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Susanna, Zerlina e Despina una e trina? ovvero emancipazione nel Settecento

Date post: 17-Nov-2023
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Mimma Pinsino Susanna, Zerlina e Despina: una e trina? ovvero emancipazione nel Settecento
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Mimma Pinsino

Susanna, Zerlina e Despina: una e trina?

ovvero

emancipazione nel Settecento

1

Indice

1. Introduzione.………………………………………………………………pag. 2

2. Panorama storico e sociale del periodo…………………………………..pag. 3

3. Panorama della donna nel Settecento……………………………………pag. 6

4. Profilo di Susanna…………………………………………………………pag. 9

5. Profilo di Zerlina………………………………………………………....pag. 13

6. Profilo di Despina………………………………………………………...pag. 15

7. Susanna, Zerlina, Despina e le arie più significative. Paragone e differenza

delle tre figure……………………………………………………………pag. 18

7.1. Susanna. Deh vieni, non tardar………………………………………...pag. 20

7.1.2. Zerlina. Batti, batti, o bel Masetto…………………………………...pag. 20

7.1.3. Despina. In uomini, in soldati………………………………………...pag. 21

8. Conclusioni……………………………………………………………….pag. 23

Bibliografia……………………………………………………………….pag. 25

2

1. Introduzione

Le intenzioni di questo lavoro sono quelle, di analizzare le tre figure di Susanna, Zerlina

e Despina dal punto di vista letterario e anche psicologico. Nel farlo, si è posti le

seguenti domande: le tre figure femminili sono la stessa donna ma vista, dal punto di

vista dell’abate di Cederna, sempre in una sfaccettatura diversa e nel suo divenire ed

evolversi? O sono tre donne diverse, che seppur contemporanee, mostrano delle

peculiarità rivoluzionarie per la loro epoca e precorritrici della nostra epoca?

Si inizierà con una spiegazione del periodo storico e sociale, affinché sia chiaro capire

l’epoca, nella quale, non solo Da Ponte e Mozart erano contestualizzate, ma anche le

loro opere. Per poi passare, nello specifico, a descrivere la donna nel Settecento, sia per

quanto riguarda la donna proveniente da ceti sociali elevati, come l’aristocrazia e la

nascente borghesia, sia per una donna di estrazione sociale più modesta. Inoltre in

questo capitolo si parlerà anche del ruolo che le salonnières hanno rivestito all’interno

della cerchia di intellettuali e di filosofi. Seguirà un’analisi dei personaggi di Susanna,

Zerlina e Despina. Si osserverà, dunque, il loro carattere all’interno dei tre libretti,

cercando di disegnarne un profilo di tipo psicologico, grazie ai versi, maestralmente

scritti da Lorenzo Da Ponte. Non mancheranno, quindi, citazioni da arie o recitativi, ai

quali si cercherà di dare un’interpretazione testuale. Per continuare, le tre figure

femminili verranno messe a paragone e se ne cercheranno le differenze, quanto anche le

similitudini. Ognuno dei tre personaggi verrà analizzato in base all’aria più significativa

e conosciuta. Per concludere verranno esposte le considerazioni finali, che non solo

riassumeranno tutto l’elaborato, ma hanno come obiettivo quello di evidenziare, quanto

queste tre donne siano complementari l’una con l’altra.

3

2. Panorama storico e sociale del periodo

Il nuovo secolo si lascia alle spalle la guerra dei Trent’anni, avvenuta nella seconda

metà del ‘600 e conclusasi con il trattato di Nimega, stipulato nel 1678, il quale

prevedeva la cessione di alcuni territori, appartenenti alla Spagna, al dominio francese.

La Spagna, alla fine dei diversi conflitti contro Francia, si ritrovò economicamente

indebolita. Inoltre Carlo II era giunto alla fine dei suoi giorni, a causa della sua salute,

precaria fin dalla nascita. La sua morte non lasciò eredi diretti al trono. Lui stesso

designò il suo successore in Filippo V. Questi ereditò un regno disastrato

finanziariamente e con un popolo insoddisfatto ed impoverito a causa delle continue

guerre, che continuarono anche dopo la morte di Carlo II. Con la guerra di successione

spagnola e la conseguente pace di Utrecht nel 1713, si venne a confermare

l’insediamento di Filippo V come sovrano di Spagna, la quale nel frattempo aveva perso

il suo potere. Inoltre dal ‘600 in poi la Spagna era divenuta il centro dell’Inquisizione,

bloccando in tal modo qualsiasi processo di sviluppo culturale. Nel 1689, con l’Editto di

tolleranza, si metteva fine alle persecuzioni religiose e solo nel 1773, in pieno clima di

avversione contro la Chiesa cattolica, il Papa Clemente XIV, sciolse la Compagnia di

Gesù. Nonostante tutto, l’ordine gesuita non scomparve in Europa.

Intanto si succedono altre guerre: la guerra di successione polacca ed austriaca e la

guerra dei sette anni. Mentre in Spagna il potere diventa centralistico, in Francia invece

comincia a vacillare. Ci si avvia verso l’inizio dell’Età moderna. Ciò ebbe inizio con la

crisi dell’assolutismo monarchico francese. Infatti il potere di Luigi XVI cominciò ad

indebolirsi, a causa del malcontento generale che si andava sempre di più diffondendo

nel Paese. All’inizio del Settecento, infatti, si diffuse un movimento di pensiero

culturale e filosofico, che portò dei cambiamenti radicali culturali, sociali e politici:

l’Illuminismo. Nacque in Inghilterra, ma si diffuse in Francia, dove trovò terreno fertile

per diffondersi e svilupparsi, trovando l’apice nella Rivoluzione francese e nell’ascesa

al potere di Napoleone Bonaparte.

Gli Illuministi erano fautori di una visione della vita e dell’uomo razionali, ricondotta ai

lumi della ragione, strumento fondamentale per esplorare tutti i campi del sapere e della

conoscenza. La definizione del filosofo tedesco Immanuel Kant sull’Illuminismo, è a

tale proposito delucidante:

L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui

stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un

altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto

4

di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio

intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della

tua propria intelligenza! E’ dunque il motto dell'illuminismo1.

Gli illuministi si occuparono in maniera critica di tematiche ben precise, legate anche

all’aspetto storico dell’epoca: il tradizionalismo, la superstizione ed il pregiudizio

fanatico, le religione rivelate.

Opera importante e peculiare dell’Illuminismo francese è Encyclopédie, curata tra il

1751 e il 1772 da Denis Diderot e Jean-Baptiste D’Alembert. In essa, i due autori hanno

cercato di racchiudere ed elencare tutto il sapere utile ed importante per l’uomo. Ma

l’attenzione degli illuministi era rivolta anche ad aspetti giuridici e politici. Lo scopo era

quello di mettere insieme delle idee che fossero il motore del movimento, quanto anche

di riferimento, per coloro che lo seguivano. Incominciava così a profilarsi all’orizzonte

un’idea, seppur primitiva, di democrazia e di ricerca di uno stato libero che rispettasse

l’uomo, il quale, come compito e scopo doveva avere la ricerca della felicità e della

libertà di pensiero. Ma anche l’abbattimento delle classi sociali era una tematica

importante, soprattutto dell’aristocrazia e del suo relativo potere egemonico, attraverso

il delinearsi e l’affermarsi della borghesia francese. Si stava arrivando dunque a quelli

che erano i capisaldi della rivoluzione francese: Liberté, Égalité, Fraternité.

Utilizzati già ai tempi di Luigi XIV, nell’Illuminismo si continuano ad usare i salotti

letterari. Un ruolo importante è ricoperto dalle salonnières, ovvero donne provenienti

dall’alta borghesia e dalla nobiltà francese, che mettevano i propri salotti, o bureaux

d’esprit, a disposizione degli intellettuali e celebrità, per discutere argomenti varie. Le

donne in questo caso avevano un ruolo inusuale, quanto nuovo, per l’epoca: erano state

poste ad un livello egualitario ed avevano la possibilità anche di esprimersi sugli

argomenti delle diverse discussioni. In questo modo potevano dimostrare che loro erano

in grado di elaborare delle proprie opinioni, ma anche che avevano delle doti e

competenze intellettuali, pari a quelle degli uomini. Dunque non solo l’alta borghesia e

l’aristocrazia, in questo contesto, erano riformiste, ma antesignane di quelli che erano

gli atteggiamenti di parità dei ruoli, dando alla donna, seppur di un certo livello sociale,

la possibilità di contribuire ad una rivoluzione culturale, politica e sociale.

Gli animi si riscaldavano sempre più contro il potere monarchico di Luigi XVI, la

borghesia si affermava come ceto sociale, il ceto intellettuale continuava a sostenere gli

1 Kant Immanuel, Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo

5

ideali di libertà e di uguaglianza giuridica, finché la popolazione francese, ormai

insoddisfatta e impoverita dalle pesanti tasse e da una profonda crisi economica, insorse

contro il sovrano e la nobiltà, dando vita alla Rivoluzione francese. Questo è proprio il

periodo più radicale ed estremo di tutto l’illuminismo. E’ un periodo fatto anche di

violenza, esasperazione e trasformazione sociale, che culminò nella presa della Bastiglia

e con il ghigliottinamento dei sovrani parigini. Si può dire che con la Rivoluzione

francese si ebbe la fine di un Illuminismo pacifico, sebbene esistessero altri sovrani

europei, come Federico II di Prussia, Caterina II di Russia e Giuseppe II d’Austria, che

si potrebbero definire dei sovrani illuministi, i cosiddetti despoti illuminati, per la loro

simpatia nei confronti di questo movimento.

Fu proprio grazie a Giuseppe II d’Austria che Da Ponte e Mozart poterono mettere in

scena le tre opere che insieme li hanno resi immortali: Le nozze di Figaro, Il Don

Giovanni e Così fan tutte. Entrambi lavoravano alla corte dell’Imperatore ed erano da

questi molto apprezzati, proprio perché il sovrano riformista, fece aprire a Vienna il

Teatro d’Opera Nazionale, con lo scopo di aumentare nei suoi sudditi un sentimento di

identità nazionale e successivamente fece riaprire l’opera italiana, visto che il suo

progetto nazionalista non ebbe il successo sperato. Salieri fu colui, che gestì il teatro,

ma ben presto Mozart, con i libretti di Da Ponte si impose nel gusto del Monarca. Il

compositore italiano, dunque, si trasferì a Parigi e insieme a Beaumarchais scrisse il

Tarure, che in seguito venne chiamato Axur. Da Vienna Giuseppe II diede il suo bene

placido alla composizione di un’opera abbastanza eversiva, mentre alla prima

dell’opera, che avvenne nel giugno del 1787, Maria Antonietta si rifiutò di partecipare.

Si può giungere alla conclusione che il sovrano illuminista, attraverso il suo consenso,

abbia contribuito alla decapitazione della sorella. Salieri dunque mette la sua dote di

operista italiano al servizio della Rivoluzione francese, mentre Da Ponte e Mozart a

Vienna, sebbene discretamente e con tatto, collaborano per divulgare l’ideologia

massonica, attraverso le loro opere. E’ interessante quest’intreccio di artisti e di opere,

ovvero Salieri che scrive un’opera completamente rivoluzionaria per l’epoca, della

quale il libretto è scritto da Beaumarchais, proprio il commediografo che scrisse Le

mariage de Figaro ou la folle journèe, al quale Da Ponte si ispirò per le Le nozze di

Figaro, che segnarono per l’abate veneto e per il compositore salisburghese una

biografia destinata all’eternità2.

2 http://www.giusepperausa.it/mozart_e_salieri__l_alleanza_s.html

6

3. Panorama della donna nel Settecento

Quando si parla di donne del Settecento, l’immagine visiva che suscita una possibile

associazione, è quella di donne dallo sguardo civettuolo, delicatamente incipriate, con

parrucche esageratamente cotonate e ornate dalle più bizzarre piume e decorazioni. I

loro abiti sono eleganti, cuciti da sarti esclusivi e fatti su misura con stoffe ricercate e

raffinate. Spesso sono abiti decorati con troppi fiocchi e merletti e che mettono il risalto

il décolleté, per la gioia degli sguardi dei nobiluomini, con i quali flirtavano. Queste

sono le immagini che ci suscitano, lasciateci da un’eredità iconografica dei pittori

dell’epoca come Jean-Honoré Fragonard, François Boucher o Giambattista Tiepolo, per

citare alcuni dei pittori più conosciuti del Settecento. Dunque la donna, come immagine,

per come ci è stata trasmessa, è un oggetto di rappresentanza, da mostrare. Diventa

legittimo avere un determinato raziocinio che permetta alla donna, del periodo dei lumi,

di sentire le sue necessità e i suoi diritti. Quindi se essere illuminati poteva essere

prerogativa degli uomini, perché non poteva esserlo anche per le donne? Infatti non lo

era e i salons ne erano la riprova, così come essere salonnières era anche prerogativa

femminile. Uno dei primi salon fu tenuto dalla Marchesa Ramboullet, che aveva aperto

la sua casa ad aristocratici ed intellettuali, con la finalità che i primi facessero da

mecenate ai secondi, contrariamente al volere del Re Luigi XIV, che voleva la sua

nobiltà solo alla sua Corte. Successivamente, quando il clima divenne rivoluzionario, gli

incontri non furono più pacifici e gli scopi non erano più quelli del mecenatismo e

dell’arricchimento culturale, ma quello di ragionare sulla filosofia, sulla libertà e

l’eguaglianza. Quindi i salons diventano quasi un’istituzione e le dame dei salons,

provenienti non più solo dalla nobiltà, ma anche dall’emergente borghesia, erano colte,

studiose e facevano parte di una società mista, di uomini e donne, armati di pensieri

nuovi e moderni3. Così moderni da rivedere, in quel periodo, il concetto di

innamoramento e di adulterio, quest’ultimo da sempre privilegio maschile. Invece con i

salons, anche la donna sviluppa la libertà di non essere fedele al proprio marito, quasi

come diritto, fino ad arrivare al concetto che anche la passione va controllata attraverso

la ragione. Nel 1781, Pietro Verri a tale proposito scrisse un’opera interessante,

Memorie, rivolto alla figlia Teresa, in cui le spiegava come comportarsi nella scelta di

un marito, ovvero non basata sulla passione e sull’innamoramento, ma sulla ragione.

Allo stesso modo la scelta di un amante ha altri requisiti, rispetto a come si è scelti il

3 Bentivoglio L., Bramani l.: E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart. Pag. 52

7

consorte. Si diffonde la presenza dei cicisbei o ami de la maison, accompagnatori

instancabili delle donne dell’alta borghesia e dell’aristocrazia, specialmente di quelle

sposate. Cavalier serventi, di bell’aspetto e colti, questi uomini accompagnavano le loro

dame ovunque, con il beneplacito dei loro mariti. Le vezzeggiavano e le facevano

complimenti per ciò che dicevano o indossavano. Questo fu un uso che si diffuse

durante l’Illuminismo, in paesi come la Francia, l’Italia e la Spagna, paesi cattolici

guarda caso, ma che tolleravano la figura di uomo accanto ad una nobildonna, che non

fosse il suo consorte. Ciò ci fa capire come, nonostante le radici religiose e culturali di

questi paesi, in quel periodo le donne avevano raggiunto la libertà, o meglio il diritto di

imporre quella che era un’esigenza per loro importante: avere una stato civile e un ruolo

sociale, con un uomo che non era stato scelto da loro, e avere del piacere e del

divertimento con un altro che le era stato concesso.4 In Francia il primo salon fu quello

della marchesa Catherine de Vivonne de Rambouillet, nella sua residenza dell'Hôtel de

Rambouillet a Parigi, ma il più importante fu quello di Madame Geoffrin, famosa per

intrattenere i suoi ospiti, non nel lusso, ma nella modestia, al contrario di altre salottiere.

Inoltre contribuì finanziariamente e moralmente alla pubblicazione

della Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. In Italia invece le donne che lasciarono il

segno nella cultura salottiera illuminista furono: Isabella Teotochi Albrizzi, di origine

greca, letterata e saggista, che tenne il suo salotto a Venezia e fu per un periodo

l’amante di Ugo Foscolo; Giustina Renier Michiel, letterata e scrittrice, che tenne il suo

salotto a Venezia e fu la prima a tradurre Shakespeare in italiano; Elisabetta Caminer

Turra (anche lei veneziana), scrittrice ed editrice de Giornale Enciclopedico, che fondò

e diresse5. Non è un caso che questi salons fossero a Venezia. Quello illuminista fu per

la città lagunare, un periodo di risveglio, di fermento culturale e letterario. Solo una

delle tre donne, ovvero Elisabetta Caminer Turra, lasciò Venezia nel 1777, per

trasferirsi a Vicenza, in cui venne trasferita anche la sede del Giornale. Un’altra donna

che vale la pena di menzionare è Maria Maddalena Morelli, meglio conosciuta con il

suo nome arcadico di Corilla Olimpica. Di origine toscana, visse a Roma, dove entrò a

far parte dell’Accademia romana dell’Arcadia, circolo letterario e poetico, nel quale

prese il nome appunto di Corilla Olimpica e si fece spazio, grazie alla sua capacità di

improvvisare, tra i diversi poeti. Fu anche incoronata con la laurea poetica in

4 Bentivoglio L., Bramani l.: E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart. Pag. 54

5 Bentivoglio L., Bramani l.: E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart. Pag. 281

8

Campidoglio6, con l’alloro come Petrarca, ma ciò le causò lo scherno da parte degli altri

poeti e letterati, i quali vociferarono che la poetessa avesse ottenuto l’onorificenza

grazie ad uno dei suoi amanti7.

Dunque le donne nel Settecento, provenienti da ceti altolocati ed aristocratici, erano

privilegiate, nonostante spesso fossero costrette a sposare uomini scelti e decisi dalle

reciproche famiglie. Malgrado tutto avevano la possibilità di accedere al sapere e alle

nozioni importanti per crescere culturalmente, potevano coltivare, anche dopo il

matrimonio, i loro interessi e, inoltre, se insoddisfatte da mariti non voluti ed amati,

avevano acquisito una certa spigliatezza nello scegliere il loro amante, che poteva essere

uno dei frequentatori dei loro salotti, con i quali intrecciavano relazioni amorose e

avevano al contempo uno scambio intellettuale, o un cicisbeo, più frivolo, di un filosofo

o di un marito, e più corteggiatore e accompagnatore perfetto.

Purtroppo coloro che non facevano parte di quei ceti sociali privilegiati, avevano ben

altra sorte e ben altra vita. Da un lato avevano la libertà di scegliere il loro marito, ma

vivevano in condizioni economiche precarie e spesso erano costrette a lavorare, per un

salario minimo. Le donne non erano ritenute, dagli uomini, capaci di ragionare, essere

razionali, capaci di avere delle idee personali. Erano viste quasi come uno strumento per

avere figli, di cui poi si dovevano accudire e a cui dovevano concentrare la loro

attenzione. Gli uomini inoltre si aspettavano da loro la completa ubbidienza e la loro

abnegazione nell’occuparsi del marito, della casa, della famiglia e dei figli. Certo la

donna, di livelli sociali non benestanti doveva anche lavorare, ma la letteratura ci mostra

anche come una donna che lavora può essere un individuo capace di badare a se stessa.

Goldoni in La Locanderia, scritta nel 1753, sceglie come protagonista una donna del

popolo, rivoluzionando gli schemi della Commedia dell’Arte: Mirandolina. Il

commediografo inizia il manoscritto con l’introduzione L’autore a chi legge, con la

quale si rivolge al pubblico maschile, per metterlo in guardia contro le possibile insidie

che si nascondono nell’innamoramento. In tutto il manoscritto Mirandolina è una donna

indipendente economicamente, in quanto gestisce ed amministra la locanda ereditata dal

padre ed è lei la corteggiatrice che, con mille astuzie ben studiate e raffinate, fa

innamorare il Cavaliere di Ripafatta, misogino ed ostile all’innamoramento. Alla fine

cede alle tante lusinghe della locandiera, ma Mirandolina non sposerà né il Cavaliere né

6 Brambilla E., Arcangeli L., Levati S.: Sociabilità e relazioni femminili nell'Europa moderna. Temi e

saggi. Pag. 290 7 Bentivoglio L., Bramani l.: E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart. Pag.76

9

nessuno degli altri avventori della locanda, che pendono altresì dalle sue labbra. La

commedia si conclude con Mirandolina, che sceglierà Fabrizio, suo servo e

collaboratore, amato da tempo e prescelto anche dal padre di lei, in punto di morte.

Dunque ci si chiede se Mirandolina lo ami veramente. Goldoni ammette, attraverso La

Locanderia, le potenzialità d’indipendenza economica e lavorativa di una donna del

periodo dell’Illuminismo. Ci mostra anche che la donna può dominare le passioni con il

raziocinio. Ma alla fine della commedia è chiaro il destino di Mirandolina: una donna

nel Settecento necessita ancora di avere uno stato civile ben definito, ovvero quello di

coniugata. Quindi, Mirandolina, probabilmente, non ama Fabrizio, ma è l’unico che

appartiene al suo stesso ceto sociale8, che può tutelare e assicurarle, con il matrimonio,

il tipico ruolo femminile e lo status di donna sposata, come vuole la società dell’epoca.

Mirandolina, rappresenta, attraverso la astuzia ed intelligenza, la nuova borghesia in

ascesa da un lato, ma dall’altro anche l’ordine delle cose9. Tutto rientra nei ranghi con la

protagonista che concretizza la volontà del padre morente, il quale le dà il consiglio di

sposarsi, e non con un uomo qualsiasi, ma con Fabrizio.

4. Profilo di Susanna

L’illuminismo è il periodo che fa da cornice alla corte di Giuseppe II, alla felice

collaborazione tra il giovane Mozart e l’ecclesiastico Da Ponte. Grazie a loro, il mondo

della letteratura e della musica, fruiscono di una trilogia che ha reso eterni i due artisti, i

quali, probabilmente, se non si fossero mai incontrati, non avrebbero realizzato la

trilogia Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte. Mozart voleva mettere in

scena Le mariage di Figaro, seconda commedia della trilogia di Beaumarchais, che

andò in scena il 27 aprile 1784, a Parigi, dietro l’aspra contestazione di Luigi XVI, il

quale dichiarò che quella commedia non sarebbe mai stata recitata. Cedette però alle

pressioni dell’opinione pubblica e diede il consenso alla rappresentazione. Il pubblico

aristocratico la accolse con un grande consenso, sebbene fosse proprio quello il soggetto

delle critiche sociali e politiche, al quale l’autore si rivolgeva. Napoleone addirittura

disse che questa commedia era «la revolution dejà en action». Secondo Da Ponte10

,

8 Bentivoglio L., Bramani l.: E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart. Pag.71

9 http://www.storiadivenezia.net/sito/donne/Crotti_Locandiera.pdf

10 http://www.giusepperausa.it/mozart_e_da_ponte__il_misterio.html

10

Mozart si occupò solo della parte orchestrale, mentre dei rapporti personali con

Giuseppe II se ne occupò in prima persona11

. Mozart era interessato a portare in scena

l’opera, probabilmente per il successo che Paisiello riscosse con Il barbiere di Siviglia,

ed era dunque disposto a fare dei compromessi sia dal punto di vista politico che etico.

L’Imperatore non poteva tollerare di dare il permesso per una messa in scena in cui ci

fossero delle scene lascive e in generale che, dal punto di vista politico, aizzasse l’odio

tra le diverse classi sociali. Soltanto dopo aver rimosso le scene politicamente discusse e

grazie agli interventi, di carattere letterario apportati dal librettista, per evitare che gli

animi, durante la rappresentazione, si accendessero, Da Ponte convinse l’imperatore ad

ottenere il permesso per andare in scena.

Nell’opera la figura di Susanna mette anche in risalto la figura della donna

“femminista”12

ante litteram, che lotta per i suoi diritti e che vuole vivere la sua

relazione in modo indisturbato. Da Ponte dipinge un portrait di una giovane donna

intraprendente, furba, che con lucidità e astuzia risolve i problemi, legati alle molestie,

che oggi definiremmo di tipo sessuale, da parte del suo datore di lavoro. Il Conte

d’Almaviva è la causa scatenante di questo atteggiamento: pur avendo abolito lo Ius

Primae Noctis e invaghito di Susanna, decide di rimetterlo in uso. Ma la servetta non si

lascia abbattere e intimorire dal potere del Conte, al contrario è irritata dalla mancanza

di lealtà di questi e dall’abuso che ne fa del potere. Lei è decisa a non cedere, anzi è

decisa a combattere per la sua libertà di scelta e per la sua illibatezza. Come futura

sposa di Figaro, non è disposta a passare la prima notte di nozze con il Conte e i progetti

di quest’ultimo, li rivela a Figaro, seppur con diplomazia. E’ lei, però, a mostrare

raziocinio e freddo calcolo. La reazione di Figaro è difatti di sorpresa e poi di sentimenti

di vendetta. Atteggiamenti legati alla passionalità, che invece sarebbero tipicamente

femminili e atipici per il periodo dei lumi. Susanna si allea allora con la Contessa, che

troviamo nel Barbiere di Siviglia, come Rosina. In quell’opera Rosina è una ragazza

dell’alta borghesia, con carattere e polso. Qui Da Ponte ce la mostra invecchiata, delusa

e amareggiata dalla vita coniugale. Forse sperava di viverla in maniera differente,

invece è la tipica dama dell’aristocrazia che viene ripetutamente tradita da un marito

infedele ed insaziabile, ma che non disdegna le attenzioni e i corteggiamenti del paggio

Cherubino. Dunque non esita nell’allearsi con Susanna, con la quale ha quasi un

rapporto di «sorellanza», per recuperare il suo matrimonio e per aiutare la sua cameriera

11

http://www.giusepperausa.it/mozart_e_salieri__l_alleanza_s.html 12

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 15

11

personale, a sfuggire alle aspirazioni sessuali di suo marito. Susanna si fida della sua

padrona, con la quale ha un rapporto molto confidenziale, intimo e riservato, fatto di

complicità e che trova la sua motivazione, probabilmente dall’estrazione sociale della

Contessa, che nel Barbiere è una ragazza della borghesia emergente. C’è tra le due

donne una complicità, suggellata da un patto non esplicito, ma quasi come conseguenza,

dovuto dagli eventi. In questo «patto di sorellanza» è Susanna a organizzare, tramare e

ideare tutto13

. E’ lei la mente e lo spirito ideatore. Riesce a demolire anche la distanza

sociale tra lei e la Contessa, come mostratoci nella Canzonetta «Che soave zeffiretto»,

Scena ventunesima, Atto III. E’ un duetto molto delicato, ma anche molto raffinato,

nella sua apparente semplicità.

Qui le voci di Susanna e quella della Contessa si fondono in una pura armonia che

appunto abbatte qualsiasi muro sociale. Diventano una voce sola, con un solo intento, e

cioè a dire quello di ingannare il Conte d’Almaviva, attraverso un biglietto che insieme,

unite dalla «sorellanza» scrivono e nel frattempo cantano tramando14

. Zefiro infatti è il

vento che spira da Ponente, ma nella mitologia è anche un giovane uomo alato,

annunciatore della primavera, proprio come messaggero lo è quel biglietto indirizzato al

Conte. Facendo un passo indietro, Susanna ci mostra una sfaccettatura del suo carattere,

nel duetto con Marcellina nella Scena quarta, Atto I, «Via resti servita, madama

brillante». Susanna in questo duetto si mostra garbata e gentile solo apparentemente.

Riempie di complimenti e convenevoli Marcellina, che vede come concorrente, dato che

quest’ultima pretende di essere sposata da Figaro, a causa di un debito che ha nei

confronti di quella che poi si rivelerà sua madre. Anche Marcellina nei confronti della

giovane non è da meno. Il duetto è una scaramouche costante tra le due donne. E`

evidente che Susanna non provi simpatia per la sua rivale e lo si nota nell’uso esagerato

delle gentilezze che usa nei confronti di colei, che fu anche la governante di Rosina, e

anche dalle continue riverenze che si scambiano vicendevolmente. E’ Susanna che

riesce a vincere la schermaglia, mettendo il dialogo sul piano dell’età. Essendo

Marcellina più anziana, non può più controbattere e abbandona il campo15

. Solo quando

si è finalmente allontanata, Susanna l’apostroferà con dei commenti sinceri e più

consoni al suo carattere: «vecchia pedante, dottoressa arrogante».

13

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 16-18 14

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 24 15

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 23

12

Susanna è sempre ilare e positiva durante tutta l’opera. E’ sicura di sé e della sua

vittoria sul Conte. Sa anche infiammare il cuore di Figaro e istigarlo ad una profonda

gelosia, come nella Scena decima, Atto III, con l’aria «Giunse al fin il momento», in cui

la giovane cameriera si prende gioco di Figaro facendogli credere di aspettare il Conte.

Il recitativo prosegue con «Deh vieni non tardar», provocando in Figaro una sofferenza

interiore, con un obiettivo ben preciso. La futura sposa vuole prendersi gioco di Figaro

che la crede infedele, così stizzita gli fa credere di aver ceduto alle lusinghe del Conte,

ma tutto si risolve per il meglio e l’opera si avvia al suo finale.

E’ interessante osservare come Susanna, un’apparentemente semplice cameriera, abbia

un rapporto egualitario sia con la Contessa, con la quale c’è un affiatamento ed

un’intensa che va al di là del solo rapporto professionale. Rapporto egualitario che si

ripete anche con Marcellina, con la quale duella verbalmente impettita e senza colpo

ferire. Ma è specialmente con la Contessa che ciò si palesa, nel momento in cui avviene

lo scambio di abiti e dunque di caratteri, d’individualità. In quel momento il rapporto

servo-padrone scompare, si annulla, esattamente come nell’opera successiva, ovvero nel

Don Giovanni, nello scambio di abiti tra Leporello e Don Giovanni. Rosina, da

nobildonna, è dunque disposta per amore a scendere di rango o per lei il ceto sociale

non ha alcuna importanza? Probabilmente no, giacché nella Scena ottava, Atto III

nell’Aria E Susanna non vien, un suo verso è proprio: «Ma che mal c'è? Cangiando i

miei vestiti con quelli di Susanna, e suoi co' miei...». Dunque, dopo un attimo di

tentennamento, la Contessa arriva alla conclusione che non ci sia nulla di male nello

scambiare i suoi abiti con quelli della sua cameriera, la quale invece vede quello

scambio come una sua ulteriore piccola vittoria, e cioè a dire quello di elevarsi, seppur

per pochi minuti e solo per gioco, di livello sociale. Tra loro c’è un rapporto serva-

padrona, ma solo di fatto, poiché a livello verbale non si può riscontrare alcuna

differenza. Da Ponte fa esprimere la giovane donna con stile pacato e pragmatico e in lei

non si può mai ritrovare un linguaggio volgare e non appropriato al casato della dama,

presso cui presta i suoi servizi, né complessi alcuni, dato che la Contessa stessa non ha

mai un atteggiamento né di stizza né di sprezzo.

Mozart e Da Ponte, conoscitori dell’Ars Amatoria, ci hanno donato con quest’opera le

diverse sfaccettature dell’amore. Susanna è il simbolo dell’amore fedele, che viene

coronato con il matrimonio tra lei e Figaro, senza cedere alle lusinghe e alle prepotenze

del Conte d’Almaviva. Il suo è un personaggio dall’atteggiamento sereno e positivo,

grazie al fatto di non avere le delusioni e le nostalgie dei tempi passati, sentimenti tipici

13

di un matrimonio oramai datato, come quello della Contessa. Sintomatica di questa

consapevolezza è proprio l’aria che Rosina canta: «Dove sono i bei momenti»16

. Con il

finale, nel quale il Conte chiede perdono alla sua consorte, tutto ritrova un equilibrio e

Susanna può convolare a giuste nozze.

5. Profilo di Zerlina

Nel 1787 Mozart e Da Ponte portarono sul palcoscenico del Teatro degli Stati di Praga

il Don Giovanni, secondo capolavoro della trilogia. A Vienna non ottenne il successo

sperato ma nella capitale boema, il compositore e il librettista vennero osannati. La

tematica del Don Giovanni, fu molto sfruttata e trattata nella letteratura.

Precedentemente a Mozart/Da Ponte, nomi illustri che ne scrissero e trattarono, furono

Molière «Dom Juan ou le Festin de pierre» e Carlo Goldoni «Don Giovanni Tenorio o

sia il dissoluto». La trama è molto semplice ma costellata da eventi abbastanza

violenti17

. L’opera si apre con lo stupro di Donna Anna da parte di Giovanni; prosegue

con l’uccisione del Commendatore, padre di lei, da parte di Don Giovanni; Don

Giovanni, travestito da Leporello, che picchia brutalmente Masetto; per arrivare alla

scena finale in cui il convitato di pietra trascina con sé il protagonista negli inferi. In

quest’opera, quando se ne analizzano ed osservano le figure femminili, spesso

l’attenzione cade sulle due nobildonne Donna Elvira, sedotta ed abbandonata, e Donna

Anna, stuprata e in cerca di vendetta. Ma Zerlina, una ragazzotta di campagna, viene

spesso messa da parte, anche per la presenza ridotta sul palcoscenico. Infatti arriva solo

alla nona scena e per breve tempo. Mentre le altre due figure femminili ci appaiono

carismatiche e di carattere, questa ne sembrerebbe risultare debole e poco consistente.

Osservandola invece si scopre come abbia un suo profilo psicologico ben definito,

grazie anche alla studiata ed attenta descrizione letteraria che Da Ponte ci restituisce,

sottolineata, anzi valorizzata dall’efficiente musica mozartiana. Zerlina è una semplice

ragazza, di origini umili, di un paese spagnolo, nel quale si svolge l’opera. Don

Giovanni si trova, insieme al suo servo, in quel luogo, mentre entrano in scena Masetto

e Zerlina, convolati a nozze, seguiti da un allegro coro nuziale18

. Zerlina si mostra già

da subito come una ragazza intraprendente, esuberante e risoluta. Appena sposata, non

esita ad accettare le attenzioni di Don Giovanni, a lei completamente sconosciuto, il

16

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 25 17

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag.62 18

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 112-113

14

quale invita e poi addirittura minaccia Masetto a lasciarlo solo con la sua consorte. Nel

famoso duettino, della Scena nona, Atto I, «Là ci darem la mano», la giovane paesana si

mostra come aperta a farsi coinvolgere dalla passione con uomo sconosciuto, ma che

molto probabilmente esercita il fascino del potere, del rango superiore, su di lei.

Certamente è lusingata dal fatto che un uomo del ceto sociale elevato, rispetto al suo,

colto, elegantemente vestito e dai modi raffinati, si interessi a lei, la vezzeggi e infine la

inviti nel suo casino, facendole capire che, anche se non esplicitamente, diventerà sua

sposa. Dal suo canto Zerlina finge di essere fedele al suo novello sposo, ma non

disdegna il contatto con un uomo che dice di volerle cambiare il destino e che la prende

per mano. Ciò è fatale. Lei cede alle esperienze eccitanti che ne possono derivare, senza

nemmeno lottare con se stessa o con i sensi di colpa, nei confronti di Masetto. E’ pronta

a lasciarlo senza pensare alle conseguenze e a credere di fare un salto di qualità:

occasione unica e irripetibile. E’ proprio in questo momento che Zerlina si mostra come

una ragazza moderna19

. Ha raggiunto dunque lo stato civile di coniugata, consono ad

ogni ragazza che si rispetti, però non chiude la porta all’avventura con Don Giovanni, al

quale dice di non essere più forte, ma in realtà non lo è mai stata. Purtroppo a rovinare i

piani del Cavaliere e a disilludere Zerlina, arriva Donna Elvira. La giovane sposa ritorna

alla realtà e capisce cosa stava per compiere20

. «Meschina! Cosa sento!» dirà, cercando

rassicurazione in Don Giovanni, ma le parole di Donna Elvira incalzano e tracciano un

profilo di quell’uomo, che non lasciano più alcun dubbio sulla sua vera natura. Elvira è

decisa a salvare la ragazza e la porta via con sé senza che questa si opponga. In realtà lei

allontana Zerlina non per spirito altruistico, bensì egoistico. Donna Elvira è stata

abbandonata da Don Giovanni e sebbene lei voglia far credere di essere furibonda e

assetata di vendetta, in verità è una povera donna disperata che è corsa dietro a quello

che crede il suo uomo, per riconquistarlo. Dunque Zerlina non è altro che una scomoda

concorrente21

, di cui si deve sbarazzare, per arrivare nuovamente al cuore del dissoluto

punito. Ritroviamo Zerlina dalla Scena sedicesima, Atto I, nel giardino di Don

Giovanni, insieme a Masetto, adirato per il comportamento poco ortodosso della sua

sposa. E’ proprio qui che si giunge alla famosa aria di Zerlina «Batti, batti, o bel

Masetto». Ed ecco che la ragazza, che non ha saputo resistere alla malìa

dongiovannesca, diventa lei stessa ammaliatrice. Consapevole di avere un ascendente su

19

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 166 20

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 167 21

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 125

15

Masetto, sfodera tutto il fascino che possiede per calmare l’offesa e il broncio, grazie

alle sue ripetute e pressanti moine, riuscendo così a far capitolare il suo consorte22

. Ma a

rompere il ritrovato idillio è l’arrivo di Don Giovanni, che causa nella giovane un senso

di disagio. Masetto è dunque intenzionato a scoprire se la sua novella sposa gli è stata

infedele e si nasconde per potere osservare indisturbato i due in azione. Nel frattempo

Zerlina (Scena diciottesima) ne approfitta per defilarsi e tenta di nascondersi dietro dei

cespugli. La ragazza ha una forte tentazione a cedere alle avances del cavaliere, ma

temendo la perdita di lucidità di Masetto, cerca di star lontano dagli attacchi di Don

Giovanni, dimostrando il controllo della sua passionalità. Insomma capisce che per

un’avventura amorosa, potrebbe mettere a repentaglio la sua relazione, nonchè il suo

matrimonio. E’ una giovane di campagna, con una sana di voglia vivere, ma è

soprattutto astuta e sembra anche essere una buona conoscitrice dell’animo maschile. Sa

a cosa può portare la gelosia di Masetto, nascosto dentro un padiglione, in cui Don

Giovanni conduce la giovane, dopo averla trovata, per poterla finalmente sedurre.

Anche questa volta però non avrà successo e dirà a Masetto che lo stavano

semplicemente cercando23

.

Nella Scena ventunesima, Don Giovanni trova nuovamente la possibilità di arrivare a

Zerlina e portarla via, senza che questa opponga resistenza. Finge di essere in pericolo,

non appena arriva Masetto e comincia furbamente a chiedere aiuto, mentre arriva in suo

soccorso un trio ormai inseparabile: Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira.

Purtroppo Don Giovanni, per togliersi dall’imbarazzo, dà la colpa a Leporello. Zerlina è

salva, la sua reputazione anche, così come il suo matrimonio. Forse la ragazza si era

lasciata trasportare più dall’ideale di essere amata da un uomo di prestigio, che

dall’amore e quando si è resa conto che per lei poteva diventare imprudente dare seguito

a quell’avventura, esclama: «O numi, son tradita!». Ma sparisce agli occhi dello

spettatore, dal palcoscenico, accompagnata da una grossa tensione orchestrale, mettendo

così fine al primo atto.

Nel secondo atto, Scena sesta, Zerlina ritorna in scena con un’aria sensuale ed erotica.

Si prende cura del povero Masetto preso a bastonate da Don Giovanni, travestito da

Masetto e mentre lo fa, nei confronti del giovane è sensuale, voluttuosa e provocante.

Con l’aria giocosa «Vedrai, carino», finalmente Zerlina è appieno se stessa. Non ha

nulla da farsi perdonare e riesce ad avere il totale controllo sul suo uomo. Lascia

22

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag.152 23

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 165

16

trapelare, con delle frasi ben studiate, la carica erotica che sprigiona e l’amore che prova

per il suo Masetto. Non c’è nulla di più lenitivo dell’amore, non c’è nulla di più naturale

dell’amore.

6. Profilo di Despina

Così fan tutte chiude la trilogia delle tre opere di Da Ponte e Mozart. Venne

rappresentata per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio 1790 e forse

l’opera più particolare delle tre, con uno sfondo psicologico dei personaggi che si

distacca e diventano sempre più indipendenti dalle peculiarità dei tipi della Commedia

dell’Arte, acquistando in questa messa in scena un proprio carattere, ancor più

accentuato rispetto a come si può osservare nel Don Giovanni. Da Ponte costruì il suo

libretto creando delle simmetrie tra i personaggi, come nelle Nozze di Figaro, mentre

qui le coppie sono ridotte solo a sei, ovvero le due coppie di fidanzati (Fiordiligi e

Guglielmo, Dorabella e Ferrando) e la coppia, ma non di tipo sentimentale, composta da

Despina e Don Alfonso. C’è un rapporto simmetrico tra le due coppie di innamorati, che

poi diverrà scambio, il cui artefice sarà proprio Don Alfonso. Egli è convinto che la

fedeltà non esiste e che le fidanzate di Guglielmo e Ferrando siano infedeli come tutte le

altre. Dunque Don Alfonso indottrinerà i due giovani sul da farsi, aiutato da Despina, la

cameriera personale delle due giovani donne, con la quale ordisce l’intrigo. La si ritrova

a partire dall’ottava Scena, con un recitativo secco, attraverso il quale descrive il suo

profilo professionale, ma con un po’ di stizza nei confronti delle sue padrone. Si fa beffa

di loro nel momento in cui assaggia il cioccolatte preparato per le signorine: «Non è

forse la mia (bocca) come la vostra […]?», dice la scaltra domestica sottolineando che

dal punto di vista umano ed anatomico tra lei e le due ragazze, sebbene siano di rango

migliore, in fondo non ci siano differenze. Intanto arrivano Fiordiligi e Dorabella, due

sorelle, disperate a causa della partenza dei due innamorati per la guerra, ma Despina

cerca di consolarle con l’aria «In uomini, in soldati», un gradevole valzer, che Mozart

usa per dare alla domestica una connotazione dichiaratamente popolare. La cameriera

cerca di consolare le sue padrone descrivendo gli uomini come infedeli e interessati solo

al divertimento con le donne. Le esorta a non piangere perché i loro uomini torneranno

comunque dalla guerra e se non dovessero tornare, ci sono altri uomini da poter sedurre

e con i quali divertirsi. Perciò le invita ad abbandonarsi a vivere il piacere e l’amore24

.

24

http://operadomani.org/wp-content/uploads/2015/07/dispensa.pdf Pag. 30

17

Despina ha degli uomini una brutta opinione e ci fa capire che non sono più il suo

interesse principale. Don Alfonso le offre del denaro, in cambio del suo aiuto per far

innamorare le due ragazze di altri due uomini, che poi sarebbero sempre gli stessi

fidanzati, ma scambiati. La domestica non esita alla proposta materialistica25

e si

giustifica dicendo che è riuscita ad abbindolare molti uomini, riuscirà a farlo anche con

le due giovani donne, che lei apostrofa «le povere buffone» e «quelle pazze». L’unica

cosa che la donna ignora è che dietro le spoglie dei due albanesi, si nascondono le vere

identità di Ferrando e Guglielmo. Nella Scena tredicesima, conversando con Don

Alfonso, gli spiega qual è il suo punto di vista sull’amore. Non ha senso per lei

disperarsi per amore, bisogna solo divertirsi26

. Nel momento in cui l’amore tormenta

allora non si può più parlare d’amore. Ma Despina, da furba servetta, ha molto di più da

offrire ed è a partire dalla Scena quindicesima che comincia la farsa. Ritorna, infatti, il

tema, evidentemente caro a Da Ponte, del travestimento, che ritroviamo nelle altre due

opere della trilogia, e qui portato in scena da Despina, che si traveste da medico prima e

da notaio poi. E’ pensabile che il librettista nello scrivere del travestimento da medico

della domestica, si sia molto divertito e abbia accentuato il carattere astuto di questa

figura femminile, ma anche che abbia messo ancor più l’accento sul carattere

parodistico dell’opera, nel momento in cui, Despina è la sola donna razionale a trattare

le due sorelle e i due innamorati, come delle marionette, o meglio «Il gioco messo in

scena vede i protagonisti maschili della storia come soldatini di piombo, che si fanno

marciare al suono di trombe e tamburi; e le protagoniste femminili come bamboline […]

introdotte nel primo atto dal timbro così delicato dei clarinetti e poi dei violini»27.

Soldati e bamboline che Despina, astuta e raziocinante, muove a suo piacimento e in cui

trova anche il suo divertimento, come nella mascherata da medico, in cui si cita anche il

mesmerismo, forse a Da Ponte sconosciuto, ma ben conosciuto da Mozart. Entrambi

massoni, Mesmer28

e Mozart, si conobbero in occasione di un concerto del musicista e

potè provare i prodigi delle doti guaritrici del medico, che poi probabilmente spiegò a

Da Ponte, per potere essere inseriti in maniera giocosa nel libretto. Fiordiligi e

Dorabella furono impressionate dalla guarigione veloce dei due sconosciuti albanesi. Il

primo atto termina con la richiesta dei due uomini alle due sorelle di essere baciati da

25

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 79 26

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 80 27

http://operadomani.org/wp-content/uploads/2015/07/dispensa.pdf Pag. 10 28

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 105-107

18

loro, fa seguito la loro reazione di sdegno e rabbia, dato che si dicono fedeli amanti,

mentre Don Alfonso e Despina se la ridono osservando la situazione.

Nel secondo atto Despina conversa con le sue padrone e cerca di convincerle a cedere

alle attenzioni dei due stranieri. La vita è breve e bisogna cogliere i momenti di delizia

che offre, tanto più se gli uomini sono ricchi e belli. Allora tutto è lecito. Con la sua aria

«Una donna a quindici anni» sembra fare alle due giovani un lavaggio del cervello,

istruendole su come comportarsi con gli uomini29

. Alla fine lascia la scena soddisfatta:

«Viva Despina che sa servir». Con «servir» non intende il suo lavoro di domestica, ma

la sua opera di convincimento perfettamente riuscita. Purtroppo una delle due sorelle,

Fiordiligi, s’innamora del futuro sposo dell’altra, Ferrando. Ma anche Dorabella non si è

mostrata fedele. Don Alfonso allora consiglia ai due giovani di sposare, la sera stessa, le

loro fidanzate e di rassegnarsi al tradimento, poiché tutte le donne tradiscono, ovvero

«così fan tutte». Fiordiligi e Dorabella acconsentono al matrimonio con i due albanesi e

chiedono che sia un notaio a celebrare le nozze, che altri non è che Despina, coinvolta in

un ennesimo travestimento. Nelle mentite spoglie del notaio Beccavivi si ritrova, tra il

serio ed il faceto, a celebrare le nozze delle due coppie di fedigrafi. Purtroppo non

potranno firmare il contratto perché i veri fidanzati delle due sorelle fanno ritorno dal

campo di battaglia. Despina viene smascherata, ma da donna astuta quale lei è, riesce a

cavarsela magistralmente dicendo di essere vestita in maschera per un ballo. Non è solo

una donna furba, ma anche una con prontezza di riflessi e reazioni. Il trovare subito una

scusa per il suo travestimento ci rivela una Despina, non semplice servetta, ma una

persona intelligente che sa districarsi in situazioni difficili ed imbarazzanti. Un istante

solamente prova vergogna quando i due giovani soldati smascherano Despina anche

come notaio. Si riprende subito unendosi, al finale dell’opera, al coro con gli altri

protagonisti. Tutti sono alla fine della stessa opinione, che la razionalità vince su tutto e

che se l’essere umano, nelle vicende della vita, si facesse guidare dalla ragione e

razionalizzasse anche le passioni, allora ne trarrà solo beneficio. Dunque si porta in

trionfo la vittoria del razionalismo rappresentata, da Despina e da Don Alfonso, sul

sentimento dell’amore e su tutto ciò che ne deriva da esso.

29

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 62

19

7. Susanna, Zerlina, Despina e le arie più significative. Comparazione e

differenza delle tre figure

La scelta di analizzare queste tre figure femminili è dovuta al fatto che tutte e tre hanno

una pari estrazione sociale, più o meno svolgono lo stesso mestiere e sono spigliate ed

emancipate, con l’eccezione che il termine consente. Il Settecento è un secolo

particolare per quanto riguarda il rapporto con le donne e Da Ponte si rivela un profondo

conoscitore dell’animo femminile. Egli stesso, pur essendo stato abate, fu un

appassionato amante, ebbe diverse avventure, senonché rapporti, anche con donne

sposate e si sposò, pur non avendo mai rinunciato all’abito talare. In ogni caso esplorò i

diversi aspetti e sfaccettature dell’amore e dell’essere femminile, che poi gli tornarono

utili nella stesura dei libretti e in particolar modo per quelli che scrisse per Mozart. Le

tre arie scelte vogliono avere come obiettivo, quello di mostrare i singoli caratteri dei tre

personaggi, attraverso un’analisi testuale. Poiché queste tre donne, descritte da Da

Ponte, sono contemporanee, nasce il dubbio se il librettista abbia avuto come modello

una sola donna, di cui voleva mostrare diverse sfaccettature.

Susanna Zerlina Despina

Deh vieni, non tardar Batti, Batti,

o Bel Masetto

In uomini, in soldati

Deh, vieni, non tardar, o

gioia bella,

Vieni ove amore per goder

t’appella.

Finché non splende in ciel

notturna face

Finché l’aria è ancor bruna

e il mondo tace.

Qui mormora il ruscel, qui

scherza l’aura,

Che dolce sussurro il cor

ristaura;

Qui ridono i fioretti, e

Batti, batti, o bel Masetto,

la tua povera Zerlina!

Starò qui come agnellina

le tue botte ad aspettar!

Batti, batti la tua Zerlina!

Starò qui, starò qui

le tue botte ad aspettar!

Lascerò straziarmi il crine,

lascerò cavarmi gli occhi,

e le care tue manine

lieta poi saprò baciar!

Batti, batti, o bel Masetto,

la tua povera Zerlina!

Starò qui come agnellina

Non vi fate sentir, per

carita!

Di pasta simile son tutti

quanti,

Le fronde mobili, l'aure

incostanti

Han piu degli uomini

stabilita!

Mentite lagrime, fallaci

sguardi

Voci ingannevoli, vezzi

bugiardi

Son le primarie lor qualita!

20

l’erba è fresca:

Ai piaceri d’amor qui tutto

adesca.

Vieni, ben mio: tra queste

piante ascose

Ti vo’ la fronte incoronar

di rose.

le tue botte ad aspettar!

O bel Masetto batti, batti,

Starò qui, starò qui

le tue botte ad aspettar!

Ah, lo vedo, non hai core!

Pace, pace, o vita mia!

In contenti ed allegria

notte e dì vogliam passar!

Pace, pace, o vita mia!

In contenti ed allegria

notte e dì vogliam passar!

Sì, sì, sì, sì, sì, sì,

notte e dì vogliam passar!

Sì, sì, sì, sì, sì, sì,

notte e dì vogliam passar!

In noi non amano che il lor

diletto,

Poi ci dispregiano, neganci

affetto,

Ne val da barbari chieder

pieta!

Paghiam o femmine,

d'ugual moneta

Questa malefica razza

indiscreta.

Amiam per comodo, per

vanita!

7.1. Susanna. Deh vieni, non tardar

Susanna arriva nel giardino nei panni della Contessa e aspetta il Conte, ma sa che lì,

nascosto c’è anche Figaro, geloso perché crede che la sua promessa sposa gli sia

infedele. Susanna vuol divertirsi un po’ e vuole dare una lezione al suo fidanzato, così

l’aria è un pretesto per far credere che lei stia aspettando con impazienza il suo

amante30

. Con un recitativo abbastanza eloquente, Susanna esprime la sua impazienza

durante l’attesa del suo amante. L’aria in se stessa è molto delicata e all’apparenza

semplice, il canto di Susanna prevale rispetto all’orchestra, che sembra solo

accompagnare e sottolineare le sue parole, che descrivono il luogo ed il momento in cui

due amanti potranno finalmente godere del piacere tanto atteso. Il ruscello mormora e

ispira, l’aria è ristoratrice e la natura è adescatrice. Susanna descrivendo con sentimento

la natura circostante, e meno le caratteristiche del suo amante, ci appare come un

Naturkind, tema caro a Mozart tra l’altro, che possiamo ritrovare anche in Zerlina31

, e

arriva all’ascoltatore o al lettore come un sospiro d’amore, una serenata delicata e quasi

30

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 263 31

M. Mila: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Pag. 153

21

accennata. Da Ponte nei suoi versi non sceglie un linguaggio enfatico per la sua

Susanna, piuttosto uno essenziale, ma non superficiale, attraverso il quale fa capire che

lei è una donna con sentimenti puri, veri ed autentici. Non tradirebbe mai Figaro, in

quanto l’attesa del suo amato bene, il potere abbracciare finalmente il suo idolo, sono

rivolti a lui e il fuoco dell’amore, ardono solo per il suo futuro sposo. Quindi si può

quasi dedurre che, Susanna, anche se vuol dare una lezione a Figaro, il quale ignora che

Susanna sa della sua presenza, vuole in realtà rivolgere la Serenata, non al Conte, ma

proprio a colui che di lì a poco sposerà.

7.1.2. Zerlina. Batti, batti, o bel Masetto

Il Don Giovanni è l’opera, all’interno della trilogia, in cui il mondo tragico incontra

quello comico e buffo, fondendosi. Zerlina, insieme a Masetto e Leporello, sono i

personaggi facenti parte di quest’ultimo. La contadina è la figura femminile

rappresentante la futura sposa, ma anche futura adultera, anticipazione della tematica

trattata successivamente in Così fan tutte. La giovane contadina non disdegna delle

attenzioni di un nobiluomo, quale è Don Giovanni, e si lascia trasportare dai sensi e dal

suo carattere passionale come ricorda Leporello: «ma passion predominante, è la giovin

principiante». Dunque Zerlina fino all’incontro con il Cavaliere era una giovane donna

fedele che coronava il sogno di tutte le ragazze della sua età e del suo paese, ovvero

quello di sposare il suo uomo ideale, nella fattispecie Masetto. Ma le avances di Don

Giovanni mettono in luce la sua vera indole passionale, che trova il suo culmine

nell’appassionato e quasi estatico duetto «Là ci darem la mano». Con la famosa aria di

Zerlina «Batti, batti o bel Masetto», la contadinotta cerca riconciliazione presso

Masetto, che è stato palesemente allontanato da Leporello, affinché le azioni

dongiovannesche avessero luogo.

Masetto è molto risentito ed offeso nei confronti della sua novella sposa, mentre Zerlina

quasi non si rende conto delle sue malefatte. Si ha l’impressione che la giovane donna

abbia assorbito le doti seduttive di Don Giovanni, come in un trasfer inconsapevole,

grazie alle quali riuscirà a riconquistare Masetto. Zerlina è civettuola con il suo sposo,

lo seduce sottilmente, dicendosi disposta a farsi punire e a prendere perfino una

punizione corporale, per averlo quasi tradito, se non di fatto, ma già con il pensiero.

Linguisticamente Da Ponte gioca sui contrasti. Da un lato Zerlina vuole farsi punire

come «un’agnellina», dall’altro elenca tutte le terribili punizioni che la contadinotta

propone al suo sposo, consapevole che lui non gliele infierirebbe mai: «Lascerò

22

straziarmi il crine, lascerò cavarmi gli occhi», e alle fine bacerà le sue «manine»,

usando nuovamente il diminuitivo per rendere ancora più sdolcinato l’andante grazioso.

Diventa ancora più femminile e confonde il povero contadino, con il suo canto da

sirena, al quale Masetto-Ulisse non può più resistere: «Sì, sì, sì, sì, sì, sì, notte e dì

vogliam passar», per poi soccombere.

Si ritrova in Zerlina, rispetto a Susanna, rappresentante indomita della fedeltà e della

libertà di scelta, un passo in avanti. La giovane donna è libera di scegliere ma anche di

tradire, senza per questo vedere nulla di male nelle sue azioni, fintantoché, il suo amato

sia disposta a perdonarla. Intelligente, autentica, ma non ancora esacerbata dalle

delusioni amorose, questa è la Zerlina di Lorenzo Da Ponte.

7.1.3. Despina. In uomini, in soldati

Despina è senza dubbio il personaggio femminile più originale della trilogia,

cominciando già all’onomastica del suo nome, che senz’altro è un iporcorisma della

Fiordispina ariostesca32

, di cui però non porta né i tratti né il carattere. La Despina

Dapontiana è anch’essa di origini umili ed è la cameriera personale di due sorelle, la cui

onomastica ha le stesse origini ariostesche: Fiordiligi e Dorabella. Disperate perché i

loro innamorati vanno in guerra, non riescono a trovare pace e si confidano con

Despina, la quale non riesce proprio a capire le angosce e le smanie delle sue padrone.

Lei è una donna navigata, che ha accumulato le sue esperienze e quindi di sicuro una

accurata e profonda conoscitrice dell’animo maschile, di cui palesemente non si fida e

ritiene vada ripagato con la stessa moneta. Despina, al contrario di Susanna e Zerlina,

non ha un futuro sposo, né un amante, indizio che porta a presume che sia una donna

emancipata a tal punto da fare a meno di un uomo. In questo ha superato perfino la

Locanderia, che invece alla fine della commedia, si sposa33

.

Dunque la cameriera viene informata dell’accaduto ed invita le due sorelle a non

rimanere lì in attesa del ritorno dei loro fidanzati, piuttosto a cercare di aprire gli occhi,

per guardarsi intorno e trovare altri amanti per «far all’amore come assassine», poiché

di sicuro i loro uomini al fronte faranno la stessa cosa e il loro ritorno potrebbe essere

anche incerto. La sua aria «In uomini, in soldati» è breve, facile e con un ritmo ternario,

è un continuo sottolineare le qualità negative degli uomini: aure incostanti, mentite

lagrime, fallaci sguardi, voci ingannevoli, vezzi bugiardi, malefica razza. Sicuramente

32

http://wwcat.saggiatoremusicale.it/wwcat_saggmus/rivista/indici/PerM_1642_1_2_1994_Caruso.pdf

Pag. 367 33

L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 71

23

Da Ponte scrivendo, sapeva quello a cui Despina si riferiva. Nonostante tutto ha voluto

ritagliare un profilo di una donna capace di separare i sentimenti dai sensi, facendole

chiudere l’aria con il verso: «Amiam per comodo, per vanità!»34

. L’emancipata Despina

arriva alla conclusione che bisogna amare per fini materialistici, per stare bene

economicamente (comodo) e per la propria vanità di donna, per stare bene con se stesse,

per avere il piacere fine a se stesso, senza implicazioni sentimentali. Despina, inoltre, è

un personaggio poliedrico che può cambiare identità e sesso travestendosi e che non ha

timore di esprimere le sue opinioni a persone di rango superiore al suo.

Despina è lo stadio finale, la sfaccettatura conclusiva e di chiusura, delle donne

popolane dapontiane, ne è quasi la loro quintessenza. Così fan tutte si chiude con un

doppio matrimonio, quello delle due dame ferraresi con i loro innamorati, ma Despina

rimane sola, non ha un uomo accanto e non accade nemmeno che tra lei e Don Alfonso,

ideatore e fautore della beffa, inizi una relazione. Susanna sposa il suo Figaro, Zerlina si

riconcilia con il suo Masetto, ma Despina basta solo a se stessa.

8. Conclusioni

In un’analisi finale si può dire che il lavoro creativo di Lorenzo Da Ponte si è senz’altro

evoluto, durante la stesura di quei tre libretti. Le nozze di Figaro, sebbene abbia meno

personaggi, un atto in meno ed vi siano stati apportati altri cambiamenti, rimase

abbastanza fedele all’originale di Beaumarchais. Naturalmente Susanna ha un suo

carattere, un suo profilo psicologico, comunque coerente per il periodo storico e sociale.

Nonostante tutto, ciò che sorprende è che sia proprio il suo ruolo femminile, all’interno

della coppia Figaro-Susanna, ad essere quello più pacata, dai sentimenti controllati e a

dimostrare abilità raziocinanti. Al contrario di Figaro, che è irruente, impulsivo e

passionale, tutte qualità attribuibili a una donna e che invece ritroviamo in un uomo.

Nell’opera successiva, la figura della servetta è rappresentata da Zerlina, che è una

paesana e contadina. Già con lei si può notare come Da Ponte cominci a staccarsi da

quelli che erano i tipi della Commedia dell’arte. E’, infatti, una figura più autonoma, che

si distacca dalle peculiarità della tipica servetta, con la quale non ha più caratteristiche

in comune. Probabilmente ciò è riconducibile alla particolarità della struttura dell’opera

stessa, la quale non è più la tipica opera buffa, ma non è nemmeno peculiare per il

melodramma. Se si facesse un’analisi più approfondita, si potrebbe vedere che tutti i

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L. Bentivoglio, L. Bramani: E Susanna non viene. Pag. 78

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personaggi del Don Giovanni, si discostano dalla tipologia del personaggio da

Commedia dell’arte. L’evoluzione dapontiana ha, comunque, un ulteriore stadio finale,

ovvero con Despina. Così fan tutte è l’opera con la quale, sia il librettista che il

compositore, lasciano il modello della tipica opera buffa, rivoluzionandone i canoni. In

questo contesto si inserisce Despina, la cameriera astuta e furba, che non ha però come

spalla un fidanzato o innamorato, ma l’ideatore di una beffa, Don Alfonso, di cui lei si

fa complice a scopo di lucro. Inoltre non c’è un finale per lei di coronazione di un

amore, come lo è per molte opere buffe e per molte commedie, ma rimane esattamente

quello che era all’inizio. Un personaggio femminile disincantato, disinvolto e disinibito.

Dunque si può giungere alla conclusione che, Da Ponte, nella stesura dei tre libretti,

abbia avuto in mente un tipo di donna, che ha subito, di volta in volta, un processo

evolutivo, come a volersi liberare dalle convenzioni sociali dell’epoca, alle quali le

donne di un rango sociale basso, dovevano sottostare. L’abate veneziano, ne ha messo

in rilievo, portandole alla luce, le diverse sfaccettature dell’essere donna. Susanna,

Zerlina, Despina, non sono poi così diverse uno dall’altra, non rappresentano mondi

diversi, ma solo delle fasi diverse dell’universo femminile. La prima fase è quella in cui

si è innamorate e si è fedeli; la seconda in cui ci si lascia, umanamente, tentare da altre

occasioni, idealizzando la persona che si vorrebbe avere, ma dalla quale si viene poi

deluse; la terza fase, ed è anche l’ultima, è quella in cui nulla può più illudere una

donna, che ha vissuto le sue esperienze e dunque, attraverso di esse, ha acquisito una

determinata saggezza e una certa Weltanschauung. In conclusione, queste tre figure

femminili, sono singole persone, ma l’una parte integrante dell’altra: una e trina.

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Bibliografia

- Bentivoglio L., Bramani l.: E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart.

Milano 2014

- Brambilla E., Arcangeli L., Levati S.: Sociabilità e relazioni femminili

nell'Europa moderna. Temi e saggi. Milano 2013

- Da Ponte Lorenzo: Memorie. I libretti mozartiani. Milano 2014

- Mila, Massimo: Lettura del Don Giovanni di Mozart. Milano 2011

- Oberhoff, Bernd: Die Hochzeit des Figaro

- Kant, Immanuel: Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo? in Scritti

politici e di filosofia della storia e del diritto di Immanuel Kant, a cura di

Bobbio N., Firpo L., Mathieu V., Torino 1965

Bibliografia internet

- Caruso, Carlo: «Così fan tutte», o sia la scuola dell’«Orlando furioso», Il

Saggiatore musicale

http://wwcat.saggiatoremusicale.it/wwcat_saggmus/rivista/indici/PerM_1642_1

_2_1994_Caruso.pdf (1994)

- Crotti, Ilaria: La Locandiera: una figura della realtà sociale nella

rappresentazione di Goldoni

http://www.storiadivenezia.net/sito/donne/Crotti_Locandiera.pdf

- Delfrati, Carlo: I percorsi didattici, Fu l’inganno disinganno

- http://operadomani.org/wp-content/uploads/2015/07/dispensa.pdf (2008)

- Rausa, Giuseppe: Mozart e Salieri: l’alleanza segreta

http://www.giusepperausa.it/mozart_e_salieri__l_alleanza_s.html

- Rausa, Giuseppe: Mozart e Da Ponte: il misterioso “backstage”

http://www.giusepperausa.it/mozart_e_da_ponte__il_misterio.html


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