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Tesina politicamente corretto (a s. 2012-2013) - Susanna Pasqualini

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Il politicamente corretto nella lingua italiana: il dibattito sulla discriminazione. di Susanna Pasqualini Indice Introduzione................................................. 2 1 - L’Italia del PC..........................................3 2 - Sessismo linguistico nell’italiano.......................7 Conclusioni................................................. 10 Analisi del testo...........................................11 Bibliografia................................................ 14 1 Redazione e revisione in lingua italiana – Susanna Pasqualini A.S. 2012-2013
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Il politicamente corretto nellalingua italiana:

il dibattito sulladiscriminazione.

di Susanna Pasqualini

Indice

Introduzione.................................................2

1 - L’Italia del PC..........................................3

2 - Sessismo linguistico nell’italiano.......................7

Conclusioni.................................................10

Analisi del testo...........................................11

Bibliografia................................................141

Redazione e revisione in lingua italiana – Susanna PasqualiniA.S. 2012-2013

Introduzione

La presente tesina tenta di raccogliere i pareri e le opinioniriguardo al fenomeno, quanto mai discusso e dibattuto negliultimi anni, del politicamente corretto e soprattutto dellesue ripercussioni nell’ambito linguistico.

Per introdurre l’argomento è necessaria una minimapresentazione del fenomeno e dei punti salienti su cuimaggiormente vertono critiche e scontri.L’espressione americana Politically Correct (politicamente corretto,abbreviato in PC) definisce un atteggiamento ideologico-culturale di estremo rispetto verso tutti, che tende adevitare ogni potenziale offesa verso date categorie e persone.Le opinioni espresse devono risultare prive di ognipregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, diorientamento sessuale o relative a disabilità fisiche dellapersona. La nascita del PC è avvenuta negli U.S.A. degli anniTrenta e, verso la fine degli anni Ottanta, la diffusione diquesto fenomeno nei paesi occidentali aveva assunto dimensionisempre più consistenti, riuscendo a tramutarsi in una corrented’opinione basata sul riconoscimento dei diritti delleculture, con l’intento di cancellare, dalle abitudini

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linguistiche, termini ritenuti offensivi nei confronti diqualsiasi minoranza (Arcangeli, 2004; Fresu, 2011). Lecritiche mosse al PC sono numerose, nonostante i professatiintenti egualitari. Da quelle di alimentare il conformismolinguistico fino a quella di imporre una tiranna ideologicache limita la libertà d’espressione. È opinione comune che,con la giustificazione di rivendicare ideali di giustiziasociale, il PC intervenga sulla forma “linguistica” e nonsulla sostanza dei problemi, basandosi su mere modificheterminologiche che tenderebbero a nobilitare o occultarecontenuti sgradevoli quali, ad esempio, durante azioni diguerra il ben noto termine “danni collaterali” per indicareuna strage di civili innocenti. (Fresu, 2011)

Nel primo capitolo sarà presentata una rassegna di pareririguardo al PC, con particolare attenzione nei confronti dellemodifiche linguistiche-lessicali che sarebbero state imposte odovrebbero esserlo. Nel secondo capitolo mi concentrerò su unaspetto più specifico del PC, ovvero la discriminazione dellasfera femminile all’interno della lingua italiana e leproposte per ridurla.

1- L’Italia del PC

In Italia il fenomeno del Politically Correct ha assunto soloin tempi recenti una visibilità di un certo rilevo rilevante,

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ciò nonostante avrebbe determinato un mutamento nellasensibilità linguistica che ha portato, in alcuni ambiti, allarevisione di alcuni vocaboli, abolendo o bandendo termini chealludevano, ad esempio, a menomazioni e sostituendoli conlocuzioni attenuative, come nel caso di minorato o invalido che,nelle prime fasi della sua diffusione, sono stati sostituitida portatore di handicap. (Crisafulli, 2004:42; Colombo, 2005:65)Questo primo esempio è solo uno dei tanti che riflettel’impatto linguistico che il PC ha avuto e sta avendonell’italiano contemporaneo. Un altro ce lo riporta, in un suoarticolo del 2008, Stefano Bartezzaghi, esempio che potremmodefinire l’evoluzione di quello fornitoci da Baroncelli, percui l’handicappato attraverso “una serie di caute perifrasi e[…] eufemismi aggiornati in continuazione” è diventato disabile,a sua volta sostituito da diversamente abile. La conclusione diquesta parabola eufemistica la scrive Crisafulli, il quale sichiede se mai arriveremo ad usare il termine ipocinetico (“unapresa in giro bella e buona”) come ultimo eufemismo per quelloche, tanto tempo, fa era semplicemente storpio.

Il PC è stato esteso a vari ambiti e non ha risparmiatonemmeno il mondo del lavoro, dove la modifica terminologica hatalvolta rappresentato quasi una riqualificazioneprofessionale, nella realtà rimanendo confinata alle parole.L’operatore ecologico è in realtà il caro vecchio spazzino onetturbino, il bidello è stato promosso al ruolo di collaboratorescolastico, così come la donna delle pulizie a quello dicollaboratrice domestica e, se vogliamo essere ancora più chic aquello di colf. Talvolta questo rimodellamento superficialedegli impieghi è risultato perfino fonte di confusioneprofessionale quando, ad esempio, l’infermiere si èmagicamente tramutato in operatore sanitario. (Crisafulli, 2004 :42)

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Del fenomeno del PC, i cui caratteri risultano talora“asfissianti” ma che, ciò nonostante, sembra essersi estesoabbondantemente nel nostro paese, parla Massimo Arcangeli(2004) in un suo lungo contributo sul tema:

Il PC venga e s’imponga pure, ma per il futuro […] e men chemai per il passato. Ciò […] che ha resistito all’usura deltempo non può essere cancellato con un semplice colpo dispugna. Altrimenti si rischia di ritornare alle vetero-censurefasciste o staliniste o di lasciarsi irretire da un atto diimperio.

Torniamo però agli albori della diffusione di questo fenomenoin Italia per sfatare il mito secondo cui, così come neglistati Uniti erano e sono i liberals a sostenere il PC, qui da noisono soprattutto gli intellettualoidi di sinistra a difenderloa spada tratta. Una delle prime e più argomentate, convincentie coinvolgenti critiche arrivava infatti dalle paginedell’“Unità”. A scriverla nel 1989, con il titolo di “L’uso delle parole”,Natalia Ginzburg, celeberrima scrittrice italiana, parlamentareintellettuale di sinistra. Si scagliava così contro le nuoveparole:

Le troviamo artificiali e ci offendono le orecchie efrancamente le detestiamo […]. Dentro di sé in verità la gentecontinua a dire cieco o sordo, ma ad alta voce dice “nonudente” e “non vedente”, […] perché i giornali e la societàpubblica fanno sfoggio di quel loro falso rispetto.

(Ginzburg, 2001:150)

Aggiungeva poi, che, per lo stesso motivo, i vecchi oramaivengono chiamati anziani, “come se la parole vecchiaia fosse unaparola infamante[…] o oltraggiosa. […]. Oltraggioso è invece ilmodo in cui nella nostra società viene trattata la vecchiaia.”

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E ci troviamo solamente all’alba del politicamente corretto, maalla Ginzburg basta e avanza, tanto da farle dire che “citroviamo circondati da parole che non sono nate dal nostro vivopensiero, ma sono fabbricate artificialmente con motivazioniipocrite, per opera di una società che ne fa sfoggio e credecon esse di aver mutato e risanato il mondo”. Proprio qui stail nocciolo della questione. Bastano davvero le parole perchéuna società si decida e inizi a cambiare in meglio? Non sarebbemeglio far precedere le azioni di cambiamento ad ogni modificadel linguaggio, che diventa poi consequenziale? Forse sono queste le ragioni per cui, ai più, il politicamentecorretto risulta odioso, perché se al dolore e alladiscriminazione, alla ferocia e alla stupidità, non diamo piùil loro vero nome, finiremo con il non riconoscerli più. Ciòche di più brutto c’è, il disprezzo ad esempio, da cui tantoultimamente rifuggiamo “ha bisogno di essere nominato peressere fronteggiato” (Di Michele, 2004).

Nonostante la sua apparente diffusione, sebbene nemmenolontanamente capillare, paragonata a quella nei paesianglosassoni, in Italia il PC sembra più che altro essere unlinguaggio che invece di appianare diversità e risolvereingiustizie è “un linguaggio che si sforza di distinguere eevidenziare sfumature, anziché raggruppare per categorie,magari offensive, per gli interessati.” (Bartezzaghi, 2008) Quindi sebbene si senta l’esigenza di supportare un linguaggionon offensivo ed inclusivo, esiste una diffidenzaparticolarmente diffusa nei confronti di proposte concrete dimodifiche linguistiche in senso non offensivo. Baroncelli(1996:46) quindi sostiene alcuni punti, qui sotto riportati,del perché il PC non vada sostenuto, ponendo dunque le basiper una certa diffidenza :

- Agire sul linguaggio è dannoso;

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- Il vero linguaggio razzista è quello non razzista. Glieufemismi sono spesso più offensivi;

- Un vocabolario perfetto, non offensivo non sarà mairiproducibile;

- La repressione dei comportamenti linguistici lede la libertà diparola e limita la creatività.

Anche Crisafulli (2004), sostenitore della battaglia anti PC,afferma che questo fenomeno rappresenta, secondo la suaopinione, la sagra dell’ipocrisia. “Non si cambiamo né dolorené ingiustizie né stupidità. Si dà loro un nuovo nome e sirassetta un po’ la coscienza. Le parole possono essereoffensive, ma ancor più offensivo appare il tentativo divelare sfumare [...] senso e passioni”.

Evidentemente però questo non ha impedito il diffondersi diuna tendenza a voler ribattezzare le cose, sulla scia del PC,o meglio giustificati dal PC. L’idea è quella di sostituiretermini che hanno connotazioni particolarmente sgradevoli oemotivamente coinvolgenti poiché, teoricamente, “le cosebrutte diventano meno brutte se le ribattezza con un nomegrazioso” soprattutto in un paese quale l’Italia dove per “lanostra lunga consuetudine all’eufemismo burocratico [...] ilpovero diventa non possidente e il malato cronico lungodegente” (Faloppa, 2011).

Tornando alle parole che si portano dietro un sottintesosgradevole, non di forma ma di sostanza, possiamo sottoporrecome esempio quello della parola “immigrato”. L’idea,partorita da Vitiello nella sua recensione del saggio diFaloppa, che una condizione per definizione transitoria (lamigrazione, lo spostarsi da un luogo ad un altro) diventi unmarchio indelebile, che si trasmette come eredità genetica sitraduce in realtà, come in occasione della mozione propostaalla Camera dal Leghista Cota nel 2008 per la creazioni di

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classi separate per i figli di immigrati. In quella occasionela migrazione e, più nello specifico, la separazione in classidifferenti diviene una discriminazione transitoria positiva. Più chepoliticamente corretto qui, con la semplice aggiunta di una“s”, siamo testimoni del camuffamento di un altro fenomenoche, seppur non urlato e non volgare, rimane comunquePoliticamente Scorretto. (Vitiello, 2011) Ipotesi che cosìribadisce lo stesso Faloppa:

quando abbiamo preso a scimmiottare la moda americana ifronti si sono divisi: da un lato l’isteria linguistica di uncerto bigottismo progressista, dall’altro le intemperanze diquanti hanno colto al balzo il pretesto di dare sfogo allaloro beceraggine recuperando il piacere proibito di urlarenegri, froci e terroni.

È perciò difficile non notare che, nella realtà dei fatti, ilPC contraddice se stesso. Attraverso l’esibizione digenerosità dissimula una sua volontà di controllo, fingendoatteggiamenti di comprensione per conservare lo status quo.Tutto si ridurrebbe ad esibire una maschera, una facciata(Pallotta-Mariott, 1999).

Proprio per queste ragioni, c’è chi del PC diffidacompletamente avvisando del fatto che: [...]non deve essereconfuso con categorie etiche, come l’umanitarismo e la caritàné con categorie estetiche, come il rispetto del prossimo ele buone maniere. È invece una patologia della politica cheincapace […] di ottenere dei risultati concreti, cerca unacompensazione facendo uso esagerato e ipertrofico delleparole dell’etica nei confronti della quale tuttavia continuaa nutrire un profondo disprezzo.

(Perniola, 2004)

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Risulta ora chiaro, che nonostante una buona risonanza, il PCin Italia non sia poi così rinomato ed è persino possibileipotizzare che la popolazione, nell’uso del linguaggiogiornaliero, quasi lo ignori. Eppure esistono comunqueopinioni favorevoli all’uso politicamente corretto dellinguaggio.Infatti, in questa moltitudine di pareri critici, alcune vocisi levano in difesa del PC, come quella della psicologaValentina D’Urso secondo cui “quanto più i precetti del PCsono precoci e interiorizzati tanto più si useranno senzasforzo perché fanno parte delle modalità di espressione.”Carlo Merletti, sociologo della comunicazione politica,sostiene che “il PC ha svolto una funzione importante, ma nonbasta[…] se lo si tiene in vita artificiosamente si corronodue rischi: il primo è la retorica della banalità e delbuonismo. La seconda è la strumentalizzazione. In nome del PCci si arroga il diritto di stabilire quello che è giusto esbagliato, condannando gli altri, non è cupamenteinquisitorio?” (Pallotta-Mariott, 1999).

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2- Sessismo linguistico nell’italiano

Maria Serena Sapegno definisce il sessismo linguistico come latendenza a discriminare un sesso, in particolare quellofemminile, in campo sociale, culturale e professionale.Nell’ambito del dibattito sul PC si inserisce dunque anche laquestione del “perenne occultamento linguistico della donna”(Baroncelli, 1996: VII) che avverrebbe tramite l’eliminazionedi vocaboli ed espressioni non inclusivi, un dibattito che haprodotto delle strategie di modifica lessicale risultanti,talora, in un’esasperazione terminologica. Rita Fresu (2011) illustra come questo tema abbia goduto,intorno agli anni Ottanta, di un appoggio ufficiale da partedel Governo, concretizzatosi successivamente in tentativi diriforma proposti da Alma Sabatini all’interno del documento“Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, sostenutidalla Presidenza del Consiglio e dalla Commissione per laParità e le Pari Opportunità. Nel testo, che fa parte delvolume “Il sessismo nella lingua italiana”, venivano messi inluce gli aspetti più discriminanti nei confronti delle donne

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all’interno del sistema linguistico italiano, proponendo dellelinee guida per l’eliminazione delle diseguaglianze piùesplicitamente sessiste.Veniva suggerita, ad esempio, la scelta di diritti della persona odiritti umani in sostituzione della locuzione “diritti dell’uomo”,o anche la popolazione primitiva piuttosto che l’arcinoto “uomoprimitivo”, continuando anche con la sostituzione di “cacciaall’uomo” con caccia all’individuo/persona. In generale si suggerivadi evitare di dare la precedenza al sostantivo maschile nellecoppie oppositive uomo/donna e l’uso puntuale del femminile,laddove esista, per le professioni, limitando l’utilizzodell’articolo femminile davanti alla versione maschile (NO “lavigile” ma “la vigilessa”) e utilizzando il maschile solo pergli uomini (NO “il ministro Garavaglia” ma “la ministraGaravaglia”) (Sabatini, 1993:103-119). Sebbene in partecondivisibili alcune di queste proposte potrebbero,involontariamente, risultare talmente eccessive e cacofonichealle orecchie di molti da perdere la loro funzione diappianamento delle diversità, dando invece adito a criticheconcernenti l’eventuale dispotismo riguardo all’imposizionedel femminile nell’italiano.

Il sessismo linguistico è molto spesso negato oppuregiustificato in nome di una presunta tradizione neutra,corretto o respinto in nome di un malinteso purismolinguistico: “suona male”.Paradigmatico è il seguente brano, tratto dall’intervento diAdriana Cavarero all’interno della raccolta “Diotima. Ilpensiero della differenza sessuale” (1987:115):

-“Signora maestra come si forma il femminile?”-“Partendo dal maschile: alla O finale si sostituisceuna A.”-“Signora Maestra e il maschile come si forma?”

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-“Il maschile non si forma, esiste.”

Una società che ricorra ad un uso linguistico discriminatoriodal punto di vista del “genere” è una società sessista. L’usosessista della lingua riguarda non solo la scuola, la politicao la comunicazione televisivo-pubblicitaria, ma è un problemaculturale, sociale ed istituzionale. Se le norme giuridichesanciscono la piena eguaglianza (“formale”) tra i sessi,allora le norme grammaticali e linguistiche sono menoperentorie facendo emergere dunque, secondo i sostenitori diun linguaggio più inclusivo o perlomeno variato nel genere,l’androcentrismo della lingua (Robustelli, 2000). Lacentralità della figura femminile non emerge quasi mai neivari ambiti, prevalendo l’utilizzo della neutralità che peròin realtà privilegia comunque una connotazione di generemaschile.

Volendo fornire dati concreti a sostegno delle tesi per cuil’occultamento della figura femminile c’è, un’analisi diarticoli giornalistici e notizie Ansa, svolta da LorenzaPescia, ha fatto emergere dati su come, nell’italianogiornalistico, sia radicato un uso dissimmetrico del maschilee femminile. Secondo quanto riportato nel suo studiol’esplicitazione del sesso del referente avverrebbe solo inquei casi in cui il referente stesso sia anonimo. Ad esempio:

- Venerdì un sostituto procuratore donna è stato punto da unazecca [...]1

- L’ultimo incendio della camorra divampa, soprattutto sullaMazda di una donna magistrato.2

(Sapegno, 2010:66)

1 La Repubblica, 11 giugno, 2009.2 La Repubblica, 11 luglio, 2009.

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Le critiche dunque non possono mancare, nonostante alcunemisure (di dubbia efficacia) siano state messe in atto,soprattutto nell’ambito delle amministrazioni e del lessicoamministrativo ufficiale. 3Infatti Maria Sapegno ribadisce ilsuo punto di vista affermando come in Italia “si debbacompiere ancora un lungo cammino […] più […] che in altripaesi tradizionalmente avvicinati al nostro […] come la Spagnadove atti politici hanno impresso cambiamenti profondi aicostumi e alla società” (Sapegno, 2010: 26).

Perciò molti cambiamenti linguistici non si possono definire“spontanei” ma sono frutto di un’azione sociopolitica edimostrano l’importanza che la parola ha rispetto alla ricercasociale e il fatto che essi vengano assimilati significa cheil problema è diventato “senso comune” o che la gente sivergogni di essere eventualmente tacciata di “razzismo” esessismo (Sabatini, 1987: 98). In Italia si è prestata scarsao nessuna attenzione all’importanza del livello linguisticodella comunicazione, con una mancata assimilazione nelsimbolico di cambiamenti di costume, come afferma CeciliaRobustelli (2000: 524):

la novità […] del riconoscimento di uno status di piena dignitàalle donne […] sembra suggerire di sottolineare l’identitàfemminile, anche, ove possibile, con qualche forzaturalinguistica, per evitare che il ruolo, e soprattutto, leidentità femminili vengano oscurate sotto il tradizionaleombrello androcentrico.

3 Si vedano, ad esempio, i vademecum stilati dalla regione Lombardia e dall’Azienda sanitaria dell’Alto Adige:

- http://www.micomunico.it/download/vademecum.pdf - http://www.academia.edu/1474901/

Buongiorno_dottoressa_Vademecum_per_la_sensibilizzazione_alluso_di_una_lingua_non_sessista

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La domanda che sorge è dunque, da una parte, perché contestareun uso linguistico affidato alla libera dinamica dei parlanti,stabilendo ciò che può o non può essere detto, dall’altrainvece, perché assumere una posizione di scettica irrisione neiconfronti di chiunque si avventuri a proporre correzioniall’uso linguistico corrente, afferma, a ragion veduta, MariaSerena Sapegno, curatrice del volume “Che genere di lingua?”. Proprio su questa spinosa questione verte l’acceso dibattitotra coloro che strenuamente criticano il PC e il suonominalismo, in quanto “discussione civile e dai toni soft deiproblemi, senza però alcun intento di risolverli” (Colombo,2005) e chi, al contrario, sostiene un linguaggiopoliticamente corretto come stimolo e sintomo, al contempo, diuna società disposta a cambiare la sua visionecompartimentale, nel caso specifico, della differenze tra isessi.

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Conclusioni

Da quanto emerge in questa ricerca circa il politicamentecorretto in Italia, credo sia doveroso sottolineare che, piùche il fenomeno in sé, predominante per molti (se non tutti) èrisultato essere soprattutto il dibattito sviluppatosi sul PC.Più che proporre seriamente soluzioni per un cambiamentolinguistico di concerto con cambiamenti sociali, che venganonon solo passivamente accettati ma che abbiano anche un pesoall’interno dell’uso consapevole di una lingua egualitaria cisi è focalizzati sull’evidenziare i tanti “contro” del PC. Èinvece necessario che, se si vuole intraprendere un camminofruttuoso per una lingua più equa, questa non risulti cosìtanto aliena, con punte anche di ridicolo, ma piuttosto che sieduchino le persone al valore delle parole e del loro pesosociale, senza dunque privare del proprio nome un qualcosa chenon era mai stato concepito per essere offensivo (si pensi aigià citati eufemismi sulle menomazioni e disabilità). Perquanto riguarda poi il discorso sulla discriminazionefemminile e gli svariati suggerimenti tesi a includerel’universo femminile all’interno del linguaggio, l’obiettivo èlo stesso, ovvero quello di educare all’eguaglianzasostanziale, più che proporre la femminilizzazione diqualsiasi sostantivo possa essere anche minimamente portatoredi un assolutismo maschile con il solo risultato finale diaumentare la percezione del divario tra generi.

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Volendo dunque concludere, pur sottolineando quanto siaimportante che questa discussione non si perda solo in unamare di vuota terminologia, bisogna aggiungere che a voltel’applicazione del PC, come lo conosciamo noi, può farsorridere e avere effetti comici. Talmente comici che UmbertoEco si è scherzosamente dilettato a coniare nuove definizioniin omaggio al PC quali funzionario del controllo bovino per cowboy,residenzialmente flessibile per barbone, erezionalmente limitato perimpotente, orizzontalmente accessibile per prostituta, carente dimelanina per persona bianca e nullafacente a tempo indefinito perdisoccupato (Mieli, 2012).

Analisi del testo

La ricerca per i materiali da analizzare è avvenuta conl’intento di trovare testi in cui fossero presenti le duevarianti, quella politicamente corretta e quella politicamentescorretta, di alcuni dei sostantivi menzionati all’interno

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della tesina per vedere che tipo di interazione esistesse trai due oltre al loro trattamento e differenziazione sul pianosemantico/stilistico. I testi comprendono vari estratti diarticoli di giornali.Nel seguente estratto convivono i due termini cieco e non vedentelo scopo di tale differenziazione ricade sull’ambitostilistico:

BITONTO - Per 25 anni ha percepito la pensione di invaliditàperché risultava completamente cieco, incassando qualcosa come323mila euro. In realtà però un uomo di 57 anni di Bitonto,come documentato dalle indagini della guardia di finanza,aveva un'ottima vista e svolgeva una vita assolutamentenormale. Il 57enne, infatti, passeggiava in maniera disinvoltaper le strade del paese, attraversando incroci stradalitrafficati, faceva la spesa controllando attentamente i prezzie la merce e si muoveva da una parte all'altra del paeseguidando uno scooter.

IL PARADOSSO - Non solo, in passato il «non vedente» ha fattoil guardiano, il meccanico e il giardiniere, utilizzando untrattore per lavori agricoli. L'uomo è stato denunciatoall'autorità giudiziaria per truffa aggravata ai danni delloStato e nei suoi confronti è stata avviata la procedura per ilrecupero delle somme di denaro percepite indebitamente, mentrela pensione gli è stata già revocata dall'Inps.4

Cieco, sostantivo usato anche nel titolo “Cieco da 25 anni, maguida lo scooter. Truffa all'Inps: intascati 323mila euro” nonpresenta in alcun modo una connotazione negativa bensì, alivello semantico, riflette unicamente la connotazione clinicadel termine che viene infatti usato per introdurre il temadell’articolo nel titolo. Al contrario non vedente,corrispettivo teoricamente non offensivo e politicamentecorretto del precedente termine, viene riportato all’interno

4 http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it//notizie/cronaca/2012/3-maggio-2012/cieco-25-anni-ma-guida-scootertruffa-inps-intascati-323mila-euro-20115651300.shtml

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di virgolette basse, assumendo così una connotazionesarcastica e accusatoria. Il termine eufemistico dunque non hacome scopo quello di attenuare la connotazione terminologicache al suo posto avrebbe cieco, bensì l’autore, probabilmente,in maniera quasi naturale/spontanea, ha trovato in questaforma attenuata il perfetto veicolo per l’informazione. Nonvedente dunque in questo vaso assume quindi il valore di “falsocieco”, forse volendo anche sottolineare come questo termine,probabilmente in uso all’interno dei registri per l’invaliditàcivile, sembri quasi canzonatorio in un’occasione del genere.

Anche questo secondo estratto presenta un binomio tra duetermini, quali spazzino ed la sua versione non discriminatoriarecentemente in uso, operatore ecologico:

[…] La piccola ha indossato le scarpe al contrarioed è andata in strada: recuperata da uno spazzino

RAGUSA - Hanno dimenticato la figlia di tre anni che stavadormendo sola a casa e sono andati a lavorare. Entrambi igenitori, trentenni di Modica, sono impiegati in un centrocommerciale. Appena sveglia la bambina si è vestita, ha messole scarpe, (al contrario) e con lo zaino sulle spalle haprovato a raggiungere il suo asilo, ma si è presto smarrita.Un operatore ecologico in servizio l'ha notata ed ha avvertitoi carabinieri che hanno rintracciato i genitori. I due orarischiano una denuncia per abbandono di minore.5

A differenza dell’articolo precedente, in questo caso i duesostantivi vengono usati all’interno dell’articolo come sinonimi.Ciò nonostante è possibile osservare che comunque il primo terminead apparire, che troviamo anche nel titolo, è quello di spazzino e nonoperatore ecologico. La motivazione alla base di questa scelta potrebbe

5 http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it//notizie/cronaca/2012/15-marzo-2012/vanno-lavoro-dimenticano-bimbadi-3-anni-lei-si-veste-sola-va-strada-2003694734263.shtml

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essere stata quella di voler aprire l’articolo con una connotazionedegli attori dell’azione piuttosto chiara che definisse anche ilcontesto situazionale, evitando l’uso di termine opaco quale operatoreecologico, il quale sebbene diffuso oramai anche all’interno delparlato quotidiano, ha una valenza semantica meno forte. Perciònonostante i due termini in questo caso possano essere stati usaticome sinonimi, realmente presentano una differenziazione sottile percui operatore ecologico rappresenta un riferimento anaforico, facilmenteidentificabile dal lettore, al più conosciuto, e quindi presentatocome primo all’interno della storia, spazzino.

L’ultimo degli estratti analizzati presenta anch’esso unavariabilità dei sostantivi utilizzati (clochard, senza tetto, senzafissa dimora) sempre volta alla sinonimia.

Clochard morto, collettadei cittadini per il funerale

E' stato pagato da alcuni cittadini, che lo conoscevano datempo, il funerale del clochard trovato morto lo scorso 22gennaio nella Galleria Umberto, nel centro di Napoli.

I cittadini - si è appreso dal consigliere comunale di NapoliVittorio Vasquez (gruppo Laboratorio per l'alternativa) - sonoquelli di piazza San Pasquale, dove il clochard andava spessoa dormire.

Quando fu scoperto il corpo del senza tetto, alcune personeche erano nella galleria Umberto, rimasero a bere il caffè apoco più di un paio di metri dal cadavere. "Se i cittadinihanno deciso di garantire un funerale dignitoso al clochard -spiega Vasquez - è stato anche per ribaltare quella immaginedi indifferenza che era venuta fuori della città".[…]Vasquez, inoltre, ha ricordato "gli sforzi che il Comune e ilvolontariato fanno ogni giorno per prestare assistenza allacomunità dei senza fissa dimora, che a Napoli conta oltreduemila persone".6

6 http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/01/28/news/clochard_morto_colletta

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Dei tre, il più ricorrente è anche il primo utilizzato ovveroclochard, il quale sicuramente in una scala di valutazione è daconsiderarsi il più politicamente corretto ed essendo unforestierismo potrebbe, per molti, risultare dunque più inalto nella scala di variazione diafasica. Anche gli altri duetermini utilizzati però fanno parte delle coniazioni del PC,anche se, essendo ormai termini acclimatati e sicuramente piùdiffusi, hanno una valenza semantica meno volta a non fartrasparire la reale crudezza della vita da barbone.Quest’ultima parola infatti, è quella di cui più difficilmenteriusciamo a rilevare l’utilizzo se non nella lingua parlata,perché connotata troppo negativamente per poter essereportatrice di qualsiasi altro messaggio che non sia quellointrinseco (di giudizio negativo) nella parola. La strategiadi utilizzo dei differenti termini all’interno dell’articolo èquindi quella di intercambiabilità, anche se la parola cardinerimane quella politicamente corretta e più “piacevole”,clochard. Le altre due scelte sono meramente di contorno eprobabilmente utilizzate per evitare una massiccia ripetizioneall’interno del testo.

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Bibliografia

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