+ All Categories
Home > Documents > Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel.

Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel.

Date post: 20-Jan-2023
Category:
Upload: unicatt
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
12
COMITATO SCIENTIFICO Alessandro Carrera Paolo D’Alessandro Istvàn Fehér Alfredo Marini Sergio Moravia Salvatore Natoli Fulvio Papi Mario Ruggenini Carlo Sini Vincenzo Vitiello Franco Volpi † Stefano Zecchi Annuario di Itinerari Filosofici n. 15
Transcript

Comitato sCientifiCoAlessandro CarreraPaolo D’AlessandroIstvàn FehérAlfredo MariniSergio MoraviaSalvatore NatoliFulvio PapiMario RuggeniniCarlo SiniVincenzo VitielloFranco Volpi †Stefano Zecchi

Annuario di Itinerari Filosoficin. 15

LIbeRtà e INteRSoggettIVItà

a cura di Pierre Dalla Vigna

MIMeSISAnnuario di itinerari filosofici

© 2011 – mimesis edizioni (Milano – Udine) Collana: Annuario Itinerari filosofici, n. 15 Isbn 9788857513577 www.mimesisedizioni.it / www.mimesisbookshop.com Via Risorgimento, 33 – 20099 Sesto San giovanni (MI) Telefono e fax: +39 02 89403935 E-mail: [email protected]

tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegeldi Claudia Cimmarusti

7

Claudia Cimmarusti

tRA PeNSIeRo e AZIoNe: LIbeRtà e INteRSoggettIVItà IN HegeL

Il sapere assoluto che sa se stesso come il vero sapere: questo assoluto sapere è lo Spirito. Infatti lo Spirito è questo essere presso se stesso che viene a sé nel diventare altro da sé.

(M. Heidegger, La Fenomenologia dello Spirito di Hegel)

era in potere di Dio conservare per sempre presso di sé, come qualcosa di puramente possibile, quella possibilità di un essere fuori di sé che si rivelava in se stesso – quella possibile alterità. […] Se anche il più nobile spirito umano non si accontenta di essere solo per se stesso ciò che è, ma sente una naturale esigenza di essere anche riconosciuto per quello che è, quanto più non dovrà supporsi che vi sia nel più alto degli spiriti un bisogno – l’unico della Divinità, che per il resto non ha bisogno di nulla – di porre un altro da sé e di trasformarlo in conoscente di sé?

(F.W.J. Schelling, La filosofia della Rivelazione)

1. “Unser Idealismus nicht dogmatish sondern praktish ist”1!

La consapevolezza che il tema della libertà sia al centro della riflessione filosofica e politica affermatasi in quella stagione particolarmente felice del pensiero tedesco, che coincide con il passaggio epocale rappresentato dalla Rivoluzione francese, è assai diffusa e consolidata sulla base di un numero notevole di studi critici2. essi ci autorizzano – a buon diritto – a

1 J. g. Fichte, Erste Einleitung, 1797, trad. it.: “Il nostro idealismo non è dogmatico ma pratico”, J.g. Fichte, Grundlage der gesamten Wissenschaftslehre, 1795, tr. It. a cura di G. Boffi, Fondamento dell’intera dottrina della Scienza, bompiani, Milano 2003, p. 281.

2 Cfr. S. Della Valle, Freiheit und Intersubjektivität. Zur historischen Entwicklung von Hegels geschichtsphilosophischen und politischen Auffssungen, Akademie-Verlag, berlin 1998; Freiheit. Liberté. Freedom. Internationaler Hegel-Kongress

8 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 9

definire la storia della filosofia classica tedesca3 come un “idealismo della libertà”, ripensandone così in termini meno desueti i suoi esponenti e, allo stesso tempo, mantenendo dialetticamente vivo l’interscambio generativo con quello scenario dell’età moderna dove il concetto di libertà ha visto la sua aurorale genesi.

“Liberté, egalité, fraternité”! Così risuona l’imperativo del trittico del luglio francese, a partire da quell’evento rivoluzionario che sancisce la nascita del concetto di libertà dei moderni4 facendosene atto fondatore e trovando la sua “ontologizzazione” nella Wissenschaftslehre di Fichte. In-dubbiamente, però, un’analisi del pensiero tedesco non può essere condotta con rigore se non si tiene presente il contesto moderno in cui il concetto di libertà, inteso come autonomia e indipendenza della volontà, in stretta connessione con altri concetti, quali quello di individuo e di uguaglianza, dà luogo ad un nuovo modo di intendere l’uomo e il suo agire individuale e collettivo. Sarà, infatti, Kant ad assumere la simbolica funzione di colle-

2011, 22. bis 25. Juni 2011, Rathaus Stuttgart, atti in corso di pubblicazione; D. Losurdo, Hegel e la libertà dei moderni vol. I-II, La scuola di Pitagora editrice, Napoli 2011 e g. Duso, g. Rametta (a cura di), La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, FrancoAngeli editore, Milano 2000.

3 Riproporre la formula “filosofia classica tedesca” (che resiste in Italia più che in altri paesi europei) significa affermare che ci sia un nucleo, in un certo senso compatto, di pensatori, e che questi siano, per così dire, ciò che resta del pensie-ro tedesco. L’espressione rievoca quella (già comparsa nel Vormärz) consacrata, com’è noto, da un articolo di F. engels, pubblicato nel 1888 sulla “Neue Zeit”, e poi subito riproposto in opuscolo. In due dense pagine engels spiega chiaramente che cosa voglia significare con quella formula: egli intende la filosofia hegelia-na “als der abschlub der Abschluβ der ganzen Bewegung seit Kant”, cioè dire, Kant come punto di partenza e Hegel con gli hegeliani quali punto di arrivo. Si era, inoltre, affermata la consapevolezza che la verità filosofica non consisteva in una “Sammlung fertiger dogmatischen Sätze”, ma, piuttosto − come suggeriscono nuovamente g. Duso e g. Rametta – “in un processo ininterrotto, sia teoretico che pratico, che critica e nega ciò che esso stesso è venuto affermando; a que-sto processo, dialettico e quindi rivoluzionario, si affiancherebbe il “sistema” per sua natura scolastico e conservatore”. L’aggettivo “classica” vuole invece per engels designare una “filosofia” a suo modo compiuta, che come filosofia aveva assolto la sua funzione e che aveva avuto il suo naturale terreno di cultura nell’università. Agli occhi degli storici tedeschi contemporanei ad engels, però, quella formula aveva il difetto di non comprendere Hamann e Herder, Schiller e Schleiermacher, Humboldt e goethe. W. Dilthey parlò una volta di “deutsche Bewegung”; l’espressione sembrò imporsi quando H. Nohl la usò come titolo di un suo saggio del 1911.

4 Cfr., D. Losurdo, Hegel e la libertà dei moderni, cit.

gamento tra il pensiero del giusnaturalismo e del contratto sociale (con la moderna nozione di sovranità e i processi storici di costituzionalizzazione che caratterizzano la Rivoluzione francese), da una parte, e l’ideale di li-bertà della filosofia classica tedesca dall’altra. In Hegel5, poi, emergerà in tutta la sua crucialità il nodo tra idea della libertà e processo della sua rea-lizzazione effettuale perché proprio all’altezza della connessione tra theo-ria e praxis il filosofo di Stoccarda colloca la specificità della sua impresa filosofica e intellettuale mediante la quale si tratterà, allora, di “superare” (aufheben) nella loro astrattezza sia i modelli giusnaturalistici, sia le con-cezioni critico-trascendentali della libertà6.

Anche se non è possibile far corrispondere sic et simpliciter e al modo della semplice deduzione della seconda dalla prima la nozione di libertà con quella di libertà politica7, quel che è evidente rispetto al darsi della storia della filosofia da Kant ad Hegel come idealismo della libertà è che, nelle teorie che vi appartengono, la libertà non si dimostra valida soltanto per un ambito particolare come la volontà umana. In esse, infatti, si distin-

5 Riguardo questo aspetto del pensiero hegeliano trovo significativo un confronto dialettico tra le posizioni di Dϋsing, Nuzzo e Duso a partire dai seguenti inter-venti: K. Dϋsing, Le determinazioni della volontà libera e la libertà del concetto in Hegel; A. Nuzzo, La “verità” del concetto di libertà secondo Hegel: Dasein e idea della libertà nell’eticità; g. Duso, La libertà politica nella Rechtphilosophie hegeliana, in g. Duso e g. Rametta (a cura di), La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, cit., pp. 133-146; 147-170; 171-200.

6 Ivi. 7 Dal momento che – (come illustrato nel volume, punto di riferimento costante per

queste considerazioni,: g. Duso e g. Rametta (a cura di), La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, cit., pp. 41-87, e in particolare nel contributo di Luca Fonnesu) – “non esiste una proie-zione immediata della libertà assoluta in senso filosofico nella libertà politica e soltanto in alcuni scritti dell’ultimo decennio del Settecento, come nel Beitrag di Fichte, sembra che l’autonomia del soggetto implichi automaticamente il diritto di questi a far valere il proprio arbitrio anche nei rapporti con gli altri coin-volgendo la libertà politica. Quest’ultima espressione è, peraltro, condizionata dal ruolo o dal rango, che di volta in volta vengono attribuiti alla politica o al “Politico”. Nella gerarchia dei valori, l’attività politica ha quasi sempre un rango più basso di quella morale; ciò è del tutto evidente in Kant, per il quale la politica non solamente deve piegare le ginocchia davanti al diritto, ma anche lo stato, come struttura giuridica (“rechtlich-burgerlicher Zustand”; “politisches Gemein-wesen”) è ben distinto dalla Chiesa, “comunità etica”: è solamente in quest’ultima che si esercita, o si dovrebbe esercitare, una libertà senza costrizione”; cfr. Luca Fonnesu, La libertà e la sua realizzazione nella filosofia pratica di Fichte, in La libertà nella filosofia classica tedesca, cit., p. 90.

10 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 11

gue tra un concetto fondamentale della libertà (sia esso trascendentale o metafisico), ed un concetto pratico di libertà etica o giuridica della volontà. Quel concetto fondamentale di libertà (trascendentale o metafisico) è la base per il concetto della libertà etica o giuridica della volontà. In questa prospettiva è possibile superare diversi pregiudizi e semplificazioni carat-terizzanti il nostro tratto di percorso sul pensiero della libertà andando al cuore di un idealismo che vuole essere, per dirla con Fichte, pratico e non dogmatico. Prima fra tutte quella convizione per cui lo scarto tra Fichte e Hegel si giocherebbe sul fatto che il primo si occuperebbe della libertà, ma non nel modo della sua concreta realizzazione, mentre il progresso operato dal secondo sarebbe costituito dalla conquista, da parte della conoscenza e della razionalità umana, del piano dell’assoluto e della sua effettualità, che sarebbero invece stati ristretti da Fichte ai soli ambiti dell’interiorità e della fede8. Sarà invece lo stesso Fichte, rendendo ragione del suo stesso motto della Erste Einleitung del 1797: “unser Idealismus nicht dogmatish son-dern praktish ist”, ad un certo punto, a negare la legittimità di definire la sua dottrina della scienza come puro e semplice “idealismo”, esprimendo la sua preferenza per determinazioni più complesse come “idealrealismo”, o addirittura per una formula come quella di un superiore, perché trascen-dentale, “realismo”.

“Lo Spirito è l’assolutamente concretissimo”9 direbbe, muovendo dal suo idealismo assoluto, il nostro filosofo di Stoccarda ed esso è in azione. Il suo agire consiste propriamente nel rompere i ponti con il mondo pre-cedente dal momento che ora ci troviamo nella situazione che richiede di riallacciare la relazione tra il terreno e il divino:

D’altra parte, non è difficile scorgere come il nostro tempo sia un tempo di gestazione e di transizione verso una nuova epoca. Lo Spirito ha rotto i ponti con il precedente mondo della sua esistenza e delle sue rappresentazioni, ed è in procinto di sprofondarlo nel passato: vive il travaglio della propria trasfor-mazione. In realtà, lo Spirito non è mai in quiete, ma è impegnato in un conti-nuo movimento progressivo10.

La krisis che travaglia il presente anela, allora, alla riconciliazione di theoria e praxis in un’identità dinamica, generativa e fedele a quell’ideali-smo che, fin dai suoi inizi, si era delineato come bisogno di pensare l’uomo

8 Ivi, pp. 7-31. 9 g.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di b.

Croce e N. Merker, Laterza, bari-Roma 1967, vol. I, par. 164, p. 148. 10 g.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, a cura di V. Cicero, bompiani testi a

fronte, Milano, 2000, p. 59.

nella sua realtà concreta, “nella relazione vivente tra individuo e comunità, religione e popolo, diritto e stato”11.

Lo stesso Hegel degli anni giovanili, del resto, si era riproposto di trova-re il modo per entrare “nella vita degli uomini”12 e, anche per quanto con-cerne l’opera per antonomasia della maturità, uno dei più illustri hegeliani del Novecento – b. Spaventa – ha osservato che la Fenomenologia dello Spirito deve essere letta come una filosofia della storia: la storia mondia-le è, infatti, “il teatro della rappresentazione dello Spirito”, “il progresso nella coscienza della libertà”13. Il fine ultimo del mondo è che lo Spirito prenda coscienza della sua libertà e che, sottolineo, la realizzi.

2. Andacht e libertà nella comunità dello Spirito.

Dopo aver ripercorso le tappe cruciali dell’idealismo tedesco interro-gando i testi di Kant, Fichte e Schelling a partire dall’intreccio di libertà e intersoggettività e dal loro eterogeneo manifestarsi14, è legittimo, ad un dato punto, per lo studioso che voglia predisporsi all’incontro con il ten-tativo hegeliano di “apprendere il proprio tempo col pensiero”15 [ihre Zeit in Gedanken erfassen] analizzare, finalmente, le condizioni di possibilità o modalità del manifestarsi di quell’universale concreto che si riveli ri-empiendo lo spazio vuoto che è la forma del nesso tra theoria e praxis, tra pensiero e contenuto, tra concetto e intuizione. Per quanto concerne, specificamente, la speculazione del filosofo di Stoccarda si dovrà vedere, come cercheremo di fare, se tale universale sarà un singolare o una comu-

11 M. Marassi, Storia e libertà in Hegel, in R. Mordacci (a cura di), Prospettive di filosofia della storia, bruno Mondadori (collana Campus), Milano 2009, p. 124.

12 Lettera a Schelling del 2 novembre 1800: “Nella mia formazione scientifica che è partita dai bisogni più subordinati degli uomini, dovevo essere sospinto verso la scienza, e nello stesso tempo l’ideale degli anni giovanili doveva mutarsi, in forma riflessiva, in un sistema; mi chiedo ora, mentre sono ancora occupato con questo sistema, quale punto di riferimento è da trovare per incidere sulla vita degli uomini”, g.W.F. Hegel, Epistolario, I. 1785-1808, a cura di P. Manganaro, guida, Napoli 1983, p. 156.

13 g.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di g. bonacina e L. Sichirollo, Laterza, bari-Roma 2003, pp. 35-36.

14 A questo proposito trovo significativo il testo di C. Ciancio, Libertà e dono dell’ essere, Marietti 1820, genova-Milano 2009, pp. 31-68.

15 g.F.W. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, (trad. it. di F. Messineo), bari 1979, p. 18: l’espressione esatta è: “ihre Zeit in Gedanken erfaβt”, detto della filosofia.

12 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 13

nità e se e come tale antitesi è superata da Hegel in quella Fenomenologia definibile come una “drammatica cristologica della forma”16 o in quella filosofia della religione che può darsi per il Nostro solo nella forma di una “comunità dello Spirito”17.

Del resto se − come affermato icasticamente nell’Enciclopedia – “lo Spirito è l’assolutamente concretissimo” e, parallelamente, come suggeri-toci da H. Heine – a mio avviso uno dei più acuti interpreti dello Zeitgeist – “il pensiero precede sempre l’azione portandola già in nuce dentro di sé”18 – è effettivamente possibile accostarsi ad Hegel “tra pensiero e azione”.

già l’evento concreto dell’incarnazione, per fare un esempio su tutti, è – come leggiamo nella filosofia della religione – per Hegel, a causa di quella morte di Cristo costituente “il punto centrale intorno a cui ruota il tutto”19, la chiave d’accesso ai luoghi della libertà e, allo stesso tempo, è sintomo della libertà spirituale di Dio20, poiché è a partire da essa che avviene la ri-conciliazione dell’uomo con Dio; esso però non è il solo luogo teorEtico21 presentatoci (come vedremo soffermandoci in particolare sul concetto di Andacht22 ) dalle pagine immortali del nostro classico.

16 Cfr. P. Coda, La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel,Città Nuova, Roma 2007.

17 Cfr. C. Melica, La comunità dello Spirito in Hegel, Pubblicazioni di Verifiche, trento 2007.

18 H. Heine, Fiaba Invernale, libro III, in Grande antologia filosofica, Marzorati, Milano 1971, vol. XVIII, p. 645.

19 g.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia dello spirito, trad. it. a cura di R. bonito-oliva, guerini e associati, Milano 2000, p. 249.

20 Cfr. M. Monaldi, Hegel e la storia, Nuove prospettive e vecchie questioni , guida, Napoli 2000, pp. 102, 217-233.

21 L’aggettivo è appositamente utilizzato nel senso indicato da A. Fabris nel suo recente volume: TeorEtica. Filosofia della relazione, Morcelliana, brescia 2010. Il filosofo indicando nell’identità generativa di pensare ed agire la scaturigine privilegiata dello stesso filosofare ci consente di nominare adeguatamente anche il concetto hegeliano che ci apprestiamo ad analizzare.

22 Una delle “novità” della filosofia della religione di Hegel rispetto alla metafisi-ca classica di stampo wolffiano consiste nella definizione del culto in generale e di una delle sue forme specifiche: il raccoglimento (Andacht). La definizione hegeliana di Andacht ha un significato attivo e non passivo. La nozione tedesca rimanda etimologicamente al Denken, ad un pensiero che, in quanto universale, è attività pensante. La traduzione italiana perde questa sfumatura, per questo moti-vo utilizzeremo il termine esclusivamente in lingua tedesca. Nella Fenomenologia il culto è definito “azione effettuale”, cfr. PhG, 383-385 (II, 228, 230); e ne “Il concetto di religione” del 1821, il culto è “agire”, cfr. VPR, 1821, III, 98-101 (150-153). Cfr. anche C. Melica, La comunità dello Spirito in Hegel, cit., pp. 103-125.

Sappiamo bene, innanzitutto, che se Dio non fosse nell’uomo e non si manifestasse attraverso l’uomo rimarrebbe solo presso di sé, inaccessibile e inconoscibile quoad nos.

Nella recensione del 1829 agli Aforismi di göschel, Hegel, per questo motivo, parla di un sapersi di Dio “in me” e di un sapersi dell’uomo “in Dio” enfatizzando quella dimensione esistenziale per cui, come osserva C. Melica, ci accorgiamo che “non si tratta solo di un sapere, ma anche di un ritrovare il proprio essere, il proprio Dasein, nell’altro da sé”23. Coe-rentemente con la nostra impostazione dovremo, allora, cercare il “luogo” comune a Dio e all’uomo “tra pensiero e azione”, spiegare perché esso è terreno fertile per il manifestarsi della libertà e perché − tesi principale − si può, di qui, assumere che la libertà sia la chiave d’accesso privilegiata al fenomeno dell’intersoggettività.

Procediamo, però, con ordine interrogando il testo hegeliano.È rintracciabile, come osserva C. Melica, un’unica linea espositiva che

− a partire dal corso di storia della filosofia del 1823-24, attraverso il corso di filosofia della religione del 1824, il corso ancora di storia della filosofia del 1825-26 ed infine l’Enciclopedia del 1827 − colloca l’Andacht come l’apice di un momento della religione24. Con l’espressione “Andacht” He-gel non intende solo ciò che noi traduciamo con il termine “culto”, cioè dire gli atti pubblici rituali, quanto piuttosto tutto ciò che si trova all’inter-no della religione o nell’intimità del credente, e che potremmo adeguata-mente tradurre con l’espressione “raccoglimento”. egli predilige, dunque, l’aspetto pratico del culto che diviene un vero e proprio agire, al punto che, coerentemente con il suo concetto di religione, il filosofo di Stoccarda ne evidenzia la peculiarità nell’ “attività della produzione […] dell’unità tra uomo e Dio”: se la religione è considerata un “fare” o “la ragione pensante nella sua attività”25 allora la sua attività si esplica attraverso il culto che diviene un “operare” in vista di uno scopo, attività espressa da Hegel me-

23 Ivi, p. 116. Significativo ricordare che è all’interno della spiegazione del concetto di fede come “sapere mediato”, contrariamente a quello immediato di Jacobi, che Hegel parla di Andacht, come l’apice di quello “sprofondamento interiore nella cosa”, che è “sapere di sé solamente in quanto è sapere di Dio in sé”; VPR, 1824, III, 252 (257-288).

24 e lo colloca, precisamente, come “superamento” (Aufhebung) della scissione tra soggetto e oggetto dal lato della Vorstellung: e “se questa è l’Aufhebung del lato pratico della Vorstellung nell’Andacht, allora, il “togliersi” della Vorstellung nel Begriff costituisce il lato teoretico di questo “superamento””, ivi., p. 113.

25 g.W.F. Hegel, Lezioni di filosofia della religione. Parte I: Introduzione. Il concet-to di religione, a cura di S. Ascella e R. garaventa, guida, Napoli 2003, 1824, III, 206 (253), ivi, 248 (292-293), cfr. anche Enz C, par. 573, Anm., 556 (551-552).

14 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 15

diante i verbi “tun” (fare) e “handeln” (agire). Nell’Andacht, inoltre, è im-plicito il pensiero (Denken) reso successivamente esplicito dalla filosofia e, a cagione di ciò, possiamo a buon diritto definirla l’attività che realizza per eccellenza “questo sapere che è una testimonianza” rendendo esplicito come per Hegel non ci sia distinzione tra fede e sapere26. Infatti la “vera fede”, dovendosi basare su qualcosa di interiore e spirituale (Andacht come raccoglimento) è “testimonianza (Zeugnis) dello Spirito circa lo Spirito”27, cioè dire, “testimonianza che lo spirito dà a sé di se stesso; quella testimo-nianza con cui lo spirito si genera (sich zeugt) e si mostra a se stesso (sich zeigt)”, poiché “lo spirito paradossalmente offre se stesso per testimoniarsi a sé”28. Inoltre, e questo ci consente di fare il secondo passaggio, l’origina-lità dell’interpretazione hegeliana risiede nell’attribuire all’azione di culto la realizzazione di un fine universale.

Scrive C. Melica:

Il “rapporto pratico” tipico dell’ Andacht e del culto in generale, assunto sia come “sapere di quest’elevazione” sia come vero e proprio agire, è altret-tanto costitutivo, insieme al “rapporto teoretico”, della religione. essi vanno a formare, come negazione della negazione, “il sapere di questo sapere”, in altre parole il sapere speculativo della filosofia, che è pratica e teorica insieme, perché essa è sia consapevolezza “circa l’universalità libera della sua essenza concreta”29 sia “lo spirito libero che si sa nella sua razionalità e verità30”31.

26 Proprio all’interno dell’esposizione del corso del 1824 Hegel chiarisce il signi-ficato del “fondamento” del culto: la fede. Differentemente da Jacobi, Hegel, per fede, non intende il sapere immediato bensì il “sapere mediato di Dio”. Come il filosofo di Stoccarda scrive nel corso successivo “il sapere è […] necessario alla religione; essa implica quella mediazione” VPR, 1827, III, 307 (348). Ciò che io credo, afferma Hegel, non posso non saperlo e “quando credo in Dio, egli è nella mia coscienza ed io so anche che Dio è”. VPR, 1827, III, 283 (325). Questo implica che “non si può mostrare assolutamente niente che non contenga in sé la mediazione”. Ciò che io credo, sostiene Hegel, non posso non saperlo e “quando credo in Dio, egli è nella mia coscienza ed io so anche che Dio è”. VPR, 1827, III, 283 (325). Da un lato, infatti, si trova il soggetto che sa e, dall’altro, l’oggetto (Dio) che costituisce il “mio sapere di Dio” come “qualcosa di mediato”, ivi, 308 (349).

27 VPR, 1824, III, 249 (283-284). 28 M.M. olivetti, Il problema della secolarizzazione inesauribile, “Archivio di Fi-

losofia”, LXXII (1976), pp. 75-76. 29 Enz. C, par. 552, Anm., 532.30 Ivi, 541 (536). 31 C. Melica, Hegel e la comunità dello Spirito, cit., p. 125.

Una filosofia che è pratica e teorica insieme, ecco la riconciliazione a cui anela l’ora attuale tramite l’impresa speculativa hegeliana: ma la nozio-ne di Andacht può veramente darsi in una circolarità ermeneutica32 con il concetto hegeliano di filosofia? E, poi, che cos’ha da dirci riguardo quella libertà che la storia del pensiero moderno declina categoricamente sui due lati del “libero di”/ “libero da”?

Confrontando i vari corsi sulla storia della filosofia si può osservare come Hegel tratti dell’Andacht sempre nella parte introduttiva33, in luogo dell’esposizione dell’aporetico problema dell’inizio della storia della filo-sofia. La questione è affrontata, inoltre, proprio dove egli si trova a distin-guere e a precisare che cosa intenda per filosofia e quali sono le scienze con le quali essa si pone in relazione: religione in primis − come noto- a causa del contenuto comune34. Rimane, però, da capire come si colloca la libertà (libero di/libero da) all’interno della circolarità di questo sapere teoretico e come si può arrivare a pensare al manifestarsi di quel luogo concreto − cioè dire lo spazio dell’intersoggettività − che per il Nostro diviene autentica comunità dello Spirito. Domanderebbe Hegel:

“Qual è il luogo in cui questo contenuto, quest’oggetto è a casa propria?”35.

La chiave di volta, o condizione d’accessibilità, allo spazio della libertà ci è fornita ancora una volta dalla nozione hegeliana di Andacht. L’origina-lità dell’interpretazione del filosofo di Stoccarda consiste, infatti, nell’attri-buire all’azione di culto la realizzazione, contro la volontà individuale, di un fine universale. Nel culto, infatti, appare un momento negativo che è il sacrificio della soggettività del credente. Come si concilia, però, l’interio-rità del soggetto rivolta alla particolarità con l’universalità verso cui egli stesso tende? Inoltre, come si accordano due elementi così eterogenei come il pensiero e l’azione, nell’Andacht36? L’universalità – chiarisce Hegel sin dall’inizio del corso del 1827, così come in altre opere – è oggetto del pensiero, anzi è sempre e “solo nel pensiero”37, e tale “togliere e innalzare

32 La stessa circolarità che si dà tra “Spirito e intersoggettività”. 33 Cfr., C. Melica, Hegel e la comunità dello Spirito, cit., pp. 110-111. 34 Nel corso introduttivo del 1823-24 il contenuto comune della filosofia e della

religione, Dio inteso come spirito, è conosciuto, in un primo momento, proprio attraverso l’Andacht, che fornisce la certezza interiore dell’unità dell’uomo con Dio.

35 VPR, 1827, III 270 (312): “Welches ist der Ort, wo dieser Inhalt, gegenstand, zu Hause ist?” (corsivo mio).

36 Cfr. C. Melica, La comunità dello Spirito in Hegel, cit., Intersoggettività e reli-gione, pp. 127-168.

37 Cfr. VPW Vern., 43 (I, 26).

16 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 17

all’universale è ciò che si chiama l’attività del pensare”38. Nell’attività del pensiero l’universale non è astratto, bensì è il momento più concreto e ric-co, dato che la sua caratteristica è determinarsi attraverso il riferire a sé la differenza di sé da se stesso. tale riferirsi a se medesimo e farsi oggetto di sé è sapere di sé come sapere mediato ovvero la definizione più propria del-lo spirito. Quest’accento sul soggetto, sull’interiorità propria dell’ Andacht, non comporta così il diniego dell’universalità. La soggettività, che presiede alla sua costituzione, non è individualismo soggettivo, ma è soggettività come “sapere di sé”, che raggiunge l’universalità attraverso un fondamen-tale momento dialettico di negazione determinata di sé nell’altro da sé39.

Nell’Andacht, inoltre, risiede uno degli esempi più pregnanti dell’avve-nuto passaggio da una concezione di stampo wolffiano, che aveva come oggetto solamente Dio, ad una riflessione, come quella hegeliana, che ha per oggetto anche il rapporto che Dio instaura con l’uomo. Tale riflessio-ne conduce, inoltre, ad ulteriori importanti conseguenze: nel rapportarsi all’altro il credente si determina in sé e per sé ovvero si sa nell’altro. Solo determinandosi sia in rapporto a sé sia rispetto all’altro da sé ha luogo quella differenza interna alla comunità, grazie alla quale essa può essere totalità concreta. La tesi di Hegel è, infatti, che l’appartenenza ad una co-munità indica non solo l’essere parte di una totalità, ma l’essere soprattutto ogni singolo credente inserito in un mondo di relazioni e, quindi, mai iso-lato in sé. Argomentazione decisiva questa che indica come egli consideri il credente come individuo sempre in relazione con altri membri. Inoltre tale argomentazione dimostra come quella relazione può avere luogo solo attraverso e dentro la comunità. La dimensione, per così dire, associativa o la forma di vita sociale che si viene a costituire nella comunità è solo la conseguenza di un legame organico preesistente tra i suoi membri in nome della loro fede nello Spirito. Nella comunità l’altro non si oppone ad un altro o ad altri credenti, perché condivide o meglio “ha in comune” con tutti loro (appunto secondo l’etimologia tedesca Gemein, da cui Gemeinde deri-va) la coscienza dello Spirito. tuttavia siccome lo stare insieme tra indivi-dui non è un semplice aver in comune qualcosa (communio) nel senso della Gemeinschaft, né, nel suo significato neotestamentario, esclusione della proprietà privata, allora, esso è, in maniera più radicale, qualcosa di comu-ne inerente all’interiorità della coscienza di ciascun individuo. Di conse-guenza, tale specifica comunanza di individui “si eleva” ad una comunità religiosa universale, che diviene l’autocoscienza dello Spirito. Si tratta, al-

38 GPhR, § 21 Anm., 72 (38).39 Cfr. F. Menegoni, Soggetto e struttura dell’agire in Hegel, Verifiche, Trento 1993.

lora, di interpretare l’universale come quello speciale luogo di consonanza tra individuale e collettivo che Hegel chiama “universale concreto”.

La speciale funzione rivestita dal culto all’interno della comunità rinvia, poi, ad un’articolata argomentazione hegeliana sul concetto di libertà nella religione riscontrabile già a partire dagli Scritti teologici giovanili e molto importante per la nostra analisi40.

In primo luogo Hegel delinea un concetto di libertà, per così dire, pri-vativo, vale a dire l’essere liberi da qualcosa. Nel culto, effettivamente, il soggetto si sente libero dall’ “aridità dell’essere per sé, dal suo singolo escludersi dal suo oggetto”41, “dalla sua volontà particolare”42. Nelle Lezio-ni sulla filosofia della religione Hegel sostiene che:

lo scopo, Dio, deve farsi in me attraverso di me e ciò contro cui si rivolge l’azione che è la mia azione, è quindi questo rinunciare in generale a me che non si mantiene più come un che di specifico essente per sé; questa è la realiz-zazione, il lato “pratico”43.

Il culto, perciò, non è un culto “limitato”, ma culto compreso “nell’ele-mento della libertà”, vale a dire nella dimensione dell’universalità e non della singolarità. Il credente non deve mantenersi nell’astrattezza della propria singola esistenza ma, tramite il culto, deve essere membro di una comunità. In tal modo il credente, rinunciando alla sua particolarità, sa la sua libertà e prende coscienza del suo valore infinito. La religione è, per Hegel, compiuta perché è religione riconciliata tra l’elemento umano e quello divino. essa è, quindi, religione della libertà in cui l’uno “si sente a casa” nell’altro. Ne consegue, in secondo luogo, che anche Dio44, solo in quanto inteso come spirito, è un Dio libero che si sa nella sua comunità e non è un Dio prigioniero del modo in cui la coscienza lo rappresenta. Dio si sa ed è conosciuto come libero, perché è spirito che si autodetermina in

40 Per queste riflessioni è stato punto di riferimento costante il pensiero di C. Melica sulla libertà nella filosofia della religione in Hegel a partire dall’intervento della studiosa − “Gott ist der Gott freier Menschen” – all’ Internationaler Hegelkon-gress 2011, Freiheit. Freedom. Liberté. 22. bis. 25. Juni 2011. Rathaus Stuttgart, in corso di pubblicazione, e le riflessioni sulla libertà nella filosofia della religione a partire dal concetto di Andacht in: “La comunità dello Spirito”, cit.

41 VPR, 1824, III, 240 (286).42 VPR, 1831, III, 260 (305) nota. 43 Ivi. 44 Cfr. C. Melica, “gott ist der gott freier Menschen”, intervento all’ Internationaler

Hegelkongress 2011, cit.

18 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 19

sé ed è libero in sé45. Dio come spirito è tale solo in quanto sa se stesso e non dipende da alcun elemento esteriore, ma solo dall’altro da sé che è in sé. L’incarnazione è, per Hegel, sintomo della libertà spirituale di Dio46, poiché è a partire da essa che avviene la riconciliazione dell’uomo con Dio. La libertà è il risultato del rapporto con sé e con l’altro; rapporto con l’altro che si configura sia in termini di partecipazione sia in termini di confronto con il differente da sé. tale confronto non teme l’altro, perché è solo attra-verso l’altro che il Sé si determina.

Qui ci troviamo, a mio avviso, ad un punto cruciale, sebbene poco stu-diato, rispetto al possibile contributo hegeliano ad un discorso inerente l’ontologia della libertà e, indirettamente, l’ontologia relazionale: abbiamo affermato, infatti, che “la libertà è il risultato del rapporto con sé e con l’altro”; ma perché proprio la libertà? Non è assolutamente evidente per nessuno neanche che ci sia un nesso necessario tra libertà e relazionalità “orizzontale” o che la libertà debba necessariamente implicare l’esistenza d’altri: ci basti analizzare il concetto della libertà dell’atto!

Come si può, allora, arrivare ad affermare addirittura che la libertà sia la chiave d’accesso privilegiata all’intersoggettività? A mio avviso solo assumendo che anche Dio, in quanto Dio, per essere tale, aveva (l’unico) bisogno di un Altro la cui Libertà fosse potenzialmente libera di negarLo (quoad se) o di tradirlo (quoad nos), una libertà situata in uno spazio origi-nario al di là dell’essere.

Si darebbe, così, un inveramento del sillogismo sotteso all’impalcatu-ra speculativa hegeliana anche sul lato della libertà, che mutatis mutandis sembra quasi un eco delle parole dello Schelling della filosofia della Rive-lazione: se – per il filosofo di Stoccarda − l’Assoluto è Geist, e il finito è nell’ Assoluto, è ovvio che la struttura del finito sia relazionale e tenden-zialmente “trinitaria”, come relazionale e trinitaria è la struttura del Geist stesso. Parimenti, se la Libertà dell’Assoluto è Geist, e la libertà finita è nella Libertà dell’Assoluto, è ovvio che la struttura della libertà finita sia relazionale e tendenzialmente “trinitaria”, come relazionale e tendenzial-mente “trinitaria” è la struttura del Geist stesso. Si potrebbe dire che “io (tu) sono (sei) affinché tu (io) sia nel riconoscimento possibile”, anche se io (o tu) esisto(i) anche indipendentemente dal tuo (mio) riconoscimento. L’amletica domanda di Schelling apre allora nuovi scenari per una “teore-tica” del riconoscimento:

45 VPR, 1824, III, 250 (294).46 Cfr. M. Monaldi, Hegel e la storia, cit., pp. 102, 217-233.

era in potere di Dio conservare per sempre presso di sé, come qualcosa di puramente possibile, quella possibilità di un essere fuori di sé che si rivelava in se stesso- quella possibile alterità.

e tuttavia,

[…] se anche il più nobile spirito umano non si accontenta di essere solo per se stesso ciò che è, ma sente una naturale esigenza di essere anche riconosciuto per quello che è, quanto più non dovrà supporsi che vi sia nel più alto degli spi-riti un bisogno- l’unico nella Divinità, che per il resto non ha bisogno di nulla – di porre un altro da sé e di trasformarlo in conoscente di sé? (Ph.o. 508-509).

o in “ri-conoscente” di sé? Per quanto riguarda, infine, il luogo dell’universale concreto − nel quale

si attuerebbe la necessità dell’elevazione della filosofia a scienza − Hegel47 sostiene che la concrezione della forma avviene nell’incontro tra l’essenza sciolta dal suo ancoraggio metafisico alla sostanza (l’essenza perciò libera di fluire nell’esistenza) e l’esistenza stessa che, liberata dalla fatticità in-conscia, si fa ricettacolo del fluire in essa dell’essenza.

Leggiamo a tal proposito nella Fenomenologia dello Spirito:

Di questo Spirito che ha abbandonato la forma della sostanza e che accede all’esistenza (Dasein) nella figura dell’autocoscienza (…) possiamo dire – se vogliamo servirci dei rapporti basati sulla generazione naturale – che esso ha una madre reale, ma un padre in-sé-essente; la realtà, cioè l’autocoscienza, e l’In sé in questa sostanza, infatti, sono i due momenti mediante la reciproca esteriorizzazione dei quali, ciascuno divenendo l’altro, lo Spirito als diese ihre einheit ins Dasein tritt come questa loro unità accede all’esistenza48.

La metafora generativa di cui Hegel fa uso, commenta P. Coda, rimanda al racconto cristiano dell’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo vergi-nale di Maria, ma anche, più in generale, alla metafisica classica – greca e scolastica – dove la forma viene a determinare, attuandola così nell’esi-stenza, la materia quale ricettacolo che l’accoglie. Scrive il teologo:

“nel caso di Hegel, però, la materia che fa da ricettacolo non è la materia prima, la πρώτη ύλη: è l’esistenza già data ma “bewuβtlose” inconscia, la quale, ricevendo in sé l’essenza che fluisce (il divino non come sostanza separata, ma come un fluido che precipita nella concrezione di sé), assurge appunto alla coscienza di sé come essenza che ha preso forma nell’esisten-

47 Cfr. P. Coda, La percezione della forma, cit., pp. 17-21; 46-50.48 Ph.G 988-989.

20 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 21

za. tale processo e incontro del Wesen e del suo Dasein sono mediati dalla forma mediante la quale essi avvengono in uno. “Sie ist die reine Form”: la forma prima, cioè colta nell’atto del suo accadere, prima ancora del suo prodursi in figura. “Diese Form ist die Nacht worin die Substanz verraten ward, und sich zum Subjekte machte”, “tale forma è la notte in cui la so-stanza fu tradita e si fece soggetto”49. A parere dello studioso, poi, è eviden-te l’allusione al tradimento di gesù. Hegel usa, infatti, il verbo verraten, tradire, ma anche tradirsi, e cioè rivelar-si, palesar-si. In quella notte, in altri termini, vi fu quel tradimento che permise all’essenza di rivelarsi per ciò ch’essa è, transitando infine da sostanza a soggetto. Si tratta di quella figura dello Spirito che Hegel, in altro contesto e con altri obiettivi – nella filosofia della storia universale -, definirà “astuzia della ragione”: il tradi-mento che diventa occasione di palesare il segreto ch’è restato nascosto”50.

Il greco e il latino del racconto neotestamentario, anche dal punto di vista linguistico – continua il teologo − alludono a un’altra ambiguità di senso: poiché il tradimento è essenzialmente consegna, παράδωσις, tra-ditio, dove la consegna che Giuda fa di Gesù ai carnefici è resa possibile e realizza la consegna che il Padre fa del Figlio e il Figlio liberamente fa di se stesso. Come afferma il quarto Vangelo:

Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio (διά τουτό με ο πατήρ αγαπα ότι εγώ τίθημι τήν Ψυχήν μου, ίνα πάλιν λάβω αυτήν ουδείς αίρει αυτήν απ’ εμαυτού. Εξουσίαν έχω πάλιν λαβείν αυτήν ταύτην τήν εντολήν έλαβον παρά τού πατρός μου, Gv 10, 17-18).

Se il dare e il dar-si, di cui parla la Scrittura, indicano dedizione persona-le, relazione, libertà e αγάπη; in Hegel essi vogliono, invece, significare il

darsi dell’essenza nella forma del trapassare fluente della sostanza in sé, che s’oppone alla coscienza di sé, al soggetto che, dando-si all’altro-da-sé, pervie-ne all’autocoscienza di sé51.

Pare, direi, che solo “offrendo la vita da se stessi” si è liberi dal riconosci-mento e nel riconoscimento e quindi liberi rispetto alla possibilità sempre prossima del tradimento (“Nessuno me la toglie ma la offro da me stesso”

49 Ibid., 928-929.50 P. Coda, La percezione della forma, cit., p. 47.51 Ivi.

e, proprio “per questo il Padre mi ama”). La stessa libertà dell’Uomo-Dio, infatti, è andata oltre il riconoscimento non solo degli uomini ma anche del Padre, tramite un’azione dello Spirito: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”52, e ”Padre, nelle tue mani ripongo il mio Spirito”53. In questo senso la concezione hegeliana della libertà della filosofia della reli-gione è assolutamente in linea con quella del filone mistico che da Echkart (e prima con gioacchino da Fiore e bonaventura54) arriva, per l’appunto, fino al Nostro.

Sembrerebbe inoltre, per concludere, che Hegel stesso faccia, almeno intenzionalmente, un passo in avanti rispetto alla storia stessa della mistica occidentale e della metafisica55 (ovviamente grazie alla sua precompensio-ne panteistica: felix culpa!) − sulla strada dell’intersoggettività − grazie all’ orizzontalità caratterizzante la sua “trascendenza”; dal momento che, per quanto concerne l’opera per antonomasia ma anche la speculazione hege-liana tutta intera, possiamo a buon diritto affermare con J. Hyppolite che:

non si dà più alcuna trascendenza fuori del divenire storico. tutta la Fenome-nologia appare come uno sforzo eroico per ridurre la trascendenza “verticale” a una trascendenza “orizzontale”56,

cioè dire quel luogo d’incontro dell’altro da sé e della correlazione dina-mica delle libertà e delle soggettività tra due poli, di tappa in tappa mutabili al ritmo del cammino dello Spirito, che si manifesta nella sua natura rela-zionale in una squisita circolarità ermeneutica continua tra Geist, Andacht, Freiheit e Intersubjektivität.

52 Mc, 15, 34; cfr. Mt 27,46. Si potrebbe affermare che l’abbandono è l’altra faccia della medaglia del riconoscimento.

53 Lc, 23, 46. 54 Cfr. Joseph Ratzinger, San Bonaventura, La teologia della storia, edizione por-

ziuncola, Assisi, gennaio 2008; H. de Lubac, La postérité spiritelle de Joachin de Flore, P. Lethielleux, Paris-Namur 1979-1981, 2 voll. (trad.it., Jaca book, Milano 1981-1984) e P. Coda, Dio che dice Amore, Città Nuova Universitas, Roma 2007.

55 In quel filone che, secondo Von Balthasar, va da Agostino (e direi dal neoplato-nismo di Agostino passando per Cusano) ad Hegel in direzione di una metafisica della relazione o dell’intersoggettività.

56 J. Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, bompiani, Milano 2005, p. 7.

22 Libertà e intersoggettività C. Cimmarusti - Tra pensiero e azione: libertà e intersoggettività in Hegel 23

Bibliografia

Opere di G.W.F. HeGel.g.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di b.

Croce e N. Merker, Laterza, bari-Roma 1967, vol. I.g.W.F. Hegel, Epistolario, I. 1785-1808, a cura di P. Manganaro, guida, Napoli

1983.g.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, a cura di V. Cicero, bompiani testi

a fronte, Milano 2000.g.W.F. Hegel, Lezioni di filosofia della religione, a cura di S. Ascella e R. ga-

raventa, guida, Napoli 2003.g.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia dello spirito, trad. it. a cura di R. bonito-

oliva, guerini e associati, Milano 2000. g.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di g. bonacina e L.

Sichirollo, Laterza, bari-Roma 2003.g.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, (trad. it. di F. Messineo), La-

terza, bari 1979.

Altre Opere.Ciancio C., Libertà e dono dell’essere, Marietti1820, genova-Milano 2009.Coda P., Dio che dice Amore, Città Nuova Universitas, Roma 2007.Coda P., Il negativo e la Trinità. Ipotesi su Hegel, Città Nuova editrice, Roma

1987.Coda P., La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel, Cit-

tà Nuova, Roma 2007.Della Valle S., Freiheit und Intersubjektivität. Zur historischen Entwicklung von

Hegels geschichtsphilosophischen und politischen Auffsungen, Akademie-Verlag, berlin 1998.

De Lubac H., La postérité spiritelle de Joachin de Florec, P. Lethielleux, Paris-Namur 1979-1981, 2 voll. (trad. it., Jacabook, Milano 1981-1984.

Duso g. e Rametta g. (a cura di), La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, FrancoAngeli editore, Mi-lano 2000.

Fabris A., TeorEtica. Filosofia della relazione, Morcelliana, brescia 2010.Freiheit. Liberté. Freedom. Internationaler Hegel-Kongress 2011, 22. bis 25.

Juni 2011, Rathaus Stuttgart, atti in corso di pubblicazione.Fichte J.g., Grundlage der gesamten Wissenschaftslehre, 1795, tr. it. a cura di

G. Boffi. Fondamento dell’intera dottrina della Scienza, bompiani, Milano 2003.Heine H., Fiaba Invernale, Libro III, in Grande antologia filosofica, Marzorati,

Milano 1971, vol. XVIII. Hyppolite J., Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel,

Milano 2005.Losurdo D., Hegel e la libertà dei moderni, voll. I-II, La scuola di Pitagora

editrice, Napoli 2011.Marassi M., Storia e libertà in Hegel, in R. Mordacci (a cura di), Prospettive di

filosofia della storia, bruno Mondadori (Collana Campus), Milano 2009.

Melica C., La comunità dello Spirito in Hegel, Pubblicazioni di Verifiche, Tren-to 2007.

Menegoni F., Soggetto e struttura dell’agire in Hegel, Verifiche, Trento 1993.Monaldi M., Hegel e la storia. Nuove prospettive e vecchie questioni, guida,

Napoli 2000.olivetti M.M., Il problema della secolarizzazione inesauribile, “Archivio di Fi-

losofia”, LXXII 1976.Ratzinger J., San Bonaventura, la teologia della storia, edizioni Porziuncola,

Assisi, gennaio 2008. Schelling F.W.J. von, Sämtliche Werke (1856), Robarts-University of toronto,

http://www.archive.org/details/smtlichewerke02sche.


Recommended