è casuale che Gillo Dorfles in quegli anni siinterroghi sulla diversa natura degli oggettiindustrialmente prodotti e sul concetto stesso diproduzione in serie, reso possibile dalla capacitàdella macchina di moltiplicare all’infinito ilmodello. Questi oggetti, sottolinea Dorfles, sono“concepiti come compiuti nella loro resa finale, maanche nel processo produttivo, prima della suastessa attuazione” (Introduzione al disegnoindustriale, 1971, p. 28). Ciò sottolinea che, adifferenza di un prodotto artigianale, la creativitàdel design industriale avviene a monte, nelmomento della definizione del progetto, dei relativistandard di modello, delle sue componenti e ditutte le fasi di lavorazione industriale che nepermettono la fabbricazione. I prodotti di serie perloro natura nascono in relazione alle strategie dimarketing: ai numeri e ai costi di produzione, allelogiche di distribuzione e di consumo. Questo

Louisiana è unacucina componibile in stile country del1975, con l’anta inlegno di ciliegio,un’essenza nuova perl’epoca, in quanto siutilizzava soprattuttoil rovere e il noce.Louisiana presentaanche la Serie Giornocon tavoli e sedieabbinate, con unalogica di arredototale per l’ambientecucina. Louisianastabilisce ancheil passaggio dallacucina componibileprodotta a“magazzino finiti”a quella realizzatasu ordinazione conil top continuo.

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concetto è sempre stato chiaro ai fratelli Lucchetta,i quali hanno investito sui processi produttividell’azienda, sullo sviluppo e sulla variazione deimodelli all’interno delle logiche industriali.

L’innovazione tecnologica applicata allaproduzione di massa ha permesso lastandardizzazione degli oggetti a cui sonoconseguite, da un lato, la riprogettazione degliambienti della casa – significativa è la cucina chetorna ad essere centrale nella planimetriadomestica – e, dall’altro, la creazione di nuovi bisogni, come la necessità di ottimizzare i tempidi gestione della casa da parte delle donne, semprepiù lavoratrici e meno massaie. La comparsa deiprodotti industriali nel quotidiano delle personeha sancito il concetto del “bello = utile” e haconsacrato il ruolo del design nella progettazionedi opere che dovevano essere fruite, compresee apprezzate dai più. Gli oggetti industrialisi radicano nelle pratiche degli utenti, poichéparlano il linguaggio dellanecessità e dei rituali delquotidiano. Infatti, soprattuttonell’ambito dell’arredamento, ildesign industriale ha puntatosu oggetti che mostravano losviluppo tecnico e funzionale,senza rompere con l’esteticadella tradizione. Quest’aspettoè riflesso dalle cucine deglianni settanta, alla cuiinnovazione dal punto di vistatecnologico e produttivo noncorrispose altrettanta ricercanel cambiamento formale.Tuttavia, a partire dagli anni

sessanta in Italia, la cucina ebbe una notevoletrasformazione. In seguito alla diffusione deglielettrodomestici nelle case, la tipologia di cucinacon buffet, controbuffet, tavolo, sedie e stufa– un’organizzazione spaziale presente sin daglianni venti – si trasformò in favore del modello“all’americana”. Quest’ultimo nacque dapprimacome blocco di grandi dimensioni contenente glielettrodomestici, da disporsi lungo le pareti o alcentro dei locali. In seguito, poiché non eraadattabile alle differenti dimensioni degli ambientidomestici, il blocco fu suddiviso in moduliaccostabili in batteria – tre basi più colonna oquattro basi più colonna, generando il modellocomponibile detto “all’americana” (o assembledkitchen). La standardizzazione e la riduzione delledimensioni degli elettrodomestici permise diallineare le basi-contenitori alla stessa altezza e dicostituire un piano unico. E poiché l’area di lavoropassò dal tavolo di servizio distaccato a questopiano, il resto della cucina divenne abitabile comele altre stanze della casa. Analogamente il buffete il controbuffet furono sostituiti da armadiettipensili, in modo da avere un posto per ogni cosae ogni cosa al suo posto. L’ordine e la pulizia visivacorrisposero non solo a una maggior sicurezza efacilità d’uso degli elementi, ma stimolarono anchela creazione delle suppellettili di complemento,come tavoli, cassapanche, sedie e banconi. Questoaspetto è ben visibile nel modello Louisiana diEuromobil, uno dei best seller dell’azienda, cheha presentato una linea di arredi in coordinatocon il colore del legno della cucina e con il motivodell’anta a telaio. La Serie Giorno di Louisiana,composta da entratine, due tipi di madie a treo quattro ante, un tavolo con sedie o panche daappoggiare al muro, era finalizzata a creare uninsieme omogeneo e un passaggio graduale dallazona di lavoro a quella della fruizione del cibo.Dunque, la cucina torna ad essere un locale comegli altri, dove poter abitare al pari del soggiorno,non solo con la famiglia ma con tutti gli ospiti.

Fino alla metà degli anni settanta il modellocomponibile prevedeva dei moduli a diverselarghezze. Il rivenditore acquistava dall’azienda imoduli finiti, li stoccava nel proprio magazzino ecomponeva la cucina del cliente in base a quantielementi potevano stare nella lunghezza dellaparete finale. L’evoluzione successiva, che compare

Prodotta nel 1972,Clara è una delleprime cucinecomponibili chesostituisce i blocchida tre o quattro basipiù colonna. È unacucina a elementiseparati, con piedinia vista in legno,mentre i modellisuccessivipresentano già lozoccolo a chiusura.La maniglia èricavata sulla fasciatrasversale inmassello di legno.Le finiture sono incolor sabbia, verdechiaro e imitazionedel legno noce.

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già a metà degli anni settanta,presentava un piano di lavorounico, non più tagliato sui varimoduli, che permetteva dicompletare la lunghezza dellaparete. Questa innovazione hasegnato il passaggio da unmodello fisso di cucina a unodisegnato per le effettive necessitàdimensionali degli ambienti.Dunque, l’offerta di prodotto èstata completata con cassettiere edelementi vari, su cui alloggiare unpiano di lavoro unico eininterrotto. E dal punto di vistaindustriale, si è passati da unaproduzione a “magazzino finiti”,ossia con lo stoccaggio dielementi pronti da vendere, auna sul venduto, ovvero in baseagli ordini specifici. Dal puntodi vista estetico la cucinamanteneva le tradizionali antea telaio con specchiature; pocheerano le varianti cromatichee le finiture.

Le prime cucine di Euromobilriflettono non solo una ricercanella strutturazione dellaproduzione industriale, ma anche latrasformazione della fruizione di questo ambiente.In parallelo con l’ingombro sempre più ridottodegli elettrodomestici, i primi modelli di cucinariflettono la razionalizzazione delle fasi di lavoro.I vari momenti della preparazione del cibo –cottura, lavorazione, conservazione, smaltimentodei rifiuti – sono studiati insieme all’ergonomia,ossia la relazione tra le attività dell’utente e lecaratteristiche degli spazi in cui esse si svolgono.A metà degli anni settanta, Euromobil presentavacon il modello Solaris una serie di elementi comecestoni rotanti o su binari, che permettevanodi accessoriare l’interno dei mobili e organizzarneil contenuto in modo più efficiente.

I prodotti riflettono i cambiamenti sociali degliitaliani: da un lato l’emancipazione della donna ela gestione più efficiente del suo tempo, dall’altrola frammentazione degli stili di vita. Suquest’ultimo tema, Euromobil presenta dalla

seconda metà degli anni settanta una serie dimonoblocchi per residence o mini-appartamenti,da lasciarsi a vista o da nascondere dentro le antedi un armadio. È il caso del Programma 2000,la cucina a scomparsa del 1975, che stava dentroa un vano da 200 5 66 5 124 cm. Il blocco eracomposto da un piano da 120 cm con due piastreelettriche, uno scivolo e una vasca, una cappafiltrante con luci incorporate e un sistema dimensole a giorno. Dalle ante dell’armadio si potevaestrarre una ribaltina per creare un tavolinod’appoggio. Questo modello, come le successiveversioni a uniblocchi, sottolinea l’attenzionedell’azienda per le diverse necessità dicomposizione spaziale e le nuove tipologie diappartamento e target di utenti.

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Katia, nella versionea uniblocchi prodottanel 1978, è unasoluzione concepitaper forniture daresidence o per casedi vacanza. Glielementi sono inmelaminico colorsabbia e castagnocon maniglioni inmassello di legno eprofili in acciaio inox.Questo progettodimostra l’attenzionedi Euromobil, fin daglianni settanta, versodifferenti esigenzefunzionali.

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L’organizzazione della produzione

La produzione degli anni settanta dovettefronteggiare la grave difficoltà economica indottadalla crisi petrolifera conseguente alla guerra delKippur. L’OPEC (l’organizzazione dei Paesimediorientali esportatori di petrolio) decise diridurre l’esportazione e aumentare il prezzo delgreggio del 70%, fattore che determinò un’altainflazione nazionale, l’inevitabile ristagnodell’attività economica, una disoccupazione diffusae l’aumento generale del prezzo dei prodotti finiti.La crisi fu gestita grazie alle risorse territorialie alle iniziative dei piccoli imprenditori italiani.

La produzione industriale e la creazionedi economie di scala permise ad alcuni, tra cuiil Gruppo Euromobil, di puntare sulla funzionalitàe la componibilità dei prodotti, e su politiche diprezzo che potessero rilanciare i consumi. Da quil’investimento di Euromobil sui macchinari e sumateriali quali i laminati, i melaminici o ipolimerici, che permettevano una vasta offertaa costi accessibili. Per fronteggiare la crisi funecessario valorizzare i modelli di gestione, imetodi di lavoro e condurre un aggiornamentocontinuo delle tecniche produttive. Per questaragione Euromobil fu insignita nel 1975 del Premiointernazionale Ercole d’Oro, quale azienda leadernel settore delle cucine componibili, capacedi esprimere le esigenze correnti in una logicadi sviluppo futuro.

Nel Quartier del Piave esistevano varie aziendeche producevano arredi a livello industriale,tuttavia il distretto iniziava a organizzarsi solo neglianni settanta. Dalla seconda metà di quel decennio,a fronte della strutturazione dei punti vendita e diuna rete di agenti, Euromobil si è estesa a tutto il

mercato italiano. Nel 1977 il Comitato del Salonedel Mobile del Triveneto ha promosso undocumento, la Carta del Triveneto, siglato daproduttori, fornitori e agenti del settore. Tale Cartaera finalizzata a stimolare la reciproca fiducia e acreare delle sinergie per il miglioramento deisistemi di vendita e di produzione. Fu redatto unprontuario di regole, ad esempio nella preparazionedelle schede degli ordini o dei listini dei prezzi, inmodo da offrire più garanzie nei vari passaggi dellafiliera. La ripresa economica italiana della finedegli anni settanta partì proprio dalla provincia edall’organizzazione del territorio, dove si stavaformando una rete di relazioni umane e di scambiodi risorse produttive. Le piccole e medie impresepermisero il trasferimento di know how tra settoricomplementari e la trasmissione di saperi trafornitori e imprenditori. Ma ciò che permise larinascita fu la flessibilità produttiva delle aziende,capaci di coniugare la produzione in serie conquella su misura e l’innovazione tecnologica conla tradizione artigianale. In questo senso si mosseil Gruppo Euromobil, investendo sulle tecnologiee i materiali, sull’aggiornamento della produzionee la sistematizzazione del processo industrialee della contabilità.

All’inizio degli anni settanta, quando fuacquistata la fabbrica di Euromobil (a tutt’oggi lasede dell’azienda), passare da una produzioneartigianale a una industriale fu un grosso balzo inavanti, che comportò notevoli sacrifici nonchécambiamenti strutturali, organizzativi e culturali.A livello produttivo, i fratelli Lucchetta si sonotrovati dal lavorare nel solo contesto locale ainteragire con fornitori di materiali e di impiantiprovenienti da tutta Italia e dall’estero. Questo ha

Nel 1972 i fratelliLucchetta acquistanoil sito di unapreesistente fabbricasu un terreno di17.000 metri quadratie con una strutturaal grezzo da 4000metri quadrati.Tale fabbrica è statainteramenteristrutturata peralloggiare i nuovimacchinari perla produzione in seriedelle cucine ed èa tutt’oggi la sededi Euromobil.

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imposto che si strutturassero delle precise logichedi produzione e di gestione degli ordini. Per questaragione, sin dal momento della conversione delmobilificio a industria, i fratelli Lucchetta hannosviluppato una contabilità aziendale che partivadalla realizzazione sistematica dei disegni tecnici.Sono stati tra i primi ad avere un sistema dicontabilità organizzato e una gestione degli ordinia schede perforate. Nel 1972 è nata la cosiddetta“distinta base”, una scheda cartacea informatizzatache descriveva la composizione di ciascun mobilee che permetteva di conteggiare non solo ilpreventivo con le singole voci di costo, ma anchedi calcolare il prezzo finale di vendita. Nella fase incui si fabbricava a “magazzino finiti”, la distintabase ha permesso una programmazione efficacedella produzione, perché le schede davano contodegli effettivi pezzi mancanti da reintegrare nellascorta. Questo permetteva di ottimizzare il cicloproduttivo e l’approvvigionamento dei materiali,senza mancanze o sprechi. L’informatizzazione delprocesso ha infine consentito di monitorare eaggiornare contemporaneamente tutti icambiamenti negli ordini.

La modalità di produzione a “magazzino finiti” è stata possibile fintanto che le cucine componibilierano mobili a sé stanti e i modelli, così come leloro variabili di finiture, erano pochi. L’evoluzionedella cucina da elementi fissi componibili a spaziosu disegno ha determinato una produzione sulvenduto e just-in-time. Ma ciò non ha cambiato lelogiche gestionali delle commesse a mezzo delladistinta base.

Tanto la gestione della contabilità quantol’organizzazione della fabbrica funzionavanosecondo logiche strutturate: la catena produttiva e ilpercorso dei semilavorati nelle diverse macchineerano sistemati secondo delle griglie ortogonali, inmodo da ottimizzare lo spazio e ridurre i rischi pergli operai. Come sostiene Gaspare Lucchetta,“Ordine e pulizia generano autodisciplina!”.

Non soltanto i mobili e la composizione dellacucina conobbero la stessa evoluzione del settoredegli elettrodomestici, ma anche la vendita deiprodotti finiti. La cucina si è sviluppata insieme albuilt-in (il sistema di elettrodomestici da incasso) e la standardizzazione di questi ultimi ha permessoche ogni fabbricante potesse utilizzare marchediverse di prodotti sui medesimi modelli di cucina.

Il caso di Euromobil rappresenta un esempiodi lungimiranza e di investimento nel managementstrutturato della produzione, in tempi in cui silavorava affidandosi prevalentemente all’empirismodell’“imprenditore-padrone”. Pur in una gestioneaziendale che appartiene alla famiglia, che èlo storico modello produttivo italiano, i Lucchettanegli anni settanta e ottanta hanno privilegiatogli aspetti tecnico-produttivi diretti, i macchinarie i processi, piantando radici solide per ilriposizionamento futuro del Gruppo e per ilsuccessivo investimento nel design dei prodotti.Questi fattori hanno costituito la soliditàdell’azienda e stimolato il senso di appartenenzadelle persone – maestranze e collaboratoriimpiegati in tutta la filiera produttiva –all’ambiente territoriale e lavorativo.

Il primo esempiodi organizzazionedell’internodegli elementicon accessori vari.Prima di questa fasec’erano solo lecassettiere, mentre i mobili presentavanoall’interno i soliripiani.

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L’acquisizione di Zalf e il suoposizionamento

L’azienda Zalf è nata nel 1974 da una precedentestruttura e il suo nome corrisponde all’acronimodelle iniziali dei quattro soci: Zavarise, Andreola,Lucchetta e Fanizzi. Questa composizione societariaè andata avanti per pochi mesi fino a quandol’azienda è stata rilevata interamente dai fratelliLucchetta. Al momento dell’acquisizione Zalf erauna realtà di 3500 metri quadrati su 10.000 metriquadrati di terreno, ma tutta la linea produttiva èstata rifatta ex novo con un notevole investimento.L’azienda si è imposta da subito nel settore dellecamere per bambini, ambito produttivo in cui ètuttora leader, per aprirsi all’inizio degli anniottanta anche al settore del living con sistemi dicontenitori, armadi, librerie e soluzioni per ufficio.L’ambito del living era sin dall’inizio un terrenod’approdo dell’azienda, ma negli anni settantasi contano più che altro dei tentativi per ambientidi residence o case per le vacanze. Giàdall’acquisizione di Zalf, si evince che nella politicadi espansione del Gruppo Euromobil ci fosse l’ideadi creare delle sinergie tra diversi marchi d’arredo,in grado di fornire una declinazione d’offertacompleta per tutti gli ambiti della casa. E così

è stato quando il Gruppo ha acquisito l’aziendadi imbottiti Désirée nel 1995.

Il mercato della camera per bambini era pocosviluppato, più aperto alle novità e dunque era piùfacile inserirvisi con una nuova azienda. Inoltre,poiché era necessario un grosso investimento nellestrutture di produzione, si decise di puntare sullalavorazione del melaminico, un materiale benrecepito negli spazi del bambino. Il fatto che talemateriale fosse lavorato anche in Euromobil hapermesso al Gruppo di trasferire il know howproduttivo alla Zalf e di trasmettere sinergieculturali e tecnologiche da un’azienda all’altra.

La camera del bambino era una tipologiad’arredo trascurata che però offriva molti temid’indagine e sfide dal punto di vista progettuale.La composizione tradizionale presentava ambientimolto sacrificati con mobili di basso livello: letti,guardaroba e tavoli-scrittoio, che spesso andavanoa saturare spazi di per sé angusti. Zalf dimostròda subito il superamento delle tradizionalicombinazioni proponendo di intersecare le diversetipologie e funzioni d’arredo in sistemi componibilie dinamici. Ad esempio, si è lavorato nellariduzione degli ingombri del guardaroba in favoredi elementi contenitori più ridotti e versatili. Gli

Camera da letto Zalf, 1976. È unasoluzione studiata per due fratelli con un letto che presentaun divisorio nelmezzo. Lacomposizione mostraun’interessantegestione dello spazio:ha una tipologia diletto a cassonettocon un meccanismoche permette allarete di essere alzata e di ricavareuno spazio dicontenimento al disotto, e la testieraincorpora un vano-panca per il cuscino.Il letto rimanesgombro, sembraquasi un divano e può essere utilizzatoanche per il gioco. Gli armadi sonocomposti da elementicontenitori modulari adiverse altezze eprofondità. Questicontenitori nonappartengono allatipologia dellacamera da letto epossono entrare indifferenti spazi dellacasa.

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stessi moduli contenitori potevano essere adattati insoluzioni quali comodini, testiere del letto oelementi da libreria, in modo da sfruttare lo spazioin maniera più efficiente. Analogamente, Zalf hacondotto una ricerca anche sul tema del letto, checompare integrato con i sistemi componibili e insoluzioni versatili e multispazio – ad esempio,c’erano diversi modelli di letti a castello, oppure deiletti con reti a cassetto per estrarre il materasso epermettere al bambino di ospitare un amico o,ancora, la rete del letto poteva essere alzata ealloggiare uno spazio di contenimento sottostante.Le composizioni d’arredo consentivano anchedi progettare una stanza per due fratelli modulandole esigenze di ciascuno a seconda della fascia d’età.L’innovazione di Zalf in questo ambito risiedeproprio nella concezione di un ambiente perragazzi che si evolve con l’età e con le differentinecessità di personalizzazione dello spazio legate,ad esempio, allo studio o al gioco. In un articolonell’house organ “La Pialla” del 1977 si sottolinea,a ragione, quanto la composizione della cameradel bambino possa influire sul suo sviluppo esulla sua educazione. Una progettazione funzionaledella stanza può conferire un maggiore sensodi ordine e d’igiene che educa il ragazzoall’autodisciplina. Inoltre, poiché i sistemi

componibili divengono più accessibili e adatti alledimensioni del bambino, si riducono anche i rischid’infortunio.

Come accennato, sia la produzione degli spaziper ragazzi sia i primi sistemi componibili per lazona giorno di Zalf sono soluzioni modulari inpannelli di melaminico. Questi sistemi di arredocompaiono nel panorama italiano proprio nel corsodegli anni settanta, con la diffusione delle tecnichedi lavorazione industriale del melaminico, erappresentano uno dei livelli più avanzati dellaproduzione meccanizzata nell’ambito del mobile.Si fa strada il concetto di spazio attrezzato nellacomposizione della casa, a fronte dello studio sullamodularità delle unità costruttive: le basi di tipo“piano” – spalle, schienali e ripiani, profondi 60 cmper la camera da letto e 40 o 30 cm per la zonagiorno – e i principi di componibilità geometricatridimensionale.

Prima della comparsa dei sistemi componibilinon esisteva neppure un termine nel vocabolariodell’arredo, a parte “armadio”, che identificassele strutture per il contenimento. I casi preindustrialierano per lo più mobili su disegno o arredi fissi.In Italia, gli studi sugli arredi modulari iniziano allafine degli anni cinquanta, ma vengono messi apunto nel momento in cui l’industria permette la

Zalf ha sviluppato unsistema componibilea passo 32 mm per combinare icontenitori fino aun’altezza di 256 cm più zoccolo. I moduli presentanolarghezze di 45, 55,90 e 110 cm. Talicontenitori possonoessere chiusi conante o lasciati agiorno per creare unasorta di libreria. Zalf realizza ancheletti estraibili e adattia mini-appartamenti o case per vacanze.

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Tra le prime tabellaridi Zalf compaionodelle immaginiche raffigurano ilprodotto all’internodi mascherine sufondo colorato. Lamascherina a formadi lampadina rafforzail pay-off “è un’idea”e i concetti diintuizione e versatilitàdei sistemicomponibili.

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prefabbricazione e la lavorazione in grande seriedi determinati materiali. Questa tipologia d’arredosi evolve negli anni settanta anche grazie allastrutturazione dei processi di lavorazione a catenadi montaggio e delle procedure di trasporto disemilavorati e pezzi finiti. Non è casuale, infatti,la ricerca di molte aziende del design italianoin prodotti smontabili, trasformabili o multiuso.

Zalf, dunque, propone il tema dellacomponibilità in un momento in cui lasperimentazione pura aveva dato luogoall’industrializzazione dei prodotti. È anche ilperiodo in cui il mobile componibile era stato“sdoganato” nelle case degli italiani, soprattutto nel mercato di fascia media, grazie all’accessibilitàdei prezzi. Zalf propone dei sistemi a passo 32 cm,che garantiscono le corrispondenze in lunghezza e altezza degli elementi, con la variazione delleprofondità. La tinta del melaminico è per lo piùun color ciliegio chiaro, secondo il gusto dell’epocae gli orientamenti di mercato. Il modello Lorenapresenta un rinnovamento nell’ambito delle finiturecon l’introduzione del colore: avorio, blu, frassinoe noce, che rendono il sistema più versatile per altreambientazioni, come ad esempio le camered’albergo o le case per diversi target di clienti.Infatti, la fornitura per residence o per la casa dellevacanze fu la più appropriata. Molte le soluzionipresentate nelle campagne pubblicitarie alla finedegli anni settanta: armadi componibili, cassettiere,elementi contenitori con cui comporre una pareteattrezzata comprensiva di scrittoio, divani-lettoparzialmente incassati nelle librerie-contenitori.I componibili Zalf offrivano anche soluzionimultispazio per piccoli ambienti integrati conle cucine: il Programma 2000 prevedeva laprogettazione di spazi con il sistema Zalf insiemealla cucina monoblocco a scomparsa. Lo stessoslogan pubblicitario, “un’idea che arreda”,sottolineava la versatilità delle varie componentie l’ingegno sotteso alla loro possibilitàdi combinazione.

Il Programma 2000, così come il successivoNuovi Orizzonti di Zalf coordinabile con la cucinaRubino di Euromobil (1982), rappresentano lavolontà del Gruppo di fornire un arredo totale:dall’ingresso, alla cucina, alle camere, al soggiorno,allo studio, allo spazio per i ragazzi, utilizzandoun programma di mobili trasversale nelle

corrispondenze dimensionali,nei materiali e nelle finiture.Quest’idea dellacombinazione tra cucina eambiente soggiorno fuabbandonata nel corso deglianni ottanta perché all’epocail melaminico era difficile darecepire negli ambienti living.Oggi il prodotto ènotevolmente miglioratonella definizione e nellaqualità della stampa,raggiungendo alti standard di qualità, resistenzaed estetica.

La comunicazione del GruppoEuromobil

L’house organ “La Pialla”, pubblicato a cura delGruppo Euromobil dal 1974 al 1984 e realizzatodall’agenzia per la comunicazione Pimex di Padova,ha rappresentato una modalità per comunicare leiniziative dell’azienda e l’evoluzione dei prodotti aifornitori, ai rivenditori e al cliente finale. Erasoprattutto uno strumento per raggiungere il puntovendita. “La Pialla” non era soltanto un contenitoredi tabellari pubblicitarie o di redazionali suiprodotti, ma ha rappresentato anche l’umore deitempi e le problematiche legate alla filieraproduttiva. Infatti, al suo interno comparivanoresoconti su questioni tributarie, ad esempio lapresentazione del modello 740 per le tasse, c’eranoanalisi sull’andamento del mercato del mobile inItalia e delle fiere di settore e si presentavano anchedelle indagini etnografiche sul cambiamento dimercato; oppure articoli sulla crisi dei matrimonialla fine degli anni settanta e su come essa avrebbepotuto influire sulla produzione e la venditanell’ambito dell’arredo.

Interessanti le indagini sul rapporto tra gli attoridella filiera del mobile – produttori, fornitori,agenti, distributori e negozianti – finalizzatea evidenziare le carenze di comunicazionee a migliorare le relazioni e i reciproci servizi.

Ne “La Pialla” comparivano anche le rubriche“Consigli dell’arredatore”, strutturata come unapagina di lettere in cui l’esperto risponde alledomande poste dal cliente finale, e “Il mobileattraverso i secoli”, un’analisi dell’evoluzione degli

Dal 1974 al 1984l’house organ “LaPialla” è stato unutile strumento percomunicare ediffondere le iniziativee i prodotti delGruppo Euromobil earrivare al puntovendita. Le copertine,così come glieditoriali all’interno,trasmettono un’ideadella situazionepolitico-economicadell’Italia in quelperiodo.

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arredi nelle epoche storiche. A complementodi questa parte c’era anche un glossario sull’arredoper spiegare termini quali “consolle”, “bergère”e “grottesca”. Un’altra singolare area tematicaall’interno de “La Pialla” era la pagina dedicataalla musicologia, che poi ha lasciato spazio allelezioni di storia dell’arte, alla rubrica “Sapervedere” e ai profili degli artisti che il GruppoEuromobil promuoveva in prima persona.L’apertura alla musicologia, così come all’arte,testimonia il desiderio del Gruppo di trasmetterecultura a trecentosessanta gradi.

L’osservazione de “La Pialla” a trentacinque annidi distanza aiuta a comprendere alcuni trendstilistici e di produzione che si sono susseguiti nelsettore del mobile. Ad esempio, il ritorno a unarredo più classico o rustico, che ben si evince dalletabellari delle aziende venete presenti, è statospinto dalla crisi politica ed economica della finedegli anni settanta, che ha comportato un ricorsoa estetiche più rassicuranti e a linguaggi collettivipiù radicati, soprattutto nella fascia media dimercato. Questo fenomeno è evidente anche neglislogan delle cucine Euromobil: “Louisiana, unantico di oggi” o “Nadia: un amore che dura neltempo”. Oppure negli articoli intitolati “Sapored’antico, sempre attuale!”, che rimarcavano congaudio la ricomparsa di vetrinette, vetri piombatimolati, ante a telaio dalle specchiature evidenti e lelavorazioni del legno che ricordavano nei dettagliquelle artigianali.

L’esame de “La Pialla” permette altresì ditracciare la storia della comunicazione pubblicitariadel Gruppo Euromobil. Le prime tabellari diEuromobil e di Zalf raffiguravano le immaginidi prodotto in still life all’interno di mascherinesu fondo colorato: l’idea era quella di rafforzarelo slogan pubblicitario e il concetto di base facendoapparire i prodotti alla stregua delle vignette deifumetti. La mascherina tonda dentro cuicomparivano le cucine Euromobil si accostava alpay-off “non vendiamo bolle di sapone”, e la graficarichiamava il concetto dei detersivi da cucina edella pulizia. Analogamente, la mascherina a formadi lampadina delle tabellari di Zalf sottolineavail concetto di intuizione, rafforzato dallo slogan“è un’idea”. Simile la mascherina a nuvoletta, in cuiil pay-off recitava “è bello sognare la realtà”. Tra glislogan più utilizzati nelle campagne di Zalf c’era

“realizziamo cose vive” (1974), che sottolineavala versatilità compositiva dei sistemi propostidall’azienda. Infine, lo slogan del 1981, “tempidi spazi nuovi”, dava risalto al cambiamentodi mercato che Zalf si apprestava ad affrontare nel corso degli anni ottanta.

Le pubblicità degli anni settanta di Euromobilaffiancavano a una comunicazione più consueta,quella dell’ambiente cucina in still life, immagini incui compariva la figura umana. Questo fattore erainnovativo per l’epoca e permetteva anche di farcomprendere le proporzioni degli elementi rispettoall’utente e lo studio dell’ergonomia.

“La Pialla” ha rappresentato per il GruppoEuromobil anche una modalità per annunciare aiclienti gli investimenti pubblicitari nei diversimedia (riviste cartacee, televisioni, spot per cinema,fiere ecc.). Questo ha permesso di comunicare lavivacità dell’azienda e gli sforzi intrapresi per farsiconoscere.

Per quanto riguarda i loghi delle aziende,Euromobil, il cui nome testimonia il desiderio diessere internazionale, di guardare all’Europa,all’inizio compare con una doppia C che significavaCucine Componibili. Il nuovo marchio con la “E”stilizzata, ispirata all’opera di Giuseppe Capogrossi,è stato sostituito nel 1993. Il logo di Zalf, invece,presenta una sorta di ricciolo che richiamauna chiocciola come simbolo di casa. Il successivomarchio ha utilizzato il medesimo tema dellachiocciola, richiamando nel segno anche l’ideadel moto dinamico. Il progetto grafico di entrambii marchi è stato sviluppato dall’agenzia Bianchi& Kerrigan.

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Anni ottanta: consolidamento e nuove strategie aziendali

L’informatizzazione del processoproduttivo

La produzione di Euromobil è proseguitacon una gamma ristretta di modelli fino al 1985.In seguito alla trasformazione del mercato, è statonecessario produrre non solo altri modelli, maanche più elementi che permettessero lapersonalizzazione e la differenziazione dellecomposizioni. Il mercato della cucina si stavaspostando sempre più verso lo sviluppo di sistemicucina variabili e una produzione on demand.

La trasformazione della cucina da elementi fissi asistemi variabili ha comportato che non sifabbricasse più a “magazzino finiti”, ma sul venduto.

Pertanto, dalla prima metà degli anni ottanta, in Euromobil si sono riorganizzati la contabilità industriale e l’intero ciclo produttivo attraversonuovi meccanismi gestionali. Dalla distinta basefissa, che corrispondeva a una serie di schede che descrivevano ciascun componente del mobile,si è passati alla “distinta base neutra” gestita dal sistema informatico AS400, progettata nel 1982 e attuata nel 1985.

Nell’AS400 ciascun elementodella cucina e le sue componentivenivano rappresentati privi diquei campi fissi che indicavanoi materiali, le dimensioni o ledifferenti finiture. Ossia erastato creato uno strumento inpartenza neutro, su cui inserirele variabili degli elementi a mezzo di codici. Questi erano(e sono) uniformati in tutta la catena produttivapermettendo in ogni momentodi individuare, ad esempio, il colore della cassa odell’anta, la forma della maniglia o dello zoccolo.La distinta base neutra ha dunque consentito unagrande flessibilità rispetto agli ordini e l’utilizzo di

uno strumento comune a tutte le fasi di produzione. In quegli anni il Gruppo Euromobil ha investito

sui macchinari flessibili a controllo numerico esull’informatizzazione dell’intera logistica,individuando un processo tuttora attivo. Dalladistinta base neutra, che calcola tutte le variabilidei pezzi degli ordini, il sistema informaticocentrale genera i codici a barre che vengonotrasferiti su tutti i pezzi in fabbricazione.

Quindi le macchine a controllo numerico leggonoi suddetti codici, apposti sui semilavorati,apportandovi la lavorazione specifica: taglio deipannelli, foratura, inserimento della ferramenta,montaggio in linea, smistamento dei pezzi,imballaggio, stoccaggio nel magazzinoautomatizzato e infine il carico sui camion perla spedizione. Il sistema a codici a barre e lagestione informatica del processo hanno permessodi tracciare l’intera linea produttiva di ciascunelemento senza rischio di errore. Analogamente,la produzione con le macchine a controllo numericoha consentito la lavorazione dei differenti pezzisenza interrompere il ciclo di fabbricazione, perchéogni variazione è riconosciuta a mezzo del codice abarre. Comprendere e mettere a punto questa logicaproduttiva nel nuovo ciclo è stato lungo ecomplesso. E solo dopo l’attuazione di questatrasformazione è stato possibile pensare al ProgettoSoluzione di Zalf e al Progetto Multisystem diEuromobil, sviluppati negli anni novanta.

L’interfaccia delprogramma graficoADA viene realizzatonel 1986 e consentedi visualizzare lacucina nella sua fasedi progettazione amezzo di immagini inpianta, prospetti eassonometrietridimensionali. Ilsistema centraleverifica l’ordine edesegue il lancio dellaproduzione. Alrivenditore giungeuna conferma con ladescrizione analiticadei vari pezzi.

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Dal 1978 al 1986 è stato messo a punto ilprogramma grafico ADA (Automazionedell’Arredamento), che ha consentito di progettareambienti cucina personalizzati in cui gli elementie le relative funzioni si adattassero in maniera piùfunzionale allo spazio preposto. ADA non è unsemplice programma di disegno, perché permette discomporre lo specifico ordine nelle sue componentie di computarne il preventivo. Questo perchéil programma è collegato al sistema informaticocentrale che gestisce la distinta base neutrae il sistema dei codici a barre per le macchinea controllo numerico. Il sistema integrato dicontabilità e di produzione è funzionale al centoper cento solo da cinque anni. Sono statenecessarie lungimiranza, pazienza e costanzaperché, soprattutto negli anni ottanta, si sonoverificati degli ostacoli tecnologici legati aglihardware dei computer, non ancora interfacciabilicon il programma grafico ADA e IBM sistema 38.Infatti, sono state apportate modifiche ad hoc alsistema informatico centrale per permettere ildialogo tra i vari settori. Con la distinta base neutrae il programma grafico ADA, che dal layout dellacucina rimanda alla specifica dei pezzi e dellerelative componenti, si è ridotto notevolmente ilrischio di errore negli ordini. Come fase finale dellanuova logistica, si sono riprogettati i listini diEuromobil e Zalf, in modo da collegare tutte lepossibilità di variazione sui modelli e la lorocomposizione con la distinta base e il sistemainformatico. A tutt’oggi i rivenditori di Euromobilsviluppano il progetto della cucina – ma anche lacomposizione dei sistemi di Zalf – a mezzo delprogramma ADA. Questo è stato anche un efficace

supporto di marketing e un dispositivo perfidelizzare il rivenditore, che si è abituato aprogettare le offerte per l’utente finale con talestrumento. Il programma ADA è utilizzato anchenella gestione dell’immagine aziendale negliallestimenti dei negozi, come ad esempio negli“shop in shop” all’interno degli showroommultimarca.

Questi nuovi strumenti hanno permesso alGruppo Euromobil di migliorare efficienza ecompetitività nello strutturare un’offerta non solodi prodotti ma anche di servizi immateriali. Infatti,più in generale, l’innovazione principale sottesa aquesto processo di riorganizzazione produttivarisiede nella costruzione di una rete informativa trafornitori, produttori, venditori e clienti finali. Nonè un caso che proprio a metà degli anni ottanta siregistri un incremento dell’export; ad esempio Zalffu per la prima volta esportato in Svizzera, Francia,Gran Bretagna, Stati Uniti, Singapore, Iran e ArabiaSaudita. E su una tale rete di relazioni, le cui basisono state gettate proprio in quest’epoca, il GruppoEuromobil può oggi impostare la propria strategiadi crescita nel contesto globale.

L’azienda ha comunicato la nascita delprogramma ADA ai suoi clienti a mezzo del nuovohouse organ “Euronews”, sottolineando la filosofiasottesa a questo investimento: “Euromobil deve inlarga misura il proprio successo alla sua capacità diideare e di realizzare tempestivamente strategieimprenditoriali di ampio respiro, che si confrontanoin modo vincente con le trasformazioni dellatecnologia industriale contemporanea e tengonoconto degli scenari che caratterizzeranno i modi divivere e di produrre in un futuro molto prossimo”

I layout produttivi diEuromobil e Zalf sonosempre statistrutturati secondobinari ortogonali incui scorrono isemilavorati nellevarie fasi dilavorazione: tagliodei pannelli,bordatura, foratura,montaggio in linea,smistamento deipezzi, imballaggioe stoccaggio nel“magazzino finiti”.

Nelle foto gli impiantiproduttivi Euromobilalla fine degli annisettanta.

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(Comunicare con il computer, in “Euronews”,febbraio 1986).

Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio deldecennio successivo, il Gruppo Euromobilannuncia l’espansione degli stabilimenti produttivi.Zalf nel 1990 ha raggiunto i 15.000 metri quadratidi edifici. Tale ampliamento è stato la conseguenzadella riorganizzazione complessiva del cicloproduttivo che, con le nuove macchine a controllonumerico, ha raddoppiato la produzionegiornaliera. In Euromobil, invece, si è eretta, afianco dello stabile che ospita gli impianti, unanuova struttura per ospitare lo showroom, il nuovomagazzino e gli uffici di progettazione per un’areacomplessiva coperta di 26.000 metri quadrati.Nella comunicazione dell’ampliamento aziendalesi sottolinea l’importanza della ristrutturazionedegli uffici. Questi spazi di lavoro, realizzati in basea principi di comfort, razionalità ed efficienza,assumono in questo periodo una grandeimportanza, proprio perché il sistema dellaproduzione è stato unificato e centralizzato a mezzodel sistema informatico: fabbrica, amministrazionee uffici commerciali, rete di vendita e clienticomunicano ora in tempo reale.

Euromobil: il decennio di transizione

Il riposizionamento di Euromobil da unafascia media di mercato a una più internazionalemedio-alta/alta si attua negli anni novanta con losviluppo del Progetto Multisystem; ma ciò nonsarebbe stato possibile se negli anni ottanta nonsi fosse puntato sulla riorganizzazione dellalogistica produttiva e sul cambiamento estetico deimodelli. Si era compresa la necessità di realizzaredei prodotti più contemporanei, e di creareun’immagine aziendale attraverso una strategiaglobale che collegasse la filosofia dell’azienda almondo della cultura e dello sport. Negli anniottanta, il Gruppo ha intensificato la sua attività disponsorizzazioni sportive e di mecenatismoartistico, partendo proprio dal territorio veneto,come testimonia l’attività di promozione dellarealtà artistica locale. Il riposizionamento rispetto almercato è stato lungo nel tempo anche a causadella necessità da un lato di addestrare lemaestranze, i fornitori e la rete vendita ai nuoviprocessi produttivi, dall’altro di far recepire latrasformazione in atto ai clienti finali.

In questa fase di passaggio Euromobil presentadei modelli “rassicuranti”, sui quali poter metterea punto la riorganizzazione interna e le innovazioniproduttive, senza comunicare un cambiamentoradicale dal punto di vista formale. Le cucineesibiscono una variazione sul tema dell’anta atelaio, declinando l’offerta su una scelta esteticamolto ampia. Lo stesso mercato dell’arredamentonegli anni ottanta evidenzia un grande eclettismoformale – dal razionalismo al neoromanticismodelle forme, dal postmodernismo che citava idifformi linguaggi della tradizione al minimalismoche puntava sulla riduzione degli elementi e sullamonomatericità. Ciò dipese in gran parte dallaframmentazione della domanda negli stili di vita,nei modelli culturali e nel reddito. Con i suoiprodotti Euromobil ha accontentato il pubblico piùattento alle tendenze high-tech, introducendo inmodo sempre più evidente l’acciaio e nuovelavorazioni del laminato, così come ha propostomodelli di cucina più classici con la familiare tintarovere. Un esempio di quest’ultima tipologia è lacucina Ninfea, con ante a telaio dalla specchiaturamistilinea, piani lavoro in marmo o granito e lavelliin rame. La Ghibli mostra un’anta impiallacciata,dotata della propria linea di complementi d’arredo,mentre il modello Estasis presenta delle mensole amuro con boiserie e pensili a vetro che richiamanole tradizionali vetrinette. Nell’ottica della tradizioneanche la cucina Nadia, un modello nato nel 1978,ebbe un grande successo negli anni ottanta; il legnodi rovere insieme all’alto spessore dello specchiodell’anta (22 anziché 16 mm), che conferisce alpannello una sensazione di robustezza, hannodecretato la sua immagine di prodotto familiaree duraturo nel tempo.

Tuttavia, anche nei modelli dall’estetica piùclassica si cerca una sperimentazione nella logicacompositiva dell’ambiente cucina: ad esempioil modello Scacco, anch’esso in tinta rovere conanta a telaio, presenta la possibilità di avereun modulo a isola come piano di lavoro, elementoinnovativo nel 1986 perché il blocco a isola, cheintegrerà anche la zona cottura, si svilupperà soloa partire dal decennio successivo. Euromobil,dunque, inizia a proporre delle cucine per esigenzepiù specifiche. Un caso significativo è NewForm,comparsa alla fine degli anni ottanta: una cucina-laboratorio rivolta ai gourmet, che punta sullo

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sviluppo della zona cottura composta da un bloccocentrale integrato da 150 cm, completo di pianocottura a quattro fuochi, friggitrice, barbecue,piastra elettrica, bistecchiera e una cappa d’acciaiolunga tutta l’estensione del blocco. Il tema dellacucina-laboratorio sarà ben sviluppato neldecennio seguente.

Per rispondere alla frammentazione delladomanda era necessario aumentare l’offertapuntando sulla diversificazione delle finiture e,di conseguenza, dei prezzi. Il modello Airone eracomposto da un laminato postformato lucido moltoresistente, con leggere ondulazioni diagonali, quasiuna traccia grafica, che conferivano effetti di

Cucina Universiade,1985. La fresaturadel laminato inpolimerico a doppiostrato permettedi creare una sortadi disegno a corniceche conferisce unaspetto più modernorispetto alletradizionali antea telaio. La cucinapresenta una vastagamma di elementiche permettonomolteplicicombinazioni nellospazio.

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vibrazione della luce sulla superficie. Il laminatoera presentato in bianco, ma si potevano comporresoluzioni alternative con cassetti, pensili e basi incolori giallo, grigio e rosa. La campagnapubblicitaria evidenzia questo alternarsi dei coloriche richiama il cromatismo di molti prodotti delGruppo Memphis degli anni ottanta.

Un modello di grande successo è stataUniversiade, il cui nome deriva dallasponsorizzazione delle Universiadi nel 1985.È stata la prima cucina in laminato polimericocon lavorazione sagomata dell’anta: il polimericoaveva un doppio spessore bianco e grigio che,fresato a macchina, dava luogo a una sagomaturagrigia che usciva dallo strato sottostante. Il disegnoera molto pulito, ma il richiamo all’anta a telaioricordava ancora un linguaggio classico.Il passaggio all’anta liscia è stato graduale.Il primo modello che l’ha inserita è Lady, con laparticolarità dello spigolo arrotondato sui due lativerticali. Lady rappresentava una proposta per unafascia più alta di mercato, perché più alto eral’investimento nei materiali: un laccato inpoliestere, piani di lavoro in granito nero d’Africa omarmo di Carrara, e cassetti con maniglie a pomoloin marmo marquinia (nero striato). Nei redazionalidell’house organ si sottolinea quanto questa cucinacostituisca l’ambiente per tutta la famiglia. E infattivengono inseriti divani o elementi di arredo piùsimili a quelli impiegati nella zona giorno, piuttostoche nella cucina.

Il modello che in questo decennio incorporatutte le novità che poi hanno traghettato Euromobilverso il riposizionamento di mercato con il ProgettoMultisystem è stata la cucina Vanity, progettata nel1988, periodo in cui il Gruppo ha istituito le unitàdi Ricerca e Sviluppo (R&S) per i vari marchi, concui hanno collaborato in maniera continuativa,tra gli altri, Roberto Gobbo e Domenico Paolucci.

Il Gruppo ha dunque puntato maggiormentesul design. L’anta liscia di Vanity ha lasciato spazioalla progettazione della modulistica eall’accostamento tra materiali diversi. Vanity haevidenziato non solo una maggiore attenzione allaquestione spaziale, ma anche all’idea di cucina-laboratorio.

Grande importanza assumono le zone perla preparazione e la conservazione del cibo, conun’attenzione all’ergonomia e alle ultimeinnovazioni nell’ambito degli elettrodomestici.Vanity da subito viene comunicata come unprodotto di livello superiore da un punto di vistasia tecnologico (ampia la gamma di accessorie attrezzature), sia estetico.

Bianco, con riflessi semilucidi nel laminatopolimerico, esaltati dal nero e dal color faggio dei

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dettagli, il modello presentava un particolare pianodi collegamento che perimetrava l’ingombro dellacucina in sommità e a filo della colonna o delpensile più sporgente.

Per la sua versatilità compositiva, Vanity haavuto diversi sviluppi ed è stata inserita all’internodel Progetto Multisystem.

Zalf: un programma di arredo integrato

I programmi di Zalf fino agli anni ottanta eranoabbastanza ridotti nelle finiture e nella possibilitàdi composizione modulare. Il primo sistemaintegrato per la casa è stato Nuovi Orizzonti,prodotto nel 1982. Il programma prevedeva unaserie di elementi contenitori a giorno e con anta,con cui costruire pareti attrezzate o addiritturadivisori per ambienti. Nuovi Orizzonti presentavauna modularità più complessa con l’aggiunta anchedi una boiserie a parete su cui apporre dellemensole – questo era un elemento nuovo per Zalfe più in generale per il mercato. La flessibilità delsistema nasce dall’intuizione del Gruppo Euromobildi creare integrazione e trasversalità tra i prodottidi Zalf ed Euromobil. Infatti, Nuovi Orizzonti e lacucina Rubino potevano essere combinati tra diloro a mezzo di una corrispondenza di motiviformali, materiali e finiture. La collezione di NuoviOrizzonti comprendeva anche tavoli e complementi

La cucina Vanity,progettata nel 1988dall’unità Ricerca eSviluppo Euromobil(R&S) edall’architettoRoberto Gobbo,rappresenta uno deimodelli più innovatividi quest’epoca. L’antaliscia in laminatopolimerico ha glispigoli leggermentearrotondati – unraggio di 8 mm cheè una curvaturanuova per il periodo.L’anta lisciapermette più libertàcompositiva nellamodularità deglielementi e nellapossibilità diabbinamento tra imateriali e, pertanto,consente diconcentrarsi sullaprogettazione dellospazio. Il laminatopolimerico avvolgetutto il pannello suiquattro lati perconferireun’immagine pulita,senza punti di unionevisibili. Euromobil ètra le prime autilizzare questanuova tecnologia checonferisce quelvalore aggiuntorispetto al panoramacorrente dei prodotti.Vanity incarna ilprimo passo verso lalogica del ProgettoMultisystem. E ilmodello, con unraggio di curvatura da3 mm, esiste ancora.

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di arredo in modo che ilpassaggio dalla cucina allazona giorno potesse avere ilmedesimo linguaggioformale. L’intuizione direalizzare dei mobilicoordinabili o un arredoibrido che potesse essereimpiegato anche negliambienti di passaggio, nonsolo in cucina, fu moltoacuta. Difatti, la produzionedi un arredamentopolifunzionale è unatendenza recente, che si èsviluppata con la costruzionedi planimetrie abitativemeno strutturate o con gliopen space, mentre all’epocanon rispondeva a una veraesigenza di mercato. Nell’ottica della declinazionedegli arredi in tutti gli ambienti della casa è statoanche il coevo sistema Sprinter del 1982. Rispettoal precedente, Sprinter presenta un ampliamentodell’offerta dei componibili a parete e dell’arredocoordinabile, come ad esempio la gamma di letti, lecassettiere e gli scrittoi, che permettevano l’utilizzodel medesimo sistema dal living alle camere perragazzi. Nel 1987 Sprinter è stato declinato anchenell’ambiente dell’ufficio. Non si trattava di

ambienti di lavoro professionali, ma di spazi adibitia studio o home-office. E anche questa intuizioneavviene in un’epoca in cui l’ufficio domestico noncostituiva ancora una consuetudine. Infatti,quest’applicazione non nacque per inserirsi nelsettore dell’ufficio, quanto per dimostrare laversatilità del sistema. L’ufficio Sprinter ampliaval’offerta con una collezione di scrivanie e mobiliattrezzati – schedari estraibili e cassettiere a chiavesu ruote – tutti disponibili nelle medesime finiture.

Il sistema Sprinter diZalf nasce nel 1982ed è impiegato sianel living che nellazona notte con unacerta versatilità. Ilsistema può essereutilizzato anche comeinterparete perfrazionare gliambienti, come nelcaso di questacamera da letto perdue fratelli. Nell’otticadi un arredo globale,Sprinter presenta nonsolo una modulisticapiù ampia, ma ancheuna collezionecompleta di letti,cassettiere escrivanie per gli spazidei ragazzi. Sprinterintroduce una nuovalavorazione dell’antacon macchine cherealizzano bordaturestondate anziché aspigolo vivo. Lefiniture sono colornoce o bianco con lapossibilità di avere ilprofilo del mobileuguale alla maniglia.

L’ufficio Sprinter diZalf, 1987. Non sitratta di un ufficioprofessionale madomestico. Alsistema componibileSprinter sonoaggiunti scrivanie emobili attrezzati,come schedariestraibili ecassettiere a chiavesu ruote. Questicomplementi hannole stesse finiture delsistema per il living epresentano angolistondati e bordi inlegno massello peruna maggioreresistenza agli urti.L’ufficio Sprinter haanche un’interparetecon profondità di 60,7 cm.

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L’house organ“Euronews” fupubblicato dal 1985al 2000 e distribuitoa seimila utenti traclienti, rivenditori efornitori. Le copertinee il layout grafico sitrasformanoprogressivamente perassomigliare semprepiù a una rivista disettore. “Euronews”rappresental’esigenza del GruppoEuromobil dicomunicare i valoridell’azienda,diffondere la culturanell’ambito dell’artee dello sporte di rendersi unicie riconoscibili.

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L’inizio della corporate identity

Nell’ottica del cambiamento che il GruppoEuromobil stava attraversando, l’house organ “LaPialla” si presentava come uno strumento inadatto:un’immagine poco accattivante, una graficaobsoleta e un nome troppo connesso al mondo delfalegname e a una realtà di provincia. Così nel1985 il Gruppo decise di investire su un’altrapubblicazione: “Euronews”, che sin dal nome volevacomunicare un segnale forte di cambiamento esottolineare la trasformazione culturale e produttivadell’azienda. Il sottotitolo della testata,“Arredamento, Arte, Informazione, Sport”, indicavagli interessi del Gruppo e gli investimenti futuri.“Euronews” fu pubblicato fino al 2000 e distribuitoa seimila tra clienti, rivenditori e fornitori.

L’azienda ha cercato un’altra modalità didialogo: comunicare i valori del Gruppo perrenderlo unico e distintivo e, come finalitàsecondaria, mostrare i prodotti. Un segno evidentesono proprio le pagine dedicate all’arte che“Euronews” pubblica subito dopo l’editoriale diapertura. Emblematico è quello di una delle primeuscite: “Euromobil è consapevole di essereun’azienda che si dischiude a nuovi orizzonti eprepara la sua evoluzione nel futuro portando lapropria immagine in ambiti diversi. Per questo,oltre che nel settore sportivo, ha scelto di essereattiva anche sul piano della cultura. È all’insegnadi questa linea d’intervento che ha promossoun’iniziativa culturale di grande risonanza” – si fariferimento alle tre mostre del pittore OttorinoStefani (“Euronews”, settembre 1985).

Dunque, si iniziava a comprendere come l’artefosse a fondamento della comunità, non tantocome fenomeno legato al collezionismo, quantocome strumento per stimolare il rapporto tra ilmondo della produzione e quello della creatività.Nel rapporto tra impresa e arte, quest’ultimacontribuisce a generare l’identità aziendale, nonsolo perché ne dà riconoscibilità nei confronti delmondo esterno, ma anche perché stimola la “vogliadi appartenenza” al gruppo di coloro chenell’azienda partecipano al processo produttivo. Leiniziative di sponsorizzazione e di mecenatismoartistico del Gruppo Euromobil hanno concorso acreare l’identità dell’azienda e la sua unicità. L’arteè stata uno strumento di crescita culturale della

famiglia, ma anche dell’impresa. Nel 1987 nasceil marchio Euromobilarte per le sponsorizzazioniartistiche, finalizzato a dare più peso all’attivitàspecifica.

Come affermato, in “Euronews” compaionoampi articoli sui profili degli artisti all’inizio deinumeri anziché alla fine come ne “La Pialla”.In essi è manifesto un intento di divulgazioneculturale al di là della mera promozionedell’attività di sponsorizzazione. Allo sport sonoinvece dedicate le pagine conclusive con latestatina “Eurosport”. E questa modalità dicomunicazione ricorre con una certa sistematicità.Nel corpo della rivista compaiono i redazionali suiprodotti, permangono i consigli del fiscalista comene “La Pialla”, ma i contenuti si svincolano dallequestioni sull’andamento economico del Paese edai problemi della produzione a livello locale. In“Euronews” si dà molto spazio alle campagnepubblicitarie del Gruppo e alla comunicazionedegli investimenti promozionali, non solo comecampagne istituzionali e pianificazionipubblicitarie sui vari media, ma anche comecataloghi e nuovi strumenti di vendita. Si rendononote anche le innovazioni tecnologiche su cui ilGruppo Euromobil ha investito, comel’ampliamento delle strutture produttive, ilprogramma ADA o l’impianto del telefax (1986),oppure l’estensione del software ADA allaprogettazione dei punti vendita (1993) e il numeroverde per i clienti (1995).

Il nuovo assetto dell’house organ ha coincisocon il passaggio nel 1986 all’agenzia dicomunicazione Bianchi & Kerrigan, che hacollaborato all’immagine coordinata dell’aziendafino al 2003. Il layout grafico di “Euronews” erapiù vicino a quello di una rivista di settore.Progressivamente sono cambiate anche leimmagini delle tabellari: still life con inquadraturepiù pulite e frontali, che conferivano un maggioresenso di ordine. Le ambientazioni rimandano piùal set fotografico che all’ambiente domestico: leprecedenti immagini, spesso con inquadrature inprospettiva, avevano un carattere più amatoriale.Ma il cambiamento più evidente sia nel progettografico, sia nella comunicazione pubblicitaria, sirende evidente negli “Euronews” degli anninovanta, in sintonia con l’evoluzione dei prodotti.

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Tra la fine degli anni ottanta e il decenniosuccessivo è stato fatto un grande lavoro disviluppo di cataloghi, listini e strumenti di venditain generale. Nel 1987 compare la primamonografia dedicata a Zalf che non è né uncatalogo aziendale, né una raccolta dipubbliredazionali sui prodotti. È una trattazione incui si spiega il livello tecnologico della produzionedell’azienda: i robot e le macchine a controllonumerico, le tecnologie informatiche per laprogettazione e per la comunicazione con l’esterno;si inquadra il contesto territoriale e infine sidescrivono i prodotti.

Dal 1987 “Euronews” presenta un semprepiù sistematico approfondimento suglielettrodomestici. Questi sono illustratinell’innovazione tecnica dell’epoca – ad esempio,le tecnologie finalizzate alla riduzione del rumore,le nuove cappe aspiranti, il microonde, il

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Allestimento peril Salone del Mobiledel Triveneto(Verona, 1992).La partecipazionea questamanifestazione segnauna svolta per ilGruppo Euromobil,anche nell’immagine:uno stand da 1000metri quadrati,suddiviso in quattrovolumi con quellocentrale più alto. Talevolume è dedicatoalla reception ecostituisce una sortadi portale d’accessonel mondo delGruppo. Nellareception sonopresenti le opere diCarmelo Zotti el’atmosfera è quelladi una galleria d’arte.

frigorifero a freddo differenziato, il vanocongelatore ventilato antigelo, i sistemi antifugadi gas o quelli per la ventilazione dei forni – e nelle migliorie legate alla preparazione o allaconservazione del cibo. Questi articolitestimoniano la ricerca di Euromobil tra i fornitoripiù all’avanguardia, con standard di certificazioneeuropei, e più attenti alle questioni della sicurezza.

La comunicazione pubblicitaria della finedegli anni ottanta denota un’attenzione a target dipubblico differenti dalla famiglia tradizionale.E questa sensibilità va di pari passo con l’offertamerceologica. Ad esempio, compaiono figurefemminili più giovani, eleganti e moderne, menolegate allo stereotipo della massaia: una donna insuccinto abito da sera si mette in libertà lanciandouna scarpa a stiletto mentre il pay-off pubblicitariodi Euromobil recita “finalmente a casa”.

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Anni novanta: il decennio della svolta

Introduzione al contesto del design italiano

Il panorama italiano dell’arredo a cavallo deglianni ottanta e novanta è caratterizzato da unaforma di eclettismo stilistico a cui corrisponde unpiù profondo cambiamento del pubblico: unadomanda frammentata e attenta ai consumi,causata dall’ennesima crisi politica ed economicache il Paese stava attraversando (nel 1992 scoppiòlo scandalo di Tangentopoli). Alla segmentazionedelle fasce dei consumatori si affianca però unpanorama produttivo più maturo e capace distrutturare l’offerta non solo nella diversificazionedei prodotti, ma anche nei servizi. Nella societàpost-capitalista degli anni novanta le aziendeitaliane, e così il Gruppo Euromobil, sono state ingrado di articolare il proprio know how inorganismi snelli, flessibili e versatili, tanto nellaproduzione quanto nella logica organizzativa. Inquesti anni l’azienda ha messo a punto il ProgettoMultisystem di Euromobil e il Progetto Soluzionedi Zalf, che hanno permesso di assecondarel’andamento del mercato e di approntare quellestrategie che hanno portato oggi all’espansione e alriposizionamento dei marchi.

Il neoeclettismo stilistico che invade l’industriadell’arredo in questi anni corrisponde alla volontàprimaria di rendere i prodotti riconoscibili e intelligibili al consumatore finale. Dalla correntestoricistica dei primi anni novanta, che ricorrevaa citazioni vernacolari e a riferimenti storici per recuperare le radici culturali e sfuggire così alla standardizzazione industriale, si passa a unacorrente cosiddetta minimalista. Entrambe le tendenze convivono grazie alla capacitàproduttiva dell’industria che ha permesso unamaggiore ricerca nelle forme. Nell’ambito dellecucine si assiste alla comparsa di elementi piùscultorei e a una più sensibile qualificazione dellospazio: si rende evidente un’attenzione alle linee

estetiche degli elementi, alle componenti in aggettoe all’ergonomia che genera un dialogo tra l’uomo e il costruito industrialmente. Si riscontra unmaggior interesse alle qualità tattili degli arredi,agli effetti visivi conferiti dalle finiture e, più ingenerale, all’esperienza dell’utente nell’ambiente.Nel settore degli elettrodomestici si opera non solonella direzione dell’innovazione tecnologica, maanche dell’interfaccia uomo-dispositivo: spie di funzionamento, schermi a led, nuovi dispositividi comando più facili da usare. A prescindere dalla tendenza stilistica, gli arredi degli anninovanta ricercano la partecipazione dell’utentenella composizione e nella fruizione dello spazio.

Il minimalismo e la corrente high-tech dellaseconda metà degli anni novanta sono due aspettidello stesso fenomeno: la progettazione di artefattiprivi di un’estetica ridondante, che nascono dauna logica compositiva volta a ridurre lacomplessità e a enfatizzare la funzionalità.E quest’idea di semplicità prescinde l’elaborazionestilistica cosiddetta “minimal”.

L’istanza di semplicità risponde alla domandadel pubblico che richiede “onestà”, comfort,efficienza e, in generale, una semplificazione dellavita nell’ambiente domestico. Tali fattorinecessitano di un’attenta ricerca tecnologica daparte delle imprese: “per le industrie, ilminimalismo diventa legittimazione culturale dellasemplicità tipica del prodotto industriale in serie[…] o della semplicità di nuove collezioni di arredi,pensate per una casa che non vuole essere né operad’arte totale, né classicamente borghese, le dueipotesi diffuse negli anni ottanta. Una casa dove leconnections siano affidate ai gusti individuali piùche alle regole dello stile” (Vanni Pasca,Minimalismo. Etica delle forme e nuova semplicitànel design, 1996, p. 109).

I consumatori di quest’epoca sembrano piùconcentrati sulle proprie esigenze, più consapevolidelle loro possibilità e attenti alle tematicheecologiche. D’altra parte, dopo un primo momentohigh-tech della produzione, in cui l’industria hafatto sperimentazione nella tecnologia per se stessa,senza una specifica domanda applicativa, al fine ditrovare nuovi materiali e transfert produttivi da unsettore all’altro, il mondo degli oggetti appare piùorientato all’istanza sociale. I consumatori ricercanosemplicità, risposte a bisogni concreti, oggetti

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dall’immagine “franca” e servizi su misura. Comeaffermato, la diversificazione dei prodotti trova ilsuo fondamento nella riorganizzazione dei processiproduttivi. Nella prima campagna per il ProgettoSoluzione di Zalf (1994) il Gruppo Euromobilsottolinea che “la gente vuole cose semplici per faredelle cose normali. È finita l’era dei totem, deglioggetti simbolici e dell’high-tech per se stesso. Ilconsumatore spinge per un prodotto ‘trasparente’,

privo di caratterizzazioni marcate e pococondizionante dal punto di vista estetico”. Si rendeevidente, inoltre, un mercato sempre più polarizzatotra la nicchia dell’aristocrazia del design e la massadei consumatori, per la quale esiste un’effettivaesigenza di prodotti per il quotidiano a cui, però,non è seguita una produzione di oggetti funzionalie con un buon rapporto qualità/prezzo.

La crisi economica degli anni novanta ha

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decretato l’estinzione del precedente modelloconsumistico e indirizzato verso i primiorientamenti ecologici. A queste istanze sonocorrisposte forme semplificate volte a diminuire laquantità del materiale impiegato. Le aziendesembrano più sensibilizzate verso questioni disostenibilità produttiva come il riciclo, l’emissionedi sostanze tossiche e lo smaltimento in post-produzione. A tal proposito, Euromobil ha condotto

Modello Filò, designR&S Euromobil eRoberto Gobbo,1991. La cucinapresenta elementiinnovativi come ilblocco da 180 cm piùprofondo e alto 9 cm,capace di conteneretre moduli da 60 cm,e due vasche perlavello, di cui unameno profonda chesfrutta lo spazio al disopra dellalavastoviglie. Filòunisce citazionitradizionali – si vedal’anta a telaio che neipensili può essererealizzata anche invetro – ed elementimoderni comel’acciaio del piano.Molte componentisono realizzate sudisegno: ad esempiole grandi cappeasimmetriche e lemaniglie con duetaglie. Le tredimensioni di altezzaper le colonnepermettono una certaflessibilità nellacomposizionedell’area dicontenimento. Leante sono in frassinoa poro aperto cherivela la venatura dellegno. Le finituresono in color noce,laccato verde, blue bianco.

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delle ricerche nei truciolari a basso contenuto di formaldeide in modo da ridurre le emissioninella fase di dismissione. Analogamente, ha esaminato l’ambito degli elettrodomestici per trovare quelli con minor impiego di freon (il gas utilizzato nei sistemi di raffreddamento, fra i principali responsabili del buco nell’ozono) e con la più efficiente catena di smantellamento.

Gli anni novanta corrispondono anche alcambiamento delle tipologie abitative: nuovecategorie di utenti, come i single, e la mobilità dei lavoratori conseguente alla nuova economia del terziario hanno stimolato la comparsa

di ambienti di vita più piccoli, monolocali o openspace, oppure tassonomie in cui la distinzione trazona giorno e zona notte non è più evidente. Gli ambienti della casa dunque si organizzano su altre regole e hanno bisogno di un altro corredodi oggetti. Ad esempio, nella tipologia dei loft gli arredi debbono essere in grado di organizzare lo spazio in modo razionale, assumendo un ruolopiù strutturale e meno decorativo. Non è casualeche il Gruppo Euromobil abbia costruito una retedi progettisti collaboratori in grado di affrontareprodotti con questa valenza compositiva né che,alla fine degli anni novanta, sia nata in Euromobil

la divisione Lucky, volta a ricercare nuove tipologie di prodotto, più sperimentali e adatte a stili di vita menotradizionali. All’interno di questa divisione l’architettoMichele Sbrogiò ha progettatoil monoblocco Up&Down(1998), caratterizzato daelementi a scomparsa, in cuialloggiare un blocco di cucinaaccessoriata, dispense o unitàstudio. Il prodotto è dedicatoa chi cambia frequentementedomicilio o a chi dispone di poco spazio e si trova

in situazioni domestiche temporanee.

Il riposizionamento di Euromobil e i modelli antecedenti al ProgettoMultisystem

Il mercato delle cucine in Italia era cresciuto finoal 1992, ma nel 1994 registrava un calo del 4%,mentre quello del mobile si attestava intorno al 10%.Tra le cause della flessione la crisi politico-economica, il ridimensionamento dei redditi dellefamiglie e un conseguente atteggiamento di maggiorprudenza all’acquisto. Il consumatore si presentavaevoluto e attento alle proposte dei produttori e pococondizionato dalle mode. La crisi economica hacomportato un allargamento della fascia media dimercato, con l’immissione di parte dei consumatoridi fascia alta. Ciò ha provocato una maggioreconcorrenza nel settore produttivo e la necessità diuna più vasta declinazione dell’offerta. Gli utentirichiedevano soluzioni d’arredamento complessive

Up&Down (designMichele Sbrogiò perla divisione Lucky diEuromobil, 1998) è unmonoblocco da 126 x211 x 71,5 cm chepuò alloggiare unblocco cucina, oppuredivenire un elementodi arredo per la zonagiorno, in quantoaccessoriato concontenitori, mensole escrittoi. Il monobloccoè stato ideato peropen space e persituazioni domestichetemporanee. Ladivisione Lucky èstata pensata perstudiare tipologiealternative di arredo.

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e personalizzate che hanno imposto alle aziendedi strutturare una complessa rete di servizi – dallavendita all’assistenza, alla distribuzione. Ilnegoziante, dunque, non vendeva più dei mobilima un ambiente completo e non seriale.

A questa richiesta le aziende come il GruppoEuromobil hanno risposto con lo sviluppo diprodotti non affidati alla mera intuizione creativa,bensì a un processo strutturato che andava dallericerche di mercato alle politiche di posizionamentosul territorio, allo studio delle nuove tecnologie e deimateriali, fino alla definizione delle singolecaratteristiche formali. Il settore sempre più

rassicurante. L’estetica dei prodotti ha risposto algusto contemporaneo, senza piegarsi alle modepasseggere e comunicando l’idea di durata neltempo. I modelli di cucina che precedono ilProgetto Multisystem rappresentano da un latol’esigenza di una maggiore riconoscibilità estetica,dall’altro lo studio della composizione dell’ambientecucina: la modularità degli elementi, l’ergonomiae lo sviluppo del concetto di trasversalità daun modello a un altro: tutti fattori che sono poiconfluiti nel Progetto Multisystem.

La cucina Fenice risale al 1991, è stata progettatadall’unità Ricerca e Sviluppo Euromobil in

eterogeneo dei consumatori ha stimolato Euromobilverso un’offerta più ampia, all’interno della qualetrasmettere un’immagine forte e l’operativitàdell’azienda. Tale riposizionamento verso una fasciamedio-alta/alta di mercato, con prodotti dall’esteticapiù contemporanea, ha comportato il rischio diperdere la fascia di consumatori legata ai prodotticlassici – a metà degli anni ottanta la produzioneera al 65% tradizionale e al 35% moderna. È statauna scelta difficile e graduale. Infatti, nel corso deglianni novanta compaiono prodotti moderni nellepossibilità compositive ma con un’immagine

collaborazione con Domenico Paolucci e presentaun’innovazione nelle maniglie, che vennerorealizzate su disegno, con una parte inclinata e unadritta, in modo da essere applicate diversamente aseconda del senso di apertura dell’anta. Le maniglieerano state disegnate in varie larghezze, costituendoil primo esempio di “taglie” dello stesso modello –elemento che compare oggi nel ProgettoMultisystem. La presenza di pensili alla stessaprofondità della colonna ha implicato che questifossero posizionati più in alto rispetto alla zona dicottura, liberando uno spazio sottopensile. In esso

L’elemento innovativoè il particolare lavello ad angolo con scolapiatti e serrandina amovimentoorizzontale. Ilprogetto (designDomenico Paolucci)è stato brevettato ed è tuttora inproduzione. Taleelemento permette di utilizzare lo spazioangolare, giàadoperato peralloggiare la zonacottura, anche per il lavaggio.Generalmentel’angolo delle cucineè infatti un’areasfruttata soloparzialmente, perchépoco accessibile; main questo caso si ètrovata una soluzioneergonomica che haaltresì permesso diottenere degli ampipiani di lavoro.

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sono stati inseriti contenitori inclinati, mensole agiorno e la cappa. Fenice rappresenta un esempio dipulizia e rigore formale insieme alla razionalitàfunzionale. E per la possibilità di scelta dellamaniglia e dell’organizzazione dell’area sottopensileevidenzia una certa personalizzazione della scelta.Tra le composizioni proposte all’epoca daEuromobil, Fenice viene organizzata conun’interparete in cui gli elementi della cucina sonoinseriti anche nell’area pranzo. Il modellorappresenta uno dei primi casi di cucina a blocchio “post-americana”, ossia una composizione chesi struttura per unità funzionali: da un lato lo spaziotecnico con funzioni di lavaggio e cottura (la zona

di preparazione del cibo. Dal punto di vista esteticola cucina presenta una maniglia inserita nellalunghezza dell’anta, elemento che ha conferito unsingolare senso di orizzontalità e un’immaginemoderna e diversa dagli esempi precedenti. Perquest’immagine e la sua versatilità, Dialogo è statainserita nella modulistica del Progetto Multisystem.

Apparentemente più tradizionale il modello Filò(R&S Euromobil con Roberto Gobbo, 1991). Lostesso nome, che riprende un termine del vernacoloveneto che indica la pratica di riunirsi in famiglianelle aree comuni delle case coloniche, sottolineavala volontà di rifarsi alle proprie radici culturalie di porre la cucina al centro dei rituali del

“calda”), dall’altro la dispensa o i contenitori (lazona “fredda”). E tali elementi possono essereinseriti anche nell’area pranzo.

In collaborazione con lo stesso designer ilmodello Dialogo (1991) ad anta liscia. Il disegno“pulito” di questa cucina ha permesso diconcentrarsi sulla modulistica degli elementi: è statoideato il primo lavello ad angolo con la possibilitàdello scolapiatti al di sopra e chiusura a serranda(elemento brevettato e ancora in produzione),moduli con penisola sagomata, piani lavoroestraibili e scorrevoli su ruote, basi per alloggiareelettrodomestici da 90 cm. Il modello si concentrasulla cucina-laboratorio e sull’efficienza della zona

quotidiano. L’anta a specchio presentava un telaiosottile e nei pensili poteva essere realizzata anchecon un vetro serigrafato con motivo a reticoloquadrato. Tale elemento, insieme ai mobili dispensa,citava un’immagine di cucina più tradizionale.Ciononostante, Filò ha rappresentato un’altasperimentazione nella modulistica introducendo unblocco cucina da 180 cm, profondo 75 cm, doveposizionare tre moduli da 60 cm conelettrodomestici, e un piano alto 9 cm con lavello adue vasche. Una di queste era meno profonda econsentiva l’inserimento della lavastoviglie nellospazio sottostante. Come nei precedenti esempi,anche in Filò c’è una chiara distinzione tra aree di

Cucina Fenice,progetto R&SEuromobil conDomenico Paolucci,1991. I pensili, dellastessa profonditàdelle colonne, sonoposizionati più in altoper garantirel’ergonomia del pianodi lavoro. Questolibera uno spaziosottopensile che puòessere attrezzato conmensole a giorno,contenitori, o lacappa. Fenice puòessere in legno noceimpiallacciato e adoghe, per un targetpiù elevato, oppurein laminato grigio obianco lucido. I pianidi lavoro sono anchein granito Nero Africae Bianco Sardo.

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contenimento (colonne e contenitori dispensa) earee operative per la preparazione del cibo. La zonadi cottura poteva essere disposta ad angolo o a isola,esigenza che si palesava negli anni novanta. Questetipologie di cucina “post-americana” abbandonanol’uniformità e la scansione regolare tipica delmodello componibile in favore di una disposizionelibera che, per certi versi, richiama l’organizzazionedelle cucine pre-industriali.

In Filò compaiono le grandi cappe asimmetrichecolor acciaio o rame che evocano l’archetipo deicamini delle cucine storiche. Filò si presentavacome un modello molto versatile, consono anche ailoft e agli ambienti ridotti, poiché la modulistica

da 90 o 120 cm, così come degli elementi a giorno,permetteva di mischiare i due modelli di anta apiacimento.

È stata condotta un’accurata ricerca nei cassetti,nei cestoni e nelle attrezzature interne e, per laprima volta, sono comparse delle boiserieattrezzabili con mensole e le colonne a étagèrecompletamente a giorno. Questi sistemi,indipendenti dalla zona operativa della cucina etrasversali a più modelli, sono stati sviluppati inseguito allo studio di Euromobil sulla modularità apasso 12 cm in altezza, che ha condotto al ProgettoMultisystem e alla creazione dei cosiddettimicrosistemi. In parallelo con la strutturazione della

poteva essere adattata agli elettrodomestici alarghezza 45 cm. Fu un grande successo di venditae con essa si iniziarono le forniture all’estero, comead esempio per un contract residenziale inGiappone.

Nel 1994 la Ricerca e Sviluppo Euromobil conRoberto Gobbo progettano il modello Una & Bina,nato per soddisfare al contempo un gustotradizionale e uno moderno. Una presentaval’anta liscia in laminato con bordo in ABS colorfaggio e Bina un’anta a telaio con cornicesempre color faggio.

La corrispondenza di finiture, degli allineamentidelle componenti, ad esempio i pensili sopracappa

produzione, in quegli anni il Gruppo Euromobil hacondotto un’attività di certificazione: l’acquisizionedel marchio UNI EN ISO 9001, ottenuto nel 1998 ela Vision 2000 a partire dal 2000. La certificazione èstata non solo uno strumento per raggiungere glistandard produttivi internazionali, ma una crescitaculturale a tutti i livelli. La certificazione è riferita atutti i settori dell’attività produttiva: dalla qualità deimateriali al ciclo produttivo, all’installazione eall’assistenza, ma anche relativamente allenormative europee sulla sostenibilità e il commerciodei prodotti nel mercato internazionale.

Il modello Dialogo(progetto R&SEuromobil conDomenico Paolucci,1991) presentaun’anta liscia in cui èintegrata la manigliaper tutta lalunghezza, realizzatain mogano e trafila dialluminio satinato. Le ante potevanoessere in moganoimpiallacciato e laminato bianco o verde con finituraperla. Il modellopresentava unamodulistica piùcompleta consoluzioni a penisolasagomata, pianiscorrevoli,sottopensili inclinatie il particolare lavello ad angolo con scolapiatti eserrandina amovimento orizzontale(elemento brevettato).Dialogo presenta le prime applicazionidelle cappe acaminetto, che sonopoi divenute unsegno distintivo diEuromobil.

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Il Progetto Multisystem

L’informatizzazione e la gestione integrata degliordini sono il presupposto del Progetto Multisystem.A metà degli anni novanta, Euromobil era in gradodi ricevere gli ordini immediatamente via modemattraverso la rete telefonica e quindi di elaborarlicon un passaggio diretto dal computer del puntovendita al sistema informatico dell’azienda. Questaprocedura eliminava gli errori di trasmissione evelocizzava la comunicazione, permettendo difornire al rivenditore sia la conferma dellacommessa, sia l’indicazione dei tempi di consegna.In questo modo, si offriva il medesimo servizioanche in realtà di vendita medie e piccole oall’estero. L’applicazione del programmainformatico ADA permetteva di progettare unprodotto ad hoc, ed era la carta vincente per unmercato che richiedeva soluzioni personalizzate.Come affermato, la correttezza gestionale haconsentito di raggiungere un alto livello diefficienza produttiva e di conformare gliinvestimenti in diretta relazione sia con le risorsedel Gruppo, sia con le richieste effettive delmercato. Poiché l’offerta al cliente si era trasformatadal mero prodotto a una serie di servizi, Euromobil

si costruisce una griglia dimensionale a cui siriferiscono tutti i modelli di cucina. A Eurocucina2008 il programma contava 546 frontali, 98strutture di colore diverso, 25 finiture, 21 forme dimaniglie e 5 taglie. Il Progetto Multisystem nasce inrisposta al mercato che non vuole più modelli rigidi,ma la libertà di comporre la propria cucina inrelazione allo spazio dove essa deve essere collocata.I primi studi sul passo 12 risalgono ai primi anninovanta, ma il sistema ha necessitato di qualcheanno per essere messo a punto. Dunque nella logicadel Progetto Multisystem la struttura del mobileè organizzata sulla base di una griglia dimensionale,che costituisce il macrosistema, e su di essavengono definite le varianti dei modelli di cucina(i sistemi). La tecnologia a controllo numerico concodice a barre e il programma ADA permettonoinfine di collegare il design alla produzione.

Poiché la griglia garantisce gli allineamenti e lecorrispondenze dimensionali degli elementi deisistemi, è possibile progettare un’ulterioresuddivisione, i microsistemi (frontali, piani dilavoro, aree operative, boiserie, accessori di basie pensili, attrezzature interne, maniglie edelettrodomestici) che possono essere trasversalia più sistemi.

Lo schema inizialedel ProgettoMultisystem mostrala compatibilità fra i modelli di cucine,mischiabili grazie alla trasversalitàdimensionale dimateriali e finiture.

ha condotto un’attività di formazione della retevendite. Gli agenti si convertono da semplicivenditori a consulenti di marketing, in grado dievidenziare le trasversalità tra i diversi marchi,senza ragionare a compartimenti stagni ma pertipologie d’arredo. In Euromobil si inizia aripensare la declinazione dell’offerta, le modalità diesposizione dei prodotti nei punti vendita e l’attivitàdi assistenza al venditore.

Tale complessa struttura, dalla produzione alsistema di vendita, è la precondizione all’esistenzadel Progetto Multisystem. Questo è un concetto dimacrosistema, non un modello: una logicacompositiva a passo 12 cm in altezza entro la quale

Il passo 12 permette di strutturare le altezze deglielementi ed è stato studiato in relazione a parametriergonomici: le altezze e le dimensioni dei volumicon i relativi aggetti debbono essere compatibili conla struttura fisica dell’utente e, analogamente,l’accesso agli utensili e agli elementi facile e sicuro.Sono state studiate delle basi profonde 70 cm, oltreai 60, per ottenere un piano di lavoro più ampio eper ridurre gli spostamenti dell’operatore. Il passo12 garantisce gli allineamenti dei blocchi funzionaliper un migliore sfruttamento della superficiedi lavoro.

I primi esempi di cucina con componibilità apasso 12 furono Una & Bina e Le Midì (1994),

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quest’ultima sviluppata dalla Ricerca e SviluppoEuromobil con Domenico Paolucci. L’idea di fondodel Progetto Multisystem è infatti quella dimischiare i modelli abbattendone le rigiditàcompositive. Ciò è possibile non solo grazie allecorrispondenze dimensionali, ma anche a quelle deimateriali, delle finiture e della posizione dellamaniglia. Quest’ultimo fattore è cruciale, perchépermette di combinare un’anta liscia con una atelaio nel medesimo ambiente, mantenendo lo stessocolore della laccatura o del laminato e la stessaforma di maniglia. Dopo le prime sperimentazioninelle taglie di quest’ultimo elemento nei modelliFenice e Filò, si sono realizzate cinque misure perogni forma, permettendo l’utilizzo di taglie diverseanche nella stessa composizione. E questo grazie alposizionamento della maniglia nello stesso puntodell’anta.

Nonostante ogni modello di cucina nasca conuna sua autonomia, con la propria anta e tipo dimaniglia, il Progetto Multisystem garantisce latrasversalità e l’incrocio fra i sistemi. Le potenzialità

del macrosistema divengono dunque infinite, ancheperché oltre all’anta e alla maniglia si possonomischiare i fianchi a finire delle strutture inlaminato, che presentano innumerevoli variantidi finitura fino al laccato o all’impiallacciato, cosìcome i piani di lavoro e tutti i complementid’arredo. Lo sviluppo del macrosistema è statomolto complesso: ad esempio il posizionamentonello stesso punto della maniglia in un’anta lisciaè semplice, mentre è più vincolante nel casodi un’anta a telaio. Dunque, la progettazione hadovuto tener conto, a monte dello sviluppo deisingoli modelli, di un posizionamento dellamaniglia che andasse bene per tutti. Il ProgettoMultisystem ha conferito un’efficace logicaprogettuale e produttiva, che è stata trasmessaall’altro macrosistema Filo del 2005 e al nuovissimoAssim. Il Progetto Filo è un programma di cucinecon struttura senza maniglie e, poiché è organizzatocon la medesima logica del passo 12, i suoi modellipossono essere mischiati con quelli del ProgettoMultisystem.

Tabula, design R&SEuromobil e RobertoGobbo, 1998. Ilmodello può esserein laminato, laccatoopaco e lucido e infinitura legno. L’anta è perfettamenteliscia con una grandemaniglia in posizionecentrale. Tra leinnovazioni nellacomponibilità un“portale” che riuniscegli elettrodomestici e che può esserelargo da 128 a 218cm. Le finiture inacciaio inox deglischienali e dellecappe, uniteall’alluminio dellaboiserie Merlino,conferiscono un tonomoderno e high-techalla cucina. Per la sua semplicità Tabulaè un sistema che bensi adatta allo schemalibero del ProgettoMultisystem.

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In seguito alla definizione dei sistemi si èlavorato allo sviluppo di quelle componentitrasversali a più modelli di cucina (i microsistemi):cappe, piani cottura, boiserie, elementi a giorno eattrezzature che vanno ad arricchire la composizionee la fruibilità dell’ambiente. Da questa ricerca, oltrealla boiserie Merlino, sono nate le cappe gemelle

System in color rame cheracchiudono lo scolapiattie l’aspiratore, e i più recentiDedalo (la cucina freestanding) e ZenitLab(gli elettrodomestici esclusivirealizzati su disegno).Lo sviluppo dei microsistemiha previsto anche lariorganizzazione dellaproduzione perché le parti inmetallo e la componentisticadei cassetti e dei pensilisono realizzate da terzisti.

Il Progetto Multisystemè stato messo a punto in un

decennio e i primi modelli che rientrano nellalogica compositiva del macrosistema sono statiVanity, Dialogo, Quadrica e Tabula. La complessitàstrutturale e produttiva del programmaha comportato notevoli difficoltà anche nellacomunicazione del prodotto: era difficile rendernela trasversalità e l’infinita possibilità dicombinazione. Dapprima si è realizzato uncatalogo unico (“Multiplicity = Individuality”),in cui esibire alcune soluzioni progettualiche mischiassero i vari modelli. In questo catalogoerano presentati tredici allestimenti cherappresentavano la creatività, il piacere dicombinare i materiali, il colore, la coerenza tramateriali e funzioni, il gusto della semplicità propridel Progetto Multisystem. Tuttavia la complessità ela ricchezza del sistema ha necessitato un altrotipo di comunicazione. Così nel 2002 si è realizzatala Guida alle qualità di Progetto Multisystem, in cuisi è spiegato attraverso le immagini il significatodel Progetto, la sintassi che sottende, i microsistemi

In un numero di“Euronews” del 1994si comunica ilcambiamento nellalogica compositivadel mobile. Il passo12 cm in altezza, aesclusione dellozoccolo, è il moduloda cui dipendonotutte le misure deglielementi, e rispondesia ai parametriergonomici, sia alledimensioni deglielettrodomestici daincasso. I modelliVanity e Dialogo sonostati riprogettatisecondo il passo 12 einseriti nel ProgettoMultisystem.

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comuni a tutti i modelli e uno schema della sceltadi materiali e finiture. In parallelo è stato realizzatol’allegato “Exhibit” che ha ritratto delleambientazioni per showroom in cui si sonomischiati più sistemi tra di loro e con le differentitaglie di maniglie.

Multisystem nasce da una progettualità cheprescinde dalla mera estetica dei singoli modelli.È altresì uno strumento per ottimizzare gliinvestimenti dell’azienda, ad esempio sui materiali,secondo delle economie di scala. Il macrosistemaè infatti la traduzione in prodotti finiti di quellalogica e di quei valori aziendali che hannocontraddistinto il Gruppo Euromobil sin dagliesordi, con la riorganizzazione della gestioneproduttiva e l’informatizzazione del processo.Per la grande varietà dei materiali, dal laminatoal laccato, e dei microsistemi, le cucine Euromobildivengono un prodotto trasversale per il clientefinale, permettendo di assecondare non solole differenti richieste ma anche le oscillazioni delmercato senza modificare il sistema produttivo.

Il Progetto Soluzione di Zalf

Negli anni novanta il Gruppo Euromobil hapotenziato il settore della zona giorno. Questascelta è stata coadiuvata anche dalle migliorienella tecnologia del melaminico che lo hannoreso un prodotto più resistente e con finituremigliori. Prima dello sviluppo del ProgettoSoluzione si è lavorato sull’estetica dei prodottie sugli automatismi, elementi checontraddistinguono il prodotto Zalf soprattuttonelle camere per ragazzi. Il programma For You(1990) consentiva di sviluppare innumerevolicomposizioni a partire dalla polarità cromaticadel bianco e nero o con incursioni di rosso, verdee blu. Oltre alla variazione nei colori,comparivano elementi nuovi per organizzare lospazio come interpareti, librerie agganciate suruote o a binario e blocchi attrezzati per ospitareil televisore o l’impianto hi-fi. Nello stessosistema compaiono armadi con chiusure abattente, a scorrevole, ad ante sovrapposte o alibro, e anche cabine armadio accessoriate conluci, ripiani estraibili, scarpiere e porta TV. Oltre

Monopoli, progetto diR&S Zalf con RobertoGobbo, 1994.Sistema con strutturain melaminico biancoo acero e ante in finitura bianco,acero, grigio e neromicronizzato. La modulistica dei contenitori è completata con un elemento aprofondità 90 cm per alloggiarela televisione o gliapparecchi hi-fi.I contenitori modularie le interpareti sonodisponibili in trelarghezze. Leinterpareti possonoraggiungereun’altezza di 294 cm.

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allo studio sulla componibilità si dimostra,dunque, una certa attenzione alle esigenze delconsumatore e alla trasformazione degli spaziabitativi, in particolare della zona living in cuicampeggiano i nuovi dispositivi hi-fi e VHS, a seguito della diffusione massiccia di talitecnologie nelle case. Analogamente, la ricercanegli automatismi è nata da un’indagine dimercato che ha rilevato la necessità di spaziflessibili in volumi ridotti. I vari sistemi di Zalf,

Il nuovo showroomposto all’internodello stabilimentoproduttivo di Falzèdi Piave (Treviso) fu inaugurato nel2002. Tale spazio è finalizzato allapresentazioneai rivenditori deiprodotti del Gruppo.Nello showroom èfondamentale l’areaworkshop dedicataal Progetto

Multisystem, chemostra il campionariodi tutte le variabili –top, schienali, anteed elementi a parete.Queste possonoessere prese ealloggiate in unapposito mobile, checonsiste in unoscheletro strutturalee che permettedi visualizzare l’effettodella lorocombinazione.

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poi integrati nel programma del ProgettoSoluzione, permettevano di trasformarel’ambiente domestico nel corso della giornata. Adesempio, alcuni automatismi di Monopoli, studiatida Giulio Manzoni e Isabella Steffan nel 1994,consentivano in due metri di lunghezza diracchiudere tutte le funzioni d’arredo di unacamera: il blocco era composto da un divano lettoche diventava scrittoio facendo scendere il pianodalla base della mensola superiore (automatismo

Lift), un particolare dispositivo che scostavalateralmente la struttura dalla parete per rifare illetto (Help) e un sostegno in metallo che fungevada schienale per i cuscini quando il letto venivausato come divano (Arch). Questi automatismierano inseriti l’uno nell’altro in una struttura checomprendeva un armadio-contenitore a ponte.

Monopoli, che ha rappresentato l’evoluzionedel precedente Sprinter ma con l’anta liscia, si èdimostrato un sistema molto versatile anche

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grazie a una modulistica più completa: adesempio, fu introdotto il contenitore da 90 cmper la televisione, la cui evoluzione tecnologicaha comportato una produzione di apparecchisempre più grandi, oppure le interpareti conspessori da 2,8 cm e altezze modulari fino a294 cm. Al sistema Monopoli è stata affiancatauna collezione di letti, tavoli, scrittoi e scrivanie,che hanno permesso grosse forniture e contractper alberghi e spazi commerciali. Monopoli è natocome sistema autonomo e poi è stato integratonel Progetto Soluzione.

Un prodotto di grande successo, a tutt’oggiintegrato nel Progetto Soluzione, è stato laboiserie Oh!razio, sviluppata dall’unità Ricerca e Sviluppo Zalf con Roberto Gobbo a partire dal1993. “Razio” sta a indicare la razionalità dellacomponibilità: infatti la boiserie diede il via a unaserie di applicazioni fino ad allora inesplorate. A essa possono essere agganciate le mensole e tutti gli elementi d’arredo – letti, scrittoi e sistemi scorrevoli. È il primo esempio di paretestrutturale dalla quale sono stati sviluppati tutti

i sistemi scorrevoli a binario che hanno permessouna progettazione creativa soprattutto negli spaziper ragazzi. Oh!razio è modulare e può essereimpiegata in piccole parti, anche solo cometestiera del letto, o in grandi estensioni perorganizzare intere pareti con contenitori fissi,sospesi o a pavimento, letti e scrittoi scorrevoli su binari, posti sia in parallelo sia in posizioneortogonale alla boiserie.

Oh!razio e il sistema Monopoli hanno permessodi sfruttare al massimo gli spazi inutilizzatie di costruire un ambiente adatto alle differentiesigenze di un’utenza che va dall’età prescolarefino all’adolescenza. E per completare l’offertaè stata prodotta una serie di arredi con tavolisu cavalletti, sedie pieghevoli e tasche-attaccapannida appoggiare alla spalliera del letto.

Il tutto in coordinato con i colori delle finituredegli arredi fissi. Dunque, queste camere perragazzi esprimono non solo un carattere allegro,ma anche uno studio sulla semantica degliambienti. Come affermato, questi spazi nonscaturiscono dalla semplice aggregazione di una

Boiserie Oh!razio,progetto di R&S Zalfcon Roberto Gobbo,1993-1994. Laboiserie modularepermette di agganciaretutti gli elementi e di comporre unospazio flessibile e trasformabileattraverso i sistemiscorrevoli a binario.La boiseriepuò essere utilizzataanche solo cometestiera del letto.È sviluppata in ottocolori per quattrolunghezze ed èattrezzabile conmensole, scrivaniead aggancio paralleloo trasversale, econtenitori sospesicon o senza cassetti.

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serie di suppellettili, ma da una composizionefunzionale di arredi che si modifica, in generale,con la crescita degli individui, e in particolare conle attività che sono svolte nel corso della giornata– studio, gioco o riposo. Nelle soluzioni per i piùpiccoli, gli elementi come le cassapanche o i lettia castello, che nascondono scrittoi estraibili,accentuano sia il senso pratico sia il gioco e lacreatività di chi fruisce l’ambiente. Le camere diZalf rispondono al concetto di “multispazio”inteso come moltiplicazione dello spazio: ilmassimo sfruttamento dell’area a disposizione euna trasformazione funzionale che cambia con leesigenze dell’utente. I sistemi Zalf e la boiserieOh!razio non propongono soluzionipreconfezionate ma forniscono degli strumentiper costruire il proprio ambiente.

Dopo l’esperienza dell’ufficio Sprinter, a metàdegli anni novanta il Gruppo Euromobil ha

pensato di proporsi anche nell’arredo per spazidi lavoro professionali. Il prodotto Ufficio Praticonel 1995 estendeva le possibilità di Monopoli eOh!razio a questi ambienti, integrando l’offertacon una nuova linea di tavoli componibili, paretidivisorie e attrezzature da ufficio. È statorealizzato anche un apposito catalogo perspiegare le soluzioni possibili, dalle postazioniindividuali o direzionali agli open space.Il prodotto Ufficio Pratico ha rispostoal cambiamento degli ambienti di lavoro in queglianni: l’organizzazione degli spazi, in cuiraggruppare più postazioni fisse garantendoun minimo di isolamento.

Così negli ambienti di lavoro si fanno stradaarredi specificatamente disegnati e flessibili,organizzati con piani di lavoro componibili masuddivisi da appositi schermi, o pareti mobili perfrazionare gli spazi aperti.

Per abbattere la rigidità degli schemicompositivi e per proporre un arredo trasversale eadattabile, il Gruppo Euromobil ha introdotto ilProgetto Soluzione. Questo è stato possibile grazieal trasferimento di know how a livello gestionale,produttivo e di distribuzione del ProgettoMultisystem. Il Progetto Soluzione compare ametà degli anni novanta ed è anch’esso unmacrosistema che permette di combinare settesistemi componibili e intersecabili tra loro.La trasversalità è garantita dalle corrispondenzemateriche e dimensionali delle strutture e dagliallineamenti di ripiani e maniglie.

Castello di Lot,progetto di R&S Zalfcon Roberto Gobbo,1994. È una cameraper età prescolare e il nome rimanda al mondo delle fiabe.Il letto alto èaccessibile a mezzodi una scala e sottopuò ospitare undivano o un altroletto, lo scrittoioestraibile o deicontenitori. La soluzione applica il sistema dicontenitori Monopoli.

250%cercare

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Anche nel caso del Progetto Soluzione laprogettazione della trasversalità è stata moltodifficile, come lo è stata la comunicazione delprogramma agli agenti e ai punti vendita.Il Progetto Soluzione presenta sistemi dotatidi elementi autonomi – i contenitori, la spallaportante, la boiserie con cremagliera verticaleo orizzontale e gli armadi che hanno un’altrastruttura portante – ma che possono dialogare traloro perché esistono le corrispondenze in altezza,in profondità e nelle finiture.

Come per il Progetto Multisystem, ilmacrosistema garantisce di operare economie discala nella produzione, ma anche un investimento

integrazioni in spazi già esistenti. Poiché lastruttura con passo 32 in altezza è fissa ed èapplicata alle varie tipologie d’arredo (armadi,zona giorno, spazio ragazzi e Ufficio Pratico), laproduzione può essere facilmente adattata alleesigenze del mercato variando, ad esempio, i colorie le finiture o arricchendo la linea dei complementi.

L’investimento nei sistemi per la zona giornoe la costruzione del Progetto Soluzionerappresentano il riposizionamento di Zalf daazienda prevalentemente per camere da ragazzia produttore di arredi per tutta la casa.

In quest’epoca il Gruppo Euromobil mettevaa punto le sinergie tra i diversi marchi,

graduale e adattabile nel tempo da parte delcliente finale.

I sistemi sviluppati in precedenza, come adesempio Monopoli o Oh!razio, sono stati adattatialle dimensioni della nuova griglia di ProgettoSoluzione, uniformando in profondità sia icontenitori sia le spalle portanti. Mentre i sisteminati dalla seconda metà degli anni novanta sonostati progettati già a partire dalla grigliadimensionale. Nella recente Guida alle opportunitàdel Progetto Soluzione si sottolinea che i settesistemi possono essere declinati con 202 frontali,5 strutture, 14 forme di maniglia in quattro tagliee con 24 finiture. Così come in quella per ilProgetto Multisystem, nella Guida di ProgettoSoluzione si è scelto non tanto di proporre dellecomposizioni per i vari sistemi, quanto diconcentrarsi su quegli elementi che sonotrasversali a tutti i modelli: i letti e i divani-letto,le cassettiere indipendenti, i complementi comele mensole, i pouf, le sedie e le panche, le boiserieaccessoriate, gli scrittoi e i tavoli. La Guidapermette anche di vedere l’intera gamma dellecomponenti per eventuali sostituzioni o

completate dall’acquisizione di Désirée nel 1995.E nelle campagne pubblicitarie s’iniziano aproporre le soluzioni di arredo di Zalf con gliimbottiti di Désirée, comunicando l’integrazionenello stile e nella filosofia delle aziende.

6 x 153 x 4 + 9 x 4 x 19PROGETTO SOLUZIONE

sistemi frontali

(oh!razio - picà -alterna - monopoli - link system - skate system)

strutture tagliemaniglie finiture

Lo schema inizialedel ProgettoSoluzione mostra la trasversalità fra i vari sistemi. La componibilitàsecondo il passo 32in altezza garantiscela corrispondenzadimensionale trai diversi modelli e la possibilità dimischiarli, anchegrazie allatrasversalità dimateriali, finiture e maniglie.

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L’acquisizione di Désirée

Negli anni novanta il settore degli imbottitiaveva già assimilato i principali cambiamentiproduttivi e tecnologici indagati nei decenniprecedenti. La diffusione del poliuretano a diversadensità, posto all’interno della struttura dellesedute, ha sancito la scomparsa della rigida scoccain legno e delle molle nel materassino, permettendoagli imbottiti una nuova libertà formale.Il panorama delle forme, dunque, è divenutovariegato, stimolato anche da un differente mododi stare seduti: non più rigidi come imponevano letradizionali “buone maniere”, ma liberi e immersinelle morbidezze di questi nuovi materiali. Ilcambiamento nella prassi del sedersi ha stimolatola comparsa di sedute più profonde, di meccanismiche trasformano il divano in una poltronareclinabile o in una dormeuse, e di imbottiticomponibili per conformazioni personalizzate.

Nel 1995 il Gruppo Euromobil acquisisceLa Désirée, un’azienda del settore dell’imbottitosituata a Tezze di Piave, che esisteva dal 1968. Tale

realtà, di cui si è mantenuto il nome, godeva di unabuona immagine sul mercato, ma la fabbrica avevaun carattere ancora artigianale. L’acquisizionerispose alla necessità di declinare un’offertacompleta di arredi per la casa, nella qualeesprimere la filosofia univoca del GruppoEuromobil, così come la vocazione industrialenella fabbricazione dei prodotti. Per tale ragione,La Désirée è stata oggetto di una complessa attivitàdi riorganizzazione da un lato degli impiantiproduttivi, dall’altro delle logiche gestionali,distributive e di vendita. È stato attuato unprogramma di formazione per il personale, in modoche la produzione e il posizionamento di Désiréefosse coerente con quello di Zalf ed Euromobilnella fascia medio-alta/alta del mercato. Questoprocesso è stato graduale negli anni e ha coinciso,alla fine del decennio novanta, con l’ampliamentoe la ristrutturazione degli stabilimenti produttivi,e oggi con la progettazione di modelli esclusivi,alcuni brevettati, e le collaborazioni con i giovanidesigner Edoardo Gherardi, Jai Jalan e AndreaLucatello, e il già noto Marc Sadler.

Le tre aziende sono società autonome ma fannocapo ai fratelli Lucchetta, i quali sovrintendono alle scelte di ciascun marchio sia nellapianificazione produttiva, sia nel marketing e nellacomunicazione.

Il divano Kaleido,design R&S Désiréecon Roberto Gobbo,1998. È un divanocomponibile in legnoe imbottitura inpoliuretano chepresenta unamodulistica moltoricca ed elementi disnodo e dormeuseangolari chepermettonoconfigurazioni spazialicomplesse. Al divanoè abbinata anche unapoltroncina. Laseduta può essereprofonda 80 o 90 cmnella versione large.L’estetica moderna,conferita dalla puliziadelle forme e dalpiede a ponte, lo hareso un prodottosenza tempo.

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Questo permette di attuare sinergie ed economie di scala comuni nell’approvvigionamento dellerisorse, nell’investimento tecnologico, nella sceltadei fornitori, nella pianificazione pubblicitaria enella rete degli agenti, l’80% dei quali èmonomandatario. L’integrazione fra queste realtàcomplementari per standard di servizio si è resaevidente da subito e già dalla metà degli anninovanta si notano i primi meccanismi virtuosi.Ad esempio, compaiono le tabellari pubblicitarie di Zalf insieme a Désirée, in cui la presenza dellesedute negli allestimenti per la zona giorno o notteconferisce un carattere più incisivo e compiuto.

Désirée, come le altre aziende, ha una produzioneinteramente Made in Italy, dal taglio delrivestimento al cucito, alla messa in bianco,

alla rivestitura e imballo. Queste fasi sono operatein azienda, una struttura industriale completamenterobotizzata nella movimentazione dei materialima con fasi di lavorazione artigianale nelconfezionamento dei rivestimenti. La presenza dellamacchina garantisce lo standard di prodotto manon sostituisce il controllo diretto degli operatori, néla fabbricazione manuale quando essa consente unamaggiore qualità – ad esempio il taglio, la cuciturao la rivestitura delle sedute sono realizzate a manocome in una sartoria.

I prodotti della metà degli anni novanta giàpresentano componenti che servono a trasformarela seduta: meccanismi di regolazione delloschienale o di avanzamento del sedile, poggiapiediestraibili, e imbottiti modulari componibili.

Domino, designStudio De Mar, 1993,poi R&S Désirée,1998. Il divano è unodei prodotticomponibili dellacollezione de La Désirée cherimangono nelcatalogo del 1998. I cinque moduli diseduta da 84 a 211cm di larghezza con i tre elementiterminali e i dueangolari consentonodiverse configurazionispaziali. Altre variabilisono costituite daibraccioli che possonoessere cilindrici, adaltezza della seduta,o montati su unastruttura a tondinimetallici da inserirenel modulo terminale.

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Tali elementi rispondono alle diverse modalitàdel sedersi, dalla conversazione al relax. Tuttavia,non sono molti i prodotti della collezione deLa Désirée, precedenti all’acquisizione, checompaiono nel nuovo catalogo del 1998.Quest’ultimo corrisponde a un momento in cuil’azienda, rinominata Désirée, può capitalizzareil cambiamento nella linea produttiva e un piùcoerente posizionamento nel mercato. Infattiin questo catalogo, denominato L’arte di costruirela comodità, si esordisce con la seguente frase:“Pienamente inserita nel Gruppo Euromobil,Désirée ne esprime la filosofia produttiva ispirataalla qualità, alla semplicità e alla concretezza”.Nello stesso anno, “Euronews” presenta per laprima volta la collezione di imbottiti e l’aziendacompare con un nuovo marchio: non più quelloereditato da La Désirée con la scritta senza logo,ma l’attuale simbolo sviluppato dalla Bianchi& Kerrigan. Il marchio richiama l’accento nelnome e aggiunge il sottotitolo “un accento rossosul comfort”. E la forma del logo ricorda anchela rotondità e la morbidezza degli imbottiti.

Più che mantenere i prodotti della precedentecollezione, dunque, i nuovi imbottiti Désiréesembrano capitalizzarne il know how tecnico eproduttivo. Comparivano già modelli coninteressanti soluzioni per i divani letto o con unattento studio degli automatismi. Tra gli altri, ilBianca e Bernie dello Studio De Mar (1993)mostrava un particolare sistema di apertura inacciaio a vista che, in una soluzione a divanodoppio, permetteva di scostare le due unità peravere un twin bed dotato di mensola sottostante auso comodino. Tra i modelli mantenuti nel catalogodel 1998 c’era il divano Domino (design Studio DeMar, 1993) che ha rappresentato uno dei primiesempi di seduta componibile: cinque moduli da 84a 211 cm di larghezza con terminali ad angolosmussato, di cui uno a forma mistilinea, e unapossibilità combinatoria con braccioli e poggiatesta.Analogamente, il divano Marea era costituito daquattro moduli, due terminali e un pouf angolare.Il divano Domino, così come il componibile Party(design Lino Codato, 1993), si caratterizzavano perla versatilità compositiva e la vasta gamma deitessuti, che li rese adatti anche a spazi ampi, nonsolo domestici, come le hall di albergo.

La collezione del 1998 presenta oggetti dal gusto

classico e prodotti dall’estetica più moderna. Questa scelta è dipesa dal più generale

riposizionamento del Gruppo in una fascia più altadi mercato, che fu graduale. Sono diversi i modelliche si rifanno all’estetica tradizionale degliimbottiti. A tale serie appartenevano le poltroncinePaprika con uno schienale da 77 o 92 cm di altezzae il pouf coordinato, che richiama le comunipoltrone da riposo degli anni cinquanta, e Bertha,che riprende il disegno delle poltrone dall’altoschienale d’inizio Novecento. Parimenti, la lineaMemory del 1998 è dedicata a un pubblico dalgusto tradizionale, caratterizzandosi con la formastondata dei braccioli, le cuciture a sbalzo deltessuto e i piedini tinto faggio o ciliegio dallasagoma a bulbo. Anche la gamma dei tessutipresentava un’offerta variegata: pelli e nuovi tessutimonocromi per una clientela più giovane, fantasierigate o simil-broccato per una casa classica.

Alla fine degli anni novanta si puntò soprattuttosu imbottiti moderni dall’estetica semplice.

Tranne che per qualche rivestimento, le formerisultano senza tempo e non legate a modepasseggere o a disegni stravaganti. Tra questiimbottiti il divano Plana, progettato da Lino Codatonel 1993. Il divano è caratterizzato dall’alto cuscinostrutturale che funge da schienale e dai piedini a

Poltroncina Paprika,design Studio De Mar,1993, poi R&SDésirée, 1998. La seduta è realizzatain legno, poliuretanoe Dacron, con piediniin faggio o acciaiocromato. Ha duedimensioni per lo schienale, da 77 o 92 cm. La sedutaappartiene a quellagamma di prodottirivolta a un pubblicodal gusto piùtradizionale.

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tronco di cono in legno tinto noce o nero in ABS,poi sostituiti con una foggia cilindrica nellaversione Export del 1998. Oppure il divano Simbel(R&S Désirée, 1998), che sviluppa all’interno diun’immagine “pulita” il tema del poggiatestacilindrico allungabile che, come funzionamento,ricorda quello delle auto. Il modello di punta diquegli anni fu Kaleido su progetto dell’unità Ricerca& Sviluppo Désirée con Roberto Gobbo.

Questo divano esprime da un lato lo studio nellacomponibilità degli elementi, dall’altro la modernitàe la semplicità della forma, giocando sulla qualitàdel rivestimento in pelle e sul caratteristico piedecon struttura cromata a ponte.

Comunicazione e immaginecoordinata del Gruppo Euromobil

Negli anni novanta l’azienda ha rafforzato il suoinvestimento nella pubblicità istituzionale, ossianella promozione di eventid’arte e sportivi e nellapresenza alle fiere di settore.Per questa ragione il Gruppo siè avvalso anche dellacollaborazione dell’agenziaVerba DDB e di GianfrancoMarabelli, che ha curato lacomunicazione istituzionale dal1999. Infine, dopo la Bianchi& Kerrigan, dal 2004 il Gruppoè seguito nell’immagine

La pubblicità diVanity del 1993esprime uncambiamento nellacomunicazionedell’azienda,riferendosi a untarget di donna nonstereotipato. Lacucina è messa insecondo piano, e talescelta sottolinea lavolontà diconcentrarsi suipersonaggi e sullatrasformazione deglistili di vita.

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coordinata dall’agenzia ValentiniCesarottiAssociati.In quest’epoca è iniziata anche la collaborazionecon il fotografo Ezio Prandini.

Era importante far comprendere la filosofia e lavocazione aziendale più che promuovere i singoliprodotti. Le iniziative culturali miravano atrasmettere il messaggio che, nell’arte e nello sport,il Gruppo Euromobil si faceva portatore deimedesimi valori sottesi alle ragioni profondedell’industria. Dunque, era importante rendersiriconoscibili e pertanto nel 1992, in occasione delSalone del Mobile del Triveneto, fu coniato il nuovomarchio del Gruppo Euromobil, quello blu con lestelle ascendenti che è utilizzato a tutt’oggi. Fuscelta questa circostanza perché le due aziendefurono presentate insieme in uno stand di oltre 700metri quadrati. E nella reception furono poste leopere di Carmelo Zotti. Pochi anni dopo furealizzato il logo “Sport Design Arte” (1998) cherimarca, nelle attività di sponsorizzazione, i settoridi riferimento e i valori dell’azienda: il designcorrisponde al lavoro, alla ricerca, all’ispirazione eall’impegno; lo sport indica la competitività, lalealtà e la fatica; l’arte sottolinea la creatività,l’originalità e l’applicazione. Oltre alla ricerca diriconoscibilità al di fuori dell’ambito produttivo, il

Gruppo sembra voler rendere noto chi sta dietrol’azienda, attraverso il proprio strumento“Euronews”. Nei numeri del 1994 e 1995 si èproceduto con una serie di interviste non solo aifratelli Lucchetta, titolari e amministratori dellesingole aziende, ma anche a professionisti,consulenti esterni e collaboratori interniresponsabili della trasformazione dei tre marchinella produzione, nella comunicazione, nel design enella rete vendita; fra le interviste, quelle a RobertoGobbo e a Claudio della Rossa, consulente per losviluppo della rete vendita del Gruppo.

L’incremento della comunicazione, con lamoltiplicazione degli strumenti di vendita e dellapianificazione pubblicitaria, ha evidenziato lanecessità di acquistare uno spazio da dedicarsia quest’attività. Nel 1994 fu acquisita la Filanda diCrocetta del Montello, uno spazio di archeologiaindustriale di 2500 metri quadrati che fu adibitoa studio fotografico o location per il lancio diprodotti nuovi. Questo ha permesso di evitarei ritardi legati al noleggio dei set fotografici esterni.E da questo momento lo shooting fotografico deicataloghi e delle tabellari pubblicitarie fu affidatoa Paolo Utimpergher. Infine, in conseguenzadell’acquisizione di Désirée e dello sviluppo della

Euromobil cucineha realizzato unacampagnapubblicitaria in co-marketing con RexElectrolux.Nell’immaginecompare una cucinaUna & Bina in coloreblu, realizzataappositamente perquest’occasione: nonsi vuole mostrare unprodotto di serie,quanto conferire l’ideadella possibilevariazione e dellapersonalizzazione deiprodotti. La campagnapubblicitaria trasmetteun’immaginedall’estetica pulita, e sottolinea lacollaborazione e latransitività di valori,qualità e affidabilità,tra i due marchi.

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linea Ufficio Pratico di Zalf, si rese necessario nel1996 costruire uno showroom all’interno del centrodirezionale del Gruppo a Falzè di Piave, affinché glioperatori commerciali in visita comprendesseromeglio il concetto di trasversalità dei tre marchi ela flessibilità dei macrosistemi di Euromobil e Zalf.

Come precedentemente sottolineato, lecampagne pubblicitarie di Euromobil cercano diriferirsi a nuovi target di consumatori e mettono indiscussione alcuni luoghi comuni. In questi anni sievidenziano garbate provocazioni che invitavanol’utente a essere più consapevole delle proprie sceltenell’ambiente domestico. Ad esempio, nellacampagna “Il posto di una donna è in cucina?” ilpunto interrogativo mette in questione la nuovaidentità femminile e sottolinea la sua autonomianelle scelte. Infatti si aggiunge che per questadonna le cucine sono “facili da vivere, pensate perle sue necessità, con i colori della sua fantasia e lostile inconfondibile della sua personalità”.

Anche questa scelta è finalizzata a unacomunicazione per un pubblico più moderno e nonlegato agli stereotipi sociali. Si cercano altri mercatidi riferimento come, appunto, quello delle donneprofessioniste o dei single, per i quali Euromobiloffre soluzioni ad hoc. Infatti il modello Filò,la “cucina ricomponibile”, esprime sia nello slogansia nelle composizioni la possibilità di uscire dalconsolidato schema della cucina all’americanaa mezzo di combinazioni per blocchi funzionali.Per la sua flessibilità, il modello Filò è statopubblicizzato anche come cucina per single,grazie alla modulistica per elettrodomesticia larghezza 45 cm. Fu realizzata una campagnadi co-marketing con la linea Rex dedicata ai single.In quegli anni, i nuclei da una o due personecostituivano il 40% delle famiglie e di solitoabitavano spazi più ridotti. Ed era una fasciadi mercato con un maggiore potere d’acquisto.

Significativa in questo senso la campagnapubblicitaria del modello Vanity (1993, fotodi Paolo Gandola) che ritrae le gambe di unadonna con i tacchi nella metà dell’immagine,mentre la cucina è posta in secondo piano. Il pay-off “per piacere e per calcolo” sottolinea da un latoil computo dell’ingombro a seconda delle proprieesigenze – era presentata una cucina completain soli tre metri e 90 cm – e dall’altro la valutazioneeconomica della scelta, connotando la donnacome utente accorto e consapevole.

La comunicazione pubblicitaria degli anninovanta punta anche sull’idea della cucina-laboratorio, proponendo immagini di dettaglio conuna zona cottura completa di accessori e cibi inprocinto di essere cucinati. Oltre a questi scatti cheaccompagnano quello generale, si sceglie di allestirele cucine in ambienti non collegati alla casatradizionale ma, ad esempio, loft o spazi industriali.

L’attenzione agli stili di vita e ai cambiamentinelle pratiche del quotidiano è centrale nellacomunicazione di Euromobil. Nel 1998 compare lapubblicità “Cucina a schema libero” per il modelloTabula – tra le prime in cui si accenna almacrosistema – e nel 2000 quella del ProgettoMultisystem con lo slogan “a modo mio”. Questetabellari si concentrano sulle persone cheraccontano nuovi costumi culturali ed esigenze divita: ad esempio, l’uomo in cucina, la giovanedonna single o la persona di diversa etnia. Maciascun utente usa il medesimo sistema di cucina,nonostante la propria “diversità”. La modalità dicomunicazione è quella del reportage e degli scatti“rubati” durante i rituali del quotidiano.

Nelle pubblicità di Zalf degli anni novanta,invece, si gioca sul contrasto tra realtà e aspettative,accentuando il tema del sogno che può divenirerealtà: “un ambiente di conversazione e di relax…

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una scena che mi somigli in cui vivere il presente…sogno uno spazio Zalf”. E di seguito il pay-off recita“Zalf: arredare ad occhi aperti”. In generale, nellacomposizione degli spazi di Zalf si è puntato suambienti “normali”, in cui si risolvono i problemipiù comuni, come la mancanza di spazio. Ilmessaggio era quello di un sistema di prodottifacilmente comprensibili, affidabili e rassicuranti.La prima campagna per il Progetto Soluzione diZalf, con il pay-off “un milione di nuovi posti diriposo” (1994), presenta un’immagine con una serieaffastellata di combinazioni finalizzate a conferirel’idea della componibilità illimitata. Per Zalf, ilGruppo ha puntato sui nuovi listini e cataloghi per

la rete vendita che evidenziavano una certa curaestetica. Nel 1992 compaiono cataloghi illustratidedicati ai singoli sistemi, ad esempio il sistemaMonopoli, declinato per tipologie d’ambiente –spazi commerciali, zona notte e giorno, spazioragazzi e hotel. Il progetto grafico per il catalogo diMonopoli è stato realizzato da Bianchi & Kerrigane dalla Ricerca e Sviluppo Zalf. La veste grafica siavvalse dei disegni inediti dell’artista giapponeseHiroshi Daikoku. La poetica dell’artista, promossodal Gruppo Euromobil, fu particolarmente adattaad essere associata al sistema Monopoli, perché ivivaci segni del giapponese alludevano allafisiognomica del maschile e del femminile e alla

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La campagnapubblicitaria delProgetto Multisystem“A modo mio” (2000)mette l’accento suipersonaggi: l’uomo incucina, una donnagiovane e unapersona di diversaetnia, soggetti cheesprimono ilcambiamento deicostumi e degli stilidi vita. Tale concettoè enfatizzato non solodagli allestimenti(lo spazio high-techo quello piùtradizionale) maanche dalle differentiinquadrature. Per sottolineareulteriormente il temadella diversificazionesono scelte trelocation distinte:la campagna è infattirealizzata aInnsbruck, Veneziae Milano (foto PaoloUtimpergher).

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pluralità degli individui. Nel 1995 èstata realizzata una nuova serie distrumenti di vendita per Zalfcomprensiva di un catalogo generalesul Progetto Soluzione, entro cuicomparivano i sistemi Monopoli,Oh!razio e Alterna. Il kitcomprendeva anche un nuovolistino che permetteva dicomprendere la trasversalità deisistemi, fascicoli dedicati ai singolisistemi e una valigetta su ruote conil campionario dei materiali. Il kitpresenta anche il nuovo logo di Zalfcon la chiocciola trasformata inspirale, che sottolinea la forzaespansiva e il movimento incessante,conservando il riferimento all’ideadi casa. In “Euronews” nel 1998vengono presentati anche glistrumenti di vendita che siavvalgono dei nuovi media: il sitointernet e i supporti digitali(CD rom) che vanno a integrarei cataloghi cartacei. I CD romsfruttano le possibilità ipertestualidel digitale per accedere alleinformazioni con una modalità dilettura diversa dai cataloghi.All’epoca il Gruppo comprese le potenzialità delweb per raggiungere una vasta clientela,inaccessibile con gli strumenti tradizionali. Internetha altresì permesso di comunicare l’attivitàdell’azienda nella sponsorizzazione e nelmecenatismo artistico. All’inizio del 2000 vienesviluppato dalla Padovani e Dinamica Software ilprogramma Quick Style, un software per ambientivirtuali in 3D che permette di variare colori efiniture nella fase di progettazione con il ProgettoMultisystem. Questo programma può viaggiarein rete ed è stato utilizzato in integrazione aicataloghi cartacei: si sono realizzati degli schedariin cui, per ogni configurazione spaziale dellacucina, ad esempio a isola o a penisola, la stessasoluzione è variata nelle finiture e nei colori.

Il riposizionamento del Gruppo negli anninovanta coincide anche con un diverso mododi presentare le aziende nelle fiere di settore.Si evidenziano maggiori cura e investimento negli

allestimenti fieristici nei quali, più che promuoverei singoli prodotti, si punta a esprimere la filosofiadel Gruppo e l’integrazione fra i tre marchi.L’allestimento diviene così un luogo disperimentazione progettuale, in cui i temi produttividell’azienda sono espressi metaforicamente dalpercorso nello spazio espositivo. Si ricorre a elementidi suggestione scenica, come particolari quinted’ambiente o effetti d’illuminotecnica, mentre ladisposizione dei prodotti risponde a un precisoprogramma allestitivo. Sin dai primi anni novantaal Salone del Mobile del Triveneto e a Eurocucinasi è ricercata la sempre più stretta contaminazionetra industria e arte. Negli stand sono state inserite leopere di Carmelo Zotti per creare un filo conduttorenell’esposizione. In seguito ci si è affidati anche ainuovi media audiovisivi. A Eurocucina del 1995, ivideo sugli impianti produttivi di Euromobil, per laregia di Ornella Barreca, erano giustapposti alleimmagini della ballerina Simonetta Donzelli; mentre

Tabellare Zalfdell’inizio degli anninovanta. È ilmomento in cuil’azienda puntasull’ampliamento deisistemi sia per illiving che per la zonanotte. Nellacomunicazionepubblicitaria dal pay-off “Sogno” si giocasul contrasto frarealtà e aspettative,sottolineando che isistemi Zalf sonotalmente flessibili chepermettono dirisolvere qualsiasispazio. Leambientazioni sonopiuttosto comuni etale scelta vuolesottolineare che Zalfrealizza prodotticomprensibili eaccessibili, nonchéadatti alla vita di tuttii giorni.

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le persone e la realtà tecnologica dell’azienda eranoaccostate a citazioni tratte dalle Lezioni americanedi Italo Calvino. Nell’allestimento del GruppoEuromobil ad Abitare il Tempo nel 1998 si è puntatosulla creazione di un’atmosfera, generata propriodalle qualità dello spazio.

Contrariamente alla maggior parte degliallestimenti precedenti, non si è costruito unambiente domestico familiare, ma piuttosto si sonovolute richiamare contestualizzazioni da showroom o spazio temporaneo. L’effetto scenico era conferitodalle particolari quinte retroilluminate, sulle qualierano inseriti brevi testi programmatici sulla filosofiaproduttiva delle tre aziende, accompagnati da segni

Il Forum all’internodello stabilimentoproduttivo di Falzè diPiave è inauguratonel 1998. Tale spazioè articolato in piùsale e ha unauditorium da oltrecento posti. Il Forumè uno strumentoimportante perl’azienda perchéfacilita la formazionedel personale,soprattutto deivenditori, a cui ilGruppo si è semprededicato concostanza. Lavicinanza del Forumallo showroompermette altresì divedere ecomprendere le varieapplicazioni deiprodotti.

Nel 1992 compaionoi cataloghi per Zalfillustrati dalgiapponese HiroshiDaikoku. Taleiniziativa permette dipensare allacomunicazione delsistema Monopoli edi associare ilcontenuto e lavivacità segnicadell’artista alprodotto. Il progettografico è realizzatoda R&S Zalf e Bianchi& Kerrigan.

grafici, che erano delle bottiglie, una a chiusuraermetica e l’altra con un fiore all’interno, asimboleggiare l’idea di utilità e funzione ma anchedi rilevanza estetica connessa ai prodotti.

La scelta di comparire come Gruppo e non comesingoli marchi – al Salone del Mobile del 1999Zalf era insieme a Désirée con il sottotitolo di“Soluzioni + Comfort” – conferisce un segnale forteal pubblico e una sensazione di complementarietànell’offerta d’arredo che difficilmente è resa al parinei cataloghi dei prodotti.

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La Filanda, una exarea industriale di2500 metri quadrati,adibita a spazio perset fotografici o allestimentitemporanei. Vieneacquisita nel 1994quando le attività dicomunicazione deivari marchi si fannopiù intense eprogrammate e non èpiù possibile affidarsia set fotograficiesterni.

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Il contemporaneo: l’apertura al mercato globale

Il consolidamento dell’immagine e i settori d’investimento

Il lungo processo di ristrutturazione dei metodigestionali e produttivi si attua grazie alla costanza,pazienza e lungimiranza del Gruppo Euromobil.E ha rappresentato la priorità dell’azienda fino aiprimi anni novanta. Il design degli arredi è venutoin seguito quando, con il Progetto Multisystem diEuromobil e Progetto Soluzione di Zalf, si èpuntato sulla combinazione dei modelli e su unospazio abitativo qualificato dalla componibilitàdel mobile. L’acquisizione di Désirée, infine, hafavorito le sinergie tra i marchi, spingendo ilriposizionamento del Gruppo Euromobil in una

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fascia più alta di mercato. Per raggiungere unsimile obiettivo ci sono voluti anni: latrasformazione è stata programmata e hacomportato un cambiamento radicale a partiredalla dirigenza fino alla rete di vendita e ai clientifinali. È stato necessario un graduale rinnovamentodelle maestranze, dei canali distributivi, deifornitori e degli agenti, così come della generaleidentità dell’azienda. Il settore del contract è laprossima sfida del Gruppo Euromobil. È stataistituita una divisione interna dedicata e uncatalogo su Gruppo Euromobil Professional, chepresenta le realizzazioni, l’organigramma e il ruolodella divisione con i servizi che è in grado di offrire.Il contract consiste in un servizio “sartoriale” delleforniture che si esplica nella capacità di adattare iprodotti in catalogo alla specificità del luogo in cuisaranno ubicati e, soprattutto, nell’abilità da partedella divisione di gestire e coordinare tutta la retedegli attori del progetto – gli altri fornitori dimateriali e di prodotti, il cliente e i progettistiesterni. La divisione Professional soprintende nonsolo alla commessa di arredi che provengono dallaproduzione interna, ma anche alla realizzazione di

soluzioni ad hoc che nascono dallo specifico designdegli interni. Molti sono i settori del contract:dall’alberghiero agli uffici, ai luoghi pubblici digrande affluenza di persone, come gli spazi diattesa. E per la differente fruizione di tali luoghi,gli arredi di catalogo debbono avere altrecaratteristiche ed essere adattati a normative piùrestrittive. Negli ultimi anni, soprattutto in ambitoanglosassone o nei Paesi asiatici dal velocesviluppo, si è registrata una consistente domanda dei sistemi contract residenziali, spintidal fiorente settore delle costruzioni. Per questinuovi palazzi viene richiestoun alto livello nelle finiture enella dotazione di cucine,bagni e armadiature. Dunqueesiste un panorama stimolantee competitivo per aziende benstrutturate come il GruppoEuromobil. Tra i progetticontract più recenti, il Gruppoha realizzato gli arredi per unedificio nel quartiere SoHo diNew York, lo Jesolo Lido

L’allestimento perAbitare il Tempo2000, progetto incollaborazione conRoberto Gobbo, ècaratterizzato dapareti retroilluminateche raffiguranodiverse location nelmondo. Le immaginisottolineano laflessibilità deisistemi d’arredo el’individualità dellescelte da parte delcliente. La grafica

unisce l’esposizionedei vari marchi,mentre gli arredi di Désirée guidanosenza interruzionedall’ambiente cucinaEuromobil alle zonegiorno e notte di Zalf.Tra le novità esposte,lo Skate System diZalf, il sistemaDedalo di Euromobil e il programma di sedute Omnis di Désirée.

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Village su progetto dell’architetto statunitenseRichard Meier e l’arredo per gli edifici londinesiprogettati da Conran&Partners.

Per rendersi credibili nel settore del contract ènecessario accrescere la propria immagine all’esteropotenziando l’export e la partecipazione alle fieredi settore internazionali. Il Gruppo Euromobilè ovunque ben accolto perché offre un prodottodi design con giusto rapporto qualità/prezzo. E ilfatto di essere un’azienda di design italiano neaumenta la credibilità e l’apprezzamento. Tra i

marchi del Gruppo, Désirée èquello che ha il maggiorefatturato estero, il 60%. Taledato è cresciuto moltovelocemente negli ultimi annigrazie alle nuovecollaborazioni con designeresterni e alla caratteristicastessa dei prodotti: oggettisingoli e d’impatto estetico.L’export di Zalf conta nel2007 il 20-25% di fatturatoestero, mentre Euromobil sicolloca intorno al 40%. IlGruppo Euromobil esporta intutta Europa, Russia, Cina,Giappone, Messico e StatiUniti. In questa prospettiva dicrescita globale staaumentando la partecipazionealle fiere internazionali comea Pechino, Mumbai e NuovaDelhi, mercati in espansione econ forti potenzialità, e a

Dubai. Per le piazze europee si punta su Valencia eMosca, fiere già presidiate da anni. Il metodo e lagestione della produzione del Gruppo sono imedesimi per il mercato italiano e per quelloestero. Anche negli altri Paesi i rivenditori lavoranocon il programma grafico ADA e la gestione dellecommesse è unificata, in modo da eliminare errorisia nella fabbricazione degli arredi, sia nelpreventivo. La produzione è realizzata interamentenel territorio veneto e pertanto le tre aziende sonoin grado di operare controlli e mantenere standardqualitativi costanti. Tuttavia, per quanto riguardail mercato estero, si possono operare deiperfezionamenti negli aspetti distributivi con loscopo di abbattere l’aumento di costo.

Il rapporto con i fornitori è da sempreun legame di partnership accudito da parte delGruppo con la massima attenzione: i fornitoripermettono di accedere con più facilità alle novitàdi prodotto, tecnologiche o di materiali, chepossono poi essere messe a punto nellaproduzione delle aziende. E questo rapportorisulta fondamentale nell’ottica dello sviluppodel contract.

In questo processo di consolidamento

Nei laboratori diAbitare il Tempo2000, Euromobilpresenta La SalaTelematica all’internodella mostra“Cucina.come”(concept GiovanniCutolo).L’installazione è unasorta di negoziovirtuale, in cui simostrano i serviziofferti dai puntivendita e ilfunzionamento deiprogrammi graficiADA e Quick Style,quest’ultimorealizzato daPadovani Multimedia,suono a cura diClaudio Coccoluto.Oltre alle paretiricoperte conimmagini dei suddettiprogrammiinformatici, c’è unpalcoscenicoretroilluminato in cuisono posti i pezziscomposti delsistema Dedalo.

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dell’immagine, fortementevoluto dalla proprietà, i designer e tutta la filieraproduttiva hanno avuto unimportante ruolo. In questiultimi anni, a causa del rapidocambiamento delle aziende edella proliferazione dell’offertamerceologica, il Gruppo si èaperto anche a nuovi contributioltre agli storici con RobertoGobbo e Domenico Paolucci.Con lo sviluppo di Désirée sisono avviate le collaborazionicon Andrea Lucatello, Jai Jalane Marc Sadler. Jalan è statauna vera rivelazione perchénon aveva mai realizzatoprogetti d’arredo. L’incontro è stato fortuito:l’indiano era l’assistente di Ezio Prandini, ilfotografo del Gruppo e, casualmente, si è scopertofosse un abilissimo disegnatore. Jalan ha realizzatoper Désirée il divano Tuliss e la chaise longue EliFly, entrambi premiati dal Young & Design Awarde attualmente un grande successo di vendita. Dal2004 si è concretizzata la collaborazione con MarcSadler, un designer di fama internazionale,insignito di tre Compassi d’Oro e del Red DotAward, che ha un percorso legato alla tradizioneproduttiva veneta. Sadler ha fatto ricerca suimateriali innovativi applicati all’abbigliamentosportivo, dimostrandosi una figura attenta anche aiprocessi industriali di produzione.

Gli imbottiti nascono come progetti a sé stantinel design, nell’ingegnerizzazione del prodotto e nell’investimento produttivo. Per tale ragioneDésirée è stata l’azienda più aperta alle nuovecollaborazioni. Diversa è la messa a punto di nuovisistemi all’interno dei progetti Multisystem e Filò o del Progetto Soluzione, così come progettare ex novo un macrosistema. Ma il nuovo programmaAssim, presentato a Eurocucina 2008, dischiudenuove possibilità di arredo e sinergie tra i diversimarchi che necessitano anche di contributiprogettuali esterni. Il Gruppo Euromobil, pertanto,amplia la propria squadra con creativi in grado di assecondare la sua logica produttiva. I progettisono sempre il frutto di uno scambio corale e della concertazione tra le visioni dei progettisti

esterni e le strategie aziendali coerenti con i mercatiin continua evoluzione.

La partecipazione a un numero semprecrescente di fiere ha imposto non solo di ampliarela rete di architetti che si occupa degli allestimenti,ma anche di ideare dei concept allestitivi di forteimpatto. La maggior parte degli stand fieristicidel Gruppo Euromobil è stata progettata incollaborazione con Roberto Gobbo ed EdoardoGherardi. E alcuni di questi risultano fondamentalinella politica di comunicazione dell’azienda. Una

La fiera di Valencia èuna delle principalipiazze europee perl’arredo domestico. IlGruppo Euromobil viha partecipato nel2004 con uno standche raccoglie lenovità dei tre marchi.L’allestimentoesprime eleganza ecura per i dettagli:punta sui toni caldidelle terre, forse unomaggio alla Spagna,e su un’illuminazionepuntiforme a faretti e piantane che creaun’atmosfera raccoltae rilassante.L’allestimento haricevuto il PremioInternazionale FIMIndustrial 2004.

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Euromobil partecipaalla mostra “Essere eBenessere” allaTriennale, curata dallarivista “Interni”durante il Salone delMobile di Milano nel2000. L’installazioneConvivio, concepitada R&S Euromobil conRoberto Gobbo, ècomposta da un’isolamodulare di 3,6 metri,con una zona per lapreparazione del ciboe una per la suaconsumazione. Sonoutilizzati il legno dirovere, l’alluminio e lapietra Biancone diVicenza, materiali chesi compenetrano nelpassaggio tra ledifferenti areefunzionali: adesempio, il tavolo inlegno mostra ilcentrotavola in pietrae vassoi in legnocompaiono nell’areadel lavello.Quest’ultimo, in pietra,cita le tradizionalicucine di campagna.Da questo conceptmodulare nasce ilsistema Dedalo.

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Euromobil è“partecipantefondatore”, alla finedel 2001, dellaFondazione ADI per ilDesign Italiano, il cuiruolo consiste nellatutela e divulgazionedel patrimonio storicodel design italiano,interpretandonel’eredità culturale e proiettandone il valore nel futuro.

Nel 2000 il GruppoEuromobilsponsorizza lapartecipazione alSalone Satellite(Salone del Mobile diMilano) del corso didiploma universitarioin Disegno Industrialedello IUAV di Venezia.In quest’occasione glistudenti espongono i risultati deilaboratori progettuali.

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partecipazione importante fu quella alla mostra“Essere e Benessere”, organizzata dalla rivista“Interni” alla Triennale di Milano durante il Salonedel Mobile del 2000. In quest’occasione Euromobilespose un nuovo concept di prodotto: un’isolacontinua, suddivisa in zona cottura e area per laconsumazione del cibo. Questo evento segna l’iniziodi una fase di allestimenti più sperimentali in cuistudiare dei prototipi di arredo – dalla suddettainstallazione è nato il sistema Dedalo – oppurepresentare i valori sottesi all’identità dell’azienda,oltre alla mera esposizione delle novità di catalogo.Ad esempio, l’allestimento per la fiera Abitare ilTempo del 2000 traduceva l’idea di “Multiplicity =Individuality”. Lo stand declinava le novità delle treaziende con l’obiettivo di interpretare lamolteplicità degli ambienti domestici e deiriferimenti culturali degli utenti: le pareti eranocomposte da pannelli retroilluminati con scritte eimmagini di paesaggi italiani che richiamavanol’idea di pluralità culturale e di individualità nellascelta da parte del cliente. “Cucina.come” era inveceun’area a sé stante all’interno della sezionelaboratori della stessa fiera. In quest’altrainstallazione Euromobil ha scelto di spiegare aivisitatori la capacità progettuale offerta nei puntivendita e i software a disposizione (ADA e QuickStyle). Per la prima volta, in questa occasione

l’azienda ha presentato i propri servizi oltre aiprototipi e ai prodotti finiti, dimostrando non solola logica di funzionamento sottesa al ProgrammaMultisystem, ma anche la complessità gestionalee organizzativa del segmento rivenditore-azienda-cliente finale.

Gli allestimenti fieristici sono stati per ilGruppo un territorio di sperimentazione per lepossibilità compositive dei macrosistemi di Zalf

La Casa nel Bosco èun’installazione acura di GiampaoloBenedini, realizzata inoccasione di Abitareil Tempo 2006. Lastruttura è in legnomassello privo ditrattamenti e sistemidi fissaggio sinteticie con tecnologie diisolamento termicoper abbattere ilconsumo energetico.Il progetto unisce laqualità dei prodotti eun atteggiamentosostenibile versol’ambiente aun’immaginecontemporanea eattenta ai bisognidegli utenti.

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mobili e di Euromobil cucine. Studiare un percorsocoerente nella messa in scena delle merci hapermesso agli stessi progettisti di approfondire lepotenzialità di combinazione tra i prodotti delle treaziende. Negli allestimenti, come quello per i tremarchi a Valencia nel 2004 (premio internazionaleFIM Industrial 2004), si sono costruitecorrispondenze estetiche tra i materiali e le finitureconferendo l’idea di completezza nell’offertad’arredo. Nelle varie edizioni del Salone di Milano,Zalf e Désirée compaiono integrate fra loro,soprattutto negli ambienti della zona giorno o dellacamera da letto per adulti. Nel 2008 uno dei sistemia parete di Zalf è stato impiegato come paretedivisoria per frazionare l’ambiente, mentre untavolo della stessa forma di quelli della collezionePratico Office è stato impiegato in un contestodomestico. Questo per dimostrare la versatilitàdegli arredi e la possibilità di costruire ambientiibridi tra l’ufficio e la casa. Con la partecipazionealla manifestazione Arte Fiera come main sponsor,il Gruppo Euromobil inizia a comunicare, inmaniera sistematica e mediante gli allestimenti, ilconnubio fra arte e design. Si è deciso di studiareun contributo creativo e valorizzante sia perl’azienda, sia per la stessa manifestazione. Nel 2007il Gruppo ha scelto di non presentare prodotti madi comunicare il proprio impegno nella promozioneartistica. Totem espositivi, che delimitavano l’areadell’allestimento, mostravano “I luoghi dell’arte”

dove l’azienda ha sostenuto eventi artistici, mentrevideo al centro proiettavano contributi critici perspiegare il rapporto fra arte e impresa. In uno diquesti interventi, Philippe Daverio ha sostenuto che“i fratelli Lucchetta hanno intuito che l’impresa puòfare bene all’arte, ma che l’arte fa bene all’impresaperché genera la corporate identity. E ora che lacompetizione si apre alla fortunata dimensionedella globalità, diventa necessario non solo essereeccellenti ma presentarsi come unici. Per fareintendere la nostra specificità, l’arte si dimostralo strumento ideale e il museo si trasformada ginnasio per il ricercatore solitario in luogod’incontro dove si sta plasmando la comunitàdi domani”.

L’anno successivo il Gruppo Euromobil sipresenta ad Arte Fiera con un progetto piùcomplesso, realizzato in collaborazione con RobertoGobbo ed Edoardo Gherardi – quest’ultimo,insieme alla struttura progettuale interna, cura gliallestimenti dei punti vendita dell’azienda. Lo standera volto a far dialogare in modo creativo il mondodel prodotto con quello dell’arte. In un’atmosferabianca e rarefatta l’installazione WaterFire diFabrizio Plessi viveva nel contesto della cucina:i celebri video che rappresentano l’acqua e il fuocosono stati inseriti nei loro punti di emissione(fornelli e lavelli). Dunque, il meccanismo delleinstallazioni di Plessi è stato utilizzato comestrumento di comunicazione delle cucine stesse,

The Face Housedi Roberto Sempriniper Abitare il Tempo2008. Il progettopresenta una pianta a forma di faccia chesorride, priva di settimurari fissi efrazionata con glistessi arredi. Unacasa senza porte, ma perfettamentefunzionale, in cuipassare da unambiente a un altro in maniera fluida.

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mentre l’arte è stata decontestualizzata per metterlaa confronto con la quotidianità di cui fa parte,appunto, il design. Parallelamente, nel medesimoallestimento, sono stati selezionati arredi di Zalf eDésirée, giustapposti a totem espositivi in cui eranoinseriti i contributi di Fabrizio Plessi, dei designerdel Gruppo e di critici quali Philippe Daverio eAldo Colonetti. Come ha sostenuto quest’ultimo inquell’occasione, l’operato del Gruppo rappresental’indissolubile e imprescindibile legame tra glioggetti e l’universo culturale a cui appartengono:“è opportuno, da parte del design, riprendere ilrapporto con i protagonisti dell’arte, in particolaregli artisti e gli spazi museali, in quanto ladimensione estetica degli oggetti rappresentail patrimonio simbolico con il quale conviviamo”.Il dialogo tra arte e impresa e la reciprocacontaminazione è stata espressa anche dal PremioInternazionale Euromobil Under 30, volto allavalorizzazione di giovani artisti invitati a interagirecon il mondo del Gruppo Euromobil. I vincitori,infatti, sono chiamati a sviluppare con idipartimenti Ricerca & Sviluppo dei tre marchi unnuovo prodotto, “firmarne” uno già esistente olavorare a un progetto di allestimento.

Il concept dell’allestimento per Arte Fiera 2008è stato sviluppato nel successivo Salone del Mobiledi Milano. A Eurocucina 2008 le pareti dellostand sono state realizzate in Barrisol, un materialeplastico traslucido, sostenuto da una strutturametallica interna e in aggetto che creava unasuperficie mossa. L’idea si è ispirata dalle opere diEnrico Castellani. All’interno, le installazioni diFabrizio Plessi nei mobili della cucina sialternavano alle novità di catalogo, sottolineando lacontaminazione creativa tra arte e design.

Altre occasioni fieristiche hanno segnato nonsolo una sperimentazione nei contesti dell’abitare,ma anche la collaborazione con nuovi progettisti.Ad Abitare il Tempo 2008 ci si è presentati con unallestimento curato dall’architetto RobertoSemprini, che ha progettato la disposizione degliambienti della casa su un disegno che in piantaraffigurava una faccia sorridente – infattil’allestimento si intitolava The Face House. L’ideaera finalizzata a investigare un concetto abitativoprivo di porte, in cui i limiti fossero costituiti daelementi d’arredo flessibili: come ha sostenutol’architetto, “una casa dal volto tranquillo, senza

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“Il fatto dicontaminare le mieopere con una cucinapotrebbe fare un po’sorridere. Però io nonho nessun complesso.Uscire dal ghettodell’arte e mettersi aconfronto con tutti glielementi di oggi, conl’architettura, con ildesign, con poetichediverse credo sia undovere per un artista.Nel mio caso è unasimbiosi quasibiologica”.Fabrizio Plessi

Lo stand di 650 metriquadrati di Euromobilper Eurocucina 2008è progettato incollaborazione conRoberto Gobbo edEdoardo Gherardi.L’esterno è in Barrisolretroilluminato, unmateriale plasticotraslucido, sostenutoda una strutturametallica costituita dalinee spezzate. Lepareti danno l’idea diuna grande lampada,e l’illuminazionedisomogeneaenfatizza labrillantezza e ildinamismo dellasuperficie. L’ingressoallo stand è costituitoda una rampa, privadi barrierearchitettoniche, chedà l’idea di un grandeportale. La strutturain Barrisol si ispira alleopere di EnricoCastellani.

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limiti, in cui non puoi sbattere le porte. Una casadalla pianta fluida in cui far circolare nuove idee”.

Nel segno della creatività e dellasperimentazione, anche il precedente allestimentoper Abitare il Tempo 2006 di Giampaolo Benedini,La Casa nel Bosco, ha anticipato gli inderogabilitemi della sostenibilità ambientale e dell’ecologia,sui quali il design non può esimersi dall’offriresoluzioni praticabili. La struttura dell’allestimentoera realizzata in legno massello senza l’ausiliodi sostanze o trattamenti sintetici, con tecnologiedi isolamento termico tali da abbattere i costidi gestione energetica.

La casa dimostrava le potenzialità del design,con alti valori prestazionali e di qualità,nell’indirizzare il mondo dell’abitare verso unatteggiamento più consapevole sia dell’impattoambientale, sia delle necessità degli utenti.

La partecipazione ad Arte Fiera 2009 segna unulteriore passo nella contaminazione tra arte edesign. In collaborazione con Alberto Biasi si èpartiti dal cinetismo e dall’arte ottico-dinamica,temi propri della ricerca dell’artista, per creare unmotivo che attraversasse tutti gli arredi esposti.

Nell’arte ottico-dinamica la percezione delle figurein movimento è attivata dall’atto del muoversi daparte del visitatore. In questo caso, il motivo delquadrato che rotola di Biasi è apposto sullasuperficie degli arredi creando, per sua stessadefinizione, un paradosso e un effettodi straniamento. Dunque il mobile, così come lafigura geometrica del quadrato, assume uncarattere mutevole e metaforico. E l’arredamento,da mero elemento statico e funzionale, acquisisceuna valenza più emozionale, intima e narrativa.

Queste collaborazioni con gli artisti non sonofinalizzate soltanto alla concezione di un progettoespositivo, ma anche a spingere la sperimentazionenel design, ad aprirlo a nuove suggestioni econtenuti che confluiscono, in differenti maniere,nel mondo della produzione in serie.

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2007

L’allestimento perArte Fiera 2007 nonmostra i prodottidelle tre aziende mal’attività del GruppoEuromobil nellasponsorizzazione dieventi artistici. Lostand è perimetratoda quinte, costituiteda totem espositivi, e al centro presentadei video concontributi critici sulrapporto tra arte eimpresa. Negliespositori a colonnasi è impiegato unparticolare sistemailluminotecnicoinserito lungo lacornice a 45 gradi.In questo modoné la sorgented’illuminazionené lo spessore dellanicchia sonopercepibili.

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L’allestimento perArte Fiera 2008riprende l’idea deitotem espositivi infunzione di quintaspaziale. In questocaso i dieci totemsono realizzati inBarrisol e presentanoschizzi progettuali,immagini e biografiedei progettistidell’azienda. Nellostand si spinge lacontaminazione traarte e design: l’operaWaterFire di FabrizioPlessi è integrata neilavelli e nei fuochidella cucina. Questi,alloggiati su pedanecome frammentiprogettualidecontestualizzati,risultano comeoggetti d’arte.Tuttavia gli arredisono utilizzabili daivisitatori, così da nonperdere il lorocarattere funzionale.

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2008

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2009

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L’allestimento 2009Il quadrato rotoladel Gruppo Euromobilad Arte Fiera 2009 è realizzato incollaborazione conAlberto Blasi. Il motivoottico-dinamico delquadrato che rotola,ideato dall’artista, è apposto sullasuperficie degli arredi:pareti attrezzate, unacucina a isola, unarmadio e degliimbottiti. Il visitatore si sposta all’interno di questo ambientedomestico, senzasoluzione di continuità,attivando con il proprio movimento il dinamismo dellafigura. La staticità e la natura meramentefunzionale degli arredisono dunque riletteattraverso questomotivo estroso, che conferisceall’ambiente un fortevalore emozionalee narrativo.

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L’attuale sitoproduttivo diEuromobil Cucine fuacquisito all’iniziodegli anni settanta.Questa sede è statasoggetta a importantiampliamenti, non solodella fabbrica e delmagazzino. Alla finedegli anni novantasono stati costruiti i nuovi uffici e ilForum, che ospital’auditorium per laformazione delpersonale; al 2002risale il rinnovamentodello showroom.Complessivamentel’area coperta è di 35.000 metriquadrati.L’investimento negliimpianti è statocontinuativo e unpunto fermo nellapolitica del Gruppo:macchinari acontrollo numericopermettono unagestionecompletamenteautomatizzata dellaproduzione, dall’arrivodei semilavorati al magazzino deiprodotti finiti espedizioni.

Ingresso degli ufficidi Falzè di Piave conl’opera Astati (bronzo,h. 400 cm) di NagArnoldi.

Cucine

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B

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Complesso Euromobil a Falzè di Piave

Linee di squadrabordatura

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Uffici Euromobil

Linea sezionatura barre robotizzata

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Area spedizioni

Magazzino spedizioni robotizzato

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Showroom e copertura spaziale

Linee di foratura e montaggio automatizzate

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Il modello di anta senza maniglia esce formalmentedalla morfologia tipica dei mobili da cucina.

Per rispondere a una maggiore flessibilitàcompositiva e per offrire un sistema che si adatti alleesigenze di un utente nomade è stato concepito nel2000 Dedalo (design Roberto Gobbo). Il sistemaè freestanding: non è propriamente un monoblocco,quanto un impianto componibile che può esseresistemato in molteplici configurazioni grazie allamodularità degli elementi. Dedalo è un sistemaprogressivo che può essere ampliato o modificato neltempo. La struttura portante in alluminio, costituitada gambe cilindriche e traverse orizzontali a sezionequadrata, viene organizzata con aree dicontenimento, chiuse o a giorno e per lavastoviglie,zone cottura e lavaggio, butcher, carrelli e tavoli.

Euromobil e Roberto Gobbo. Il tema della mostraverteva sulla preparazione del cibo e la convivialità.Dunque, è stata concepita un’isola di sei metri,suddivisa in due aree: una zona operativa di 2,40metri per la preparazione e il lavaggio dei cibi, construttura portante in alluminio e top in pietra alto16 cm, e una zona contigua di 3,6 metri destinataalla consumazione conviviale con ripiano in legnomassello di rovere. Da questo concept è statopoi ingegnerizzato il sistema Dedalo.

Nel 2006 Edoardo Gherardi è stato insignito delterzo premio del concorso Young & Design peril progetto Zenit. È un prototipo, poi messo inproduzione, di “cucina passante” dall’impianto acroce: da una parte c’è la penisola dell’area di cotturae lavaggio, dall’altra il tavolo per la consumazione del

Sistema Zenit,progetto EdoardoGherardi, terzo premioYoung & Design 2006.È uno schema di“cucina passante”nella quale le due areefunzionali, la zonaoperativa per lapreparazione e quellaper la consumazionedel cibo sonosuddivise dallecolonne dicontenimento con unpassavivande alcentro.

Il sistema Dedalo può essere autonomo o integrato aimodelli dei Progetti Multisystem e Filo. La strutturain materiali riciclabili, appunto alluminio e acciaio,presenta un meccanismo di snodi che permettedi eseguire agevolmente le operazioni di smontaggioe trasporto. Infatti Dedalo è nato per un consumatoreche si trasferisce spesso e che deve adattare la propriacucina alle specifiche necessità di spazio.

Il prototipo è stato presentato alla mostra “Esseree Benessere” in Triennale, promossa dalla rivista“Interni” durante il Salone del Mobile di Milano del2000. L’installazione Convivio fu concepita da R&S

cibo. Le due zone sono suddivise da un diaframmacon un passavivande centrale, che raccoglie lecolonne di contenimento. Anche questo schema dicucina risponde alla trasformazione tassonomicadella casa nell’ottica degli open space. Infatti, anzichéfrazionare gli ambienti con pareti permanenti, siusano gli stessi arredi per creare i divisori. E questoconferisce più spazio alla progettualità.

Edoardo Gherardi ha disegnato insieme all’unitàRicerca & Sviluppo di Euromobil una serie dielettrodomestici che fanno parte del ProgettoZenitLab – un piano cottura con vasche e una cappa

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Euromobil: lo sviluppo nel design e nella qualità vendibile

La produzione di Euromobil in questi ultimi annimanifesta una crescita esponenziale nel design deiprodotti. Il Progetto Multisystem è stato integrato connuovi modelli, declinabili in una serie pressochéinfinita di variabili nelle finiture – dal laminatolucido o opaco al laccato, all’impiallacciato. Sonostati sviluppati blocchi cottura con cappe su disegnoe un’innumerevole varietà di composizioni modularia isola o a penisola, fino allo schema di “cucinapassante”, in cui la zona di lavorazione è separata daquella per la consumazione del cibo a mezzo dicolonne di contenimento (il Sistema Zenit diEdoardo Gherardi). Dunque, si è lavorato da un latosulla possibilità di variazione estetica delle ante e

tradizionale del frontale in modo innovativo:Alutema presenta l’anta con telaio in alluminio,Doganove una superficie a doghe orizzontali conpasso 9 cm, Filanta mostra la presa della manigliaa filo dell’anta e Alineal inserisce la manigliatrafilata in alluminio sul profilo superioredel frontale.

Nel 2005 è stato messo a punto il nuovomacrosistema Filo con modelli di ante prive dimaniglia. Il Progetto Filo risponde al medesimoconcetto di matrice dimensionale del ProgettoMultisystem, ma poiché sono stati necessari degliaggiustamenti sull’altezza delle basi o la larghezzadelle colonne per contenere la gola dell’apertura, èstato necessario sviluppare un altro macrosistema.Tuttavia, gli elementi del programma Filo possono

Dedalo, designRoberto Gobbo (2000), è un sistemafreestandingcomposto da unastruttura in alluminiocon gambe cilindrichee traverse a sezionerettangolare che puòessere integrato con zona cottura elavaggio, contenitorichiusi o a giorno,carrelli e tavoli. Il sistema viveautonomamente oinserito nellecomposizioni di cucinacon i ProgettiMultisystem e Filo. Fa parte, dunque, dei microsistemi.

Il Gruppo Euromobil èstato selezionato a“I.dot Italian Design onTour”, uno dei principaliprogetti culturali di certificazione epromozione del designcontemporaneoitaliano.

delle relative finiture, che permette di comporre unacucina con qualunque disponibilità economica,dall’altro sulla modularità, l’ergonomia e laconfigurazione nello spazio.

Oltre ai modelli Dialogo, Tabula e Vanity Top,che presenta l’anta con un raggio di curvatura piùridotto rispetto a Vanity, il Progetto Multisystem haintegrato altri sistemi, tutti trasversali tra di loro.Compaiono modelli più classici come Quadrica,caratterizzata dall’anta lineare con telaio di grandidimensioni, e Abita, con un telaio meno evidente.Poi vi sono modelli che rileggono la morfologia

essere mischiati con quelli del Progetto Multisystem,perché le ante hanno lo stesso spessore e le stessefiniture. Il sistema Filo contiene i modelli Filo Tabulae Filo Vanity Top, che presenta la stessa anta lisciama senza la maniglia. Si contano 110 frontali, 71strutture, una gola e nove diverse finiture. L’assenza dimaniglia ha imposto uno studio sui sistemi diapertura: ad esempio push & pull nei pensili e la golain posizione verticale nelle colonne. Progetto Filorisponde a una precisa esigenza di mercato, quelladegli open space, che indica un tipo di mobili dacucina sempre più simili agli arredi della zona giorno.

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centrostanza ellissoidale in acciaio. Le cappe fannoparte dei microsistemi applicabili ai Progetti Filoe Multisystem, così come la nuova serie diattrezzature per i contenitori: cestoni estraibili,carrelli ad angolo con meccanismo di aperturaLe Mans, la barra luminosa Cosmolight e il sistemadi illuminazione a faretti led per il piano di lavoroe per i cassetti.

Eurocucina 2008 ha segnato una tappaimportante nello sviluppo del design di Euromobil.In quest’occasione è stato presentato il prototipo diun nuovo macrosistema sviluppato da R&SEuromobil con Roberto Gobbo. Il primo modelloche applica questo macrosistema è il nuovo Assim.Sviluppa l’idea del living & cooking, ossia proponeuna cucina per spazi aperti che si mimetizza congli arredi della zona giorno. Si è uscitidall’impianto tradizionale della cucina eliminandotutti gli elementi morfologici che ne caratterizzano

la tipologia: ad esempio la suddivisione dellecassettiere, con i cassetti inseriti all’internodell’anta unica, l’assenza di maniglie in aggetto,la scomparsa della cappa dentro il piano di lavoro e i sistemi di copertura dei fuochi e dellevasche. Si è ricercata una continuità cromatica tra zoccolo, anta e top ed è stato inoltre rimossol’acciaio, un materiale troppo caratterizzantel’ambiente cucina.

Dunque il design pulito e rigoroso confondei mobili della cucina con quelli del living. Incontrotendenza con le cucine caratterizzate da zonedi contenimento sempre più piccole si è propostauna soluzione con grandi armadiature ma dialtrettanto grande flessibilità. Poiché la cucina èconsiderata un laboratorio, si è lavorato sui sistemidi apertura più funzionali che eliminino qualsiasiimpedimento: estrazione per le basi, scorrimentocomplanare anziché apertura a battente per i

L’immagine presentail modello Filotabuladel macrosistemaProgetto Filo ad antesenza maniglia,realizzatoin finitura pinospazzolato e miele.Tale modello puòdialogare con Tabuladel ProgettoMultisystem poiché vi è corrispondenzatra le ante dei duemacrosistemi.

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Il modello Tabula delProgetto Multisystemè presentato insiemeal sistema a giornocaratterizzato damensole dellospessore di 7,5 cm.Tale sistema puòessere impiegato indiverse aree dellacucina, sotto i pensilie tra le colonne.Nell’allestimento èposto anche sullaparete in prossimitàdel lavaggio, quasifosse la proiezionedel piano orizzontalesu quello verticale.Infine, l’area lavoro ècostituita da un pianoin acciaio di 1 cm.

pensili e le colonne. Nel prototipo delle basisi è introdotto il sistema di apertura Sensotronic,che funziona con dei sensori di rilevamentodel movimento dell’utente il quale, con un semplicetocco della mano o del ginocchio, attiva l’aperturae la chiusura dei cassetti e dell’anta unica,indipendentemente dal carico spostato. Il modellodi anta Assim appare visivamente come unmonolite. La maniglia, con lunghezza 15 o 30 cm,è ricavata nello spessore e posta in posizioneperimetrale asimmetrica. Il nuovo macrosistema hauna modularità diversa che risponde a una nuovamatrice dimensionale che permetterà altresoluzioni compositive ed estetiche. Assim, infatti,è proposto come il top di gamma e per unaprogettazione d’ambiente più sofisticata.

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Il modello di antaAssim (R&S Euromobile Roberto Gobbo) èstato presentato adEurocucina 2008. È caratterizzato dauna maniglia da 15 o 30 cm di larghezzaposta nello spessore e in posizioneperimetraleasimmetrica. Assimè il primo modellodi un nuovomacrosistema chepunta a mimetizzaregli arredi della cucinacon quelli della zonagiorno eliminandonei segni caratteristici– ad esempiocassettiere, cappe e fuochi. Nella zonacottura si è rimossol’acciaio per favorireuna continuitàcromatica tra zoccolo,anta e top, mentre lacappa scompare nellospessore del mobilee le cassettiere sonoschermate da un’antaunica. Assim apparevisivamente comeun monolite.

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Il modello Alinealprende il nome dallasottile maniglia inalluminio posta sulbordo superioreo inferiore dell’anta:una linea. Il modelloè comparso nel 2000all’interno del ProgettoMultisystem, madisponibile solo inlaminato. Il restylingdel 2008 consentel’applicazione di tuttala modularità edelle finiture delmacrosistema e unagamma più ampia neicolori delle maniglie – alluminio, bianco e moka. Lacomposizione adestra, una cucinaa isola a T con pianosnack a sbalzo,mostra anche ilSistema 75: ledispense a giornodallo spessore di 7,5 cm poste, inquesto caso,all’interno delle basi e al centro dellecolonne.

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L’azienda Zalf è natanel 1974 da unaprecedente strutturae il suo nomecorrispondeall’acronimo delleiniziali dei quattrosoci: Zavarise,Andreola, Lucchettae Fanizzi. Ma pocodopo l’azienda èdivenuta proprietàdei Lucchetta.Al momentodell’acquisizionel’impianto di Maserera una realtà di3500 metri quadratisu 10.000 metriquadrati di terreno.Tutta la lineaproduttiva è statarifatta ex novo conun notevoleinvestimento. Tra lafine degli anni ottantae l’inizio del decenniosuccessivo, Zalfha visto unasostanzialeespansione deglistabilimenti produttivi,raggiungendo i25.000 metri quadratidi superficie coperta.Sono state inseritele nuove macchinea controllo numericoche hanno permessodi raddoppiarela produzionegiornaliera.

Natalino AndolfattoIntimità, 1995 marmo striatoolimpico 198 x 198 x 197 cm

Mobili

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Area taglio automatico dei pannelli

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Magazzino pannelli melaminici robotizzato

Complesso Zalf a Maser

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Uffici Zalf

Linee automatizzate di foratura e montaggio

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Uffici Zalf

Linee di squadratura e bordatura

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A sinistra: nell’ufficiodirezionale si è inserito ilcaratteristico tavolo con gambe a sezione rettangolare 10 x 2 cm, modificatocon l’inserimento deicontenitori Monopoli,in color rovere grigio,al posto della quartagamba d’appoggio. La sedia Calla faparte della collezione di complementi di arredo Zalf. In basso: unasoluzione del sistemaPratico Office. Sonostati impiegatiquattro tavoli satinatibianchi con screencentrale in vetro. Ilsistema permette unanotevole versatilitàcompositiva graziealle forme mistilineee componibili deitavoli, e consenteinoltre di allestire siaspazi direzionali, siaambienti di lavorocollettivi.

Zalf: estensione dei sistemi e potenziamento del settore ufficio

Zalf appare nel 2008 con un’offerta moltovariegata per la composizione delle zone giorno enotte, dello spazio ragazzi e dell’ufficio. Tutti i sistemirientrano nel Progetto Soluzione che dispone di settemodelli – Monopoli, Link System, Modus, Oh!razio,Picà, Alterna e Freecab – declinabili con 202 frontali,5 strutture, 14 differenti maniglie in 4 taglie e 24finiture. La boiserie Picà a cremagliera verticalecompare anche nella versione Minus, con mensolea giorno su montanti in alluminio senza pannello.È una versione “minimal” che si adatta anchealle soluzioni per ufficio. La flessibilità dei sistemiconsente un continuo aggiornamento dei prodotti:ad esempio i nuovi armadi Freecab e Combi System,la pannellatura a mensole Modus, oppure i nuoviletti e complementi di arredo. La gamma di armadi,ossia il tema del guardaroba, è stata ampliata nellamodularità, nelle varianti delle ante e negli accessoriper l’organizzazione degli interni. Ai sistemi Alternae Freecab, che sono integrati nel Progetto Soluzione,si affianca il Combi System che è invece un sistemaa parte. Gli armadi sono disponibili con sistemidi anta scorrevole o a battente.

Per quanto riguarda gli spazi per ragazzi, Zalfha lavorato sul concetto di schema libero dellacombinazione dei sistemi e sul tema delmultispazio. La progettazione della camera perbambini è di solito molto più articolata di quelladelle altre camere da letto, non solo per la naturadegli spazi solitamente a disposizione, ma anche perle necessità specifiche, che spesso interessano più diun utente di età diversa nella medesima stanza. Nelmercato estero la tipologia delle camere per ragazzinon è molto avanzata: di solito si utilizzano arredidi fortuna per le prime fasce d’età, per poi passareai mobili della stanza per adulti. Pertanto, lacomunicazione di Zalf attraverso i cataloghi, i listinie la rete vendita sviluppa una cultura per questatipologia di spazi. E nella comunicazione perimmagini si è scelto di promuovere configurazionifacili da comprendere, senza esagerare nellacomplessità delle composizioni che permetteil Progetto Soluzione.

Per gli spazi dei ragazzi si sono ampliate leboiserie Oh!razio e Picà; quest’ultima è stataproposta nella versione Picà Up che presenta un

supporto da aggancio al posto della pannellatura,così da consentire soluzioni meno costose emeno invasive nell’ambiente rispetto alle precedentiboiserie. Picà Up è montata direttamente a muroe può agganciare vari elementi come letti, scrittoie contenitori sospesi. Analogamente, può essereutilizzata in ampie estensioni a parete o ininterventi puntuali. Zalf ha incrementato anchela collezione di letti e complementi d’arredo, trai quali si segnala il simpatico scrittoio Skylabdi Andrea Lucatello, menzione speciale nelconcorso Young & Design 2004.

Nell’ambiente ufficio Zalf si estendono i sistemidi Progetto Soluzione applicati alla zona giorno,mantenendo la medesima scocca del mobile.Tuttavia, per evidenti necessità diverse, gli arredisono attrezzati differentemente. Con la nuovacollezione Pratico Office del 2006, Zalf entra a pienotitolo nella produzione di mobili per ufficioprofessionale. È stata ideata una nuova collezionedi tavoli, sedie e accessori. I tavoli possono avere unosviluppo lineare e possono essere agganciaticomponendo geometrie regolari. I piani contemplanola possibilità di cablaggio elettrico e presentano unaserie di schermi per frazionare le aree dei pianirispetto alle postazioni di lavoro. Questi elementi di

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Combi System,armadio di Zalfcon anta scorrevole,telaio in alluminioe pannello inmelaminico bianco,è caratterizzatodal modulo quadratoe dialoga con laboiserie chepermette di comporrecabine armadio. Negliallestimenti sonovisibili alcuni arredi diDésirée: il lettoChance di MarcSadler, la poltronaCocò di R&S Désiréee la chaise longueEly Fly di Jai Jalan.

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screening possono essere invetro o melaminico masoprattutto, grazie al sistema dicremagliere Oh!razio, possonoessere attrezzati con barre a cuiagganciare mensole o piccolicontenitori. I piani presentanouno spessore da 18 mm e sonoin laminato o vetro in finitura“0 chimico”, bianco e grafite.Una peculiarità dei tavoli è lagamba rettangolare a sezione 10 ✕ 2 cm, unasoluzione che conferisce una certa caratterizzazioneai prodotti. Infine, è stata sviluppata una serie dischedari e cassettiere adatta alle esigenze di unostudio professionale.

Rispetto agli arredi per ufficio degli anni ottanta,epoca in cui il settore ha raggiunto la sua maturitàproduttiva e ha visto la nascita di un mercato diriferimento a sé stante, le composizioni attuali sonomeno caratterizzate da un punto di vista formale emanifestano molti elementi in comune con gliarredi della zona giorno della casa. Per tale ragione,

le aziende che producono mobili in melaminico peril settore domestico possono applicare delleeconomie di scala e realizzare anche strutturemodulari per ufficio. Inoltre, dal punto di vistatipologico, gli arredi professionali parlano unlinguaggio estetico simile a quelli del living: tranneche per le differenti attrezzature dei tavoli e dellecassettiere o per le specifiche sedie da ufficio, isistemi a parete, le librerie e i tavoli possono essereimpiegati indifferentemente nell’ambito domesticoe in quello di lavoro.

Tale tipologia “ibrida” ha permesso di abbatterela rigida distinzione tra i due settori e diavvicinarli anche nelle modalità di vendita – nonè casuale che molti showroom oggi presentino lacasa insieme all’ufficio, oppure che il GruppoEuromobil nello scorso Salone del Mobiledi Milano abbia allestito una zona ibrida, tra livinge lavoro, nello stand di Zalf e Désirée.

In quest’allestimentoper l’area living,realizzato nello studiofotografico diCrocetta, la libreriaLink System e icontenitori Monopolidi Zalf permettono dicostruire paretiattrezzate.Nell’immagine anchela poltrona Kara diMarc Sadler e ildivano Selà di JaiJalan per Désirée.

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Il concetto di“multispazio” nascedalla necessità direcuperare spazio inambienti ridotti. Nelleimmagini compaionodue letti che scorronosulla parete,integrando unoscrittoio in posizioneperpendicolareo parallela al muro. Lo scrittoio èscostato dal letto perpoter essere ripostosenza rimuovere glioggetti che vi sonoappoggiati. In 360cm di lunghezza sipossono inserire dueletti e uno scrittoio da 90 x 160 cm.

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Désirée divani el’imbottito di design

I principali passaggi all’insegna del design siregistrano in questi ultimi cinque anni. L’evoluzionedell’immagine di Désirée risponde alla generalelogica di riposizionamento nella fascia di mercatomedio-alta/alta che ha segnato la nascita diprodotti dal gusto più contemporaneo e con unamaggiore iconicità. E, per la natura stessa degliimbottiti, in cui ogni progetto è un investimentoa sé stante e meno vincolato alle generali logicheproduttive, Désirée ha potuto acquisire uncambiamento d’immagine più rapido rispetto allealtre due aziende. Come già affermato Désirée, oltrea quella con Roberto Gobbo, ha avviatocollaborazioni con designer affermati come MarcSadler e ha puntato sui giovani come Jai Jalan,Edoardo Gherardi e Andrea Lucatello. Si è giàdetto che la scoperta di Jalan è stata un’intuizionedei fratelli Lucchetta: la sua esperienza infatti nonera nell’arredamento quanto nella grafica (halavorato per Blossom Graphics India) e nel settoredell’automotive con gli uffici stile Alfa Romeo eFIAT. Ciononostante, i suoi recenti prodotti perDésirée riscuotono un grande successo di pubblico.Edoardo Gherardi è di Treviso, ha una formazionecome architetto e dal 2004 ha collaborato con ilGruppo alla realizzazione degli showroom e degliallestimenti fieristici. Anche nel suo caso, i prodottidisegnati per Euromobil e per Désirée hannocontribuito al cambiamento d’immagine delleaziende, nonché hanno conseguito importantipremi. Anche Andrea Lucatello è di Treviso ed è undesigner che viene dall’arredamento e dalla nautica,con un’esperienza consolidata nei processi diindustrializzazione dei prodotti.

Tra gli imbottiti che hanno più favorito ilriposizionamento di Désirée c’è il divano Sesam diGuido Rosati, un designer la cui carriera è iniziatanei primi anni settanta e che da sempre si èdistinto nell’ambito dell’arredamento: dal bagnoagli imbottiti, all’illuminotecnica. Sesam nasce giàa cavallo del 2000, ma è stato consacrato dalla suapartecipazione nel 2004-2005 all’“I.dot ItalianDesign on Tour”, una mostra itinerante cheseleziona e promuove il design italianocontemporaneo all’estero. Sesam è un divano lettoche presenta un singolare sistema di rotazione degli

Il componibile Sesamdi Guido Rosati èstato selezionato perl’“I.dot Italian Designon Tour” nel 2004-2005. È un divano-letto componibile, icui elementi possonoessere ruotati inperpendicolare e in parallelo perpermettere ai letti di essere estratti con apertura frontaleo laterale rispettoallo schienale. Inquesto modo i letti,singoli o doppi,possono assumereconformazioni diversenello spazio. Ilparticolare dispositivodi rotazione, privo dimolle e barre, è statobrevettato.

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elementi rispetto allo schienale per estrarre imaterassi sia in posizione frontale sia laterale. Altriprodotti di Désirée sono stati insigniti diriconoscimenti: il sofà Tuliss e la poltrona Eli Flydi Jai Jalan, selezionati dal concorso Young &Design rispettivamente nel 2006 e nel 2007, e laseduta Una di Edoardo Gherardi, che ha vinto ilterzo premio del medesimo concorso nel 2007.

Molte le novità di prodotto presentate al Salonedel Mobile 2008 che mostrano oggetti dalla fortecaratterizzazione formale. Oltre alla declinazionedel divano Tuliss in una famiglia di prodotti(si aggiungono il nuovo sofàTuliss Up e il letto), Jalan haprogettato il programmacomponibile Selà,contraddistinto dallo schienalebasso e curvato e dai cuscini“strutturali” che assecondanola posizione della schiena.Come citazione della celebreLounge Chair di Charles e RayEames del 1956 con scocca inlegno impiallacciata, MarcSadler ha presentato la suaKara. Un altro pezzo che siriferisce alla grande tradizionedel design internazionale è lapoltrona Stelo di EdoardoGherardi che, nella strutturaportante a tondini d’acciaio incui è infilata la stoffa dellaseduta, richiama la Butterfly diFerrari-Hardoy, Kurchan eBonet del 1938. Il prodotto diGherardi si differenzia nella conformazione dellaparte in stoffa, che suggerisce diversi modi disedersi, oltre che nella base a disco che raccorda itondini e che può essere utilizzata come ripiano perriviste. Stelo è stata selezionata da Young & Design2008. Aumenta anche la serie di tavolini bassi: in coordinato con Kara, Marc Sadler progetta il tavolino con la stessa finitura del legno, mentreAndrea Lucatello disegna il tavolino Shine, le cui gambe nascono dalla piegatura ininterrottadel piano.

Gli imbottiti della collezione si distinguono perla qualità dei materiali e per i dettagli formali: adesempio il divano in pelle Lucky di Marc Sadler,

dal disegno apparentemente classico, presenta laparticolarità della convergenza agli estremi dellelinee della scocca e del materassino di seduta. Talecaratteristica conferisce una certa dinamicità allaforma. Invece, il componibile Chance, sempre diMarc Sadler, rilegge il tradizionale motivo capitonnédegli imbottiti.

In questi anni alla Désirée si è investito nelprocesso produttivo e nella ricerca dei materiali.Questi sono naturali ed ecocompatibili secondole normative europee: ad esempio il poliuretano

Divano Blo, progettodi R&S Désirée conRoberto Gobbo,2003-2004. È unprodotto innovativoche “affoga” il telaiostrutturale internonelle imbottituredi poliuretano. Icuscini e gli schienalipossono esseresfilati dal telaio,permettendogli diessere trasportatonell’ambiente eagganciato in altreconformazioni. Infatti,il telaio consente diposizionare i cuscinie i braccioli invari modi senzamodificare lastruttura portante.Dunque, lacomposizione deglielementi, conprofondità 105 e 85cm, può essere ancheintegrata nel tempo.Nelle forme, Blo siispira ai divani deglianni sessanta.

La poltroncina inmultistrato curvatoUna di R&S Désirée ed Edoardo Gherardiha vinto il terzopremio del concorsoYoung & Design2007. È costituita da un elegante fogliocontinuo in multistratiche si sdoppia sulretro per dare luogoallo schienale e allagamba di sostegno.

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Nel 1995 il GruppoEuromobil acquisiscela Désirée, unafabbrica situata a Tezze di Piave.L’azienda producevaimbottiti dal 1968 e aveva una buonaimmagine sulmercato. L’attualestabilimentoproduttivo ha unasuperficie coperta di 10.000 metriquadrati. Tutte le fasidi lavorazione degliimbottiti, dal tagliodel rivestimento alcucito, alla messa inbianco, alla rivestiturae imballo, sonooperate in sede.La strutturaindustriale ècompletamenterobotizzata nellamovimentazione deimateriali ma ilconfezionamento deirivestimenti, ovveroil taglio, la cucitura oil rivestimento degliimbottiti è realizzatoa mano come inuna sartoria.

Pablo AtchugarryIl grande angelo, 2006marmo di Carrara 325 x 93 x 41 cm

Divani

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Reparto cuciture

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Banchi di taglio e magazzino stoffe robotizzato

Complesso Désirée a Tezze di Piave

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Area spedizioni

Area magazzino robotizzato con trans-elevatore per la movimentazione dei prodotti

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Area magazzino robotizzato per imballo e spedizioni

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La poltroncina Kara di Marc Sadler(2008) è costituitada morbidi cuscinisostenuti dallascocca a vista inlegno impiallacciato.La struttura è girevolea 120 gradi.

Lucky di Marc Sadlerè un elegante divanoche gioca sulcontrasto geometricotra i bracciolisquadrati e le lineestondate delloschienale e dellaseduta. Le evidenticuciture delrivestimentoconferiscono un certoritmo visivo, cosìcome la particolareconvergenza agliestremi delle lineedella base e dellaseduta.

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Tuliss, designJai Jalan, selezionataa Young & Design2006, è oggi un bestseller di Désirée. Ilsistema è compostoda divani a due postiraddoppiabili e dallamaxipoltrona, ed è contraddistintodalla scoccaavvolgente rivestita in poliuretanoadagiata a pavimento.A questo modello è stato aggiuntoTuliss Up, che risultasollevato da terra conuna base metallica.Nella famiglia Tuliss compare ancheil letto. La chaiselongue Eli Fly, design Jai Jalan eselezionata a Young& Design 2007, ècostituita daun’elegante strutturain poliuretano ad altadensità con finitura inlaccato lucido biancoe nero. È un prodottomolto scultoreo che,per la pulizia delsegno, si prestaad essere inserito inqualsiasi contestodella zona giornoo notte.

impiegato non rilascia sostanze dannose perl’ambiente come CFC e solventi clorurati.Le strutture degli imbottiti sono realizzate in legnomassello o multistrato con pannelli ditamponamento in faesite (un pannello di fibra,compresso o temperato); tali strutture sonopoi rivestite con poliuretano a diverse densità.La scelta del poliuretano è all’insegna del comfort:infatti il materiale deve non solo sostenere edistribuire il peso dell’utente sul materassino,ma anche adattarsi alla forma del corpo,disperderne il calore e l’umidità, ed essere resiliente,ossia tornare in posizione dopo lo schiacciamento.Oltre ad assicurare le condizioni ottimali dicomfort, le imbottiture in piuma sono inconformità con le normative europee, e sonocertificate con marchio Assopiuma e OroAssopiuma, che ne garantiscono la sicurezza,il rispetto ecologico e gli standard di qualità.

Ampia è la gamma di tessuti in cui sonodeclinati gli imbottiti Désirée: tele o jacquard,bouclé (filati a riccioli), ciniglia e velluti con elevatiparametri estetici, tecnici (resistenza ed elasticità)e fisiologici, garantendo la permeabilità all’aria.I tessuti sono trattati con tecniche di finissaggio

chimiche e meccaniche quali la smerigliatura,il restringimento e l’antimacchia. I filati sono infinetestati nella resistenza all’abrasione, al pilling(le palline di fibre che si formano sulla superficiedel tessuto) e alla luce. Il tutto secondo i test ele normative UNI, l’Ente Nazionale di Unificazioneitaliano. Per le pelli si impiega prevalentemente il“pieno fiore”, ossia lo strato più esterno del pellame,la parte più pregiata che mantiene le caratteristichedella superficie, le venature e la morbidezza.Il “pieno fiore” è conciato al cromo e tinto perimmersione con coloranti aniline, affinché tuttolo spessore della pelle ne sia impregnato.

Per far comprendere quanto accennato emostrare tutte le componenti del divano – adesempio la struttura, la messa in bianco, i materialidelle imbottiture e i dettagli come i piedi, le basie gli automatismi – è stata pubblicata la Guida allequalità di Désirée. È uno strumento che va oltreil catalogo dei prodotti finiti – infatti quasi nonve ne compaiono – e sottolinea invece lacomplessità sottesa alla produzione di un imbottitodi qualità.

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Lo showroom di Falzèdi Piave raccoglietutti i marchi delGruppo. Nel 2008è stato riallestito:si sono riprogettatil’impiantoilluminotecnico e le finiture, come ad esempio le paretiin Barrisol, cherichiamanol’allestimento diEurocucina 2008, e la controparetedelle scale, trattatacon lame di luce(pagina a fianco, in basso a destra).Questi tagli sonooperati nei puntistaticamente piùfragili, comenell’intersezione conil soffitto o gli scalini,per conferireall’insieme un effettovibrante e inaspettato.

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Contract e professional

Gruppo Euromobil Professional è l’unitàdell’azienda che da anni opera nel settore del contract.Quest’ultimo consiste in una serie di servizi chevanno dalla realizzazione di forniture ad hoc per ilcliente alla gestione dell’intera logistica della faseoperativa. Gli ambiti applicativi sono molteplici:hôtellerie, residenziale, ufficio e luoghi pubblici comemusei, teatri, showroom e aeroporti. Ciascun progettodi interno è unico e implica che si lavori conmodalità diverse dalla produzione in serie. Non sitratta soltanto di adattare i prodotti in catalogo alle

specificità del contesto e a normative più restrittive,ma anche di costruire arredi personalizzati e diconcretizzare tutti gli aspetti del progetto, perfinonegli ambiti merceologici che non sono di direttapertinenza dell’azienda (il bagno, ad esempio).Gruppo Euromobil Professional può contare suisistemi di fabbricazione flessibili, sulle collezioniintegrabili dei tre marchi e sull’ottimizzazioneproduttiva. Può pertanto soddisfare le più diverseesigenze architettoniche e di specializzazione,conformandosi agli standard produttivi e alle normeinternazionali. Sia che si tratti di una realizzazionevicina all’estetica dell’azienda, sia di un progetto dialtra natura, la divisione contract garantisce un’operadi qualità e il rispetto della tempistica.

Gruppo Euromobil Professional si pone comefornitore di servizi e come referente unico tra piùattori quali l’architetto, l’ingegnere, il developer el’impresa costruttrice. A partire dal dialogo con

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il committente, la divisionecontract segue il cliente inciascuna fase, definendo ognidettaglio esecutivo. Leforniture del Gruppo sonoprodotte esclusivamente inItalia, nelle tre sedi del Veneto,ma viene servita unacommittenza nazionale einternazionale. Le operesinora realizzate, sparse intutto il mondo, danno provadella capacità di confrontarsicon situazioni peculiari. Negli

appartamenti nel cuore di SoHo a New York o nellaVilla Loredan Gasparini di Venegazzù, in provinciadi Treviso, l’unità Professional ha dimostrato nonsolo di sapersi adattare ai differenti contestiarchitettonici, ma anche di poter gestire le

problematiche connesse all’edilizia storica.Analogamente, lo staff professionale del GruppoEuromobil ha dialogato con lo studio londineseConran&Partners Architects nella definizione degliinterni e dello spazio cucina del complessoabitativo in Shirland Mews e Tonsley Place.Nei Nikken Buildings di Osaka, oltre a soddisfarefunzionalità e un’estetica contemporanea eminimale, la divisione contract ha sostenutol’importante fornitura per trecentocinqueappartamenti. Il contract è un ambito in cui ilGruppo Euromobil può misurare le propriecompetenze e crescere nella competitività. Perqueste ragioni l’azienda vi investe molte energie,e ritiene sia lo strumento per maturare dal puntodi vista economico e progettuale.

Valentina Croci

Gruppo EuromobilProfessional è ingrado di soddisfare le più diverseesigenze del clientecon forniture ad hoce ponendosi comereferente uniconell’attuazione delprogetto. Le opererealizzate spazianodal settoredell’ospitalità (hotel,residence, ristoranti,navi e villaggituristici) a quello del corporate(banche, uffici, musei,teatri, aeroporti e showroom).

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ItaliaAlassio, ResidenceEuropa UnitaBologna, ArteFieraBologna, StudentatoUniversitarioBrembate,Concessionaria ManBrescia, Museo di Santa GiuliaCappella Maggiore,Hotel GiardinettoCastellaro, CastellaroGolf ResortCatanzaro, Comandodei CarabinieriChianciano, Villa GalliColle Val d’Elsa, HotelCasolare Le Terre RosseCremia (Como), Hotel LuminDiano Marina,Residence GrecoEmpoli, Azienda UlssFino Mornasco, Hotel Ristorante La FeniceFirenze, Cooperatival’UlivetoGrado, HotelArgentinaGrottammare,ResidenceMareamareJesolo, Villaggio Lidodi JesoloLatina, CarceriLoano, Residence SanGiovanniLucca, Hotel RialtoPadova, Hotel GalileoPadova, LuxuryResidence Hotel Parma, Ostello di CorniglioRoma, ForesteriaBanca CarigeSan Vito di Rimini,AssociazioneNazionale ColdirettiSenigallia, HotelBel SitSestri Levante, HotelGenovaSirmione, HotelSuisse Soverato, ResidencePegasoTrento, OperaFamiglia MaternaTreviso, Confindustria2008Udine, Hotel SanMarcoViareggio, ResidenceColucciniViareggio, CollegeManenti

AlbaniaGolem (Durazzo),Hotel AsAustriaBad Bleiberg, Bleiberghof HotelTerme&SpaBulgariaPlovdiv, Royal CityCanadaMontreal, Unity 1 and Unity 2 BuildingCinaShanghai, Royal Garden Pechino, Spazio ItaliaCroaziaZagabria, ArcidiocesiZagabria, Hypo Bank Umago, ResidenceUmago, Kristal HotelGiapponeOsaka, MikageClassic BuildingOsaka, NikkenBuildings GreciaAlexandropolis,Alexander BeachHotelAtene, Arion HotelKalamata, ComfyBoutique HotelChalkidiki, TheophanoImperial PalaceKassandraCreta, Blue SeaBungalows & BeachCreta, El Greco HotelIerapetraCreta, Kyma BeachHotel RethymoCreta, Porto PlataniasChaniaHeraklion Crete,Apollonia HotelIsthmia-Kehries,Kalamaki Beach HotelKalithea Halkidiki,Athos Palace HotelKoskinous Rhodes,Hotel KoskinouLefkada, Enodia HotelMalia Crete, CretanMalia Park HotelMalia Iraklidu Crete,Hella Holidays HotelsNafplion, NafpliaPalaceRodi, Rodos ParkSuites HotelSantorini, Icons HotelSantoriniSantorini, Nine MusesHotelSitia Crete, SitiaBeach Hotel

IrlandaDublino, Grand CanalWharf, Charlotte QuayRegno UnitoLondra, Acorn Building Tower BridgeLondra, Bath HouseCityLondra, London StudioCollectionLondra, Old SchoolBatterseaLondra, ShirlandMews Londra, Tonsley PlaceNottingham, MorleyBrewerySheffield, St PaulChambersSheffield, WardBrewery RussiaMosca, Ambasciatad’InghilterraSloveniaLubiana, BDO eossvetovanje DOOStati UnitiNew York, BalticTowerNew York, 151Wooster SohoSud AfricaJohannesburg, TheLincoln ApartmentsCape Town, TheMajestic ApartmentsCape Town,Metropolis BuildingSvizzeraBulle, Immeuble le VerdelleLosanna, Le Portiquede TivoliTaiwanTaipei City, Chunefuand DongtinTurchiaIstanbul, Eren TaluAlim Satim ProjectIstanbul, FulyaTerrace Building

Alcune realizzazioni di Gruppo Euromobil Professional

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Un’impresa con l’arte nel cuore

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Euromobil, la cultura e l’arte

Mecenatismo industriale e adozioneculturale

“L’intrattenimento ha una forte connotazionedi evasione dalla realtà. Ma non è tutto qui. Oltrea dare piacere e rilassamento, le arti possonoarricchire e innalzare lo spirito, col loro uso delsimbolismo esprimono ciò che non può essereespresso a parole, dimostrano paure e speranze,provocano eccitazione, e un senso di mistero emagia. L’arte contribuisce al miglioramento dellaqualità della vita, funziona come un catalizzatoreper rigenerare e calamita sociale per un nuovoassetto industriale”.

Queste parole scritte da Irene Waters nel suolibro Entertainment, Arts and Cultural Services bensi adattano alla filosofia del Gruppo Euromobile dei fratelli Lucchetta, che ormai da anni hannocostituito un filo diretto con gli artisti.

A questo proposito Gaspare Lucchetta, anche anome dei suoi fratelli, afferma: “Frequentare ilmondo dell’arte e gli artisti, lo stare insieme a loro,ci insegna a guardare avanti verso nuovi orizzontisconosciuti al mondo dell’industria. Integrare l’artecon l’industria rende diverso il modo di essereazienda e fa crescere culturalmente tutte le personeche vi sono collegate.

L’arte ci apre la mente e ci fa crescere dal puntodi vista culturale, ci abitua inoltre a vedere ilmondo da un’angolazione diversa. L’arte allenal’occhio al bello e ci rende sereni, ci fa vivereil nostro tempo in modo diverso”.

L’evoluzione del rapporto tra i fratelli Lucchettae l’arte ha inizio nel momento in cui, a partire daglianni sessanta, cominciano a frequentare e acollezionare opere di artisti conterranei comeGiancarlo Bettis, Luigi Cillo, Bruno Donadel, eAngelo Lorenzon e in progressione, man mano chesi affina il loro occhio e il metro di giudizio – grazieanche alle frequentazioni sempre più assiduedi artisti, musei, mostre d’arte e critici – inizianoa collezionare opere di artisti regionali, nazionali e

poi internazionali. Da ognuno di loro traspare unaprofonda gratitudine per l’unicità dell’impegnonell’arte di cui i Lucchetta si fanno promotori.L’Italia è un Paese dove i singoli artisti fanno unagrande fatica a sopravvivere e molti di loro cihanno spiegato quanto sia fondamentalel’incoraggiamento morale e il sostegno finanziariodi persone che credono nella loro attività artistica.Dalle testimonianze raccolte i Lucchetta risultanoessere tra le poche realtà industriali italiane cheoggi si assumono questo compito con continuità,facendo fede ai loro impegni.

Il Gruppo Euromobil ha visto negli anni ottantauna grande espansione della propria produzione,grazie all’introduzione di nuove strategie di offerta,alla diffusione di prodotti differenziati, nonché allacostruzione sempre più innovativa del mobilee dell’oggetto di design.

La capacità dell’azienda di accogliere nuovistimoli e idee non riguarda solo l’ambitostrettamente produttivo, ma anche quello piùrelazionale e, come abbiamo sostenuto più volte,legato alla comunicazione. Da oltre vent’anni,infatti, l’azienda veneta ha compreso l’importanzadi associare la propria forza imprenditoriale asettori che hanno un forte impatto nella società,come lo sport, la cultura e l’arte.

La promozione di eventi sportivi e artisticipermette, quindi, all’azienda di arricchire la propriaimmagine con un’attività caratterizzata anche daun riconoscibile impegno nel sociale. Bisognaricordare che negli anni ottanta si sviluppanonumerose iniziative di adozione culturale da partedi vivaci realtà imprenditoriali italiane.

Anche il Gruppo Euromobil si mette su questascia, ma lo fa in modo del tutto originale,prendendosi a cuore artisti contemporanei, che avolte vivono la difficoltà di farsi conoscere eapprezzare dal grande pubblico. In questo sensol’azienda rappresenta un vero e proprio fenomeno,pressoché unico in Italia, di moderno mecenatismo,promuovendo una forma di adozione culturaleevidentemente non riconducibile a finalitàcommerciale.

Essendo legata al territorio d’origine, Euromobilinizia quindi la sua avventura proprio neltrevigiano, per poi organizzare esposizioni in altreregioni d’Italia e anche all’estero, da CastelSant’Angelo a Roma alla sede dell’Unesco a Parigi,

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157 Un’impresa con l’arte nel cuore

dall’Ermitage di San Pietroburgo al Guggenheimdi Bilbao, dal Museo Correr di Venezia al Museod’Arte Moderna di Mosca. Fabrizio Plessi, SaverioBarbaro, Pablo Atchugarry, Riccardo Licata,Carmelo Zotti, Paolo Patelli, Alessandro Verdi eGino Silvestri sono solo alcuni degli artisti che sonoriusciti a conquistare una buona visibilità a livellonazionale e internazionale proprio grazieall’intervento di Euromobil.

L’attenzione dell’azienda si è concentrata anchesu Ennio Finzi, Alberto Biasi e i rappresentantifranco-argentini del G.R.A.V., esponenti di duemovimenti particolarmente importanti nelpanorama dell’arte contemporanea, come lospazialismo e il cinetismo-arte programmata,che si distinguono per il formidabile collegamentocon la cultura industriale e il design.

Inoltre, bisogna ricordare il contributo chel’impresa veneta dà per la realizzazione diimportanti mostre di rilevanza internazionale,riscuotendo sempre enormi successi e conseguendoun reale salto di qualità nell’impegno del patrociniodi iniziative artistiche.

Il primo esempio di questo nuovo approccio al mondo dell’arte avviene nel 1998, anno in cuiEuromobil, Zalf e Désirée patrocinano due suggestivipercorsi nella pittura tra Ottocento e Novecento: nel Palazzo Sarcinelli di Conegliano viene allestitauna mostra dedicata al paesaggio italiano intitolata“Da Fattori a Burri”, mentre nella Casa dei Carraresi,a Treviso, viene ospitata l’esposizione “Da Van Gogh a Bacon”. Eventi che daranno seguito a iniziativesempre di maggior successo curate da Marco Goldinper le città di Treviso e di Brescia.

Il Gruppo veneto si distingue per la continua eattenta promozione editoriale e produzione inproprio di volumi, cataloghi, monografie, calendarie grafiche d’autore che hanno avuto la doppiavalenza di rappresentare un affiancamentoscientifico alle varie mostre e in altri casiun’iniziativa autonoma. Infatti Euromobil realizzapreziose grafiche d’autore con una tiratura limitata,per poter condividere con i propri clienti e amici lapassione per l’arte e dedicando, fin dal 1980, uncalendario personalizzato con la firma di un pittoreo di uno scultore contemporaneo. L’azienda non si èlimitata al campo delle arti visive ma haesplorato anche i settori del teatro e della poesia,in particolare, con Pier Paolo Pasolini e il poeta

Andrea Zanzotto. Di Pasolini ha curato l’esposizionedell’opera pittorica e la rappresentazione deldramma Orgia. Del grande poeta veneto, invece,ha realizzato alcuni CD che hanno contribuito adiffondere le preziose liriche e la delicatezzalinguistica di questo autore la cui notorietà hasuperato anche i confini nazionali. Il Gruppo nonha trascurato neppure una “visita” nel mondomusicale, con il sostegno ai solisti veneti, musicistiche portano la bandiera del Made in Italy in tuttaEuropa, negli Stati Uniti e in Giappone.

I paragrafi che seguono descrivono alcuni deglieventi che per successo di pubblico e critica hannolasciato il segno nella storia culturale del nostroPaese e hanno dimostrato l’importanzadell’intervento di una realtà industriale persostenere la cultura e l’arte.

Lo ribadiamo, si tratta di un insieme di relazioniche inizia da un’autentica passione dei titolari delGruppo per l’arte e da uno stupore e una sorta dipredisposizione per tutto ciò che riguardal’espressione artistica. Si crea così una sequenza divisite nello studio, di incontri, di chiacchierate, diragionamenti sulla pittura, di mostre, di iniziativesempre nuove; e col tempo gli artisti, dainterlocutori, diventano amici.

Mauro Pecchenino

I fratelli Lucchetta il giornodell’inaugurazionedella mostra “VanGogh. Disegni edipinti”, Museo diSanta Giulia, Brescia,ottobre 2008.

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Gli artisti

In questo capitolo, il cui testo introduttivo è diDino Marangon, si è scelto di privilegiare alcuniincontri diretti con gli artisti (non tutti, proprio per lavolontà di evitare un mero catalogo ed elencazione),allo scopo di registrare dalla loro viva voce opinioni,commenti e sensazioni sulle origini e la realtà attualedel loro rapporto con il Gruppo Euromobil e i fratelliLucchetta. È evidente che ciascun paragrafo risultadiverso dall’altro perché ogni artista esprimela propria originalità di stile e di comunicazione.

Al di là delle opere e degli artisti avvicinati nellesedi canoniche dei musei e delle gallerie, oltre agliacquisti magari filtrati dal consiglio dei critici,vi sono maestri che si possono definire “dei fratelliLucchetta”: in quanto più direttamente incontrati,conosciuti e frequentati.

Ciò che consente ai fratelli Lucchetta diinstaurare rapporti veri e duraturi è la grandefranchezza che, superando ogni inutile convenevolo,ha permesso loro di affinare un buon occhio e dialimentare una spiccata attitudine intuitiva.

Hanno così potuto inoltrarsi lungo un camminodi continua crescita, a partire dai primi incontri congli artisti conterranei, per poi, ben presto, allargarelo sguardo in campo nazionale e internazionale.

Eccoli allora, soltanto per fare qualche nome,conoscere e apprezzare non solo l’intenso impetoespressivo dell’opera, ma anche la raffinata culturadi Giuseppe Zigaina, avere grande stima dellatagliente humanitas di Saverio Barbaro, aprirsi allafelice e sempre rinnovata inventività di RiccardoLicata, tenere in alta considerazione la sapienza,frutto di una vastissima esperienza non soloartistica, ma di vita, di Paolo Patelli, confrontarsicon le multiformi risorse dell’inesauribile intuitoprogettuale e organizzativo di Fabrizio Plessi, o,ancora, giocare con l’ironia e la straordinariaintelligenza critica e autocritica di Ennio Finzi.

Ma basta un viaggio all’estero ad aprire nuoveprospettive, a fornire l’occasione di nuovi incontri:

ecco, ad esempio la frequentazione e l’amicizia conun pittore colto e raffinato come il franco-latino-americano Vicente Pimentel.

Ma si potrebbe continuare con tutta una serie dialtri nomi: da Alessandro Verdi ad Attilio Forgioli,da Mario Raciti a Piero Ruggeri, da Gino Silvestri aGiorgio Celiberti, ad Alberto Biasi, a Claudio Verna,a Giorgio Olivieri, da Horacio Garcia Rossi aFrancisco Sobrino, a Julio Le Parc.

Un particolare rapporto di reciproca stimae di affetto ha inoltre legato i fratelli Lucchetta aun pittore di grandi qualità immaginative, chesempre più viene riconosciuto dalla critica e dalvasto pubblico, come Carmelo Zotti: un legame che,anche dopo la scomparsa dell’artista, ha spintoAntonio, Gaspare, Giancarlo e Fiorenzo a farsipromotori della difficile impresa del catalogogenerale della sua opera pittorica, a testimonianzadi una fedeltà che veramente non conosce ostacoli.

In ogni caso, tutte queste significativefrequentazioni hanno permesso ai fratelli Lucchettadi ampliare continuamente le rispettive collezioni,alle quali si sentono personalmente legati e che nonsolo ornano le pareti delle loro case, ma trovanospazio anche nei locali delle loro aziende e, anzi, intalune occasioni, si sono spinti a premiare i propricollaboratori più bravi e fedeli, cercando diavvicinare anch’essi al meraviglioso mondo dellearti, facendo loro dono di preziose opere originali.

C’è infatti in Antonio, Gaspare, Giancarlo eFiorenzo non solo la consapevolezza della grandericchezza di valori umani che sempre sorreggequalsiasi personalità veramente creativa, anchequella in apparenza più schiva e scontrosa, mala convinzione che l’arte, come dimensione capacedi portare una ventata di libertà e fantasia,di aprire sempre nuovi spazi, sia indispensabilea rendere praticabile con sempre nuove energieil sempre più arduo e difficile campo delleattività industriali.

Dino Marangon

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159 Un’impresa con l’arte nel cuore

Gli artisti del territorio

Il primo grande connubio tra Euromobil e l’arteha come protagonisti alcuni pittori: Gianni Ambrogio,Lino Dinetto, Luigi Rincicotti, Ottorino Stefani,Carmelo Zotti, che vengono battezzati “i cinque”.

Tutti attivi nel territorio di Treviso ma diversiper storia personale, mondo poetico e prassistilistica, sono comunque già noti a un ampiopubblico di persone.

All’inizio del 1987 Euromobil e Zalf, conquistatidal talento di questi artisti, organizzano un ciclodi mostre a Treviso, Venezia, Roma e Parigi pervalorizzare l’impegno dei “cinque trevigiani” nellaloro piena attività espressiva.

Il 12 aprile 1987 viene inaugurata a Veneziala prima mostra collettiva organizzata conil patrocinio del Gruppo Euromobil.

La magnifica sala quattrocentesca della ScuolaGrande di San Giovanni Evangelista ha fattoda cornice all’esposizione “Opere pittoriche recenti”del sodalizio dei “cinque”.

1987. Hotel Cipriani,Asolo (Treviso),presentazione dellamostra collettiva dei “cinque”: dasinistra AntonioLucchetta, il poetaAndrea Zanzotto, Lino Dinetto, OttorinoStefani, GaspareLucchetta, GianniAmbrogio, LuigiRincicotti, GiancarloLucchetta, CarmeloZotti e il galleristaGuido Borgo.

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L’incantevole spazio messo a disposizionedall’Assessorato alla Cultura della Regione Venetoconserva ancora opere pittoriche di notevoleinteresse come gli affreschi dell’Angeli, di Palmail Giovane, del Marieschi, del Tiepolo;indubbiamente, il contrasto tra questi capolavoriantichi e le opere moderne dei cinque artistiprovoca una suggestione molto intensa per tuttigli spettatori.

L’allestimento della mostra è curatodall’architetto Roberto Gobbo con l’intento di dareal visitatore la sensazione di muoversi in un luogodi produzione più che di esposizione, quasi sitrovasse nello studio di un pittore. I quadri, infatti,sono distribuiti su pannelli disposti in modoflessibile per consentire di effettuare percorsiindividuali e di cogliere, con un solo sguardo, ilsenso unitario della ricerca di ciascun artista.Questa esposizione promuove il talento di alcunipittori giunti alla maturità della propria carrieraartistica. Ma la sua maggiore rilevanza consiste

nell’essere il primo evento realizzato da Euromobil,un modello di quello che sarà lo stile degliinterventi successivi.

Nel corso degli anni si sono infatti sviluppateiniziative sempre più articolate, in grado dievidenziare i maggiori talenti artistici del territorio,alcuni dei quali, grazie al sostegno del GruppoEuromobil, hanno raggiunto una visibilitànazionale.

Si tratta di artisti che, in ragione della lorovicinanza, hanno intessuto rapporti di stima eamicizia reciproca con i fratelli Lucchetta.

Romano Abate, Domenico Boscolo Natta, BrigitteBrand, Paolo Del Giudice, Loreto Martina,Francesco Michielin, Raffaele Rossi e FrancescoStefanini hanno contribuito a segnare le primecoordinate di un itinerario culturale che nel tempoè andato sviluppandosi ben oltre i confini regionali.

La sala rinascimentaledella Scuola Grandedi San GiovanniEvangelistaa Venezia conl’allestimento dellamostra dei “cinque”realizzatodall’architettoRoberto Gobbo. A significarel’importanzadell’evento,Euromobilarterealizzò un catalogocoordinato e scrittoda Paolo Rizzi conla prefazione diGiuseppe Mazzariol,interventi poeticiinediti di AndreaZanzotto e fotoritrattidegli artisti eseguitida Fulvio Roiter.

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Tra le numeroseiniziative volte alladiffusione dell’operadi Andolfatto, nel1999 il GruppoEuromobil dedicaall’artista bassaneseil proprio calendarioaziendale, mentre nel2001 contribuisce apubblicareun’importantemonografia con testocritico di LucianoCaramel.

161 Un’impresa con l’arte nel cuore

Natalino Andolfatto

Natalino Andolfatto ci racconta di avercominciato a scolpire il marmo giovanissimo, a soliundici anni. Non ancora maggiorenne, si trasferiscea Parigi per frequentare l’École des Beaux-Arts.Nel 1967 viene allestita la sua prima mostrapersonale alla galleria parigina Lucien Durande, ad oggi, si possono contare cinquanta personali,in musei italiani ed europei.

Finiti gli anni in Accademia, Andolfatto decidedi abbandonare le piccole dimensioni per dedicarsia opere monumentali, in rapporto con l’ambiente.Nei suoi lavori è evidente il ruolo primario del piano,come prospettiva e base ideale per trasmetterela sua creatività.

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163 Un’impresa con l’arte nel cuore

“I miei rapporti con i fratelliLucchetta sono iniziati grazieal dottor Antonio Leo, che hoconosciuto a Parigi. Egli, inuno dei nostri primi incontriquando sono tornato in Italia,mi ha presentato i quattrofratelli, in occasionedell’inaugurazione della mostradi Arte Triveneta al PalazzoCrepadona di Belluno, eventocontemporaneo alleUniversiadi invernali diBelluno del 1985, da lorosponsorizzate. Li ho sempreammirati per l’amore chehanno per l’arte e per il lavoro.Ci frequentiamo spesso e vedoaumentare sempre più il lorointeresse per l’arte, che li portaa promuovere mostre in camponazionale e internazionale.Ci troviamo ogni anno, tuttiinsieme, per la tradizionalecena degli asparagi a casa miaa Bassano, dove si parla molto del mondo che piùamiamo e che condividiamo: quello artistico,indubbiamente. Sono sempre stati molto interessati

al mio lavoro, e questo mifa immensamente piacere.Lo testimonia il fatto cheall’ingresso dello stabilimentoZalf hanno voluto che ci fosseuna mia grande scultura inmarmo greco”.

1997. NatalinoAndolfatto e Gaspare,Fiorenzo, Antonio eGiancarlo Lucchettacon la scultura inmarmo istriatoolimpico Intimità(1996).

a sinistra Episcenio, 1998marmo nero delBelgio e marmobianco Carrara

Natalino Andolfatto(Pove del Grappa,1933) entra incontatto con lascultura nellaboratorio di marmidello zio e frequentale scuole serali perscalpellini di Pove delGrappa. Dopo averlavorato sul granitoin Francia, a Parigie poi in Savoia,completa la suaformazione artisticaa Parigi, dapprimaall’École de la rueFroment e poiall’École des Beaux-Arts. Seguirannoincontri con artisti,galleristi (significativaè l’esposizione del1989 nella galleria diDenise René a Parigi)e critici d’arte comeGiuseppe Marchiorie Luciano Caramel.

a destra Personage, 1990marmo statuario di Carrara 98 x 32 x 32 cm

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Pablo Atchugarry

Siamo andati a trovare Pablo Atchugarry aLecco, dove vive e lavora in un grande capannone,un luogo industriale che è diventato un veroe proprio laboratorio per la produzione delle suesculture. Il giorno della nostra visita due blocchidi marmo alti otto metri si stagliano all’esterno,mentre all’interno vi sono tavoli da lavoro, tantie diversi attrezzi, e polvere di marmo ovunque,come è naturale che sia.

Pablo ritiene che il segreto di un artista non siatanto nell’ispirazione, ma nel lavoro continuo einstancabile sull’opera. Lavorare il marmo è lungoe faticoso. Prima di vedere il blocco prendere forma

ci vogliono mesi, e durante il processo diproduzione l’artista deve dimostrarsi paziente.Si reca in laboratorio alle sette di ogni mattinarestandovi fino alle otto di sera. Può lavorarecontemporaneamente a uno o due blocchi maquando in uno di essi comincia a intravedere laforma vi si dedica costantemente e con ancora piùenergia, fino a conquistare la forma definitiva.Pablo spiega che scolpire il marmo è un lavorolungo e faticoso, perché si procede per sottrazionealla ricerca della forma che si desidera realizzare eche il marmo ti suggerisce. Diceva Michelangelo:“la scultura è già nel blocco e lo scultore deve solosprigionarla, tirarla fuori”.

Per Pablo l’arte, la pittura e la scultura sonola sua vera vocazione, tanto che si ritiene fortunatoad avere avuto la forza di perseguirla: “Se nonavessi fatto lo scultore o il pittore, non so che cosaavrei potuto fare nella vita. Non credo sarei statobuono a fare nient’altro”.

Ci siamo poi trasferiti nell’esposizionepermanente di Atchugarry, un’ex trafileriatrasformata in un ambiente molto raccolto, dispostosu due piani. La prima scultura su cui si ferma lanostra attenzione è la Pietà, la sua prima operamonumentale realizzata negli anni 1982-1983: laproduzione di un’opera di questo tipo richiedeinfatti almeno un anno di lavoro. Il blocco dimarmo della Pietà era inizialmente di 12.000 chili, e la scultura attualmente ne pesa 3500. Il desideriodi realizzare la Pietà è sorto in omaggio aMichelangelo, per il quale lo scultore ha sempreavuto un profondo sentimento di ammirazione.

“L’artista – ci dice Pablo – non può pensare diessere il Creatore: l’artista collabora con il Creato.È importante ridimensionare l’uomo, e anchel’uomo-artista, in rapporto alla natura e al Creato.Non siamo soli, riceviamo molto dalla natura e dalmondo e il nostro compito è quello di trasformaree interpretare quello che nella natura c’è già, ma ènascosto. In questo modo è possibile testimoniare,con onestà, il periodo in cui ci troviamo a vivere”.Con questo spirito Atchugarry ha imparato atrattare i materiali più diversificati. Per un artistacome lui anche un tronco d’albero trovato sullaspiaggia può essere un materiale da interrogare edal quale scovare una forma nascosta.

Mostrandoci un lavoro, che gli è statocommissionato, ci spiega che il mecenatismo nasce

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Pablo Atchugarrynasce a Montevideo,in Uruguay, il 23agosto 1954.La prima mostrapersonale ha luogonel 1972 aMontevideo, e dueanni dopo realizza aBuenos Aires la suaprima esposizioneall’estero. Alla finedegli anni settantacompie diversi viaggidi studio in Spagna,Francia e quindi inItalia, dove nel 1978espone per la primavolta a Lecco.Dal 1989 estrinsecala sua poeticascultorea in operemonumentali, oggicollocate in diversispazi pubblici europeie latino-americani.Nel 1999 inaugura aLecco il Museo PabloAtchugarry. A Carrara,nel luglio 2002,riceve il prestigioso“PremioMichelangelo” inriconoscimento allasua carriera artistica.Nel 2003 rappresental’Uruguay allacinquantesimaedizione della BiennaleInternazionale d’Artedi Venezia con l’operaSoñando la paz. È in quell’occasioneche conoscerài fratelli Lucchetta,con i quali entreràben presto inamicizia.

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da un desiderio di partecipazione al processo diproduzione artistica. Senza un committente,neanche Michelangelo avrebbe realizzato i suoicapolavori. Specialmente in Italia, il ruolo delmecenate e del committente è fondamentale, dalmomento che lo Stato non si interessa affatto dellasituazione dei suoi artisti. Per fortuna esistonopersone che hanno grande sensibilità per l’arte eil patrimonio artistico, e che si prendono a cuore lacausa di alcuni artisti. Un buon committente èinoltre colui che sa capire lo stile di un artista,dandogli il giusto stimolo per realizzare la propriaispirazione. Specialmente le opere monumentalinascono da una richiesta esterna che, magari,coincide con il desiderio intimo dell’artista.Un’opera scultorea richiede un processo lungo ecomplesso, e può mettere alla prova anche colui chela esegue, specialmente in un mondo come il nostrodove si è abituati ad avere tutto subito. Il bloccodi marmo invece risponde lentamente agli stimolie solo nell’arco di mesi è possibile capire qualeforma stia prendendo.

Atchugarry continua dicendo: “I fratelliLucchetta sono un ottimo esempio di committentie collezionisti che sanno interessarsi eaccompagnare il processo creativo di noi artisti.Li ho conosciuti in occasione dell’inaugurazionedella Biennale di Venezia nel 2003, quando è stata

esposta la mia installazione Soñando la paz.Un amico comune, il pittore Raffaele Rossi,ha invitato i Lucchetta a presenziare alla Biennale,per metterli in contatto con me. Il nostro primoincontro è stato molto forte, poi c’è voluto tempoper maturare la prima collaborazione: sono statigli sponsor principali in occasione della mostradi Bruges, in Belgio”.

I Lucchetta si dimostrano immediatamenteentusiasti del progetto, e in quest’esposizioneinseriscono anche quattro opere di piccoledimensioni da loro acquistate e il Grande Angelo.Questo lavoro, commissionato dai quattro fratelliveneti, per formato e importanza rappresenta unadelle opere più prestigiose. Atchugarry spiega comeil loro contributo in occasione di questa mostrasia stato indispensabile: la cultura ha bisognodi un supporto economico per potersi esprimere.Alla mostra di Bruges erano presenti tutti e quattro,e per il maestro uruguayano è stato importantepoter condividere con loro quel momento,specialmente perché sono degli amici che credonofortemente nella sua arte.

Atchugarry continua: “La storia del GrandeAngelo è molto interessante e i Lucchetta si sonodimostrati degli ottimi committenti: mi hanno solodetto che desideravano un’opera da inserireall’entrata di una delle loro sedi, per il resto mihanno lasciato carta bianca; mi hanno dato unostimolo, ma poi libertà totale. Un artista ha bisognodi questa libertà e della fiducia da parte delcommittente. Solo così può fare un buon lavoro”.

“Ogni tanto capita di sentirci e di vederci, sonopersone deliziose e sinceramente ammiro la loroprofessionalità e mi piacciono molto i loro mobili,tanto che nella Fondazione che stiamo realizzandoin Uruguay, a Punta del Este, sia il museo sial’abitazione sono stati arredati con mobiliEuromobil. A questo proposito c’è un aneddotoche vorrei raccontare. Qui a Lecco tempo fa si eratrasferito uno dei miei collaboratori, così gli hocomprato una bella casetta già arredata. Ho poiscoperto che la cucina era Euromobil: un segno deldestino, dal momento che allora non conoscevoi quattro fratelli veneti”.

Per la sede dellaDésirée i fratelliLucchettacommissionano alloscultore uruguayanoun lavoro impegnativodal titolo GrandeAngelo. “La storiadell’opera è moltointeressante – spiegaAtchugarry – perchéi Lucchetta si sonodimostrati degliottimi committenti:mi hanno solo dettoche desideravanoun’opera dasistemare all’entratadi una delle loro sedi,per il resto mi hannolasciato carta bianca.Un artista ha bisognodi questa libertà edella fiducia da partedel committente”.

Il Gruppo Euromobil è stato sponsorprincipale inoccasione dellamostra di Atchugarrya Bruges, in Belgio, alGroeninge Museumnel 2006, mostra cheè stata vista da260.000 visitatori.L’azienda hacontribuito inoltre allapubblicazione di duetra le più significativemonografiedell’artista. In alto lapiù recente, curatadal critico d’arte LucaMassimo Barbero,edita nel 2007.

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167 Un’impresa con l’arte nel cuore

Saverio Barbaro

Il rapporto tra Saverio Barbaro e i fratelliLucchetta nasce in un modo piuttosto fortuito.Nel 1986 l’artista veneziano conosce il galleristaStefano Contini che l’anno successivo, tra le altreiniziative, si occupa dell’allestimento della mostra“Saverio Barbaro. 40 anni di pittura, 1947-1987”a Castel Sant’Angelo a Roma. Per questa mostraContini cerca un sostegno economico che trovapresso il Gruppo Euromobil. Barbaro rimaneall’oscuro dell’aiuto che riceve dai quattro fratelli

veneti. Solo un paio d’anni dopo, in occasione diuna cena fra amici a Treviso, uno dei fratelliLucchetta gli si avvicina dicendogli di conoscerela sua pittura e gli lascia un suo biglietto da visita,invitandolo a visitarli presso la sede di Euromobil.

“Il giorno in cui ci siamo incontrati – affermail pittore – mi hanno spiegato di amare l’arte e diessere interessati alle mie opere”, e soltantoin quell’occasione Barbaro scopre che i Lucchettalo conoscevano già per aver sostenuto il progettodella mostra di Castel Sant’Angelo.

Dopo un po’ di tempo il rapporto con Continitermina, ma con i Lucchetta nasce un’amiciziache si consolida di anno in anno.

Barbaro ha una grande stima nei confronti deiquattro fratelli: “Hanno intelligenza e capacitàprofessionale, sono molto uniti e appassionati alloro lavoro e all’arte, hanno collaborato per grandi

Tenda marocchina1988, olio su tela114 x 146 cm

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esposizioni in Italia e all’estero. Se ci fossero altriindustriali come loro l’Italia andrebbe meglio, eanche l’arte, perché offrono aiuto, agevolazioni eincoraggiamenti che il nostro governo non dà”.

Quarant’anni fa l’artista si è recato in Marocco.Ha vissuto anche in Medio Oriente e poi nel bacinodel Mediterraneo, Spagna e Turchia. Da allorail suo amore verso quei Paesi è rimasto immutato.Afferma: “Picasso sosteneva, ‘Se faccio unapasseggiata in un bosco non posso che dipingere diverde’. Mentre io posso dire, ‘Se viaggio nel desertonon posso che dipingere di ocra’ ”.

“Ho atteso molto tempo per penetrare quellacultura e per capire quei Paesi, e proprio per questoil Bacino del Mediterraneo, da Casablanca aBagdad, è dentro di me. Mi piace vivere dentro unclima, dentro le persone, restando in questi luoghiper lunghi periodi. E anche oggi che non posso piùviaggiare come allora, continuo ad affrontare nellemie tele queste tematiche. Questi popoli hannodei valori che non conosciamo. La nostra ignoranzadella cultura islamica impedisce di conoscere,amare e gioire di forme di civiltà straordinarie,rimanendone invece distaccati”.

Lungo i decenni, il lavoro di Barbaro è stato unasorta di “reportage pittorico”: attraverso le sue teleha conosciuto popoli e civiltà e ci ha tramandato

momenti, emozioni, angoli di vita di questi Paesispesso per noi troppo lontani e ignoti.

Nel mostrarci le sue opere Saverio Barbaro ciracconta di come trascorre le giornate: “D’estate nonmi alzo prestissimo… ma in ogni caso prima di serail mio lavoro è fatto. Interrompo per fare qualchepiccola passeggiata. Alla pittura alterno delle pause, e la musica riempie le ore in cui non lavoro. Lalettura mi prende il resto del tempo, mi interessanoletture contemporanee e antiche, in particolaresull’Egitto e l’antica Roma, e naturalmente quellerelative ai Paesi orientali. Sono anche appassionatodi botanica, coltivo e mi prendo cura di rose, agrumi,limoni, arance, fiori, cipressi e una cinquantina di varietà di uve da tavola.

In inverno le mie giornate sono piuttosto simili,anche se a causa del freddo è più raro che escaper fare le mie passeggiate e passo più tempoa dedicarmi alla musica e alla lettura. Dipingogeneralmente a olio ma realizzo anche disegni sucarta, a volte molto grandi.

I miei soggetti, paesaggi e figure, riguardanosempre il mondo arabo e islamico, un mondo chenoi non conosciamo per nulla, ma che se lo avviciniun poco e lo analizzi ti accorgi che si tratta di unaciviltà di grande interesse, un mondo che è statoportatore di grande civiltà anche da noi”.

Saverio Barbaronasce a Venezia nel1924. Comincia a esporre nel 1948 alla FondazioneBevilacqua La Masaa Venezia. Nel 1950ottiene il premio“Omero Soppelsa”per un giovane artistaalla XXV BiennaleInternazionale d’Artedi Venezia. Nel 1951partecipa, su invito,alla VI QuadriennaleNazionale d’Arte diRoma. Sarànuovamente invitatonel 1959.Nel 1952 una borsadi studio del governofrancese per leBeaux-Arts permetteall’artista unsoggiorno a Parigi.Invitato alla XXVIIIBiennaleInternazionale d’Artedi Venezia del 1956,ottiene il premio dellaPresidenza dellaBiennale.Nell’edizione del1958 vince il premiodella FondazioneTursi, mentre inquella del 1962 ilpremio del Rotary Club.La culturamediterranea e delMedio Oriente attraeparticolarmentel’artista che, dopoun periodo in Spagna,si reca in Marocco,Tunisia e Algeria.Questo propositolo porta a conosceree a partecipare conimpegno etico edestetico ad alcuniaspetti della culturaarabo-islamica, chetanta parte ha nellasua tematicapittorica.

a sinistraFigura, 2001olio su tela 100 x 81 cm

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Alberto Biasi

Alberto Biasi, uno dei maggiori esponenti delcinetismo optical e dell’arte programmata italiana,viene descritto da Giovanni Granzotto come“un artista dalla vulcanica versatilità, dallasensibilità istintiva e reattiva”. Le sue opere creanoinfatti nello spettatore un senso di ambiguitàe indeterminatezza spaziale. L’arte di Biasi è allaricerca costante di rappresentare l’energia comefonte di dinamismo e di una nuova percezione daoffrire allo spettatore. L’aspetto che più gli interessaè quello di creare un dialogo tra l’opera e lospettatore che, trovandosi di fronte ad essa, nonpuò fare a meno di reagire e interagire con l’operastessa. Crediamo sia interessante riportare quidi seguito un “autoritratto” che il pittore stesso ciha rilasciato: “All’incirca negli anni in cui sononato, Picasso, a chi gli chiedeva che cosa è l’arte,

Alberto Biasi (Padova,1937) è noto per avercostituito nel 1959il Gruppo N, tra leprimissime esperienzein Europa di arteprogrammata ottico-dinamica. Dopo loscioglimento delgruppo “si riscopresolista” e inizia alavorare sulle formearmoniche dai coloricangianti, abbinandoelementi lamellariin torsione e parti inmovimento reali,facendo scaturireimmagini che vivonocon chi le guardae che appaionoevocative di un mondoin continuo divenire.

a destra Apoteosi, 2006tecnica mista su tela100 x 97 x 4,5 cm

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rispondeva: ‘se lo sapessi, mi guarderei bene dalrivelarlo’ e, a sostegno della sua genialità,aggiungeva ‘io non cerco; io trovo’. Sembra proprioche a quei tempi un po’ di boria non guastasse.Non essendo altrettanto spaccone io, invece,memore del nostro ‘chi cerca trova’, ho preferito laricerca e, aiutato dalla fortuna, mi sembra non solodi aver trovato, ma anche inventato qualcosa dinuovo. Mi riferisco all’OpArt e all’ArteProgrammata di cui sono stato iniziatore negli annisessanta. In particolare mi riferisco alle mie opere‘ottico-dinamiche’, dove il movimento apparerealistico pur essendo invece un fenomenopuramente legato alla nostra umana percezionevisiva. Ultimamente, alla fine del Novecento, hoesaurito la mia ricerca sui Politipi e con l’inizio delnuovo secolo mi sono dedicato alla creazione dipitture tridimensionali su tela che, in parte,ripropongono le tematiche cinetiche delle ‘torsioni’e dei ‘politipi’, ma in forma di dittici e trittici.Appaiono come un’unica identità, ma la loro formairregolare fa intuire che sono frutto di assemblaggiodi entità diverse, spesso di misure diverse. Appuntoper la loro composizione sono sinteticamentedefinite Assemblaggi. Ultimamente mi stodedicando a un’ulteriore evoluzione di queste opere.Di alcune ho raddoppiato la visibilità, nel sensodella finitura avanti e retro e, lavorando conl’acciaio, ho realizzato un gruppo di sculture chepresto mostrerò”.

La produzione di Biasi che più ha colpitol’interesse dei fratelli Lucchetta è quella realizzataproprio in questi anni. Fin dal principio, “i quattro”hanno espresso con grande vivacità il propriointeresse e fascino davanti a queste opere,che spingono lo spettatore ad agire per coglierneil movimento.

Per quanto riguarda il loro primo incontro, ilmaestro Biasi racconta: “Non ricordo l’anno in cuiho conosciuto i fratelli Lucchetta, ma ricordoperfettamente il loro entusiasmo di fronte ai mieilavori, in un padiglione dell’Arte Fiera di Bologna.Avevo esposto i miei primi Assemblaggi, immaginopertanto che fosse il primo anno del Duemila.Furono la cordialità e la loro grande spontaneitàa conquistarmi e a farmi sentire loro amico, come selo fossi da sempre. Proprio il loro entusiasmo, unitoa quello di Giovanni Granzotto, diede impulso alrinnovamento in atto nel mio lavoro. Quell’incontro

mi fu propizio e fu un buon inizio di secolo”.Biasi racconta spesso del profondo amore che lo

lega alle proprie opere: “Io amo le mie opere, inparticolare quelle realizzate con molto lavoromanuale, e mi dispiace venderle. Non lo dico ma lolascio intuire a quanti mi chiedono di acquistarle.In effetti, a ogni richiesta o sorvolo o affermo che leopere in mostra appartengono alla mia collezioneprivata oppure m’invento delle scuse per rinviarnela disponibilità sine die. Io penso che i fratelliLucchetta, fin dall’inizio della nostra amicizia,abbiano prestato attenzione a questo mio aspettocaratteriale, tant’è che nella loro collezioneannoverano molte mie opere, senza però averlemai domandate o avute da me. So che lorole possiedono perché alcune mie opere diimportanza storica vengono da loro prestate edesposte in occasione di mie mostre antologiche.Così è capitato ad esempio in occasione delle mieesposizioni al Palazzo Ducale di Urbino, allaFondazione Majorana di Erice e recentemente nellesale dell’Ermitage di San Pietroburgo. Tutte mostreche, assieme a molte altre, come quella con JulioLe Parc alla Casa del Mantegna di Mantova o altrecon Licata a Berlino e a Bruxelles, sono state daloro sponsorizzate, consentendone laprogrammazione e permettendo l’edizione diponderosi e bellissimi cataloghi. Queste e altremostre sono state occasioni di simpatici e proficuiincontri con i fratelli Lucchetta, in particolare conGaspare che spesso con la sua Aurora mi hainaspettatamente raggiunto in occasionedi inaugurazioni in paesi lontani”.

Ultimamente il Gruppo Euromobil ha sceltol’artista padovano per realizzare il calendario 2009e dieci multipli “ottico-dinamici” in doppiaserigrafia su cartoncino e metacrilato trasparente.Al contempo è nata una stretta collaborazione conl’artista per la realizzazione di mobili di produzionedel Gruppo assemblati con il quadrato che rotola,un’inedita opera otticio-dinamica di Biasi che daràvita a un’altrettanto inedita combinazione tra artee design. Sarà la novità presente nello stand delGruppo Euromobil ad Arte Fiera di Bologna del2009, rassegna tra le più significative e importantinel panorama internazionale dell’artecontemporanea.

Oltre a dodici mostrecome Gruppo N,Alberto Biasi haallestito più dinovanta esposizionipersonali epartecipato a oltrequattrocentocinquantacollettive, fra cui laXXXII e la XLIIBiennale di Venezia,la XI Biennale di SanPaolo e la X e XIQuadriennale diRoma, ottenendonumerosi e prestigiosiriconoscimenti.Nel corso del 2006l’Ermitage, il Museodi Stato di SanPietroburgo, ha resoomaggio all’artistapadovano in quantoprecursore dellericerche cinetichein Europa. La mostra, sostenutadal Gruppo Euromobile curata da LucianoCaramel e GiovanniGranzotto, venneintitolata “AlbertoBiasi, Testimonianzedel Cinetismo e dell’Arteprogrammata in Italiae in Russia”.Nel 2009 AlbertoBiasi è nuovamenteal centro di dueiniziative Euromobil.Il nuovo anno si apreinfatti all’insegna delcinetismo: all’artistapadovano vienededicato il calendarioaziendale, mentrenegli spazi Euromobildi Art First Bologna lesue opere diventanole protagoniste diun progetto diallestimento tra i piùsignificativi e originalidegli ultimi anni.

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173 Un’impresa con l’arte nel cuore

Giorgio Celiberti

“Molti anni fa ho conosciuto i fratelli Lucchetta.Sono rimasto subito sorpreso dalla loro puntualità,organizzazione e allegria.

Queste sensazioni, nel tempo e con le successivefrequentazioni, si sono ulteriormente consolidate. Leoccasioni per stare insieme non sono così numerosecome vorrei, ma da ogni nostro incontro esco semprearricchito ed entusiasta, perché sono creativi, perchénon si fermano mai, perché continuano a sfornareidee, progetti e proposte stimolanti. Quello che lororappresentano nel lavoro e nello sport è incredibile einimmaginabile. La presenza dei Lucchetta nelmondo dell’arte per me è l’esperienza più bella esorprendente. Da competenti collezionisti e generosimecenati sono un contributo prezioso per ladivulgazione e la conoscenza dell’arte. Sono questi imotivi per cui ammiro, stimo e nutro una sinceraamicizia nei loro confronti”.

Con queste parole Giorgio Celiberti, natoa Udine nel 1929 e oggi tra i più significativie importanti artisti italiani, ha voluto renderetestimonianza del suo rapporto con i fratelliLucchetta. Ancora giovanissimo, Celiberti ha fattoil suo ingresso ufficiale sulla scena artisticainternazionale con la partecipazione alla Biennaledi Venezia del 1948, la prima del dopoguerra.Nella città lagunare ha studiato al liceo artisticoe poi ha frequentato lo studio di Emilio Vedova.Lunghe le frequentazioni con i suoi amiciCarlo Ciussi, Marco Fantoni e RomanoParmeggiani. Nell’ultimo periodo del soggiornoveneziano ha condiviso la camera-studio allapensione “Accademia” con Tancredi. Attratto comemolti della sua generazione dal clima culturale che si viveva a Parigi, negli anni cinquanta si trasferisce in Francia, dove entra in contatto con i maggiori rappresentanti della culturafigurativa d’oltralpe.

Nel 1956 una borsa di studio del MinisteroItaliano della Pubblica Istruzione gli consente disoggiornare nell’allora vivacissima Bruxelles, dove

ha modo di completare le proprie ricerche sull’arted’avanguardia.

Viaggiatore instancabile, curioso, assillatointeriormente da una febbre di novità e diconoscenza, ha soggiornato a Londra, poi negli StatiUniti, in Messico, a Cuba e in Venezuela. Da questeesperienze ed esplorazioni ha tratto un repertorio disegni, di immagini, di tecniche che ha rielaboratonegli anni successivi: un substrato di emozioni e di“materiali” culturali entrati a far parte dell’inconsciodell’artista e che continuano ad affiorare, in formediverse, nella sua attività. Nel 1965, a seguito dellavisita al lager di Terezin, vicino Praga, comincia amutare la sua pittura assimilando i segni e le brevifrasi di diario che migliaia di bambini ebreiavevano lasciato prima di essere trucidati dainazisti. A seguito di questa esperienza nasce, nellapittura di Celiberti, la serie dei Lager.

Nel 1975 i Muri antropomorfici scaturiscono dallariflessione sui reperti della necropoli di Porto,presso Fiumicino, della Roma paleocristiana,di Aquileia romana e di Cividale Longobarda.In affinità con le tematiche “archeologiche” dellapittura, nascono così le Schegge, le Stele, chericordano remote pietre tombali incise dienigmatiche iscrizioni geroglifiche, i Bassorilievi,simili a lacerti di civiltà perdute affondate in un

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passato immemorabile. Una delle opere piùsignificative è il grandioso affresco di 840 metriquadrati realizzato a Shirahama, in Giappone, sullevolte dell’Hotel Kawakju. In un magnifico eimmenso “arazzo” intessuto di lampeggianti intrichidi segni vegetali, di fiori, di farfalle, egli ha cantatocon impetuosa vena fantastica i temi della vita,dell’amore e della realtà. Il linguaggio astratto-espressionistico della pittura si carica nella sculturadi risonanze ancora più arcane e favolose.

Questi aspetti, uniti a una costante ricerca esperimentazione di materiali, spiegano l’interesse daparte dei fratelli Lucchetta verso le opere di GiorgioCeliberti, che ritengono tra le più interessanti eoriginali forme di espressione artisticacontemporanea.

a sinistra Paesaggio mentale1991, affresco 180 x 150 cm

La Stele dedicata da Giorgio Celiberti ai fratelli Lucchetta per iltrentacinquesimo del Gruppo Euromobil, 2007.

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Carlo Ciussi

I fratelli Lucchetta sono collezionisti eimportanti estimatori della ricerca pittorica delmaestro Ciussi. Il loro è un lungo e sincerorapporto di amicizia e stima reciproca che dura damolti anni. Le occasioni di incontro, di discussionee di simpatiche relazioni che pongono al centrodegli interessi non solo l’aspetto commercialedell’opera, ma soprattutto il suo valore culturalee spirituale, si verificano frequentemente. E ognivolta l’intesa tra l’artista e i suoi amici collezionistisi arricchisce di nuovi contenuti e rinnovati stimoli,concordi come sono nell’attribuire significato evalore alla pittura. Scrive infatti Ciussi,coinvolgendo nella sua riflessione i fratelliLucchetta: “Uno degli spauracchi più volte agitatinell’ambito della credibilità verso mete a voltecamuffate da una originalità che originale non è,è che è stata annunciata la morte della pittura.Noi da anni siamo contro il logorio del tempo inattesa di un linguaggio che sia al di fuori delgrigiore omologante e che tenga buon conto dipassato e futuro in un esercizio non agevole, ma disicuro appagante per valore etico e conoscitivo”.

Carlo Ciussi ha frequentato il liceo artistico

a Venezia dal 1945 al 1949 traendo profittodall’insegnamento di Deluigi e Maioli. La Biennaledel 1948, con la Sala Picasso e la retrospettiva diGino Rossi, lo avvia con entusiasmo verso il ciclodelle sperimentazioni figurative, che dura l’arcodegli anni cinquanta. Successivamente, nel periodoin cui frequenta Afro e il critico GiuseppeMarchiori, il segno pittorico diviene autonomoe ricco di matericità.

Partecipa alla Biennale del 1964 esponendocinque opere assieme a Mario Nigro: in questaoccasione supera l’impeto gestuale a favoredi una decantazione monocroma della materia.Di quegli stessi anni è anche il trasferimentodi Ciussi a Milano.

Le opere sono ora contrassegnate daquadrettature: la superficie pittorica prevedeil dispiego del modulo quadrato in ogni sorta divariazione, in una progressione aperta deglielementi. Giulio Carlo Argan e Gillo Dorfles siinteressano del suo lavoro e per Ciussi si apreanche il mercato internazionale, con esposizioni aParigi e a Zurigo. Con il 1975 inizia una nuova fase,caratterizzata dalla composizione per fasceorizzontali: la logica costruttiva verte orasul colore, disposto secondo bande che guardanoall’espressionismo astratto d’oltreoceano:a Newman, Rothko, Kelly, Stella, Reinhardt.

La sintesi che caratterizza l’ultimo decennio traeinvece spunto dalla progressiva parcellizzazione delritmo di cui si compongono gli andamenti energeticiinterni all’opera: frammenti, segni, geometrie e lineespezzate che si dispiegano oramai in tutte le loropotenzialità secondo una sensibilità cromatica e unapartitura lirica di grande leggerezza.

“Dipingere – scrive ancora Ciussi – significaverificare continuamente il patrimonio che siè storicamente accumulato; nel mio caso ilconcetto di progettazione è alla base del lavorare,non dimenticando che all’origine sta la ricercadella forma colore attraverso gli spazi, spianandola strada a una trasformazione senza fine,suggerita da tracciati che dividono posizionipassate o future, e il tutto gravita intorno a uncentro ipotetico che attrae, nel suo progresso incontinua oscillazione da uno scambio traprogrammazione e colore che riporta allo spiritolibero da ogni suggestione consumistica. Cercandodi essere nella storia”.

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Tra i più importanti e significativi artistidella sua generazione,Carlo Ciussi è nato a Udine nel 1930.Pittore, grafico e scultore, ha cominciatoa esporre nel 1953a Palazzo Barberinia Roma. Presente allaBiennale d’Arte diVenezia del 1964 enell’edizione del1986, nel 1955 e nel1972 è invitato allaQuadriennale d’ArteContemporanea diRoma. Ha collaboratocon le più importantigalleria italiane, tra lequali la GalleriaStendhal di Milano, ilCavallino di Venezia,l’Argentario di Trento,Studio La Città diVerona, la GalleriaPlurima di Udine,Fioretto ArteContemporanea diPadova, LorenzelliArte e StudioInvernizzi di Milano.Nel 1997 il CivicoMuseo Revoltella di Trieste gli hadedicatoun’antologica diopere dal 1947 al1997. La più recenteesposizionepersonale è stataallestita a Palazzo deiSette, a Orvieto, nelcorso del 2008.

Senza titolo, 2003olio su tela 150 x 90 cm

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Ennio Finzi

Ennio Finzi è uno dei maggiori rappresentantidella pittura astratta in Italia.

Le sue sperimentazioni sullo spazio e sul coloredei primi anni cinquanta lo avvicinavanosicuramente allo spazialismo di Fontana, anche se Finzi non si vuole mai accostare a un altroartista o movimento a lui precedente. Quella di Finzi è vista da alcuni come una sorta di anti-pittura, e aggiungeremo anche di anti-comunicazione, perché i suoi quadri nonvogliono trasmettere significati determinati e la sua

pittura perde ogni riferimento con la realtà.Inoltre, questa poetica del colore è strettamente

legata alla sua passione per la musica. Per Finziinfatti “il colore è uguale al suono, quando vedo uncolore non lo vedo soltanto, ma lo ascolto. Non èche io faccia un’operazione concettuale, cioè non èche io voglia vedere e ascoltare un colore. Bisognasfatare questo aspetto, nel senso che io vedoil colore nel momento in cui riesco ad ascoltarlo.Se quel colore non mi evoca in tempo realequalcosa, non riesco ad ascoltarlo e vuol dire cheil messaggio del colore io non lo recepisco. Per cui,la musica è l’elemento fondamentale della miapittura”. La pittura di Finzi contiene anche il flussojazz del ritmo sincopato e si fonda sulla ricercadell’improvvisazione, attraverso il continuosovrapporsi di tracce pittoriche, in una successionedi gesti e segni che richiamano la tecnicadell’improvvisazione musicale.

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179 Un’impresa con l’arte nel cuore

Ennio Finzi (Venezia,1931) è uno deimaggiorirappresentanti dellapittura astratta inItalia. Grazie alsostegno del GruppoEuromobil, dagli anninovanta vengonoorganizzate numerosemostre in Italia eall’estero checontribuiscono atracciare un profilocritico ampio earticolato dell’artistaveneziano. Nel 2002a Spoleto e a Romavengono allestite duegrandi antologichedal titolo “Ennio Finzi,Venezia e leavanguardie neldopoguerra”; nel2005, nelle sale delPalazzo Ducale diUrbino, GiovanniGranzotto organizzala mostra “Ennio Finzie gli Spazialisti”,mentre nel 2007 aPalazzo Reale diNapoli è la volta di“Finzi e Morandis,riscontro di duegenerazioni delloSpazialismo”.L’impegno più recenteassunto dai fratelliLucchetta risaleall’inverno 2007-2008con il successoriscosso da unamostra con la qualesi è voluto renderecontemporaneamenteomaggio a Ennio Finzie Tancredi, nelle saledel Museo di SantaCaterina a Treviso.

a sinistraDalla serie flipperparticolare, 2008 acrilico su tela 70 x 70 cm

a pagina seguenteRosso su verde (stellenei miei occhi), 1955tempera su faesite135 x 120 cm

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Un avvenimento importante nella vita artisticadi Ennio Finzi è stato l’incontro con i fratelliLucchetta, come egli stesso ci racconta: “Risalire alricordo del primo incontro, avvenuto all’incircaverso il 1990-1991, mi è estremamente difficile,perché è tale la dimensione di ciò che è diventatodopo il nostro rapporto che la memoria mi tradiscee si confonde. Devo dire che mi sembra diconoscerli da sempre, proprio loro che, di lì a poco,sarebbero diventati i ‘Magnifici Quattro’. Da allora,per me il loro contributo è stato fondamentale e ilsostegno che mi hanno offerto, sia materiale siamorale, è stato provvidenziale perché erano annibui e l’innesto di fiducia, soprattutto da parte dicolui che poi si è rivelato il portavoce degli altri trefratelli, è stato prezioso e duraturo. Sto parlando diGaspare, che pecca di fiducia nei miei confronti.Egli sostiene, forse a ragione, che anche l’arte è unprodotto, e se non viene valorizzata nel modogiusto rimane patrimonio solo per chi lo produce.Certo, il quadro io lo faccio solo per mio piacere,ma sarebbe malinconico, in ultima analisi, serimanesse ricchezza solo ed esclusivamente mia

e non avesse anche la gratificazione degli altri”. Un tema che per lunghi anni è stato affrontato

e sviluppato da Finzi è quello della percezionevisiva. Negli anni cinquanta, per esempio, Stellenei miei occhi (che fu esposto nel 1986 alla Biennaleveneziana) anticipava la ricerca pittoricanell’ambito del cinevisualismo, non solo italianoma internazionale. Il fascino per le nuovetecnologie (come il neon) ha poi indotto la pitturadi Finzi a orientarsi verso complessi formali semprepiù geometrici e lineari che corrispondevano, neglianni sessanta e settanta, ai costrutti dell’arteprogrammata.

Ed è proprio questa ricerca che affascina eincuriosisce i Lucchetta. Anche se il loro incontroavviene negli anni novanta – periodo in cui lapittura di Finzi raggiunge esiti ancora una voltanuovi e sorprendenti – già dieci anni primaqualcuno aveva parlato a Finzi dei quattro fratelli.Il feeling tra di loro è immediato. I Lucchetta sirecano nello studio di Finzi e cominciano aguardare con curiosità, ciascuno col proprio gustopersonale, i quadri dell’artista, scegliendo i pezziche preferiscono. Continua Finzi: “Rimaneindelebile nella mia memoria la prima volta che iLucchetta vennero nel mio studio di Mestre e perme quel giorno rimane eccezionale, non essendoabituato ad avere quattro acquirenti in un colposolo. La scena è divertente: io tirai fuori i quadridagli scaffali impolverati, loro sparsi per lo studioincominciarono a scegliere quelli che preferivano.A quel punto non capivo più niente, mentre loroerano divertiti e determinati a sceglierli. Alla seraero completamente distrutto, incredulo, ma perla prima volta mi sentivo perfino importante:in fin dei conti avevo addirittura quattro acquirentiin carne e ossa. E tutti nello stesso momento”.

Negli anni cinquanta Ennio Finzi emergegiovanissimo tracoloro che sipronunciano a favoredi un indirizzopittorico astratto. Nel1956 tiene la suaprima personale allaFondazioneBevilacqua diVenezia, dividendo glispazi espositivi conTancredi e SaverioRampin; in seguitoesporrà alla galleriaSchneider di Roma,alla Numero diFirenze e, nel 1958,all’Apollinaire diMilano dove conoscee frequenta LucioFontana.Ha partecipato, su invito, nel 1959 e nel 2000 allaQuadriennale di Romae nel 1986 alla XLIIBiennale d’Arte diVenezia.

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181 Un’impresa con l’arte nel cuore

Attilio Forgioli

L’attività artistica di Attilio Forgioli (Salò, 1933)si svolge a Milano, a Brera, il famoso quartiere degliartisti. Ogni giorno lascia il suo studio al calar delsole, quando la luce atmosferica non è più sufficienteper dipingere. Appoggiate alle pareti ci sono moltetele, alcune finite, altre da completare. Forgioli cispiega che ha da poco cambiato metodo di lavoro,non si concentra più solo su un’opera finché non è

Frutti, 2004, olio sutela, 60 x 70 cm

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183 Un’impresa con l’arte nel cuore

completata, ma inizia con l’abbozzarne più di una,per tornarci a lavorare più tardi. Sul cavalletto delpittore c’è una tela che rappresenta un grandemelograno, di cui il maestro è soddisfatto, per irapporti d’equilibrio fra toni caldi e freddi. Ci mostramolte tele, facendoci notare dove si crea la giustatensione tra i colori e dove invece la tela manca didinamicità. Piano piano comprendiamo la ricerca diForgioli: vuole trovare l’accostamento di coloreperfetto, la combinazione capace di creare la giustatensione e il giusto movimento, che possano renderel’opera dinamica e coinvolgente. Sente che in alcunetele i colori ancora non funzionano bene, sono ancoramuti e silenziosi, mentre in altre vede già accaderequalcosa. Si ferma compiaciuto su alcuni dipinti chegli trasmettono “freschezza”, come quello in cuicompaiono le sfere di cobalto che spiccano dalpaesaggio e dove toni caldi e freddi offrono il giustocontrasto. Non sono tele naturalistiche, spesso infattisi concentra sugli stessi temi per diverso tempo,ripetendoli per cercare di ricavare da un datoelemento della natura suggestioni diverse, utilizzandocolori irreali come certi cobalti e certi rosa. Goldin,infatti, sostiene che Forgioli “restituisce il reale comeun’astrazione”.

L’artista ci racconta di aver conosciuto MarcoGoldin negli anni novanta, a Conegliano Veneto, ed èproprio tramite il titolare di Linea d’Ombra cheForgioli incontra i Lucchetta. “Una sera conobbi ifratelli Lucchetta a Conegliano, in occasionedell’inaugurazione, a Palazzo Sarcinelli, della mostradel pittore Sutherland. Prima con Gaspare, poi via viacon gli altri fratelli, ebbi modo di parlare del grandeartista inglese che amavo e che avevo conosciutonegli anni settanta. Rimasi sorpreso dalla curiositàattenta e intelligente verso l’opera di Sutherland.Parlammo anche del mio lavoro. Cercai di spiegareloro che parlare di pittura per me è un po’ comeparlare d’amore per Casanova. Io parlo dei colori chesto usando, del tipo di supporto sul quale coloro, deitempi di attesa dopo l’inizio di un quadro, perrealizzare quella specie di idea che rappresentaqualcosa che ho visto e voglio vedere. Fu, quella seraa Conegliano, l’inizio della nostra conoscenza ecollaborazione e mi piace il nostro modo diincontrarci, questo mettersi sullo stesso livello nelnon provare alcun timore nell’esprimersi e nellospiegare le ragioni del lavoro, dei dubbi e dello stranorapporto di amore-odio che ho per la pittura, per la

mia pittura. Dellafatica, ma anchedella gioia, cheprovo quando misembra che unmio quadro siabello. Così ilnostro incontro fuun evento, dove ioe i fratelliLucchetta nonfacemmo altro chepresentarci nelnostro formato naturale. Questo consentì diconoscerci di più sul piano umano e stabilire unrapporto di rispetto e di reciproca fiducia. Non so seil tempo che avremo a disposizione sia molto, io sonopiù vecchio di loro, ma il piacere di stare insieme,di parlare, di ridere, di parlare dei progetti futuri,vorrei che durasse a lungo”. Forgioli dice di provaremolta stima nei loro confronti: “Hanno sensibilità,dote piuttosto rara, e sanno riconoscere ciò cheè bello. Me ne accorgo quando capita di visitare unamostra insieme, o quando li vedo osservare le mieopere. Sanno riconoscere quello che vale e inoltrehanno molta fiducia nel mio lavoro. In Gaspare poiriconosco un amico e una persona forte, che saridimensionare le mie preoccupazioni. Li stimomolto, la loro opera è davvero singolare: è difficiletrovare delle aziende importanti come la loro che sipreoccupino di sponsorizzare l’arte con questacostanza”.

Con il sostegno delGruppo Euromobil, nel 2003 vieneorganizzata al Museodella Permanente diMilano la mostraantologica “AttilioForgioli (opere 1962-2002)”, a cura diFlaminio Gualdoni.Nel 2007, invece,Marco Goldin invital’artista a esporre leopere più recentinelle sale del GrandeMiglio in Castello,a Brescia. Anche perquesta occasionerisulteràfondamentale ilcontributo dei fratelliLucchetta.

a sinistraScarpa, olio su tela60 x 50 cm

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Piero Guccione

Piero Guccione è un altro di quegli artisti le cuiopere troviamo nelle esposizioni sostenute dalGruppo Euromobil, ultima in ordine di tempo lamostra che gli è stata dedicata da Marco Goldinnelle sale del Museo di Santa Giulia a Brescia trail 2007 e il 2008.

Nasce il 5 maggio del 1935 a Scicli, nella fasciasud-orientale della Sicilia, in provincia di Ragusa, apochi chilometri dal mare che affaccia sull’Africa.

La madre era di Scicli e il padre modicano,ottimo sarto, con spiccata propensione musicalecome molti artigiani di allora.

Uno dei ricordi più cari è quello legato agliavventurosi viaggi in treno, nel dopoguerra, fino aCatania dove il padre portava la famiglia adassistere alle opere, quelle più amate, che il teatroMassimo Bellini aveva ricominciato ad allestire:memorabile – per Guccione ragazzo di dodici o

Tra i più significativiartisti della suagenerazione, PieroGuccione è statoassistente di Renato Guttuso allacattedra di pitturadell’Accademia diBelle Arti di Roma,dove ha poi insegnatoda titolare. Nel 1979ha tenuto la cattedra di pitturaall’Accademia di BelleArti di Catania.Ha ripetutamentepartecipato allaBiennale di Venezia,dove è stato invitatoper la prima volta nel1966 e per la quintanel 1988, con unasala personale nelPadiglione italiano.

Agonia, 1980olio su tela 179 x 350 cm

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tredici anni – una Norma con Maria Caniglia e unGigli non più giovane, francamente inattendibilenel corpo di Pollione.

La natura sensibile del padre fu certamente unabuona alleata per Guccione contro la madre, cheavrebbe voluto a ogni costo che il figlio diventassemedico, quando in famiglia si dovette decidere ilsuo destino: abbandonare gli studi classici, del restopoco apprezzati, per dedicarsi al vero piacere didisegnare e di dipingere. In seguito a questadecisione frequentò per un anno la Scuola d’Arte diComiso (una bella e attrezzatissima scuola dove silavorava molto seriamente) e nel 1954, a Catania,completò, per così dire, gli studi artistici,diplomandosi presso l’Istituto d’Arte dove avevatrascorso tre anni, forse i più felici della sua piccolacarriera scolastica.

Roma era la città sognata, perché vi risiedevanogli artisti più ammirati, da Pirandello a Guttuso, aMafai. Fu quella, dunque, la scelta naturale. Così, inuna magnifica mattina di ottobre, insieme all’amicoLucio Schirò che lo avrebbe ospitato durante iprimi giorni nella casa di un suo zio, si ritrovò nellaCittà Eterna, senza molti punti di riferimento macon l’idea, o piuttosto, con un istinto abbastanza

chiaro di quello che voleva fare. Dei ventisette anniche seguirono – tale fu la durata del suo soggiornoromano – nonostante l’importanza e la densità dieventi e di incontri, alcuni fondamentali oaddirittura decisivi come il matrimonio e la nascitadella figlia Paola, non riesce a isolare nessunelemento da ciò che appare come un caotico grumodi vita allontanato, perduto per sempre nello spazioe nel tempo. Furono anni difficili, specialmentei primi, per la precarietà dei mezzi, ma anche peruna paralizzante timidezza che si portava dietro

Gaspare, Antonio eGiancarlo Lucchettacon Piero Guccionenel 2007 al Museo di Santa Giulia diBrescia durantel’inaugurazione dellamostra “Paesaggi.Ritratti. Quattropittori in Italia”,sostenuta dal GruppoEuromobil.

in alto Mattina di luglioa Punta Corvo, 2001-2003, olio su tela 70 x 128 cm

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e che non gli facilitava la vita. Non mancaronocomunque simpatia e amicizie con alcuni artisti econ giovani coetanei (qualcuna – comerarissimamente accade – viva ancora oggi, comequella con Franco Sarnari), qualche amore,complicato sempre dalla timidezza, e le primeillusioni disilluse e vanità mortificate, insieme alletenaci speranze (senza cognizione alcuna chedi speranza si trattasse). E tuttavia, in questo lungoe controverso percorso, oggi Guccione può dirsicerto di aver trovato più generosità che avarizia, piùbene che male nella sostanza, con un conseguentesenso di gratitudine per la sorte riservatagli.

La pittura è stata il centro, la dimensione

dominante che ha accompagnato i suoi passi.Modificandosi di volta in volta per condizionamenticulturali e persino secondo le case abitate e iluoghi frequentati. Così è stato sempre e sempredi più, nel percorso verso la maturità; maturitànon solo di anni, ma anche di mente e di cuore.

Mare di luglio1985-1987, olio sutela, 84 x 109 cm

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187 Un’impresa con l’arte nel cuore

Julio Le Parc

Indubbiamente il protagonista indiscussodel G.R.A.V. è stato Julio Le Parc, nato nel 1928in Argentina e trasferitosi nel 1958 in Francia,a Parigi, dove tuttora risiede.

L’intesa con i fratelli Lucchetta prese avvio a partiredalla riscoperta che il critico Giovanni Granzotto fecedel movimento cinetico. La rivalutazione storica ecommerciale di coloro che furono tra i protagonisti

Modulation 10582002, olio su tela60 x 60 cm

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dell’arte europea negli anni sessanta segna unmomento importante anche per Euromobil, chediviene il partner fondamentale per tutte le esposizioniche coinvolgono i componenti del G.R.A.V. Fu propriocon Giovanni Granzotto che per la prima voltaGaspare Lucchetta si recò a Parigi per conoscere LeParc. Vennero accolti nello studio che lui stesso avevaprogettato: ampio e adatto ad accogliere la suaesuberanza espressiva. Osservarono i lavori più recenti,le serie Alchimie e Modulation per poi addentrarsi inquei luoghi non per tutti accessibili, in cui l’artistafranco-argentino conserva gelosamente alcune delleopere che lo resero famoso negli anni sessanta.

Nella Biennale veneziana del 1966 Le Parcrappresentò l’Argentina e vinse il Primo PremioInternazionale della Pittura con un’opera che già neltitolo era paradigmatica di tutta la ricerca cinetica:Cerchi potenziali.

Il tema principale attorno al quale ruota il lavorodi Le Parc consiste infatti nel creare opere in gradodi attrarre a sé lo spettatore, di considerare il fruitorepartecipante attivo della creazione artistica. In chemodo? Ce lo spiega Giovanni Granzotto: “Dapprimainteragendo con strutture sensibili, con elementisospesi nel vuoto, con moduli geometrici che sonopercorsi da un movimento meccanico, costante osaltuario.

In seguito proiettando sulla superficie dipintal’immagine compiuta di una illusoriatridimensionalità. In entrambi i casi le formetransitano visivamente nel campo d’azione dellospettatore e mutano in una progressione di sequenzeplastiche e luministiche che affascinanoe sorprendono”.

L’entusiasmo dei fratelli veneti neiconfronti dell’artista è tale che già il 18dicembre 2002 il nome del GruppoEuromobil compare tra i principalisponsor della mostra allestita a Romapresso San Salvatore in Lauro: “Julio LeParc, Horacio Garcia Rossi, HugoDemarco e altre testimonianze delcinetismo in Francia e in Italia”. Di lì apoco, nell’estate del 2003, le suggestivesale del Palazzo Ducale di Urbinoospiteranno la mostra “Julio Le Parc, ilCinetismo, attualità e storia aconfronto”, con interventi critici diGiovanni Granzotto e Luciano Caramel.

Tra i protagonisti del cinetismointernazionale, Julio Le Parc, insiemea Horacio GarciaRossi, HugoDemarco, FranciscoSobrino, Joel Stein,François Morellet eYvaral, fonda a Parigi,nel 1960, il G.R.A.V.(Groupe deRecherche d’ArtVisuel). Il GruppoEuromobil hapartecipato comemain sponsor allarealizzazione di alcunitra i più significativieventi artistici chehanno vistoprotagonista Julio Le Parc, comel’esposizione del2003 al PalazzoDucale di Urbino.

a sinistra Modulation 9481987, tecnica mistasu tela, 97 x 130 cm

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Riccardo Licata

Riccardo Licata è uno dei casi più interessantidell’arte italiana. La sua formazione è avvenutaa Venezia, dove giunse giovanissimo perintraprendere gli studi all’Accademia di Belle Arti edove ancora oggi vive, alternando lunghi periodi disoggiorno nella sua casa di Parigi, città nella quale,nel 1957, venne chiamato come assistente diSeverini all’École Italienne d’Art per poi diventareprofessore dell’Atelier Italien de Mosaïque allaÉcole Nationale Supérieure des Beaux-Arts.

Sino a quel momento Licata partecipaattivamente alla vita artistica della sua città,manifestando una grande versatilità creativa che locondurrà a sperimentare e diversificare le tecnichepittoriche tradizionali assieme al mosaico,all’incisione, all’arazzo e alla lavorazione del vetro.

La ricerca di un segno grafico e pittoricooriginale e privo di connotazioni figurative lo hacondotto giovanissimo a manifestare il proprio

interesse per l’arte astratta, divenendo, nel volgeredi pochi anni, uno degli artisti più richiesti dalmercato e stimati dalla critica. Le suepartecipazioni alle Biennali d’Arte di Venezia,iniziate nel 1952 e proseguite complessivamenteper sette edizioni, lo affacciarono sulla scenadell’arte internazionale guadagnandogli da subitoampi consensi.

Del suo modo assai personale di dipingere ebbea scrivere: “I miei studi e le mie esperienze mihanno portato a concepire l’arte in una formapersonale. Cerco di dipingere la vita come sescrivessi il mio diario: tutto ciò cheintellettualmente e sensorialmente m’interessa lotraduco nella mia pittura. Penso di essere un pittoredella realtà e della verità perché ciascuno dei mieisegni o colori o spazi è relativo a un impulsodettato da un preciso avvenimento, pensiero,sensazione, emozione o musica”.

Ha conosciuto i fratelli Lucchetta attraversola mediazione di Giovanni Granzotto, che da alcunianni segue l’attività espositiva dell’artistaorganizzando mostre di rilievo nazionale einternazionale, grazie anche al supporto del GruppoEuromobil. I Lucchetta conoscevano il lavorodi Licata da molto tempo, senza però che vi fosseuna relazione diretta con l’artista. La prima vera

Riccardo Licata(Torino, 1929) hapartecipato alle piùimportantimanifestazioniartistiche nazionali einternazionali, tra cuila Biennale d’Arte diVenezia nel 1952,1954, 1956 (con salapersonale), 1958,1964, 1966, 1970 e1972, la Quadriennaled’Arte di Roma, laTriennale di Milano,la Biennale di SanPaolo del Brasile,di Tokyo, Alessandriad’Egitto, Lubianae di Parigi. Nell’immagine afianco l’artista ritrattonello studioveneziano.

a destraSenza titolo, 1989tempera all’uovosu carta spagnola100 x 95 cm

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occasione di stabilire un rapporto di fiduciae collaborazione si presentò nel 2000, quandoEuromobil contribuì a sostenere il progetto di unamostra che poneva a confronto l’astrazione diEnnio Finzi con quella di Riccardo Licata nelle sedidel Castello Cinquecentesco dell’Aquila e poi diVilla Pisani a Stra di Venezia. In seguito sisvilupparono ulteriori e sempre entusiastici progetticomuni, sino a quando nel 2007 i Lucchettadecisero di dedicare a Licata il calendario aziendale.La scelta delle immagini e della copertina avvennein totale sintonia con l’artista, che ricorda la facilitànell’intendersi con i Lucchetta: “Arrivarono aVenezia nel pomeriggio e in brevissimo tempoconcordammo la scelta delle opere. Si trattava diun album di acquerelli degli anni ottanta e novanta,da cui ne scegliemmo sette. Nel loro agire ho potutonotare una grande determinazione e una formaillimitata di rispetto verso il mio lavoro: nonavrebbero disposto alcuna autorizzazione allastampa senza la mia approvazione, chenaturalmente ebbero subito. La considerazioneper l’altro e il rispetto del lavoro sonocomportamenti e modi di essere che reputo

fondamentali nella vita,anche in quella di unpittore.

La costanza e ladeterminazione mi sonoservite sin da quando,giovanissimo, ho volutotenacementeintraprendere questomestiere, nonostante nonavessi ricevutol’approvazione di miopadre. Ho semprelavorato molto econtinuo ancora oggia farlo, con la stessapassione e lo stessoamore che avevo untempo. È importante,direi fondamentale per lamia vita, poter dipingeree disegnare di continuo.Ancora oggi portosempre con me i taccuinida viaggio che mi

accompagnano dovunque e che mi permettonodi colmare questo mio bisogno irrefrenabile di darecorpo ai miei pensieri, di registrare gli eventi dellaquotidianità e le emozioni scaturite dalla natura.

Anche il rispetto per la mia attività che i fratelliLucchetta hanno mostrato di avere, è una modalitàdello spirito che è significativamente importantenella vita e verso tutti i lavori, anche e soprattuttonell’ambito dell’arte.

Difatti la vita di un pittore è una scelta morale,nel senso della purezza, della convinzione, della perseveranza stilistica, della probitàprofessionale, del tendere a un’interiorità piùprofonda, nel senso di un lavoro dello spirito, di un’autentica missione culturale (al di fuori peròdella religione) e dell’impegno dell’individuo neidomini del pensiero e nei suoi rapporti con la società. La vita del pittore è difficile, ci vuolemolta tenacia e molto coraggio per lottare e pertenere, ma la libertà, la sincerità, l’autenticità, la generosità, la possibilità di esprimersi e lacreazione danno al pittore il sentimento interiore di un comportamento positivo”.

Confessione, 1989particolaretempera all’uovosu carta spagnola 95 x 95 cm

Dagli anni cinquantaLicata risiedeprevalentemente aParigi, dove è statoprofessore dimosaico all’ÉcoleNationale Supérieuredes Beaux-Arts, di arti plastiche allaU.E.R. della Sorbonnee di incisione allaAcadémie Goetz. Hainoltre insegnato allaScuola Internazionaledella Grafica diVenezia e all’ÉcoleAméricaned’Architecture diFontainebleau.Tra le più significativeesposizioni realizzatecon il contributo diEuromobil sono daricordare l’antologicadel 2002 alla GalleriaCivica d’ArteContemporanea diArezzo, e quella del2003 al PalazzoDucale di Urbino. L’esposizione dei suoi“Diari da Viaggio”nelle monumentalisale della BibliotecaMarciana di Veneziae della Braidensedi Milano nel 2007ha costituito unairripetibile possibilitàdi vedere laproduzione pittoricapiù riservatadell’artista. Con il sostegno delGruppo Euromobil,nell’autunno del 2008una mostraantologica ha resoomaggio all’artistaitaliano nelle sale delMuseo d’ArteModerna di Mosca.Nel corso del 2009,in occasione del suoottantesimocompleanno, sonostate programmateimportanti esposizionia Roma (PalazzoVenezia), Venezia(Palazzo Ducale) eTorino (Palazzo dellaPromotrice delleBelle Arti).

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Claudio Olivieri

Claudio Olivieri rincorre una realtà fuggevole,fatta di colori soffusi, di “ombre colorate” che ditanto in tanto – come scrive lo stesso pittore –accendono la sua mente.

“È lontano il giorno in cui a Olimpia Prassitelemi fece capire che la luce non si posa sul mondoma lo rivela fondandolo; io da quel giorno, vivoquella sorgente, sempre temendone lo svanire,inseguendone il bagliore, perdendone le tracce, perpoi brancolando rinvenirle e continuare a vivere”.

La sua vita ha inizio a Roma nel 1934; poi, conla morte del padre e la guerra ormai imminente,insieme alla madre si trasferisce a Mantova, doverimane fino al compimento degli studi. “Ricordoi cinque anni della guerra come un tempolunghissimo, con estati abbaglianti e inverni gelidie interminabili, le fughe nei rifugi e le scorribandeper le campagne quasi deserte, le paure e leconfidenze con il pericolo. I ponti crollati, le pieneterribili del Po, le sirene e i lampi della contraerea,le notti cieche, i camion dei tedeschi e quel giornoin cui, sulla mia bicicletta, mi sono visto venireincontro quaranta panzer diretti verso il fronte,dove la loro mostruosa potenza si sarebbedisciolta”.

La rivelazione dell’Arte (in Olivieri ricorreil tentativo di rivelare l’essenza stessa della forma,di proiettarsi al di là del tempo e dello spazio)coincide con il trasferimento, negli anni cinquanta,a Milano, dove la cultura, lo spirito curioso,avventuroso e solidale avvolge di entusiasmo ilgiovane artista. “Dalla fine degli anni cinquanta –ricorda Claudio – mi è sembrato quasi naturalenon servirmi del riconoscibile ma cercare unulteriore e diverso orizzonte in cui il vederefondasse se stesso e la propria possibilità. Per unlungo periodo, durante gli anni sessanta, ho cercatodi lavorare con frammenti, scorie di qualchevisione, sogni, memorie, per convincermi sempredi più che l’eredità storica del Novecento e dellegenerazioni precedenti la mia si era esaurita.

Debbo aggiungere che la mia generazione ha avutoil destino, insieme alla fine della guerra, di vederela scomparsa della natura, il mutare dell’idea dicultura con i suoi supposti valori, con le ideologie,le appartenenze più o meno apparenti, e ora larinuncia a formare della Scuola, senza che nessunosappia cosa ci attende nel futuro. Forse è anche daquesto che mi deriva un’incontentabilità che a voltesi fa aggressiva e mi spinge a pormi domande a cuinon so rispondere, perché avverto che l’assurdo sipuò mutare in insensato. La speranza è che questaincontentabilità si trasformi in visione che siaancora possibile dire, che oltre la cecità c’è latrasparenza, che non ci potrà essere alcuna veraevoluzione senza rivelazione”.

I fratelli Lucchetta, nella condivisione delle scelteoperate da Marco Goldin, hanno sempre ritenutoprioritario dare voce ad artisti che si distinguesseroper la loro storia, la loro cultura e naturalmente perla qualità delle loro opere. Tra questi artisti vi èsenz’altro Claudio Olivieri che, in ragionedell’amicizia con i Lucchetta, ci racconta come ènata l’idea di allestire nel 2001 una mostra aPalazzo Sarcinelli, dal titolo: “Olivieri. Opere 1969-2000” e sostenuta dal Gruppo Euromobil:

“Durante la loro prima visita nel mio studio hosoprattutto in mente i loro sguardi, gli occhi che miguardavano e che cercavano la mia attenzione; d’untratto mi sono sentito dire: ‘a noi non bastano unquadro o due… perché averne di più è un modo di

Esponente tra i piùsignificatividell’astrazioneanalitica, ClaudioOlivieri ha espostonelle più importantigallerie italiane(Annunciata, Milione,Lorenzelli, Poleschi,Tega e AnfiteatroArte) e in rassegnepubbliche come laBiennale di Venezia,la Quadriennale diRoma e Documentadi Kassel. Gli sonostate dedicatemostre personali nelPadiglione d’ArteContemporanea diFerrara, a PalazzoSarcinelli diConegliano, nellaCasa del Mantegna aMantova e nel GrandeMiglio in Castello aBrescia. Del suolavoro si sonointeressati i criticid’arte Guido Ballo,Flaminio Gualdoni,Walter Guadagnini,Fabrizio D’Amico,Elena Pontiggia eMarco Goldin.

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capire, di avere fiducia, non solo di possedere’.Fu così che prese corpo l’idea della mostra di

Conegliano che i fratelli Lucchetta sponsorizzarono(è brutto ma si dice così). Scelsero bene, e la mostraera costituita da molti dei dipinti che, almeno io,ritenevo migliori.

Di recente ho chiesto loro di prestare alcuni deimiei quadri per una mostra organizzata dalComune di Cittadella, e così ho potuto rivederliriuniti nel contesto di un’esposizione e in un certosenso riprendere contatto con questi lavori, con illoro senso oggi e, al tempo stesso, con la parte dellamia vita che li aveva visti nascere. È statosorprendente vedere come la loro assenza dal miosguardo li abbia come rinnovati, dandomi lasensazione che non appartenessero al passato ma

che fossero ricomparsi per aprirmi un possibilefuturo. Tutte le circostanze culturali, generalmenteintese, sembravano sparite per lasciare postosolo all’immagine.

Questo mi fa pensare che, prima o poi, potròancora contare sulla loro disponibilità. E di questovoglio ringraziarli”.

Halley, 1993 olio su tela 160 x 230 cm

a sinistra Memoriale, 1987 olio su tela 200 x 160 cm

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Paolo Patelli

Paolo Patelli lavora in un grande studio ricavatoall’interno di una ex filanda, tra Venezia e Treviso.La sua storia comincia nel 1962, allorché, terminatigli studi in chimica e farmacia, approda daautodidatta alla pittura con una prima mostrapersonale in una galleria di Padova. Già dagli annicinquanta sono frequenti i suoi viaggi all’estero– in particolare a Parigi, Londra e New York – percogliere gli impulsi più interessanti di un modoartistico allora ancora poco noto in Italia.

Nel 1973, in un periodo in cui la pittura era postaai margini, Patelli è incluso nella mostra “FarePittura” al Museo di Bassano insieme a RodolfoAricò, Claudio Olivieri e Claudio Verna, chediverranno amici per la vita e con lui protagonisti diquell’indagine sul colore rarefatto e il segnodiminuito che prenderà il nome di “pittura analitica”.

Oppostosi a ogni forma di coinvolgimentosettario e lontano da concezioni ideologiche tali da

poter vincolare la sua libertà d’espressione, Patelliha percorso una strada di “solitarie stravaganze”, incui “lo Zen, il jazz e l’amore per la vita, la natura,l’arte in un’accezione atemporale” divennero le“uniche realtà meritevoli di attenzione”.

“La mia biografia – ci racconta l’artista –coincide troppo con la mia opera pittorica peressere narrata altrimenti che con un interminabileelenco di accadimenti, sentimenti, esperienzedi ogni tipo, alcune grandi o tragiche, ma perlo più piccolissime. Un’autobiografia così è inutilese c’è l’opera, perché io spero che tutto, o molto,sia in essa. Scuole, università, musei, maestri sonogli stessi per tutti, contano molto poco. Posso direche ho sempre privilegiato l’isolamento, e chedipingo quotidianamente”.

Paolo Patelli ha conosciuto i fratelli Lucchettaalcuni anni fa grazie a Carmelo Zotti. Ecco comericorda quel momento: “I rapporti umani possonoessere molto semplici, o molto complicati: tuttodipende da certi codici, o dalla presenza diuna certa scintilla.

Il mio primo importante contatto con i fratelliLucchetta fu una cosa così, molto chiara e perme molto intensa. Tramite il mio grande, generosoamico Zotti conoscevo quasi solo Gaspare,e più volte avevo parlato di arte con lui (chesicuramente sapeva già tutto di me).

Passò parecchio tempo e un giorno chiesero divenire nel mio studio; arrivarono tutti e quattro,come mi sembra avvenga ogni volta che conta.

Io avevo tratto dagli scaffali molti quadri, troppisicuramente, forse troppo grandi e di periodidiversi. Nel mio studio c’era una confusionediabolica: quadri per terra, quadri sulle pareti,disegni e carte sui tavoli, libri sul pavimento. Iostavo troppo zitto, i fratelli si guardavano attornostupiti e l’aria era molto ferma. Poi d’un trattoGaspare tolse dallo scaffale una piccola tela del1962, della mia prima mostra, e disse che gliricordava Afro e, lusingandomi, azzardò che forsenon era meno bella. Allora spiegai amicizie,contatti e rapporti di quegli anni, e subito tuttofu chiaro e quella certa scintilla si accese:mi chiesero di poter esplorare lo studio e in unattimo ciascuno scopriva i pezzi più belli (perchéhanno occhio, i fratelli) ed eravamo amici, non piùcollezionisti e pittore. E tali siamo rimasti. Io holavorato per mostre, galleristi, critici importanti, e

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Paolo Patelli(Abbazia, 1934)ha esposto nelleprincipali sediespositive nazionalie internazionali:quattordici volteall’Arte Fiera diBologna, nove voltea quella di Basilea,sette volte alla FIACdi Parigi, sette allaKunstmesse diColonia, due volteall’Arco di Madrid,e a Düsseldorf. E poialle fiere di Milano,Torino, Stoccolma,Berlino, Francoforte,Zurigo, Amsterdam,Bruxelles, Firenzee Losanna. Ha insegnato peralcuni anni pitturaall’Accademia diBelle Arti di Veneziae ha avuto un incaricocome docente distoria dell’artecontemporaneaall’Università Ca’Foscari di Venezia.

Studio per un mese2007, acrilico sucarta, 70 x 50 cm

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sono stato anche per anni dimenticato da tutti: manon ho mai avuto dietro di me questa stima, questoappoggio, questa continua spinta a darmi da fareanche fuori dallo studio. E non ho mai lavoratocosì tanto e così bene come da allora”.

Il rapporto con i fratelli Lucchetta ha resopossibile la realizzazione di una mostra antologica alMuseo Revoltella di Trieste nel 2004, accompagnatada una straordinaria monografia curata da DinoMarangon, con uno scritto di Fabrizio D’Amico, in cui

sono pubblicate, in un trascorrere inverso, le opere,dalle più recenti sino al 1961.

Per il trentacinquesimo anniversario del GruppoEuromobil i fratelli Lucchetta, come segno digratitudine e di stima verso i propri dipendentie collaboratori di più lungo corso, hanno regalatoa ciascuno di essi un’opera di Paolo Patelli,realizzando inoltre un volume intitolato Cartee dedicando all’artista il calendario aziendale perl’anno 2008.

Settembre, 2007acrilico su carta 70 x 50 cm

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199 Un’impresa con l’arte nel cuore

Fabrizio Plessi

L’arte è da sempre una via forte, diretta, a volteonirica di interpretazione della realtà che circondal’uomo. L’artista del XXI secolo si trova davantia un mondo fatto di avanguardia tecnologica, eradigitale, velocità e simultaneità.

La necessità di utilizzare nuovi strumentidi comunicazione e di interpretare in modo nuovogli stimoli provenienti dalla realtà circostante hacondotto alla creazione di nuovi spazi e nuovemodalità di fruire e realizzare l’arte. Le installazionisono un esempio di questo nuovo linguaggio.Gli artisti contemporanei non realizzano più lavorisingoli e chiusi in se stessi ma opere multiple, opereaperte, opere multimediali e complesse che cercano di

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stimolare in modo più vario e immediato i sensi e le emozioni degli spettatori. Non è più un’arte soloda contemplare, ma da interagire e da condividere in tempo reale.

Fabrizio Plessi è uno dei maggiori esponentidi questo tipo di arte contemporanea.

L’espressione artistica preferita da Plessi è quella delle video-installazioni, opere che lo hannoconsacrato come interprete straordinariodel connubio possibile tra espressione artisticae tecnologia del nostro tempo. Egli, più di altri, ha intuito la polivalenza del video, ponendo in relazione l’effetto fluido del tubo catodico agli

elementi inferiori della terra e dell’acqua. In Fabrizio Plessi Euromobil ha trovato quello

spirito contemporaneo che caratterizza l’humusdell’azienda. Meglio di chiunque altro, l’artista,emiliano di nascita ma veneziano d’adozione, incarnanelle sue opere lo spirito del terzo millennio:tecnologia avanzata e tradizione del passato. Semprealla ricerca di nuove idee e intuizioni, i fratelliLucchetta cominciano la collaborazione con Plessinel 2001 in piazza San Marco a Venezia. ConWaterFire il Gruppo Euromobil accompagna l’artistain un viaggio simbolico nei suoi elementi più cari.I due elementi opposti ma attigui, l’acqua e il fuoco,

Fabrizio Plessi(Reggio Emilia, 1940)è oggi riconosciutocome il maggiorartista internazionalenell’ambito dellavideo-installazione.La sua formazioneè avvenuta a Venezia,dapprima al liceoartistico e poiall’Accademia delleBelle Arti, dove inseguito diverràtitolare della cattedradi Pittura.La ricerca visiva,attraverso film evideotape, loimpegna sin dalla finedegli anni sessanta;sue opere vengonoesposte nelle edizionidel 1970 e 1972della Biennaleveneziana. Le suepresenze all’internodella BiennaleInternazionale d’Artesaranno molte esempre significative:nel 1986 è chiamatoa rappresentarel’Italia con l’operaBronx; di grandeimpatto visivo è Mare verticale, chenell’edizione del2005 viene collocatanell’acqua dellalaguna per 44 metridi altezza. Nel 1998la Germania loconsacra migliorartista dell’anno. Prestigiosi luoghiespositivi hanno neltempo accolto leopere di FabrizioPlessi: dal CentreGeorges Pompidou diParigi alla Rotondadella Besana aMilano, a Palazzo deiDiamanti a Ferrara, alMuseo Español deArte Contemporáneodi Madrid, al MuseumLudwig di Colonia,al KunsthistorischesMuseum di Viennasino al Guggenheimdi New York, Bilbaoe Venezia.

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sacro e profano, si mostrano in tutta la loro potenzaespressiva in uno scenario unico.

L’anno dopo, nelle austere sale delle Scuderie delQuirinale a Roma, che mai fino ad allora si eranoaperte a ospitare un artista contemporaneo, prendevita il progetto di Paradiso Inferno. In tremila metriquadrati di spazio, suddivisi in due piani, Plessi hacreato uno dei suoi esempi più alti di espressioneartistica, regalando al visitatore un’emozioneirripetibile. Si tratta di uno spazio in cui lo spettatorepuò entrare e interagire, diventare complice dell’operad’arte e trovarsi in un luogo in cui una nuova realtà èconcepita per farsi ascoltare e osservare.

I progetti di industrial design del Gruppo,

all’avanguardia nelle linee e nella scelta dei materiali,trovano in Fabrizio Plessi un partner comunicativo aloro affine, in cui l’innovazione fluisce nellatradizione. E a proposito del suo rapporto con ifratelli Lucchetta, Plessi afferma: “Quando ci siamoconosciuti, fin da subito si è stabilito tra noi unrapporto di stima e amicizia. Sono personespontanee, molto dirette e disponibili verso l’arte,sono veri appassionati. Sono anche disposti a scopriree conoscere forme artistiche diverse da quelleconsuete. La loro ‘voglia d’arte’ li porta asperimentare, cercare, e capire; e lo fanno sempresostenuti da un grande entusiasmo, lo stesso che ciunisce ormai da molti anni”.

Con il sostegno delGruppo Euromobil nel2001 Fabrizio Plessiha realizzatoWaterFire, unasuggestivainstallazione di videoche percorrono lafacciata del MuseoCorrer riflettendoalternativamentel’immagine del fuocoe quella dell’acquanella straordinariapiazza San Marcodi Venezia.

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Vicente Pimentel

Incontriamo Vicente Pimentel nella sala riunionidel Gruppo Euromobil. Fin dalle prime battute,che ci hanno portato a ricordare le reciprocheprime esperienze nella capitale francese, si èstabilita fra noi una simpatica intesa che ci ha poicondotti a parlare lungamente dell’arte italiana,partendo addirittura dal Rinascimento, con voli

pindarici su Firenze e altre parti d’Italia, per finirericordando quanto la Francia sia una nazionecapace di accogliere creatività e intelletto,provenienti da ogni parte del mondo.

L’incontro tra Pimentel e i fratelli Lucchettaavviene nel 1992. Il pittore ci narra che l’amicoGino Silvestri, da tempo, gli raccontava di quattroimprenditori veneti particolarmente appassionatid’arte. L’occasione per conoscerli si presentadurante una mostra di pittura che Pimentel tienein una grande galleria a Parigi, in cui espongonoanche Mimmo Paladino, Bruno Ceccobelli eAlighiero Boetti. Da quel momento è nata unagrande amicizia, e quando i Lucchetta vannoa Parigi a trovare Gino Silvestri non possono non

Aguas del cielo, 1989tecnica mista su tela210 x 280 cm

a destraLes reflexes del’ombre, 1981 tecnica mista sucarta, 105 x 75 cm

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fermarsi anche da Pimentel. Ci siamo fatti spiegarequali sono le linee guida della sua pittura, cheè una tecnica mista in cui vengono usati anche icolori naturali della terra. Essa rimanda alla storiadi un luogo, in particolare ai ricordi della Francia,del Veneto, di Chicago e del Texas.

Pimentel realizza macchie di colore che si leganoal concetto di memoria, trasforma sulla teladei momenti di ragionamento e di visione, attuandouna fusione tra realtà e ricordo.

Inizia a dipingere fin da bambino, e a SantoDomingo frequenta la scuola di belle arti. Inseguito, grazie a una borsa di studio rilasciatagli dalgoverno francese, si trasferisce alla scuola d’artee di architettura di Marsiglia. Dopo gli studi tornaa Santo Domingo, dove insegna per due anni allascuola di belle arti e all’università. A seguito di unaseconda borsa di studio si trasferisce nuovamentea Parigi, dove studia museologia al Louvre e prendeun diploma superiore alla scuola di belle arti.Un aspetto curioso della vita di Pimentel è che vivenel suo atelier: dorme e dipinge nello stesso luogo,e ha una vera ossessione per il proprio lavoro:si alza alle sei del mattino e passa tutta la giornataa lavorare alle sue opere.

Per il pittore dominicano, l’esperienza deiLucchetta con l’arte fa parte di una tradizione tuttaitaliana che inizia nel Rinascimento. Quando pensaal suo incontro con i quattro imprenditori, l’artistali ricorda in questo modo: “Sono persone chehanno un carattere umano notevole e sonocoinvolti sia nella creazione artistica sia nellaproduzione industriale. La loro conoscenza per me

è stata molto importante, perché è come una casafatta da quattro muri che sono i quattro fratelli,con quattro punti cardinali, quattro personalitàe una forza comune. Ho compreso che sonopersonalità diverse: in Gaspare vedo un’esistenzadinamica; in Antonio vedo la saggezza di un padre ;in Giancarlo la serenità; in Fiorenzo vedo lapazienza. E nel loro grande e ambizioso progettoindustriale è implicata la creazione artistica.

Un altro aspetto che mi ha colpito è che Gasparee gli altri hanno dimostrato l’assenza di qualsiasipregiudizio nei miei confronti: Gaspare e Antoniohanno compreso la mia persona, le mie originie il colore della mia pelle. Quello che loro hannosaputo vedere in me è la qualità delle mie operee il mio talento.

Io credo che abbiano fatto qualcosa diimportante per me. Leopardi dice che gli uominigrandi sono semplici e modesti, e che gli uominiprendono il titolo di grandi dai loro atti e dalle loroopere, e non dalle parole.

Questi uomini hanno fatto una grande industriacon fatti e semplicità”.

Vicente Pimentel(Santo Domingo,1947) nello studioparigino all’interno di “Les Frigos”.

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205 Un’impresa con l’arte nel cuore

Mario Raciti

Nato a Milano il 19 aprile 1934, Mario Racitiinizia a dipingere giovanissimo, affiancando allapittura un grande interesse per la poesia e per lostudio della musica. Si laurea in giurisprudenza, madopo due anni di pratica legale decide di dedicarsiesclusivamente alla pittura.

Partecipa al Premio San Fedele nel 1963 el’annno successivo tiene la sua prima personale allaGalleria Il Canale di Venezia. È in quest’occasioneche si creano i primi preziosi contatti: con

Marchiori, che d’ora in poi seguirà il suo lavoro, conValsecchi, prodigo di incoraggiamenti, con Modesti,Sanesi, Vivaldi. Dal 1968 al 1994 collabora con laGalleria Morone 6 di Milano, in un susseguirsi dimostre personali e partecipazioni a collettive intutta Italia. Fuori dalla nuova figurazione degli annisessanta, i suoi primi quadri hanno titoliemblematici: Faro, Giostra, Tunnel, Spiritelli, Viaggio,anche se tutta la sua produzione successiva siorienterà soprattutto intorno anuclei di ricerca significativi. Dal1969 al 1983 nascono le Presenze-Assenze, lavori in cui è ravvisabileuna progressiva rarefazionedell’immagine che si trasformasempre più in intreccio di ombrecolorate o bianche, mentre lospazio diviene il reale

Mistero, 2000tecnica mista su tela100 x 150 cm

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protagonista della tela. Intorno al 1983, lontanodalla Transavanguardia e derivati, Raciti inauguraun nuovo “ciclo”: Mitologie. Qui, il desiderio diespressione, non vincolato a una ricercaesclusivamente formale, si unisce alla fermaconvinzione che solo il segno possa esprimere il“mito”, ossia quell’immagine che agisce a livelli

inconsci e che, proprio grazie all’ambiguità,all’allusività del segno, può riemergere come veritàprofonda, come “sogno” che giunge da un “altrove”,che è quello delle profondità umane interiori.Un’interiorità che, nel caso di Raciti, èintimamente legata alla ricerca pittorica, e chetestimonia l’interrogarsi del poeta dinanzi

Mistero, 2002tecnica mista su tela70 x 100 cm

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all’insondabile mistero dell’esistenza. Numerose, in questi anni, le sue partecipazioni a

mostre collettive e, nel 1986, alla Biennale diVenezia e alla Quadriennale di Roma, mentre nel1989 allestisce una personale con quarantacinqueopere al Padiglione d’Arte contemporanea diMilano. Dal 1993 un nuovo ciclo di opere, Misteri,

prosegue e porta a più estremi risultati gli esiti delpercorso precedente. Le presenze figurali che inMitologie potevano emergere, grazie a una sorta dimemoria ancestrale, qui si caricano di una valenzainquietante, si trasformano in baluginii di luce-colore, di segni che, nel loro apparire malinconico,alludono al limite del conoscibile, al sostanzialemistero in cui è immersa la psiche umana.

Dal 1998 affianca alla pittura su tela il pastellosecco come tecnica esclusiva. Una tecnica quantomai congeniale e in sintonia con la ricerca del cicloMisteri: il pastello, infatti, consente di “sfarinare”l’immagine, allontanarla e, nel contempo, farlaaffiorare da una profondità che evoca un altrove,un ignoto nel quale essa vaga come una memoriacosì dilatata e profonda da non poter apparirecompletamente.

Del suo rapporto con i fratelli Lucchetta,avviatosi alcuni anni fa in occasione di unaimportante mostra, abbiamo chiesto a Mario Racitidi rilasciarci una breve testimonianza che diseguito riportiamo: “La prima volta che incontrai ifratelli Lucchetta fu alla mia lontana mostra aPalazzo Sarcinelli, mentore Goldin. ‘Quelli lì – miindicò Marco – se vogliono possono comprarti tuttala mostra e anche più’. Mi voltai per vedere questestrane creature ma, come in un sogno, eranoscomparse. Ma, si sa, a volte i sogni si ripetono, eio li incontrai di nuovo, i fratelli Lucchetta. Miseduceva il vederli sempre uniti, quattro, come icavalieri di un’Apocalisse buona, sorridenti, positivi,voler vivere con l’arte, felici dei contatti con gliartisti. Vivere un’avventura diversa, in questomondo difficile e fascinoso, mettendo a parte, masenza trascurarne le possibilità aziendali, la loroirreprensibilità di lavoratori.

E così l’azienda riluceva del bello dell’artegemellata al prodotto, e così i nostri procedevanosempre più arditamente, avvicinandosi dal museoal contemporaneo, dalle vedute alla cultura delprofondo. Un rischio e un ardire che li haavvicinati sempre più agli artisti, che cercano erischiano fino in fondo, loro, i quattro Lucchetta, inun mondo che va da tutt’altra parte, spavaldamentemoschettieri del bello”.

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Horacio Garcia Rossi

Un altro dei protagonisti del cinetismointernazionale è Horacio Garcia Rossi, unodei fondatori del movimento G.R.A.V.

Profondamente affascinato dalle possibilitàcreative ed emotive del colore, soprattutto inrelazione alla luce, l’artista argentino parla del suoperiodo come membro fondatore del G.R.A.V. comedi un momento decisivo della sua carriera.Un’epoca importante che è durata nove anni, dal1960 al 1968: “Demarco, Sobrino, Le Parc e ioavevamo studiato con professori molto accademici;però poi, per ideologia o per bisogno personale,

Nato nel 1929 aBuenos Aires, nel1959 Garcia Rossi sistabilisce a Parigi,dove l’annosuccessivo è co-fondatore del Centrede Recherche d’ArtVisuel e in seguitodel G.R.A.V. (Groupede Recherche d’ArtVisuel), il piùimportantemovimento d’artecineticainternazionale.

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avevamo cominciato unaricerca strutturata, fattadi nature morte e paesaggigeometrizzati, e dopo abbiamosubito l’influenza delcostruttivismo e dellaBauhauas”. La ricerca attualedi Garcia Rossi si concentrasempre su un’arte geometricamolto astratta, che cerca direndere sulla tela la sensazionedella luce. Il maestro è attrattoin particolare dalla luce dellalampadina: luce in movimentoe in scorrimento.

Negli anni sessanta siconcentra sulla luce elettrica,mentre ora si sta interessandoanche della luce al neon.

Garcia Rossi racconta diaver conosciuto i Lucchetta nel 2002 grazie alcritico Giovanni Granzotto, in occasione di unamostra organizzata a Roma. Horacio ricorda inparticolare un pranzo in cui “abbiamo

Dopo l’approccio piùsperimentale degli annisessanta, in cui leopere possono esseremanipolate dalpubblico, la ricercacinetica di Garcia Rossiprocede seguendo unindirizzo pittorico diambiguità e diinstabilità visiva,soffermandosi sullaproblematica delcolore-luce.

a destra Couleur lumière (encage), 1993, acrilico sutela, 200 x 200 cm

in basso a sinistraCouleur lumière 211994, acrilico su tela120 x 120 cm

in basso a destaParis 7, 2007, acrilicosu tela, 80 x 80 cm

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chiacchierato e scherzato e poi con moltarisolutezza programmato un piano di mostre”.L’entusiasmo dei fratelli veneti nei confrontidell’artista è infatti tale che, già il 18 dicembre2002, il nome del Gruppo Euromobil compare tra iprincipali sponsor della mostra allestita a Roma,presso San Salvatore in Lauro: Julio Le Parc,Horacio Garcia Rossi, Hugo Demarco e altretestimonianze del cinetismo in Francia e in Italia.

Diverse mostre monografiche si sono poirealizzate dal 2003 al 2008, periodo nel quale ilGruppo Euromobil si è impegnato a sostenere bennove personali del maestro franco-argentino traMilano, Lubiana, Venezia, Urbino, Cervia, Cosenza,Palermo, Roma e San Pietroburgo.

Horacio Garcia Rossi trova molto interessante ildialogo con i quattro fratelli, perché sanno sempredimostrarsi entusiasti delle sue creazioni. Ci sonostati diversi incontri informali e di amicizia: più di

una volta Gaspare e il fratello Antonio si sonorecati a Parigi per visitare il suo atelier e conoscereil suo mondo.

Garcia Rossi ci racconta anche di essere andatoin visita a Falzè di Piave. Per il maestro questavisita si è rivelata particolarmente importante,perché i Lucchetta gli hanno mostrato un grandespazio ancora allo stato di cantiere: l’edificio di unaex filanda che vogliono trasformare nella lorofondazione, dove hanno intenzione di inserire lapropria collezione di opere d’arte, tra le quali anchele sue. Egli apprezza molto che i Lucchetta abbianocondiviso con lui questo spazio, uno spazio cherappresenta un loro sogno, seppur ancora in fasedi realizzazione.

Senza titolo, 2004acrilico su tela 65 x 100 cm

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Piero Ruggeri

Incontriamo Piero Ruggeri nel suo studio-abitazione, nella campagna torinese, precisamentenella frazione di Avigliana. Un luogo incantevole,immerso nella natura, raccolto e molto familiare,che concilia con la vita.

Ruggeri ha a disposizione due studi, unaromantica veranda e un vecchio atelier vicino allasua abitazione. La veranda è uno spazio ampio eluminoso, ma Ruggeri preferisce restare a dipingerenel suo vecchio studiolo, composto da due piccolestanze, arredate con tavoli e cassettiere checontengono le sue carte e i suoi disegni preparatori.La predilezione per questo ambiente dipendesicuramente da ragioni pratiche e di attaccamento

affettivo: le piccole dimensioni, infatti, lo rendonocaldo e confortevole ed è un luogo dove l’artistaè abituato a lavorare da molti anni. Nel corso dellanostra visita ci ha mostrato tantissimi fogli ecarte che costituiscono l’archivio della sua ricerca,tanto che il critico Marisa Vescovo parla di “diariointerminabile”. Il lavoro di Ruggeri, infatti, iniziada disegni preparatori che poi vengono ampliatidiventando dei bozzetti, su cui aggiunge il colore.Mano a mano il lavoro diventa sempre piùelaborato e gradatamente si passa alla tela.

All’interno di due ampi garage sono raccoltetantissime opere anche di grandi dimensioni,quadri quasi fisici, che raccolgono un groviglio disegni invisibili che il maestro sembra aver portatoalla luce. Il materiale pittorico, infatti, è così densoe materico che le pennellate sono in rilievo rispettoalla superficie della tela. La sua pittura nasce daun profondo interesse per gli elementi naturali.Sono tele materiche, corpose, che rappresentanoil confine tra sguardo e mondo esterno.

Molti suoi quadri cercano di indagare la bellezza

Piero Ruggeri (Torino,1930) con i fratelliLucchetta durantel’inaugurazione dellamostra “America!” almuseo di Santa Giuliaa Brescia nel 2007.

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e il mistero delle pareti rocciose. Le tele bianchespesso cercano di rappresentare la neve sulle pietre:dal bianco monocolore emerge, infatti, un fondomarrone e grigiastro. Inoltre, Ruggeri adora il ritmodel jazz, e proprio questa sua passione lo rendeparticolarmente attento alle variazioni tonali.Come per molti artisti di ricerca, anche il lavorodi Piero Ruggeri si avvicenda per cicli: “Esserepittore comporta un continuo lavoro, ma c’è sempreil dubbio di quello che potrebbe accadere,un po’ come giocare a poker.

C’è l’idea di un progetto generale ma poi ci sipuò sbagliare, non sai come va a finire. Dipingereun quadro è un po’ come scrivere, ciò che fai deveessere pesato”.

Un aspetto interessante del metodo di lavorodi Ruggeri è che la base dei suoi dipinti è costituitada un fondo nero, a cui si aggiungono strati di altricolori, che emergono in lavorazioni successive.Grattando lo strato superficiale della tela, vengonofuori sfumature di grigi, verdi, rossi… È un lavoro disovrapposizione, di strati di colori monocromi sullacui superficie emerge, di nuovo, il nero del fondo.

Fra una tela e l’altra ci racconta come è avvenutol’incontro con i quattro imprenditori veneti:

“Ho conosciuto i fratelli Lucchetta grazie a MarcoGoldin, una decina di anni fa. Goldin ha creatoun giro di artisti che seguono un certo filone, unapittura di paesaggio e di ricerca espressiva. Il mioprimo incontro con loro è avvenuto a Conegliano,in occasione di una mostra. Credo che Gaspareabbia il senso di un mecenatismo assoluto,nel saper creare una certa collezione.

Durante la mostra ha acquistato qualche dipintoche so tiene molto caro. Dopo questa occasioneè nata un’amicizia con tutti e quattro i fratelli. Tranoi c’è sempre stata comunione di intenti e stimareciproca. Sono titolari di un gruppo dinamico eversatile e spesso aprono anche altre opportunità,come quella di utilizzare le mie opere per calendarie pubblicità. Sono dei collezionisti un po’ anomali,amano l’arte e amano stare con gli artisti”.

La luce nel bianco delmattino, 2001, olio sutavola, 90 x 110 cm

Catalogo dellamostra “L’epopeadella pittura 1955-2007”, PalazzoMagnani, ReggioEmilia, a cura diSandro Parmiggiani,2007, realizzata conil sostegno delGruppo Euromobil.

a sinistraFigura in un interno2001, olio su tela200 x 180 cm

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Gino Silvestri

Gino Silvestri è un altro artista che fa parte del retroterra culturale veneto dei Lucchetta. Nasceinfatti a Belluno e studia presso la Scuola Liberadel Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.Le sue radici affondano quindi nell’universolagunare della Serenissima, dove comincia ainteressarsi a una pittura astratta che continua ad approfondire quando si sposta a Parigi, nel 1958.

Il trasferimento in Francia è decisivo per la suacarriera artistica. Pian piano s’immerge nell’humusparigino e continua la sua ricerca nell’astrattismo,alternando tele dai colori tenui e diffusi a tele dallepennellate graffianti e dai colori forti, quasiespressionistici.

Sebbene abbandoni i paesaggi lagunari, ne sentela nostalgia e resta profondamente legato alle sueorigini venete, territorio di cui è orgoglioso e checomunque ha segnato l’origine di tutta la suapassione per la creatività e per l’arte.

Negli anni ottanta, grazie ad Antonio Leo, ifratelli Lucchetta conoscono Silvestri. È il periodoin cui l’artista incomincia a inserire i graffiti neisuoi quadri e a intensificare la presenza del colore,che si carica della funzione di coagulare lo spazioanche con intenzionalità volumetriche.

In questi anni inoltre Silvestri sperimenta unanuova tecnica per la pittura a olio: invece di servirsidel pennello preferisce usare pezze di stoffa, checonsentono una più unitaria diffusione cromatica.Nel 1989 comincia poi a utilizzare il rosso comecolore unico, da proporre in tutta la sua gamma.

Parlando dei quattro fratelli, Silvestri adoperaparole di grande affetto. Ritiene che la ragionedi un rapporto così solido e duraturo sia unaprofondissima stima reciproca, sia umana cheprofessionale. L’aspetto che Silvestri tienespecialmente a sottolineare è che i Lucchetta ormaisono per lui prima di tutto amici, e poi collezionisti.

“Noi pittori siamo nel mondo della riflessionee dell’esaltazione, la nostra energia si riflettesu noi stessi. Loro invece sono come i condottieri,vivono altre energie, hanno delle qualità cheesercitano nel mondo della realtà. Una delleloro maggiori qualità è la semplicità”.

L’aspetto che lo colpisce di più in loro è l’unità,in quanto hanno sempre affrontato e deciso le

Sin da giovane GinoSilvestri (Belluno,1928) frequental’ambiente artisticoveneziano, inparticolare ilconterraneo Tancredie Carmelo Zotti, alquale si legherà diprofonda amicizia.Nel 1951 e nel 1959partecipa allaQuadriennale d’Artedi Roma. Dopo unabreve esperienza diinsegnamento, sitrasferisce in Francia.Conosce e frequentaGino Severini e JeanCocteau, cheapprezza la suapittura, esprimendosiin modo lusinghierosu di essa innumerosi scritti. Nel1971 decide dicompletare la suapreparazione artisticanei corsi dellaManufactureNationale desGobelins et deBeauvais. La nuovaspecializzazione gliconsente nel 1973 di concorrere,vincendola, allacattedra di Storiadell’Arazzo pressol’École NationaleSuperieure desBeaux-Arts di Parigi,incarico checonserverà sino al1993. Numerosesono le esposizionipersonali e collettiveche l’artista allestiscein tutta Europa, moltedelle quali sostenutedai fratelli Lucchetta,come l’importantemostra ospitata nellaMaison de l’Unesco a Parigi nel 1991. Dirilievo la monografiaedita da Electa nel1994, con il concorsodi Euromobil e lapresentazione criticadi Luciano Caramel.

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questioni collettivamente, trattandosi sempre inmodo paritario. Il segreto del loro successo, a pareredi Silvestri, è proprio la forza del nucleo familiare,così unito e compatto.

Sono un gruppo di imprenditori e costruttori diuna forte vivacità intellettuale e Silvestri gode dellaloro compagnia anche perché sono sempre ricchi diiniziativa e le loro conversazioni sono caratterizzateda un vivace scambio di idee.

Inoltre tiene a precisare che i pittori, vivendoin un certo senso defilati rispetto all’attivitàproduttiva, sono un po’ emarginati dalla societàe i Lucchetta hanno saputo tenere conto di questo“disagio” sociale: “Noi in fondo non produciamonulla, l’arte è fine a se stessa, quindi non serve aniente, forse neanche a noi stessi. Loro nell’attivitàproduttiva svolgono un processo creativo simile alnostro: non smettono mai di cercare, di trovarenuove soluzioni, sono sempre nell’inventiva, nellacreatività, e a mio giudizio questo è un fattoraro ed eccezionale”.

Lungo la chiacchierata, Silvestri si è fermatoanche a raccontare dell’affascinante contestoartistico in cui si trova a lavorare negli ultimi anni.Si tratta di “Les Frigos”, un edificio in mattoni rossicon in cima una scritta a grandi caratteri, unlabirinto di 8800 metri quadrati di cementooccupati da duecentocinquanta artisti di ognigenere: pittori e scultori, ceramisti e ballerini,architetti e fotografi, tanti musicisti. C’è persinouna radio, Paris Jazz, 88.2 FM. I vecchi depositifrigoriferi della Sncf, le ferrovie francesi, nonavevano nemmeno le finestre quando gli artistiandarono a viverci: ben presto si trasformaronoin novantacinque atelier.

Silvestri ci racconta che tutti coloro che vivononello stabilimento si sono occupati personalmente di ristrutturare con mezzi propri lo studio. Gli artistiche abitano “Les Frigos” hanno personalizzatol’edificio in modo esemplare, graffitando edipingendo i muri esterni e le pareti interne.

Qualche piano sopra Silvestri lavora VicentePimentel, un artista domenicano che Gino haconosciuto una decina di anni fa e, poiché apprezzaenormemente la qualità delle sue opere, ha decisodi presentarlo ai Lucchetta. Silvestri parla diPimentel come di un poeta e afferma: “Di pittorice ne sono tanti, di poeti ce ne sono pochi”.Anche per Silvestri la pittura è un sentimento,

“è come quando ti innamori e non c’è una ragionelogica e razionale: la pittura per me inizia dovefinisce il colore”. Il colore infatti è decorazione,resta in superficie. Silvestri è convinto che nonsiano le idee a muovere l’arte ma certe sensazioniinterne di cui è difficile, se non impossibile, dareuna spiegazione. I sentimenti, e l’arte che realizzaper esprimerli, sono spesso contraddittori; raccontache spesso gli viene chiesto cosa rappresenta un suoquadro, e la risposta è sempre: “rappresenta quelloche la gente vede”. Non trattandosi di artefigurativa, ciò che è rappresentato è frutto di unaserie di emozioni, pensieri, situazioni che non sono

Frammentisignificativi, 1991 olio su tela 132 x 97 cm

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identificabili in qualcosa che tutti possono vedereallo stesso modo. Per questa ragione ha anchesmesso di dare un titolo alle sue opere.

“Dopo così tanti anni che dipingo, ancora nonmi sento arrivato a un risultato soddisfacentee continuo a cercarlo.

Ma anche se non sono soddisfatto non milamento, non ho padroni, non devo riferire niente anessuno. Il mondo dei pittori è un mondo molto

fragile, bisogna continuare a costruire permigliorare la propria convinzione, per trovareil proprio essere e la propria identità. E ancora ionon so qual è la mia vera identità.

Per raggiungere questa identità bisognaimparare a distruggere tutto e ricominciare da capo.Si cambia continuamente, si è sempre differenti.In questo mi sento un ricercatore”.

Immaginicontraddittorie1981, olio su tela 78 x 71 cm

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Guido Strazza

Guido Strazza oggi vive a Roma, ma le sueorigini sono toscane, più precisamente di SantaFiora, nella provincia di Grosseto. Giovanissimo,conosce Marinetti e inizia, così, la sua attivitàartistica partecipando alle mostre futuristedi Aeropittura. Nonostante il suo spiccato talentoe il forte interesse per l’arte, la pittura si limitaad essere solo una grande passione di Strazza,tanto che nel frattempo si dedica ad altri studi,laureandosi nel 1946 in ingegneria. Il desideriodi fare dell’arte e della pittura una vera e propriaprofessione è molto forte e, infatti, nel 1948abbandona la professione di ingegnereper dedicarsi interamente a dipingere. Da questomomento cominciano i grandi viaggi nell’Americadel Sud, Perù, Cile e Brasile, che lo mettono incontatto con culture ed espressioni artistichediverse. Nel 1954 torna in Italia e si dedica a

sperimentazioni di segni chiamate “Raccontisegnici”, lunghe pitture in rotolo, e realizza ciclia tema quali “Paesaggio”, “Balzi rossi”, “Paesaggioolandese” che testimoniano i suoi studi sullametamorfosi delle forme. Negli anni sessanta,poi, approfondisce lo studio e il linguaggiodell’incisione, fino a pubblicare un libro intitolatoIl gesto e il segno. Si interessa alle ricerche sulrapporto segno-luce, realizzando opere sperimentalicome immagini su schermi mobili trasparenti.Costante del suo lavoro è il procedere per ciclitematici: infatti, anche verso la fine degli anninovanta, si dedica alle serie di “Archi” e “Orizzonti”.Nel corso della sua carriera tiene numerose mostre,personali e antologiche, sia in qualità di incisoresia di pittore; nel 1968 e nel 1984 la Biennaledi Venezia gli dedica una sala personale.

È molto curioso quello che Strazza ci raccontaal riguardo dei quattro imprenditori veneti: “Se c’è,a volte, qualcosa di situazioni e persone che tienesempre vivo e intenso il ricordo, questo qualcosanel caso dei fratelli Lucchetta è legato alla forteimpressione che ho avuto durante il nostro primoincontro: decisione e chiarezza nel discorrere e neltrattare. Perché di questo si trattava quando li hoincontrati a conclusione di una mia mostra nel

Guido Strazza insiemeai fratelli Lucchetta nel giornodell’inaugurazionedella mostraantologica “Opere1941-1999” aPalazzo Sarcinelli,Conegliano, 1999.

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1999, a Palazzo Sarcinelli. Dopo un lungo e attentopercorso nelle varie sale dell’esposizione, ci siamoinfine riuniti tutti insieme e, seduti sui primigradini dello scalone del Palazzo, abbiamo iniziatoa parlare scambiandoci idee e opinioni, perdecidere quali quadri sarebbero entrati a far partedella loro collezione. Fin qui le cose si proponevanosecondo schemi più o meno consueti in similitrattative. Tuttavia, ecco il cuore di un ricordo che

anche future esperienze avrebbero semprerinnovato. Mentre si faceva più precisa e miratala discussione, mi sembrava sempre più evidentee chiara la qualità critica e appassionata del lorogiudizio.

Se davvero gli occhi degli artisti sono gli occhidel mondo, ebbene loro in quel momento eranogli occhi del mondo”.

Guido Strazza nascea Santa Fiora, inprovincia di Grosseto,nel 1922.Attualmente vive e lavora a Roma.Dopo aver partecipatoa numerose eimportanti mostrecollettive e personali,il lavoro di GuidoStrazza è statoriconosciuto daistituzioni artistichecome l’Accademiadei Lincei, che nel1988 gli assegna ilpremio A. Feltrinelliper la Grafica e, nel2003, quello perl’Incisione. Nel 1990la CalcografiaNazionale gli dedicaun’antologicadell’opera incisa daltitolo “Strazza, opereGrafiche 1953-1990”.Nel 2001 è invitato apartecipare allamostra “Novecento”alle Scuderie Papalial Quirinale e l’annosuccessivo riceve inCampidoglio il PremioCultori di Roma.Ha insegnato allaCalcografia Nazionale,all’Accademia diBelle Arti dell’Aquila,alla WesleyanUniversity(Connecticut, USA)e all’Accademiadi Belle Arti di Roma,della quale è statoanche direttore.È membrodell’AccademiaNazionale di SanLuca, dell’IstitutoNazionale di StudiRomani e dellaKoninklijke VlaamseAcademie van België.

a sinistraPartitura in quattro1997, tempera su tela 150 x 125 cm

in altoSegni e accento rossosu azzurro, 1997tempera su tela 130 x 100 cm

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Alessandro Verdi

Il rapporto di conoscenza tra Alessandro Verdi(Bergamo, 1960) e i fratelli Lucchetta nasce nel1998, in occasione di una mostra personaleorganizzata a Treviso da Marco Goldin con ilcontributo del Gruppo Euromobil. La mostraraccoglie sedici anni di lavoro dell’artista, che haintrapreso la propria attività espositiva nel 1983e la cui prima mostra personale si è tenuta nel1987 presso la Compagnia del Disegno di Milanocon la presentazione di Giovanni Testori,conosciuto nel 1985, con il quale Verdi hainstaurato un rapporto artistico intenso e costante.Gaspare Lucchetta manifesta da subito uninteresse profondo e un’attenzione sensibile per illavoro artistico di Alessandro Verdi, diventandouno dei suoi più importanti collezionisti attraversol’acquisizione, nel tempo, di opere tra le piùsignificative dell’artista, tra cui il monumentale

Grande frammento (1997-1998), di 19 metri,e alcuni quaderni dipinti. La tecnica del quadernodipinto è un tratto peculiare che caratterizza, inmodo unico, l’espressività artistica di AlessandroVerdi che, fin dall’età di quattordici anni, realizza“quaderni” su cui scrive e dipinge. Lo stesso artistaci racconta: “Quando facevo il liceo ero moltotimido e riservato, e per combattere questosentimento comunicavo attraverso i miei quaderni.Ce ne sono moltissimi che nessuno ha mai visto etanti sono andati distrutti a seguito di un incendionello studio in cui lavoravo. I miei quaderni sonostati molto valorizzati all’estero, meno in Italiadove continua ad essere privilegiata l’opera su telarispetto a quella su carta. Il quaderno è un’operalegata alla ricerca, per me è sinonimo di grandelibertà espressiva, è un oggetto che si compone ericompone. Lì dentro si capisce la mia parte piùautentica, sono io a nudo, tant’è che penso spessodi dedicarmi solo al quaderno, in modototalizzante”.

Dopo l’incendio che nel 1993 distrusse granparte dei suoi lavori, Alessandro Verdi haricominciato a dipingere, dedicandosi specialmenteall’opera su carta con maggiore consapevolezza,e considerandola, insieme ai quaderni, proprio

Il volume Verdi, opere1982-1998, a cura diMarco Goldin, Electaeditore, è statopubblicato con ilsostegno dei fratelliLucchetta inoccasione dellamostra presso laCasa dei Carraresi aTreviso nel 1998.Nell’ambito dellaBiennale d’Arte diVenezia del 2009Alessandro Verdi saràoggetto di unamostra curata daAchille Bonito Olivacon il sostegno delGruppo Euromobil.A destra: RobertoGobbo, AlessandroVerdi, GaspareLucchetta e PhilippeDaverio durantel’inaugurazione di unamostra dell’artista.

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l’aspetto più significativo e determinante dellapropria attività.

Alessandro Verdi è un personaggio forte edenergico, la sua vita artistica ha alle spalleventicinque anni di lavoro, svariate mostrepersonali e collettive e la fortuna di aver conosciutodei collezionisti importanti, tra cui i fratelliGaspare, Antonio, Fiorenzo e Giancarlo Lucchettache negli anni hanno sostenuto con sensibilitàil suo lavoro. Oggi la galleria che diffonde l’opera diAlessandro Verdi è la storica Galleria Blu di Milano,tra le più importanti a livello internazionale.L’artista ci descrive anche il suo luogo di lavoro,che è una corte nella campagna bergamasca.D’estate lavora spesso all’aperto e questi spazi gliconsentono di potersi dedicare tranquillamentea opere di grandi dimensioni. Ogni giorno si svegliaalle sette del mattino e lavora fino alle dieci di sera.Prima di tutto si occupa del quaderno, fissa e

mette giù idee in sequenza; è come una sorta dimemoria del suo lavoro, molte delle suggestioni lìtrascritte diventano poi opere di grandi dimensioni.Verdi si definisce un “artista visionario”, néfigurativo né astrattista, dichiarando di partiresempre dalla figura umana. La sua ricerca è mirataa individuare gli aspetti più autentici, i nucleitematici che possano appartenergli più inprofondità. Egli è uno di quegli artisti che, quandomettono in discussione il proprio lavoro, nontrovandolo più vero e autentico, arrivano perfino adistruggerlo. Fra le tematiche affrontate negli anni,ricordiamo quella del “Senza volto”, dove l’artistaricerca un’immagine essenziale, e quella del“Paradiso perduto”, dal famoso testo di JohnMilton. Entrambe le serie costituiscono per l’artistauna ricerca infinita che, ad oggi, ha condotto allarealizzazione di un consistente corpus di opere sucarta. “Mi sembra di lavorare su un giudizio

Frammenti figureparticolare, 2000 olio su tela 280 x 660 cm

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universale contemporaneo, da queste tematiche hostimoli continui per nuove immagini. Mi piacel’idea che sia un lavoro infinito. Immagazzino nellamemoria quello che leggo e quello che vedosuccedere nel mondo. La mia sfida è quella ditrovare me stesso nel nostro mondo partendo daautori che ho sempre amato. Questa è la grandemotivazione che mi spinge a chiudermi in unastanza a dipingere. Lavoro per una ricercainteriore”. Quando Verdi non dipinge, amal’alpinismo in compagnia dei suoi cani: confessache a volte, chiuso nello studio, arriva a una cecitàassoluta e avverte la necessità di una pausa el’ambiente in mezzo ai boschi e l’isolamento dellamontagna gli permettono di riflettere econcentrarsi, acquistando maggiore luciditàsu ciò a cui sta lavorando.

Per lui, l’aver trovato degli amici come Gaspare,Antonio, Fiorenzo e Giancarlo Lucchetta, che

hanno sostenuto e continuano a sostenere il suolavoro artistico, è stata una grande fortuna.Gaspare è per lui come un fratello maggioreche sin dall’inizio ha mostrato sensibilità e interesseper il suo lavoro; questo rapporto è indubbiamentedi grande aiuto per l’artista, un rapportocaratterizzato da un dialogo profondo, a volteconflittuale, ma sempre affettuoso.

“Ci siamo confrontati con il nostro mododi vedere le cose, lui imprenditore e io artista.Un confronto vero e diretto, di grande lealtà.Nonostante le nostre diversità siamo entrambipersone in movimento: lui è un uomo inevoluzione nel suo lavoro, e io nel mio. Anchese il pensiero è diverso, la modalità di approccioè la medesima. Comunque tutti e quattro i fratelliLucchetta hanno grandi doti e qualità umaneche oggi sono rarissime da trovare”.

Figura (senza volto)1999, inchiostro eolio su carta intelata220 x 246 cm

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Claudio Verna

Claudio Verna ritiene che la pittura sia unlinguaggio. E anche se dipingere è l’unicostrumento di comunicazione per lui possibile, sindagli anni sessanta l’artista conserva l’abitudine di

Cromo raconto1959-1960, tempera su carta, 70 x 80 cm

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trascrivere alcune riflessioni sul suo personaleapprocio alla tela e in generale sulla condizioneattuale dell’arte (si ricorda il saggio pubblicato nel1975 intitolato “Pittura”). Il critico Cesare Vivaldiafferma che le sue tele sono spesso riempite dagrandi strutture colorate, che invadono lo spazio ingeometrie allo stesso tempo rigorose e irregolari,che si pongono problemi di ritmo e di colore-luce.Il colore esercita infatti su Verna un notevolefascino, perché strumento di infinita conoscenzaed esperienza. Molteplice e vario per sua stessacostituzione esso è vivido, campito a zone,a macchie che fluttuano e che si sovrappongono.

Anche per Claudio Verna, l’incontro con iLucchetta ha segnato un momento importantedella vita. Per raccontarcelo il maestro ha volutoscriverci una lettera, con il desiderio che vengapubblicata esattamente così: “I fratelli Lucchettasono solo quattro, ma tutti insieme sono unasquadra: unita, compatta come un vero e propriopacchetto di mischia. Non a caso amano lo sport,ma la loro vera passione è l’arte e quindi gli artisti.

Li conobbi una decina di anni fa, grazie aquell’infaticabile amante dell’arte che è MarcoGoldin. Poco dopo diventarono gli sponsor di unamia grande antologica a Palazzo Sarcinelli diConegliano. A fine mostra si presentarono perscegliere dei quadri per le loro collezioni: in quelpreciso momento li conobbi veramente! Non hannocerto studiato arte all’università, ma nonsbagliarono un colpo, puntarono dritti sui quadrimigliori, con una sicurezza e con un acumeche mi lasciarono senza parole.

Capii che avevo a che fare con persone di grande qualità, dietro una semplicità che nonè apparente ma che, in qualche modo, sembranascondere la loro vera personalità.

Ho poi avuto modo di conoscerli meglio e quellaprima impressione si è rafforzata nel tempo.La conoscenza è diventata amicizia anche sela distanza tra noi, fisica intendo, anzi geografica,non rende facili i rapporti e la frequentazione.Ma loro non si sono dimenticati di me e io so che,all’occasione, potrei rivolgermi a loro senzaimbarazzi o ipocrisie. Ma soprattutto sento unagrande soddisfazione quando penso ai miei quadriin loro possesso: non potrebbero stare in manimigliori. Non riesco infatti a pensare a loro comefreddi collezionisti: credo piuttosto cheappartengano a quella categoria di persone(le migliori!) che collezionano opere d’arte perchéle amano, e quindi le rispettano. Questa storiadel rispetto, che sembra ovvia o banale, è invecefondamentale; e qualunque altro artista lopotrebbe confermare.

Una prova di quello che dico la ebbi duranteuna visita dei fratelli Lucchetta al mio studio dicampagna, insieme a un gruppo di industrialiveneti, in Umbria per un congresso (se non ricordomale): ebbene, Gaspare s’improvvisò critico emercante e riuscì a convincere alcuni ad acquistaremie opere. Quello che mi colpì, al di là della provadi stima, furono le parole che usò: semplici, dirette,prive di retorica, soprattutto comprensibili a tutti.

Pensai che alcuni critici d’arte avrebberoqualcosa da imparare: fantastico! In un’altraoccasione, visitai la loro collezione di strumentidi lavoro da falegname, una specie di affettuosoomaggio alla figura del padre: un modo questodi rimanere con i piedi per terra, fedeli a unatradizione di valori in cui si riconoscono e cheli hanno plasmati. Pensai anche allora che personecosì non tradiscono né gli altri né, soprattutto,se stesse. E neppure l’arte”.

Claudio Vernainsieme ai fratelliLucchetta nello standdel Gruppo Euromobilad Arte Fiera aBologna nel 2007.

Attesa, 1964tempera su tela100 x 75 cm

Tra i protagonistidella cosiddetta"pittura analitica",Claudio Verna (Chieti,1937) ha allestitocirca cento personaliin Italia e all’estero.Si segnalano lepartecipazioni alleBiennali di Veneziadel 1970 (salapersonale), del 1978e del 1980. Nel corsodegli anni ha ottenutovari riconoscimenti,tra cui il PremioAcireale nel 1968, il Premio Città diGallarate nel 1973 e nel 1995, il PremioMichetti nel 1973 e nel 1983, il PremioSuzzara nel 1999.Rassegneantologiche del suolavoro sono stateorganizzate dalMuseo Civico diGibellina nel 1988,dalla GalleriaComunale di Spoletonel 1994, dal PAC diFerrara nel 1997,dalla GalleriaComunale diConegliano, PalazzoSarcinelli, nel 1998, e dalla Casa deiCarraresi di Trevisonel 2000.

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225 Un’impresa con l’arte nel cuore

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Giuseppe Zigaina

Giuseppe Zigaina è uno dei più importantie significativi pittori italiani del Novecento. Natoa Cervignano del Friuli nel 1924, cominciagiovanissimo a dipingere e, appena diciannovenne,espone alla Fondazione Bevilacqua La Masa diVenezia. Fondamentale per lui l’incontro nel 1946con Pier Paolo Pasolini, con il quale stabilisceprofondi legami umani e artistici destinati asopravvivere alla morte del poeta. Nel 1948 esponealla Galleria del Cavallino e alla BiennaleInternazionale d’Arte di Venezia. Nel 1949 esponea Roma alla Galleria d’Arte Moderna e vinceil Premio ISA.

Nello stesso anno realizza tredici disegni perDov’è la mia patria, una raccolta di poesie diPasolini. Nel 1950 ottiene il Premio Fontanesi alla

A soli ventiquattroanni Giuseppe Zigainaè fra i protagonistidell’arte nazionale e insieme a Guttuso,Pizzinato, Maltese,De Grada, De Michelie Treccani getterà le basi del movimentorealista. Dalla finedegli anni cinquantaZigaina comincia adistaccarsi dalneorealismo. Il coloreinizia a farsi “acido e stridente” ela forma tende ad aggrovigliarsi in filamenti grafici,come accade nellerievocazioni pittorichedella figura paterna o nel tema deipaesaggi.

La sera nel vigneto1994, olio su tela150 x 200 cm

a destraVerso la laguna miopadre che ascolta1996, olio su tela180 x 150 cm

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XXV Biennale di Venezia. Nel 1955, in occasionedi una sua mostra alla Galleria del Pincio, a Roma,Pasolini scrive per lui il poemetto Quadri friulani,contenuto, due anni dopo, nel volume Le ceneridi Gramsci. Si stacca intanto progressivamente dalneorealismo, volgendo i suoi interessi alla nuovaoggettività tedesca.

Nel 1960 ottiene il Premio Ginori per lapersonale alla XX Biennale Internazionale d’Artedi Venezia. Nel 1962 viene invitato a far partedella Società Europea di Cultura e dell’Accademiadi San Luca di Roma. Nel 1965 cominciaa sperimentare l’incisione, una tecnica, nelladeclinazione dell’acquaforte in particolare, chediventerà sempre più importante nella suaproduzione.

Nel 1968 collabora al film Teorema di Pier PaoloPasolini e nel 1971, nel Decameron, Pasolini gliaffida la parte del “frate santo” che confessaCiappelletto. Nel 1974 vince il premio speciale dellaBiennale Internazionale della Grafica di Firenze e,sei anni dopo, il premio speciale della giuria dellaIV Biennale Internazionale della Grafica diMulhouse. Nel 1984 inizia un periodo diinsegnamento all’Art Institute di San Franciscoe presenta ufficialmente alla BerkeleyUniversity la sua teoria rivoluzionaria sullamorte/linguaggio di Pasolini.

Nel 1987 esce il primo libro su Pier PaoloPasolini, Pasolini e la morte. Mito, alchimiae semantica del nulla lucente. Nel 1989 gli vienededicata un’importante mostra al Palazzodei Diamanti di Ferrara.

Nel 1995 per i tipi di Electa esce una grandemonografia in due volumi dedicata alla pitturae all’opera incisoria, curata da Marco Goldine sostenuta dal Gruppo Euromobil.

Sempre con il sostegno dei fratelli Lucchetta,Marsilio editore pubblica Hostia. Trilogia dellamorte di Pier Paolo Pasolini e quattordici raccontiautobiografici intitolati Verso la laguna. Nel 1998vince il Premio Terni per la Cultura. Nel 1999Marsilio pubblica il pamphlet Pasolini. Un’ideadi stile: uno stilo!, opera riassuntiva degli studisul grande poeta.

Nel 2000 esce Temi e treni di Pier Paolo Pasolini.Un giallo puramente intellettuale, mentre nel 2001le edizioni del Tavolo Rosso pubblicano un librod’arte in cinquanta esemplari: Giuseppe Zigaina perFriederike Mayrocker, con tre acqueforti perciascuno degli autori.

Zigaina è stato accolto nella BayerischeAkademie der Schönen Künste di Monaco peril suo lavoro di ricerca su Pier Paolo Pasolini, oltreche per la sua attività di pittore.

Le opere selezionate da Marco Goldin per lamostra di Santa Giulia a Brescia scandiscono glisviluppi di una vicenda tra le più ricche delNovecento italiano, dilatata in uno spaziovastissimo. Una pittura che, dopo una primaadesione al neorealismo, si trasforma sia nell’usodei colori, che si fanno sempre più stridenti,sia nelle forme che si aggrovigliano sempre piùin filamenti grafici.

Dall’attenzione per la grafica rinascimentaletedesca deriva quello che diverrà un trattocaratteristico della pittura di Zigaina: l’importanzadel segno e dell’orditura grafica e la conseguentecapacità di inserire l’oggetto nello spaziodell’immaginazione pura.

Un segno grafico non gratuito ma significante,nel senso che avvia e promuove un’operazioneconoscitiva nella ricerca della necessitàdell’immagine. Ecco perché l’immaginazione, neiquadri di Zigaina, non è mai vaga o indefinita.

Esiste sempre un fitto dialogo tra necessitàdi conoscenza e soluzioni pittoriche, esemplificatedal procedimento usato dall’artista: il ritornarecon il colore sui grandi fogli stampati, creandocosì un complesso gioco di rimandi.

Come altre iniziative,anche l’attivitàespositiva diGiuseppe Zigainaè stata sostenuta daifratelli Lucchetta.Significatival’antologica del 2000al Museo Revoltelladi Trieste con uncatalogo a cura diCarlo Pirovano editoper l’occasione daElecta, e la mostraalla Permanente diMilano del 2005 con catalogo SilvanaEditoriale. Inoccasione dell’85°compleanno delmaestro, MarcoGoldin ha realizzatoun’importanteretrospettiva nellesale museali di SantaGiulia a Brescia,in concomitanza conl’evento dedicato a Van Gogh.

a destraGirasoli, 1980olio su tela100 x 80 cm

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229 Un’impresa con l’arte nel cuore

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Carmelo Zotti

Con Carmelo Zotti, scomparso nella primaveradel 2007, i Lucchetta hanno sempre mantenutoun rapporto di autentica amicizia e di affettoreciproco. L’artista si forma negli anni cinquantaall’Accademia di Belle Arti di Venezia, doveha la fortuna di avere come maestro Bruno Saetti.La Venezia di quegli anni è fermento di creativitàartistica e Zotti cresce in un ambiente dove l’arteè vissuta in modo sociale e conviviale.

Fa il suo esordio alla Biennale del 1956 enell’edizione del 1958 viene invitato a esporre,assieme a Baj, Crippa, Dorazio, Scanavino, JasperJohns e Alan Davie, nella mostra speciale dedicataai “Giovani artisti italiani e stranieri”. Nello stessoanno vince il primo premio alla BiennaleInternazionale dei Giovani di Gorizia, e nel 1964il Premio Longo alla Biennale di Venezia. Da allorala sua carriera è un susseguirsi di riconoscimentied esposizioni importanti.

Quella di Carmelo Zotti è una pittura cheaffonda le radici nel mito e nella metafora, nellastoria e nell’inconscio: mezzi di comunicazioneattraverso i quali poter esprimere i propri valori,il proprio mondo interiore, le angosce e i momentidi serenità. Questo nuovo mondo è abitato da isolenotturne, fiordi inquietanti e figure misteriosedai tratti antropomorfi. È come se Zotti volesseraccontare una nuova mitologia per immagini,totalmente frutto della sua fantasia, stimolandol’interesse e il coinvolgimento dell’osservatore.Dalle pagine del libro biografico Simboli e metafore,a cura di Michele Beraldo, l’artista mette in lucealcuni aspetti della sua pittura: “Io colgo altrorispetto allo spettatore, registro delle sensazioni chepoi cristallizzo sulla tela, spesso non spiegabiliperché non filtrate razionalmente”, e ancora:“Non sono portato a spiegare, a giustificare le mieopere, anzi non le commenterei mai, e per questoquando un critico coglie puntualmente degli aspettidella mia pittura, dei quali a volte nemmeno io miaccorgo, rimango come spiazzato, messo a nudo”.

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L’incontro tra Carmelo Zotti e i fratelli Lucchettaè avvenuto nel 1985: “Avevano visto le mie operenella Galleria Borgo a Treviso – ricorderà Zotti –e volevano conoscermi; così, una nebbiosadomenica invernale vennero a trovarmi nello studioche occupavo allora a Concordia Sagittaria, vicinoa Portogruaro, per vedere i miei quadri. Gliinteressavano in particolar modo le grandi tele chedifficilmente arrivavano alle gallerie, e si instauròda subito un rapporto di stima e amicizia”.

L’incontro con i fratelli Lucchetta ha permessoall’artista di realizzare eventi espositivi di grandeimportanza e ha consentito di avviare significativistudi critici sul suo lavoro, attraverso una serie di

monografie tutte sostenute dal Gruppo Euromobile affidate ai più importanti interpreti e studiosi d’artecontemporanea come Enrico Crispolti, ClaudioCerritelli, Flaminio Gualdoni, Luciano Caramel,Phlippe Daverio, Marco Goldin e Dino Marangon.Proprio di Marangon riportiamo un recente scritto:

“Carmelo Zotti è stato un maestro non soloper il talento non comune, ma anche per lesue straordinarie doti di umanità e soprattutto perla sua instancabile dedizione alla pittura. Buonaparte della sua vita l’ha trascorsa nelle auledell’Accademia di Belle Arti di Venezia, comestudente prima, come amatissimo docente in

L’attesa, 1976olio su tela 100 x 120 cm

a destraGiuditta, particolare1974, tempera sucarta, 150 x 200 cm

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233 Un’impresa con l’arte nel cuore

Tra le numerosemostre dedicateall’attività artistica di Carmelo Zotti ve ne sono alcunesignificative, comequella allestita aPalazzo Sarcinelli diConegliano nel 1993,presso la FondazioneManes di Praga nel1994, alla Galleriad’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia,con catalogo edito da Fabbri e curata daEnzo Di Martino, nel1995, sino allagrande antologicaospitata nel 2007 al Museo dellaPermanente diMilano, con catalogoSkira, dove si sonopotute ammirare oltrecento opere,emblematiche di tuttii periodi della suaattività. La mostra,curata dai criticiFlaminio Gualdoni e Dino Marangon, si è realizzata inconcomitanza con laretrospettivadedicata ad ArturoMartini, ed è poiproseguita a Potenzanella Galleria CivicaPalazzo Loffredo.Tutti questi eventi, ealtri ancora (come lamostra “Orizzontionirici” all’EspritNouveau di Bolognacurata da PhilippeDaverio in occasionedi Art First ad ArteFiera, l’antologicadedicatagli da MarcoGoldin nell’autunnodel 2008 al Museo diSanta Giulia a Bresciain concomitanza conla grande esposizionedelle opere di VanGogh, la retrospettivaorganizzata al MuseoCorrer di Venezia,dopo le mostre “Zotti& allievi nell’arte enella vita” a Rijeka ePirano e non ultimaquella organizzata alChelsea Art Museumdi New York) sonostati semprepromossi dal GruppoEuromobil.

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seguito. Stimato dal suo maestro Bruno Saetti dacui aveva appreso la fedeltà al lavoro e forse anchela creativa indipendenza del segno rispettoall’oggettiva conformazione figurale, Zotti ha peròsempre avuto ben chiara la concezione dellapropria e dell’altrui indipendenza creativa.

Il rispetto per la nascente personalità artisticadegli allievi ha sempre improntato l’insegnamentodi Carmelo Zotti, come è testimoniatodall’ammirazione e dall’affetto degli artisti che conlui si sono formati”.

Euromobil sostienel’impegnativoprogetto di portare a terminel’archiviazione e lapubblicazione delleopere di CarmeloZotti attraversol’editore Skira e il coordinamento di Dino Marangon,Franca Bizzotto,Michele Beraldo e Brigitte Brand. Il primo volume delcatalogo generaledell’opera pittorica,dagli esordi al 1979,introdotto da EnricoCrispolti, è statopresentato a gennaio2009 in occasione di una importantemostra di opereinedite nelle sale delMuseo Correr.

Nel 2008 il GruppoEuromobil ha segnatoun’importanteiniziativa in occasionedi Arte Fiera Bologna:lo spazio dellapalazzina dell’EspritNouveau, progettatanel 1925 da LeCorbusier, ha ospitatouna mostra curata da Philippe Daverio e Cristina Beltramidedicata al maestro CarmeloZotti. Hannoaffermato i curatori:“L’esposizione è stata l’occasione per ammirare unatrentina di dipintiaccompagnati da una significativaselezione didocumenti d’archivio.Grazie infatti alladisponibilità della

vedova, la pittriceBrigitte Brand, èstato possibileaffiancare alle tele lelettere, le foto, i diari,gli appunti e glischizzi evidenziandola sottiletrasformazionedell’immagine nelpassaggio da ideaa pittura, in unindissolubile legametra arte e vita. Leatmosfere delle cittàdi Zotti – Trieste,Napoli, Venezia – simescolano con gliappunti di viaggio(Messico, India,Birmania, Africa) e con gli affettidell’artista in unapittura evocativa e al contempoenigmatica”.

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235 Un’impresa con l’arte nel cuore

Spazialismo e cinetismo

Il rapporto tra arte e industria, come abbiamogià avuto modo di vedere, risale agli inizi del XXsecolo e negli stessi anni in tutta Europa maturala riflessione sugli aspetti tecnologici e psicologicidell’industrializzazione. Gli studiosi del fenomenoindustriale aprono un importante dibattito suglieffetti e le conseguenze dell’industrializzazionesulla società. Le nuove modalità produttivesegnano infatti un forte impatto sul ritmo socialee culturale dell’uomo del primo Novecento.

Le espressioni artistiche si rivelanoparticolarmente sensibili a questi cambiamentiepocali e, infatti, proprio in questi anni, sorgonoi movimenti delle avanguardie storiche qualisurrealismo, dadaismo e futurismo.

In particolare quest’ultimo, di matrice italiana,fondato a Milano nel 1909 da Filippo TommasoMarinetti, è una corrente culturale che ha subitoil fascino della rapidità e dell’efficienza dellenuove invenzioni tecnologiche. Il futurismoproponeva l’esplorazione del mondo del futuro,fatto di parametri quali la modernità control’antico, la velocità contro la stasi, la violenzacontro la quiete.

Trentotto anni dopo, a partire dalle medesimepremesse, Lucio Fontana, sempre a Milano, firmail manifesto dello spazialismo, movimentoneofuturista che propone ancora l’abolizione dellaforma tradizionale per sperimentare nuovi mezzicomunicativi e modelli operativi più consoni allacultura dell’epoca elettronica, attraverso ilrinnovamento di un linguaggio formale.

Il futurismo nasce in un periodo di crisi indottodallo sviluppo industriale, lo spazialismo nasce inun periodo di crisi dovuto all’avanzare delle nuovetecnologie. Negli anni quaranta si sviluppa infattiun vivace dibattito sul rapporto tra scienzae tecnologia, innescato dall’incalzante sviluppodell’industria elettronica che sta costruendouna realtà nuova e rivoluzionaria, in gradodi modificare anche il modo di concepire

e di esprimere l’opera d’arte. Lo spazio in cuiprima l’opera era stata immersa viene chiamatoa farne parte: non più mezzo, ma tema dell’opera.

Lo spazialismo si diffonde in due realtà socialie culturali opposte: Milano e Venezia. La pitturaspaziale dei veneziani è intesa a concepire, in lineacon la tradizione dei grandi pittori del passato,la luce quale fenomeno originario di tutti i processicreativi. Il Gruppo Euromobil, profondamentelegato al proprio territorio, comprendendo laportata innovativa e sociale di questo movimento,prende in adozione alcuni tra i più importantispazialisti veneti, come Mario Deluigi, GinoMorandis, Edmondo Bacci, Virgilio Guidi, Tancredie Vinicio Vianello ai quali dedica una lunga seriedi mostre nel Museo di Santa Caterina a Treviso,curate da Giovanni Granzotto, Ennio Poucharded Elsa Dezuanni.

Anche l’arte cinetica rientra fra gli ambiti artisticidi interesse dei fratelli Lucchetta. Dagli anni sessantal’espressione “arte cinetica” entra nel vocabolariodegli storici e dei critici d’arte e viene utilizzata perdefinire opere bi e tridimensionali, in movimentoreale e in movimento “virtuale”, vale a dire opereche si muovono effettivamente e opere in cuil’occhio dello spettatore è guidato in modo evidente.

Edmondo BacciComposizione, 1960tecnica mista su tela80 x 80 cm

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Il Gruppo Euromobil, tra le sue esperienze nelmondo dell’arte, ha inoltre seguito alcuniartisti che compongono il movimento delG.R.A.V. (Groupe de Recherche d’ArtVisuel), fondato nel 1960 a Parigi daHoracio Garcia Rossi, FranciscoSobrino, François Morellet,Julio Le Parc, Joel Stein eJean-Pierre Vasarely(Yvaral). Attivi finoal 1968,firmano un

manifestoche sintetizzail concetto dellafunzione socialedell’arte, concepitacome un’attività non piùdi pertinenza del solo artista,solitario e individualista, figurafino ad allora sovrastimata, maprodotto collettivo e corale, risultatodella fusione di diverse identità.

Il G.R.A.V. propone un’arte ludica in gradodi coinvolgere lo spettatore interattivamente,promuovendo la sua partecipazioneall’evento artistico e trasformandolo in attore,tema che resterà fondamentale nella poeticadel G.R.A.V. In questo modo, si verifica un totalecapovolgimento dei ruoli a vantaggio dellospettatore. Si crea così un nuovo rapporto tra il

pubblico e l’arte, divenuta una realtàessenzialmente visuale di forme semplici

e geometriche con le quali interagire.Anche in Italia, a partire dai primianni sessanta, nascono gruppi

di arte cinetica o singolioperatori che desiderano

approfondire le ricerchesulla percezione

visiva adottandomateriali

industriali e

componentimeccaniche.

Il Gruppo N diPadova e il Gruppo T

di Milano divengono idue principali esponenti di

questa nuova tendenza dell’arte,indicata come l’ultima delle

avanguardie del Novecento.Tra i singoli operatori ricordiamo

Getulio Alviani, Franco Costalonga e BenOrmenese, artisti che nell’ambito dell’esperienza

cine-visuale hanno condotto autonomamentesignificative e importanti ricerche. Sia per quantoriguarda il movimento spazialista sia quello cinetico,il Gruppo Euromobil ha sostenuto numeroseiniziative, contribuendo alla diffusione e conoscenza,non solo italiana ma anche internazionale, di artisti

Alberto Biasi,Ottico dinamico B1:doppia dilatazione1965, 125 x 125 cm

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che nel corso degli anni erano stati marginalizzatidagli addetti ai lavori, e in parte dimenticatidal pubblico di appassionati d’arte.

I numerosi progetti espositivi, che hannointeressato importanti e prestigiose sedi musealidi molte città europee, non si sarebbero potutirealizzare senza l’impegno dei fratelli Lucchettae l’indispensabile capacità organizzativa del criticod’arte Giovanni Granzotto, del quale non potevamancare, a chiusura di questo capitolo, unasimpatica testimonianza scritta.

Collaborando con la passione

“Ho conosciuto i fratelli Lucchetta molti anni orsono. A dire il vero prima di tutti ho incontratoGaspare, il secondogenito (dei quattro che sonorimasti in azienda, perché un altro fratello uscìparecchi anni fa) e il ‘playmaker’. Poi ho fattoconoscenza con gli altri: Antonio, il più grande,perché a chiamarlo il più vecchio si offenderebbe,responsabile commerciale, ma anche supervisore

produzione; Giancarlo, il più giovane ed elegante,responsabile amministrazione; Fiorenzo, il piùsilenzioso e riservato, responsabile produzione.Con Gaspare è nata facilmente e rapidamente unasimpatia, che si è nel tempo trasformata in amiciziae stima condivisa (anche se entrambi siamoaffascinati, ma allo stesso tempo un po’ soffriamole personalità prorompenti). Lo stesso, in manieraassolutamente naturale e spontanea, è accadutoanche con gli altri fratelli. Se devo infatti sceglierei ricordi più solidi e duraturi relativi al nostrorapporto di lavoro e di amicizia, ecco tornarmi allamente alcune fragorose e generose risate che hannoaccompagnato certi momenti, certe occasioni, ancheprofessionali. Quando, ad esempio, durante unaserata di lavoro e di progetti, con l’abilità e larapidità di illusionisti e prestigiatori, con la regiadi Antonio e Giancarlo, mi scambiarono sottoil naso dei dipinti che erano esposti nel mio studio.O quando, durante uno splendido vernissageromano, in occasione di una delle innumerevoli

Gino MorandisImmagine, 1960tecnica mista su tela100 x 140 cm

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esposizioni da loro sponsorizzate, li scoprii, frail turbato e l’entusiasta, ad ammirare sia i dipintiche le modelle che facevano da contorno allamanifestazione. Sì, perché i Lucchetta, tuttie quattro, pur nelle loro diversità di caratteree di talenti, possiedono il senso dell’umorismo;e sanno pure non prendersi troppo sul serio. AncheGaspare, che è un vulcano in frequente eruzione,e che non ama troppo essere contraddetto,ha il pregio di saper ascoltare. Dopo decennidi imprenditoria di successo, e di riconoscimentianche per il loro operare nel mondo dell’arte e dellacultura, non hanno dismesso il vestito, direi megliola pelle, di chi vuole ancora imparare, di chi vuoleancora crescere, attraverso gli incontri e i confronti.Mantenendo e quasi ostentando oltretutto,

come un vezzo e una furbizia, l’atteggiamento un po’ dimesso dell’artigiano sempliciotto, che sembra non darsi importanza.

Se c’è, però, da produrre e raggiungere unrisultato, i Lucchetta sono una macchina da guerra.Allora la bonomia diventa educazione e cortesiaall’interno di un’implacabile e non più sindacabilecompleta dedizione all’obbiettivo. Allora lo scherzoviene abbandonato, e non è più concesso perderetempo. Ho ancora ben presente, il giorno, anzi ilmomento in cui proposi ai Lucchetta di supportare,secondo la loro tradizione aziendale e la loroesperienza, il mio progetto di rilancio europeodell’arte cinetica. Ero a Parigi, camminavo lungola Senna, pieno di entusiasmo, ma anche di dubbie ripensamenti, dopo aver visitato gli atelier di

Luciano GaspariTempo veloce, 1956-1957, olio su tela70 x 90 cm

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molti artisti come Le Parc, Garcia Rossi,Demarco… Chiesi per telefono lumi a GaspareLucchetta, che in cinque minuti mi rispose, a nomedi tutti i fratelli, di andare avanti: mi assicuròche mi avrebbero seguito e sostenuto. Così è stato,e insieme abbiamo un po’ contribuito a riportareall’attenzione della critica e del mercatouna stagione importantissima, ma fino ad alloratrascurata, dell’arte contemporanea.

Così come ancora è viva la memoria di unaestenuante trattativa con Julio Le Parc nel suoatelier di Cachan, trattativa che sembrava senzasbocchi, ma che vide la sua risoluzione improvvisanell’intervento estemporaneo e imprevedibile diGaspare Lucchetta, che mi aveva accompagnatonella visita al maestro. Sia il sottoscritto sia Le Parc

rimanemmo talmente spiazzati dalle propostedi Gaspare che l’accordo fra noi fu inevitabile.E ancora ricordo i tanti viaggi nella provinciaitaliana, e anche in qualche capitale europea, coni fratelloni, come mi piace chiamarli, per visitare lemostre o gli studi degli artisti. Memorabile quellocon Gaspare in Spagna, nelle terre del Sid, allaricerca del “buen retiro” di Francisco Sobrino,il grande scultore cinetico ispano-argentino.

Insomma, a differenza di altri imprenditori chehanno scoperto l’arte come forma di comunicazioneaziendale solamente a freddo, a tavolino, per sceltameditata e comparata, i Lucchetta hanno decisodi farlo, di crescere aziendalmente assieme all’arte,soprattutto per passione. Perché mossi da unaspecie di fuoco che non ha mai smesso di

Tancredi, Senza titolo1954, olio sumasonite 93 x 128 cm

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consumarli. E infatti i loro interventi non sonoisolati e schizofrenici: a parte poche eccezioni, ilGruppo ha continuato a sponsorizzare le iniziativedegli artisti preferiti e dunque seguiti in primapersona. E così le esposizioni, ben oltre il centinaio,che ci hanno visto come compagni di strada inquesti anni, sono state tutte dedicate a maestri daiLucchetta particolarmente amati: Afro, Biasi,Costalonga, Finzi, Gaspari, Guidi, Licata, Morandis,Ormenese, Tancredi, Tornquist, Zotti, Demarco,Garcia Rossi, Le Parc, Sobrino ecc. Talvolta ilradicamento sul territorio, la coscienza di essereprofondamente ‘veneti’, li ha spinti a guardare

(e anche ad aiutare) con una certa indulgenzaalcuni artisti di carattere e ambitofondamentalmente locale; talvolta, invece, si sonoconcessi, convinti della sicura bontà del loro fiuto,qualche volo pindarico abbastanza sorprendentenei confronti di artisti noti solo all’estero. Ma, aldi là di alcune digressioni, sempre più il loroprogetto è venuto consolidandosi e conformandosisu una impalcatura chiaramente strutturata(la stessa che regola e garantisce la straordinariaorganizzazione delle loro aziende), in una costantericerca volta a rifinire ed elevare qualitativamenteogni loro programma: compreso quello espositivo,di cui, per certa parte, si è occupato e si occupail sottoscritto.

E così, dopo aver invaso i musei della provinciaitaliana come ambasciatori degli artisti spazialie di quelli cinetici (non solo italiani), con i fratelliLucchetta siamo arrivati a toccare sedi espositivepubbliche sempre più prestigiose: CastelSant’Angelo e i Musei di San Salvatore in Lauroa Roma, la Galleria Nazionale dell’Umbria aPerugia, Palazzo Ducale a Urbino, il Loggiato diSan Bartolomeo a Palermo e la FondazioneMajorana a Erice, la Biblioteca Marciana a Veneziae Brera a Milano, Palazzo Reale, Castel dell’Ovoe il Maschio Angioino a Napoli, il Castello Svevoa Bari sono solo alcuni, pochissimi, dei luoghi

Fiorenzo, Gaspare eAntonio Lucchetta nel1993 assieme a GinoMorandis, LucianoGaspari e l’architettoFollina.

Franco Costalonga(Venezia, 1933)ritratto nello studiocon una delle sueopere più significative,un Oggettocromocinetico del1969, simile a quelloche appartiene allacollezione PeggyGuggenheim diVenezia.

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istituzionali compresidal nostro circuito espositivoin Italia.

E nel frattempo questaspedizione, di caratterescientifico e divulgativo allostesso tempo, è andataespandendosi anche in tuttaEuropa, raggiungendo moltecapitali e le conseguenti sedimuseali. Così anche il MuseoMarittimo e il Museo dellaCattedrale di Barcellona,il Parlamento Europeodi Bruxelles, le Gallerie d’ArteModerna di Praga, Lubiana,Zagabria, Mosca, il Museo dellaBorsa di Oporto e l’Ermitagedi San Pietroburgo si sono

aggiunti all’elenco sempre più nutrito delle mostreche i fratelli Lucchetta e le loro aziende hannosaputo promuovere all’estero.

A questo punto del cammino non resterà chefare un ulteriore salto di qualità ed esplorare meteancora più ambiziose; d’altronde dai fratellonidi Falzè di Piave, che amano ancora presentarsicome dei “falegnami evoluti”, ma che hannogià visto campeggiare il marchio delle loro aziendein luoghi sacri della cultura come il Louvre el’Ermitage, c’è davvero da attendersi ogni sorpresa”.

Giovanni Granzotto

Inaugurazione dellamostra “Le Parc,Garcia Rossi,Demarco e altretestimonianze delcinetismo in Francia e in Italia”, Spoleto,Civica Galleria d’ArteModerna, 2003. Da sinistra: il sindacodi Spoleto, HoracioGarcia Rossi, FrancoCostalonga, LucianoCaramel, Julio LeParc, Alberto Biasi,Amalia Demarco,Giovanni Granzotto,Paolo Conti, AdrianoVillatta e GaspareLucchetta.

a sinistraFrancisco SobrinoTorsione, 1975plexiglas 181 x 40 x 20 cm

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La memoria di autori del passato: Virgilio Guidi e Arturo Martini

Virgilio Guidi è considerato uno dei maggioriartisti italiani del Novecento. Formatosi a Roma,dov’era nato nel 1891, raggiunge notorietàinternazionale con l’opera Il tram, esposta allaBiennale di Venezia del 1924 e oggi conservata aRoma presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna.Passaggio significativo per l’evolversi della suapittura è il trasferimento nel 1930 a Venezia, luogo

in cui elabora una maggiore sintesi espressiva,come dimostrano la serie di marine in cui la lucee il colore contribuiscono a semplificare la formae lo spazio. Partecipe del movimento spazialistaanimato da Lucio Fontana, nel dopoguerra Guidirappresenta un riferimento imprescindibile perle giovani generazioni di artisti che guardano allasua pittura con sempre maggiore interesse.

I fratelli Lucchetta, pur non avendo conosciutoe frequentato personalmente Virgilio Guidi,scomparso nel 1984, hanno sempre manifestatoun grande interesse verso la sua pittura, divenendonel tempo forti sostenitori e collezionisti delle sueopere. Questo significativo rapporto si è sviluppatoed è cresciuto grazie anche all’amicizia con il criticoToni Toniato il quale, negli anni, ha condottoimportanti ricerche e studi interpretativi attornoall’opera dell’artista, sino alla pubblicazione del

Virgilio Guidi, Grandetesta o testa rossa1969, olio su tela90 x 120 cm

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promozione e sostegno di molteplici iniziativeattinenti per l’appunto a diverse realtà della vitacivile e sociale, dall’assistenza alla solidarietà, dallosport giovanile alla cultura e alla scienza. Per loroperò tale impegno, anche quando sponsorizzanograndi eventi espositivi di portata internazionale,non è mai stato soltanto motivo di interessatae quindi calcolata visibilità pubblica, quantola ragione innanzi tutto di una scelta dovuta alla

Virgilio GuidiMarina, 1958-1959olio su tela50 x 70 cm

Armando PizzinatoComposizionemusicale, 1946, oliosu tavola, 72 x 49 cm

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catalogo generale avvenuta nel 1997 incollaborazione con Dino Marangon e FrancaBizzotto. A raccontarci dell’importanza e dellacentralità che l’opera di Guidi ha assunto all’internodella collezione dei fratelli Lucchetta è lo stessoToniato.

Autoritratto di una collezione

Si conoscono tante figure anche importantidi collezionista d’arte moderna – come varie formedi mecenatismo – ma è raro invece trovarequalcosa che assomigli alla funzione svolta inquesto campo, e nel tempo coltivata con rigorosatenacia e fedeltà, da una dinastia di collezionistidi origini trevigiane rappresentata dai fratelliLucchetta. Si sa del resto che con l’intelligenzadel loro lavoro i Lucchetta sono già divenutitra i maggiori industriali nel settore del mobile,contribuendo in maniera significativa allarealizzazione di un modello quanto maiesemplarmente calzante dello specifico sviluppoche ha trasformato nell’arco di alcuni decenni unaregione di tradizioni contadine come il Veneto inuna della realtà socialmente e tecnicamente piùavanzate e produttive del Paese. Antonio, Fiorenzo,Gaspare, Giancarlo, e fino al 1985 anche Giuseppe,sono per l’appunto i valorosi fondatori diun’impresa famigliare che ha creato in questi annialcune aziende ormai rinomate sul mercatointernazionale, ognuna delle quali si èrelativamente qualificata nei distinti generi etipologie dell’arredamento. Forse occorrerà a questopunto sottolineare che simili traguardi si possonoevidentemente raggiungere soltanto per volontà,capacità, passione, fattori che questi straordinarifratelli posseggono singolarmente con paririconosciuti meriti nel loro particolare ambienteproduttivo, e del resto fin dai primordi della loroattività. Con la nascita del Gruppo Euromobil – ormai noto in tutto il mondo – essi si eranodecisamente proposti di continuare a portare avantiuna concezione industriale per tanti versiaddirittura paradigmatica, giacché radicataprincipalmente sull’equazione, comunque vincente,tra innovazione tecnologica e qualità ancheeconomica del prodotto. Ma quello che di piùsorprende risulta proprio il fatto che tale successosia cresciuto in parallelo con un loro generosoimpegno – altrettanto poi sistematico – di

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propria educazione e sensibilità assolutamenteconsona quindi a un rigoroso e diciamo pureesemplare stile di vita impostato essenzialmentesu grandi ideali di ordine etico e culturale. Daqueste premesse nasce il loro comportamento versoil mondo dell’arte che pare richiamare, senza enfasi,una visione ancora umanistica della modernità,sui cui valori si è incardinata quella metodologiaoperativa destinata a orientare validamente glistessi criteri della loro prestigiosa raccolta, anzi neha, in effetti, determinato il gusto e definital’articolata e complessa fisionomia storica, conla presenza di testimonianze di autori tra ipiù importanti sulla scena italiana e internazionale.D’altronde, anche su questo terreno, i Lucchettanon hanno mai tradito la vocazione ereditatadal padre, abile artigiano e raffinato creatoredi forme e oggetti in legno, curioso e interessatoa ogni fenomeno culturale e a ogni espressionedella bellezza. Si possono spiegare allora le puntualie convergenti ragioni per le quali essi si sonotrovati ad amare ugualmente il mondo dell’artee soprattutto quello dell’arte contemporanea.

Sullo slancio di questa passione si è arricchita laloro straordinaria collezione, costruita nel tempotramite una concorde partecipazione alle preferenzeche per di più si sono rivelate in seguito delle veree proprie scoperte di talenti di generazioni diverse,

vecchi o giovani artisti, ma che secondo il loroconsolidato intuito non erano ancora meritatamenteavvalorati dalla critica cosiddetta ufficiale. Sarebbestato per loro più agevole, ancorché maggiormenteredditizio limitarsi a investire su figure già quotateo in crescita, ricorrere semmai alla mediazione diqualche galleria più autorevole sul mercato peracquisire significativi lavori di artisti sia storici siain corso di affermazione, cercando inoltre diavvalersi delle consulenze di amici esperti,affidandosi magari ai meccanismi speculativi cheagiscono sempre più spesso anche sul listino delleborse internazionali d’arte. Ma tali consuetudini,che pure hanno giustificato tante preferenze nellaformazione di collezioni, quantunque storicamenterilevanti, non si adattano allo spirito e alla condottaperseguite, in effetti, dai Lucchetta nella costruzionedella loro altrettanto vasta e non meno notevoleraccolta. Intanto essi hanno sempre voluto guardaresenza condizionamenti ideologici o pregiudiziestetici alla creatività emersa o emergentesul territorio, riuscendo a documentare, a tal fine,i valori autentici degli artisti che qui hanno operatoe tuttora operano. Il criterio seguito resta piuttostoquello di voler rappresentare tutti quegli artisti chesono arrivati a esprimere qualcosa di autentico e dioriginale attraverso una ricerca creativa svincolataquindi dagli stereotipi imposti dagli altalenantiformalismi alla moda.

Non a caso il maggiore interesse dei Lucchettaè sempre stato rivolto – quando almeno l’incontroera possibile che avvenisse – a cercare di stabilirecon ogni artista, una volta conosciuto, saldi rapportidi reciproca fiducia e amicizia, in quanto peri quattro fratelli ha contato e conta in manierasignificativa il privilegio anzi tutto di poterintrecciare, nelle tante occasioni di vicendevoleconoscenza, legami e consonanze sul piano umanoe culturale, attestate tuttavia non solo dalle sceltefinora presenti nella raccolta, da loro operate,quanto dal bisogno distintamente manifestatodi poter e di saper partecipare, non soltantoidealmente, alle medesime aspirazioni dell’autoreper una vissuta condivisione di emozioni e di valoriin un certo senso davvero spiritualmente affini.Così si può spiegare, per fare qualche esempioriguardo ai tanti protagonisti presenti nellacollezione, il loro lampante entusiasmo per EmilioVedova, per la sua opera carica di un’intensità

Emilio Vedova gt-ev10/89w341989, olio su carta107 x 143 cm

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emozionale espressivamente sbalorditiva, oppurela loro fervida convinzione sull’importanza storica,benché non sempre da altri ancora riconosciuta,di Virgilio Guidi, del quale da tempo apprezzavanole sorprendenti anticipazioni linguistiche e lapurezza poetica del cosmologismo luminoso. Nonebbero occasione di frequentare l’artista poiché nelfrattempo era scomparso, ma si attivarono poi indiversi modi per acquisire delle opere significative,quelle specialmente del suo ultimo periodo da lorogiustamente ritenute le più innovative, anche setuttora meno valorizzate dal mercato. Non si credaperò che il panorama delineato dalla collezionesi limiti a rappresentare la cultura dell’ambientesia pure nei suoi principali esponenti – da Vedova,Santomaso e Pizzinato agli spazialisti, da Finzia Plessi, da Licata a Zotti, fatto che in ogni casosarebbe già encomiabile – ma è pressoché l’interastoria della ricerca artistica internazionale a trovarespazio, con i suoi maggiori protagonisti, in questaspeciale raccolta. Si deve allora auspicare che talecopioso patrimonio culturale, proprio perchénon si è concesso al discutibile pregio di favorireuna qualche tendenza artistica ricalcando parzialitàche spesso si riscontrano in altre valide collezioniprivate, ma si è sviluppato sul gusto quanto maiaperto e acuminato dei suoi fautori a riprova di unvero e disinteressato amore per l’arte dovunque ecomunque esso si riveli, rimanga unito anche nelfuturo, attraverso una fondazione museale, offrendoa tutti la possibilità di poterlo conoscere e diapprezzarne l’effettiva importanza e portata storica.

Toni Toniato

Arturo Martini

Agli inizi del 2007 Arturo Martini, il più grandeinterprete della scultura italiana del XX secolo,è in mostra alla Permanente di Milano.

Nel mondo dell’arte questo rappresentaun momento significativo, in quanto lo scultoreper lungo tempo è stato ignorato dalle saleespositive italiane. La sua ultima personalela si data infatti al 1985.

Il Museo della Permanente di Milano, con ilsupporto del Gruppo Euromobil, ha realizzato,dunque, una nuova e importante antologica che hariunito più di cento opere del maestro di Trevisoe che coincide con il sessantesimo anniversariodella sua scomparsa. Durante l’inaugurazione,abbiamo avuto la fortuna di accostarci alle operedi Martini guidati da Claudia Gian Ferrari,rappresentante dell’Associazione Amici di ArturoMartini e grande conoscitrice dell’opera dell’artista.

La gallerista milanese ci ha raccontatoaneddoti e particolari della vita e del talento delloscultore, accarezzando le figure da lui scolpite,come se fossero dei personaggi in attesa didialogare con il pubblico.

Martini è stato capace di misurarsi coni principali movimenti artistici del suo tempoe, attraverso diverse suggestioni culturali (dallascultura espressionista e simbolista degli esordisino al primitivismo di Modigliani), fu il primoa riscoprire e a far rivivere la solenne umanitàdella nostra scultura antica.

In Europa non c’è stato nessun altro alla suaaltezza, capace come lui di plasmare la materiapartendo dalla terra cotta, con il vantaggio di

Nel sessantesimoanniversario dallamorte di ArturoMartini (Treviso,1889 – Milano, 1947)il Gruppo Euromobil è presente nelsostenere unaantologica delmaggiore scultoreitaliano del XXsecolo. Sono più di cento le opereprovenienti dacollezioni pubbliche e private, esposte al Museo dellaPermanente e allaFondazione Stelline di Milano e, nellatappa successiva,alla Galleria Nazionaled’Arte Moderna di Roma.

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servirsi di materialiestremamente povericome l’acqua, laterra e il fuoco e chenel corso degli annisi è poi dedicatocon straordinariaversatilità al bronzo,al marmo, al legnoe alla pietra.

Martini è artistaeclettico, il più

grande creatore di immagini plastiche del secolo; come ha sostenuto Elena Pontiggia, egli è infatti“capace di realizzare figure e scene innovative,di narrare storie e miti, di immaginare semprenuove iconografie in un travolgente slancioespressivo e lirico”.

Nel corso della sua vita artistica Arturo Martininon ha mai focalizzato un solo tema, cercandoinvece di scorgere in ciascuna forma l’anelito versol’ideale e il mistero. Spesso i personaggi delle suesculture, infatti, rivolgono il volto verso l’alto, comein cerca di un immaginario infinito che l’autorestesso chiama “la quarta dimensione” delle cose.

Martini è l’artista che più di altri ha condottoa esiti estremamente vari e differenziati i caratterie le potenzialità espressive delle sue sculture:dai soggetti mitologici a quelli religiosi, passandoattraverso il tema della morte e dell’amore, sino alletematiche drammatiche e alle riflessioni sul misterodel dolore come pathos tipico dell’arte cristiana,la sua scultura è il risultato di una costante ricercadella verità con esiti sempre elevati ed espressivi.

Un artista che ha testimoniato costantementela propria vocazione anche attraverso la faticae il sudore: “L’arte non è esaltazione e spasimo,è pazienza, rigore e ritorno. È restare governatidalla natura come essa ci governa”.

Le opere raccolte nella mostra alla Permanentedi Milano testimoniano infatti dell’amore diMartini per la realtà e la verità e, come lui stessoafferma, “l’arte è la realtà che mira più sicuramenteverso la verità”. Nell’autenticità umana e nellaprobità del mestiere di scultore, i fratelli Lucchettahanno colto in Arturo Martini il carattere delsacrificio e della devozione all’arte, ragione percui hanno contribuito, con spirito di convinzionesincero, a sostenere l’importante mostra dellaPermanente di Milano.

La mostra, a cura diClaudia Gian Ferrari,Elena Pontiggia eLivia Velani,documenta l’interoarco creativodell’artista, dal 1913al 1947, attraversoopere di piccole egrandi dimensioni,che esprimono tuttala tenacia e ladrammatica intensitàcon cui l’artista hacreato forme e temicon materiediversificate.

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Il Gruppo Euromobil e le grandi mostre

Breve storia di una collaborazione

Con una duplice mostra, a fine 1991, dedicataa uno dei maestri dell’arte italiana del secondoNovecento, Giuseppe Zigaina, si aprì lacollaborazione tra Palazzo Sarcinelli a Coneglianoe i fratelli Lucchetta. In realtà, la collaborazionetra di noi in senso più generale, che poi ci havisti impegnati in molti progetti comuni nel corsodi quasi vent’anni. Doppio decennio che è miocompito provare in queste pagine a sintetizzare,fra Conegliano appunto e Treviso, fino a Bresciapassando per Parigi.

La mia grande passione era allora, ed è ancheadesso, l’arte italiana della seconda metà del XXsecolo. Insomma, soprattutto la pittura che fa partedella mia storia, della mia vita. Quella con la qualemi mescolo tutti i giorni, con la quale mi imbrattodi fango e senza la quale sarebbe più difficileguardare le stelle. Da quando ho capito che mipiaceva così tanto scrivere di pittura, non ho esitatoun solo momento a confondermi con gli artisti e soprattutto ho amato, e amo sempre, raccontare la loro storia. Tutte le storie dei loro mondi. Non peressere un intruso, ma per sostituire talvolta alla lorovoce la mia, per provare a dire con parole il senso e lo strazio del colore. Fin dai tempi della mia tesi di laurea, dedicata come una vera, folgorantescoperta alla scrittura di Roberto Longhi, ho semprepensato con passione a quelle che il grande storicodell’arte definì le “equivalenze verbali”. Non ho maivoluto che la parola gareggiasse con l’immagine

o con il colore appunto, e peròho sempre pensato che laparola potesse accompagnarel’immagine. Per crearne dinuove, perché le prime fosserounite, ma non giunte, alleseconde. In una situazione di totale armonia. Dove

Vincent van GoghIl postino JosephRoulin, 1888 Boston, Museumof Fine Arts

Claude MonetCampo di papaverivicino Vétheuilparticolare, 1880collezione privata

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si vedessero insieme, senza confondersi.Fu in quel momento di giovanile entusiasmo,

e che per fortuna sento durare tuttora, che vennel’incontro con Antonio, Gaspare, Fiorenzo e GiancarloLucchetta. Un incontro che si generò proprio suquesta folgorazione comune nei confronti dellapittura, e della pittura contemporanea in modoparticolare. Non ho conosciuto mai persone in questaguisa, tanto innamorate dell’arte da sentirla come unavera forza. E mentre conducono industrie, mentresvolgono il loro quotidiano lavoro di progettazione e gestione, mentre risolvono problemi come pochevolte ho visto fare e portano le loro aziende semprepiù in alto, lasciano che questa risorgiva carsica che èper loro la pittura non cessi mai di affiorare, difluttuare nell’aria come una polla infinita. Forse lapittura come una medicina? Come un unguentomiracoloso a lenire le ferite della quotidianità? Iocredo di sì, ne sono intimamente convinto. Come se

tutta la bellezza dell’arte potesse poi, per i fratelliLucchetta, ammantare la vita intera e rendere ancheil lavoro una conseguenza della bellezza stessa.

Sarebbe sufficiente che voi che adesso leggetequesta mia breve nota partecipaste, normalmenteil mattino presto, e normalmente nell’ufficio delsignor Gaspare, a una delle tante riunioni cheabbiamo fatto in questi vent’anni. Per decideresponsorizzazioni certo, ma ancor di più per parlaredi pittura e magari, mentre siamo lì noi cinqueinsieme, improvvisamente telefonare a un pittore,metterlo al corrente di un nuovo progetto, perchénon si sta nella pelle e si desidera raccontare.Già, il senso del racconto. Per i fratelli Lucchettala pittura è racconto di una tensione interiore cheli abbaglia, li attanaglia se vogliamo usare unarima interna. E questo racconto sentono il bisognodi vedere trascritto proprio in lei, nella pittura.Che quindi si fa persona con cui dialogare,

Paul GauguinDonne di Tahitio Sulla spiaggia, 1891Parigi, Musée d’Orsay

Claude MonetLa cattedrale di Rouen, effetto di sole, 1894 Boston, Museum of Fine Arts

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attraverso cui emozionarsi, nella quale adagiarsinell’intensità di uno sguardo.

E poi il senso della coralità nel fare. Sentirsi direda uno tra loro: “Ma ne hai parlato anche con ifratelli?”, come a significare che solo dall’assunzionecomune di una responsabilità può scaturire unadecisione. L’essere insieme anche davanti alla pittura,essere collezionisti per poter, tutti insieme, tracciareuna storia la più ampia e completa possibile. Perchéin quattro si colleziona meglio e di più che da soli.Così che le collezioni rispettive si rispondano l’unacon l’altra come un suono che si tende, come un’eco.E senza l’una avrebbero meno senso anche le altre. Questa è l’avventura dei fratelli Lucchetta nellapittura. E per questo, ne sono sicuro, è nata la lorovolontà di sponsorizzare le mostre, appoggiarle,aiutarle. Perché in ogni sponsorizzazione d’arteè presente anche la loro storia di collezionisti, il lorodesiderio di essere parte del racconto, sillaba cheaiuta a comprendere la bellezza. Hanno messoa disposizione mezzi per fare cose che sovente nonsi sarebbero potute fare. E avendole poi realizzate,hanno potuto vedere come ogni loro azione nonsia stata invano.

Come il senso della loro fatica si sia incarnatoin una prospettiva che non era solo concretezzama anche dono dello spirito, fascino della mente,creatività e verità. Sponsorizzare per loro è tuttoquesto, è porre il cuore accanto alla ragione.

Claude Monet Il Quai du Louvre1867L’Aia, Gemeente-museum Den Haag

Paul CézanneNatura morta conpaniere o Il tavolo1888-1890 circaParigi, Musée d’Orsay

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Palazzo Sarcinelli

Da questo privilegio di averli compagni nelcammino sono nate molte cose, nel senso dinumerose affinità. La prima, certamente, quellalegata agli anni di Palazzo Sarcinelli a Conegliano,quanto a dire tanta parte della migliore pitturaitaliana del secondo Novecento. E se nel 1991 si eracominciato con Zigaina, per proseguire due annidopo con l’amatissimo Carmelo Zotti, è dal 1998 inavanti che i fratelli Lucchetta hanno appoggiato inmodo sistematico l’attività della Galleria Comunaleconeglianese. Assecondando la mia decisione dimuovermi senza distinzione di generi trafigurazione, astrazione e informale. Soprattuttograndi mostre antologiche di autori nati tra gli anniventi e trenta, da Verna a Sarnari, da Bendini aPizzinato, da Strazza a Guccione, da Ruggeri aOlivieri, da Raciti a Ferroni, da Forgioli a Schifano,solo per dire di alcuni nomi fra i tanti.

Ma anche alcune esposizioni storiche assaiimportanti, che hanno portato incredibilmente a

Conegliano decine di migliaiadi visitatori ogni volta. Ah queitempi eroici… Almeno ricordarela mia prima, e amatissima,rassegna di carattere appena

un po’ internazionale, con i primi due Monet ottenutiin prestito, “Da Monet a Morandi. Paesaggi dellospirito”. E poi ancora “Roberto Tassi e i pittori.Ottocento e Novecento in Italia. Da Fattori a Burri”,che doppiava sul terreno della pittura italianala prima mostra da record di Casa dei Carraresia Treviso, di cui parleremo tra poco.

E poi nel 2000, sempre come doppio di Casa dei Carraresi, “Da Courbet a Manet. La scuola di Barbizon e l’impressionismo. L’opera su carta”,fino all’ultima mostra venuta sotto la mia direzionedi Palazzo Sarcinelli, la settantacinquesima dal1988 al 2002, “Da Ca’ Pesaro a Morandi. Arte in Italia 1919-1945 dalle collezioni private”, una tra le più dense di qualità fra tutte quellein quel luogo proposte.

Conegliano, e Palazzo Sarcinelli, si sono semprepiù venuti imponendo in quei quindici anni comelo spazio in cui era possibile vedere, e conoscere,la verità della pittura in Italia. I fratelli Lucchettae il Gruppo Euromobil sono stati fondamentalicompagni di viaggio e d’avventura, entro la misura

di una crescita parallela che privilegiava la qualità.Il nome Euromobil, credo di poterlo dire, venivasempre più con quelle mostre associandosi adalcuni tra i nostri maggiori pittori, creando il sensodi una identificazione che univa la qualità delprodotto industriale alla volontà di essere sempreal centro degli eventi artistici.

Sono stati, quegli anni meravigliosi, che siricordano con nostalgia, il punto di contatto nonsolo con l’opera di molti pittori, ma anche con tuttele loro storie, i loro destini. Per il senso di unacondivisione che sento ancora oggi come una trale cose più vere che i fratelli Lucchetta abbianomesso in gioco. E certo alcuni amori più fortie resistenti di altri, perché sempre anche lapassione li guida.

È stato, Palazzo Sarcinelli, il luogo di una primascoperta, il senso di una presa di coscienza di cosapoteva essere, moderna più che mai, unasponsorizzazione. Non il solo garantire denaro perun progetto, ma il lasciarsi coinvolgere dentrol’incanto e la meraviglia della bellezza.

Mario SchifanoOrto botanico, 1983collezione privata

Piero GuccioneGrande spiaggia, 1998collezione privata

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Casa dei Carraresi

Non sarà certo questo il momento per rifareancora una volta la storia di cosa siano state, nelpanorama nazionale ma non solo, le cosiddettemostre sull’impressionismo nella Casa dei Carraresia Treviso. Nate da un accordo tra FondazioneCassamarca e Linea d’ombra, hanno visto per seianni il Gruppo Euromobil quale sponsor principale,che ha così consolidato, e visto crescere a dismisura,il suo ruolo, e la sua riconoscibilità, nel vastoscenario culturale italiano. Ma di più europeo, se,come vedremo tra poco, proprio le mostre di Trevisohanno creato quella notorietà internazionale che nel2003 ha convinto il Louvre e il Musée d’Orsay achiedere ai fratelli Lucchetta, attraverso lamediazione di Linea d’ombra, di sponsorizzare dueimportanti mostre parigine di quella primavera.

Treviso è stata per sei anni il laboratorio a cuitutti hanno guardato, interessati e anche invidiosi.Si capiva in modo dirompente per la prima voltacome una piccola città di provincia potesse realizzarerisultati, in termini di visitatori, anche di moltosuperiori alle grandi capitali dell’arte, non soloitaliane ma addirittura mondiali.

Due tra le sei mostre realizzate, quella dedicata a“Monet. I luoghi della pittura” nel 2001 e quelladell’anno successivo, “L’impressionismo e l’età di VanGogh”, si sono anzi piazzate, con i rispettivi 420.000e 602.000 visitatori, tra le prime dieci mostre piùvisitate nel mondo nelle relative stagioni espositive.E per tre anni consecutivi le mostre di Treviso sonorisultate le più frequentate in Italia, arrivando tral’altro a totalizzare due milioni di persone entratenella Casa dei Carraresi in sei rassegne.

Paul CézanneLa signora Cézannesulla poltrona gialla1888-1890Basilea, FondationBeyeler Riehen

Pierre-AugusteRenoir, Una bagnante1885-1890Londra, NationalGallery

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Si è trattato di un vero e proprio fenomenonazionale, come molti sicuramente ricorderanno.L’Italia si era fino a quel momento assai pocosoffermata sulla grande stagione dell’impressionismo,per cui per il pubblico questa pittura, pur cosìconosciuta dai libri fin dalla giovinezza, era un fattorelativamente nuovo nella visione diretta. Pensareche in una piccola città come Treviso si fossecoltivata l’ambizione di far giungere capolavori comele ninfee di Monet, le nature morte di Cézanne, lacamera da letto di Van Gogh, le donne tahitiane diGauguin e una infinità di altre cose, faceva scattareun vero e proprio corto circuito come mai più èavvenuto nella pur trafficatissima, soprattuttosull’esempio di Treviso, storia espositiva italiana degliultimi dieci anni. L’imperativo era esserci a ognicosto, per partecipare a una sorta di rito collettivo.

Godere della bellezza nel momento stesso in cui simanifestava.

Venne dunque il fenomeno delle lunghe code divisitatori in paziente attesa di entrare nella Casa deiCarraresi. Quelle foto fecero tante volte il giro deigiornali italiani ma non solo. Ricordo che fui invitatoal Louvre per rappresentare in un convegno l’unicocaso fuori di Francia sul fenomeno montante dellegrandi mostre, o dei Grandi Eventi come di lì a pocovennero nominati. Sembrava incredibile che tuttoquesto fosse cosa di una piccola città come Treviso.

Il Gruppo Euromobil diede il suo fondamentalecontributo. E in un modo, soprattutto, che non erail solo concedere denaro per una sponsorizzazione.Non sarà tra l’altro inutile ricordare a questoproposito la bella mostra antologica su SaverioBarbaro, uno tra i maggiori artisti veneziani del

Edouard ManetL’amazzone, 1875San Paolo, Museu deArte de São PauloAssis Chateaubriand

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secondo Novecento, che alla Casa dei Carraresitoccò un suo importante punto di approdo. Ma poii fratelli Lucchetta decisero che le mostre sugliimpressionisti di Treviso dovevano diventare lacoperta in cui avvolgere l’azienda, il luccichiodorato che doveva condurre alla scoperta del loroprodotto che intanto andava sempre più salendodi qualità. Intelligentemente non si accontentaronodi porre il loro logo accanto a quello degli altri,ma scelsero di rilanciare. Creando, accanto aquelle sempre motivatissime delle mostre, unapropria campagna pubblicitaria di prodotto, cheperò dall’immagine della mostra annuale partiva.Fu una scelta non passiva ma attiva, che credoabbia molto pagato e che denota, se ce ne fossebisogno una volta di più, la lungimiranza deiquattro fratelli Lucchetta.

Le mostre insomma non erano cosa sola dellaFondazione Cassamarca o di Linea d’ombra, maerano cosa anche del Gruppo Euromobil. VanGogh e Monet, Cézanne e Gauguin, Picasso eMatisse erano del Gruppo Euromobil e per ilGruppo Euromobil. Euromobil aveva deciso diaccorciare la distanza tra il pubblico e le opere, tra

il pubblico e quei mostri sacri della pittura. Credofermamente che questo sia stato uno dei motividella bontà del rapporto professionale tra GruppoEuromobil e Linea d’ombra. Motivo che haconsentito anni di successi e consente oggi nuoviprogetti. La scuola ci aveva abituati a sentire lastoria dell’arte come qualcosa che veniva impartitoda un’alta torre d’avorio, nelle cui stanze unasparuta pattuglia di studiosi si appropriava delsenso delle cose. Non voglio parlare didemocratizzazione dell’arte, concetto che cosìespresso non mi è mai piaciuto, ma certo dipossibilità nuova di accesso all’arte sì.

Il Gruppo Euromobil ha fatto la sua parte inquesto, con orgoglio e narrando una storia chefaceva procedere di pari passo la crescita delle treaziende con la crescita vertiginosa dei progettiespositivi di Treviso. I progetti più riusciti nasconospesso da un incontro, chissà se casuale, in unpunto preciso dello spazio e del tempo, su unastrada. Quando coloro che s’incontrano hanno, inquell’esatto momento, le stesse esigenze, le stessenecessità, i desideri medesimi. Questo io penso siastato il mio incontro con i fratelli Lucchetta.

Pierre BonnardGrande paesaggio del Midi, 1945Milwaukee ArtMuseum

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Brescia e le grandi mostre a Santa Giulia

Conclusa a inizio 2004 con il grande successodella mostra “L’oro e l’azzurro. I colori del Sud daCézanne a Bonnard”, l’avventura alla Casa deiCarraresi, veniva per me e per Linea d’ombra lagrande e difficile scommessa offerta dallacollaborazione con la città di Brescia, nelbellissimo, ma poco noto, Museo di Santa Giulia.La richiesta dell’Amministrazione comunale,insieme alla Fondazione CAB e alla FondazioneBrescia Musei, era quella di rivitalizzare quelMuseo da poco riaperto, facendolo conoscereal grande pubblico grazie alla realizzazionedi quelle grandi mostre che avevano fattola fortuna di Treviso.

Dopo cinque anni di esposizioni, e dopo quasidue milioni e mezzo di visitatori passati per SantaGiulia, si può certamente dire che quellascommessa è stata vinta. Oggi il museo brescianoè un luogo invidiato in Italia e nel mondo, per lasua storia recente, per le sue collezioni permanenti,per le strutture perfette al servizio della sicurezzadelle opere.

Il Gruppo Euromobil ha scelto da subito diappoggiare il progetto pluriennale che avevodenominato “Brescia”. Lo splendore dell’arteentrando ancor di più, rispetto agli anni di Treviso,nel cuore delle mostre. Il ruolo di Euromobil neglianni di Brescia è stato sicuramente quello di unpartner che ha contato molto, di certo conreciproca soddisfazione. Nei primi tre anni (“Monet,la Senna, le ninfee” nel 2004, “Gauguin/Van Gogh.L’avventura del colore nuovo” nel 2005, “Turner egli impressionisti. La grande storia del paesaggio

moderno” nel 2006) Bresciaha avuto la mostra più visitatad’Italia nella stagione,rispettivamente con 431.000,541.000 e 351.000 visitatori.Nelle prime due circostanzeè entrata anche nella classificadelle dieci più visitate almondo nell’anno diriferimento e addirittura conquella, colma di assoluticapolavori, dedicata aGauguin e Van Gogh, si è

Paul GauguinBonjour MonsieurGauguin, 1889Los Angeles, TheArmand HammerCollection, dono dellaArmand HammerFoundation, HammerMuseum

Vincent van GoghTronchi d’albero con edera, 1889Amsterdam, VanGogh Museum(Vincent van GoghFoundation)

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attestata al quarto posto al mondo. Immaginare chetutto questo sia capitato a Brescia, anche grazie alGruppo Euromobil, beh, lasciatemelo dire, fa uncerto effetto. Se pensiamo che Brescia si èposizionata davanti a tutte le grandi capitali delmondo…

Ma gli anni di Brescia non sono nella miamemoria solo grandi numeri di visitatori. Sonoancor di più la relazione sempre più stretta contutti i musei sparsi nei vari continenti, dai piùgrandi e famosi ai più piccoli. E poi con molti, egelosissimi dei loro tesori, collezionisti privati. Chepure siamo stati capaci di sollecitare al prestito ditanti capolavori. Il Gruppo Euromobil ha collocatoil proprio nome accanto a tutte questefondamentali relazioni per il miglior risultatodell’impresa. È entrato nella testa, oltre chedi milioni di visitatori, anche in quella di grandidirettori e curatori.

E poi Brescia, con i suoi spazi museali, haconsentito di variare l’offerta culturale. Quindinon solo le grandi mostre con i grandi nomi, maanche grandi mostre assai più difficili per ilgrande pubblico, e tuttavia ugualmente molto

visitate. Penso ovviamente alle ultime due, quellaintitolata “America!”, sulla cultura americana delXIX secolo, un fondamentale progetto culturalesostenuto da tutti i principali musei statunitensi earricchita anche dalla gemma di un convegnointernazionale di prim’ordine per qualità deipartecipanti. E a quella dedicata ai disegni di VanGogh, spazio segreto e sconosciuto di un artistaperfino troppo conosciuto.

Joseph MallordWilliam TurnerTramonto sul lago1840 circaLondra, Tate Gallery

a sinistraFrederic EdwinChurch, Le cascate del Niagara sulversante americano1867 Edimburgo, The National Gallery

I fratelli Lucchettacon Marco Goldin e Mike Bongiorno all’inaugurazione dellamostra “America!”.

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Penso anche alla mostra che per la prima voltain Italia ha presentato l’attività di unostraordinario artista come Millet, oppure a quellache ha gettato luce nuova sul lavoro di Mondrian,e soprattutto sul suo versante figurativo, quasi deltutto ignoto. Ma penso anche alla lunga serie dimostre di studio e approfondimento su alcuni trai maggiori pittori italiani della prima metà delNovecento, da Gino Rossi a Scipione, da Mafai

a De Pisis, da Pirandelloa Licini, solo per dire dialcuni. E penso ovviamentealla comune passione che

abbiamo ripreso a coltivare a proposito dellapittura italiana contemporanea. Mostre importanti,e documentate sempre da cataloghi significativi,su Zigaina e Guccione, su Olivieri e Sarnari,su Ruggeri e Forgioli, su Lavagnino e Zotti,su Gianquinto e Guarienti. Nomi che ancorauna volta indicano il livello alto delle scelte,che hanno visto il Gruppo Euromobil in primafila nel sostenere esposizioni, come queste,che grazie al flusso di visitatori giunti inSanta Giulia hanno attinto un pubblico tantoampio come nemmeno lontanamente eramai capitato altrove.

William Merritt ChaseStudio di ragazza1884 circaNew York, NationalAcademy Museum

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Brescia insomma, prima di altri e nuoviprogetti, ha rappresentato per il GruppoEuromobil un consolidamento nellasponsorizzazione di eventi d’arte. Certamente unaccrescimento nella simultaneità e nella qualitàdella proposta, come mai era accaduto prima.Forse un modello da seguire.

Da chi ha vero amore per l’arte. Di certo la dimostrazione che i quattro fratelli

Lucchetta hanno saputo credere fino in fondo nelmeraviglioso, come ha scritto Goethe.

Vincent van GoghSentiero di notte in Provenza, 1890Otterlo, Kröller-MüllerMuseum

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Leonardo da VinciRitratto di Isabella d’EsteParigi, Musée du Louvre

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Parigi, oh cara…

Mentre nel 2002, a Parigi, ragionavo con ildirettore del Musée d’Orsay e i responsabili dellaRMN di alcuni prestiti molto importanti per lemostre di Treviso degli anni successivi, mi vennefatta la richiesta di immaginare uno sponsoritaliano per due grandi esposizioni che sisarebbero svolte la prima al Louvre e la secondaproprio a Orsay, nella primavera dell’annosuccessivo. Ovviamente il mio pensiero corseimmediatamente agli amici del Gruppo Euromobil,con la certezza che i quattro fratelli avrebberosaputo cogliere un’occasione di tale portata.

Si trattava infatti di due mostre di persé straordinarie (“Léonard de Vinci. Dessinset manuscrits” e “Le daguerréotype français.Un objet photographique”), tra l’altro addiritturaa cinquant’anni da quando la Francia rese perl’ultima volta omaggio al genio italiano.

Apparve subito chiaro che Parigi rappresentavaper il Gruppo Euromobil un palcoscenico alcentro del mondo, partner loro di due tra i museipiù famosi e visitati del pianeta. Il lavoro cheormai si andava realizzando a Treviso trovava unprimo, certo fondamentale compimento in quellacollaborazione che presto si strinse e che significòl’essere parte attiva in progetti internazionalilanciati da Parigi.

Euromobil sponsor principale della mostradi Leonardo al Louvre aveva il tono alto di unascommessa vinta, la dolcezza di un accostarsial mistero più profondo dell’arte, l’essere in quelfamoso punto preciso in cui si crea l’evento.

Fu infatti un’esposizione con i connotatidell’eccezionalità, ospitata nella sede checustodisce il più alto numero di capolavori diLeonardo al mondo. Con il contributo di ventottoistituti e musei, francesi e stranieri, sono statiriuniti sessanta disegni di Leonardo e, tra essi,alcuni dei più preziosi studi per l’Adorazione deiMagi, La Vergine delle rocce o La Vergine colBambino e sant’Anna. Un’evocazione magistrale,e quanto mai rara da poter vedere, del geniodisegnativo di Leonardo e della sua cerchia.

Ad aggiungere carattere di unicità a questamostra, anche l’esposizione di dodici manoscritti,con le riflessioni e gli schizzi tracciati dall’artistalungo tutta la sua vita. Si è realizzata così lastraordinaria opportunità di apprezzare le “due

scritture” di Leonardo: quella del letterato, delmaestro, del poeta che ha descritto la misteriosabellezza del mondo e quella dell’artista che, comeper piegare la mano al ritmo del suo pensiero,o al contrario per controllarne lo slancio,a margine delle annotazioni ha tracciato rapidie incisivi disegni.

L’altra mostra sponsorizzata con lungimiranzadal Gruppo Euromobil ha avuto erealizzato un obiettivo ambizioso: perla prima volta valorizzare ildagherrotipo francese nella suamolteplicità di impieghi e studiarlo inquanto vero e proprio fenomenosociale negli anni quaranta del XIXsecolo. Il Musée d’Orsay, sede diquest’esposizione unica e preziosa perl’arte che indaga, conserva più di

I fratelli Lucchettaa Parigi davanti alMusée du Louvre.

Leonardo da VinciStudio per la testa di un guerrieroBudapest,SzépmüvészetiMúzeum

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Guerrier, Ritrattopubblicitario1845 circaChalon-sur-Saône,Musée Nicéphore-Niépce

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cinquantamila fotografie e negativi, una collezionestraordinaria che ha deciso di maggiormentevalorizzare dedicandogli, nel 2002, un’ala del proprioedificio. Al dagherrotipo, dunque, agli albori diquella che nasce come una tecnica maimmediatamente anche come un’arte, Orsay hadeciso di consacrare questa mostra, forte di circatrecentocinquanta opere. Il più importantecontributo scientifico ed espositivo sulla preistoriadella fotografia, scritta con documenti eccezionalia partire dagli inizi degli anni quaranta delXIX secolo, quando l’uomo, in tutti i campi, èlanciato alla conquista della modernità.Quest’invenzione cade infatti in un’epoca che nonconosce limite nelle proprie scoperte. I progressiscientifici – e le conseguenti rivoluzioni estetiche –sono inarrestabili: in meno di trent’anni, come

François-Alphonse FortierNature morte 1839-1840Parigi, Société française de photographie

ricorda Théophile Gautier, sono state scoperte emesse a punto “la locomozione a vapore sulla terracome sul mare, il gas, il telegrafo e l’illuminazioneelettrica, la galvanoplastica e il dagherrotipo”.

Quest’ultimo, nel realizzare al tempo stesso ildesiderio di vero e di immaginazione, la riproduzionedel reale e l’illusione, si consacra come una delle artipiù rappresentative del suo tempo. Sostenendo alloracon passione questi due progetti, ancora una volta,nel momento giusto, i fratelli Lucchetta hannomostrato uno sguardo lontano. Come sempre, starenel presente per leggere il futuro.

Marco Goldin

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Trent’anni di editoria d’arte

Il contributo del Gruppo Euromobil al mondodell’arte non si limita al sostegno di singoli artisti ealla sponsorizzazione di mostre di importanzainternazionale. Risulta infatti fondamentale anchelo studio e la documentazione critica delle opere,attraverso la realizzazione di cataloghi e libri d’artea cui si aggiungono grafiche d’autore a tiraturalimitata e calendari dedicati.

Nel corso degli anni i fratelli Lucchetta hannoincontrato critici e storici dell’arte di grandeautorevolezza. Possiamo ricordare, a puro titolod’esempio: Giuseppe Mazzariol, Enrico Crispolti,Philippe Daverio, Giorgio Di Genova, FlaminioGualdoni, Claudio Cerritelli, Luciano Caramel,Dino Marangon, Toni Toniato, Mario De Micheli,Giovanni Granzotto, Giuliano Menato, MarcoGoldin, Achille Bonito Oliva ed Enzo Di Martino.I loro contributi sono serviti ad arricchireulteriormente la letteratura critica ela documentazione scientifica degli artistiveicolandone la conoscenza a un pubblico semprepiù ampio. D’altro canto, il calendario e la graficad’autore, pur avendo a loro volta il ruolo distrumenti di diffusione dell’arte, sono anche mezzidi comunicazione per il Gruppo Euromobil; fin dal1990 l’azienda dedica, infatti, un calendario a unpittore o a uno scultore contemporaneo chediffonde attraverso i propri agenti di zona,fornitori, clienti e appassionati d’arte.

L’impegno dell’azienda nelmondo della cultura non ècoinciso soltanto con le artivisive. Altri ambiti, quali laletteratura, la musica, il teatroe la poesia hanno costituito,per i fratelli Lucchetta, unvasto campo di interessi

entro il quale operare conimpegno e passione.Significativo è risultatol’interesse per la figuradi Pier Paolo Pasolini,così come per il poetaAndrea Zanzotto.

Nel corso degli anni ilGruppo Euromobil hacontribuito allapubblicazione di oltretrecento cataloghid’arte attraverso lepiù importanti caseeditrici: Electa, Skira,Silvana Editorialee Linea d’ombra.Dal 1990 l’aziendadedica inoltreun calendario a unartista contemporaneoche diffondeattraverso i propriagenti di zona,fornitori, clienti eappassionati d’arte.

1990 Pino Castagna1991 Carmelo Zotti1992 Lino Dinetto 1993 Saverio Barbaro 1994 Vittorio Basaglia 1995 Ennio Finzi1996 Gino Silvestri1997 Brigitte Brand 1998 Giorgio Celiberti 1999 Natalino

Andolfatto 2000 Carmelo Zotti 2001 Claudio Verna 2002 Guido Strazza 2003 Fabrizio Plessi 2004 Piero Ruggeri 2005 Attilio Forgioli 2006 Vicente

Pimentel 2007 Riccardo Licata 2008 Paolo Patelli 2009 Alberto Biasi

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Giuseppe Zigaina su Pier Paolo Pasolini

Tra i maggiori interpreti di Pasolini vi è l’artistaGiuseppe Zigaina, riconosciuto tra i più importantipittori della sua generazione ma anche noto peraver pubblicato alcuni saggi che hanno contributoa fornire nuove interpretazioni critiche ebiografiche sull’opera del poeta. Oltre a occuparsidell’intero corpus letterario, Giuseppe Zigaina hadato corso a un’attenta analisi dei disegni edell’opera pittorica di Pasolini. Si è occupatopersonalmente della loro catalogazione, del lorostudio, e, in certi casi, del loro restauro. Tuttal’opera pittorica è stata poi esposta per la primavolta nel Museo di Roma in Palazzo Braschi e inseguito nei principali musei d’Europa e d’America

con la presentazione critica di Achille Bonito Olivae il sostegno indispensabile del Gruppo Euromobil.

Esposizioni simili si sono avute anche a Madrid,presso l’Istituito Italiano di Cultura. Con il titolo“Pier Paolo Pasolini un misterio puramenteintelectual” sono state esposte le fotografiedel poeta che Zigaina ha realizzato negli anni dellaloro amicizia, e diversi disegni, come i numerosiritratti di Maria Callas.

Tutto questo lavoro condotto da Zigainasull’opera di Pier Paolo Pasolini – una produzioneeditoriale che è stata poi tradotta nelle principalilingue del mondo – non sarebbe stato possibilesenza il continuo sostegno dei fratelli Lucchetta;ed è l’artista stesso a riconoscerlo: “hanno credutoin me con una fiducia che va al di là di ogniimmaginazione. La loro è stata un’intuizione,più ancora, un’empatia verso il mio lavoro e la miapersona”. Scrive, in seguito, Zigaina in un testoa loro dedicato:

“Ho sempre avuto, con il Gruppo Euromobil, deirapporti di lavoro estremamente semplici, diretti efondati su una reciproca stima. Ed essendol’obiettivo di chi lo dirige il continuoperfezionamento dell’odierno design – che poi èuna ricerca sull’estetica e nel contempo sullafunzionalità del prodotto industriale – lasensibilità dei quattro fratelli Lucchetta, tutti diantica origine artigiana, si è fatalmente estesaall’arte visiva e quindi a un collezionismo che, perla diversità delle scelte, dà testimonianza dellequattro distinte personalità di cui parlo.

Il primo a raccontarmi la storia del Gruppoè stato Andrea Zanzotto, il solitario poeta di Pievedi Soligo che condivide, visivamente, con i quattrofratelli il vasto territorio collinare che si espandea nord-ovest verso Treviso. Sono stati loro infatti,i quattro Lucchetta, a farmi ripensare a mio padrefalegname che io – la sera, quand’ero bambino –vedevo sempre lavorare sotto una lampada chesembrava illuminare solo le sue mani, con la destrasempre fasciata. Così, quando più tardi mi accorsiche anche Antonio, il più grande dei fratelli, avevauna mano ferita, mi venne in mente il poeta-cantore Väinämöinen, che in un’isola sperdutadei Mari del Nord si era ferito costruendo la barcache doveva portarlo nella Valle di Giosafat.

Tanto che poi, per recuperare l’uso della mano

Il Gruppo Euromobilha stimolato lo studiodella poliedrica figuradi Pier Paolo Pasolinisponsorizzando ilvolume Dessins etpeintures de P.P.Pasolini con testi diAchille Bonito Oliva eGiuseppe Zigaina.L’intensa mole distudio e di ricercheche Zigaina ha rivoltonegli anni alla figuradi Pasolini è statainoltre pubblicatadall’editore Marsiliograzie al contributo eal sostegno deifratelli Lucchetta.

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e poter ultimare il suo lavoro, ha dovuto ricorrerealle tre parole magiche del Gigante Antero. C’è dadire che Pasolini, leggendo Mircea Eliade, lo storicodelle religioni da lui più amato, ha scoperto che levicende di Väinämöinen costituivano, in realtà, la‘ripetizione sacrale’ del grande mito della secondametà dell’VIII secolo a.C., e cioè quello di Giona.

E così, dato che a soli tre anni (come raccontavaa tutti mia madre…) mi ero innamorato del‘mosaico dei pesci’ della vicina Basilica di Aquileia,accade che un’estate abbia portato i quattrofratelli Lucchetta a vedere il mosaico che nel 1949aveva folgorato Pasolini.

Dopo quel giorno, ho pensato che Pier Paolo,nel silenzio della basilica rotto soltanto dal tubaredelle colombe, si è scoperto poeta, cantoree costruttore di barche, intese come mezzi dicomunicazione mai prima concepiti da nessuno.

Il ‘Trasumanar’ di Pasolini dalla vita terrena allavita vera del Dopo – un passaggio profetizzatodapprima per il 1969 e rinviato poi al 1975, perla tenerezza che sentiva per Maria Callasinnamoratasi di lui – si è rivelato sul piano ritualecome la ‘terza ripetizione’ del mito di Giona.Scrive l’autore in Preghiera su commissione (1969):‘L’ultima ripetizione nella catena delle ripetizioni’.In particolare, Pasolini scrive:

Perciò ho commissionato dei versiper pregare dentro a questo spazio sacro(dove, a dire il vero, non vado a piedi nudi).[Versi che in sostanza significano: Perciò ho

commissionato la mia morte: per pregare dentro alrecinto sacro di Ostia (dove io, da cristiano delleorigini, entrerò senza togliermi le scarpe.) Cosa cheavrebbe fatto invece se fosse stato di religionemusulmana; n.d.r.]

Solo che il poeta di Casarsa, per finire la suabarca, non è andato a chiedere le tre parolemagiche al Gigante Antero – così come aveva fattoprima di lui Väinämöinen – ma a Dante Alighieri.

Le tre parole infatti sono quelle della secondametà del verso 136 del XXX canto dell’Inferno:“Qual è colui che suo dannaggio sogna”. Un versodi sette parole che Pasolini riduce a sei, cheriprendono la domanda che egli stesso si ponein ‘Battute sul cinema’ di Empirismo eretico:‘Dovrò rendere conto, nella Valle di Giosafat, della

debolezza della mia coscienza davanti alleattrazioni, che si identificano, della tecnica e delmito?’.

Quando l’autore, nell’ottavo capitolo di Unadisperata vitalità, profetizza il luogo del suomartirio, pone il nome di Ostia (= vittimasacrificale) al centro della triade ‘Ravenna, Ostia,Bombay’; e aggiunge che è uguale. Per dire, da unaparte, che si trattava di tre ruderi di antiche civiltàsulle rive del mare, ma anche, dall’altra, permettere in evidenza che a Ravenna, città dell’anticocasato dei nobili Pasolini, era sepolto DanteAlighieri.

Una volta le barche, specie se a vela, eranoquegli indispensabili mezzi di comunicazione che,se nell’estremo nord consentivano agli uomini solodi sopravvivere, facevano sì che gli abitanti diAlessandria d’Egitto, ad esempio, potesseroraggiungere in soli dodici giorni Aquileia.Sennonché, mentre le barche di legno invecchianoirreparabilmente (e io, con Gaspare, ne soqualcosa!), la morte sacrificale di un autore comePasolini, da lui stesso concepita, teorizzata eprofetizzata come ‘relogificazione’ della totalitàdella sua opera-vita, sembrerebbe diventare invece,e proprio sul piano comunicativo, una barca, nondico veloce, ma estremamente sicura.

Per chiudere questa breve testimonianza informa di fiaba, vorrei esortare i miei amici di Pievedi Soligo a rendere sempre più efficace la lorodecisione di far conoscere al mondo la produzionedel Gruppo Euromobil attraverso l’immagine di ungrande poeta come Pier Paolo Pasolini. Perché lui,pur essendosi definito ‘una forza del passato’, si èrivelato, dopo la sua morte sacrificale, come unautore ‘più moderno di ogni moderno’.

Il tutto sancito da questo fondamentaleavvertimento: ‘Nessuno potrà dire di conoscermiveramente se non dopo che io sarò morto’.

D’altra parte, nel secondo capitolo di Unadisperata vitalità il nostro autore, ripeto, ha fattoprecedere i suoi versi da questo corsivo traparentesi: (Senza dissolvenza, a stacco netto,mi rappresento in un atto – privo di precedentistorici – di ‘industria culturale’).

Dopo di che, sempre scherzando, ha detto laverità: ‘Io volontariamente martirizzato…’ ”.

Giuseppe Zigaina

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Andrea Zanzotto I fratelli Lucchetta si sono interessati anche

all’opera e alla persona di Andrea Zanzotto,uno dei più significativi poeti contemporanei.Nato negli anni venti a Pieve di Soligo, è semprerimasto intensamente attaccato alla sua terra,allontanandosene di rado. Scorrendo la sua biografiasi nota facilmente come il legame con le origini neabbia caratterizzato non solo la vita, ma tutta l’operapoetica. Ecco allora che fra tante presenzepartecipative a mostre, eventi grandi e piccoli, inItalia e all’estero, c’è un costante apprezzamento perl’opera di Andrea Zanzotto con interventi disostegno ad attività a lui legate. È lo stesso poeta aricordare i rapporti amicali tra le due famiglie.

Ma partiamo dall’inizio di questa bella e larga“avventura”, dalla vita semplice ma segnata da

tante sofferenze, come per tutti nel periodo tra ledue guerre, delle famiglie Lucchetta e Zanzotto.

Ricorda lo stesso poeta:

“Le famiglie di Giovanni e Carmela Zanzottoe di Luigi e Luigia Lucchetta si frequentavano,abitando tra la Cal Santa e il Borgo Stolfi, nellaparte più vecchia del paese. Mio padre, Giovanni,era impegnato nell’affresco e nel restauro dichiese, ville, capitelli, e promotore di scuolecomunali di avviamento professionale e d’arte siaa Pieve di Soligo (1946-1950) che, prima, a SantoStefano di Cadore (Belluno) negli anni 1928-1930.Luigi Lucchetta intanto, coadiuvato dai figli,avviava un laboratorio di falegnameria cheè diventato ben presto una realtà importantedella Marca Trevigiana. Il figlio maggiore,Antonio, frequentò i corsi serali di disegnodi mio padre, come molti dei futuri imprenditoridella zona, e aggiungeva conoscenza alla praticatradizionale dell’impresa di famiglia. I fratellipiù giovani erano impegnati in corsi scolasticiregolari che abilitavano alla dirigenzaresponsabile dei vari settori dell’industria in viadi espansione, fornendo informazioni culturaliaggiornate”.

Così il Gruppo Euromobil si sviluppa e sostieneeventi culturali legati ai vari settori dell’arte e dellaletteratura e alle attività sportive (ciclismo, calcio,pallavolo e basket).

Per Zanzotto i Lucchetta sostengono l’uscitadi cofanetti musicali (Rivo Alto) con testi del poetae musiche di Mirco De Stefani, con concerti aVenezia nella prestigiosa sede della FondazioneCini. “Contribuiscono altresì alla miacollaborazione con vari artisti; sono state prodottecartelle d’arte e libri ‘illustrati’ da Vedova,Pizzinato, Dorazio, Pasolini, Schifano, Santomaso,Zotti, Giò Pomodoro, Murer, Carla Accardi,Zigaina, Fellini” (per il regista riminese Zanzottoha scritto testi per tre film). Nel 2001, per gliottant’anni del poeta, il Gruppo Euromobil, incollaborazione con la Fondazione Teatro La Fenicedi Venezia, presenta a Pieve di Soligo La piùbrutta opera di Giuseppe Verdi, prodotta dal “GranTeatrino La Fede delle Femmine” diretto daMargot Galante Garrone. Il poeta è presentenell’opera, in parte registrata come film,

Andrea Zanzotto nella sua casa diPieve di Soligo.

a destraI fratelli Lucchettacon le moglifesteggianol’ottantesimocompleanno delpoeta.

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con un preludio a viva voce nella parte del padredi Giovanna D’Arco.

Nel 2006 il Gruppo Euromobil è a fianco diRegione del Veneto, Comune di Venezia,Fondazione Cini, Fondazione Querini Stampaliae Università Ca’ Foscari per il Convegnointernazionale di tre giornate, una a Pieve di Soligoe due a Venezia; intervengono studiosi di molteuniversità e traduttori in francese, tedesco, inglesedelle opere del poeta.

Proiezioni di video, mostre, concerti, spettacoli,nelle tre giornate, in diversi luoghi di Pieve e diVenezia accompagnano studiosi, amici e quantiamano il poeta e la sua opera di poesia, dinarrativa, di critica letteraria, volta principalmentea cantare la bellezza del paesaggio via via rovinatoda un mal inteso progresso: sempre più controquesto sfregio alla natura, e non solo nel suoterritorio, si rivolge l’accorato appello di questoartista ormai isolato per età ma sempre più caro atanti, tantissimi appassionati, studiosi e traduttori.

Infatti, proprio in questo 2008 che volge allafine, per i suoi ottantasette anni, Andrea Zanzottoè stato festeggiato in relativa buona salute e con lamente e il cuore sempre protesi a continuarel’opera di salvaguardia della lingua minacciatadall’inglese globalizzante e della realtà umana enaturale, del cui fedele trasferimento alle futuregenerazioni dobbiamo tutti sentirci responsabili.Così i fratelli Lucchetta gli sono stati vicini nellemanifestazioni culturali che con lui sono stateproposte alla comunità in mezzo a cui vive.Il riconoscimento di giurie prestigiose el’apprezzamento di un pubblico preparato edesigente premiano gli sforzi appassionati di questiimprenditori che fanno onore a tutto il Paese.

Perché gli sforzi a dare sempre il meglio nelprodotto si accompagnano alla concretavalorizzazione e divulgazione dell’artecontemporanea. Ne fanno fede la promozione e ilsostegno di molte mostre a livello internazionale:“all’arte guardiamo per crescere e migliorarci…”sostengono i dinamici fratelli Lucchetta, giàseguiti in questi grandi propositi da figli e ormaiquasi da nipoti.

Come testimonianza di stima e apprezzamentoZanzotto ha donato a Gaspare e fratelli questiepigrammi, per un impegno giocoso, per una ilaritàriflessiva.

In questo progresso scorsoionon so se vengo ingoiatoo se ingoio.

Un gran bisogno in giro ora si sente:quello di un’assemblea prostituente.

Siedi con mesu divini divani:così conosceraile mie modestie sessuali.

Dovunque il guardo giroimmenso caos ti vedoper l’opre tue mi adiroti riconosco in me.

Il mondo gira maleperché spera di lucrareanche sul proprio funerale.

Andrea e Marisa Zanzotto

Gran parte del capitolo e i testi in versi sono trattida Andrea Zanzotto e Euromobilarte, in “l’Immaginazione”,n. 2, Manni edizioni, San Cesario di Lecce, 30 maggio 2007,pp. 57-58.

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Arte Fiera Bologna 2007, 2008 e 2009

“Essere sponsor di una grande mostra, cosìcome sostenere l’attività di alcuni tra i piùimportanti artisti italiani, per noi ha significato, esempre più significa, non solo offrire un contributoconcreto, ma soprattutto riconoscere un’identità diispirazione tra l’aspetto creativo del nostro lavoroe quello che ha portato alla genesi dei grandicapolavori dell’arte. Abbiamo perciò deciso disupportare Arte Fiera Art First 2007, per ilnotevole prestigio di tale evento, unitamente allostraordinario livello qualitativo delle opereproposte”.

La scelta del Gruppo Euromobil di parteciparein qualità di main sponsor a una manifestazionedi così grande interesse è indubbiamente legataall’importanza che essa assume in un contestoartistico di prestigio. Arte Fiera Bologna è infatti

una delle prime e più importanti mostre-mercatointernazionali. Diventa perciò significativa la sceltaoperata dai fratelli Lucchetta di comunicare il loroimpegno nel mondo dell’arte contemporaneaall’interno di una sede così prestigiosa. Nel corsodell’edizione del 2007 Euromobil accoglie ivisitatori in uno spazio di sosta denominato “Iluoghi dell’arte”. Si tratta di una struttura articolatae modulare realizzata dagli architetti RobertoGobbo ed Edoardo Gherardi. Al centro diun’ampia pedana trova posto un confortevoleambiente lounge, arredato con divani neri, mentreai lati sono disposti alcuni totem con impresse leimmagini delle maggiori sedi museali che hannoaccolto i principali eventi artistici realizzati dalGruppo Euromobil: il Musée du Louvre di Parigicon la mostra su Leonardo; il Guggenheim diBilbao con l’installazione di Fabrizio Plessi; ilMusée d’Orsay per la mostra sul dagherrotipofrancese; il Museo Correr di Venezia nuovamentecon Fabrizio Plessi e l’affascinante WaterFire;l’Ermitage di San Pietroburgo per l’esposizione diAugusto Murer nel 1986 e Alberto Biasi nel 2006;il Museo di Santa Giulia a Brescia, con leinnumerevoli esposizioni curate da Marco Goldin einfine la Casa del Mantegna a Mantova con le

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esposizioni di Alberto Biasi e Julio Le Parc.Fondamentale è stato inoltre il supportocomunicativo offerto dal critico Philippe Daverio:attraverso un filmato egli ha restituito al pubblicodi visitatori il senso integrale dell’impegnoappassionato che i fratelli Lucchetta e il GruppoEuromobil stabiliscono con l’arte.

Nell’edizione del 2008 la presenza dell’aziendaè segnata dal padiglione-installazione “I luoghidell’arte e i luoghi del design”. L’allestimento,completamente bianco, si contraddistinguevaancora una volta per eleganza e modernità. Al suointerno erano contenuti otto elementi d’arredoprodotti dal Gruppo Euromobil e realizzati daMarc Sadler, Roberto Gobbo, Edoardo Gherardi eJai Jalan. Di grande effetto è risultatal’installazione WaterFire di Fabrizio Plessi, il qualeè stato capace di trasformare, secondo la suapersonale visione artistica, due componenti didesign Euromobil per la cucina inserendo glielementi dell’acqua e del fuoco virtuali, per mezzodi un monitor. A coronamento dell’ampiopadiglione vi erano inoltre alcuni totem logo conschizzi di progetti, immagini e biografie di MarcSadler, vincitore di tre Compassi d’Oro, RobertoGobbo, da anni collaboratore del GruppoEuromobil, e dei giovani Edoardo Gherardi e JaiJalan, designer di origini indiane. Per quanto

riguarda il connubio Arte Fiera & GruppoEuromobil, è interessante registrare quanto hasostenuto Aldo Colonetti, direttore scientifico delloIED e direttore della rivista “Ottagono”, inoccasione dell’edizione 2008: “La presenza diEuromobil in Arte Fiera, uno degli appuntamentipiù importanti a livello internazionale dedicatiall’arte, è un ulteriore segno del cambiamento cheavviene nel rapporto tra arte, design e industria. Il modello progettuale è di grande interesse:un’azienda che costruisce valore e conoscenza coni suoi prodotti, senza dimenticare la ricerca,partecipando a iniziative, concorsi, sponsorizzazioniche mettono al centro la vocazione fondamentale:ovvero una costante e coerente ricerca in grado dimigliorare il nostro modo di abitare”. Nell’edizione

a sinistraI fratelli Lucchettainsieme a GianfrancoMarabelli, PhilippeDaverio e FabrizioPlessi nello standEuromobil di ArteFiera 2007.

in alto Stand Euromobilnell’edizione 2008.

a fiancoil sindaco di BolognaSergio Cofferati,Philippe Daverio e il presidente dellaFiera Internazionaledi Bologna LucaCordero diMontezemolo in visitaallo stand.

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2009 il Gruppo Euromobil ha scelto di interagirecon l’artista Alberto Biasi. Si sono perciò realizzatidei mobili di produzione del Gruppo assemblaticon il quadrato che rotola, un’inedita opera ottico-dinamica di Biasi che ha dato vita a un’originalecombinazione tra arte e design. L’allestimento,ideato dall’architetto Gobbo, comprendeva gliultimi ritrovati d’arredo dell’azienda, come la

poltrona Kara di Marc Sadler, un blocco cucinaautomatizzato, un divano e un letto ideati daRoberto Semprini e i giovani Edoardo Gherardie Jai Jalan, rivestiti con tessuti che riproducevanola sequenza dinamica del quadrato che rotola.Intervento ottico-cinetico che compariva congrande efficacia anche sul fronte di un armadiocon ante scorrevoli.

Per il terzo annoconsecutivo il GruppoEuromobil è mainsponsor di Arte FieraBologna. L’aziendaveneta presentaun’inedita operaottico-dinamica diAlberto Biasi cheinteragisce coni mobili di produzioneZalf, Désiréeed Euromobil, dandovita a originali esuggestivecontaminazioni traarte e design.La progettazione el’allestimento dellostand sonodell’architettoRoberto Gobbo.

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Il Premio Euromobil

Il Premio Euromobil è stato istituito a partiredall’edizione 2007 di Art First Bologna e vieneassegnato a un’artista, italiano o straniero, che nonabbia superato i trent’anni di età. Questo consenteai quattro fratelli Lucchetta di accogliere lemolteplici espressioni della creativitàcontemporanea e insieme di riconoscere ilcontributo di giovani talenti per l’arte e per ildesign. Al vincitore del premio viene infatti offertala possibilità di esprimere il proprio talentoartistico nell’ideazione di un prodotto diarredamento con marchio Euromobil. In occasionedella prima edizione del Premio la giuria, checomprendeva i quattro fratelli Lucchetta, il criticod’arte Flaminio Gualdoni, l’esperto di design AldoColonetti, Philippe Daverio e l’architetto RobertoGobbo, ha premiato l’opera Babylon Plant, unavideo-installazione del ventiseienne artista cecoJakub Nepras. Nel 2008 hanno fatto parte dellagiuria anche Silvia Evangelisti, direttore di ArteFiera Art First e il direttore del MAMBOGianfranco Maraniello. Dopo aver vagliato le operedi circa venti artisti presentati da sedici gallerieinternazionali, il Premio Euromobil under trentaè stato aggiudicato all’italiano Paolo Maggis, conl’opera Ballon’s Boy. Paolo Maggis è nato e

cresciuto a Milano ma attualmente vive e lavoratra Berlino e Barcellona. Nonostante la giovane età,le sue opere sono già state esposte in variepersonali tra Colonia, Berlino, Barcellona, Tampa,Baden Baden e Milano.

L’edizione del 2009 ha visto sensibilmentecrescere la partecipazione delle gallerie. “Segnale,questo – hanno commentato i fratelli Lucchetta –da un lato del crescente prestigio del Premio,dall’altro della tendenza delle gallerie a puntaresempre più sugli artisti under trenta.Un’evoluzione che pensiamo sia stata catalizzataanche dal nostro Premio”.

La giuria, che oltre ai fratelli Lucchettacomprendeva Silvia Evangelisti, Aldo Colonetti,i critici d’arte Beatrice Buscaroli e WalterGuadagnini e l’architetto Roberto Gobbo, ha presovisione di cinquantasette opere presentate daventotto gallerie internazionali e ha ritenutomeritevole del premio Lars Teichmann, natonel 1980 nella ex Germania dell’Est e candidatodalla Galerie Kunstagenten di Berlino conl’opera Island of the Godfather.

La giuria ha inoltre ritenuto opportunosegnalare le opere di altri tre artisti: Luca Pozzicon Convitto a Casa Levi, Jennifer Taylor conUntitled e Roberto De Polis con Alma 3.

in alto L’assegnazione delPremio Euromobil2008 a Paolo Maggisper l’opera Ballon’sBoy. Da sinistraRoberto Gobbo,Fiorenzo e GaspareLucchetta, AldoColonetti, PhilippeDaverio, SilviaEvangelisti, PaoloMaggis, Giancarlo eAntonio Lucchetta.

in bassoL’opera vincitricedell'edizione 2009,Island of theGodfather dell’artistatedesco LarsTeichmann.

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Trent’anni di mostre d’arte in tutto il mondo

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1983

1985

1986

1987

Passau, GermaniaDie Galerie am SteinwegCarmelo Zotti Stra, VeneziaVilla PisaniOttorino Stefani San PietroburgoErmitageAugusto Murer Noale, VeneziaPalazzo della LoggiaDomenico Boscolo Natta FalcadeStudio MuseoAugusto Murer MilanoTeatro NazionaleFranco Murer VeneziaScuola Grande di SanGiovanni Evangelista“I Cinque”Gianni Ambrogio Lino DinettoLuigi RincicottiOttorino StefaniCarmelo ZottiParigiGalerie Bernanos“I Cinque”Gianni AmbrogioLino DinettoLuigi RincicottiOttorino StefaniCarmelo ZottiAsoloMuseo civico e Teatro Pio X“I Cinque”Gianni AmbrogioLino DinettoLuigi RincicottiOttorino StefaniCarmelo ZottiRomaMuseo Nazionale diCastel Sant’AngeloSaverio Barbaro MontebellunaPiccola barchessa ManinAldo Dorella FalcadeStudio museoAugusto MurerMontebellunaPiccola Barchessa ManinOttorino Stefani

1988

1989

1991

Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. Fabbri“I Cinque”Gianni AmbrogioLino DinettoLuigi RincicottiOttorino StefaniCarmelo ZottiCortina d’AmpezzoGalleria CristalloLino Dinetto

EsteChiesa di San ValentinoLino DinettoTrevisoGalleria del LibroLino DinettoRomaMuseo Nazionale di Castel Sant’Angelo“I Cinque”Gianni AmbrogioLino DinettoLuigi RincicottiOttorino StefaniCarmelo ZottiConeglianoPalazzo SarcinelliGiuseppe Basso ImolaChiostro di San DomenicoRenzo Biasion ConeglianoPalazzo SarcinelliPiero Guccione MoscaCasa dei LetteratiPier Paolo Pasolini TrevisoPalazzo dei TrecentoLuigi Rincicotti MessinaIl SagittarioLuigi Rincicotti LughignanoChiesa di villa Cornaro“Via Crucis 16 pittoriveneti”Piazzola sul BrentaVilla ContariniGianni Ambrogio AsoloGrafica MozartianaGiancarlo Bettis Auronzo di CadoreGiancarlo Bettis Motta di LivenzaLa LoggiaGiancarlo Bettis ConeglianoPalazzo SarcinelliLuigi Cillo

1992

1993

ConeglianoPalazzo SarcinelliGirolamo CiullaParigiMaison de l’UnescoGino Silvestri ConeglianoPalazzo SarcinelliFrancesco Stefanini ConeglianoPalazzo Sarcinelli“40 disegni per Leconfessioni di un italiano”Giuseppe Zigaina ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Incisioni 1965-1990”Giuseppe Zigaina Pirano, IugoslaviaOblane GalerijeCarmelo Zotti VeneziaGalleria FidesarteCarmelo Zotti CastelfrancoGalleria Flavio StoccoCarmelo Zotti RomaPalazzo BraschiGianni Ambrogio ConeglianoPalazzo SarcinelliAttilio Forgioli ConeglianoPalazzo SarcinelliRuggero Savinio VeronaGalleria GhelfiNag Arnoldi MontebellunaAccademia MontellianaRenzo Biasion, Disegni MontebellunaAccademia MontellianaRenzo Biasion, Incisioni Bratislava, SlovacchiaGruppo artistico LipanyIvan Bukovsky Caerano San MarcoVilla BenziJan Heller Ivan Bukovsky ConeglianoPalazzo SarcinelliGiancarlo OssolaMadrid Istituto Italiano diCulturaPier Paolo Pasolini ConeglianoPalazzo SarcinelliCarmelo Zotti

1994

1995

1996

1997

RabatGalerie Nationale BabRouahSaverio Barbaro Marrakech Palais BahiaSaverio Barbaro ConeglianoPalazzo SarcinelliFranco DugoVeneziaGalleria FidesarteEnnio Finzi ConeglianoPalazzo SarcinelliVincenzo Nucci ConeglianoPalazzo SarcinelliFranco Sarnari Boulogne-sur-Seine, ParigiGalleria ArtsGino Silvestri ConeglianoPalazzo SarcinelliRomano AbateOderzoSede comunaleDomenico Boscolo Natta ConeglianoPalazzo SarcinelliPiero GuccioneNeede, OlandaNeedien GalleryRaffaele Rossi ConeglianoPalazzo SarcinelliPiero VignozziVeneziaCa’ PesaroCarmelo Zotti ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Figure della Pittura”ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Pittura come Pittura”VeneziaConsiglio regionaleBrigitte Brand ConeglianoPalazzo SarcinelliGiorgio Celiberti TrevisoCasa dei CarraresiLuigi Rincicotti ConeglianoPalazzo SarcinelliGraham SutherlandVeneziaStazione ferroviariaSanta LuciaSaverio Barbaro

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280

1998

ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Da Monet a Morandi”VeneziaGalleria FidesarteEnnio Finzi ConeglianoPalazzo SarcinelliMario RacitiStra, VeneziaVilla Foscarini-Rossi Raffaele Rossi Stra, VeneziaVilla Foscarini-RossiFranco Sarnari Stra, VeneziaVilla Foscarini-RossiRuggero Savinio ConeglianoPalazzo SarcinelliOttorino Stefani Lestans, SequalsVilla SavorgnanCarmelo ZottiFeltreCittà di FeltreNatalino Andolfatto TrevisoCasa dei CarraresiSaverio BarbaroParigiCamera di Commercio Italiana per la FranciaMario Consoli ConeglianoPalazzo SarcinelliLuca CrocicchiConeglianoPalazzo Sarcinelli“Da Fattori a Burri”ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Da Van Gogh a Bacon”SolighettoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriAngelo Lorenzon ConeglianoPalazzo SarcinelliFrancesco SaviniConeglianoPalazzo SarcinelliMario SchifanoTrevisoCasa dei CarraresiAlessandro Verdi ConeglianoPalazzo SarcinelliClaudio Verna GallarateCivica Galleria d’ArteModernaCarmelo Zotti

1999

2000

OrtonaPalazzo FarneseCarmelo Zotti ConeglianoPalazzo Sarcinelli“1988–1998. Unadonazione per un nuovo museo”PadovaPalazzo ZabarellaRomano AbateSloveniaCastello di PredjamaSaverio Barbaro Possagno, BassanoMuseo gipsoteca canovianoSaverio Barbaro ConeglianoPalazzo SarcinelliVasco Bendini Cappella MaggioreComuneLuigi Cillo ConeglianoPalazzo SarcinelliFabrizio ClericiTrevisoCasa dei Carraresi“Da Cézanne a Mondrian”ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Da Morlotti a Guccione”TrevisoCasa dei CarraresiFranco DugoConeglianoPalazzo SarcinelliGianfranco Ferroni TrevisoCasa dei CarraresiAndrea Gotti TrevisoCasa dei CarraresiVincenzo Nucci ConeglianoPalazzo SarcinelliArnaldo PizzinatoConeglianoPalazzo SarcinelliFranco Sarnari ConeglianoPalazzo SarcinelliGuido StrazzaConeglianoPalazzo Sarcinelli“Sulla pittura”ConeglianoPalazzo Sarcinelli“L’elogio del pastello”LubianaIstituto Jozef StefanSaverio Barbaro

2001

CaorleCentro civico comunaleSaverio Barbaro Vittorio VenetoEx ghetto ebraicoBrand & ZottiConeglianoPalazzo Sarcinelli“Da Courbet a Manet”Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriPaolo Del GiudiceCaorleCentro civico comunaleEnnio Finzi L’aquilaCastello cinquecentescoEnnio Finzi e Riccardo LicataConeglianoPalazzo SarcinelliPiero Guccione TrevisoCasa dei Carraresi“La nascitadell’Impressionismo”TrevisoCasa dei CarraresiAngelo Lorenzon Solighetto, Treviso Villa BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriLoreto MartinaConeglianoPalazzo SarcinelliSerena Nono ConeglianoPalazzo SarcinelliPiero Ruggeri TriesteMuseo civico RevoltellaGiuseppe Zigaina TorontoCentro SienaGiuseppe Zigaina CaorleCentro civico comunaleCarmelo Zotti Bassano del GrappaMuseo biblioteca archivioNatalino Andolfatto MariborUniversità di MariborSaverio Barbaro AmburgoGalleria dell’IstitutoItaliano di CulturaSaverio Barbaro Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriSaverio Barbaro

2002

Caorle, VeneziaCentro civico comunaleBrigitte Brand Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriBrigitte BrandPieve di Cento, BolognaMuseo d’Arte BargelliniEnnio Finzi Carmelo Zotti ConeglianoPalazzo SarcinelliAndrea Gotti TrevisoCasa dei CarraresiClaude MonetConeglianoPalazzo SarcinelliClaudio Olivieri ConeglianoPalazzo SarcinelliFranco PedrinaViennaSammlung EsslFabrizio Plessi VeneziaMuseo CorrerFabrizio Plessi TrevisoCasa dei CarraresiMario RacitiTrevisoCasa dei CarraresiPiero Ruggeri ConeglianoPalazzo SarcinelliFranco Sarnari Piero Guccione Caorle, VeneziaCentro civico comunaleFrancesco Stefanini Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriCarmelo Zotti Scharding, Austria KulturvereinSaverio Barbaro Stra, VeneziaVilla PisaniSaverio Barbaro ConeglianoPalazzo Sarcinelli“Da Ca’ Pesaro a Morandi”Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriEnnio Finzi SpoletoPalazzo Racani AronniEnnio Finzi

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281 Un’impresa con l’arte nel cuore

2003

RomaSan Salvatore in LauroEnnio Finzi RomaSan Salvatore in LauroJulio Le Parc Horacio Garcia RossiHugo DemarcoArezzoGalleria d’ArteContemporaneaRiccardo Licata ConeglianoPalazzo SarcinelliClaude MonetConeglianoPalazzo Sarcinelli“Per amore”RomaScuderie del QuirinaleFabrizio Plessi TrevisoCasa dei CarraresiFrancesco Stefanini TrevisoCasa dei CarraresiVincent Van GoghMestreGalleria FidesarteCarmelo Zotti BilbaoMuseo GuggenhaimFabrizio Plessi AmburgoKulturforum BurgklosterSaverio BarbaroWolfsburgIstituto Italiano di CulturaSaverio Barbaro LubeccaKulturforum BurgklosterSaverio Barbaro RostokKunstverein zu Rostok GalerieSaverio Barbaro RomaSan Salvatore in LauroAlberto Biasi VeneziaGalleria Contini – ApertoFernando BoteroPossagnoGipsoteca Antonio Canova Stra, VeneziaVilla PisaniFranco Costalonga Ben OrmeneseBellunoPalazzo Crepadona“Da Corot a Monet”

2004

Belluno Palazzo Crepadona“Da Van Gogh a Picasso”MilanoMuseo della PermanenteAttilio Forgioli Cortina d’AmpezzoGalleria d’Arte ContiniVirgilio GuidiParigiMusée d’Orsay“Il dagherrotipo”TorinoCircolo degli ArtistiPalazzo GraneriJulio Le Parc SpoletoGalleria Civica d’Arte ModernaJulio Le Parc Horacio Garcia RossiHugo DemarcoUrbinoPalazzo DucaleJulio Le Parc ParigiMusée du LouvreLeonardo da VinciUrbinoPalazzo DucaleRiccardo Licata Sacile, PordenonePalazzo Regazzoni Flangini BilliaRiccardo Licata TrevisoCasa dei Carraresi“L’oro e l’azzurro”GoriziaPalazzo AttemsZoran Music MilanoPalazzo del SenatoHoracio Garcia Rossi UrbinoPalazzo DucaleHoracio Garcia Rossi Julio Le Parc CittadellaPalazzo PretorioCarmelo Zotti San Gimignano, SienaGalleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele de Grada”Carmelo Zotti SacilePalazzo Regazzoni Flangini BilliaAlberto Biasi UrbinoPalazzo DucaleAlberto Biasi

ArezzoGalleria d’Arte ModernaAlberto Biasi Julio Le Parc GenovaArchivio di Stato,Complesso monumentale diSant’IgnazioAlberto Biasi Paolo Conti Franco Costalonga Hugo Demarco Horacio Garcia Rossi Julio Le Parc Manfredo Massironi François Morellet Ben Ormenese Francisco Sobrino BresciaPinacoteca TosioMartinengo“Da Dürer a Rembrandt a Morandi”BresciaPinacoteca TosioMartinengo“Da Raffaelo a Ceruti”BresciaPinacoteca TosioMartinengo“Da Rembrandt a Morandi”PordenoneComune“Da Venezia alla Venezia Giulia”ArezzoMuseo Civico d’ArteModerna e ContemporaneaHugo Demarco Horacio Garcia Rossi MilanoMuseo della PermanenteAndré Derain MilanoPalazzo del SenatoJulio Le Parc GenovaComplesso monumentaledi Sant’IgnazioRiccardo Licata NapoliCastel dell’OvoRiccardo Licata BarcellonaMuseu MarítimRiccardo Licata BresciaMuseo di Santa GiuliaMario MafaiBresciaMuseo di Santa GiuliaClaude Monet

2005

SpoletoGalleria d’Arte ModernaGino Morandis Solighetto, TrevisoVilla BrandoliniCentro di Cultura F. FabbriBen Ormenese TriesteMuseo RevoltellaPaolo Patelli BerlinoMartin Gropius BauFabrizio Plessi BresciaMuseo di Santa GiuliaGino Rossi BresciaMuseo di Santa GiuliaTiziano Pergine, TrentoCastello di PergineRomano Abate Erice, TrapaniWigner InstituteAlberto Biasi MantovaCasa del MantegnaAlberto Biasi Julio Le Parc BruxellesParlamento EuropeoAlberto Biasi Riccardo Licata BerlinoAmbasciata d’ItaliaAlberto Biasi Riccardo Licata BresciaCastello Piccolo MiglioRoberto Casiraghi BresciaPinacoteca TosioMartinengo“Da Romanino e Moretto a Ceruti”Stra, VeneziaVilla PisaniHugo De Marco BresciaMuseo di Santa GiuliaFilippo De PisisBresciaPinacoteca TosioMartinengo“Da Dürer a Dugo”BresciaPinacoteca TosioMartinengoAlbrecht DürerUrbinoPalazzo DucaleEnnio Finzi

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282

BresciaMuseo di Santa GiuliaRiccardo Francalancia BresciaMuseo di Santa GiuliaGauguin – Van GoghBresciaCastello Grande MiglioPiero Guccione PortoPalacio da BolsaRiccardo Licata PerugiaGalleria Nazionaledell’UmbriaRiccardo Licata RomaMuseo Nazionale di CastelSant’AngeloRiccardo Licata PalermoLoggiato San BartolomeoRiccardo Licata BresciaCastello Piccolo MiglioFrancesco Michielin BresciaMuseo di Santa GiuliaJean-François MilletMilanoPalazzo del SenatoGino Morandis InnsbruckUniversitàBen Ormenese Monaco di BavieraPinakotek der Moderne Hatje CantzPier Paolo Pasolini BresciaCastello GiardiniAugusto PerezBresciaCastello Piccolo MiglioFranco Polizzi BresciaPinacoteca TosioMartinengo“Da Romanino e Morettoa Ceruti”Stra, VeneziaVilla PisaniHoracio Garcia Rossi Cervia, RavennaMuseo della CiviltàSalinaraHoracio Garcia Rossi BresciaCastello Piccolo MiglioFranco Sarnari MilanoPalazzo del SenatoFrancisco Sobrino

2006

MilanoMuseo della PermanenteGiuseppe Zigaina PordenoneMusei CiviciAfro BasaldellaUdineGalleria d’Arte ModernaAfro BasaldellaBrugesGroeninge MuseumPablo Atchugarry TrevisoMuseo di Santa CaterinaBacci & MorandisSloveniaCastello di Bistrika Saverio Barbaro Santa Maria di Sala,VicenzaVilla FarsettiSaverio Barbaro Cavallino Treporti Loc. Ca’ SavioSaverio Barbaro PalermoLoggiato San BartolomeoAlberto Biasi San PietroburgoErmitageAlberto Biasi ConeglianoCasa Museo Del CimaGiorgio Celiberti LubianaCastello Franco Costalonga MilanoMuseo Fondazione“Luciana Matalon” Franco Costalonga PalermoLoggiato San BartolomeoEnnio Finzi PragaManes GalleryEnnio Finzi Gino Morandis BresciaCastello Grande MiglioAttilio Forgioli PortogruaroGalleria Comunale di Arte Contemporanea Ai MoliniLuciano Gaspari BresciaCastello Piccolo MiglioAlberto GianquintoBresciaCastello Grande MiglioCarlo Guarienti

BresciaCastello Piccolo MiglioPierluigi Lavagnino AteneGalleria della Societàletteraria ParnassosRiccardo Licata BresciaMuseo di Santa GiuliaOsvaldo LiciniBresciaCastello Piccolo MiglioLoreto Martina MilanoMuseo della PermanenteArturo Martini BresciaMuseo di Santa GiuliaPiet MondrianVeneziaBiblioteca NazionaleMarcianaGino Morandis BresciaCastello Grande MiglioClaudio Olivieri RomaSan Salvatore in LauroBen Ormenese MilanoPalazzo del SenatoBen Ormenese PragaManes GalleryBen Ormenese Francisco Sobrino BresciaMuseo di Santa GiuliaFausto PirandelloAugsburgMuseum H2Fabrizio Plessi CosenzaBiblioteca NazionaleHoracio Garcia Rossi LubianaGalleria Civica d’ArteModernaHoracio Garcia Rossi BresciaCastello Piccolo MiglioPiero Ruggeri Stra, VeneziaVilla PisaniFrancisco Sobrino VeronaGalleria d’Arte Giorgio GhelfiOttorino Stefani BresciaMuseo di Santa Giulia“Turner e gliImpressionisti”

2007

MilanoMuseo della Permanente“Disegni dalla Civicaraccolta del Disegno di Salò”MilanoMuseo della Permanente“Silenzio e splendore del segno”CuritibaMuseu NiemeyerPablo Atchugarry FeltrePiazza MaggioreRomano Abate BresciaMuseo di Santa Giulia“America!”ParigiGalerie Denise RenéNatalino Andolfatto BresciaLagorio ArteContemporaneaPablo Atchugarry BrasiliaCentro Cultural Banco do BrasilPablo Atchugarry San Paolo del BrasileMuseu Brasileiro da EscolturaPablo Atchugarry Brignano Gera d’AddaPalazzo ViscontiSaverio Barbaro BarcellonaMuseo della CattedraleAlberto Biasi PerugiaGalleria Nazionale UmbraAlberto Biasi Stra, VeneziaVilla PisaniAlberto Biasi Cervia, RavennaMagazzini del Sale“Biasi, Conti, Sobrino,Tornquist”ZagabriaGalleria d’Arte Moderna“Cinetismo Internazionale”NapoliPalazzo RealeEnnio Finzi Gino Morandis BresciaMuseo di Santa GiuliaPiero Guccione TrevisoMuseo di Santa CaterinaVirgilio Guidi Mario Deluigi

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283 Un’impresa con l’arte nel cuore

IvreaOlivetti H“Il Cinetismo sub Cisalpino”VeneziaBiblioteca MarcianaRiccardo Licata MilanoBiblioteca NazionaleBraidenseRiccardo Licata LussemburgoOrangerie Musée duLuxembourgLicata RiccardoBariCastello SvevoRiccardo Licata Gino Morandis BresciaMuseo di Santa GiuliaFrancesco Michielin PalermoLoggiato San BartolomeoBen Ormenese LubianaGalleria d’Arte Moderna“Ormenese – Tornquist”CesenaGalleria Comunale d’Arte ex PeschieraFernando Picenni BresciaMuseo di Santa GiuliaGiuseppe Puglisi Erice, TrapaniFondazine MajoranaHoracio Garcia Rossi PalermoLoggiato San BartolomeoHoracio Garcia Rossi RomaCastel Sant’AngeloHoracio Garcia Rossi PerugiaGalleria Nazionale UmbraHoracio Garcia Rossi TrevisoMuseo di Santa Caterina“Tancredi – Finzi”MilanoMuseo Fondazione“Luciana Matalon” Jorrit Tornquist BresciaMuseo di Santa GiuliaVelasco VitaliMilanoMuseo della PermanenteCarmelo Zotti PotenzaPalazzo LoffredoCarmelo Zotti

2008 MontevideoEl Museo Nacional de Artes VisualesPablo Atchugarry AmburgoIstituto Italiano di CulturaSaverio Barbaro Regensburg, GermaniaKulturhaus RegenstaufSaverio Barbaro Belluno Palazzo delle ContesseAlberto Biasi CosenzaBiblioteca NazionaleFranco Costalonga TrevisoMuseo di Santa CaterinaLuciano Gaspari eRiccardo Licata MoscaMuseo d’Arte ModernaRiccardo Licata Baden BadenDampfbad Altes Paolo Maggis PortogruaroGalleria d’ArteContemporanea Ai MoliniPaolo Patelli San PietroburgoErmitage“Horatio Garcia Rossi e il G.R.A.V.”Reggio EmiliaPalazzo MagnaniPiero Ruggeri BresciaMuseo di Santa GiuliaRaimondo SirottiMontebellunaSala ConsiliareOttorino Stefani TrevisoCa’ da NoalOttorino Stefani Reggio EmiliaPalazzo MagnaniFrancesco Stefanini RomaSan Salvatore in LauroJorrit Tornquist BresciaMuseo di Santa GiuliaVincent Van GoghTrevisoMuseo di Santa CaterinaVinicio Vianello, BrunaGasparini, Saverio RampinBresciaMuseo di Santa GiuliaGiuseppe Zigaina

2009

BresciaMuseo di Santa GiuliaCarmelo Zotti BolognaEsprit NouveauCarmelo Zotti FiumeMuseo d’Arte ModernaCarmelo Zotti PiranoObalne GalerijeCarmelo Zotti New YorkChelsea Art MuseumCarmelo Zotti Venezia, BiennaleInternazionale d’ArteChiesa di Santa MartaEnnio FinziFranco Batacchi Ferruccio Gard Riccardo Licata Gianmaria Potenza SantorossiLivio Seguso Ottorino Stefani Venezia, BiennaleInternazionale d’ArteArsenaleAlessandro Verdi VeneziaMuseo CorrerCarmelo Zotti VeneziaMagazzino del Sale“Carmelo Zotti & allievi”Solighetto, Treviso Villa BrandoliniCentro di Cultura F. Fabbri“Oltre il paesaggio”LubianaGalleria Civica d’Arte ModernaAlberto Biasi RomaMuseo Nazionale di Palazzo VeneziaRiccardo Licata RiminiCastel Sismondo“Da Rembrandt a Gauguina Picasso. Capolavori dalMuseum of Fine Arts di Boston”PerugiaGalleria Nazionale UmbraPalazzo dei PrioriJorrit TornquistRiminiCastel Sismondo“Pittura d’Italia”VeneziaPalazzo DucaleRiccardo Licata

TorinoMuseo Promotrice delleBelle ArtiRiccardo LicataPadovaMuseo del Santo“Da Munari a Biasi”GenovaPalazzo RealeAlberto BiasiCaorleVirgilio GuidiRomaMuseo Mastroianni(Complesso S.S. in Lauro)Fernando PicenniPragaIstituto Italiano di CulturaBen OrmeneseTrevisoMuseo di Santa CaterinaAlberto BiasiMarina ApollonioTriesteMuseo RevoltellaGino MorandisLubianaGalleria NazionaleAlberto BiasiSacilePalazzo RegazzoniFlangini BilliaBen OrmeneseRiminisedi varie“Piero della Francesca e i tesori dell’arte a Rimini”

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Lo sport grande amore

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Tante storielle insieme fanno un romanzo d’amore

Andiamo a esplorare i nomi, i numeri di quelloche è un romanzo d’amore di una famiglia con losport. Nomi e numeri che, per chi sa già comesistemarli nella partitura dei fratelli Lucchetta, dellavoro dei Lucchetta, sono parole e musica. Unintervento, questo nostro, che ha la pretesa di esseresportivo anch’esso: cioè chiaro, semplice, onesto,leale, intenso e al tempo stesso leggero, perché nellosport tutto ha da essere fatto, se necessario, con labava alla bocca, ma tutto deve essere riconducibileal sorriso sulle labbra.

La chiave di lettura è questa: i quattro fratellisono sportivi dentro. Facile, per chi fa il giornalistasportivo da oltre mezzo secolo, accorgersene alprimo contatto, certificarselo con poche essenzialidomande fra l’amichevole doveroso e l’inquisitorionecessario, alimentarsi dentro la convinzione dellasportività stessa, convinzione che si evolvein sicurezza a mano a mano che la conversazioneprocede. Non hanno potuto praticare lo sportperché assorbiti troppo presto dal lavoro, dallepreoccupazioni e, ma sì, dai successi nel lavoro,successi che qualcuno chiama guadagni, qualcunaltro investimenti, qualcun altro esito logicodi una dedizione, qualcun altro fortuna di chi però

compra, faticando, molti biglietti della lotteria,qualcun altro missione compiuta ma intantosempre da compiere.

Fra chi vorrebbe praticare lo sport ma non può,o non ha potuto negli anni giusti, ci sono quelli chesi ritengono con lo sport stesso in credito teorico:si sentivano “portati”, gli volevano dare tutto, lohanno fatto idealmente, sognandosi campioni, mapresto li ha “svegliati” e assorbiti il lavoro, bello edannato. Altrimenti… Poi ci sono quelli, pochi maottimi, i quattro Lucchetta e la tribù mica folta deiloro simili, che con lo sport si sentono comunque indebito, non fosse altro che per la dose di sogni chelo sport stesso ha loro fornito e continua a fornire.Costoro diventano sponsor per pagare nellamaniera magari più elementare e quasi quasibanale, volgare ma sicuramente megliocomprensibile che esista, cioè con i soldi, questasorta di loro dipendenza onirica permanente.Di solito praticano l’amore riconoscente primache la passione travolgente: ed è un bene, per loroma ancor più per lo sport che aiutano, assistono,nutrono, incrementano e intanto non sformanoo deformano.

Antonio Lucchetta, il maggiore dei quattrofratelli, è stato tifoso “caldo” di Gino Bartali, comecirca metà degli italiani, anche prima che al Girod’Italia del 1940 si profilasse – naso lungo, gambesottili, addirittura cicognesche, fisico da scorfano segiù dalla bicicletta – Fausto Coppi, l’altra metà delduello. Erano apparentemente in perfetta antitesi,quei due campioni, e soltanto una rilettura del lororapporto potrebbe “ricollocarli” nella storia delPaese, oltre che nella cronaca dello sport, come due

Due date importanti:28 luglio 1976 – 31 dicembre 1998.Nasce, cresce, si spegne il primogruppo ciclisticointitolatoall’Euromobil. Èciclismo amatoriale,i Lucchettagradiscono comunquel’esperienza e, quandoil gruppo si scioglierà,sarà già in piedi daquindici anni ilsodalizio Lucchetta-Fior, per un altrociclismo che però èfratello di questo dellafoto. Foto a coloristinti, foto in cuigente già anzianacontagia di ciclismoda pedalatedomenicali gentegiovane, foto tenerae “santa” anche separla di amoredi gruppo.

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amici, due attori molto naturalie poco commedianti, dueuomini tesi nello stesso modo,che percorrono le stesse strade(anche in senso reale) perguidare l’Italia delle macerie.Era l’Italia che si ricostruivadopo la guerra anche conl’orgoglio ritrovato, la speranzarinata, la voglia di tornarein alto, almeno nei primi cielidella dignità, incarnata daisuoi campioni, e specialmenteda quelli del popolare e in certimomenti e situazioni persinopopolaresco ciclismo.

Bartaliano comunqueAntonio Lucchetta, felicee provvido “colpevole” delprimo avvicinamento dellafamiglia allo sport, attraversoappunto il ciclismo. Correval’anno 1976 e presero acorrere, in blande prove per cicloamatori, quelli delGruppo Ciclistico Euromobil Cucine ComponibiliFalzè di Piave, alcuni erano anche dipendentidell’azienda che fece in fretta a connotare il paese.

Da allora la sponsorizzazione della famigliaprese due vie ben distinte, ancorché entrambe nellastessa direzione, quella dell’aiuto allo sport,dell’incoraggiamento allo sport, che a mano a manoche pativa o godeva cambiamenti vedeva semprepiù impreziosita ma anche intaccata o addiritturaattaccata la sua essenza primigenia. La prima viaquella del ciclismo, dove nel 1983 si consolidò, nerosu bianco ma anche e soprattutto cuore con cuore,cervello con cervello, spirito con spirito, il sodaliziocon Giancarlo ed Egidio Fior, nomi già fortissiminel ciclismo veneto dilettantistico e padri, più che

di una squadra, di una famiglia di “pedalatori” chetrovavano in quel certo gruppo sportivo unambiente ottimale, entusiasmi massimi, competenzaspinta e anche – perché no? – soldi giusti, santi egiusti, benedetti e giusti, per far pedalare i ragazziin sanità e pienezza di intenti, senza dover patiretroppi agguati o troppe dure incombenze della vita.

Quindici anni dopo la nascita del sodalizioLucchetta-Fior si spense dolcemente – anno 1998,passate ventidue stagioni di bicicletta e amicizia –la squadra, diciamo, aziendale dei cicloamatori del1976, come assorbita da nuove strade e da nuoveoccasioni di passione.

L’altra via, sempre nello sport, è quella di unsentiero abbastanza inventato, occasionale, peròcon belle e panoramiche piazzole. È un sentieroche passa attraverso tante altre discipline, calciocompreso; le piazzole sono eventi importanti opersonaggi significativi. Quando lo sport ti spingeanche dal di dentro, vai in ogni direzione, magarisembra che barcolli e invece sei semplicementelibero di farti attirare qua e là.

Così, ecco dal 1981 l’interessamento alla Pievigina,la squadra di calcio di Pieve di Soligo, nata nel 1924,punto di riferimento calcistico per tutta una placcadi territorio definibile come Quartiere del Piave,ovviamente club che guarda ai giovani, e dunqueaddirittura club promosso a “satellite e vivaio”dell’Atalanta. Il marchio Euromobil compare perla prima volta sulle maglie della Pievigina nellastagione 1982-1983, in serie D. Basta un anno e giàla squadra vince il campionato, passa in C2, vivequello che è banale ma anche giusto definire grandestorico climax, resiste contro compagini che portanonomi da Gotha del calcio, come Venezia, Novarae Vicenza (attenzione, in quegli anni Pieve di Soligoaveva appena novemila abitanti), poi retrocedein serie D nel campionato 1986-1987, dopo tre anni

Non vi aiutiamo conla fornitura di nomi,chi li sa li metta aposto sulle rispettivefacce e si metteinsieme la storia,la storia dellaPievigina, la squadradi calcio che i fratelliLucchetta hannocontornato di aiutie, nella foto, anchedi se stessi, due perlato, in piedi. Moltofacile con il calciolasciare giù troppisoldi, e lasciare giùanche ideali,speranze. La suastretta può esserepitonesca, perreggerla bisognaessere un pocoanguille, saperschizzar lontani dacerte situazioni. La Pievigina ha fattole sue belle cose, coni suoi bravi giocatori,nei momenti giusti,ha conosciuto il buono, il brutto e il cattivo di quelwestern che è il gioco del pallone, in Italia un gioco deimeno giocosi che cisiano. Un bel ricordo,anche perché giustoe ammaestrante diconfini e di affanni.

Dicono che i due, al centro e a destranella foto,assomigliano ognunoa suo padre in manieraforte, quasi lancinante.E siccome si tratta dipadri famosi, vifacciamo giocare algioco di indovinare.Fatto? Un aiutino: unoè il figlio di Bartali,l’altro è il figlio diCoppi, Euromobil li ha riuniti per il 25°della squadra. AndreaBartali è quello asinistra, FaustinoCoppi è quello adestra. Portano duecognomi da mitica eda mistica insieme,dovunque vadanosi sentono dire diessere eredi di uncredito: perché Bartalie Coppi diedero tantoall’Italia delle macerie,agli italiani di allora,nonni e padri di quellidi adesso.

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passati nel mondo del professionismo senzasubire malattie gravi e irreversibili.

Nel 1989-1990, con il successo nel campionato,è di nuovo la promozione in C2. Un anno, un’altraretrocessione, nel 1992 ancora un gradino piùgiù, l’Eccellenza, tornando in serie D dopo glispareggi. Fine della sponsorizzazione all’insegnadell’ “è stato bello, ragazzi”. Anni e anni di unionenon soltanto di un nome all’altro.

Due i nomi grossi cullati dal calcio pievigino:Andrea Seno, prima nel gran bel Foggia del grandeZeman e poi nell’Inter, e Dario Hubner, capace diquasi vent’anni di carriera, in C e in B e anchenel Milan per una tournée nordamericana. Hubner,triestino di Muggia, è arrivato al calcio del club diPieve di Soligo già a vent’anni, ne ha appiccicatiin carriera quasi altri venti, arrivando a farsiipotizzare, lui chiamato “Bisonte”, lui col vizio fortedel goal, per la Nazionale massima. Brescia,Piacenza, Ancona, Perugia per la serie A,capocannoniere con la maglia del Piacenza, in coabitazione con Trezeguet della Juventus nelcampionato 2001-2002, 24 le reti. Hubner,didascalico e anche didattico, ha praticato il calciocome se si fosse trattato di una corsa ciclisticaa tappe, con i trasferimenti, i traguardi (anchestatistici, nel suo caso), il senso di uncombattimento continuo, il senso anzi il sentimentodella squadra, del gruppo, la coltivazione quasimaniacale della buona salute atletica e morale,intesa anche come obbligo di non “deludere”la natura provvida, di non tradire le doti avutein grazioso omaggio alla nascita (scegliersi benei genitori è la premessa per diventare bravinello sport).

Arte-sport-sponsor nel giardinodei sentieri incrociati

Non finisce qui la storia delle sponsorizzazionidi famiglia, ce ne sono altre, ne diremo più avanti.Intanto teniamo aperta una domanda, che per chiscrive o quanto meno descrive è anche una sfida:il versante artistico delle sponsorizzazioni deiLucchetta, versante che occupa gran parte di questapubblicazione, è in rapporto stretto o quanto menointenso e inevitabile con il versante sportivo?Aiutare un atleta è come finanziare una esposizionedi Picasso o di un paesaggista di casa tua?

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Un arrivo in volatadi gara ciclistica èuna liofilizzazione ditanta vita: e non solo,no, per il riso di chivince e il rictus di chiperde, ma per tutto ilcoro: gli altri corridori,quelli rassegnatie quelli che ancora sperano che la stradadeflagri sotto leruote dei primi e lavittoria si offra a loro.

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Ma come si fa aessere così contentidi aver perso? Basta il fatto cheabbia vinto ilcompagno? Pareche nel ciclismo,e specialmente nelciclismo targatoEuromobil, certimiracoli sianopossibili, anzi nonsiano miracoli,siano soltanto(soltanto?)comportamentiumani validi, sianocomportamenti“sportivi”. Nonimportano i nomidei due, importa cheil primo si celebrial cielo e il secondocelebri il primo e tuttie due ringrazinola vita e noi ci si godaun’immagine cheè, in senso anchesacrale, di sportbello e puro.

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Senza l’aiuto all’arte non ci sarebbe stato aiutoallo sport, e viceversa?

Non ci appartiene la presunzione di avere larisposta. Siamo certi che comunque pochi possonochiarirne bene il rapporto, o il non rapporto. Casomaiauspichiamo un libro che tratti dell’argomento,partendo da Falzè di Piave e andando in giro per ilmondo. Dove – ecco quello che ci sentiamo di dire –come i Lucchetta ce ne sono pochi, pochissimi.Ricordiamo che le arti figurative si soffermanocomunque poco sullo sport (gira e rigira si finiscetroppo spesso dalle parti del discobolo di Mirone,un déjà-vu che ha compiuto 2500 anni), e se ai tempinostri viene facile dire che lo sport abbonda di una

e adesso tipo umano comunque strano. Il “manualedel bravo sponsor” non esiste e francamente nonsappiamo chi potrebbe scriverlo e come; possonoperò esistere alcune notazioni utili.

Lo sponsor nello sport è sempre esistito, peròuna volta non si chiamava sponsor. È stato a lungouna figura imprecisata, mimetizzata, camuffata.E tuttora non è precisa, chiara, univoca. Gli sonostati attribuiti i massimi meriti e gli sono statiinflitti i massimi demeriti. “Devo tutto allosponsor”, dice il campione vittorioso, e sottintendeun rapporto affettuoso, giorni di crisi superatigrazie a un aiuto umano, intenso, sanissimo:macché soldi, buone parole. I soldi ci sono ma in

sua iconografia, che si chiama poi documentazioneperfetta, sia essa fotografia o film o televisione, questonon ha nulla a che vedere con l’arte. Il tema è arduo.Ci piacerebbe – ecco – saper spiegare perché FaustoCoppi, scorfano giù di sella, messo in bicicletta pareinventato da un pittore sublime che sappia tutto edelle forme e delle armonie e dei conseguentipassaggi dell’immagine dentro i cuori e i cervellidi quelli che lo rimirano. Ci piacerebbe, amen, requiem.

Ma è quasi tempo di tornare a casa, la casasportiva dei quattro fratelli Lucchetta. Però primavogliamo fare un giro nelle sponsorizzazioni,teoriche e pratiche, un giro intorno e se possibileanche dentro lo sponsor, prototipo e poi archetipo

certi casi non contano niente, in altri contano poco,comunque contano sempre meno di quel che sipensi e in ogni caso è sbagliato dire che sono tutto(sfumature dialettiche praticate ormai con perizia,e qualche volta persino con sincerità). “Lo sponsornon può chiedermi troppo”, dice il campionesconfitto, e sottintende lo stress, l’urgenza dellaprestazione, magari anche l’adozione di pratichechimiche onde dare il massimo al momento giusto.Ma dice anche quanto lo sponsor sia diventatoimportante o addirittura ingombrante.

In oltre mezzo secolo di giornalismo sportivoabbiamo conosciuto centinaia di sponsor: ora incarne e ossa, ora incarnati in una sigla, che vive

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magari nella carne inquieta di un loro uomo-pierre,di un pubblicitario. Abbiamo conosciuto sponsoralgidi, caldissimi, calcolatori, generosi, scientifici,appassionatissimi, travolgenti, sconvolgenti,

coinvolgenti, ignoranti, competenti,cinici, geniali, fessi. Pensiamo che sitratti di una categoria poliedrica, e ilpoliedro in questo caso ha infinitesfaccettature. Non arriviamo asentenziare se lo sponsor, nell’insiemedella sua ormai millenaria attività(per esempio ai primi Giochi Olimpiciin Grecia nel 776 avanti Cristo, chi era– perché quasi sicuramente c’era – lo

sponsor è l’acqua: di fonte, di sorgente, di ruscello,di lago, di fiume, di mare… Ogni tanto tracima,esonda, inonda, sommerge, sconvolge. Ogni tantoc’è appena l’acqua che basta per dissetare. Ognitanto è pioggia, ogni tanto è fango.

Si dice che lo sport è metafora della vita,ma forse per molti sponsor la vita è metafora dellosport. In gioventù questi signori sponsor hannoconosciuto, amato o comunque apprezzato deglisportivi la capacità di soffrire, di resistere,di superarsi; sono cresciuti e sono diventati nellavoro come atleti dello sport, campioni delsuccesso, e sono tornati allo sport da sponsorsignori (non è un gioco di parole). Per dargli soldi

sponsor di Corebo, chi lo aveva aiutatoa essere il migliore podista per la primagara di corsa?), sia stato, fatti tutti iconti, un bene o un male per lo sport.Il quesito è ozioso, come quandosi è di fronte a un dato di fatto,imprescindibile, vitale, e troppo sidisquisisce su di esso, sulla sua originee sulle sue finalità. È un bene o un malel’acqua? C’è, ci serve, se non ci fossemoriremmo tutti, se non ci fosse maistata saremmo anatomicamente,fisicamente diversi da quelli che siamo.Per questo sport che stiamo vivendo lo

sentimentali, soldi di riconoscenza o quanto menodi riconoscimento. Sono gli sponsor migliori. Altrisono arrivati allo sport in memoria di una praticasportiva nella loro gioventù, e cercano di vestirecon i loro nomi e cognomi atleti importanti,perché possono vedersi rappresentati, interpretati,impersonati in quelli che avrebbero voluto essere.Non possono essere definiti come gli sponsormigliori perché dello sport che fu loro sanno tanto,sanno in eccesso, e allora diventano o troppoesigenti o troppo comprensivi. Sono comunquesponsor buoni, validi, duttili, in certi casi ottimi.Ci sono davvero tanti tipi di sponsor, esistenti ein fieri, e la tipologia rischia di risultare sfiancante,

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La grande nemicadella bicicletta èl’automobile. Una fotociclistica di gruppo,anno 1999, in cuiun pedalatore, uncampione del mondo,sta sopra l’auto, quasia sottometterla,rischia di avere fortevalore emblematico.Ma non esageriamo: l’auto è l’ammiraglia,

Ivan Basso iridatoUnder 23 l’anno prima è comedelegato dai suoicompagni in magliaZalf Fior Désirée aimpersonare, se nonuna rivincita, unagerarchia che valealmeno nel tempodelle gare. Quandocioè l’auto è propriosoltanto di servizio etrasporta altri servizi,organici o inorganici,dal direttore sportivoai meccanici, dallebiciclette di riservaai pneumatici.

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Arrivando a Varese,campionati delmondo 2008,secondo nella provaseconda soltanto a quella deiprofessionisti, ilciclista della ZalfSimone Ponzi – nellafotografia in pienoclimax di volatavincente, altra gara –si è coperto di pugni(sulle gambe, sulpetto), e per poconon si è stracciato lamaglia azzurra dellaNazionale italiana.Voleva vincere,doveva vincere. E poteva vincere?Un colombiano èscattato al momentogiusto e ha tenutosino sul traguardoun vantaggio piccolo,ma sufficienteeccome per far lacosiddetta storia.Ponzi ha dominatola volata dei battuticon rabbia e facilità.Dicono che nelciclismo spessoil secondo posto èpeggiore dell’ultimo,e ci sono deimomenti in cui si hauna voglia maledettadi spartire unassioma che è ancheun verdetto. Ma ilPonzi di Varese puòessere lasciatoindietro da una bellacarriera, intanto cheil Ponzi di questagrande fotografiasarà agganciatoe ulteriormente“ingrandito” dal Ponziche vincerà altre gareimportanti, e magarifarà scagliare pugnimasochisti agliavversari.

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Otto campioni del mondo, e non solo…

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Otto titoli mondiali,otto immagini di festaper sei persone (due hanno vinto duevolte), otto successiconseguiti quandoquesti stessi atletigareggiavano per lasquadra chiamataZalf, ergo erano deinostri, come è giustoprecisare, come èbello precisare: micasempre il bello eil giusto coincidono,anzi, ma stavolta sì.Ogni fotografia recale coordinate, il chie il come, il cosae il quando.

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Cristian SalvatoCampione del Mondo 4 x 100 km1993, Oslo, Norvegia

Cristian SalvatoCampione del Mondo 4 x 100 km1994, Palermo, Italia

Giuliano FiguerasTitolo mondiale militare1995, L’Aquila, Italia

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Mirko GualdiCampione del Mondo 1990, Utsunomiya, Giappone

Daniele PontoniCampione del Mondo ciclocross 1992, Leeds, Inghilterra

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Tanti ciclisti della Zalf(cioè anche Désirée,Fior, Euromobil: parolee musica, parolediverse ancorchésorelle, e la stessabella musica)sono diventatiprofessionisti, dopoavere preso il giustoslancio, e alcuni diloro hanno vinto garemondiali e Giri d’Italia,hanno come suol dirsiscalato la celebrità. I nomi sono quelli diMaurizio Fondriest edi Alessandro Ballanper l’iride, di DamianoCunego, di PaoloSavoldelli e di IvanBasso per la magliarosa. Vittorie fra iprofessionisti, quandoormai questi campioniviaggiavano per altrestrade, senza peròmai dimenticarsi diquando pedalavanoper altri sentieri, ocomunque senza chese ne dimenticasseroquelli che, al tempobuono, erano statimentori, padri,maestri, sponsor.Gli sponsor poiposano con lebiciclette dei lorocampioni e riesconoad apparire piùsoddisfatti cheimbarazzati.

Ivan BassoCampione del Mondo1998, Valkenburg, Olanda

Fiorenzo e Giancarlo Lucchetta,Egidio Fior, Gaspare Lucchetta,Giancarlo Fior, Antonio Lucchetta.Celebrazione del 25° anniversariodel Gruppo Euromobil, Castelfranco Veneto, 1997

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Giuliano FiguerasCampione del Mondo1996, Lugano, Svizzera

Kurt Asle Arvesen, norvegeseCampione del Mondo1997, San Sebastián, Spagna

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tanto è vasta da percorrere. Possiamo saltare, inpura chiave di esemplificazione, allo sponsorpeggiore ancorché a suo modo ortodosso, quello

che chiede allo sportunicamente visibilità per ilproprio marchio, o per sestesso, o per il marchio cheporta lo stesso suo nome.Trattasi di sponsorcalcolatore, investitore.Magari il suo entusiasmo incaso di vittoria è più vistosodi ogni altro entusiasmo,perché gratificato, dilatato,gonfiato da una immediata

piena valutazione (è arrivato, il nostro uomo, allosport sapendo che una medaglia d’oro olimpica omondiale vale tanto, un Tour de France vale tanto,una maglia tricolore vale tanto…). Sicuramente ilsuo disappunto in caso di sconfitta è il più grandedi tutti, perché i “danni” sono immediatamentequantificabili e non c’è l’anestetico della passione“quantunque, comunque”.

Ma adesso passo alla prima persona singolaree approdo ai fratelli Lucchetta, che mi sono statipresentati come sponsor di arte e di ciclismo.Io concepisco la pratica dell’arte comeuna splendida passione sfibrante, sia per il suoesecutore che per l’appassionato che vede, guarda,visiona, esplora le sue opere. Conoscevo lasindrome di Stendhal in presa diretta, personale,molto prima di sapere cosa fosse, e mi ricordoimmobile a prova anche di puntura di calabronedavanti al Nageur aveugle di Max Ernst: ilnuotatore cieco lì al Louvre ero io, quando daragazzo facevo competizioni di nuoto in campidi gara ricavati dentro laghetti e stagni, e siccomenon si vedeva il fondo tanto valeva mulinareil mio povero crawl a occhi chiusi; non rischiavofango o anche girini che mi accecassero davvero.Per me ciclismo e arte possono avere la stessavalenza passionale, viscerale e dunque anchefisica. Ma vado anche al di là, oso addiritturaaddentrarmi in una considerazione morale: perme il ciclismo è davvero qualcosa di compiutoe di completo, se uno è ciclofilo ha parecchiechiavi, che si chiamano fatica, umiltà, sacrificio,lealtà, colleganza, semplicità e via elencandosempre in positivo, utili per aprirgli tutto il resto

Conoscendo lasportività dei fratelliLucchetta diciamo,senza tema dismentite, chequesta fotografiaapparirebbebellissima anche aloro, persino nel casoche non ci fosseroloro ciclisti inbellissima evidenza.Perché amano il ciclismo, amano la loro terra con casee fiumi e ponti vecchie nuovi e scenografiadi monti laggiù,amano lo sport el’arte che puòbenissimo essereanche artefotografica. Lafotografia certificadel ciclismo la suacapacità di staredentro qualsiasipanorama e a suavolta di “fare”panorama, panoramamobile su un fondalepanoramico nobile, in questa occasione.E non è un gioco di parole.

I giornalisti diciclismo non riesconoa capire come mai,all’arrivo di certe gare ancheimportantissime,i corridori vittoriosi,invece di cercarecoloro chegarantisconointerviste e notorietàsupplementare omagari nata propriolì in quel momento,i media insomma,cercano dei signoriche loro conosconoeccome, diconograzie con tuttoil cuore e sono felicidi mettersi in posaper una fotografia chenon è assolutamenteufficiale. Qui IvanBasso ha appenafinito la cerimoniadella premiazionemondiale (1998 aValkenburg, Olanda) e sta con i fratelliLucchetta ed EgidioFior, sta non in posa,perché non c’è nulladi formale, sta davantia un certo mondo più che all’obiettivo: è la musealizzazionefotografica di unrapporto di affetto.Basso è uno cheha vinto anche perquesta gente chegli ha dato supportimorali e materiali. Frapoco le interviste, eun altro Basso dirà aigiornalisti le cose chevorranno sentirsi dire.

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del mondo, o quanto meno il resto del suo mondo.In parole assai povere, sono certo che se uno èciclofilo trova facile o non tremendamente difficileessere una brava persona, trova semplice e belloe canonico e fisiologico essere onesto, trova cosabuona e giusta essere appassionato ma intantonon essere, con questa sua passione, prevaricatoredi qualsiasi passione altrui, essere insommademocraticamente appassionato (si pensi allapassione hooligana per il calcio, a come e quantoessa dittatorialmente si sovrapponga sovente ecomunque in misura e con frequenza inquietantea ogni altra passione, compresa quella amorosaclassica, compresa quella eventuale per l’onestà,il rispetto dei sentimenti altrui, il rispettodelle regole…).

Premessa: il mio incontro con i Lucchetta èavvenuto su basi strettamente operative e

contrattuali. Dopo pochiminuti parlavamo di Bartalie Coppi, dopo poche ore eracome se ci salutassimo aipiedi dello Zoncolan eognuno andasse a cercarela sua postazione ideale perveder passare i corridori,con l’impegno di riferire poiagli altri cosa aveva visto.Il sodalizio repente frail giornalista sportivoteoricamente scafato, se nonaltro da una militanza lungapiù di mezzo secolo, e iquattro fratelli, sicuramenteadusi alle navigazioniaziendali, perigliose e dunquenecessitanti di cautelanei rapporti, non ha nulladi strano se il fondale, lascenografia è di genereciclistico: per gli inverni pigriin cui i pedalatoriaccumulano grasso e i loro

sodali accumulano colesterolo. Tante volte ilmondo del ciclismo viene preso in giro (e intantoinvidiato, ma sì) per le sue frequenti, canonicheaggregazioni a tavola, e la mirabile canzoneBartali, di Paolo Conte, difetta di una sola cosa:l’attenzione a questa caratteristica godereccia ed

I dilettanti cadonoproprio come iprofessionisti, almassimo ci puòessere una diversaabitudine, unamaturazione di difesee di riflessi, ma a uncerto punto l’asfaltodiventa uguale pertutti. Chi ama ilciclismo trepidaquando i corridori sigettano sul traguardocontendendosi imillimetri. CadeMarco Bandiera dellaDésirée Zalf, cadecon un “nemico”che diventaimmediatamentefratello di sventurae di avventura, forsecade anche uncompagno diBandiera, mentrequelli che hannoancora spazio dagestire frenano,abbozzano, slalomano,imprecano. È ilciclismo, bellezza dovedavvero pagare sullapropria pelle spessonon è un modo di dire.

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esistenziale dei ciclofili. Qualcuno la interpretacome una memoria di povertà antica, anche diquell’altro ieri che si chiamò guerra e immediatodopoguerra. Possibile. Comunque il ciclofilo hafame, è vorace, come d’altronde è, in misura poiassai maggiore, il ciclista, il pedalatore.Sembra quasi che il ciclismo sia una continuatransumanza delle sue genti verso tavoleapparecchiate e rifornite di cibarie, verso piramididi panini, verso fontane magiche e nutritive,verso approdi solenni di prime seconde e terzecolazioni.

Se provvisto di un anche minimo fiuto, losponsor ciclistico è uno che si mette subito atavola, che fa subito mettere tutti a tavola. Non èun caso che il grande e grosso e grasso ciclismodei Lucchetta abbia celebrato la sua festa dimatrimonio con quello dei Fior in un ristorante-santuario del Veneto.

Lì, a tavola (ovvio), mentre correva l’anno1983, i fratelli mobilieri e gli osti padroni di casadecisero di fare le cose insieme.

Stupirsi sarebbe strano, come meravigliarsidi quando i credenti si riuniscono tutti insieme,in chiesa, per nutrire di preghiere in coro la lorofede comune.

Lo sponsor, l’essere e soprattutto il non essere

Ci sono due cose – penso, credo – che l’uomotende a nascondere, prescindendo dalla stessavalutazione morale. A nascondere neanche pergelosia, per timore che altri le vedano.Semplicemente perché nascondendole possonoessere godute meglio: il fruitore clandestino èsempre un fruitore privilegiato, lui solo sa dov’èil cibo che mangia e quali sono le spezie migliori,se comincia a parlarne è finita, perdere l’esclusivitàsignifica dovere spartire il piacere del gusto epsicologicamente perderne un bel po’. Le due cose– che poi non sono cose – sono il peccato e lapassione. Lo sponsor malato di sponsorite acuta,vera, non strumentale, non funzionale, nonmercantile, tende a non dirsi sponsor, a non farsisapere sponsor. I Lucchetta mi hanno quasi subitofatto capire che non ambiscono ad apparire troppo,nella parte iconografica di questo libro, a fiancodei loro atleti. Quasi quasi vorrebbero che sidicesse di loro come di benevoli e beneficifantasmi, di provvidi ologrammi, che affiancanopudicamente le immagini che contano. E nonc’è falsa modestia, né l’ipocrisia astuta del chiederepoco per aver tutto (una sorta di premio allatimidezza calcolatrice), e meno che mai calcolosottile dell’importanza di limitare le apparizioni,

le epifanie, perimpreziosirle.Pensiamo davveroche unacaratterizzazione,una narrazione, unapresentazione deifratelli Lucchettapossa e debba partireda una rassegnadi vari tipi disponsor, al di làdelle definizionisommarie già date,semplicementeper arrivare a direcome sono loro – i Lucchetta –attraversoil meccanismo

Un’altra premiazione?Ma sì, un’altra.Ancora i fratelliLucchetta con ilcampione dell’anno! È così: e poi mica èuna colpa vincere,mica è una colpapremiare chi vince.Sì, la routine, il giàfatto, il déjà-vu. Maanche il piacere dipremiare ed esserepremiati, il dovere di“imbalsamare” anchecosì un’impresa forte,un ricordo bello. Ilpremiato è il ciclistaucraino JaroslavPopoviych: ha vintodue volte il PremioTuttobici-Euromobil,assegnato da unarivista specializzatae dal mondo chesapete. Qui siamo inun collegio di Pieve diSoligo (Balbi-Valier).Da sinistra PierAugusto Stagidirettore della rivista,Antonio Lucchetta,Popoviych, Gaspare,Fiorenzo e Giancarlofratelli di Antonio.Dopo la premiazionesempre un dibattitosul ciclismo, unaspecie di rituale chediventa un bel rito,anche perché sifinisce allargandosiin un dibattito sullavita. Basta procederea ruota libera.

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dell’esclusione. E cioè: adesso vi elenchiamo evi offriamo anche nei dettagli vari tipi di sponsor;assimilate tutto, schiaritevi le idee, e alla fineeseguite la semplicissima operazione di decidereche i Lucchetta sono diversi davvero dagli sponsorraccontati abitualmente. Così, anche se nonarrivate a capire del tutto – il loro raccontatoreassolutamente non è perfetto – come sono, almenopotete capire come non sono, e questo è giàun bel passo in avanti sul terreno della conoscenza.

Lo sponsor chiassoso

Può essere l’industriale o comunque ilmecenate di grande notorietà, o anche quello che si appoggia allo sport per conquistare questagrande notorietà. Lui è molto presente accantoai suoi atleti, anzi ai suoi campioni (così dice,o così gli dicono quelli che lo hanno portato allasponsorizzazione), quando vincono e persinoquando non vincono, anche se è decisamentemeno bello. Lui, che di colpo si è fatto avvocatoper difenderli, predicatore per diffonderli, censore(dei peccati altrui) per proteggerli. È di solitomolto cercato dai giornalisti e da altre categorie di paggi, questo sponsor: garantisce inviti a pranzo, a cena, regali di Natale, quasi semprel’invio di suoi prodotti o facilitazioni assortite perl’acquisto dei prodotti stessi. Subito tutto ilgruppo, tutta la combriccola passa al tu, nel nome,si capisce, dello sport che è affratellamentorepente, anche se non sempre fratellanza sicura,consolidata. Lo sponsor di questo tipo è di solitoassai caldo, persino ardente: il che significa, nellamaggior parte dei casi, che si consuma presto. Fu l’antesignano, poi è stato l’omologo, quindiè diventato l’epigono dello sponsor che ha avutol’idealizzazione massima e la concretizzazioneassoluta in Giovanni Borghi, l’uomo della Ignis, il gestore di ciclismo, tennis, basket e boxe ad altolivello internazionale, per conto del suo marchiofamoso. Era un grande appassionato, che tuttosommato ha fatto un gran bene allo sportin senso materiale (denaro) e morale (entusiasmo,fiducia, allegria); peccato che cercasse complicidel suo vizio del gioco d’azzardo regalando fichesdi celebri casinò – in località raggiunte daqualche grossa manifestazione sportiva – anche ai giornalisti, che andavano a cambiarle anziché a giocarle.

Lo sponsor riservato

In certi casi non lo si conosce nemmeno, contail marchio, il nome del prodotto. Al massimoc’è un suo rappresentante, che può anche essereun parente stretto, magari un figlio apprendistatycoon, oppure un dirigente, un funzionario in cuilui, lo sponsor, crede, o ancora un dirigente, unfunzionario in cui lui, lo sponsor, non crede eallora lo distacca allo sport dove tanto “basta pocoper essere bravi” (parliamo ovviamente delrappresentante dello sponsor al seguito dell’eventosportivo). Il basso profilo è dovuto o a una realeindifferenza sentimentale verso lo sport, o versoquello sport scelto soltanto per ragioni di visibilitàpubblicitaria, o a una effettiva ignoranza dellaquestione tutta, o addirittura a una sorta ditimidezza. Uno sponsor di questo tipo può esseresnidato soltanto da molti successi, o da moltiinsuccessi. Da eventi cioè che a un certo punto loobblighino a intervenire in prima persona, epazienza se sovente molto ma molto singolare.

Lo sponsor appassionatissimo

Sta nello sport, magari nel ciclismo, perchéquesto appartiene ai suoi sogni segreti, alle suefantasie di ragazzino. Non gli par vero contattare(e contrattare) adesso campioni succeduti a quellidelle sue voglie e veglie oniriche di gioventù, ma comunque provenienti dalla stessa tribù. Amaautenticamente lo sport, specie quel determinatosport, e accetta persino di andare in televisione,posto che a priori gli fa tanta paura, pur difar sapere che è lì – per esempio al seguito del Girod’Italia, un must – in piena beatitudine, in pienarealizzazione di un sogno che così forte maiavrebbe creduto di poter concretizzare, vivere,frequentare, interpretare, persino condizionare.Felice di poter lasciare il lavoro, ed è tutto dire.

Cercare visi noti nelle fotografie dipremiazioni, pranzisociali, festeassortite, riconoscereil campione,riconoscere l’amico di quella volta equella sola, fermarsisu una faccia esapere che sidovrebbe sapere ilnome del suo titolare,però il nome sfugge,inutile anzi disastrosofrugare la memoria,oppure procedere pertentativi, ma ancheimpossibile rimandarela ricerca… Foto che diventano incubo,e ti fanno capire quel personaggio di Oscar Wilde che,imbarazzato per non aver subitoriconosciuto lapersona illustre chelo salutava, si scusòcosì: “Mi spiace,signore, di non avervisubito riconosciuto.Ma, sa, io sono moltocambiato”. Per lacronaca, qui è facile il riconoscimento:due fratelli Luchettasul lato sinistro e unosul lato destro, alcentro FrancoBallerini CT azzurro,alla sua destra IvanBasso, alla suasinistra DamianoCunego, entrambiappena svezzati.

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Paolo Valenti è statogiornalista di sport,tantissimo calcio e di ciclismo quel chebasta per far nascereun amore fisso,durevole. Valenti ognitanto faceva visita aiLucchetta (due deifratelli sono in questafoto) ed era semprecome se si offrisseuna gita salubre nellapineta dei fortiricordi, dei buonisentimenti.

La bella donna in mezzo ai fratelliLucchetta è stataMiss Italia, adesso è un personaggioimportante di unatelevisione leggera ma (speriamo)sincera. Una che escedal lucore del video e viene a trovarci nellenostre case, con unagrazia da Miss Tappapermanente che quasiquasi chiede scusa seha anche altro da fareoltre che sorridere alpopolo della bicicletta.

Grande calciatore egrande calci-attore,nel senso di favolosointerprete di qualcosache per altri è soltantouna summa di pedate,Nils Liedholm, svedesedel Monferrato,astemio di nascita ma“vinto” dal vino di cuiè diventato produttore,alza con i Lucchettaun bicchiere di bianco.Liedholm non è più tranoi, ma il suo sorrisosi perpetua uscendodall’immagine epervade di ricordisereni e dolci chi loconobbe, chi brindòcon lui all’amicizia e alla reciproca stima,con serenità umana e con speciale letiziasportiva.

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Lo sponsor calcolatore

Anche: c’è, eccome. È lì col portafoglio apertoperché qualche pubblicitario lo ha convinto, qualcheamico lo ha spinto; è lì perché sa di avere bisogno divisibilità per il suo marchio o per se stesso: nel primocaso va sul ciclismo, che tutto sommato dà moltoin cambio di poco, nel secondo va sul calcio, chein cambio di moltissimo dà qualcosa che è difficileda quantificare ma sicuramente importantissimoe sfruttabilissimo sul piano personale. Rispettoad altri sponsor lui considera lo sport esattamentecome il muro di una città: se ci metto sopra deigrandi manifesti, se spalmo il nome del mio prodottosu ics metri quadrati con un investimento di ics euro,alla fine l’operazione deve rendermi anche in denaro.Trattasi di ragionamento lecito e secondo alcunipersino doveroso e saggio, ma trattasi anche dellagrande negazione dello sport: in cui non è detto, nondeve essere detto che Tizio (più forte, meglio seguito,più motivato magari proprio dal denaro dellosponsor) debba battere Caio, ma in cui anzi il belloconsiste nel fatto che Caio al via di qualsiasi garapossa battere Tizio, inventandosi campione,approfittando di una debolezza dell’avversario,sfruttando situazioni contingenti e a priori estraneea tutti e due, insomma rovesciando, come si suol dire,il pronostico. Un ragionamento simile appartiene aigrandi tycoons, che spesso sono dei finti appassionati,almeno in partenza (esiste per fortuna l’ipotesi felicedel contagio): mettono denaro nello sport per avererisultati e poi, se i risultati non arrivano o se ildenaro sborsato è così tanto da non permettere néuna marcia indietro indolore né un’autocritica incaso appunto di insuccessi, finiscono perappassionarsi, recitando con realismo la parte ditifosi. Perché non hanno altro da fare, se criticasserolo sport che non dà quello che industrialmente eraprevisto criticherebbero se stessi, ammetterebberoi loro errori di misura, di valutazione, di presunzione,di incompetenza. E allora si inventano finti nemici,finte congiure, però di solito non si arrendono,anzi intensificano gli investimenti: anche perché tuttosommato lo sport, per faraonico che sia, raramentece la fa a distruggere grandi fortune. E spesso losponsor apparentemente superspendaccione si limita,in realtà (accade soprattutto per non dire quasiesclusivamente nel calcio, almeno in Europa), a dareallo sport una ben piccola parte dei suoi guadagni,

spesso illeciti o comunque smisurati. Usando,oltretutto, il concetto di sport come uno shampooper la coscienza, come un alibi: essendo lo sportper definizione puro-sano-pulito, e in maniera chesi vuole contagiosa, nel senso che occupandoti disport un po’ di purezza, di sanità e di pulizia tifinisce per sempre addosso o addirittura dentro, eccoche in un certo senso diventi più buono o, quello checonta, più credibile come buono… Possibileaddirittura che l’uso dello sport, sia pure irrorandodi denaro personale, o della propria azienda gestitain prima persona, questo stesso sport, appaia allosponsor calcolatore come la creazione di una speciedi usbergo: in caso di problemi industriali, economici,sociali e sinanco giudiziari l’aver frequentato lo sportdandogli fiducia, attenzioni, tempo e molto moltodenaro potrebbe essere una forte attenuante di frontead accuse anche fortissime.

Lo sponsor mordi-e-fuggi

È quello occasionale, richiamato da unasituazione favorevole (un esempio: quella squadrasi raccatta con pochi soldi, è fallita o è vicinaal fallimento).

Lo sponsor di famiglia

Eredita dal padre la vocazione e anche l’impegnosociale alla sponsorizzazione: il caso Moratti èil massimo, e per tanti proprio l’intensità di questavocazione famigliare per le cose dell’Inter è cosìforte da spiegare e far passare come doverosele spese altissime del Moratti junior.

Lo sponsor automatico

È ad esempio quello che, specialmente inun paesone o in una piccola città, si trovapraticamente costretto a interessarsi delle sortidi un’entità appariscente dello sport locale. L’entitàsportiva è in crisi e lui ha il dovere di intervenireperché così vuole una comunità che sa o pensache lui si sia fatto ricco proprio grazie al terrenofavorevole costituito in tutti i sensi dalla zonain cui opera. E in questa zona lui ha da essereil primo dei crocerossini, perché sì, perché èin una sorta di debito: e allora deve interveniresulla squadra di calcio in difficoltà, così come deveintervenire se mancano i soldi per finire ungiardino pubblico o per potenziare una scuola,professionale ma non soltanto tale.

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Il Veneto e i veneti ciclistici,ciclofili e ciclosi

Torneremo in assoluto sullo sponsor, parole & musica. È tempo di parlare dei fratelli Lucchetta,che – ricordiamo – si chiamano in ordine anagraficoAntonio, Gaspare, Fiorenzo e Giancarlo. E chesono i titolari di Euromobil e del suo Gruppo.E che sponsorizzano arte e sport con il due per centodell’utile aziendale netto, senza mai pretenderetroppo che il nome della sponsorizzazione– Euromobil o altro – sia enfatizzato, magari vengaanteposto a quello dell’atleta o del pittore. Lasciamoagli esperti di psicologia industriale e commerciale,

oltre che personale e famigliare,il perché della sponsorizzazionedi belle cose, di manifestazioni,di avventure d’arte. Perquel che riguarda lasponsorizzazione sportiva, essaè essenzialmente ciclisticae dunque è molto ma moltoveneta (in Italia soltantoToscana, Lombardia ed Emilia-Romagna sono regioniomologhe al Veneto nell’amoreper il ciclismo, e questo anchesenza bisogno di grandi ciclistitrainanti, di grandi pifferai,almeno di questi tempi).Un amore così forte che deve,almeno in parte, essere erimanere misterioso, sennòche amore sarebbe? Un amorecosì forte e intanto così – comedire? – teneramente,placidamente, amorevole,amoroso, che non ne escludealtri, anzi altri ne propizia: einfatti fioriscono in Venetosponsorizzazioni forti dipallavolo, rugby, basket… Unamore che non si oppone a

quello per il calcio, ma vuole paletti e steccati. TeofiloSanson gelataio veneto cresciuto industrialmente inPiemonte e tornato a casa, a Verona, quando già eraindustrialmente fortissimo, a un certo punto divennepresidente dell’Udinese e si agganciò al Verona –diciamo di buone celebri squadre pallonare – ma ilciclismo gli occupò sempre la parte più impegnatadel cuore sportivo, anche quando Moser, il suoMoser, trentino cresciuto da dilettante anche inToscana, vinse proprio a Verona il Giro d’Italiaospitando sulla maglia il nome di un gelatoconcorrente e per di più abruzzese, cioè anche un po’“terrone”. Anche quel giorno Sanson riuscì a esserefelice per il ciclismo italiano (favorito era il franceseFignon) e per il comunque suo Moser. È tutto dire;anzi è dire proprio tutto.

Possiamo qui tentare una piccola, compunta,rispettosa analisi del fenomeno d’amore che è ilciclismo per un veneto. Il ciclismo innanzituttosuggerisce sudori fratelli, è sport permeato da unforte senso del lavoro, un lavoro che è anche fatica, euna fatica che è soprattutto fisica, la più semplice dadecifrare e anche, in qualche modo, da partecipare.

Il ciclismo è sport contadino, e per laconnotazione dei suoi praticanti, e per il suo fortesenso della terra da esplorare, da conquistare, e peril suo bisogno di pianure e campagne e anchemontagne, di orizzonti vasti, di panorama naturalemobile e nobile insieme: e il Veneto potrà anchediventare la migliore regione industriale del mondo(e magari già lo è) ma resterà sempre terracontadina, terra di lavoro predicato e vissutodall’alba al tramonto, terra di tradizioni legate aldivenire delle messi, delle piante, dei fiori, dellestagioni… Altre terre sono così, si capisce; ma forsesoltanto il veneto è scientemente e intantocoscienziosamente così. Su un’automobile daduecentomila euro un lombardo, un toscano, unemiliano-romagnolo non riesce a non essere fiero,sicuro di sé, persino altezzoso, e comunque“importante” su una vettura “importante”; un venetonon riesce a non essere anche un po’ contadino,ancora un po’ contadino. E sia chiaro che si trattadi un grandissimo complimento…

Il ciclista veneto è il gregario tipico, ma non perla facile e ormai fasulla ritualità del “comandi”, del“sior paròn”, bensì perché nello sport niente comeil gregariato ciclistico frequenta e possiede così fortee sicuro e onesto e umile (ma non mai troppo

Ma dove vuole andare Mirko Gualdi?Dilettante campionedel mondo 1990,uomo Euromobil,passato professionistaalimentandotantissime attese esperanze, si è comefermato contro il muroche si alza fra le duecategorie. E alto è ilmuro soprattuttoquando un dilettantecorre già come unprofessionista, quantoad assistenza eprogrammazione emagari anche grinta,per cui si aspetta unmondo nuovo, non lotrova, non ha stimoli,si avvita su se stesso.Spiegazione parziale,forse neanchespiegazione chespiega, però di meglioè difficile trovare. Ildilettante Gualdi hacomunque dato moltoai Lucchetta, e loro loconsiderano un atletagrosso, un uomofondamentale nellastoria del ciclismoaziendale e un ciclistaassoluto come spiritoe impegno, uno cheloro hanno fattocrescere bene.

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Chissà se ci è volutodel tempo perspiegare al nordico-scandinavo-norvegese Kurt AsleArvesen che luidoveva propriolatinizzarsi per la fotoufficiale: cioèsbracciarsi in segnodi felicità, sorriderealmeno come i suoicompagni, lui cheperaltro con la magliairidata dell’annoprima (il 1997) avevainfiniti motivi in piùper sorridere. I nordicidi Scandinavia e dintorni sonorelativamentefrequenti nel ciclismoin Italia. Quasi tutticomunque si fannodei nostri, vivono ilpiù possibile qui,cercano di mangiaree bere come noi.Anche nel cuore delgruppo i ciclististranieri imparanotanto del nostroPaese dei furbi, deidolenti, dei maghi,dei fachiri, oltre chesi capisce dei braviragazzi. Se patisconouna cosa, è la nostra smania diprotagonismo. Civorrebbe una lente di(molto) ingrandimentoe uno psicologoesperto in mimesi perdirci quanto in questafoto Arvesen stapensando a come siastrana la sua vita.

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Ancora giochi dibraccia. Vince abraccia alzate, perEuromobil, SachaModolo, alla suasinistra un compagnodi squadra allarga le braccia e sorride contento (o felice? Beh, nonesageriamo). Dietro,fra i due, c’è uno cheha qualcosa da diresulla volata a chi, alladestra di Modolo(cioè sulla sinistranella foto), stapedalando e intantodiscutendo. C’è tuttauna commedia inpochi metri, c’è unasorta di campielloveneziano.

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Pochi centimetri ecambia tutto. SimonePonzi, Euromobil,vince; non si tratta difotofinish ma lavittoria è comunquesofferta, il secondo èuno sconfitto e fa laparte della vittimasacrificale migliore,quella che ti impegnasino alla fine facendosì che la tua vittoriasia resa preziosaanche dal suo valore.Non c’è ciclistavincente che,rivedendo una fotocome questa, nonabbia voglia di poteresercitare un attoassoluto ondespalmare un po’ delsuo successo, dellasua felicità sull’altro,che sta dietro perpoco. Si pensi alcalcio: fral’attaccante che haappena segnato e ilportiere che è appenastato battuto, ilrapporto è diverso,meno disteso, c’èil senso del mors tuavita mea. Qui c’èil senso di unabattaglia condotta in comune, a pro delciclismo e contro chinon lo capisce: hovinto io ma tu non hai perduto, casomaihai perso (finezzalessicale esercitataanche senzaconoscerla sino infondo: perduta puòessere una cosa chesi aveva e non si hapiù; persa inveceun’occasione che si è palesata ma è stataraccolta da un altro,comunque dellastessa mia tribù).

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Tante bracciadistaccate dai corpi,un braccio sulmanubrio: OscarGatto, Zalf DésiréeFior, ha vinto e lebraccia salgono alteal cielo. Dietro di lui un compagno di squadra,presumibilmentesecondo, si vede ilsuo braccio sinistro,tiene ancora ilmanubrio, non è ancora spento lo sprint ma conl’altro braccio esulta.Sulla destra unbattuto, di un’altrasquadra, le bracciaallargate, come a direche non c’è statoniente da fare.Sfocati ma benevisibili i due altricompagni di Gatto, le braccia alzate perfare festa, festa digruppo. E un altrobraccio alzato di unaltro collega di Gattosi intravvede sullasinistra del vincitore,sbuca da sotto la suaascella destra. C’ètanto dello sport nellafoto: la soddisfazione,la voglia di spingere ancora, la rassegnazione, la felicità di prima e di seconda mano.Un dettaglio. FaustoCoppi vinceva senzamai alzare le bracciaal cielo, ma di Coppice n’è (stato) unosolo.

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Giochi di mani anchequi. Le classichemani alzate del primo, Oscar Gattodell’Euromobil, le mani allargate, in segno quasi di approvazionecontadina, delsecondo, stessasquadra: il qualesembra però unasorta di vigile urbanoche con questamossa tende a impedire che, da dietro, si facciaavanti qualcunovoglioso di cercar di vincere sinoall’ultimo millimetro.Sotto l’ascella delbraccio sinistroallargato si fa vedereun altro dell’Euromobil,all’insegna – concessoscherzicchiare? – del“quando c’è il Gattoanche i topi ballano”.

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servizievole) il senso del lavoro, edel lavoro utile alla comunità(concetto anglosassone, maanche di qualche bella placcad’Italia). Si dice che il ciclismoveneto non ha grandissimicampioni, e storicamente èesatto, ma il campione è ilbacio degli dei posato suqualcuno spesso a caso. Peròil ciclismo veneto haprodotto e produce bravipedalatori, e non è un casoche in un buon italianopopolaresco pedalare sia verboche significa, comunquee dovunque e quantunque,lavorare: sui pedali, nei campi,nella fabbrica, in ufficio, sullastrada, insomma nella vita.

Il fatto che sia ascritta a unpedalatore veneto, a suo tempoanche famoso, quella che secondochi scrive queste righe è la miglioreespressione umoristica involontariadi tutto lo sport, sembrerebbeconnotare semplicità eccessiva(tentiamo un neologismo:“sempliciotteria”) nel suoprotagonista, e insomma operare insenso negativo. Ma invece secondonoi siamo di fronte a una voglia dicose di paese, quale che sia il paese incui ci si trova. Insomma questocorridore cenava con i compagni, era inmezzo al mare, stava in una nave chetrasportava la carovana del Giro d’Italiaverso la Sardegna dove erano inprogramma alcune tappe; e, quando ilcameriere – la cena era ormai all’occaso –gli chiese quale formaggio desiderasse,rispose: “un formaggio locale”.

C’è da chiedersi quale tipo disponsorizzazione ciclistica il Veneto, i venetioffrirebbero nel caso di nascita dalle loro partidi un Bartali, di un Coppi, semplicemente di unPantani. Un nuovo caso Sanson-Moser, tenendo

conto del fatto che il grande Francesco è pur sempreuno delle Tre Venezie, un trentino/cugino? Possibile

addirittura lasciare l’eventuale Campionissimo“born in Veneto” a sponsorizzazioni forestiereo anche straniere, ma non per avarizia:semplicemente perché certe cifre, e anchel’indotto psicologico che certe cifre muovono,

striderebbero con la venetalità dello sport, nelsenso che esenterebbero il loro beneficato dalla

frequentazione costante dell’umiltà,a meno che si trattasse di un fachiro

del comportamento umano di fronteal denaro. Ecco, arriviamoa pensare che lo sponsor venetotipico si ritrarrebbe da questaoperazione, e non solo, che nonla solleciterebbe neancheil pedalatore, conscio che il suopersonaggio ha bisogno dialtri fondali (senza che questosignifichi neppure vagamente

il rinnegare il fondale proprionaturale).

La vera sponsorizzazione venetanel ciclismo deve riguardarei dilettanti, che sono i fratellieterni dei contadini. Per ragionidi spesa (il Veneto ancheiconograficamente nonè avaro, ma è attento aldenaro), ma anche perchéil pedalatore deve essere inqualche modo uno dei tuoi,uno che può anche andarea zappare i tuoi campi, se

ci sono ancora. Che sia,il pedalatore, forestiero o

ostrogoto, norvegese (Arvesen)o napoletano col cognome

spagnolo (Figueras), che siaitaliano nato in Svizzera,

lombardo di crescita ma tuttoveneto di connotazione rispettosae però sicura, forte (Ivan Basso),che sia molto semplicementee rotondamente veneto-veneto

(Damiano Cunego).I fratelli Lucchetta sono entrati

nel ciclismo nel 1983, ma vi sono foto

Sembra un gioco di prestigio, fra pocoil corridore mostreràcosa tiene nellamano sinistra,occultata dietro la schiena. Pare quasiche stia invitando ilpubblico a indovinare,il pollice alzato comeper cominciare lanumerazione di piùrisposte. Ma la foto èmolto semplicementequella di un arrivo un po’ diverso,speciale, “altro”, con il vincitore sicuro di vincere, nellacosidddettasplendida solitudine.Si può anchedecidere che il pollicedice 1 per dire primavittoria, oppure primoio oppure ok benecosì, e che la manosinistra non contenganulla, stia dietrosoltanto per favorire il legittimo petto infuori del ciclista, chealtrimenti è semprecondannato a starecurvo, evitando il petto esposto,espanso, che faorgoglio eccessivo ed eccessivaresistenza all’aria.

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più antiche che sono quasi dagherrotipi e chetestimoniano di una attività che si potrebbe definiredopolavoristica. Dipendenti della loro industriapedalavano la domenica e gli altri giorni di festa,per amore della bicicletta. Giovani e vecchi, fortie deboli, impegnati a solcare un territorio che erasicuramente meno assatanato di traffico rispettoa questi nostri giorni e intanto prometteva, garantivaeternità di quiete, soavità, bellezza, rigore, rispetto,li esibiva nei suoi uomini e nelle sue cose e licertificava come eternità di grana buona, non fasulla.

Alla radice dell’amore veneto per la biciclettac’è pure la concezione piena della petite reine comestrumento di lavoro. Il veneto tipico è uno chesi diletta a lavorare, e il ciclista dilettante, venetoo adottato dal Veneto, è uno che pedala ancheper quello speciale diletto che, come direbbe Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, consistenel fare bene ciò che si deve giustamente fare(ecco la concezione di libertà secondo lo scrittorepolitico francese). Se pensiamo al lombardo chepedala, al piemontese che pedala, pensiamo a unoche usa la bicicletta per evadere dal lavoro, perliberarsi provvisoriamente da certe cose, approdandoa una libertà davvero “distaccata”. Se pensiamo alveneto, al toscano, all’emiliano-romagnolo che

pedalano, pensiamo a tipi che prolungano conla bicicletta, con il sudore da ciclista, la sacralitàdel lavoro. A essere lessicalmente pignoli, unlombardo e un piemontese sono dilettanti ciclisti,nel senso che cercano con la bici un diletto cheli allontani dal consuetudinario. Veneti e C. sonociclisti amatori, nel senso che trasferiscono sullafatica ciclistica l’amore per il lavoro, e non invecela voglia di liberarsi dal lavoro. Per questo, forse, ilveneto è più tipicizzato come gregario del lombardo.Resta contadino e operaio anche in bicicletta,non usa la bicicletta per allontanarsi dal se stessolavoratore. Quando poi ha la possibilità economicaad hoc, questo stesso veneto diventa sponsor.

Non si tratta ovviamente di classificazioniradicali, e meno che mai manichee, con tutto ilbene da questa parte, tutto il male da quell’altra,ammesso e non concesso che si sappia abbastanzachiaramente cosa è il bene e cosa è il male. Sitratta di sensazioni, che però ci sembrano beneappoggiate alla realtà dalla quale peraltro derivano.E allora ecco che l’occasione, che potremmointitolare “ciclismo veneto, ciclismo dei veneti,sport dei veneti”, ci viene buona per mettere avantiuna tesi personale ma forse interessante, una tesiche in Veneto può essere meglio che in altri posti

Un fumettoimmaginario sisprigiona da ognunodei tre corridori allapremiazione (quello di centro, unpedalatore EuromobilZalf Fior, ha vinto). Il fumetto è lo stessoe più o meno dice,recita, invoca,esclama, interroga:“Potrò mai esserecome questo signorea fianco?”. Il signorea fianco si chiamaFrancesco Moser,sorride per ilfotografo quindianche per noi cheguardiamo lafotografia, sorridepensando a quandoera un ragazzo edemetteva lo stessofumetto nei riguardidi qualche campionedei tempi suoi,sorride perché nelciclismo si sorridemolto, si sorrideanche specialmentequando non c’èniente da ridere.Moser è un grande,ogni tanto i Lucchettalo imprigionano di affetto ammiratoe gli chiedono se è vero che, come èandata quella volta là,se gli piace quelcorridore lì.

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capita, spartita, limitata con esempi contrari.La tesi si appoggia a cinquantacinque anni di sportin prima persona, visto, annotato, scritto, descritto,partecipato con i giornali e anche, in misuraminore ma in modo intenso, con altri mezzidi comunicazione quali la radio e la televisionee la scrittura di alcuni libri di storia sportiva, e conle discussioni in probabilmente troppi convegni,dibattiti, confronti, conferenze, tavole rotonde. Maecco la tesi: in pochi, pochissimi anni, un ventennioo anche meno, lo sport ha subito una metamorfosimorale profondissima, specialmente per l’interventomassiccio della televisione e quindi dellesponsorizzazioni a fini soprattutto pubblicitari, equindi del denaro, tanto e troppo denaro. Lo sportera – appena ieri l’altro – posto bello e giustodell’umano agire, dell’umana attività, dell’umanodarsi e saper darsi da fare. Ed era anche, pernon dire soprattutto, posto dove vigeva in manieraottimale una morale che si estrinsecava nel rispettodelle leggi e delle regole, nella pratica dei cosiddettibuoni sentimenti, nella frequentazione spontanea

della lealtà, dell’onestà. Insomma era un postomorale, meglio ancora un posto etico.

Poco anzi pochissimo tempo, ed ecco che lo sportè diventato posto non diciamo immorale, no, maamorale, posto cioè dove si prescinde da ognimoralità, al massimo frequentando qualchemoralismo furbastro. Posto divenuto ottimale(ma sarebbe giusto usare un neologismo:“pessimale”) per trasgredire senza timore, trasgredirein piena immunità e impunità. Per ignorare leggi eregole, irridere ai buoni sentimenti e casomaipraticarli soltanto per ragioni di comodo. Perché,se si conoscono i dieci comandamenti, che riesconoancora a fornire l’idea di quello che dovrebbe essereun comportamento sano, buono e giusto, e questopraticando un po’ tutte le religioni, ecco che bastaelencarseli dentro e pensare a come lo sport li ignora,li irride, li contrasta, li dribbla, li vanifica…Percorriamoli uno per uno, allora, anche se nonè l’ora di religione. “Io sono il Signore Dio tuo, nonavrai altro Dio all’infuori di me”: lo sport èpaganesimo pieno, con la continua creazione di dei

Cristian Salvato, asinistra di AdrianoDe Zan grantelecronista che fu, èstato la presenzaEuromobil in unquartetto italianocampione del mondoa cronometro asquadre. Dall’altraparte della scena c’èVittorio Adorni, grandeprofessionista pertanti anni buon amicodelle corse contro iltempo. È la classicafoto di inizio dicollegamento per leinterviste: ognunopensa a quel che devedire, che vuole dire,che può dire, che nondeve lasciarsiscappare. Il cosiddettocerimoniale nega ildiritto alla gioia piena,ragazzi che avrebberovoglia di fare i mattidevono invececonsegnarsi allacosiddetta buonaeducazione.

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da adorare. “Non nominare il nome di Dio invano”:lo sport di alto impegno, dunque di alto interesse,è bestemmia praticata e spesso addirittura usata, persfogo, ma anche per ragioni e finalità trucide.“Ricordati di santificare le feste”: lo sport è pretesto,alibi, giustificazione per non santificare le feste,casomai dedicandole alla divinità nuova, che sichiama appunto Sport. E avanti, dai genitori lasciatiindietro e spesso umiliati nella considerazione deiragazzini, che sono campioni precoci e guadagnanocifre che i loro padri mai si sono sognati, all’esercizionello sport della violenza; dall’atto impuro dapromiscuità facile e conclamata, con disinvolturaappunto “sportiva”, al furto di fiducia ingannandol’arbitro o truccando la partita; dalla bugiastrumentale al desiderio di ulteriore denaro altruianche se si è già ricchi, proprio perché si è già ricchie – novità di questi ultimi anni – al “furto” delladonna d’altri, specie se velina leggera leggera. Questaè la visione realistica, per niente sensazionalistica,e purtroppo ormai obbligatoria dello sport di vetrina,quello che è trainante, che orienta l’altro sport, così

che il brocco ha le stesse voglie, con l’“aggravante”,la zavorra del non poterle saziare, del campione,il ragazzino quelle dell’atleta cresciuto.

Ma siccome vogliamo a tutti i costi credereancora nello sport e trovare e proteggere, insiemealla sua sorgente, la sua persistente purezza (perchéqueste cose esistono, porca miseria se esistono),ecco che ci rifugiamo in placche del mondo semprepiù preziose perché sempre più rare.

Una placca è il ciclismo, ancorché ingenuoe fesso nella pratica del doping, dove ha fatto daparafulmine per tante altre discipline, da sfogatoioper tanti facili moralismi, da bersaglio per contoanche di altre entità, insomma da cavia stupida.Il ciclismo, nonostante tutto e nonostante troppi(non tutti) che hanno peccato e addirittura cercanodi continuare a peccare, è ancora una pineta salubrenella giungla del resto dello sport. E il ciclismoveneto è una bella, ombreggiata, riposante e intantocorroborante radura di questa pineta. In parolepoverissime: il ciclismo è ancora sport buono.Nel ciclismo, se si è buoni, se non si arriva a essere

Cosa deve dire unoche ha appena vinto iltitolo mondiale diciclocross (siamo aLeeds, Inghilterra,anno 1992) alcelebre intervistatoreAdriano De Zan dellaRai, Radiotelevisioneitaliana? Che ècontento, ovvio. Cheha faticato tanto,“straovvio”. Che nonrinuncia a sperare didiventare anchegrande ciclista dastrada, diciamociclista normale. Cheil fango inglese èproprio come il fangoitaliano. Che ilciclocross èspecialità di matti,perché si unisce il soffrire del ciclismoa quello del podismo,e davvero si esagera.Che è contentoanche per quelli dellaEuromobil che glisono vicini.

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cattivi nonostante tuttele sollecitazioni, si vive bene,si sta bene. Addirittura ilciclismo è un mondo doveun giovane non pensaa priori che un vecchio siaun imbecille: è tutto dire.

Nel ciclismo – ecco forse ilpunto per chiarire bene le cose– i tifosi non si picchiano fradi loro, tifano per uno ma noncontro l’altro, amano il lorosport prima e più ancora che illoro campione. Sono anomalirispetto ai tifosi di ormai tante,troppe altre discipline; e se sipensa subito e soprattutto alcalcio non si commette proprionessun peccato mortale… Nelciclismo si spende molto perseguire una corsa, anche sei nemici del ciclismo diconoche le folle immense sullestrade e specialmente sulle

grandi montagne sono richiamate dal fatto di nondover pagare il biglietto. Una giornata sulle Dolomitiper veder passare – pochi attimi – quelli del Girod’Italia significa sudore, fatica, perdita di tempo,perdita spesso di salario, di ferie, di lavoro, spesa percarburante e generi alimentari, e spese speciali ditempo per discussioni in casa.

Molto ma molto più semplice ed economicocavarsela con il denaro e il tempo (poca roba, tuttosommato) per acquistare un biglietto dello stadio eandare a vedere la partita di pallone. Il ciclismo èetico; e pazienza se non è troppo estetico, con il sensoma anche la visione, l’esposizione, addirittural’esibizione di una fatica ferina, di una fatica“sporcata” da se stessa, dalle sue esigenze, una faticaevidenziata magari da ferite e piaghe, oltre che dapolvere e sudore in dose super, una fatica fattalievitare dal clima, il troppo freddo come il troppocaldo, la pioggia come il sole, la neve come il vento:tutti nemici del ciclismo e tutte cartine al tornasoleper individuare il ciclista vero.

La Zalf Euromobil Fior Rex (meglioabbondare) vince il titolo italiano di società, aCastelfranco Veneto,e per le imminentiOlimpiadi (Barcellona,1992) due dellasquadra sonoconvocati in azzurro:Beltrami per la pistae Gualdi per la strada.Il campionato disocietà tiene contodi risultati assortiti,in una manifestazioneabbastanzacomplessa che premia insieme laspecializzazioneindividuale e lacoralità dell’impegno.Si va da classificheassolutamenteindividuali allagraduatoria dellaprova a cronometroper quartetti. C’è tuttodel ciclismo, ma sesi gratta un po’ la superficie si trovamolto della vita.

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Quando quelli di unasquadra pedalano infila, dandosi il cambioa intervalli regolari ecercando di evitareintromissioni disucchiaruote nemici,si dice che “fanno iltrenino”. Per lanciarela volata del bigscavandogli come untunnel nell’aria, peraiutare un compagnoa rientrare in gruppo,o semplicemente perdare alla corsa il lororitmo e far capire chevogliono imporre laloro legge. Questotrenino Euromobilsembra perfetto,come un treninoaccademico eseguitoa pro del fotografo.Però sa dicollaborazione, di lavoro insieme, di sodalizio, insinuaidee positive di bellacosa loro, di buonacosa del ciclismo.

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Una tappa del Girodella Valle d’Aosta:chi ha vinto? Quellomarchiato Zalf sichiama MirkoAllegrini, l’altrochissà. Il ciclismo sidipana in gara pertanti chilometri,spesso decidono imillimetri. La linea deltraguardo alza unasorta di pareteaeriforme di crudeltà.Un apparecchiochiamato fotofinishdeciderà il vincitore.Il battuto rifarà lavolata e scoprirà diaver avuto milleoccasioni di vincerla.Il vincitore rifaràanche lui la volata escoprirà di avereavuto mille occasionidi perderla. Unmillimetro verrà avalere infinitamentepiù di un chilometro,e anche questo èciclismo dei miracoli.

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Mimetizzare i sentimenti speciequando sono forti

I fratelli Lucchetta non sponsorizzanosoltanto il ciclismo. Certe loro sponsorizzazionisono in realtà atti di amicizia travestita da relativoinvestimento pubblicitario: tanto per fornireun alibi a chi il denaro riceve, non certamente achi lo dà. Ogni tanto ci fa capolino un po’ di calciovariamente inteso, ogni tanto occhieggiano, dadietro immaginarie quinte, giocatori di un footballanche alto. Lo stesso ciclismo richiama spessoun sodalizio occasionale ma subito intenso coni suoi grandi campioni, che siano o meno stati, dadilettanti, pedalatori di casa Lucchetta. Cunego,insomma, ma anche Moser, e Basso ma ancheFondriest. Si tratta per il mondo della bicicletta di

automatismi, sentimentali e formali insieme, moltoricorrenti, molto sentiti, molto onesti. È possibileche un calciatore conosciutello si scocci se ibimbetti che giocano a pallone sulla strada davantialla sua casa, alla sua villa, al suo palazzo fannofinire il pallone contro la sua auto; è assolutamenteimpossibile che il più grande ciclista del mondonon sia tenerissimo verso chiunque pedala anchezigzagando sul suo percorso, verso il bambinoche finisce con la sua biciclettina fra le sue gambeo verso il corridorino di paese che quando lovede lo irrora palesemente dei suoi sogni.

Chi scrive ha sperimentato, al primo contattocon i fratelli Lucchetta, la facile e persino ribalda(per l’uso che lui ne ha fatto) magia dei grossi nomiche una fortunata vicenda giornalistica gli ha datomodo di frequentare. Dire Bartali e Coppi, Gimondie Motta, Moser e Saronni, Pantani e Cipollini aifratelli Lucchetta e ai loro amici è come elencaredei santi amici a un vescovo. Citare un gregarioche fu famoso tantissimi anni fa e accorgersipiacevolmente che loro non solo lo conobberoquale pedalatore, ma lo hanno conservato nella sua

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pienezza di personaggio umile e indispensabile,significa portare subito la conversazione suun binario insieme facile e veloce, giusto e sicuro,per un viaggio in perfetta puntualità reciprocadi sentimenti, di idee, di convinzioni.

Chiedersi come far convivere in quello che è unamorevole sentimento farcito di attenzioni, dipalpitazioni, di tifo e anche di impegno finanziariotanti ciclisti, due calciatori celebri quali Hubnere Seno, una squadra di calcio importante comeil Perugia, e poi forti calciatrici (Modena) epallavoliste (Noventa), significa ascrivere unasponsorizzazione al calcolo, all’attenzione per irisultati. Insomma, significa allontanarla dall’ideadei Lucchetta, per i quali la sponsorizzazione èprima di tutto un atto dovuto di affetto. Non puòpresiedere calcolo alcuno, che non sia quelloelementare e intanto prezioso dell’amicizia, allasponsorizzazione (effettivamente avvenuta) di unaspedizione alpinistica: una simpatia appuntoaffettuosa per un prato che sa di montagna e quindisa anche di orizzonte vicino e amico, e basta. Basta,perché è già tutto. Quanto poi alla sponsorizzazionedei Giochi universitari invernali del Nevegal,

montagna di una provinciasorella, molto semplicementesi deve pensare che i Lucchetta,con la loro attività aziendale,non potevano non esserci:montagna, sport, cultura esport, folclore e sport – giàuna sola di queste entità potevabastare per fare da calamita –insieme hanno costituitoun must al quale non solo nonresistere, ma al quale aderirecon un automatismo logicoe fisiologico.

Ma è ora di parlare appuntodi queste sponsorizzazionifortemente sentimentali, chesembrano quasi andar controi canoni delle sponsorizzazionicon qualche finalitàcommerciale, palese omimetizzata. Non pensiamoche esista nessuna ipotesi eanche nessuna possibilità dimonetizzazione di un ritorno

di sponsorizzazioni ciclistiche dove le scritte, chesiano Euromobil, Zalf, Désirée e che siaccompagnino o no a Fior, sono prove sentimentalidi amore, prove tecniche di affetto, esibizioni moralidi fiducia, di speranza: cose tanto chiare e toccabiliquanto misteriosette come scaturigine. Il giornoin cui un appassionato veneto di ciclismo riuscissea spiegare bene, logicamente bene, il perché della suapassione – che se esistono i mezzi materiali si ampliasino alla sponsorizzazione, per il ciclismo, per iciclisti, per qualcosa di ciclistico – forse queste stessesponsorizzazioni sparirebbero, proprio perchéil reperimento di un perché nuoce agli amori e puòanche ucciderli. Il “perché sì” basta e avanza.

La presenza comunque compassata dei fratelliLucchetta alle competizioni in cui è portato in giroil nome delle loro produzioni è molto ridotta,riservata, quasi mimetica. Lo sbracamento recitatoda tanti sponsor in tanti sport non abitaassolutamente dalle parti loro. La felicità è, per tantiveneti austeri ancorché non mai seriosi, menointensa, meno nutritiva della soddisfazione.La felicità reca con sé il senso dell’effimero, del

Il taglio della tortaè un classico di tanteiconografie: quelladi matrimonio, quelladi compleanno,quella di onomastico,quella di nozze diqualche metallo,quella della partenzaper la naja, quelladell’addio al celibatose si tratta di tortaenorme dalla qualeesce una ragazza, inbikini e anche meno. Qui il tagliatore è Maurizio Fondriest da dilettante ciclistaEuromobil poi arrivatosino al titolo mondialedei professionisti.Lasciamo aglispecialisti indecriptografiasportiva il compito di decifrare i perché e i percome dellacerimonia, dei gesti,della policromia. E inomi dei personaggi.Ci sono sequenze dicolori iridati cheaiutano, e Fondriestsorride di felicità, non di circostanza.

Facciamo finta chegiochino adesso eche un qualchePaperone del calciovoglia aggiudicarlialla propria squadra.Basta vendere San Pietro e SanMarco e aggiungeregli spiccioli percomprare Carnevale,Zico, Serena, Altobellie Klinsmann. Il venetoal centro, Aldo Serenada Montebelluna, havinto una classificastrana inventata daEuromobil per starenel calcio senza finiredentro le sabbiemobili. Un premio al giocatore che ha segnato più gol, in quel datocampionato, senzaricorrere ai calci di rigore. Un premio al gol su azione, al gol frutto del lavoroproprio e degli altri,non di un impattounico del piede col

provvisorio, del passeggero. Può essere unacondizione “di passaggio”, non uno status fortee definitivo. La felicità arrossa, imporpora, lasoddisfazione tatua. Non abbiamo faticato, parlandocon i Lucchetta, a rintracciare una solidificatissimasoddisfazione, paradossalmente sicura di sopravvivereanche alla fine eventuale delle sponsorizzazioni.

Purché acquisita e “indossata” sempre,non drappeggiata addosso come un tessuto preziosoche oggi c’è, domani chissà.

Involontariamente, vietando alle loro donnel’attività diretta nell’industria e dunque anche lapartecipazione alle sponsorizzazioni, i fratelli

pallone, mentre icompagni e gliavversari stannolontani. Erano tempiin cui i calci di rigorenon assegnavano,come invece adesso,anche il titolomondiale. Insomma,erano altri tempi.

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Lucchetta completano la religione dellasoddisfazione. A parte il timore che la donna possaportare nel lavoro dell’uomo non solo la suacreatività, ma anche la sua peraltro adorabile(in diversi contesti) frivolezza, il proprio doveressere comare nel senso più cordiale, caldo, idealedel termine, esiste forse la paura che la donnaarricchisca ma intanto possa orpellare lepartecipazioni allo sport, i successi nello sport,di una sua allegria appunto femminilissima, magarisplendida, ma sicuramente troppo lontana dallasoddisfazione. Ci sono sponsor che sembrano avercostruito quella certa sponsorizzazione per la lorodonna, che portano in giro e presentanovistosamente gravida di interesse, persino di tifo.Ci sono sponsor per i quali lo sport rimane roba dauomini, anche lo sport delle donne. Ci sono sponsorper i quali una squadra è come e più di una donna,e anche un campione, magari uomo, è come e piùdi una donna. Ci sono sponsor per i quali lo sport èuna clonazione di figlioletti, minori non solo in sensoanagrafico. Ci pare che i Lucchetta stiano dalle partidi questa ultima classificazione. Poi accade che unafiglia di un Lucchetta sposi un corridor ciclistadi una squadra targata (dalla sponsorizzazione) in

qualche modo Lucchetta, ma trattasi di storia a sé,nessuna regia, nessun canovaccio, e neanche persogno un copione. Ovviamente lasciamo allesacerdotesse delle pari opportunità il diritto, lalegittimità di una avversione al bando delle donnedalla fabbrica: una sola preghiera, che primane parlino con i quattro fratelli.

Nessuna rivalità speciale o addiritturaincrementata (è accaduto, proprio nel ciclismo) conaltri gruppi che si occupano dello stesso tipo diprodotto: in Veneto e magari anche altrove ognisponsor è amico dell’altro.

Siamo quasi allo sport per sport, e il giornalistascettico blu è costretto ad ammettere che questorapporto sussiste, resiste, persiste. E spera soltantodi non essere stato troppo inquinato da altri modidi stare nello sport, spera di possedere ancoragli strumenti di ottimismo e di speranza per questotipo di pratica ormai inusuale in troppi postidi questo mondo.

Infruttuoso – altro aggettivo positivo, in questocaso Lucchetta – anche il tentativo di scovare ilprofessionismo mascherato facendo finta di credereche i dilettanti pedalanti non guadagnino nulla.No, la risposta al “ma i dilettanti sono pagati?”

Forse questo è unmodo veneto diposare per una fotosportiva, una foto dipallavolo con le manisulle ginocchia, acoprire, celare, maanche a mostrare.Mani quasi ripostequando non servono acolpire la palla, maniimprigionate unanell’altra e calamitatedal corpo. Provate aimmaginare una fotosempre di pallavolo,sempre di donne,sempre di giocatriciconcentrate e aitanti:però brasiliane, ocubane, o anchebulgare. Nonvenete, comunque.Sicuramenteassumerebbero,almeno con le mani,una posa diversa. Oforse sarebbe lastessa posa, ma nonce ne accorgeremmo.L’“atletessa” venetaha da essere inqualche modo sempreun po’ pia: e contagiale compagne nonvenete. Ci sono lemani giunte per lachiesa e le manigiunte per la palestra.Così, almeno,suggerisce unparticolare di una fotodi gruppo, quella delleragazze Zalf diNoventa Vicentina.E noi, visto chedobbiamo fare ivoyeur per stenderequeste diciture,prendiamo atto, e nonsolo: cerchiamo dispiegare, spiegarci.

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è stata disarmante: si danno dei premi, simonetizzano i successi, specie se sono tanti. Nona priori, sennò si tratterebbe di professionismo,dove ormai il guadagno viene garantito prima, almassimo i successi grossi significano soldi specialiin più. E quanto alla possibilità di fare carrieraaziendale con i successi, troppo alta in casaLucchetta è la sacralità del lavoro per incrinarlain qualche modo collegandolo, come resa materiale,a un guizzo premiato, a una gomma bucata(dall’avversario).

Niente doping ammesso e concesso, a nessuntitolo da parte di alcun atleta. Nessun dopingaziendale psicologico, sia pure ruspante come adesempio il portare i dipendenti su qualchetraguardo, su qualche strada, per fare gruppodopolavoristico e motivare gli atleti che in quelmomento sono gli uomini-sandwich del prodotto.Se proprio si devono organizzare viaggi folti didipendenti, lo si fa per le mostre d’arte.

Ciclismo, grande amore e cara piovra anche per il giovanegiornalista

Scrivendo dei Lucchetta, e avendopersonalmente deciso ormai da tempo di fare dellascrittura un lavoro, sperando al tempo di non farnetroppo un mestiere (importante la suddivisione,che a un certo punto può degenerare nelladicotomia, nonostante l’apparente matrice comunedelle due situazioni, appunto il lavoro e il mestiere),l’autore si è posto eccome il problema se sia giustointraprendere un’opera sapendo che comunquesarebbe stata agiografica, perché esiste unacommittenza che ha determinati obiettivi ai qualisi aderisce con il primo sì.

Posso, voglio, debbo passare o tornare alla primapersona decisamente – in questo caso – singolare.Non è la prima volta che mi occorre di scriverebene, e su commissione, di una determinatasituazione, sapendo a priori che così sarà, che cosìfarò. Trattasi di qualcosa che si chiama

Il Modena Calciodelle donne è statasquadra Euromobilper un po’. Se ne diceanche a parte. Qui sipresenta la rosa chepoi è una rosa nonrosa ma gialla con unpo’ di azzurro. Ci sonoinsomma dentro tuttii colori del ciclismo,Giro e Tour, magliarosa e maglia gialla, e c’è il coloredell’Italia dello sport.Tutto un caso, siachiaro, ma intanto la chiave di letturaper cui una rosagialla piace aiciclofili, e dunqueanche ai Lucchetta,non è troppo folle,specie se si tieneconto di quellafaccenda che sichiama inconscio. Leragazze sono moltoragazze, sorridonobene, poche hanno il piglio da massaia, il che comunque puòessere una bellacosa, utile anche percalciare bene ilpallone.

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committenza e che appartiene alla vita di unautore, di qualsiasi caratura egli sia. In fondoLudovico Ariosto scrisse l’Orlando Furioso per gliEstensi, Giuseppe Verdi musicò l’Aida per il vicerédell’Egitto: sono esempi così grossi da apparireblasfemi in rapporto al mio “stramicrocosmo”produttivo, li uso solo per amore di semplificazionee di esemplificazione. Niente di male a priori nelloscrivere “per”, il problema è scrivere “come”. Achi mi ha affidato la stesura della sezione sportiva

del volume su Euromobil,dintorni e contorni, ho chiestodi poter conoscere iLucchetta, e poi ho rivolto aiquattro e al “mediatore” tantedomande. Per la verità potevoesimermi dalla frequentazionedi simili questioni, potevabastare e avanzare la rassegnadelle sponsorizzazioni e deisuccessi a esse legati, quandonon esplicitamente da essegenerati (vittorie cioè chechiaramente non sarebberostate ottenute se non fosseesistito quel dato supportomorale e materiale chesi chiama appuntosponsorizzazione, ma che inquesto caso è qualcosa omolto di più). Per quelle cheio definisco squallide ragionianagrafiche posso contare suun vasto retroterra ciclisticoprofessionale, e i Lucchettadello sport sono ciclismoal novanta per cento.

Ho cominciato col giornalismo ciclistico nel tardo1958; la mia prima corsa da giornalista fu laTre Valli Varesine, curiosi e benedetti accidenti mihanno esentato dalla cosiddetta trafila, dallagavetta nelle gare minori, dalla naja fra i dilettantie magari anche, prima, fra gli allievi. Nel 1959ho seguito il mio primo Giro d’Italia, vinto dallussemburghese Charly Gaul, sullo slancio di unasorta di unzione piccola ma intensa che cercodi spiegare nelle righe che seguono, per spiegare asua volta la mia presenza in questo libro. Lavoravoa “Tuttosport”, ancora da precario (allora però si

Quelli del basket diCaorle, insomma delbasket sponsorizzatoEuromobil. Tantesquadre in riva a quel mare,comprese quelle dei giovanissimi. Quiuna delle formazionipiù “alte”, dove peròsoltanto uno dei nongiocatori fa da unitàdi misura, nel sensodi far capire, percontrasto, che igiocatori sono altialti. Gli altri due dellostaff sono alti quasicome i giocatori, iquali sono quasi deigiganti, anche se i più giganteschi fra i giganti eseguono il rituale iconograficosolito, stare in primafila con un ginocchioa terra, così che la squadra appaia nel complesso piùterricola che aliena.Comunque si puòessere grandi e grossi e miti: dovemiti è plurale di mite,in attesa che, con le imprese sportive,diventi il plurale di mito.

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Ma sì che ci sonoanche i ragazzini, e ilBasket CaorleEuromobil presenta inquesta fotografia igiganti di domani,anzi di dopodomani.Per adesso si puòpensare che ci stianotutti dentro ilpullmino, magari peril Guinness deiprimati, e magaridilatando il veicoloperché i bambinipossono farequalsiasi miracolo.Ognuno di loro, con lasua posa non in posa,trasmette l’idea diavere qualcosa diimportante da faresubito dopo che ilfotografo ha sancito il “liberi tutti”.Nessuno fa le corna,uno esegue il doppiosegno di vittoria, unaltro (sul tettuccio, il primo a sinistra)traffica con uncanestro alto, alto, alto. El’accompagnatoresdraiato sembraGulliver quando aLilliput è circondatoda nanetti. Che peròriescono a fargli farequel che voglionoloro.

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diceva da abusivo), e il direttore, Carlo Bergogliodetto Carlin, gran giornalista specialmente ciclistico,conquistato anche dal fatto che ogni giorno loportavo a casa dall’ufficio guidando con calma eperizia la vettura a metano che avevo ereditato allamorte di mio padre, mi aveva detto, e soprattuttoaveva detto ad alta voce ai padroni del giornale, cheavrebbe voluto avermi con lui al Giro d’Italia di

quell’anno, per dettargli al telefono gli articoli dallesedi di tappa. Carlin morì improvvisamente il 25aprile di quel 1959 e al giornale non se la sentironodi non mandarmi al Giro d’Italia: perché dessi unamano a colleghi importanti stravolti dalla fine delmaestro e intanto scrivessi qualcosa di mio. Me lacavai e all’alba del 1960, quando arrivò al giornalela notizia di Fausto Coppi ricoverato d’urgenza

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all’ospedale di Tortona, il ragazzino che io eroancora fu non solo scelto, ma obbligato ad andaresu quel servizio: era il primo giorno dell’anno, ivecchi draghi erano tutti distrutti dalla veglia di fine1959 (celebre e ambito allora, nella mia Torino, ilveglione dei giornalisti, a me ancora vietato, nelmassimo teatro cittadino), bisognava solcare in autostrade di ghiaccio, correre, conservarsi pieni di forze

per un servizio che si annunciava protratto pertutta la nottata. Coppi morì il mattino del giornodopo, il mio servizio fu valido; dopo di che vennia) assunto, b) scelto per andare ai Giochi invernalidi Squaw Valley, prima di altre mie ventitréoccasioni a cinque cerchi, record del mondo diOlimpiadi coperte da giornalista, c) assegnato alciclismo (però quell’anno mi fecero fare solo il Tour

Ci sono tanti modidi stare nel calcio,ci sono pochi modidi stare bene,giustamente bene nelcalcio. I Lucchetta aun certo punto hannoscelto il Perugia peroffrire uno dei loronomi d’arte (cioè di lavoro, in questocaso Euromobil), e aiutare una squadrasimpatica cheospitava tanti ventinuovi, per andare a vedere l’effetto chefa, come cantava, piùo meno in quegli anni,un certo EnzoIannacci. Se si servela patria anchemontando la guardiaa un bidone dibenzina, se si serve il football anchemontando la guardiaa un bidone digiocatore, perchéalmeno non eccedanei comportamentifuori campo, èpossibile servire lostesso football anchesponsorizzandogli una bandiera sotto la quale i tifosi si trovano meglioinsieme: tra l’altro da sotto quel tettotessile possono,guardando in alto,vedere persino loscudetto… Certebandiere grandi così“proteggono” di solitoil fatturato degliindustriali tessili, quila bandiera sembravoler velare il turgore di sogniaudaci…

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Il signore all’estremadestra della fila in alto si chiama Aldo Agroppi e allena questo Perugia dei miracoli (e un po’ anchedell’Euromobil).Agroppi ha smessocon il calcio giocatodove soprattutto èdiventato unmonumento delTorino, unmonumento di tifogranata; è passato al granata degliumbri, e la foto ha un valore simbolicoper quelli che sannouna certa cosa di lui.Agroppi, quando neisuoi molti anni diToro doveva posareper la foto di rito a inizio di stagione,riuscì una volta adassumere una posapoco ortodossa,diciamo pure a lucirosse, che sfuggì alfotografo ufficiale e venne poi rivelata a occhi attenti e smagati quando la foto fu pubblicataassai ingrandita.Ecco dunque a voi la valenza storica di Agroppi che si fa mister e dunque assumeatteggiamentocompassato. È unsorriso in più perl’esperienza peruginache l’Euromobil havissuto con eleganza,prendendo del calcioil buono e soltanto il buono, entrando euscendo al momentogiusto, qualcosa di più e di meglio che al momento buono.

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de France, dove ebbi la ventura di cantare Nencinimaglia gialla a Parigi, otto anni dopo Coppi eraccogliendo di Coppi l’eredità massima).

Tanto ciclismo da allora, così tanto che quando,nel 1974, lo stesso “Tuttosport” decise che dovevodiventare il direttore scoprii che non avevo ancorascritto neanche di una partita di calcio di serie A,e fu imbarazzante per chi, come me, credeva cheun certo tipo di trafila fosse necessario e produttivo(forse per questo la mia direzione durò poco,quattro anni…). Tanto ciclismo, da allora,con l’ultimo Giro d’Italia nel 1999, l’anno dell’iniziodella fine di Pantani. Tanto ciclismo anche per“La Stampa”, per la lunghissima collaborazionecon “Famiglia Cristiana”, e alla fine ventotto Girid’Italia, persino troppi a mio parere (più unadozzina di Tour de France).

Diciamo comunque (beh, lo dicono gli altri)che in tema di ciclismo ho le carte in regola perscribacchiare cose. E diciamo (lo dico soprattutto io)che il ciclismo è lo sport che amo di più, e checonosco forse di più, anche se come atletapraticante sono stato nuotatore in gioventù epodista da maratone (due) in vecchiaia, e anchese il mio amore calcistico per il Torino, frequentatoquando io ero pargolo e il Torino era Grande,bypassa addirittura la mia avversione per lesporcizie del calcio. I fratelli Lucchetta sono pureentrati nel calcio professionistico con lasponsorizzazione di una squadra importante,il Perugia allenato da Aldo Agroppi, amico mio, cheaveva fatto storia e storielle nel Torino e che comeallenatore stupiva positivamente tutti, prima di

… e a un certopunto la scrittaEuromobil apparveanche sulle maglie di una squadra di calcio di buonnome, di fama forte,il Perugia. Qui vediamo unWalter Novellinoimpegnatissimo fradue avversari, lui che veniva chiamatoMonzon per comericordava in viso un grande pugileargentino, quello che ci distrusseBenvenuti. Le vie dei signori – per aristocrazia, per censo, per pura,semplice e splendidasignorilità – sonoinfinite, talora siincrociano con le vie di “lor signori”del calcio e alloranascono scontri,incontri e nasconoanche lesponsorizzazioni. Il Perugia era assaisimpatico, sapevairridere alle grandidella sua categoria,arrivò addirittura inserie A e ne combinòtante, di belle e dibrutte, determinandoaddirittura scudetti e scomodando anche i giudici. Per Euromobilun’avventura brevema intensa.

Dell’esperienza conuna squadra di calcionota, popolare, pienadi valori e di intensitàabbastanza speciali,una provinciale però di un capoluogoregionale e capacespesso di battersi conle grandi battendole(insomma parliamodel Perugia), sipossono conservare,quasi musealizzare,momenti speciali,momenti semplici,momenti anchecomplessi, addiritturacontorti. Un ingresso in campo,tanto classico e ortodosso nel ritualequanto ogni voltadiverso perché diversolo fanno le attesedella gente amica e nemica. Due torteper una festa, moltemaglie per un giococromatico… Qualcheimmagine insommaper ricordare e intantoassemblare anchesentimentalmente una storia che nelladicitura a fianco cercaun incipit alla manierapropria delle fiabe…

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Non ha nessun rilievoper la storia dellosport italiano saperecome mai,ritrovandosi per unapartita di festa aFirenze gli azzurrimondiali del 1982,con qualche ritoccodi formazione,opposti come nellafinale di Madrid allaGermania, siaapparsa sulle magliedei nostri la scrittaEuromobil. Ha grossorilievo invece per la storia degli sportdei fratelli Lucchetta:i quali a un certopunto hanno fattofare alla loro anagrafeindustrial-commercialela più bella epifaniapossibile a livello dialta popolarità. Uncalcolo, sì, ma assaipiù sentimentale chepubblicitario. Unaspecie di “io c’ero” in seconda battuta.Per la cronaca, nonper la storia, lapartita è finita 3 a 3,derogando un pocodal rituale di questeamichevoli che disolito prevedono il 2 a 2 che non fa malea nessuno e divertetutti. Restando nelmondo del pallone,ricordiamo qui l’addioal calcio firmatoEuromobil di Scirea,Antonioni e –nientepopodimenochéal Maracanà – Zico.

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decidere che il calcio è una cosa tropposeria perché lo si lasci nelle mani deimaghi da panchina, e di diventare criticodei “mister”, su tutti se stesso. QuelPerugia arrivò al quarto posto in serie B,anno 1984-1985, prima di scenderedi brutto in C2 per delibera federale, allafine di una brutta storia che aiLucchetta, estranei ma emotivamentecoinvolti, fece capire molte cose. In quelPerugia giocavano calciatori forti einteressanti, destinati poi a spostamentiimportanti, positivi, nel grande calcio:tanto per far nomi, Walter Novellino,Andrea Pazzagli e Michele Nappi,persone vere, personaggi interessantie anche qualcosa di più.

Sempre col tam-tam degli amici, dellesegnalazioni di amici, ecco i Lucchettanel calcio femminile, con la loro aziendalegata dalla sponsorizzazione delModena, dove c’era la grande daneseSusy Augustensen, più volte cannonieremassimo del campionato, con tanti golcome nessun’altra nella storia di questosport, dove c’era Giorgia Brenzan,portiere o se si vuole portieressa dellaNazionale azzurra. Furono vinte dueCoppe Italia, nel 1986 e nel 1988,per una sponsorizzazione che duròper quattro anni.

Si deve ricordare che nel 1984 iLucchetta finirono davvero alla grande nel pallone,sia pure e non sempre quello da gioco del football.Per esempio eccoci con la pallavolo femminile delNoventa Vicentina, per tre stagioni “comprensive”della partecipazione al torneo di serie A. Per dueanni anche i playoff, con un terzo e un quartoposto nella classifica finale di un torneo a queitempi stradominato dalle ravennati. E tre giocatricidate alla Nazionale, cioè Maria Rosa Todesco, IvesZuecco e Consuelo Turatta: quest’ultima poiazzurra anche nel beach volley, con tanto diesperienza olimpica.

Per finire col pallone re, quello per il calcio (ilche non vuol dire niente per noi repubblicani dellosport, tifosi di un mondo del sudore democratico,lontano da un certo altro mondo dove la monarchiaspesso significa diritti ossessivi e comodi, soprusi

Quando le montagnedel Belluneseospitaronol’Universiade biancaquelli dell’Euromobilper sponsorizzaredovettero acconciarsia due cose: accettareche il Monte Visentin,quello che si vededalla parte di Treviso,si chiamasse ancheMonte Nevegal, comedicono quelli dell’altroversante, purrestando intanto nelloro paesaggio anchementale; spostaretante attenzioni, tantiinteressi, dal ciclismoagli sport della nevee del ghiaccio,ricordando a chi sistupiva che labicicletta èstrumento di lavorosportivo, oltre che disvago, di tanta genteciclista e sciatriceche ha bisogno diavere le gambebenissimo muscolate.Ha aiutato l’amiciziacon Maurilio De Zolt,il baffuto qui a fianco,gran fondista dibassa statura,leggendario santobevitore di cosegiuste, vecchiosublime grillodell’andar saltellandoper il mondo biancointernazionale.

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Sono quelli dellaspedizione 1990 inTibet, in un posto chesi chiana XixaPangma e che è unmonte e non unoscioglilingua, esisteveramente, ha messoa dura prova questisignori moltoprecettati daglisponsor, fra i qualianche Euromobil.I fratelli Lucchettahanno aiutato laspedizione nelvalicare i problemi didenaro, nel bypassaretutte le necessitàconcrete per poipoter salire e scalaresenza la zavorra deipensieri di vitacciapratica, solitamentein agguato laggiùnella valle. Possibilemandare in alto unaltro, anche con isoldi tuoi, ed esserefelice per lui e perte? Pare di sì, diconogli alpinisti: ancheperché, senzasponsor, senza questitransfert morali emateriali dallosponsor alloscalatore, pagandouna sorta di tariffache si chiama aiutoeconomico, molti diloro dovrebbero starea casa. E se uno nonpuò salire sin dovepuò salire restiamopiù schiacciati a terratutti noi…

dinastici, nel caso del calcio anche congiure troppopalesi e castelli troppo segreti), da segnalare chei fratelli Lucchetta hanno anche inventato ilpremio Bomber Goal Europa, per il cannoniere cherisulti primo, nella classifica della serie A, per retisegnate senza dover tirare dei calci di rigore:ha vinto Aldo Serena, veneto di Montebelluna,che è a pochi passi da Pieve di Soligo, ha vinto perl’Inter, 22 gol in una stagione in cui gli facevanoconcorrenza giocatori che si chiamavano Altobelli,Zico, Carnevale e Klinsmann. E il nome Euromobilcampeggia sulle maglie della Nazionale Mondialedel 1982, rimessa insieme per una partitaa Firenze.

Dagli anni ottanta si passa agli anni novanta,per la precisione al 1997, con la sponsorizzazionedel Basket Caorle, località di mare dove i fratelliLucchetta spostano, d’estate, la sede del loro“governo”, per ferie di famiglia, quasi di tribù.Il basket di Caorle per giovanissimi, con le scuoledi minibasket per ragazzini e ragazzine, il basketper i ragazzi delle Giovanili e per quelli della C1.Davide Piccoli, Andrea Zanolla e Alberto Tonuti nomi di quelli che, come suol dirsi, hanno fattopiù strada, fra l’altro arrivando a giocare inrappresentative nazionali.

Prima di passare al ciclismo dove si rischia lasindrome da elenco telefonico, visto quanti sonostati gli sponsorizzati e quale è stata la lorocaratura in campo nazionale e internazionale,vogliamo citare sponsorizzazioni del tipo amical-nostalgico, come quando i Lucchetta, malaticci dialpinismo però tenuti in pianura, in basso, daisoliti impegni di lavoro, hanno contribuito afinanziare la spedizione in Tibet intitolata a XixaPangma, anno 1990. Un aiutino neppure tanto“ino” per questa amata disciplina di vita,frequentabile per interposta persona se nonesistono il tempo e le possibilità fisiche di farmontagna in prima persona. Una volta Zeffirellidisse a chi scrive queste righe e gli rinfacciava unacerta frequentazione calcistica non in linea conil suo tifo: “Che c’entra? Io quando vado a pranzoa casa di quel nemico, al posto mio mandol’artista”. Bene, i Lucchetta sponsorizzando quellaspedizione si sono “scorporati” come l’insigneregista, e hanno mandato sulla montagna grandei se stessi alpinisti teorici ma ardenti.

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Tanti professionisti per il mondodel buon lavoro

E adesso di nuovo sul ciclismo. Ineluttabilmente,fisiologicamente, canonicamente, venetalitamente,diremmo quasi soavemente, non si trattasse dellosport del fango, della polvere, della pipì addosso.Il ciclismo che è stato dei nonni contadini, dei padriagricoltori (qualcosa di più, magari un minimodi meccanizzazione), che sarà dei figli laureati,e pazienza se con orecchino e tatuaggio, ancheperché “orecchinati” e tatuati sono adesso pure icorridori, non è problema, e al Giro d’Italia 2008 siè visto anche un pedalatore laureato in ingegneria.

Il ciclismo stava – già detto – nel DNA venetodei Lucchetta da sempre; la chimica dei sentimentiche lo fece uscire alla grande è dovuta alla presenzadi “2+2” reagenti: Antonio e Gaspare Lucchetta dauna parte, Giancarlo ed Egidio Fior dall’altra.L’anno, molto di grazia, il 1983. Semplice ladiscussione, comuni i propositi: i Fior stavano giàfacendo bene, con i Lucchetta avrebbero fattomeglio. Non che allora, in quell’incontroovviamente anche conviviale,si sapesse già che ben sessantapedalatori del gruppoche nasceva, Zalf EuromobilFior e poi anche Zalf DésiréeFior, sarebbero passati alprofessionismo, dunqueavrebbero fatto evolvere il loropedalare in lavoro, ma l’idea,la voglia, l’impegno di ognitipo, compreso si capiscequello economico, di farele cose per bene, tutto ci fusubito, e messo bene in tavola(a pranzo o a cena nonimporta). Adesso, scorrendo lalista di quei sessanta, verrebbevoglia di andare indietroe capire chi senza Lucchettae Fior non avrebbe mai fattoil ciclista per mestiere. Masarebbe operazione difficilee chissà se onesta eilluminante. Bisognerebbepesare la forza e l’influenza dicerti insegnamenti nei riguardi

Ilario Scremin, unodei “nostri”, pedalasu una strada dimontagna, in unacorsa che deveessere in modoortodosso ostile,classicamentedannata. La strada è quella che è, già è tanto che la nevesia rimasta ai lati. Deve pure far freddo,ma il ciclista non ha i guanti. La fotopermette e quasisollecita anche unsadismo voyeuristico:perché viene voglia di fermarci sullospettatore, l’unico,a destra, unospettatore che chissàcosa guarda, unospettatore che chissàcosa porta, chissà chiaspetta per fargli unafornitura di abiti.Davvero il ciclismo di certe strade dure,dove si arrivapagando molti dazi di passione, propone“spett-attori” chesono molto di più chesemplici spettatori.

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Il ciclocrossista è unciclista che va apiedi, un pedone cheva in bici, un pedoneche però ha con sé la bici e la porta aspasso sollevata? È tutti e tre questibipedi, è anche un cocktail umano, un bel fritto mistoatletico. DanielePontoni è statograndissimo nelciclocross, arrivandoal titolo mondiale eindossando la magliadei Lucchetta. C’è chi, esperto delciclocross, sostieneche esso esprimealmeno due atleti in uno; e c’è chi stafuori e dice che lanon specializzazione fa sì che di due mezziatleti non se nefaccia uno intero.Tesi lecite, ma su di esse splende il dogma dell’umiltàpreziosa di questispecialisti, di questifachiri che offrono se stessi al calvarioclimatico, alle insidiedella strada perfida,alle dolenzie dei trattida fare a piedi,davvero da pellegrinidella fatica. Da farcidire con Orwell chetutti, nelle suafattoria, sono eguali,ma che alcuni sonopiù eguali degli altri.

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di questa o quella persona: cosa forse impossibile,sicuramente presuntuosa. Si può invece dire concertezza che pedalare per questo sodalizio, inquell’ambiente, sia servito a professionalizzare,proprio con l’esercizio serio dell’attivitàdilettantistica e non con il senso del lavoro spessosordo e già solo per questo antisportivo, tantigiovani, dando se non altro loro gli strumenti,piacevoli, per andare avanti. Fra i sessanta nomi ecognomi troviamo quelli di Flavio Vanzella, PaoloSavoldelli, Oscar Gatto, Mirko Gualdi, EndrioLeoni, Maurizio Fondriest, Maurizio Bruseghin,Kurt Asle Arvesen, Damiano Cunego, EmanueleSella, Gianni Faresin, Mariano Piccoli, GiulianoFigueras, Ivan Basso, Domenico Pozzovivo.E Alessandro Ballan, oh yes. Un quarto di secolocon grosse vittorie e imprese assortite.

Qualcuno di questi ciclisti si è legato al sodaliziodei Lucchetta e dei Fior per un tempo lungo,che lo ha decisamente connotato, qualcun altroha liofilizzato la sua esperienza, il suo sodalizio,in poche stagioni, pochi mesi. Tutti hanno datoe preso qualcosa di valido. Alcuni sono statibandiere, e lo sono ancora. È cambiato lo statussportivo, ma pedalano come se dovessero lottareper il Premio Tuttobici, una cucina componibileche, per il tramite di una bella pubblicazionespecializzata in pedalate assortite, l’Euromobilassegna ogni anno, e da più di dieci anni, al miglioreciclista Under 23, quello che un tempo era definitodilettante e non pativa o godeva limiti di età.

Sono settecento le vittorie di ciclisti in magliaverdebiancorossa Euromobil & C., dentro ci sonootto titoli mondiali, uno europeo, una ventina dititoli italiani per la sovrapposizione del tricolorenazionale su quello locale. L’elenco comincia aimpreziosirsi decisamente nel 1990: in quell’anno aUtsunomiya, città giapponese a un’ora e mezza di

La fotografia diDaniele Pontoni,campione del mondodi ciclocross, anno1992 a Leeds,ovviamente roba per la bacheca deiLucchetta, hasecondo noi unavalenza speciale pervia degli sguardi.Quello del vincitore,quasi atterritodall’impegno che lo attende, onorare la maglia iridata,quello dei due che lo circondano, loassistono, lo aiutanoa spostarsi versoqualche posto di (comunque)impegnatacelebrazione. Tutti un po’, un bel po’spaventati, come a dire che vincendol’hanno fatta grossa,lui più di loro, ma loroa somiglianza di lui.Ma che bello poterdire “aiuto!” in questomodo, dopo questacorsa vinta.

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A fatica il sorrisoriesce a liberarsi, afarsi notare: sul voltodel corridore (un altrodei “nostri” che nonsolo arrivano sempre,come nei film, maspesso arrivanoprimi) fango e gloria,spalmaticanonicamente bene,e peccato che cisiano gli occhiali,sicuramente gli occhisono due fanali digioia. Dicono che ilciclista sa di averevinto anche quando lavolata si decide percentimetri, e i giudicidevono ricorrere alfotofinish, comepotrebbe essere ilcaso qui. Il vincitoreinsomma “sa”, perchéla vittoria gli dà unsegnale più forte e preciso anche diquello che gli puògiungere daldocumentodell’arrivo.Naturalmente lavolata tesa impediscedi sollevare le bracciatagliando il traguardo:ma non è un male,l’asfalto si indovinabagnato, scivoloso,infido, ancora unniente e la frenatanecessaria cominceràad essere unproblema da risolveresenza danni che inqualche modo piallinola felicità.

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Il Maurizio Fondriest1986 è un dilettanteche vince molto perla Euromobil che peròsi chiama Glem GasZalf Fior, è diretta daCesare Pinarello,riempie di suoi atletila Nazionale azzurra e conquista tutti i traguardi piùimportanti in Italia e non solo. Fondriest (il cui cognomederiverebbe daltedesco, direbbe di una provenienza da – von – Trieste)nel 1988 sarebbediventato campionemondiale deiprofessionisti,arrivando da solo al traguardo mentre i due compagni di fuga, un belga e un canadese, siarrotavano fra di loro.

Nella pagina di destraManuel Quinziato, un ciclista Euromobildi quelli che hannolasciato un buonsegno di amicizia, di volontà. Più che un prototipo, unarchetipo, con untitolo europeo acronometro, qualcosadi continentale amezza via tra ilmondo e il Bel Paese.

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treno veloce da Tokyo e in pratica a Tokyo legatada tante Utsunomiya una dopo l’altra, tutteegualmente anonime (“in the middle of no-where”,si dice in inglese, nel mezzo di nulla, e lo capisconoanche i giapponesi), vince il titolo mondiale deidilettanti Mirko Gualdi, uno dell’Euromobil.

Quello di Gualdi è un campionato mondialein luogo e clima esoticissimi: considerate le moltescimmie sul circuito, alla vigilia della gara (cheprecedeva quella dei professionisti) si diceva cheandare all’attacco sarebbe stato pericoloso perchéle scimmie aspettavano un ciclista solo per saltargliaddosso tutte insieme. Gualdi ha sconfitto anchele scimmie, non la tradizione che diceva frenantela maglia dei “puri” nei riguardi di una carrieraprofessionistica, forse perché carrieraobbligatoriamente destinata a essere qualche volta“impura”. Da Gualdi la storia ciclistica dei pupi deiLucchetta è bella fitta di cose belle.

Nel 1992 il titolo italiano con AlessandroBertolini, conquistato a Castelfidardo nelle Marche.In quello stesso anno Daniele Pontoni, grandeciclocrossista aggregato al gruppo, dà a Euromobilun altro titolo mondiale, andando a conquistarloin Inghilterra. Pontoni, che sarà campione italianodal 1997 al 2003, è un adepto di una specialità cheai tempi di Renato Longo, una specie di Bartali+Coppi della brughiera pedalata e camminata,sembrava molto nostra, ma che poi all’estero è statascoperta anche da campioni del ciclismo ortodosso,i quali l’hanno individuata e praticata come idealeper tenere la forma nei mesi invernali e intantopraticare agonismo importante e guadagnucci extra.Allora il ciclocross era inteso come pratica di fangoe ghiaccio invernale, e i fasti della mountain bikenon appartenevano neanche al più avventurosogiornalista ciclistico adepto della fantascienza.

Nel 1993 per i nostri un titolo mondiale daspartire in quattro: Cristian Salvato vince a Oslola gara iridata a cronometro per squadre, l’annodopo conquista lo stesso traguardo a Palermo.Qualcuno si ricorda che nel 1960, ai GiochiOlimpici di Roma, questa prova era stata da noisupportata e possiamo anche dire inventata perchéritenuta consona non tanto a un popolo dicronometri, quanto a un popolo di ciclisti dilettantitrattati già allora come professionisti e dunque ingrado di imporsi almeno come collettivo sui menofortunati colleghi stranieri, fra i quali comunque

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cominciavano a profilarsi i pericolosissimi dilettantidi stato dei Paesi europei, quelli del socialismoreale, allora definiti dilettanti “marron” per direche erano di colore greve e anche sporchiccio.

Siamo al 1995, prove tecniche e atletiche di titolomondiale: Giuliano Figueras, cognome spagnoloma anagrafe decisamente napoletana, vinceper Lucchetta e C. il campionato iridato militare,in quel dell’Aquila. Ormai i dilettanti si chiamanoUnder 23, minori di 23 anni, e Giuliano Figuerasl’anno dopo a Lugano si afferma come campionemondiale della nuova categoria.

Siamo al 1997 e viene meglio, in Norvegia, direZalf che dire Euromobil: ma è la stessa cosa.Per questo gruppo sportivo Kurt Asle Arvesenpescato su segnalazione di amici diventa campionedel mondo, Under 23 anche lui, nella Spagna bascadi San Sebastián.

Siamo al 1998, il campionato mondiale Under23 si disputa in Olanda, a Valkenburg, circuitoche mezzo secolo prima ha visto i nefasti dei nostrigrandi professionisti, Bartali e Coppi tanto per farnomi, suicidatisi per eccesso di rivalità, roba anticama piaga ancora viva perché tenuta aperta dal saledella storia. Per Zalf Euromobil Désirée Fior,insomma per l’Italia, Ivan Basso conquista il titolo efa dire a chi sa di ciclismo che trattasi di corridoredi quelli che prenotano con piena legittimità il dopo.

Siamo al 2001, ad Apremont, Francia, ManuelQuinziato è campione europeo di cronometroindividuale dei dilettanti. Non solo bisogna sapersidestreggiare nella quantità alta, quasi una pletoraormai, di gare iridate, ma si scende anche alle

Oslo, 1993: la corsairidata deiprofessionisti riveleràun certo LanceArmstrong,statunitense, che poimetterà insieme unacarriera da sette Tourde France vinticonsecutivamente.Ma ci sono anche le gare dei dilettanti,e quella del quartettoa cronometro premial’Italia, premia ancheuno del GruppoLucchetta, CristianSalvato, a destranella foto della festae anche nella fotodell’arrivo, che è inpratica una volata fracompagni dopo averevinto una sorta dilunga volata controavversari raggiunti e staccati. La corsa a cronometro asquadre è provadifficile, chiede chenessuno ammolli aglialtri il “buco” dellasua debolezza, esigecambi da metronomidiligenti e attenti, epretende che ognunosvuoti tutto sestesso: ma poi lavittoria non è divisa inquattro parti, ognunoce l’ha tutta interaper lui. Ed è giustizia,non certo miracolo.

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distinzioni continentali… Fa piacere allora poterregistrare semplicemente che nel 2005 TizianoDall’Antonia vince il titolo tricolore a cronometro aTortoreto Lido, Abruzzi, e che nel 2006 Daniele Ossdiventa campione italiano di inseguimento, sullapista veneta di Bassano. È il 2007, siamo quasi incronaca diretta, ecco il successo tricolore su stradaa Lavagna, Liguria, di Simone Ponzi.

Il presente da storico diventacronistico per il 2008: vendemmiacontinua, col mondiale di Ballan fra iprofessionisti…

Il palmarès è vasto, fitto, nobile.Palmarès: si potrebbe e forse sidovrebbe dire albo d’oro, ma ilciclismo è abbastanza francofono epoi la parola è diffusa, viene persinoscritta bene in Italia, con l’accentograve sulla “e”, e potrebbe far partedel dialetto veneto… L’elencazione disuccessi può apparire noiosa quandosono tanti, figuriamoci quandopretendono di essere, se non didattici,almeno didascalici (e cioè di mostrarecome si fa a vincere, se nonaddirittura di insegnare a vincere).Si deve dire che in casa Lucchettail dogma della normalità dicomportamenti, espresso nella vitadi lavoro come anche nelle “vacanze”accanto allo sport, non implica comeinvece altrove sofferenze, impegnodoloroso, attenzione spasmodicaa non fare niente che non appaiaspasmodico. Così il giornalista che hacercato, abbastanza disperatamente,di portare i quattro fratelli,per qualche passettino, sulla stradadell’autocompiacimento o quantomeno della soddisfazione o comeminimo dei sospiri per non averepiù tempo da dedicare a questo tiposportivo di felicità aziendale, hainvece cozzato contro la normale serenità di chi sadi avere fatto bene una cosa, o di averla fatta comesi prefiggeva, in armonia con altre cose – belle, masi lasci che lo dicano gli altri – fatte in altri settori.

Ha anche tentato, il giornalista, il giochetto delledomande e risposte, evitando accuratamente di

paludare le domande con gli abiti dell’intervista.Qualche chicca è venuta fuori, ma ha sempreprevalso la normalità delle risposte anche di frontea domande balzane. Per cercar di definire labartalianità del primogenito dei fratelli, messa avantiquasi come un reperto storico imprescindibile, siè cercata una spiegazione, ed eccola: siccome Coppi

Tre Euromobil: sono,da sinistra, DanieleColli, DamianoCunego e NicolaScatolin. La foto è del2000. Cunego non èun omonimo di quelloche corre ai nostrigiorni, è lui, propriolui. Naturalmente chivuole può leggere nelsuo sguardodeterminazione, puòpensare che giàallora avesseprenotato quellopseudonimo calzante,“piccolo principe”,che è diventato moltopubblico dopo il suosuccesso nel Girod’Italia 2004.D’altronde nel 1999lui aveva vinto il titolomondiale juniores.Per noi però si trattasoltanto di unragazzino feliceperché sa chel’inquadratura del suoviso riesce bene, nelmezzo del telaio,mentre gli altri duehanno il pneumaticosotto il mento uno,sotto il labbro l’altro.Riesce luminoso elibero di ostacoli ilsorriso, che per ilciclista che devesoffrire è patrimonioprezioso, da spenderebene. Ci sono deiperiodi, nella vita diun ciclista, in cui persorridere devevincere, e non vince mai.

era descritto come un nemico di Bartali, siccomeBartali era ufficialmente democristiano, siccome noiveneti allora (e adesso?) eravamo quasi tuttidemocratici e cristiani, siccome i democristiani allora(e adesso?) tifavano contro gli altri, i “comunisti”,ecco la scelta di Bartali. Si vada indietro a quegli

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anni: la scelta era campale, cosmica, imprescindibileuna volta poste certe premesse.

Alla domanda sulla presenza fra i Lucchetta diqualche sportivo praticante che abbia condizionato,spostato le simpatie della famiglia su uno sportpiuttosto che su un altro, la risposta in coro e quasirammaricata: troppo lavoro, mai il tempo per

Per l’epifania, bella ma intanto quasi stridentecol culto del ciclismo, delle simpatie calcistiche, ecco,avanzato dai Lucchetta, un nome assai importanteper l’Italia del giornalismo sportivo e soprattuttocalcistico, il nome di un amico loro e nostro che èstato anche un grande del microfono: Paolo Valenti,che non c’è più e sul quale scarichiamo la magnifica

colpa di avere spostato i Lucchetta,almeno un poco e per pochi, dallestrade del ciclismo.

Chiedere il perché del rapportocon i Fior è parso al giornalista comechiedere a un cowboy di spiegareil suo amore per le cavalcate, amen.Chiedere se mai è stata pensata unasponsorizzazione vistosa, datelevisione primaria, tipo quelladi una squadra per il Giro d’Italia,è parso come chiedere a padre Pio,buonanima, santissima anima,se non avesse mai pensato di poterdiventare papa.

Le domande hanno spaziato anchenel sociale, anzi nel sindacale: comead esempio reagisce la fabbrica aun successo degli atleti che portanoin giro un suo nome? Reagisce allaveneta, cioè in una soddisfazione chesi avverte nell’aria ma che nonpretende di togliere il respiro offrendoiperfelicità con alto tasso di ossigenoinebriante. I dipendenti seguonol’attività dei loro agenti pubblicitari inbicicletta, sono lieti se si tratta diattività fatte bene e benedette dalsuccesso, basta e avanza così. Però ècerto che tutti seguono tutto, nelsenso di essere sempre informati sucosa stanno combinando quelli conquelle maglie che sanno di casa mia,di cosa di tutti noi…

L’idea di uno sport moderno, sportdi vetrina, dove per apparire si debba

spendere molto, troppo, oppure sperare nelcolpaccio di fortuna, oppure propiziarsi la fortunacon sistemi che sono magari spacciati per corsarianche se sono pirati, non appartiene ai Lucchetta,perentori e drastici nel fare clan, vasto clan, ancheper respingere ipotesi di questo tipo.

Quest’uomo dallosguardo attento ebuono si chiamaVendramino Bariviera,nome da personaggiodi un bel romanzo di Gabriel GarcíaMárquez ambientatonella ricca MarcaTrevigiana. È stato unforte ciclistaprofessionista, la suafamiglia ha anchedato allo sport Renzo,gran cestista.Vendramino dettoMino ha lavorato perdue anni con i ragazzidella Zalf, a insegnarloro quello che luiaveva appreso dagrandi del pedale,anche stranieri, ingrandi corse in lineae a tappe, vissute dagregario e non solo.Se ne è andatotroppo presto, gli haceduto il cuore, che iciclisti di solito hannogrosso per ragionifisiologiche, grandeper ragionisentimentali. Loricordiamo con unafotografia che permolti di noi è comeun “santino”.

praticare seriamente lo sport. Da qui il processo didislocazione di se stesso che lo sponsor esegueattraverso l’apposizione del proprio nome, o diqualcosa legato alla propria attività, addossoall’atleta, che diventa anche una sorta di delegatopersonale a certe avventure.

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Il giornalista credeva di dover scalare un monte,una vetta, addirittura una parete di roccia. È statoinvece sedotto da una bella passeggiata su morbidecolline venete del buon vivere, del buon dire esentire, con tutto il fanatismo lasciato indietro,lasciato a valle, anzi seppellito nella valle. Dal puntodi vista della stesura di questa parte del volumelucchettiano non è stato un buon affare. Megliosarebbe giornalisticamente stato spupazzarsi losponsor oleografico, quello che vuole i suoi atleti,anzi i portatori dei suoi colori morti di fatica peròvittoriosi. E meglio, da un altro punto di vista,pomiciare con lo sponsor faraonico che fa scrivereanche delle sue ricchezze. Meglio addirittura losponsor pseudocommovente, paranaïf, che dicestrafalcioni e fornisce materia di risatine, sia puremai troppo esplicite perché lo sponsor di solito ègentile con i giornalisti, specialmente sotto Natale, epuò anche intervenire sull’editore o sul direttore delloro giornale per via di amicizie o attraverso il gettitodella pubblicità. I fratelli Lucchetta mi sono parsisponsor pronti anche a leggere che fanno tutto male,e capaci di ringraziare per le critiche forieredi redenzione: e questo senza essere ipocriti, anzi.Il problema è che sembrano fare tutto bene. Sonoaddirittura emblematici dello sponsor ideale:appassionato, competente, generoso il giusto, non

maniaco della conta dei centimetriquadrati di esposizione a mezzo stampadel nome della sua industria o del suoprodotto, non notaio spietato dei minutisecondi di teleapparizione del marchio(su carta, su cartone, su cemento, suasfalto, su indumento e prossimamente,quando si aprirà alla grande l’era giàufficiosamente schiusa dei tatuaggipubblicitari, su carne umana di atleta).Uffa, che bello!

Prima del 1953 lo sponsor esisteva,però aveva il nome del prodotto chel’atleta usava nei suoi momentiagonistici, e sembrava un nomecanonico, imprescindibile: Bartalipedalava su bicicletta Legnano e questonome, che era anche quello della marca,portava in giro sulle strade del Giro, e Coppi nel1940, al via teorico gregario di Bartali epperòvincitore finale della corsa rosa, faceva lo stesso, inattesa di essere identificato con la Bianchi.

Nel 1953 il terzo uomo dell’allora grandissimo estravittorioso ciclismo italiano, Fiorenzo Magni, trovòun nome extraciclistico da portare sulla maglia allecorse. Il nome era quello della crema Nivea, prodottoper pelli delicate, candidate alla screpolatura.

Non è l’attore cheinterpreterà il primofilm di James Bond,anche se comevenustà del tipo duroe forte potrebbebenissimo esserescelto per la bisogna.È Ivan Basso, ciclistadilettante Euromobil,da poco campionedel mondo, anno1998, categoriaUnder 23. I decifratorie lettori diespressioni possonoammollare a Bassoprofonda emozione,incontenibile fierezza,assorta meditazionesulla cosa bella chegli è capitata, anziche lui ha fatto sì chegli capitasse.

Cosa e come si puòfare per esserepresenti in quella dataprova (qui untentativo di FrancescoMoser contro il suorecord dell’ora, nonimporta la riuscita, il discorso chefacciamo è un altro),per poter in qualchemodo scandire “ioc’ero”, che nello sportè piacere e, talora,dovere? Le vie deisignori, e in modoparticolare dei verisignori, sono come si sa infinite. Qui iLucchetta hannoscelto di esporre unostriscione con il nomedi una loro creatura-creazione.Ovviamente lostriscione sottintendeun interventoeconomico peraiutare l’evento che disolito costa assai. Ilciclista pedala in unasorta di boschettocartaceo (o si trattadi legno, di plastica)fatto di nomi diprodotti che inqualche modo loaccompagnano.

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Si gridò alla novità più che allo scandalo. Il ciclismoitaliano aveva inventato le sponsorizzazioni, peril tramite di un corridore assai attento ai tempi,un uomo intelligente come sarebbe stato dimostratoanche dal resto della sua esistenza. Presto Magniebbe degli imitatori. Restando all’Italia, si deve direche il calcio attese anni e anni per mettersi sulla sciadel ciclismo nell’esplorazione dell’immenso territoriodelle sponsorizzazioni. E lo fecce con l’Udinese di unveneto, Teofilo Sanson, che era diventato grandegelataio industriale a Torino e che prima che nelmondo del pallone era entrato in quello dellabicicletta, da lui amato proprio in quanto ciclista, siapure anomalo: perché sotto la Mole il giovaneSanson andava in giro con il triciclo a vendere gelati,e spingeva con i pedali anche il grande contenitoredel ghiaccio che allora veniva prodotto insgocciolanti parallelepipedi. Con la società calcisticafriulana Sanson mise avanti un escamotage persinopiù divertente che furbo: il regolamento del calcioproibiva scritte pubblicitarie sulle maglie, lui le mise

sui calzoncini, pagò una multa e sfondò il muro edebbe tanta pubblicità diretta e indiretta. Un affarone,a dimostrare che è possibile essere furbi e pionieri,accorti e apostoli, bucanieri e filibustieri, corsarie un pochino pirati “legali” nello stesso tempo.

Le sponsorizzazioni nei primi tempi sichiamavano abbinamenti, e il ciclismo divennesubito disciplina assai trainante nel proporli a un po’tutto l’altro mondo dello sport. Lo stesso ciclismointanto trovava, in un certo senso creava, in manieraforte esibiva lo sponsor massimo: Giovanni Borghipatron della Ignis, patron-padrone ma anche“patron”, denominazione che sta vicina a padre.L’industria di Varese degli elettrodomestici, especialmente dei frigoriferi che cambiarono il mododi vivere degli italiani, portandoli all’idea delle scortee, presto, del congelamento e della surgelazione deicibi, irruppe, con i comandi affettuosi gridati dalvocione temporalesco del boss, nel ciclismo, in stradacon Baldini e Poblet e poi anche Nencini, tanto perfar nomi, e in pista con il sublime Maspes grande

Simone Ponzi ècampione italiano sustrada per il 2007:sorride, e cimancherebbe altro. I due non“lucchettati” nonsorridono, e cimancherebbe chesorridessero.Qualcuno ha dettoche nel ciclismo il secondo posto èpersino peggioredell’ultimo, almeno in certi casi. Espertidi psicologia sportivae non solo possonoesercitarsi sulleespressioni dei duebattuti. Maattenzione: il ciclismoè sport dove la gioiadel primo, sempreche sia un primo“giusto”, non offende,e la delusione deibattuti è scollegatadalla felicità delvincitore. È delusioneche “opera” di suo, eche merita comunqueil massimo rispetto.

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partner di Borghi ai tavoli verdi. L’Ignis si fecebasket con una squadra che in fretta arrivò a lottareper lo scudetto contro la storica dominatricecompagine milanese. L’Ignis si fece tennis addiritturacon il grande Pietrangeli, si fece boxe addirittura conil grande Loi. La figlia di Borghi sposava un cestistadella squadra di famiglia, il figlio, ottimo atleta delnuoto, si appassionava ai cavalli. La fine di GiovanniBorghi fu la fine di una colossale sponsorizzazione,che nel ciclismo si era evoluta anche al di là delnome dell’azienda: accadde quando il grande patronassemblò in una squadra ideale i migliori pedalatoriitaliani del momento e intitolò la formazione aiMoschettieri, rinunciando al riflesso pubblicitarioimmediato (e si deve dire che i Moschettieri furonomeno bravi, sui pedali, di quelli dell’Ignis, anchee specialmente quando si trattò della stessa personaportata a cambiare maglia ma non “padrone”).

La storia delle sponsorizzazioni sportive è lunga,vasta, complicata: basti dire che si mescolano, siintersecano, si contrappongono interesse e passione:

cosa di peggio e cosa di meglio, a seconda dei puntidi vista e dei criteri di valutazione? Ci sono vieitaliane alla sponsorizzazione, ci sono vie straniere,specialmente interessanti le americane. In Italiaa un certo punto lo sport olimpico è diventato il piùsponsorizzato del mondo, perché di esso si èoccupato lo stato, direttamente con leggi ad hoco indirettamente con l’assunzione di atleti nei corpimilitari e paramilitari dell’Arma dei Carabinieri,della Polizia, della Finanza, della Forestale, dellaPolizia Penitenziaria, e perché due altre entità sonoarrivate a fare compagnia allo stato. È cioè arrivato,o meglio ha incrementato quello che già faceva, allaluce delle subito dilaganti esigenze professionalidi ormai tutto lo sport di vertice, il Coni, ComitatoOlimpico Nazionale Italiano, che è parastato e cheha sovvenzionato gli atleti olimpici direttamente (allavoce “spese speciali per la preparazione ai Giochi”) eli ha gratificati esplicitamente con i premi forti per lemedaglie olimpiche, implicitamente con i “distacchi”di quelli che, insegnanti anzi professori di

Sempre SimonePonzi, la maglia èazzurra, ma la fotonon è, come dire?, di gara. C’è uncartello chegenericamente e magnificamentedice “Forza ciclisti!”,ci sono dei bambiniche lo tengono alto,bambini felici di starelì con quelli che inquel momento sonoper loro i massimicampioni di tutti i mondi. Una foto così piace ai fratelliLucchetta anche se non c’è proprio da nessuna parte la scritta Euromobil o Zalf o Désirée;quelli sono anche i loro bambini, sono i bambini anagraficidel ciclismo pieno di bambini infiniti.

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educazione fisica, non potevano quasi mai farelezione, dovendo dedicarsi in pieno agli allenamenti,ma avevano il posto conservato e gli scatti di carrieragarantiti (stessa cosa bella per gli atleti in divisa).E intanto l’industria privata, magari preoccupatadi apparire eccessivamente spendacciona a pro disport già ricchi, su tutti il calcio, si è data pure essada fare per aiutare con i soldi gli atleti, eleggendolia testimonial, per esempio di qualche loro prodottodi solito attinente da vicino o da lontano alla praticasportiva (scarpette da corsa, sci, scarpe da football,palloni, uniformi da gara, ma anche alimentiparticolari, prodotti di difesa della pelle, integratorileciti). Tre mammelle per nutrire lo sport, insomma,e poi anche la quarta mammella, in alcuni casi: cioèla Regione o (meno) la Provincia e il Comune chedanno qualcosa all’atleta che, nato lì, con i suoisuccessi attira attenzioni su quel certo territorio,diventa un propagandista di aria buona, cibi buoni,buoni modi di vivere, turismo calamitante.

È accaduto addirittura che le grandi potenzesportive del mondo – gli Stati Uniti delliberismo assoluto, l’URSS e la Germaniadell’Est e un po’ tutti i Paesi del socialismoreale, dove lo sport era diretto e finanziatodirettamente dai governi – si siano trovatea invidiare, temere, un poco anche copiarela poliforme (e redditizia in chiavedi successi) sponsorizzazioneall’italiana. Sino a che in Italia crisiassortite e bilanci in rosso hannomesso lo sport di fronte allapura e semplice e tremendaconstatazione di una carenzadi fondi. L’effervescentesponsorizzazione sportivain Italia ha fatto in frettaa evolversi negativamentein stato magmatico, aeriforme,nel senso che fluisce ma non sisa bene come e quanto, e se vicinao no al raffreddamento, oall’evaporazione. Intanto il calcio,affiancando la sponsorizzazione almecenatismo o meglio (meglio?boh) alla voglia di ribalta prontae “soltanto” assai costosa percondurre in porto grossi affari, haassorbito tanto denaro, frutto di

passione e/o di calcoli, e ha impoverito tutto il restodel nostro sport, quando non lo ha inquinato,sbattendo addosso ad altre entità, non vaccinatecontro il denaro eccessivo, le cifre troppo altee i modi troppo espliciti di fare sponsorizzazione.

Il ciclismo, anche quello grande e grosso delGiro d’Italia, vive ormai con squadre che si basanosu sponsorizzazioni di prodotti non mai dominantisul mercato della bicicletta. Insieme con altri sport,il ciclismo ha dovuto scoprire sponsorizzazionidi nicchia, grazie alla fabbrichetta del paesello,la pressione calda sull’amico dell’amico.Sponsorizzazioni d’amore, d’affetto: un pregio, unlimite. Il tutto mentre i soldi statali e parastatali perlo sport sono diminuiti, in parallelo con la crisigenerale della cosa pubblica.

La domanda, comunque, nonè per ora quella relativa alla

persistenza dello sponsor,almeno secondo certimodi e misure, maquella, più semplice e soprattutto piùimpegnativa, se losponsor abbia fatto del bene o del male

allo sport.

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Abbiamo una risposta, questa: se tenere in vitauna creatura comunque nuova, partorita dai tempie dal progresso, è far bene, lo sponsor ha fattobenissimo. Molto semplicemente, senza lo sponsornon può sopravvivere né lo sport d’élite, di vetrina,né quello di base. Non può pedalare al meglio ilgrande ciclista (o lo fa andando a cercare contrattiall’estero), non può vivere la piccola societàdilettantistica di provincia. Il fatto che certesponsorizzazioni, smodate o vaghe, sguaiate o troppotimide, abbiano finito per creare dei danni èaccertato, e non si tratta di colpa da poco. Ma lastessa colpa diventa briciola di colpa se sta di fronteal fatto che la sponsorizzazione molto semplicementeha garantito allo sport la vita, e non solo, gliha insufflato la vitalità speciale che dal mondoindustriale e commerciale e anche pubblicitario

si è trasferita nel mondosportivo un po’ troppoingessato, un po’ troppoinamidato dal proprio passato.Talora la sponsorizzazione ha sbracato, per calcolo oopportunismo, talora hadunque fatto del male,specialmente quando ha vistol’arrivo di bucanieri e anchefilibustieri dell’abbinamentopurchessia, tutto volto ad averecitazioni immediate, spazivistosi, richiami reiterati, aoccupare il più possibile dellafacciata. Ma nell’insieme hadato vita o almeno linfa vitale.

Quando poi è statasponsorizzazione allaLucchetta, cioè impegnativa di cifre – il due per centodell’utile netto, ricordiamo –e riservata di modi, quandoessa si è rivolta a un settore,il ciclismo dei dilettanti, dove la coltivazione dei buonisentimenti appartiene al DNAe ci permette ancora dieseguirla senza passare perpatetici cretini o per nostalgicidatati, dove si coltiva ancoral’essere più che l’apparire

(ecco un punto, anzi ecco il punto), il bene, il granbene fatto viene facile da riscontrare, anche perché– come dire? – largamente maggioritario. Il beneche non è la perfezione del fare e del far bene,e infatti la sponsorizzazione continua.

Pare che alla fine di tutto sia persino possibileapplicare al mondo confuso e convulso dellesponsorizzazioni, ora vitali per lo sport ora anchevitali per un certo prodotto che lo sport reclamizza e fa vivere o rivivere nelle attenzioni, i parametri, i ragionamenti, le logiche e anche le accertateillogicità del resto della vita. Questo per dire, moltosemplicemente, che la sponsorizzazione non è unabrutta o bella bestia, è soltanto (cioè addirittura)una cosa del mondo del lavoro, degli affari, dellaproduzione, del commercio, della pubblicità.Se accostata, proposta, eseguita, frequentata in uncerto modo è un bene, in un altro modo è un male.Come si può dire di un po’ tutte le cose, fisse omobili, fesse o nobili, del mondo. Lo sponsor è farinada cui hanno origine il buon pane, la buona polenta, la buona pasta, ma è anche farina che può sporcareil vestito buono, l’abito solitamente scuro dellatradizione, della normalità pulita ma povera.

In Veneto si intendono assai di buona farina da lavorare e da portare in tavola per mangiare,nutrire, crescere.

Gian Paolo Ormezzano

E che finivamo lagalleria fotograficasenza la miss?Claudia Andreatti,Miss Italia 2006,veste “Lucchetta”, leiche magari in altreoccasioni vestePrada. La Miss Tappanel ciclismo èessenziale, è corniceper il ciclista-iconache ha appena vinto,è una specie dicomandamento pergli spettatori: siatebravi e forti, vincete,diventate campioni di qualcosa, e poi visorride, persino vibacia una ragazzacosì. Con il progrediredel ciclismofemminile bisogneràanche programmarel’avvento del MisterTappa, del belragazzo che premia lavittoriosa. Vedremo,vedrete. Con ilbraccio sul fianco,Claudia sembra peròanche la fidanzata,la moglie che aspettail campione, pronta a sorriderglicaldamente mapronta, se occorre,anche a rimproverarloun pochino, magarisoltanto di nonessere stato perfetto(e dunque di esserestato uomo).

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Il futuro del Gruppo Euromobil:abitare il mondo

Il futuro di un’impresa è fondato su due elementifondamentali: le qualità generali dell’imprenditoree il contesto nel quale si opera.

Quest’ultimo corrisponde a un dato di fattoper l’azienda che, comunque, deve essere in gradodi interpretare e, se possibile, assecondare senzamai andare contro le tendenze fondamentalidel mercato. Il Gruppo Euromobil, per la storia finoa qui raccontata, ha tutte le carte in regola perguardare con ottimismo e pragmatismo produttivoa un futuro certamente più internazionale di quelloattuale, ma comunque portatore dei grandi valoridel suo contesto territoriale.

Il futuro è un equilibrio tra conservazione eaccelerazione. Il primo termine riferisce le identità,le tradizioni, le risorse umane che sono espressionedi un territorio specifico; mentre il secondo, per leaziende che come il Gruppo Euromobil operano neldesign dell’abitare, significa precorrere nel presenteciò che il desiderio di domani manifesta comedomanda di prodotti. Quando si progetta per unmercato del quale abbiamo solo alcuni daticonoscitivi non è sempre facile interpretare taledomanda e individuare le “oscillazioni del gusto”da parte degli utenti. Ma il Gruppo Euromobil hadimostrato nel corso dei suoi trentacinque anni disaper organizzare l’impresa secondo investimenti alungo termine nella fabbrica e nelle risorse umane,in modo da soddisfare le richieste del mercato e, alcontempo, rispettare la propria identità aziendale.

Nel caso del Gruppo, la capacità di leggererealisticamente le tendenze del futuro è daricondurre ad alcune “costanti”: il patrimonioumano di maestranze e collaboratori in tutta lafiliera produttiva, e la straordinaria attitudine aintrodurre variabili nell’organizzazione industriale.Questo ha permesso, e permetterà, di offrireprodotti sempre diversi e fortemente personalizzati,pur mantenendo i grandi valori della serialitàproduttiva. Credo che, da questo punto di vista,

l’azienda dei fratelli Lucchetta sia una delle rareesperienze che hanno compreso il design come“linguaggio della differenza”, non solo negli aspettisquisitamente espressivi, ma soprattutto nellacultura d’impresa e nell’organizzazione produttiva,dalla fabbrica al punto vendita.

Affrontare il futuro con decisione e realismosignifica trasferire il concetto di “design comelinguaggio della differenza” in tutte le fasidel processo aziendale. E, analizzando lasituazione del Gruppo Euromobil, la sua filosofiaimprenditoriale manifesta già adesso questoassunto. Lo si evince in modo particolare nellaspecifica risposta dell’azienda al problema delle“oscillazioni del gusto”: il Progetto Multisystem,tra gli altri, consente quella richiesta diindividualità di prodotto che è pretesa dalconsumatore finale.

Ma prima della risposta estetica del prodotto,nel Gruppo si è lavorato alla condizione strutturaleattraverso la quale costruire, con realismo eottimismo, il proprio percorso produttivo.

“Il design come linguaggio della differenza” èpresente altresì nel processo di creazione, in sensolato, della corporate identity che, oltre al marchio,viene a rappresentare la cultura d’impresa delGruppo. Il valore, insieme industriale e seriale, dellaproduzione attraversa tutte le manifestazioni dellacomunicazione d’impresa, dalle sponsorizzazionisportive, al mecenatismo artistico, agli allestimenti,al punto vendita, alla comunicazione istituzionalee pubblicitaria. Ciò posto, è fondamentale checi sia la governance del processo, per evitare quelle“dispersioni” che potrebbero condizionarenegativamente il brand, anche a partiredall’esperienza del singolo consumatore.

Il futuro dell’azienda riguarda proprio ilrapporto tra il brand e le qualità generali deiprodotti. È necessario, soprattutto quando si guardaa quei mercati internazionali più dinamici einteressanti, mantenere una particolare coerenzatra marchio, immagine e le qualità estetichee prestazionali dei prodotti. Tutto deve esserecongruo e facilmente riconducibile al luogo dellaproduzione, ai valori culturali del contestodi riferimento e alla missione dell’imprenditore.

Per il Gruppo Euromobil, quando si parla diterritorialità si intende anche serietà, visionestrategica e italianità: un contesto culturale

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di riferimento dove, come è evidente nella storiarecente del Gruppo, l’arte contemporaneacostituisce un insostituibile valore aggiunto che,sia pure su binari paralleli tra design industrialee mecenatismo artistico, è stato vissuto come parteintegrante della corporate identity. Lo stessodiscorso vale per le attività sportive, in particolarela presenza del Gruppo Euromobil nel ciclismo:anche in questo caso, accanto alle identitàtradizionali di un brand così legato al design,la scelta è stata quella di essere accanto a una dellepiù antiche e “popolari” discipline sportive, dovefatica, determinazione, abilità strategica e tattica,stili di vita, costituiscono il capitale simbolicodi riferimento. È, come sempre, il grande valoredella territorialità che fa da collante e regiadi tutte le attività dell’azienda.

Design e impresa sono tenuti insieme comeda una regia che, con la testa ben insediatanell’imprenditore, affronta il futuro senza temeresoluzioni fortemente innovative, sempre in sintoniacon le visioni trainanti della ricerca nell’abitare.La politica aziendale del Gruppo Euromobil, traaccelerazioni e consolidamenti, vede il domani giàpresente: è un domani in cui il furniture designrisulta un sistema sempre più articolato etrasversale di tipologie d’arredo, dalla casa aglispazi del lavoro. L’espansione di un’impresa avvieneperò a condizione che si faccia bene il propriomestiere. E per il Gruppo Euromobil ciò significa,e significherà, mantenere il punto di osservazioneprivilegiato nel proprio territorio e, al contempo,farsi forza della propria storia, delle proprievocazioni, delle proprie passioni. Infatti, unprodotto è in grado di parlare al mondo soltantose è portatore di una storia vera, concreta e fattada persone fedeli alle proprie origini e al linguaggiodel cuore e della ragione. Noi pensiamo che peril Gruppo Euromobil l’oggi sia già il domani.

Aldo Colonetti

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370 Gli autori

I primi amori sonostati il giornalismo,l’arte e la filosofia.Sono nato a Bergamoqualche giorno dopola liberazionedell’Italia dai fascisti(19 maggio 1945) maho sempre vissuto aMilano. Qui hostudiato, ho fattoil giornalista a“Panorama”, hoincontrato un grandemaestro, il mio piùcaro e giovane amico,Gillo Dorfles, da cuiho imparato aguardare le cose delmondo senza unagerarchia disciplinarema avendo sempreal centro l’idea cheestetica ed eticavadano di pari passo. Studiando l’estetica egirando il mondo conDorfles, ho scopertoche la bellezza èovunque: bastasaperla scorgere.Frequento da sempregli architetti, idesigner, masoprattutto gli artisti,tra i quali uncompagno di stradae di tante avventure,Arnaldo Pomodoro.Pur frequentandoaziende del design,italiano e straniero,piccoli e grandimarchi della moda edel cibo italiani, credoche l’eleganzaappartenga alpensiero e alla parola:

i filosofi, gli artisti, ipoeti. Ricordo gli annistraordinari dellarivista “Alfabeta”diretta da UmbertoEco e il decenniodi “Milano Poesia”,alla fine degli annisettanta, duranteil quale ho potutostringere la mano,tra gli altri, a JohnCage e al PremioNobel per laLetteratura JosephBrodsky.La carta stampata miè sempre rimasta nelcuore, è un destino,per cui dal 1991sono direttore di“Ottagono”; ma ancheil rapporto con legiovani generazioni(me lo hannoinsegnato i grandimaestri durante glistudi di filosofia neglianni sessanta aMilano) mi ha portatoa frequentare, senzaamare affatto ilmondo accademico,università e scuole. L’Istituto Europeo diDesign, di cui sonodirettore scientificoda più di vent’anni,è, forse, il luogoche più mi rigenera,nonostante le fatichedegli anni, perchélontano dalleaccademie. Purparlando un inglesemaccaronico escassato, la ReginaElisabetta, nel 2001,mi ha nominatoMember of EnglishEmpire, per meriticulturali, “immeritati”.Il Made in Italy mi ha salvato.

Aldo Colonetti Direttore di “Ottagono” e Direttore scientificodell’Istituto Europeo di Design (IED)

Marco Goldin ècritico d’arte einsegna pressol’Università IULM diMilano. Ha diretto perquindici anni laGalleria Comunaled’Arte Moderna diPalazzo Sarcinelli aConegliano (Treviso),dove ha realizzatooltre settanta mostrededicate ad alcunetra le miglioriespressioni dellapittura italiana degliultimi decenni, daMorlotti a Schifano,da Guccione aRuggeri, solo per farequalche nome. Dal1998 al 2003 halavorato nella Casadei Carraresi diTreviso, creandoquello che è statodefinito “il casoTreviso”, con lerassegne da luicurate e dedicatein modo particolarealla culturadell’impressionismo,e visitate da duemilioni di persone.Dopo aver lavoratoanche per la cittàdi Torino, fra il 2004e il 2009 ha datovita al progetto“Brescia. Losplendore dell’arte”, eha portato due milionie mezzo di persone avisitare le grandiesposizioni nella cittàlombarda, spaziandoda nomi celebri come

Monet, Gauguin eVan Gogh a scoperte(o riscoperte) comeMillet e Mondrian,fino a un intensoprogramma sullapittura italiana delNovecento. Dal 2009lavora per la RegioneFriuli Venezia Giulianella prestigiosa sedeespositiva di VillaManin e per la città diRimini, con mostrenel Castel Sismondo.Alla professione dicritico d’arte, connumerosissimi libri ecataloghi realizzati,unisce l’attivitàpoetica e di autoreteatrale.

Marco Goldin Critico d’arte eprofessore pressol’Università IULM di Milano

Nata a Firenze nel1975, Valentina Crocisi è laureata in Storiae conservazione deibeni architettonicipresso l’UniversitàIUAV di Venezia. Nel2001 ha conseguitoil Master inArchitectural Historypresso la BartlettSchool of Architecturea Londra. Questocorso le ha permessodi sviluppare le primeconoscenze sulletecnichegiornalistiche e dimettere a fuoco ilproprio obiettivolavorativo. Alla finedel 2001 inizia la suacollaborazione con ilmensile “Ottagono”,di cui è stataredattore fino al2004. Nello stessoanno ha iniziato ildottorato in Scienzedel design presso lafacoltà di Design eArti dell’UniversitàIUAV, diplomandosinel 2007 con una tesiteorica sul rapportofra corpo umano etecnologie digitaliindossabili.Parallelamenteall’attività di ricercaha avviato unacollaborazione con larivista inglese“Architectural Design(AD)”, per la qualetiene una rubricafissa sul temadell’interaction

design applicatoall’architettura. Dal2006 al 2008 hafatto parte dellaredazione di“Rassegna”. È stataguest editor delnumero monograficodi AD “The NewEurope” (luglio2006), dedicatoall’architettura neinuovi stati membridell’Unione Europea,mentre nel maggio2008 ha co-curatol’allegato di “ArteDossier” sul designitaliano del XX secolo.La collaborazionecon “Ottagono” nonsi è mai interrottae rimane la suaattività principale,permettendole unaconoscenza direttadel mondo dellaproduzione edei processi legatial design.

Valentina CrociGiornalista

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371 Gli autori

Gian Paolo OrmezzanoScrittore e giornalista

squallido record delmondo riconosciutodal Cio. E 28 Girid’Italia, e unaquindicina di Francia,e Mondiali ed Europeidi un po’ tutti glisport fuorché il polo,in tutto il mondofuorché i poli. Misono scritto tantoaddosso, almeno 110milioni di volte hopicchiettato sui tasti,dalla macchina dascrivere al computer. Salvo, della miasmodata produzione,appena un epigrammadai Giochi di Tokyo,sui canottieri esull’invidia, questo:“Al quattro senza nonfar sapere che ilquattro con ha il timoniere”. Ero coppiano, Bartalimi ha fatto suogrande amico. Tifonel calcio Toro, hovisto tutte le partitedel Grande Torino neldopoguerra alFiladelfia. Ho scrittolibri di ciclismo,calcio, atletica, artevaria. Sono pagato,ancora adesso, per fare quello che,se ricco, pagherei per fare: cioè scriveree pubblicare. Ho conosciuto tantisponsor e non li ho mai capiti bene.Scrivo adesso quianche per frugarmi,illuminarmi.

Mi piacciono i libriaziendali, quando nonsono cifre ma eventi,non sono bilancio macuore. Non conoscevoi fratelli Lucchetta,ma li ho incontrati nelposto più giusto perun piemontese (io),per i veneti, per ilbipede implumechiamato uomo: allatavola di un ristorante.Abbiamo parlatosubito la stessalingua, la koinè deglisportivi e per di piùdegli amanti delciclismo, lo sport chea me giornalista hadato pane e caviale.Mentre mi venivanoelencate e motivatele loro sponsorizzazionianche in altri sport,cresceva, almeno peri miei parametri, lospazio tra la figuraclassica dello sponsore quei quattro. Da qui la miapartecipazioneimpegnata esoddisfatta nellastesura di questolibro. Ho cominciato ascrivere a 18 anni da compiere e a 73 sono ancora qui. Ho fatto gare di nuoto in gioventù e di podismo (due maratone sinoalla fine) dopo i sessanta. Hoseguito 24 Olimpiadi,anagraficamente

Ho conosciutoEuromobil attraversodue tesi di mieiallievi, durante i diecianni nei quali hogestito la cattedra diRelazioni pubblicheall’Università IULM,sede di Feltre. Nellamia vita ho sempreamato quattro cose:studiare, scrivere,viaggiare e la pittura.Su una quinta, ledonne, preferiscosorvolare. I mieigenitori erano animepure e mi davanofiducia, cosìho incominciatoa scrivere dapiccolissimo e,a quattordici anni,mi è stato pagatoil primo articolo.Non mi interessavafare il giornalista e loscrittore, ma scrivereda uomo libero.Ho scritto testiper canzoni, poesie,una ventina di libri,un best seller daventimila copie con “Il Sole 24 Ore” e un long seller conRizzoli; tra breveuscirà il mio primoromanzo. Grazie alloscrivere ho preso duelauree in Italia e unain Gran Bretagna. Ho fatto una volta e mezzo il giro delmondo, ho compratocase, auto sfiziose ebevuto decine dibottiglie di Paul Bara.

Allo scrivere hoaffiancato laconsulenza inMarketing eComunicazione. Nel 2004 ho ricevuto,primo italiano,l’Award diComunicatoreeuropeo dell’anno. Ho lavorato congoverni e aziendeimportanti in Italia,Gran Bretagna,Francia, Stati Uniti.Ho avuto il privilegiodi conoscereimprenditori comeBarilla, Rana, Merloni(ai tempi dellapresidenza aCentromarca), Ferrari,Agnelli e altri. Hoincontrato artisticome Beuys, Pollock,Fieschi, Moreni,Purificato, Finotti,Manzù e altri. Hoscritto d’arte suigiornali, uno inparticolare, “IlTerzocchio” deigrandi Vargas, DiGenova e Verdone.Scrivere, comunicare,arte: ecco perché mitrovo in questo libro.

Mauro PeccheninoSociologo e professoreuniversitario dicomunicazioned’impresa

dagli stessi genitorima a ventidue anni dilontananza, il loroappuntamento conla storia è avvenutosolo da alcuni anni.Giramondo ilfotografo e stanzialeil medico, riescono a dare una visioneoriginale della realtàper quella formacomune di valenzagenetica che lediverse strade dellavita non hannocancellato maaltamente raffinato.È dunque un incontroche il destino avevaintercettato, con ilritardo che larealizzazione di operearmoniose tra colorie parole farimpiangere. I lavoripubblicati dal 2003hanno le qualità chesolo la musica puòesprimere: Un uomosenza desideri, Unavita per Venezia,Cartizze, Amazzonia,Mediterraneo sonovolumi d’arte, segnidi un legameappassionato frascrittura e immagini.

Gli scribi eranopersone dotte,istruite a trasmetteresui papiri i testi sacri.Da loro si chiedevanoprecisione e bellezzadi scrittura. Al tempo di Cristo,assieme ai Farisei,rappresentavano la casta intellettuale.Spesso entrarono in conflitto con ilMaestro, che ungiorno rivolse loro unrimprovero definitivo:“Ti glorifico, Padre,perché queste cosele hai rivelate aipiccoli e le hainascoste ai sapientie ai dotti”.Così chi usa la penna,scriba o scrittore chesia, ha già sul capoun possibile anatema.Troppo grande èinfatti l’importanzadella scrittura perchél’occhio divino non lascruti attentamente.E se è difficile per unricco possedere ilRegno, è altrettantointricato per unoscriba-scrittoregiungere al meritodella semplicecorrettezza. IgnazioRoiter è quindi cautonel definirsi unletterato; si qualificadilettante e prestale sue riflessioniall’occhio di Fulvioche testimonia almondo la forza delleproprie immagini. Nati

Fulvio Roiter Fotografo

Ignazio RoiterPrimario della ClinicaOspedaliera di Oderzo

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I ringraziamenti vanno innanzitutto alle nostrefamiglie per il costante e affettuoso sostegno.A tutte le persone che vedete rappresentate nellepagine successive. La loro dedizione, il loro affetto,la loro passione hanno dato, unitamente a coloroche li hanno preceduti, un contributo determinanteal raggiungimento del successo del nostro Gruppo.

Un altro grazie a tutti i consulenti, gli architetti,i designer, i fornitori e in particolare ai nostriclienti, senza i quali non sarebbe stato possibileincontrare i favori di un mercato così competitivoe selettivo. Al loro lavoro e al nostro si unisconole capacità comunicative di quanti intervengononella fase decisiva della promozione aziendale,come le agenzie di pubblicità e i fotografi.

Un altro grazie lo dobbiamo ai critici d’arte,ai direttori di musei che nel corso degli anni hannocreduto nel nostro progetto culturale affidandocila sponsorizzazione e l’organizzazione di eventiartistici di interesse nazionale e internazionale.

Esprimiamo gratitudine inoltre a tutti coloroche hanno saputo valorizzare il nostro Gruppoattraverso le imprese sportive: nel calcio, nellapallavolo, nel basket e soprattutto nel ciclismo.Un grazie sincero ai direttori tecnici, ai presidentie a tutti i componenti delle nostre squadredel passato e di oggi.

In fine, ma non ultimo, il nostro ringraziamentova agli artisti per la loro testimonianza, a MicheleBeraldo, Marco Goldin, Giovanni Granzotto,Dino Marangon e Toni Toniato per l’importantecontributo al capitolo sull’arte; ad Aldo Colonetti,Valentina Croci e Roberto Gobbo per la sezionerelativa alle imprese; a Gian Paolo Ormezzanoe Pietro Gallonetto per lo sport; a Mauro Peccheninoinsieme a Cristina Pileggi per il capitolo sullafamiglia Lucchetta e sull’arte; a Fulvio e IgnazioRoiter per il capitolo sul territorio; a EleonoraAntoniazzi per la ricerca iconografica, a GianfrancoMarabelli e Alessandro Avi per l’art direction.

Uniti insieme abbiamo fatto diventare questoprogetto una realtà.

Un grazie particolare a Philippe Daverio, ad Andrea e Marisa Zanzotto e a Giuseppe Zigainaper la preziosa e sentita testimonianza.

Antonio, Fiorenzo, Gaspare e GiancarloLucchetta

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Graziea tutti

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Referenze fotograficheAlessandro AviANACFoto ZoppaFotoclick di Giancarlo GennaroOrio FrassettoPaolo GandolaGiovanni GiovannettiMatteo Girola© Kröller Müller MuseumDavide Martinelli© 2009 Museum of Fine Arts, Boston© National Gallery, London / The Bridgeman Art Library / Archivi Alinari, Firenze© National Gallery of Scotland / The Bridgeman Art Library / Archivi Alinari, FirenzeEzio PrandiniRodella 2000© RMN / Thierry Le Mage – Réunion des Musées Nationaux / distr. AlinariFulvio Roiter (foto del territorio)Roberto SettonceStudio HassStudio Vision© 2009 Tate, LondonPaolo Utimpergher

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Gruppo Euromobil.Un’impresa di Design tra Arte e Sport

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Gruppo Euromobil.Un’impresa di Design tra Arte e Sport

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