Compiano e la Valtaro...la storia...

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IL POPOLAMENTO STORICO DELLE VALLI DEL TARO

Dai Liguri al “Burgus de valle Tarii” e al” Campoplano”

FORSE è la parola che dovremmo usare di più

parlando di questi periodi storici…

FORSE è quello che dovremo sempre

premettere alle considerazioni che faremo in

questo racconto…

FORSE…perché gli scavi archeologici e gli

inesistenti o scarsissimi documenti raramente ci

consentono di fare affermazioni CERTE!!!

Anche nelle valli del Taro e Ceno, nell’Antico, l’uomo viveva, si muoveva, sulle montagne. Le pianure, popolate di belve, di foreste, attraversate da fiumi, costituivano di fatto ostacoli insormontabili; i monti, soleggiati, con caverne e vie naturali, favorivano la caccia ed i commerci.

Valtaro, dalle 100 Croci

Museo Archeologico di Bedonia- Statuetta in steatite

ritrovata in alta val Ceno, alta 12 cm.

Forse Paleolitico superiore; potrebbe rappresentare la

Madre Terra

Tra il Molinatico e il Borgallo sono stati

Individuati 12 accampamenti di cacciatori

del Mesolitico (8000 a.C.)

Borgallo

Al Lago Buono tracce di un insediamento di

cacciatori del Mesolitico

Il Mesolitico va dal 36.000 al 6.000 a.C.

Punte di freccia e ascia in pietra levigata, neolitico (dal 6.000

al 2.800 a.C.) trovate in Valceno e Valtaro. I contadini le

chiamavano “Saette” perché pensavano fossero scagliate

dal cielo

Case Berlini di Bardi, insediamento XV secolo a.C., età del bronzo medio (1.800/1.100 a.C.)

Gorro II (Borgotaro), forse sito fortificato del bronzo medio, XV sec a.C.

Nella pianura parmense dal VI secolo si stanziano gli Etruschi e i Liguri si ritirano sulle montagne, ma nel IV giungono i Celti che occupano la pianura Stele Etrusca: in basso cavaliere Etrusco combatte contro un Gallo nudo

Stele funeraria di Monte Ribone, Passo dei Due

Santi: forse “Io sono il signacolo funerario di Sepu”.

E’ l’unico reperto archeologico etrusco della

montagna parmense.

Passo dei Due Santi

Nella Tavola Peutingeriana (III sec d.C.) si parla di Veleiati che confinavano con gli Apuani, forse uniti in una confederazione, assieme ai Friniati.

Capo ligure con elmo da parata, tunica di pelle e armi. Erano robusti e temprati dalle fatiche. “Vicini fastidiosi” li chiamavano gli Etruschi di Pisa.

Statua stele di Lerici

III secolo a.C.

Capo ligure

Tomba a cassetta ligure, Ameglia (La Spezia).

Spada celtica

Groppo di Roncostiva, sito protoligure di Ostia P.se

sul Cogena, V secolo a.C., scoperto da

Angelo Ghiretti.

Torrente Cogena

Taro

Castellaro ligure di Zignago abitato nell’età del bronzo e alto medioevo. I Liguri vivevano in poche capanne sparse. Trovati resti di ceramiche prodotte in loco. Sembra fosse abitato stagionalmente e vi si svolgessero

attività agro pastorali.

Ofioliti delle Rocche di Drusco in alta Valceno, sito d’altura ligure e altomedievale; sede del “fundus Adrusiacus” citato nella TAV. Nel vicinissimo paese di Calice vi erano una villa romana, una “curtis”

bobbiense, una Pieve medievale ed un castello.

Trovate punte di freccia in metallo

Castelliere d’Umbria (Varsi);

alto/tardo medioevo, ma in

origine un castellaro ligure

collegati a vista

con altri sui crinali.

. Monte Barigazzo

Una via da Fornovo passava di lì,

sul Barigazzo e in Val Vona

I Galli Boi erano divisi in 112 tribù ed occuparono anche la pianura parmense dopo Liguri ed Etruschi. La presenza di armi celtiche nelle statue stele e nelle tombe di Casa Selvatica e di Ameglia potrebbe indicare un loro stanziamento in Lunigiana o una loro direttrice commerciale verso il mare.

I Liguri,con i Boi,hanno però rapporti tali, che si

parla nel piacentino di Celto-Liguri. Sconfitti da

Roma e trasferiti in pianura, i Boi vengono

lentamente inglobati nella società romana.

Berceto

Pulica

Elmo di capo boico a Casa Selvatica di Berceto del IV/III sec a.C. in tomba ad inumazione e elmo ligure di Pulica in tomba ad incenerazione; prodotti ad Arezzo o in Gallia.

Si scrive che un gracile Ligure poteva battere un robusto Gallo

I Romani

Tabula Alimentaria Veleiate in bronzo, 102/117

d.C., Imperatore Traiano“Dacico”

Il ritrovamento a Veleia della Tavola bronzea di Traiano (TAV) ha permesso di ricostruire la centuriazione ed i possessi fondiari romani nell’Appennino piacentino-parmense; in particolare quelli della “Res Publica Lucensium” e dei “coloni Lucenses”, che li utilizzavano per il pascolo e la transumanza delle loro greggi. Nel 183, oltre a Modena, fu dedotta a colonia Parma, nel territorio che “ante Tuscorum et Boiorum fuerat”.

Foro di Veleia, “Municipium” romano di origine ligure, da assegnazioni viritane, scomparso verso il IV sec d.C.

Nell’89 con la “Lex Pompeia de Transpadanis” divenne città di diritto romano. Nel 43 a.C., con la “Lex Rubria” divenne municipio romano.

La Tavola Alimentaria Veleiate viene ritrovata nel XVIII a Veleia. Contiene l’elenco delle 51 ipoteche accese sotto Traiano per consentire lavori di miglioramento fondiario. Con gli interessi (5%, anziché 12%) veniva finanziato un programma alimentare per mantenere 300 giovani non abbienti.

Ogni ipoteca contiene il nome del proprietario, del

“fundus” e della sua tipologia, del pago e del

“Municipium” di appartenenza, nonchè di due fondi

confinanti. Sono riportati anche eventuali “vectigal”

e fabbricati o attività come officine di laterizi. Sono

citati 33 “pagi” e 9 “vici”.

Ipotesi della disposizione dei pagi veleiati presenti nella TAV.

Minervius?

Bedonia

Due esempi di località presenti nella TAV e identificate nel territorio borgotarese. “Saltus praediaque Tarboniae”: Trapogna nel pago “Statiellus”

Trapogna

i “Socii Taxtanulates”:

cioè Testanello di Tiedoli, nel pago “Dianius” della

Valmozzola, dalla cui chiesa dipende ancora;

da “Socii” deriverebbe poi “I SOZZI”

Tiedoli

Nella TAV è citata

una sola società fondiaria:

I terreni più importanti erano i “saltus praediaque” (pascoli e

seminativi), in genere di proprietà dei coloni della “Res

Publica Lucensium” e dei coloni “Lucenses”; lì portavano le

loro greggi a pascolare. Il più grande era il “Saltus

praediaque Bitunias”, identificato con la zona di Bedonia

Anfiteatro di Luni collegata a Veleia dalla Placentiam-Lucam, peraltro non citata nei documenti.

I Goti: sconfissero gli Eruli di Odoacre e si impossessarono di un terzo dei beni dei patrizi Romani. L’impero tentò la riconquista della penisola con Belisario e Narsete La guerra Greco-Gotica (535-553) spopolò l’Italia e la impoverì.

Monte Gottero

I Goti si stanziano nelle valli, forse con una serie di fortificazioni poi riutilizzate dai Bizantini. Sconfitti, restano nella zona del Monte Gottero, forse una “silva pubblica”, come mercenari dell’Impero, ancorchè infidi, a dimostrazione della debolezza dello stesso. Dalla radice GOT derivano: Gotra, Gottero, Godano, Gottera e Gotelli

I Bizantini, che avevano utilizzato mercenari longobardi, furono costretti a pagarli per far loro abbandonare l’Italia a causa delle loro devastazioni.

I Bizantini fortificarono la Valtaro con una serie di “Turres”, citate dall’ Anonimo Ravennate; una di queste sicuramente in Val Vona. Forse l’Alta Valtaro, nella guerra coi Longobardi, fu posta sotto il comando del Kastròn Soreòn, l’attuale Sorano di Filattiera. Il Cogena segnava il confine fra l’Alta Valtaro e il Castrum Nebla della longobarda

Solignano.

Mura dell’aggere

Montecastello

Alla Cappella di Sopra era forse situata la “Turris” valtarese, là dove era la chiesa di San Colombano ad Turrem e forse un’appendice di un castello dei Platoni, il “Castrum Penditia”

Grondola

Roccamurata di Borgotaro, fortificazione forse bizantina, che serrava l’accesso in Alta Valtaro

In alto il Passo

Groppo del Tornatore

Ponte del Grecino a Varese Ligure; vicino è il Monte dei Greci, dove era una fortificazione bizantina.

Cabannina

Monte dei Greci

In alto il Passo di Santa Donna, il bizantino

Sant’Abdon, lungo la Via degli Abati.

Vi era un oratorio che dipendeva dalla Pieve di Varsi

Abdon era venerato in Medio Oriente

I Longobardi

I longobardi scendono in Itaia dalla Pannonia a Pasqua del 568 dopo un battesimo ariano collettivo. Seguono la via del lago Balaton e conquistano in primis Fomum Iulii-Cividale del Friuli, dove, per coprirsi le spalle dagli Avari, lasciano le Fare (famiglie) migliori al comando del duca Gisulfo.

I Longobardi occupano subito parte della Pianura padana, sino a Modena, e quindi anche Parma e Piacenza. La Valtaro e Valceno sono forse occupate dai duchi ribelli delle due città, passati alle dipendenze dell’Impero. L’alta Valtaro viene forse conquistata dopo Autari (590). Restano, nelle valli, diverse testimonianze materiali e linguistiche. Autari e poi Pertarido e Arioaldo devono intervenire per le liti di confine fra i Gastaldi di Parma e Piacenza (VI/VII)

Le divisioni

territoriali

che si trovano

nei Giudicati

di Autari

Arioaldo

e Pertarido

si riflettono

ancor oggi nei

confini fra le

Diocesi di

Parma e

Piacenza e

Luni LUNI

PIACENZA

PARMA

Luni

Albareto

Carte longobarde

di Varsi dell’ VIII

secolo.

Qui vi sono

11 carte su 61

trovate nel

nord Italia;

trattano di vendita,

donazioni, acquisto

terreni da parte

della Pieve di Varsi,

ricchissima

e anche di

liberazione

di un servo.

La testimonianza più importante sarebbe il Battistero di

Serravalle Ceno, accanto alla medievale Pieve di Velio, nel

“saltus Velius”. Restano anche toponimi come Porcigatone,

Caprendasca, Braia, Bratto, Roncodesiderio, Sugremaro…

Pieve di Bardone

Duomo di Berceto

Abbazia di Tolla

Monastero di Gravago

Presenze Longobarde

Petra Mugulana, l’ultimo avamposto longobardo

posto a difesa del “castrum nebla” di Solignano

Fu poi dei Platoni

e dei Sanvitale

Nel 774 i Franchi di

Carlo Magno

conquistano Pavia

La Valtaro entra a fare parte dei

Fines Arquatenses

di Castel Arquato

Il loro dominio dura

poco

più di un secolo;

alla loro caduta inizia

l’anarchia, con la

lotta per le

investiture

Abbazia di San Colombano a Bobbio, fondata nel 614 su di una chiesa abbandonata intitolata a San Pietro e donata con altri possedimenti da Agilulfo e Teodolinda, in chiave antibizantina.

La via che da Bobbio andava a Bardi e Pontremoli, oggi chiamata Via degli ABATI.

I Monaci

dell’abbazia

di Bobbio

si insediano

anche

nella valle

del Taro.

Qui fondano una delle più importanti

“corti”agricole,

la “curtis Turris cum appenditiis suis”,

dove era una chiesa dedicata a San Giorgio.

La curtis era divisa

in pars dominica e

massaricia;

questa con

47 sortes

e 85 livellarii.

Una parte era a data

beneficio dai marchesi obertenghi :

1- beneficio di Riccardo

2- “ di Adalberto di Rivosecco

3- “ di Raniero

La curtis è citata nell’833/862 /883 nell’inventario da

Wala, abate di Bobbio e cugino di Carlo Magno.

Intorno a questa si forma un villaggio, Torresana,

forse anche localizzato sulle due sponde del Taro ed

unito da un ponte (Pontolo?).

Pieve di Sasso

Pieve di San Giorgio

La chiesa diventa poi la Pieve di San Giorgio, citata

nel 972.

Rimarrà Pieve sino al 1564, sostituita da quella di S.

Antonino, la cui costruzione inizia nel 1226, già come chiesa

battesimale

Dal Registrum Magnum

di Piacenza

I Saraceni e gli Ungari invadono il nord Italia alla fine

IX sec. In assenza di un forte potere centrale

nascono i primi castelli con mastio centrale e mura

in legno.

I Saraceni da Frassineto attaccano le città

liguri della costa e distruggono Luni

“Castellum” di Lacore (Varsi)

904 d.C., “ubi Lacore dicitur”.

In precedenza

era “Casale di

Lacore”.

Si trasforma e

fortifica per

resistere agli

Ungari.

Gli Ungari compiono veloci ripetute scorrerie a cavallo nella

pianura padana; distruggono città come Reggio, l’Abbazia di

Nonantola e spingono le popolazioni a chiudersi

nei primi castelli. Nasce così il germe del feudalesimo

Fortezza di Bardi; Everardo, Vescovo di Piacenza

nell’898. Edificata forse su di una fortificazione

longobarda per difendersi dagli Ungari. (898)

Gli Ungari giungono forse anche a Borgotaro;

sul passo del Cirone e su quello del Brattello sono

numerosi i toponimi relativi ai “Sarasin”, facilmente

confusi con gli Ungari; infatti sono numerose le

dedicazioni di chiese a San Giminiano, protettore

dagli Ungari.

Sul Passo del Brattello

troviamo:“

Castel del “Guelfo”,

ora “Cà del Guelfo”

CàTermi, uno dei castelli dei Platoni in Val Vona a Borgotaro.

I Platoni , feudatari dei Malaspina che hanno affittato a loro i

terreni bobbiensi, diventano i signori della Valtaro già nel X e

XI secolo

Stemma dei Platoni a Caffaraccia di Borgotaro:

torre su tre monti e stemma di famiglia.

Chiesa di S. Cristoforo de

Metine in Val Vona, lungo la

Via degli Abati,

forse antica chiesa

della Turris

Borgotaro, citato nel 1195 come “Turrexana:

castro et burgo” i cui abitanti erano esenti dalla

“colta et boateria” indi comune signorile

Forse il primo insediamento

terminava

in via Mazzini, dove sono, forse,

i resti di una torre

Borgotaro, le mura originali; castello in cui operò nella prima

metà del XV sec, Martino di Lugano, per Obizzo Fieschi

Borgotaro, dopo il Comune di Piacenza arrivano

i Visconti e poi i Landi ed i Fieschi ed ancora i Landi.

Cacciati nel 1568 fu la volta dei Farnese, ma nel 1636

truppe imperiali restituirono il paese a

Polissena Landi e poi di nuovo i Farnese

Compiano, dei Malaspina dal X/XIsecolo….poi dei Landi

Dal Registrum Magnum del Comune di Piacenza

1141

Compiano

“Campo plano”

1141

Compiano era compreso tra i beni che Federico I, il 29

settembre 1164, confermò ai Malaspina: Belvedere (castello a

monte di Pontremoli) cum totam curiam, quartam partem

Montislongi, Cerri (Zeri) cum tota curia; indi in Val Taro, Enam

(Ena) cum totam curia, Tiglietum (Taglieto) cum totam curia,

Degaletum ( forse fra Taglieto e Compiano, sinistra Taro),

Complanum cum totam curiam, Fustacum (forse fra

Compiano e Bedonia, sinistra Taro), Bedognam cum tota

curia, Pegam (Petra) Rubeam (forse fra Bedonia e Varese,

destra Taro) cum tota curia, Varixii (Varese ligure), ed altri

beni in Liguria (31).

I Malaspina con Moruello occuparono poi, assieme ai

parmigiani l'alta Val Taro nel 1166, accampandosi alle porte

della Turris valtarese.

I piacentini, dopo venti anni, il 30 novembre 1186, invasero i

possessi Malaspina in Val Taro, nel compianese, e bruciarono

Caboara, Dezeledam e Fastagium.

Musei Vaticani

Realizzazione e testi di Sandro Santini Immagini di Angelo Ghiretti, Omar Olivieri, Terre di Lunigiana, Achille Guastalli, Amalaspezia e tratte dal web. Illustrazioni di Raffaele Caruso Vietato l’uso senza autorizzazione dell’autore

FINE