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Umbria tardoantica. I luoghi, le merci, il mondo delle immagini

Date post: 20-Feb-2023
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Umbria tardoantica: i luoghi, le merci, il mondo delle immagini Presentazioni 1 Alessandra BRAvi Gli oggetti riuniti in questo catalogo offrono un’immagine del mondo della cultura materiale dei territori dell’Umbria tardoantica, in un arco di tempo compreso tra il III e il VI sec. d.C. Il punto focale è costituito da un’epoca dai caratteri storici definiti, che Santo Mazzarino definì l’éra costantiniana, quale punto di svolta tra periodi e fasi che intrecciavano le trame di una lunga concatenazione di eventi: un’epoca di cambia- menti radicali nei rapporti tra stato e religione; durante la quale “il mondo classico, con i suoi presupposti, si sfaldò” 1 . Da parte nostra abbiamo ritenuto opportuno estendere i termini cronologici di quest’epoca dagli inizi del III secolo e di giungere fino alla seconda metà del VI: dall’epoca severiana, che precede l’anarchia militare fino alla riconquista dell’Occidente ad opera di Giustiniano. In questo arco di tempo in Italia si manifestavano processi a lungo termine, in alcuni casi già avviati nei secoli I e II 2 . Le città italiane condivisero con altre metropoli dell’Impero un destino di intense trasformazioni monumentali e i ceti dominanti che le abitavano assistevano al lento cambiamento della propria identità 3 . Le élites delle città umbre cambiano i loro costumi religiosi e le loro consuetudini private. La devozione all’imperatore e l’appartenenza al vasto bacino delle aristocrazie del Mediterraneo imperiale implicava l’adesione a nuove credenze e l’attuazione di nuove forme politiche nei microcosmi civici. Le forme di conciliazione tra le pratiche sociali e politiche di un mondo paga- no articolato negli spazi pubblici e privati delle città, negli insediamenti di varia natura sparsi sul territorio con un nuovo sistema di valori, si attuavano sullo sfondo di un’intensa circolazione di beni simbolici, che interagiva con i flussi commerciali e con il mutare della geografia dei poteri politici distribuiti sul territorio e dalle loro relazioni con i centri propulsori di modelli culturali e di beni materiali. Nella città romana di epoca imperiale il decoro dei monumenti urbani dimostrava la compattezza del corpo politico; in una topografia ordinata si rendevano visibili i confini tra spazi pubblici e aree private. Edifici di rappresentanza e monumenti politici erano decorati con marmi pregiati e ornati di statue. Secondo B. Ward-Perkins la fine del mondo classico si manifestò concretamente proprio con il degrado di un livel- lo di civilizzazione espressa dai beni suntuari, dagli oggetti quotidiani di fattura più pregiata e dalle prestigiose deco- razioni negli spazi pubblici 4 . Nel III sec. d.C. una visione catastrofista era stata espressa dal vescovo di Cartagine Cipriano, che aveva avvertito precocemente i sintomi tangibili di un globale cambiamento, individuando rarefazioni, contrazioni e scomparse nel flusso degli oggetti materiali. Sembravano diventati irreperibili i prodotti in natura utili al confezionamento dei beni di consumo e alle forme della civilizzazione urbana; scomparivano le lastre marmoree; si faceva sempre più rarefat- ta la circolazione di oro e argento; decadevano la produzione agricola, il commercio marino, la forza dell’esercito 5 . Questa percezione del mutamento era maturata nel solco di antiche tradizioni nutrite di luoghi comuni diatribici. Le analisi dell’epoca tardoantica di storici e archeologi moderni hanno cercato di mettere in luce la relazione profonda che era possibile rintracciare tra decadenza materiale, degli oggetti e delle forme dell’arte, e le strutture sociali ed economiche. Secondo Rostovzeff si verificò nel III secolo una ‘rivoluzione sociale’che distrusse le fondamenta della vita economica e intellettuale del mondo antico 6 . Per Bianchi Bandinelli i cambiamenti di stile delle opere d’arte manifestavano le inquietudini e le angosce degli individui e nello stesso tempo esprimevano la metamorfosi della società. Un mondo di forme ‘plebee’ prendeva il comando nel linguaggio figurativo ufficiale nutrito di forme stili- stiche greche, che per secoli aveva rappresentato un’identità forte dell’arte romana 7 . 1 Mazzarino 1974: p. 7. 2 Si ritiene che nello spa- zio di tempo intercorso tra l’età di Diocleziano e la morte di Costantino la provincializzazione dell’Italia sia diventata un fatto compiuto: Giardina 1986. Si regio- nalizano inoltre i merca- ti e gli scambi; e alla fine del II secolo sembrereb- bero manifestarsi punte di crisi dell’artigianato italico: Carandini 1992. 3 Sorge il potere politico ecclesiastico: Volpe 2007; Volpe 2009. Trasformazioni delle élites: Lizzi Testa 2006; Caliri 2010. 4 Ward-Perkins 2008. 5 Cipriano, Ad Deme- trianum 3; Bianchi Bandinelli 1970, pp. 12-14. 6 Rostovtzeff 2003. 7 Bianchi Bandinelli 1967; Bianchi Bandi- nelli 1970. Sul linguag- gio formale dell’arte tar- doantica vedi il saggio di Francesca Ghedini in questo catalogo. bravi 16-11-12.qxd:Layout 1 16/11/12 19:01 Pagina 1
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Umbria tardoantica: i luoghi, le merci,il mondo delle immagini

Presentazioni

1

Alessandra BRAviGli oggetti riuniti in questo catalogo offrono un’immagine del mondo della cultura materiale dei territori dell’Umbria

tardoantica, in un arco di tempo compreso tra il III e il VI sec. d.C.

Il punto focale è costituito da un’epoca dai caratteri storici definiti, che Santo Mazzarino definì l’éra costantiniana, quale

punto di svolta tra periodi e fasi che intrecciavano le trame di una lunga concatenazione di eventi: un’epoca di cambia-

menti radicali nei rapporti tra stato e religione; durante la quale “il mondo classico, con i suoi presupposti, si sfaldò”1.

Da parte nostra abbiamo ritenuto opportuno estendere i termini cronologici di quest’epoca dagli inizi del III secolo e

di giungere fino alla seconda metà del VI: dall’epoca severiana, che precede l’anarchia militare fino alla riconquista

dell’Occidente ad opera di Giustiniano.

In questo arco di tempo in Italia si manifestavano processi a lungo termine, in alcuni casi già avviati nei secoli I e

II2. Le città italiane condivisero con altre metropoli dell’Impero un destino di intense trasformazioni monumentali e

i ceti dominanti che le abitavano assistevano al lento cambiamento della propria identità3. Le élites delle città umbre

cambiano i loro costumi religiosi e le loro consuetudini private. La devozione all’imperatore e l’appartenenza al vasto

bacino delle aristocrazie del Mediterraneo imperiale implicava l’adesione a nuove credenze e l’attuazione di nuove

forme politiche nei microcosmi civici. Le forme di conciliazione tra le pratiche sociali e politiche di un mondo paga-

no articolato negli spazi pubblici e privati delle città, negli insediamenti di varia natura sparsi sul territorio con un

nuovo sistema di valori, si attuavano sullo sfondo di un’intensa circolazione di beni simbolici, che interagiva con i

flussi commerciali e con il mutare della geografia dei poteri politici distribuiti sul territorio e dalle loro relazioni con

i centri propulsori di modelli culturali e di beni materiali.

Nella città romana di epoca imperiale il decoro dei monumenti urbani dimostrava la compattezza del corpo politico;

in una topografia ordinata si rendevano visibili i confini tra spazi pubblici e aree private. Edifici di rappresentanza e

monumenti politici erano decorati con marmi pregiati e ornati di statue.

Secondo B. Ward-Perkins la fine del mondo classico si manifestò concretamente proprio con il degrado di un livel-

lo di civilizzazione espressa dai beni suntuari, dagli oggetti quotidiani di fattura più pregiata e dalle prestigiose deco-

razioni negli spazi pubblici4.

Nel III sec. d.C. una visione catastrofista era stata espressa dal vescovo di Cartagine Cipriano, che aveva avvertito

precocemente i sintomi tangibili di un globale cambiamento, individuando rarefazioni, contrazioni e scomparse nel

flusso degli oggetti materiali. Sembravano diventati irreperibili i prodotti in natura utili al confezionamento dei beni

di consumo e alle forme della civilizzazione urbana; scomparivano le lastre marmoree; si faceva sempre più rarefat-

ta la circolazione di oro e argento; decadevano la produzione agricola, il commercio marino, la forza dell’esercito5.

Questa percezione del mutamento era maturata nel solco di antiche tradizioni nutrite di luoghi comuni diatribici. Le

analisi dell’epoca tardoantica di storici e archeologi moderni hanno cercato di mettere in luce la relazione profonda

che era possibile rintracciare tra decadenza materiale, degli oggetti e delle forme dell’arte, e le strutture sociali ed

economiche. Secondo Rostovzeff si verificò nel III secolo una ‘rivoluzione sociale’che distrusse le fondamenta della

vita economica e intellettuale del mondo antico6. Per Bianchi Bandinelli i cambiamenti di stile delle opere d’arte

manifestavano le inquietudini e le angosce degli individui e nello stesso tempo esprimevano la metamorfosi della

società. Un mondo di forme ‘plebee’ prendeva il comando nel linguaggio figurativo ufficiale nutrito di forme stili-

stiche greche, che per secoli aveva rappresentato un’identità forte dell’arte romana7.

1 Mazzarino 1974: p. 7.2 Si ritiene che nello spa-zio di tempo intercorsotra l’età di Diocleziano ela morte di Costantino laprovincializzazionedell’Italia sia diventataun fatto compiuto:Giardina 1986. Si regio-nalizano inoltre i merca-ti e gli scambi; e alla finedel II secolo sembrereb-bero manifestarsi puntedi crisi dell’artigianatoitalico: Carandini 1992.3 Sorge il potere politicoecclesiastico: Volpe2007; Volpe 2009.Trasformazioni delleélites: Lizzi Testa 2006;Caliri 2010.4 Ward-Perkins 2008.5 Cipriano, Ad Deme-trianum 3; BianchiBandinelli 1970, pp.12-14. 6 Rostovtzeff 2003.7 Bianchi Bandinelli1967; Bianchi Bandi-nelli 1970. Sul linguag-gio formale dell’arte tar-doantica vedi il saggio diFrancesca Ghedini inquesto catalogo.

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Presentazioni

Indagini archeologiche più recenti hanno dimostrato che le forme e i modi di produzione degli oggetti artistici pre-

sentano andamenti comuni ai destini dei più umili utensili della cultura materiale e seguono i percorsi delle merci.

Secondo questi percorsi è possibile individuare segni di frattura e di crisi con limiti cronologici variabili in base alle

situazioni. Negli anni ’80 del 900 apparvero le evidenze di una crisi dell’artigianato italico, che sembrava inaugura-

re precocemente, già alla fine del II secolo d.C. “la tarda antichità in Italia”8.

Le ‘crisi economiche’ imponevano nuovi connotati ai paesaggi rurali e determinavano cambiamenti nella produzio-

ne, circolazione e consumo delle merci. Questi processi potevano rivelare esiti molto diversi negli ambiti regionali.

Tra il III sec. d.C. e i primi decenni del IV le forze produttive e le capacità artistiche dell’Africa Proconsolare impo-

nevano sul mercato ceramica, anfore, olio, vino, lucerne, mosaici e decorazioni architettoniche9. L’Italia occupò una

posizione sempre più marginale rispetto a nuovi assi commerciali, che legavano i centri dell’Africa a Costantinopoli

e all’Oriente: le produzioni assunserno una dimensione regionale e fiorirono i commerci locali. Le culture regionali

si restringevano entro confini più limitati e perdevano le connessioni con il resto dell’impero, ovvero con quella rete

di trasmissione di beni materiali e di capitali simbolici che era stata attiva e fiorente fino al II secolo d.C.

I risultati di questi complessi processi di trasformazione, che accomunarono i territori dell’Impero Romano nel lungo

corso di tre secoli, non sono ancora stati indagati in modo organico in Umbria. Di questa regione, che corrisponde-

va in antico a un concetto geografico variabile, unita alle Marche nella Regio VI augustea e alla Toscana nella Tuscia

et Umbria costantiniana, siamo ancora lontani dal poter configurare i modi di trasformazione sociale, il mutare degli

spazi e delle mentalità, le variazioni dei flussi commerciali in base al tempo e ai diversi ambiti geografici.

Nelle pagine che seguono si intende presentare una serie di dati preliminari per delineare le direttive di trasforma-

zione della cultura materiale in Umbria tra il III e il VI secolo d.C.; per giungere alla visione sintetica di un ‘paesag-

gio archeologico globale’ dell’Umbria tardoantica, che potrebbe porsi come fine delle ricerche per i prossimi anni.

Le pagine di questo catalogo pertanto forniscono l’impressione di materiali dispersi, ancora in corso di scavo e di

studio, ma hanno la pretesa di orientare secondo un ventaglio di prospettive organico: gli oggetti della vita pubblica

e privata di élites e ceti subalterni, un’idea delle trasformazioni nei modi di produzione e di fruizione dei beni sim-

bolici, delle emergenze architettoniche, delle pratiche figurative pubbliche e private degli ambienti urbani e, infine,

le tracce ancora sporadiche dei destini del variegato mondo delle merci.

Nelle tre sezioni del catalogo si trovano raccolti vari generi di oggetti: basi di statue, sculture, sarcofagi e rilievi,

iscrizioni, mosaici, instrumenta domestici, argenterie e oggetti del sunto. Nella prima sezione sono stati raggruppa-

ti i monumenti dell’arte di rappresentanza, le basi che sostenevano le statue onorarie nei fori o che testimoniavano

il culto imperiale nelle basiliche; questi oggetti sono esplicativi dei modi di autorappresentazione dei ceti urbani e

costituiscono indizi utili per indagare le trasformazioni degli spazi politici. Sarcofagi e rilievi sono stati ricondotti

nella seconda sezione all’ampia categoria dell’immaginario e delle sue manifestazioni, essenziale nello svolgimen-

to della vita sociale. Alle merci e agli insediamenti è stata dedicata la terza sezione.

Questa ripartizione si fonda su un tentativo di astrazione e tende a delimitare l’impressione di complessità fornita

dagli elementi che formano un paesaggio archeologico, in restrittive categorie di studio: i campi che si vorrebbe deli-

mitare presentano in realtà tra loro ampie aree di scambio e interazione. Lo spazio del politico in una società ha forti

intromissioni nel campo dell’immaginario; i monumenti funerari possono esprimere forme e modi dell’autorappre-

sentazione politica nella sfera funebre. I percorsi delle merci, sostanzialmente anfore lucerne, marmi, rivelano feno-

meni e modelli culturali oltre che economici. Le varie categorie degli oggetti sono stati ricondotte alla funzione

sociale più evidente e circoscritte nell’antica relazione che possedevano con le pratiche sociali negli originali conte-

sti: i mosaici delle domus erano espressioni ed elementi della cultura dell’abitare; l’immaginario perseguiva strette

connessioni con le mentalità; le statue erano espressione delle caratteristiche politiche delle città, incarnate nei volti

delle aristocrazie che le abitavano, dominate dalle figure carismatiche degli imperatori.

8 A. Carandini, Intro-duzione, in Carandini,Cracco Ruggini, Giar-dina 1993, pp. 7-10.9 I mosaici circolavanodai centri costieri traHadrumetum e Cesareafino in Sicilia: Panella1993: 632 ss.

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Presentazioni

I. Trasformazioni dell’arte di rappresentanza negli spazi politici:le forme dei poteri urbani.

Le statue onorarie, di cui era componente irrinunciabile l’esibizione del cursus honorum dei personaggi raffigurati,

esprimevano i valori politici e le gerarchie di potere nei municipi dell’Umbria. Queste statue occupavano nei fori spazi

limitrofi alle aule del culto imperiale, dominate dalle rappresentazioni del volto sacro degli imperatori. I più antichi sono

i ritratti severiani della basilica di Otricoli: Plautilla e Giulia Mamea, rappresentate con i grandi occhi tipici dell’epoca,

manifestano i cambiamenti dello stile tradizionale e trasformazioni dei valori politici. Prodotte in un’epoca di rinnova-

mento incipiente del potere imperiale verso il modello tardoantico carismatico, le statue delle augustae della dinastia

dei Severi erano ambientate in uno spazio significativo: una basilica forense, luogo di svolgimento della vita pubblica.

Il culto imperiale era in epoca tardoantica una pratica persistente che creava connessioni politiche tra le città sul terri-

torio. A Otricoli, Carsulae, Spello, Assisi, Plestia, le statue imperiali10 si imponevano alla vista negli spazi forensi e

all’interno delle basiliche: si onorava il Genius dell’imperatore vivente o si celebrava il culto alla sua natura divina,

dopo l’apoteosi. Spello venne scelta dallo stesso Costantino come sede del culto alla sua famiglia. A Plestia una statua

al divus Constantinus figurava molto probabilmente in un sacello nei pressi del Foro11. Nell’aula imperatoria della basi-

lica forense di Volsinii Novi era stata dedicata intorno al 315 d.C. una statua a Costantino, forse in concomitanza con la

celebrazione dei decennalia a Roma. Per rappresentare il vincitore di Massenzio12 venne modificato un ritratto di

Ottaviano-Augusto giovane, in piena ascesa, come appariva nelle immagini ufficiali che comparivano negli anni prece-

denti alla vittoria di Azio, che doveva essere molto diffuso tra le clientele dei municipi italici13. Volsinii, al pari di

Spello, era la sede del concilium della provincia Tuscia et Umbria. La basilica poteva svolgere funzioni giuridiche,

finanziarie, di rappresentanza ed essere infine sede del culto imperiale: del Genius o del Numen di Costantino.

Nelle città il culto imperiale prosperò per tutto il IV secolo. Le politiche imperiali esercitavano un ruolo connettivo

tra le aristocrazie delle città umbre. Erette su basamenti massicci, le immagini di curiali, patroni, governatori ed espo-

nenti delle famiglie senatorie eccellenti di Roma concretizzavano il legame tra ceti dirigenti locali e le politiche

imperiali14. Nel 344 il senato di Interamna Nahars dedicò una statua a Iulius Eubulidas, corrector di Tuscia et

Umbria. All’estremità superiore della base due Vittorie in volo sostengono un clipeus. Così nel foro di Interamna si

trovavano incarnati nei monumenti i simboli tradizionali dell’identità senatoria: da secoli ormai nel Foro Romano,

all’interno della Curia Iulia, la statua della Vittoria fatta collocare da Ottaviano dopo la vittoria di Azio figurava

accanto al clipeus virtutis. Le basi onorarie continuano per la durata del IV secolo a testimoniare una trasmissione

intensa di simboli da Roma verso gli ambiti regionali e periferici dei municipi.

L’habitus di farsi rappresentare con immagini erette su alte basi negli ambienti pubblici è un tratto dell’identità dei

cives romani dai tempi della repubblica. Le sue modalità possono costituire un indicatore significativo di trasforma-

zione sociale. Dalla seconda metà del IV secolo si diradano le dediche di statue onorarie: in concomitanza con i cam-

biamenti causati nell’amministrazione locale dall’organizzazione provinciale, la parabola del ruolo dei correctores15.

I modi di tributare riconoscimenti onorifici ai cittadini cambiano in relazione Al presentarsi di nuove realtà sociali.

Anche l’habitus epigrafico declina, con l’avanzare di una sempre più spiccata tendenza a spostare e a concentrare i

messaggi epigrafici in spazi chiusi, siano essi ambienti sepolcrali, domestici, o ecclesiastici, dove erano inevitabil-

mente destinati ad una fruizione più limitata16.

II. Trasformazioni sociali e mutamenti dell’immaginario

I miti greci apparivano ancora in epoca tardoantica strumenti efficaci per riconfigurare le molteplici identità cultu-

rali degli abitanti dell’Impero. I miti potevano tracciare le origini e l’antichità di una città. Nel IV secolo a.C. il Deus

10 Statue severiane dallabasilica di Otricoli inmostra, Schede nn. 1-2Valeri; 238/239 dedica aGordiano III, Spello,scheda n. 10Cannucciari; 239/240dedica a Gordiano III aTadinum scheda n. 11Sisani; post 247 aFilippo II,, Spello, sche-da n. 12 Cannucciari;255-256: dedica di duestatue da parte dell’ordodecurionum di Carsulaea Valeriano e Gallieno,scheda 8 Cannucciari;258-260 d.C. ad Assisi,senatusconsulto publice,statua a Salonino, figliominore di Gallieno, scal-pellata dopo la abolitiodi quest’ultimo, schedan. 9 Manca; Fulginium:base di statua inedita,di reimpiego, in onoredel principe PubliusCornelius LiciniusValerianus, figlio del-l’imperatore Gallienoucciso nell’anno 259d.C., ora nel Museo dellaCittà, cfr. Albanesi vocesu Foligno 11 Bonomi voce suPlestia in questo cata-logo.12 Testimoniato nei conimonetali dal 310 d.C. ediffuso nelle immaginiscultoree del secondodecennio del IV secolo.Il ritratto mostra comedocumentano le testerilavorate dei rilievireimpiegati nell’Arco diCostantino, eretto aRoma tra il 312 e il 315d.C.: Giuliano 1991;Ambrogi scheda n…. inquesto catalogo. 13 Primo tipo Béziers-Spoleto, creato tra il 44 eil 40 a.C., Ambrogischeda n. 5.14 Machado sulla dedicadegli abitanti di Assisi aM(arco) Aur(elio)Val(erio) /Valentino,probabile membro dellafamiglia dei Simmachi.

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Presentazioni

Romulus venne onorato con l’erezione di statue negli spazi pubblici di Fulginium e Sestinum. A Sestinum venne cele-

brato con un’immagine anche il Genio della Curia. Entrambe le immagini testimoniano la tendenza a conservare un

mondo di segni e un patrimonio simbolico, che era parte integrante della ideologia senatoria17. Possiamo immagina-

re che Romolo fosse rappresentato nel gesto di portare gli spolia opima del trionfatore. Una statua che lo ritraeva in

questa veste aveva per secoli presieduto alle attività guidiziarie svolte dal praetor peregrinus in una delle grandi ese-

dre del Foro di Augusto. I miti erano parte sostanziale delle credenze collettive e della vita quotidiana dei cittadini

romani. Nelle città dell’oikoumene imperiale immagini di dèi, eroi, Satiri, Ninfe decoravano spazi pubblici e privati.

Tra il III e il VI secolo il patrimonio tradizionale di immagini fruite nelle situazioni quotidiane era destinato a segui-

re i destini di merci e insediamenti: ad essere ovvero coinvolto in un processo di intenso cambiamento. Nel giro di

tre secoli le iconografie che popolavano l’immaginario classico assunsero nuovi significati, mentre negli spazi urba-

ni e nei templi i simulacri divini perdevano lentamente i valori sacri. Nel V secolo cessarono i grandi culti di Atene

che avevano rappresentato centri di koinà religiosi importanti. Il celebre santuario di Asclepio delle pendici

dell’Acropoli smise di offrire le sue cure nel 480 ca. Nel 485 Il filosofo neoplatonico Proclo prossimo a morire sognò

la statua della Athena Parthenos che chiedeva asilo, cacciata dalla sua dimora nel Partenone da ‘coloro che muovo-

no le cose inamovibili’18. Mentre le città mutavano configurazione e confini, le immagini di divinità, eroi o perso-

naggi del mito si allontanavano dallla sfera pubblica e dal mondo dei valori condivisi. Con loro scompariva dall’oriz-

zonte delle ideologie ufficiali una memoria culturale, che dal II secolo a.C. si era espressa con straordinaria unifor-

mità nella cultura pubblica delle élites urbane del Mediterraneo proprio attraverso i miti. Afrodite e Athena cedeva-

no il proprio ruolo di vittoriose protettrici delle città alla Theotokos, che assieme a Cristo e a una schiera di angeli e

santi non solo comparivano sotto forma di statue o pitture nelle piazze e nelle basiliche cristiane, ma invadevano

anche gli oggetti della cultura materiale quotidiana, come le argenterie, i sarcofagi, le lucerne. Gli holy men cristia-

ni tentavano di fornire spiegazioni razionali al mito, traducevano le figure classiche in concetti e in esempi morali,

lo cristianizzavano, oppure ne negavano la verità.

Questa trasformazione fu un processo di lunga durata. Nella vita quotidiana il mito continuò a circondare con il suo

mondo di immagini le attività sociali, esprimendo un’identità culturale conforme a una lunga consuetudine. I suoi

personaggi si trovavano raffigurati su una ampia serie di manufatti. Una koiné stratificata e complessa continuò per

lungo tempo a decorare spazi sociali e religiosi, in pacifica convivenza con il mondo di valori cristiani e con le sue

immagini. L’immaginario tardoantico si rivela un campo dai confini fluidi: è stato definito uno spazio di intersezio-

ni tra culti e mentalità religiose19. Rivela forse in realtà più semplicemente le commistioni connaturate a una socie-

tà stratificata nei suoi usi e radicata alle proprie consuetudini culturali e a un linguaggio figurativo soggetto in que-

st’epoca a trasformazioni particolarmente intense20.

Virtus pagana

A partire dal II secolo le aristocrazie e i ceti medi dell’impero cominciarono ad usare come sepoltura elaborati sar-

cofagi di marmo decorati con episodi del mito greco. Nelle imprese di Eracle che combatteva animali mostruosi,

nelle azioni vittoriose di caccia di Meleagro o nei destini degli eroi tragici, come Medea che uccise i suoi stessi figli

per amore di Giasone, gli uomini appartenenti alle classi medio-alte, senatori o governatori, insegnanti, avvocati o

liberti, potevano vedere riflesse le proprie virtù individuali. I miti effigiati sui sarcofagi potevano rappresentare meta-

foricamente contenuti che riguardavano le virtù del defunto o le sue azioni meritevoli, e le esaltavano in una forma

di elogio queste attraverso le immagini21. Nei miti eroici continuarono ad identificarsi le élites del mondo imperia-

le per lungo tempo, anche durante i secoli della cristianizzazione: Achille, Ettore e Meleagro erano ospiti abituali di

Sul tema rimando allevoci di Machado eOrlandi in questovolume.15 Sul declino dellostatue-habit, Machadoe Ward Perkins in que-sto catalogo.16 è un aspetto indaga-to nel saggio di SilviaOrlandi in questo cata-logo.17 Per Paci eranoimmagini simbolichedi conflitti tra i paganinostalgici delle élitesmunicipali umbre e inuovi cristiani chepopolavano semprepiù numerosi le città.Scheda di Margutti, n.16 in questo catalogo.18 Marinus, Vita Procli30; Trombley 1993.19 Elsner 2003: “cross-cultic referentialism ofthe Late RomanReligious Art”.20 Si veda la voce diFrancesca Ghedini inquesto catalogo.21 Ewald-Zanker 2004.

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Presentazioni

convivi e simposi, nei mosaici che rivestivano i pavimenti degli spazi abitativi di ville e domus, sui piatti da parata,

in fondo alle coppe e ai calici. Meleagro era il protagonista di un mito ambientato in Etolia: figlio di Oineo, re di

Calidone, deve affrontare il mostruoso cinghiale che devastava il suo paese per volere di Artemide. Alla caccia par-

tecipava Atalanta, di cui Meleagro si innamora. In un frammento di sarcofago proveniente da Narni questa eroina è

rappresentata in movimento concitato, nel mezzo della caccia; nel frammento mancante di destra doveva comparire

l’immagine di Meleagro, seminudo, che affrontava il cinghiale22. Il tema era una tipica rappresentazione romana di

virtus: un valore carismatico e soprannaturale che alludeva all’eroizzazione post mortem del defunto23.

Defunti cacciatori erano figure popolari nell’immaginario imperiale. Scene di caccia e venationes24 erano raffigura-

te in ambiti sacri, su sarcofagi, mausolei e negli spazi privati di ville come mosaici, quale espressione privilegiata

delle virtù aristocratiche: sulla cupola del mausoleo di Centcelles un ciclo di scene bibliche era sovrapposto alle rap-

presentazioni di caccia25. Anche in questi ambiti cristianizzati, la caccia esprime la virtus attiva, contrapposta al cari-

sma filantropico del Buon Pastore. Resta costante il valore della caccia come espressione di capacità militare: la cac-

cia era nella cultura romana una mimesi della battaglia e un campo di espressione del mega thymos degli eroi. Questa

virtù era personificata, ancora nel V secolo, nell’immagine di Megalopsychia, la grandezza d’animo dei plutocrati

delle città, che compariva come emblema al centro di una battaglia tra animali selvaggi e gli eroi Ippolito, Adone,

Meleagro, Atteone su un mosaico ad Antiochia26.

Orfeo e gli animali: mondi bucolici, pax terra marique e miti paradisiaci

Nell’immaginario dell’uomo comune del IV secolo convivevano figure mitologiche e personaggi biblici: Orfeo pote-

va trovarsi rappresentato assieme a Giona o ad Abramo sulle pareti dei sepolcri e negli oggetti più frequentemente

usati, non solo nella liturgia.

In epoca imperiale, sul tappeto musivo di un impianto termale a Perugia era raffigurato Orfeo mentre suonava la lira

al centro di un ‘paradiso terrestre’ di animali. Il mosaico venne risparmiato quando l’edificio assunse nuove funzio-

ni, forse legate al culto cristiano: è stata addotta a prova di questa trasformazione la presenza di una croce aggiunta

in quest’epoca al mosaico. Nell’immaginario tardoantico Orfeo assume il ruolo di una figura pseudomorfica: su un

sarcofago al Museo Pio Cristiano appare come un pescatore, un mosaico a Istanbul lo raffigura come Cristo, in una

sinagoga a Gaza è designato dall’iscrizione col nome di David. Un complesso sistema simbolico risiede alla radice

dell’uso dell’iconografia di Orfeo tra gli animali. Sui mosaici Orfeo compare solitamente circondato da un bestiario

che assume a volte i tratti di fauna immaginaria: animali domestici, selvaggi, esotici, commisti a creature mostruo-

se. Queste immagini adornavano luoghi idilliaci, che attraverso la presenza dell’acqua potevano evocare paesaggi di

natura, come ninfei e fontane. L’immaginario tardoantico su Orfeo sembra particolarmente catalizzato da questa

pacifica coesistenza di bestie selvagge e animali domestici, soggiogati dal fascino della cetra. Il mondo di Orfeo rap-

presenta dunque una dimensione ideale di attuazione della pax romana come pax musicalis. Accanto a Muse, poeti,

filosofi, Orfeo incarna alcuni tratti essenziali della civilizzazione greco-romana. Questa sua azione civilizzatrice

divenne la matrice della interpretatio christiana: Clemente Alessandrino lo assimila al logos, in grado di ammansi-

re le bestie feroci; Eusebio afferma la superiorità del logos che è in grado di ammansire barbari e pagani27.

Sui sarcofagi la pace bucolica si riflette in un ricco e vario immaginario, che esprime un’atmosfera di armonia cam-

pestre, di produzione dei beni agricoli e di pastorizia: un eden ideale che aveva al suo centro il vilicus. Contadini,

pastori, pescatori potevano ancora aspirare a una vita condotta in una dimensione lontana dalla faticosa caccia agli

onori che distingueva la vita urbana. Il tema era antico e tipico della diatriba.

Un anonimo da Carsulae fece raffigurare al centro della cassa strigilata una scena del lavoro dei campi: forse un

22 Scheda n. 20,Costantini. 23 Sui motivi più legatial compianto funebrenelle rappresetazioni diMeleagro sui sarcofagiromani recentementeLorenz 2011.24 Venationes e loni chesbranano tori: schedenn. 34-36 di Costantinie Cenciaioli in questocatalogo.25 Warland 2002;Bowes 2011: 184-189.26 Antiochia, comples-so di Yakto, mosaico diMegalopsychia, dopoil 450 d.C.: Dunbabin1999, pp. 181-183. 27 Eus., Laud. Const.14. Bisconti 2007.

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Presentazioni

dominus o un conductor vuole alludere a una vita condotta in accordo con i cicli naturali del mondo bucolico. La

tematica del lavoro dei campi era tipica dei sarcofagi a grandi pastorali, tra cui in un sarcofago dalla catacomba di

Priscilla28: il busto della defunta, in tunica e palla, e sorretto da due cornucopie intrecciate da cui traboccano frutti,

all’interno del tondo il busto fuoriesce da foglie di acanto. Alla estremità sinistra un vilicus siede tra due arieti; la

decorazione copre tutta la fronte con metafore di fertilitá, simboleggiate nelle principali attività agricole e pastorali

di un tipico suburbanum praedium29. Un’idea di pace e abbondanza esprime il mondo di immagini su un sarcofago

di bambino a Otricoli: cornucopie, frutti e animali compongono un paesaggio ideale di natura fertile e rigogliosa.

Ovini, pesci, elementi del paesaggio costiero come fari e navi decorano i cd. sarcofagi paradisiaci. Nel clipeo di un

sarcofago con coniugi ed elementi marini rinvenuto ad Assisi si rendono i tratti sintetici di un paesaggio marino. In

epoca più tarda, nell’iconologia cristiana, il mondo marino diventa l’ambientazione di un viaggio degli apostoli che

simboleggia la navigatio vitae30.

Sui mosaici di ville e domus l’aspetto ideale della vita dei campi è animata da personaggi del mito e personificazio-

ni. A Spello, in località Sant’Anna, una villa suburbana venne, tra la fine del III e gli inizi del IV secolo, riccamen-

te decorata di mosaici31. I temi si adeguavano ad esprimere i ritmi di un tempo stagionale e agreste, che più che riflet-

tere la vita concreta dei proprietari designava un mito dell’età aurea efficace a esprimere le connotazioni culturali

‘conservative’ della identità civica di lunga tradizione della città di Flavia Constans. Nel grande triclinium, racchiu-

se in una cornice di raffigurazioni dei Geni stagionali e animali selvaggi o ‘pacificato’, la vendemmia e la raccolta

del grano rappresentavano simbolicamente gli elementi su cui si fondava la floridezza della regione. Così il dominus

seduto nel suo triclinium, poteva contemplare circondato dai commensali l’immagine dionisiaca della mescita del

vino e dell’offerta delle primizie della terra sacre a Cerere. Le raffigurazioni di questa villa sono molto più rappre-

sentative che realistiche: esse offrono una immagine della vita rurale come orizzonte di esistenza ideale condiviso

tra le élites tardoantiche.

Venere e l’immaginario aristocratico

Le iconografie dei miti percorrono strade che rappresentano i legami e la coesione tra le élites urbane all’interno di

una regione o tra regioni distanti. La diffusione di temi e motivi dei mosaici da Antiochia e Gaza, da Costantinopoli

a Roma a Treviri, è indice di percorsi attivi di trasmissione culturale tra i centri urbani vitali e pulsanti della vita tar-

doantica. Nello spazio geografico regionale di cui ci occupiamo i modelli globali sono presenti ma si trasformano a

contatto con le culture locali. Venere marina, con corteggio di Eroti e Tritoni, è una tipica raffigurazione degli

ambienti aristocratici: la troviamo in epoca tarda sulle statuette delle ville in Gallia, come Montmaurin, sui mosaici

di Antiochia e Cartagine, sul cofanetto di Secundus et Projecta. Accompagnata da un thiasos di singolare composi-

zione la dea compare su un mosaico di una domus di Gubbio. Nel periodo in cui veniva creato il mosaico venivano

dismessi i culti di Venere nei più celebri santuari a lei dedicati in tutto il Mediterraneo: il tempio di Afrodisia rega-

lò le statue alle terme adrianee della città, mentre era convertito in chiesa, tra il tardo IV secolo e il V. Una statua di

Venere Anadyomene, forse proveniente da un tempio, venne collocata nelle Terme di Caracalla in epoca tardoanti-

ca32. La Venere Cnidia, meta per secoli di un pellegrinaggio religioso e filosofico intenso, era stata trasportata a

Costantinopoli, alla fine del IV secolo.

Nonostante questo movimento di culti, la diffusione del trionfo marino negli ambienti domestici sembra continuare

ad appartenere al repertorio tradizionale delle aristocrazie del IV secolo33. I mosaicisti di Gubbio operano isolando

figure pertinenti a diversi soggetti: Scilla non compare solitamente assieme a Venere e neppure ad Oceano; gli amo-

rini assumono una posizione insolitamente dominante mentre il Centauro compie un gesto ‘innovativo’, porgendo

28 Spera 2000. 29 Immaginario deldominus: Grassigli2001. Sulla figura delBuon Pastore connessaa temi bucolici:Himmelmann 1989. 30 Nave simbolo dellaChiesa: Tert. De bapt.12, 7. Sulla simbologiadell’ancora come or-meggio dell’anima cri-stiana sbattutta dallebufere dell’errore e delfaro come metafora delPorto celeste Bisconti2007.31 Si veda la voce diIsabella Baldini sullacultura abitativa e diLaura Manca sulla villadi S. Anna.32 Curran 1994: nota44.33 Il motivo è di lungatradizione nelle domustardoantiche: Centauried Eroti sostengono unaVenus marina su unmosaico a Bulla Regia,Maison d’Amphitrite, IIIsec. d.C.: Lassus 1963-65. 34 Salvetti, Mazzei 2000.35 MNR I, 1, 312, n.187 (Sapelli); Ewald,Zanker 2008: pp. 170-173.

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Presentazioni

un cesto di frutta. Dalla commistione degli elementi classici si ottiene una composizione con tratti originali, ‘loca-

lizzati’ a misura della mentalità dei fruitori. Negli ambienti di una residenza aristocratica, il corteggio di Venere, fatto

di figurazioni allusive alla pace marina, poteva offrire ai membri delle élites di Gubbio una rappresentazione di con-

cordia e di prosperità in cui immergersi nella vita quotidiana.

Eroti e putti dionisiaci

Il thiasos di Eroti raffigurato sulla fronte di un sarcofago a Terni trova confronti con i temi utilizzati nelle sepolture

dell’aristocrazia senatoria di Roma nelle catacombe di Pretestato, mutuati da modelli attici nel III secolo34: il puer

morto viene esaltato con una sorta di consecratio in habitu Cupidinis. Gli Eroti rappresentano figure estremamente

versatili e polisemiche nell’immaginario tardoantico: possono mantenere il significato di espressioni del potere di

Venere o di Dioniso, incarnare i valori di una sfera simbolica mondana nelle scene di corse di bighe, infine trasfor-

marsi in simboli eucaristici sulle volte dei mausolei e sui sarcofagi cristiani.

A Carsulae gli Eroti sono rappresentati alla guida di bighe in gare circensi sul sarcofago del quattuorvir Antracius,

che evidentemente, per rappresentare il suo rango commissiona un soggetto molto usato in ambito urbano: che com-

pete con le teorie contrapposte di amorini su bighe trainate da cervi e cavalli, convergenti verso la tabula ansata

iscritta al centro del sarcofago di Iulius Achilleus, un procuratore del ludus magnus sepolto nelle catacombe di

Roma35.

Nell’immaginario tardoantico gli Eroti esprimono comunque la loro versatilità nel tracciare connessioni tra ambiti dif-

ferenziati di credenze e tra antiche e nuove pratiche funerarie: in particolare nell’attitudine di putti vendemmianti.

I putti vendemmianti affollano i ‘racemi animati’ su mosaici36 e sarcofagi utilizzati per le sepolture di pagani, giu-

dei e cristiani37. Negli spazi sacri cristiani assunsero significati in relazione alle pratiche eucaristiche e all’idea di

propagazione naturale inarrestabile della dottrina38. Associati ai pavoni (sarcofago di S. Lorenzo)39, o allusivi del

martirio (sulle colonnine a spirale di S. Pietro), i piccoli Eroti impegnati nella raccolta, trasporto e pigiatura dell’uva

occupano assieme alle immagini di Cristo le volte decorate dei mausolei (S. Costanza)40 e i rilievi dei sarcofagi dei

membri dell’élite. Negli anni centrali del IV secolo la vendemmia di Putti si trova associata al nuovo tema della

Traditio Legis, sui sarcofagi dell’aristocrazia senatoria a Roma e a Milano, il cui bacino di formazione sembra esse-

re stata la Roma post-costantiniana41. Nel sarcofago di Vigna Randanini due Vittorie sostengono un clipeo al centro

della composizione. Nel clipeo campeggia una menorah, simbolo dell’identità religiosa giudaica e nello spazio sot-

tostante, sono raffigurati amorini vendemmianti; ai lati Geni stagionali recano frutti e cacciagione.

Le figure che animano le rappresentazioni dei paesaggi naturali esprimono una percezione della natura come spazio

sacro, che transita dal mondo pagano a quello cristiano. Una commistione di immagini e temi si attua all’interno di

questi paesaggi simbolici. In Oriente questo sistema di simboli resta efficace fino al VI secolo: come nei nuovi spazi

religiosi a Nebo, in Palestina, dove chierici e laici proiettavano ancora i sensi della vita terrena e le aspettative spi-

rituali per un’esistenza felice ultraterrena nei racemi di vite e nei tralci di acanto popolati di Eroti vendemmianti,

inseriti in tappeti musivi abitati da animali al pascolo e immersi in un paesaggio fecondo di alberi da frutto42.

Memoria e castità di Ponzia: verso un mondo di immagini cristiane

«Ponzia, generata dal soffio degli dei,

qui giace, figlia della stirpe celeste.

Svanirono la tua grazia e la tua bellezza esteriore, anche la tua mente, insieme al tuo aspetto, fu splendida.

36 El Djem, mosaico dietà severiana, i puttisistengono un meda-glione con rappresenta-zione di trionfo diDioniso. Cfr.Kondoleon 1995: 218. 37 Nel 1930 vennerotrovati nelle catacombegiudaiche di villaTorlonia frammenti diun sarcofago con Erotivendemmianti che gliscopritori definironocon meraviglia unautentico prodotto del-l’artigianato artisticopagano: BeyerLietzmann 1930: p. 42. 38 Ambr., exaemeron 3,50; Vang. di Giov.15.4-5.39 Sul sarcofago a klinedi San Lorenzo:Rodenwaldt 1930.40 Mausoleo di S. Co-stanza: Rasch, Arbeiter2007 (Arbeiter); Piazza2006; Cantino Wata-ghin 2011: 31-32.41 Brandenburg 2002.42 Chiesa dei santi Lote Procopio, metà VIsecolo d.C.: Dunbabin1999, pp. 197-198.Chiesa degli Apostoli aMadaba: Thalassa (ilMare) è circondato damostri marini e da unaprocessione dionisiaca,cui partecipano Achilleed Eracle, Piccirillo1989. Le figure mitolo-giche o allegoriche dellanatura e del tempo,come Oceano e Thetis,Ge, Aion, Karpoi, sonoportatori di significatiparticolarmente efficacie adatti ad essere reinter-pretati nel mondo dellecredenze cristiane.

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Presentazioni

Ancora fanciulla ella venne affidata al talamo nuziale,

ma non portò a termine il decimo anno di matrimonio:

infelice, infatti, morì, avendo messo al mondo un figlio soltanto.

Di quanto amore, di quanta rettitudine, di quanta devozione per tuo marito, di quanta castità, di quanto pudore tu fosti esempio,

mentre, priva di qualsiasi vizio, obbedivi come un’ancella al volere di tuo marito.

Infine tu lo seguisti, oppresso dalla sorte avversa e dall’odio, fino in Corsica,

tu, devota a tuo marito, lo accompagnasti a Treviri sui di un carro, sopportando gravi disagi.

Quando tuo padre, ostile a tuo marito, volle toglierti a lui, minacciasti d’impiccarti, se lo avesse fatto.

Cedano a lei il passo gli elogi delle virtù del passato e tutte le altre mogli,

i tempi futuri non offriranno niente paragonabile a lei.

Io, tuo marito, gemendo con il volto solcato dalle lacrime, composi questi pochi versi, ricordando, tuttavia, solo una piccola

parte delle tue virtù»43.

Un sarcofago commissionato da un membro del ceto dirigente di Carsulae, città politicamente ancora vitale nel IV

secolo, rappresenta un punto di svolta: testimonia come il paradigma della commistione abbia determinato il transi-

to da un immaginario mitologico e classico al sistema delle immagini cristiane. Ponzia era una giovane sposa, morta

prematuramente mentre accompagnava suo marito in un viaggio verso Treviri. Emerge un ritratto che mescola i trat-

ti della virgo commista alla sposa, non ancora matrona, concentrati nelle virtù di castitas, probitas e pudore. Al cen-

tro un clipeo conteneva il volto di Cristo giudice, che emergeva su uno sfondo decorato dai simboli del giudizio uni-

versale (lettere apocalittiche) ai lati del signum salutis (chi-ro). Ai lati della facciata principale compaiono figure

femminili interpretate come Muse, drappeggiate in pesanti chitoni. Le Muse affollavano i sarcofagi pagani come

incarnazioni della memoria. Senza rivelare fratture nella mentalità di committenti e spettatori entravano ora a far

parte di un universo di metafore che incarnava negli spazi funerari cristiani le pratiche del ricordo.

I sarcofagi prodotti nel IV secolo in Umbria sono ricchi di indicazioni per le commistioni e le trasformazioni del-

l’immaginario e quindi della mentalità dei ceti dominanti. Le intense trasformazioni di modelli culturali delle élites

di Spoleto nel corso secolo si riflette nei temi scolpiti di questi oggetti: si affermano ora le immagini universalmen-

te diffuse del Buon Pastore44 e scene bibliche (navigatio vitae)45. Il Buon Pastore sul sarcofago di Spoleto sembra

esprimere i cambiamenti sociali della società di quegli anni. In città fioriva una schiera di donatori e caritatevoli ever-

geti per i poveri: un Decoratus benefattore dei poveri sembra appartenere a una stirpe insigne, nam fessis tribuit

requiem miserosque leuauit/iustitiae cultor largus et hospes erat 46, l’evergetismo femminile è rappresentato da per-

sonaggi come Procula, ricordata su una mensa d’altare de donis dei et sanctorum 47. Giunto dalla Siria, luogo di fio-

ritura delle forme più estreme di rifiuto ascetico del mondo, Isacco fondò un cenobio a San Giuliano, se crediamo

alle parole di Gregorio Magno (Dialoghi, III, 14 e 33), dove praticò la povertà, dimostrò di essere in possesso del

dono della profezia e promosse il modello della castità consacrando la vergine Gregoria. L’intreccio tra verginità e

ascetismo era un segno dei tempi che coinvolgeva le famiglie aristocratiche del mondo mediterraneo in via di cri-

stianizzazione e confliggeva in ambiente romano con l’ideologia dell’esaltazione gentilizia attraverso la fecondità

delle sue matrone48. Detentrici di grandi patrimoni, le donne aristocratiche che abbracciavano la vita ascetica erano

una fonte preziosa per la continuità materiale della Chiesa: i volti ascetici di queste aristocratiche li troviamo forse

incarnati nel ritratto da Fossombrone49. Possiamo immaginare che la vergine Gregoria, fiore all’occhiello per la san-

tità di Isacco, abbia dovuto lottare con i suoi familiari, come era accaduto a Tecla, Melania o Olimpia, esempi che

brillavano agli occhi delle comunità da Oriente a Occidente, manifestando più concreti indizi, più lampanti “dei cali-

ci e delle patene d’oro, o delle sete sgargianti e dei marmi preziosi profusi nei santuari cristiani”, del ruolo istituzio-

43 Traduzione diGianfranco Binazzi.44 Le immagini del BuonPastore decoravano inOriente piazze e luoghisacri:Buon Pastore figu-rava nella domus eccle-siae di Dura e connotaval’identità cristiana rispet-to all’Orfeo ‘giudeizza-to’ che appariva nellaSinagoga: Bisconti 2007.45 Si veda la voce suisarcofagi di DonatellaScortecci e la scheda n.39 di Eleonora Costan-tini in questo catalogo.46 Giulia Marconi,scheda n. 50 in questocatalogo. 47 Pani Ermini 1990:35. Il martire Ponzianoera stato deposto nelcimitero lungo le pen-dici del colle Ciciano:tra i donativi nel suomartyrium una mensadella matrona Proculaspectabilis foemina,offerta nel secoloVI. 48 Brown 20102: 237-260 e 334-353 in parti-colare.49 Costantini in questocatalogo.50 Prud. Inn. IX, 8-20;Peristephanon XI, 125-129.

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Presentazioni

nale e sociale gradualmente assunto dalle istituzioni ecclesiastiche. Modelli ascetici e culti martiriali sono connota-

zioni culturali forti della nuova societas christiana. Il martirio si poneva al culmine di una nuova scala di valori

esemplari. Attorno alle tombe dei martiri, decorate da pitture che rendevano le gesta, la resistenza e i tormenti del-

l’eroe, la ferocia degli aguzzini50, e sedi di raccolta delle reliquie, affluivano gruppi numerosi di pellegrini. Agostino

predicava nei suoi sermoni il martirio quotidiano della vita cristiana. I vescovi, che erano riusciti ad accreditare, fin

dal IV secolo, il modello del proprio ruolo come quello di ‘uomo santo’51, riuscivano spesso a testimoniarne l’effi-

cacia con un uso estremo dei propri corpi. Ercolano, vescovo di Perugia affrontò il martirio da parte di Totila,

Fulgenzio di Otricoli morì brandendo il proprio corpo per difendere la città, Fortunato di Todi lo pose a baluardo

contro gli spiriti maligni52.

Nel IV secolo inoltrato le immagini sui sarcofagi cominciano a rivelare la penetrazione di temi dottrinali nella cul-

tura delle élites: controversie tra ortodossi e ariani53, o dibattiti cristologici. A Perugia l’affermazione dei nuovi

dogmi si riflette sulla facciata del ‘sarcofago del Beato Egidio’, nella figura di matrona ammantata che è stata inter-

pretata come personificazione della Chiesa54. Nella seconda metà del IV secolo una ricca decorazione di scene vete-

ro- e neotestamentarie ricopre interamente la facciata di un sarcofago dalla necropoli di San Valentino a Terni55, che

ospitava le sepolture di vescovi e membri dell´aristocrazia laica locale56.

Anche le argenterie rappresentano testimonianze importanti dei modi di formazione e cambiamento del ‘capitale

simbolico’ di élites e ceti subalterni. Nel IV secolo sui piatti e le coppe usati nei convivi aristocratici erano raffigu-

rati elementi classici del mito: come possiamo constatare osservando il corteggio di Satiri, Ninfe e Menadi danzan-

ti attorno ad Oceano sul piatto d’argento di Mildenhall57. Nel VI secolo i temi cristiani hanno raggiunto anche que-

sti oggetti tradizionalmente decorati da miti e divinità pagane. Simboli apocalittici e immagini del Paradiso infonde-

vano l’atmosfera della presenza del dio cristiano ai commensali o ai fedeli che utilizzavano i manufatti d’argento del

tesoro di Canoscio, ricomposto forse nel VI secolo grazie a donazioni di privati, come gli sposi cristiani Aelianus e

Felicitas, o forse abbandonato dai Goti di Totila in seguito alla disfatta inflitta loro da Narsete a Tagina. Le funzio-

ni ipotizzate per questo come per altri corredi analoghi sono ancora oggetto di discussione: rappresentativo-decora-

tive, sacre o utilitarie, attestano comunque la vitalità di pratiche evergetiche (iscrizione de donis Dei) ancora persi-

stenti nel VI secolo, confermate in altre regioni d’Italia dall’esistenza delle numerose donazioni patrimoniali alla

Chiesa, come i reperti appartenenti al tesoro della chiesa di Galognano (Volterra), donati da due esponenti femmini-

li dell’aristocrazia di origine gota Hiomnigilda e Sivegerna.

Nonostante l’avanzata dei temi cristiani i significati dei miti sono destinati a riemergere e a dimostrare la propria effi-

cacia in alcuni casi, fino in epoca medievale: quando il corpo di S. Rufino trovò sepoltura in un ricco sarcofago deco-

rato con scene mitologiche. Il mito rappresentava Endimione addormentato rapito da Selene, che un tempo era stato

una metafora di immortalità. Un reimpiego cosciente dei valori semantici dei miti poteva conducere a reinterpretare

motivi dell’antico con una consapevole percezione degli antichi significati, anche se l’attribuzione al reimpiego di

una volontaria reinterpretazione costituisce ancora un tema controverso per la critica58. L’immaginario è stato con-

cepito come memoria della civilizzazione: i motivi scompaiono o riaffiorano, emergendo da un campo sommerso,

una sorta di ‘inconscio figurativo’ stratificato ma sempre vitale e che sostanzia le pratiche culturali della società occi-

dentale; che può in ogni momento fare irruzione negli ambiti figurativi ufficiali della sfera politica o sacra ed espri-

merne le identità59.

Manifestazioni materiali di un ‘paesaggio figurativo’ simbolico, le sculture, i mosaici, le argenterie, lo strumentario

degli utensili quotidiani, o del ‘consumo aristocratico’, fruiti dagli abitanti di centri urbani, ville e insediamenti rura-

li, appartengono a un sistema unitario, a una geografia integrata della produzione, dove consumo e fruizione esteti-

ca sono parte delle pratiche sociali quotidiane e dei cerimoniali. La vitalità, la distribuzione tra centri e periferie, le

51 Lizzi 1994, 43-64;Lizzi Testa 2008.52 Menestò 1988;Cremascoli 2001;Otranto 2001.53 Un’attiva presenza diantiarianesimo è statavista nelle iscrizioni aChristus deus a Spoleto:Otranto 2001: 130-131.54 Bisconti 2000 a;Dresken - Weiland 1998:n. 83; Marrou 1964: p.58 ; Giordani 1987;Bisconti 2005, conbibliografia preceden-te: Scortecci in questocatalogo.55 Costantini e Pagano inquesto catalogo.56 I sarcofagi decoratiprovenienti da questaarea ne confermanol´importanza, pure atte-stata dalle iscrizioni: cfr.le schede sul sarcofagocon storie di Adamo esull’iscrizione del vesco-vo Homobonus: Costan-tini, scheda 43; MarioPagano voce su S.Valentino e Marconischede nn. 46-47 in que-sto catalogo.57 Sulle modalitàespressive del linguag-gio tardoantico delleargenterie si veda ilsaggio di FrancescaGhedini in questo cata-logo.58 La problematica èespressa nel saggio diScortecci in questo cata-logo. Sulla distinzionetra revival e survival,sopravvivenza o consa-pevole memoria dell’an-tico, Brendel 1967, cheteorizza la distinzione tracasi di survival, cioè dicontinous tradition, ecasi di revival, cioè diconscious return todistinct ancient sources.Sul tema la bibliografia èampia e mi limito a cita-re Brilliant 1982 e Settis1986.59 Dobbiamo a Aby

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Presentazioni

emersioni e le scomparse dei modi rappresentativi e delle caratteristiche di stile appaiono intrecciate con gli anda-

menti dei flussi economici, con gli spostamenti, con le contrazioni o la espansione di città e insediamenti. Il piano

delle ideologie e delle mentalità muta assieme ai flussi delle merci e dei beni di prestigio; le funzioni degli spazi cam-

biano in concomitanza con il mutare delle relazioni tra città e territori circostanti.

III. Le merci alla ribalta della storia e le trasformazioni degli spazi

Un network mediterraneo di merci, modelli figurativi e beni simbolici

In epoca tardoantica una rete capillare di scambi permetteva alle iconografie di riprodursi e agli utensili della vita

quotidiana di circolare nel Mediterraneo. Nel 1986 Andrea Carandini scriveva Il mondo della tarda antichità visto

attraverso le merci, un saggio carico di conseguenze per la nostra capacità di comprendere il mondo materiale tar-

doantico. Della storia della tarda antichità “le merci più umili”, padrone del “regno “dell’abitudine e della ripetizio-

ne”, costituiscono la spina dorsale60.

Mancano molti tasselli per una ricostruzione organica del paesaggio economico dell’Umbria tardoantica o per con-

figurare una rete gerarchica di produzione e consumo e i suoi andamenti nei tre secoli nevralgici oggetto di questo

studio61. I flussi commerciali nella Valle del Tevere tra il III e il IV secolo sembrano in senso generale mantenere le

reti di collegamento con Roma, nel quadro della crescita dei mercati locali, che connota l’economia tardoantica ita-

liana a partire dal IV secolo. I porti possono essere punti di connessione tra territori, quando sorgono in prossimità

di vie importanti di traffico: come il porto di Castiglioni- Seripola, a nord di Orte, alla confluenza del Rio Grande

nel Tevere, sul percorso della via Amerina e collegato alla Flaminia, frequentato fino al V secolo d.C. è forse il punto

di diffusione sul territorio di alcuni tipi di anfore trovati nelle ville dell’amerino62.

Piccoli insediamenti o vici rivelano una sopravvivenza grazie allo loro posizione strategica su vie di transito di

importanza non solo commerciale ma anche politico-strategica.

Tra il III e il IV secolo i siti intorno a Nocera mostrano come le vie di comunicazione svolgevano una funzione atti-

va di collegamento in varie direzioni. Nel III secolo un sarcofago con testa di Medusa si rivela per l’ottima fattura il

prodotto di un artigianato urbano. Nel IV secolo beni di prestigio erano ancora parte del patrimonio degli abitanti

della villa di Campodarco, dove confluiscono oggetti rappresentativi del sumptus aristocratico prodotti a Roma o

Milano. Le decorazioni dei mosaici delle terme di una statio presso Le Spugne e nella villa di Campodarco transita-

no da Aquileia; gli abitanti della villa possedevano bracciali di bronzo prodotti quasi certamente a Sirmione, mentre

il frammento di una coppa di vetro offriva una rara immagine cristiana, con uno stile caratteristico dell’artigianato

urbano, transitato evidentemente lungo la Flaminia da Roma63.

I destini delle merci si intrecciano alla parabola di esistenza dei luoghi. In alcuni casi un insediamento può morire,

rinascere sotto nuova forma o trasformarsi, in virtù della vocazione commerciale o di transito posseduta dal territo-

rio in cui è inserito. Esemplare il sito di Villa San Silvestro a Cascia. A partire dalla fine del III secolo d.C. il vicus

repubblicano, dismesso da vari secoli, venne rioccupato con la costruzione di impianti produttivi e mantenne la strut-

tura tipica del vicus a vocazione commerciale per tre secoli. Nel centro di Narni, nei pressi dell’antico foro, a parti-

re dal VI-VII secolo, attorno forse a una chiesa e in prossimità di una necropoli si svolgevano attività artigianali,

forse in taverne: come testimonia il crogiuolo per la fusione del vetro rinvenuto negli scavi di Piazza dei Priori64.

Poco distante da Narni, sul diverticolo occidentale della Flaminia, la stazione di posta in località Salietto resta atti-

va per l’intera durata del IV secolo e viene dismessa nel V. I dati umbri sembrano in generale assecondare la rottu-

ra che sembra coinvolgere il mondo ‘internazionale’ delle merci e dei beni di consumo dalla seconda metà del V

Warburg la concezionedi un modello dell’im-maginario come stratifi-cazione di “formule stili-stiche di pathos”, delpotere mitopoietico del-l’immagine e le sue‘rinascite’: Müller,Ghelardi 2002: Didi-Huberman 2006. 60 Carandini 1986: 5-7.61 Il punto della situazio-ne sulla polarità tra cen-tri urbani e territorio èofferto dalla voce di DiMiceli in questo catalo-go e A. Di Miceli tesi didottorato, Perugia, inpreparazione.62 Ville di Poggio Gra-mignano e Pennavec-chia: Gasperoni in que-sto catalogo.63 Voci di Albanesi ePicuti in questo catalo-go.64 Camporeale su Sa-lietto in questo catalogo.

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Presentazioni

secolo65. Comunque sembrerebbe che la fine dei commerci transmarini con l’Africa risulti in parte compensata da

una persistenza dei traffici locali sul territorio. A Carsulae le lucerne rinvenute, pur essendo per noi oggetti purtrop-

po privi di contesto, potrebbero rivelare tracce di persistenza di qualche forma di transito di merci, forse da Roma:

gli esemplari si spingono alle soglie del VII secolo e presentano forme riconducibili a manifatture urbane66.

Dai dati di scavo degli anni ’80 del ‘900 sulle ville emergono segni di discontinuità che andrebbero indagati tenen-

do conto delle relazioni tra insediamenti e i territori circostanti e dei collegamenti tra città attraverso le principali vie

di traffico, in funzione di reti connettive con un macrosistema dai confini estesi anche oltre i limiti geografici

dell’Italia67.

Tentare di tracciare contorni definiti di un paesaggio archeologico globale risulta ancora prematuro. Ma possiamo

tentare in ogno modo e in via del tutto preliminare un’analisi di casi specifici, pertinenti ad aspetti limitati di forme

di trasformazione del paesaggio; individuare casi esemplari che possano far trasparire convergenze e difformità

rispetto ai modi di trasformazione tipici dei paesaggi, che in epoca tardoantica connotano in modo più o meno uni-

forme le regioni dell’Impero, come la scomparsa o la conversione dei luoghi di culto.

Paesaggi sacri

Templi e luoghi sacri costituivano punti focali dei paesaggi classici. I simulacri di culto che si ergevano al loro inter-

no rappresentavano le molteplici sfaccettature e commistioni dell’identità religiosa romana. Gli edifici sacri si tro-

vano spesso ad essere riadattati a funzioni secolari, a volte (ma raramente) trasformati in chiese68. Le statue di culto

vennero private di funzioni rappresentative ufficiali, nonostante molti abbiano continuato a percepirle come ogget-

ti investiti di intensa sacralità69 e i rescritti imperiali abbiano tentato di salvarle adducendo come motivazione la

stima del pregio dell’ars con cui erano state confezionate. Agli inizi del V secolo le più famose statue di culto della

Grecia e dell’Oriente erano esposte negli spazi urbani e sui monumenti della città fondata da Costantino sul Bosforo.

A Costantinopoli erano destinate ad essere ormai esclusivamente contemplate dagli occhi eruditi di una ristretta cer-

chia di intellettuali e funzionari raccolti attorno alla figura dell’imperatore70. A Roma i simulacri di più antico valo-

re religioso per la città venivano restaurati. I più significativi restarono nei propri templi fino al VI secolo: Procopio

notò la statua di Giano ancora al suo posto, in un tempio che manteneva ormai serrati i suoi battenti71.

Se si volesse recuperare l’aspetto del paesaggio dell’Umbria ‘pagana’ o politeista del IV secolo si dovrebbe consta-

tare la totale scomparsa delle statue divine. Questo paesaggio spoglio di statue divine sembra incarnare la visione

dell’anonimo autore dell’Historia Augusta, che agli inizi del V secolo attribuì all’imperatore Adriano la volontà di

costruire templi senza simulacri72.

L’indagine sulla trasformazione dei luoghi di culto in Umbria è in una fase iniziale. Mancano dati che mettano in

luce le caratteristiche di trasformazione: conversione pacifica, continuità di insediamento o abbandono repentino,

distruzione o riconversione ad altri usi degli edifici sacri. Béatrice Caseau si domanda se l’Umbria possa essere con-

siderata una di quelle regioni nelle quali la transizione tra antichità e medioevo si è pacificamente compiuta, senza

spargimento di sangue, dunque in linea con una fenomenologia del mutamento religioso condivisa da altri luoghi

dell’Impero73. Forse nella seconda metà del IV secolo vennero mutilate le statue del mitreo di Villa Redenta, una

villa suburbana di Spoleto74. Nessun dato consente di formulare ipotesi sulle cause della distruzione di questo luogo

di culto: come in molti altri casi le ragioni della fine risiedono nel contesto di situazioni politiche contingenti o nei

cambiamenti della configurazione sociale di gruppi delle élites. Nei secoli IV e V d.C. si verificava ancora una coe-

sistenza, più o meno pacifica e a volte conflittuale, tra culti pagani e cristiani nelle metropoli, nei centri minori e nelle

campagne del mondo mediterraneo tardoantico75.

65 Panella 1993.66 Gasperini, voceCarsulae in questocatalogo.67 Un quadro dellestato della ricerca sulleville è offerto dallavoce sul popolamentodi Di Miceli in questocatalogo.68 Raramente si verifi-ca una riconversioneimmediata e precocecome nel casodell’Aphrodision, ilcelebre tempio diAfrodite ad Afrodisia:Ward-Perkins 1999:233-240. 69 Pagani convinti, cri-stiani indecisi o ‘crip-topagani’ : una zonagrigia della credenzaper Kahlos 2007. Sulconcetto di criptopaga-nesimo, Caseau 2011.70 Bravi 2010.71 Proc. goth., 5, 2572 Hist. Aug., Alex.Sev. 43.5.73 Si veda il saggio diB. Caseau, in questocatalogo.74 Culti mitraici inUmbria: Bastianelli,schede nn. 21-23 inquesto catalogo.75 “strategia della convi-venza”: Lizzi Testa cds.Recenti acquisizioniarcheologiche sul temacontinuità e pacificheconvivenze: Lavan -Mulryan 2011. Recentedibattito sulle relazionitra paganesimo e cristia-nesimo: Lizzi Testa2007; Lizzi Testa 2009;Lizzi Testa 2009 a;Brown, Lizzi Testa2010. Bonamente 2009;Lizzi Testa cds.

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Presentazioni

In linea generale si può affermare che le trasformazioni essenziali del paesaggio sacro tardoantico non sembrano

essere connotate principalmente dalle distruzioni. Molteplici indagini condotte nei luoghi più distanti e diversi

dell’Impero tardoantico mostrano che la riconversione o l’estinzione di uno spazio sacro può avere varie cause e

manifestare fenomenologie diverse e differenti modi di trasformazione.

Un esempio di lunga permanenza è offerto dai culti insediati nel Foro di Plestia. Sulla piazza si ergeva una basilica,

sede del culto imperiale, cui si sovrappose tardi, solo nel IX secolo, una chiesa. Adiacente era una domus publica

con fossa sacrificale, ritenuta dagli scavatori inerente al culto dei Lares Publici: la struttura era formata da un sacel-

lo a pianta rettangolare, con fossa sacrificale all’interno, dove sono stati rinvenuti resti di sacrifici con strati di cene-

ri e ossa di animali insieme a monete di bronzo di Valentiniano I e Teodosio II 76. Il complesso di culti nell’area

forense di Plestia sembra dunque terminare in concomitanza con le tracce di bruciato, agli inizi del V secolo: coin-

ciderebbe dunque la sua fine con un periodo di forte trasformazione ed estinzione di molti centri di culto pagani in

tutto il Mediterraneo.

Il sito di Campo della Fiera a Orvieto manifesta una dinamica tipica di trasformazione di un santuario pagano, che

diventa in un primo tempo un insediamento vicano, con magazzini e luoghi per attività produttive e commerciali utili

in relazione allo svolgimento di mercati stagionali (nundinae). Solo tra il VI e il VII sec. d.C., in evidente disconti-

nuità con il culto pagano che un tempo vi fioriva, si assiste a una ripresa della funzione sacra del sito in senso cri-

stiano, con la trasformazione di un’aula in chiesa. Possiamo trarre da questo esempio due considerazioni: le trasfor-

mazioni del paesaggio sacro possono rivelarsi indipendenti dalla cristianizzazione del territorio; fattori essenziali

sono invece il mutare del rapporto osmotico tra la città e, il microterritorio circostante, nelle relazioni infine con un

più ampio macroterritorio segnato dalle vie di collegamento a lunga distanza77. Lo smantellamento del culto del

Fanum Voltumnae potrebbe quindi essere ricondotto a una complessa concomitanza di fattori, come la perdita di

importanza politica del sito nella rete delle città umbre o il totale rivolgimento della gerarchia politica dei centri che

sorgevano nel territorio.

La persistenza delle funzioni commerciali permette a volte di chiarire alcuni aspetti della riconversione dei luoghi

sacri, intensa se la rete connettiva di cui erano parte continuava ad occupare un ruolo nel contesto territoriale.

Statue di Ercole dovevano popolare templi e sacelli nelle piazze dei centri a vocazione commerciale disseminati

lungo la via Flaminia. A Tadinum, nei pressi del forum pecuarium del municipio, il sacello di Ercole venne smantel-

lato nel corso del IV secolo e sorsero ambienti a destinazione commerciale-produttiva. Il dissolvimento di un’asso-

ciazione di culto può rivelarsi un elemento di discontinuità, decadenza o comunque forte trasformazione. La fine di

un culto, con l’estinzione sociale dei suoi cultores, può rappresentare un fatto traumatico, pur avvenendo sotto forma

di pacifica dissoluzione. Di fatto davanti ai Visigoti di Alarico (408-410 d.C.) si presentò, all’inizio del V sec. d.C.,

un insediamento di forma ormai disgregata: le terme pubbliche erano in fase di abbandono e spoliate, quindi scena-

rio di una frequentazione sporadica e funzionale all’acquisizione di materiale da reimpiego78. Le uniche tracce di una

frequentazione prolungata si hanno nel forum pecuarium, dove sono state identificate stratigrafie e resti di strutture

databili nel pieno V sec. d.C.79. Scomparso il culto di Ercole, la funzione del sito appare depauperata della essenzia-

le tutela sacra esercitata dal dio.

Necropoli negli anfiteatri

Trasformazioni profonde coinvolsero gli spazi pubblici urbani: più intensamente a partire dalla metà del V secolo.

Anfiteatri, teatri e terme furono abbandonati, spogliati dei loro materiali, o adibiti ad altri usi80. Tra il VI e il VII

secolo le città cambiavano radicalmente il proprio volto: spazi urbani animati di vita sociale intensa, come gli anfi-

76 Voce su Plestia diLaura Bonomi, in que-sto catalogo.77 Uno studio sullemodalità di trasforma-zione di questo sistemain un ambito geograficodiverso è offerto daZanini 2009.78 Come testimonia iltesoretto di monete,databile al 425-455d.C. e rinvenuto nellivello di interro: sulsito Simone Sisani inquesto catalogo.79 “è verosimile che lavocazione commercia-le del complesso abbiasviluppato un più fortepotere di attrazione, afronte anche della vita-lità dell’asse della viaFlaminia per tutta l’etàtardoantica”: Sisani,voce su Tadinum, inquesto catalogo.80 Per una panoramicaattuale sulle trasforma-zioni degli spazi urbanisi veda Brogiolo 2011:pp. 59-76 in particolaresul declino dei luoghidi spettacolo.

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Presentazioni

teatri e i teatri, erano ormai percepiti come luoghi inquietanti, popolati da demoni e occupati da sepolture. A

Costantinopoli nell’VIII sec. d.C. guardare le statue antiche e pagane che ancora decoravano il Kynegion, l’antico

anfiteatro, poteva risultare letale: un funzionario imperiale trovò la morte mentre le osservava e l’imperatore

Filippico fece realizzare degli scavi, che portarono alla luce resti di sepolture che da tempo dovevano aver invaso

l’area81. La perdita di ruolo degli spazi nevralgici della civilitas urbana può essere dovuta a molteplici cause: in parte

può aver influito il mutare delle forme di circolazione del capitale evergetico, da impiegare per l’allestimento di mune-

ra, venationes e spettacoli teatrali. Giochi gladiatorî e venationes sono destinati a scomparire mentre i ruoli sociali

delle magistrature classiche a essi legate, come la pretura e il consolato, perdevano valore politico e istituzionale82.

L’anfiteatro di Terni sopravvisse, restaurato e mutato nella funzione almeno fino al VI secolo d.C. Gli ingressi e l’are-

na continuarono ad essere percorsi, ma come elementi di un nuovo sistema viario; muretti a secco e strutture in legno

ne sezionarono gli ambulacri mentre tutta l’area, un tempo fulcro della vita pubblica, sembra essere stata occupata

da abitazioni private e tutt’intorno al vetusto edificio, fino al perimetro delle mura urbiche, sorse una vasta necropo-

li83. A Spoleto l’anfiteatro fu trasformato in fortezza dai Goti nel 54584. Sepolture pagane e cristiane si insediarono

in un’epoca precoce nella scena del teatro della città, utilizzato già dalla fine del IV secolo come cava di materiale

e area di discarica85.

Topografie del potere

Le modalità di trasformazione dei paesaggi archeologici delle città si fanno via via più definite alla luce delle inda-

gini recenti condotte nel campo dell’archeologia urbana86. Nelle città tardoantiche gli elementi della topografia si

relazionano tra loro in modi nuovi, muta l’uso degli spazi e la funzionalità delle strutture in relazione agli assi di via-

bilità. Eventi occasionali come inondazioni, terremoti e guerre possono accelerare i processi di degrado e i restauri

segnare una selezione di aree che acquistano interesse, o destinarne altre all’abbandono definitivo87. Nei luoghi di

culto si insediano abitazioni private e all’interno dei recinti sacri si impiantano attività artigianali88.

La città tardoantica si configura sempre di più come una unità policetrica, con una nuova gerarchia di fuochi urbani: il

palazzo, la sede episcopale, le chiese89. Nel VI secolo palazzi e residenze episcopali emergevano nella geografia dei

luoghi del potere, focalizzando molte funzioni un tempo appartenute a vari tipi di edifici pubblici. Di questi monumen-

ti emblematici poche tracce ancora emergono nelle città dell’Umbria tardoantica: possiamo citare soltanto il palatium

di Teoderico a Spoleto, le cui tracce sono forse da ricercare tra le ricche domus di età imperiale e tardoantica90.

Le nuove gerarchie di potere del VI secolo permettono ad alcune città umbre di riconquistare forme di monumenta-

lità: si costruirono battisteri, e i centri urbani sedi del potere bizantino lungo la via Flaminia tornarono a produrre

beni di prestigio91 e si manifesta in quest’epoca la tendenza a creare forme architettoniche di rappresentanza, deco-

rate da mosaici. A Spoleto decorazioni musive sono attestate in ambienti pubblici, ancora di funzione controversa.

Le forme dello stile rivelano come la città rappresentasse un microcontesto importante per l’assimilazione e la dif-

fusione sul territorio dei temi figurativi provenienti da Ravenna e dall’area adriatica. Il mosaico rinvenuto sotto

Palazzo Mauri è stato interpretato come un sintomo della ‘rinascita’ giustinianea dell’Umbria: i modelli figurativi

che sembrano aver seguito le maestranze che lo realizzarono configurano un macroterritorio di riferimento gravitan-

te verso l’area ravennate92. Nel VII secolo il pavone che figurava nel battistero sotto Palazzo Pianciani ricalca sche-

mi iconografici transitati dall’Oriente attraverso i centri della costa adriatica, che testimoniano la persistenza o la rin-

novata vitalità di contatti con il mondo egeo e orientale93: i modelli figurativi, come le merci, sono soggetti ad anda-

menti e destini. Si sviluppano in microcontesti sociali e si spostano da un luogo all’altro dell’oikoumene tardoanti-

ca, spesso attraversando da sponda a sponda il Mediterraneo. In questi spostamenti assumono varianti e nuovi signi-

ficati, per le differenziate identità di fruitori.

81 Cameron-Herrin1989; Bravi 2010.82 Parabola del conso-lato suffectus e ordina-rio: Cecconi 2007.Testimonianze epigra-fiche sui munera inUmbria: Gregori 1996.83 Sulle trasformazionidel sito Ferrari in que-sto catalogo.84 Nominava ancoral’edificio Procopio: tòkunegésion Proc. goth.3,23.85 Il dato singolare èche queste sepolturesembrano presentaretracce di cristianizza-zione solo a partiredalla metà del V seco-lo: cfr. il contributo diLiliana Costamagna inquesto catalogo.86 Sulla “storia dellacittà alla luce dell’ar-cheologia” cito la piùorganica e recente tratta-zione, con bibliografiaprecedente: Brogiolo2011: pp. 22-31.87 I processi di trasfor-mazione urbana diRoma e le modalità diattuazione sono esempli-ficati dagli scavi allaCrypta Balbi. Sugli svi-luppi dell’archeologiaurbana in Italia e sulparadigma di trasforma-zione offerto dall’areadella Crypta Balbi cito lasintesi di Manacorda1993, con bibliografiapp. 93-94, note 1-2 eManacorda, 2001.88 Come la basilicaHilariana sede di cultodi Cibele e di adunanzadei dendrophori ospitòvarie attività artigianalialla metà del VI:Brogiolo 2010.Sussistono discrepanzesui modi di rioccupazio-ne dei siti: Lewit 2005. 89 Brogiolo 2011: 131-139; 148.90 Saggio di BaldiniLippolis, in questo cata-logo.

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Presentazioni

A Perugia gli scavi di settori limitati hanno rivelato una sequenza nell’area di Piazza Cavallotti e Morlacchi, che con-

duce, dopo le fasi di abbandono di III-IV secolo, a un ripristino edilizio tra la fine del V, destinato ad accentuarsi nel

corso del VI94. Nel V secolo gli edifici cristiani cominciavano ad assumere forme monumentali anche se situate in

zone periferiche, lungo le vie di transito di merci e pellegrini: come la basilica di San Pietro, dove nel 549 venne

sepolto S. Ercolano. La facciata era a contatto con un imponente mausoleo, che doveva contenere le spoglie di mem-

bri di una ricca famiglia aristocratica di Perugia95. Tra il V il VI si data l’erezione di un complesso pubblico, deco-

rato con mosaici geometrici o con poche figurazioni naturalistiche presso l’ex-Garage Gelsomini96. Resta da stabi-

lire l’entità delle ristrutturazioni e il ruolo delle nuove costruzioni nell’ambito di una configurazione globale della

topografia urbana che risulta ancora nell’insieme da configurare per le città umbre nel VI secolo.

Potrebbe rivelarsi essenziale essenziale per chiarire le dinamiche di trasformazione dell’Umbria in questo secolo sta-

bilire il ruolo effettivo della guerra greco-gotica (535-552) come evento di rottura del sistema insediativo tardoantico,

o quanto essa abbia accelerato il corso di mutamenti sostanzialmente già in atto nella viabilità regionale e nelle rela-

zioni tra città e campagna97. Questo evento rappresenta comunque il termine cronologico finale della nostra indagine.

Il compito di rendere questa complessa serie di dati in un panorama organico, di unificare frammenti e quadri par-

ziali in un racconto coerente e sintetico è ancora lontano dall’essere assolto. Né possiamo dichiararci in grado di scri-

vere una storia dei luoghi e delle merci dell’Umbria tardoantica.

Nei modelli prodotti dalla più recente ricerca archeologica sull’epoca tardoantica si tende ad integrare i grandi even-

ti periodizzanti e gli aspetti morfologici globali con l’analisi delle strutture economiche e sociali, con le stratifica-

zioni delle mentalità o con le stratigrafie dei dati materiali. L’approccio microstorico nell’analisi di specifici territo-

ri, di comprensori geografici, di regioni e subregioni approda alla ricostruzione di una ‘storia totale’ del territorio.

L’archeologia tardoantica diventa archeologia della complessità98, archeologia globale99, archeologia globale dei

paesaggi100.

Possiamo dunque in questa fase preliminare, tracciare solo alcune parziali vie di ricerca per più concrete indagini

archeologiche. Per comprendere i molteplici modi di trasformazione che tra il III e il VI secolo conducono alla for-

mazione di un nuovo paesaggio si rende necessario mettere in luce le dinamiche essenziali e le caratteristiche della

transizione del territorio nei suoi elementi di diversa natura: il passaggio da una geografia classica di fuochi religio-

si e di potere, con le peculiari dinamiche insediative legate alle strutture aristocratiche dominanti, a una configura-

zione nuova dei poteri sociali e dei rapporti economici.

La ricerca delle tracce di una geografia religiosa è destinata a cedere il passo a un’indagine sulla trasformazione del

paesaggio, sulle parabole tracciate dagli andamenti di produzione e consumo dei manufatti figurativi, dalle pratiche

simboliche e dalle mentalità, dalle strutture sociali entro cui operavano élites e ceti subalterni, nonché dai ‘destini

delle merci’. Committenti e patroni raffigurati con statue o celebrati con l’erezione di edifici di culto in città o nei

loro possedimenti privati, e gli ‘invisibili’ rappresentanti dei ceti subalterni, che popolavano insediamenti e ville,

pagani nel IV secolo o cristianizzati alla fine del VI, trasformavano i propri stili di vita, in concomitanza con i cam-

biamenti della configurazione topografica ‘classica’ di città e campagne.

Le emergenze architettoniche e le topografie, le consuetudini figurative pubbliche e private, le pratiche sociali e le

polarità tra diverse realtà insediamentali e produttive nelle campagne rappresentano singoli dati da integrare per rico-

struire i modi di trasformazione della società e per cominciare a tracciare le linee del paesaggio archeologico

dell’Umbria tardoantica.

91 Una disamina dellaletteratura e dello sta-tus quaestionis sullatopografia cristianadelle città umbre è inDi Miceli in questocatalogo.92 Liliana Costamagnasu Spoleto in questocatalogo.93 Le stesse vie di transi-to da hanno forse pro-dotto i motivi che deco-rano il mosaico diForum Flaminii, tra lafine del VI e il VII seco-lo, sul quale vedi la sche-da n. di Costantini inquesto catalogo.94 Le indagini sono statecondotte da LuanaCenciaioli: sul tema cfr.il suo contributo in que-sto catalogo.95 Secondo MarioPagano quella dell’im-peratore TrebonianoGallo: cfr. il suo contri-buto su S. Pietro in que-sto catalogo.

96 Luana Cenciaioli suPerugia, in questo cata-logo.97 Baldini Lippolis inquesto catalogo.98 Volpe 2008; Brogiolo2007.99 Mannoni 1997 eManacorda 2004, pp.136-139.100 Volpe 2008.

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