+ All Categories
Home > Documents > Quale ethos per la democrazia? I limiti dell’«individualismo democratico»

Quale ethos per la democrazia? I limiti dell’«individualismo democratico»

Date post: 25-Jan-2023
Category:
Upload: unicatt
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
13
Notizie di POLITELA è la rivista trimestrale di POLITEIA-Centro per la ricerca e la formazione in politica e etica (www.politeia-centrostudi.org). Comitato direttivo Emilio D'Grazio, Francesco Forte, Gian Cesare Romagnoli, Salvatore Veca Direttore responsabile Emilio D'Grazio Comitato di redazione Carla Bagnoli, Alessandro Balestrino, lan Carter, Daniela Giannetti, Maurizio Mori, Luca Pariseli, Nicola Pasini, Mario Ricciardi I lavori proposti per la pubblicazione devono essere inviati in formato word all'indirizzo di posta elettronica della Direzione: [email protected]; la loro accettazione è subordinata al parere favorévole di due referees anonimi. Notizie diPOLITEM è presente in Philosopher's Index; Articoli italiani di periodici accademici (AIDA); Catalogo italiano dei periodici (ACNP); Google Scholar. Abbonamentì/Subscriptions 2011 Un fascicolo 12,50; Arretrati 12,50 Abbonamento annuo: Privati 40,00; Enti 50,00; Sostenitori 75,00 L'abbonamento può essere sottoscritto tramite - assegno bancario intestato a Politeia - bonifico bancario a favore di Politeia: Intesa San Paolo, Ag. 32, Milano: 1SAN IT21 W030 6901 6271 0000 0010 460. For subscriptions outside Italy see information on fina! page. Direzione, redazione, amministrazione e pubblicità POLITEIA - Via Cosimo del Fante, 13 - 20122 Milano Tei. (02) 583.139.88 -Fax (02) 583.140.72 E-mail: [email protected] Editore Neos Edizioni s.r.l. Via Genova, 57 10090 Cascine Vica - Rivoli Stampa: Agit Mariogros - Beinasco (TO) Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 358 del 13.7.1985 Iscrizione R.O.C. n. 4147 del 21.11.2001 notìzie RIVISTA DI ETICA E SCELTE PUBBLICHE Anno XXVH - N. 102 - 2011 Sommario / Contents INTERVENTI 3 La sentenza della Grande Camera sul crocifisso nelle scuole: un breve commento, di CORRADO DEL Bò 6 La bioetica a scuola secondo il MIUR e il CNB, di GIUSEPPE DEIANA SAGGI/ESSAYS 17 Diritto e politica: fra antico e moderno, di VINCENZO FERRARI 27 Quale ethos per la democrazia? I limiti dell'"indrvidualismo democratico", di DAMIANO PALANO 39 Taking Humiliation Seriously, by LEONARD MAZZOT<E 53 Una "analisi bioetica" dell'attuale disputa sul testamento biologico come estensione del consenso informato, di MAURIZIO MORI 81 Riflessioni su Joseph F. Fletcher a vent' anni dalla morte, di PIERO Di BLASIO 95 I confini etici nelle scelte dell'impresa multinazionale, di MARIA ANTONIETTA LA TORRE
Transcript

Notizie di POLITELA è la rivistatrimestrale di POLITEIA-Centro per laricerca e la formazione in politica e etica(www.politeia-centrostudi.org).

Comitato direttivoEmilio D'Grazio, Francesco Forte,Gian Cesare Romagnoli, Salvatore VecaDirettore responsabileEmilio D'Grazio

Comitato di redazioneCarla Bagnoli, Alessandro Balestrino,lan Carter, Daniela Giannetti,Maurizio Mori, Luca Pariseli,Nicola Pasini, Mario Ricciardi

I lavori proposti per la pubblicazione devonoessere inviati in formato word all'indirizzodi posta elettronica della Direzione:[email protected]; la loro accettazioneè subordinata al parere favorévole di duereferees anonimi.

Notizie diPOLITEM è presente inPhilosopher's Index; Articoli italianidi periodici accademici (AIDA);Catalogo italiano dei periodici (ACNP);Google Scholar.Abbonamentì/Subscriptions 2011Un fascicolo € 12,50; Arretrati € 12,50Abbonamento annuo:Privati € 40,00; Enti € 50,00;Sostenitori € 75,00L'abbonamento può essere sottoscrittotramite- assegno bancario intestato a Politeia- bonifico bancario a favore di Politeia:Intesa San Paolo,Ag. 32, Milano: 1SANIT21 W030 6901 6271 0000 0010 460.For subscriptions outside Italy seeinformation on fina! page.

Direzione, redazione,amministrazione e pubblicitàPOLITEIA - Via Cosimo del Fante, 13 -20122 MilanoTei. (02) 583.139.88 -Fax (02) 583.140.72E-mail: [email protected]

EditoreNeos Edizioni s.r.l.Via Genova, 5710090 Cascine Vica - Rivoli

Stampa: Agit Mariogros - Beinasco (TO)

Registrazione presso il Tribunaledi Milano n. 358 del 13.7.1985Iscrizione R.O.C. n. 4147 del 21.11.2001

notìzie dì

RIVISTA DI ETICA E SCELTE PUBBLICHEAnno XXVH - N. 102 - 2011

Sommario / Contents

INTERVENTI

3 La sentenza della Grande Camera sul crocifissonelle scuole: un breve commento,di CORRADO DEL Bò

6 La bioetica a scuola secondo il MIUR e il CNB,di GIUSEPPE DEIANA

SAGGI/ESSAYS

17 Diritto e politica: fra antico e moderno,di VINCENZO FERRARI

27 Quale ethos per la democrazia?I limiti dell'"indrvidualismo democratico",di DAMIANO PALANO

39 Taking Humiliation Seriously,by LEONARD MAZZOT<E

53 Una "analisi bioetica" dell'attuale disputa sultestamento biologico come estensione delconsenso informato, di MAURIZIO MORI

81 Riflessioni su Joseph F. Fletcher a vent' annidalla morte, di PIERO Di BLASIO

95 I confini etici nelle scelte dell'impresamultinazionale, di MARIA ANTONIETTA LA TORRE

notìzie diPOLITEIA, XXVII, 102, 2011. ISSN 1128-2401 pp. 27-38 27

Quale ethos per la democrazia?I limiti delP66individualismo democratico"DAMIANO PALANO*

1. Individualismo e democrazia

Verso la conclusione della Democrazia in America, Alexis de Tocqueville formula unadelle più celebri profezie sul futuro dei sistemi democratici. Dopo aver tessuto un elogioquasi incondizionato dell'esperimento americano, lo scrittore francese si sofferma infattisul rischio che proprio una società libera e ugualitaria come quella americana possa darvita, sul lungo periodo, a un nuovo dispotismo, n nuovo dispotismo, che per Tocquevillesi profila all'orizzonte, è ovviamente molto diverso da quello che ha segnato la storiaeuropea, e non consiste in un dominio esercitato da un sovrano sulla maggioranza deisuoi sudditi. Piuttosto, si tratta di un dispotismo che scaturisce da una modificazione psi-cologica dell'homo democratìcus: una modificazione che in sostanza indebolisce la par-tecipazione del singolo alle sorti della respublica e dissolve la tensione dell'individuo aperseguire e costruire il bene comune. "Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che ildispotismo potrà avere nel mondo", scrive Tocqueville, "vedo una folla innumerevole diuomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare iloro desideri", ognuno dei quali, "tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tuttigli altri"1. Ed è così al di sopra di questi individui che si eleva "un potere immenso etutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte", unpotere "assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite", che "estende il suobraccio sull'intera società", "ne copre la superficie con una rete di piccole regole com-plicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigoro-si non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa"2.

L'enfasi che spesso si tende a riservare alla 'profezia' di Tocqueville rischia probabil-mente di oscurare, o distorcere completamente, la prospettiva del pensatore francese."Per poter fare di Tocqueville il profeta del dispotismo democratico e il pensatore dellasocietà di consumo", ha scritto Jacques Rancière a questo proposito, "occorre ridurre isuoi due grossi libri a due o tre paragrafi di un capitolo del secondo libro"3. Ma, adispetto delle forzature (o forse proprio grazie alla loro portata evocativa), le pagine con-clusive della Democrazia in America sono tornate ad alimentare, in varie forme, il dibat-tito contemporaneo. Alcuni osservatori hanno infatti riconosciuto ali'interno dellesocietà occidentali i tratti di quella folla di cui aveva scritto Tocqueville, ma, soprattutto,hanno rinvenuto nell'ascesa di un individualismo fortemente egoistico i segnali di unlogoramento- delle radici più profonde dei regimi democratici. Già nella Fine della

* Professore di Scienza politica, Università Cattolica di Milano.

28 Quale.ethos per la democrazia?

Storia e l'ultimo uomo, Francis Fukuyama segnalava come l'irriducibile individualismodell'/zomo democraticus, indebolendo ogni sentimento di appartenenza collettiva, potes-se paradossalmente minare le basi dello stesso sistema democratico4. Ma, negli 11111011vent'anni, molti sociologi e politologi hanno sostenuto che proprio la diffusione dell'in-dividualismo tende a corrodere le basi più profonde della civicness, il sentimento civicoche sorregge le democrazie più virtuose5.

Quando gli osservatori contemporanei mettono in guardia dai rischi politici dell'indi-vidualismo, riprendono di fatto un motivo teorico piuttosto consolidato. È infatti propriocon una simile connotazione negativa che viene coniato il termine "individualismo", piùo meno due secoli fa. Pare infatti che individualisme compaia per la prima volta attornoal 1820, in una conversazione privata di Joseph de Maistre, e che venga diffuso neglianni seguenti soprattutto dai seguaci di Saint-Simon6. Da allora, però, la parola "indivi-dualismo" è entrata stabilmente nel nostro lessico, identificando un fenomeno stretta-mente connesso alla nascita della società di massa. E, soprattutto, ha iniziato a rappre-sentare una minaccia capace di indebolire lo spirito civico, oltre che - come perTocqueville - l'insidia principale della convivenza democratica.

L'operazione teorica compiuta da Nadia Urbinati in alcuni suoi lavori recenti7 sirivolge invece contro questa consolidata convinzione: una convinzione secondo cui Pin-dividualismo sarebbe necessariamente 'apolitico', e secondo cui, dunque, esso dovrebbenecessariamente spingere verso il disinteresse nei confronti di quanto avviene nella'sfera pubblica'. In realtà, sostiene Urbinati, una simile interpretazione è scorretta, etende ad adottare una visione riduttiva, fortemente distorta, dell'individualismo."L'individualismo", scrive infatti, "è il fondamento politico e ideale della democrazia enon è identico né a egoismo antisociale né a indifferenza verso gli altri e la politica"8. Ineffetti, Urbinati cerca di precisare i contorni di un "individualismo democratico" cheaffonda le radici nella tradizione politica americana, e soprattutto nel pensiero di JohnDewey e Ralph Waldo Emerson, oltre che nel liberalismo di John Stuart Mili. Con l'o-biettivo di riabilitare l'individualismo, Urbinati ne ridefìnisce però in modo sostanziale ilconcetto, e così 1'"individualismo democratico" viene a discostarsi nettamente tantodalla visione pessimista di un individualismo necessariamente 'apolitico', quanto dallastrenua convinzione nelle virtù di un individualismo inteso in termini esclusivamenteeconomici e utilitaristici. In particolare, infatti, l'individualismo democratico costituiscel'elemento fondamentale dell'epos democratico., ossia del sostegno etico indispensabilealla democrazia.

La proposta di Urbinati offre un contributo estremamente interessante alla riflessionesulle trasformazioni dei sistemi occidentali, soprattutto in vista di una teoria che sia ingrado di superare i rimiti delle visioni minimaliste della democrazia9. In questo articolo,cerco perciò di ricostruire gli elementi principali della sua riflessione, soffermandomisull'idea che le democrazie richiedano uno specifico eihos, incardinato nella culturadell'"individuah'smo democratico". Al tempo stesso, però, tento anche di mettere in lucealcuni limiti "del suo discorso. In particolare, la mia tesi è che Urbinati tenda a espelleredal quadro problematico il rapporto fra l'interno e l'esterno della comunità politica, eche, in questo modo, non possa che costruire un'immagine dell'epos1 statica, quasi 'cri-stallizzata' e, dunque, almeno in parte irrealistica.

Damiano Palano 29

2. Un ethos per la democrazia

Inserendosi nel dibattito sulla 'crisi' e sulla trasformazione della democrazia contem-poranea, la proposta teorica di Urbinati tende a discostarsi dalle visioni 'minimaliste^che fanno coincidere il regime democratico esclusivamente con una serie di procedure.Oltre alle procedure (e, soprattutto, alle garanzie del costituzionalismo liberale), secon-do Urbinati la democrazia deve avere anche delle basi etiche. In altre parole, la rappre-sentanza democratica, ai suoi occhi, non richiede semplicemente una serie di procedu-re elettorali, perché alla base degli elementi formali e istituzionali deve esistere unsostrato etico, senza il quale la dinamica democratica tende a imboccare derive dege-nerative. Per esempio, la democrazia rappresentativa richiede "un'etica della cittadi-nanza tale che i rappresentanti non considerino le relazioni partigiane come irriducibil-mente antagonistiche e il patrocinio come la promozione incondizionata dei loro inte-ressi soltanto o, ancora peggio, privilegi settari contrapposti al benessere generale"10.E, proprio per questo motivo, il problema principale che Urbinati individua nella vitadelle democrazie contemporanee non riguarda soltanto la loro stabilità e la loro effi-cienza, ma investe il loro sostegno culturale ed etico:

H problema che sta di fronte alla democrazia moderna è in buona sostanza culturale ed etico, piutto-sto che procedurale. Le democrazie post-totalitarie hanno per questo bisogno di recuperare la forzaetica della dignità della persona e della partecipazione ragionata alla vita politica per difendersi dalletentazioni comunitarie e intolleranti ma anche per riscattare la sfera del pubblico dall'impero quasitirannico di un individualismo possessivo e politicamente apatico. Ne hanno bisogno per riafferma-re e difendere due valori fondanti della democrazia, la cittadinanza e l'eguaglianza11.Secondo la lettura proposta da Urbinati, l'individuahsmo democratico cresce sui due

pilastri della "cultura civile dei diritti" e della "cultura morale dell'eguale rispetto dellepersone". L'"individuo democratico", pertanto, non è solo un individuo che compie leproprie scelte valutando razionalmente costi e benefici, ma è "una persona che ha unsenso morale della propria indipendenza e dignità e agisce mossa da passioni ed emo-zioni altrettanto forti delle ragioni e degli interessi", una persona "che non è soltantoconcentrata sulle proprie realizzazioni, ma anche emotivamente disposta verso gli altriper le ragioni più diverse, come l'empatia, la curiosità, la volontà imitativa, il piacere disperimentare"12. Su queste basi, i bersagli contro cui si indirizzano le argomentazioni diUrbinati sono soprattutto due. Per un verso, si tratta infatti di mettere in luce i limiti del-l'individualismo liberale, oltre che di mostrare la distanza che separa quest'ultimo dal-l'individualismo democratico. Per l'altro, invece, il compito di Urbinati consiste nelchiarire l'insufficienza - o i rischi antidemocratici - impliciti nelle ipotesi 'comunita-rie', che rimediano all'assenza di vincoli etici con la chiusura verso il particolarismo.

L'attacco contro il primo bersaglio coincide per molti versi con la critica dell'indi-vidualismo economico delineato da Friedrich von Hayek. Proprio l'economistaaustriaco, oltre a criticare strenuamente ogni forma di pianificazione, ha infatti tessutol'elogio più convinto e incondizionato di un egoismo individuale, inteso come prezio-so e saldo presidio contro ogni ambizione - più o meno esplicitamente totalitaria - di'ridisegnare' l'ordine sociale e la realtà dell'essere umano. "Ciò che costituisce l'es-senza della concezione individualista", secondo le parole di Hayek, "è il riconoscimen-

Quale etnos per la democrazia?

to dell'individuo come giudice ultimo dei propri fini, la convinzione che per quantopossibile le sue opinioni debbano governare le sue azioni"13. Ma è proprio contro que-sta, visione ddl'individudismoj;he Urbinati rivolge l'attacco più energico.

Non è ovviamente incidentale che l'attenzione di Urbinati si soffermi su questopunto, perché è proprio nel successo della visione del liberalismo economico, innesca-ta dalla "rivoluzione liberale" degli anni Ottanta, che intravede l'origine di una trasfor-mazione in senso antipolitico delle democrazie occidentali14. Si tratta inoltre, secondoUrbinati, di una visione che pone problemi diversi, il primo dei quali è relativo al.rispetto della dignità dell'individuo. Sotto questo profilo, l'individualismo economicoè basato sull'assunto, non dimostrato," "che si dia una correlazione spontànea tra il fattoche gli individui siano lasciati liberi di scegliere e agire in tutto ciò che riguarda loropersonalmente senza subire interferenza,.e il fatto che gli individui si rispettino l'unl'altro come creature aventi eguale dignità"15, mentre, ili realtà, un simile risultato nonè affatto scontato. Questo assunto implica inoltre che gli individui possano e debbanoessere guidati, nelle loro scelte, solo dai rispettivi criteri personali. Ma proprio per que-sto, il liberalismo economico risulta essere - ai suoi occhi - una vera e propria "ideolo-gia", che riesce a espellere completamente la dimensione etica. Infatti, l'individuali-smo celebrato da pensatori come Hayek esclude -del tutto l'eventualità che le scelteindividuali, prive di vincoli etici —che per Urbinati sono principalmente "il rispetto pergli-altri", "l'eguaglianza di cittadinanza ma anche di umanità", "la solidarietà comeamicizia tra cittadini, ma anche come empatia tra" esseri umani" — possano condurreverso le derive deleterie^delT assuefazione e_ del privilegio16.

Oltre a segnalare l'assenza di vincoli etici che proteggano la dignità dell'indivi-duo, Urbinati si sofferma anche su. un ulteriore problema del liberalismo economico,ossia sul "fatto paradossale per curie società individualiste [...] sono anche quellenelle quali si sviluppano^fòrti-comunità, spesso esclusive-e discrirninanti contro chinon è riconosciuto come; simile"1?;; "Anche m questo caso, si tratta di un rilievoimportante, perché^cdnie; si è: detto, il secondo bersaglio della discussione diUrbinati è rappresentato pròprio dalie: chiusure còmunitariev Lungo questa direzione,Urbinati:si discostà, infatti, non solo dall'individualismo economico, ma anche - edè forse questo il puntopiù: originale., oltre ; che più critico, dell'intera ricostruzione -da ogni soluzione 'comumtarista', ossia da tutte quelle :visioni che tendono a ricon-durr&.-la dimensione etica "alla comunità: una comunità variamente connotata in ter-mini religiosi- etnici, linguistici; ina,-ih ogni casòy sempre conrrasséghàtà'dàlìà"chiu-surarverso restèrno. "Queste torsioni comunitàrie e gregarie della cultura democrati-ca''̂ osserva per esempio, "sono aberrazioni,-spesso il segno di visioni intollerantiche confondono potere e diritto, l'esercizio delle funzioni politiche e istituzionalicorr il loro possesso"18. Ma, soprattutto, la comunità e l'etica comunitaria (comun-que essa sia connotata) non rappresentano, per Urbinati un vincolo capace di rime-diare àgli eccessi di un individualismo egoistico, ed è proprio intorna a questo aspet-to: che emerge là peculiarità forse più qualificante dell'individualismo democratico.

=^-Quandò-èsèlùde-^dunque .dall'etica della Gemeinschaft), -Urbinati è però ben consapevole che il doveremorale del singolo può offrire solo una garanzia piuttosto fragile, sempre esposta al

Dannano Palano 31

rischio di cedere dinanzi• all?egoismo individuale^ di gruppo, agli interessi di parte, ailegami clientelali. Ed è proprio qui che Urbinati mette in campo il profilo etico dett'in-dividualismo democratico. O;, meglio, "il linguaggio dei diritti,, il quale ci chiede, soprat-tutto quando ci troviamo di fronte a disaccordi intrattabili per via di seconda persona,quando cioè dobbiamo scegliere tra le ragioni del diritto e le ragioni della cornuMtà, dimantenere separatolo spazio simbolico rappresentato dalla norma da quello rappresen-tato dall'esistenza per dare priorità al primo"19. Si tratta, evidentemente, del punto chia-ve dell'argomentazione di Urbinati, dal momento che è proprio la capacità degli indivi-dui di porre le questioni in 'terza persona? - ossia trascendendo la prima e la seconda

. persona, le relazioni io/tu' e noi/voi - a confrassegnare l'individualismo democratico; Èjin altre parole, il carattere astratto del diritto - valido universalmente per ciascuh indivì-duo - a sostanziare la cultura dei diritti, il rispetto e l'individualismo democratico:

Grazie a questa- dimensióne astratta e generale di giudizioi la via empirica: di noi come individui '.concreti, la materialità sociale e la specificità di ciascuno di noi può riflettersi nella legge coìtl'esito di portarci a ben discriminare la giustizia dalla vendetta, il diritto dal potere, ma anche di' .farci sentire che oltre alla nostra realtà immediata e storica, a quello che siamo nella nostra esi- ..stenza di vita quotidiana, esiste una dimensione più ampia e generale della quale siamo parteci-pi come cittadini e poi come esseri umani. L'individualismo democratico è trascendentale in -questo senso, perché consente la, comunicazione tra persone che sono empiricamente diverse etra loro estranee;, e grazie a ciò che consente a tutti noi di prendere •decisioni collettive sullequestioni'che ci riguardano tutti e ciascuno per fondamento e consenso20! ; . . .A qualificare l'individualismo democratico, allora, è soprattutto la capacità di cia-

scun indivìduo :di^ trascendere se stesso,5 dì trascendere cioè la propria esperienza perso-nale, i propri mteressi, le proprie preferenze, assumendo la prospettiva dell'altro.1 Inquesto modo, è possibile ^accedere a una dimensione generale, trascendente, che noistessi siamo in gradò di creare. Così, l'mdividualismo democratico è in grado di fornireun sostegno etico alle istituzioni democratiche. Ovviamente, Vethos democratico - prò-dotto dalla costante interazione fra istituzioni e cultura del rispetto - non è; incardinatosu forze politiche, sii fedi religiose, su organizzazioni pohtiche/su identità coHettivé;ma srbasa, m fondóysolo sulla "sovranità del giudizio individuale", che Urbinati defini-sce come il "punto di fisso" su cui si regge la dinamica democratica, còme "ciò che percomune riconosciihentò è situato oltre la discussione e il dissènso e senza il quale non sipossono dare dissènso e decisioni secondo la regola di maggioranza"21.

3. Una democrazia senza altrove?

Quando Urbinati evoca l'idea di uh eihos della democrazia, e quando formula là tesisecondo cui la democrazia richiede un sostegno etico e culturale, viene; di fatto: aconvergere - armeno in parte - con alcune ipotesi alla base degli studi sulla culturapolitica, uno dei filoni di ricerca più consolidati della politicai science nord-america-na. Naturalmente, l'idea che la "cultura" di un popolo influisca sulle sue,istituzioninon-venne formulata per la prima volta negli anni Cinquanta e Sessanta dai politolo-gi americani, malproprio in quel periodo, quest'idea verme recepita nelle ipotesrteo-riche e nelle ricerche empiriche di Gabriel A. Almond, uno dei padri della "rivolu-

32 . Quale ethos per la democrazia?

zione comportamentista" e, soprattutto, uno dei più influenti artefici della 'rinascita'e della ridefinizione astia.politicai science post-bellica. Con il suo studio fondamen-tal'e_sulla cultura civica in cinque;.democrazie- occidentali,, pubblicato insieme aSidney Verba nel 1963, Almond introdusse infatti nel dibattito del periodo;Ìarrièzionedi "cultura politica", ottenendo un successo-tale da orientare una cospicua mole diricerche empiriche per circa due decenni. La tesi principale di; Alrnond e Verba erache la spiegazione della stabilità della democrazia dovesse esserè-ri^rpvata nella pre-senza^ quella che definivano come cìvic culture: un tipo specifico-di cultura politi-ca, né tradizionale, né moderna, che combinava elementi di entrambe % una Culturapluralìstica,; basata- su; tomimicaziòne^persuasioriev: consenso, accettazione^-delladiversità "̂ e che si era formata dapprima nel contesto britannico, estèndendosi.in,seguito ai paesi del Commonwealth e soprattutto agli Usa?-2;;,..-:.,.. -,.,........ : ,; :. -.,.. -

Nel corso dei ̂ decenni, la proposta di Almoné e Verba'è^staia oggetto di numerosecritiche,1 che hanno investito:tàntò.gli aspetti metodologici, guarito gli stesasi presuppostiteorici. Uno dei limiti principalisottolineato.nel corso del dibàttito'riguarda proprio ilrapporta fra ^cultura' e 'democrazia'. Enfatizzando l'eleménto delia "cultura civica'',,queste indagini hanno spesso rapprese^come Un.elemento statico,, destinato a riprodursi nel tempo senza sostanziali variazioni. -Quando proponell'idea; di un> sviluppa ladies.! secondocui la dinamica democratica richiede una base culturale, Urbjnati invece sfijggc,'mlargaparte; al limite delle ricerche sulla CTVÌQ culture.^ gl'interno d '̂argomentàzione diUrbinati^è infatti piuttosto evidente che Fe^o? della democrazia non è;inteso còme unadettone ereditate dal passato,; che puadata. Benché infatti V ethos della democrazia appaia come il risulteto'vdi alcune condizio-ni storiche (tra cui soprattutto; l'influsso della riforma protestante),-sernÌ3ra essere infattiun. patrimonip etico in. coste^e mutamento,; su^ ~ in termini .positivi — lestesse istituzioni. Proprio in questo sensp^ Urbinati osserva, per esempio, che il sostegnoalla dèmpcrazia.xiffertó àaftetjias è "l'esito diun processò educativo al quale le proce-dure democratiche contribuiscono mdirèttemente abituando -lei persone -ad accettare laprovvisorietà delle, decisioni,; le idee altrui e la libera discussione",, e cioè "a mettere. inconto lajpossibffitàdi.cambiareideale anche-di riconoscere pubbhcamente di essere in-errore"23. Inoltre, proprio perché non si tratta di un risulteto spontaneo, o di una dotazio-ne ereditete dal passato^ Urbinati sottohnea con fòrza come l'etica dell'individualismodemocratico e la cultura del rispetto debbano essere rafforzate dat sistema: educativo,nella sfera privata e all'interno della dimensione lavorativa. A loro volte, =Matti,: questiambiti della vita sociale agiscono positivamente sull'eticar democratica, mentre - con.una dinamica ckcolare-il buon funzionamento deUe istituzioni demoeràtiche^. influiscesul consolidamento della cultura del rispetto al di fuori della sfera istituzionale.

Se, sotto questo profilo, Urbinati sfugge dunque a uno dei limiti principali che hacontrassegnato la riflessione sulla cultura politica, è invece su un altro piano che lasua proposta .sembra riproporre una delle distorsioni che poteva essere rintracciata

=--1neHe-veccMe-rieerehe^sulla-dvfc-ewftwra^^politologico alcune ipotesi dello strattural-funzionalismo antropològico, Almond eVérba tèndevano infatti:a considerare la cultura e la. struttura — o, meglio, la cultura

ramno

civica Q la democrazia - come due poli stretti da una relazione di dipendenza^;masostanzialmente autonomi nella loro specifica configurazione. In questo modo,rimuovevano però un dato in fondo elementare, ossia che la cultura politica - comeogni fenomeno ?culturale' - non è solo estremamente complèssa al proprio interno ein costante trasformazione, ma-è anche un insieme di eostruzioni simboliche cheattribuiscono un determinato significato all'agire e, dunque, alla struttura (politica);In altri termini, Almond e Verba parevano dimenticare che anche lastruttura---èunprodotto culturale, nel senso che non può essere distinta dai significati che le sonoattribuiti dagli attóri sociali. E che, dunque, persine quella determinata struttura poli-tica che coincide con il regime democratico è - con i suoi contenuti, le sue forme e isui presupposti - un prodotto culturale. Naturalmente, Urbinati e ben lontana dalsubire le suggestioni della 'rivoluzione comportamentista'-, ed è ben consapevole chela 'democrazia' non coincide soltanto con un insieme di istituzioni o procedure; Ciònonostante; le argomentazioni di'Urbinati sembrano in parte ereditare alcune delledistorsioni di Almond e Verba, sia perché tendono a sottrarre la democrazia - e,prima di tutto, lo stesso significato di "democrazia" - al normale processo di produ-zione culturale, sia perché trascurano come un simile processo sia sempre l'esito diconflitti che avvengono tanto all'interno quanto.all'esterno della comunità politica.

In modo piuttosto sigmficativofUrbinati ha sostenutorrn un suo intervento recen-te, che "la democrazia non ha un altrove", non tanto perché rappresenti, come hasostenuto; Fojkuyama, il culmine dell?"evoluzione ideologica dell'umanità"24, quantoper una serie di caratteristiche inerenti al suo funzionamento. Innanzitutto j perché"non è possibile (non lo è stato finora) ipotizzare e creare una forma di governo chesia migliore della democrazia alle sue stesse condizioni"25. Li secondo luogo, per lànatura della sua legittimità, ossia perché i suoi fondamenti stanno "non fuori o sopradi essa, ma nella sua" stessa processualità"26. E, infine, perché-"in nessun altro siste-ma politico come in questo è cruciale che mezzi e fini non siano in disaccordo"2!.Per questi motivi, se nella democrazia degli antichi, l'altrove -- rappresentato dalgoverno degli oligàrchi - non è mai venuto meno, la democrazia dei moderni, secon-do Urbinati, è invece riuscita a superare questa dimensione, è cioè riuscita a incorpo-rare interamente i piopri nemici. In altre parole, grazie alla rappresentanza politica,la democrazia dei moderni è stata in grado di inglobare la minaccia costituita dalleminoranze,/trasformandole da nemici a parti del gioco democratico. E, in questomodo, è riuscita dunque a:eliminare,,il proprio altrove:

Raggiunto questo obiettivo, sembra :di poter'dire che, l'ordine politico dei moderni non ha più.oppositori interni radicali perché è riuscito a rendere i suoi potenziali nemici parte del gioco.Visto da questa angolatura,; il governo-rappresentativo non solo non è una violazione dellademocrazia, ma è anzi il mezzo che l'ha rafforzata,liberandola da quell'alterità endogena cheper secoli l'aveva tenuta sotto scacco'.— moderando non solo o tanto il potere dei molti maanche e soprattutto quello dei pochi rendendo il primo essenzialmente indiretto e il secondolimitato nel tempo e nella funzione28. ,Mentre rappresenta la dinamica interna alla democrazia come un confronto, o

C'Orneuna 'competizione, fra avversati, che rifiutano di utilizzare il conflitto radicale^Urbinati mette in luce un aspetto fondamentale della dinamica democràtica. Ma,quando afferma che, per questo motivo, "la democrazia non ha un altrove" fornisce

evidentemente una raffigurazione quantomeno semplicistica, sé non proprio distorta,del concetto contemporaneo di democrazia. Benché si possa condividere la celebra-zione del regime democratico proposta da .Urbinati, sarebbe infatti ingenuo ritenerechei il concetto novecentescp^ oì-"demnon si siano nutriti di contrapppsiziQni, e che dunque la democrazia contemporaneaabbia^davvero;eh'minatoilproprip:a/^rcxvé. : ^- Nelsuo vibrante Democracy Incorporateci, Sheldon Wolin ha sostenuto che lademocrazia-americana, nel corso_del Novecento,.ha gradualmente assunto i tratti di un"totalitarismo rovesciato", una: sorta di fusione fra il dispotismo proietizzato daToequeville e il potere del Leviatano hobbesiano, le cui prime traccepossono essere rin^venute nella Seconda guerra mondiale. Se il New Dea! aveva sancito una prima grandemobilitazione delle energie del paese, l'impegno bellico - secondo Wolin - rafforzòulteriormente questa tendenza, e, al tempo stesso, introdusse l'idea che gli sforzi fosseronecessari per sconfiggere il nemico. Da quel momento, questi elementi hanno contras-segnato in modo indelebile la democrazia americana. La Guerra fredda,: consegnandoagli Stati Uniti il ruolo di superpotenza, mutò i tratti del nemico contro cui combattere,ma non chinino 'l'idèa che si trattasse di un nemico; assoluto, .insidioso e nascosto persi-nò dentro i confini americani. E, cosi, contribuì a rafforzare due tendenze complementa-ri: da un lato,, l'estensione di un potere statale sempre più sottratto al controllo popolare(come nel caso di tutte le questioni idi politica estera e strategia militare); dall'altro, lanascita e la legittimazione di un nuovo "elitarisniP", inteso peonie antidoto all'ignoranzadelle masse. Lungoquesto sentiero, ,la societàamerictìa si sarebbe dunque tramutata inuna società di cittadini spoliticizzati e apàtici,r sempre più distanti, da ógni impegnodiretto in politica,- e disposti a consegnare - come : i sudditi apolitici di Hobbes — i lorodiritti allo Stato, in cambio della sicurezza,"'E, còsi, il sistema democratico, agli occhi diWolin, sarebbe diventato uìiasortójdinùwo Levi che trova nella paura dei nemici- reali o solo immaginati - la base più solida del proprio potere29. .

Per-quanto l'immagine proposta da Wolin nonsia forse pienamente condivisibile,sarebbe peròringènuo dimenticare il fatto che -come ha sptto}ineatp._lo..studiospamericano - la Democrazia contemporanea, nei suoi diversi aspetti, è anche l'esitodèlla'Cjuerrà frédda e, più m generale, dei conflitti del.Novecento. Nonostante sia,narurarmente^ un. insieme di 'procedure' e ;di 'regole', la democrazia: contemporaneaè^ anche un prodotto storico, un cpncetto che subisce una modificazione,radicale—.senon sostanziale - in corrispondenza .con le due guerre mondiali. Un puntp> di -snodonella storia concettuale della democrazia si trova infatti.proprio nel Weltburgerkriege:nell'ascesa globale della nuova potenza statunitense. Per effetto di queste trasfpr- .mazioni, la democrazia non si Irmita più, soltanto, a una serie di procedure elettorali,ma richiede, necessariamente, il rispetto di una serie di diritti umani fondamentali, e,inoltre,.assume una vocazione universalista. Riconoscere che la democrazia contem-poranea si basi sul riconoscimento dell'eguaglianza assoluta degli esseri umani (e,dunque, assuma il compito di tutelare.! diritti che spettano, 'naturalmente', a ogniJSJ^Msg JPJ^BO i& vìtfà .̂ g^^PP^gJì6^2^ §1 genere umano) Qprkj^mplic^però^chela democrazia abbia realmente eìimrhàto il proprio altrove, ma, più semplicemente,che essa" definisce il proprio altrove in relazione all'umanità (ossia, a una determina-

Jjamiano raiano

tà visione politica dell'umanità). Non è d'altronde fortuito che, nel corso delle guer-re della prima metà del XX secolo, il concetto di democrazia inizi a essere utilizzatoper indicare quei regimi rappresentativo-elettivi in lotta contro nemici che vengonodefiniti, o percepiti, come nemici del genere umanovlrixaltre-parplej.se la democraziadegli antichi presupponeva - alla base della propria legittimitazione- un altrovecoincidente con la minaccia oligarchica, qualcosa di simile avviene anche per lademocrazia contemporanea. Quest'ultima, infatti, non supera effettivamente ¥ altro-ve, ma lo ritrova aldi fuori dei propri confini, nella minaccia - reale o potenziale—rappresentata dai nemici, o addirittura nella figura apocalittica dei 'nemici del gene^-re umano'. Pur assumendo fattezze differenti (regmiitotaUtari,: Stati canaglia,"orga-^nizzazioni tèrroristiche), i nemici diventano così il fuori che legittima le democraziee che, in qualche misura (e almeno in parte), ne definisce l'identità politica. :

Quando sostiene che la democrazia non ha più un altrove, Urbinati dimenticainvece di considerare il ruòlo della dimensione internazionale e^ più in generale, ilrapporto fra interno ed esterno. È dunque comprensibile che, a suo avviso, la demo-crazia sia effettivamente riuscita a inglobare ogni potenziale nemico all'interno diuna dinamica dialògica e competitiva. Ma, in questo modo^Urbinati nonrfinisce sol-tanto col sottovalutare il peso che la storia del Novecento e l'opposizione con unaserie di nemici-reali hanno avuto sulla'costruzione-del^eorieetto di^'democrazia. Intermini ancora più radicali, finisce infatti col dipingere un quadro dell'ethos dellademocrazia che non può che essere irrealistico. ~ ":

Come si è visto, un punto cruciale dell'argomentazione di Urbinati consiste nell'i-dea che l'individualismo democratico abbia alla base la capacità degli individui diporre le questioni in 'terza persona', di trascendere la prima e~la seconda persona, ~e,dunque, di assumere la prospettiva dell'altro. In questo senso, l'individualismo demo-cratico ha un carattere trascendentale perché consente àgh individui di astrarre dai lóriinteressi e dalla loro specifica prospettiva. Al contrariOj il 'gregarismo', e cioè unaconcezione esclusiva della comunità, non riesce a garantire una simile trascendenza,perché tende a ridurre ogni questione alla 'prima' e alla 'seconda persona'.^SecondoUrbinati, come si già notato, le concezioni 'gregarie' della comunità non1 sono infatti ingrado di sostenere la dinamica democratica perché la chiusura della comunità — nelmomento in cui esclude una determinata categoria di persone, e nel momento in cuiassegna i diritti solo a un gruppo circoscritto e non all'universalità degli individui —non può che introdurre una barriera che impedisce di conquistare la trascendenza. Ihaltre parole, la comunità - intesa come comunità chiusa, come Gemeìnschaft— impedi-sce l'accèsso alla 'terza persona', e continua a ricondurre le relazioni sociali a un rap-porto (spesso di contrapposizione) fra gruppi, o, meglio, fra la comunità e gli estranei.E, in questo modo, ogni Gemeinschaft è anche destinata a diventare dispotica e intolle-rante al proprio intemo. In sostanza, il limite del 'gregarismo' consiste proprio nel fatto.che la chiusura gregaria determina, necessariamente, un indebohmeiito della stessa tra-scendenza dei diritti: nel momento in cui si introduce una distinzione fra gruppi - "ildualismo del 'tu' (o 'voi') ed 'io.' (o 'noi')" - il principio universalistico dello Stato didiritto viene messo in ombra, se non addirittura annichilato. Da questo punto di vista,l'argomento di Urbinati è senza dubbio piuttosto chiaroj ma la logica che lo sostiene

eguale etnos per la democrazia ;

non sembra cosi efficace, non tanto sotto il profilo della critica alle ideologie del gre-garismo, quanto nel momento in cui l'individualismo democratico viene presentatecome rimedio al rischio di un'involuzione gregaria. Ed è infatti proprio qui che affioraillirrHÌépr^

: Se l'idea di Urbinati che la democrazia abbia inglobato completamente il propriea/frove appare piuttosto: discutibile," dal momento che si fonda su una rimoziónedella contrapposizione fra l'interno e l'esterno della sintesi politica, per questo stes-so; motivo appare anche piuttosto incerta la contrapposizione - fondamentale nel suoragionamento - fra gregarismo e individualismo democratico. Per sostenere effetti-vamente- latesi cui;il- 'gregarismo" sarebbe -antitetico ali ' "individualismodemocratico", Urbinati dovrebbe .infatti affermare che quest'ultimo, oltre a nutrirsidi una vocazione; universalistica, si. realizza effettivamente in una comunità universa-le, ossia all'interno di;; una democrazia globale. Ovviamente,, Urbinati non giunge aquesto approdOj non solo perché una democrazia globale non esiste, ma anche per-ché ritiene si debba diffidare da quelle proposte di democrazia cosmopolitica, chepuntano va "estendere a un livello sovranazionale i meccanismi della rappresentanzaparlamentare30. In questo modo, però, la distinzione fra "gregarismo" e "individuali-smo democratico" non cambia sostanzialmente i propri connotati. A ben vedere,infatti, Pelernento distintivo non può essere r^^denza offerta dall'epos democratico, per il semplice motivor che anche quest'ultimonon si riferisce a una comunità universale; '•:'- / : -; ; ;; :^ ; - \ ' r • .; Cheda trascendenza 'Hmitata' .dell'indrviduaHsmo democratico non si riveli affatto

trascendente- in senso, assoluto— e che. si riveli soloiparaalmente trascendente - è d'al-tronde pressoché inevitabile. La: trascendenza e l'universalità, come sostiene ErnestoLaclaUj sono.il costante obiettivo -delia rappresentazione che costituisce un soggetto poli-tico, ma sono anche— inevitabilmente — obiettivi che possono essere raggiunti solo inmodo parziale3^ In altre parole,4a trascendenza e l'universalità sono l'esito - imperfetto- deU'universalizzaziorie di un'identità particolare, dell'identità di un gruppo che, colfine di inglobare rivendicazioni ristrétte, tende a diventare, via via più 'universale'. Datoche ogni identitàrpolitica è anche il risultato di una differenziazione rispetto al 'fuori',runiversahzzazione non può spingersi .fino ali -estremo di inglobare (e dunque eliminare)u 'fuori' costitutivo, se non correndo il rischio della dissoluzione. Nella sua discussione,Urbinati assegna invece aU'e^os democratico.una sorta di capacità di trascendenza asso-lutaj in virtù dèHa trascendere non solo se stesso, ma anche la propria appartenenza di gruppo, la propriatendenza -gregaria'. Pertanto, sebbene Urbinati ritenga che rindiyidualismo democraticoconsentadi superare "il dualismo del 'tu' (o. 'voi') ed 'io' (o 'noi')", in realtà la sua con-cezione dé&'ethos democratico si limita a espellere — in termini teorici — la distinzionefra 'interno' ed 'esterno', ossia la distinzione fra chi sta 'dentro,' e chi sta 'fuori' dai con-fini {della comunità politica. Da questo punto di vista, la trascendenza che caratterizzal'individualismo democratico è solo una trascendenza 'hmitata', ossia uria trascendenza

^ino di ̂ determinati ̂ ;confìni, che coincidono con i confini di una determinata comunitàdemocratica. È, osservati sotto questa luce, "gregarismo" e "individuaHsmo democrati-

Damiano. Palano : 'ìl-

eo" appaiono dunque molto più simili, perché entrambi si riferiscono ad aggregati comu-nitari, con confini ben definiti, anche più o meno mobili.

In questo modo, però, Urbinati non si limita a sottovalutare un aspetto che caratteriz-za ogni comunità politica e, dunque, anche le democrazie contemporanee. Gccultanclola distinzione fra 'intemo' ed 'esterno', non può che definire Y ethos della:democraziasenza considerare il ruolo costitutivo che gioca, anche in questo caso, il 'fuori'. In altreparole, tende a considerare V ethos democratico come un.insieme di regole (etiche e giu-ridiche) che valgono all'interno della comunità, ma finisce col sottovalutare interamenteil fatto che queste regole, se da un lato disciplinano il conflitto all'interno della dinami-ca democratica, dall'altro si basano su una appartenenza collettiva, sull'appartenenza auna comunità democratica che - come ogni comunità - esclude gli estranei (e, ovvia-mente, i nemici). 'Dimenticando' questo aspetto, Urbinati afferma allora che r ethosdemocratico si fonda solo sul reciproco rispetto, ma il ritratto che delinea non può cherisultare eccessivamente stilizzato. Nel quadro che propone, non viene infatti rimossosoltanto il 'nemico' (l'altrove della democrazia), ma vengono anche occultati - in termi-ni programmatici - quei processi conflittuaH che, modificando il confine fra interno edesterno, fra inclusione ed esclusione, contribuiscono a modificare il significato dellademocrazia e della cittadinanza democratica. Privato delle sue relazioni con l'esterno,delle contrapposiziMi con i nenuci/ rèthos àQScnttò~~&aUrbinati non può che apparire come un ethos, per molti versi, 'dimidiato' : un ethos sta-tico, quasi 'cristallizzato' e, in fondo, irrealistico. ' - - - - . • • • • -

' Note. ' . . . : . . . . - ' - ' - ' ' . ' . ' . .

1 Tocqueville, 1835-40, p. 732.-2 Tocqueville, 1835-40, p. 733. .3 Rancièrev2007, p. 29: •4 Cfr. Fukuyama, 1996, pp. 339-340,5 Cft. soprattutto Pumam, 2000; Sander e Putnam, 2010. ;6 Cfr. Swart, 1962. .'7 In particolare, mi riferisco aUrbinati, 2006; 2009a; 2009b; 2010;2011,8 Urbinati, 201 l,p. EX. . .9 Sulla necessità di una simile operazione, mi permetto di rinviare a Palano, 2010b.10 Urbinati, 2009b,p. 88.11 Urbinati, 2011, pp. 14-15.12.Urbinati, 201 l,p. 16.13 Hayek, 1940, p. 106. , . , : . : . ; , . . . , : ; - .'.14 Ovviamente, Urbinati è ben consapevole che il pensiero liberale presenta al proprio intemo molte-

plici varianti, che d'altronde si riflettono nei diversi modi di concepire l'individualismo ; Per la classifica-zione dei differenti tipi di individualismo, cfr. in particolare Urbinati, 2009a, pp. 6-9.

15Urbinati, 2011,p. 75. ,-. . . . ; . . ' ; . , .. .16 Urbinati," 2011, p. Xtt \ ;. ,17 Urbinati, 2011,p. 76. - :

18 Urbinati, 201 l,p. 7.19 Urbinati, 2011, p. 121. ' " , .

38: y Quale ethos per la democrazia?

20 Urbinati, 2011, pp. 121-122.21 Urbinati, 201 l,p. 132. .'. : . :22'AJmondeVerba, 1963, p. 6. : ,23 Urbinati, 2011, p. 130.24Pukuyama,1996. . •25 Urbinati, 2010, p. 200.26 Urbinati, 2010, p. 200.27 Urbinati, 2010, p. 201. '

- 2B Urbinati, 2010, p. 203.29Cfr.Wolin,20ir. - \ ^Urbinati,200^7 - '- '

31 Cfr. Laclau, 2008.

Bibliografìa

Almond, G. e S. Verba (1963), The Civic Culture: Politicai Attitudès andDemocra^ !

Fukuyama, F. (1996), La fine detta Storia e l'ultimo uòmo,'Milano: Rizzóli.Hayek, F. von(1944), La via della schiavitù, Soveria Mannelli: Rubbettino 2011.Laclau,E. (2008),Laragione'populista, acura~diD:Tarizzo,Roma-Bari: Laterza."Palano, D. (2Ó10a), Fino alla fine del mondo. Saggi sul "politico" nella rivoluzione

spaziale contemporanea, Napoli: Liguori.Palano, D. (2010b), La democrazia senza qualità. Appunti sulle "promesse non

mantenute" della teoria democratica,Trento: VPutnam, R.D. (2000), Bowling Alone. The Collapse and Revival of American

Community, New^York: Simon ̂ Schuster..., . ,Rancière, J. (2007),.^Wtó:^.èr/a.&OTpcra^<23-Napoli: Cronopio. ;Sander, T.H., e R.D. Putnam; (2010), "StiU Bowling Alone? The post-9/ll Split",

JournalofDemocràcy, l,pp- 9-16. -I Swart, K;W/(1962); '^ndmdtìalim^^e Mid-Nineteentti Cèli{iirytl826-1860/',Journal of thè HistoryofIdeas,l,pp.71-9Q, , . : - .

Tocqueville, A. de (l835-4:0)i La'democrazià ih America, l^lano^'K^,zo]ì 1996.Urbinati, N. (2006), L'ethos della democrazia. Mili e la libertà degli antichi e dei

moderni.,Ròmà-Bari:;Laterzà. / : ' . . x i - ; 1^ •.Urbinati, N. (2007X^z confini della democrazia'. Opportunità^ rischi dell 'univer-

salismo democratico, Roma: Donzelli. • ; :.. j : . ._Urbinati, N. (2009a), Individualismo democratico. Emerson, Dewey e la.cultura

politica americana,, Roma: Donzelli. :Urbinati,. N. (2009b), Lo scettro senza il re. Partecipazione e rappresentanza nelle

democrazie moderne, Roma: Donzelli. ; ~ " ;Urbinati,.N. (2010), "La democrazia non ha un altrove", il Mulino, 2, pp. 199-214.

. . .Urbinati, N. (2011), Liberi e uguali. Contro l'ideologìa individualista, Roma-Bari:"TatèrzaT""" "~ ""^^ ^^~^.-.-.--.^.-^^--.^^~--^-^^

WoHn, S. (2011), Democrazia S.p.A. Stati Uniti: una vocazione totalitaria?, Roma:Fazi.


Recommended